Spring rolls

di serClizia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 36 Spring rolls ***
Capitolo 2: *** 1 Italian Restaurant ***
Capitolo 3: *** 72 reasons to stay ***
Capitolo 4: *** 2 or 3 Family Issues ***
Capitolo 5: *** 100 gallons of coffee ***



Capitolo 1
*** 36 Spring rolls ***


Fandom: MCU
Pairing: Tony/Steve
Prompt: AU. Come lavoro estivo, Steve lavora al take-away cinese aperto 24/24. Tony è uno che ordina davvero, davvero tanti involtini primavera. (+bonus: dialoghi demenziali quando Tony chiama per ordinare e Steve risponde)
Note: è una ff ‘ambientata’ completamente al telefono.




“Wok World, buonasera, come posso esserle utile?”
“…”
“Pronto?”
“Sei nuovo.”
“Sì, signore, sono Steve. Voleva ordinare qualcosa?”
“Dov’è Kevin?”
“È occupato, signore.”
“Non chiamarmi signore, tipo, mai più. E ho davvero bisogno di Kevin perché a lui direi ‘il solito’ e lui saprebbe che ordine farmi, invece a te dovrei spiegarlo ed io odio davvero davvero ripetermi.”
“Ok, sign - ehm… Kevin non può davvero venire al telefono, ora. Mi dica pure il suo ordine e cercherò di -”
“Nah, mi è passata la fame. Grazie mille, Steve.”
*click*

**

Wok World, buonasera-”
“Kevin! Finalmente!”
“Oh, salve, signor Stark.”
“Ti prego, dimmi che stai per licenziare quel tipo nuovo… Steve.”
“A dire il vero no, signor Stark –“
“Tony.”
“…siamo pieni per l’estate e la mamma ha deciso di assumere qualcuno. È competente, glielo assicuro.”
“Riuscirai mai a darmi del tu? Non importa, dì a mamma Tran che voglio il solito. E licenzia Steve.”
“Il solito in arrivo. E Steve è il nostro ragazzo delle consegne, perché io devo rimanere qui in negozio. Buona serata, signor Stark.”
“Ti odio, Kevin.”
“Lo so.” *pausa* “Per questa volta potrei portaglieli io, in via del tutto eccezionale. Solo per stasera.”
“Ti amo, Kevin.”
“Lo so.”

**

“Wok World, buonasera, come posso esserle utile?”
“Steve.”
“Signor Stark.”
*sospiro* “I giovani d’oggi non hanno più rispetto per gli anziani.”
“Voleva ordinare qualcosa?”
“Sì. Il solito. Se sai cosa intendo.”
“Certo, signore. Kevin si è assicurato di darmi la lista del suo ordine dopo l’ultima telefonata.”
“Oh. Bene. Buon per lui.”
“Ho una domanda a riguardo, signore.”
“Figuriamoci. Spara.”
“Ho letto bene, 36 involtini primavera?”
“Vedi? Zero rispetto. Ignobile. Inconcepibile.”
“Volevo solo…”
“Hai letto bene, 36 involtini. Contati, signor Steve.”
“Certo, signor-“
*click*

**

“Wok World, buona-“
“Steve.”
“Signor Stark.”
“No. Davvero, il signor Stark è mio padre. Urgh.”
“Come preferisce essere chiamato?”
“Mh, non saprei. Signor Meraviglia? Nah, troppo ostentato…”
“Signor 36 Involtini?”
“Questa mi sembra una mancanza di rispetto bella e buona, Steve. Non nei miei confronti, nei confronti degli involtini. Sei per caso un razzista? Ritiro tutto, è anche una mancanza di rispetto verso di me. Questi giovani di oggi, zero riguardo verso gli anziani…”
“Con tutto il rispetto, signor – ehm… con tutto il rispetto, l’altra sera le ho consegnato l’ordine e non mi è sembrato affatto anziano. Oserei dire che è più piccolo di me. Con rispetto parlando.”
“Ma le apparenze ingannano. E l’età che conta davvero è quella interiore, non quella esteriore.”
“E quindi quanti anni ha, interiormente?”
“Direi più o meno il doppio dei tuoi e i miei messi insieme.”
“Un vecchio decrepito, quindi.”
“Sei sempre così freddo, con le persone, Steve? Hai subito qualche trauma da piccolo?”
“Il solito ordine, signor Stark?”
“Certo. Hai seguito un terapista? Forse eri inappetente e cerchi di rimediare lavorando in un take-away cinese?”
“Coreano. Arrivederci, signor Stark.”
“Neanche una soddisfazione, eh?”
“Neanche una.”
“A tra poco, Steve.”
*click*

**

“Wok World. Come –“
“Niente buonasera oggi? Steve.”
“Signor 36 Involtini.”
“Ouch. Non c’è verso di farti cambiare idea su questa cosa?”
“Nope. Il solito ordine?”
“Già.”
“Bene.”
“Bene.” *pausa* “Quindi fai questo lavoro part-time?”
“Uhm… sì, cioè, è una cosa estiva.”
“Capisco. E cosa fai oltre a questo?”
“Io – ehm…” *conversazioni affrettate di sottofondo* “Devo davvero liberare il telefono per il prossimo ordine, signor Star – Involtini… insomma…”
“No problemo. A tra poco, Steve.”
“A… a tra poco.”

**

“Wok World –“
“Kevin! Che piacere risentirti!”
“Signor Stark.”
“Che è successo a Steve?”
“Ha la serata libera.”
“Capisco. Beh, il solito.”
“In un lampo, signor Stark.”
“Sì, sì.”
*click*

**

“Wok World, buonasera…”
“Steve! Bentornato.”
“Uhm, grazie?”
“Ho… ho chiamato ieri sera, non c’eri.”
“Oh. Sì. Serata libera.”
“Certo. La domenica. Ha senso.”
“Sì, ehm… il solito?”
“Già.”
“Bene.”
“Bene.”
“Nient’altro?”
“Nope.”
“Okay.”
*Voce di Kevin in lontananza* “Smettila di flirtare con lui!”
“Io – ah - devo andare.” *click*
*Tony al telefono muto* “Che maleducato.”

**

“Wok World –“
“Quindi, stavo pensando ad una cena.”
“Signor Stark?”
“Preferisco 36 Involtini, se proprio devo scegliere.”
“Ok…?”
“Cena.”
“Giusto. Il solito ordine?”
“Anche, ho un po’ fame in effetti. Ma intendevo una cena in senso più ampio.”
“In senso più ampio, signore…?”
“Non chiamarmi signore. E sì, una cena. Io. Te. Un locale. Non cinese. Ne avrai le palle piene del cinese.”
“Coreano. Uhm – io… ah… okay?”
“È una domanda, Steve?”
“No. È una risposta. Okay.”
“Bene. E adesso puoi mandarmi l’ordine, mi hai fatto veramente venire fame.”
“Certo, signor Stark.”
“Tony. Direi che adesso puoi chiamarmi Tony.”
“A tra poco, Tony.”
“Steve.”
*click*
 
 
 
 
 §§§

Note finali: KEVIN TRAN MI CI è ENTRATO DENTRO DA SOL O NON SO COSA SIA SUCCESSO. AAAH!
Tony che cambia atteggiamento dopo la prima consegna aka dopo aver visto Steve di persona è <3 <3 <3

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Capitolo 2
*** 1 Italian Restaurant ***


Fandom: MCU
Pairing: Stony
Prompt: reprise dell'AU sopra in cui vanno veramente a cena fuori, e Kevin fa un sacco di domande a Steve.
Note: mi è venuto un po’ meno idiota di quanto pensassi. Inoltre questa storia partecipa alla Screw Prompts, Give Me Points challenge.

 
 
“Stark.”
“Mh?”
Steve sta ascoltando Kevin distrattamente mentre infila i cartoncini in modo preciso dentro i sacchetti. Odia quando si rovesciano, specialmente quelli dei noodles.
“Esci veramente con Tony Stark.”
Continua a lavorare coi cartoncini, avere le mani occupate è un buon modo per non affrontare le conversazioni fastidiose. “Non esco con lui, andiamo fuori a cena.”
“Andare fuori a cena è un appuntamento. Stai uscendo con lui.”
Steve si gratta il naso col dorso della mano, strizzando gli occhi. Il sudore comincia ad imperlargli la fronte, colpa del calore proveniente dalla cucina.
“Uscire insieme implica andare a più di una cena. Non penso succederà.”
“Perché no?”
“Perché non lo conosco!”
“Aw, Steve. Stare in convitto per tutto quel tempo non ti ha fatto bene, sai.”
“Sì, sì, come no.”
“Ti ha reso tutto irrigidito e scostante. Troppo moralista. Non sei più abituato a stare insieme alle persone. Persone che vivono in questo secolo, per lo meno.”
“Guarda che non erano eremiti, solo preti.”
“Appunto.”

**

Il signor Stark irrompe nel ristorante, occhiali da sole nonostante sia oramai sera.
Steve lo stava aspettando da un quarto d’ora buono.
Si siede davanti a lui con un sorriso, con gesti precisi e veloci si sistema il tovagliolo sulle gambe, si versa del vino nel bicchiere. Nessuno ha ancora detto una parola.
Tony prende un bel sorso, poi si sporge in avanti con i gomiti appoggiati sul tavolo, gli avambracci incrociati.
“Allora…”, si fa scendere gli occhiali sul naso con un gesto secco. “Siamo qui. Ciao.”
“Ciao.”
‘Sei in ritardo,’ vorrebbe dirgli, ma non vuole ammettere di essere stato ad aspettarlo né  di essere in effetti arrivato con largo anticipo. Tecnicamente Tony è in ritardo solo di 5 minuti.
E in ogni caso dubita che parlerà molto, lo sguardo fisso negli occhi gli sta facendo aumentare la salivazione.
“Hai già deciso cosa mangiare?”
Steve ha memorizzato tutto il menù. Non sapeva che fare, nell’attesa.
“No, ma visto che hai scelto tu il posto, magari hai dei suggerimenti?”
Tony si sfila gli occhiali e se li mette nel taschino della giacca. È venuto ad un appuntamento in giacca. Steve si è semplicemente messo una camicia azzurra sui jeans scuri.
“A dire il vero, sì, ho dei suggerimenti.”
Figuriamoci.
“Primo, perché non ti sbottoni un po’ la camicia?”
“Come, prego?”
“Hai abbottonato la camicia fino al collo. Sembri un testimone di Geova.”
“Non sembro affatto un testimone di Geova!”
Tony alza le mani. “Suscettibile sull’argomento, per caso?”
Steve si raddrizza un pochino. Non voleva essere scortese, ma Tony l’ha preso su un punto delicato.
“Sono cattolico. Sono suscettibile su tutto.”
Non se lo aspettava, ma Tony sorride. Per davvero, stavolta, non solo di lato, e strizzando anche un po’ gli occhi. Steve sospetta che un giorno avrà delle rughette sottili, in quel punto.
Il sorriso sparisce mentre si prende un altro sorso di vino. “Quindi, cattolico, uh? Avrei dovuto capirlo.”
“Da cosa?”
“Mah, qua e là, pezzi e conversazioni. E quell’aria da fanciulletto sperduto che viene da un’altra epoca.”
Steve riprende a fissare il menù. “Non ho affatto quell’aria.”
“Quindi, studiato dalle suore, suppongo?”
“Uhm, no, preti.”
Tony batte la mano sul tavolo. Steve non è sicuro della piega che sta prendendo la serata. Sono lì solo per prendersi gioco di lui? “Ha! Questa sì che si chiama ironia!”
“Ironia?”
“Preti e omosessuali non vanno molto d’accordo, non credi?”
Oh. Ecco quindi dove era diretta questa linea di domande. Steve ripiega il menù e lo appoggia affianco a sé sul tavolino. Tony sta bevendo ogni suo movimento, lo sente.
Si appoggia coi gomiti al tavolo, mimando la posa di Tony di poco fa – che intanto si è stravaccato sulla sedia, di lato, il braccio destro che penzola dallo schienale della sedia.
Lo fissa intensamente. Non è ancora un uomo ma sicuramente non è più un ragazzino, e vuole che Tony lo capisca bene. “Siamo qui per parlare della mia sessualità, signor Stark?”
“Tony. La sessualità è uno dei miei argomenti preferiti.”
“Non dei miei.”
“No? Pensavo fosse uno degli argomenti preferiti di tutti.”
“Non così presto.”
“Ah, capito. Cattolico, puritano, ricevuto.”
“Non ha niente a che vedere con la fede…”
“No, no, lo capisco. Allora…” si raddrizza, voltandosi completamente verso Steve un’altra volta. Che comincia a capire una cosa, il modo in cui Tony si siede, come si muove, come guarda le cose sono indizi importanti per capirlo. Ne prende nota. “Di cosa vuoi parlare, quindi?”
“Beh, siamo qui per conoscerci. Direi che possiamo cominciare con le domande di rito. Chi sei, cosa fai…”
“Ma io so già tutte queste cose. Sei Steve, lavori dai Tran, blablabla, noioso.”
Steve è piuttosto sicuro ci siano altre persone nella sala, eppure c’è qualcosa di magnetico nel modo in cui si parlano, entrambi protratti in avanti sul tavolino. Come se ci fosse tutta un’altra conversazione da avere occhi negli occhi. Uno studio l’uno dell’altro, parallelo a quello che avviene con le parole.
“Io non le so, invece.”
“Ok. Facile: erede di un miliardario, ingegnere, filantropo, playboy, lavoro nella società di mio padre.”
Ed ecco di nuovo una stoccata, una parola buttata là con non-chalance, un amo per vedere in che modo Steve abboccherà. Difatti Tony sta stringendo gli occhi, studiandolo se possibile ancora di più, aspettando una reazione.
“Bene,” Steve interrompe quel contatto visivo-calamita per riprendere il menù. “Ora che tutto questo è sistemato, vogliamo ordinare?”
Tony sorride, di nuovo, come un bambino. Si mette due dita in bocca e fischia. “Cameriere!”



**

Kevin lo sorprende mentre si infila la giacca di pelle, e in qualche modo sa. Steve lo sente, Kevin sa.
“Quindi… stai andando via?”
“Il mio turno è finito. Sì.”
“Stai andando a casa?”
Steve si siede a cavalcioni sulla moto. Tentenna. Ma solo pochissimo. “Non proprio. Non a casa mia, almeno.”
“Lo sapevo! Stai andando dal signor Stark!”
“Tony. E sì, sto andando lì.”
“Lo sapevo! Com’è andata? Che avete fatto? Che avete detto?”
“Uhm…”, si gratta la testa. Non per imbarazzo, non si è mai sentito in imbarazzo sulle persone che frequenta. Quando si decide a uscire con una persona, quando gli piace una persona, non ha problemi a parlarne. La cosa è che non ha idea di come descrivere come sia andato il loro primo appuntamento.
È stato un po’ uno studio, poi una guerra, elettrizzante, a tratti dolce, altri completamente snervante. Comunque, una montagna russa emotiva, tutta la sera. Quando è uscito di lì, Steve non capiva più nulla.
Si sentiva spettinato. Si era anche specchiato nella vetrina per vedere se dovesse sistemarsi i capelli, rimettersi a posto i vestiti.
“Oh, andiamo, amico. Dimmi qualcosa.”, Kevin si avvicina con fare cospiratorio. “L’avete già fatto?”
Steve perde per un attimo il contatto con il pavimento e deve prendere la moto al volo prima che caschino a terra entrambi. “Cosa – no!”
“Ah, lo sapevo. Puritano.”
Sul serio, dovrebbero smetterla di chiamarlo così. “Non è quello… è un po’ presto, non credi?”
Kevin incrocia le braccia. Un sorrisetto beffardo si fa strada sul viso. “Sei vergine, non è vero?”
“Non sono mai stato… cioè…”
Certo che è vergine. Provate voi a passare da un orfanotrofio gestito dai preti alle scuole gestite dai preti. Ragazze? Certo, a frotte. Ma non gli interessavano. Dopo qualche appuntamento ci aveva dato su. Ragazzi, qualcuno, ma non era facile. Non ne aveva mai trovato uno che rimanesse interessante abbastanza a lungo da diventare intimi. Non era andato oltre la seconda base.
Kevin gli batte una mano sulla spalla. “Sei arrossito. Adorabile. Tranquillo, sono vergine anch’io.”
“Ma non avevi la ragazza?”
“Coreani, amico. Coreani.”
E con questa frase criptica, Kevin si dilegua dentro il negozio. Steve accende la moto. Tony lo sta aspettando con le pizze e una maratona di Star Trek. Il perfetto venerdì sera.

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Capitolo 3
*** 72 reasons to stay ***


Fandom: MCU
Pairing: Stony
Prompt: Steve non riesce ad impedirsi di arrossire certe volte. Tony lo sa e ne approfitta per godersi l'espressione di Steve imbarazzato (che è un'espressione molto imbronciata e cute).
Note: mi è venuta una cosa piuttosto fluff e non ne sono convinta, ma dopo averla riscritta ottocento volte ho capito che è inutile e la mando così :D

 
 
Quando il campanello del loft suona, Tony va ad aprire con passo svelto – non erano mica venti minuti che aspettava di sentire quel suono, d’altronde.
Steve è sul pianerottolo col gigaordine tra le braccia, tanto che deve piegare la testa di lato per vederci.
Tony si spalma contro lo stipite, braccia incrociate. “Steve.”
“Tony.”
“Come sta andando la serata?”
“Andrebbe molto meglio se qualcuno la smettesse di occupare le linee telefoniche e distrarmi.”
“Ehi, ho fatto come hai detto. Ho smesso di chiamare.”
“Sì, certo, e mi hai fatto venire qui.”
“Avevo fame!”
“Non ne dubito, hai ordinato doppio.”
“Uh, quello è perché non mangerò da solo?” Inarca un sopracciglio. “72 involtini sono troppi anche per me, sai.”
“Oh.” Steve dondola un po’ il peso sulle gambe. “Quindi stavi aspettando qualcuno?”
Tony cerca di non ridere, le labbra si piegano di lato da sole. “Stavo, sì.”
“Capisco.”
Si stacca dallo stipite, indicando la cucina alle sue spalle. “Vuoi mettere la roba sul tavolo?”
“Certo.”
Steve si muove in modo macchinoso, come se non stesse veramente facendo attenzione ai propri movimenti. Quando si è liberato del carico, si volta verso Tony con le mani sui fianchi, rigido. “È tutto?”
“C’è tutto, sì.”
“Bene.”
Si sta dirigendo fuori con passo marziale quando Tony lo ferma prendendolo per il retro della maglietta.
Sono usciti solo un paio di volte – okay, 4, tecnicamente 4 e mezzo, non che stia tenendo un conto esatto, è solo che la sua mente lo fa di sua iniziativa – e Tony non resiste alla tentazione di poter vedere Steve arrossire mentre cerca con tutto sé stesso di non farlo. Fare un po’ di scena è un po’ un imperativo morale, pur di rivedere quell’espressione.
“Non puoi non esserci ancora arrivato, dai.”
Steve lo guarda, le sopracciglia unite in una linea unica. “Arrivato a cosa?”
Non gli piace essere preso per stupido solo perché biondo e col faccino da cucciolo, Tony l’ha capito fin dal primo appuntamento. Dalle prime telefonate, a dire il vero.
“Mi hai chiesto se ‘è tutto’. Ti ho detto di sì, c’è tutto qui, Steve,” allarga le braccia, guardandosi intorno.
“Quindi?”
“Quindi… anche la persona che aspettavo, è qui.”
“Oh.”
Ed eccola lì. Il collo si imporpora e Steve stringe gli occhi, il broncio ad un passo dal fare il labbrino, le mani serrate lungo i fianchi. Adorabile.
Finalmente Tony si concede una risata. Gli agguanta la nuca con una mano per premergli un bacio in fronte.
“Spero proprio tu abbia portato anche un altro paio di bacchette.”
Lo sente rilassarsi appena. “Spero proprio tu abbia avvertito mamma Tran che non tornerò a lavoro.”
“Ehm…”





 

Note finali:
Headcanon per cui persino Tony Stark è terrorizzato da Mamma Tran.

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Capitolo 4
*** 2 or 3 Family Issues ***


All my life I was blind
I was blind
Now I see





‘Le ultime notizie da Fox News…’
“Ti prego, cambia canale.”
“Perché? È il telegiornale. Dice le notizie. È un po’ il motivo per cui uno guarda il telegiornale.”
Steve alza gli occhi dal suo libro. Gli piace sdraiarsi sul divano, la testa in grembo a Tony, e leggere. È la domenica sera perfetta. Tony è solitamente stanco dal lavoro, fa degli orari semplicemente disumani durante la settimana, quindi la domenica è la loro oasi di pace. Casa di Tony, divano, TV, libri, qualche disegno veloce a mano. A volte Star Trek, a seconda della possibilità che Steve si addormenti a metà episodio. Con i libri non gli succede mai, stranamente.
“Perché non sono mai buone notizie.”
Tony ridacchia. “Il mondo non gira solo sulle buone notizie, Rogers.” Si piega per prendere le patatine sul tavolino accanto al divano. “Dovresti saperlo, ormai.”
Steve lo sa questo, grazie tante. Appoggia il libro sul petto. “È il modo in cui vengono date le notizie.”
Tony prende una patatina tra le dita e gliela sventola davanti alle labbra. Adora dargli da mangiare, sarà per quello che prende sempre il doppio ordine quando cenano insieme? Potrebbero mangiare tranquillamente entrambi con ‘Il Solito, Kevin’.
Steve apre la bocca, le patatine al formaggio sono deliziose. Gli si scioglie in bocca.
“Da quel che so io - e non sono un esperto, ma potrei diventarlo in un paio d’ore se mi passi il portatile – funziona così: succede qualcosa nel mondo, gente con microfoni e gusto terribile nel vestirsi va sul posto, riporta la notizia. Fine.”
Steve apre la bocca, chiedendo altre patatine, mentre riflette su cosa dire dopo. È un terreno impegnativo, tanti aspetti di cui tenere conto, e Tony non è uno facile con cui tenere questo tipo di conversazioni.
Le patatine arrivano, e a Steve non sfugge come Tony si soffermi sulle sue labbra, come attratto da un magnete. E quello è un altro tipo di conversazione che dovranno avere, prima o poi.
Due mesi, Steve è ancora vergine, e nessuno dei due ha ancora menzionato la cosa ad alta voce. Ci sono stati momenti imbarazzanti, certo – passare tante ore insieme nel weekend e condividere lo stesso bagno fa quell’effetto. Ma niente di più.
“Lascia perdere i fatti di guerra estera, prendi una questione sociale. Una qualunque, interna. Puoi stare sicuro che ci saranno notiziari, documentari, più inviati speciali di quanto tu possa pensare, e in definitiva? Una bella manciata di niente. Parole, parole al vento, nessuno che concluda niente, o che dia una soluzione alternativa. Al limite un po’ di fango su qualcuno, ma niente di più.”
“Wow,” Tony finalmente si decide a spengere la tv. “Sei un faro di ottimismo oggi, eh?”
“No, sul serio, voglio dire… prendi un esempio: il VIP che fa coming out...”
Tony inarca un sopracciglio, divertito. “Ok, qui si stava parlando di problemi, mi stai dicendo che fare coming out è un problema?”
“No, certo che no, stammi a sentire. Una persona famosa è gay. Deve fare una conferenza stampa. Annunciare al mondo la propria omosessualità. I media che fanno? Riportano la notizia ovunque, commentando con idiozie come ‘Oh, che peccato, una perdita per tutte le donne!’. Come se il solo fatto di essere uomo significasse che le avrebbe scopate.”
“Woah, woah, woah!” Tony mulina le braccia, fingendosi allarmato. “Baci mamma Tran con quella bocca?”
Steve gli da’ una gomitata, ma finiscono per ridacchiare insieme. “Hai capito cosa voglio dire.”
“Certo che ho capito,” gli infila le dita tra i capelli, rigirandoseli tra le dita. “E non credere che mi sfugga come questa cosa del fare coming out ti stia a cuore. I tuoi ancora non lo sanno, uh?”
Steve, che stava allontanando le mani di Tony, si blocca. Era una discussione, un qualcosa per passare il tempo, e adesso l’atmosfera è completamente cambiata. Steve incrocia le braccia. “No, non… come lo sai?”
“Sono un genio, ricordi?”, si mette a camminare con le dita sul suo braccio, l’indice e il medio che sforbiciano su fino alla spalla. “E non ci vuole un genio per notare che non siamo mai stati a casa tua.”
“Beh, tu vivi solo.”
“Appunto, tu no.”
Steve sospira. “Non è che… cioè…”
“Ehi, va bene. Niente pressioni. Prenditi il tuo tempo.”
“Umh…”, Steve si tira su a sedere. Si volta a guardarlo. Tony sembra imbronciato che abbia lasciato il suo posto. “Vuoi dirmi che vorresti venire a casa mia?”
“Certo, perché no?”
“Perché sono un orfano.”
“Lo so. Ma crescendo tutti si sono fatti una famiglia. Voglio conoscere la tua.”
Steve pensa a Bucky. Alla banda di ragazzi dell’orfanotrofio. Pensa a Don Erskine, alla tomba che va a visitare ogni anno. Gli piacerebbe portarci Tony. Gli piacerebbe presentargli quella parte della sua vita.
“E la tua?”
Tony batte le ciglia, sorpreso. “La mia?”
“Sì, la tua. Tuo padre, per ese-“
“Mio padre non rientra in quella categoria, se non biologicamente parlando.”
Steve gli si avvicina, incrociando le gambe sul divano. Il padre di Tony ha sempre veleggiato come un fantasma sulle loro teste: i soldi, l’appartamento, il lavoro di Tony, tutto questo è collegato a lui, eppure non ne hanno mai parlato. “Qual è la tua famiglia, allora?”
“Mh, Rhodey, sicuramente. E… uh… tu.”
Steve si gratta la nuca, cercando di fermarsi dall’arrossire come un idiota. “… e poi?”
Tony si stringe nelle spalle. “Nessun altro. Non pensavo di averne bisogno. Di una famiglia, dico. Poi ti ho sentito parlare della tua infanzia, di cose che non ho mai nemmeno sognato esistessero. Ville? Giocattoli? Certo. Quanti ne volevo. Ma non ho mai avuto… compagnia. Altri ragazzini con cui giocare per strada. Qualcuno che… ti tirasse su, dopo che eri caduto. O che ti dicesse che non sei solo al mondo, nemmeno dopo che tua madre muore.”
Il cuore di Steve diventa campione olimpionico di tuffi nel cemento armato. Allunga una mano, anche se non è certo che Tony accetti il suo contatto. Quello fisico è l’unica cosa che può dargli, Steve sa che non accetterà delle parole di conforto, non è nel suo DNA.
Gli sfiora la guancia, ruvida sotto i polpastrelli. Tony lo guarda, e non è il ragazzo arrogante delle telefonate, né quello strafottente ma affascinante del primo appuntamento. È un bambino solo col cuore in mano.
Steve sfrega il pollice sul suo zigomo, scende fino al mento.
Si sporge per un bacio sulle labbra, fugace, infinitamente più intimo di tutti quelli che si sono dati finora.
Fronte contro fronte, Tony tiene gli occhi chiusi. Steve aspetta. Non sa cosa, solo che deve aspettare.
“Sai… penso di essere stato cieco, finché non ho incontrato te.”
Al posto del cemento armato questa volta c’è un grande oceano immenso, e il cuore di Steve ci si butta dentro a palla di cannone, prendendo il massimo dei voti dalla giuria.
Non sa cosa rispondere. Chiude gli occhi, e rimangono entrambi in silenzio, ascoltando il battito dell’altro, le dita ancora a occupate ad accarezzarsi le guance.




Note:

questo capitolo partecipa alla Screw Prompts, Give Me Points Challenge con il Prompt 15 "I think I was blind before I met you". E poi, anbjfidhwsabgfwiaejekdwioewhfr.

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Capitolo 5
*** 100 gallons of coffee ***


Prompt: Stony: Steve decide di bandire il caffè, Tony non la prenderà molto bene.

“Steve… Steve!”
Tony si aggira per la cucina con la caffettiera in mano, sull’orlo di una crisi isterica.
“Cosa?”, Steve si affaccia dallo stipite con ancora il pigiama. Si è fermato a dormire a casa di Tony, come fa sempre ormai nei fine settimana.
“È finito il caffè.”
“Lo so.”
“Ti avevo detto di ricomprarlo.”
“Lo so.”
“Era sulla lista. Sono sicuro che fosse nella lista che ti ho dato ieri. E quando sono sicuro di qualcosa, al 1000%, è sempre vera. Perché sono un genio. Perché so le cose.”
Steve sospira, e con un sorriso lieve incrocia le braccia. “Il caffè era sulla lista, Tony.”
“E quindi, cosa, hai dimenticato di metterlo nel cestino? Una amnesia temporanea ti ha colpito nel momento in cui passavi per il reparto colazione? E ti è rimasta per tutto il tragitto a casa, la nostra serata, il film, la cena, la notte intera, e ti è venuto di nuovo in mente solo 5 secondi fa? Perché mi sembra piuttosto facile tornare indietro a prendere il caffè dall’alimentari del quartiere, quando il caffè è sulla lista e una parte fondamentale della mia esistenza al pari dei miei baffi e della tua stupidissima faccia.”
Appoggia la caffettiera sul tavolo, riprendendo fiato dopo quel torrente di parole. Steve sorride ancora di più e lo circonda con un abbraccio, che Tony non potrebbe reciprocare neanche se volesse, con le braccia così costrette contro i fianchi. E comunque non ha intenzione di mollarla, quella caffettiera, come se potesse riempirsi da sola d’incanto.
“Calmati, Tony.”
“’Calmati, Tony?’. Sono piuttosto calmo, date le circostanze.”
“È solo caffè.”
“No, non è solo caffè. È aria. È ossigeno. È linfa vitale.”
Con una continua e irritabile calma gli piazza un bacio in fronte. “È per il tuo bene.”
“Per il mio bene?”
Tony lo spinge via per guardarlo fisso negli occhi. “Per il mio bene? L’hai fatta apposta?”
“Sì.”
Neanche un accenno di senso di colpa. Niente. Anzi, mette su la sua espressione cocciuta e ferma che in altri frangenti lo affascina ma in questo momento lo manda letteralmente in bestia.
“Che cazzo, Steve!”
“Sei sempre agitato-“
“Sono agitato perché non ho il mio cazzo di caffè!”
“No, stammi a sentire,” gli stringe le spalle, Tony cerca di concentrarsi e non prenderlo a testate. “Sei sempre nervoso, tutto il giorno, tutti i giorni. Bevi quantità schifosamente esorbitanti di caffè. Non ti fa bene. La tua salute è importante per me, Tony.”
“La mia salute è importante anche per me!”
“Non capisci-“
“No, tu non capisci!” Piazza un dito sul petto di Steve, che indietreggia solo un po’. “Non posso vivere senza. Non è una cavolata. Io non posso sopravvivere a mio padre, alla mia vita, non senza il caffè. È una dipendenza? Può darsi, chi se ne frega! Ci sono persone che fumano, che si drogano, io faccio questo!”
“Tony…”
“Solo questo, e non faccio del male a nessuno! Faccio del male a qualcuno, Steve?”
“A te stesso.”
“Beh, non mi importa.”
Incrocia le braccia. Steve lo imita. “Beh, a me sì.”
Va bene. Va bene. Inspira ripetutamente più volte dal naso, cercando di calmarsi.
“Apprezzo il pensiero, ma so pensare benissimo a me stesso. Non ho bisogno di una mammina apprensiva.”
“Tony…”
“Non ho bisogno di una mammina, Steve! So decidere da solo quanti liquidi introdurre nel mio corpo!”
“Hai ragione,” Steve sbuffa. Wow, Tony non si aspettava che cedesse così presto, è sempre piuttosto testardo nelle sue posizioni. “Hai ragione, sei un adulto – o quasi, ma…”
“Ma niente. E prima di mettere il naso sulla mia salute, e le mie cose in generale, apprezzerei che tu me ne parlassi, almeno. Prima di decidere di bandire una pietanza dalla mia casa.”
Calca sulla parola ‘mia’, e Steve perde un po’ della sua fermezza.
China il capo, adesso sembra un po’ imbarazzato, il mento gli tocca quasi il petto. “Mi dispiace.”
Tony si forza ad espirare di nuovo. “Va bene. Va bene, non fa niente. Vado a farmi una doccia. Di solito aiuta.”
Steve annuisce e si avvicina per un bacino, ma Tony è già partito e lo supera mentre va verso il bagno, senza sapere per certo se lo ha fatto intenzionalmente o meno.

Il getto caldo dell’acqua gli picchia forte sulle spalle rilasciando un po’ di tensione dai muscoli.
Sono sei mesi che stanno insieme, alla fine è comprensibile avere degli screzi, o che Steve non capisca la sua regola del caffè. È normale.
È quello che continua a ripetersi mentre si friziona i capelli, cercando di contrastare quella vocina che ‘Però avrebbe potuto chiedermelo’.
Ha gli occhi chiusi, ma gli pare di sentire la tenda della doccia aprirsi, e ne è certo quando una folata di vento fresco entra nel vano. Si sciacqua il sapone dagli occhi per aprirli e sì, Steve è lì con lui, nudo e ancora con lo sguardo contrito.
Tony boccheggia.
Non l’ha mai visto nudo.
Ci sono stati palpeggiamenti, mani nelle mutande, strusciatine, ma Steve è vergine e la stanno prendendo con la dovuta calma e soprattutto con i tempi di Steve. Un completo strip-tease non era mai avvenuto, comunque. Tony non sa ancora come prenderla, ed infatti si rifiuta categoricamente di abbassare lo sguardo per vedere ciò che finora ha solo toccato con le mani. E desiderato tanto, tantissimo di avere in bocca. O dentro. O ovunque.
Steve richiude la tenda, un po’ di colorito rosso gli sale dal collo.
“Uhm, cosa sta succedendo?”, chiede Tony, diplomato al MIT con il massimo dei voti, la lode, onori accademici e brillante carriera da ingegnere nella prestigiosa azienda di suo padre.
“Volevo farmi perdonare.”
“Uhm, okay? Mi vuoi lavare i capelli?”, gli porge il flacone dello shampoo, sentendosi gli occhi fuori dalle orbite, crede di non aver chiuso le palpebre nemmeno una volta, in tutto questo tempo.
Steve lo guarda male. “No, non ti voglio lavare i capelli.”
“Okay? Quindi…”
Tra le gambe di Tony c’è un guizzo di interesse.
“Quindi…”
“Quindi vuoi farmi una sega sotto la doccia per farti perdonare?”
“Tony, Gesù!”
“Ehi, voglio solo avere chiara la situazione, qui.”
Steve incassa le spalle. “Lasciamo perdere.” Si volta e afferra di nuovo quella dannata tenda.
“No, aspetta,” Tony lo prende per il braccio. “Per favore, rimani?”
Steve gli lancia un’occhiata da sopra la spalla.
“Se vuoi lavo i tuoi, di capelli?”, gli mostra di nuovo il flacone, e Steve si mette a ridere.
Lascia la tenda, si gira, gli strappa lo shampoo di mano e lo getta fuori dalla doccia.
“Ehi, maleducato…”, è l’unica cosa che riesce a dire prima che le labbra di Steve siano sulle sue, mentre lo spinge all’indietro contro le piastrelle, petto contro petto.
Il getto d’acqua è direttamente sulle loro facce, Steve lo afferra con un grugnito e lo sistema contro l’altra parete, spalmandosi di nuovo contro di lui. Le mani volano nei capelli, strisciano sulla schiena, e in un attimo sono eretti entrambi, affannati, affamati.
Tony allunga le mani per primo, lo fa sempre, e Steve lo imita, fronte contro fronte. Tony di nuovo serra le palpebre, non sa se può guardare, o se guardare gli farà perdere definitivamente il controllo.
C’è qualcuno che lo tira, Tony alza la testa e guarda Steve, completamente arrossito, che gli allontana la mano ma tiene la sua su Tony. Cerca di leggergli nello sguardo, così blu, ma prima di poter formulare un pensiero coerente Steve gli sparisce dalla vista. Si è praticamente lanciato in ginocchio, e… wow.
Lo ha preso in bocca.
Un’altra cosa che non è mai successa prima, ma proprio mai, perché nemmeno Tony finora aveva preso Steve in bocca per tutta la cosa dell’aspettiamo i suoi tempi ma ehi, non si sta lamentando. Decisamente no, mentre si attacca all’angolo e al rubinetto perché Steve ha deciso di andarci giù pesante fin da subito e ohmiodio.
È un pompino da vergine, da principiante, ma bello da morire, e Tony non ci mette molto a finire, soprattutto perché all’ultimo quel maledetto ha alzato quel suo fottutissimo sguardo blu su di lui.
Steve si rialza, cercando di lavarsi con il getto d’acqua quello che non è prevedibilmente riuscito a buttare giù. Tony cerca di riprendere fiato, ma non ha ancora mollato l’angolo, né il rubinetto.
Steve gli sorride come un gatto, e Tony esala un lungo, lunghissimo respiro, prima di liberarsi le mani e metterle intorno al collo di Steve.
“Il caffè è ufficialmente bandito per sempre da questa casa.”
Steve gli ride sulle labbra mentre si baciano, poi è il turno di Tony di mettersi in ginocchio.

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