La rovina più dolce.

di JulietXD5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** "Vedrai Katniss, andrà bene." ***
Capitolo 3: *** Spazi perfetti tra le sue dita. ***
Capitolo 4: *** Un passo avanti, uno indietro. ***
Capitolo 5: *** Fermami. ***
Capitolo 6: *** Normalità. ***
Capitolo 7: *** Due. ***
Capitolo 8: *** "Vorresti essere con lei?" ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.


Ore.
Giorni.
Il tempo qui al 13 passa così lento che non realizzo più quanto ne passi a pensare a lui.

Peeta è a Capitol City.

E’ colpa mia, non ho saputo proteggerlo.
Continuo a ripetermi che lo rivedrò, che lo salveremo… ma se così non fosse? Se arrivassimo troppo tardi?
Tento di scacciare immediatamente quell’ipotesi dal mia mente,  ferita da tutto ciò che ha vissuto.
Mi stringo forte al petto il cuscino incolore e senza vita, mi sdraio su un fianco nel letto e penso alla mia Prim.
Vorrei essere come lei. Così sicura di sé, così altruista. Esattamente il contrario di come sono io.
Tento di chiudere gli occhi e prendere sonno,  ma le immagini di me e Peeta sulla spiaggia nell’arena mi assalgono, e istigano le lacrime a scendere.
Non avevo mai provato con Gale quella fame di baci che mi aveva assalito con Peeta.
E ora che non è qui con me, mi chiedo se lo bacerò mai di nuovo. Se riuscirò anche solo a sfiorargli una guancia, a rispecchiarmi nei suoi occhi.
Possibile che mi sia davvero innamorata di lui, alla fine?
Possibile che da una bugia sia nata una verità? Gale ne sarà furioso, non mi rivolgerà mai più la parola.
Ma perché dirglielo?... rimarrà il mio segreto, il segreto della Ragazza di Fuoco e del Ragazzo del Pane.
Niente da fare, non riesco a dormire, né penso che ci riuscirò mai stanotte.

Mi alzo cautamente e mi incammino verso il corridoio.
So bene chi troverò lì. Qualcuno che condivide il mio stesso dolore e la mia stessa preoccupazione.
Esattamente come pensavo, Finnick Odair siede sul pavimento, intrecciando una corda , per poi snodarla e riannodarla ancora, e ancora. E’ l’unico modo che ha per rilassarsi, per svagarsi, per quanto possa essere possibile.
Decido di sedermi accanto a lui.
“Niente sonno stasera?” mi chiede.
“Nemmeno tu?” rispondo io, per quanto la cosa possa sembrare ovvia.
Finnick non risponde. Sappiamo entrambi cosa passa nella mente dell’altro. Peeta e Annie. Entrambi a Capitol City, entrambi prigionieri. Le sole persone che hanno saputo amarci per quello che siamo sono in mano all’unica persona che ci ha reso vulnerabili e schiavi delle nostre paure: Snow.
Ci metto un po’ per scacciare il ricordo del profumo di quella maledetta rosa bianca nel suo taschino.

“Credi che stiano bene?”
Non so rispondere alla domanda di Finnick.
“Spero di sì” e lo spero davvero, molto più di quanto possa esprimere a parole.
Finnick scioglie definitivamente i nodi sulla corda, e fa per alzarsi.
“Vado a dormire, o almeno ci provo. Buonanotte Katniss… cerca di dormire anche tu.” Mi dice, e mi scocca un insolito bacio sulla testa, appoggiando la mano sui miei capelli.

Lo guardo, anch’io stanca, e l’ultima cosa che scorgo è il suo sorriso rassicurante, in grado di scacciare ogni pensiero.
Lo guardo allontanarsi, e decido di concedermi anch’io pochi attimi di sonno, sfidando la luce del sole che, tra poco, si farà largo tra le stelle.
Perciò, mi corico di nuovo nel letto smorto che non sa di casa, e chiudo gli occhi, sperando in un giorno migliore.






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Ciao a tutti miei cari lettori!
Spero che la mia FF vi incuriosisca e che i capitoli vi piacciano :)
nei primi capitoli la storia sarà molto fedele alle pagine del libro e quasi senza 
novità, ma è importante per darle un filo logico e temporale :)
spero vi piaccia, e al prossimo capitolo! 
Juliet

 

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Capitolo 2
*** "Vedrai Katniss, andrà bene." ***


Capitolo 1
"Vedrai Katniss, andrà bene."




 
Sono giorni che filmiamo, e ogni giorno è difficile portare a termine le riprese, dato che finisco sempre per crollare e piangere disperatamente.

Giusto ieri, siamo andati a girare al Distretto 8. Non ci aspettavamo di certo un assalto, ma quello che è successo, il bombardamento, ha reso le nostre riprese più vere e piene di emozioni, per quanto possa essere stato doloroso vedere tutta quella distruzione e morte ancora una volta.

Il fuoco sta divampando! E se noi bruciamo, voi bruciate con noi!  Ho detto, anzi, ho urlato, ieri.

Oggi non si gira. Dobbiamo cercare di trasmettere lo spot di ieri.
Mi trascino fuori dal letto dell’ospedale del Distretto 13, mangio quella misera colazione che mi propinano tutti i santi giorni e mi incammino, si fa per dire dato che mi spingono con una sedia a rotelle, verso il Comando per una riunione.
Lì trovo tutta la troupe, Cressida, Messalla e i coleotteri… maledizione, devo finirla di chiamarli così!
Infine arrivano anche Boggs, Haymitch, Plutarch e la Coin.
Passano i minuti, e ci ritroviamo a discutere sul fatto che io e Gale abbiamo infranto le regole, che potevamo usare Finnick come presentatore ecc…

A cena mi ritrovo al tavolo con Finnick, e iniziamo a guardare il pass-pro insieme. Vediamo le riprese nel Distretto 8, vediamo l’attacco, vediamo l’ospedale e la sua distruzione… guardiamo tutto fino alla fine, finchè il ragazzo non si alza per spegnere la tv.
Ma lo fermo, perché noto che l’immagine in tv sta cambiando. Capitol City sta registrando un servizio straordinario, e nell’inquadratura c’è Peeta.

Peeta, il mio Peeta.
Non so se essere felice di vederlo vivo o triste perché non è qui con me.
Caesar lo intervista, e quello che esce dalla sua bocca non è nulla di buono.
Ci chiede un cessate il fuoco, dosando bene le parole. E’ sempre stato bravo a parlare, a convincere.
Quando la trasmissione finisce, io non ho più parole. Perché si comporta così? E’ stato costretto a dire quelle cose? Stava seguendo un copione o gli venivano dal cuore?

Mi passo una mano tra i capelli confusa e sull’orlo di una crisi di nervi, quando sento la mano di Finnick appoggiarsi sulla mia ancora sul tavolo e stringermela.
Quel tocco mi fa sussultare e mi costringe ad alzare lo sguardo e immergermi nei suoi occhi verdi.
“Noi non l’abbiamo visto.”
“Cosa?” chiedo io.
“Peeta. Abbiamo guardato solo il pass-pro e poi abbiamo spento perché le immagini ti provocavano troppo dolore. Chiaro?”
Io annuisco. So che lo fa per il mio bene. Ma come posso dimenticare ciò che ho visto.
Lentamente, Peeta sta scivolando via da me. E questo pensiero mi uccide.
La mia mano è ancora racchiusa in quella di Finnick. Le sue dita sono esili e ruvide al punto giusto. Sono mani che stringeresti tutto il giorno.

Nel momento in cui mi accorgo di cosa sto pensando, scuoto la testa cercando di cancellare i pensieri.
“Vedrai Katniss, andrà bene.” Mi dice con un tono melanconico ma sicuro. So che soffre quanto me.
Io sono sicura solo di una cosa: rivoglio Peeta qui con me.

Il giorno dopo, il luogo delle riprese è quello che sono meno pronta a rivedere: il mio distretto, il 12.
Logorato e devastato dagli attacchi di Capitol City.
Camminare tra quelle vie mi fa capire quanto tenevo a quel posto. Dopotutto, era casa mia, anche se era solo un accrocco di poche e povere casupole.
Quando scavalco la recinsione ancora una volta e mi dirigo verso i boschi, mi sento davvero  a casa. Non ne potevo più di quelle quattro mura pesanti del 13.
Le riprese continuano, e mi inquadrano cantare “L’albero degli Impiccati” e inneggiare alla ribellione.
Passo per un attimo al Villaggio dei Vincitori, chiedendomi se quella maledetta rosa del Presidente Snow è ancora lì ad appestare l’aria di casa mia.
Torniamo al Distretto 13 e io mi concedo poche ore di sonno.

Ma la mattina seguente vengo svegliata da Prim, che mi avvisa di un’altra riunione al Comando.
Lì trovo una folla, ma mi hanno lasciato un posto tra Finnick e Plutarch.
Saluto il primo con un lieve sorriso. Sono felice di vederlo, anche se non capisco perché. Mi siedo vicino a lui e osservo il monitor.
Quello che vedo non mi piace per niente.
C’è Peeta, seduto vicino a quel serpente di Snow. Inizia ad incespicare parole senza senso, Finnick mi porge la mano e io la afferro con tutta me stessa.
Ed ecco che a un certo punto il nostro pass-pro approda nelle comunicazioni, e Peeta mi vede.
Il set è in subbuglio, abbiamo scatenato un bel casino!
Quasi verso la fine della trasmissione, Snow chiede a Peeta se ha un messaggio d’addio per me. Ma una volta che Peeta sente il mio nome, i suoi occhi si fanno cupi, e la sua voce cattiva.
“E tu nel 13…sarai morta prima che faccia mattina!” dice.
Snow ordina di chiudere, Peeta tenta di continuare a parlare e l’ultima cosa che scorgiamo sono la telecamera che cade a terra, un colpo, un grido e del sangue vivido schizzare nell’inquadratura.
Mi alzo di scatto, mollando la presa di Finnick che tenta di riprendermi per un braccio. Ma la sua forza è nulla in confronto alla mia ora.
Urlo, strepito, mi dimeno. Sono impazzita. Ho talmente tanta rabbia e dolore in corpo che potrei uccidere qualcuno o addirittura me stessa.
“Il ragazzo ci sta dicendo che stiamo per essere attaccati. Qui, nel 13!” urla Haymitch.
E di colpo mi trovo di nuovo la mano di Finnick addosso, sul braccio, ma non è un gesto d’affetto. E’ una vera e propria presa di forza, con cui mi trascina via dal Comando.
Così, mentre ho ancora impressi nella mente gli occhi da pazzo di Peeta, ci incamminiamo verso il rifugio. Tra poco ci bombarderanno, e spero che questo maledetto posto resista, perché , giuro, che non appena tutto questo sarà finito, andrò a riprendermi Peeta.
E ucciderò Snow.






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Ed eccoci alla fine del primo capitolo!
Come vi avevo già accennato, questo è uno di quei capitoli di stallo, quasi paro alle pagine del libro...
ma come ho già detto mi serve a dare alla storia un senso temporale :)
Dal prossimo iniziamo a entrare nel vivo della storia :)
Grazie per aver letto! Al prossimo capitolo!
Juliet

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Capitolo 3
*** Spazi perfetti tra le sue dita. ***


Capitolo 2
Spazi perfetti tra le sue dita.


 


Non riesco a dormire. Non posso.

Un’altra nottata insonne, solo che il posto è diverso. Siamo nel rifugio, dove il letto è ancora più scomodo di quello dell’ospedale dove ho ormai ho preso residenza.
Ma almeno, quando non riesco a prendere sonno, posso girarmi e osservare Prim e mia madre mentre dormono.

Niente da fare. Nemmeno questo mi calma.
Cerco con lo sguardo il letto di Gale.
Come farò a spiegargli che tra di noi, ormai, non può più esserci nulla?
Ma guardare lui che dorme beato è un’altra cattiva idea, pensando che lo deluderò profondamente.

Decido di alzarmi e so già cosa fare. Non mi serve camminare a lungo per trovare Finnick Odair, il quale dorme a soli pochi letti dal mio.

Ma anche lui non sta dormendo, e guarda il vuoto attraverso il buio della stanza. Quando vede che anch’io non prendo sonno, mi fa un gesto con la mano, invitandomi a fargli compagnia.
Mi siedo sul giaciglio accanto a lui, incrociando le gambe e tenendomele strette con le braccia.
“Sto crollando.” Ammetto senza più riserve.
“E’ questo il suo piano. Di Snow. Farci crollare. Ha Peeta e ha Annie, e li sta sfruttando a suo piacimento proprio per distruggere sia me che te.” Mi risponde lui.

Ha colto nel segno. Tutto ciò che ha detto è vero e mi rendo conto dello straordinario egoismo che mi porto dietro: non ho pensato molto a lui, a Annie, e a tutto ciò che sta provando in questo momento.
“Mi dispiace tanto.” Confesso.

Ma lui mi prende una mano e la stringe tra le sue, come un fratello, come un padre, si volta e mi sorride flebile, e quel sorriso vale più di mille parole. E’ come se stesse dicendo “Non ti preoccupare, basta il mio di dispiacere” solo con lo sguardo.
In quel momento mi sento completamente catturata, quasi alienata. Mi ritrovo in un altro mondo, in un altro tempo, ai confini della realtà, persa in quel mare profondo quali sono le sue iridi.
Finnick tiene salda la stretta sulla sua mano, appoggiando la schiena al muro adiacente al suo letto, e lo stesso faccio io.

Rimaniamo in quella posizione per minuti, ore, senza mai sciogliere le mani da quelle altrui.
E stare così, qui con lui in questo momento, mi fa sentire bene. Mi calma, mi da pace, e per pochi attimi mi fa scordare i miei problemi.
Vedo che a poco a poco le sue  palpebre non riescono più a resistere, e lentamente si addormenta.

Contemplo il suo viso levigato nel buio che ci circonda per un po’, non so per quanto, fin quando non prendo sonno anch’io.
Il mio cervello mi spinge ad alzarmi e a dirigermi verso il mio letto, ma le mie gambe non ce la fanno, e in un attimo anch’io mi addormento, qui, vicino a Finnick Odair, persona che odiavo prima di conoscerla, con la mano stretta nella sua.

La mattina dopo non so bene che ore sono, ma mi sveglio con calma, non di colpo come tutte le sere dopo i soliti incubi, e mi ritrovo ancora vicino a lui.
Ancora dorme beato, con la testa appoggiata alla mia spalla destra, il suo petto che si alza sotto i tocchi del respiro. La sua mano ancora nella mia.
Pian piano, sciolgo quell’unione, prima che qualcuno si svegli e ci veda in quel modo, e mi dirigo verso il mio letto, finalmente.
Non riesco a riprendere sonno, ho dormito abbastanza per quanto mi riguarda. Così aspetto, finchè non scatta la solita routine del Distretto 13.

Oggi si gira un altro pass-pro.
Siamo in superficie, io nel mio vestito da Ghiandaia Imitatrice seduta sulla colonna di marmo che, se potesse parlare, rivelerebbe tutte le mie crisi.
Con me c’è anche Finnick. Non so se si ricorda della scorsa notte, ma sta di fatto che non sa che ha dormito accanto me, essendomi defilata all’alba.
Iniziano le riprese. La troupe inizia a farmi domande su Peeta. “Lui era già innamorato di te?” “Come sopporti la separazione?”
Rispondo a tutte, bene o male, con calma o con più fretta. Ma tutte le risposte e le domande mi fanno pensare solo una cosa: dobbiamo liberare Peeta.
La missione per salvarlo avrà luogo a breve, e io non so cosa aspettarmi. Troverò un Peeta cambiato o sarà ancora il mio Ragazzo del Pane?

Dopo la mia intervista, vedo Plutarch catapultarsi verso Haymitch e Finnick e iniziare un discorso molto acceso.
Non capisco di cosa parlino, finchè Finnick si apposta davanti all’obiettivo della telecamera e inizia a parlare…a confessare.
“Il Presidente Snow aveva l’abitudine di… vendere il mio corpo.”

Le sue parole mi distolgono dai miei pensieri su Peeta e mi costringono a guardarlo a bocca aperta.
Ho capito bene? Snow lo costringeva a vendersi?

Lo osservo, lo scruto e quasi mi viene da piangere per ciò che sta ammettendo. Stimo il suo coraggio, stimo la persona che mi è davanti in tutto e per tutto.
Racconta che è sempre stato il più richiesto, che i suoi clienti lo pagavano con i segreti e inizia a svelare il segreto più grande di tutti: quello di Snow. Quello di come ha conquistato il potere. Veleno.
Quella parola mi fa tornare alla mente l’odore forte e acre della rosa bianca nel suo taschino, uguale a quella che mi lasciò a casa nel Villaggio dei  Vincitori.
Finnick racconta di decessi inspiegabili, di uomini che morivano durante festini o dopo mesi di agonia per cause anomale, ed era tutto un piano di Snow, il quale, per allontanare i sospetti, beveva anch’egli delle coppe avvelenate che gli hanno provocato piaghe incurabili alla bocca. Ecco perché porta sempre quella rosa addosso, per nascondere l’odore amaro del sangue.
Ok, ora non posso davvero resistere più. Devo alzarmi per ricacciare dentro i conati di vomito che mi assalgono.
Tutto questo ribollire che mi sento è dovuto all’ansia, alla rabbia, al dolore che mi lacera nel profondo, alla preoccupazione per Finnick, a quella per Peeta, per Gale, per mia madre e Prim.

E basta. Si fermano le riprese e io urlo, con tutta me stessa, come una pazza. E le lacrime iniziano ad uscire.
Sono costretti a portarmi dentro di nuovo, dove inizio ad aspettare.
L’equipe riesce a bypassare i tentativi di Capitol City di interrompere i nostri pass-pro e a mandare in onda il tutto. La bomba è scattata.

Stanotte, la squadra di recupero si intrufolerà dentro Capitol City, e a me non è permesso andare. Non mi è permesso prendermi la responsabilità della morte di nessuno ,per una volta. Ci credo, dopo tutte le crisi da schizzata è ovvio che non si fidino di me.
Così, mi ritrovo a cena da sola, ma per poco, perché presto vengo raggiunta da Finnick.
Al tavolo, nemmeno una parola. Solo respiri ansiosi. In attesa.






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Eccoci ad un altro capitolo concluso!
Devo dirvi la verità, è il mio preferito in assoluto (almeno per ora!) *-*
Come mi avevo già detto, finalmente la storia inizia leggermente a districarsi...
Spero vi sia piaciuto e al prossimo capitolo!
Recensite recensite! ahahah
Juliet

 

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Capitolo 4
*** Un passo avanti, uno indietro. ***


Capitolo 3
Un passo avanti, uno indietro.



 

Io e Finnick aspettiamo nella stanza dei colibrì facendo l’unica cosa che ci riesce bene ultimamente: fare nodi.
E continuiamo a farlo per minuti, ore

La mia mente per un attimo si deconcentra dalla corda che ho tra le mani e fantastica su cosa stia succedendo a Capitol City. Gale rischia la vita. Peeta anche. La rischiano tutti. E io rischio di non rivederli più.

Smettila di pensare!   Mi ordino, sciogliendo uno dei nodi per poi mettermi a rifarlo.

Sposto lo sguardo sulla corda di Finnick, e mi soffermo sulle sue mani. Le sue dita modellano quelle fibre come fossero seta.
Rimango incantata dai loro movimenti, e mi torna alla mente la loro levigatezza quando, l’altra notte, si riposarono tra le mie.
Stanca di guardare le sue mani, alzo lo sguardo e lo poso sul suo volto. I suoi occhi sono concentrati, immobili sulla fune lasciando che solo le pupille seguano i vari passaggi.

E stranamente, rimango a fissare la sua pelle abbronzata, i suoi lineamenti scolpiti e la fronte opaca, senza nemmeno un filo di sudore. Piano piano, inizio a capire perché Finnick sia così amato dalle donne.


Si accorge che lo sto fissando, si gira verso di me e mi costringe a distogliere lo sguardo, mentre sento che il calore avvampa sulle mie guance.
Wow, ho beccato la Ghiandaia Imitatrice a guardarmi!” esclama con il suo solito tono spavaldo.
“Cosa?! Hai le visioni, Odair!” tento di riprendermi.
“Si, certo… ti stai ancora divertendo a fare nodi?” mi chiede.
“Sinceramente? E’ la cosa peggiore che posso fare al momento per non… pensare.”
“Siamo nella stessa situazione.” Ammette.
“Tu, però, non devi preoccuparti da che parte stia Annie!”
“No, devo solo preoccuparmi se sia viva e se sia ancora abbastanza sana di mente!” ribatte lui, e capisco di averlo ferito.
“Scusami Finnick, giuro, non volevo!” cerco di scusarmi, anche se mi aspetto di sentirmi mandare a quel paese tra 3..2..1… e invece no: mi prende la mano e me la stringe.
“Lo so, capisco come ti senti.” Mi consola.

Ed è vero. Tra tutti lui è l’unico che può capire cosa si prova ad avere la persona che si ama lontana e in una situazione di pericolo.
Vieni con me.” Mi dice, alzandosi e tirandomi su per un braccio.
“Dove?” non mi risponde, così mi limito a seguirlo, e passo dopo passo capisco che stiamo uscendo. Tento di fermarlo dicendogli che non ci hanno dato il permesso, ma non mi ascolta. Così usciamo in superficie e ci addentriamo nel bosco dove hanno dato il consenso a me e Gale di cacciare.

“Questo mi sembra decisamente un modo migliore di aspettare” dice, e ha ragione.
Tira un vento leggero, ma, avendo scordato la giacca di mio padre dentro, mi fa rabbrividire. Così inizio a camminare tra gli alberi, sfregandomi le braccia con le mani per scaldarmi.
“Allora, com’è la vita senz’acqua?” mi chiede Finnick.
“Scusami?” rispondo io, non avendo capito a cosa si stia riferendo.
“Andiamo, com’era  vivere dove non c’è mare?”
“Ah… beh, non è tanto male. Insomma, non ho mai avuto la necessità dell’acqua marina, sai?” replico.
“Secondo me deve essere estremamente noioso. Tutti quegli alberi senza nemmeno una riserva d’acqua…”
Ed ecco riaffiorare il Finnick Odair strafottente fino al midollo.

“Beh, questo perché noi al 12 non abbiam…avevamo bisogno di mettere in mostra i nostri addominali scolpiti come te, mio caro essere marino!”
“D’accordo, questo è vero… ma devi ammettere che è difficile eguagliare il mio fisico!” ammette, facendosi scappare una risata. “Everdeen, hai freddo?” mi chiede d’un tratto. E’ evidente che ha notato i miei tentativi di scaldarmi.
“No! Cioè si, solo un po’ … ho scordato la giacca di mio padre dentro e… tira vento…”
“Non ti facevo così gracilina!” mi prende in giro. “Dai, vieni qui.”

E in un attimo lo vedo avvicinarsi a me con le braccia spalancate, per poi stringermi in una morsa mista tra dolce e soffocante.
“Fin...Nick… ti ringrazio, ma così mi ucci…di…” confesso, tentando di districarmi.
“Avanti, un abbraccio dopo tutte le nostre peripezie ci voleva!”
“Si, va bene…ma questo non è un abbra…ccio!” dico, riuscendo a divincolarmi. “E’ un modo per strangolarmi!” finisco di dire, ritrovandomi davanti a lui, con ancora le nostre braccia intrecciate.

Mi rispecchio nelle sue pupille cristalline e lui nelle mie. Rimaniamo a guardarci così per una manciata di secondi, ma a me sembrano passare ore, finchè la sua mano lascia la presa sul mio braccio, si sposta sulla mia guancia e mi trascina verso le labbra di Finnick.

Mi ci vuole decisamente poco per capire cosa stia succedendo: mi sta baciando. Ha voluto farlo, magari senza pensarci, ed ora le mie labbra assaggiano la morbidezza delle sue.
Anche qui mi sembra che stiano passando minuti interi, invece nemmeno dopo un secondo si stacca dal mio viso, si allontana completamente da me e rimane a fissarmi come se avessi ucciso qualcuno.

Riesco a leggere la consapevolezza di aver fatto uno sbaglio nelle sue pupille.
Mi porto una mano alla bocca mentre lo sento dire “Katniss, mi dispiace! Non…Non….”
“No, no tranquillo! E’ tutto apposto, non fa niente, davvero!” cerco di convincerlo, ma lo vedo portarsi le mani nei capelli e stringerli forte.
Mi aggiusto una ciocca di capelli finitami sulla fronte, mentre cerco qualcosa da dire per sdrammatizzare la situazione.
“Non importa, davvero!” continuo.
“E’ che… tutta questa situazione… Annie… mi dispiace, non so a cosa pensavo.” Finisce, mentre inizia a riavvicinarsi a me, con ancora una mano tra i capelli.
“Lo capisco. Non ti preoccupare.” Gli rispondo io, rincuorandolo.


Decidiamo di tornare dentro, e, proprio mentre percorriamo il corridoio per tornare alla stanza dei colibrì, vedo comparire Haymitch.
Sono tornati. Ci vogliono all’ospedale.”
Così inizia una corsa contro il tempo e lo spazio. Ci fiondiamo nell’ala dell’ospedale, dove vedo Johanna Mason su una lettiga, Gale grondante di sudore e…
Sento qualcuno chiamare, anzi, urlare il nome di Finnick. E vedo una giovane donna dai capelli rossi gettarglisi al collo e stringerlo in un abbraccio pieno di sollievo: Annie.

Li vedo stringersi, perdere l’equilibrio e sbattere contro un muro, dove rimangono ad essere sicuri che non sia una visione, ad abbracciarsi dopo una lunga separazione.
E inizio a sentire qualcosa, qualcosa ribollirmi nello stomaco. Mi convinco che sia gelosia, non per Annie ma per il fatto che siano così uniti e così certi del loro amore. Come potrebbe essere altro.


Boggs mi si avvicina e mi dice che Peeta è in fondo al corridoio.
Oddio. Peeta. E’ vivo. Ed è qui. Tutte le mie inutili preoccupazioni sul non rivederlo mai più svaniscono come un sogno e mi precipito verso di lui.

Lo vedo. E’ laggiù. Finalmente potrò dirgli che l’ho scelto, che voglio lui, che mi è mancato come l’aria, che ho pensato sempre a lui…. Che ho baciato Finnick.
Mi blocco come se qualcuno mi avesse posto un muro davanti. Finnick ha baciato me, non io. Io non ho colpa, non ho fatto niente.

Così riprendo la mia corsa verso di lui, e quando sono abbastanza vicina tendo le braccia per stringerlo a me, ma vedo le sue puntare dritte al mio collo e le sento stringersi, troppo.
Peeta mi sta soffocando, e l’unico pensiero che ho in testa è l’aver trovato la mia colpa riguardo al bacio di Finnick: che mi è piaciuto.










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Ecco finalmente un altro capitolo!
Scusate per avervi fatto aspettare così tanto, ma ho avuto troppe cose da fare!
Comunque sia, vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno recensito e aggiunto alle loro storie preferite :)
spero che la storia continui a piacervi, e al prossimo capitolo!
Juls

 

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Capitolo 5
*** Fermami. ***


Capitolo 4

"Fermami."

 
Depistato.

Ecco cosa gli hanno fatto. Lo hanno depistato. Gli hanno fatto il lavaggio del cervello a suon di veleno di aghi inseguitori.
Lo guardo attraverso il vetro della sua camera d’ospedale. Non posso avvicinarmi a lui, almeno per ora.
Quando mi guarda non mi vede realmente. Vede un ibrido e una minaccia.

Che cosa mi aspettavo? Di dirgli che lo amavo non appena fosse tornato e di ricominciare come nulla fosse?
Beh, non sarà così. Non sappiamo nemmeno se tornerà il Peeta di sempre, tanto meno se potrà di nuovo ricambiarmi come un tempo.

Stupida. Stupida.

Non riesco a rimanere lì un secondo di più, così mi incammino tra i corridoi del Distretto 13, in cerca di distrazione, di pace, di… non so nemmeno io di cosa.
Passo per la sala da pranzo, e noto Finnick e Annie seduti uno affianco all’altra. Si tengono per mano e parlano. Si guardano con un’intensità tale da farmi ribollire il sangue nelle vene.
Non riesco a guardare nemmeno quella di scena, così faccio per andarmene, ma mentre lo faccio Finnick mi vede e rivolge il suo sguardo verso di me.
Ci osserviamo per pochi secondi, ma poi interrompo il contatto e proseguo per la mia strada.

Due volte stupida.

Arrivo nella mia camera e mi ci chiudo dentro. Ora posso maledirmi per quanto tempo voglio senza che nessuno interrompa il mio flusso di pensieri.
Ancora non riesco a comprendere le emozioni che mi stanno attanagliando… so solo che ancora mi torna alla mente il bacio con Finnick. A volte mi convinco che non ha significato nulla né per me né per lui… ma se così non fosse?
Lui ha Annie. Io, al momento, non ho nessuno.
Si… ho Prim e mia madre. Ma non mi basta più.

Non conto più quanti giorni passano.
Due. Forse tre.
Peeta è ancora chiuso in ospedale. Le mani ammanettate al letto. Tutti i giorni si tenta di guarirlo, di risanare la sua mente. Ma la strada è lunga.
Mangio. Bevo. Cammino. Sono un automa. Apatica fino al midollo.
La notte arriva prima che io me ne riesca ad accorgere.
Come di solito, tutti dormono tranne me. Cos’ho di sbagliato per essere l’unica a non prendere mai sonno?
Pazza. Ecco cosa sono. Completamente pazza.

Mi alzo anche stanotte, e mi dirigo verso il corridoio.
Non lo troverai stanotte. Annie è tornata. Non ha più bisogno di fare nodi.
Vorrà dire che siederò sul pavimento da sola, oggi. E invece mi sbaglio. Finnick è seduto al solito posto, niente corde tra le mani stavolta.
Mi vede e mi esorta a sedermi accanto a lui.
“Cosa fai ancora qui? Annie è tornata, sta bene!” gli dico.
“Già.” Mi risponde secco.
“Che succede, Finnick?”
Gira il viso verso il mio. Gli occhi leggermente lucidi.

“Katniss, io amo Annie.” Mi dice. Perché me lo sta dicendo?
“S-si, questo lo so…”
“Ma ho una maledetta voglia di rifare ciò che ho fatto l’altro giorno.” Ammette, senza smettere di guardarmi fisso negli occhi.
Capisco appena cosa mi sta dicendo. Vuole… baciarmi di nuovo? Cosa?!
“Aspetta… cosa? Finnick, stai delirando…” sussurro.
“L’ho pensato anch’io. Ho pensato di essere diventato completamente matto. Aspettare il ritorno di una persona per così tanto tempo e poi riuscire a pensare ad un’altra? Come posso fare una cosa simile?”

Si ferma. Distoglie lo sguardo e lo punta verso le sue mani appoggiate alle ginocchia. Riprende fiato.
Inspira ed espira a lungo, riconciliando i pensieri.
Poi, riporta i suoi occhi ad incastrarsi coi miei, e mi dice: “Come posso voler stringere la tua di mano?”.
Ed è quello che fa in quell’istante. Mi stringe una mano tra le sue delicatamente ma con presa salda.

“Come posso voler sentire il tuo di profumo?” dice, mentre avvicina il viso ai miei capelli.
“E voler… “ accosta il suo volto a pochi centimetri dal mio. “Voler… “

Che tortura infinita! Avere le sue labbra a un passo dalle mie e rimanere impietrita ad aspettare un suo movimento.

“Katniss… se sto per fare qualcosa che tu non vuoi… fermami.”
“Non ho intenzione di fermarti.” Rispondo pronta, per poi eliminare la distanza tra le nostre bocche.

Lo bacio con tutta l’intensità che ho dentro, con tutta la frustrazione, la preoccupazione, la voglia di farlo, l’incertezza e la sicurezza insieme.
E a contatto con le sue labbra, sento un pezzo di me che torna a vivere.
Porto una mano sulla sua guancia sinistra, e lui mi stringe in un abbraccio.
Pian piano le sue labbra si dischiudono e intrecciamo le nostre lingue con foga.

Mi tornano in mente i baci con Peeta. Ma non sono nulla a confronto con questo.
Si stacca da me di colpo, tenendo la mia mano salda sulla sua guancia.
Chiudo gli occhi, e mi faccio coraggio per chiedergli: “Cosa facciamo ora?”
“Non ne ho idea.” È la sua risposta.






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Scusatemi se non ho più aggiornato la storia, ma ho cambiato casa eancora non dispongo del WiFi. 
Sono riuscita a collegarmi ad una rete ora, e ne ho approfittato.
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto questo capitolo!!! Grazie a tutti colore che leggono e recensiscono la mia FF,
siete fantastici!
Tra poco pubblicherò anche alcuni altri capitoli sempre approfittando della rete! :D
un bacio grande, Juliet!

 

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Capitolo 6
*** Normalità. ***


Capitolo 5

"Normalità."
Peeta si dimena con forza sul lettino d’ospedale.
I polsi tenuti fermi da cinghie di pelle marroni. Ora sono loro a prendere il posto delle manette.
La sua bocca è chiusa in una smorfia, e ogni tanto svela i denti digrignati.
I suoi occhi sono due sfere vuote.
Sono giorni che lo guardo, anzi, lo contemplo, dal vetro della sua stanza.
Non posso avvicinarmi, mai. Almeno per ora.
Non riesce ancora a guardarmi senza provare ad uccidermi.
Dicono che sta migliorando, ma non verso i miei confronti.
Eppure, anche se non mi riconosce più, penso che potrei amarlo anche se rimanesse così, depistato.
Amarlo.
È davvero questo che sento? Lo amo davvero?
Se è così, perché ho baciato di nuovo Finnick, allora?
Già, Finnick. Non abbiamo più parlato dopo quella notte.
Sono passati già alcuni giorni… non so che cosa sto aspettando. Che sia lui a venire a parlare con me? A dirmi che ha deciso cosa fare? Che vuole stare con me?
Forse sì.
E quando Annie verrà a scoprire tutto? Lo farà? E Peeta, e Gale? Dovremmo dirglielo?
Basta.
Non posso più stare qui imbambolata, usando l’immagine sofferente di Peeta come scacciapensieri.
Decido di lasciare a malincuore questo corridoio senza vita e di recarmi in sala pranzo. Saluto con gli occhi il ragazzo del pane e mi incammino.
Non ho assolutamente intenzione di mangiare nulla di quello che mi propineranno oggi, ma almeno vedrò Finnick.
Appena entro nella mensa, lo scorgo seduto ad un tavolo all’angolo, solo.
Lo vedo mentre rimugina sul piatto, con il cucchiaio in mano che gira a vuoto. Mi faccio coraggio e mi avvicino.
Mi siedo accanto a lui lentamente, come se nulla fosse.
Lui non mi guarda.
Rimane impassibile, con lo sguardo perso.
Non so se proferire parola o meno, ma mentre ragiono sulla prossima mossa, apro bocca e faccio uscire la voce.
“Ciao.” sospiro, quasi impercettibilmente.
Lui volta per pochi secondi lo sguardo su di me e mi sorride appena per contraccambiare. Il suo è un sorriso spento, pensieroso.
Io non so se continuare a parlare o se –
“Katniss.” Interrompe i miei pensieri. “Ho cambiato idea.”
Ecco, l’ha detto.
“Quello che è successo tra di noi… l’altra volta… non può accadere di nuovo.”
Lo lascio parlare, mentre mi si gela il sangue.
“Ho sbagliato a dirti quelle cose, a baciarti di nuovo l’altra notte. Non possiamo continuare, Annie ne soffrirebbe troppo. Io ho lei, lei ha me. E’ stato un mio errore imperdonabile. E non posso continuare ad illuderti di qualcosa che non può esistere.”
Sento qualcosa spezzarsi dentro.
“E tu hai Peeta.”
Peeta. Adesso è l’ultima cosa a cui riesco a pensare.
“Mi capisci, vero?” mi chiede, cercando una conferma al suo ragionamento.
“S-si… certo. La penso come te.” Mento. Mento spudoratamente. Mento così bene da sembrare sincera.
Eppure dentro mi sto logorando poco a poco. Ma dovevo aspettarmelo.
“Sono contento.” Mi sorride rassicurato.
Gli rispondo con il più finto dei ‘sorrisi sinceri’ che posso fare.
“Scusami per tutto, Katniss. Davvero.” Finisce, stringendomi la mano sul tavolo, per poi alzarsi e correre incontro ad Annie, appena arrivata sulla soglia della sala.
Io li osservo abbracciarsi e baciarsi con dolcezza,  e non posso pensare a quelle sue labbra morbide, che pochi giorni fa posavano sulle mie.
Avanti Katniss, doveva andare così! Sarà meglio per entrambi!
Cerco di convincermi, e forse per poco ci riesco.
Vedo Gale entrare dalla porta, e puntare verso il posto accanto al mio.
Devo allontanare tutti i miei pensieri  su Finnick, almeno per la durata del pranzo.
Dopo aver tentato di mangiare almeno un millesimo del cibo servito, decido di tornare a trovare Peeta.
Lo trovo sempre legato al letto, mentre Boggs e Plutarch, aiutati da alcuni medici, stanno continuando il processo di guarigione.
Li sento pronunciare il mio nome, rievocare i precedenti Hunger Games, parlare di Snow…
Ma sento anche Peeta urlare, negare ogni parola che gli viene detta, accusarmi di essere un mostro, un ibrido da uccidere.
Sentirglielo dire con così tanta cattiveria mi uccide. E mi fa pensare.
Forse sono davvero un mostro… ho tradito Peeta. Gale. Annie. Tutti.
Mi sento uno schifo.
Vedo i medici iniettare un liquido trasparente nella flebo attaccata al braccio di Peeta.
Non voglio sapere cos’è, spero solo che lo faccia stare meglio.
 
Passano i giorni, ed io continuo a fargli visita senza mai mancare un appuntamento.
Pian piano vedo alcuni piccoli miglioramenti. Inizia a ricordare alcuni spiragli della sua vecchia vita, anche se per poco tempo.
La mia vita qui la 13 continua monotona: faccio visita a Peeta, passo il tempo in camera, mangio, dormo, ogni tanto vado a caccia con Gale, non parlo con Finnick.
A volte mi capita di incrociare gli occhi coi suoi, ma subito dopo il contatto visivo si interrompe come nulla fosse. Tutto normale.
Comincio a chiedermi se tutta questa normalità mi piaccia davvero. Oppure no.







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Eccovi come vi avevo detto un altro capitolo subito subito! (sono stata troppo tempo via, devo recuperare!)
Spero davvero che vi sia piaciuto, perchè sto amando questa storia capitolo dopo capitolo mentre la scrivo :) <3
Grazie a tutti i miei lettori, e mi raccomando, recensite! :D
Baci, Juliet

 

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Capitolo 7
*** Due. ***


Capitolo 6

"Due."



 
Oggi entrerò nella camera d’ospedale di Peeta.

Non so come reagirà. Non so se proverà ad aggredirmi come l’ultima volta.
Haymitch dice che è migliorato, che la sua rabbia è sotto controllo e soprattutto che è importante che io ci parli.

Ora il ragazzo del pane si affida completamente ad un giochino per capire quali dei suoi ricordi siano sinceri o meno: ‘vero o falso?’
Ho cercato in tutti i modi di evitare un incontro ravvicinato con lui, ma ora non posso più tirarmi indietro.

Così mi avvio verso quella porta che mi ha tenuto compagnia nelle mie veglie giornaliere, e la varco.
Ad attendermi , trovo Peeta disteso sul lettino: ha ancora i polsi legati per precauzione, ma il suo volta è più disteso.
Scorgo, però, qualcos’altro. Qualcosa che contrasta con il bianco stantio della stanza: dei disegni.

Vedo impresse scene dei Giochi, il volto di Rue immerso tra i fiori, le case del Villaggio dei Vincitori, luoghi del Distretto 12. Sono tutti opera di Peeta.
“Katniss.” Mi sento chiamare, e mi distolgo dai miei pensieri.
“Peeta.” Rispondo speranzosa. “Ha detto Haymitch che voltevi parlarmi.”
“Guardarti, innanzitutto. Non hai un bell’aspetto.” Mi dice. Sento una punta di veleno nel suo tono.
“Beh, anche tu hai avuto un aspetto migliore.” Ribatto, e vedo che la mia risposta non gli piace.
“Ho bisogno di chiederti alcune cose.”

Non ce la faccio a parlare con lui, così fingo di non sentirmi bene per dileguarmi.

“Mi ricordo del pane!” ammette. “Di quando te l’ho lanciato invece di darlo ai maiali. Sotto la pioggia. E tu… cogliesti un dente di leone. E’ vero?”
“Vero.” Gli rispondo prontamente io. “ E’ proprio quello che è successo.”
“Devo averti amata molto.”

Ecco. Fantastico.

“Vero.”
“E tu mi amavi?”

Boom, ha lanciato una bomba.

“Tutti dicono di sì.” Che diavolo di risposta è?!
 
“Questa non è una risposta. Ho visto dei filmati dei Giochi. Hai provato ad uccidermi con quegli aghi inseguitori?”
“Beh, ho provato ad uccidervi tutti, dato che mi avevate bloccato su quell’albero!”
“Poi ho visto una serie di baci. Erano sinceri? Ti piaceva baciarmi?”

Arrossisco. Ora cosa gli rispondo?

“A volte.”
“E Gale?”

Ecco lanciata la bomba numero due.

“Andava bene a tutti e due che tu baciassi l’altro?”

Abbasso lo sguardo. Inizio a provare rabbia, colpevolezza, disgusto. Non posso reggere fino in fondo.
No. Ma io non vi chiedevo il permesso.”
“Beh, sei una bella stronza, non ti pare?” ride ironico mentre lo dice.

Vorrei sprofondare. Mi sento davvero uno schifo.
Non riesco nemmeno a guardarlo più in faccia.
Quelle sue parole sono riuscite a farmi più male del pugnale di Johanna conficcato nel braccio… perché è vero.
Ha ragione. Sono una stronza.

Peeta distoglie lo sguardo da me, e capisco che la conversazione è finita.
Faccio per andarmene, quando mi accorgo di essere osservata. Mi giro verso il vetro della porta, e noto Plutarch, la squadra di medici, Gale e… Finnick.
Hanno ascoltato tutto. Sono qui chissà da quanto.

Mentre tutti mi guardano con occhi di compassione, io divento paonazza. Ho voglia di piangere, di nascondermi  da tutto e tutti, di bucarmi le vene con una maledetta siringa e dormire per anni.
Lo sguardo di Finnick, però, mostra qualcosa di diverso: ha un’espressione strana, quasi arrabbiata.
La fronte è corrucciata, gli occhi sono fissi su di me. Mi scrutano, quasi mi guardano attraverso. Sento come se mi superassero e mi vedessero oltre.
Ci guardiamo, ci osserviamo, e per un attimo mi trovo spaesata. Non capisco cosa ci sia in quegli occhi.
Ma quello accende ancora di più la mia rabbia. Così varco la porta e corro via, non guardando in faccia nessuno, cercando di levarmi dalla testa quelle parole e quello sguardo.
 
Non esco dalla mia stanza nemmeno per mangiare.
Non mi importa se la Coin si infurierà perché non ho partecipato alla sua riunione. Non mi importa se Gale si chiederà dove diavolo mi sono cacciata.
Prim  e mia madre sono venute a trovarmi, lasciando per pochi minuti il loro lavoro all’ospedale, cercando di tranquillizzarmi. Ma non è servito a nulla.
Voglio stare qui, sdraiata sul mio letto, facendomi scorrere tra le dita la perla di Peeta.
Ancora ricordo il momento in cui me la regalò. Com’era bello, sorridente, in pace con se stesso… e con me.
Mi manca.

Non ce la faccio a continuare a pensare!
Decido di mettere via la perla, alzarmi dal letto e uscire. Devo uscire da qui!

Chiedo il permesso di andare a caccia, e mi viene concesso col disappunto di Alma Coin. Recupero arco e frecce, la giacca di mio padre e mi dirigo verso la superficie del Distretto 13.
Dopo pochi attimi sono fuori, all’aria aperta.
Il sole batte forte, e la sua luce mi inonda le pupille disabituate.
Intorno  a me ci sono solo alberi, fiori e qualche animale qua e là. Che oggi non perderà di certo la vita per colpa mia.
Nessuna persona in giro.

Poso tutto il mio armamentario su di un tronco lì vicino e inizio ad immergermi in quel verde.
Oltrepasso il pavimento del prato, attraverso le colonne degli alberi, osservo il soffitto azzurro sopra di me, varco la navata formata da piante e cespugli.
Raggiungo, quasi non accorgendomene, un fiumiciattolo poco distante. Le sue acque rimangono calme, piatte, senza onde, e si riversano tranquille in un piccolo lago paradisiaco.
Seguo la sua riva, la scruto, cerco di diventare calma come lui.

Ma dentro sono ancora scossa. Gli occhi di Peeta sono un’immagine ricorrente, così come quelli di Gale e di Finnick.

Mi siedo su uno dei massi marmorei sporgenti sull’acqua. Inizio a sentire il calore del sole e mi tolgo la giacca di pelle. Rimango solo con l’uniforme del 13, così fredda e distaccata, così in contrasto con il paesaggio caldo ed accogliente intorno a me.

Mi accorgo di non portare la mia solita treccia oggi, così inizio a ricrearla, intrecciando pian piano alcune ciocche. Mi concentro solo sui movimenti delle dita tra i miei capelli, attenta a non far scappare alcuna ciocca più corta.

Ma mentre ho quasi completato l’opera sento uno scricchiolare di legni calpestati.
Interrompo subito l’azione e mi alzo di scatto, lasciando che i capelli tornino a essere completamente sciolti sulle spalle.
“Katniss!” sento urlare il mio nome.

Conosco quella voce.

“Katniss!” continua, più vicino.

So benissimo chi sto per trovarmi davanti.

Finnick si fa strada tra la vegetazione. Ad una decina di metri mi trova e fa per avvicinarsi alla sponda dove mi sono rifugiata.
“Katnissi, sei qui! Ti stavo cercando!”
“Beh, mi hai trovata.” Rispondo fredda.
“Ero preoccupato per te… ho sentito quello che ti ha detto Peeta in ospedale. E’ stato crudele.”
Il suo tono è comprensivo.

Alzo lo sguardo su di lui: i suoi occhi hanno un non so che di rassicurante.
“Non sta a te preoccuparti di me e Peeta.” Ribatto secca.
“Poco tempo fa ti avrei dato ragione.”
Lo fisso confusa.
“Che vuoi dire?”

Abbassa lo sguardo ed emette un risolino imbarazzato. Subito dopo alza gli occhi al cielo, si morde il labbro inferiore, si schiarisce la gola e continua: “Vedere Peeta aggredirti in quel modo mi ha fatto impazzire. Vedere te pendere dalle sue labbra mi ha fatto morire di gelosia. Sì, hai capito bene!
Dovrei  dimenticarmi di te, di quello che è successo pochi giorni fa, di averti baciata e dovrei pensare solo ad Annie, ma non posso. Anzi, non credo di volerlo!”

Si ferma, vedendomi impallidire. Poi riprende:
“Voglio essere io la persona a cui fai visita ogni giorno. Essere io colui a cui riservi le tue attenzioni. Avere io le labbra da cui pendi. Io, colui che ti merita più degli altri.”

Ci guardiamo, riflessi uno nelle iridi dell’altra per anni, decenni, forse secoli.
Posso sentire il battito accelerato del suo cuore, dato che il resto intorno a noi pare essersi fermato.
Non sento più il cantare degli uccelli, né lo sfregare del vento sulle foglie, né il lento scorrere del fiume. Non sento più nemmeno il mio di cuore, o il mio respiro.

Morta. Sono morta.

E poi, senza nemmeno accorgermene, sento di nuovo tutto: sento il fischiare delle ghiandaie, il guizzare dei pesci nell’acqua, il respiro farsi più corto e il muscolo nel petto battere all’impazzata, scoppiare.
Mi da di nuovo forza, di nuovo vita. Così accorcio freneticamente la distanza tra me e Finnick, gli prendo il volto tra le mani e lo bacio.
Con forza, con voglia, con passione.

Lo sento portare le braccia intorno a me e stringermi, e con la stessa intensità lo stringo io, spostando le mani attorno alle sue spalle.

Viva. Sono viva.

E tutto questo scenario meraviglioso assiste senza giudizi. E non mi importa più di niente: di Peeta, di Gale, nè tanto meno di Snow o della ribellione imminente.
Mi importa solo di noi due.





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Ecco un altro capitolo appena sfornato per voi!
Mi auguro che vi piaccia :D ora stiamo davvero entrando nel profondo della storia!
Mi raccomando, ditemi cosa ne pensate!!!
Baci, Juliet

 

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Capitolo 8
*** "Vorresti essere con lei?" ***


Capitolo 7
"Vorresti essere con lei?"





Lascio il bosco mano nella mano con Finnick Odair.

Sembra quasi surreale ciò che è appena successo. Sento ancora le labbra pulsare dopo il nostro bacio.
Stringe le mie dita tra le sue, è stavolta non è immerso nei sogni né cerca un modo per sfuggire alla realtà: lo fa cosciente, lo fa sapendo che la mano è la mia, che accanto a lui ci sono io.

Capisco che non si tratta della mia immaginazione quando i miei occhi passano in un secondo dalla luce accecante dell’esterno alla fioca illuminazione dell’interno del Distretto 13. Ritrovarmi dentro queste mura tenendomi ancora salda a Finnick è la conferma che tutto questo è vero.
Il momento, però, dura ben poco, perché sento la presa di Finnick scivolare via dalle mie dita quando intravediamo a pochi metri da noi Haymitch e Boggs.
Entrambi ci salutano con un cenno, tornando poi ai loro discorsi.
Nessuno sospetta.

Intraprendiamo il percorso che porta ai dormitori e in pochi attimi siamo sulla soglia della mia stanza.
Una volta arrivati, Finnick si posiziona di fronte a me, riprende esitante la mia mano, si avvicina al mio orecchio e sussurra: “ci vediamo dopo, Katniss.”

Tipico di Finnick Odair! Ricordo ancora la prima volta in cui usò questo approccio con me: era il giorno della Sfilata dei Tributi, e mi chiese se avessi qualche segreto che valesse il tuo tempo.
Già allora quella sua vicinanza mi provocò una scarica di brividi, ma gli diedi veramente poca importanza. Ora non posso. Il suo respiro sui miei capelli scatena di nuovo quella raffica.

Rimane giusto il tempo di depositarmi un leggero bacio sulla guancia, per poi recarsi nella sua stanza.
Lo lascio andare, quasi a malincuore, e mi ritiro anch’io nella mia camera.
Mi getto sul letto, quel letto che poche ora fa ha subito la rabbia e frustrazione, mentre ora vede la mia calma e incredulità.
Sul comodino noto di nuovo la perla di Peeta, ma distolgo immediatamente lo sguardo. Non voglio pensare a lui né all’episodio di stamattina. Non posso pensare che sia lo stesso ragazzo di cui ho tanto atteso il ritorno solo pochi giorni fa, né che sia lo stesso con cui ho provato quella fame insaziabile di baciarlo, di stringerlo a me e sentirmi parte di lui.

Tutto questo, ora, sto iniziando a sentirlo per qualcun altro, qualcuno che non vede in me un mostro, che non prova odio verso di me e che ricorda esattamente tutto quello che ha vissuto con me.
Può sembrare poco, ma a me tutto questo basta.

Se ho queste piccole cose, posso anche accettare di non poterlo vivere alla luce del giorno. Perché so bene che sarà così. So che non potrò stringere la sua mano nella mia davanti agli altri, né potrò baciarlo, né stringerlo nel modo in cui vorrei… non potrò dirlo a Prim, né tanto meno a Gale.
Questo lo so, ma sono pronta a convivere con l’idea di essere una seconda vita per lui. Nascosta, segreta.
Ma questo mi basta.
 


In un batter d’occhio arriva l’ora di cena.
Mi fiondo nella mensa, impaziente di varcare la sua soglia, impaziente di vederlo.
Quando entro, Finnick ancora non c’è, ma in compenso scorgo Peeta seduto ad uno dei tavoli. A quanto pare ora ha il permesso di uscire dall’ospedale.
Accanto a lui sono seduti Gale e Delly Cartwright, la persona più amichevole del pianeta. La vedo conversare amabilmente con Peeta e ricevere risposta da lui! I suoi occhi sono luminosi, non li vedevo così da troppo tempo.
Gale si accorge della mia presenza, ed io non posso più scappare. Così riempio un vassoio con la razione del giorno e vado a sedermi con loro.

Subito l’atteggiamento di Peeta muta, e la lucentezza nei suoi occhi scompare non appena prendo posto davanti a lui. Mi squadra con barlume di repulsione nel suo sguardo, e io, di rimando, poso gli occhi su di lui solo per un attimo. Non riesco nemmeno a guardarlo per più di pochi secondi senza sentire una fitta allo stomaco.
Saluto Gale e Derry, poi lei ricomincia a parlare con Peeta. Capisco subito cosa sta facendo: cerca di rievocare nella sua mente alcuni ricordi d’infanzia. Inizia a parlargli di quando, da bambini, disegnavano con i gessetti sulle pietre per la strada.
E Peeta ride, dice di ricordarlo, e aggiunge dei particolari lui stesso.

Dovrei essere felice di vederlo così, ma non ci riesco. Non riesco a cancellare quel suo sguardo di odio dalla mia mente. E soprattutto non riesco ad accettare il fatto che non sia a farlo ridere in questo modo. Capisco che con me non potrà mai più essere così sereno.

Non passa molto prima che Finnick metta finalmente piede nella sala.
Io non posso ancora vederlo, essendo seduta di spalle alla porta d’entrata, ma mi accorgo del suo arrivo quando lo sento poggiare la mano sulla mia spalla.
Sobbalzo all’istante, non sapendo di chi sia quel tocco inaspettato, ma lo riconosco quando lo sento dire il suo “Buonasera” rivolto a tutti i presenti.
Mi volto per incontrare i suoi occhi, e quando ciò avviene sento mancare un battito.
“Everdeen.” Mi saluta lui, giocando.
“Odair.” Rispondo io con prontezza, stando al gioco.
Stiamo attenti a non far trasparire alcun sorriso o sguardo sospetto, ma credo davvero che in pochi secondi tutti capiranno, non riuscendo a trattenere l’emozione nel trovarmelo davanti.

Dopo poco lascia la presa dalla mia spalla, e si dirige ad uno dei tavoli più in fondo, sedendosi vicino ad Annie. La bacia con amore, e si vede subito come la presenza di Finnick la faccia rinascere completamente.
Devo distogliere lo sguardo alla vista di quel gesto. Inizio a sentire il fastidio nel vederlo rivolgere le sue attenzione verso qualcuno che non sono io.
 
Velocemente l’ora di cena finisce, e veniamo rispediti tutti nei nostri rispettivi dormitori.
Le luci vengono spente e il coprifuoco ha inizio.
Il silenzio cala nei corridoi, le porte vengono chiuse, tutti si lasciano cullare dalle braccia di Morfeo… ma non io.
Prim prende subito sonno, e io ne approfitto per sgattaiolare fuori dalla stanza e incamminarmi verso il solito corridoio, sperando di incontrare Finnick.
Non sono affatto sicura di trovarlo lì, dopotutto quello era il posto dove faceva nodi tutta la notte pensando ad Annie…e ora lei è qui, con lui.
Perché dovrebbe volerla lasciare sola?
Continuo imperterrita a camminare verso il nostro posto e una volta arrivata lo trovo vuoto. Lui non c’è.
Lo sapevo.

Rimango per un attimo delusa dalla sua assenza, ma poi lascio che la mia parte razionale prenda il sopravvento e mi rendo conto che la mia era solo una fantasia.
Così decido di rimanere qui, da sola. Mi siedo, appoggiandomi al muro, nello stesso punto dove poche notti fa tenevo compagnia a Finnick nell’annodare e snodare sempre la stessa parte di corda.
Lascio che il mio sguardo si perda nel buio intorno a me, solo una torcia appesa al muro evita che si sprofondi nell’oscurità. Osservo la fiamma al suo interno muoversi frenetica, mentre la cera si consuma pian piano, creando sfumature rossastre sulla parete ombrata.
Mentre mi perdo in quella piccola luce, sento un corpo sedersi accanto a me e sfiorarmi nel farlo.

Mi volto di scatto verso quella presenza e sono completamente sollevata quando mi trovo davanti gli occhi sfavillanti di Finnick. Le sue pupille riflettono i colori della luce della torcia, e creano ulteriori sfumature nelle sue iridi azzurre.
Prima ancora che possa proferire parola, mi cattura le labbra con le sue cogliendomi di sorpresa, e provocandomi una nuova ondata di brividi.
Rispondo al suo bacio con la stessa dolcezza, sfiorando le sue labbra delicatamente.
“Speravo di trovarti qui”, dice una volta lasciata la mia bocca.
Sorrido quel poco che posso, prima di venir  di nuovo catturata dal suo bacio, e stavolta non mi lascia scampo: mi morde appena il labbro inferiore, così che possa lasciar incontrare la mia lingua con la sua.
La dolcezza di pochi istanti fa, inizia a tramutarsi in un contatto più intenso. Sfogo in quel bacio tutta me stessa, mi perdo completamente in lui.
Poco dopo ci stacchiamo, ma lui non mi lascia un attimo senza un suo tocco: mi stringe la mano tra le sue, come per rassicurarmi del fatto che lui è qui con me e non mi lascia.
“Annie dov’è?” interrompo il silenzio tra di noi.
“Dorme. L’ho accompagnata nella sua stanza poco fa, e ho aspettato che prendesse sonno.”
Accenno un sorriso tirato, e vedendo il suo sguardo alienarsi mi azzardo a domandargli: “Vorresti essere con lei?”
Subito la sua espressione cambia radicalmente. Volge lo sguardo su di me, e portando una mano sulla mia guancia mi risponde: “Non vorrei essere da nessun’altra parte ora.”
La sua risposta mi rincuora, e stavolta sorrido davvero.

Poi Finnick avvicina il suo viso al mio. Penso di star per ricevere un altro bacio, ma la sua attenzione si sposta sull’incavo del mio collo. Mi sfiora con la punta del naso e lo sento inspirare profondamente, percependo il mio profumo e inebriandosi completamente di esso.
Lo lascio fare, e poi di rimando avvicino anch’io il mio viso al suo, sfiorando la sua guancia con la mia, come una carezza.

Questo nostro toccarci appena vale molto più di alcuni baci dati su una spiaggia, o di un abbraccio dato al ritorno dal Tour della Vittoria: è intimo e privato, come se stessimo lasciando all’altro dei pezzi di noi stessi da custodire.
Non ho mai lasciato avvicinare nessuno così prima d’ora.









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Ed ecco finito un altro capitolo!
E' vero, ci ho messo un pò a finirlo, ma ho avuto davvero troppo da fare!
Ora, però, eccolo qui finalmente e devo dire che tutto il tempo speso è valso davvero la pena.
Spero che vi sia piaciuto, e ricordate di dirmi i vostri pareri al riguardo!
Un bacio, Juliet :)

 

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