Femmina alfa

di lenina blu
(/viewuser.php?uid=84616)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A ***
Capitolo 2: *** B ***
Capitolo 3: *** C ***
Capitolo 4: *** D ***
Capitolo 5: *** E ***
Capitolo 6: *** F ***
Capitolo 7: *** G ***
Capitolo 8: *** H ***
Capitolo 9: *** I ***
Capitolo 10: *** J ***
Capitolo 11: *** O ***
Capitolo 12: *** P ***
Capitolo 13: *** Q ***
Capitolo 14: *** R ***
Capitolo 15: *** S ***
Capitolo 16: *** K ***
Capitolo 17: *** L ***
Capitolo 18: *** M ***
Capitolo 19: *** N ***
Capitolo 20: *** T ***
Capitolo 21: *** U ***
Capitolo 22: *** V ***
Capitolo 23: *** W ***
Capitolo 24: *** X ***
Capitolo 25: *** Y ***
Capitolo 26: *** Z ***
Capitolo 27: *** Epilogo - Prologo ***



Capitolo 1
*** A ***


Prima di iniziare con la lettura di Femmina Alfa, ti invito a dare un'occhiata al booktrailer https://www.youtube.com/watch?v=tATvV9_MXC4 :) e per maggiori info: www.elenalucia.com 

ps. sarebbe fantastico se tu mi aiutassi a decidere la copertina di Eris! Presto parteciperò ad un concorso, e visto che siete voi utenti in primis che leggete, voglio un parere vostro! 

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.859525297457520.1073741830.771773842899333&type=3

A

 

Eravamo giunti in mezzo alla foresta. Il silenzio inquietante che avevamo sentito per tutti il nostro cammino adesso era spezzato dai rumori dei nostri respiri.

-Michael guarda un po' qui!- mi disse Adriàn sottovoce. Indicò una luce in lontananza. Li avevamo trovati finalmente. Ci avvicinammo pian piano, e dopo qualche minuto arrivammo in una radura. Bingo.

Un grande fuoco stava al centro della scena e un centinaio di persone danzavano attorno. Vestite con stracci di pelle e con i volti truccati da linee rosse e bianche.

Adriàn ed io stavamo in silenzio a guardare quella scena. Le ombre e le luci si proiettavano danzando tutto attorno alla foresta, mentre noi stavamo nascosti dietro a due grandi alberi, la cui specie non avevo mai visto.

Il popolo degli alberi, il più antico popolo al mondo stava per essere derubato di ciò che aveva di più prezioso, il Jano. E chi sarebbe stato a rubarlo, se non io, Michael, detentore del Jano di Fuoco?Era uno dei tanti lavoretti che facevamo noi mercenari, recuperare oggetti maledetti come Rubens, Jano, Stellair...anche se dovevo ammettere di essere un po' in ansia. Era la prima volta che compievo il furto di uno dei 12 pugnali maledetti, e non so perchè, ma qualcosa mi diceva che non ci sarei riuscito.

Mi passai una mano tra i ciuffi di capelli castano mogano, sbuffando. Non avevo granchè voglia di tornare all'accampamento, quando all'interno della foresta il clima era così caldo. Quando finalmente finirono di danzare si andarono piano a piano a sedere tutti. Cominciarono tutti a chiacchierare, e l'atmosfera cominciò a distendersi. Bene, finalmente si arrivava al dunque.

Quella sera Adriàn ed io avremmo rubato il Jano della metamorfosi.

Stavano seduti in cerchio tanti giovani e man mano che ci si allontanava dal centro stavano seduti gli adulti. All'interno del cerchio, davanti al grande falò, apparve una vecchia. Teneva gli occhi chiusi ma parlava. Molto probabilmente era ceca. Lanciai uno sguardo a Adriàn, che mi rispose con un sorriso schifato.

Lei era l'attuale detentrice del Jano. Quella sera avrebbero compiuto il rito di passaggio e il Jano sarebbe passato al nuovo discendente.

Prima però, io Adriàn lo avremmo rubato. Non ero preoccupato dal poter essere ucciso, nonostante il popolo degli alberi non fosse mai stato una volta sconfitto. Ero più preoccupato del contrario.

A differenza di Adriàn che amava far soffrire e torturare le sue vittime, io non adoravo per niente la violenza gratuita. Non l'avevo mai capito quel ragazzo. Avevo 22 anni all'epoca, e lui qualche in meno. Non avevo ancora idea di quello che sarebbe successo di lì a qualche tempo dopo.

-Bene. Possiamo iniziare il rito di successione- disse la vecchia tutto ad un tratto.

Calò il silenzio. A questo punto degli uomini ai lati cominciarono a battere il tempo su dei tamburi, producendo una strana litania.

-Per la grande Dea Madre, unica creatrice del mondo, oggi siamo qui riuniti.- fece un profondo respiro e improvvisamente aprì gli occhi. Le iridi erano bianche. Inquietanti.

-Dimmi, oh Madre, chi sarà il prossimo Alfa!- invocò a gran voce, alzando le mani verso il cielo. Poi improvvisamente le abbassò e richiuse gli occhi. Passò un minuto carico di tensione e snervanti silenzi. Tra poco avrebbe dovuto mostrare il Jano. A quel punto sarei intervenuto io. Ma prima doveva tirare fuori quel maledetto pugnale.

-Deva!- gridò ad un tratto. Si levarono una serie di grida e cori felici. Non aveva ancora tirato fuori il pugnale, quindi non aveva ancora finito di parlare. Dopo che gli applausi e le grida cessarono, si alzò un ragazzo alto e muscoloso, per avvicinarsi alla vecchia. Era felice avesse pronunciato il suo nome. Non lo sarebbe stato ancora per molto, pensai sorridendo.

Guardai Adriàn. Tra poco toccava a noi.

Poi però per la prima volta dopo duemila anni successe qualcosa che ne io, ne gli stessi abitanti c'eravamo mai immaginati.

-Sarò ben felice di seguire ciò che dice Alfa- disse lui inchinandosi. Calò nuovamente il silenzio. Ma la vecchia non lo aveva ascoltato per niente per aggiunse:

-...e Marika-

Tutto ad un tratto si levò un borbottio e le teste si girarono verso una giovane ragazza che stava seduta vicino agli adulti. Lei sembrava non essersi resa conto di quanto le stesse succedendo attorno. Stava rannicchiata su se stessa, magra, con lo sguardo spento, concentrata a guardare in un punto indefinito. Lunghi capelli castani mossi le incorniciavano il volto triste. Aveva addosso un semplice vestito di pelle, come tutte le altre ragazze presenti, però il suo era più logoro. Il suo volto mi ricordò un po' me stesso, i primi anni che ero diventato un mercenario. Era lo sguardo di chi si sentiva annullato. Anche quella fragile ragazza era stata nominata per diventare capo tribù. Ridacchiai tra me e me. Vi era una piega inaspettata degli eventi. In 2000 anni di storia, non c'erano mai stati due candidati al trono.

-Non posso accettare Alfa- disse la ragazza, quando si rese conto della situazione. Mantenne lo sguardo abbassato.

-Com'è possibile Alfa, io dovrei essere l'unico erede, perchè ha nominato anche quell'orfana?- disse il ragazzo protestando. Guardai un attimo Adriàn. Era seduto su un ramo di un albero, però non stavo prestando attenzione alla scena, stava semplicemente affilando la lama della sua scimitarra.

-ehi Adriàn ci sono dei problemi.- gli dissi. Lui alzò lo sguardo verso la scena.

-Beh aspettiamo che si ammazzino tra di loro, poi li ammazzeremo noi- e liquidò la faccenda. Per lui era scontato che la gente o ammazzasse o finisse ammazzata, questa era la sua filosofia di vita.

Ritornai a guardare la scena incuriosito dalla reazione della ragazza.

-Esatto Alfa, sono un'orfana che non vale niente, mi lasci perdere, non sono adatta a questo compito- disse la ragazza continuando a mantenere lo sguardo verso terra.

Quindi questo popolo ancora rozzo e semi barbaro discriminava gli orfani? Se fossi nato tra loro non avrei avuto di certo vita facile. Mi dispiaceva un po' per lei.

-Silenzio! Osate mettere in dubbio le scelte della grande Dea Madre?- disse la donna anziana. Immediatamente calò il silenzio.

-Voi due vi affronterete e chi vincerà sarà il nuovo successore. Domani mattina, al sorgere del sole ci troveremo sotto la cascata. Lì si svolgerà il combattimento-

Tutti si guardarono straniti da quell'affermazione, ma non dissero nient'altro.

-ehi Michael andiamocene allora. Questi non combinano nulla, ci toccherà ritornare domani mattina per avere il Jano, torniamocene alla base.

Annuì. Quante speranze ci sarebbero state per la ragazza di sopravvivere, il giorno seguente?

Non molte considerando la stazza del suo avversario. La guardai un ultima volta, se ne stava scappando nel bosco in lacrime.

-ehi Adriàn arrivo tra poco, tu intanto parti, voglio controllare una cosa- lui mi guardò, e guardò la ragazza.

-un po' magra per i miei gusti. Vedi di non farti scoprire, a dopo vecchio- disse con un ghigno inquietante e se ne andò.

Mi spostai tra gli alberi in modo da avvicinarmi meglio alla ragazza. Stava seduta sopra una grande pietra a piangere e ad asciugarsi le lacrime. Tra le mani teneva una collanina.

-perchè papà. Già la mamma se ne è andata, anche tu mi hai lasciato qui da sola. Se solo...fossi stata più forte e...non...avrei potuto aiutarti contro quell'uomo...-diceva piangendo.

-nessuno mi crede...ci sono degli uomini accampati non poco lontano da qui, ma nessuno mi presta ascolto...sono sicura che tra poco attaccheranno...eppure nessuno si cura di me solo perchè sono orfana!-

la capivo. Era stata la stessa cosa per me. Abbandonato e solo ero stato ricattato e obbligato a diventare un mercenario dei Teschi. E ora ne facevo parte. In realtà con gli anni avevo acquisito molta abilità nell'uso del Jano. Avevo le capacità per scappare, ma avrei messo in pericolo la vita di mia madre. Erano stati chiari: o io me ne sarei andato con loro, o avrebbero ucciso mi madre. Ormai erano 12 anni che non la vedevo più. Mi bastava sapere che fosse viva.

-non importa...-disse asciugandosi le lacrime- ...troverò l'uomo con il teschio sul collo e la scimitarra e lo ucciderò. Voglio vendicarmi di mio padre!- disse.

Voleva uccidere Adriàn? Una ragazzina come lei? Forse era il caso che lasciasse perdere, se non voleva essere uccisa. Era passato già troppo tempo da quando Adriàn era tornato indietro. Avrei dovuto raggiungerlo. Chiusi gli occhi, misi la mano sul mio Jano e sparii avvolto dalle fiamme.

 

 

 

Salve ragazzii :)

Invece di tornare con un sequel su Angelica, eccomi qui che torno con un prequel. Per chi non avesse mai letto Angelica non c'è problema, considerando che si capisce comunque, ma se volete comunque capire di cosa si sta parlando ecco a voi il link del mio sito web : www.elenalucia.com dove trovate informazioni su di me, sul libro, su dove potete acquistarlo e dove potete incontrarmi :) Date un occhiata anche alla pagina facebook che aggiungo sempre le novità!

Comunque se non aveste voglia di leggere quel pacco di Angelica, resto a disposizione per vostri chiarimenti! Non esitate a contattarmi se non capite qualcosa, anzi!

Spero in qualche recensione xD , ma comunque ringrazio tutti coloro che hanno letto.

Il prequel non sarà molto lungo,cercherò di non dilungarmi troppo, in quanto la storia principale è quella appunto della nostra Angie. Eh la Marika che qui appare, si è il capitano della Canasta, così come il nostro Michael è l'uomo misterioso più forte di tutta l'organizzazione. So che non siete abitutati alla vista di una Marika così fragile e che l'avete conosciuta, come una tipa tosta, con le “palle” e che è in grado di governare un'intera ciurma di pseudopirati ;) come la nostra Angelica, Richard e tutti gli altri. In Angelica, non si poi molto su chi sia Michael, rimane sempre una figura avvolta nell'ombra, inoltre anche Marika non da alcuna spiegazione (nonostante Angelica le chieda il perchè) su come si sia procurata quel tatuaggio che tiene sempre nasosto a forma di teschio. Inoltre la relazione tra Marika e Michael è appena accennata nel libro, quindi mi sembrava doverso fare uno spin-off prequel del libro! Spero vi divertiate, e vi immergiate anche voi nle mondo dei Jano e della pirateria, come apprezzano tutti i ragazzi delle scuole in cui sto portando Angelica! Ultimissima cosa, che non centra molto, ma che voglio assolutamente dire: credete nei vostri sogni. Mi dicono sono troppo sognatrice e con la testa per aria, ma mentre gli altri parlano io ho già pubblicato un libro a 17 anni, e quest'anno prenderò il patentino da giornalista, alla faccia di quelli che mi dicono che non si può! Siate testardi, duri e determinati! Io mi sto impegnando tantissimo per far conoscere Angelica, ogni giorno quando vado a scuola cerco un modo per portare avanti il mio sogno ed essere considerata da una grande casa editrice!Nonostante il mondo dell'editoria in Italia oggi sia veramente in crisi. Fatta questa paternale, me ne vado ;) e vi invito a leggere Eris, una mia storia qui su efp, che sta avendo un discreto successo, e che vede come protagonisti gli dei dell'Olimpo, tra cui la cinica, egoista e pericolosissima Eris, dea del caos e della discordia!

Lasciatemi un commenti, vi aspetto!!

 

a presto bellii :)

Zuz'

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** B ***


 

B

 

Camminavo da sola. Era l'alba e mi ero svegliata come Alfa aveva detto. Stavo andando alle cascate e non potevo fare a meno di pensare che quello probabilmente sarebbe stato l'ultimo giorno nella tribù del popolo degli alberi. Altro che diventare la nuova alfa. Avessero scoperto la mia maledizione, sarebbero scappati subito. Tanto meglio. Il mio destino era quello di rimanere da sola per sempre. Sopratutto dopo che papà era morto, non mi era rimasto nessuno.

Sospirai. Non volevo fare del male nessuno, sopratutto a quel pallone gonfiato di Deva. Ci credono che si era arrabbiato quando alfa aveva fatto il mio nome. Era sicuro di essere il predestinato a fare da capo, così come i suoi genitori. Per me invece era stata una sorpresa. Come sarebbe mai potuta un'orfanella come me diventare capo, quando nessuno si curava di me, ma anzi mi deridevano?

Eppure quella era la mia casa. Sospirai. Ero giunta sotto la cascata. C'era uno spiazzo, il fiume che scorreva di lato e una tranquillità naturale. Adoravo quel posto.

-Finalmente sei giunta Marika- mi disse Allfa. Non c'era tanta gente. Non come la sera del rito. C'erano gli anziani saggi che sedevano su delle delle rocce squadrate. Al centro stava seduta Alfa con un bastone in mano. Non se ne staccava mai. Veniva tramandato di capo in capo ed era simbolo del nostro popolo.

Dave se ne stava in silenzio. Era abbastanza stufo da quella situazione.

-Muoviamoci Orfana- disse sprezzante. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Ma non avrei pianto.

-Ehi Deva, sii gentile è una ragazza che ha i tuoi stessi diritti.- disse Alfa.

-Certo, mi scusi- disse lui nemmeno provando a scusarsi. Alfa.

-Venite qui. Ora vi consegnerò due pugnali di legno. Con questi non potrete ferirvi ma attaccare e difendervi si. Il vincitore sarà colui che dimostrerà la vera forza di un capo, durante questo combattimento. Potete iniziare- disse l'anziana.

Preso il mio coltello di legno mi allontanai da Deva. Non vedevo l'ora che questa cosa finisse. Lo avrei lasciato vincere senza oppormi troppo. Decisi di partire ad attaccarlo io per prima.

Avrei fatto finta di attaccarlo. Non volevo fargli troppo male. Lui comunque in ogni caso non mi avrebbe fatto nulla e io avrei finto.

Gli corsi incontro cercando di colpirlo con un pugno. Lui ovviamente più grande e grosso di me, lo bloccò con una mano senza fare troppa fatica. Mi prese per il polso e mi scaraventò a terra con violenza. Lui non sembrava giocare. Mi inflisse subito un pugno alla pancia.

Doveva essere stato molto forte, ma io non sentii nulla. Feci finta di provare dolore e mi spostai da terra velocemente, allontanandomi, prima che potesse sferrarmene un altro. Lui mi guardava incuriosito.

-Non credevo fossi così morbida- disse lui sorridendo. Divenni rossa per l'imbarazzo. Era successo di nuovo. Quando mi strattonavano o spingevano, credevano tutti che fossi morbida! Ma non era così. Lui mi corse incontro cercando di attaccarmi di nuovo, questa volta però con il coltello di legno. Schivai per pochissimo il colpo diretto al viso abbassandomi. Con la gamba destra gli sferrai un colpo sul fianco destro, cercando di fargli perdere l'equilibrio. Ma era troppo grosso e non riuscii a smuoverlo che di pochi centimetri.

Lui mi prese la gamba e nuovamente mi ritrovai per terra. Non mi mossi. Volevo che sferrasse sto benedetto colpo, e avrei fatto finta di perdere. Lui cominciò a colpirmi il ventre con una scarica di pugni che un essere umano normale non si sarebbe più mosso per diverso tempo. Io lo lasciavo fare, tanto non sentivo dolore. Per farlo finire in fretta però finsi di non farcela più.

Devo ammettere che ero una brava attrice. Lanciai uno sguardo verso gli anziani e sembravano seriamente preoccupati per la mia incolumità. Solo Alfa non diceva niente. Anche se non vedeva era in grado di sentire tutto perfettamente e di sicuro capiva quello che stava succedendo. Stavo ritornando a guardare se Dave aveva finito o no, quando il mio sguardo cadde verso una figura nera seduta su un albero.

Concentrata nel capire chi fosse avevo smesso di fingere un dolore che non sentivo. Non era della nostra tribù. Aveva degli abiti strani. Poi finalmente riuscii a vedere il viso. Era lui.

Dave continuava a sferrarmi pugni all'addome, con la testa china, concentrato nel farmi del male. Gli misi una mano sulla testa e lo spinsi di lato per spostarmi. Lui non ne voleva sapere di spostarsi però.

-Dave c'è qualcuno lì tra gli alberi!- dissi io cercando di non farmi sentire.

-So già che è un trucco, Orfanella, smettila di opporti e lasciami vincere- disse continuando a colpirmi. Non mi interessava combattere contro di lui. Dovevo sconfiggere l'uomo sedutto con il ghigno. Era stato lui ad uccidere mio padre.

-Spostati Dave!- Gli dissi contro urlando, facendo appello a tutte le mie forze per spostarlo. In quel momento successe una cosa stranissima. Il pugnale di legno che avevo tra le mani si illuminò. Dave se ne accorse e si spostò. Subito ne approfittai per allontanarmi qualche metro da lui. Stavo ancora cercando di capire quando l'uomo con il ghigno che avevo visto saltò in mezzo alla radura.

Gli anziani cominciarono a mormorare.

-Datemi il Jano della metamorfosi e non morirà nessuno- disse lui venendo avanti e estraendo una scimitarra. Dave sembrava essersi ripreso e scattò in piedi.

-Chi sei?!- chiese in allerta lui.

-Tu sei quello sporco assassino che ha ucciso mio padre!- gli gridai contro. L'uomo mi guardò rivolgendomi un ghigno inquietante.

-Beh allora vieni qui che ti mando dal tuo bel paparino...-disse avvicinandosi. Non abbassai lo sguardo. Non avevo niente da perdere. L'alternativa a morire sarebbe stata vivere da sola emarginata per sempre. Il pugnale di legno continuava a brillare.

Improvvisamente dal nulla, al suo fianco apparvero delle fiamme. Che diavolo stava succedendo?

Nessuno stava capendo più nulla. Ad un tratto da quelle fiamme apparve un ragazzo. Era giovane, alto e moro. I suoi occhi erano molto scuri.

-Ehi Adriàn, ricordati che siamo qui per il Jano, non per uccidere la gente- gli disse lui ammonendolo con lo sguardo. Il suo amico non se ne curò molto perchè gli rispose:

-Vuoi togliermi quel poco di divertimento che c'è in questo lavoro?eh Fiamma?-

L'uomo non fece in tempo a rispondere che Alfa uscì dal suo silenzio.

-Come osate, mercenari, violare questa terra sacra? Soprattutto tu con il Jano del Fuoco- disse l'anziana.

-Beh non mi pare sia l'unico a possedere un Jano qui- disse Fiamma. Non capivo a cosa si riferisse. Lanciò uno sguardo verso le mie mani e vidi che non impugnavo più il pugnale di legno, ma avevo tra le mie mani un bellissimo pugnale dalla lama nera. Sull'elsa era incisa la sagoma di un leone, che era illuminata di una bella luce nocciola. Non capivo.

-Capisco. Beh abbiamo il nuovo successore.- disse Alfa.

-E' Dave.- prese un sospiro e cominciò a parlare.

-Il pugnale che vedi tra le tue mani Marika è il pugnale sacro che si tramanda di generazione in generazione al capo. Dovresti essere tu la nuova Alfa. Tuttavia il pugnale come immagino ha la lama nera, ciò significa che è maledetto. Che tu sei maledetta. Non puoi rimanere tra noi, popolo degli alberi, sacro al dio Sole. Quindi il tuo posto verrà preso da Dave. Il tatto che il pugnale abbia preso la lama nera, e non la solita lama bianca significa che appunto sei maledetta. Ora decidi cosa farne. Sappi però che alla tua morte, indipendentemente dalle mani in cui sia finito, il pugnale ritornerà qui sotto forma di pugnale di legno.-

disse la donna. I saggi al suo fianco cominciarono a mormorare.

-Ma come alfa!? Sono io il più forte tra i due!- protestò Dave -dovrei essere io ad aver trasformato il pugnale, non lei!-

-Dave, la nuova Alfa è lei, in quanto ha un potere nascosto molto più forte del tuo, non opporti alle decisioni di dio- concluse Alfa -ora però Marika sei bandita dal popolo degli alberi. Non potrai più ritornare qui. Ti riconosco come nuova Alfa. D'ora in poi non avrai bisogno di tornare qui ogni tre anni. Addio- disse l'anziana.

Io stavo ancora cercando di capire cosa diavolo stesse succedendo. Cosa voleva dire che ero bandita? Bandita da casa mia?

-Uuuh le cose si fanno interessanti. Ma non lascerò andare nessuno di voi vecchia.- disse Adriàn.

-anzi facciamo così, vi lascerò andare solo se la ragazzina riuscirà a sconfiggermi- disse indicandomi. Cosa? Mai. Non ce l'avrei mai fatta a sconfiggerlo. Ma non potevo lasciare che li uccidesse. Ma mi avevano bandito. Ero la nuova Alfa, io? Forse così mi sarei spiegata perchè qualsiasi cosa facessi non mi ferivo.

-Dacci il Jano e ce ne andiamo- disse Fiamma.

-Non ce ne andiamo un corno Fiamma- disse Adriàn guardandolo. Era infastidito e aveva perso il ghigno inquietante. Fiamma invece mi fissava in maniera insistente.

No. Non mi sarei staccata da quel pugnale o Jano o come si chiamava. Ormai era l'unica cosa di prezioso che avevo.

-No.-dissi guardandolo negli occhi. Quella fu una delle ultime cose che ricordai con certezza, prima di perdere il controllo.

 

 

Fine Capitolo

 

 

Note autrice:

 

Salve ragazzi :)

Tra qualche giorno partirò per uno stage per la grecia di due settimane , ergo non potrò caricare nulla, anche se forse avrò la rete wi fi la sera in appartamento D: non so. Comunque, andrò con la scuola quindi non so quanto tempo avrò per scrivere D: D:

Quindi al prossimo capitolo :)

grazie per chi mi segue ancora :) :) siete fantasticii

 

Elena

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** C ***


C

 

Marika, la giovane della sera precedente guarda Adriàn con odio. Aveva qualcosa di strano quella ragazza. I suoi occhi si erano schiariti e sul suo corpo stavano cominciando ad apparire dei segni che sembravano tatuaggi. Non era in sè stessa. Il suo Jano poi era già illuminato. Io ci avevo messo diverso tempo prima di riuscire ad utilizzarlo, come aveva fatto lei? Subito?

Quella situazione non mi piaceva per niente, e Adriàn con il suo modo arrogante la stava facendo peggiorare. La doveva smettere di scherzare con il fuoco. Se quella tribù in 2000 anni di storia non era mai stata attaccata doveva esserci un motivo, dovevano nascondere un segreto. E forse quel segreto era proprio davanti ai nostri occhi.

-Ehi ragazzina che ti sta succedendo, hai paura?- disse Adriàn per provocarla. Non aveva nemmeno estratto la scimitarra e contava di ucciderla a mani nude. Non avrei potuto intervenire però. Se lo avessi fatto, ne avrei pagato io le conseguenze.

Alfa, la vecchia , era ancora seduta sulla pietra che pazientemente sembrava aspettare qualcosa. Anche gli altri adulti della tribù sembravano essere tranquilli. Perchè?

Mi guardai attorno. Era tutto troppo silenzioso e calmo.

Marika chiuse gli occhi e quando gli riaprì erano gli stessi occhi di un felino. Gialli e assottigliati. Improvvisamente sparì.

-Che diavo...-

Adriàn non concluse la frase che Marika gli era piombata addosso, lanciandogli un calcio in mezzo al petto. Vidi Adriàn cadere scaraventato qualche metro indietro. Marika lo osservava a distanza di qualche metro. Ma non era più in lei. Adriàn invece la fissava incredulo. Poi tutto a un tratto sorrise.

-Ma è fantastico! Aspetta piccoletta di vedere come ti prendo a calci- disse lui tirandosi su. Faceva fatica a respirare. Se non avesse avuto sotto la giacca il busto in metallo, gli avrebbe forse inclinato qualche costola. Si tirò su pronto a combattere, senza però utilizzare la scimitarra. Non c'era da scherzare con Adriàn, ma nemmeno quella ragazzina sembrava un avversario facile.

Marika sparì di nuovo e riapparve alle sue spalle, sferrando un altro calcio. Adriàn si girò di scatto e lo blocco. Sul suo viso era apparso il ghigno inquietante che compariva ogni volta che combatteva con un avversario che lui reputava interessante. Sospirai. Le cose sarebbero andate per le lunghe.

Adriàn prese la ragazza e la scaraventò per terra. Marika cadde ma sembrava non si fosse fatta niente, perchè si rialzò immediatamente. Lei gli sferrò un altro colpo.

Adriàn lo parò e la colpì. Marika prese il colpo e venne scagliata qualche metro lontano da Adriàn. Mi dispiaceva per lei, ma non potevo fare nulla. Adriàn era molto forte e mettermi contro di lui mi avrebbe creato solo che problemi. Per quanto lui fosse più giovane di me, lui era un membro effettivo dei Teschi, io invece ero alla fin fine uno schiavetto, costretto fin da piccolo a lavorare per loro.

Ancora una volta Marika si alzò. Il suo sguardo era sempre più deciso, e sembrava non essersi fatta niente. Questa volta non attaccò subito. Si mise in posizione pronta per correre incontro ad Adriàn quando una voce ci fece voltare tutti.

Da sotto la cascata era uscita una donna dai lunghi capelli mossi. Era molto simile a Marika, anche se era più vecchia di lei.

-Se avete da combattere, fatelo fuori dal territorio sacro.- disse la donna sorridendo.

Tra gli uomini della tribù si era levato un mormorio. Chi era lei?

-Oh un'altra femmina?- disse Adriàn guardandola con il suo solito ghigno.

-Predete mia figlia ed andatevene- continuò la donna.

Figlia?

-vuoi dire che questa ragazzina simpatica è tua figlia?- disse Adriàn. Intanto il brusio si faceva sempre più forte.

-Deepali, tu e le tue guerriere siete in ritardo. Avrebbero potuto uccidere alfa!- disse un uomo seduto vicino ad Alpha. Era questo il segreto della tribù? Delle guerriere?

-Chi se ne frega di quella vecchia. Piuttosto, non voglio nessuno tra i piedi qui. Andatevene via. Questa zona è sacra alla Dea Madre e adesso è piuttosto irritata. Voi della tribù, tornatevene a casa e voi, mercenari, portate via con voi mia figlia Marika. - disse guardando Adriàn e alpha.

-Capisco. Andiamocene.-disse alfa alzandosi. Se ne stava andando sul serio? Chi diavolo era questa Deepali?

Deepali apparì alle spalle di Marika e le bastò mettere una mano sulla sua spalla che la ragazza cadde a terra svenuta.

-Non potete ucciderla, portatela con voi.-

-Non se ne parla nemmeno donna! Io ho un conto in sospeso con lei!-le urlò contro furioso Adriàn.

-Non puoi ucciderla. E' maledetta. Non puoi tagliarla ne ferirla.- disse la donna con una vena di dolore negli occhi.

-Andiamocene- dissi. La missione era conclusa. Avevamo preso la detentrice del Jano e il Jano stesso, non aveva senso accanirsi ancor di più.

-Noi rimaniamo qui fino a quand...-

-Adriàn per favore- odiavo quando faceva il testardo così. Si doveva accanire per niente. Non avrebbe cambiato idea. Ma non sarei rimasto ancora un minuto di più lì. Avevo ben capito quale era la forza di questa Deepali: se persino alfa aveva preso ordini da lei, vuol dire che nascondeva qualcosa di oscuro.

Adriàn però sembrava non capire. Mi lanciò uno sguardo sprezzante. Mi avrebbe di certo attaccato. Non capiva più nulla. Misi la mano sopra al mio Jano e apparsi vicino alla donna e a Marika. Presi Marika in braccio e guardando Adriàn un ultima volta sparii avvolto dalle fiamme.

Sapevo che dopo avrei subito una bella ramanzina, ma non mi importava. Adriàn era troppo giovane e inesperto. Nel suo lavoro di mercenari un anno di esperienza in più faceva veramente molta differenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** D ***


D


Quando mi svegliai non aprii gli occhi. Non subito. Dove diavolo mi trovavo e cosa diavolo era successo? Sentivo un fuoco vicino a me. C'era silenzio, solo il rumore delle braci che bruciavano. C'era anche un buon odore, sembrava minestra quasi. Mi concentrai ad ascoltare i suoni.
Non sentivo la presenza di nessuno intorno a me. Provai a muovermi lentamente ma sentii le mani bloccate dietro la schiena da una corda. Mi avevano preso.
Ad un tratto sentii delle voci provenienti da lontano.
-Fatemi entrare! Devo prendere a calci nel culo quella ragazzina! E anche Michael! Quello schiavo di merda che...- era la stessa voce del ragazzo che aveva ucciso mio padre!
-Falla finita Adriàn- disse un altra voce che non avevo mai sentito.
Odio. Avessi avuto la forza necessaria lo avrei preso a calci fino a fargli sputare tutti i denti che aveva in bocca. Ma non la possedevo. Aprii piano piano gli occhi.
Mi trovavo dentro ad una tenda molto grande. Sopra al braciere nella tenda, c'era un buco che permetteva al fumo di uscire. C'era un clima di incredibile tranquillità. All'interno della grande tenda c'era solo la luce arancione del fuoco.
Non vidi nessuno. Forse potevo scappare.
Mi tirai su di scatto e provai a mettermi in piedi da seduta, con le mani legate. Ci stavo quasi per riuscire quando un voce mi bloccò:
-io non ti consiglierei di uscire-
Diamine. C'era qualcuno dietro di me. Non avevo controllato. Mi voltai piano piano.
Non molto lontano da me stava una figura seduta su una sedia, vicino a un tavolo. Stava sorseggiando qualcosa e sentivo il suo sguardo su di me. Non vedevo bene il viso.
Io rimasi immobile ad osservarlo. Non sapevo proprio cosa fare.
Lui appoggiò il bicchiere e si alzò. Fece un paio di passi avvinandosi e riuscii a vedere il viso.
Era un ragazzo sulla ventina. Occhi scuri così come i capelli corti, lisci, spettinati e un po' di barba. Lo stesso che avevo incontrato nella radura insieme a quello che aveva ucciso mio padre.
Lo fissai negli occhi.
-Dove sono?- chiesi guardandolo con odio.
-in un accampamento di mercenari. Siamo vicini alla foresta, ma non a casa tua. Ci metteresti tre giorni di cammino per tornare indietro. E' incredibile quanto abbiamo faticato a trovare la tua tribù- disse lui continuando ad osservarmi. Era seduto su una sedia rivolto verso di me. Anche il suo sguardo era deciso quanto il mio. Mai avrei immaginato cosa sarebbe successo successo anni a venire da quell'incontro.
-Beh e che cosa mi volete fare?- dissi abbassando lo sguardo. Mi guardai. I miei abiti erano tutti rovinati e sporchi di terra.
-Non lo so ancora cosa se ne vogliano fare di te. Domani verrà il capo e sceglierà. Se gli starai simpatica ti terrà con noi e insieme a te il Jano. Se no, ti venderà con Jano compreso a qualche altra organizzazione. Hai fame?- mi chiese lui. Ma era una domanda retorica perchè non attese risposta che già si stava dirigendo verso quella che doveva essere la riserva di cibo.
-se non volessi mangiare?- chiesi io con astio. Perchè tutti si dovevano accanire con me? Perchè la mia vita era così tormentata? Era forse meglio farla finita? Ora che mio padre mi aveva abbandonato. Ora che mi trovavo lontano dalla mia tribù.
-mangi lo stesso- disse lui concentrato nel rovistare tra le provviste.
Sbuffai, ma lui non mi considerò molto. Mi sedetti vicino al fuoco cercando di scaldarmi. In effetti faceva molto più freddo dentro alla tenda che nella foresta. Lui dopo poco si avvicinò portandomi diverse ciotole con qualcosa dentro.
-Toh, mangia senza fare storie. Non è velenoso.- le mise giù e andò a prendermi un bicchiere e dell'acqua. Io avrei anche mangiato. In effetti, non sapevo spiegarmi il perchè, ma avevo moltissima fame. Il problema però era che NON potevo mangiare: avevo le mani legate.
-Ho le mani legate- dissi io guardandolo male.
-Non dovresti avere comunque problemi a mangiare no?- mi guardò lui sedendosi di fronte a me su uno sgabello.
-Cosa ti fa pensare che io riesca a mangiare senza le mani?- lo guardai io irritata.
-il tuo Jano- mi disse lui guardandomi incuriosito.
-Che?-
-E' incredibile il potenziale nascosto che la tua tribù possiede, ma è altrettanto incredibile il fatto che questo lo sappiano solo in pochi. -disse lui continuando.
-Non capisco. Che stai dicendo?- chiesi io sempre più confusa. Ero confusa, infastidita, affamata e soprattutto stanca. Stanca di tutto. Tutto che non andava. Andava sempre il contrario di come doveva essere. Mi guardò cercando di capire se stessi mentendo o no.
-Beh. E' ovvio che se la tua tribù sopravvive in un posto del genere, qualcosa di strano lo ha- disse il giovane, spostando lo sguardo.
-Cosa significa questo?-
Lui si alzò e si avviò verso quello che doveva essere l'ingresso della tenda. Scostò la tenda pesante e aprìì. Rimasi basita.
Un vento gelido entrò e rabbrividii. Fuori era tutto completamente bianco. Perchè? E perchè c'era questo freddo? Quando mai nella mia foresta c'era stato quel clima? Soddisfatto dalla mia reazione, il ragazzo richiuse subito la “porta”.
-Beh questo è il clima fuori dalla foresta. Nella foresta c'è un caldo e un'umidità tropicale che non ho mai visto. E l'ingresso della tua foresta è a circa dieci metri da questa tenda.-
Non sapevo che dire. Non ero MAI uscita in sedici anni dalla foresta. Non avevo idea di cosa ci fosse al di fuori.
-qui invece nevica e alcuni dei nostri per arrivar sin qui, sono morti. Adesso che finalmente ti abbiamo trovata ce ne potremo andare via- disse lui riavvicinandosi al fuoco. Si sfregava le mani e si sedette di fronte a me. Il fuoco tra noi.
Non sapevo che dire.
-Rimane comunque il fatto che io non sono in grado di mangiare- dissi.
-Credo mi toccherà insegnarti se rimani con noi. Per sta volta ti slego. Non credere di riuscire a scappare. Non riusciresti nemmeno ad avvicinarti alla porta- disse lui tornando serio. Improvvisamente sentii caldo attorno alle mani. Le guardai e vidi che la corda avevano preso fuoco,ma non mi stava bruciando.
-come fai?- lo guardai sconcertata.
-esattamente come fai tu. Uso il Jano- e tirò fuori un pugnale. Era uguale a quello che mi ero trovata tra le mani prima di perdere conoscenza. Non ricordavo niente della battaglia. Non ricordavo nulla di quello che era successo dopo aver visto Adrìan e il ragazzo che avevo di fronte a me. La lama del pugnale era nera. Vi era però inciso un animale nell'elsa, che brillava di un rosso fuoco.
-ma..prima di tutto, come è che ti chiamano?- mi chiese lui appoggiando il Jano per terra di fronte a sé.
-Marika, tu?-
-Michael-


 
Fine Capitolo


Note autrice


Scusate il ritardo ragazzi D: adesso carico anche il capitolo nuovo di Eri, ma sul serio in questo periodo la scuola mi ha distrutto. Forse adesso riuscirò a aggiornare più velocemente. Scusate :( non vedo l'ora ci siano le vacanze di Natale, un po' di tranquillità!
Alla prossima ragazze/i! Grazie per tutti quelli che seguono!
Elena <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** E ***


E
 
 
Ero rimasta a dormire nella tenda insieme a Michael. Io su una branda e lui su un'altra. Mi aveva legato alla branda in modo che non potessi scappare, ma mi aveva comunque dato una coperta con cui coprirmi dal freddo. Aveva detto che il giorno successivo sarebbero successe molte cose. Io per risultato non avevo dormito granchè, ero rimasta tutta la notte a pensare di cosa avrei dovuto farne della mia vita. Aveva realmente senso andare avanti?
Nel giro di qualche ora ero stata catapultata in un mondo completamente diverso. Altra cosa che mi infastidiva era che non ricordavo nulla da quando avevo incontrato Adriàn e Michael, fino al mio risveglio nella tenda. Cosa era successo in quel lasso di tempo? E poi cos'era questa storia dei Jano? E questi mercenari chi diavolo erano e cosa volevano da me? Con la mente così affollata di domande non ero riuscita a chiudere occhio.
Si era fatta mattina. Michael si era svegliato presto, aveva acceso il fuoco ed era uscito dalla tenda per un po'. Probabilmente si era accorto che ero sveglia ma non mi considerava più un pericolo ormai. Mi alzai di scatto. Il mio istinto diceva che avrei dovuto fuggire. Forse quella era l'ultima situazione buona che avrei avuto per scappare. Mi alzai di scatto dalla branda.
Ero legata. O trovavo un modo per tagliare la corda, o sarei dovuta scappare con la branda.
La sera prima Michael era riuscito a slegarmi con il fuoco del suo Jano. Perchè non ero capace di usare il Jano anche io? Chissà cosa sarei stata in grado di fare.
Decisi di avvicinarmi con la branda al fuoco. Mi sarei scottata forse, però sarei riuscita a liberarmi. Dovevo fare in fretta. In qualche maniera riuscii ad avvicinarmi al fuoco. Le fiamme questa volta scottavano.
Non importava. Per la libertà avrei preso qualche piccola scottatura. In poco tempo la corda attaccata alla branda prese fuoco e mi bastò tirare poco perchè questa cedesse.
Adesso dovevo scappare.
Presi un mantello e me lo misi attorno. Mi avvicinai alla “porta”. Feci un bel respiro e l'aprii leggermente per vedere come fosse la situazione. Nessuno.
Stava facendo l'alba quando sgattaiolai fuori dalla tenda. Vidi a poca distanza dalla tenda l'inizio della foresta. Era un paesaggio stranissimo. Fuori, tutto attorno alla tenda c'era neve, il cielo era grigio e nevicava. Dalla foresta proveniva invece una luce calda e rassicurante, non c'era neve, ma anzi sembrava ci fosse estate. Scattai verso la foresta.
Non mi importava se avessi dovuto camminare per tre giorni. Io non sarei diventata la schiava di nessuno.
Mancavano pochi metri soltanto e sarei entrata. Ero lì, sentivo già i rumori della foresta, della mia casa. Sentii una voce.
Non mi fermai ed entrai nella foresta.
Feci in tempo solo a mettere un piede dentro che sentii un dolore fortissimo alla nuca. Caddi a terra. Ma non mi sarei data per vinta. Continuavo in qualche maniera a trascinarmi per terra. In qualche maniera sarei scappata. Finchè non sentii la voce di colui che aveva ucciso mio padre. Adriàn.
-La mocciosetta purtroppo ha superato la prova...- disse appoggiando un piede sul mio collo. Faceva male.
-Tsk...beh almeno così potrò prenderti a calci almeno una volta al giorno...-disse spostando il piede sulla mia nuca e schiacciandomi il viso per terra. Avessi avuto la forza, non so cosa gli avrei fatto.
Cercai di spostarmi di lato, ma la sua presa era molto forte. Mi tirò un calcio nel ventre e io mi ritrovai a rotolare fuori dalla foresta. Si avvicinò a me e si chinò guardandomi in maniera sadica.
-E' proprio un peccato non possa trasformarti come l'altra volta. Sarebbe bello prenderti a calci di nuovo- disse sputandomi in faccia.
-ma non sarebbe bello curare di nuovo te Adriàn. Su, forza, porta la ragazza da papà- un altro ragazzo stava dietro Adriàn e lo fissava in maniera gelida, seccata. Era molto giovane, avrà avuto intorno ai 14 anni.
-Leo non montarti la testa- disse Adriàn rivolgendosi al ragazzo, sorridendogli. Sembrava quasi preoccupato, mentre parlava con lui. Il ragazzo non era molto alto, aveva gli occhi azzurrissimi e i capelli chiarissimi, quasi bianchi, come la carnagione.
-Io non mi monto la testa, sei tu Adriàn che lo fai- disse sfottendolo un po'. Aveva solo 14 anni ma era sbruffone almeno tanto quanto Adriàn. Sfruttai il momento di distrazione di Adriàn per cercare di spostarmi. Ci riuscii ma Adriàn si girò e mi riafferrò subito.
-Dove credi di andare mocciosa?-
Mi guardava dritto negli occhi con ferocia. Che diavolo avevo fatto per far si che mi succedesse tutto questo? Perchè? Volevo piangere e farla finita. Non ne potevo più. Tutto questo odio verso di me. Non avevo fatto nulla di male!
Non disse nient'altro. Si alzò e mi strattonò bruscamente per farmi alzare. Non dissi nulla. Non avevo la forza per fare nient'altro. Solo delle lacrime lentamente uscivano dai miei occhi.
Usciti dalla foresta, ripiombai nel freddo più assoluto. Adriàn era vestito e coperto, a differenza invece del ragazzino di 14 anni, che sembrava a suo agio in una misera camicia leggera.
-Non capisco come facciate voi del regno di Daskatan a non avere problemi con le temperature- disse Adriàn al ragazzo. Il ragazzino mi osservò un attimo e rispose:
-Siamo nati e vissuti in una terra sotto continui flussi di onde maledette. E' normale che gli esseri umani non siano normali- disse annoiato guardando di fronte a sé.
Giungemmo ad una tenda. Qualsiasi cosa mi fosse successa, non sarebbe stata peggio di stare al freddo in compagnia di Adriàn. Anche se era più grande di me di qualche anno, non sembrava per niente un giovane ragazzo spensierato. Era un pazzo.
Entrati nella tenda mi trovai di fronte a un corteo di persone. Non mi interessava granchè ormai. Facessero quello che volevano di me. Tanto sarei finita o a fare la schiava per loro o per qualcun altro che non conoscevo. C'erano molte persone, ma non vedevo Michael.
-Dunque tu sei un altra ragazza in grado di usare il Jano.- disse un vecchio signore seduto su una delle sedie al centro. Aveva gli stessi occhi azzurri del ragazzo che Adriàn aveva chiamato “leo”. Alle spalle dell'uomo era spuntata anche una bambina. Come potevano portare bambini in un luogo del genere? Anche la bambina aveva i capelli chiarissimi e dei grandi occhi azzurri. Sembrava stesse per piangere. Molto probabilmente ero messa così male che provava pietà per me.
Seguii la linea del suo sguardo e vide che però, non stava guardando me, ma Adriàn , che a sua volta mi stava guardando in maniera inquietante. Deglutii.
-Come ti chiami ragazza selvaggia?- chiese l'uomo lanciandomi uno sguardo indagatorio. Non avevo mai visto nessuno con degli occhi così chiari e così raggelanti al tempo stesso.
-Marika- dissi cercando di restituire uno sguardo un po' determinato.
-bene Marika. Hai superato la prova dunque non ti venderemo, dovresti ritenerti molto fortunata.-
disse il vecchio scrutando il mio volto.
-prova? - chiesi io confusa.
-Il fatto che tu sia scappata. Di solito Michael riesce ben bene a intimidire le persone, però su di te non ha avuto effetto, anzi hai persino avuto il coraggio di ribellarti. Sei degna di diventare una mercenaria. Sarai schiava presso di noi, ma godrai comunque di una certa libertà e di un certo stipendio.- disse l'uomo guardandomi dall'alto in basso. Michael avrebbe dovuto intimidirmi?
A me non pareva avesse fatto molto, anzi ora che ci ragionavo un po' su , era l'unico da quando ero arrivata ad avermi trattata in maniera abbastanza umana. Che lo avesse fatto apposta? Che non mi avesse intimidita perchè voleva non me ne andassi via? Ma perchè?
-Bene. Vi lascio il compito di tatuarla. Per l'addestramento rivolgetevi a Michael.- detto questo sentii Adriàn sbuffare e strattonarmi e trascinarmi fuori dalla tenda. Ora eravamo soli io e lui. Mi strattonava con noia verso una tenda abbastanza grande. Una volta entrati mi spinse dentro e per poco non persi l'equilibrio.
-Joshuaaa!- Ci fu silenzio per qualche secondo, poi da dietro delle pile di libri uscii un uomo grande e grosso. Era vestito con una semplice maglietta a maniche corte che in origine doveva essere stata bianca. Era calvo, ma con una folta barba nera e due occhi neri neri. Mi fissò per qualche secondo poi sorrise. Aveva i denti neri e marci, tranne per quelli fatti d'oro che brillavano come gli occhi. Era ancora più inquietante di Adriàn.
-Una femmina- disse avvicinandosi. Mi faceva molto schifo. Sul serio. Aveva un odore e soprattutto un alito che mai ne avevo sentito uno così disgustoso. Credevo avessi toccato il fondo quando mi avevano rapita, ma molto probabilmente non era così. Si avvicinò ancora di più.
-Dove vuole che lo facciamo il marchio, eh?- chiese ad Adriàn con un luccichio di sadismo negli occhi.
-Dove è più doloroso, ma che sia ben in vista- disse Adriàn a fianco a me. Mi teneva per il braccio saldamente, e non sarei riuscita a divincolarmi. Erano dei pazzi. Non mi avrebbero toccata da nessuna parte.
Joshua allargò il suo sorriso e si allontanò per andare a prendere degli oggetti su un tavolo. Per fortuna si era allontanato, non ce la facevo più. Mi resi conto però che il suo puzzo era molto meglio di quello che stava per fare. Sul tavolo c'era una lunga siringa, un ago e un ampolla di un liquido completamente nero.
-Spoglia la ragazza- disse l'uomo calvo con tono perentorio. Erano dei malati mentali. Cosa diavolo volevano fare? Venni assalita dal terrore. Cosa volevano farmi? Cominciai a tremare. Le lacrime ricominciarono ad uscire involontariamente dagli occhi. Cercai di indietreggiare, ma Adriàn mi strattonò verso di lui. Mise una mano sulla mia spalla, sul lembo di stoffa rimanente che teneva su il vestito che portavo. Tirò e si ruppe.
Rise. Io immediatamente mi coprii con il braccio rimasto. Mi accovacciai a terra. Ero terrorizzata. Non potevano. Non potevano arrivare a fare persino questo. Non sapevo più che fare.
Ad un tratto però qualcuno aprii la porta della tenda. Alzai lo sguardo. Mi sembrò di vedere la mia unica possibilità di salvezza. Michael. Era entrato e di certo non si era aspettato di trovare una scena del genere. Cercai disperatamente il suo sguardo. Lui mi fissò per qualche secondo, poi guardò oltre alle mie spalle, verso Joshua.
-Ragazzi, cosa state combinando?- chiese freddo.
-Vieni a divertirti anchetu Michael- disse Adriàn ridacchiando, guardandomi come si guarda la spazzatura. Michael mi guardò nuovamente. Non avrebbe fatto niente. Mi ero illusa che potessi essere salvata, ma ero finita all'inferno. Nessuno mi avrebbe salvata se non avessi fatto qualcosa con le mie mani. Da sola. Abbassai lo sguardo e mi guardai la mano. Notai che stavano apparendo dei segni strani. Ero sicura fosse già successo, ma non ricordavo quando.
-Ragazzi il marchio lo potete fare dopo, adesso devo prima di tutto parlare con lei- li guardò, si tolse il mantello e me lo gettò addosso.
-Eh no Michael, non me la porterai via di nuovo- disse Adriàn arrabbiato.
-Se volete fare il marchio, glielo farete sul braccio. Non fatele del male, altrimenti dopo non sarà in grado di parlare.- disse lanciando uno sguardo ad Adriàn.
-Perchè devi sempre rovinare tutto?- chiese Adriàn, sembrava dispiaciuto. Non lo avevo mai visto così.
-Perchè questi sono gli ordini del vecchio. Mandatemela quando avete finito.- disse Michael. Sembrava quasi arrabbiato. Mi guardò un ultima volta, con uno sguardo indecifrabile e se ne uscì.
Mi aveva salvata.
 
 
 
 
 
Note autrice
 
 
Ragazziiii scusate il ritardo!! Sul serio!
Pian piano entriamo nel vivo della storia! Comunque leo e la bambina qui presenti, non sono altro che i nuovi personaggi che compaiono nell'ultimo capitolo di Angelica. Ovviamente tutte queste vicende sono accadute quando Angelica era ancora piccola, circa a sette anni, dunque nel periodo in cui viene venduta alla Bllue Sirren! Bene :)
Detto questo, auguro a tutti un felice natale e sereno anno nuovo!
Grazie per seguire e per recensire! Siete i migliori :)
Al prossimo chappy
Elena 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** F ***


F


Il tatuaggio/marchio che mi avevano fatto sul braccio non aveva fatto troppo male. Adesso avevo un teschio sul braccio, completamente nero. Dopo che Michael se ne era andato ne Joshua ne Adriàn avevano detto qualcos'altro. L'atmosfera di divertimento era sparita, tanto che Adriàn se ne era andato lasciandomi sola con Joshua. Ora che Michael aveva parlato con loro e mi aveva salvata mi sentivo un po' più tranquilla, anche se ormai avevo capito che non mi dovevo aspettare niente da questa gente. C'erano un sacco di cose che non sapevo, che volevo capire e l'unica fonte di risposta era Michael. Quando finalmente ero uscita dalla tenda, Joshua mi prese per il braccio e mi trascinò fin fuori dalla porta.
-Vai da Michael- mi disse in maniera burbera e se ne tornò al caldo dentro la sua tenda. Ero libera? Non mi controllava nessuno? Godrai di una certa libertà aveva detto il vecchio. Si fidavano al punto da lasciarmi scorazzare da una tenda all'altra da sola? mi guardai un po' in giro e vidi che però non ero così sola come pensavo. C'erano degli uomini che stavano ad un focolare, al centro, e chiacchieravano tra loro. Sospirai. Forse non era il caso di scappare. Anche perchè ero nuda con un mantello addosso solamente. Dove sarei andata poi? Nel villaggio non mi voleva più nessuno. Non avevo una casa. Andai verso la tenda da cui la mattina avevo provato a scappare. Entrai e vidi che non c'era nessuno. Feci qualche passo avanti per vedere se sul serio non c'era nessuno.
-Michael?- Nessuna voce. La fiamma al centro della tenda sembrava aumentare però. Che stava succedendo? Le fiamme si alzarono e improvvisamente ne uscì fuori Michael. Mi osservò un attimo sorpreso.
-Già qui?- disse togliendosi la giacca pesante che aveva.
Annuii semplicemente la testa. Nella sua tenda tenda c'era sempre così caldo, rispetto alle altre e soprattutto rispetto all'esterno.
-Vieni avanti- disse lui indicandomi il piccolo divanetto che c'era vicino al tavolino. Più indietro c'era il tavolo e la sedia dove si era seduto la prima volta che mi ero svegliata nella sua tenda. Lui andò verso quella che doveva essere la dispensa: tirò fuori due bottiglie, una contenente un liquido verde e una contenente acqua. In effetti ero proprio assetata. Lui parve di capire perchè mi disse:
-Marika, i bicchieri sono là dentro , prendine due già che ci sei- disse indicandomi un mobiletto. Lui intanto stava tirando fuori da una cassapanca una bottiglia un po' più piccola, con un liquido ambrato e una ciotola contenente delle cose che non avevo mai visto.
Non me lo feci ripetere due volte, presi i bicchieri, cercando di coprirmi in qualche maniera e mi avvicinai al tavolo. Ci sedemmo attorno al tavolo e Michael si versò un po' di liquido ambrato nel bicchiere.
-Cos'è?- chiesi incuriosita.
-Liquore, è un po' forte, vuoi assaggiare?- mi disse lui senza guardarmi negli occhi. Sembrava concentrato sul suo bicchiere. Senza che gli rispondessi me ne versò un po'. Presi il bicchiere con una mano, mentre con l'altra cercavo di coprirmi in qualche maniera, e assaggiai il liquido. Era forte, però molto buono. Non appena lo bevvi sentii un calore incredibile alla gola.
-wow!- esclamai entusiasta. Me ne aveva riempito un bicchiere intero e lo avevo bevuto tutto in un sorso. Lui mi guardò incuriosito.
-mai bevuto?- chiese lui alzando un sopracciglio.
-no- risposi io -ancora!- chiesi. Non so perchè ma mi sentivo più allegra e più leggera.
Per la prima volta da quando lo conoscevo mi sorrise.
-Meglio di no, non lo reggi proprio niente l'alcol- mi disse allontanandomi la bottiglia, ridacchiando tra sé e sé.
-Perchè?- chiesi io già triste. In effetti dopo averlo bevuto mi sentivo un po' strana.
-A beh se vuoi ubriacarti bevi pure- disse lui ridacchiando. Mi avvicinò la bottiglia nuovamente. Non me ne curai molto e mi versai un altro bicchiere.
-Almeno però cerca di ricordarti quello che ti dirò- mi disse smorzando il sorriso. Michael mi guardava negli occhi. Non sapevo cosa dire, quella situazione era così strana. Mi sentivo senza preoccupazioni. Mai poi mi era sembrato Michael così attraente. Non c'avevo mai fatto caso, ma anche se era più giovane di me di qualche anno, non era così grande come sembrava. Aveva due occhi scuri, uno sguardo misterioso, due labbra sottili, un po' di barba scura e dei capelli castani scuro ricci. Portava una semplice maglietta a maniche corte bianca, abbastanza vecchia e rovinata, con scollo a V. Tutte le volte che deglutiva, il pomo d'Adamo si muoveva e il mio occhio cadeva prima sul collo, poi sulle labbra e infine sugli occhi. Aveva un modo di fare molto naturale, ma al tempo stesso attento. Sembrava costantemente preparato ad essere attaccato. Mi resi conto però che anche lui mi stava fissando e mi venne istintivo mettermi sulla difensiva, come se lui avesse seguito la scia del mio sguardo.
-Che hai da fissare?-
-Sei proprio uguale a quella donna.- disse lui alzandosi.
-Quale donna?- dissi io osservandolo. Giuro non capivo più niente.
-Non ricordi nulla?- mi disse lui dandomi le spalle. Si andò a sdraiare sul divanetto.
-Parla chiaro una buona volta- dissi io cominciando a spazientirmi. Mi alzai e mi avvicinai.
Perchè non mi diceva tutto e basta? Trascinai la sedia di fronte al divanetto. Michael se ne continuava a stare sdraiato, con gli occhi verso il soffitto. Sbuffò, abbassò lo sguardo e mi fissò.
-Quando eravamo nella foresta ti sei trasformata. Quei tatuaggi che prima ti stavano apparendo sulla mano...sono già apparsi quando eravamo nella foresta. Hai attaccato Adriàn e-
-ecco perchè ce l'ha così tanto con me! - esclamai io ridacchiando. Mi sentivo vagamente strana, leggera, felice e senza preoccupazioni. Era questo l'effetto del liquore?
Michael mi sorrise e continuò:
-esattamente. Beh devo dire che gliele hai suonate di santa ragione. Comunque ad un tratto è apparsa una donna. Era molto simile a te, solo più vecchia e parlava nella tua stessa maniera arrogante- Mentre parlava aveva spostato lo sguardo verso il soffitto.
-si chiamava Deepali e ci ha intimato di andarcene. Poi ha detto una cosa strana- si bloccò. Si tirò su a sedere. Eravamo troppo vicini. Forse avevo bevuto un po' troppo. Mi sentivo un po' ritardata e goffa nei movimenti.
-cioè?- chiesi cercando di seguire ciò che diceva. Cercai di sedermi meglio sulla sedia, allontanandomi da lui. Non ero mai stata così vicino ad un uomo e la cosa mi imbarazzava molto.
Lui però sembrava essere a suo agio. Scese le gambe dal divanetto. Ora eravamo proprio seduti di fronte e le mie ginocchia sfioravano le sue.
-che era tua madre-
-mia madre?-
-Esatto-
-mia madre è...non è possibile...- dissi io rendendomi conto di quanto aveva appena detto. Non era possibile. Mia madre era morta!
-Eppure questo è quello che ha detto- continuò lui. Stavo per replicare quando entrò una donna. Mi girai e la fissai. Non era molto alta, era un po' vecchia e aveva addosso una grossa pelliccia.
-Baba! Eccoti qui!- disse Michael alzandosi in piedi raggiante.
Subito alle spalle della vecchia , spuntò una giovane fanciulla. Non era molto alta, ma aveva un viso grazioso. Aveva dei lunghi capelli biondi, degli occhi verdi e un sorriso innocente. Era qualche anno più grande di me. Quando la ragazza entrò lanciò uno sguardo raggiante a Michael, che però sembro non notarlo.
-ehi ragazzina! Ecco i vestiti per te. Presto ti preparerò un cambio. Per la tenda dovrai rimanere qui con Michael per qualche giorno, fino a quando non ne avremo trovata una per te. - disse la vecchia entrando burbera. La seguiva la fanciulla dagli occhi verdi. La guardai. Era proprio bella.
-Ariadne, aiutala a cambiarsi- continuò la vecchia. La ragazza scattò sugli attenti e mi guardò. Aveva uno sguardo strano, ma si avvicinò sorridendomi.
-Ciao, io sono Ariadne, Michael potresti uscire nel frattempo che la vestiamo?- chiese la ragazza spostando subito lo sguardo sul giovane. Lui la guardò, poi mi guardò e sbuffò.
-Vi ricordo che questa è la mia tenda e...-
-su dai Michael non rompere- disse la ragazza sorridendogli. Aveva grande confidenza ocn lui, se gli parlava in quel modo. Michael la guardò, sospirò e uscì dalla tenda.
Calò il silenzio.
Ero piuttosto imbarazzata, ma al tempo stesso felice di aver qualcosa di decente con cui coprirmi.
-Forse però prima di cambiarti, dovresti lavarti- disse Ariadne squadrandomi preoccupata.
-Hai ragione- disse la vecchia guardandomi dall'alto in basso. In effetti avevo ancora i piedi sporchi di terra, così come i capelli.
-Portiamola a fare i bagni...- disse Ariadne sovrappensiero.
-No, hanno problemi con la tenda...come ti chiami ragazza?- mi chiese la vecchia guardandomi.
-Marika- risposi io senza pensare.
-Bene, conosci qualche fonte calda nella foresta?- chiese la vecchia.
Mi riscossi. Certo che le conoscevo! La foresta era la mia casa!
-Certo! E' vero! Qui vicino!- dissi più a me stessa che a loro. Ma mi avrebbero lasciata andare?
-Ma...posso andare?- chiesi speranzosa.
-Dobbiamo chiedere a una guardia. Potremo chiedere a Cheyenne- disse Ariadne.
-Se non ha impegni credo verrà con noi volentiei- continuò la ragazza cercando di convincere la vecchia.
-Meglio così- sentenziò la vecchia. Sarei tornata per l'ultima volta nella foresta, sorrisi. Non vedevo l'ora.


Note autrice


Salveee ragazzi :) :)
sono tornataaa! Che ve ne pare? Originariamente ero partita con l'idea questo prequel non sarebbe durato molto, però mi stanno venendo in mente degli sputi non proprio bruttini e mi dispiacerebbe sprecarli! Dopo questo prequel però una cosa sarà certa, mi metterò a scrivere seriamente il sequel sia Angelica che di SoulStwin! Entrambe le storie mi hanno dato molta soddisfazione :) Ringrazio ancora tutti voi perchè seguite! Sarebbe bello se qualcuno mi lasciasse una recensione, anche solo per capire se vi piace come procede la storia! Fatemi sapere :) :)
a presto
Elena :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** G ***


 
G



E conobbi Cheyenne, quella che sarebbe diventata la mia migliore amica. Era poco più grande di me. Aveva dei lunghi capelli neri, lisci e corvini. La pelle era chiara e gli occhi erano di un bel blu elettrico. Era alta, magra ma muscolosa e anche il suo atteggiamento esprimeva decisione e determinatezza. La vidi per la prima volta nella sua tenda. Ero andata con Baba e Mariadne da lei, per vedere se avrebbe potuto accompagnarci all'interno della foresta per fare un bagno caldo. La sua tenda non era molto grande, però era molto più ordinata e fredda di quella di Michael.
-Salve Baba, cosa desidera?- aveva detto un po' seccata appena eravamo entrate. Stava sistemando alcuni piatti sul tavolo e molto probabilmente l'avevamo interrotta.
-Ciao Cheyenne. La tua nuova compagna ha bisogno di un bagno, e visto che la tenda delle doccie è chiusa momentaneamente, pensavamo di andare nella foresta. Se hai voglia di scortarci- disse la donna con molta tranquillità. Non riuscivo a capire quali fossero i pensieri di quella donna, beh , non che nelle altre persone ci riuscissi, ma capivo a istinto se una persona era arrabbiata, felice, soddisfatta, delusa e così via. Cheyenne guardò prima la vecchia e poi mi lanciò uno sguardo.
-si in effetti, hai proprio bisogno di lavarti. Se conosci un bel posto, ti accompagno volentieri. Ho voglia di un bagno rilassante anche io, sinceramente- disse avvicinandosi a me. Mi tese la mano e continuò:
-piacere, Cheyenne.- disse lanciandomi uno di quei suoi sguardi decisi. Un po' imbarazzata risposi alla sua stretta di mano:
-Piacere mio, Marika-
-Bene Marika. Tu ci guiderai. Se siete pronte direi che possiamo andare- disse uscendo dalla tenda. Aveva dei lunghi pantaloni di pelle nera, e una giacca anch'essa di pelle. Sotto aveva una canotta dello stesso colore degli occhi. Ma non aveva nessuna arma addosso. Io sarei potuta scappare e non mi avrebbe fatto nulla. Era sul serio così ? Comunque non sarei scappata. Per ora non mi avrebbero fatto del male, e mi sembrava di aver trovato un posto dove forse sarei stata accettata prima o poi, indipendentemente dalle mie origini di orfana. Quanto mi aveva detto Michael però mi aveva scosso. Mia madre era viva? Deepali? E' vero che mio padre non me ne aveva mai parlato, però perchè avrebbe dovuto mentire sulla sua identità?
Avrei voluto capire meglio. C'erano anche molte altre cose che non sapevo. Sbuffai e ci mettemmo in cammino. Appena entrate nella foreste, il clima cambiò. C'era sole, caldo, afa, insomma, tutto il contrario del clima all'esterno della foresta. Camminammo per qualche minuto e poi riconobbi la strada. C'era un problema però. In effetti ora che ci pensavo non l'avevo mai percorsa a piedi, ma arrampicandomi sugli alberi. Gli altissimi alberi oscuravano il cielo, anche se qualche raggio di sole riusciva a penetrare. Mi fermai quando arrivammo di fronte ad un grosso masso. A piedi non c'erano alter vie per passare, a questo punto bisognava arrampicarsi e poi saremmo finamente arrivate. Ma quando cominciai a salire sulla grande roccia ricoperta di liane senti Ariadne dire:
-Ma perchè sali?-
-Vedi qualche altra strada? Io mi arrampico come Marika- disse Cheyenne con uno sguardo fiero.
-Potevi dircelo prima Marika- aveva detto la vecchia. Mi stava fissando sospettosa.
-credevo riusciste a salire. Tutti nella mia tribù vivono sugli alberi, dai bambini agli anziani- dissi senza pensare.
-Beh io credo tornerò all'accampamento perchè non ho la forza per salire. Ecco, tieni i vestiti. Cheyenne vai con lei?- domandò la vecchia dopo aver consegnato a Cheyenne una sacca. In effetti non vedevo l'ora di vestirmi. Avevo solo pochi stracci addosso. Quelli che erano stati i miei vestiti.
-Certamente. Voglio proprio vedere questa sorgente.- disse sorridendole.
-tu Ariadne?- chiesi io.
-Credo non verrò. Non sono snodata come voi e mi farei solo male...-disse lei abbassando lo sguardo.
-Oh andiamo Ariadne, muoviti e vieni anche tu!- di Cheyenne tendendole la mano. Non molto convinta, Ariadne, prima guardò Baba, poi guardò me e in fine annuì.
-ma aspettatemi- disse avvicinandosi alla roccia e provando a salire. Le tesi la mano aiutandola a salire. Nel frattempo Baba si era girata e se ne stava già andando, mentre Cheyenne con una rincorsa, un salto e una capriola era salita sopra la roccia.
Quando finalmente Ariadne riuscì a salire, per poco non prese uno spavento, vedendo che sotto di noi, oltre la roccia c'era una fossa oscura. Non era molto larga ma decisamente molto profonda. Oltre la fossa c'erano un'altro masso, più grosso e più piatto. Non si vedeva nient'altro a causa della fitta vegetazione. Oltre il masso c'era una tenda di liane che copriva tutto ciò che si nascondeva oltre. Se non avessi conosciuto la strada avrei detto che ci fosse stato un muro lì dietro le liane.
-Bene. Prendete una liana e lanciatevi. Da qui non si vede ma oltre quelle liane c'è la sorgente. Vado prima io?- chiesi. Ariadne sembrava piuttosto spaventata, ma non aveva ancora rinunciato. Cheyenne invece sembrava molto tranquilla. Come me daltronde. Ero da quando ero piccola che giravo per la foresta, anche da sola e non mi era mai successo niente.
-Andiamo insieme, nello stesso istante intendo- disse Cheyenne che molto probabilmente non si fidava ancora. In effetti ero dentro la mia casa. Ariandne deglutii e la sentii dire flebilmente.
-non lasciatemi da sola qui-
-massi una spinta e via- disse Cheyenne sorridente. Prese una liana, la diede in mano ad Ariadne e la spinse dall'altra parte. Ariadne urlò ma rimase attaccata e finì dall'altra parte esattamente come avevo immaginato. Cheyenne mi guardò e prese una liana.
-Andiamo?- mi disse sorridente. Il suo sorriso era qualcosa di caldo e bello, e mi sentivo veramente apprezzata con lei. Annuì, presi la liana e ci lanciammo.
Appena arrivate dall'altra parte , di fronte a noi si presentava un paesaggio paradisiaco. Eravamo uscite dalla foresta e ci trovavamo sulla spiaggia. Il clima era fantastico. In lontananza si vedeva un'isola più grande. La sabbia era finissima e bianchissima, e al sole risplendeva. Il mare poi era cristallino.
-woow- esclamò Ariadne.
-E' incredibile!- disse invece a bocca aperta Cheyenne. Cominciò a togliersi lo zaino e appoggio i miei vestit per terra.
-certo l'acqua è salata ma...-cominciò Ariadne -...è incantevole- disse avvicinandosi all'acqua. Sorrisi orgogliosa. Ero contenta che la foresta e l'isola su cui abitavo piacessero. Mi ero abituata a lavarmi o nel mare o nel fiume che scorreva lì vicino.
-E' incredibile quanto potente sia la magia su quest'isola. Cioè il clima vero, quello all'accampamento sarebbe insopportabile e...tutto, tutto questo non ci sarebbe- continuò estasiata Cheyenne. Le sorrisi. Ero proprio contenta. Anche se non capivo cosa volesse dire Cheyenne.
-Magia?- chiesi alzando le sopracciglia dubbiose.
-Si. Questa dove ci troviamo è l'isola di Fortaleza. Quella che vedi di fronte è la grande isola del regno di Daskatan. E dall'altra parte di quest'isola c'è Gelcaldia. Il regno di Daskatan è stato maledetto, ci sono moltissime leggende sul perchè, comunque il suo clima è molto particolare, e così anche i suoi abitanti. Visto da qui può sembrare che in lontananza ci sia una tempesta, mentre qui c'è un bellissimo clima. In realtà è un'illusione. Tutto è un illusione che permette agli abitanti di vivere.-
-Ma se è un illusione, comunque gli abitanti non dovrebbero riuscire a vivere- dissi non capendo.
-Si chiama illusione reale. E' l'incantesimo più potente al mondo. L'illusione diventa realtà e come tutti i 12 grandi regni di questo mondo, anche il regno di Daskatan ha il suo Jano.- continuò Cheyenne. Cominciò a svestirsi e pian piano avvicinarsi all'acqua. Nel frattempo Ariadne si era già lanciata in acqua completamente nuda. Non che io comunque con gli stracci che avessi addosso fossi molto più coperta di lei. Mi avvicinai anche io all'acqua seguendo Cheyenne. Volevo finire quel discorso.
-E se tu hai il Jano- mi guardò sorridendo -vuol dire che anche questo posto è un regno. Solo i figli dei discendenti reali lo possiedono.- e si tuffò.
-Come solo i figli dei discendenti reali?!- non capivo. Non capivo non capivo. Io non ero per niente una discendente reale, considerando che la mia tribù viveva per elezione del capo Alfa. Intanto al mio fianco c'era Ariadne che si tuffava e nuotava allegra.
Cheyenne emerse nuovamente. I capelli neri le ricadevano sul viso in maniera estremamente ordinata.
-Esatto. Anche Michael è come te. Lui però proviene dalla Città Segreta di Averiam. Nessuno sa dove sia, e solo pochissimi ci sono mai stati. Tutto ciò che si sa è dato dal Jano di Michael. Non so se hai fatto caso, ma sull'elsa vi è incisa una fenice. Ogni volta che Micahel lo usa i suoi occhi diventano rossi, così come la fenice! Siete incredibili voi detentori del Jano- mi sorrise.
-Sul serio, una fenice? E perchè?-
-Chiedilo a lui. Tu che animale hai e che cosa sei in grado di fare?- mi chiese incuriosita.
-Boh, me lo sono trovato fra le mani una volta e non ho idea di che animale ci sia inciso sopra....sinceramente non so nemmeno come si utilizzi- dissi sovrappensiero. Ad un tratto senti un rumore fortissimo. Era acuto quanto un urlo umano, forte come il ruggito di un leone e terrificante. Io e Cheyenne ci girammo e vedemmo una grande e mostruosa bestia a qualche metro di fronte Ariadne. Lei era in piedi, nell'acqua, che tremava dalla paura. Cheyenne subito si tuffò in acqua, prima che potessi dirle di fermarsi. C'era qualcosa in quel mostro orribile che mi spingeva a fidarmi. Era alto qualche metro, blu e bianco, sembrava per metà un pesce, per metà un cavalluccio marino enorme. Nella bocca aveva una miriade di denti aguzzi come coltelli e i suoi occhi gialli ci guardavano affamati.
Cosa avrei fatto? Non avevo nemmeno il Jano! Eppure qualcosa mi diceva che non era una minaccia. Cominciai ad avvicinarmi a Ariadne, quando vidi che da dietro il mostro era spuntata Cheyenne. Balzò sulla schiena del mostro e cominciò ad arrampicarsi. Come aveva fatto?! Il mostro cominciò a dimenarsi e a cercare di buttarla giù, ma non ci riusciva. Mi avvicinai ad Ariadne che tremava dalla paura e non riusciva a muoversi. Teneva gli occhi fissi sulla scena. Le misi le mani sulle spalle e cercai di scrollarla un po'. Lei mi guardò e sgranò gli occhi ancora di più.
-i..i ..tuoi....occhi...-disse tremando allontandandosi da me. Cosa avevano i miei occhi?
-Cosa c'è Ariadne?- le chiesi preoccupandomi.
-s..ono..marroni-
-come sempre!-
guardai il mio riflesso nell'acqua, ma non riuscivo a vedermi. Intanto il mostro continuava a cercare di togliersi di dosso Cheyenne. Mi girai verso il mostro. Cheyenne stava per cadere e avrei dovuto far qualcosa. Non sapevo cosa fare. E feci l'unica cosa che mi venne in mente.
-Fermati!- gli urali contro. Il mostro abbassò lo sguardo. Rimase immobile per qualche secondo.
-Chi sei?- sentii una voce nella mia testa.
-Ma è impossibile! Io capisco quello che dici!- esclamai a voce alta. Il mostro ruggì nuovamente.
-basta urlare però!- esclamai io. Sentii di nuovo quella voce nella testa.
-non so perchè tu riesca a sentirmi, ma non mi interessa- e ruggì di nuovo. Ma prima che potessi sentirlo di nuovo sentimmo tutti una voce proveniente dalla spiaggia. Mi girai e vidi Michael. Aveva dei jeans marroni, la solita maglia bianca a maniche corte. Aveva qualcosa tra le mani che non risucivo a vedere. Cercai di aguzzzare gli occhi, e successe una cosa che non mi era mai accaduta. Sforzando leggermente gli occhi, la mia vista si aguzzava così tanto che riuscivo a vedere perfettamente il viso di Michael. Mi stava sorridendo, come se avesse capito tutto. E il suo sorriso fece sorridere anche me. Guardai cosa avesse nella mano destra: era un pugnale. Così come nella sinistra. Perchè aveva due pugnali? Ad un tratto lo vidi avvicinarsi verso l'acqua. Alzò un braccio e mi lanciò un pugnale. Era pazzo?
Ma mano che arrivava più vicino il coltello, più riuscivo a vederlo. Tutto il pugnale si era luminoso. Era il mio Jano.  

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** H ***


H


Alzai il braccio e aprii la mano. Sapevo perfettamente che sarebbe arrivato nella mia mano senza farmi nulla. Anche il mostro si accorse della presenza di Michael sulla spiaggia e riprese a dimenarsi sempre di più . Intanto Cheyenne era caduta in acqua. Il mostro era talmente grande che la sua ombra ci ricopriva, anche se eravamo a qualche metro da lui.

Ariadne si era allontanata da me, anche se non capivo perchè.

Il mostro ruggii nuovamente. Afferrai finalmente il Jano. Impugnandolo, mi passo una forte scarica elettrica dal polso in giù. Era dolorosa, ma non poteva fermarmi, non adesso. Mi voltai verso il mostro.

Ancora una volta il mio istinto mi diceva che non era pericoloso. Possibile che il mio istinto, che mi aveva sempre salvato numerose volte, impazzisse proprio in quel momento?

Guardai il mostro, fisso negli occhi, non sapendo cos'altro fare. Rimanemmo a fissarci per qualche secondo in silenzio. Poi il mostro improvvisamente si immerse in acqua e sparì. Ma prima di andarsene definitivamente nella mia testa riecheggiò la sua voce:

-O mia signora chiedo perdono per non aver capito chi lei fosse. Mi chiami quando avrà qualche problema, farei di tutto per il suo perdono. Addio.-

-Signora?- dissi io ad alta voce.

-Ma perchè?- disse Cheyenne avvicinandosi, guardandomi incuriosita -che occhi strani che hai Marika!- continuò lei.

-mi sembra incredibile...- dissi ancora sorpresa di quello che era successo. Non avevo fatto altro che guardarlo vero. Nient'altro. Il mostro aveva avuto paura, nel momento in cui avevo impugnato il Jano. Guardai il pugnale. Quali poteri poteva nascondere ancora? Un semplice pugnale?

Alzai il viso verso Cheyenne.

-Come sono i miei occhi?-

-Adesso...stanno ritornando normali...ma prima erano completamente marroni, senza la pupilla!- esclamò lei incuriosita. Stavo ancora gionando su quanto successo, quando sentii dalla spiaggia una voce. Mi girai. Era ancora Michael. Solo in quel momento mi resi conto che tutte e tre eravamo nude e mi vergognai molto. I vestiti erano sulla spiaggia e di certo non sarei uscita dall'acqua con lui nelle vicinanze.

Mi concentrai e nuovamente sforzando la vista i miei occhi focalizzarono esattamente il viso del ragazzo. Potevo sentire chiaramente anche ciò che diceva.

-E' pranzo ormai. Tornate all'accampamento, tu e io Marika abbiamo un allenamento da fare-

Mise una mano sul suo Jano, delle fiamme lo avvolsero e sparì.

-Beh allora...?- si avvicinò un Ariadne ancora un po' preoccupata. Mi guardava cercando di capire cosa mi fosse successo e se adesso fossi ritornata normale. Mi dispiaceva si fosse sentita in pericolo anche vicino a me. Non la volevo spaventare.

 

Qualche ora dopo ci trovavamo nella grande tenda dove si pranzava. Era strano ma sembrava di essere tutti in una grande famiglia. Dal primo momento in cui avevo cercato di scappare, erano cambiate diverse cose. Tutti adesso mi salutavano, non mi guardavano più dall'alto in basso ed ero sicura ormai potessi continuare a vivere così. Nella grande tenda, dove si riunivano tutti per mangiare, c'era molto caldo e una grande confusione. Non era di certo comparabile al silenzio a cui mi ero abituata nella foresta, ma la confusione creava quel senso di familiarità e sentirsi a casa, che non avevo provato prima, se non con mio padre. I vestiti che mi avevano dato erano confortevoli, comodi e soprattutto caldi. Avevo degli scarponi neri, dei pantaloni lunghi neri e un maglione nero con collo basso e lo stemma dei mercenari. Un semplice teschio bianco. Non avevo mai indossato abiti di quel genere, però mi facevano sembrare molto più una mercenaria. Certo il colore nero non era molto allegro, però alla fin fine mi piaceva.

Ero entrata nella tenda, al seguito di Cheyenne. Da quanto avevo capito Ariadne, non poteva mangiare con noi, perchè era una semplice schiava. Avrebbe mangiato più tardi con il resto della servitù. Ero ancora dispiaciuta per quanto era successo prima. Inoltre questa cosa dell'essere schiavi non mi piaceva molto. Non lo trovavo per niente giusto. Ariadne era una ragazza come me, solo che semplicemente non era importante ai fini dell'organizzazione. Michael anche lui era uno schiavo, eppure sedeva con noi. Forse anche io ero classificata come schiava e forse non mangiavo con Ariadne, semplicemente perchè avevo il Jano.

Ci sedemmo ad un tavolo e ci portarono presto da mangiare. Era una specie di zuppa marrone, il cui profumo però non era per niente invitante.

-Non credo mi piaccia- affermai guardandola.

-Questo è quello che dicono tutti i nuovi arrivati, ma quando questa è l'unica cosa che puoi mangiare per pranzo, beh cambi idea..- disse Cheyenne guardando il piatto affamata.

Deglutii, presi un cucchiaio e provai ad assaggiarla. Aveva un gusto troppo forte per me; provai a mangiarne un po' di più ma il mio stomaco si rifiutò. Allontanai da me il piatto e Cheyenne, lo prese senza tanti complimenti.

-insomma, da quanto tempo è che sei qui?- chiesi un po' incuriosita.

-sono qui da quando ero piccola, mio padre è uno dei capi dell'organizzazione. Inizialmente non mi voleva, ma ho insistito io per venire qui...-disse lei tra una cucchiaiata e l'altra.

-come mai?-

-come mai cosa?-

-perchè hai insistito per venire qui?-

Non rispose subito. Appoggiò il cucchiaio sul tavolo e abbassò lo sguardo.

-l'alternativa era rimanere a casa con mia madre, con cui non vado per niente d'accordo. Anzi. Se non fossi venuta qui sarei scappata di casa...- e mi guardò.

-Beh tu invece?-

-io cosa?- chiesi confusa.

-come hai fatto a finire qui?-

Le sorrisi e le raccontai la mia storia, di come Adriàn avesse cercato di uccidermi e del fatto che non avessi idea di come si utilizzasse il Jano. Cheyenne era un ottima ascoltatrice e mi ascoltava, rivelando ogni tanto sorpresa o preoccupazione. Ad un tratto mi resi conto di non sapere una cosa importante su di lei.

-Ma voi tutti che siete qui nell'accampamento sapete usare meglio un arma rispetto a un altra...-

dissi accennandole il discorso. Non sarei voluta sembrare troppo indiscreta.

-esatto. Tu e Michael avete il Jano, e siete gli unici in tutto l'accampamento. Io e altri invece utilizziamo i Rubens- disse indicandomi due anelli nella mano destra. - sono degli anelli maledetti. Non sono forti come i Jano, ma in compenso ce ne sono tantissimi, non so quanti precisamente, e se ne possono avere più di uno, anzi, credo proprio non ci sia un limite massimo.

-Wow! E si possono comprare?- chiesi ingenuamente affascinata.

-beh se hai tantissimi soldi li riesci a trovare, magari quelli più deboli. Generalmente si rubano o si vincono in duello. Non è come Jano, chiunque può portare un Rubens, la difficoltà sta nel saper sfruttare i poteri al massimo. Ma con un po' di pratica si impara- mi disse sorridendomi. Stava per chiedermi qualcos'altro quando alle sue spalle sbucò Michael.

-Non mangi niente?- chiese guardandomi. Aveva sempre quell'aura di mistero attorno a se, che lo faceva sembrare quasi un dio. Non riuscivo nemmeno a capire cosa stesse pensando.

-Non mi piace- gli dissi guardandolo a mia volta negli occhi.

-E' quello che ha detto anche a me, Mich- disse Cheyenne, aspirando la “ch”. Era un soprannome strano, ma carino. Sorrisi spontaneamente guardandola. Michael la guardò male:

-quando la finirai di chiamarmi in quella maniera donna?- disse lui ridacchiando e guardandola dall'alto in basso.

-Mai Mich- continuò Cheyenne, guardando verso di me, senza degnarlo di uno sguardo. Credo che l'effetto che Michael faceva a me, lo era un po' per tutte. O almeno tutte si comportavano in maniera strana in sua presenza.

-Beh, Marika, alzarsi che mi tocca allenarti un po'- mi disse lanciandomi uno sguardo strafottente.

-Adesso?- dissi sorpresa e affamata.

-Certo- continuò lui – tanto non mangi, o no?-Sbuffai. Aveva ragione. Avrei potuto entrare nella sua tenda e mangiucchiare qualcosa però, rubando dalla sua dispensa.

-Auguri bella- mi disse Cheyenne, salutandomi con la mano sinistra, e mangiando con la destra.

 

Note autrice

 

Scusate se è così corto il capitolo, e scusate se ci ho messo così tanto a scriverlo, ma sono stra piena di cose da fare, e mi dispiaceva non pubblicare nulla entro questa settimana! Scusate ancora, ma la scuola mi sta distruggendo!! Per fortuna ci siete voi lettori che mi salvate!!

Al prossimo chappy, che spero sia mooolto presto :)

Lasciate una piccola recensione, così capisco cosa ne pensate!

Ciauu belliii

Elena   

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** I ***


I

 

-beh quindi tutto qui?-

ci trovavamo nella foresta, io e Michael da soli. Stava provando ad allenarmi, ma stavo dando pochi e scarsi risultati. Non ero per niente forte.

-okay proviamo a cambiare allenamento. In cosa riesci meglio?- mi chiese lui togliendosi la camicia. Nella foresta c'era molto caldo in effetti, e ormai era da due ore che stavamo lì. Obbiettivo dell'allenamento era quello di riuscire a sfilargli il Jano dalla fodera. Ma quando mi avvicinavo lui era già sparito e se ne stava tranquillo da un altra parte. Ogni volta non capivo come facesse. Un secondo prima era in un punto. Facevo in tempo a sbattere le palpebre, ed era già sparito!

Era snervante. Io ero stanca e sudata, per tutto lo sforzo che stavo facendo, lui invece, manco il fiatone.

-non lo so- sbottai innervosita. Mi sentivo proprio stupida. Mi sembrava impossibile di aver messo in crisi Adriàn, che da quanto avevo capito, non era bravo come Michael, ma comunque ci sapeva fare. Non riuscivo ad avvicinarmi, che si era già spostato! Anche il fatto che fosse rimasto senza camicia. Cercava in tutti i modi di sconcentrarmi forse?

Sospirai. Così non andava affatto bene, dovevo reagire o sarei stata una delle tante che si era invaghita del suo fascino. Pensai. Cosa mi riusciva meglio? Mi guardai un po' intorno.

Cosa facevo di solito nella foresta? Guardai uno dei tanti alberi che mi circondava.

Tra tutte era la più alta: si trattava di uno delle piante sacre alla dea Madre, l'albero di Tech. Il suo tronco era grande e se in un primo momento poteva sembrare impossibile arrampicarsi su esso, beh, non era così. Anni e anni di vita nella giungla mi avevano insegnato come sfruttare la natura attorno a me, avendone sempre rispetto però, perchè anche lei era viva. Il nostro popolo, la mia tribù, a cui ora non più appartenevo, era riuscita a vivere e durare per così lungo tempo, solo grazie alla perfetta simbiosi in cui vivevamo.

Appoggiai una mano sulla corteccia e chiusi gli occhi. Potevo sentire che sulla chioma dell'albero vi erano molti animali: due Tucani dal becco blu e dalle zampe viola, tre scimmie Belzebu, con la loro coda rossa a sonagli, una pantera Majar, dal manto blu notte e gli occhi bianchi e un nido di vespe, senza contare tutti gli altri piccoli insetti. Cosa mi avrebbe fatto comodo, per prendere il Jano di Michael? Forza, Velocità? Presi una decisione.

Aprii gli occhi e mi girai verso Michael, che pazientemente mi aveva fissato per tutto il tempo.

Stringevo il Jano nell'altra mano, e potevo sentire che emanava calore. Lo guardai velocemente e vidi che si era illuminato di una tenue luce marrone.

-Dunque?- mi stuzzicò lui sorridendo e aspettandomi con un sorriso. -sto aspettando Marika-

Cercai di non perdere la concentrazione acquisita fino a quel momento. Il suo fisico scolpito non poteva farmi sbagliare ancora una volta. Strinsi forte il Jano e mi lanciai.

Veloce come la pantera Majar, pensai. E successe. Avevo fatto a mala pena due passi che già ero di fronte Michael. Lui non se lo aspettava, e giocai sulla sua sorpresa.

Gli appoggiai le mani sulla sue spalle, cercando di bloccarlo. Sentii che si chiudevano con una forza che mai avevo avuto prima. Ora però dovevo prendere il pugnale.

Le mani e i piedi era impegnati. Ma la coda no. Dal nulla vidi una coda rossa con dei sonagli, spuntarmi da dietro e arrivare a toccare il Jano. Lo stavo per sfoderare, ma improvvisamente le spalle di Michael presero fuoco e feci un balzo indietro. Non tanto perchè mi facesse male, sono maledetta daltronde, il mio corpo non può essere ferito, ma per lo spavento.

Che cavolo?

-Ammetto che non me lo aspettavo- disse ridacchiando.

-le tue spalle stanno andando a fuoco...- affermai esterrefatta.

-Già- disse lui guardandosele. - in effetti non mi sono reso nemmeno conto.-

-ma sono fiamme vere!- esclamai stupita.

-e quella che hai lì dietro non è una cosa?- mi chiese ridacchiando.

Cavolo. Mi guardai e vidi spuntare sul fondo della schiena, una lunga coda rossa a sonagli.

-come diavolo? E' la coda di una scimmia Belzebu!- mi guardai le mani e vidi che erano diventate più grandi, e le dita erano viola: ricordavano vagamente gli artigli dei Tucani dal becco blu. Il mio sguardo cadde sulle mie gambe. Erano pallide pallide, e sembravano più toniche.

-Hai anche gli occhi bianchi se ti interessa.- continuò lui scherzando. Era questo il potere del mio Jano. Riuscivo a cambiare, a trasformarmi in animali, che avevo semplicemente pensato?

Se era così però molte cose si spiegavano. Quando per esempio alla mattina ero riuscita a vedere perfettamente Michael, da una distanza di almeno 200 piedi. Era la vista di un animale, non di un essere umano!

-Possiedi il Jano della Metamorfosi. E' uno dei più misteriosi e strani Jano mai visti. Anzi diciamo che si credeva fosse solo una leggenda ormai. E' dal tempo delle grandi guerre che non si vede in giro.- affermò Michel.

-il Jano della Metamorfosi?- ripetei io, prendendo il Jano e passandomelo tra le mani. Possibile che quell'oggetto mi permettesse di fare quelle cose? In effetti emanava un aura strana, magica e misteriosa, come se nascondesse un antico ed oscuro segreto.

-e' un leone questo?- chiesi a Michael indicando il simbolo sull'elsa che si era illuminato.

Si avvicinò e prese il Jano. Lo osservò e se lo passò tra le mani, come a sentirne il peso.

-Già. Nessuno sa però cosa indichino questi simboli.- disse lui corrugando la fronte porgendomelo.

-Ah a proposito. Come hai fatto a sapere che io, Cheyenne e Ariadne eravamo in pericolo?- chiesi incuriosita. In effetti era apparso proprio al momento giusto.

- Sinceramente stavo dormicchiando in tenda, quando lo ho visto illuminarsi. Generalmente succede quando utilizziamo il loro potere. Sono riuscito a trasportarmi dove eri tu, solo grazie al fatto che sono un Vowl, se ci fosse stato qualcun altro saresti stata seriamente in pericolo. Ecco ti faccio vedere come si illumina, Vedi?- tirò fuori il suo Jano e improvvisamente la sua mano cominciò a bruciare. Sentivo il calore della fiamma pur non essendogli troppo vicina. Il simbolo sul suo Jano si illuminò subito, non capivo cosa fosse però. E cosa significa vowl? C'erano un sacco di cose che non conoscevo ancora.

-che animale è? E cosa vuole dire vowl?- chiesi incuriosita. Splendeva di un rosso vivo.

-Fenice. E' un animale tipico della mia città. I Vowl sono i quattro detentori del Jano degli elementi. Io ho il fuoco, gli altri tre sono terra, aria e acqua. Abbiamo il compito di trovare i nuovi detentori degli altri Jano...in qualche maniera, il caso, o il destino ci porta sempre a incontrarli.- disse pensieroso.

-E tu conosci qualcun altro?-

-Si, qualcuno- Fece un passo indietro e mi guardò.

-Beh riprendiamo?- sorrise.

Annuii.

 

Più tardi tornammo all'accampamento per la cena. Ero proprio affamata, ma l'idea di mangiare quello che servivano, mi faceva chiudere lo stomaco. Durante il tragitto di ritorno, avevo mangiato qualche frutto qua e là, di quelli che trovavo, però la stanchezza della mattina e il non aver mangiato a pranzo, si facevano sentire ormai.

Andammo diretti nella tenda centrale. Anche adesso era piena e gremita di gente. Ci sedemmo in un tavolo libero e dopo poco si aggiunse anche Cheyenne.

-Beh ragazzi allora, il vostro allenamento?-

-Se la cavicchia- disse Michael prendendomi in giro.

-Disse quello a cui sarei persino riuscita a rubare il Jano, se non avesse utilizzato sporchi trucchetti...- risposi io ridacchiando.

-con sporchi trucchetti intendi, prendere fuoco?- chiese lui divertito alzando un sopracciglio.

-Si insomma vi siete divertiti- disse Cheyenne spostando il suo sguardo blu da me a Michael con un sorriso enigmatico. Stavo per chiederle qualcosa, quando improvvisamente calò il silenzio. Mi girai verso il centro della sala e vidi che lo stesso uomo con cui avevo parlato la mattina, era in piedi, dietro al tavolo con un calice in mano.

-Signori.- disse leggermente inchinandosi a degli uomini al suo fianco.

-Mercenari- disse nella nostra direzione, anche questa volta abbozzando un inchino.

-Oggi si è aggiunto un nuovo membro alla spedizione. Per la precisione una detentrice di un Jano, Marika- disse indicandomi. Improvvisamente mi vergognai tantissimo. Non ero abituata ad avere tutta quell'attenzione su di me. Tutti si voltavano e mi fissavano, chi ridendo, chi serio, chi divertito, chi minaccioso. Cercai di mantenere alto lo sguardo e in qualche maniera ci riuscii.

-Oltre a ciò, ho da comunicarvi che tra circa due giorni, partiremo alla volte del Regno- si sentii subito iniziare un brusio di sottofondo.

-Abbiamo infatti scoperto, che l'antico e ormai perduto Jano di Gelcaldia, che ahimè, è sparito dalla nostra Patria...-

mi girai vero Cheyenne e le chiesi :- il Regno?-

-si. Intende il regno della città di Yamahn. E' una delle più forti città tra le terre emerse.- spiegò.

Mi girai nuovamente verso il capo, che continuava a parlare.

-abbiamo ricevuto, alcune importanti informazioni. Ci dirigeremo là con il Gley. Sarà una settimana di viaggio circa, ma faremo sosta a Lionnas. Partiremo da dove siamo arrivati: dalla spiaggia, all'interno della foresta. Preparate bagagli, domani è l'ultimo giorno e saluteremo il freddo per un po'. - detto questo si sedette, e ritornò il caos.

-Bene. Quindi si parte. - affermò Cheyenne non troppo entusiasta.

-Io questo freddo non lo sopporto più- disse Michael assaggiando la zuppa.

-Cos'è questo Gley?- chiesi io, osservando la zuppa. Non mi piaceva per niente, ma avevo troppa, troppa fame. Presi un cucchiaio e me la portai alla bocca. Ero così affamata che il gusto non mi interessava molto.

-Lo vedrai. Ci permette di compiere grandissimi viaggi in poco tempo, sfruttando le correnti marine- disse Cheyenne. Avrei lasciato la foresta. Non credevo sarebbe mai successo, ma non mi era mai importato comunque. Non mi era mai interessato il resto del mondo, finchè stavo con papà , avrei vissuto bene, anche nella foresta. Che comunque era enorme, e non l'avevo mai vista completamente nemmeno io. Chissà come era una città. Vivere senza tutti quegli alberi.

Non mi piaceva molto l'idea, però allo stesso tempo ero curiosa.

Magari avrei incontrato anche qualche altro detentore del Jano. Già Michael era un tipo misterioso, chissà come dovevano essere gli altri.

Sospirai, e cercai di non pensare al fatto, che molto probabilmente non sarei più tornata nella foresta.

 

Note autrice

Grazie ragazzi per seguire! Scusate il ritardo, ma è inutile che vi spieghi gli impegni che ho con la scuola! In queste vacanze finalmente avrò un po' di tempo per scrivere perchè ne ho proprio bisogno! Detto questo, riflessioni sul capitolo. Come sempre se avete dubbi domande etc, io sono qui a vostra completa disposizione! Siamo quasi a metà della storia! Presto incontreremo altri personaggi, sto pensando in questi giorni quali è meglio far presentare. Infatti in Angelica come sapete, alcuni sono più piccoli di Marika. Vi basti pensare che adesso Marika ha 16, e se facciamo due conti, Angelica invece ne ha 7 adesso, diciamo che è appena entrata a far parte della Bllue Sirren. Quando si incontreranno Angie, avrà qualcosa come 14 , 15 anni, quindi Marika ne ha 23. In 7 anni succederanno un sacco di cose, che porteranno Marika ad essere capitano nell'organizzazione... In questa fic poi, ho intenzione di spiegare meglio come funziona l'Organizzazione, il grande organo internazionale, che vedremo entrare in scena tra qualche capitolo! Bene dai, detto questo, non vi trattengo ancora! Grazzzzie per aver letto! Lasciatemi un piccolo commento/recensione se vi va :)

Al prossimo chappy

Elena

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** J ***


J

 

Era il giorno della partenza. Eravamo tutti sulla spiaggia che osservavamo quella cosa chiamata Gley. La chiamo Cosa, perchè non avrei saputo come definirla. Adriàn l'aveva chiamata “navicella” e in quel momento galleggiava sull'acqua. Aveva una forma rotonda e c'erano dei vetri attraverso i quali si poteva vedere all'interno. Fuori era di un bel arancione, però da quanto avevo capito, cambiava colore a seconda di come i raggi del sole colpivano la sua superficie. Immerso sott'acqua diventava azzurro e si confondeva. Ero elettrizzata all'idea di salirci.

Nei due giorni passati mi ero allenata ancora con Michael, ma ogni tanto si era aggiunto anche Adriàn. Combattere con lui era da pazzi. Lo odiavo e faceva di tutto per farmi del male. Michael gli diceva di andarci piano, ma infondo non si intrometteva troppo, perchè vedeva che reagivo bene. Ero migliorata in effetti. Avere capito come funzionasse il mio Jano, era stato un gran passo avanti.

A volte veniva anche Cheyenne, a vedere cosa combinavamo. Più la conoscevo, più mi sorprendevo di che bella persona fosse. Sul serio. Avevo trovato un amica vera, nell'ultimo posto al mondo in cui avrei pensato di trovarla.

Altra cosa che avevo notato in quei giorni era Ariadne. Non avevamo legato molto però si comportava in maniera strana. Quando ero da sola, a mala pena mi salutava. Quando ero in compagnia di Michael, veniva e faceva la grande amica. Era palese, quasi imbarazzante, che lui le piacesse, ma Michael non sembrava ricambiare più di tanto. Andava a momenti. Un momento prima era gentile con lei, il momento dopo Ariadne non esisteva per lui.

Non li capivo. In effetti nell'accampamento c'erano tipi strani, vecchi, giovani, bambini. Persino due bambini. Il ragazzino che avevo visto il primo giorno, e sua sorella. Erano delle gocce d'acqua. Entrambi chiarissimi di carnagione, entrambi biondissimi, ed entrambi con gli occhi di ghiaccio. Non li avevo mai visti assieme, e soprattutto non li avevo mai visti giocare. Sembravano già cresciuti e maturi, ma con un corpo più piccolo. Era un peccato però, perchè io adoravo i bambini e avrei giocato con loro volentieri.

Eravamo sulla spiaggia che stavamo organizzando le ultime cose: bisognava caricare i bagagli di tutti. Mi sembrava impossibile che ci stessimo tutti lì sopra. Eravamo una cinquantina, e il Gley non sembrava molto grande. In quei giorni Baba e Ariadne mi avevano portato la tenda che sarebbe diventata la mia casa. Non avendo però nessuna borsa dove mettere tutto, Cheyenne con gentilezza si era offerta di metterla nei suoi bagagli. Ora le stavo dando una mano a caricare i bagagli sopra la navicella. Avevano infatti collegato la navicella alla spiaggia, con una specie di ponticello. Era abbastanza sicuro anche se non troppo largo. Stavo trascinando un baule sul ponticello, quando attraversatolo completamente, giunsi finalmente sul Gley. Dentro era molto più grande di quanto sembrasse. Il ponticello dava su una grande apertura circolare. Mi trovavo in una grande sala bianca , senza nessun arredamento. Vi erano solo due porte nere e molti altri bauli, degli altri membri. Dopo il momentaneo disorientamento, trascinai con forza il baule e lo misi vicino agli altri.

-quanto ci metti per trascinarlo donna- entrò sprezzante Adriàn nella stanza, portando su una spalla un baule, sull'altra un sacco . Mi stupivo ogni volta di quanta forza dovesse possedere quel ragazzo, pari almeno alla sua capacità di farsi odiare. Lo guardai male:

-invece di tirartela ogni volta che mi vedi, pensa al fatto che l'unica cosa che hai è la forza- gli dissi uscendo dalla stanza, avvicinandomi all'uscita. Avevo altre cose da fare e non avevo intenzione di perdere altro tempo con quello.

-Beh mi pare basti o no?- disse, senza ancora rendermi conto di quello che stava per fare. Mi colse alla sprovvista: si avvicinò, mi prese per il bacino e mi alzò da terra. Cercavo di divincolarmi ma non mi voleva lasciare in pace, anzi, si avvicinò alla balaustra del ponte, e mi lanciò giù dal ponte, in acqua.

L'acqua non era tanto alta e riemersi subito. Sentii lui ridere come uno stupido e non solo lui. Lo guardai malissimo, ma cercai di andare verso riva.

-Brava brava scappa donna, sono troppo forte per te- disse lui continuando a ridere insieme agli altri uomini che stavano sul ponte. Avevo imparato che quando eri in un ambiente prettamente maschile, e non dimostravi fin dall'inizio di essere pericolosa, loro avrebbero continuato fino ad annientarti. Adriàn però, stupido come era non aveva ancora capito che doveva lasciarmi in pace, che non lo avevo ucciso per vendicarmi, solamente perchè non volevo macchiarmi le mani con il suo sangue.

Loro continuavano a ridere. Mi fermai e mi venne un idea.

Mi immersi nuovamente. Avevo scoperto che mi bastava pensare ai pesci, e riuscivo a respirare sott'acqua. Dovevo fare un po' di allenamento, però se mi concentravo ci sarei riuscita. Nuotai e mi avvicinai al pontile. Non avrei fatto alcun danno alla struttura, volevo dare una bella lezione ad Adriàn e basta. Mi trovavo esattamente sotto al ponte, nella posizione in cui si trovava Adriàn. In quel momento vidi nuotare tranquillo un delfino e mi venne l'ispirazione.

Avvicinai le mie gambe e mi concentrai chiudendo gli occhi. Quando li riaprì rimasi a bocca aperta. C'ero riuscita! Dal bacino in giù avevo una coda, come le figure mitiche di cui avevo sempre sentito parlare da piccolina! Sembravo proprio una sirena. Sorrisi.

 

 

Adriàn se ne stava tranquillo di spalle quando improvvisamente, uscì dall'acqua una creatura. Non avevo mi visto nulla di simile. Era metà donna, metà pesce: una sirena. Uscì dall'acqua con un balzo, abbracciò Adriàn in volo e se lo trascinò giù in acqua, dall'altra parte del ponte. Scoppiai a ridere.

Avevo osservato la scena fin dall'inzio: stavo controllando che nel mio baule ci fosse tutto, quando avevo sentito Marika strillare sotto la presa di Adriàn. Lui si era avvicinato tutto sorridente alla sponda del ponte e l'aveva lasciata cadere. Erano scoppiati tutti a ridere. In effetti quello che combinava Adriàn era comico. Dubitavo che Adriàn odiasse Marika, anzi. Non aveva mai rivolto attenzioni di nessun tipo a una ragazza. E se pur non proprio gentili era palese il fatto che in qualche modo Marika le piacesse. Poi, anche fisicamente era una bella ragazza.

Quando l'avevo vista cadere in acqua avevo sorriso, curioso di vedere la sua reazione. Era rispuntata dall'acqua e probabilmente aveva lanciato uno sguardo pieno d'odio verso Adriàn. Lui però non contento l'aveva stuzzicata ancora e quando poi lei si era rimmersa, ero sicuro avrebbe combinato qualcosa. Quando vidi la sirena saltare fuori dall'acqua rimasi sia stupito che soddisfatto.

Se era stata in grado di trasformarsi sott'acqua, vuol dire che stava facendo progressi.

Stavo ancora guardando la scena, divertito anche dal fatto che Adriàn stava imprecando come non mai e contemporaneamente cercava di prender Marika, che però avendo la coda, si muoveva molto più rapidamente di lui, quando una voce mi chiamò:

-Ehi Michael, se ne andrà anche lei?- era Ariadne. Era una ragazza simpatica, un po' insignificante però. Non capivo mai perchè mi stesse intorno.

-Non so. Sinceramente spero di no- dissi io guardandola. Faceva riferimento al fatto che l'ultima volta che avevamo trovato qualcuno che possedeva il Jano, oltre a me, se ne era scappato. O almeno questo era quello che ufficialmente ci dicevano. Non avevo ancora capito cosa fosse successo, ma mi sembrava molto strano che un ragazzo di dieci anni fosse sparito nel nulla.

-Ti riferisci a Jason?- le chiesi io chiudendo il baule. Si c'era proprio tutto.

-Già...cioè come facciamo a fidarci di lei fino a questo punto...?-

-Non credo scapperà- dissi prendendo il baule. La guardai negli occhi per convincerla meglio.

-non ha alcun posto dove andare- disse e le girai le spalle avviandomi sul pontile. Per me il discorso era chiuso, ma non per lei.

-Ma anche Jason non aveva posto dove andare!- disse lei insistente. Perchè faceva così?

-Jason era scaltro e furbo. E soprattutto aveva già capito come funziona il mondo. Marika ha sempre vissuto in una foresta ed è stata cacciata dalla loro tribù. Ora siamo la sua nuova famiglia e non se ne andrà. Non per volontà sua almeno- le dissi guardandola un ultima volta. Lei non sembrava convinta, ma non ribattè e io mi allontanai. Che diavolo le era preso?

 

 

Note autrice

 

Scusate ragazzi per il ritardo :) ecco qui il seguito! Spero vi piaccia :) lasciatemi un costro commento qui sotto :) Al prossimo chappy

 

Elena L. Z.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** O ***


O


Mi svegliai. O meglio, il rumore dell'acqua che si infrangeva sulla sabbia mi svegliò. Non era il rumore che mi aspettavo di sentire su una barca. Mi trovavo su una spiaggia. Di fronte a me una distesa cristallina di acqua. O meglio di fronte a me c'era il mare, non il cielo. Sembrava quasi che in mezzo all'oceano ci fosse un muro di vetro, oltre al quale c'erano gli abissi. Al posto delle nuovle, vedevo pesci enormi che nuotavano. Sembra di essere in un ampolla immersa negli abissi del mare: io stavo all'interno, all'asciutto, e fuori dal vetro c'era il mare. Dove diavolo ero? Dove era il Gley?
Ero vestita con una semplice camicia beige consunta e indossavo un costume da bagno blu che non ricordavo di aver mai indossato. Accanto a me c'era un pezzo di legno. Lo riconobbi subito. Era il mio Jano. Lo toccai e improvvisamente cambiò forma, diventando il mio pugnale. Non appena lo presi in mano, il disegno che vi era sull'elsa si illuminò di un castano- rame acceso. Sembrava un leone quasi. Non era mai successo prima.
Mi guardai intorno. Avevo dormito tutta la notte sulla spiaggia, come dimostravano i miei capelli pieni di sabbia e salsedine. Ma che cosa ci facevo lì?
Non c'era nessuno. C'era un suono in lontananza, metallico. Era una chitarra. Ma come facevo a sapere cos'era una chitarra, se non ne avevo mai vista una fino ad ora?
Provai a ricordare come ero arrivata lì, ma sentii una fitta dolorosa alla testa. Niente. Che fine avevano fatto tutti? Mi avevano abbandonata di nuovo? Avevo sognato tutto fino ad allora?
Mi guardai il braccio. No il tatuaggio c'era ancora. Per qualche motivo mi trovavo su quella spiaggia. Mi alzai. Dietro di me, c'era la jungla. Assomigliava un po' a quella di casa mia. Quella che avevo lasciato, per partire sul Gley. Ero certa però che non fosse la mia isola quella su cui mi trovavo.
Mi guardai intorno. Ero veramente in mezzo al nulla. Decisi di seguire il suono della chitarra, era l'unica cosa che potessi fare in quel momento. Proveniva da dentro la jungla, mi addentrai.
Entrando, la luce del sole penetrava a fatica. Guardai gli alberi che mi circondavano. Era meglio arrampicarsi che camminare, così avrei potuto controllare la situazione dall'alto.Salii sull'albero più vicino che mi sembrava sicuro. Non l'avevo mai visto nella mia foresta. Usai il Jano per aiutarmi nel salire. Il tronco era altissimo. Mi arrampicai su fino alla cima. Era veramente alto. Arrivata fin su, riuscivo a vedere tutto dall'alto e in lontananza vidi delle case in pietra.
Bene, le avrei raggiunte e avrei chiesto informazioni. La musica con la chitarra continuava. Cercai di spostare lo sguardo, nel punto da cui proveniva la musica, ma le chiome degli alberi erano troppo fitte.
Scesi qualche metro in giù sulla corteccia e mi lanciai con una liana sull'albero vicino e così ancora, fino a quando non arrivai sul luogo da cui proveniva la musica con la chitarra. C'era un pozzo in mezzo alla foresta e a fianco una specie di caverna. La musica proveniva dalla caverna. Mi sedetti su un albero, e poi spingendo la schiena verso terra, mi ritrovai appesa a testa all'in giù. C'era un bambino dai capelli rosso fuoco che suonava una chitarra. Era molto concentrato, e nonostante la chitarra sembrasse molto vecchia, riusciva ad emettere un suono molto chiaro e nitido. Certa di non correre alcun pericolo, mi aggrappai con le mani su un ramo più basso, mollai la presa con le gambe e mi ritrovai a dondolare nel vuoto.
La musica non si era interrotta, quindi io continuai indisturbata a passare da un ramo ad un altro, fino a quando non arrivai a terra. In quel momento il bambino mi vide e si bloccò.
-chi sei, non ti ho mai vista!- disse lui alzandosi in piedi arrabbiato. Era arrabbiato perchè lo avevo interrotto?
-ehm...mi sono svegliata qui sulla spiaggia, non so bene come ci sono finita qui...- dissi io avvicinandomi, cercando di risultare simpatica. Non so come, ma i bambini mi odiavano sempre.
-si come no!- dissi il bambino ancora più arrabbiato di prima. In una mano teneva la chitarra e nell'altra un pezzo di legno. Indossava una maglietta blu consunta e dei pantaloncini grigi, altrettanto consumati.
-beh come ti chiami bambino?- cercai di cambiare argomento.
-io non sono un bambino!- okay stavo andando di male in peggio, forse era meglio chiudere la bocca.
-ho 10 anni io! Mi chiamo Jason Quintana e sono il figlio del capo dell'Organizzazione! Non ho paura di te!-
-Organizzazione? Ma di cosa..? Io sono Marika comunque...dove siamo?- chiesi io cercando di capire.
-a Wafter Island!- disse il bambino stupito dal fatto che io non sapessi dove mi trovassi. Poi vidi il suo sguardo scendere sul mio Jano. Se prima la sua bocca era aperta, ora il suo mento toccava terra dallo stupore.
-beh ?- chiesi io guadando il pugnale. Forse il bambino sapeva cosa fosse?
-quello è un Jano!- disse lui indicandomi.
-direi di si...ma come fai a sapere cosa è?-chiesi io incuriosita avvicinandomi. Jason aveva due enormi occhioni azzurri e una pelle abbronzata, per non parlare poi dei capelli rossi tutti arruffati, eppure era un bel bambino, dal viso vispo e attento.
-Seguimi!- disse chiudendo la bocca. Non avevo alcun posto dove andare. Lo avrei seguito e forse avrei scoperto qualcosa in più su di me e qualcosa in più su come ero arrivata su quell'isola.







Avevamo abbandonato Marika a Wafter Island. Ero riuscito a fare solo questo. Cheyenne aveva usato uno dei suoi anelli, i Rubens, per cancellarle la memoria completamente. Le avevamo portato via il Jano, l'avevamo drogata e lasciata su una delle spiagge di Wafter Island. Era già tanto se eravamo riusciti a salvarla in questa maniera e non avevano deciso di ucciderla.

Marika era stata l'ennesima prova di quanto io fossi stato fortunato a non esser cacciato via. Aveva avuto ragione anche Ariadne a chiedermi per quanto tempo si sarebbe fermata. Era solo una questione di tempo. Adesso si sarebbe rifatta una vita, ignara e all'oscuro di tutto, forse persino del suo nome. Stavo rigirandomi nel letto, considerando che ero rimasto tutta la notte fuori insieme a Cheyenne per lasciarla sull'isola, senza che nessuno si accorgesse di niente, quando sentii bussare alla porta. Ormai eravamo ripartiti con il Gley, direzione Yamahn, capitale del Regno.

-avanti- dissi rimanendo immobile nel letto. Davo le spalle alla porta, così che non sapevo chi fosse fino a quando non parlò.

-Sei sicuro di aver preso il Jano?- disse la voce di Adrian.

-Certo- dissi io. Ricordavo benissimo di averlo preso dalla sua stanza, dopo averla lasciata sulla spiaggia. Avevo preso il Jano e lo avevo portato dal capo, nella sua cassaforte.

-Lo sa anche il capo. Mi ha visto mentre lo chiudevo nella cassaforte.- dissi io tranquillo. Eppure avevo il mio sesto senso fin da subito mi aveva portato a pensare che era tutto troppo facile. Cioè di solito è sempre così difficile rubare o prendere un Jano, ma questa volta era stato veramente semplice.

-beh, Michael credo questa sia la prima volta che tu fallisci una missione- disse con voce roca. Si schiarì la voce e se ne uscì. Non sembrava per niente felice. Anche quando era stata presa la decisione di allontanare Marika non ne era stato felice, avrebbe preferito ucciderla, ovviamente. Però un po' era cambiato dall'inizio. Quando l'aveva conosciuta, provava nei confronti di Marika solamente odio e una grande voglia di sfida. Era stata l'unica ragazza che lo aveva quasi sconfitto, se non fosse intervenuta quella donna.


Ragazzii scusate l'intrusione! Prometto che questa sarà l'ultima volta! Volevo avvertirvi che sono riuscita a pubblicare Angelica :D ora è ricontrollato e corretto a regola d'arte! Per chi si fosse appassionato basta che scriva su google : angelica zumerle elena l. e vi verrano fuori un bel po' di siti dove è possibile acquistarlo! Grazie!
Ps. oppure mettete semplicemente “mi piace” su facebook ;D
https://www.facebook.com/Angelicaelenaluciazumerle

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** P ***


P


Erano passati 2 giorni ormai. Jason, era il figlio del sindaco della città. In effetti non avevo ancora ben capito come funzionasse la gestione della città, ma per ora mi accontentavo di quello che sapevo. Niente. Stavo mangiando un pezzo di pane. Mi trovavo a casa del sindaco ormai da una settimana e lo stavo aspettando in cucina. Gli avrei chiesto di trovarmi un lavoro, perchè non mi sembrava corrette vivere a scrocco. Entrò in cucina anche Jason. Quel bambino andava in giro vestito di stracci, quando veniva da una delle famiglie più ricche della città.

-Marika dammene un pezzo- disse lui sedendosi al mio fianco. Gli sorrisi e divisi il pezzo di pane con lui. Era un bambino vispo e allegro.

-Brava, è così che si deve fare quando sei a scroccare da qualcun altro- mi disse lui prendendomi in giro. Si divertiva a stuzzicarmi e io ovviamente mi divertivo a rispondergli.

-ma se non ci fossi io a scroccare, tu diventeresti ciccione e rotondo come un barile!- gli dissi io scherzando. I suoi occhioni blu brillarono e scattò subito in piedi.

-io ciccione? Ma ti sei vista te?!- esclamò lui.

-oh certo, non ho un filo di grasso- gli dissi io facendogli l'occhiolino.

Stava per rispondere quando in quel momento entrò sua madre, la signora Ginevra. Lavorava al porto e gestiva i commerci con coloro che volevano venedere nella piazza principale. Aveva dei lunghi capelli rosso fuoco, ed era una donna molto decisa e intraprendente. Con me era stata sempre gentile e dolce.

-dai che ragazzi, che si mangia- disse Ginevra. Anche se avevo passato poco tempo in quella casa era bello. Era bello vedere come funzionasse una vera famiglia. Un po' invidiavo Jason, era così fortunato e non se ne rendeva nemmeno conto.

Mi alzai dalla sedia e diedi una mano ad apparecchiare. Jason, da bravo bambino ci guardava pigramente senza aiutarci.

-Jason dai una mano- disse Ginevra.

-ma che noia- disse lui, continuando a rimanere seduto. Sorrisi. Ogni momento che passavo in quella casa sapeva di famiglia. Come mi sarebbe piaciuto farne parte. Mi avevano accolto preoccupati per la mia salute, e insieme ogni giorno cercavamo di scoprire qualcosa di più. Io mi sforzavo, ma non riuscivo a ricordare niente, e non solo, ogni volta che provavo mi veniva un forte mal di testa. In quel momento entrò il padre di Jason, Marcus. Era un uomo molto alto, sulla quarantina dai profondi occhi blu. Era da lui che li aveva presi Jason.

-Ciao Ragazzi, tutto bene?- chiese lui allentandosi la cravatta.

-Papà!- esclamò Jason sorridente. Gli corse incontro e lo abbracciò.

-ehi piccolo!- disse Marcus amorevole abbracciandolo.

-ma non sono piccolo!- esclamò lui offeso. Stavo sorridendo vedendo la scena, quando Marcus alzò gli occhi su di me.

-ho un po' di novità Marika- mi disse sorridente. Annuì. Meglio ritornare alla realtà. Io ero una ragazza naufragata su quell'isola stranissima. In effetti Wafter Island era un mistero per me. Era un isola in fondo al mare, ma una grande ampolla di vetro permetteva agli abitanti di vivere sott'acqua. Chissà come era iniziato il tutto. Da quanto avevo capito per entrare sull'isola, bisognava passare per una specie di ascensore d'acqua. Grazie alle correnti le navi potevano scendere e risalire. Wafter Island era conosciuta per i suoi bravi ingegneri e per il commercio. Viveva di commercio infatti. Solo qui nascevano alcuni tipi di piante e vi erano degli animali completamente diversi.

-seguimi- disse lui facendomi cenno di seguirlo in salotto. Feci come mi aveva detto, e andai in salotto. Arrivata nella stanza notai che c'erano altre due persone: un uomo adulto e un bambino.

L'uomo aveva folti capelli neri e due occhi scuri, a differenza del bambino, che aveva una folta chioma di riccioli d'oro. Sul viso poi, gli spuntavano due occhioni azzurri, curiosi e allegri. Teneva una mano stretta saldamente a quella dell'uomo e si guardava in giro.

-Questi sono Liam e Richard- disse Marcus. Liam era l'uomo adulto, mentre il ragazzino biondo era Richard.

-piacere, io sono Marika- dissi loro sorridente.

-sono un medico, Marcus mi ha raccontato quanto successo. Mi sono preoccupato fin da subito ed ecco perchè sono qui. Volevo accertarmene di persona- disse l'uomo serio. Cominciavo a preoccuparmi, che cosa mi era capitato?

Spuntò da dietro di me Jason: guardava il bambino con aria interrogativa.

-chi sei? L'altra volta c'era una bambina!- disse Jason sospettoso.

-che memoria Jason, ti ricordi di Angelica?- disse il medico. Sorrideva gentile. Probabilmente era un caro amico di Marcus. Il bambino però non disse niente, si limitò a fissarlo con i suoi occhioni blu.

-mia sorella è dalla zia- disse il bambino ad un tratto. Dunque erano fratelli. Richard doveva essere il figlio di Liam, tuttavia non si assomigliavano per niente.

-dai ragazzi andate a giocare, Jason vai a giocare con Richard.- disse Marcus spingendo Jason leggermente verso il bambino.

-solo perchè mi sembri un debole. Tsk, andiamo- disse Jason trascinando il ragazzino per il polso. Richard non disse niente, si limitava a guardare in giro.

-okay, adesso possiamo parlare, accomodati Liam- disse Marcus facendo cenno di sedersi sul divano. Ci sedemmo e io guardai il medico. Sembrava un tipo tranquillo.

-Grazie. Innanzitutto, Marika, descrivimi i sintomi che hai quando provi a ricordare- disse il dottore.

-non ricordo niente, nonostante io mi sforzi. Ho un vuoto. Un momento prima ero sul Gley e un momento dopo sono sulla spiaggia di quest'isola...Mi viene...un forte fitta, qui- dissi indicandomi le tempie.

-e ti ricordi che giorno era, quando ti trovavi sul Gley?-

-un lunedì...però...- dissi sforzandomi. Non avevo raccontato nei dettagli però cosa ci facevo sul Gley e chi ero in realtà. Non me lo avevano chiesto e non lo avevo detto. Finora avevo nascosto tutto quello che mi ricordavo, non perchè non mi fidassi, ma perchè non ne avevo avuto occasione.

-Prima di dire tutto, volevo spiegarvi la mia storia, magari può aiutare...-

-certo Marika- annuì Marcus.

-ecco io vengo da quella che tutti chiamano Isla de Fortaleza.- entrambi rimasero sorpresi.

-è lontanissima da qui!- esclamò il medico.

-se sei partita di lunedì, e tu sei qui da due giorni, con il Gley sei partita come minimo una settimana fa...- disse ragionando Marcus. Era passata una settimana e non ricordavo niente.

-vai pure avanti- disse il medico, sedendosi meglio sul divano.

-si. Ecco, io in realtà facevo parte di una delle tribù della grandissima foresta che si estende per tutta l'isola. Un giorno sono arrivati un gruppo di mercenari e mi hanno portato via con loro, inizialmente volevano farmi del male, ma poi vedendo che ero in grado di utilizzare il Jano- dissi estraendolo dagli stivaletti. Loro mi guardavano attenti e io continuai. -...ci hanno ripensato e mi hanno presa con loro. Mi hanno fatto anche un tatuaggio, con il loro simbolo...ricordo che siamo rimasti alcuni giorni e poi siamo partiti. Da lì in poi non ricordo più nulla. Mi sono risvegliata sulla spiaggia due giorni fa- conclusi e abbassai la testa. Questa era tutto quello che sapevo.

-E' strano. Posso vedere il coltello?- chiese Liam. Annuì e lo appoggiai tra le sue mani. Lui lo studiò attentamente, se lo ripassò tra le mani.

-si è un originale. Ma non solo- disse il medico. Mi restituì il pugnale e tirò fuori un altro pugnale:

-anche tu hai un Jano?- esclamai io. Da quanto avevo capito, non tutti potevano maneggiarli, e solo coloro che avevano sangue reale.

-si. Questo è il Jano delle Illusioni. Il suo potere è molto particolare, tuttavia faccio veramente fatica a controllarlo. E' complicatissimo per me. Sono fatti nella stessa maniera se noti, Marcus tira fuori anche il tuo- disse Liam sorridendo complice all'amico. Ma dove ero finita? Tutti avevano un Jano? Ogni minuto che passavo ero sempre più sconcertata. Marcus gli sorrise di rimando, si alzò, si avvicinò a una vetrinetta. Prese un piccolo scrigno e lo appoggiò sul tavolino in mezzo a noi. Lo aprì. Al suo interno c'era un altro Jano. Non avevo mai visto cosi tanti pugnali maledetti nella stessa stanza.

-Come noti, sull'elsa c'è un inciso un simbolo...- disse Marcus, prendendo in mano il suo.

-si, sul mio...sembra... c'è un leone- dissi prendendo tra le mani e osservandolo. Mi concentrai per capire come era fatto. Era di una pietra marrone scura, che si confondeva con l'elsa nera del pugnale. Anche quella di Michael era così.

Michael. Da quanto tempo non lo vedevo. Non sapevo perchè, non riuscivo a capire i miei sentimenti, ma da quando mi ero svegliata sulla spiaggia e avevo pensato a lui, avevo sempre avuto la sensazione che lo avrei rivisto. E ogni volta che pensavo a lui, non riuscivo a spiegarlo, ma mi sentivo riconoscente nei suoi confronti. Il motivo probabilmente era in quello che era successo, ma che non ricordavo.

-il Leone, è il Jano della Metamorfosi. Significa che tu sei l'erede della tua tribù- sentenziò Liam. Metamorfosi? Non sapevo in effetti quali erano i veri poteri di quel pugnale. Di quel poco che ricordavo, mi ero allenata solo sul combattimento corpo a corpo, non tanto sull'utilizzo del pugnale.

-come fai esserne sicuro? Anche tu...-disse Marcus preoccupato nella sua direzione. Cosa nascondeva? Liam mi guardò sorridente.

-vedi io, faccio molta fatica a utilizzarlo il Jano perchè...non sono il suo padrone al 100%... lo tengo in custodia,diciamo così.-

-ma in teoria non saresti in grado di utilizzarlo...-dissi io guardandolo.

-nelle mie vene scorre il sangue reale. Purtroppo però il Jano non è destinato a me. Ma non importa. Ciò che è importante è che verranno a cercarti, chiunque ti ha lasciata qui- disse Liam preoccupato.

-perchè?- dissi io confusa.

-il tuo è un Jano molto particolare. Quando ti sei risvegliata, lo hai trovato subito con te?- chiese sorridendomi gentile. Pensai.

-In effetti inizialmente mi era parso un semplice pezzo di legno, da lontano, poi però lo ho raccolto e...-

-ed era il tuo Jano. Giusto?- concluse al posto mio Liam.

-è un caso di Sarne!- esclamò Marcus sorpreso.

-esattamente. -disse Liam, riprendendo subito a spiegare -sarne è una parola antica, che significa trasmigrazione. Significa che l'anima del Jano, si sposta e segue il suo possessore. In poche parole, quando ti hanno abbandonato sulla spiaggia, quasi di sicuro ti avevano portato via il Jano. Adesso tra le loro mani, avranno semplicemente un pezzo di legno, e niente di più. Verranno alla ricerca di te per prenderlo di nuovo. Molto probabilmente non sapevano di questa maledizione antica, che è una caratteristica unica al tuo Jano. E' l'unico tra i 12 pugnali che non può essere rubato.- disse Liam. Quindi lo avrei rivisto. Ma avrei rivisto anche Cheyenne, Ariadne e tutti gli altri. Un po' ero felice, ma d'altra parte mi avevano scaricato su una spiaggia e ciao. Non sapevo se essere arrabbiata o meno. Non ricordare niente era così frustrante!

-però questo ne parliamo dopo- disse Liam lanciando un occhiata a Marcus, che annuì. Era gentili e sinceri. Mi fidavo di loro, mi sembrava brave persone.

-ritornando a noi. Mi hai detto che ti fanno male le tempie vero? Una specie di fitta?- chiese lui preoccupato.

-esatto!- fitta era la parola più esatta per descrivere il dolore. Durava qualche secondo, ma era molto intenso.

-Bene. Si tratta di un Rubens.- sentenziò Liam.

-Rubens?- questa parola l'avevo già sentita. Ne ero più che sicura. Improvvisamente sentii la fitta alle tempie. Durò per qualche secondo e poi alzai gli occhi. Se mi era venuta la fitta, significava che nei ricordi cancellati, avevo avuto a che fare con questo “Rubens”.

-Cosa è?- chiesi io, avida di sapere.

-Un anello. Sono anelli molto particolari, ce ne sono di almeno 100 tipi diversi e tutti li possono usare. Sono anelli che conferiscono un determinato potere. In questo caso, quello che è stato utilizzato su di te ha la capacità di sigillare. - disse Liam guardando Marcus.

-Quindi non hai perso la memoria. Diciamo che non puoi accedere coscientemente ai tuoi ricordi, perchè sono stati sigillati. Devo ammettere che è un'abilità interessante- concluse Marcus.

Abbassai lo sguardo. Quindi mi avevano scaricato di proposito, avevano tentato di rubarmi il Jano e di cancellarmi i ricordi.

-Pian piano riuscirai a ricordare, il potere dei Rubens è forte all'inizio, poi via via che passa il tempo, spariscono gli effetti. Tu per ora non sforzarti troppo nel ricordare.- disse Liam sorridendomi. Beh dai, quindi un giorno sarei potuta ritornare a ricordami cosa era successo.

-per quanto riguarda adesso invece...- Liam girò la testa verso Marcus nuovamente.

-si esatto- disse lui come scosso all'improvviso. -non te lo ho mai detto prima Marika perchè non mi era sembrato utile. Comunque, come ben sai, sono il sindaco di quest'isola, ma non solo. Jason ti avrà detto credo, lo dice a tutti- disse sorridendo amorevole -che sono il capo di una certa “organizzazione” -

Annuì. Ricordai il momento in cui Jason me lo aveva detto. Lui non si era spaventato di me, proprio perchè il suo papà era il figlio dell'organizzazione.

-bene. In realtà io sono uno dei tre membri del consiglio dell'Organizzazione. Ci occupiamo di recuperare, di addestrare e di istruire tutti coloro che possiedono un Jano, dei Rubens particolari, e di formare i Tovenaar-

-Tovenaar?- chiesi io.

-sono coloro che hanno studiato le antiche scritture e hanno imparato a utilizzare le Stellair, delle chiavi particolari, che permettono di aprire portali e di evocare qualsiasi cosa. Comunque ritornando a noi, io mi occupo della sezione dei possessori del Jano. In questa maniera li addestriamo a non utilizzare i propri poteri per cattivi scopi e manteniamo la pace. Idem vale per le altre due categorie. Si tratta della più grande Organizzazione di tutto il mondo conosciuto. Siamo gli unici infatti che riuniamo, Jano, Rubens e Stellair, per un unico obbiettivo, la pace.- disse Marcus sorridente. Era un uomo molto positivo e altruista. Ma non capivo dove volesse andare a parare.

-ma...quindi...io?- dissi indicandomi un po' spaesata.

-se ti va Marika, potresti entrare a far parte dell'organizzazione. Ti insegneremo a utilizzare i tuoi poteri, e poi partirai insieme agli altri membri, alla ricerca degli altri detentori del Jano.- concluse Marcus. In effetti mi sembrava una buona idea. Non sapevo che farmene della mia vita aquel punto, e l'idea di aiutare altri come me non mi sembrava poi così male, quindi annuì convinta.

-bene, da domani sarai un membro ufficiale allora- disse Marcus sorridente.

 

 

Fine Capitolo

 

Ragazzi scusate per il ritardo! Non ci sono scusanti!

Mi ero bloccata perchè avevo intenzione di concentrarmi più su Eris, e al termine di riprendere questa fic, però mi sono resa conto che Eris durerà ancora un po' quindi ho deciso di riprendere in mano anche Femmina Alfa! Scusate ancora, non ho proprio giustificazioni!

Ringrazio coloro che continueranno a seguirmi nonostante questo piccolo disguido D:

Volevo avvertirvi che Angelica, la vera saga, di cui questa fic è il prequel, è stato pubblicato ed è disponibile sia in formato cartaceo che in formato ebook!

Basta scrivere su google “Elena Lucia Zumerle Angelica” e vi vengono fuori una caterva di siti dove potete dare un occhiata ;) oppure cliccate qui

 

https://www.facebook.com/Angelicaelenaluciazumerle?ref=hl

 

Grazie a tutti per l'attenzione!Siete fantastici :) :)

Elena

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Q ***


Q

 

Mi svegliai nella mia nuova stanza. Ero l'unica nuova nel corso dei detentori del Jano. Il giorno prima mi avevano portato in una villetta, non molto lontano dalla piazza centrale e mi avevano presentato un po' di persone, poi mi avevano fatto vedere la mia stanza e mi avevano detto che da oggi avrei seguito dei corsi. Mi alzai dal letto, e guardai l'ora. Avrei avuto a malapena il tempo di mangiare qualcosa. Mi cambiai con i vestiti che Ginevra, la mamma di Jason, mi aveva regalato. Ero riconoscente a loro. Mi guardai allo specchio in bagno.

-da oggi si rinizia!- mi incoraggiai e uscii dalla camera. La villetta era in stile classico, molto elegante e da fuori sembrava più piccola di quanto fosse in realtà. All'interno infatti vi era un grande giardino e la casa faceva da contorno. Scesi dalla scale e mi diressi verso la cucina. Mi avevano fatto vedere solo qualche stanza della grande casa, molte avevano la porta chiusa. Ero troppo riconoscente per ficcare il naso e curiosare, non mi sembrava corretto, anche se il mio essere sempre curiosa non mi aiutava.

-ciao Marika, ecco la colazione- mi disse un dolce vecchietta indaffarata con le pentole. Si chiamava Amelia e la villetta era sua. Era rimasta sola insieme ai suoi gatti alla morte del marito e ora aveva dato a disposizione la sua casa per gli allievi dell'Organizzazione. Probabilmente con ragazzi più giovani che giravano per casa doveva sentirsi meno sola.

-grazie.- le dissi sorridente e mi sedetti. Vicino a me c'erano però altre due tazze di te.

-c'è qualcun altro allievo? Non lo sapevo- dissi io contenta. Avrei conosciuto qualcun altro, magari della mia età.

-si, sono arrivati qualche ora fa, dovrebbero scendere a momenti- disse Amelia portando una cesta di biscotti sul tavolo.

-wow! E sono due? - mi sentivo positiva e raggiante. Non essere sola in quella situazione mi faceva ben sperare, magari anche loro aveva il Jano. Ero ancora immersa nei miei pensieri quando entrò una ragazza sbadigliando.

-ciao Amelia- si bloccò nel vedermi e subito accennò un sorriso.

-io sono Marika- le dissi sorridendo. Era una ragazza graziosa, era magra e piccolina, dai grandi occhioni verdi e i capelli color biondo cenere, legati in una treccia laterale.

-sei la detentrice del Jano vero?- mi disse lei sedendosi al mio fianco.

-Esatto, tu invece?- chiesi io incuriosita.

-lei è una rompiscatole di prima categoria- disse un ragazzo sulla soglia. Era stranissimo. Aveva i capelli chiarissimi, quasi bianchi e due profondi occhi azzurri. Quando mi girai a guardarlo notai che continuava a fissare la ragazza al mio fianco.

-tu invece sei mr. Simpatia Toshiro- disse lei lanciandogli uno sguardo ironico. Okay, non conoscevo nessuno dei due, e nonostante si guardassero come se avessero entrambi la lebbra, mi sembravano delle persone simpatiche.

-su su Toshiro, non si trattano così le ragazze- disse Amelia sorridendo amorevolmente e appoggiando un barattolino di marmellata sul tavolo.

-tsk, chiamala ragazza Amelia...ehi ma questi che vedo sono sul serio biscotti al cioccolato?- disse lui stupito e avvicinandosi al tavolo.

-comunque io mi chiamo Maka Alabarn, ho 17 anni, vengo da Yamahn e sono qui per diventare la migliore Tovenaar del mondo- disse lei sorridente e con uno sguardo deciso. Invidiavo la sua sicurezza e la sua capacità di sapere cosa fare.

Il ragazzo dai capelli bianchissimi invece era concentrato a congratularsi con Amelia per la colazione e non ci considerava.

-vi conoscete?- chiesi io tra un sorso e un altro.

-cosa? Toshiro? Lo ho conosciuto ieri sera. Ha 16 anni e anche lui è di Yamahn e abbiamo preso la stessa nave per arrivare qui...lui è qui per i Rubens. E comunque è di un noioso- disse lei roteando gli occhi.

-noioso a chi?- disse lui girandosi improvvisamente verso di noi.

-a te, bambinetto- disse Maka facendogli la linguaccia.

-guarda che abbiamo solo un anno di differenza vecchietta!- disse lui rispondendo strafottente.

-vedi?- disse guardandomi disperata -pensa 10 ore di viaggio con un tizio del genere!- disse lei sospirando.

Io non sapevo che dire, non mi era mai capitata una scena del genere, sorridevo imbarazzata. Beh dai, almeno non mi sarei annoiata.

-Marika?-

sentendomi chiamare mi voltai. Sulla soglia stava una ragazza, una delle più belle che avessi mai visto. Aveva dei lunghi capelli rossi lisci, due occhi scuri e qualche lentiggine sul volto. La sua figura era messa in risalto dalla luce del sole, che la colpiva alle spalle. Sembrava una qualche divinità.

-io sono la tua allenatrice. Vieni con me- disse lanciandomi uno sguardo severo. Nel frattempo era sceso il silenzio nella cucina. Come scossa, mi resi conto che dovevo ancora finire il te. Buttai giù tutto in un sorso e mi alzai dalla sedia.

-grazie Amelia, a dopo ragazzi!- dissi senza aspettare alcuna risposta. Uscii dalla cucina e mi ritrovai nel grande portico che stava sul giardino. La vidi nel giardino, con le mani nelle tasche degli shorts, con gli occhiali da sole , che guardava nella mia direzione. Deglutii. Era così bella e mi sentivo in imbarazzo ad avere a che fare con lei.

-io sono Ester. Da oggi ci troveremo qui e ci alleneremo qui per le prossime settimane. Ti conviene stare al mio ritmo, altrimenti mi rifiuterò di insegnarti, e io sono la migliore in quello che faccio.- Notai in quel momento che stava fumando. Si portò la sigaretta alla bocca, inspirò e disse:

-lanciami il Jano- si riportò nuovamente la sigaretta alla bocca. Stavamo a dieci metri di distanza. Non mi fidavo a lanciarglielo, le avrei potuto fare del mare.

-non tentennare Marika!- disse lei alzando la voce, sempre con la sigaretta tra le labbra.

Voleva farsi del male? Contenta lei! Presi il Jano, allargai le gambe per darmi più spinta, e lo lanciai verso di lei. Forse però avevo calibrato male la forza , perchè l'avrei colpita in pieno. Ester doveva spostarsi. Lei invece sembrava tranquilla. Mi stavo già pentendo di quello che avevo fatto. Corsi verso di lei, con le mani sulla bocca spalancata per quello che sarebbe potuto succedere. Non avrei fatto in tempo. Ormai il Jano era a un metro. O si spostava lei, o se lo sarebbe preso dritto in pancia. Lei continuava a stare in piedi. Ad un tratto sorrise.

-regola numero uno: non fare mai ciò che ti dice di fare il nemico!-

il Jano la trapassò. Letteralmente. Passò attraverso di lei e si conficcò per terra. Rimasi a bocca aperta.

-regola numero due: se ti avvicini al nemico è solo per attaccare-

sparì improvvisamente dalla mia vista. Mi bloccai. Dietro di te.

Mi voltai. Sopra di me la sua gamba che scendeva veloce e inesorabile come una ghigliottina. Feci un passo indietro a caddi a terra.

-regola numero tre!- urlò lei. -un calcio, non è mai solo un calcio!-

la sua gamba scese. Feci in tempo a rotolare di lato. Qualcosa mi diceva che se mi fossi lasciata colpire da quel calcio, non me la sarei cavata senza qualche osso rotto. E anche se non provavo dolore quando mi colpivano, non appariva meno terrificante. Mi girai verso di lei. Ero riuscita a guadagnare un po' di spazio.

-volete dei biscotti ragazze?- si affacciò dalla cucina Amelia sorridente.

-nonna! Non adesso!- disse Ester girandosi verso di lei.

Era sua nonna? Ma allora non era sola! Sua nipote era così bella e terribile allo stesso tempo?

-tsk. Alzati Marika- disse Ester togliendosi gli occhiali. Notai in quel momento che le sue mani erano piene di anelli. Rubens.

Il mio occhio cadde sul punto in cui ero prima di rotolare. C'era una buca. Deglutii. La mia allenatrice faceva paura.

-quelli sono Rubens?- chiesi io alzandomi.

-si. Per quanto riguarda il tuo allenamento invece: ci occuperemo prima del tuo allenamento-fisico. Non fai così schifo come sembra, o per lo meno, schivi bene. Probabilmente se avessi il Jano con te, schiveresti meglio, utilizzando il suo potere. Ti ha allenata qualcuno?- chiese lei prendendo la sigaretta tra le dita. Come poteva fumare e spostarsi così velocemente?

-si. È stato un rag...ehm, un mercenario che possedeva il Jano. Non mi ha insegnato per tanto però. Ricordo solo una lezione- dissi alzandomi in piedi.

-bene. Ti insegnerò qualche mossa base di Mithra.- disse Ester girandosi verso di me.

-Mithra?-

-si. Conosciuta anche come la danza del cuore, è una tecnica di combattimento, difficile ma efficace. Normalmente non potresti apprenderla se tu non fossi un monaco dell'isola di Panta. Tuttavia hai la fortuna di avere solo per te una monaca, cioè me, che ti insegnerà qualcosa.- disse lei mostrando un sorriso perfettamente bianco. Prese la sigaretta e la gettò a terra. La calpestò.

-una monaca?- chiesi io. Che diavolo era?

-lascia perdere. Comunque il Mithra è basato sul ritmo. Bisogna mettersi sulla stessa lunghezza d'onda dell'avversario. Ognuno di noi colpisce, schiva, pensa a una strategia, e ognuno di noi ha il suo ritmo nel farlo. Il compito di colui che combatte con il Mithra è proprio quello di capire il ritmo con cui l'avversario si muove...- fece un passo verso di me.

-...respira- sparì nuovamente dalla mia vista.

Attenta, arriva.

-... e batte il suo cuore- improvvisamente la sua mano destra era a pochi centimetri dal mio petto. Mi guardava sorridente, ma il suo sguardo era folle. Da vicino era ancora più bella e terrificante. Deglutii. Ancora una volta era sparita dal mio sguardo, dal mio campo visivo.

Fece un passo indietro.

-per ora impara a sentire, a percepire il ritmo della vita attorno a te. Spostò lo sguardo oltre le mie spalle, alla ricerca di qualcosa. Sparì nuovamente. Come diavolo faceva? Non era umano muoversi così velocemente.

-ecco qui-

mi voltai. Era alle mie spalle e teneva per la coda a penzoloni un gatto nero come la pece.

-siediti e parla con lui. Quando ti risponderà significa che ti sei messa alla sua stessa lunghezza d'onda, ovviamente devi farlo senza Jano. Se riesci a farlo senza, quando lo avrai tra le mani, le tue capacità saranno tali, che non ti serverà fare molto allenamento.-

-ma come faccio? Parlare con gli animali?- esclamai io.

-il tuo Jano è della metamorfosi. Puoi prendere le sembianze di qualsiasi cosa tu voglia.- disse Ester annoiata e mettendosi nuovamente gli occhiali.

-ma il Jano appunto! Come posso riuscirci io, da sola?- chiesi esasperata. Non poteva lasciarmi a parlare con un gatto!

-perchè credi che il Jano ti abbia scelta?- domandò lei a bruciapelo.

-beh...perchè ho del sangue reale...-

- Sbagliato. Ti ha scelta perchè non sei altro che un suo prolungamento per lui. Non sei altro che un braccio, o una gamba. Ti ha scelta perchè tu e lui potete incastrarvi perfettamente. Il fatto che si incastri con i discendenti della famiglia reale è un altro discorso. E' lui che usa te, non il contrario.-

rimasi perplessa.

-in te scorre lo stesso potere del Jano. Ricorda: non sei tu che scegli, è lui che sceglie te.- disse sorpassandomi.

-Ci vediamo domani, per continuare, tra due giorni, voglio sentirvi discutere, tu e il tuo gatto. - disse lei dandomi le spalle. La sentii sorridere.

-e poi credo tu ti sia fatta un idea sbagliata. I Jano non sono dei pugnali magici, sono maledetti- fece un pausa e si girò verso di me. Non sembrava sorridere più.

-e se lo sono, c'è un motivo.-

 

Fine capitolo

 

Grazie ragazzi per non avermi mangiato!!

Ecco il nuovo capitolo, appena partorito! Scusate se avete trovato qualche errore! Lasciatemi un commentino :) daiii! Grazie per la vostra pazienza! Vi ricordo che se questa storia vi avesse incuriosito, potete trovare la saga vera e propria di Angelica, qui:

http://www.lafeltrinelli.it/libri/zumerle-elena-l/angelica/9788868542276

 

Daltronde Femmina Alfa è solo il prequel! Grazie per la vostra disponibilità! Vi voglio bene :)

 

Elena

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** R ***


R

Dopo la mattinata enigmatica con Ester, avevo passato il resto della giornata a cercare riuscire a fermare quel gatto. Nero e veloce come la peste! Ogni volta che mi avvicinavo, mostrava i denti e scappava! Avevo trascorso un pomeriggio intero a seguirlo. Ora me ne stavo distesa sull'erba fresca in giardino. C'era troppo caldo. Nella mia foresta non c'era mai stato tutto quel caldo, forse anche perchè eravamo sempre riparati dagli alberi. Mi tirai su e vidi il gatto che camminava su un ramo dell'albero vicino a me. Guardava dall'altra parte, oltre il recinto del giardino. Al di là di quello c'era la strada. Maka e Toshiro erano stati impegnati tutta la mattinata nei loro allenamenti e ora se ne stavano qua e là in giro per la casa. Maka probabilmente era in biblioteca, mentre dalla finestra del secondo piano sentivo suonare una chitarra, probabilmente quella di Toshiro. 
Avevo cercato di ricordarmi qualcosa, ma niente. Anche se Liam, il medico, mi aveva detto insieme a Marcus, che presto avrei ricordato perchè il sigillo sarebbe passato, non era cambiato niente. 
Mi tirai su a sedere. Questa volta avrei preso quel gatto. Mi avvicinai all'albero e mi arrampicai silenziosamente. Lo avrei preso e ci avrei fatto un discorso bello lungo. Lui non si accorse di niente, fino a quando non salì sopra il ramo. Mi trovavo esattamente sopra di lui, a cavalcioni sul ramo, appesa a testa in giù, con le mani pronte ad afferrarlo. Lo avevo quasi nelle mie mani.
Ma poi ovviamente lui si era girato, mi avevo mostrato i denti di nuovo ed era scappato sul ramo vicino. Non mi diedi per vinta. Mollai la presa con le gambe e mi aggrappai al volo al ramo dove si trovava il gatto. Ero appesa al ramo a qualche metro di altezza. 
Il gatto intanto si era avvicinato. Sembrava mi sorridesse quel gattaccio! Si avvicinò alle mie mani e cominciò a graffiarmele.
-non sai con chi hai a che fare amico- gli dissi io sorridente. Non provavo dolore e non potevo essere ferita. Da quando ero nata, era sempre stato così. Lo avevo sempre nascosto a tutti, tranne a mio padre. Lui diceva che anche la mamma era così. 
Decisi di giocare d'astuzia.
-ahii, mi fai male!- recitai io. Staccai una mano, come se avessi perso l'equilibrio. Il gatto si avvicinò di più, credendo di graffiarmi la mano ancora attaccata. A quel punto, con la mano staccata gli presi la coda e lo tirai verso di me. A nulla valsero i suoi artigli, ora era appeso nel vuoto esattamente come me, con l'unica differenza che quella che la teneva su, ero io e non il ramo. 
-adesso non mostri più i denti, gattaccio- dissi io sorridendogli soddisfatta. Non avevo problemi a reggermi con una mano sul ramo. Lo avevo fatto moltissime volte nella foresta. In quel momento uscì in giardino anche Maka. Aveva i capelli legati in una alta coda di cavallo, e a differenza della mattina, aveva indosso solo  un paio di pantaloncini cortissimi viola e una canuttierina bianca. Vedendomi si bloccò. 
-mio dio Marika! Che stai facendo!- esclamò lei spaventata. In effetti qualsiasi persona normale se si fosse lanciata da dove ero io, si sarebbe rotta qualche osso. Peccato però che io non fossi per niente normale.
Le sorrisi e alzai il gatto per la coda.
-ho preso questo dannato gattaccio!- esclamai io soddisfatta.
Lei si avvicinò, rimanendo sempre nel portico.
-ma come farai a scendere da lì? E' un salto di almeno 4 metri!- disse lei preoccupata.
-stai tranquilla- le dissi io -ho la situazione sotto controllo!- 
Come non detto. Sentii un rumore strano provenire dall'albero. Mi voltai e vidi una cosa che non mi piacque affatto. Il ramo stava cedendo. Cominciai a dondolare avanti e indietro, per saltare sul ramo vicino, ma il mio movimento non fece altro che spezzare il ramo. 
-o mio dio! Amelia! Corri qui! Subito!- gridò Maka correndo nel giardino.
Il tutto durò qualche secondo. Caddi. Presi il gatto, me lo portai sul petto, lo abbracciai, in modo che non si facesse niente e chiusi gli occhi, aspettando di arrivare a terra.
-portale di Zefiro apriti!- urlò Maka. 
Non avevo ancora toccato terra, quando sentii un venticello fresco. Quando riaprii gli occhi, mi trovavo a 20 metri di altezza, e stavo volando.
-eeh ??- esclamai io. Come diavolo c'ero arrivata lassù? Rimasi immobile, con il gatto che miagolava impaurito. Guardai giù in direzione di Maka. Attorno a lei si era improvvisamente disegnato sul terreno un cerchio azzurro, che stava brillando. Lei stava tenendo qualcosa nella mano sinistra e mi guardava preoccupata. Da dove mi trovavo però riuscivo a vedere persino il porto di Wafter Island, e persino il mare e il bosco vicino alla città. Era bello stare lassù se non fosse stato per il fatto che galleggiavo nel vuoto.
-Maka!- dissi io cercando di muovermi. Mi misi a faccia in giù e un po' cercai di avvicinarmi verso terra. Dubitavo che cadendo da un altezza del genere non mi sarei fatta niente e non volevo provare.
-riesci a riportarmi giù?!- dissi io urlando per farmi sentire. Lei scosse il capo.
-no! Scusami ma ho agito d'impulso!- 
grazie tante pensai. Era questo dunque il potere di un Tovenaar?  Avrei dovuto trovare un modo per poter ritornare a terra senza cadere. 
-lo vedi il mio Jano? E' lì da qualche parte!- gridai io, cercando di avvicinarmi. Maka si guardò in giro e lo vide subito. Si spostò, e vidi che muovendosi con lei, si muoveva anche il cerchio azzurro sotto i suoi piedi. Lo raccolse e provò a lanciarmelo. Cercai con tutte le mie forze di oppormi al vento che mi portava su. Poi pensai.
-chiudi il portale!- esclamai io.
-ma se lo farò, tu cadrai!- disse lei preoccupatissima.
-no, fidati!- dissi io sicura. Il Jano intanto, aveva preso a volteggiare, esattamente come avevo fatto io. Cercai di avvicinarmi, tenendo sempre il gatto in braccio.
Quando mi fui avvicinata abbastanza, vidi che il leone si era illuminato. Allungai una mano, ma non ci arrivavo. Improvvisamente il gatto saltò sul mio braccio, ci camminò sopra, fino alle mani. Poi saltando nel vuoto afferrò il pugnale con la bocca.
-gatto ma sei pazzo!- esclamai io. 
ho un nome idiota!
Disse una voce nella mia testa. 
-mi hai parlato gatto!- dissi io felice. Entrambi stavamo volteggiando a più di 20 metri, ma finchè rimanevamo vicini, potevo ancora attuare il mio piano. Lo presi per la coda e poi guardai verso il basso.
-Maka! Chiudi il portale, adesso!- urlai. Lei annui non molto convinta. La vidi chiudere gli occhi, portare le mani esattamente di fronte a lei. In una mano teneva quella che probabilmente era la chiave, con cui aveva aperto il portale. L'azzurro cerchio che era sotto i suoi piedi sparì. Improvvisamente cominciai a cadere nel vuoto. Avvicinai il gatto dalla coda, e finalmente toccai il Jano con le mie mani. Il disegno del leone si illuminò ancora di più e feci come avevo sempre fatto.
Chiusi gli occhi e mi concentrai. L'unico modo per salvarmi era quello.
Ad un tratto la mia caduta rallentò di colpo. Aprii gli occhi e voltai la testa. Sulle mie spalle erano comparse due grandi ali grige. 
-grande!- mi dissi da sola. Il gatto si aggrappò con i suoi artigli al mio braccio, per poi salirmi su fino alla spalla. 
-fantastica Marika!- sentii urlare dal basso. Maka mi guardava sorridente. Cercai di comandare le ali, e di farmi planare nel giardino. Non ci riuscii molto bene. A due metri da terra le ali scomparvero e caddi sul serio. 
Maka mi corse subito in contro. La mia caduta aveva alzato un bel polverone, però tutto sommato sia io che il gatto stavamo bene. Appena arrivata a terra, il gatto balzò via. 
-ehi non ringraziare eh!- dissi io nella sua direzione. 
-ehi Marika tutto apposto? - disse Maka che se ne stava seduta a fianco. Sembrava veramente sollevata dal fatto che fossi arrivata a terra senza farmi niente.
-ma si, io ho la pellaccia dura- esclamai io sorridente. Ed era vero.


Finalmente sbarcai al porto. Ero da solo, ne Adriàn, ne Cheyenne avevano ricevuto il permesso di venire in missione con me. Il conte voleva che dimostrassi la sua fedeltà ai Mercenari. Tsk. Come se la mia si trattasse di fedeltà. Per loro non ero nient'altro che uno schiavo, un cane, con una particolare abilità però: controllare il Jano di fuoco. Da quando mi avevano preso, avevo viaggiato una vita intera con loro, avevo fatto qualsiasi cosa fosse necessaria per sopravvivere con loro, certo che se non ce l'avessi fatta, mi avrebbero ucciso in qualche modo. Non avevo mai fallito una missione, tranne quella di una settimana fa. Da quando avevamo preso Marika con noi, ed eravamo ripartiti con il Gleys c'erano stati diversi problemi. Eravamo attraccati in un isola vicino per qualche giorno, per fare rifornimento ed era scoppiato il caos. Per puro caso Marika si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato e tutta la colpa era caduta su di lei. Il conte, dopo che io e Cheyenne avevamo fatto un patto, ci aveva dato il permesso di lasciarla sana e salva, ad una condizione. Cheyenne avrebbe dovuto cancellarle la memoria completamente, grazie al potere dei suoi Rubens. Io invece, avrei dovuto assicurarmi di prenderle il Jano, e di conservarlo. Così avevamo fatto, pur di lasciarla in vita. Tuttavia la sorte ci aveva giocato un brutto scherzo. Mi ero reso conto dopo, che il Jano di Marika era l'unico, tra i 12 pugnali a poter essere in grado di utilizzare l'antichissima tecnica del Sarne. In questa maniera, quello che avevo portato via io, alla fine era diventato un semplice pezzo di legno, e il Jano era tornato nelle sue mani. Ora quello che aveva un ultimatum ero io. Dovevo portare via il Jano, in un modo o nell'altro. Ecco perchè mi avevano riportato a Wafter Island, con la promessa di rivederci a Desnyville tra due settimane. Avevo solo due settimane di tempo per convincere Marika a ritornare indietro. Per quanto riguarda la memoria non c'erano problemi, Cheyenne mi aveva assicurato che nel momento in cui mi avrebbe visto, le sarebbe tornato tutto in mente. 
Mi trovavo in una delle vie adiacenti il porto, in cerca di qualcosa da mangiare per la cena, quando sentii discutere due uomini alle mie spalle.
-si, ma non so che fine abbia fatto quella ragazza adesso.- 
mi voltai. Cavolo se era un colpo di fortuna quello.
-scusi, sta parlando di una ragazza che è stata ritrovata qualche giorno fa? - chiesi io, mostrandomi incuriosito. Il vecchio si girò, e dopo avermi lanciato un occhiata, per inquadrarmi mi disse:
-si forestiero. Lei sa qualcosa?- mi chiese lui guardingo.
-sto cercando una ragazza castana, alta più meno così- dissi indicandomi la spalla -...sono un suo compagno di viaggio e dopo essere arrivati qui, ci siamo persi- dissi, non sapendo quale altra bugia inventare.
-oh si, beh, provi ad andare dal sindaco. Ha vissuto a casa sua fino a qualche giorno fa- disse, mostrandomi un sorriso sdentato.
-ha vissuto, dice? Ma adesso dov'è?- chiesi io.
-credo...beh..- rispose il suo amico, un altro vecchio che puzzava di pesce marcio dalla testa ai piedi -sa...si dice sia in grado di utilizzare uno dei talismani maledetti...-disse il vecchio guardandosi in giro.
-intende dire forse, un Jano?- dissi io incupendomi. Lo avevano scoperto. E se la notizia era così fresca, presto non sarei stato l'unico ad essere sulle tracce di Marika. C'erano anche gli altri Mercenari, quelli con cui era successo il casino a Lyonnas. 
-sshh- mi disse l'altro vecchio, sempre guardandosi in giro.
-si ragazzo. La ragazzo, così mi hanno riferito, è entrata a far parte dell'Organizzazione, la grande società che recluta i detentori di Jano, Rubens e Stellair, per la pace nel mondo- mi disse il vecchio gracchiando. Forse però stava ridendo.
Quello che mi interessava sapere, lo avevo scoperto. Feci un passo indietro, li salutai e me ne andai alla ricerca di una locanda dove alloggiare. Sistemate le mie cose, sarei andato da Marika. Dovevo vederla.

Note autrice
Ragazziii eccomi di nuovo quiii :)
Scusate se questo capitolo è stato un po' così...però avevo bisogno di un intermezzo, e poi insomma, la nostra Marika si deve allenare un po'! Meno sentimentalismi e più azione ;) ;) lol a parte questo, sarei felice, se mi lasciaste una recensione, su cosa vi aspettiate dalla storia, e da Michael e Marika. Che tipo di coppia vi sembra? Non so, io generalmente tendo a crearmi delle coppie-tipo, per esempio: quella in cui lei è sensibile,ma debole e quindi lui è forte, e pieno di problemi (che la nostra fanciulla dovrà risolvere). Oppure quella in cui i due litigano sempre. Oppure quella dei due amici di infanzia che scoprono i loro sentimenti etc etc. A voi, che vi sembrano Marika e Michael? Lasciatemi un vostro pensierino ;) 

Elena

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** S ***


S

 

-quindi non ho capito, questa sera Ester ci porterà a fare un giro per la città?- disse Maka guardando Amelia e mangiando un boccone di carne. Era sera ormai, e dopo quello che era successo c'eravamo fatte due risate. Toshiro era sparito da un po' e non si era presentato nemmeno per cena. Lo avevamo chiamato giù dalla rampa di scale, ma lui ci aveva detto che non aveva fame e non ci aveva più risposto. Eravamo entrambe un po' preoccupate, fino a quando eravamo arrivate in cucina. Amelia ci aveva preparato dei super manicaretti e il comportamento strano di Toshiro era passato in secondo piano.

-si ragazze. Tenete, questo portatelo a Toshiro. - disse sorridente, posando un piatto fumante di carne.

-assicuratevi che mangi. Voi ragazzi avete bisogno di tante energie- disse la vecchietta. Maka scattò in piedi e disse:

-ci penso io a quello stupido- si rimboccò le mani e sparì con il piatto su per le scale. Dopo qualche minuto di silenzio sentimmo degli urli:

-Non ti permettere a parlarmi così?! Toshiro!!...E degnati di rispondere almeno, idiota!! Fino a quando vorrai fare il depresso lì dentro!?-

Deglutii. Non avrei mai voluto litigare con Maka, quella ragazza era una furia, e anche se era piccola, si faceva ben rispettare.

-Senti, io sono venuta in questo posto per migliorare! Smettila di piangerti addosso e rimboccati le maniche!- pian piano sentii dei passi che scendevano e Maka riapparse in cucina, evidentemente arrabbiata.

-quell'idiota...solo Henna sa quanto mi sta antipatico, soprattutto quando fa così!- disse Maka ritornando a sedersi.

-Henna?- chiesi io.

-si è una divinità...lascia perdere, comunque Amelia a che ora è che arriva Ester?- tagliò corto, infilandosi un altro boccone di carne. Aveva un bel caratterino la ragazza, e mi sembrava una tipa molto reattiva e pragmatica. Mi piaceva come ragazza.

-adesso, biondina- disse la ragazza in questione. Mi girai e la rividi, bella come alla mattina. Questa volta teneva i capelli raccolti in una treccia laterale. Le guance erano più rosse, così come le labbra, mentre il contorno degli occhi era più scuro.

-perchè mi fissi Marika?- disse lei, notando appunto il mio comportamento.

-ma...perchè hai la bocca più rossa?- dissi io incuriosita, piegando la testa. Lei sembrò diventare improvvisamente rossa, e non capii il perchè.

-beh...mi sono truccata no?- disse lei abbassando lo sguardo. Era incredibilmente bella. Indossava poi un lungo vestito color bianco panna. Era leggero e dal ginocchio in giù diventava semitrasparente. Ero ancora rimasta a bocca aperta.

-uno ho un nome, due non mi sembra corretto che tu chiami Marika per nome e me no. Tre c'è una qualche tipo di festa che sei così elegante?- disse Maka ignorando completamente la mia reazione. Mi girai verso di lei. Era pazza a parlare così con Ester.

-senti biondina, porta rispetto e non mi interessa sapere il tuo nome. Comunque si. C'è una festa- disse Ester voltandosi e facendo per uscire dalla cucina.

-quindi dobbiamo cambiarci?- chiesi io. Non avevo niente di così super elegante.

-se avete qualcosa di alternativo ai pantaloncini corti- disse lei voltandosi di tre quarti.

-ma cosa si festeggia?- chiese Maka incrociando le braccia.

-sai biondina, ho capito perchè sei qui- disse Ester mostrando il suo solito sorriso malizioso.

-i tuoi genitori ti hanno cacciata via perchè sei una super rompiscatole- continuò lei. Maka si irrigidì e non disse più nulla. Ester doveva aver toccato un punto dolente. Decisi quindi di intervenire per non peggiorare la situazione.

-Noi andiamo a cambiarci!- dissi io sorridendo. Mi alzai e presi per il braccio Maka. La portai con me, fino a sopra le scale, nell'andito che dava sulle nostre scale.

-grazie Marika- disse lei, con un viso così preoccupato che faceva paura.

-ehi Maka, tutto a posto?- le chiesi io.

-no. Per niente. Ma va bene così- disse lei avviandosi in camera sua.

-sicura? Se hai qualche problema...- e lasciai in sospeso la frase. Lei entrò in camera sua senza dire niente. Ammazza che felicità in questa casa.

Dieci minuti dopo eravamo in giardino che aspettavamo Toshiro. Ester era entrata in camera sua, senza farsi tanti problemi, e gli aveva detto chiaro e tondo che quella sera sarebbe uscito con noi. Io avevo indossato l'unico vestito che la famiglia di Josh mi aveva comprato. Erano stati fin troppo gentili, e io dovevo tantissimo a loro. Dovevo ammettere di aver avuto una sfortuna sfacciata. Indossavo un semplice vestito bianco, lungo poco sopra alle ginocchia. Cadeva liscio da sotto il seno in giù, mentre il decoltè era decorato con dei ricami dorati. Si allacciava dietro al collo, lasciandomi la schiena scoperta. Era incredibilmente bello. Stavo aspettando scendesse Toshiro, quando apparve dalla cucina Maka, con un vestitino verde estivo. Le stava benissimo. Ma la più bella era assolutamente Ester.

-che bel vestito Marika!- disse Maka vedendomi. Sembrava essersi ripresa da prima, e le sorrisi.

-grazie...-

-se sciogliessi 'sti benedetti capelli, fosse potresti sembrare anche più carina- disse Ester sbuffando. Senza che facessi niente, si avvicinò, e sciolse i miei capelli. Li tenevo sempre legati in uno chignon per comodità. Era veramente, veramente lunghi, e averli sciolti non era per niente comodo.

-wow, ma sono lunghissimi Marika- disse Maka avvicinandosi. In effetti i miei capelli castani oltre a essere mossi e ingestibili, erano lunghi fino al sedere.

-troppo. Domani ci diamo una sistemata, sei piena di doppie punte Marika- disse Ester, prendendo una ciocca. La guardai arrossendo. Non mi ero mai curata molto del mio aspetto esteriore.

In quel momento scese Toshiro. La prima cosa che risaltava dalla penombra erano i capelli bianchissimi. Subito dopo, i suoi profondi e glaciali occhi azzurri. Manteneva lo sguardo basso, le mani in tasca e non sembrava per niente contento di venire.

-Felicità saltami addosso...- disse Ester roteando gli occhi.

-andiamo-

 

Un oretta più tardi ci trovavamo nel mezzo di una festa di paese. Tutta la città di Wafter Island sembrava festeggiare. Festoni e lanterne colorate erano appese per ogni angolo delle vie. Bancarelle di cibo ovunque, i cui profumi si mescolavano. Da ogni angolo poi proveniva una musica diversa. Ogni viuzza era gremita di persone, tanto che in alcuni casi avevamo rischiato di perdere di vista Ester, che sembrava essersi dimenticata di noi. C'era una sensazione generale di caos e di felicità. Nonostante tutta la confusione, mi piaceva quel posto, quell'atmosfera così vitale, che non avevo mai provato nella mia tribù. Ad un tratto arrivammo nella piazza principale, dove stava una grande fontana, e una specie di palco, dove molte persone stavano ballando. Di lato c'era una piccola orchestra e tutt'attorno dei posti a sedere.

-bene ragazzi. Girate per questa piazza, ma non uscite che dopo non ci troviamo più. Ci troviamo qui alle undici.- disse Ester. Non ci stava guardando, tutta la sua attenzione era rivolta alla ricerca di qualcuno in mezzo alla folla. Improvvisamente la vidi sorridere, in maniera diversa però, da come mi aveva sorriso questa mattina. Le labbra erano incurvate in una mezzaluna dolce, e lo sguardo sembrava più limpido e luminoso. Probabilmente non fui l'unica a notarlo perchè sentii alle mie spalle Toshiro dire:

-tsk. L'amore-

-l'amore?- mi voltai verso di lui, non capendo.

-guarda un po' chi sta guardando, Marika- disse Maka al mio fianco. Mi voltai nuovamente verso Ester e poi guardai nella direzione in cui stava puntando i suoi occhi neri. Stava venendo verso di lui un giovane. Capii. Si era fatta bella, solo per incontrare quel ragazzo. Man mano che si avvicinava meglio, notai che anche lui le sorrideva, come se fosse stata l'unica in tutta quella piazza.

Era alto poco più di Ester, aveva una folta chioma bionda dorata, un po' di barba, e due occhi verdissimi. Vedendolo Ester gli era corsa incontro, gli aveva messo le braccia al collo, e dopo essersi guardati qualche secondo, aver sorriso, lui si era chinato a baciarla, appoggiando le mani sui suoi fianchi. Quando poi si erano staccati erano rimasti vicini, a guardarsi negli occhi.

-che schifo- sentii provenire da Toshiro.

Io per tutto il tempo ero rimasta a bocca aperta. Nella mia tribù erano vietate effusioni di quel tipo in pubblico, quindi mi sembrava tutto così inverosimile. Erano così belli e felici. Aveva ragione Toshiro quando diceva “che schifo” , certo, che schifo la nostra vita rispetto alla loro.

Esistevano solo loro. Non avevo mai visto due ragazzi, o comunque due persone comportarsi in quella maniera nei confronti di qualcun altro. In un mondo pieno di corruzione, dove la morte era dietro l'angolo, era forse quello il motore che mandava avanti tutto? Quello che tutti chiamavano amore?

-ehi Marika, tutt'apposto? Non è carino rimanere a fissarli...anche se non ci stanno nemmeno considerando- disse Maka dandomi un leggero strattone.

-no...è che...non ho mai visto qualcosa del genere...-

-non hai mai visto due che si baciano?- disse Toshiro guardandomi incuriosito.

-no...nella mia tribù era considerato volgare...e quindi non ho mai visto nessuno baciare qualcun altro...-dissi forzandomi a spostare gli occhi da quella scena. Anche io un giorno avrei avuto la possibilità di provare lo stesso? Che razza di gioia immensa dovevano provare quei due in quel momento?

-tribù?- chiese Maka incuriosita.

-si- dissi sforzandomi a spostare lo sguardo -vengo dall'isola di Fortaleza-

-ehh? Ma stai scherzando?- esclamò Toshiro sorpreso.

-ma, ci vogliono diversi mesi per raggiungerla, da qui!- disse Maka.

-non con il Gleys. Una settimana e mezza di viaggio circa- dissi sorridendo.

-sei salita su un Gleys!?- esclamò Toshiro.

Annuii, non mi sembrava una cosa così strana.

-ma...come è possibile...-disse Maka guardandomi sconcertata.

-ma prima di venire qui, cosa facevi Marika?- mi domandò lei.

Bella domanda. In teoria facevo parte dei mercenari, ma i miei ricordi erano spariti, quindi bo. Stavo cercando di pensare a cosa rispondere, quando sentii la presenza di qualcuno alle mie spalle. Vidi Maka e Toshiro sgranare gli occhi.

-ehi.-
Quella voce.

 

Note autrice

 

ehi ragazzii eccomi ancora qui :) :)

beh cosa ne pensate della storia? Come sta procedendo? E secondo voi a chi appartiene quella voce? Heheh ho quasi pronto il prossimo capitolo e beh, sarà abbastanza movimentato ;) Stiamo entrando nel vivo della storia! Lasciatemi una piccola recensione ;) non mordo!

 

Elena

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** K ***


K

Improvvisamente una fitta lancinante alla testa mi trafisse. Era lo stesso dolore che avevo provato nel cercare di ricordare. Ma questa volta non era stata per colpa mia. Era stata la sua voce. Mi voltai di scatto. Ancora prima che mi parlasse avevo percepito la sua presenza. Da lui proveniva sempre quel calore particolare.
-Michael- dissi guardandolo negli occhi nocciola. Mi sorrideva soddisfatto, esattamente come aveva fatto la prima volta che mi ero risvegliata nella sua tenda. Bam! Altra fitta lancinante, piegai la testa.
-Marika stai bene?- disse Maka appoggiandomi una mano sulla spalla.
-...si- dissi io, ritornando a cercare i suoi occhi.
-è l'effetto del Rubens di Cheyenne- disse Michael. Era inutile. Anche se era lontano qualche metro da me, sentivo provenire da lui quel calore confortante. Ma perchè era qui? Era venuto a riprendermi? Cercai di alzare nuovamente la testa, aspettandomi un'altra fitta. 
-Rubens?- disse Toshiro al mio fianco.
-beh, se non vi dispiace, Marika viene con me- disse Michael. Non sorrideva più, si limitava a fissarmi.
-perchè sei qui?- gli chiesi io.
-vieni con me e te lo dirò- disse lui, continuando a fissarmi enigmatico.
-non posso muovermi dalla piazza- dissi io. Non sapevo cosa pensare di lui. Non sapevo nemmeno come comportarmi, perchè daltronde non ricordavo niente. Per ora, l'unica sensazione che provavo era sorpresa mista a gioia e rabbia. 
Michael mi sorrise, spostò lo sguardo alle mie spalle, poi nuovamente guardandomi disse:
-non se ne accorgerà nessuno- i suoi occhi luccicavano, esattamente come quando mi aveva allenata . Mi piegai nuovamente, altra fitta.
-se Marika non vuole venire con te, lasciala in pace- disse al mio fianco Maka. Quella ragazza era una grande. Aveva un gradissimo coraggio, però era troppo imprudente. Michael non era qualcuno con cui scherzare. Michael non la considerò, si avvicinò. Io non riuscivo a muovermi, non sapevo ne che dire, ne cosa fare. Ero combattuta, oltre che dolorante. Volevo andare via con lui, ma non sapevo se fidarmi. Man mano che si avvicinava, sentivo il dolce calore che emanava. Si avvicinò così tanto, che tra me e lui ormai c'era la distanza di una mano. Lui appoggiò la sua mano sulla mia spalla. Sapevo esattamente cosa sarebbe successo. Infatti accadde. Chiusi gli occhi, sentii la voce di Maka protestare, poi improvvisamente molto caldo. E infine silenzio. Quando aprii gli occhi mi trovavo in una stanza, c'era una scrivania, una libreria, una cassettiera e un letto. Di fronte a me stava Michael. 
Aveva usato il potere del suo Jano, per teletrasportarci da qualche parte. Io non ero in grado di farlo, ma avevo visto farlo a Michael un sacco di volte. Quante volte era entrato nella sua tenda , smaterializzandosi dalle fiamme del focolare? 
Chiusi gli occhi e mi piegai. Un'altra fitta. Improvvisamente mi apparse un'immagine davanti agli occhi. C'eravamo io e Cheyenne, e un altro ragazzo, che non avevo mai visto. 
-il sigillo sta cedendo- disse Michael passandomi una mano sulla schiena. Mi accompagnò sul letto e mi fece sedere. La fitta continuava e stava diventando veramente insopportabile.
-cosa...diavolo...?- chiesi io, cercando di fare dei profondi respiri.
-la mia presenza ti sta facendo ritornare i ricordi. I ricordi che Cheyenne ti ha sigillato.-
-quindi...- facendomi forza tra una fitta e l'altra -...era vero!.- 
Mi rannicchiai ancora. Il dolore si stava facendo insopportabile. Non avevo la forza per lamentarmi, a mala pena riuscivo a respirare. 
-ti tolgo il Jano. Scusami- disse lui. Senza chiedere tanti altri permessi, mi alzò la gonna del vestito, dove sulla gamba sinistra stava fissato il mio Jano. Lo prese tra le mani, e mi riabbassò la gonna. Non avevo la forza per bloccarlo. Si alzò e andò ad appoggiare alla scrivania esattamente di fronte a me.Io mi abbandonai sul letto, le fitte erano smesse. 
Improvvisamente mi apparvero subito tutte le immagini di quella settimana, tutti i ricordi che avevo cancellato. E mi ritornò tutto in mente. Poi un altra fitta, così forte e dolorosa che mi lasciai scappare un gemito. Mi rotolai sul letto e mi rannicchiai nuovamente. Rimasi così per qualche secondo, ero così concentrata sul dolore che non mi ero accorta che nel frattempo Michael si era seduto sul letto, vicino a me, con la schiena appoggiata sul muro. In un momento di lucidità mi voltai verso di lui, avevo le lacrime agli occhi per il dolore. Lui mi stava guardando, non capivo cosa gli passasse per la mente. Ci fissammo per qualche secondo, poi una nuova fitta.
-tra poco sarà finito Marika- disse lui. Quando finalmente la fitta passò lo ritornai a guardare. Lui stava guardando al di fuori della finestra, di fronte al letto. Il suo volto era in penombra però vedevo i suoi lineamenti. Scoprii in quel momento quanto mi fosse mancato il suo viso.
-Cosa...perchè sei qui?- chiesi io preoccupata. Se era qui con me c'erano solo due motivi. O aveva abbandonato i mercenari, cosa poco probabile, o era venuto per via di una qualche missione.
-non ho mai fallito una missione Marika. Mai nemmeno una. Ero convinto che se lo avessi fatto, sarei finito solo e probabilmente anche morto, ucciso dai mercenari.- mentre parlava, teneva fisso lo sguardo sulla finestra, concentrato sui suoi pensieri. Non lo avevo mai visto così. Di solito era sempre sicuro di sé, in ogni situazione.
-e non solo ho fallito una volta, ma ben due.-
-in cosa consisteva la tua missione?- 
-rubare il tuo Jano. Non ci siamo riusciti. Il mio compito adesso è quello di portarti indietro o ucciderti.- e mi guardò.
-ma non posso. Non ho intenzione di riportarti indietro, ne di ucciderti. Lo hanno fatto di proposito a mandarmi. Sanno che questo è l'unico modo perchè venga dimenticato il fatto che io abbia fallito una volta.- lo vidi stringere i pugni. Mi tirai su con le braccia avvicinandomi.
-resta con me allora- dissi io. Mai come in quel momento ero stata convinta. Non avevo nessun doppio senso quella frase, era una semplice soluzione. Lui mi fissò enigmatico per qualche secondo. 
-Marika, tu non li conosci. Hanno distrutto villaggi, depredato città, per molto meno. Il gruppo di cui facciamo parte, non è un'organizzazione a sé. Il conte ha un suo esercito, per non parlare del fatto che dalla sua parte c'è anche Rastaban, il re della città di Desnyville (ndr. Per chi non lo ricordasse è il padre di Angelica)...verrebbe fuori un casino immane...-
-non credi di esagerare un po'? Cioè siamo solo due detentori del Jano. Niente di chè...- dissi io cercando in qualche maniera di tirargli su il morale. Non credevo avrebbero fatto tutto questo, solo per due persone. Lui mi guardò di nuovo. Il suo sguardo scuro mi trapassava e sembrava leggermi dentro. Bruciava quasi. Spostai lo sguardo imbarazzata. Lo sentii sorridere.
-Marika sei così ingenua...solo due Jano? Tu adesso non comprendi ancora il loro potere...ma se sono in grado di difendere uno stato intero, perchè è per questo che sono stati creati, non credi siano incredibilmente potenti?- ero sicura stesse per dire qualcos'altro, quando improvvisamente successe una cosa stranissima. Sulla finestra apparve un cerchio luminoso giallo, e subito dopo alcune rune al loro interno. Si andava illuminando sempre più che dovetti chiudere gli occhi. Sentii Michael alzarsi e poi improvvisamente risedersi. Mi passò qualcosa di freddo tra le mani. Era il mio Jano. La luce si fece improvvisamente così forte che cercai di coprirmi gli occhi con le mani. Poi improvvisamente sentii una voce femminile e la luce calò. Quel cerchio era simile a quello evocato da Maka di pomeriggio. Era opera di una Stellair.
-ma guarda un po' cosa abbiamo. Non sapevo avessi il ragazzo Marika.- Aprii gli occhi e scattai subito a sedere. Di fronte a me c'era Ester, con i suoi bellissimi capelli rossi e il vestito da sera. 
-cosa ti avevo detto signorinella?- disse lei portandosi le mani sui fianchi. 
-scusa è che...- dissi io cercando di trovare una scusa.
-e tu chi sei?- chiese Ester senza considerarmi. Michael rimaneva seduto, la schiena appoggiata al muro, con un fare rilassato. Io se fossi stata in lui mi sarei preoccupata. Non sapevo che Ester era invincibile. I miei occhi vagavano dalla mia maestra al ragazzo. Vedendo che Michael non rispondeva, ma si limitava a guardarla, mi intromisi nella discussione.
-lui è Michael, un mio vecchio amico e...lo stavo giusto convincendo a entrare a proporsi nell'Organizzazione...-
-cosa? Non vogliamo marmocchi indifesi- disse lei al ragazzo. Sorrisi pensando al fatto che lo aveva chiamato marmocchio. Michael probabilmente era un suo coetaneo e se lui era un marmocchio, allora io cosa ero? Un neonato?
-e io non voglio avere niente a che fare con le isteriche come lei- disse Michael rivolgendosi a me. Non sembrava più triste e preoccupato com'era prima, anzi sorrideva divertito.
-isterica?- disse Ester lanciandogli uno sguardo di fuoco. Improvvisamente scattò in avanti, pronta a mollargli un bel pugno. Michael si spostò leggermente la testa, in modo da schivarlo. Sembrava tranquillo e a suo agio. Io ero terrorizzata. Se Ester si fosse messa a combattere contro di lui avrebbe distrutto tutta la stanza e non so se ne sarebbe rimasto qualcosa di Michael. Per ora aveva schivato il colpo ma non avrei saputo dire se fosse stato in grado di rifarlo. 
-cos'era quello?- chiese lui prendendola in giro. Ma era impazzito. Mi aspettai una qualche reazione da Ester ma lei rimase immobile. Deglutii. Ora si che era arrabbiata. 
-Marika, entra nel cerchio luminoso. Tornerai da Maka e gli altri a casa. Ti raggiungo con questo tipo subito.- disse lei. Anzi. Più che dire era “ordinare”. Deglutii e mi avvicinai al cerchio. Mi voltai nuovamente verso loro due. Michael mi guardava sorridente, mentre Ester era immobile di spalle, con un ginocchio appoggiato sul letto. 
-vai- mi ordinò nuovamente Ester. Annuii e mi voltai. Appoggiai una mano sulla finestra, al centro del cerchio luminoso. Chiusi gli occhi all'aumentare della luce e poi improvvisamente mi sentii abbracciare. Aprii gli occhi. La luce era sparita. Guardai chi mi stava abbracciando. Era Maka.
-ero così preoccupata Marika- disse lei continuando a stringermi. Sorrisi.
-ehi, è tutto a posto- dissi io posandole una mano sulla schiena. Lei lentamente si staccò e fece un passo indietro. Non c'era solo lei, ma nel giardino di quella che ormai era diventata la mia nuova casa, c'era anche Toshiro, che mi guardava sorridente, la vecchia Amelia e un ragazzo. Era lo stesso con cui Ester si era incontrata alla festa. Era riccio e biondo, ma soprattutto ora che lo vedevo meglio da vicino, era incredibilmente più alto. Notò che lo stavo guardando e mi sorrise cordiale. 
-sono il ragazzo di Ester, il mio nome è Kyle. Piacere di conoscerti Marika- disse lui allungandomi una mano. Io un po' imbarazzata gli diedi la mia. Nessuno mi aveva mai salutato dandomi la mano. 
-ma...Ester?- dissi ricordandomi da dove ero venuta. Si erano tutti riuniti perchè erano forse preoccupati per me? Maka forse, ma gli altri? Rimasi stupita. Nessuno si era mai preoccupato per me. E ora Ester, che era venuta a riprendermi se la stava vedendo con Michael.
-Ester è venuta a riprenderti passando attraverso questo portale- mi indicò Maka sorridente. Mi voltai a guardarlo meglio. 
-lo hai aperto tu?- chiesi a lei. A differenza del portale che aveva aperto il pomeriggio, questo era molto più stabile, e brillava più intensamente. 
-no, no, non ne sarei in grado. E' stato Kyle.- disse lei indicandomi imbarazzata verso la sua direzione. Come riusciva ad essere così calmo da mantenere il controllo così. Lui mi sorrise ancora una volta sorridente. Poi improvvisamente il portale si illuminò tantissimo nuovamente.
-ecco che arriva qualcun'altro- disse Toshiro divertito. Improvvisamente cadde rotolando ai miei piedi Michael. Era cosciente, anche se sembrava piuttosto incavolato. Subito dopo sentimmo anche una voce.
-idiota! Così impari a sfidare una ragazza di classe S- disse Ester ridacchiando e apparendo da portale. Michael si tirò immediatamente su in piedi. 
-oh, non vorrai fare la magra di figura di essere preso a calci, di fronte alla tua fidanzatina- disse lei mettendosi le mani sui fianchi. 
-ehi guarda che non sono la fidanzatina di nessuno- esclamai io innervosita. Io e Michael non avevamo proprio quel rapporto. Anzi, non sapevo nemmeno se per lui ero un amica. 
-dai su ragazzi, facciamo finta non sia successo niente?- dissi io mettendomi tra loro due. Non era il caso di andare avanti. Mi voltai verso Michael.
-tu per sta sera puoi rimanere qui, va bene?- guardai Amelia. La dolce vecchietta mi sorrise e annuì. Bisognava farla santa.
-ehi Marika, frena un attimo, questa è un accademia, e lui a parte schivare bene qualche colpo non sa fare nient'altro- disse Ester incrociando le braccia. Mi voltai nuovamente verso di lei. Il portale luminoso alle sue spalle si era chiuso.
-solo perchè non ti volevo fare male- disse Michael sorridendo. -non significa che io non ti sappia prendere a calci, bambinetta-  concluse lui. Mi voltai verso Michael. Lui era completamente pazzo a  stuzzicare in quel modo Ester. Stava decisamente giocando con il fuoco. Certo, lui era il detentore del Jano di fuoco, quindi non aveva problemi...però...Maka mi guardava disperata, intuendo esattamente cosa pensassi. Toshiro invece guardava la scena divertito. Ester era scura in volto, e lo fissava con due occhi colmi di odio. Merda.
-su dai ragazzi, finiamola qui. Il gioco è bello quando dura poco- disse ad un tratto Kyle, il ragazzo di Ester. Mi voltai verso di lui. Anche lui sembrava divertito, ma al tempo stesso tranquillo.
Nessuno dei due rispose però. Anzi, Michael aprì leggermente il lungo soprabito nero che portava sempre sbottonato. In questo modo fece intravedere, il Jano appeso alla cintura. 
Vidi Ester sorprendersi per poco, ma poi tornare minacciosa. Lei lo guardava in cagnesco, Michael invece la guardava divertito.
-nemmeno Andriàn si arrabbierebbe così tanto- disse lui continuando a prenderla in giro. Poi improvvisamente Michael cadde per terra svenuto. Dietro di lui stava Kyle tranquillo. Lo aveva colpito dietro alla testa, in modo da fargli perdere i sensi. Lo raccolse prima che cadesso per terra e mi avvicinai, per dargli una mano. 
-che rottura- disse Ester allontanandosi. Sospirai. E anche questa era andata.
 
Fine Capitolo


 Note autrice
Scusate il ritardo di qualche giorno, ultimamente ho la crisi della pagina bianca! Cioè ho in mente le varie cose che devono succedere però devo collegarle in qualche maniera! Detto questo :) cosa ne pensate? Se il nostro Michael si unisse all'accademia ne succederebbero delle belle :D Adesso devo scappare, lasciatemi qualche vostra impressione su questo capitolo! Grazie in anticipo!

Elena

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** L ***


L

 

Ora ricordavo tutto. Entrai in camera mia e mi sedetti sul letto. Era piccola e confortevole. Vicino al letto stava la finestra, un piccolo comodino, una scrivania con una mensola e qualche libro. Mi sedetti rannicchiata, la schiena appoggiata al muro, la testa piegata verso la finestra. Guardare il cielo stellato mi metteva pace. Forse perchè mi ricordava quello che vedevo nella mia isola. Non avrei pensato mi mancasse così tanto, non mi ero mai sentita a casa nella mia tribù. Beh da quando ero diventata una mercenaria erano successe tantissime cose. Avevo incontrato Michael, Andriàn , Cheyenne e tutti gli altri. Ci eravamo allenati per qualche giorno e poi eravamo ripartiti con il Gley. Obbiettivo? La capitale del regno di Yamahn. Durante il viaggio c'eravamo fermati per fare rifornimento in una città chiamata Lyonnas. Cheyenne mi aveva spiegato che questa città portuale era la più importante al mondo per i pirati e per i mercenari. Lì la marina della vicina repubblica di Maranto non arrivava. Anzi si dicesse che ci fosse un patto segreto tra la repubblica vicina e la città stato di Lyonnas, per non darsi fastidio a vicenda. Altra cosa importante da sapere era che in questa città stavano le gilde di cacciatori di ninfe più pericolose. Non a caso, quando eravamo arrivati, ricordo di aver visto delle bellissime ragazze tutte incatenate che salivano su una barca. Era la città dove tutto era consentito e dove se volevi vivere dovevi arrangiarti. Ricordo che Cheyenne mi aveva espressamente detto di non girare mai da sola, e se possibile solo in gruppi di almeno 5 persone. Si trafficava di tutto e di più in quel porto. La città di Lyonnas era situata in una delle isole oscure e ricordo Cheyenne mi avesse detto che fosse originaria da una di queste. Chissà come cavolo doveva aver vissuto prima di unirsi ai mercenari.

Ero ancora immersa nei miei pensieri quando sentii bussare alla porta.

-avanti- dissi, non sapendo chi aspettarmi. Si affacciò un viso che non avevo mai visto. Una bella ragazza, dagli occhi blu e i capelli bianchissimi, molto più bianchi di quelli di Toshiro, mi guardava.

-ehmm...tu chi saresti?-

Lei non rispose subito, si guardò le spalle e poi entrò nella stanza. Poi successe una cosa stranissima. Fece qualche passo avanti e si inchinò con il busto. Divenni rossa, imbarazzata da quello che stava facendo. Notai in quel momento che era vestita in maniera strana. Anzi. Era vestita come si vestivano le ragazze della mia isola, però più...sportiva quasi. I capelli lunghi fino a sedere erano legati in una coda alta, stretti da uno del lacci in pelle che usavo anche io. Alle estremità dei lacci erano appesi due perline bianche. Li avevo visti usare molto dalle ragazze nella mia tribù, era osso. Così come l'orecchino bianco che portava sull'orecchio sinistro.Tutti quei colori chiari risaltavano incredibilmente con la sua carnagione abbronzata, tipica delle ragazze della mia tribù. Non c'era dubbio, veniva da Fortaleza. Il seno era stretto in una fascia bianca anch'essa, e le lasciava scoperta la panchia. Portava una lunghissima gonna, con due spacchi laterali da cui si intravedevano le gambe.

-vicecapitano della difesa Zuma Yama dell'isola di Fortaleza. Sarò la sua guardia del corpo fino a quando la situazione non si sarà calmata.

-eh? Guardia del corpo?- dissi io sorpresa. Da quando c'era una qualche sorta di difesa sull'isola di Fortaleza. Certo, avevo scoperto che mia madre si occupava della sicurezza...ma addirittura una suddivisione come capitano, vice-capitano etc?

In quel momento entrò Ester. Si era cambiata, sembrava in pigiama.

-ehi tu, non ti ho detto che le avresti potuto parlare domani?- disse la mia maestra abbastanza scocciata. Non sembrava arrabbiata come prima.

-ma chi è Ester? Zuma tirati su dai, divento rossa- dissi io riferendomi ad entrambe. Da quando era entrata nella stanza Zuma era rimasta piegata in segno di inchino. Che formalità.

-una tizia che si è presentata mentre noi eravamo via in paese. Ha detto che sarebbe stata la tua guardia del corpo e che è stata mandata da tua madre per proteggerti.-

-ah adesso mia madre si è ricordata di avere tutto a un tratto una figlia? Simpatica- dissi io roteando gli occhi. Non mi convinceva granchè. Zuma si tirò su e mi piantò i suoi occhi blu addosso.

-devo parlare con la signorina, è urgente. Lei è la Femmina Alfa, ma non è ancora in grado di controllare i suoi poteri. Perciò fino a quando i mercenari che l'hanno rapita non saranno fuori gioco, io la proteggerò. Questo è l'ordine che ho ricevuto dal Capitano Generale, sua madre.-

-quindi come ha detto il capo è vero che ti sono alle calcagna- disse Ester appoggiandosi allo stipite della porta pensierosa.

-il capo è Marcus Quintana, sindaco della città e papà di Jason, il bambino che ti ha trovato- completò Ester. Annuii. Come potersi dimenticare della generosità di quella famiglia? Sarei passata volentieri a salutarli in quei giorni.

-i miei ricordi sono tornati. Vogliono il mio Jano, e per farlo, dovranno uccidermi. Perchè il Jano mi seguirà sempre. A quel punto se lo prenderanno. Almeno questo è quello che credono, perchè sono più che sicura che il Sarne, la capacità unica di questo pugnale- lo tirai fuori e me lo passai tra le mani. -Lo riporterebbe a Fortaleza. Hanno fatto un brutto affare cercando di rubarlo.-

-Marika ora dormi. Zuma vieni con me, Amelia ti ha dato una stanza? Sta sera abbiamo avuto un po' di casino- disse lei uscendo dalla porta, aspettando che facesse lo stesso il vice-capitano.

-io dormo qui- dichiarò lei.

-per te va bene Marika?- mi chiese Ester sbadigliando.

-si si, sono abituata a dormire anche in mezzo al bosco. Non mi da certo fastidio...- dissi io, contenta di non dover salutare subito quella strana ragazza. Non avrei saputo darle nemmeno un'età.

-okay. Vieni a prenderti un materasso Zuma. Vedete di dormire che domani hai gli allenamenti Marika.- disse Ester sparendo in corridoio. Zuma si voltò subito e la seguii.

 

 

Ormai avevamo passato l'ascensore d'acqua ed eravamo giunti nella grande galleria che portava al porto dell'isola subacquea di Wafter Island. Erano le dieci di sera ormai, di fronte a noi, il cielo stellato in lontananza attraverso i vetri e il porto. C'era un dolce venticello leggero che ci accompagnava.

-ehi Vessy, cambia la bandiera nera, con quella bianca!- dissi seduto tranquillamente sul ponte. Quegli stupidi mercenari erano riusciti a fregare i Rubens artificiali di Vessy. Non sapevano però che, essendo artificiali, la nostra cara compagna aveva inserito un dispositivo per rintracciarli. Quel gruppo di mercenari doveva essere giunto da poco sull'isola, e noi li avevamo seguiti. Me ne stavo tranquillo, seduto sulla sedia , con i piedi appoggiati sullo scorrimano, quando il capitano Deff mi chiamò.

-ehi Russo. Preparati a scendere, andiamo a dare un occhiata nel porto.- disse lui. Era più giovane di me, eppure sulla sua testa pesava una taglia di 350.000 jewels. Capitano Eugen Deff, conosciuto anche come Serpente di Fuoco, aveva solo 26 anni ma era incredibilmente forte. Anche quella sera portava il solito cappello nero in testa e il lungo soprabito nero che arrivava fino a terra. Era aperto, e si intravedeva la camicia bianca, leggermente aperta, la cintura di cuoio e i pantaloni scuri. Ma il volto era ciò che colpiva di più. Folti ciuffi rosso fuoco, quasi arancioni, erano nascosti dal capello, mentre una grande cicatrice rigava il volto. Partiva dall'occhio e arrivava fino al mento. Due grandi occhi scuri e un sorriso folle sempre sulle labbra. Il nostro capitano era di un arroganza e di una audacia come pochi, eppure era divertente stare con lui, inoltre era un uomo di cui potersi fidare, non aveva mai tradito la sua parola di pirata.

-agli ordini capitano- dissi io alzandomi. Avremo recuperato i Rubens di Vessy e quei mercenari non avrebbero avuto sconti. Lo seguii in coperta. Presi il mio mantello, lo indossai, presi le due sciabole e le fissai attorno alla cintura, vicino alla pistola. Dopo poco uscì il capitano dalla sua cabina e mi fece cenno di seguirlo. Ci avvicinammo in silenzio alla scala per scendere sul porto, quando una figura appesa a una corda ci passò vicinissimo.

-ehi Deva, non stavi dormendo fino a cinque minuti fa- dissi un po' scocciato dalle sue maniere.

-non stavo dormendo Russo, ero in contemplazione artistica. Ma tu che non sei un artista come me, cosa ne puoi capire- disse lui stuzzicandomi. Mi limitai a squadrarlo.

-Ehi capitano, non credi che sarebbe meglio uscire insieme ai gemelli?- disse Deva, sempre appeso alla corda. Stava appeso a testa in giù, con i suoi capelli lunghi fino alle spalle, che mi avevano sfiorato.

Sentii il capitano ridacchiare. Era davanti a noi e ci dava le spalle. Da quando l'avevo incontrato, nonostante avesse solo 26 anni, incuteva timore e rispetto, soprattutto quando si andava in missione. Era un tipo che si sporcava le mani, che stava insieme ai compagni della sua ciurma e non li lasciava morire.

-sono già andati. Andiamo Russo. Deva rimani qui con gli altri, torneremo tra qualche ora.- e riprese a camminare. Lo seguii e scendemmo silenziosamente dalla RedRoger , la nostra nave pirata. Ciò che la caratterizzava dalle altre navi, oltre ad essere molto grande, erano i dettagli. Lo scorrimano era completamente rosso, le porte e le finestre rosse anch'esse. Sulla polena c'era intagliato un grandissimo serpente, dalla cui bocca uscivano due denti aguzzi. Il serpente era completamente rosso, con degli occhi gialli. E infine la bandiera, issata sull'albero maestro, adesso sostituita da quella bianca, era nera, con un teschio bianco, e un serpente attorcigliato alle ossa. Eravamo pirati.

Appena scesi sulla banchina del porto, il capitano tirò fuori dalla tasca una specie di bussola. Vessy, la nostra meccanica, ingegnere e inventrice della ciurma, l'aveva creata per recuperare i suoi Rubens. Notai senza stupirmi più di tanto che seguendo la bussola ci allontanavamo sempre più dal porto.

-Ehi Eugen può essere che se li siano portati con loro, appena hanno attraccato in porto e che adesso siano qui in giro.- provai ad ipotizzare io. Il capitano al mio fianco continuava a guardarsi attorno, sorridendo tra se e se. Probabilmente quella sua espressione era il modo per essere serio, tanto che pochissime volte lo avevo colto con un espressione sorpresa o stupita. Sembrava quasi riuscisse a prevedere tutto.

-oppure Russo, non hanno ormeggiato in porto. Forse non hanno nemmeno una nave.- disse lui continuando a guardarsi in giro. Nell'unica grande città di Wafter Island c'era efsta quella sera, quindi persino pirati come noi passavamo inosservati. C'era confusione, musica e un sacco di persone.

-che intende capitano?- dissi seguendolo mentre imboccava una stradina che si allontanava dal centro.

-come hanno fatto ad arrivare qui prima di noi? La RedRoger è una delle navi più veloci. Quando siamo partiti per inseguirli sono spariti quasi subito, e anche il segnale della bussola non andava più. Se avessero navigato sott'acqua ci sarebbe una spiegazione- giungemmo alla fine del vicolo. Davanti a noi c'era un muro eppure la bussola indicava di andare avanti. Improvvisamente ci fu una luce fortissima. Alzai lo sguardo. Proveniva da una delle finestra dell'edificio che ci stava a fianco. Fu un flash, come un lampo, e poi la stanza tornò buia.

-una Stellair credo. - dissi più a me stesso che al capitano.

-beh buttiamo giù questo muro e andiamo avanti- disse il capitano ridacchiando.

-Eugen, ma ci scopriranno!- esclamai io preoccupato.

-Mph. E chissene frega- disse lui sorridendo. Tirò fuori la mano dal mantello e la allungò di fronte a sé. Palmo aperto. Avevo già provato diverse volte a fermare il comportamento irresponsabile del capitano, ma avevo capito che era meglio lasciarlo fare. Tra le dita del capitano i quattro Rubens, che possedeva da quando l'avevo conosciuto.

-Erdbeben- disse con un tuono di voce basso. Improvvisamente il muro cominciò a tremare e crollò, come colpito. Il rumore del crollo venne in parte coperto dal rumore della festa. Una volta caduto il muro ci trovammo di fronte a un giardino. Sembrava ben decorato e curato. Era tutto illuminato ed era molto grande, per essere in centro città. In giardino vi era anche una tavolata grande, dove diverse persone stavano mangiando e facendo festa. Al crollo del muro però si erano girate, ed era calato il silenzio. Ci fissavano spaventati. Il capitano entrò nel giardino, sempre seguendo la bussola.

-scusate l'interruzione, continuate a mangiare pure- disse lui sorridente come al solito al gruppo. Proseguii fino ad arrivare verso l'altro muro. Si mise in posizione per buttare giù nuovamente il muro quando le voci ci bloccarono dietro di noi.

-questa è proprietà privata!-

-fuori dai piedi!-

-ma ha distrutto il muro! Brutto stronzo i danni!-

Mi voltai verso di loro e li guardai uno a uno. Ma non si rendevano conto della situazione. Tre uomini, armati di aratro e spada sembravano più agguerriti che mai a non farci passare. Il capitano si voltò verso di loro, con il palmo della mano sempre rivolto verso il muro. Il sorriso folle sulle labbra, le sopracciglia incrinate e lo sguardo divertito.

-Erdbeben- disse. E il muro crollò. Gli uomini si arrabbiarono ancora di più e vennero verso di noi.

-Eugen ci penso io- dissi piazzandomi a metà tra loro. Forse non avevano riconosciuto il capitano, dal cappello scuro e dalla fioca luce delle lampade nel giardino.

-Divertente. Andiamocene Russo, non vale la pena perdere tempo con loro- disse lui ridacchiando.

Intanto gli uomini si erano bloccati, ci guardavano un misto tra spaventati, sorpresi, e indecisi.

-Eugen, che intenda il capitano Eugen Deff?- disse uno dei tre.

-è impossibile- disse un altro.

-quante probabilità ci sono che sia lui?- disse l'altro.

-ma ha utilizzato il Rubens del terremoto per buttare giù il muro...proprio come il capitano Eugen Deff!- disse il primo cercando di bloccare gli altri, che stavano per ripartire all'attacco.

Il capitano si era fermato a guardarli.

-volete attaccarmi, però se fossi realmente il capitano Deff rinuncereste? E' così profonda la vostra determinazione?- disse lui sorridente. -divertente-

Uno dei tre partì all'attacco del capitano. La spada in mano, diretto verso di lui. Ma prima del capitano avrebbero dovuto vedersela con me. Quando fu vicino a me, allungai la gamba e gli fece lo sgambetto: cadde di faccia.

-debole- dissi guardandolo mentre cercava di rialzarsi.

 

 

Fine Capitolo

 

Ciao ragazziii :)

Beh che dire di qesto capitolo? Io ho un adorazione profonda per Eugen Deff, lol , personaggio per cui mi sono fortemente ispirata a Eustass Capitano Kidd (per chi seguisse one piece), più che nell'estetica, adoro il suo modo di fare. Con una parola: folle. Ne combinerà diverse e ben presto entreranno in scena diversi personaggi! E voi che mi dite? Avete notato la somiglianza di qualche personaggio con qualcuno di un altra serie? E secondo voi che cosa ci sta a fare qui il nostro capitano? Come si intreccerà la sua storia con quella di Marika? Lasciatemi un commentino ;) su come pensate stia procedendo la storia ;) adesso si entra nel vivo! Prima diciamo così, è stata un preparazione! Ci saranno molti colpi di scena ;)

e non dimenticatevi di dare un occhiata anche ad Angelica sulla pagina fb ;) questo infatti non è che solo il prequel; li potete trovare tante info interessanti sul mondo dei Jano e compagnia bella ;)

Grazie per aver messo questa storia tra le preferite! Grazie è fondamentale per me il vostro supporto!

 

Bacioni,

al prossimo capitolo :)

 

Elena :D

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** M ***


M

 

-debole- dissi guardandolo mentre cercava di rialzarsi.

-ehi Philip come stai?- dissero gli altri due avvicinandosi, all'uomo caduto a terra.

Voltai le spalle e feci per andarmene, quando sentii un vetro rompersi. Mi voltai, nuovamente nella direzione del vicolo dove eravamo passati e avevamo visto il flash. Ad un tratto qualcosa volò giù dalla finestra, e cadde a peso morto per terra. Sia io che il capitano eravamo più interessati a quello che stava succedendo in quel vicolo che agli uomini che cercavano di allontanarsi portando con se il loro amico.

Ad un tratto del fumo uscì dalla finestra e si abbassò fino all'oggetto che era caduto. Mi avvicinai per vedere meglio e rimasi sorpreso nello scoprire che quello che era caduto non era un oggetto, ma bensì un uomo. Fischiai sorpreso.

L'uomo cercava di tirarsi su, sembrava un ragazzo, dell'età del capitano. Faceva fatica ad alzarsi e intanto dietro di lui andava formandosi una figura, dal fumo che era uscito dalla finestra.

-Cosa cavolo vuoi dalla mia allieva?- disse la figura una volta formatasi. Stava a cavalcioni sulla schiena del ragazzo e lo teneva fermo a terra, bloccandogli i polsi. Guardai meglio. Era una ragazza, dai capelli rossi e con una veste molto elegante. Era molto bella in effetti, ma al tempo stesso terribile. Il suo sguardo sembrava disprezzasse completamente l'uomo che era per terra e che teneva bloccato.

Lui non disse niente, ma lo vidi sorridere.

-non ti voglio fare male, lasciami andare- disse infine lui, dopo aver fatto un lungo respiro. Improvvisamente il ragazzo prese fuoco. Così all'improvviso la gente che era nel giardino e che stava guardando la scena si spaventò.

La ragazza improvvisamente si scompose e ritornò a essere fumo. Si spostò in aria due metri sopra di lui. A quel punto, allontanatasi dal fuoco, riprese forma e si mise nella stessa posizione del capitano. Possedeva anche lei un Rubens?

-speculum!- esclamò, dopo aver posizionato il palmo della mano verso l'uomo. Improvvisamente la stessa luce che avevamo visto prima riapparse. Era un cerchio luminoso disegnato sulla strada.

-ma questa è la stellair di prima!- esclamai io. Come era possibile con un Rubens evocare il potere di una Stellair? Il capitano non diceva niente, guardava soddisfatto la scena che si stava svolgendo di fronte a noi. Il ragazzo improvvisamente sparì come se risucchiato dalla luce. La ragazza prese forma, e appoggiò i piedi in mezzo al cerchio. In quel momento ci vide e ci sorrise:

-sappiate che voi siete i responsabili di quella finestra rotta, io non sono stata di certo, vero?- disse chiedendo conferma alle poche persone che erano rimaste nel giardino a guardare. La tavola era ancora imbandita e fumante. Un buon profumo di arrosto e patate. Le poche persone lì presenti tremavano.

-anzi sono stati loro- disse lei indicandoci. -tanto siete dei pirati no? Una finestra rotta per voi è niente no?- disse lei ridacchiando. Appoggiò una mano sul fianco, ci sorrise e poi la luce aumentò. Fui costretto a chiudere gli occhi, era troppo intensa. Fu un secondo. Poi ritornò tutto buio come prima, la poca luce proveniente dai lampioni e dalle lampade nel giardino. Mi voltai verso il capitano. Aveva un espressione divertita sul volto. Scrollò le spalle.

-interessante. Probabilmente lei fa parte dell'Organizzazione di Wafter Island...- disse lui. Si voltò nuovamente e riprese a camminare.

-andiamocene Russo. Abbiamo da cercare quei tipi.- una leggera brezza mi venne incontro, il lungo soprabito del capitano si sollevò. Lo seguii, avevamo ancora molto da fare.

 

 

Ormai erano passati due giorni dall'arrivo di Michael. Ester si ostinava a volerlo tenere rinchiuso nelle prigioni cittadine. Io non capivo perchè. Alla fine a parte litigare con lei non aveva fatto granchè male. Anzi. Eppure lei aveva parlato con Marcus ed lo aveva sbattuto dentro. Gli avevano portato via il Jano e gli avevano messo delle manette particolari che gli impedivano di utilizzare qualsiasi tipo di arma maledetta. In questo modo se avesse avuto Rubens nascosti non li avrebbe potuti utilizzare. Quella mattina ero riuscita a parlare con il gatto, esattamente come mi aveva detto di fare Ester per l'allenamento. Avevo superato la prova e quindi ero riuscita a ottenere di poter vedere Michael. Volevo lo liberassero da lì. Ci sarei riuscita. Per ora Ester lo voleva tenere in osservazione, che non mi facesse male. Le avevo detto che non mi avrebbe fatto niente, che mi fidavo di lui, che era venuto a Wafter per salvarmi ed avvertirmi, ma lei non si fidava. Ester aveva scoperto che faceva parte di un gruppo di mercenari, ed era deciso a non farselo scappare. Quella mattina però sarei andata a parlare anche con Marcus, non era possibile mettere in prigione Michael, che alla fine non aveva combinato niente. Camminavo ormai da dieci minuti a passo spedito con Marika, c'era molto gente in giro, un sacco di bancarelle piene di frutta e verdura. Le vie erano ricche di profumi e odori particolari. Svoltammo a sinistra e arrivammo in una delle piazze principali della città. Sulla piazza stava un grande edificio, a fianco a quello del comune. Era più alto e aveva un piccolo giardino contornato da una recinzione in ferro battuto. C'era un cancello aperto e un allegro via vai. Ester non sembrava molto contenta della mia insistenza, ma non ci poteva fare granchè. Intanto con me era venuta anche Zuma, il vice capitano, mandato da mia mamma per assicurarsi che io stia bene.

Tsk. Si era inventata di farmi da madre proprio adesso.

Mi seguiva dovunque, ma non mi dava fastidio più di tanto. Era silenziosa, quasi come se non ci fosse, e poi se le chiedevo qualcosa, mi rispondeva gentilmente. Quando la mattina aveva conosciuto Maka e Toshiro, non aveva battuto ciglio. Diciamo che si erano spaventati più loro di lei. In effetti aveva degli abiti caratteristici della mia terra. Era palesemente una straniera, senza contare il fatto che girasse con una specie di bastone attaccato alla cintura. Non sembrava legno, eppure sapevo che era stato ricavato da qualche tronco di un albero particolare, di quelli che nascono solo sulla nostra isola. Entrammo e salimmo che scalette per arrivare al piccolo portico rialzato, prima di entrare. Tutto qui a Wafter Island sembrava compresso e stretto, eppure nonostante sembrasse tutto così piccolo, tutto stava perfettamente al suo posto.

Entrammo nella stanza all'ingresso. C'era una specie di bancone, dove stava una ragazza. Chiunque volesse entrare doveva prima lasciare nome e cognome lì dentro, e ricevere il permesso. Dopo le formalità, seguii Ester lungo il corridoio. Non ero mai entrata lì dentro, anche se mi avevano spiegato bene come funzionasse l'organizzazione. Vi erano diverse squadre e diverse sezioni. C'era la sezione dei detentori del Jano, dei Rubens e delle Stellair. Stavo ancora ripensando a tutto quello che era successo quando cominciammo a scendere delle scale. Le pareti colorate di un bel giallo canarino lasciarono posto, a delle pareti completamente di pietra. Cavolo, ormai Michael doveva essere tenuto in posto così lugubre e triste da almeno due giorni per colpa mia. Mi stavo già sentendo in colpa quando svoltammo in un corridoio a sinistra. Finimmo in una sala d'aspetto. C'erano diverse poltroncine, e tre portoni. Non c'era nessun altro oltre a noi. Anche se le pareti erano senza finestre, spoglie e fatte di pietra, la presenza dei divanetti gialli, del tavolino e di una specie di bancone in noce anche questo, mi fece cambiare un po' idea. Era arredato bene almeno.

-bene. Suppongo non abbiate mai visto un ascensore ad acqua. Oltre a quello enorme per giungere in quest'isola intendo- in effetti da quando mi erano ritornati i ricordi aveva capito molte più cose. Per giungere su Wafter Island avevo utilizzato il Gleys, e avevamo sfruttato un entrata secondaria. Ricordo che Cheyenne mi aveva spiegato questo. Infatti le navi normali, dovevano posizionarsi in un certo punto sull'acqua e poi, ogni quarto d'ora, un intricato sistema ingegneristico di tubi, e pompe, avrebbe risucchiato l'acqua e la nave in basso, fino a scendere sotto il livello del mare. Intorno alla nave apparivano dall'acqua delle altissime pareti di vetro, in modo da isolare l'acqua attorno alla barca da quella del mare. L'acqua attorno alla barca veniva poi risucchiata e quindi la barca scendeva sotto il livello del mare, senza affondare. Raggiunto un certo livello, l'acqua non veniva più risucchiata e appariva di fronte alla barca, un tunnel sottomarino, che portava direttamente all'isola sommersa di Wafter Island. Per le navi quello era l'unico modo per entrare nella grande bolla di vetro che conteneva la città. Ci aveva messo un po' per capire tutto, ma ero comunque rimasta impressionata dalla tecnologia. Che senso aveva tutto questo mi ero chiesta? Cheyenne aveva detto che su Wafter Island, vivevano piante e animali che ormai sul resto della terra si erano estinti. C'era un habitat particolare e unico, un po' come quello della mia isola.

-bene, tocca a noi- disse Ester avvicinandosi nel portone principale. Lo aprì e quello che apparve fu un lungo corridoio, con una porta alla fine e con delle poltroncine ai lati. Lei entrò ed io e Zuma la seguimmo. Non avevo idea di come funzionasse.

-Marika chiudi il portone- aspettai che fosse passata Zuma, e chiusi il portone. Nel momento in cui lo chiusi, il pavimento cominciò a tremare. Ester si avvicinò al centro del corridoio. Notai in quel momento che sul soffitto, che era molto basso, c'erano delle lettere.

-il tuo amico è al piano A- e premette sulla lettera A. Il pavimento cominciò a tremare nuovamente, sembrava quasi galleggiasse. Ora capii.

-quello che spinge questa stanza in alto, è l'acqua!- esclamai io.

-esattamente. Siamo arrivati- disse Ester per niente sorpresa. Si avvicinò al portone di fronte a noi. In effetti il pavimento ora sembrava immobile. Provai anche a saltare. Immobile era, e immobile rimaneva. Che diavolo di geni dovevano essere gli ingegneri di Wafter Island.

Appena Ester aprì il portone ci trovammo davanti a una stanza, molto più allegra di quelle di prima. C'erano finestre che davano sull'intera città.

-ma i prigionieri lì tenete in alto, non in basso?- disse Zuma, aprendo bocca per la prima volta da quando eravamo partiti.

-si. Ci conviene, meglio non scavare troppo su quest'isola. C'è solo acqua, e noi la sfruttiamo il più possibile. Per i prigionieri è meglio metterli al caldo in alto Non so se avete notato che in quest'isola, con la scusa che siamo in una grande bolla sottomarina, c'è molto più caldo. Adesso sarebbe inverno.- spiegava mentre entravamo in un corridoio.

-ecco, oltre quella porta c'è il tuo amico- disse lei, indicando una porta. Non aspettai aggiungesse altro e corsi verso la fine del corridoio.

-Michael!- dissi forte appena arrivata alla porta. La spalancai non essendo chiusa e mi trovai in una camera da letto. Tre grandi finestre con le sbarre, un letto singolo, un tavolo, un sacco da boxe, e un armadio. E poi lui. Era in piedi, indossava una canottiera bianca, le mani fasciate, con dei pantaloncini corti che non gli avevo mai visto, a piedi nudi. Subito non mi vide, stava concentrato a tirare pugni al sacco appeso al soffitto. Mi bloccai a fissarlo. Dannazione, tutti quegli addominali, quello sguardo intenso, quel mistero che lo circondava sempre. Si era fatto catturare apposta da Ester, ne ero certa. Alla fine non aveva nemmeno provato a combattere contro di lei.

Quando mi vide, lui ruppe la posizione in cui era, abbassò le mani e mi fissò.

-guarda chi si vede- disse lui appoggiando le mani sul sacco da boxe per fermarlo. Nel momento in cui lo disse, sfoderò uno di quei sorrisi che non gli avevo visto per molto tempo. Mi sentii improvvisamente in imbarazzo, cosa che non mi era mai successa, ne con lui, ne con nessun altro uomo. Deglutii.

-ero preoccupata...- dissi io sorridendogli. -ma vedo che non ti trattano così male come pensavo- continuai io guardandomi intorno.

-che ore sono?- mi chiese lui, infilandosi nella stanza a fianco, presumibilmente un piccolo bagno.

-perchè? Quasi le undici- dissi io.

-perchè a mezzogiorno qui dentro si muore da caldo.- disse lui uscendo dal bagno con un asciugamano sulle spalle. Ero incredibilmente imbarazzata e non sapevo spiegarmi il perchè.

-voglio tirarti fuori da qui- dichiarai io.

-bene. Peccato che la tua amica fuori non sia d'accordo, e nemmeno il sottoscritto.-

-vuoi rimanere qui dentro?- domandai io stupita.

-non voglio essere là fuori quando verranno a cercarti. Poi verranno da me, ma avrò la scusa di essere stato imprigionato- disse lui prendendo una bottiglia d'acqua e bevendola a canna. Ero rossissima probabilmente. Che stava succedendo? Certo Michael mi aveva sempre messo un po' in soggezione. Mai in quel modo però. I miei occhi concentrati sulla gocciolina di sudore che gli scendeva sul collo. Sbattei gli occhi per riprendermi.

-non mi ricordavo fossi così codardo- dissi io un po' innervosita. Di certo mi ero aspettata tutto tranne quello che mi stava dicendo Michael.

 

Note autrice

 

Scusate il ritardo ragazze! Sono super influenzata D: D: e non sono riuscita scrivere molto in questi giorni!! Credo che d'ora in poi prenderò a pubblicare una vola ogni 10 giorni, perchè voglio scrivere qualcosa di qualità senza pentirmi poi di quello che pubblico. Vi ringrazio perchè mi seguite, e recensite :) :) siete fantastici! Venendo al capitolo:

Nella prima parte c'è il nostro Eugen Capitan Deff che sta per fare piazza pulita quando si imbatte nella furia di Ester, che personalmente adoro come personaggio. E' un po' fuori e spericolata, perà alla fine è una ragazza come le altre :D (che dolce con il suo love). Ovviamente quello che sto raccontando qui si svolge in contemporanea a quando Michael appare e si nasconde con Marika.

Nella seconda parte invece abbiamo i nostri lovers <3 che si ritrovano, però scopriamo un po' di più del carattere di Michael: è un ragazzo forte ma insicuro, che ha paura di qualcosa che non ci ha ancora detto, che non si vuole immischiare troppo nelle relazioni con le altre persone, un individualista quasi. E la nostra povera Marika ci rimane male ovviamente.

Voi che pensate di questo personaggio? Secondo voi perchè è così? E secondo voi il capitano Deff a chi si riferisce quando parla dei Rubens rubati alla sua compagna di ciurma?

Scopriremo molto nel prossimo capitolo ;) Continuate a seguirmi e fatemi sapere cosa ne pensate, proprio anche a livello stilistico!! Grazie a tutti, è fondamentale sul serio sapere cosa ne pensate!

 

E se vi piace la storia, sappiate che è il prequel di Angelica, storia che pubblicavo tempo fa qui su EfP e che a giugno ho avuto l'occasione di pubblicare con una casa editrice di Roma (io sono di Verona) :) se siete anche solo incuriositi date un occhiatina qui :)

 

https://www.facebook.com/Angelicaelenaluciazumerle?ref=hl

 

Bacioni a tuttiiii

Elena :) :)

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** N ***


N

 

 

Michael non sembrava per niente intenzionato a uscire da lì. Ma possibile che avesse così paura?

-non si chiama codardia, si chiama buon senso Marika- disse lui facendo un sorriso amaro, andandosi a sedere sul letto.

-ma perchè? Cos'è che ti spaventa?- gli dissi io testarda. Lui alzò di nuovo lo sguardo su di me.

-non ho paura che possa succedere qualcosa a me. Ma a mia madre.- disse lui, a voce bassa.

-tua mamma?- doveva esserci infatti qualcosa sotto. Michael lo conoscevo solo da un mese quasi, ma a pelle, mi sembrava un tipo razionale, quindi doveva avere i suoi motivi.

-già. E' una storia un po' complessa, ma se non rimango al loro servizio, uccideranno mia madre, e sono sicuro lo faranno. Conosci Adriàn no? Beh il quartier generale dei mercenari è popolato da gente molto più fuori di lui. Si trova vicino a dove abitavo io da piccolo. Hanno scoperto che ero in grado di utilizzare il Jano, e non riuscendo a rapirmi, mi hanno ricattato. Mia madre vive all'oscuro di tutto, probabilmente crederà che io sia morto. Ormai. Ma io non posso lasciare che le facciano del male. - mentre parlava manteneva gli occhi bassi, i gomiti appoggiati sulle gambe aperte. Si torturava le mani tenendole serrate in pugno.

-ma tu non puoi rimanere per sempre al loro servizio...-dissi io sconsolata. Sapevo cosa si provava a perdere l'unico genitore. Mio padre era stato ucciso da Adrian, e al solo pensarci mi venivano le lacrime agli occhi. Papà non era più con me. Mi avvicinai a lui, mi sedetti silenziosa sul letto al suo fianco.

-si che posso. Devo.- disse lui risoluto più a se stesso.

-ma ci deve essere un modo...non puoi sprecare tutta la tua vita così...- continuai io. Lui sembrava assente, quasi non mi stesse ascoltando, concentrato su chissà cosa.

-significherebbe lasciarla morire.- disse lui. Non l'avevo mai visto così abbattuto.

-non ti sto dicendo di lasciarla morire, ci mancherebbe altro.- dissi io alzandomi in piedi, e posizionandomi di fronte a lui.

-cavolo, anche io ho perso mio padre! Ed era lui la mia famiglia- dissi io, gli occhi pesanti. Feci un respiro, strinsi i pugni. Non potevo piangere di fronte a lui.

-nonostante tutti mi trattassero dall'alto in basso, mi ignorassero, mi facessero scherzi idioti, in qualche modo non mi ero mai sentita sola. E lo sai perchè? Perchè papà era la mia famiglia. Era tutto quello che avevo. C'era almeno una dannata persona in tutta l'isola, che per me era tutto il mondo, a cui la mia esistenza importasse! E quando Adriàn lo ha ucciso...il mio fragile mondo mi è crollato addosso. Anche adesso solo ripensare al fatto che lui non ci sia più...Quindi ti capisco. Non sei l'unico ad aver avuto una situazione da schifo. L'importante però è riuscire ad andare avanti.- lui alzò lo sguardo verso di me, sorpreso da quell'improvviso scoppio di rabbia. Due gocce caddero dai miei occhi sul pavimento.

-io non posso più fare niente! Papà è morto...non tornerà indietro. Non lo rivedrò mai più. Probabilmente non tornerò più nemmeno a Fortaleza, non vedrò nemmeno più la sua tomba. Me la devo mettere via. Io non ne ho più la possibilità Michael. Posso solo andare avanti e impegnarmi perchè cose del genere non accadano più. Ma tu hai ancora la speranza, Michael...- le lacrime che mi rigavano il volto.

Feci un passo indietro, per guardare meglio quel ragazzo, che sembrava così fragile in quel momento. Cercai i suoi occhi nonostante la vista sfuocata e appannata dalle lacrime.

-...tu si. Tua mamma è viva. Lo è ancora.- mi passai una mano sugli occhi per riuscire a guardarlo meglio. Vidi il suo sguardo sorpreso fisso sul mio volto. Le labbra schiuse.

-quindi, fai qualcosa. Hai la possibilità!...c'è sempre una cavolo di possibilità, per quanto remota e irraggiungibile! ma...se non ci provi nemmeno, se ti arrendi agli eventi, a quello che ti succede, allora non lamentarti! Non dire che è colpa degli altri, perchè è solo colpa tua!- dissi io, mantenendo gli occhi fissi nei suoi. Probabilmente la mia faccia era uno schifo: occhi rossi, faccia rossa, lacrime e naso che colavano. Cercai di asciugarmi il volto sulla camicia che indossavo. Michael però appoggiò la sua mano sul mio braccio, come per bloccarmi. Lui improvvisamente si alzò. Con la sua altezza mi sovrastava eppure, sembrava così piccolo in quel momento. Continuava a guardarmi, la sua mano destra ferma sul braccio. Improvvisamente poi uno splendido sorriso si pose sulle sue labbra.

-Marika sei fantastica- disse lui continuando a guardarmi negli occhi. Tutta la tristezza e la malinconia di prima erano passati subito, ora invece il suo sguardo brillava di una luce nuova:determinazione mista a speranza. Come un acquazzone tropicale è devastante ma che passa in fretta, lo stesso era successo ai sentimenti di Michael. Ero riuscita a colpirlo con le mie parole e il vederlo così felice non mi sembrava vero. Non sapevo che dire.

-perfetto. Ho un paio di cose da fare allora. Dì alla tua amica che purtroppo mi tocca fuggire e fargli fare brutta figura. Salutamela. - disse lui continuando a sorridermi. Po improvvisamente staccò la presa della sua mano dal suo braccio. Si avvicinò a al tavolo, su cui era piegata la sua canottiera bianca, la camicia ormai logora, e un cappello che non avevo mai visto.

-che diavolo fai?- chiesi io confusa.

-me ne vado, no?- disse lui infilandosi la canottiera. Il vederlo vestirsi in maniera così sciolta mi fece imbarazzare. Era incredibile quanto il suo corpo fosse muscoloso, ma non in maniera volgare, come certi tipacci andavano vantandosi nella mia tribù. No, lui no, era perfetto. Mi resi conto di pensare questo, perchè vidi la mia figura allo specchio appeso alla parete.

Ero rossa in volto, idem gli occhi. Ma la cosa che mi fece riflettere erano i miei occhi. Avevano una luce strana, e la mia bocca era socchiusa in un sorriso. Lui si era già infilato la camicia ormai quando si avvicinò incredibilmente tanto. Appoggiò le sue mani sulle mie spalle:

-vado e torno. Tu resisti fino a quando non sistemerò questa cosa. Tu dii alla tua amica che mi dispiace per averle creato problemi. Ora però non ho bisogno del mio Jano. Sarò di ritorno tra una settimana se va bene. Grazie sul serio Marika, senza di te sarei ancora lì a crogiolarmi nel dolore, e...-

-cercavi questo?- disse Ester spuntando dalla porta insieme a Zuma, la guardia del corpo mandata da mia madre. Tra le mani giocherellava con il Jano di Michael. Lui le sorrise e improvvisamente il Jano divenne incandescente. Ester ridacchiando cercò in qualche modo di lanciarglielo senza scottarsi troppo. Se persino ad occhio nudo la lama era diventata completamente rossa e l'impugnatura era fumante, vuol dire che era veramente tanto caldo.

-ma da che parte stai rossa?- chiese Michael prendendo al volo il Jano con la mano sinistra. A lui non sembrava dare fastidio il calore del Jano. Anzi piano piano, notai che andava raffreddandosi sia la lama che l'impugnatura.

Ester sorrise e si appoggiò allo stipite della porta.

-non fraintendermi. La signorina qui ha rotto così tanto le scatole per vederti e per farti liberare, che considerato che alla fine a parte farmi incazzare particolarmente, non hai fatto granchè, il capo chiuderà un occhio se ti sbadatamente lascio la porta aperta.-

Michael mi lanciò uno sguardo velocissimo e poi ritornò a guardare strafottente Ester.

-Bene. Ma non avrò bisogno della porta- disse lui prendendo il cappello, e mettendoselo in testa con decisione. Se lo calò sul viso, quel tanto da non riuscire a distinguere gli occhi perfettamente. Gli creava un'aura di mistero che lo rendeva ancora più affascinante. Si infilò un mano in tasca e interruppe Ester che stava per aggiungere qualcos'altro.

-Stai attenta ai pirati di ieri sera. Il Capitano Deff non è un ragazzino da sottovalutare, specialmente il suo animaletto domestico- continuò lui. Capitano Deff? Pirati? Ieri sera? Cosa era successo? E quando soprattutto?

-quell'idiota non mi preoccupa per niente. Faresti meglio invece a non farti beccare con quel tatuaggio dalle guardie reali che stanno arrivando qui. Se ti riconoscono non si faranno problemi a giustiziarti sul posto.- continuò Ester incrociando le braccia. Vedendo che Michael continuava a sorridere aggiunse -...ma credo tu lo sappia già- concluse.

Io sinceramente stavo capendo ogni momento che passava sempre meno.

-Brava. Ora ragazze, vi devo salutare- poi Michael si voltò verso di me -...Marika vedi di sopravvivere fino al mio ritorno- Non feci in tempo a rispondere che un'enorme fiamma si levò tutto attorno a lui. Stava letteralmente bruciando. Poi però pian piano la sua sagoma andò a fondersi con le fiamme, e sparì. Cessarono immediatamente anche le fiamme, incredibilmente senza bruciare niente.

Dopo qualche secondo di silenzio, in cui ero ancora intontita da tutto quello che era successo, sentii Ester sbuffare sonoramente.

-che palle. E questa è fatta- disse lei tornando indietro nel corridoio verso l'ascensore ad acqua.

-perchè l'hai liberato Ester?- chiesi io non convinta dalla giustificazione di prima. La seguii a ruota, insieme a Zuma che era ritornata ad essere la mia ombra.

-perchè sulla sua testa pende una taglia da 10.000 Jewels, e se lo beccano qui, quegli idioti della Guardia Reale ci potrebbero far passare problemi, che non è il caso di correre. Ah, ti conviene nascondere quel tatuaggio, se non vuoi fare una brutta fine- continuò lei entrando nella porta dell'ascensore-corridoio.

Guardai il tatuaggio che avevo sul braccio. Era un teschio un po' strano, ma non particolarmente per me.

-Perchè?- chiesi io ingenua.

-E' il simbolo dei mercenari da cui provieni. Quelli del governo di Yamahn li definiscono cacciatori generalizzando. Comunque loro, chiamali cacciatori o mercenari, ti hanno marchiata e di solito lo fanno con gli schiavi o con i membri di grado basso. Se sanno che sei riuscita a fuggire, ti cominceranno a tenere d'occhio e non la finiranno più. Senza parlare del fatto che probabilmente ti arresterebbero subito. - disse Ester appoggiandosi al muro e incrociando le braccia.

-ma perchè sembri così sconvolta?- chiese tutto ad un tratto Zuma che era stata sempre in silenzio.

Ester le lanciò un'occhiataccia:

-perchè significa che mia sorella è di nuovo in città-

 

 

Note autrice

Ragazzi scusate per il vergognoso ritardo D: ma ho avuto da studiare! Emi piacerebbe dire che posso finalmente dedicarmi con tranquillità alle mie storie qui su EFP ma purtroppo non è così! :( chi di voi è stato in quinta superiore mi capirà! Bene, detto questo volevo aggiungere che la storia ormai è agli sgoccioli! Ci sarebbe molto altro da raccontare, mancano non tanti capitoli in effetti! Ma per il sequel c'è Angelica! Che non è proprio il sequel diretto, ma ritrovate tutti i nostri protagonisti! E sopratutto a differenza dei lettori che hanno comprato Angie in libreria, voi sapete molto di più! Detto questo, veniamo alla storia!

Vediamo che Marika e Michael piano piano si stanno avvicinando ;) e Michael si è reso conto di quanto Marika sia una persona speciale! Vediamo adesso come si evolveranno le cose :) anche perchè sono arrivate in città le guardie reali (che se adesso non vi dicono niente, per chi leggerà Angelica invece, molti segreti verranno a galla! Detto questo :) mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate! Scusate ancora per il mostruoso ritardo! Grazie per il vostro sostegno!!

 

Bacio

Elena :)  

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** T ***


Spazio Autrice

Scusate l'immenso ritardo!! Per farmi perdonare ho scritto un capitolo un po' più lungo! Ho deciso di mettere lo “spazio autrice” prima sta volta, per spiegarvi e magari prendere il filo della storia. Siamo arrivati dunque al punto in cui Michael viene lasciato libero da Ester e su consiglio di Marika, decide di partire alla ricerca di sua madre. Nel frattempo è arrivata anche la marina del regno di Yamahn nella nostra isola sommersa, e da quanto si è capito, la sorella si Ester è arruolata proprio nella marina. A questo punto ho deciso di riprendere la storia non partendo da Marika etc, ma da dei nuovi personaggi che vi avevo introdotto ancora qualche capitolo fa.

Vi ricordate che quando Marika e Michael si sono incontrati di nuovo, è intervenuta Marika, preoccupata perchè non trovava appunto più la nostra protagonista? Bene, e vi ricordate che nel “piccolo combattimento” tra Ester e Michael, erano entrambi finiti in un vicolo, dove “casualità” erano appena passati due pirati? Vi ricordate chi sono questi pirati? Echi è il capitano che ha distrutto il muro di una casa per passare indisturbato per il oro giardino, invece che trovare una via secondaria? No?

Ma quel “lanciato” del capitano Deff insieme al suo scagnozzo Russo. Eugen Capitano Deff è un giovane, dal sorriso un po' folle, che ha una folta capigliatura rossa, e una forma lungilinea e slanciata. Oltre ad avere il classico fascino di capitano pirata, ha anche una cicatrice sul viso, e possiede diversi Rubens. Lui e Russo sono attraccati a Wafter Island perchè “qualcuno” ( i mercenari) hanno rubato i rubens artificiali di Vessy, una sua sottoposta. Ho deciso di approfondire un po' anche il resto della ciurma, visto che saranno importanti per la conclusione di questa storia. Non mancano molti capitoli, e mi sto cercando di impegnare a scrivere più velocemente, senza però cadere nel banale e scontato! Vedrete, se adesso la storia vi sembrerà tanto incasinata, in realtà si risolverà molto semplicemente! Detto ciò, spero di non essermi dilungata troppo, anzi, magari ho fatto un po' di chiarezza! Ricordo che il personaggio di Marika, Michael, Jason e Richard (specialmente Richard ;) ) sono tutti approfonditi, o comunque presenti in Angelica, il libro che ho pubblicato! Se avete domande o curiosità sul mondo dei Jano e tutto il resto, trovate tante info sia sulla mia apgina fb , sia sul mio sito : www.elenalucia.com

Mi raccomando mi aspetto un qualsiasi commento/insulto, per me è veramente importante sapere dove sbaglio e come posso migliorarmi, daltronde volgio fare qualcosa di divertente e appassionante non un “Mastro Gesualdo 2 la vendetta” (pace all'anima sua e di Verga che in questo periodo non sopporto perchè mi tocca studiarlo). Detto ciò, abbiate fede, e speriamo di tornare al più presto! Siete fantastici e vi ringrazio per il vostro supporto! Danke sehr :) und buona lettura!

 

Bacio

Elena

 

 

 

T

 

Me ne stavo tranquillamente sul ponte, mentre sfogliavo il mio libro preferito “Il mondo senza confini” che appunto spiegava come fossero le varie isole che ancora dovevo vedere con i miei occhi. Al mio fianco se ne stava un Louis piuttosto annoiato che rigirava il coltello tra le mani. Ogni tanto mi fermavo a guardare e a cercare di capire come lui e suo fratello gemello Conràd, nobili e con un prospero futuro, avessero deciso di abbandonare tutto, per unirsi al capitano Deff. Erano nobili nel vero senso della parola. Provenivano dalla lontana e grandissima isola di Panta, che più che un isola la si poteva considerare un continente vero e proprio.

Tutti sanno che nella parte più a nord vivono i monaci, ma a sud, vi è la grande città di Mijon, considerata capitale di un regno di soli nobili. Quando mi ero unita alla ciurma del capitano, i gemelli c'erano già e quindi non avevo avuto occasione di visitare la loro città. Eppure mi ero sempre chiesta come cavolo fosse riuscito il capitano ad entrare in quella città, che a noi umani sani era vietata. Si umani sani, perchè tutti i nobili, dal primo all'ultimo soffrivano di una particolare malattia che però in battaglia si rivelava incredibilmente efficace. E proprio per questo avevano fondato un regno a loro stante e non volevano che nessuno si mischiasse con loro.

-ehi mia divina Deluna, guarda cosa ho fatto preparare da Shizuo apposta per te-

Roteai gli occhi. Certe volte Deva era veramente insopportabile. Ci provava con la prima bella ragazza gli fosse a tiro, non a caso quindi continuava a insistere sia con me che con Vessy.

-Deva non ti arrendi mai- gli dissi posando i miei occhi turchini su di lui. Era mattina e il capitano doveva ancora svegliarsi, quindi non c'era particolarmente caldo, si stava bene. Il capitano e Russo erano tornati alle due di notte, dopo aver scoperto dove gli idioti che aveva rubato i Rubens a Vessy si erano accampati. Avevamo quindi lasciato il porto principale per spostarci dall'altra parte di Wafter Island. Avevo visitato quest'isola un sacco di volte e ogni volta me ne innamoravo sempre di più. Era incredibile come potesse sembrare di essere all'aperto quando in realtà eravamo sotto metri e metri di acqua.

-come potrei arrendermi con una tale bellezza come te?- continuò lui sorridendomi. Anche se ci provava continuamente mi stava simpatico ogni tanto, e riusciva sempre a strapparmi un sorriso. Guardai quello che mi aveva portato: su un piattino stava una fetta di torta al cioccolato. Conosceva il mio punto debole, sia lui che Shizuo, il cuoco migliore sulla faccia della terra.

-Grande!- dissi io afferrando immediatamente il piatto e appoggiando il libro sulla tavola.

-lo so, modestamente...- e riprese a parlare. Ma non lo ascoltai. Ero troppo presa dal gustarmi la torta quando improvvisamente si spalancarono le porte della coperta.

-ho fameee!- esclamò Conràd uscendo dalla coperta. Subito dietro di lui c'era Eugen che stava ancora sbadigliando.

-allora ragazzi, che si mangia?- chiese lui portandosi una mano alla bocca. Il capitano Eugen era sempre così spensierato, e sembrava non avesse preoccupazioni. Avevo deciso di seguirlo perchè lui stesso me lo aveva chiesto. Avevo accettato perchè con lui forse avrei realizzato il mio sogno di vedere tutto il mondo e di riuscire a conoscere le culture di tutto il mondo. La mia era una storia complessa, dove il capitano aveva avuto un ruolo fondamentale. Se ora ero libera era solo grazie a lui. E nonostante avesse solo due anni più di me, lo ammiravo profondamente, e lo avrei aiutato con tutto ciò che potevo.

-per voi, Shizuo ha già preparato qualcosa in cucina- disse Deva scocciato.

-è una fetta di torta quella che vedo?- disse il capitano avvicinandosi a me. Mi sorrideva divertito, i capelli rossi spettinati come al solito, la barba appena fatta, la cicatrice immobile sulla guancia.

-mmm è buonissima- gli dissi io facendogli venire l'acquolina in bocca.

-e se il tuo capitano ti dicesse di dargliene un pezzo, eh Luna? -continuò lui avvicinandosi famelico. Faceva sempre così il capitano, scherzava e mi chiamava con i suoi soprannomi idioti.

-Eugen non prenderti la libertà di chiamare Deluna così!- protestò Deva.

-e tu non prenderti la libertà di chiamare il capitano per nome- disse Russo uscendo anche lui dalla coperta.

-ehi vecchio! Già sveglio! Non ti converrebbe dormire ancora un po'?- chiese il capitano girandosi verso di lui.

-ho 33 anni, mica 70- disse lui ridacchiando e avvicinandosi sul ponte.

-dov'è Vessy?-disse alle mie spalle Louis che ci guardava divertito.

-sarà a mangiare quella nullafacente! Ci sono ancora dei problemi con l'acqua calda!- disse Conràd avviandosi verso la cucina. Ridacchiai tra me e me. Ogni giorno sulla RedRoger era sempre così.

-a proposito dov'è Lady Lilith?- chiesi io al capitano, che nel frattempo si era già mangiato la mia torta con gli occhi. Mi bastò pronunciare il nome della mascotte del capo, Lilith appunto, che spuntò subito fuori. Le prime volte avevo sempre avuto timore verso quell'enorme serpente, che il capitano si portava sempre a spasso, come mascotte. Non avevo capito il perchè di quell'animale fino a quando non avevo visto il capitano combattere. Da lì era diventato tutto chiaro. Diciamo che non era un animale normale. Nei miei lunghi studi geografici e delle specie di animali che popolavano il mondo, inizialmente l'avevo classificata come Eunenctes Murinus, ovvero Anaconda Verde, l'esemplare più grande delle 4 specie di Anaconda. Però la sua pelle era particolare rispetto alle anaconde verde descritte nei miei libri. L'avevo studiata per qualche mese e poi ero giunta alla conclusione, che l'incredibile uso che ne faceva di Eugen era possibile solo grazie alla speciale composizione della sua pelle, che a questo punto la rendeva probabilmente l'animale più strano sulla faccia della terra. Lady Lilith silenziosamente era strisciata attorno al corpo del capitano ed mi aveva salutato mostrandomi i suoi canini, che seppur non velenosi, erano ben affilati.

-ehi ciao principessa- disse Eugen accarezzando la testa dell'animale. Era una scena abbastanza ridicola, il capitano che accarezzava quel serpente enorme che gli si era attorcigliato tutto attorno, e la cui testa era inclinata verso di me. Sembrava quasi che il serpente capisse tutto quello che il capitano gli diceva, perchè si lasciò accarezzare senza problemi.

-comunque Louis ti vedo un po' pallido, siete a posto voi con il cibo?- chiese Russo avvicinandosi.

Louis inarcò un sopracciglio e si alzò dalla sedia su cui stava annoiato, rivolto verso il mare.

-certo. Io e Conràd abbiamo raccolto abbastanza provviste ieri sera-

in effetti, la loro malattia gli impediva di mangiare tutto quello che noi semplici umani mangiavamo. Loro erano carnivori completamente, grano e vegetali non li potevano mangiare. Ciò che li rendeva però particolarmente forti però non era la carne fresca.

-Datemi una mano ad apparecchiare uomini idioti- esclamò Vessy uscendo dalla coperta. Trascinava con se un carrello su cui c'era tovaglia, piatti, coltelli e forchette.

-mangiamo fuori,oggi, sono ancora così incazzata che stare chiusa in cucina a mangiare con questo bel tempo mi fa venire il nervoso. Soprattuto con quell'idiota di Conràd che si lamenta come una femminuccia perchè ha l'acqua fredda. Che uomo sei, cazzo, se manco sopporti l'acqua a temperatura ambiente. Tsk sul serio...- e continuò a lamentarsi. In realtà Vessy era fantastica: si occupava di tutto, dalla manutenzione della nave, alla caldaia. Aveva i capelli corti mogano, da una parte rasati, l'orecchio sinistro ricoperto di orecchini e anellini vari. Non si sarebbe detto a un primo sguardo, ma quella piccola ragazza di 24 anni era un concentrato di ingegno e intelligenza. Era finita a far la pirata per ripicca, come tutte quelle persone che troppo intelligenti soffrono più degli altri, lei, nonostante quello che ostentava, non aveva un carattere forte. O almeno, non forte quanto il mio. Apparecchiavo e mentre pensavo a queste cose mi domandavo se non dovessi essere anche un po' fuori di testa, per essere cocciuta, testarda e determinata come ero.

 

 

Dopo aver salutato Michael eravamo uscite dalla sede dell'Organizzazione, ed eravamo giunte nella piazza principale. Ormai era mezzogiorno e c'era particolarmente tanta gente. Strano, considerando l'ora. C'era una confusione generale verso il centro della piazza. Mi voltai verso Ester, per vedere se anche lei come me era sorpresa: ovviamente no.

-come mai c'è tutta questa gente a quest'ora?- chiesi io.

-vedi, da quella parte c'è la via che porta direttamente al porto. Oggi arriva l'ambasciatore del Regno di Yamahn, accompagnato da un capitano e da una guardia reale. Probabilmente è appena arrivato, ecco perchè c'è tutto sto casino. Dai andiamocene a casa.- tagliò corto lei.

-vuoi evitare tua sorella?- la punzecchiai io.

-sarebbe una bella idea- disse lei passandosi una mano nei capelli rossi. Le sorrisi. Ester era proprio una tipa strana, interessante e da invidiare.

Camminammo velocemente verso casa. Zuma era sempre silenziosa, ma ogni tanto le lanciavo qualche sguardo di nascosto: avevo notato quanto in realtà fosse concentrata su tutto quello che accadeva intorno a noi. Sembrava pronta a scattare, pronta per ogni evenienza. Ma ce n'era veramente bisogno?

Quando finalmente arrivammo a casa, trovammo la porta già aperta. Qualcuno era appena entrato. Fin da subito Ester entrò sbuffando. Io e Zuma la seguimmo silenziose fino in cucina. C'era un dolce profumo di ragù e carne, e qualcuno stava chiacchierando allegramente.

Una ragazza dai lunghi capelli neri se ne stava tranquillamente seduta sul tavolo, con le gambe a penzoloni, stava chiacchierando con Amelia e con Maka. Si girò immediatamente verso di noi, e ci squadrò con i suoi occhi, gli stessi scuri e profondi di Ester. Aveva le sue stesse lentiggini, e il suo stesso portamento disinteressato e al tempo stesso incredibilmente seducente. Poi improvvisamente sul suo viso si fece largo un sorriso.

-ciao Ester!- disse scendendo dal tavolo e avvicinandosi a Ester. L'abbracciò con trasporto, come una bambina felice.

-ciao Anna- disse Ester un po' rigida. Tutto sommato sembrava contenta.

-sai che stai diventando proprio una bella tipa- disse Anna abbracciandola. -non ti dirò che strage di cuore faresti se ti arruolassi, perchè tanto so già come la pensi- continuò lei. Vidi Ester irrigidirsi ancora di più.

Era divertente vedere che effetto facesse una ragazza più piccola alla mia maestra. Guardava la scena divertita insieme a me, anche Maka.

Una volta sciolto l'abbraccio, Anna si girò verso di me, mi tese una mano.

-tu devi essere Marika, la nuova allieva! Figata! Tu cosa sai fare? Hai un Rubens anche tu?- mi chiese lei lanciandomi un'occhiata profonda con i suoi occhi scuri.

Mi prese un po' in contro piede perchè non sapevo che dire.

-si anche lei ha i Rubens- disse Ester al posto mio. La guardai. Perchè aveva mentito a sua sorella? Non dissi niente, aveva i suoi motivi.

-e tu invece?- chiese Anna riferendosi a Zuma. Zuma si limitò a fissarla in silenzio, senza dire niente.

-è una mia amica, venuta dalla mia isola per aiutarmi negli allenamenti- dissi io inventandomi qualcosa al momento. Guardai Ester, che sembrava leggermente meno tesa. Mi guardò in senso di approvazione, e si intromise nel discorso.

-beh dov'è Toshiro?- disse lei.

-è fuori con il tuo ragazzo- disse Amelia sorridente. Nel frattempo era ritornata ai fornelli a cucinare, quello che sembrava un pranzo con i fiocchi, senza rendersi conto di aver lanciato una bomba con quella frase. Gli occhi di Anna si illuminarono.

-cosa? Ester, tu, cuore di ghiaccio e insensibile anche al più tenero dei bambini, hai un ragazzo? E non ne sapevo niente? Mi sento profondamente offesa- disse Anna divertita ritornando a sedersi sul tavolo.

-non c'è granchè da dire...- disse Ester imbarazzata come non mai. Manteneva lo sguardo per terra, e non sapeva che dire.

-oh si invece. Voglio proprio conoscere il tipo in questione. Così poi ti dirò il mio parere di sorella minore- disse lei inclinando la testa di lato sorridente. In quel momento sentimmo la porta chiudere, e due voci maschili.

Vidi Ester irrigidirsi improvvisamente. Sorrisi divertita guardando Maka che se la rideva sotto i baffi. In quel momento entrarono in cucina due figure: Toshiro indossava una semplice maglietta a maniche corte, aveva diversi tagli sulle braccia, ma non sembrava badarci, e dietro di lui, molto più alto, e divertito c'era Kyle.

-quanta gente- disse Toshiro sbuffando.

Anna stava fissando seria Kyle, sembrava stesse cercando di ricordare qualcosa. Dopo qualche secondo imbarazzante, nuovamente ritornò sorridente e si avvicinò a lui.

-tu devi essere il ragazzo di mia sorella Ester! Piacere sono Anna- disse Anna allungando nuovamente la mano. Tra Anna e Ester probabilmente non c'era una grande differenza di età, anche se Ester sembrava più grande. Nonostante questo Anna era già arruolata, anche se non sapevo di che grado fosse.

-non mi avevi detto di avere una sorella- disse Kyle lanciando uno sguardo sorpreso a Ester, dopo aver stretto la mano a Anna. Sembrava confuso, e soddisfatto al tempo stesso.

-già, Ester non parla mai di me, solo perchè sono nella marina- disse Anna puntando gli occhi addosso a Kyle. Lui sorrise e poi ritornò a guardare Ester che teneva gli occhi bassi.

-Anna è appena diventato tenente, quindi è sempre in giro...- continuò Ester alzando lo sguardo imbarazzata. Come mai Ester non voleva si sapesse niente di sua sorella? E come mai non voleva far sapere a sua sorella certe cose?

-tutte scuse, Ester è l'unica famiglia che ho, quindi cerco di ritornare qui a Wafter Island spesso!- disse Anna lanciando uno sguardo risentito a sua sorella.

-immagino tu sia venuta con le guardie reali allora...- disse Kyle continuando a guardare Anna attentamente.

-esatto. Anzi, ora che mi ci fate pensare, sono in ritardo per il pranzo ufficiale con il sindaco...- disse Anna voltandosi verso Amelia.

-per sta sera dovrei esserci a cena Amy. - si avvicinò alla dolce vecchietta, le schioccò un bacio sulla guancia e poi si voltò verso di noi. Notai in quel momento che indossava una gonna blu, che le partiva dalla vita e le arrivava appena sopra al ginocchio, morbida e larga, con un bordino bianco. Aveva una camicetta bianca a maniche corte, e un nastro blu e oro le passava sotto il colletto. Era quella la divisa della marina di Yamahn? Il grande Regno da cui proveniva sia Maka che Toshiro? Si avvicinò al tavolo dove c'era appoggiata una giacca bianca, dalle lunghe maniche bianche. Se la indossò velocemente, e vidi solo in quel momento ce sulla manica sinistra c'erano attaccate due stelline dorate. Che indicassero il grado?

-E' stato un piacere ragazzi, ma devo scappare. Devo fare un discorsetto con te, Ester, prima di andarmene. Ciau- e se ne uscii a falcate dalla stanza. Quella ragazza era un terremoto. Guardai Ester, che sospirò profondamente.

Quando sentimmo chiudere la porta, feci per aprire bocca.

-non dire nient'altro per favore- disse Ester passandosi una mano tra i capelli.

-è pronto ragazzi- ci interruppe Amelia -datemi una mano ad apparecchiare.-

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** U ***


U

 

Dopo pranzo Ester sparì per un po'. Trascorsi qualche oretta a cercare di perfezionare il mio Mithra, senza grandi successi, sotto gli occhi vigili e pazienti di Zuma. Maka stava studiando in camera sua, mentre Toshiro provava un paio di esercizi con i Rubens in giardino facendomi compagnia. Era una bella giornata soleggiata, e nonostante fossimo sott'acqua il cielo azzurro faceva da contoro a un osle scintillante. Verso il tardo pomeriggio, quando ormai mi ero stufata di fare pratica, arrivò nuovamente Ester: senza tanti convenevoli ci fece cambiare e ci portò fuori.

Stavamo camminando da un po' ormai, e non ci aveva ancora detto dove eravamo diretti. Intanto per le vie di Wafter Island c'era tantissima gente, come la sera in cui avevo incontrato Michael. Chissà dove era finito ormai, doveva essere già partito da un pezzo. Sospirai. Chissà se lo avrei più rivisto. Mi sforzai di non pensarci molto.

-dove andiamo Ester?- sbuffò un Toshiro annoiato. Si passò la mano nei suoi capelli bianchi foltissimi, sudato per il caldo di quella giornata.

-taci e sta zitto- disse Ester enigmatica. Aveva legato i lunghi capelli rosso rubino in una coda alta, e ad ogni suo passo, la coda ciondolava da una parte all'altra con fare energico. Maka invece era silenziosa e si guardava attorno. In effetti eravamo ormai arrivati in una zona della città che non avevo mai visto prima: non che comunque fossi da molto tempo su Wafter Island.

-ho capito dove stiamo andando!- esclamò ad un tratto Maka.

-dove?- chiesi io incuriosita.

-al porto! Vedo il mare da qui!- disse lei indicando alla nostra sinistra. E infatti poco dopo svoltammo per una viuzza secondaria: il mare di fronte a noi brillava. Sorrisi. Mi piaceva il mare.

Ester però sembrava inarrestabile, e continuava a camminare. Sbucammo finalmente sulla strada principale. Dovevamo fare attenzione ai carri che passavano, senza contare le grida di marinai e pescivendoli. C'era ancora così tanta confusione nonostante fossero le cinque di pomeriggio?

-Vedete quella- disse Ester sorridendo e indicandoci una nave. Ci avvicinammo velocemente, facendo lo slalom tra la gente. Quando fummo più vicini, la osservai bene. Era una nave incredibilmente grande rispetto alle altre. Le uniche eccezioni erano altre due navi molto grandi, di colore molto più scuro.

Marika si voltò verso di noi e ci sorrise soddisfatta. Incrociò le braccia e cominciò a parlare.

-secondo voi, come può la nostra organizzazione permettersi il vostro mantenimento, permettersi un edificio in centro città e permettersi di dare uno stipendio a molti altri come me e come voi?-

-non ci avevo mai pensato- disse tutto ad un tratto Toshiro, infilandosi le mani nei pantaloncini blu scuro.

-da te non mi sarei aspettata molto infatti- lo canzonò Ester. Poi puntò gli occhi verso me e Maka, che sembrava improvvisamente pensierosa.

-beh...la retta che i miei genitori hanno pagato in effetti era piuttosto bassa...- disse la biondina.

-non guardate me, che vengo completamente da un altro mondo. Per me è già abbastanza strano vedere tutta questa gente, tutte questa case, tutte...- ma non mi lasciò finire Ester, perchè riprese a parlare.

-bene. Allora l'organizzazione oltre a recuperare le varie armi maledette, si occupa anche di recuperare i tesori, o oggetti di valore perduti. Mi spiego meglio. Se io sono un povero vecchietto collezionista, e dei loschi pirati o ladri, o non so, mi hanno rubato qualcosa, se voglio essere sicuro che quel “qualcosa” mi ritorni tra le mani, a chi mi rivolgo? All'organizzazione di Wafter Island ovviamente.-

-aah giusto...- dissi io ad alta voce.

-ma non basterebbe chiedere allo sceriffo della propria città?- chiese Maka confusa.

-non puoi chiedere allo sceriffo se quel “qualcosa” non dovresti possederlo. Diciamo che la gente che si rivolge a noi è tanta, e vuole affidabilità, ma sopratutto riservatezza- disse Ester appoggiando le mani sui fianchi divertita.

-e quindi la nave?- chiese Toshiro.

-ovviamente come ci vai in capo al mondo senza un imbarcazione? Questo gioiellino che vedete alle mie spalle è la Canasta, non è la migliore, ma di certo la più grand etra quelle di cui disponiamo. C'è persino una palestra bordo. Saliamo, vi faccio vedere- disse Ester elettrizzata. E la potevo capire. Per me salire su quella cosa galleggiante era un qualcosa di assolutamente incredibile. Da quando le avevo viste a Wafter Island, mi ero sempre domandata come fosse la vista da lì sopra. Il viaggio che avevo trascorso su Gleys non era minimamente confrontabile con quello che doveva essere viaggiare all'aperto. Dopo cinque minuti eravamo su quello che Ester aveva chiamato “ponte della nave”. La visuale da lì sopra era molto più bella. Riuscivo a scorgere il fondo del lungo viale su cui eravamo, e persino la fine del porto. Fantastico. Ester era sparita all'interno della nave chiamando un certo “Jack”. Ne avevo così approfittato per arrampicarmi sul tronco più grosso della nave, che Ester aveva chiamato “albero maestro”. Sfruttando anche il cordame, in pochi secondi ero arrivata fin sulla cima. Dopo aver passato tutta la mia vita in una foresta, sapevo ben come arrampicarmi su qualsiasi cosa. E nonostante mi fossi arrampicata dappertutto, la vista che mi si parò davanti fu incredibile. Vedevo quasi tutta la città dall'alto. Il sole stava per iniziare il suo tramonto, la sua luce si rifletteva sull'orizzonte del mare, le persone popolavano le vie, bambini che giocavano e che si divertivano, animali che trainavano carri. In fondo riuscivo anche a scorgere la foresta e probabilmente la spiaggia su cui ero naufragata e dove mi aveva trovato Jason.

Ad un tratto mi sentii chiamare, e feci per scendere, quando notai che infondo a una viuzza, correva disperato un ragazzino che assomigliava proprio a Jason. Cercai di mettere a fuoco meglio la sua figura, e mi resi conto che era proprio lui. Un po' sorpresa, decisi di scendere.

Arrivata sul ponte c'era un'altra persona.

-ragazzi, avete di fronte a voi il migliore cuoco del mondo, Jack.- disse Ester soddisfatta, indicando un uomo pelato, non molto alto e non molto magro, che ci sorrideva con qualche dei suoi denti dorati.

Non seppi mai perchè, ma fin dalla prima volta che lo vidi, mi stette subito simpatico. Stavo per aggiungere qualcosa, quando apparve un Jason urlante, apparve arrampicarsi da una sponda della nave.

-Ester! Ester!- gridava piangendo. Che diavolo poteva essere successo?

Ester si voltò verso di lui roteando gli occhi.

-che vuoi moccioso- disse lei incrociando le braccia.

-è urgente, sono in pericolo! Dobbiamo andare a salvarlo!- disse lui, finalmente riuscendo a salire a bordo.

Ester sbuffò, e fece cadere le braccia.

-cosa hai combinato questa volta? E smettila di piangere, hai 10 anni- Eppure nonostante l'atteggiamento rilassato di Ester, Jason sembrava incredibilmente esasperato. Jason corse immediatamente verso di noi, cercando di asciugarsi il viso come meglio poteva.

-hai presente i figli del dottor Wave, l'amico di mio papà?- chiese lui singhiozzando.

-mmm...si la bambinetta e il bambino biondino più grande...com'è che si chiamano...- disse Ester pensierosa.

-Angelica e Richard! Eravamo andati a fare un'esplorazione nel bosco, come quelle che faccio di solito da solo!- probabilmente come quando lo avevo incontrato per la prima volta.

-e quindi?- lo incoraggiò Ester. Non sembrava più tranquilla.

-questa volta siamo andati nella porto naturale, dove c'è la spiaggia, subito dopo la radura e le case di pietra...e però sono spuntati degli uomini! Avevano un brutto teschio disegnato come tatuaggio, e hanno cominciato a rincorrerci. Uno aveva una spada grossissima, e curva...e anche se era il più giovane faceva tantissima paura. Non sapevo cosa fare e … io sono riuscito a scappare, ma Richard E Angelica li hanno presi e li hanno portati dove hanno delle grandi tende...non ho potuto fare di più... è colpa mia....se lo sa papà mi manderà davvero in collegio...io non voglio, ho para che possano fargli del male...dovevi vedere gli occhi di quel ragazzo...-

-era alto, castano, molto magro e un sorriso folle da idiota?- chiesi io. Avevo già capito chi fosse. Era quel pazzo scatenato di Adriàn. Quel grandissimo e colossale idiota.

-si...come fai...?- mi chiese lui sorpreso.

-Quel matto si chiama Adriàn, e purtroppo è molto più folle di quello che sembra- dissi io ricordandomi di quando mi aveva portato a fare il tatuaggio. Lui e il tatuatore chissà cosa mi avrebbero fatto se Michael non fosse intervenuto. Rabbrividii al solo pensiero.

-Sono i mercenari del Teschio, vero?- mi chiese conferma Ester. Annuii. C'era poco da scherzare con Adriàn.

-dobbiamo andare a salvarli. Se li lasciamo lì, Adriàn gli farà veramente del male...- dissi io seria.

-okay. Basterò io, tu Jason verrai con me, perchè mi devi far vedere il punto esatto, voi ragazzi andate ad avvertire il sindaco, tu Jack avverti Kyle, dovrebbe essere nei paraggi, e mi raccomando: non dite niente a mia sorella.-

-io vengo con te- dissi risoluta. Volevo anche io essere utile per una volta, ed ero l'unica che conosceva abitudini e persone che popolavano l'accampamento dei mercenari.

-tu non vieni da nessuna parte- mi disse Ester guardandomi sorpresa.

-no, avrai bisogno di me. Non sai come muoverti senza farti beccare nell'accampamento. Senza parlare del fatto che io potrei distrarli con la scusa del Jano...loro sono qui per me dopotutto... e poi Zuma immagino verrà con noi, vero?- mi voltai verso la mia amica silenziosa. Mi seguiva sempre, e nonostante non dicesse mai niente, aveva la situazione sotto controllo.

-sono qui per questo. Ho l'ordine di proteggerti fino a quando non sarai più in pericolo- disse lei annuendo. Lessi nei suoi occhi un bagliore di sfida e di divertimento. Ci voltammo entrambe verso Ester, che sospirò.

-vedete di non starmi tra i piedi. Andiamo su-

 

Ero partito subito con le idee molto chiare: avevo salutato Marika, la rossa e quella strana ragazza dai capelli bianchi ed ero subito partito alla ricerca di un cavolo trasporto per andare verso la mia isola natale: la città di Averiam. Avevo così passato tutto il giorno in giro per il porto e avevo fatto la brutta scoperta: quel giorno tutti i trasporti sarebbero stati interrotti per ragioni di sicurezza, per l'arrivo della delegazione dal Regno.

Ero bloccato su Wafter Island. Avevo passato così mezza giornata in giro, perlustrando quella strana città dove avevo finalmente avevo deciso di prendere in mano la mia vita. Non avevo mai fatto grandi decisioni nella mia vita, una delle mie regole era : poche regole ma rispettarle. Non avevo mai ucciso nessuno, non avevo mai fatto del male a bambini o a donne, non avevo mai stretto nessun legame. Ora mi trovavo però di fronte al fatto che : avevo stretto uno strano rapporto con Marika. Avevo infranto una delle mie regole non scritte. E come se non bastasse ne avevo aggiunta una, che si rivelava sempre più importante. Avevo il timore che quella nuova regola sarebbe diventata quella di vitale importanza. Quella che avrebbe scandito tutte le mie azioni future. Sospirai.

Stavo passeggiando tra le brulicanti vie di Wafter Island, con tatuaggio ovviamente coperto emnmmn cappello calato sugli occhi per evitare di attirare troppa attenzione. Erano le quattro del pomeriggio quasi, quando mi venne addosso una ragazza. Aveva dei lunghi capelli corvini e un viso che avevo già visto. Portava la divisa da ufficiale della marina. Lei mi lanciò uno sguardo veloce, mi sorrise e si scusò. Proseguì di fretta poi per la sua strada. Mi bloccai un attimo ad osservarla andarsene. Era uguale all'amica di Marika. Alla rossa.

Non mi posi altre domande e continuai a camminare per la mia strada. Ma le sorprese non erano finite. Annoiato da continuare a girare per la città senza fare granchè, decisi di andare verso casa di Marika. Avrei osservato da lontano se c'era qualcuno o meno. Avevo un giorno intero da trascorrere prima di tornare a casa e di verificare che mamma stesse bene. Tanto valeva tenessi d'occhio un'altra persona di cui mi importava. Era strano da ammettere in effetti. Non sapevo nemmeno io da dove venisse quella consapevolezza. Tutto a d'un tratto sta mattina mi ero reso veramente conto di quanto potesse essere importante avere un rapporto con un'altra persona, e in questo caso Marika. Aveva capito e mi aveva obbligato a muovermi, a smettere di rigirarmi nel dolore. Speranza, ecco cosa mi aveva dato. E forse Marika è anche un po' troppo ingenua, ma il suo entusiasmo è contagioso. Nel momento stesso in cui ero uscito da quella specie di pseudo prigione, avevo capito che la lista di persone importanti si era allargata, e oltre a me, e a mamma, c'era anche lei.

Mi arrampicai molto facilmente al balcone di una casa che stava proprio sul retro. Nelle viuzze laterali non c'era nessuno, e quindi era molto più sicuro salire da lì. Raggiunto il balcone, mi raggiunsi sul tetto. Potevo vedere perfettamente il giardino centrale. C'erano una vecchietta che faceva avanti e indietro sbattendo una tovaglia. Lo stesso ragazzo che avevo visto quando la Rossa mi aveva portato in quella casa, si stava esercitando con i Rubens, mentre più in là c'era Marika. Stava in piedi, un po' nascosta dal grande albero centrale, immobile.

Rimasi ad osservarla qualche secondo. Aveva dei lunghi capelli mossi che le scendevano quasi fino alla fine della schiena. Ricordai quando l'avevo portata nella mia tenda ancora vestita di soli stracci, prigioniera di noi mercenari. E Adriàn ce l'aveva a morte con lei. In effetti non avevo ancora capito come avesse fatto a fargli così del male la prima volta che si erano incontrati. Certo era che Marika doveva nascondere qualcosa, qualcosa nemmeno lei sapeva di possedere.

Rimasi ancora un oretta a guardare cosa combinasse, quando improvvisamente se ne uscì di casa insieme alla Rossa, al ragazzo dai capelli bianchi e alla ragazzina bionda. Contento di non dover stare più fermo in quella posizione mi misi a seguirli per le strade.

Ormai ero diventato piuttosto bravo a non farmi beccare da quelli che seguivo, quindi non mi stupii più di tanto se la Rossa, dopo essersi guardata un paio di volte le spalle, non si accorse di niente. Erano giunti al porto principale, ed erano saliti su una grandissima nave, un vascello enorme e molto bello. Poteva costare almeno quanto un Gleys! Mi nascosi tra al folla nel molo, quando vidi un ragazzino dai capelli rossi e vispi avvicinarsi alla nave, chiedendo aiuto. Si arrampicò velocemente e in qualche modo riuscì a salire a bordo. Non capii bene cosa successe, ma dopo poco scesero tutti, compreso un uomo che non avevo mai visto. Era calvo e sembrava anche piuttosto vecchio. Doveva essere successo qualcosa.

 

Note autrice

Ciau ragazzi :)

scusate il ritardo! Sto ricontrollando tutti i capitoli mano a mano, aggiungendo anche dei dettagli in più! Li potete trovare in formato pdf sul mio sito www.elenalucia.com nella sezione “Femmina Alfa” :) presto la storia si concluderà, sto solo cercando di far combaciare gli ultimi pezzi, ma ci siamo dai! Spero questa storia non vi stia annoiando, anzi! Terminata questa, mi rimetterò a sistemare anche Angelica, perchè si conclude troppo velocemente per i miei gusti e non si capisce bene (secondo me)! Lasciate un commentino su cosa ne pensiate della storia, su quali sono i vostri pairing preferiti e quale è il personaggio in cui più vi rispecchiate :D

Al prossimo capitolo bellii :)

 

Elena  

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** V ***


 

V

 

Seguimmo Jason velocemente tra le miriadi di stradine nascoste dietro il grande viale principale del porto. Vi era tantissima gente, quindi non potevamo nemmeno correre, anzi continuavamo a fermarci per non perderci di vista. Dieci minuti dopo, finalmente ci stavamo avvicinando alla foresta, ai lati della città, e mi sembrava fosse passata un eternità. Arrivati finalmente all'inizio del “bosco” dell'isola, Jason ci fece segno di procedere silenziosi. Camminammo per un po' in silenzio, fino a quando non arrivammo alle case di pietra,dove avevo conosciuto Jason quando ero naufragata sull'isola.

Improvvisamente sentimmo un rumore. Trasalii. Rizzai le orecchie, immobile con il respiro bloccato. Foglie secche calpestate, seguite subito dopo un sospiro annoiato. Sbattei gli occhi, sperando con tutto il cuore che non si trattasse di lui. Mi sporsi da dietro la casupola in rovina per vedere chi fosse. Deglutii quando riconobbi la figura. La sfiga delle sfighe. Adriàn.

Mi voltai silenziosamente verso Ester, Jason e Zuma che erano sparsi nascosti dietro altre rovine. Avevo gli occhi sbarrati per l'ansia, e probabilmente lo notò anche Jason, perchè mi sorrise. Ma ti pareva il momento di ridere? Idiota.

Poi improvvisamente il suo viso sbiancò. Ester mi fece cenno di andare via. Capii in quel momento perchè. Adriàn stava venendo esattamente nella mia direzione. Non sembrava si fosse accorto di nulla, ma se si fosse avvicinato troppo, mi avrebbe scoperta. Cavolo, se mi beccava era un casino. Non ero ancora pronta per riuscire a tener testa a un tipo del genere. Guardando nella direzione di Ester, vidi Zuma che mi faceva dei segni strani. Non sembrava ne preoccupata ne particolarmente agitata, aveva solo un po' di fretta. Non riuscivo a capire cosa stesse facendo.

I passi però continuavano a dirmi che Adriàn era sempre più vicino. Dovevo inventarmi qualcosa al più presto, o non mi sarebbe rimasto che combattere. Forse avrei dovuto attaccarlo subito, visto che avevo ancora a mio vantaggio l'effetto sorpresa, ma quanto sarei riuscita a fargli? Non molto. Mi ci voleva ancora un po' per utilizzare il Mithra, avevo bisogno di concentrazione...e poi non sapevo nemmeno le mosse base, sapevo solo come percepire i respiri, il ritmo e i battiti del suo cuore. Cosa mi serviva questo?

Si bloccò. Era ad un passo da me ormai. Cosa cavolo stava facendo?

-Che noia fare la guardia...non c'è nessuno da ammazzare qui in giro...- disse lui stiracchiandosi. La sua voce sembrava incredibilmente rilassata. Tirai un sospiro di sollievo, forse non si sarebbe avvicinato ancora. Mi sbagliavo. Fece un altro passo. Okay adesso era esattamente davanti al resto di muro, dietro cui mi nascondevo. Guardai ancora una volta disperata Ester, la quale stava già per alzarsi e venire fuori allo scoperto. Zuma invece aveva preso un coltello e me lo indicava. Cavolo, ora avevo capito. Sfilai il Jano dalla custodia, e lo presi tra le mani. Bene, e adesso?

Passai un dito speranzosa sul simbolo del leone, che subito si illuminò. Chiusi gli occhi e trattenni il respiro. Non so bene cosa successe. So solo che, quando Adrian mi passò a fianco, mi sorrise e si chinò verso di me, dicendo:

-ma come, c'è un gattaccio come te da queste parti? - e mi passò una mano sulla testa. Ero inorridita e incredula. Gattaccio? Io? Provai a dire qualcosa ma mi uscii solo un “miao”. Abbassai lo sguardo per terra. Cavolo. Le mie mani non erano più mani, ma erano zampe ricoperte di un bel pelo chiaro.

Che figata! Sorrisi, sicura che lui non potesse capire. Te l'avevo fatta Adriàn del cavolo! C'eri cascato come un idiota! Provai a ridere tra me e me divertita.

Lui non sembrava accorgersi di quello che stavo pensando, anzi. Mi fissava sorridente con i suoi occhioni verdi e arancione ruggine. Sembrava meno folle di quando lo avevo visto la prima volta. In ogni caso, mi sentivo potente per essere riuscita ad imbrogliarlo. Lui continuava ad accarezzarmi la testa. Poi improvvisamente qualcosa gli brillò negli occhi.

-vieni con me, micio- e non feci in tempo a scappare che mi passò una mano sul ventre per tirarmi su. Mi resi conto in quel momento che, in quanto gatta non ero vestita. Anzi, una volta che mi alzò da terra, potei vedere bene che i miei vestiti erano rimasti a terra, nascosti dalle foglie.Cavolo. Come poteva non essersene accorto? Probabilmente durante la trasformazione, mi ero mossa in mdo da spostare le foglie e da nascodere in parte i vestiti. Mi sembrava incredibile che non se ne fosse accorto.

-dai gattaccio, sali qui- mi appoggiò sulla spalla, come se fossi un pappagallo. Quel ragazzo non aveva tutte le rotelle al proprio posto. Lanciai un veloce sguardo a Ester che mi sorrideva divertita, e mi faceva segno di ok. Appena cominciammo ad allontanarci infatti, tutti e tre cominciarono a seguirmi di nascosto. Mi dovetti aggrappare alla testa di Adriàn per non cadere.

-ehi ahia, così mi hai fatto male!- disse lui posizionando meglio le mie zampette. Ero sorpresa. Mi sarei aspettata di peggio da un tipo come lui, come per esempio l'essere lanciata contro un albero o qualcosa del genere. Dove mi stava portando? Dopo qualche minuto giungemmo alla spiaggia dove ero naufragata. Quando ero arrivata io era pressocchè vuota, adesso invece c'era un grande accampamento di tende e tendine. Passando tra le tende, riconobbi un sacco di visi conosciuti, e tra questi cercai anche quello di Cheyenne. Forse lei non mi avrebbe fatto del male. La stessa cosa valeva per Ariadne, che era una semplice schiava alla fine, ma che mi aveva sempre dato una mano. Mi stavo guardando intorno, quando mi prese dalla sua spalla, e mi appoggiò a terra.

-sono qui i mocciosi? Vorrei parlare con loro- chiese lui a una delle due guardie che presidiava l'ingresso di una grande tenda.

-si, prego.- disse una delle due guardie.

Adriàn entrò, e mi fece cenno di seguirlo. Che cosa voleva fare?

Nella tenda non c'erano molti mobili, anzi, solo una specie di divanetto al centro, dove due bambini stavano legato e seduti. Uno lo riconobbi subito, era Richard. L'altra bambina invece doveva essere sua sorella Angelica. Senza nemmeno impegnarmi più di tanto li avevo trovati!

Richard aveva gli occhi lucidi, mentre sua sorella sembrava aver già pianto abbastanza.

-mocciosetti, vi ho portato una cosa divertente da vedere.- disse lui sorridente.

-non ci interessa! Vogliamo solo tornare a casa! Appena il mio papà lo saprà...-

-non potrà fare niente, perchè noi siamo in tanti e troppi. Troppi persino per le misere guardie che proteggono questa insulsa isola sottomarina. Pagheranno il riscatto come tutti gli altri, e se non lo faranno, vi venderemo come schiavi. Adesso sta zitto e guarda. Come si chiama la tua sorellina?- disse divertito indicando la bambina. Era più piccola di Richard, ed era molto diversa da lui. Aveva due occhioni scuri, la pelle chiara e i capelli neri. Niente a che vedere con Richard. Ma sul serio erano fratelli?

-...il mio nome è Angelica.- disse lei deglutendo, e mantenendo lo sguardo fisso su di lui. Entrambi convinti, cocciuti e testardi, non accennavano ad abbassare lo sguardo, seppur impauriti. Angelica stava persino tremando. Purtroppo non avevano capito, che proprio questo era il gioco di Adrian. Lui stava bene a vedere le persone stare male.

-vedete questo bel micio che ho trovato? Adesso ve lo scuoierò davanti agli occhi, vivo. Vedrete come sarà divertente.- disse lui estraendo un arma. Se con “micio” si riferiva a me, avevo avuto nuovamente la conferma che no, in questa settimana in cui non c'eravamo visti, non era per niente migliorato.

-fai schifo!-disse Richard di getto. Provò anche ad alzarsi dal divanetto, ma era legato a sua sorella e allo schienale quindi non riusciva a muoversi.

-oh si, la gente lo dice spesso. Sopratutto prima di essere ammazzata!- disse lui. Mi prese per la coda e mi trascinò verso di lui. Si sedette per terra, e mi appoggiò sul suo grembo. Okay, le cose cominciavano a non andare più tanto bene. Dovevo inventarmi qualcosa.

Ad un tratto però sentii una voce femminile che lo chiamava. La riconobbi! Era Cheyenne! Lo stava cercando. Lo sentii sbuffare, e mi appoggiò a terra. Sicuro che io non avessi capito niente. Appoggiò vicino a me, anche il coltello che voleva utilizzare su di me, e uscì un attimo dalla tenda.

Non persi alcun secondo utile. Quello era il momento buono.

Presi in bocca il pugnale e corsi verso i due bambini. Saltai sul grembo di Richard, il quale in qualche modo di nascosto era riuscito a liberare una mano. Mentre provava a tagliare la corda che lo teneva legato al divanetto, cercavo di rosicchiare e graffiare la corda che teneva legati di due fratelli, senza però ottenere grandi risultati. Quando finalmente Richard riuscì a tagliarla, sentimmo Adrian che si stava nuovamente avvicinando. Dovevamo scappare in qualche modo. Corsi verso una delle pareti della tenda, ricordando che da quella parte eravamo più vicini alla spiaggia. Senza pensarci tanto mi lanciai verso una parete della tenda, seguita da Richard e Angelica, che in qualche modo correvano insieme, ancora legati dalla corda. Ci buttammo sotto la tenda, cercando di uscire da lì, e in quel momento entrò Adriàn, perchè esclamò:

-Ma dove volete andare!- disse lui ridacchiando venendoci in contro. Era sicuro di sè lo stronzo. Mi voltai verso di lui, mentre Richard e Angelica, cercavano di alzare la tenda per passare e uscire fuori. Ma se non ce l'avevano ancora fatta doveva essere proprio pesante. Okay, in qualche modo dovevo prendere tempo. Mi distanziai dai due bambini, e mi voltai verso Adriàn che ci osservava divertiti.

-quindi è merito tuo gattaccio- disse lui, prendendo in mano il pugnale che avevo portato a Richard.

Dovevo trovare un modo per sfondare la parete della tenda. Ma nelle sembianze di gatto non potevo di certo farlo. Cominciai a guardarmi in giro.

-è inutile che cerchi di spaventarmi con quei tuoi occhi strani...sei solo un gatto- disse lui avvicinandosi di più. Non sembrava quasi nemmeno interessato ai due bambini che stavano fuggendo. La sua attenzione era totalmente su di me. Mi guardava con quei suoi occhi carichi di entusiasmo e passione. Brillavano da quanto erano divertiti. Che avesse capito qualcosa? In ogni caso, nello stato in cui ero non potevo fare granchè. Si avvicinò, io indietreggiai. Si rannicchiò divertito, avvicinando la faccia al mio muso. Dovevo trasformarmi di nuovo. Chiusi gli occhi e ripensai a come avevo fatto prima. Una sensazione di freddo mi invase. Spalancai gli occhi.

Ero in piedi, coperta solamente dai miei lunghissimi capelli, mentre Adriàn ai miei piedi mi fissava stupito.

Sorrisi soddisfatta.

Durò un attimo però, perchè posi subito distanza tra me e lui.

Lui continuava a puntarmi gli occhi addosso. Fece un fischio di compiacimento. Continuava a rimanere per terra.

-lo sapevo che i miei sensi ci avevano visto giusto- disse più a sé stesso.

-ma davvero sei tu?- Continuava a guardarmi insistentemente negli occhi. Poi fece il suo sorriso da depravato che tanto mi aveva spaventato, e che ancora mi faceva effetto. Deglutii. Tutte le mie certezze stava per sgretolarsi. Poi però riflettei. Adriàn era solo uno stupido e un pazzo. Non potevo di certo morire per mano sua. Considerando anche il fatto che niente poteva ferirmi. Perchè avere paura, Marika? Mi calmai e cercai di essere il più razionale possibile. Dovevo fuggire, l'effetto sorpresa ormai era stato usato. Inoltre ero praticamente nuda, se non per i miei lunghi capelli che in parte mi coprivano. In quel momento non mi interessava molto però, in effetti anche in versione gatta ero nuda. Intanto Adriàn si alzava, senza accennare a togliersi quel sorriso sadico che aveva in volto. Ero riuscita ad attirare la sua attenzione, su di me e non sui i bambini. Lanciai uno sguardo verso di loro, ma notai con piacere che erano spariti. Erano riusciti a uscire. Bene, ora dovevo scappare io.

-non sai quanto io sia contento di vederti, Marika- disse lui guardandomi stregato. Il fatto di essere praticamente nuda di fronte a lui, non mi imbarazzava più di tanto. Non sapevo perchè, ma questa consapevolezza mi sorprese.

-non sei ricambiato- dissi io sorridendo indietreggiando.

-non vedo l'ora di ammazzarti. Non me lo hanno lasciato fare prima, ma adesso che vogliamo solo il tuo Jano, non devo più trattenermi- disse lui guardando la mia mano destra. Mi resi conto in quel momento di avere in mano il mio Jano.

-facciamo un'altra volta che dici?- dissi io divertita. Guardai nuovamente il Jano, il leone si illuminò di nuovo, chiusi gli occhi e quando li riaprii ero di nuovo un gatto. Lui era ancora sorpreso da quanto avevo appena fatto, che mi riuscii incredibilmente semplice, uscire dal buco che Richard era riuscito a fare nella tenda. L'aveva sollevata in qualche modo ed era passato. Una volta uscita cominciai a correre, seguendo le orme dei ragazzi. Per fortuna non eravamo nel centro dell'accampamento, altrimenti non avremmo avuto scampo. Corsi più velocemente che potei, seguendo le orme, e dopo un paio di tende ci trovammo sulla semplice spiaggia. Stavano correndo cercando di avvicinarsi alla foresta, in qualche modo. Facevano fatica ad andare avanti però perchè erano ancora legati. Corsi verso di loro, e mi resi conto in quel momento che dietro di me, mi rincorreva Adrian. Era uscito immediatamente dalla tenda e mi aveva quasi raggiunto. Ma era una persecuzione quel ragazzo!

Improvvisamente sia Richard che Angelica caddero nella sabbia. Poveretti, avevano bisogno di una mano. Li raggiunsi, ma notai che Angelica si era sbucciata il ginocchio, e mi resi conto che entrambi erano scalzi, e quindi nella corsa si erano un po' tagliati i piedi. Mi voltai verso Adriàn, che però non era più solo, dietro di lui c'erano altri tre uomini che avevo visto di sfuggita durante la mia permanenza tra i mercenari. Okay, le cose non stavano andando per niente bene.

Si stavano avvicinando troppo. Guardai avanti a noi. La foresta era qualche decina di metri da noi. C'eravamo allontanati di una decina di metri dall'accampamento, ma eravamo troppo vicino comunque. Mi misi davanti ai due fratelli. Nessuno di quei brutti ceffi li avrebbe toccati.

Dovevo trasformarmi di nuovo. Tenevo il Jano in bocca, e li guardavo nel peggior modo possibile.

-cosa credi di fare in quella forma, Marika?- disse Adriàn divertito. Altri uomini si stavano avvicinando dall'accampamento. Richard e Angelica dovevano sforzarsi ad andare avanti, io in qualche modo avrei preso tempo.

Uno dei due uomini che era con lui si avvicinò a noi. Chiusi gli occhi.

Quando li riaprii, con il Jano saldo nella mano destra, l'uomo si era bloccato. Era sorpreso. Come tutti. Adriàn invece sorrideva. Ero ancora inginocchiata a terra, con i lunghi capelli che mi coprivano perfettamente.

-Ragazzi, io non posso essere ferita, quindi per favore sforzatevi di andare avanti, io vi copro. - dissi io guardando Richard e Angelica. Entrambi con gli occhi sgranati annuirono. Ripresero a camminare in qualche modo.

-occupatevi voi dei bambini, io mi occupo di lei- disse Adriàn mantenendo gli occhi puntati su di me. Come un leone ha fissato la sua preda e non la lascia sfuggire. Questa volta avremo finalmente sistemato i conti. Ad un tratto fece una cosa non mi sarei aspettata. Cominciò a slacciarsi la camicia.

Non staccava mai gli occhi dai miei. Inanto gli uomini e non si erano ancora mossi. Cosa stavano aspettando? Richard e Angie si stavano allontanando sempre di più.

-non mi sono mai sentito così prima di uccidere qualcuno.- disse, e mi lanciò la sua camicia. Cosa voleva fare?

-se non ti vesti, non riesco a concentrarmi, e voglio godermi fino in fondo questo scontro- spiegò appoggiandosi le mani sui fianchi. Il suo sguardo era sempre lo stesso, quello di un folle. Senza staccare gli occhi dai suoi, indossai velocemente la camicia, che era abbastanza lunga da coprirmi completamente. Mi alzai in piedi e arrotolai le maniche.

-Cheyenne pensaci tu a loro- continuò. Mi irrigidii. I due uomini non si erano mossi perchè alle mie spalle era apparsa Cheyenne. Mi voltai verso di lei. Quella che era stata una mia carissima amica, la prima.

Cheyenne stava tenendo bloccati per il collo entrambi i ragazzi, che provavano a dimenarsi.

-ti prego Cheyenne, non fargli del male, lasciali scappare!- la implorai io. Non potevano passarci di mezzo anche dei poveri ragazzini! Ma lei non mi guardava, cercava di concentrarsi su quanto stava facendo.

-rimani concentrata su di me- disse Adriàn. Mi voltai appena in tempo verso di lui. Era di fronte a me, e mi stava attaccando. La scimitarra pronta a cadere su di me come una ghigliottina. Feci un passo indietro, cercando di non perdere l'equilibrio.

Era scoperto. Era il mio turno. Impiantai il piede destro e mi sbilanciai per colpirlo in avanti.

-lenta- disse lui, colpendomi allo stomaco con una ginocchiata. Il colpo fu così forte che mi ritrovai qualche metro a terra indietro. Dolore non ne sentivo. Come al solito. Questo però non significava che non mi fossi fatta niente. Potevo sentire che quello non era stato un corpo normale.

Tossicchiai un po'. Mi voltai nuovamente verso i ragazzi. Dovevo inventarmi qualcosa. Cheyenne mi guardava impassibile, mantenendo salda la presa su entrambi.

Senza rendermene conto, Adriàn era di nuovo su di me. Mi colpì di nuovo lo stomaco.

Rotolai di lato tossendo. Era ovvio che la nostra forza era su un altro livello.

-per ora sappi che sei una delusione- disse lui , guardandomi leggermente disgustato. Non mi interessava che io fossi una delusione per lui. Mi interessava riuscire a portare in salvo i due ragazzi. Cercai di tirarmi su, in qualche modo. Mi rimisi in piedi, mettendomi nella posizione che mi aveva insegnato Ester. Cercai di concentrarmi. Dovevo provare quel poco che sapevo di Mithra. Almeno così sarei riuscita a schivare i suoi colpi e a guadagnare tempo.

 

 

Spazio Autrice

Ciao ragazzi :)

scusate il ritardo! In questo capitolo abbiamo di nuovo il nostro Adriàn :D lol che non credevo riscuotesse il successo che ha avuto:D è un po' stile mr. Gray però più selvaggio. La storia come potete vedere già dai capitoli, sta per concludersi! Per la versione super corretta, con aggiunte e correzzione date un'occhiata al mio sito :) www.elenalucia.com , i capitoli ovviamente sono gratis, e li trovate in pdf, così se vi piace, potete rileggervi Femmina Alfa sul vostro lettore ebook :) Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo! Siete per la coppia AdriànxMarika oppure MichaelxMarika ? Fatemi sapere lasciando un commentinoo! Bacio :)

 

Elena

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** W ***


 

W

 

Inspirai profondamente. Mantenni lo sguardo fisso su di lui. Jano nella mano destra. Occhi puntati su Adriàn. Tutto il mio corpo in ascolto. Se volevo salvare Richard e Angelica, dovevo riuscire a usare quel poco di Mithra che sapevo. Mi lanciai verso di lui all'attacco, sicura comunque di non riuscire a fargli niente. Adriàn roteò gli occhi. Gettò la sua arma per terra.

Cosa faceva? Non me ne preoccupai, e cercai di colpirlo con il Jano. Appoggiò la sua mano sul mio polso destro. Serrò la mano, e mi storse il polso. Persi l'equilibrio, caddi. Non mollava la presa. Mi tirò su per il braccio. Non sentivo dolore. Nel suo strattonarmi sentii però un rumore strano proveniente dalla mia spalla. Come poteva? Possibile che non riuscissi nemmeno a colpirlo? Cosa cavolo era successo quando c'eravamo incontrati la prima volta, per fargli credere di poterlo sconfiggere?

Tu sei la Femmina Alfa.

Sgranai gli occhi. A chi apparteneva questa voce? Una fitta fortissima al cervello. Chiusi gli occhi, cercando di capire da dove provenisse quel dolore. Adriàn non mi aveva colpito.

Lasciami libera, e vedrai come ci divertiremo con questo stupido umano.

Ancora quella voce femminile e suadente. Mi accarezzava fino in fondo all'anima, e al tempo stesso mi faceva malissimo alla testa. Quasi come se mi stessero colpendo dall'interno.

-basta, vattene!- esclamai io a voce alta, cercando di zittirla. La voce come un eco continuava a ripetersi nella mia testa.

Non vorresti vederlo morto?

-se credi ti basterà pregarmi per lasciarti andare, non hai capito niente. Cheyenne procedi- disse Adriàn. Aprii gli occhi quel tanto che riuscivo, e vidi Cheyenne stritolare il collo di Angelica.

-no!- esclamai io, tra una fitta e l'altra. Ma come poteva essere così insensibile? Dopotutto era una guerriera e mercenaria...ma eravamo state amiche!

Dammi il permesso, e gli dimostreremo chi è veramente la Femmina Alfa...Marika, non voglio farti del male..

La sua voce continuava a ripetersi in testa, fissa come un eco. Poi successe una cosa molto bella. Fumo.

Dietro a Cheyenne cominciò a formarsi una bella nuvola di fumo.

Sorrisi, con quella poca lucidità che avevo.

-Beh, speravo succedesse qualcos'altro di interessante. Mi deludete mercenari-

la voce di Ester risuonò intorno a noi. Vidi Cheyenne mollare la presa sul collo di Angelica. Si voltò. Ma la nuvola di fumo si era alzata sopra di lei.

-attenta!- Esclamò Adriàn seccato. Ester apparve improvvisamente sopra di lei, calando lo scarpone dalla suola metallica sulla testa di Cheyenne. Cheyenne schivò e si allontanò di qualche metro.

Il mio maestro si passò una mano tra i capelli, e poi puntò i suoi occhi scuri nella nostra direzione.

-beh, devo dire che sei stata brava per essere la prima missione, pivella- disse lei appoggiando le mani sui fianchi.

-Ester...- dissi io, con gli occhi colmi di gioia e lacrime. Ero salva. Sospirai felice.

La prossima volta farai bene ad abbandonarti a me.

Improvvisamente cominciai a sentire un dolore fortissimo alla spalla, e allo stomaco. Cosa stava succedendo? Cercai di accasciarmi a terra e di mordermi le labbra per non urlare dal dolore. Cosa?

Se vuoi fare di testa tua, questo è quello che ti aspetta.

Ancora quella voce. Ma perchè si faceva sentire proprio adesso? Perchè? Cosa significava? Era quella la mia maledizione? Quella voce era in grado di non farmi sentire il dolore...?

Sentii Adriàn sputarmi addosso.

-non capisco cosa è successo. L'altra volta sembravi un'altra persona...- disse lui rannicchiandosi vicino a me. -forse devo andarci un po' più pesante con te- disse lui spostandomi una ciocca di capelli dal viso.

-non credo riuscirai a fare molto- disse Ester ridacchiando. -bambino- La sentii avvicinarsi, ad un tratto si bloccò. -Maka, Toshiro, pensate voi a Richard e Angelica. Mi occupo io di questi bambocci-

Cercai di aprire gli occhi, e guardare bene cosa stava succedendo. Non osavo spostarmi. Avevo il terrore di riprovare lo stesso dolore di prima. Cosa cavolo mi stava succedendo? Adriàn continuava ad accarezzarmi una ciocca di capelli, e mi guardava senza considerare Ester. Quel ragazzo era matto. Un pazzo completo. Ad un tratto strinse forte e mi tirò su la testa.

-se io adesso ti spaccassi il naso, o ti cavassi un occhio, ritorneresti quella dell'altra volta?- disse lui accarezzandomi con un pollice lo zigomo. Lo guardai, cercando di non essere terrorizzata dal modo in cui mi guardava. Cercai di muovere l'altra mano e di afferrare il suo polso. Cercai di inghiottire il dolore lancinante che sentivo ad ogni minimo movimento. Ovviamente però ero troppo lenta.

Lui sbuffò, roteò gli occhi, e mi tirò ancora di più per i capelli e mi lanciò di lato. Rotolai di nuovo, cercando di alzarmi. Si alzò, guardandomi disgustato. Apparve dietro di lui Ester. Il braccio destro sotto il collo di Adriàn. Strinse.

Adriàn non si rese conto nemmeno di quanto stava succedendo, fino a quando non sentì la morsa attorno alla gola. L'abbraccio serrato come il ferro.

Non riusciva più a respirare.

Dietro Ester apparve Cheyenne. La spada che calava su di lei. Ester sorrise.

-troppo scontato- e si trasformò nuovamente in fumo. Cheyenne si bloccò appena in tempo prima di colpire Adriàn. Ester riapparve al mio fianco.

-ehi, senti dolore?- mi chiese lei rannicchiata verso di me. -si...e una voce...continua in testa...-

-Va tutto bene. Ci penso io- disse una voce conosciuta alle mie spalle. Non mi voltai per capire che si trattava di Zuma. Ester alzò gli occhi su di lei.

-okay, portala via- disse Ester alzandosi in piedi.

-ehi aspetta, non possiamo lasciarti da sola...- dissi io in qualche modo.

-e cosa vorresti fare nelle condizioni in cui ti ritrovi?- mi chiese lei divertita. Mi sorrise. Non avevo alcun dubbio lei potesse affrontare Adriàn, ma anche Cheyenne insieme? Alla fine erano sempre due contro uno. Gli altri uomini, che avevano accompagnato in un primo tempo Adriàn erano spariti. Che fossero andati a chiamare i rinforzi? Probabile. Ester si avvicinò di nuovo ai due, e riprese a combattere. Sembrava si stesse divertendo. La guardai sorridendo con la poca forza che avevo. Li stava tenendo in pugno utilizzando solo uno dei suoi Rubens. Era incredibile quella ragazza. Un giorno sarei diventata come lei.

-ho il compito di assicurare la tua incolumità, Marika- disse Zuma avvicinandosi. Si chinò su di me, e cercò di mettermi supina. Mi esaminò velocemente con lo sguardo.

-Quanto sono da buttare?- dissi io cercando di drammatizzare.

-solo qualche ora di riposo. Con la tua capacità di rigenerazione...- disse lei avvicinandosi al mio viso. Mi fissò il viso sorpresa.

-che succede?- Lei non disse niente. Socchiuse la bocca e deglutii. Si fece un segno strano, disse qualche parola in una lingua sconosciuta.

-la metamorfosi era già iniziata. A questo punto se vogliamo tu guarisca presto e non tra qualche mese, ci conviene completarla. Ti bloccherò io, quando comincerà a farsi pericolosa la situazione...- disse lei con un tono e leggermente preoccupata.

-metamorfosi? Di cosa parli?- dissi io confusa.

-tua madre mi ha mandato qui perchè ho una capacità particolare. Ci vorrà qualche decina di minuti. Chiudi gli occhi e concentrati.-

Sospirai incuriosita e un po' spaventata. Cosa stava per succedere?

 

 

Ormai eravamo da cinque minuti che osservavamo la scena. Due mercenari, un po' giovani ma bravi per la loro età stavano combattendo con la Rossa. Era la stessa ragazza che avevamo visto prendersela con un giovane, dopo averlo scaraventato fuori dalla finestra. Non era tanto più giovane degli altri due, eppure si capiva chiaramente che erano su due livelli diversi.

-Capitano, i gemelli hanno recuperato i Rubens. Stanno tornando. Questi tizi, ci hanno fatto un favore a creare scompiglio...non si sono proprio accorti di nulla...- disse Russo al mio fianco. Stavamo nascosti nella foresta, la nostra nave ormeggiata non molto lontano. Era un peccato dovessi andarmene così velocemente, avrei guardato volentieri la Rossa combattere con gli altri due. Si vedeva palesemente che stava giocando con loro.

-è la stessa di qualche sera fa?- disse Russo, indovinando i miei pensieri, guardando la direzione dei miei occhi.

Ad un tratto sentii un rumore. Spostai lo sguardo e lo vidi.

-hai intenzione di fare finta di nasconderti ancora a lungo?- chiesi divertito.

Mi voltai verso la direzione del rumore. Spuntò da dietro un albero, un altro viso conosciuto. Era il ragazzo con cui la Rossa se l'era presa.

-lei è il Capitano Eugen Deff?- chiese riluttante. Sorrisi ancora più divertito. Mi incuriosiva sempre la reazione che la gente aveva nei miei confronti, quando mi riconosceva.

-cosa sei venuto a fare?- chiese Russo al mio posto, già in posizione di combattimento. Spostai nuovamente il viso, verso la scena. Lui non era pericoloso.

-se lei è sul serio il Capitano Eugen Deff, non ho intenzione di attaccarla, sono qui solo per vedere che nessuno delle persone a cui tengo, si faccia del male...- disse lui avvicinandosi. Indossava un cappello, e se lo tirò indietro, lasciando vedere meglio il viso. Era più giovane di me, eppure sembrava averne passate.

-fai quel che vuoi, io voglio vedere come combatte la Rossa.- dissi io indicandola con il mento, spostando nuovamente l'attenzione sulla scena. Nel frattempo l'altra ragazza che era riuscita a far scappare i bambini, stava a terra, assistita da una giovane dai capelli bianchissimi. Ero sorpreso però. Dopo tutti i calci che quel mercenario le aveva sferrato, era un miracolo che riuscisse ancora a muoversi. E poi quei capelli bianchissimi, non era per niente normali. La pelle poi era visibilmente abbronzata e aveva dei tatuaggi sulle braccia. Senza parlare del fatto che era vestita in maniera strana per provenire da Wafter Island. Anche quei tatuaggi sulla braccia, erano dei motivi strani che non avevo mai visto, e che sembravano quasi un antico linguaggio perduto.

-ma...quella ragazza, non è di Wafter Island, vero?- dissi io indicando la giovane tatuata.

-no, lei e la ragazza stesa a terra, provengono entrambe da Fortaleza- disse il giovane.

-da Fortaleza?- esclamò Russo sorpreso.

Fui sorpreso. Allora ora si spiegavamo molte cose, più o meno. Fortaleza, l'isola metà ghiacciata, metà ricoperta da una foresta dove si dice viva il popolo degli Alberi. Provenivano da una cultura troppo lontana dalla nostra, ecco perchè non avevo mai visto quei tatuaggi.

-comunque c'è qualcosa che non mi torna.- disse Russo. Lo guardai, capendo a cosa si riferisse.

-sono passati 10 minuti, e ancora non si è fatto vedere nessuno, ne per recuperare i mocciosi, ne per fermare la Rossa...- continuò lui. In effetti era vero. Perchè non si era fatto vedere nessuno ancora?

-come si chiama la tua amica?- chiesi io, di cui in effetti non sapevo nemmeno il nome.

-...Ester- disse lui guardando la scena. Spostai nuovamente gli occhi verso la scena. Teneva testa ad entrambi senza problemi e non sembrava nemmeno stanca. Fino ad ora aveva utilizzato solo il Ruben del fumo per contrastarli. Glielo permetteva la sua perfetta agilità. Ad un tratto però colpì la giovane dai capelli neri con cui stava combattendo. Finì al suolo, lontano da lei. Ester continuava a combattere e non si era accorta per niente del fatto che la giovane stesse semplicemente fingendo di essere svenuta.

-finalmente vengono allo scoperto- dissi tra me e me. Ester continuava a combattere, schivando agilmente tutti i fendenti del giovane. Ad un tratto si bloccò. Sotto di lei apparve un cerchio di luce.

-Cazzo, ma quella è una Stellair!- esclamò Russo al mio fianco. Si stava facendo veramente interessante la questione.

-ma come...- disse al mio fianco il giovane.

-qual'è il problema?- chiesi io divertito.

-io...facevo parte dei mercenari...ma non c'è mai stato nessuno in grado di utilizzare il potere delle chiavi maledette...- disse lui sorpreso. Ester era crollata a terra. Come se fosse schiacciata dalla forza di gravità.

-interessante- dissi io divertito. Chissà chi era.

Il giovane con cui stava combattendo fino a quel momento, sembrava divertito, ma se ne stava alla larga dal cerchio di luce che era apparso per terra. Si rannicchiò in terra, passandosi tra le mani un pugnale che aveva tirato fuori da qualche parte. La sciabola buttata per terra due metri più lontano.

-non può essere Adriàn...lui è solo forza bruta- disse il giovane al mio fianco ragionando a voce alta. Dopo qualche secondo apparve scortato da due guardie dei mercenari un giovane. Era alto, biondo e aveva un portamento da nobile. Era vestito però da combattimento, un paio di pantaloni comodi beige, una camicia nera.

-no...ma..- disse in quel momento l'ex mercenario a fianco a me. Guardai Ester. Non riuscivo a distinguere bene il suo volto, ma i miei sensi mi permettevano di percepire esattamente le sue emozioni. E in quel momento era tradimento e paura. Chi era quel tizio? E come poteva applicare un incantesimo così da lontano? Forse questo era un avversario al mio livello.

-chi è?- Mi voltai verso l'ex mercenario che osservava allibito la scena.

-lui...ho capito adesso, ecco a chi assomigliava...lui è il figlio del conte...è il ragazzo di Ester...ma il suo nome non è Kyle, è della famiglia Botelho...è il figlio maggiore del conte,il capo dei mercenari...non lo avevo mai visto, ma lui deve essere Marcus, Marcus Botelho- disse lui deglutendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice

Ciau ragazzi :)

scusate per l'immenso ritardo, ma la maturità si sta facendo sentire! Non vedo l'ora che tutto sia finito, anche perchè sono finalmente carica per scrivere il sequel di Angelica, in cui voi lettori stessi sarete parte dei protagonisti! Comincerò a pubblicare il tutto su TheIncipit, un sito tutto italiano che permette ai lettori di decidere come proseguire la storia! Non vedo l'ora arrivi l'estate!

Detto ciò, se avete dubbi, domande e curiosità sulla storia fatemi lasciatemi una piccola recensione ;) Vi ringrazio di cuore per la pazienza! Vi posto qui sotto intanto tutti i nomi dei detentori del Jano! Se avete letto Angelica molti di voi sorrideranno leggendo alcuni nomi!

ps. per chi non avesse letto Angelica, Richard e Jason, non sono altro che i piccoli marmocchi di questa storia!

 

Jano del vento e dell'aria: Richard. (animale sconosciuto, blu)

Jano del tempo: Jason (animale sconosciuto, colore)

Jano della temperatura: Jeloo Botelho (animale sconosciuto, bianco) --> si è la sorella più piccola di Marcus.

Jano delle illusioni: Angelica (volpe, viola)

Jano delle dimensioni: Jack (animale sconosciuto, colore sconosciuto)

Jano della natura: Gaia (animale sconosciuto, verde)

Jano del mare: Miriam (murena, azzurro)

Jano dell'ombra: Meredith (Pipistrello, grigio)

Jano dell'invisibilità: Samuel (animale sconosciuto, nero)

Jano della luce : Elia (animale sconosciuto, giallo)

Jano del fuoco: Michael (fenice, rosso)

Jano della metamorfosi: Marika (leone, marrone)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** X ***


 

X

 

Quando ero caduta schiacciata a terra dal peso dell'incantesimo della Stellair, avevo capito tutto subito. Anche se mi ero ripetuta che non poteva essere vero. Dovevo aver di sicuro frainteso. Non era possibile.

No, invece. Forse lo era. Anzi, ora tutto tornava. Ecco perchè non mi aveva mai raccontato niente della sua vita. Sapevo pochissimo dei suoi genitori, sapevo a mala pena cosa facesse prima di giungere qui a Wafter Island. E io mi ero fidata. Il mio sesto senso me lo aveva detto che c'era qualcosa che non tornava. Ma Kyle, cavolo, non poteva essere lui. Ero ancora schiacciata a terra, mentre lo vedevo avanzare come un dio, divertito da tutta la situazione. Cos'è che ti divertiva tanto? Nemmeno io riuscivo a capire cosa stessi provando in quel momento. Rabbia, amore, odio, tradimento, attrazione? Avevo sperato fino all'ultimo secondo non fosse lui, anche se avevo riconosciuto subito il tipo di incantesimo. I possessori di Stellair erano pochi, ed era facile capire chi fossero, risalendo dall'incantesimo. E poi come non facevo a riconoscere un suo incantesimo, dopo tutte le volte che avevamo combattuto insieme.

Veniva avanti, e mi guardava soddisfatto. Soddisfatto di cosa? Di avermi annichilito? Non poteva aver finto tutto il tempo...non dopo tutto quanto ci eravamo detti, avevamo fatto e dopo tutto quello che avevamo rischiato insieme in missione...lo conoscevo da anni ormai...ma perchè? Era sempre stato tutta una farsa?

-sorpresa?- disse quel bamboccio di Adriàn con cui avevo combattuto fino a quel momento. Anche lui mi guardava divertito. Ero spiaccicata a terra. Facevo fatica a respirare, e non potevo nemmeno girare la testa. Ero costretta a guardare nella sua direzione. Maledetto. L'unica cosa che mi rassicurava era che Maka e Toushiro dovevano aver portato in salvo ormai i due ragazzi. Ora però tutti i pezzi del puzzle ritornavano al loro posto. Cavolo. Ecco perchè mia sorella lo aveva guardato in maniera strana. Lei doveva conoscere la faccia di tutti quelli a cui dava la caccia, era il suo lavoro.

Mi ero fidata, e ci ero cascata. Si fermò a distanza di qualche metro, le mani in tasca, gli occhi verdissimi che avevo amato fin da subito, mi fissavano divertiti.

-quanto te lo eri aspettata?- mi chiese lui incuriosito guardandomi come si guarda un giocattolo.

-sapevo di non dovermi fidare di te, ma sai che non faccio mai quello che è giusto fare, no? - dissi io, incollata a terra. Cercando di sorridergli strafottente, riuscendoci gran male.

Kyle continuava a guardami con quei suoi occhi verdi, ma il suo sorriso aveva preso una piega amara.

- Sarò sincero: mi sono divertito con te Ester, veramente. Ma ho imparato tutto quello che mi serviva sulla vostra organizzazione, su come come recuperare i Jano e tutto il resto...è tempo che cominci a fare quello che mi spetta- disse lui.

-se ti stai cercando di scusare, sappi che è abbastanza patetico.- gli dissi io mantenendo lo sguardo su di lui. Lo avevo sempre considerato il più bel ragazzo che avessi mai visto. Quando avevo scoperto che era intelligente e anche furbo, ne ero rimasta affascinata, stregata.

-no infatti, non mi sto scusando. Kyle non esiste. Il mio nome è Marcus Botelho. E il mio compito è quello di sbarazzarmi di te. - disse lui, facendo sparire il sorriso dal suo viso. Aveva quell'espressione che gli avevo sempre visto, quando era concentrato e stava per fare qualcosa di rischioso. Quindi uccidermi era rischioso?

-tu vorresti sbarazzarti di me?- ripetei io incredula.

-ed è quello che farà- disse Adriàn che nel frattempo si era rialzato in piedi. A loro due si era aggiunta anche la ragazza che avevo sconfitto prima, dai lunghi capelli neri. Mi guardavano tutti e tre. Dalla mia posizione, erano tre figure imponenti che decidevano sulla mia sorte.

-quando ho finito con lei, ci occuperemo di Marika. Andate e tenetela ferma nel frattempo.- ordinò freddamente Marcus ai due. Marcus tirò fuori il suo portachiavi dalla tasca. Ne sfilò una velocemente, la pose di fronte a sé. Era serio? Voleva veramente uccidermi? Su due piedi così? Ero incredula e allibita. Come poteva...?

Cominciò a recitare le sue solite formule, gli occhi freddi fissi nei miei. Mai come in quel momento mi sembrò un estraneo. Quello davanti a me, non era Kyle. No. Era un suo stupido sosia, che si fingeva cattivo, che si era dimenticato di tutto quello che avevamo passato insieme. Era uno stupido che pretendeva di farmi credere che si fosse dimenticato dei suoi sentimenti per me, e dei miei per lui.

Beh, per quanto mi riguardava, potevo anche morire, tanto quello che avevo davanti non era Kyle. Sorrisi tra me e me. In effetti Kyle non era mai esistito, era stata tutta una recita. Mantenni lo sguardo nei suoi occhi. Si potevo andarmene così.

Ad un tratto però staccò gli occhi da me e bloccò la sua litania. Spostò lo sguardo al suo fianco, come insospettito da qualcosa. Improvvisamente scomparve sotto i miei occhi. Il peso che mi schiacciava si affievolì subito e sparì. Mi girai sulla schiena per vedere cosa cavolo stava succedendo. Marcus era di fronte a me a qualche metro di distanza. Ma tra me e lui, c'era un giovane. Era alto, slanciato, portava un cappello in testa, e una lunga giacca fino a terra. Quegli abiti li avevo già visti.

-non puoi uccidermi un gioiellino come lei- disse la figura di spalle divertita. Chi cavolo era? Marcus sembrava sorpreso. Manteneva gli occhi sul nuovo arrivato.

-il famoso Capitano Eugen Deff...a cosa devo la visita?- chiese subito Marcus. Non mi guardava più. Feci forza sulle braccia e mi tirai su, respirando profondamente. Com'era bello essere nuovamente in piedi.

-esatto- chiesi io, che non volevo essere salvata da nessun uomo. Sopratutto da un pirata come lui. Lo avevo visto qualche sera prima insieme a un suo collaboratore.

-non dire stronzate. Lo sai benissimo- disse il Capitano rispondendo a Marcus, mantenendo il suo tono divertito.

-e tu non ha il diritto di parola. Qui sono io che comando- continuò il Capitano, voltandosi verso di me. Notai in quel momento la cicatrice che gli rigava il volto, e i suoi occhi neri. Ne rimasi colpita e turbata allo stesso tempo. Non credevo fosse così giovane.

Marcus alzò un sopracciglio divertito.

-già, in effetti lo so. Io lo avevo detto a mio padre che era da idioti rubarvi i Rubens...sono palesemente finti, o comunque qui al campo non c'è nessuno in grado di utilizzarli.- rispose Marcus, giocherellando con il portachiavi.

-comunque non ricordo di averti chiesto di salvarmi- dissi avvicinandomi al Capitano, massaggiandomi i polsi.

-beh, mettiamola così, ti ho ripagato per qualche sera fa...Tu hai dato a noi la colpa per la finestra rotta, senza chiedermi se mi andava bene. Ho una reputazione da difendere, e non posso permettermi di spaccare le finestre in maniera così insulsa- continuò lui strafottente.

Marcus sembrava confuso. In effetti non gli avevo raccontato della scena con Michael, forse avevo fatto bene.

-non ho intenzione di prendere degli insulti da un Capitano che va in giro a rompere i muri della gente. Se non è da sfigati quello- dissi io sfottendolo. Il Capitano mi scoccò un'occhiata divertita,e poi riportò gli occhi davanti al suo avversario.

-comunque mi avete fatto già perdere abbastanza tempo. Ho recuperato quello che mi interessava.-

poi si voltò verso di me e mi lanciò qualcosa. Lo presi al volo. Era un braccialetto, semplicissimo, con un'unica perlina. Lo riconobbi subito. Era un Bracciasfera. Era un particolare braccialetto, la cui perlina cominciava a riscaldarsi quando chi te lo aveva consegnato era nelle vicinanze.

-cosa significa?- chiesi io confusa.

-ti voglio nella mia ciurma. Sei promettente, e una persona interessante. So che adesso mi dirai di no, quindi per quando ci avrai pensato di nuovo, vieni a cercarmi. Adesso vedi di non farti ammazzare, fino al giorno in cui ci rincontreremo, Ester. -

Non disse nient'altro. Si incamminò tranquillamente verso il bosco, dove vidi in quel momento si erano radunati diversi altri suoi compagni. Due erano incredibilmente alti, e poi ce n'era un altro di colore, lo stesso che avevo visto con lui la prima volta.

Marcus lo seguì con lo sguardo, serio e indecifrabile. Sospirò.

-dove eravamo rimasti?- chiese lui, spostando nuovamente lo sguardo verso di me.

-siamo rimasti al punto in cui voglio una spiegazione- dissi io mantenendo lo sguardo su di lui.

-che non ti darò.- disse lui gongolando.

-allora te la tirerò fuori a calci- dissi io, legandomi i capelli. Se volevo veramente scontrarmi con Kyle, no, con Marcus, dovevo impegnarmi. Non era un avversario con cui scherzare. Non dovevo perdere la concentrazione, anche perchè ero da sola contro loro tre.

-addirittura ci leghiamo i capelli?- disse lui divertito. Estrassi dal tascapane delle bende e cominciai a fasciarmi le mani. Lui alzò un sopracciglio. Sapeva che non stavo più scherzando.

Adriàn sbuffò e tentò di colpirmi con la scimitarra. Mi chinai velocemente, allungai la gamba facendogli lo sgambetto. Perse stupidamente l'equilibrio. Mi gettai su di lui, il palmo della mia mano sul suo viso, e spinsi verso terra. Lo ribaltai a terra sulla schiena, così forte che gli mancò il respiro.

-Rote Ameise- pronunciai a bassa voce, e mi alzai da lui. Feci in tempo a spostarmi che cominciò a urlare dal dolore.

La giovane dai capelli neri si scagliò su di me, un piccolo pugnale in mano. Lo schivai lateralmente senza problemi. Ancora una volta feci lo sgambetto, perse l'equilibrio, le appoggiai il palmo della mano sul viso e nuovamente la spinsi per terra sulla schiena.

-Rote Ameise- ripetei una volta finita a terra anche lei. Lei però non sembrava quasi più cosciente. Forse avevo esagerato. Adriàn aveva capito finalmente che se stava fermo, non sentiva dolore. L'effetto del mio Rubens durava un'ora, e avrei dovuto portare in salvo Marika e Zuma, prima di quel tempo. E poi molto probabilmente Maka e Toushiro nel frattempo avevano avvisato qualcuno del comune. Com'era possibile che un organizzazione di mercenari fosse riuscita ad entrare così facilmente? Come erano giunti su Wafter Island? Notai in quel momento che oltre a Marcus, non sembrava esserci nessun altro. Nemmeno le sue guardie di scorta che lo avevano accompagnato. Come se avesse bisogno della scorta.

Mi alzai dalla ragazza, e mi voltai verso Marcus. Mi sorrise e sparì.

Apparse dietro di me, sferrandomi un calcio alla schiena. Lo schivai all'ultimo spostandomi di qualche metro.

-vediamo di farla finita, prima che arrivino altri scocciatori- disse lui. Prese con la mano destra il suo portachiavi. Non lo avrei lasciato finire. Sparii, mi smaterializzai dietro di lui, e strinse le braccia attorno al collo, avvinghiandomi a lui.

Lui però si buttò di schiena a terra, e io caddi schiacciata dal suo peso, rimanendo ancora aggrappata a lui. Non gli stavo bloccando il respiro, ma semplicemente gli impedivo di muoversi.

-perchè non stai tentando di uccidermi?- chiese lui divertito.

-perchè voglio capire cosa ti è saltato in mente!- dissi io, sforzandomi di mantenere quella posizione. Lui sembrava immobile, che stessi riuscendo a convincerlo?

-okay, ognuno di noi ha i propri segreti, ognuno di noi ha i propri problemi, e va bene se ti sei stufato di me, me la farò passare! Ciò che non mi va bene è che noi siamo compagni! Quante volte in missione mi sono fidata di te, e tu ti sei fidato di me? Quante volte abbiamo messo la propria vita nelle mani dell'altro? E tu vuoi rinnegare tutto questo?!- dissi con le lacrime agli occhi. In quel momento, percepì la mia debolezza, si liberò dalla mia stretta e si alzò in piedi.

-Io non rinnego, io vado avanti. La mia vita non è qui, non è con te, non è il mio destino questo. - disse raggelandomi con i suoi occhi verdi, che mai mi erano parsi così freddi. Di solito il suo sguardo era sempre accompagnato da un sorriso.

Mi passai una mano sugli occhi, asciugandomi le lacrime, con il cuore a pezzi. Perchè anche se avevo detto “se ti sei stufato di me, me la farò passare” non lo pensavo nemmeno un po'. E quando avevo sentito pronunciare “la mia vita non è qui, non è con te, non è il mio destino” credevo di aver sentito il peggio. Ma poi aggiunse:

-non voglio più stare qui. Voglio portare avanti ciò che ha iniziato mio padre, non posso perdermi in queste idiozie di “compagni” e di “fiducia”.-

Ero completamente annichilita. E lui sfruttò questo mio punto debole. Si accovacciò a terra, mi prese per la gola e mi alzò da terra. Non riuscivo a respirare più. Non che dopo quello che mi aveva detto, ne avessi ancora molta voglia. Eppure dovevo fare qualcosa, se non per me, per Marika e per gli altri, che avevano il diritto di vivere ancora. L'unica che poteva salvarli ero io.

-quali sono le tue ultime parole?- mi chiese lui, senza un briciolo di divertimento.

Appoggiai la mano sul suo polso e la strinsi più forte che potei.

-E' inutile che stringi, sai che sono più forte di...-

non finì la frase perchè gli sferrai un calcio nell'addome, che lui prontamente schivò lasciandomi cadere a terra. Respirai a fondo e mi alzai verso di lui.

-ma tu chi sei?- dissi arrabbiata più che mai.

-ma chi ti credi di essere per dire queste cose? Quali sarebbero le cose importanti per cui combattere allora? Il potere, il denaro? Sei un altro dei poveri idioti che insegue cose effimere- dissi guardandolo in cagnesco.

-non c'è niente di più effimero che un sentimento Ester- disse lui guardandomi un'ultima volta. Estrasse una chiave e la puntò verso di me. Capii subito cosa stesse per fare, sopratutto quando vidi il cerchio di luce sotto le mie gambe. Lo guardai e tutto si fece bianco.

 

 

Fine Capitolo

 

Ciau ragazzi :)

scusate per il ritardo! Siamo ormai alla fine di Femmina Alfa, e ho già qualche idea per il sequel di Angelica :)! Tutti i miei progetti però sono stati un po' rallentati dal fatto che adesso sono di maturità! Scusate per i ritardi imbarazzanti, sia per questa sotira, sia per chi segue Eris, sia per chi mi segue su Theincipit.com con la mia “guida per diventare la moglie perfetta” (se volete farvi qualche risata, andate qui: http://www.theincipit.com/2015/03/guida-per-diventare-la-moglie-perfetta-elena-l-zumerle/ ).

Detto ciò veniamo al capitolo: abbiamo scoperto la vera identità di Kyle, o meglio Marcus. Come si comporta la nostra Ester? Secondo voi cosa succederà nel prossimo capitolo? Siete d'accordo con quello che dice Marcus: “non c'è niente di più effimero che un sentimento”? Lasciatemi un vostro parere qui sotto, mi fareste veramente felice!!

Ora scappo, spero in una qualche recensione, visto che ormai siamo alla fine; vi ringrazio per avermi supportato fino ad adesso!

Bacio :)

 

Elena

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Y ***


 
Y


Marcus l'aveva fatto sul serio, l'aveva colpita con il suo potere. Era stato un attimo, un fascio di luce aveva avvolto la figura di quella che era stata la sua ragazza. Ester non se lo meritava.
Adesso tutto quello che rimaneva era un corpo esanime per terra, ricoperto di tagli e bruciature, con i capelli rossi sciolti e sparsi a terra, rovinati. Il volto rivolto a terra, gli occhi chiusi. Non poteva essere finita così...non mentre io me ne stavo bloccata a terra, con Zuma vicino a me che faceva delle preghiere strane. Cercai in qualche modo di tirarmi su, almeno seduta a metà.
Con la voce rotta dalle lacrime mi sforzai di urlare:
-Ester!- e cercai di trascinarmi verso di lei, anche se la distanza che ci separava era molta, e Zuma continuava a tenermi bloccata. Non avevo capito niente di quello che stava facendo, mi ero fidata di lei, però nel frattempo Ester si era ritrovata in quelle condizioni.
Marcus si voltò verso di me, con le mani in tasca e mi guardò velocemente. Sembrò incuriosito, perchè rimase a fissarmi, ma non si mosse. Piano piano si alzarono e si avvicinarono a lui sia Cheyenne che Adriàn.
Non era giusto, li odiavo. Ester aveva cercato di salvarci, e se ne stava a terra esanime. Era tutta colpa di quei mercenari. Cheyenne e io eravamo state amiche, Marcus e Ester erano stati persino insieme. Forse era proprio per questo che Ester aveva perso, non era riuscita andare contro i suoi sentimenti. Un odio profondo mi invase, senza rendermene conto digrignai i denti.
-ora Marika, ti toglierò il primo sigillo...dovrebbe bastare...-disse Zuma preoccupata. Quasi non la sentii. Non riuscivo ad alzarmi ancora da terra però, gli occhi fissi sui tre. Sembravano mi stessero aspettando. E adesso andiamo a trovarli.
Sgranai gli occhi. Era ancora quella voce! La stessa che avevo sentito prima, e la stessa che avevo sentito durante il mio primo incontro con Adriàn a Fortaleza.
-Dea mirsehli ka ta sumana asamin...-
mi voltai verso Zuma. Questa lingua non l'avevo mai sentita, eppure riuscivo a capire tutto quello che stava dicendo. Cosa mi stava succedendo?
Guarda cosa hanno fatto al tuo capitano...Marika...non dovresti fare qualcosa?
Certo che volevo fare qualcosa, che domande. Strinsi i denti e cercai di alzarmi, ma le gambe cedevano, e improvvisamente il corpo si fece più pesante. Non ce la facevo.
E' tutta qui la forza che hai? Non vorresti avere più potere?
Cercai di ignorare la voce, e mi voltai a pancia in giù. Forse in questo modo sarei riuscita ad alzarmi. Zuma nel frattempo si era interrotta. Mi voltai a guardarla, e vidi in quel momento, che i suoi occhi non erano più blu, ma erano bianchi.
-appena dirò il nome del sigillo sarai libera. Per ritornare è fondamentale che tu ricordi chi sei- mi disse lei un po' preoccupata.
-altrimenti?- chiesi io che cominciavo a preoccuparmi.
-altrimenti ti dovrò uccidere- deglutii.
Lo disse con un po' di amarezza sugli occhi. Le sorrisi, qualsiasi cosa stava per succedere, non era importante. L'unica cosa importante ora era fare in modo che il sacrificio di Ester non andasse perduto. Mi sorrise, fece due passi indietro e disse, porgendo le mani verso di me:
-Sihil Dafnah-
chiusi gli occhi.




Finalmente la rividi. Avevo la stessa sensazione addosso di quando avevo combattuto contro di lei la prima volta. Si, era quella la Marika che mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Sorrisi divertito. Marika stava in piedi verso di noi, aveva ancora una volta le braccia ricoperte da dei tatuaggi tribali. Erano proprio gli stessi.
Fece un passo avanti. I capelli castani sporchi di sabbia le ricadevano addosso, e le oscuravano il viso. Il volto era volto ancora verso terra, quando la vidi guardarsi la mano destra. L'aprì e la richiuse, quasi come se stesse cercando di capire come funzionasse. Ma fu un secondo. Il secondo dopo era di fronte a Marcus, gli scagliò un pugno allo stomaco. Il capo schivò sorpreso.
Lei era il mio avversario e non me ne fregava niente se persino il capo era in difficoltà.
Estrassi la scimitarra.
-ci rivediamo Marika- dissi io avvicinandomi a lei. Lei alzò il volto e la riconobbi. Era di nuovo la “Marika” folle contro cui avevo combattuto nella jungla. Gli occhi erano quelli di un felino e brillavano famelici.
-mi fate tutti schifo- disse lei con una voce che non era la sua. Sembrava stessero parlando in due. Il capo apparve dietro di lei, passando il braccio sotto la sua gola. Ma lei sparì immediatamente. Riapparve vicino al corpo del suo capitano. Si chinò verso di lei, accarezzandole il viso. La tirò su delicatamente e scomparve di nuovo.
Non riuscivo a capire cosa stesse facendo. Sembrava più...”lucida” rispetto alla prima volta che c'eravamo incontrati. Era stata molto più “animalesca”, mentre adesso sembrava incredibilmente calma. Apparve vicino alla sua amica dai capelli bianchi, depose Ester per terra, e si rialzò. Ci dava ancora la schiena. Si voltò verso di noi e cominciò a camminare.
-voi andatevene, sistemo la faccenda e sarò subito da voi- disse Marcus che sembrava tranquillo.
-non se ne parla. Se tu Cheyenne te ne vuoi andare vai, ma io voglio rimanere, Marika è un mio avversario- dissi io divertito. Non avevo intenzione di andarmene proprio ora che le cose cominciavano a farsi interessanti.
-io rimango capo- disse Cheyenne inaspettatamente.
-peggio per voi. I preparativi con il Gleys sono terminati, aspettano solo noi. Se mi intralcerete vi lascerò qui- disse Marcus senza voltarsi. In effetti mentre noi combattevamo il nostro accampamento era stato svuotato. Ormai la nostra posizione era troppo conosciuta per rimanere su Wafter Island, e sapendo che c'era persino qualcuno della marina, era il caso di andarsene. Ma Marika sarebbe venuta con noi.
Intanto lei continuava a camminare lentamente verso di noi, ormai a 10 metri.
-non c'è modo ormai per tornare indietro...-disse tra sé e sé.
-per tornare indietro? Benvenuta nella vita vera e propria ragazzina- ripetè il capo sarcastico.
-non dirò niente di più, di quanto ho già detto...-continuò lui. Marika sparì e riapparve di fronte a Cheyenne. La prese per il collo e la sollevò in aria.
-io e te eravamo amiche- disse con voce piatta. Cheyenne si aggrappò al suo braccio, cercando di ferirglielo.
-guardami- disse Marika con la stessa voce di prima. Cheyenne che faceva fatica a respirare, si sforzò e aprì un occhio.
-io non perdono chi ferisce le persone che amo- non disse nient'altro e la scaraventò a terra. Riapparve dietro di me, scaricandomi un calcio al fianco. Me ne accorsi troppo tardi e non riuscii a schivarlo. Qualcosa era cambiato. Anche i suoi colpi erano più precisi dell'altra volta.
Caddi scaraventato a terra e mi rialzai subito, rendendomi conto che aveva fatto più danni di quanto mi ero immaginato. Quando mi rialzai, lei mi colpì sulla schiena e caddi a terra rovinosamente. Come cavolo faceva? Non la vedevo nemmeno spostarsi.
-ti scaraventerò a terra, fino a quando avrai capito qualcosa della vita , Adriàn- disse lei, appoggiandomi un piede sulla schiena. Cercai di voltarmi, ma non riuscivo a muovermi. Esercitava una forza troppo forte. Per la prima volta nella mia vita mi resi conto di essere completamente alla mercè di qualcun altro. Improvvisamente però il peso sparì. Alzai la testa, il capo l'aveva colpita e lei era indietreggiata di qualche metro.
-Adriàn, questo è un ordine. Prendi Cheyenne e andatevene da qui.- disse Marcus.
-non se ne parla!- dissi io alzandomi in piedi. Fece qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Mi colpì all'addome con un calcio e crollai nuovamente a terra.
-non farmelo ripetere. Appena ti sei ripreso, vai e sali sul Gleys con Cheyenne. Sta per arrivare qualcuno di pericoloso qui, quindi prima ce ne andiamo, meglio è. Voglio finire questa storia una volta per tutte- disse lui. Prese la stessa chiave di prima e la puntò verso Marika. Lei se ne stava in piedi a guardarci.
-quanto siete insignificanti voi umani, che per ottenere un po' di attenzione dovete ricorrere alla violenza- disse lei. Adesso stava sorridendo. Non sembrava più quella di prima. Anche i suoi occhi felini sembravano brillare. Cosa le stava succedendo?
-umani? Non mi sembra tu sia molto diversa da noi- disse Marcus. Sembrava tranquillo, nonostante avesse quasi ammazzato Cheyenne, e mi avesse messo in difficoltà.
Marika sorrise mostrando i canini, più lunghi del solito.
-io mi servo di voi umani, perchè siete delle pedine divertenti- disse lei. Ancora una volta quella che sentimmo non era una voce umana, sembrava fossero in due a parlare. Marcus sfilò un'altra chiave, questa volta colorata e la pose di fronte a sè.
-se non sei un essere umano, allora mi semplifichi tutto- disse lui divertito. Il sorriso di Marika si gelò. Sparì.
Riapparve a fianco di Marcus, sferrandogli un pugno, ma lui lo schivò abilmente, e la colpì con un calcio. Marika lo schivò e si allontanò da lui di qualche metro.
-non ho tempo da perdere ragazzina- disse lui. Prese la chiave, la pose di fronte a sé e disse:
-cosa avresti intenzione di fare con quella chiave?- disse Marika divertita. Qualsiasi cosa stava per fare il capo non mi piaceva; solo io potevo scontrarmi con Marika, solo io potevo ucciderla. Ma mi resi conto che facevo a mala pena fatica ad alzarmi. Guardai Cheyenne, che sembrava inerte e immobile per terra. Si era ripresa ma stava in quella posizione. Mi trascinai vicino a lei, e mi resi conto che stava piangendo, anche se cercava di nasconderlo. Riportai nuovamente gli occhi sulla scena. Il capo non scherzava. Io non me ne intendevo molto di Stellair, le avevo sempre trovate per deboli che non hanno il coraggio di sporcarsi le mani, eppure in quel momento sentivo che c'era qualcosa di profondamente brutto e sbagliato in quella chiave. La teneva puntata di fronte a sé, verso Marika, che lo guardava divertito. Ora che ci pensavo non ne avevo mai visto di chiavi colorate di rosso metallico.
Ai piedi di Marika apparve un cerchio luminoso rosso che subito si tramutò in fuoco. Sul volto di Marika si disegnò un'espressione sorpresa.
-mi hai svelato tu stessa di non essere umana, ti sei scavata la fossa da sola. Tu morirai, mentre Marika sopravvivrà. Questo è il mio esorcismo- disse. Marika lo guardava con un'espressione impaurita. Provò a fare un passo indietro, ma le lingue di fuoco che la attorcigliavano si alzavano sempre di più.
-Portale demoniaco numero 3- deglutii, gli occhi fissi sulla mia preda -eksorcizem pozara-
Una colonna di fuoco si levò attorno a Marika. Non gridò nemmeno. La sua figura sparì avvolta dalle fiamme.
Come era possibile? Non avevo fatto niente per impedirgli di agire. Ero rimasto immobile a guardare mentre veniva uccisa l'unica persona che per dieci minuti mi aveva fatto divertire fino allo sfinimento. Mi feci forza e mi tirai su.
In quel momento però successe qualcosa di strano, e se ne accorse anche il capo. Ormai infatti si era voltato, e già dava le spalle a quello che rimaneva di Marika; si era avvicinato a noi estraendo un'altra chiave. Ma in quel momento si voltò verso il fuoco.
Apparve una figura in mezzo alla colonna di fuoco, o meglio, una figura portava in braccio un corpo esanime. Improvvisamente il fuoco cessò. E lo riconobbi.
Quello che doveva essere stato il mio maestro e compagno d'armi stava con il cappello a falda larga marrone calato sul volto. Le braccia tenevano in braccio il corpo di Marika che sembrava essere pieno di bruciature. Michael l'ombra di fuoco lo aveva soprannominato così il Regno, che aveva imposto sulla sua testa una taglia di 100.000 Jewels. Fuoco per le sue abilità, ombra perchè si presentava sempre con il volto coperto dal cappello, e quindi non si conosceva bene il suo viso.
Avevo sempre saputo che era forte, ma non poteva fare nemmeno lui contro il potere di Marcus. Erano su un altro piano. O almeno così pensavo. Come aveva fatto ad uscire indenne da un incantesimo come quello?
Eppure sembrava tranquillo mentre stava immobile davanti a Marcus.
-cosa abbiamo qui- disse Marcus divertito.
-Michael...-sentii dire Cheyenne al mio fianco. Aveva gli occhi ancora lucidi.
-salve ragazzi- disse lui alzandosi il cappello. Marika stava ancora tra le sue braccia, con il volto appoggiato al suo petto. Sembrava stesse dormendo beata.
-da che parte stai?- chiese direttamente Marcus. Come da che parte stava? Michael era partito in missione per recuperare Marika, ed era riuscita a portare a termine la missione.
-dalla parte della Marina, Marcus Botelho- disse una voce femminile che usciva dal bosco. Sembrava glaciale e fredda. Alzai lo sguardo verso la nuova arrivata, e riconobbi subito le divise. Le divise, perchè una sola aveva parlato, ma erano in due. Vennero avanti lentamente. Era ora di andare via.
Sentii il capo sbuffare.
Le figure che venivano davanti a noi, era due ufficiali della marina: la ragazza che aveva parlato era un tenente, come lo mostravano le due stelline sulla camicetta; l'uomo al suo fianco era un capitano, come invece simboleggiavano le tre stelline. Con un capitano non c'era da scherzare. Anzi.
-E' inutile dire che vi dichiaro in arresto, sarete sottoposti a giudizio e condannati- disse lapidariamente il capitano. Era un uomo alto, sulla 40ina, con i capelli brizzolati, e una spada nel fodero. Ci fissava con le braccia incrociate.
-per me è stato un piacere, vi saluto signori- disse Michael, voltandosi verso di loro, senza mai mostrare il volto. Sorrise un'ultima volta e venne avvolto dalle fiamme del suo Jano. Quella fu l'ultima volta che lo vidi. Era chiaro che Michael aveva deciso di lasciare i mercenari. Ed era chiaro che questo sarebbe pesato non poco: il conte si sarebbe infuriato e qualcuno sarebbe morto, in primis qualche caro parente a cui Michael teneva e con cui era stato tenuto sotto controllo in questi anni.
-beh, mi trovo costretto a dovermene andare. Ci rivedremo sicuramente. Signor Capitano- disse Marcus facendo un finto inchino, poi si rivolse al giovane tenente :-miss Hozeh-
la conosceva?
-Ti avevo riconosciuto subito. E subito sono andata a riferirlo al Capitano. Sappi che se Ester supererà anche questa, e tu sparirai completamente dalla sua vita. Perchè persone come te devono essere distrutte!- disse la giovane. Avrà avuto circa 20 anni, e assomigliava molto a Ester. Doveva essere sua sorella, anche se lei aveva i capelli neri.
-addirittura? Tua sorella non la pensava così quando si è fatta colpire apposta.- disse lui. Improvvisamente un cerchio luminoso apparve attorno a me, a Cheyenne e al capo. Stavamo per andarcene.
-non credere di potertene andare così semplicemente!- disse la giovane estraendo la spada.
-sia tu che tua sorella avete un problema. Vi attaccate troppo alle persone, e quindi poi vi stupite perchè queste vi deludono...- disse lui. Anna , la tenente si cominciò ad avvicinare.
-Tenente non si muova- disse perentorio il Capitano. La giovane tenente strinse i pugni e si bloccò.
Non potevano arrestarci in territorio alleato?
-Esiste solo una persona di cui ti puoi fidare veramente, e quella persona è te stesso. Fammi il favore di dirlo anche a tua sorella.- disse lui. Improvvisamente la luce aumentò drasticamente attorno a noi, che fui costretto a chiudere gli occhi.
Improvvisamente il rumore delle onde che si infrangeva sulla spiaggia era sparito, per lasciare posto al silenzio del Gley, la nave sottomarina che ci permetteva di compiere lunghissimi viaggi in pochissimo tempo. Alzai lo sguardo. Eravamo finiti in mezzo all'atrio e non c'era nessuno. Cheyenne era seduta a terra e insieme a me, eravamo ricoperti di sabbia e sangue. Il capo ci dava le spalle, e stava immobile.
Cominciò a camminare, le mani in tasca, le chiavi appese al portachiavi della cintura, e senza mai voltarsi disse:
-dite a mio padre, che suo figlio è tornato-




Note autrice
Non so se ci rendiamo conto che oggi carico il capitolo non in ritardo, ma entro quanto avevo promesso :D :D :D (diecimila pacche sulla spalla a me) dopo non so quanto tempo.
Lol, a parte questo, siamo alla fine ragazzi! Abbiamo ancora due capitoli, uno conclusivo e l'epilogo. Sono così contenta di essere riuscita a portare a completare un altro tassello del mondo dei Jano! Spero di non aver fatto troppa confusione, ma i personaggi sono tanti e le vicende super intrecciate. Che dire su questo capitolo? Nonostante quanto di Marcus sia veramente triste, credo che ci sia un fondamento di verità nelle sue parole.
Che ne è di Ester secondo voi? Come reagireste se foste nella stessa condizione di Ester? So che come personaggio non lo ho mai approfondito molto, ma è possibile secondo voi che si sia fatta colpire apposta da Marcus? E cosa succederà al loro rapporto ora?
Mi piacerebbe avere un vostro parere :D! Non so chi di voi legga fumetti o altro, ma per descrivere il loro rapporto mi sono ispirata ad uno dei manga più famosi del momento, Fairy Tail, e in particolare a Erza e Gerard. Credo che siano una bellissima coppia, e nonostante lui le abbia fatto di tutto, alla fine, Erza lo perdona (anche perchè in fondo non era nemmeno colpa sua).
Altra cosa che viene sottolineata in questo capitolo è l'amicizia tra Marika e Cheyenne: forse la sua amica si è pentita di averla attaccata? Forse nasconde qualcos'altro?
Ora torno a studiare italiano, che ho un' interrogazione da panico D: giovedi! Spero di riuscire a caricare presto gli altri due capitoli! Dove forse vedremo qualcosa di più tra il nostro Michael ;) e Marika.




Superbacione!
Elena :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Z ***


Prima di iniziare con la lettura del penultimo capitolo (la settimana prossima pubblicherò l'epilogo), vi consiglio di andare a vedere il booktrailer di Femmina Alfa al link: https://www.youtube.com/watch?v=tATvV9_MXC4


 
Z




Aprii gli occhi lentamente. Ero in un letto, un lenzuolo leggero mi copriva e c'era un profumo che già conoscevo. Ero in una stanza, nella mia stanza. Dalle finestre proveniva il suono della festa nelle strade, e dalle tende filtrava la luce della luna. Mi tirai sui gomiti e i miei occhi vagarono per la stanza alla ricerca della fonte di . Seduto sul divanetto di fronte al mio letto stava un giovane, il cappello piegato sul volto. Sorrisi senza rendermene conto.

Cosa era successo a Ester? E perchè Michael era qui? Mi passai una mano tra i capelli. Erano ancora sporchi di sabbia. Avevo sete e volevo farmi una doccia. Il più silenziosamente possibile scesi dal letto, e in punta di piedi mi avviai verso la porta. In quel momento passai vicino a Michael, gli cadde il cappello sulle gambe. Mi voltai verso di lui.

Sembrava un bambino. Era stanco, e respirava silenziosamente. I vestiti che indossava erano tutti consumati: la camicia biancastra stava aperta sul collo, mentre il soprabito pesante scuro era consumato. Risalii con lo sguardo fino al volto.

La barba leggera gli contornava il viso, le labbra schiuse e poi il cappello chinato sugli occhi. Non ricordavo bene cosa fosse successo, ma sapevo che se ero viva e vegeta era grazie a lui. Ricordavo benissimo che eravamo state in due nel mio corpo, per un certo momento. Probabilmente era successa la stessa cosa quando avevo incontrato Michael a Fortaleza.

Sentii il braccio afferrarmi. Colta all'improvviso sobbalzai.

-dove credi di andare?- chiese la sua voce. Con l'altra mano si tolse il cappello e lo appoggiò sul tavolino.

-stavo...come sta Ester?- chiesi subito io. I suoi occhi scuri si spostarono su di me.

-fisicamente o psicologicamente?- mi domandò, mollando la presa e strofinandosi gli occhi.

-entrambi- era vero. Quello che doveva essere il suo fidanzato l'aveva tradita. Mi venne subito in mente la prima volta che ci aveva portato alla festa del paese. Le brillavano gli occhi e sorrideva felice, innamorata, all'idea di dover vedere Marcus. E lui l'aveva quasi uccisa.

-beh fisicamente si riprenderà nel giro di due settimane...psicologicamente, solo lei lo sa- disse lui stiracchiandosi.

-dov'è adesso?- chiesi.

-a casa di un medico, amico del sindaco. Sono successi diversi problemi...-disse lui sbadigliando.

-se vuoi dormire, buttati sul mio letto, io tanto devo andare a fare una doccia perchè così non ci voglio rimanere- e uscii senza aspettare risposta.

Chissà per quanto tempo era stato seduto su quel divanetto, a vegliare su di me poi? Mi sembrava impossibile, oltre che imbarazzante. Dovevo aver fatto qualche faccia strana mentre dormivo. Sospirai. Michael sapeva essere veramente affascinante. Aveva quell'aura di mistero attorno a sé, e sembrava che avesse tutto sempre sotto controllo. Sorrisi al pensiero che fosse rimasto tutto il tempo lì, addormentato e stanco. Era proprio un bravo ragazzo.







Appena uscii dalla stanza mi alzai in piedi. Mi tolsi il mio redingrote e la camicia. Ero distrutto, ed ero contento che Marika non si fosse fatta problemi a chiedermi di dormire sul suo letto. Mi avvicinai al letto e ci caddi sopra a peso morto. Mi tirai in qualche modo il lenzuolo addosso e mi addormentai quasi subito. O meglio, io non dormivo quasi mai, rimanevo sempre in uno stato di semi-veglia, mi ero abituato così e non mi fidavo ormai di nessuno.

Dopo diverso tempo, sentii la porta aprirsi lentamente e un profumo di bagnoschiuma invase la stanza. Non aprii nemmeno gli occhi per controllare chi fosse. Le mie labbra si incresparono in un sorriso divertito. Non sapeva cosa fare. Probabilmente per non svegliarmi si sarebbe seduta sulla poltrona, anche se sinceramente speravo di no. Le cose si stavano facendo interessanti.

Sentii i suoi passi avvicinarsi leggermente verso l'interno della stanza. Poi si bloccò di nuovo.

Fece un respiro profondo, e si avvicinò in direzione del letto.

Avevo fatto attenzione a lasciare del posto vicino a me, quando mi ero coricato. Avevo fatto bene.

Sentii un ginocchio appoggiarsi sul letto. Poi appoggiò anche le mani e infine salì. Attenta a non svegliarmi si coricò dandomi le spalle. Si tirò su il lenzuolo. I capelli sembravano ancora umidi, e il profumo del bagnoschiuma era così dolce. Ma non dormiva, lo capivo dal suo respiro.

Impercettibilmente mi avvicinai. Alzai un braccio e lo appoggiai sulla vita avvicinandomi a lei. Sapevo un così buon profumo.

Lei subito si irrigidì, ma vedendo che non facevo nient'altro si rilassò dopo poco.

-Michael?- disse lei sottovoce per vedere se ero sveglio.

Mugugnai qualcosa in risposta. Stavo così bene e rilassato. Lei si voltò piano verso di me.

-me lo stavo chiedendo già prima...perchè sei qui?- disse lei ad un soffio da me. Aprii gli occhi e la guardai. I suoi occhi color nocciola riflettevano la luce lunare, e avevo la fronte corrugata, come se si tesse arrovellando su qualcosa, ma non trovasse risposta.

-perchè mi andava- dissi io mantenendo lo sguardo.

-e tua mamma?- chiese lei preoccupata.

-mia mamma è al sicuro- dissi io richiudendo gli occhi, ripensando a quanto avevo sentito dalla sorella di Ester. Mi avevano lasciato in libertà solo perchè li avrei aiutati a fermare Marcus. Adesso se mi avessero beccato, mi avrebbero dovuto arrestare. Dopo che il Capitano Deff se ne sparito, ero rimasto a guardare la situazione nella foresta, per intervenire al momento giusto. Mentre aspettavo però erano arrivati i due ufficiali della marina, chiamati da i compagni di Marika e dai bambini, e avevamo deciso di collaborare. Poi avevo chiesto informazioni sull'isola di Averiam, la città natale da cui provenivo e avevo appreso la notizia.

-come fai ad esserne certo?-

-tre anni fa c'è stato un terremoto, è stata un'ecatombe. Le scosse poi hanno causato un sacco di mareggiate e onde che hanno devastato ucciso quel poco che rimaneva. Nessuno mette più piede su quell'isola da anni ormai, le probabilità che sia sopravvissuta sono nulle- dissi io, provando a ricordare il viso sereno di mia madre. Si chiamava Guernica.

Marika non disse niente, i suoi occhi spalancati bastavano. Si portò una mano alla bocca sorpresa.

-mio dio...- continuava a guardarmi preoccupata, in cerca di una mia qualche espressione. Il problema era che non mi ero reso conto della morte di mia madre. Non la vedevo da tantissimo e mi mancava certo, ma mi ero abituato a quella lontananza. E il fatto che mi avessero detto che era morta, beh il mio cervello non lo registrava come perdita.

-per me lei continua a vivere da qualche parte. Che sia morta o che sia viva, fino a una settimana fa, non avevo nemmeno la speranza di rivederla, costretto dai mercenari. E' brutto da dire, ma io non mi sono veramente reso conto che lei è morta, cioè... io non la vedevo da anni ormai, e non significa che non le volessi bene, ma...-

-...ti sei abituato a non vederla.- concluse la frase.

- mi dispiace per quello che è successo, ma non soffro come dovrebbe soffrire un figlio...e la cosa mi disgusta terribilmente-

-non devi. Non te ne sei ancora reso conto, e comunque tu hai vissuto tutti questi anni, solo per permettere a lei che vivesse...non ti sembra di aver sofferto abbastanza?- mi chiese lei. Mi tirai su un gomito, e la guardai. Due ciocche castane le scendevano lungo la spalla lasciata nuda dalla camicia da notte. Il volto abbronzato, con le gote rosse per la doccia, le labbra schiuse e lo sguardo interrogativo confuso. E poi quel profumo. Tutto mi attirava di lei. Al diavolo l'autocontrollo.

Mi chinai, baciandola.

Le labbra erano morbide e delicate. Rimasi immobile a guardarla, un centimetro dalla sua bocca. Non avrei fatto altro, per cui lei non fosse stata d'accordo. Sperai avidamente non mi mandasse via. Lei mi aveva puntato i suoi occhi sorpresi nei miei. E stavo immobile, aspettando che mi cacciasse via. Invece alzò una mano, e mi accarezzò la guancia. Sorrise e abbassò lo sguardo sulle mie labbra.

Non resistei più.

Mi calai su di lei di nuovo, come il falco sulla preda. Le sorrisi di rimando e la baciai di nuovo, la mano destra che scendeva lungo il suo collo. Lei si sporse verso di me, tirandosi sui gomiti. Scesi a baciarla sul collo, il suo profumo mi inebriava.

Poi però mi alzai a guardarla e vidi che aveva gli occhi lucidi. Non l'avevo mai vista piangere da quando ci conoscevamo.

-ehi...?- chiesi io preoccupato.

-niente, è che...l'idea che non sono più sola...- disse strofinandosi gli occhi imbarazzata. Ne aveva passate anche lei tante come me. Decisi che per quella sera era meglio finirla lì. Non tanto per me, ma per rispetto a lei, che alla fine era ancora una ragazzina. Le sorrisi e dissi:

-non lo sei mai stata, da quando ci siamo conosciuti, ti sono sempre stato in mezzo ai piedi- le dissi per consolarla. Ora che ci pensavo però era vero. L'avevo allenata i primi giorni ed era rimasta a dormire nella mia tenda. Lei mi sorrise di rimando ed annuì.

Mi appoggiai sul letto, allontanandomi leggermente da lei.

-comunque per la cronaca, mi hanno offerto di rimanere qui, ed entrare a far parte dell'Organizzazione. Quindi ti starò tra i piedi ancora per un po'- dissi divertito, guardandola.

Lei mi rispose con un sorriso divertito e malizioso che non le avevo mai visto.

-non vedo l'ora-







Nota Autrice

Ciau ragazzi :)

E' successo ragazzi! E' successo! Si sono baciatiii!! non so se sono stata abbastanza in grado di rendere la scena, in ogni caso, sono contenta di essere riuscita a concludere un altro pezzetto del mondo di Angelica. So che non ha appassionato come Angie, però anche la storia di Marika secondo me, ha un suo perchè! Senza parlare del fatto che la maturità con cui l'ho scritta è certamente differente da quella con cui ho scritto Angie. Detto ciò, che dire? Veniamo alla nostra coppia. Originariamente avevo pensato di descrivere la scena del loro bacio, in maniera totalmente differente, che forse vedrete nel prossimo e ultimo capitolo. Marika e Michael sono da sempre stati due personaggi soli, e alla ricerca di qualcosa o qualcuno per cui combattere. Fin da subito Michael aveva mostrato interesse nei suoi confronti, sin dal primo capitolo, dove non si conoscevano ancora, ma è rimasto ad osservarla piangere nel bosco, sia quando Marika è entrata a far parte dei mercenari, sia alla fine, quando lui è venuto a cercarla ma non l'ha riportata indietro e ha deciso di scappare. Vi ricordate quando inizialmente Marika non si fidava di lui? Ora invece il loro rapporto e completamente cambiato, si è evoluto e approfondito. Credo che questo sia dovuto a tutte le avventure che hanno passato insieme (anche a quelle che non ho raccontato, quelle del buco di memoria di Marika, che però prossimamente pubblicherò qui su Efp) ma anche al fatto che fin da subito si siano sentiti attratti l'uno dall'altra (ricordatevi la scena in cui Marika chiede spiegazioni a Michael circa il suo rapimento), e al contempo stesso si siano sentiti simili (entrambi schiavi, e costretti a qualcosa). Detto ciò, mi piacerebbe sapere veramente che cosa ne pensiate di questi due personaggi, di questa storia, del modo in cui è stata descritta, e soprattutto cosanon vi è piaciuto! Ditemi anche se è stata scontata e prevedibile, perchè credo sia fondamentale cercare di scrivere una trama che non sia per niente banale! Ci vediamo all'epilogo nel prossimo capitolo! :)







Bacioni

Elena :)

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Epilogo - Prologo ***


 

Epilogo – Prologo

 

Chiusi il libro che facevo finta di leggere, I segreti dell'antico regno di Daskatan a cura del capitano B. Roberts. Quanti anni erano passati ormai da quanto ero entrata a far parte dell'Organizzazione insieme a Michael? Molti. Ora ero il capitano di quella splendida nave su cui ero salita per la prima volta: la Canasta. Buttai il libro per terra, rilassata com'ero con i piedi sullo scorrimano della nave, l'aria fresca marina e il sole cocente.

Sentii alcuni passi avvicinarsi.

-Capitano, presto entreremo nell'ultima zona libera navigabile, prima di entrare nelle acque territoriali di Daskatan. Stiamo per attraccare a Maranto-

Il grandissimo regno di Daskatan era circondato da acque non navigabili, ribollenti, acide e abitate dalle sirene. L'unico modo per raggiungere il porto con la nave, era di passare per il canale preferenziale, pagando la relativa tassa. Prima però dovevamo fermarci su un isoletta piccola e insignificante, ma famosa per le sue ricchezze: la repubblica di Maranto. Alcuni della nostra ciurma dovevano scendere per una missione particolare e complessa. Mi voltai verso chi aveva parlato.

Era Jack, l'uomo che avevo visto per la prima volta su questa nave. Ricordavo ancora quando Ester ci aveva portato al porto per farcela vedere. Non avevo avuto modo di godermela perchè eravamo subito stati chiamati da Jason, preoccupato per Richard e sua sorella Angelica. Pensare come erano cresciuti quei ragazzi mi faceva sorridere. Angelica invece era l'unica che non avevo più rivisto. Era stata uccisa da delle guardie diversi anni dopo, a quanto avevo scoperto.

-perfetto. Dì agli idioti che siamo quasi arrivati a Maranto- dissi io alzandomi e stiracchiandomi. Anche io ero cresciuta nel frattempo. Non ero più la povera ragazzina insicura e immatura. Ero contenta delle scelte che avevo fatto e di come ero diventata. Ora ero il capitano Marika, della seconda squadra di ricerche dell'Organizzazione. Tutti i miei sottoposti avevano un Jano e di tutti potevo fidarmi ciecamente.

-sei sempre molto gentile capitano- disse una voce alle mie spalle. Mi voltai e sorrisi divertita. Un Richard di 19 anni, allegro e solare come sempre, si stava avvicinando a me, con una pila incredibile di libri. Si proprio il Richard che aveva salvato, ora era un bel giovane, alto, dai capelli biondi dorati, e gli occhi blu notte. Era diventato una specie di medico, dopo la morte del padre e della sorella, oltre che ad essere diventato anche una guardia reale del Regno. In questi anni ne aveva passate di tutti i colori, soprattutto per via di una ragazza che portava lo stesso nome di sua sorella.

-si perchè hai accettato questa missione senza pensare nemmeno a...- dissi io. Lui si rabbuiò un attimo, ma poi sorrise di nuovo.

-il mio aiuto è fondamentale lo sai, se si feriscono, sono l'unico in grado di curarli- disse lui, appoggiando la pila di libri su una delle tante casse sul ponte. In realtà non era solo bravo a curare, ma potenzialmente era forte almeno quanto me.

-in effetti sarebbe un bel problema se non ci fossi. E poi non ho intenzione di lasciarti vedere Angelica, non prima di me almeno!- era uscito dalla coperta un altro ragazzo, più basso di Richard, ma più abbronzato. I color rosso acceso di quando l'avevo conosciuto per la prima volta si era un po' domato, ma rimaneva sempre il mio fratellino adottivo, Jason. Per ironia del destino entrambi si erano innamorati della stessa ragazza, Angelica appunto, il cui nome era uguale a quello della sorella di Richard. A un primo sguardo non lo si sarebbe mai detto che quel giovane fosse il capo di tutti noi. Dopo la morte di suo padre Jason si era rimboccato le maniche ed era veramente cresciuto e maturato in pochissimo tempo. Era strano vederlo fare battutine ormai, era sempre impegnato a gestire tutta l'Organizzazione. Da lui ora dipendeva sia i detentori dei Jano, sia i detentori di Stellair, sia i detentori di Rubens. Ora che ci pensavo era da un anno ormai che non vedevo ne Maka, ne Toushiro. Anche loro però erano migliorati e cresciuti molto. Eravamo sempre rimasti amici, anche se lontani. Entrambi ora erano impegnati con altri ragazzi da qualche parte in giro per il mondo. In effetti Jason aveva una grande responsabilità a gestire tutti, ma era anche l'unico a poterlo fare. Aveva imparato fin da subito a usare il Jano del padre, il Jano del Futuro. Tra tutti e 12 pugnali, di sicuro quello era il più maledetto di tutti.

-tranquilli. Le riferirò io dei vostri battibecchi da donne- disse Gaia, la detentrice del Jano della natura. Lei era una delle nuove arrivate , per così dire. Richard l'aveva salvata ancora diversi anni fa, e da allora si era aggiunta a noi.

-che noiosi che siete- disse invece Miriam, uscendo annoiata dalla coperta. Lei era una delle più belle ragazze che avessi mai visto, o meglio, la più bella ninfa. D'altronde era la principessa del regno sommerso, e si era unita a noi, per un accordo stipulato tra suo padre e Jason. Miriam deteneva il Jano dell'acqua ovviamente.

-Dov'è finito Michael?- chiese Richard guardandosi in giro. Michael e io non c'eravamo lasciati più, se non per brevi missioni. Il nostro rapporto era strano ma saldo, pochi sapevano di noi, forse perchè non ci vedevano mai insieme, eppure a me andava bene così. Il legame tra me e lui era qualcosa di così profondo e solido che semplicemente non poteva essere spiegato. Eravamo fidanzati? Secondo chi sapeva di noi si. Gli esseri umani hanno bisogno di etichette per definire un rapporto, perchè così sono sicuri di potersi aspettare qualcosa. Di potersi arrabbiare se qualcuno li tradisce, di poter essere felice se gli si fa un regalo. Ma io non me la sentivo di definire il nostro rapporto, sarebbe stato un rinchiudere in una gabbia quello che in realtà io e lui eravamo, semplicemente io per lui, e lui per me. Uno scambio infinito e uguale di energie. Non sarebbe importata la distanza tra di noi, perchè in fondo, nel cuore, qualcosa ci teneva uniti. Non avevo bisogno di certezze, perchè la realtà di fatti era quella.

-vado a cercarlo- dissi io ravvivandomi la chioma.

Mi incamminai nel corridoio principale, e cominciai a buttare l'occhio nelle stanze che si affacciavano.

-Michael- lo chiamai, domandandomi dove fosse finito. Il modo in cui riusciva a sparire e apparire in giro per la nave era tipico di lui. Sorrisi divertita quando sentii il rumore metallico del Jano inserito nel fodero. Mi avviai verso camera sua, ed entrai. Si stava allacciando la camicia e quando mi sentii arrivare, mi guardò sfoderando un sorriso malizioso.

-quanto ci metti a cambiarti? Sei peggio di Miriam- dissi io appoggiandomi sullo stipite, continuando a guardarlo negli occhi. Lui si avvicinò divertito, continuando a salire con i bottoni.

-tu invece non ci metti niente- disse facendo riferimento al fatto che ormai giravo sempre in bikini. Avevo scoperto in uno dei miei tanti viaggi, che gli abitanti dell'isola di Ikaria avevano dei vestiti fatti apposta per il bagno in mare. Non sopportando per niente il calore, ne avevo comprati a quantità industriali e giravo in bikini e pantaloncini corti, di quel tessuto che chiamavano jeans.

Mi staccai dalla porta e andai verso di lui.

-ci penso io. Quasi 30 anni e non essere in grado di allacciarsi in meno di mezzora una camicia. Fai un po' pena sai- dissi io divertita, mentre prendevo i lembi della camicia.

-Marika- disse e alzai lo sguardo verso di lui. Mi guardava divertito dalla situazione, che si era ripetuta un sacco di volte, e che tutte le volte ingenuamente mi faceva alzare la testa. Sentii la sua mano destra appoggiarsi sul mio fianco e delicatamente risalirlo con le dita.

-mi raccomando- dissi un po' preoccupata, come tutte le volte che dovevamo separarci. La sua mano risalì fino al mio collo, così come il suo sguardo. Aveva le labbra schiuse e con gli occhi risaliva la mia figura. Si chinò su di me e chiusi gli occhi.

-Ragazzi ma dove...ops- aprii gli occhi immediatamente e mi staccai da Michael imbarazzata. Mi voltai verso la porta e trovai un Richard imbarazzato e divertito che ci guardava.

-mi avevano chiesto che fine avevate fatto...e nessuno voleva venire a cercarvi...-

Presi la prima cosa che trovai sottomano e feci per lanciargliela indispettita e imbarazzata, quando la mia mano venne bloccata. Mi voltai. Michael alle mie spalle, mi aveva preso e bloccato il polso e mi guardava divertito.

-lascia stare il marmocchio, nonostante abbia la ragazza si saranno scambiati un bacetto in 3 anni- disse lui prendendo in giro Richard. Lui sbuffò e roteò gli occhi, ma se ne andò. Sorrisi divertita e mi voltai verso di lui.

-devi essere sempre così violenta- disse lui divertito, riuscendosi ad allacciare gli ultimi bottoni.

-e tu devi essere sempre così arrogante?- gli risposi io divertita. Lui nel frattempo aveva preso la sua redingrote e la stava indossando. Mi spostai e mi avvicinai nuovamente verso la porta, aspettando che finisse di cambiarsi. Si fissò la cintura con il fodera del Jano, si avvicinò al divanetto e raccolse il suo cappello. Erano passati anni e ancora la sua faccia non era apparsa nelle taglie, non riuscivano proprio a disegnargli il viso. Sorrisi divertita dalla sua astuzia. In effetti Michael era cauto e abbastanza imprevedibile, oltre che arrogante. Però lo adoravo comunque.

Si avviò verso la porta e mi superò. Poi si bloccò un attimo.

-dimenticato qualcosa?- chiesi confusa.

Michael si voltò improvvisamente, mi guardò e mi baciò intensamente. Schiusi le labbra e lo sentii sorridere soddisfatto. Appoggiai le mani sulla sua camicia, ma prima che potessi stringerlo e attirarlo verso di me lui si staccò. Aprii gli occhi e lui era già sparito dalla mia visuale, lasciandomi lì.

Mi voltai verso di lui e vidi che camminava dandomi le spalle, salutandomi con un cenno della mano destra. Sorrisi, un po' triste, come tutte le volte che se ne andava.

-vedi di non appiccare troppi incendi, piromane- gli dissi da in fondo al corridoio.

-Ti amo anche io Capitano- lo sentii rispondere. Sorrisi come tutte le volte, consapevole della luce che brillava nei miei occhi e lo vidi pian piano scomparire, avvolto nelle lingue di fuoco del suo Jano.

 

Oh giovane lettore,

questa era la storia di un mondo lontano, misterioso, popolato da esseri umani e non solo. Hai conosciuto l'avventura, l'azione e la magia misteriosa degli anelli, delle chiavi e dei pugnali maledetti. La maledizione dei Jano ora ricade anche su di te, la Dea Madre ha deciso.

Benvenuto tra noi,

Avventuriero

 

Note autrice

 

Macciaoo a tutti! Incredibile ragazzi! Sono riuscita a finire anche questa parte del mondo di Angelica! Spero di avervi incuriosito con quest'epilogo, che per chi ha letto il libro, è ambientato all'inizio della seconda serie di Angie (che sto scrivendo e che quindi è una sorta di prefazione del sequel di Angelica). Vi ringrazio, per la passione, per l'entusiasmo che ci mettete, e nel vostro supporto! Ringrazio ancora una volta Efp, e ringrazio il mio cervello/corpo che ha retto il trinomio maturità/patente/libro fino a due giorni fa (ero da ricovero in ospedale ragazzi, vi consiglio di non raggiungere le punte di stress della sottoscritta perchè sono devastanti).

Vi ricordo che potete trovare il booktrailer di Femmina Alfa qui: https://www.youtube.com/watch?v=tATvV9_MXC4

e se guardate nel mio canale trovate anche il booktrailer di Angelica :) Detto ciò vi ringrazio per tutto il vostro supporto! Vi ricordo che sul mio sito www.elenalucia.com trovate i capitoli di Femmina Alfa ricorretti e con qualche aggiunta in più! Scusate per questo spazio “pubblicità” però vorrei veramente sapere cosa ne pensiate! Il vostro parere e soprattutto supporto è fondamentale se voglio diventare una scrittrice! Grazie a tutti per la pazienza, spero che nonostante la mia fretta di fare le cose, io sia riuscita a darvi e a trasmettervi qualcosa :)

Detto ciò, vi lascio e ci sentiamo prossimamente con il nuovo capitolo di ERIS, il sequel di Twinsoul, e l'incipit del sequel di Angelica!

Ricordatevi che la fine non è altro che un nuovo inizio! Yo ho, pronti a salpare per la prossima avventura ;)?

 

Elena

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2120542