I wanna be with you, I wanna feel your love.

di ikigaitaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rewind//Spamano ***
Capitolo 2: *** Une nuit à Paris //Fruk ***
Capitolo 3: *** Passeggiata fra i ciliegi//Amepan ***



Capitolo 1
*** Rewind//Spamano ***



Rewind.
Dedicata alla mia Francia,
che anche se non in modo diretto,
mi  ha aiutata in questa stupidata.
Non so se la leggerai, sappi che ti adoro.
(690 parole)
Romano, ah, Spagna amava parlare di lui, a dir la verità amava lui, ma quello era un altro argomento, complicato  pure lui.
Romano aveva quei modi di fare così bruschi, così acidi, così lui, e Antonio se n’era innamorato da subito, s’era innamorato di quei sorrisi così rari, ma così brillanti da riscaldarti il cuore, s’era innamorato di quegli abbracci che riceveva dal suddetto pochissime volte, spesso quando l’italiano era ancora in dormiveglia, ma erano una delle sette meraviglie del mondo (almeno, per Spagna), quei baci così belli, perfetti a dir poco, che si scambiavano spesso nell’intimità domestica, perché “a nessuno frega dei nostri baci, stupido pomodoro” e Antonio per ripicca aveva preso il suo viso tra le mani e gli aveva dato un bacio a stampo per poi correre per le corsie del supermercato, rincorso da un urlante Romano che strillava qualcosa del tipo  “vieni qui, codardo!”, inutile a dirsi che i due finirono a fare l’amore, di nuovo.
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C’è altro episodio che Spagna non dimenticherà tanto facilmente.
Era una notte di autunno e Romano si svegliò di colpo, sudato, ricordandosi l’incubo appena fatto “Hey, tutto ok?” gli sussurrò Antonio, svegliatosi anche lui insieme all’amato “s-si” rispose l’italiano in un sussurro appena udibile all’orecchio umano, Spagna gli mise una mano sulla fronte e sentendo la temperatura dell’altro constatò che “tu hai la fiebre”. L’iberico fece per alzarsi a prendere un termometro e d’un aspirina quando, appena messi i piedi a terra, sentì la mano fredda dell’altro stringere il suo polso “non andare” sussurrò l’italiano “eh?” “non farmelo r-ripetere”. Antonio non ce la fece a resistere allo sguardo dell’altro e gli ritornò accanto nel letto “Lovinito devo andare a prenderti dei medicamentos” “N-no resta” e Spagna cedette, come sempre. “Mi spieghi come ti posso aiutare io?” “Restando” e Spagna si stava domandando il perché di quel comportamento strano dell’altro “Anto…mi abbracci?” chiese Romano lasciando di stucco Antonio, ma chi era per negargli quello che gli aveva chiesto? Si avvicinò ancor di più a lui e gli mise un braccio sulla vita attraendolo a se e sussurrandogli nell’orecchio “sei così perfetto” Romano arrossì di botto e gli sussurrò un “Notte bastardo” seguito da un “Ti amo” a bassissima voce ma che Antonio sentì benissimo ed a cui rispose con un “Te amo demasiado estúpido”.
E quella fu la prima di una serie infinita di dichiarazioni d’amore.
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E poi ci fu quella volta in cui Romano era particolarmente acido, e Antonio decise che era ora che chiarissero un paio di cose.
“NON PUOI SEMPRE FARE L’ACIDO DEL CAZZO, NON SO PIU’ COME COMPORTARMI CON TE, UN GIORNO FAI TANTO IL TENERO E L’ALTRO GIORNO FAI L’ACIDO DEL CAZZO, mierda” urlò l’altro.
E l’italiano rimase sorpreso dalle scenate dell’altro, non aveva mai reagito così ad un suo momento di acidità acuta, era la prima volta che gli urlava contro “I-io…” e Romano non sapeva come rispondere, aveva come un groppo in gola, come poteva ribattere ad una cosa così vera? Sapeva perfettamente che l’iberico aveva ragione, era consolidato.
Quindi, in preda al panico fece una cosa che non faceva da anni ormai, pianse, e pianse forte, quei pianti con tanto di singhiozzi, e Antonio se l’era ripromesso “non cedere di fronte alle làgrimas de Romano”, ma vedendo il suo amato in quelle condizioni non ce la fece e si sedette di fronte all’italiano e gli prese le mani “Lovi, discúlpeme…” “N-no, è colpa mia, sono così... lunatico? Sì, credo sia la parola giusta, sono lunatico.” “No, sono io che mi sono lasciato prendere dalla rabbia…” “Visto? Ti eri arrabbiato, ed è così ingiusto che tu mi ami così tanto e io ti sia così ingrato per tutto quello che fai, mi sopporti, mi fai avere tutto quello che voglio e l’unica cosa che io so fare è urlarti contro…” disse, per poi lasciarsi sfuggire un singhiozzo, che venne poi seguito da altri. “Scusami Antonio, io ti amo davvero tanto, per favore, ricordatelo” disse, e l’iberico cedette e lo abbracciò, lo strinse fortissimo e l’italiano rilasciò una risatina che rese Antonio davvero grato di avere una persona come lui nella sua vita.
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Angolo Autrice.

Hola! Allora, questa "cosa" è uscita in una nottata, dalle 2.00 alle 4.30, quindi non so come sia uscita. Spero vi piaccia!
(e per lo spagnolo, non conoscendone una sola parola mi sono affidata completamente a Google Translate, perdonatemi gli errori).
Anna

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Capitolo 2
*** Une nuit à Paris //Fruk ***



Une nuit à Paris
E questa va a quella stupida della mia
Spagna, anche se ci vediamo poco
mi ascolta e mi aiuta sempre, grazie
di cuore, e muoviti a salire qui che manchi.
(619 parole)
Mon petit, c’est tard!” urlò Francis da una stanza all’altra, cercando Arthur nella casa. “I’m coming, you dork!” rispose l’altro, e Francia non fece altro che pensare che gli era mancata tutta quell’acidità in quei mesi in cui non si erano visti.
Vide un Inghilterra correre giù dalle scale (quasi cadendo, tra l’altro), vestito di tutto punto, e il francese ne restò ammaliato, era forse la prima, o la seconda al massimo, che vedeva l’altro vestito con qualcosa di diverso da quella divisa verde marcio che di attraente non aveva nulla (ma che Francia amava lo stesso).
Oh mon dieu” sussurrò Francis e ricevette come risposta un “S-Shut the fuck u-up!” e il colorarsi di un rosso acceso le guancie dell’inglese, il Francese si sentiva così orgoglioso quando riusciva a farlo arrossire, una volta America gli aveva chiesto come riuscisse, e lui aveva risposto con un’ alzata di spalle ed uno sbuffo di risata.
“Dove stiamo andando frog?” chiese l’inglese mentre i due camminavano per una delle tante vie della capitale francese “E’une surprise, mon amour” e Inghilterra sbuffò per poi aumentare il passo, il francese lo prese per il polso e lo attirò a sé, “Dove pensi di andare?” gli sussurrò nell’orecchio e Arthur arrossì sino alle orecchie “S-Stop stup-stupid!” “Non fare l’acido, Angleterre” disse Francis e Arthur sentì delle farfalle svolazzare nel suo stomaco.
Stupida, stupidissima, dannatissima rana.
Camminarono fino ad arrivare al simbolo di Parigi “Et voilà Angleterre, c’est la Tour Eiffel” “That’s so…so…” e Francia si aspettava un qualcosa di acido “perfect, thank you Francis.” era una delle poche volte in cui Arthur chiamava il Francese con il suo nome proprio e questo gli fece saltare un battito “de rien, amour” “Saliamo?” “Certamente!”.
Francia si avvicinò all’entrata, superando la fila e si avvicinò all’addetto lì presente “Bonfoy” “Oh bonnesoir monsieur!” rispose l’uomo scostandosi e lasciando passare i due, provocando le lamentele della fila di turisti in attesa ormai da ore.
Frog, perché l’altra gente non entra?” “Indovina” “E cosa ne s- did you reall-“Oui.” e Inghilterra sentì le famose farfalle “Oh my god, thank you, thank you so much that’s, that’s amazing i can’t find the words” Francis non rispose e lo attirò a se “Pas de rien Angleterre”, sussurrò sui suoi capelli.
E i due si sedettero al tavolo preparato di tutto punto, e ordinarono per poi mangiare con calma.
“E’ buoniffimo frog!” disse Arthur, mandando al diavolo ogni buona maniera “Contieniti mon trésor” lo riprese Francis con un’ espressione che trasudava dolcezza da tutti i pori, l’inglese era così adorabile e tenero e non riusciva a contenere le emozioni che gli provocava “Do-don’t look at me li-like that!” “Comment je te regarde?” “Like, like I’m beautiful…” e sussurrò l’ultima parte. Francis sapeva perfettamente che era grazie allo champagne che Angleterre fosse così sciolto e parlasse senza filtri, senza farsi troppi problemi. “Parce que tu est beau, Angleterre” rispose Francia guardandolo negli occhi, notando che l’altro non riusciva a reggere il suo sguardo, Francis si allungò sul tavolo e gli mise due dita sotto il mento alzandogli il viso e portandoselo vicino, vicinissimo. “W-what are you doing I-idiot?” Francis non rispose all’altro ma semplicemente lo guardò negli occhi, impedendogli di abbassare lo sguardo.
“Non capisci Angleterre? Tu sei bellissimo, non m’importa delle tue sopracciglia o dei tuoi attacchi di acidità o della tua horrible divisa o del tuo continuo lamentarti. Sei perfetto, e je t’aime pour qui tu es.”.
E Arthur si sentì mancare la terra sotto ai piedi, si alzò dal tavolo e andò incontro a Francia “Thank you for supporting me, for being so perfect, for being you, I love you too”, prese il colletto dell’altro e lo attirò a sé.
 
Aggiungi due lettere a “Paris” ed è il paradis.
-Jules Renard
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Angolo Autrice

Salut! Allora, so che è esageratamente fluff, ma non mi interessa, mi è piaciuto moltissimo scriverla.
Au revoir.
-Anna 

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Capitolo 3
*** Passeggiata fra i ciliegi//Amepan ***



Passeggiata fra i ciliegi.
Questa la dedico alla mia Italia,
 che anche se non dal vivo
riesce sempre a tirarmi su il morale.
Grazie mille.
(773 parole)
“Kiku! Ci sono i ciliegi in fiore! Andiamo a fare un giro?” chiese America e Giappone non poté fare altro che sbuffare e annuire, pensando a quanta vitalità portasse America ogni volta che venisse a trovarlo, Alfred era ancora un bambino, e Giappone lo sapeva benissimo. Eccome se lo sapeva, ma la cosa non gli dispiaceva affatto, perché, in fondo, era il suo bambino.
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“Alfred potresti non correre?” chiese Kiku con il suo tono sempre pacato, America a volte si chiedeva come facesse a non agitarsi mai, era una specie di talento il suo. “Ci proverò, ma sono così belli questi alberi!” rispose America, esaltato, per poi prendere sottobraccio Giappone e adeguarsi al suo passo, il nipponico detestava qualsiasi contatto fisico, a meno che non fosse dell’americano, inspiegabilmente riusciva a farsi toccare da lui senza provare nessun tipo di fastidio.
“Giappone, cosa rappresentano i fiori di ciliegio?” chiese Alfred, che sapeva benissimo che ogni santissimo oggetto in Giappone significava qualcosa , “Rappresentano l’ideologia di un perfetto samurai, purezza, lealtà, onestà e coraggio, in Giapponese si chiamano Sakura” rispose Kiku, prendendone uno tra le dita e mettendolo tra i capelli di Alfred, alzandosi sulle punte dei piedi.
L’americano perse un battito, o forse due, ma anche tre, vedendo il nipponico così vicino al suo viso, così tanto che spostandosi di un minimo avrebbe potuto perfettamente baciarlo, ma si trattenne. Erano ormai consolidati i sentimenti che l’Americano provava per l’altro, e nella sua richiesta di consiglio ad Inghilterra l’altro gli aveva risposto “Bacialo deficiente!” per poi iniziare ad urlare contro Francia.
“Tutto ok?” chiese il giapponese vedendo l’americano con uno sguardo vuoto “Eh? Ah, sì sì!” rispose, e Kiku fece una risatina per la risposta dell’altro.
Sono un coglione pensò America, rendendosi conto dell’occasione persa e allora fece l’unica cosa che potesse fare, prese il giapponese tra le sue braccia e lo strinse, lo strinse fortissimo, Kiku rimase un attimo sorpreso ma si lasciò subito andare, America non lo abbracciava da secoli e Dio solo sa quanto questo contatto gli fosse mancato.
Restarono così, abbracciati sotto alberi di ciliegio per un tempo indefinito, ma a nessuno dei due importava, entrambi avevano tra le braccia una delle persone più importanti delle loro vite, a chi sarebbe importato?
“A-America-san” lo richiamò il nipponico per poi staccarsi dall’altro, rimpiangendo subito il contatto di pochi secondi prima, l’americano gli rivolse uno sguardo di…scuse? Il giapponese ne rimase sorpreso e ci fu uno scambio di sguardi che durò non poco, a parer loro, almeno.
Continuarono a camminare per quel viale di alberi in fiore, e Alfred ebbe la tentazione di prendere la mano di Kiku e stringerla alla sua, come in una presa a cui non ci si poteva sottrarre.
E il Giapponese, dalla sua parte, voleva riabbracciare Alfred, cazzo se voleva, e allora, cazzo per una volta datti una mossa, e lo fece, glielo chiese. “A-Alfred, mi ab-abbracci?”. L’Americano si girò verso di lui, con un’ espressione sorpresa e dopo un “sei insaziabile!”  mise una mano dietro la sua nuca e se la mise sul petto, e l’altra mano la mise sul fianco, mentre il nipponico gli si lanciò praticamente addosso, allacciando le sue braccia ai fianchi dell’altro.
Se devo morire, fatemi morire qui, pensarono entrambi, ed era perfettamente vero.
Il Giapponese sentì una folata di vento, ormai era sera e la temperatura si era abbassata. Allora si strinse ancor di più ad America, quest’ultimo, vista l’azione di Kiku, slacciò l’abbraccio, si levò la giacca e la mise al nipponico, a cui stava enorme.
Arigatou” rispose Kiku, arrossendo ed abbassando lo sguardo, l’Americano lo trovò davvero tenerissimo. E non resistette più, prese il suo viso tra le mani e lo avvicinò al suo. “Fermami se non vuoi” chiese Alfred, ricevendo una negazione come risposta.
E successe.
Le loro labbra si incontrarono per la prima volta. E fu perfetto.
Durò qualcosa come tre secondi, ma nessuno dei due sembrava pentirsene, Kiku sorrise ad America, ed Alfred ricambiò il sorriso.
“Torniamo a casa?” chiese l’Americano “S-sì, inizio ad avere freddo” rispose Giappone, ed allora s’incamminarono verso casa.
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Nel momento della “messa a letto” Alfred sentì l’altro sussurrare nel buio.
“A-Alfred, dormi con m-me?” e Alfred in un primo momento non rispose, e al silenzio Kiku si girò dall’altra parte del letto e sbuffò. Quello sbuffo suonò così strano alle orecchie di America, che non aveva mai sentito Giappone lamentarsi, di nulla, era sempre stata una persona devota al lavoro, e quello sbuffo era così strano.
Allora si alzò ed entrò nel letto dell’altro, cogliendolo di sorpresa, e lo abbracciò dal dietro, portandolo a sé.
Arigatou, America-san” “You’re welcome, Japan”.
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Angolo Autrice.

Sto aggiornando ad un orario orrendo, scusate guys.
Ma quanto sono carini Alfred e Kiku? Li amo.
E ringrazio le ragazze che hanno recensito l’ultima OS, vi amo.
Anna

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