Xardax e l'antico regno di Anthurium

di Barbara Baumgarten
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: La Torre ***
Capitolo 4: *** Capitolo III: La Viaggiatrice ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: La Prova ***
Capitolo 6: *** Capitolo V: Serval il Ranger ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI: Alton Coglibosco ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII: Burduck di Dognar ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII: L'ingresso del Tempio ***
Capitolo 10: *** Capitolo X: La ninfa del Fuoco ***
Capitolo 11: *** Capitolo IX: Un aiuto vien dato agli audaci! ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI: Arania ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII: Un passo verso la verità ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII: La ninfa di Terra ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV: La biblioteca di Anthara ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV: Sogno o son Desto? ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI: Una richiesta accorata ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII: L'inizio della fine ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII: Lo scontro ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX: Dalle ombre infine ritorna! ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX: Si torna a Casa ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


~~Il buio ricopriva ogni cosa e la mancanza della luna rendeva tutto più malinconico. La primavera stava lasciando il posto all'estate e il mantello che nascondeva il volto dell'uomo cominciava ad imperlargli il viso con piccole gocce di sudore. Detestava aspettare e soprattutto, non amava doverlo fare per la Legione, un mucchio di energumeni senza cervello guidati da una donna spietata. Sapeva che, in qualità di arcimago della Torre, doveva rendere conto alla Legione, ma non aveva mai digerito fino in fondo la cosa.
Alcuni passi decisamente poco cauti lo destarono dai suoi pensieri e due figure alte e corazzate entrarono nel suo campo visivo, mentre una terza, più piccola, li seguiva.
Quando gli furono vicini, Vanariel si levò il cappuccio.
"Vedo che la puntualità non rientra più fra i valori della Legione" si azzardò ad apostrofare. La figura più piccola passò davanti e scoprì il suo volto, fin troppo famigliare.
"Amico mio, il tempo cambia molte cose come anche il tuo volto può confermare" il tono mellifluo della donna fece accapponare la pelle al mago. Era cambiata e non solo fisicamente. Il suo viso, così dolce anni prima, era divenuto duro e aspro.
"Mia cara Tessara, invece per te il tempo non passa mai. Sei sempre bella come la prima volta che t'incontrai"
La risata di lei squarciò il silenzio della foresta. "Risparmia i tuoi modi garbati per le persone che non ti conoscono, Vanariel. Butta via la maschera con me, sai che non funziona. Ad ogni modo, penso tu sia curioso di sapere il motivo di tanta segretezza". Effettivamente, il mago si era chiesto il perché di quell'incontro da quando aveva ricevuto la lettera di Tessara. Lei era la Somma Sacerdotessa di Desna, divinità suprema di Anthurium, e capo della Legione dei Piani. Le rare volte nelle quali si erano incontrati erano sempre state alla luce del sole, mai così segrete come quella volta. Ma non voleva darle la soddisfazione di ammettere la sua curiosità.
"Pensavo fosse perché finalmente hai deciso di dichiarare il tuo immenso amore per me" la schernì quasi brutalmente. Lo sguardo di lei divenne carico di odio e gli occhi si ridussero ad una fessura.
"Sono sempre la Somma Sacerdotessa, Vanariel, non te lo scordare. Nessuno osa mancarmi di rispetto in questo modo!". La rabbia nella sua voce era come musica per le orecchie del mago, felice di essere riuscito a far emergere subito la vera natura di quella vipera.
"Ho avuto notizia che l'erede della Viaggiatrice è venuto al mondo ieri notte" disse lei impedendogli di replicare al suo rimprovero. "E non è tutto. La madre è morta di parto e lui è stato portato nel villaggio di Red Down". Vanariel strinse visibilmente la mascella. Red Down, l'ultima dimora degli elfi dopo la disfatta dell'Oscuro.
"Come hai saputo la cosa?" chiese, incerto sul voler sapere davvero la risposta.
"Ho le mie fonti e questa informazione non ti riguarda. Ad ogni modo, sai cosa significa, vero?" e puntò i suoi occhi su di lui. Vanariel lo sapeva fin troppo bene. Nella guerra contro Zordlon, conosciuto come l'Oscuro, la Viaggiatrice fu l'arma finale che la Legione inviò per completarne la disfatta. Ma a quale prezzo...
"Sei sicura? Sai quante volte ho sentito vociferare fra i corridoi storie sull'erede? Magari è solo l'ultima delle storielle che si raccontano ai bambini prima di andare a dormire". Tentò di dissimulare la sua preoccupazione. Se davvero era nato l'erede, allora Anthurium avrebbe visto crescere in seno uno dei più potenti maghi della sua storia. E se Tessara avesse messo le mani su di lui, avrebbe sicuramente cercato di ucciderlo, prima che il giovane potesse dar sfoggio delle sue capacità.
"Sai perfettamente che non mi sarei mai scomodata per un sentito dire" disse la donna in tono sprezzante. "Ne sono certa, Vanariel, è nato. Tu dovrai controllarlo e riferirmi ogni cosa. Fino a che sarà all'oscuro dei suoi poteri non rappresenterà una minaccia per il regno, ma quando lo sarà..." lasciò la frese in sospeso perché non c'era bisogno di terminarla. Il ragazzo sarebbe morto o, peggio addormentato, e lui sentiva in fondo al suo cuore che lo avrebbe difeso.
"Tessara, per quanto ancora hai intenzione di continuare con questa farsa?" la domanda del mago la spiazzò. Lo guardò con aria interrogativa.
"Lo sappiamo tutt'e due che non sarà un nemico di Anthurium più di quanto non lo sia tu. Tu hai paura di lui, perché temi che possa toglierti il potere che con tanta dedizione hai conquistato". Le sue parole le arrivarono addosso come uno schiaffo.
"Come osi..."
"Ah, basta con questo tono da superiore! Tessara se c'è una persona al mondo che ti consoce bene, quella sono io. Sei stata capace di ingannare tutto il regno fingendoti la salvatrice degli antichi poteri, ma non hai mai potuto ingannare me. Vuoi che ti consegni l'erede? Vuoi che mi sporchi le mani del sangue di quel bambino per te e per i tuoi scopi? Beh, scordatelo!" la voce dell'arcimago sembrava un ruggito. La rabbia repressa di anni esplose con una violenza che stupì anche lui. Aveva amato quella donna, erano cresciuti insieme. La prima volta che l'aveva incontrata era stata nell''Accademia di Anthara, la capitale, quando vi era entrato all'età di sei anni. Le era subito sembrata una bambina sveglia e sagace, una che sapeva ridere e, soprattutto, che rideva alle sue battute. Ma gli anni passarono e la guerra esplose in tutta la sua violenza. Erano stati i maestri di Zordlon, l'avevano educato alla magia, ma avevano fallito. E mentre Zordlon distruggeva tutte le Accademie del regno, sperando di uccidere qualunque resistenza, Tessara fondava l'ordine della Legione. In un primo momento, sembrò che l'esercito voluto da lei fosse una risorsa fondamentale per la resistenza, ma presto Vanariel comprese la fame di potere che si celava dietro. Tessara nascondeva la sua ambizione dietro ideali più alti, si fingeva alleata del regno ma intanto tramava la sua distruzione. Era stata lei a voler proteggere la Viaggiatrice. Ma anche quella era una menzogna. Lei voleva solo assicurarsi che non esistessero eredi maschi perché avrebbero rappresentato la sua fine.
Tessara non sapeva cosa rispondere. Quell'uomo la conosceva bene, troppo, e non poteva permettersi di averlo come nemico. Vanariel era pur sempre un ottimo mago e aveva una certa influenza a corte. Provò con la diplomazia e alzò le mani in segno di resa.
"Non c'è bisogno di arrivare a tanto, hai ragione. Il bambino potrebbe ricevere i migliori insegnamenti della Torre sotto la tua personale supervisione. E una volta adulto avrà modo di confermare la sua purezza d'animo con una prova. Se riuscirà a superarla, dimostrando a tutti noi quanto io mi sia potuta sbagliare sulla sua natura, allora avrai pubblicamente le mie scuse. In caso contrario, prenderò in consegna il suo futuro". L'offerta era ragionevole. Dopo tutto anche lui si chiedeva se l'erede potesse essere un pericolo.
"D'accordo. Quando avrà l'età giusta, lo porterò con me alla Torre e inizierà il suo addestramento. Ma fino a quel momento, nessun'ombra dovrà oscurare la sua vita, intesi?". Tessara non aveva bisogno di rispondere. Lo guardò per qualche istante e poi si rimise il cappuccio sul volto. "E sia" disse mentre, voltandosi, riprendeva la strada dalla quale era venuta, subito seguita dai due uomini che la scortavano. Vanariel rimase a fissare il buio con il cuore che batteva forte. Non avrebbe mai pensato di poter conoscere l'erede. Quella storia gli sembrava così priva di fondamento che alla fine aveva finito col credere che fosse solo una leggenda. Ma non era così. L'erede era nato e la Legione gli stava già col fiato sul collo e lui avrebbe dovuto proteggerlo.


Quando la porta bussò, Feren si stava godendo il silenzio che a fatica era riuscito ad ottenere mettendo a dormire il piccolo Xardax. Con malavoglia si alzò dalla sedia e andò ad aprire. Un uomo era in piedi, davanti a lui, avvolto da un lungo mantello scuro, sul quale era ricamato con un filo dorato lo stemma della Torre. Un brivido gli percorse la schiena.
"Chi siete?" domandò incerto. L'uomo scoprì il volto con un gesto teatrale.
"Buona sera, Feren. C'è posto per un vecchio amico?". Il suo tono era calmo e sereno. Feren rimase qualche istante indeciso sul da farsi, poi si scostò leggermente dalla porta permettendo all'ospite di entrare. Erano passati molti anni da quando aveva visto Vanariel e, rughe a parte, aveva lo stesso sorriso bonario di un tempo. Feren, come molti elfi, era entrato a far parte della Gilda dei Maghi dopo aver terminato l'addestramento. Fu nella capitale che incontrò per la prima volta l'arcimago, quando ancora era un ragazzo e le sue doti quasi per nulla sviluppate.
Fece cenno di accomodarsi su una sedia, mentre lui gettava dell'altra legna nel camino per illuminare meglio l'ambiente. La casa era piccola e modesta, costruita con legno e frasche, sembrava continuare la foresta che circondava l'intero villaggio. Vanariel si sentì immediatamente a suo agio fra quelle mura che tanto gli ricordavano la sua infanzia. Guardava Feren con benevolenza. Era un uomo vecchio ma ancora in forza e le lunghe orecchie a punta spuntavano dai capelli lunghi e grigi raccolti in una coda.
"Allora, vecchio amico, cosa ti porta da queste parti?" domandò Feren pur sapendo esattamente la risposta. Nella stanza calò il silenzio. Vanariel non sapeva come trattare la questione e l'imbarazzo era evidente. Come faceva a dire a quell'uomo che avrebbe portato via suo nipote? Con quali parole avrebbe dovuto affrontare la cosa? Certo, erano amici di lunga data, ma non si erano mai tenuti in stretti rapporti, soprattutto dopo che lui era diventato arcimago, rappresentando quanto di più odioso vi era nel Regno, dopo la caduta di Zordlon. Feren non aveva mai accettato che lui si fosse messo a capo del simbolo della repressione alla magia. Lui era convinto che la Torre non fosse una scuola ma un ghetto, entro il quale venivano confinati gli elfi che dimostravano di avere in dote l'arte magica. Per questa ragione e per molte altre, Feren aveva abbandonato le vesti del mago e si era ritirato a vita privata portando avanti l'attività di fabbro. Vanariel non aveva capito fino in fondo il dolore di quell'uomo e non si capacitava di come un mago potesse liberamente scegliere di non essere più tale.
"Ho saputo di tua figlia, Feren e mi dispiace molto"
L'uomo abbassò gli occhi e strinse le mani. Il dolore era troppo vivo nei suoi occhi e sapere che ormai la Legione conosceva la storia lo dilaniava. Sperava che la Somma Sacerdotessa avesse lasciato perdere la linea di sangue della Viaggiatrice, ma non era così.
"E ho saputo del bambino" disse infine Vanariel. Feren lo guardò dritto negli occhi e il mago potè vedere il rossore attorno all'iride e le prime lacrime che si ammassavano per uscire.

La luce è poca nella stanza ma tanto basta per leggere sul suo viso il tormento. Lei piange, le lacrime le rigano il volto, scendono lungo le guance e si mescolano al sudore. Lui le asciuga con un panno, ma non sa cosa fare. È impotente. Se solo potesse farsi carico del dolore che sua figlia sta provando, lo farebbe subito, senza pensarci. Ma non può.
"Fa male" le dice lei, con un filo di voce. lui le accarezza gentilmente la fronte e le sposta di lato alcune ciocche.
"Lo so bambina mia, lo so. Ma vedrai, presto sarà tutto finito". Cerca di rincuorarla, ma sa che è inutile. Lei è una Viaggiatrice, sa cosa l'aspetta. Feren sposta lo sguardo verso la sacerdotessa che, intanto, mormora una leggera litania. La donna lo guada a sua volte e cerca di sorridere. Un altro acuto dolore. Sua figlia fa sempre più fatica a trattenere le urla. Geme.
La sacerdotessa ha finito, l'incantesimo sembra non funzionare. Fa un cenno a Feren che si alza e la segue fuori dalla stanza.
"Ho provato di tutto, ma il bambino la sta uccidendo. Non sopporterà il parto, le sue condizioni peggiorano di minuto in minuto". Lo sguardo della donna è colmo di tristezza.
"Cosa possiamo fare?" chiede disperato Feren. Non potrebbe sopportare di perdere anche sua figlia.
"L'unico modo è uccidere il bambino. O lui o lei, Feren, non potrai salvare entrambi". Lui si appoggia al muro, sente le gambe che gli tremano. Non è forte abbastanza per prendere questa decisione e sa che Rhyal non gli perdonerebbe mai di averla presa senza parlare con lei.
Rientra nella stanza, questa volta è da solo. Ormai Rhyal fa fatica a tenere gli occhi aperti e geme sempre più forte. Si avvicina al letto, si siede e le prende la mano.
"Non puoi andare avanti così, ti sta uccidendo" le mormora. Leii apre gli occhi e l'espressione si fa grave.
"Salvalo, papà. Io ho già compiuto il mio viaggio, lui dovrà intraprenderne uno più grande."
"Quindi è..." non riesce a finire la frase. Lei annuisce.
"Si, è un maschio" conferma.
Feren è stravolto. Nella sua vita aveva dovuto passare molte difficoltà, ma questa sembrava più grande di lui.
"Promettimi che lo terrai al sicuro, che lo crescerai lontano dalla città e dalla magia. Non dovrà mai sapere dei suoi poteri". Feren non risponde, vorrebbe farlo ma le parole gli si bloccano in gola. Lei lo guarda cercando una risposta e lui annuisce. Un sorriso, per un attimo le illumina il viso, poi un'altra fitta di dolore. Inarca la schiena e stringe le lenzuola fino a farsi sanguinare i palmi delle mani. È questione di pochi secondi. Torna sdraiata, fa un sospiro e sembra serena. Lui la guarda e con una carezza le chiude gli occhi.

"Cosa vuoi?" chiese freddo e carico di rabbia.
"Non ti preoccupare, non voglio fargli del male. Nessuno lo vuole. Pensavo solo che sarebbe il caso di capire cosa dobbiamo fare". Vanariel cercava di mantenere calmo Feren, ma si rese immediatamente conto che quell'uomo era sul punto di crollare.
"Non avrete mio nipote!" sbottò "Non vi lascerò distruggere la sua vita come avete fatto con tutti quelli della mia famiglia! Se sei venuto fino a qui per questo, beh hai fatto tanta strada per niente". Le parole gli uscirono con tutta la violenza che era servita a Feren per trattenere le lacrime fino a quel momento. Ora che ci pensava, non aveva nemmeno pianto per sua figlia.
"Calmati, amico mio". Ma nessuna parola in quel momento avrebbe potuto calmarlo. Allora Vanariel si alzò e abbracciò Feren. Lui cercò si scostarsi ma le forze lo abbandonarono in un pianto a dirotto. Erano anni che non piangeva e si sentiva sfinito. Era stanco di lottare, di mostrarsi forte. Prima sua moglie, poi suo genero e infine sua figlia.
Quando si fu calmato, si asciugò le lacrime e fu pronto per parlare.
"Sai perché l'ho portato qui? Perché l'ho promesso a Rhyal, prima che morisse. Lei mi ha fatto giurare che avrei tenuto il piccolo lontano dalla magia e dal resto della gente, non voleva che lui sapesse chi era. E io l'ho giurato, Vanariel". L'arcimago sembrava stupito. Rhyal non voleva che l'erede sapesse usare la magia.
"Per quanto tempo pensi che..." e si fermò aspettando che Feren gli dicesse il nome.
"Xardax"
"Per quanto tempo pensi di riuscire a tenere Xardax lontano dalla magia?"
Il nonno non ci aveva pensato.
"Quanto sarà sufficiente. Mio nipote non deve sapere nulla su chi sia né chi fosse sua madre davvero. Lo alleverò qui, a Red Down, e diventerà un fabbro. Per lui, suo padre sarà un guerriero del Regno e sua madre una guaritrice. Niente magia, niente complicazioni e, soprattutto, niente Legione."
Vanariel si fermò un istante a pensare. Se Feren fosse riuscito nell'impresa, il Regno non avrebbe mai visto l'erede e per lui questo bastava. Ma non sarebbe bastato a Tessara. Lei lo voleva morto, ne era sicuro, e lui avrebbe dovuto trovare il modo di difenderlo semmai le cose fossero andate storte.
Alla fine, decise di parlare con tutta la franchezza che quell'uomo si meritava.
"Ascoltami, anche ammesso che Xardax non scopra mai la verità su se stesso, ciò non elimina il pericolo che la Legione rappresenta. È stata la Somma Sacerdotessa a dirmi della sua nascita e tu sai cosa l'erede significhi per lei. Questo regno ha visto morte e distruzione per mano di un mago che se confrontato all'erede sembrerebbe un dilettante da quattro soldi. Dobbiamo difenderlo non solo dalla verità ma anche dalla Legione". Le dichiarazioni di Vanariel echeggiarono in tutta la loro drammaticità. Feren sapeva che l'amico aveva ragione. Per anni, sua figlia si era fidata della Legione e in cambio ebbe solo la morte di suo marito. Lui non poteva permettere che la vita di suo nipote venisse interrotta per colpe non sue.
"Cosa proponi di fare?" chiese infine rassegnato.
"Allevalo nel rispetto della promessa fatta a Rhyal e tienimi informato periodicamente. Io cercherò di mediare con Tessara e se la fortuna ci sorride riusciremo a tenerla lontana da Xardax. Ma se qualcosa dovesse andare storto, mandami Xardax immediatamente alla Torre. Lo difenderò con tutta la magia che possiedo". Quello era un giuramento e Feren lo capì. La vita di tutti loro era appesa al filo di una speranza sottile e dipendeva da lui. Avrebbe fatto quello che Vanariel aveva detto anche se gli sarebbe costato molto: doveva eliminare dalla vita di suo nipote la verità su sua madre.
"Lo farò" disse.
Quando la porta si richiuse dietro le spalle di Vanariel, Feren si lasciò cadere sulla sedia sfinito. Quella sera la memoria di sua figlia moriva mentre nasceva la speranza per suo nipote. Andò nella camera dove Xardax dormiva e lo guardò fino alle prime luci dell'alba. Quando il bambino cominciò a piangere per avere il latte, lo prese in braccio e gli diede un bacio sulla fronte. "Ti voglio bene Xardax" e fu tutto quello che riuscì a dire.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


~~Il sole stava tramontando dietro le montagne che incorniciavano il paesaggio e il giovane Xardax guardava pensieroso l'orizzonte.
I riflessi rossastri del sole risaltavano ancora le verdi pagliuzze negli occhi del giovane, occhi vispi ed intelligenti che osservavano il mondo con attenzione e meraviglia, mentre le orecchie a punta, tipiche della sua gente, facevano capolino dietro ricci color miele. Stava per entrare ufficialmente nel mondo degli adulti. Da lì a due settimane avrebbe, infatti, preso parte al rituale d'iniziazione che gli avrebbe consentito di presentarsi al mondo non più come il giovane nipote di Feren, ma come Xardax, il fabbro di Red Down.
Egli era il miglior fabbro di tutte le terre del Nord, merito soprattutto degli insegnamenti di suo nonno che lo aveva cresciuto dopo la morte dei suoi genitori. Il vecchio, così come affettuosamente Xardax chiamava il nonno, gli aveva insegnato la nobile arte armaiola della quale il popolo elfico andava fiero. Non vi era villaggio in tutta Anthurium che non apprezzasse la forgia delicata e allo stesso tempo resistente degli archi e dei pugnali elfici. E suo nonno, ne conosceva i più intimi segreti. Fin da bambino Xardax lo vide come un incredibile artista capace di dare vita ad opere perfette sia nella forma che nella pericolosità. Così cominciò a seguire il nonno nel lavoro ed egli era sempre talmente fiero del nipote che ovunque andasse lo presentava come il vero erede di Terystil l'Armaiolo, cioè colui che per primo pensò di usare il Legnoferro per archi e pugnali dando grande fama al popolo elfico.
Ma fin da bambino Xardax voleva fare l'avventuriero. Amava girovagare fra gli alberi della foresta immaginando di essere in una landa sconosciuta e in missione per conto di Anthurium. Desiderava più di ogni altra cosa, seguire le orme del padre, viaggiare e vedere posti nuovi, essere un eroe e combattere le forze del male. Tuttavia, vi era sempre un velo di tristezza negli occhi del nonno quando il piccolo Xardax giocava a fare il guerriero. Una volta, mentre si trovava sulle rive del ruscello, nel mezzo della foresta, il nonno, che da diversi minuti lo stava osservando nascosto tra le fronde, lo chiamò a sé.
"A cosa stai giocando?" gli chiese in tono affettuoso.
"Sono un guerriero!" rispose Xardax "La regina di Anthurium mi ha mandato qui per uccidere il mostro delle acque!". A Feren piaceva l'allegria di quel mucchietto di pelle e ossa che giocava a fare l'uomo grande. Aveva il coraggio del padre e la determinazione della madre e Feren non poteva fare a meno di pensare a loro ogni giorno della sua vita.
"Ma non hai paura?" gli chiese il nonno fingendo il tono di uno che ne ha. Xardax sorrise, capendo che il nonno stava entrando nel gioco, e si fece serio.
"No, io non ho paura di niente! Sono i mostri che devono aver paura di me! Io sono il figlio di Sarhi, guerriero di Anthurium!". Quelle parole fecero trasalire il vecchio. Sapeva che suo nipote non avrebbe potuto evitare il suo destino a lungo, ma lui voleva evitarlo. Sarhi era stato un grande guerriero arcano, aveva combattuto per la Legione dei Piani ed era morto lasciando sua figlia da sola. Il sangue del guerriero scorreva nelle vene del giovane Xardax così come la capacità di viaggiare nel sonno come sua madre. E non solo.
"I guerrieri vanno a combattere, Xardax, e tu vorresti lasciare Red Down? Che ne sarà delle tue bestiole?" chiese il nonno, sapendo che nulla al mondo era più importante per lui degli animaletti che aveva trovato nella foresta e soccorso. Il bambino ci pensò. Poi i suoi occhi si rattristarono. Feren sapeva che aveva toccato un nervo scoperto, Xardax si immedesimava in quelle bestiole, loro, come lui, erano state private dal fato della famiglia, dei genitori, erano state abbandonate.
"Le affiderò a te, nonno" disse infine Xardax e Feren ebbe l'impressione di sentir parlare sua figlia.
Xardax ricordava spesso quell'episodio e ora che aveva l'età giusta, ne comprendeva la natura. Suo nonno si era sempre dato molto da fare per sopperire alla mancanza dei suoi genitori, ma era da solo e stava invecchiando. Xardax poteva avvertire la sofferenza del vecchio quando di notte lo sentiva piangere. Allora andava nella sua stanza, bussava delicatamente alla porta e gli chiedeva come stava.
"Sto bene, figliolo, sto bene. E' solo un po' di nostalgia, tutto qua" gli rispondeva Feren cercando di non far pesare a suo nipote il suo stato d'animo. Ma Xardax lo capiva. Si era spesso chiesto come sarebbe stata la sua vita se i suoi genitori non fossero morti. Ma per quanto cercasse di immaginarlo, non ci riusciva, non poteva sapere cosa si provasse ad essere abbracciato da sua madre. Lei non era mai riuscita a farlo.
Mentre il tempo passava, Xardax perse la sua ambizione di seguire le orme del padre e si concentrò sull'attività del nonno. Di dedicava anima e corpo, giorno dopo giorno. Era bravo e suo nonno era fiero di lui. A volte, però, si ritirava sulla parte alta della Foresta da dove poteva ammirare l'intera vallata che abbracciava Red Down e pensava a quante cose straordinarie ci fossero là fuori. Quando chiese al nonno se potevano fare un viaggio per vedere il mondo, Feren si fece serio.
"Non c'è niente di bello al di là della Foresta, Xardax. I popoli sono in continuo contrasto dopo la grande guerra e la pace si trova solo qui". La grande guerra. Xardax chiedeva spesso al nonno di raccontargli della grande guerra, ma il vecchio era sempre laconico sull'argomento. C'era stato un potente mago, oscuro, che aveva sottomesso tutto il regno. Poi, come tutte le cose, era morto e fine della storia.
Tuttavia, Xardax, non riusciva a lasciarsi la storia e l'avventura alle spalle. Sentiva dentro di sé di appartenere a qualcosa di grande, che il suo destino non era quello di restare a Red Down a lavorare il legno ferro. Era come se ogni parte del suo corpo gli dicesse che c'era un altro piano per lui, non sapeva cosa, ma era certo di non sbagliarsi.
Mentre era assorto fra i suoi pensieri, un uomo spuntò dal piccolo sentiero alle sue spalle correndo.
"Xardax!" urlò. Il giovane si girò di scatto riconoscendo il nonno. Si levò in piedi e corse verso il vecchio.
"Xardax, figliolo!" disse ansimando e reggendosi alle spalle del ragazzo. "Presto, devi tornare alla capanna".
"Cosa succede, nonno? Perché tanta agitazione?" chiese preoccupato.
"Non c'è tempo per spiegarti tutto, ragazzo, devi andartene immediatamente da Red Down" il tono del vecchio era palesemente affannato. Senza una parola di più, prese il giovane per un braccio e si diressero velocemente verso la capanna. Una volta giunti il nonno afferrò un vecchio e logoro zaino dal baule all'ingresso e cominciò a riempirlo con provviste.
"Nonno, potresti fermarti un secondo e provare a spiegarmi cosa sta accadendo?" nessuna risposta.
"Nonno!"disse questa volta urlando. Il vecchio si fermò e prese Xardax per le spalle. Il suo sguardo era visibilmente terrorizzato. Quegli occhi che molte volte avevano dato sicurezza al giovane, ora mostravano tutta la loro debolezza.
"Ascolta ragazzo, non ho tempo per spiegarti tutto. Forse avrei dovuto ignorare la promessa fatta a tua madre e raccontarti le cose molto tempo fa, ma non l'ho fatto e non si può tornare indietro. Ora devi andare alla Torre del Gran Consiglio, ci vorranno un paio di giorni di cammino. Là troverai le risposte" le ultime parole furono pronunciate con un nodo alla gola.
"Mia madre? Una promessa? Ma cosa..."
"Non c'è tempo! Un giorno, spero, riuscirai a capire, ma ora devi andare e fare in fretta!" e così dicendo gli mise lo zaino in spalla. A nulla valsero le proteste del giovane che in pochi istanti si ritrovò all'uscio.
"Tieni Xardax" e gli porse una lettera "dalla all'arcimago Vanariel del Gran Consiglio, lui saprà cosa fare". Seguì un intenso abbraccio e il vecchio cominciò a piangere.
"Ti voglio bene, ragazzo. Solo gli dei sanno quanto avrei voluto che le cose andassero diversamente. Ora va e non guardarti mai indietro. Qualunque cosa tu senta, Xardax, va avanti per la tua strada. Promettimelo!" e così dicendo lo guardò fisso negli occhi. Il ragazzo era confuso ma con la voce tremante disse solo"Te lo prometto, nonno."
Il vecchio gli diede una piccola spinta allontanandolo dalla porta e con lo sguardo lo seguì fino alla curva del sentiero. Che la luce di Desna vegli su di te, figliolo pensò fra sé.

Xardax correva giù per il sentiero ignorando i rumori di battaglia che giungevano dal villaggio di Red Down. Correva e piangeva. Non sapeva cosa fosse accaduto ma in pochi istanti la vita tranquilla e quasi monotona lo abbandonò lasciandolo da solo. I rami gli graffiavano le gambe e si sbucciò le ginocchia diverse volte mentre cercava di mantenere l'equilibrio sul terreno impervio. Lo zaino sulle spalle pesava. Aveva lasciato suo nonno là, come aveva potuto? Si fermò e considerò l'idea di tornare indietro. Ma lo sguardo atterrito di Feren gli fece cambiare idea. Se suo nonno lo voleva lontano da Red Down, lui avrebbe obbedito. Continuò la lunga corsa finché la stanchezza non lo fece fermare. Era buio e faceva freddo. Xardax non era abituato a quel cambio di temperatura, nel suo villaggio il clima era sempre mite, e si strinse nel mantello. Pensò di accendere un fuoco, ma si ricordò uno dei primi insegnamenti che suo nonno gli aveva impartito quando, da bambino giocava al guerriero. Se sei braccato, non accendere mai un fuoco o verrai visto a miglia di distanza. Piuttosto, assicurati di portare con te sempre del cibo che puoi mangiare senza cucinarlo.
Guardò nello zaino e vi trovò pane e formaggio. Suo nonno era sempre un passo più avanti di lui. A volte Xardax si era chiesto se Feren fosse sempre stato solo un fabbro.
Non riuscì nemmeno a dormire, semplicemente si accovacciò cercando di riposare e di fare chiarezza sugli ultimi avvenimenti. Perché il nonno era così spaventato? Perchè Red Down era stata attaccata? Ma nessuna di queste domande poteva avere una risposta. Pensava e ripensava alla frase che il nonno gli aveva detto. Forse avrei dovuto ignorare la promessa fatta a tua madre. Lui non aveva mai conosciuto sua madre, era morta dandolo alla luce. Il vecchio lo aveva cresciuto e quando raccontava di lei gli si illuminavano gli occhi. Era bella, diceva, tutti le facevano la corte, fin da quando era poco più che una ragazzina. Ma lei aveva occhi solo per tuo padre. Ogni volta che arrivava a questo, però, la luce negli occhi lasciava posto alla tristezza. Spesso Xardax ebbe l'impressione che il nonno incolpasse suo padre per la morte della mamma, sebbene fosse morto prima lui. Xardax non aveva ben compreso la storia dei suoi genitori, forse perchè il vecchio era sempre restio nel raccontarla. Quello che lui sapeva era che sua madre era una donna molto intelligente e che conobbe suo padre durante una festa annuale nella capitale. Lui la corteggiò per molto tempo e quando finalmente lei decise di donargli il suo cuore lui dovette partire. Tuo padre era un guerriero e come tale era costretto ad obbedire agli ordini che venivano impartiti dall'alto. Più volte tua madre gli chiese di restare ma invano. Quando tornava a casa lei era radiosa. Riuscirono a sposarsi durante una delle sue brevi visite. Le chiedevo spesso se fosse veramente felice e lei mi guardava sorridendo. Era innamorata come mai avevo visto prima, ma saperla sempre sola mi stringeva il cuore.
Xardax non aveva alcun ricordo di lei e, in un certo senso, era quasi invidioso del nonno che, invece, la ricordava bene. Tuttavia, c'era sempre un velo di tristezza negli occhi del vecchio e aveva l'impressione che tacesse alcune informazioni. Ma tutte le volte che aveva provato a fare domande, il nonno cambiava discorso, soprattutto quando chiedeva chi fosse sua madre e cosa facesse per vivere. Feren diventava brusco e liquidava la cosa con un generico Faceva la guaritrice, ma Xardax non aveva mai realmente compreso cosa significasse. Il giovane non riusciva a trovare pace nei suoi pensieri.
A metà mattina del secondo giorno, Xardax giunse in prossimità della Torre. O quasi. Sapeva che il Gran Consiglio doveva trovarsi in una radura oltre il Lago del Silenzio. Aveva davanti la radura, ma della torre nessun segno. Cominciò ad incamminarsi lasciandosi il fitto bosco alle spalle, sebbene il taglio alla gamba gli bruciasse. Si era ferito mentre cercava di scappare dal mostro del lago.

Il Lago del Silenzio si trovava appena fuori dalla Foresta di Red Down e il suo nome era dovuto all'essere che abitava le sue profonde acque scure. Si raccontava che nessuno poteva camminare per le rive del lago, poiché al più piccolo rumore, il mostro si sarebbe destato. Xardax conosceva quella storia ed era stato suo nonno a raccontargliela. Ecco perché, quando si accorse che qualcosa lo stava inseguendo, decise di costeggiare le acque del lago. Inizialmente gli era sembrato un semplice rumore di fondo, le foglie mosse probabilmente dal vento, ma poi l'aveva udito distintamente. Non era il vento ma una creatura che si muoveva furtiva alle sue spalle, annusando l'aria. Non poteva trattarsi di un lupo, non avrebbe fatto tutto quel rumore, ma allora cos'era? Decise di affrettare il passo, camminando fra gli arbusti e dirigendosi verso il lago. Avrebbe usato il mostro, sempre se davvero ne esisteva uno, per liberarsi dall'inseguitore. Quando vide le acque calme e scure, si fermò. Al minimo rumore, la bestia si desta, così gli aveva detto suo nono. Tese l'orecchio per sentire dietro di lui. Qualunque cosa lo stesse seguendo, aveva accelerato il passo per raggiungerlo. Si nascose dietro un cespuglio e attese che l'inseguitore facesse l'errore di camminare lungo le sponde. Dopo qualche istante, un essere poco più alto di lui, ma decisamente più grosso, emerse dalle fronde della foresta. Xardax non aveva mai visto niente di simile. Sembrava un elfo ma i suoi muscoli non erano affusolati ed eleganti. Le gambe erano tozze, più corte rispetto al busto, ed era irsuto come un orso. La mascella sporgeva leggermente e due grossi denti uscivano dalla bocca allungandosi verso le guance. L'essere si fermò dove poco prima aveva fatto lo stesso Xardax e annusò l'aria. Camminò avanti e indietro e urtò con lo stivale un piccolo sasso che finì con l'increspare lievemente l'acqua. Mentre la creatura guardava in direzione di Xardax, il lago sembrò prendere vita. Ci siamo pensò. All'improvviso, diversi tentacoli uscirono dalle acque e afferrarono l'essere, che urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, e lo portarono nelle profondità. Xardax fece un sospiro di sollievo, ma la creatura del lago avvertiva ancora la sua presenza. Ormai si era destata e i suoi sensi le dicevano che qualcun'altro era lì, sulle sponde del suo lago. Xardax pensò rapidamente sul da farsi. La cosa migliore da fare era tornare nella foresta e raggirare il lago. Scattò in piedi e si mise a correre più veloce che potè, ma uno di quei tentacoli lo afferrò alla gamba piantandogli gli aculei nella carne. Soffocò un grido di dolore e con uno sforzo immane riuscì a prendere il pugnale che aveva messo alla caviglia. Un colpo secco e il tentacolo lasciò la presa. Xardax riprese a correre e solo qualche metro più avanti si rese conto che era al sicuro. La gamba sanguinava ed era dolorante. Si staccò una striscia di stoffa dal mantello e coprì la ferita.

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Capitolo 3
*** Capitolo II: La Torre ***


~~A mano a mano che procedeva verso il centro della pianura dove, a detta di tutti, avrebbe dovuto trovarsi la Torre, cominciò ad intravvedere due figure dritte, una di fianco all'altra che sembravano a guardia di qualcosa. Rallentò il passò e cercò di non far vedere troppo la zoppia, mentre la mano si avvicinava sotto il mantello all'impugnatura del coltello.
“Alt!" gridò perentoria una delle due figure, facendo sobbalzare Xardax.
"Chi sei?"
Il giovane si fermò duro come un legno e dopo aver deglutito la paura rispose con voce tremante
"Mi chiamo Xardax, di Red Down. Sto cercando la Torre"
Il tizio che aveva parlato si allontanò dall'altro e cominciò a procedere sicuro verso di lui. Xardax, da canto suo, si avvicinava con fare molto incerto a quella che, a tutti gli effetti, doveva essere una guardia.
"Quali affari ti portano alla Torre?"domandò perentorio.
"Il mio villaggio è stato attaccato e mio nonno mi ha mandato qui. Ecco" disse mostrando una pergamena "mio nonno mi ha detto di darla all'arcimago Vanariel"
I due si guardarono con aria interrogativa. Poi uno si avvicinò e prese la lettera. Dopo averla letta la passò all'altro.
"Salute, giovane Xardax. L'arcimago Vanariel ti stava aspettando. Prego, seguimi."
Xardax continuava a capire sempre meno cosa stesse accadendo. Sembrava che tutto il mondo fosse a conoscenza di fatti che lui era il solo ad ignorare. Ora la paura che lo aveva tenuto sveglio nei due giorni passati lasciò il posto alla frustrazione.
La guardia fece qualche metro, poi si fermò davanti al vuoto e cominciò a recitare una strana litania. Dal nulla apparve un immenso portone i cui chiavistelli si aprivano a mano a mano che la recitazione proseguiva. In pochi istanti, dove prima vi era solo un'immensa prateria si stagliava la più imponente torre che il giovane avesse mai visto. Era alta e circondata da mura invalicabili, la sua sommità raggiungeva il cielo, tanto da essere abbracciata dalle nubi. La luce del sole rifletteva sulla sua superficie dando l'impressione che l'intero edificio fosse dorato.
Xardax aveva sentito parlare della Torre quando ancora era un bambino. Un giorno mentre badava a ripulire la casa insieme al nonno, qualcuno bussò alla loro porta. Generalmente, Feren consentiva a suo nipote di aprire la porta, ma quel giorno lo fermò. Il viso del nonno era nervoso e con un gesto della mano gli disse di rimanere in silenzio e di andare in camera sua. Xardax ubbidì, ma lasciò la porta lievemente accostata per poter meglio spiare cosa accadeva. Il nonno andò ad aprire e lui vide l'espressione di Feren farsi seria.
"Ah, sei tu?" disse il nonno in modo molto sgarbato e Xardax si stupì.
"Non si salutano più i vecchi amici, Feren?" rispose una voce molto calda e tranquilla. Feren non si spostò dalla porta e, soprattutto, non cambiò il tono.
"Al momento sono occupato. Cosa vuoi?" Una lieve risata provenì da quell'uomo sconosciuto che irritava il nonno.
"Calmati, Feren. Sono solo passato per vedere come sta Xardax" disse cercando di essere molto tranquillo ed educato.
"Sta bene. C'è altro?". Seguì una pausa durante la quale Xardax non riuscì a mantenere a freno la curiosità. Così uscì dalla sua stanza e corse di fianco al nonno. Feren non si stupì del gesto, in fondo non poteva pensare che un bambino ubbidisse all'ordine di starsene in camera sua mentre un personaggio curioso era alla porta, e lo abbracciò, stringendolo a sé con un braccio mentre con l'altro si appoggiava allo stipite.
"Eccolo qui, il nostro Xardax!" disse con entusiasmo lo sconosciuto "Caspita come è cresciuto" poi si chinò all'altezza del bambino e lui potè guardare quei profondi occhi blu. C'era qualcosa in quello sguardo che affascinava Xardax e allo stesso tempo lo intimoriva .
"Hai il viso di tua madre" disse cercando di accarezzarlo ma il nonno si frappose velocemente.
"E' meglio se torni alla Torre. Nessuno qui ha niente a che fare con voi" disse Feren e provò a chiudere la porta ma lo straniero lo fermò.
"Non voglio darvi fastidio, Feren, ma sai che ogni tanto vengo a controllare. È accaduto qualcosa?"
"No, nulla. Lui vuole fare l'armaiolo, rimanere a Red Down e a me sta bene. Non credo che dovrà mai sentir parlare di voi. Ora, per favore, vattene". Feren aveva usato un tono tanto disperato da sembrare perentorio. L'uomo lo guardò in silenzio per pochi istanti e se ne andò.
Rimasti soli, Xardax chiese immediatamente al nonno chi fosse quell'uomo e cosa fosse la Torre.
"Niente, figliolo, è solo un vecchio compagno di guerra di tuo nonno e la Torre..." sembrava non avere abbastanza bugie per quello "...la Torre è una scuola per gente particolare" concluse frettolosamente.
"Particolare?" chiese Xardax e il nonno maledisse la curiosità di quel bambino.
"Oh, andiamo! Non ti fissare sulle parole. È una scuola non adatta a te e agli elfi che sanno lavorare bene il legno ferro. Non voglio parlare più di questa Torre, intesi?"
Xardax ubbidì, e dopo di allora non parlarono mai più della Torre. Fino al giorno della sua partenza.


"Seguimi" disse la guardia destando Xardax dallo stupore e dai suoi pensieri. Mentre s'incamminava a seguito dell'uomo , notò che fiori e foglie s'incastonavano fra le fessure delle mura come pietre preziose e a mano a mano che le piante crescevano, abbandonavano il loro coloro verde smeraldo per tonalità più eteree e dorate.
Dalle passerelle che collegavano gli angoli della cinta erano visibili diversi elfi armati di arco che pattugliavano avanti e indietro. Nessuno avrebbe potuto entrare senza essere visto e nessuno sarebbe riuscito ad uscirne senza il permesso. Xardax era rimasto a bocca aperta. La guardia procedeva con passo svelto attraversando il cortile, al centro del quale si stagliava una grande fontana ornata da una statua, mentre tutto intorno vi era un colonnato che permetteva piacevoli passeggiate nella frescura dell'ombra. Il giovane si fermò per ammirare la statua che raffigurava una donna bellissima con un braccio alzato verso il cielo dalla cui sommità usciva un raggio di luce ben rappresentato dal cristallo trasparente. La fattura era eccezionale. Gli abiti, così come i capelli della giovane davano l'impressione di fluttuare leggeri nell'aria nonostante l'intera scultura fosse di marmo solido. Mentre guardava estasiato quell'opera d'arte, non si accorse della piccola creatura che gli si era avvicinata.
"Bellissima, non trovi?" chiese una voce alle sue spalle.
Xardax si girò e dovette abbassare lo sguardo notevolmente per poter incrociare gli occhi della giovane halfling che gli stava davanti.
"Sì, lo è. Chi è?" chiese tornando ad ammirare la statua.
"La Viaggiatrice. Non dirmi che non ne hai mai sentito parlare" disse in tono canzonatorio. Xardax stava per rispondere ma la guardia lo precedette.
"Cora, avrai tempo per dar sfoggio dei tuoi studi sulla storia di Anthurium più tardi. Ora il giovane è atteso da Vanariel nel suo studio" e così dicendo poggiò fermamente la mano sulla spalla di Xardax incoraggiandolo a proseguire, nonostante le proteste della ragazze.
L'ingresso della torre era immenso. Il portone si aprì da solo quando Xardax e la guardia furono a pochi metri di distanza da esso. Il pavimento era in marmo lucido e le pareti sembravano d'avorio. La luce filtrava da grandissime finestre finemente lavorate in vetro clorato, mentre sfere simili a fuochi fatui permettevano di ammirare le decorazioni intarsiate nelle grandi colonne portanti e nei muri. Ovunque passeggiavano indaffarati uomini e donne con vesti lunghe e finemente disegnate. Mentre Xardax procedeva dietro la guardia molti sguardi lo seguirono. Era visibilmente imbarazzato da tanto splendore. Salirono per una scalinata e giunti in cima seguirono un corridoio sulla destra.
Il corridoio era illuminato anch'esso da sfere luminose che galleggiavano in prossimità dei muri. Alle pareti vi erano quadri che raffiguravano personaggi evidentemente illustri, ognuno con la sua veste elegante.
Finalmente giunsero allo studio di Vanariel. La guardia bussò due volte alla porta. Poi si voltò verso il giovane
"Puoi entrare, Vanariel ti aspetta" e si congedò.
Xardax deglutì rumorosamente. Era nervoso. Fece un passo verso la porta ed essa si aprì da sola così come era accaduto all'ingresso.
Lo studio era enorme: almeno quattro o cinque volte la sua capanna di Red Down. Un camino scoppiettava in un angolo, mentre alle pareti gigantesche librerie giungevano fino al soffitto. Alcuni libri levitavano da soli spostandosi da uno scaffale ad un altro. Xardax sbatté più volte le palpebre per capire se tutto ciò fosse reale.
"Salute, giovane Xardax di Red Down" la voce dell'arcimago era tranquilla e morbida. Fece un breve ed elegante inchino al ragazzo che ricambiò.
"Prego, avvicinati" disse sorridendo.
Xardax obbedì e quando fu vicino allo scrittoio riconobbe in quell'uomo lo straniero di qualche anno prima. Vanariel, capì e cercò di fare chiarezza.
"Vedo che ti ricordi di me. Evidentemente gli anni non mi hanno cambiato, buono a sapersi" disse sorridendo.
"Immagino che il vecchio Feren ti abbia infine raccontato di noi"
Xardax non sapeva cosa rispondere e, semplicemente, gli porse la lettera del nonno.
Vanariel lesse con attenzione, unì le dita sulle labbra e lo fissò. Dopo istanti che parvero un'eternità, cominciò a parlare.
"Io sono Vanariel, arcimago della torre del Gran Consiglio e tu sei Xardax, figlio di Rhyal. Tuo nonno ha fatto bene a mandarti da me, ma se l'ha fatto significa che una grande sventura si è abbattuta sul tuo villaggio" disse rammaricato.
"Mio nonno mi ha detto che voi avreste potuto spiegarmi tutto. Cosa sta accadendo? Perché sono qui? Cosa è successo al mio villaggio? E, soprattutto, perché eravate venuti alla mia casa anni fa?"" chiese il giovane tutto d'un fiato.
"Xardax, nel tempo avrai le tue risposte. Per il momento devi sapere che sei un mago e tuo nonno ti ha inviato a noi affinché cominciassi il tuo addestramento"
"Un mago?! Ma che pazzia è mai questa..." lo interruppe il giovane.
"Sarà meglio che iniziamo il tuo addestramento dalla basi dell'educazione giovanotto" disse con tono duro rimproverandolo.
"Punto primo: quando io o un tuo superiore dice una cosa, non devi metterla in discussione come se tu ne avessi la capacità. Punto secondo: sei un mago, il che significa che l'energia scorre nelle tue vene come in quelle della tua famiglia. Punto terzo: se hai domande da fare chiedi il permesso di parlare e formula le tue richieste con rispetto. È tutto chiaro, Xardax?" l'arcimago usò un tono che sembrò più duro di quel che avrebbe voluto.
"Si, signore, mi scusi signore" disse con la testa china.
"Molto bene, impari in fretta. Ora , il tuo addestramento comincerà domani. Va nel tuo alloggio e riposati."
Xardax fece un breve inchino e si congedò.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle, nello studio di Vanariel si materializzò una donna e l'arcimago non sembrò stupito.
"E' cresciuto molto" disse la sacerdotessa "e con il corpo è cresciuta anche la mente"
"Non sa nulla né di sua madre né dei suoi poteri. Il vecchio Feren ha saputo mantenere bene la promessa fatta a sua figlia". Il tono di Vanariel era triste. Quel ragazzo non aveva la minima idea di quello che rappresentava ed ora era completamente solo.
"Noi non vogliamo correre rischi inutili, Vanariel. Il giovane Xardax va fermato".
"No! Abbiamo un accordo, non rammenti? Avremmo prima testato il suo animo. Non credere che la mia memoria sia debole come il mio corpo, Tessara!" tuonò l'arcimago.
"Calma, calma, vecchio mio!" disse ridendo divertita da quel moto di rabbia "Rammento bene il patto, solo, dopo averlo visto, sono sempre più convinta che sia un pericolo inutile addestrarlo. Ad ogni modo, ora inizia la tua parte dell'accordo. Educalo alla magia e quando sarà il momento, tornerò per la prova" e così dicendo, sparì.
Uscendo dallo studio Xardax trovò uno gnomo ben vestito che lo attendeva.
"Il mio nome Glock, sono il segretario dell'arcimago. Seguimi, ti porterò alla tua stanza e per favore: non guardarmi come se fossi la creatura più strana che tu abbia mai visto. M'innervosisce." disse lo gnomo.
Tutto questo è un incubo pensò fra sé Xardax.

La stanza era spartana. Vi era uno scrittoio, una piccola libreria vuota, un letto e un armadio. Aprendolo Xardax vi trovò una veste blu molto semplice. Tutto gli sembrava irreale. Si sedette sul letto, rallegrandosi della comodità, e si guardò intorno. La stanza era più piccola della sua a Red Down, meglio organizzata e ...non aveva finestre. Come avrebbe respirato l'aria fresca del mattino? E come si sarebbe accoccolato nella brezza notturna, al chiaro di luna? Ogni istante che trascorreva lì lo allontanava sempre di più dalla vita che aveva condotto fino a quel momento e una profonda tristezza avvolse il suo cuore.
"Ti piace la tua stanza?" disse una voce alle sue spalle.
Xardax si girò e si trovò davanti la piccola halfling che aveva già incontrato alla fontana.
"Cora, giusto?" chiese il giovane.
"Esatto! Vedo che ti ricordi di me!" rispose in tono allegro. "Allora" disse Cora saltando sul letto "come ti chiami?"
"Xardax" rispose
"Caspita! Ma bellissimo!" disse Cora prendendo fra le mani un pugnale che usciva dallo zaino del giovane.
"L'ho fatto io. Sai, mio nonno è un abile armaiolo e mi ha insegnato qualcosa" e mentre parlava del nonno gli occhi si rattristarono.
"Io sono un halfling" disse Cora cercando di distrarre Xardax dai suoi pensieri "cioè, sono una creatura naturalmente piccola. Quindi non pensare che io sia, beh, una bambina. Mentre tu sei un elfo, giusto?" chiese.
"Si" rispose Xardax abbassando gli occhi. Non aveva voglia di fare amicizia né di dare spiegazioni su di sé ad una persona che non conosceva.
"Senti" disse cercando di mantenere un tono educato "capisco che tu sia interessata a fare conoscenza, ma davvero, non c'è bisogno. Ho trascorso gli ultimi tre giorni in un incubo e l'unica cosa che vorrei in questo momento è sdraiarmi su quel letto e cercare di dormire". Il viso di Cora si rattristò e il giovane si sentì in colpa. Xardax si avvicinò a lei e si sedette sul letto "Scusami, non volevo offenderti" disse giocherellando con il pugnale che Cora aveva appoggiato sulle coperte.
"Non ti preoccupare, sono io che dovrei chiederti scusa. Caspita, sei qui da meno di un'ora e già ti ho tormentato con mille domande!" disse ridendo. Xardax sorrise. Era una ragazza incredibilmente allegra e il suo umore cominciò a cambiare. Forse la vicinanza di quell'halfling poteva giovare, per lo meno si sarebbe sentito meno solo.
"Allora, Cora, cosa vuoi sapere?" disse cercando di riprendere il tono allegro della conversazione.
"Mmm, vediamo...Cosa sai fare?" chiese.
"In che senso?" rispose Xardax.
"La magia. Quali trucchetti conosci?"
"Io...beh...non sapevo di essere un mago" disse quasi vergognandosene.
"Cosa?!" urlò Cora "tu non sai nulla sulla magia?"
"Beh, ecco...no"
Cora lo fissò stranita. Poi un grande sorriso apparve sul suo volto.
"Certo che sei proprio strano! Fai parte dell'unico popolo capace di padroneggiare la nobile arte arcana e non ne sapevi nulla" disse quasi meravigliata.
"La mia gente è esperta nella lavorazione del Legnoferro" disse Xardax "della quale mio nonno mi ha insegnato molto. Sei sicura che siamo un popolo di maghi?" chiese, convinto che Cora si stesse sbagliando. La giovane lo guardò alzando le sopracciglia. Non riusciva a credere che quell'elfo ignorasse completamente la storia della sua razza.
"Xardax, sono sicura. Tu e la tua gente siete in primo luogo maghi. Ma la tua famiglia non ti ha mai detto niente? Avrai pur visto fare delle magie nel tuo villaggio!". Lo sguardo stranito del giovane la spinse a continuare.
"Allora, da dove posso cominciare a raccontare? Vediamo...ah si, ci sono. Tu sai chi era Zordlon?"
Xardax si mise comodo sulla sedia, intuendo che Cora avrebbe cominciato a raccontare una lunga storia.
"Ad ogni modo, molti anni or sono la pace che regnava nel territorio di Anthurium venne distrutta dal mago più potente che si era mai visto: Zordlon. All'epoca, in ogni città era presente una gilda dei maghi e tutte facevano a capo alla gilda di Anthara, la capitale. Proprio lì il giovane Zordlon venne addestrato alle arti magiche. Ma il suo potere era pari solo alla sua ambizione: presto i suoi superiori si resero conto della grande magia che il giovane portava con sé e della malignità che si celava nel suo cuore. Quando cercarono di fermarlo, Zordlon scappò e per parecchi anni non si seppe più nulla di lui. Sebbene i maghi sapessero che era solo questione di tempo, non riuscirono mai a trovare il suo nascondiglio. Così Zordlon affinò da solo le sue arti magiche cedendo inevitabilmente all'oscurità della magia proibita"
"Magia proibita?" chiese Xardax.
"Si, è la magia che piega le leggi di natura al volere dell'incantatore. Ma questa è una differenza che ti verrà spiegata alla tua prima lezione di domani.
Comunque, passarono anni e un bel giorno Zordlon tornò. Mise a ferro e fuoco le città, sottomise interi villaggi e si proclamò sovrano di Anthurium. Oltre alle sue potenti arti magiche, egli poteva contare su due creature mostruose: il suo famiglio e il drago di Monte Soffio. Nessun mago fu in grado di opporsi a lui e quelli che tentarono vennero massacrati. Solo una Viaggiatrice riuscì nell'impresa: una notte di battaglia come tante, fuori dalle mura del tempio di Desna, ad Anthara, la Viaggiatrice uccise il mago, riportando la pace.
Ma la gente fa fatica a dimenticare. La magia divenne per alcuni anni proibita in tutto il regno, nessuno poteva praticarla né dichiararsi mago senza incorrere in una ferrea persecuzione. Tuttavia, la magia non è qualcosa che si apprende, ma qualcosa che è già dentro il mago. Non si poteva rinnegare a lungo. Per questo motivo venne creata la torre del Gran Consiglio. Qui vengono mandati tutti i giovani maghi affinché vengano addestrati sotto il rigido controllo dell'arcimago. Coloro che risultano troppo inclini alle arti oscure finiscono addormentati: il loro corpo è qui ma la loro coscienza è nell'Oltre. Vengono completamente svuotati di ogni pensiero e sentimento e vengono usati per lavori umili nella torre."
"Ma è crudele!" interruppe Xardax
"Lo so, anche io la pensavo come te all'inizio. Ma ti assicuro che è un piccolo prezzo da pagare se paragonato alla distruzione che ognuno di questi maghi porterebbe al regno" seguì un breve silenzio di riflessione.
"Oh per tutte le lune! Faremo tardi!" disse Cora scendendo di scatto dal letto e prendendo Xardax per un braccio.
"Dobbiamo andare, o Orga si arrabbierà!" disse cominciando a correre"
"Chi è Orga?"chiese il ragazzo.
"L'addetta alla mensa. Presto! Chi arriva tardi deve poi pulire i piatti!"

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Capitolo 4
*** Capitolo III: La Viaggiatrice ***


~~Quando Xardax e Cora raggiunsero la mensa, il giovane rimase senza parole. La sala era enorme e dal soffitto a volta molto alto, mentre la luce penetrava attraverso bifore poste tutte attorno al perimetro. Al centro della sala, lunghi tavoli erano imbanditi con pietanze di ogni genere e colore, mentre un profumo inebriante si diffondeva dai piatti fumanti. Molti studenti erano già ai loro posti ma tanti altri stavano sopraggiungendo insieme a Xardax. Seguì Cora e si sedettero l'uno accanto all'altra.
"E' straordinario, vero? La prima volta che ci sono entrata non avevo abbastanza parole per descrivere lo stupore" gli disse Cora non appena si furono accomodati. In effetti Xardax non sapeva cosa dire. Gli era già capitato di partecipare a banchetti ben organizzati, ma quello a cui sedeva in quel momento non era assolutamente paragonabile. Tutto quel cibo, quell'atmosfera rilassata e famigliare, per un po' gli fece dimenticare le sofferenze dei giorni appena trascorsi.
Fu solo quando tutti cominciarono ad incamminarsi verso i dormitori che Xardax vide la possibilità di avvicinare Vanariel. La domanda che voleva porgli era delicata, lo sapeva, ma doveva tentare. Si fece largo fra i vari studenti che avanzavano in senso opposto e, dopo diverse spallate, riuscì ad avvicinarsi all'arcimago.
"Buona sera, arcimago" disse timidamente, stringendo un pezzo di stoffa della sua tunica.
"Buona sera a te, giovane Xardax. È stato di tuo gradimento il pranzo?"
"Ottimo, non mi aspettavo tanta...tanta..." non riusciva a trovare la parola giusta.
"Abbondanza?" chiese Vanariel sorridendo teneramente. Il ragazzo annuì, anche se non era proprio ciò a cui stava pensando. Nonostante l'imbarazzo di parlare con l'arcimago, Xardax decise che era meglio buttare la domanda sul piatto il più velocemente possibile, prima di ogni ripensamento.
"Mi stavo chiedendo se fosse possibile tornare al villaggio per trovare mio nonno". Ecco, l'aveva chiesto. Ora si trattava di scoprire la risposta.
Vanariel continuò a sorridere ma si prese qualche secondo prima di rispondere.
"Vedi Xardax, la situazione è un po' più delicata di quanto sembri e questo non è il luogo adatto per una simile conversazione. Ti pregherei di raggiungermi nel mio studio nel tardo pomeriggio, così potremmo parlare con più tranquillità". Xardax era deluso, ma decise comunque di non perdere la speranza e annuì.
Tornato in stanza chiese a Cora di lasciarlo solo con la scusa che voleva riposare, si sdraiò sul letto e cercò di riordinare le idee. Tutto quello che era accaduto negli ultimi tre giorni lo aveva sfinito e, soprattutto, gli aveva colmato la testa di domande. Non riusciva a fare a meno di pensare al nonno. Avrebbe voluto tornare a Red Down, magari con qualche soldato, e indagare su quanto era avvenuto. Ritrovare suo nonno era quello che più gli stava a cuore e sperava che Vanariel lo avrebbe aiutato.
Attese che il pomeriggio trascorresse rimanendo sdraiato a letto e, quando vide le ombre che si allungavano, decise che fosse giunto il momento che tanto aveva aspettato.
Lungo il corridoio dei dormitori sperò di non incontrare Cora. Sarebbe stato difficile tenerle nascosto il motivo della sua visita all'arcimago e lui non aveva alcuna voglia di intrattenersi con quella nuova e curiosa amica. Dopo tutto non si conoscevano bene e lui non era tipo da fidarsi immediatamente delle persone. Terminato il corridoio, Xardax imboccò la tromba delle scale. Erano grandi - ci potevano passare tranquillamente due persone insieme- ed erano a chiocciola circondate dalle mura. Il ragazzo si fermò qualche istante per ricordarsi la direzione da prendere, mentre altri studenti gli passavano di fianco indifferenti. In quel momento non era del tutto sicuro che si sarebbe ambientato agevolmente in quella nuova casa. Troppe persone, troppe stanze e, alla terza rampa di scale, anche troppi gradini. Giunto nel corridoio dell'arcimago, Xardax ebbe un attimo di esitazione, poi prese un bel respiro e s'incamminò verso lo studio. Trascorsero solo pochi istanti dal momento in cui lui bussò a quando una voce gentile gli diede il permesso di entrare. Sebbene Xardax avesse già visto quello studio, anche la seconda volta fu preso dallo stupore. Tutto era talmente magico che il ragazzo si trovò a bocca aperta sotto lo sguardo divertito di Vanariel.
"Come stai Xardax?" gli chiese cordialmente l'arcimago.
"Bene, grazie"
"Accomodati pure" e gli fece cenno verso una delle poltrone che troneggiavano attorno al camino e che la volta precedente non aveva notato.
"Gradisci qualcosa da bere? O da mangiare?". Il ragazzo fece cenno di no. Era teso e preoccupato per quello che si sarebbero detti e Vanariel lo sapeva.
"Allora" disse l'arcimago rompendo gli indugi "ho tutta la serata a tua disposizione e sono certo che hai molte domande da farmi. Spero solo che le risposte riescano a soddisfare la tua curiosità".
Xardax si guardò le mani e corrucciò la fronte. Era il momento. Avrebbe saputo tutto ma non sapeva da dove cominciare. Le domande gli si accalcavano nella testa e tutto era caotico. In quel marasma di idee confuse, riuscì formulare una sola e più importante richiesta.
"Chi sono?". Vanariel non si aspettava la domanda diretta. Quel ragazzo era riuscito ad andare dritto al punto.
"Inutile dirti che sei un ragazzo di Red Down cresciuto dal nonno Feren e addestrato per diventare fabbro" l'arcimago aveva bisogno di qualche secondo ancora per trovare le parole giuste da usare, ma il ragazzo s'indispettì. Non aveva voglia di farsi prendere in giro e quella risposta cominciava ad irritarlo.
"Non sto giocando con te" disse Vanariel comprendendo l'espressione del ragazzo "è solo che è una questione molto delicata. Tu hai diritto di sapere, ma credimi se ti dico che quanto sto per rivelarti avrà serie ripercussioni sulla tua vita". Il mago inspirò profondamente.
"Quasi diciotto anni fa, mi recai per la prima volta in un villaggio di elfi ai piedi delle Montagne del Nord, per parlare con un vecchio amico. Era appena giunto a vivere lì e con sé portava un bambino. Quell'uomo era tuo nonno."
"Il motivo della visita eri proprio tu, il figlio della Viaggiatrice". Vanariel fece una pausa, per lasciare a Xardax il tempo necessario a metabolizzare quella prima informazione.
"La statua..." si lasciò sfuggire in un sospiro Xardax.
"No, non è la stessa persona. Nella guerra contro il l'Oscuro, la Viaggiatrice che riuscì a sconfiggerlo non era tua madre, ma una tua antenata. La progenie di Orian, così si chiamava, venne tenuta nascosta per evitare che i tanti fedeli di Zordlon potessero tentare la vendetta. Così, le viaggiatrici si susseguirono senza che alcuna persona conoscesse la loro vera identità. Nessuno sapeva, nessuno a parte la Legione dei Piani"
"Mi sono perso" disse Xardax "perché continui a parlare delle Viaggiatrici?Non ci sono stati uomini nella loro progenie?"
"Sei molto perspicace, giovanotto. In effetti no, non ci fu mai, nella storia delle Viaggiatrici, un figlio maschio, a parte te. Quando la Legione dei Piani si avvalse del dono delle Viaggiatrici, lo fece dietro suggerimento di una di loro. All'epoca, infatti, ve ne erano diverse, ma la guerra contro Zordlon le uccise tutte. Questa viaggiatrice riferì alla Legione che una di loro sarebbe riuscita a sconfiggere l'Oscuro ma assieme alla caduta di Zordlon profetizzò anche la nascita di un nuovo mago, un figlio che avrebbe ereditato un potere ben più grande. Ha predetto la tua nascita, Xardax".
"Ma ancora non capisco. Chi sono le Viaggiatrici?"
"Esse sono le uniche persone al mondo che hanno la capacità di viaggiare attraverso i Piani. Vedi Xardax, il nostro mondo è solo uno dei tanti Piani dell'Essere e tutti i piani sono collegati fra loro. Le viaggiatrici hanno la capacità di muoversi fra essi in sogno. Bada bene, non è un dono quanto piuttosto un onere. Il viaggio non è sempre sicuro e una volta aperta la via la viaggiatrice può entrare e uscire da un piano ma deve stare all'erta che nulla la segua. Molte hanno perso la loro vita nel viaggio, molte hanno smarrito la strada verso casa."
"Quindi, se mia madre era una di loro, allora anche io posso viaggiare?". ora Xardax era più attento che mai alla discussione. Era curioso e allo stesso tempo spaventato dalle rivelazioni che Vanariel gli stava fornendo.
"Esatto, tu puoi viaggiare in sogno, ma per farlo devi ricevere un addestramento particolare che solo un'altra viaggiatrice conosce".
"Ma se mia madre era l'ultima..." la delusione si dipinse sul volto del giovane.
"Non era l'ultima. Esiste anche un'altra persona che ha questa capacità e ho intenzione di fartela conoscere. Ma in seguito, quando sarai pronto."
"Perché mio nonno non mi ha mai parlato di lei?E qual è la promessa a cui si riferiva?"
"Le faccende sono collegate. Quando tua madre ti diede alla luce, fece promettere a tuo nonno che non ti avrebbe mai detto chi eri veramente e di tenerti lontano dalla magia"
"Ma perché? Perché ha voluto tenermi nascosto tutto questo?" Xardax era arrabbiato. La sua intera vita si stava sgretolando sotto le sue dita.
Vanariel si sporse verso il ragazzo mettendogli una mano sulla spalla. Comprendeva il suo stato d'animo, lo capiva, ma ora doveva dimostrare di avere la forza necessaria per diventare adulto.
"Lei voleva proteggerti. Sapeva che la Legione ti avrebbe dato la caccia se solo avesse sospettato che iniziavi il tuo addestramento alla magia. Lei ti amava oltre ogni umana comprensione". Le parole dell'arcimago fecero scorrere le lacrime che da troppo tempo Xardax tratteneva. Sentiva di essere arrabbiato con sua madre, ma non riusciva ad odiarla per quello che gli aveva fatto. L'aveva abbandonato e l'aveva fatto crescere nella menzogna. Tirò su col naso e si asciugò le lacrime con la manica della tunica.
"Perché la Legione ha paura di me?" chiese infine.
"Vedi, quando tua madre ti concepì non era nel nostro piano. Era andata in quello dei morti per poter incontrare tuo padre e lì deve essere successo qualcosa. Quando è tornata era incinta. Non so dirti cosa sia accaduto, nessuno lo sa, ma la sacerdotessa, che è a capo della Legione, sospetta che tua madre si sia legata ad uno spirito. Questo ti darebbe una doppia natura e, secondo la Legione, ti renderebbe pericoloso".
"Io sono solo un ragazzo! Nemmeno sapevo di essere un mago!" ora era la rabbia a parlare. Era frustrato. Non solo sua madre gli aveva mentito, ma ora della gente lo riteneva pericoloso a tal punto da volerlo eliminare.
"Ma se sono così potente, perché mai la Legione non mi ha ucciso quando ero ancora a Red Down? Perché mi ha concesso di venire fino alla Torre?"
"Perché così avevamo deciso. Quando sei nato mi sono preso l'incarico di educarti in modo che tu avessi l'opportunità di dimostrare la tua vera natura, la tua bontà, e non ho alcuna intenzione di fallire". Un silenzio denso di sofferenza calò nella stanza. Lo scoppiettio del caminetto era l'unico rumore e Xardax cominciava a sentire le tempie pulsare. Troppe emozioni, tutte insieme.
"Che ne è di mio nonno?"
Vanariel respirò profondamente. "Quando sei partito, il tuo villaggio è stato attaccato. Ancora non abbiamo scoperto chi c'è dietro, ma lo faremo. Non penso che Feren, sia ancora vivo". Per la prima volta da quando era iniziata la discussione, Xardax vide la sofferenza negli occhi dell'arcimago.
"Eravate molto amici?" chiese delicatamente.
"Si, lo eravamo. Abbiamo passato tante cose insieme e io avrei voluto stargli più vicino quando aveva bisogno di un amico. Non avrò più occasione di dirgli quanto gli volessi bene, ma onorerò la nostra amicizia salvando te, Xardax". Nelle sue parole vi era tutta la solennità della promessa e il ragazzo ci volle credere.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: La Prova ***


~~Erano trascorsi diversi mesi dall'arrivo di Xardax alla Torre e il suo addestramento alla magia era vicino ad una svolta.
Quando la donna apparve Vanariel era seduto nel suo studio. Di soprassalto l'arcimago si girò in direzione del lieve fumo dal quale emerse la figura.
"Salute Vanariel, che Desna ti benedica" disse la donna inchinandosi. L'arcimago si alzò e rispose al saluto.
"Tessara, quale onore. Che affari ti conducono alla Torre?" chiese Vanariel cercando di fingere ignoranza. La donna lo guardò negli occhi e sorrise.
"So che sei preoccupato, ma sapevi che questo giorno sarebbe arrivato. È tempo che Xardax dimostri il suo animo" disse Tessara mettendo amichevolmente una mano sulla spalla dell'arcimago.
"Lo so, lo so. È solo che mi sembra ancora troppo presto. Non credi che servirebbe ancora un periodo di addestramento?"la voce del mago era preoccupata.
"Non dirmi che ti sei affezionato al ragazzo, Vanariel. Lo sai che questo tuo sentimento potrebbe condizionare la sentenza in caso di fallimento. Xardax dovrà essere addormentato se non vogliamo correre rischi inutili e per te potrebbe essere straziante."
"Ne parli già come di un condannato" disse il mago, lievemente arrabbiato. "Sono convinto che supererà la prova, ma non puoi mandarlo da solo!"
Tessara si avvicinò al camino che scoppiettava. "Certo che non sarà solo, Vanariel. Noi della Legione siamo cauti ma non mandiamo un giovane uomo incontro a morte certa. Sarà accompagnato da tre uomini, tre guerrieri di Anthurium che abbiamo scelto. Potrebbero essere la compagnia ideale per lui" disse la donna accarezzando il camino.
Vanariel si alzò e si avvicinò alla donna. "Tessara, il ragazzo non sa ancora nulla di sua madre e del potere che porta dentro. Credo che almeno dovrebbe conoscere qualcosa. La sua curiosità è dura da tenere a freno e non posso far sparire i libri di storia ancora a lungo dalla biblioteca."
"Vanariel, sai meglio di me che meno il ragazzo sa meglio sarà per dimostrare la sua bontà d'animo durante la prova. Facciamo così: se passerà bene la prova sarò io stessa a raccontargli tutto, se fallirà, beh, non ci sarà bisogno di rievocare antichi demoni" Vanariel la guardò dubbioso, ma alla fine acconsentì. Effettivamente Xardax avrebbe dovuto dimostrare il suo valore durante la prova e sapere tutta la storia avrebbe falsificato il risultato. Nonostante la sua preoccupazione, Vanariel fece chiamare il giovane nel suo studio per dare il via alla prova.
Xardax era nel cortile. Stava ore ad ammirare la statua della Viaggiatrice: sembrava così reale. Era stato in biblioteca diverse volte per cercare libri che parlassero di lei, della sua impresa ma non trovò mai nulla. Anche quando ne parlò a Cora non riuscì a sapere più di quanto già ne conoscesse. "La Viaggiatrice uccise Zordlon liberando tutto il regno di Anthurium dal suo giogo. Questo è ciò che c'è da sapere" così gli aveva risposto l'ultima volta Cora.
Tuttavia era convinto che la sua amica non sapesse tutto. Volumi e volumi sulla vita di questo Zordlon e nemmeno una riga sulla sua morte? Non era possibile.
Mentre ammirava la statua una piccola luce si avvicinò al suo orecchio. Dopo qualche istante, Xardax ringraziò e s'incamminò verso lo studio dell'arcimago dove la fata gli aveva comunicato di essere atteso.
Quando entrò si rese conto che Vanariel non era solo. C'era una donna con lui.
"Xardax, posso presentarti la somma sacerdotessa Tessara, del tempio di Desna ad Anthara."
"E' un onore, somma sacerdotessa. Il mio nome è Xardax,mago apprendista di Red Down" e s'inchinò. La sacerdotessa si avvicino e con un tocco gentile alzò il viso del giovane tenendolo dal mento.
"Che la luce di Desna illumini il tuo cammino, giovane Xardax di Red Down" e lo scrutò intensamente, tanto che al giovane mago sembrò che la sua anima fosse messa a nudo.
Vanariel, capendo l'imbarazzo di Xardax decise di parlare. "Sfortunatamente quella della sacerdotessa non è una visita di cortesia. Ella ha richiesto il nostro aiuto per una missione molto importante ed io ho pensato che fosse giunto il momento per te di dimostrare i tuoi progressi magici" l'arcimago disse tutto senza guardare mai negli occhi Xardax.
Il giovane mago rimase in attesa di informazioni. Fu Tessara a dargliele.
"Molti anni fa, come ormai già saprai, un mago potente ridusse in schiavitù Anthurium. Era Zordlon. La sua malvagità era resa ancora più distruttiva dal suo famiglio"
"Che cos'è un famiglio?" chiese Xardax
"E'il compagno del mago. Un animale che viene affiliato attraverso un rito di riconoscimento ai giovani che superano il periodo di apprendistato. Questo animale dà al mago alcune capacità speciali. I famigli più comuni sono gatti, cani, rospi e gufi ma ve ne sono altri un po' particolari come serpenti, coccodrilli e ragni. Di solito è l'animale a scegliere il mago e il tipo di famiglio identifica la natura del mago. Un gatto, ad esempio, è tipico di un mago solitario e opportunista; un lupo rappresenta, invece, un mago altruista e di compagnia" disse Tessara guardando Vanariel. Ora che Xardax ci faceva caso, l'arcimago aveva spesso un lupo che lo seguiva.
"E un ragno? Cosa racconta del suo mago?" chiese Xardax.
Tessara e Vanariel si guardarono negli occhi scambiandosi un'intesa che al giovane sfuggì.
"E' curioso che mi abbia chiesto del ragno. Come mai? Ti piacciono i ragni?" chiese la sacerdotessa. La sua voce mal celava preoccupazione.
"No, beh, io in verità sono terrorizzato dai ragni e mi chiedevo come potesse qualcuno sceglierne uno come famiglio"ammise un po' in imbarazzo.
"Effettivamente non è usuale, è accaduto solo una volta in tutta la storia. Solo un mago scelse di affidarsi ad un ragno e questo mago fu Zordlon" nella stanza scese il silenzio. Xardax cominciò a sentirsi angosciato da quel nome, non ne capiva il motivo, ma ogni volta che la sacerdotessa lo pronunciava un brivido gli percorreva la schiena.
"Egli si unì con questo ragno e il loro rapporto crebbe di giorno in giorno. Sembrava che non esistessero limiti alla malvagità dei due: dove uno non arrivava ci pensava l'altro. Un giorno, dopo parecchi anni di rapporto, Zordlon ricevette dal suo famiglio una richiesta molto particolare: esso voleva essere trasmutato in uomo. E lui lo accontentò"
Xardax ascoltava la storia cercando di capire dove la sacerdotessa volesse arrivare. Cominciava a non piacergli. "Tutto bene, Xardax?" chiese in tono preoccupato l'arcimago.
"Si, vorrei solo sapere in che modo posso aiutare. Mi sembra che stiamo parlando di magia proibita e comincio a sentirmi a disagio" ammise con tutta franchezza il giovane.
"Adesso ci arriviamo, Xardax" disse Tessara comprendendo i suoi timori. "Quando il ragno venne trasmutato, non si trasformò in un uomo ma in una donna. Una bellissima donna, alla quale Zordlon diede il nome di Arania. I due divennero amanti e il mago le forniva con regolarità prigionieri dei quali lei si cibava. Dopo tutto era una donna solo nelle sembianze, la sua natura era quella del ragno.
La loro relazione mutò quando Zordlon scoprì che Arania, prima di ogni pasto, si accoppiava con la vittima"
"E' un comportamento comune nei ragni e in molti altri insetti" disse Vanariel leggendo il disgusto negli occhi del ragazzo.
"Ad ogni modo" continuò Tessara "Zordlon divenne una furia. La gelosia lo portò a voler uccidere Arania, ma l'amore che provava per lei glielo impedì. Decise allora di bandirla e con un incantesimo limitante la segregò in una foresta a nord del Deserto del Pianto.
Da quel giorno, Arania visse nella foresta e si cibò di giovane avventurieri, facendo nascere la leggenda della Vedova Nera."
"Ne avevo sentito parlare da alcuni mercanti erranti che venivano a Red Down. Mio nonno mi disse che era solo una leggenda per convincere i bambini a non inoltrarsi da soli nelle foreste" disse Xardax, ricordando piacevolmente le chiacchierate con il vecchio, così come lo chiamava lui.
"Ricordati, Xardax, che alla base di ogni leggenda vi è sempre della verità" Tessara fece una pausa per bere un sorso d'acqua. Quando riprese il suo tono si era fatto più grave. "Alla morte del mago, molti dei suoi incantesimi persero efficacia e lo stesso accadde per quello limitante: Arania fu libera di muoversi al di fuori della foresta. Fonti certe riferiscono di una strana attività nei pressi di un antico tempio di Lamashtu, divinità alla quale Zordlon era devoto. Pare che diversi ragni si siano mossi in quella zona e che la stessa Arania si sia nascosta li. Per quanto ne sappiamo, anche l'incantesimo di trasmutazione sta lentamente perdendo il suo effetto e lei sta cercando un modo per rimanere umana."
"Immagino che questo modo esista, dico bene?" disse Xardax.
"Si, figliolo, esiste ed è molto pericoloso. E' necessario che Arania beva il sangue di ninfe elementari e che compia un rituale la prima notte di luna rossa. Solo così rimarrà per sempre umana. Tu devi impedirlo!" L'ultima frase colpì Xardax come un pugno in pieno stomaco. "Io...cosa?" balbettò il ragazzo.
"Tu devi evitare che si compia tale sacrificio. Questa è la tua prova". Nella stanza calò il silenzio. Xardax non riusciva a credere a ciò che aveva sentito. Lui avrebbe dovuto scontrarsi con una delle creature più mostruose di Anthurium?
"Non credo di poterlo fare" si limitò a dire cercando di sembrare il più autoritario possibile.
"Si che lo farai" disse Vanariel che fino a quel momento aveva semplicemente scrutato le reazioni del giovane in silenzio. Xardax rise nervosamente "E come farò? Le farò levitare un corda davanti al naso cercando di convincerla ad impiccarsi? Oppure no, ci sono, creerò dei suoni fantasma di qualcosa di mostruoso più di lei in modo da spaventarla, giusto? Voi siete impazziti" concluse Xardax facendo cadere le braccia lungo i fianchi.
"Non sarai solo, altri tre uomini verranno con te. Loro ti aiuteranno nell'impresa" disse trionfalmente Tessara.
"Ah bene, adesso si che sono più tranquillo" canzonò Xardax. A quel punto Vanariel si alzò dalla sedia come una furia. "Come osi rivolgerti alla sacerdotessa in quel modo! Xardax, tu sei un mago della Torre e come tale farai quello che la Torre ti chiederà di fare, senza metterne in discussione l'autorità."
"Ma, Vanariel, io non sono ancora un mago."disse frustrato e terrorizzato.
"Tu sei un mago, Xardax. La magia è in te e tu ce la puoi fare! Devi farcela!" il tono dell'arcimago sembrava quasi implorare il suo successo. Dopo qualche istante di silenzio, fu Xardax a parlare. "Chi sono gli altri?"
Un sorriso apparve sul volto di Tessara. "Uno è Alton Coglibosco, un ladro pentito. Poi c'è Serval, un ranger di Grey Hake e infine Burduck, figlio di Tornick di Dognar"
"Bene. Quindi un mago non mago, un ladro, un fiuta tracce e un nano. Grandiosa compagnia! Quando si parte?" Lo sguardo di rimprovero di Vanariel fece subito abbassare gli occhi a Xardax.
"Domani mattina ti metterai in cammino per il tempio. Gli altri ti raggiungeranno là" disse freddo l'arcimago.
Uscito dallo studio Xardax non sapeva se mettersi a piangere o meno. Era terrorizzato da ciò che lo avrebbe atteso nei giorni a venire. Mentre rientrava nel suo alloggio venne raggiunto da Cora. "Xardax, aspetta!" gli urlò la giovane. Lui si fermò cercando di nascondere l'apprensione che lo attanagliava.
"Ehi, Cora!" disse e aspetto che le fosse vicina.
"E' da un pezzo che ti sto cercando, poi mi hanno detto che eri nello studio di Vanariel."il suo entusiasmo si placò. "Che ti è successo? Sembra che ti abbiano dato una brutta notizia" disse guardandolo negli occhi.
"Beh, si in effetti è proprio così. Ho saputo che domani mattina devo partire per portare a termine la Prova". Lei gli diede una pacca sul braccio "E non è grandioso?! Stai per diventare un mago a tutti gli effetti!"il suo entusiasmo era palpabile, ma non tranquillizzò Xardax.
"Si, si , grandioso..." a quel punto l'amica capì che qualcosa non andava. "Cosa devi fare Xardax?" chiese preoccupata. Lui fissò il pavimento per qualche istante, poi con gli occhi colmi di lacrime disse "Devo distruggere Arania" e le raccontò tutta la storia. Quando ebbe finito, Cora lo abbracciò forte. "Vedrai che andrà tutto bene, Xardax, me lo sento. Tornerai qui dandoti un sacco di arie e facendo la parte dell'eroe. Vedrai!" disse, ma nemmeno lei sembrava crederci più di tanto.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo V: Serval il Ranger ***


Sebbene Zordlon avesse creato abomini di ogni sorta e natura, la vita nel regno di Anthurium non era così pacifica e priva di orrende creature prima del suo avvento. La popolazione era divisa in razze fra le quali, spesso, non correva buon sangue. Gli elfi, abitatori dei boschi, per secoli vissero separati dalle altre razze coltivando la loro naturale propensione alla magia e portando avanti un'esistenza in armonia con la Natura. Solo nella storia più recente decisero di avvicinarsi alle altre popolazioni e a mescolarsi con esse. Dalla loro unione nacquero i Mezz'elfi: esseri ibridi, migliori della loro parte umana ma solo una pallida imitazione della loro origine elfica. I Mezz'elfi affinarono le doti da cacciatore, estremamente abili e agili furono spesso impiegati come forze a supporto della Legione, sebbene in modo del tutto ufficioso. Poi c'erano i Nani: una popolazione forte e guerriera, artigiani professionisti le cui doti architettoniche erano famose in tutta Anthurium. Della loro gloria antica rimaneva poco. Zordlon, infatti, distrusse quasi la totalità delle loro città e loro riuscirono a preservare solo Dognar. I Nani, per loro natura schivi e mal fidenti nei confronti degli altri, non si mescolarono mai. Preferirono trascorrere la loro esistenza sotto terra, a Dognar, piuttosto che respirare la stessa aria degli altri. Oltre a queste popolazioni, ve ne erano altre minori. Gli Halfling, gli Orchi, le Fate e gli Gnomi. Ognuna di esse aveva caratteristiche peculiari e abitavano in tutto il regno. Ma più le varie razze s'impegnavano a rimanere fedeli solo a se stesse, più le divergenze diventarono insormontabili. Lotte intestine continue, perpetrate nelle strade e nei vicoli di Anthurium, minacciavano costantemente il quieto vivere. Poi giunsero gli Uomini. Essi erano diversi da tutti gli altri. Essi amavano conquistare e dominare. Ben presto la loro avidità li portò a esplorare gli angoli più remoti del regno. Scavarono e distrussero, costruirono ed abbatterono: un esercito di locuste che avanzava incontrollato. Furono loro a creare la divisione regionale che caratterizzò Anthurium fino ad oggi. Per meglio controllare il loro vasto impero organizzarono città fortificate a capo delle quali posero alcuni fra i rappresentanti delle loro stirpi nobili e sottomisero molte altre razze al loro volere. Ma i recessi più sconosciuti del regno, nascondevano altre creature che essi risvegliarono. Esseri immondi, malvagi sopra ogni limite, che si cibavano della felicità e della vita. Queste creature, per millenni rimaste ai confini di Anthurium, furono stanate dagli Uomini e iniziarono la grande devastazione. Goblin, Troll, Vampiri e Mannari compivano scorrerie sanguinarie e nessuno, nemmeno gli Uomini, poteva fermare la fiumana d'immondi. Proprio durante una di queste incursioni, i Goblin si portarono nelle vicinanze di Grey Hawke. I villaggi vicini furono dati alle fiamme, le donne di ogni razza furono violentate e uccise, le teste degli uomini dilaniati furono impalate in segno di monito. Le urla e l'odore di morte pervasero le terre. Si diceva che nessuno sopravviveva al passaggio dei Goblin. Ma non fu così. Un bambino, un piccolo mezz'elfo riuscì a farcela, salvato dal corpo devastato della madre passò inosservato. Per diverse ore, il piccolo rimase lì, coperto dal sangue e terrorizzato, fino a quando non venne ritrovato da un gruppo di uomini giunti sul posto. I pianti sommessi del piccolo attirarono l'attenzione di uno di loro che lo prese con sé e lo affidò alle cure di una famiglia di Grey Hawke. Il bambino non sapeva ancora parlare e lo shock vissuto gli impedì di comunicare per molto tempo. I nuovi genitori lo chiamarono Serval. Cresciuto in città, Serval divenne ogni giorno più forte. Imparò velocemente a maneggiare ogni tipo di arma, ma era nella caccia che dava il suo meglio. Era capace di stanare prede nascoste a miglia di distanza, ne seguiva le tracce fiutando nell'aria e non c'era segno di passaggio che gli sfuggisse, nemmeno in una folta foresta. Gli bastava un'occhiata fugace ad un'impronta per capire a chi appartenesse, dove fosse diretto o dove fosse nascosto. A mano a mano che cresceva la sua abilità di ranger, cresceva anche l'odio verso i Goblin. Ogni notte aveva incubi terribili, vedeva sua madre uccisa e le facce dei Goblin ridere davanti alla devastazione della sua vita. Giurò che si sarebbe vendicato, che avrebbe sterminato ogni Goblin dalla faccia della Terra e che solo dopo aver finito la sua missione avrebbe riposato tranquillo. Spesso, quando il sole tramontava, Serval amava recarsi al Promontorio del Vento. Da lì poteva ammirare la distesa d'acqua ed essere accarezzato dalla brezza marina. Solo in quegli istanti trovava la pace interiore che gli dava la spinta per andare avanti. Una sera, di ritorno dal promontorio, capì di non essere solo. Era un leggero rumore, flebile, che proveniva dalla sua destra. Qualcuno stava camminando furtivo tra le fronde. Serval mise mano all'elsa della spada pronto per attaccare qualunque cosa uscisse dal buio. Tese l'orecchio per capire meglio. Una creatura, no, sono due. Uno ha un'armatura piuttosto pesante, si sente il rumore delle maglie. Briganti o ladri concluse fra sé. Fece finta di rallentare il passo per convincerli ad attaccare e i due abboccarono. In un attimo gli furono addosso, ma egli si abbassò velocemente e facendo roteare la spada tagliò di netto la gamba di uno dei due. Le urla strazianti del compagno impietrirono l'altro brigante. "Bastardo! Hai ferito mio fratello!"ringhiò con tutta la rabbia che aveva in corpo. Serval sorrise. Era divertente scontrarsi con quei barbari senza cervello. Mentre quello a terra rantolava e piangeva, Serval puntò la lama della sua spada alla gola dell'altro. "Vuoi imparare anche tu a saltellare su una gamba sola?" disse freddamente. "Io...noi...volevamo... Ti prego, lasciaci andare e ti giuro che spariremo"supplicò. Serval lo guardò con disgusto. Poi fece un leggero cenno con la testa indicando la boscaglia da dove erano sbucati. Mentre ritornava sui suoi passi, sentì alle sue spalle un battere di mani. Un uomo in tenuta da soldato applaudiva e rideva. "Ben fatto, Serval! Sei proprio uno che ci sa fare coi brigantucci. Mi chiedo solo se la tua spavalderia tenga anche di fronte a nemici più capaci" lo canzonò. Serval guardò l'uomo dal basso in su sorridendo. "Mettimi alla prova, se ne hai il fegato" rispose di rimando. "Aaargh..." urlò il tizio e si fiondò su Serval con la spada in pugno. I due lottarono a colpi di scherma con forza e precisione. Affondavano il colpo e paravano quello dell'avversario in quella che sembrava più una danza che una lotta. Alla fine l'uomo inciampò su un sasso e cadde rovinosamente sulla schiena, mentre Serval gli puntava l'arma alla gola. "Sei sempre il solito fortunato, Serval" disse ansimando l'uomo a terra. "O forse sei tu il solito imbranato!" rispose Serval. I due si guardarono cercando di riprendere fiato. Poi scoppiarono a ridere. "Belgor, fratello!" disse Serval mentre con la mano lo aiutava a tirarsi in piedi. "Quanto tempo!" e si abbracciarono. Belgor era il figlio naturale della coppia che allevò Serval a Grey Hawke. Venne mandato dal padre a prestare servizio presso il conte di Anthara e una volta lì, il ragazzo capì che la carriera da soldato gli piaceva molto e decise di iscriversi nella lista della Legione. La Legione dei Piani ogni anno redigeva una lista di volontari che venivano portati in luogo segreto per la Prova di Coraggio. In pochi riuscivano nell'impresa e, soprattutto, nessuno sapeva in cosa la prova consistesse. Belgor riuscì e da quel momento cominciò graduale salita nei vertici della Legione. Erano diversi anni che i due non si vedevano. Immediatamente sembrò che fossero tornati bambini, quando giocavano a fare i guerrieri nei campi dietro la città. "Cosa ti porta da queste parti Belgor?" chiese Serval. Erano rare le visite dell'amico, gli affari della Legione lo tenevano impegnato spesso lontano da casa. "Sono venuto per te. La somma sacerdotessa ha chiesto di invitarti al tempio. Pare abbia un compito da assegnarti"disse distrattamente mentre si aggiustava l'armatura. "Un compito?" chiese Serval stupito. "Si, fratellino. Non so di cosa si tratti, ma mi ha dato una lettera da consegnarti. In realtà ho insistito perché mandasse me, quando ho saputo che si trattava di una missiva per Serval, il ranger di Grey Hawke" disse in tono pomposo. Serval aprì la pergamena e vi trovò poche righe nelle quali la sacerdotessa lo invitava al tempio per prendere parte ad una missione importante. "Ne sai qualcosa?" chiese al fratello. "No, nulla. Ho provato a chiedere, ma la sacerdotessa è stato molto evasiva" disse, forse, un po' infastidito. Serval decise che sarebbe partito in serata assieme a Belgor, non prima di aver salutato la sua famiglia. Durante il viaggio verso la capitale, i due scherzarono e ricordarono diversi aneddoti sulla loro infanzia. D'un tratto, però, giunti in prossimità delle mura della città, Serval avvertì una sensazione d'inquietudine pervadergli l'anima. Era già stato ad Anthara, molti anni prima e anche allora aveva provato avversione per la vivacità caotica delle sue vie. Lui amava la tranquillità, il silenzio dei boschi, non la frenesia di un dedalo vociante. Quando arrivarono al tempio, Belgor gli fece strada verso la sacerdotessa che li attendeva. Era impegnata in colloquio con un piccolo halfling. Quando si liberò si voltò in direzione di Serval e sorrise. "Salute, Serval, che Desna ti benedica" disse inchinandosi. Il ranger rispose cortesemente al saluto. "Ti ho fatto chiamare perché è richiesto il tuo aiuto in una missione di estrema importanza. Devi accompagnare un giovane mago nel tempio di Lamashtu". Tessara tacque per un istante. "Un mago?" chiese stupito Serval che non amava molto i maghi. Pare che da bambino fosse stato infastidito da un ragazzo che lo aveva immobilizzato con un incantesimo di pietrificazione. Da quel momento fra il ranger e la magia non corse più buon sangue. La donna annuì. "Sacerdotessa, sono onorato che la Legione abbia pensato a me per l'impresa, ma devo declinare l'offerta" disse Serval in modo abbastanza rapido e indolore. "Purtroppo, qui non si tratta di declinare o meno, Serval, ma di essere stati scelti da un Fato più alto. Non sono io che faccio le regole. Io sono solo un tramite del volere di Desna. Tu sei stato scelto, è il tuo destino" disse Tessara. Il ranger scosse la testa. "Con tutto il rispetto, non credo nel Destino, perché se esistesse davvero lo prenderei a calci nel di dietro per quello mi ha riservato fino ad oggi!" rispose stizzito. "Mi spiace che voi crediate di aver bisogno di me, ma sono più che sicuro di non aver bisogno di questo ulteriore dono del fato" e così dicendo fece un breve inchino per congedarsi. "Il tempio si trova vicino al confine orientale del regno, notoriamente abitato da creature immonde. Potrebbero esserci molti Goblin nei paraggi..." la sacerdotessa sapeva dove far leva e le ultime parole echeggiarono qualche istante. Serval si fermò. Sapeva che era solo un furbesco modo di attirare la sua attenzione, tuttavia non seppe resistere all'idea di massacrare qualche Goblin. "Riuscite sempre a ad ottenere quello che volete, vero?" chiese infine il ranger. "Sempre" rispose sorridendo la sacerdotessa.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI: Alton Coglibosco ***


~~Corri! Corri e non ti voltare! Il terreno sdrucciolevole passava veloce sotto i suoi piedi piccoli e il respiro, sempre più affannoso, lo faceva somigliare più ad un ogre che ad un halfling.
Maledizione! La strada terminava sul ciglio di un burrone. Alton cercò velocemente con gli occhi una via di fuga. Niente. Mentre valutava la possibilità di ritornare sui suoi passi per cambiare direzione venne raggiunto. Un uomo barbuto e paonazzo gli era davanti sbarrandogli il cammino.
"Ti ho preso, ladro!" ringhiò con quel poco di fiato che aveva in corpo. Alton lo guardò meglio. Era stanco dalla corsa e la sua corporatura non era certo da scattista. Se riesco a fargli una finta gli passerò a fianco correndo e prima che lui se ne renda conto sarò già lontano. Mentre pensava velocemente alla fuga altri due uomini apparvero da sentiero. La faccenda si complica.
"Ridammi i miei denari!" gli urlò il barbuto ad un palmo dalla sua faccia. La fuga era ormai da accantonare. Non gli restava che il dialogo.
"I suoi denari, signore? Penso che ci sia un errore, io non ho i suoi denari." Disse col tono più innocente che poteva.
"Bugiardo! Ti ho visto mentre glieli sfilavi dalla cintura!"disse uno dei due uomini venuti al seguito. Il terzo, invece, meno incline al dialogo gli puntò una spada corta dritto alla gola.
"Ehi ehi, calmiamoci" disse Alton "non è il caso, signori, di tanto furore. Effettivamente credo di aver inavvertitamente preso questa borsa..." e si mise la mano nella casacca per tirar fuori le monete."Che sbadato" rincarò "non so come scusarmi. Ma" e cominciò a camminare di lato per allontanarsi dalla spada "giacché il maltolto è stato ritrovato e si trattava di un piccolo equivoco..."con uno scatto repentino passò sotto le gambe dell'uomo barbuto e riprese a correre. "Vogliate scusarmi di nuovo! Vado di fretta!" disse ridendo mentre correva. I tre rimasero lì inebetiti cercando di capire come avessero fatto a lasciarsi sfuggire quel piccolo halfling. Si guardavano tra loro per trovare un colpevole. "Dannazione!!" urlò uno dei tre. "Ha preso anche il mio pugnale!"
La vita di Alton era così: una continua fuga dopo aver agguantato la refurtiva. Era in gamba, forse troppo. Più volte era finito in prigione, qualche evasione qua e là gli avevano fatto tenere la testa attaccata al collo. In diverse città non poteva più mettere piede:la sua faccia era fin troppo conosciuta per passare inosservato. Ma ad Alton piaceva rischiare, soprattutto se in palio c'era cibo. Ecco il punto debole: lui amava sopra ogni altra cosa mangiare. Se passava nelle vicinanze di Sammhar, cittadina di contadini nota per lo stufato di verdure, non importava che le guardie lo conoscessero: un piccolo travestimento e via, alla taverna. Inutile dire che il conto di Alton era sempre aperto, quando non riusciva a farselo offrire allora lo pagava, ma sempre con i soldi di qualcun altro.
Un giorno come tanti, Alton stava camminando spensierato fra i campi coltivati di Draghetto, un paesello vicino alla capitale, quando si accorse di essere seguito.  Due uomini, probabilmente soldati, che cercavano di raggiungerlo mantenendo un passo deciso. Alton girò a destra e loro fecero lo stesso, poi svoltò a sinistra e anche loro lo imitarono.
"Prima che decida di correre, signore, la informo che non siamo qui per ledere alla sua salute" disse con tono di voce sostenuto uno dei due. Alton si fermò e si girò. "Chi siete e cosa volete?" chiese rimanendo a distanza.
"Facciamo parte della Legione, ci manda Tessara, somma sacerdotessa di Anthara"rispose l'uomo.
"La Legione?" chiese Alton, sperando vivamente che non fosse la Legione dei Piani con la quale aveva già avuto a che fare in passato e non era stato piacevole,
"La Legione dei Piani, signore" disse l'uomo mandando in frantumi la speranza di Alton.
"Se si tratta ancora di quella statuetta d'oro, ho già pagato per il mio furto" disse arretrando lentamente.
Anni prima, quando ancora doveva affinare le sue tecniche, gli venne la brillante idea di rubare una statuetta dal tempio di Desna, in Anthara. In un attimo si trovò gli uomini della Legione addosso e sulla schiena portava ancora i segni delle fustigate che seguirono il furto.
«Non sappiamo di cosa stia parlando, signore. Ad ogni modo se ci facesse la cortesia di fermarsi potremmo consegnarle la lettera che la sacerdotessa ci ha inviato a recapitare» il tono del soldato cominciava ad essere quasi supplichevole. Alton ci pensò un po' su, poi decise di fermarsi.
«Per la grazia di Desna! Grazie signor Alton» disse uno dei due evidentemente stanco. Si avvicinarono all'halfling e gli porsero una pergamena recante il sigillo della Legione. «La somma sacerdotessa vi attende al Tempio. Ecco, questa è la lettera di convocazione.» Alton la prese ancora un po' titubante, ma in fondo quei due non sembravano volerlo attaccare. Si mise a leggere:
Caro Alton Coglibosco, della Landa del Lago del Silenzio, Anthurium ha bisogno del tuo aiuto. Ti prego di volermi raggiungere al Tempio di Desna, nella capitale, per darti maggiori informazioni. Il tempo, amico mio, non è dalla nostra parte. Che la luce di Desna illumini il tuo cammino.
Tessara.
Sebbene il suo primo istinto fosse stato quello di scappare, Alton decise di recarsi dalla sacerdotessa. L'ultima volta che era entrato fra le mura di Anthara non era andata bene. Con la mano si accarezzò la schiena, toccando le cicatrici che le fustigate avevano lasciato. In un certo senso, lesse quell'invito come un segno: da troppo tempo viveva nell'illegalità e cominciava a sentirne il peso. Il viaggio non fu lungo. Anthara si trovava a poche ore di cammino da Draghetto e tagliando fra i campi, giunse alle mura della città alle prime ore del pomeriggio.
La capitale era imponente. Un dedalo di viuzze si snodava dalla strada principale e ovunque si posasse lo sguardo c'erano edifici elegantemente decorati e botteghe di ogni genere. La piazza principale era grande e ospitava il Mercato: artigiani, tavernieri e armaioli vendevano la loro mercanzia attirando i clienti con slogan. Alton si trovò a guardare la città per la prima volta: sebbene fosse già stato lì doveva riconoscere che alla luce del giorno quella vivacità era davvero bellissima.
Il tempio si trovava nella parte alta della città e per giungervi dovette salire lungo una grande scalinata in granito che troneggiava sopra la piazza del mercato. Più saliva più la frenesia lasciava il posto alla tranquillità. Le guardie che gli passavano di fianco lo guardavano con interesse ma passavano velocemente oltre. In effetti Alton si rese conto che non c'erano altri della sua razza. Gli halfling, il popolo minuto errante, raramente si insediavano in conurbazioni così imponenti e poche persone potevano dire di conoscerne un membro se non si erano inoltrate nelle terre centrali. Spesso lo confondevano con uno gnomo, il che era abbastanza irritante ma Alton ci fece l'abitudine.
Giunto davanti alle porte del tempio ebbe un'esitazione. Poi fece un profondo respiro ed entrò. La prima persona che gli venne incontro fu una guardia della Legione: la conosceva bene, soprattutto ne conosceva la precisione con la frusta.
«Bene, bene, cosa abbiamo qui?» disse la guardia con tono minaccioso. Avanzava con passo deciso verso Alton e quando gli fu accanto si dovette chinare per buttargli il suo alito fetido proprio sulla faccia.
«Vedo che dall'ultima volta sei cresciuto, marmocchio. Ti ha fatto bene la visita al tempio» e rise sonoramente. Alton era terrorizzato e la guardia se ne era resa conto. Stava per rispondere quando una seconda guardia parlò. «Alisteir, il visitatore è atteso dalla sacerdotessa». Quelle parole furono un sollievo. L'uomo guardò Alton con ancora più disprezzo, ma l'ordine gli era stato impartito da un superiore e dovette lasciar passare l'halfling.
Alton passandogli di fianco gli fece un sorrisino beffardo strizzando l occhio.
Scortato dalla guardia numero due, che sembrava avere molto più potere di quella che lo aveva braccato all'ingresso, Alton giunse al cospetto della sacerdotessa. La guardia s'inchinò e lui fece lo stesso.
"Salute, Alton. Spero che il viaggio non sia stato faticoso" disse in tono morbido e tranquillo.
"In effetti non mi trovavo molto distante da qui. È un onore incontrala...di nuovo" Alton non riuscì a mascherare un certo astio.
Lei capì ed ignorò. "Tempi bui sono questi per la pace che con tanta difficoltà pensavamo di aver raggiunto. Un valoroso mago ha bisogno di tutto l'aiuto possibile per portare a termine una missione di vitale importanza. So che l'ultima volta che ci siamo incontrati è stato poco piacevole, ma..."
"Poco piacevole? Mi avete fustigato e imprigionato e solo per una misera statuetta d'oro. Ero solo un ragazzino all'epoca e direi proprio che l'aggettivo poco piacevole non sia il primo della mia lista!" disse Alton interrompendo la sacerdotessa. La guardia stava per colpirlo ma lei lo fermò con un gesto della mano.
"Poche sono le persone che al mio cospetto hanno osato rivolgersi in tale modo e sono rimaste impunite. Ho fermato il mio Generale solo perché comprendo la tua rabbia, ma non lo farò la prossima volta" il tono della sacerdotessa era tale che non consentiva repliche.
Alton chinò il capo in segno di scuse.
"Le tue capacità si sono affinate negli ultimi anni e so che sotto l'aspetto da farabutto si nasconde un animo nobile. Mi sbaglio forse?"
Alton si sentì a disagio. "No, non sbagliate, sacerdotessa. Quando ho ricevuto la vostra convocazione l'ho letta come un segno: forse posso cambiare il mio destino" disse con un tono estremamente penitente. La sacerdotessa si avvicinò e gli porse una mano sulla testa. "Alton Coglibosco, sii orgoglioso della tua natura. Molti errano per anni prima di comprendere la loro missione. Tu hai doti straordinarie ed è per questo che ho pensato a te per la missione". L'halfling guardava la donna con rispetto. Le sue parole stavano andando a segno: sembrava lo conoscesse da molto tempo.
"Il giovane mago si chiama Xardax. Egli ha il compito di portare a termine la missione, ma da solo fallirebbe. Ha bisogno del tuo aiuto, del tuo istinto e delle tue capacità. Accetti di aiutarlo?" chiese Tessara, già intuendo la natura retorica della sua domanda. Alton si prese qualche istante per pensare. La sua vita fino a quel momento era stata una fuga continua. Forse era l'occasione per dimostrare a se stesso che c'era un piano più alto per lui. Finalmente gli dei gli mostravano la strada della redenzione: aiutare un mago nella sua impresa e dedicare la sua vita agli altri. Non sarebbe più stato un ladro. No. Sarebbe diventato una persona migliore.
"Cosa devo fare?" chiese infine convinto. La sacerdotessa sorrise dolcemente. Sapeva che Alton avrebbe accettato, lo sapeva dal loro primo incontro.
"Devi recarti al Tempio di Lamashtu, a est del Deserto del Pianto. Là incontrerai Xardax e gli altri due valorosi che vi affiancheranno. Il mago dovrà affrontare Arania, la Vedova Nera, e ucciderla. Tu e gli altri lo aiuterete nell'impresa". Alton si sentì pervadere dall'eccitazione. Una missione seria pensò fra sé.
"D'accordo. Andrò" disse con fiera convinzione. "Quando devo partire?" chiese.
"Domani mattina. Ci vorranno due giorni di viaggio. Riposati e fai provviste. La via è oscura quanto il cuore della creatura che incontrerete. Stai attento, Alton, molte cose sono rimaste corrotte lungo i confini di Anthurium. Che Desna ti illumini e ti dia la forza necessaria" e così dicendo impose le sue mani sul capo del piccolo uomo benedicendolo.

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Capitolo 8
*** Capitolo VII: Burduck di Dognar ***


Delle grandi città costruite dai nani solo Dognar riuscì a resistere agli attacchi dell'esercito di Zordlon. Edificata nelle profondità della montagna, Dognar si articola attraverso un dedalo di vie impenetrabili a chiunque non ne conosca la struttura. Nessun visitatore potrebbe camminare fra quelle strade senza smarrirsi: angoli ciechi, trappole e golem ne rendono difficile qualunque tentativo. Sebbene i Nani siano conviviali e allegri, il loro carattere li rende spesso antipatici. Essi non si uniscono volentieri a compagnie miste e preferiscono rimanere tra quelli della loro razza. Amanti della roccia grezza e delle profondità della terra, raramente escono dalla città. Tuttavia, alcuni di essi hanno cercato fortuna all'esterno, mescolandosi alle genti di Anthurium. Fra questi vi era Burduck, un valoroso guerriero che abbandonò Dognar per trovare le gioie della battaglia. Figlio di Tornick, nobile di antica famiglia, Burduck non ebbe mai grande entusiasmo verso l'arte nanica preferendo di gran lunga l'esercizio con le armi. Fu durante una di queste avventure che il nano incontrò per la prima volta la Legione dei Piani. Alcuni vampiri stavano mettendo a dura prova la vita di un piccolo paesino a nord del regno e voci sulle loro scorrerie notturne sulla grande ricompensa per coloro che avessero prestato aiuto giunsero alle orecchie di Burduck. Erano mesi che il nano non viveva una vera missione e decise di recarsi in quelle terre per aiutarne la popolazione. Una volta lì, incontrò la Legione. I legionari ben armati ed equipaggiati erano arrivati da qualche giorno ma brancolavano nel buio. Sapevano dove cercare ma i cunicoli della caverna dove erano nascosti sembravano impervi e pieni di trappole. Serviva qualcuno esperto. Serviva uno come Burduck. La Legione e il nano lavorarono assieme e riuscirono in poco tempo ad uccidere il covo di vampiri, liberando la cittadinanza dal flagello dei succhiasangue. Fu in ricordo dell' avventura trascorsa che Burduck accettò l' invito della sacerdotessa Tessara. Erano trascorsi pochi mesi e il ricordo della battaglia era ancora vivo nel nano. Certamente egli non si aspettava di dover scortare un mago alla sua prova e fu infastidito dallo scoprire che si trattava, per giunta, di un elfo. Nani ed elfi non erano mai andati particolarmente d'accordo: i primi non si fidavano per via di un antico rancore sorto durante una presunta invasione territoriale al tempo della costruzione di Dognar; i secondi diffidavano dei nani a causa della loro tendenza naturale al sottosuolo. Burduck non faceva certo eccezione e non perse l'occasione per informare la sacerdotessa del suo problema. "Io dovrei mettere a rischio la mia vita per scortare un orecchie a punta?" disse in tono acido, sottolineando con enfasi l'ultima parte."Capisco la vostra diffidenza, sir Burduck, ma la missione è altamente pericolosa e solo un nano della vostra esperienza e caratura può aiutarci nell'impresa" rispose Tessara, cercando di far leva sul grande egocentrismo del nano. In effetti Burduck sembrava crogiolarsi negli encomi della sacerdotessa. Il nano ci pensò un po', poi toccandosi la barba con fare pensieroso accennò al vero discorso che gli stava a cuore. "Esiste, immagino, una ricompensa per coloro che porteranno a termine l'impresa. Sinceramente, non chiedo denaro in cambio, ma solo un piccolo favore" la sua voce cercava di essere il più cordiale possibile. "Di cosa si tratta?" chiese Tessara senza nascondere una certa diffidenza. "Nulla che voi non possiate accordarmi. Avrei intenzione di unirmi alla Legione. So che ci sono restrizioni di taglia, se così possiamo chiamarle, ma credo anche di potermi meritare un posto fra i vostri uomini". La situazione era complicata. La Legione ogni anno metteva a disposizione dieci posti fra le sue fila e, per anni, tali posti furono sempre occupati da Uomini. Il motivo dell'esclusione delle altre razze era semplice: solo gli Uomini erano naturalmente tendenti al ricevere ordini senza metterne in discussione la legittimità. Gli esseri umani erano più predisposti a non pensare rispetto alle altre razze e ciò permetteva al Generale di contare su una forza facilmente indirizzabile. "Siete a conoscenza del fatto che ciò che state chiedendo andrebbe contro ogni regola" disse Tessara, cercando di dissuadere il nano dal suo intento. "Non esiste una regola scritta, per quanto ne so. Sono sicuro che potrei essere molto utile alla Legione. E poi mi sembra una richiesta equa visto l'impegno che state richiedendo" ribatté Burduck. La sacerdotessa rimase per qualche secondo in silenzio. Dopo tutto il nano aveva ragione: non esisteva una regola scritta e la sua esperienza avrebbe di certo giovato alla Legione. Tuttavia rimaneva perplessa circa la sua carica. Non poteva entrare da semplice soldato, ma presentarlo con un grado più elevato avrebbe inasprito i sentimenti dei suoi commilitoni che non erano abituati a ricevere ordini da un nano. Lo fissò pensierosa. "Avete già pensato al grado? Credete di poter meritare il grado di Comandante?" chiese in tono di sfida la sacerdotessa. Burduck sorrise. "C'è forse un compito più adatto alle mie corde, sacerdotessa?" Tessara si arrese. Non potendo dissuadere il nano dal suo intento non le rimase che accettare la cosa sperando che il tutto si risolvesse per il meglio. "E sia, Burduck. Quando ritornerai dalla missione, ti verrà conferito il titolo di capitano, sempre che tale titolo sia ancora nel tuo interesse per allora"

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII: L'ingresso del Tempio ***


Le nuvole si ammassavano dietro la Foresta Solitaria quando Xardax giunse a varcarne l'ingresso. Il viaggio era stato piuttosto tranquillo fatta eccezione per il Deserto del Pianto. Tutti conoscevano il nome della landa sabbiosa ma pochi ne comprendevano il reale significato e il giovane mago sperimentò sulla sua pelle la vera natura di quel luogo. Lungo i confini che delineavano il deserto, infatti, vi erano delle piante molto particolari: il loro colore era viola ed emettevano una strana melodia. Sebbene Xardax avvertisse di dover mantenere le distanze, la sua goffaggine lo spinse direttamente a contatto con la vegetazione insolita. Immediatamente sentì un formicolio salire dal punto in cui era stato toccato fino alla testa e gli occhi cominciarono a bruciare. Le lacrime scendevano copiosamente lungo le guance del giovane impedendogli di vedere. A tentoni cercò di attraversare il deserto e ciò lo rallentò notevolmente. Solo quando giunse vicino ai primi arbusti che delineavano l'inizio della foreste riacquistò la vista. La vegetazione divenne sempre più fitta e farsi strada diventava difficile. Il sole filtrava a fatica tra le fronde degli alberi i cui tronchi erano grandi come torri. Il sottobosco ricopriva gli spazi fra un albero e l'altro e ovunque si posasse lo sguardo vi era vita. Xardax si chiese se stesse nevicando: dolcemente trasportati dalla brezza si muovevano piccoli batuffoli di polline. Dovette ricorrere ad un trucchetto per aprirsi la via fino al cuore della foresta dove il tempio e la nuova compagnia lo attendevano. Mentre si avvicinava alla piccola radura, illuminata più di qualsiasi altra zona attorno, cominciò a sentire delle voci. Sembravano tre persone che discutevano animatamente. "Non te lo ripeterò un'altra volta, orecchie a punta! Stammi bene alla larga se non vuoi che la mia ascia accidentalmente caschi sul tuo collo!" disse ringhiando uno. "Beh, per essere piccino ne hai di fegato a parlarmi in questo modo" rise beffardamente l'altro. "Ascoltatemi entrambi, brutti ceffi che non siete altro!" tuonò una terza voce. "Non so cosa tu abbia contro le orecchie a punta né cosa infastidisca te dei piccini! Io ho entrambe le cose e non sono venuto fino a qui per essere schernito da due barbari come voi!" Mentre Xardax si avvicinava riusciva a vedere sempre meglio a chi appartenessero le tre voci. C'erano due personaggi molto piccoli, un nano e uno gnomo pensò, e un tizio alto e ben armato. Stava cercando di nascondersi fra le fronde quando il tizio alto zittì con gesto della mano gli altri due. "Chi è là?" chiese, mentre Alton e Burduck tiravano fuori le armi. Xardax ci pensò un po' e poi decise di uscire allo scoperto sollevando leggermente le mani per far vedere di essere disarmato. "Mi chiamo Xardax, sono un apprendista mago. Immagino che voi siate le persone che mi dovranno aiutare" disse cercando di dissimulare il terrore che lo pervadeva. Gli altri rinfoderarono le armi e si scambiarono un'occhiata d'intesa. "Xardax, io sono Serval di Grey Hawke e sono qui su richiesta della somma sacerdotessa Tessara. La mia spada è al tuo servizio" disse il ranger facendo un lieve inchino. Il mago rispose alla cortesia sorpreso. "Permettimi di presentarti gli altri membri della compagnia. Questo è Alton Coglibosco" disse indicando l'halfling alla sua destra "mentre lui è... Burduck" disse in tono di sufficienza. Il nano fece un passo avanti borbottando qualcosa sotto la barba. "Bene, ora che le presentazioni sono fatte, entriamo?" chiese Burduck senza nascondere il desiderio di battaglia che già lo pervadeva. "Potresti essere meno presuntuoso e lasciare che prima di tutto facciamo il punto della situazione, nano?" disse Alton infastidito. "Ah, scusate signori, non avevo capito che eravamo qui per ammirare le bellezze del posto. E io che pensavo avessimo una missione con i minuti contati..." rispose sprezzante Burduck. "Ma d'altro canto, cosa potevo aspettarmi da tre orecchie a punta?" continuò mentre si sedeva su una roccia. "Ecco cosa si ottiene a far fare il lavoro a gente che non ne ha le capacità: prima guardiamo, prima facciamo il piano...argh, robaccia da donnicciole! Io dico entriamo e poi pensiamo!" concluse il nano mentre gli altri lo guardavano. "Hai finito le tue rimostranze o devi ancora parlare?" disse in tono di critica Serval che, guardando il masso su cui il nano si era seduto concluse "Non sarà che l'altezza della roccia su cui sei seduto ti faccia arrivare meno aria al cervello ed è per questo motivo che straparli?" Alton, che fino a quel momento aveva guardato la situazione in silenzio non nascose più il suo disappunto sulle insinuazioni dei due sulle orecchie a punta e sulla bassa statura. "Ora basta! Mi avete già bello che stufato voi due! Che razza di uomini siete che non riuscite a non prendervi in giro?" ringhiò tirando fuori un furore che nessuno dei presenti si aspettava. Intanto che i tre discutevano, Xardax pensava alla brutta situazione in cui si era cacciato. Non solo avrebbe dovuto incontrare uno degli abomini di Zordlon ma lo avrebbe fatto a seguito di tre trogloditi che s'insultavano continuamente. "Ehm...posso interrompere la vostra discussione?" si azzardò a chiedere il mago cercando di essere il più autorevole possibile. Gli altri lo guardarono in cagnesco, ma si zittirono. "Molto bene. Ora: dobbiamo entrare nel tempio e uccidere Arania. Qualcuno ha una vaga idea di ciò che troveremo lì dentro oppure abbiamo deciso di morire tutti insieme improvvisando?". I tre si guardarono tra loro con aria colpevole. Il mago aveva ragione: avevano bisogno di ragionare sulla missione e cercare di mettere assieme le varie informazioni che avevano. Il primo a prendere parola fu Alton. "Da quel che ne so" disse tranquillizzandosi "Arania ha al suo seguito diversi ragni giganti, almeno stando alle voci che ho sentito nei villaggi qui vicino. Pare che negli ultimi mesi molte persone siano state attaccate e i loro corpi trasportati in questa direzione" "La sacerdotessa mi ha parlato delle ninfe elementari. Qualcuno di voi sa qualcosa?" chiese Serval, colpito da come il mago avesse sedato la discussione portandoli a collaborare. "Si" disse Xardax, contento di poter mettere in mostra i mesi di studio trascorsi nella biblioteca della torre. "All'alba dei tempi, durante la creazione del Mondo, le ninfe elementali svolsero un ruolo fondamentale: esse posero l'equilibrio degli elementi. Acqua, aria, terra e fuoco collaborarono affinché la vita potesse nascere e crescere. Una volta terminato il loro lavoro, esse rinchiusero il loro potere all'interno di quattro anelli e li nascosero, in modo che nessuno vi avesse accesso. Si dice che quegli anelli abbiano un potere immenso e che nessun mortale possa indossarli senza pagarne un caro prezzo" Xardax notò che alla parola anelli gli occhi di Burduck e di Alton si erano accesi di fredda cupidigia. "Arania ha trovato un antico incantesimo che dovrebbe consentirle di rimanere con sembianze umane per sempre" continuò Xardax "e per portarlo a termine ha bisogno del sangue delle ninfe elementali. Non so come abbia fatto a trovarle e a catturarle, ma Tessara e la Legione sono convinti che esse si trovino imprigionate da qualche parte nel tempio." Il silenzio era sceso mentre Xardax parlava, ma non solo tra i tre della compagnia. Anche la foresta sembrava muta. "Non vi sembra che ci sia un po' troppo silenzio?" disse Burduck con voce bassa. I quattro misero mano alle armi e tesero le orecchie. Nessun rumore. Xardax si concentrò per cercare di capire se c'era la presenza di altre creature oltre a loro. Tutto intorno era pervaso di magia oscura ed emanava un'aurea rossa pericolosa. "C'è del magico intorno a noi" disse a fil di voce "non so cosa sia, ma non mi piace". Alton si mise il cappuccio sulla testa e si acquattò tenendo in mano il pugnale. Serval si rese conto che quel piccolo halfling riusciva a rendersi quasi invisibile: se non avesse saputo dove guardare non l'avrebbe notato. Il ranger si avvicinò al mago facendo meno rumore possibile. "Riesci a fare qualcosa, che so, un incantesimo per stanare la cosa che ci bracca?" Xardax dovette ammettere la dura verità "Non so fare incantesimi" disse vergognandosi. Il ranger lo guardò intensamente e il mago riuscì vedere della rabbia muoversi dietro le iridi. "Tu cosa? Sei o non sei un mago?" Xardax stava per rispondere quando dal lato sinistro della boscaglia si ruppe un ramo secco attirando l'attenzione dei quattro. I nervi del mago erano a tesi cosi come quelli dei suoi compagni. Si guardavano intorno cercando di capire cosa avesse rotto il ramo. Un sibilo squarciò il silenzio e una ragnatela sbucò da dietro i cespugli intrappolando Burduck. "Burduck!" gridò Serval "usa l'ascia!". Il nano cercò di tagliare i filamenti ma la stretta collosa era troppo forte. In quel momento un enorme ragno si calò in mezzo al gruppo. Xardax non aveva mai visto una creatura più orribile e la paura lo immobilizzò. Serval si lanciò all'attacco e con un colpo ferì una delle otto zampe dell'essere. Mentre rotolava sulla schiena per schivare il contrattacco, Alton con un salto montò sul corpo peloso dell'animale e vi affondò il suo pugnale. Un lamento echeggiò per tutta la foresta. Xardax, che fino a quel momento era rimasto immobile, riuscì a riprendere il controllo della sua mente e velocizzò la crescita delle piante rampicanti che in pochi istanti avvolsero la bestia costringendola a terra. Serval caricò il colpo mortale: fece roteare la lama sopra la sua testa e con un fendente deciso aprì in due metà la testa del ragno. Mentre un liquido scuro imbrattava il terreno intorno, il corpo dell'animale continuò a muoversi per qualche istante fino a contorcersi ed assumere una posizione innaturale. "Che razza di bestia era mai quella?" ansimò Xardax cercando di riprendere fiato appoggiandosi alle ginocchia. "Era un ragno tessitore gigante" disse Serval, pulendo la sua lama sulle foglie. "Ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai avuto l'occasione di ucciderne uno. Beh"disse guardandosi attorno "direi che abbiamo fatto un buon lavoro". Alton e il mago si guardarono soddisfatti. Fu allora che si ricordarono di Burduck. Corsero per raggiungere il compagno e lo trovarono ancora intento a liberarsi dalla ragnatela. "I nani non sono fatti per distruggere ragnatele! Siamo da combattimento corpo a corpo!" ringhiava il nano mentre con ultimo colpo d'ascia si liberava definitivamente della gabbia mucosa. Una volta libero, con un salto e una capriola, Burduck si trovò al centro del campo di battaglia e brandendo con furia l'arma gridò "Dov'è? Dov'è l'abominevole bestia?" guardandosi attorno con i piccoli occhi ridotti a fessura per la rabbia. I tre si guardarono e scoppiarono a ridere. "L'abbiamo uccisa, nano. Certo è stato molto più difficile senza il tuo prezioso contributo, ma fortunatamente ce l'abbiamo fatta!" disse ridendo Serval mentre si avvicinava a Burduck per togliere un pezzo di ragnatela che ancora avvolgeva il suo elmo. Il nano li guardò e poi il suo sguardo si posò sulla carcassa dell'animale. Per quanto tentasse, non riuscì a mascherare l'orrore che una vista del genere può suscitare. "Bene, bene" bofonchiò "è stata una fortuna per lui che non fossi in battaglia, altrimenti non si sarebbe ritrovato nell'aldilà con tutte le zampe intere!" Xardax sorrise. Conosceva quei tre da poco ma già sentiva che sarebbe nata una bella amicizia. Erano diversi tra loro ma ognuno poteva dare alla compagnia qualcosa in più. Forse Tessara aveva ragione, forse ce la possiamo fare pensò tra sé. Alton, dal canto suo, cominciò ad esaminare l'animale cercando di estrarre il veleno dalle enormi tenaglie. "Cosa stai facendo?" chiese Xardax incuriosito. "Sto cercando le ghiandole. Se riesco a prendere un po' di veleno potremmo bagnare le punte delle armi guadagnando danni ulteriori" rispose affaccendato. "Sai maneggiare veleni?" chiese ancora il mago. "Certo, non ci vuole molto, basta solo stare attenti a non avere un contatto con la pelle". Alton aveva avuto molta esperienza con i veleni. Nel suo villaggio c'era un vecchio che gli aveva insegnato tutto quel che sapeva e lui ne aveva fatto tesoro intuendo che prima o poi quelle conoscenze gli avrebbero fatto comodo. Quando cominciò ad essere un ladro con una certa reputazione, aveva dovuto apprendere tecniche nuove per salvaguardare la sua persona e non solo dalle guardie. Infatti, l'ambiente che frequentava non era certo uno dei migliori e tra ladri non esisteva un vero e proprio codice d'onore. Guardarsi le spalle era sempre stata la via più sicura per svegliarsi ogni mattina. Mentre Alton prelevava il veleno seguito dallo sguardo attento del mago, Serval e Burduck si avvicinarono a quello che doveva essere l'ingresso del tempio. Una grande statua troneggiava su una radura illuminata dal sole morente che filtrava dai rami e tra le due gambe dell'essere raffigurato si scorgeva una porta. "Chi è questo brutto muso?" chiese Burduck sforzandosi di guardare la figura per intero. "Non ne ho idea" rispose Serval. In quel momento i due vennero raggiunti da Alton e Xardax. "Lamashtu" disse il mago. "E cosa te lo fa dire?" chiese il nano infastidito dal tono saccente. "Se siamo stati inviati al tempio di Lamashtu, questa sarà la statua di Lamashtu" disse Xardax, senza togliere gli occhi dalla statua. Il nano dovette ammettere che il mago aveva ragione. "Va bene, va bene, signor so tutto io" disse facendo il verso. I quattro si avvicinarono alla porta. Era imponente, probabilmente fatta in granito, e la vegetazione che la ricopriva era stata spezzata in prossimità dei cardini. "Qualcuno l'ha aperta di recente" disse Alton che si era avvicinato per esaminare la serratura. "Ma non c'è traccia di serratura. Forse è un meccanismo a pressione" disse voltandosi verso gli altri. Xardax si avvicinò a sua volta e, tendendo le mani, cercò di individuare della magia. "Non sento nulla. Probabilmente non è incantata, però Alton ha ragione: c'è un meccanismo a pressione. Guardate" e spostando le rampicanti dalla superficie della porta mostrò una serie di simboli arcani che sembravano grossi bottoni. "Ci sarà una sequenza" disse Burduck "a volte anche noi nani ricorriamo a congegni simili. Il problema è che se non componi la giusta serie si attivano trappole". "Proviamo a guardare bene intorno. Magari troviamo un indizio su come entrare" disse infine Serval. I quattro provarono a cercare. Dopo qualche istante Xardax indicò agli altri l'elsa della spada della statua. Vi erano incisi quattro simboli e quelli stessi erano presenti sui bottoni della porta. "Sono loro"disse Xardax. "Frena frena" disse il ranger bloccando la mano di Alton "Sarà il caso che prima facciamo il piano". "Cosa proponi?" chiese il ladro. "Tu apri, io ti starò alle spalle affiancato da Burduck. Xardax chiude il gruppo" disse dando l'impressione di imporre un ordine. I quattro si disposero come Serval aveva consigliato senza mettere in discussione la scelta. Solo il nano sembrò avere qualcosa da dire ma lo disse talmente sotto i baffi che nessuno comprese. Alton inspirò profondamente e si sciolse le dita. "Pronti?" chiese. Avuta la risposta positiva premette il primo simbolo e fece un piccolo passo indietro. "Va bene" disse quasi bisbigliando "Non è successo nulla. Continuo." e uno dopo l'altro, spinse i bottoni nella sequenza trovata sull'elsa. Premuto l'ultimo, il contorno della porta fece uno sbuffo e cominciò ad indietreggiare ponendo i quattro di fronte ad un corridoio. Non era ben illuminato e mentre Alton cercava di mettere a fuoco la situazione un tanfo di morte pervase l'aria attorno a loro. Si coprirono il naso e la bocca con una mano. "Per tutti gli dei! Che puzza!" disse Xardax. "Sembra l'odore della Taverna di Dognar" disse Burduck con l'aria di uno che ricordava bei tempi. Il mago lo guardò arricciando il naso. "Ci sono due cose per cui i nani sono imbattibili: la guerra e la sbornia. E nessuna delle due prevede le pulizie del giorno dopo" disse il nano come giustificazione. Alton fece cenno ai tre che lo seguivano che era ora di entrare. Il corridoio non era molto largo ed era lungo circa una decina di metri. In fondo si poteva intravvedere una stanza grazie a due torce appese al muro. Le pareti erano ricoperte da muffe e le radici della vegetazione esterna si facevano strada tra le crepe dei muri. L'unico rumore era lo strepitio delle torce e l'acqua che gocciolava lungo le pareti. "Stiamo all'erta" bisbigliò Alton "non mi piace questo silenzio". I tre cominciarono a procedere in modo silenzioso fatta eccezione per il respiro pesante del nano. Dopo qualche metro Alton disse agli altri di fermarsi ed aspettare, mentre da solo avanzava verso la stanza alla fine del corridoio. Indossava il suo mantello e quando mise anche il cappuccio, muovendosi nell'ombra, sembrò scomparire. Poco dopo ritornò dal gruppo. "C'è una grande sala con una statua al centro. Sembra deserta ma sulle pareti, in alto, si vedono bene dei bozzoli di ragnatele" disse mettendo al corrente gli altri di ciò che aveva visto. "Non mi piace per niente" disse Serval stringendo nervosamente l'elsa della spada. "Potrebbero esserci altri ragni giganti..." esordì in tono tragico Burduck. "E da dove ti arriva questa epifania?" chiese in tono sarcastico il ranger. Il nano lo guardò in cagnesco. "Mettersi a discutere come ragazzini non i sembra l'idea migliore" interruppe Xardax "Alton" disse poi rivolgendosi all'halfling "quanto riesci ad addentrarti senza essere visto?" "Non lo so, forse potrei riuscire a raggiungere la statua ma non garantisco. E' possibile che ci siano dei fili di ragnatela sul pavimento e se li toccassi mi scoprirebbero subito" disse in tono pensieroso. "Forse ho un'idea"disse Xardax "se riuscisse a riprodurre il suono di un topo potrei far uscire allo scoperto i ragni. A quel punto sapremmo quanti sono" "E addio festa a sorpresa" disse polemico il nano. "Non è detto, Burduck. Mentre loro sono impegnati a dare la caccia ad un topo inesistente, noi potremmo coglierli alle spalle" rispose convinto Xardax. "Il mago ha ragione. Facciamolo" disse Serval. Xardax si concentrò e le sue mani cominciarono a formicolare. Aveva già provato una volta a creare un suono fantasma e c'era Cora con lui. Era stata lei a dirgli dell'esistenza di quel trucchetto . Mentre cercava di mantenere la concentrazione, un live e quasi impercettibile rumore di zampette cominciò a prendere vita in mezzo a loro. Xardax indirizzò il rumore nella stanza. Tutti attesero con i nervi tesi. Dopo qualche istante, alcuni sibili echeggiarono e le ombre di quattro ragni apparvero. La compagnia si mosse lentamente mentre il mago rimase fermo per mantenere la magia attiva. Serval si avvicinò il più possibile ad una delle creature e menò un fendente con tutta la forza che aveva. Il colpo andò a segno tagliando di netto due delle otto zampe, ma il sibilo del ragno attirò l'attenzione degli altri tre che subito si misero all'attacco. Burduck fece un urlo di guerra e si fiondò su un ragno scivolandogli sotto il ventre gonfio e squarciando la sua corazza con un unico e preciso colpo. "Muori bestia!"urlò mentre cercava di togliersi da sotto l'animale. Rialzatosi in piedi fece per esultare ma una ragnatela lo avvolse improvvisamente. "Per tutti gli dei! Di nuovo!"disse cercando con l'ascia di liberarsi dalla morsa. Alton, che fino a quel momento aveva assistito alla scena, decise che era il momento di intervenire. Tirò fuori il suo arco e scoccò le frecce. Gli ci vollero tre colpi ben assestati per abbattere un ragno. "Ne manca solo uno!"gridò incitando gli altri e fu allora che si rese conto che l'ultima creatura stava andando dritta contro il mago. "Xardax!" urlò, ma il mago aveva già preparato la sua contromossa. Una corda animata si attorcigliò attorno alle zampe della bestia impedendole di continuare l'attacco. Serval piantò la spada in mezzo agli occhi del ragno che dopo un breve tremore si accasciò definitivamente al suolo. Il mago si avvicinò alla creatura cui il ranger aveva mozzato due zampe e la guardò mentre cercava inutilmente di rialzarsi. Mentre la guardava ebbe l'impressione di sentirne la sofferenza, come se la bestia gli comunicasse le sensazioni. Xardax cercò di capire ciò che il ragno voleva dirgli, quando Burduck, che finalmente si era liberato dalla ragnatela, gli aprì il ventre lasciandolo morire rapidamente. "Che ti era preso, mago! Volevi guardarlo mentre ti afferrava con le sue tenaglie?"tuonò il nano. Xardax ci mise qualche istante per capire ciò che era successo. "Non...non...so cosa sia accaduto"disse "mi sembrava che stesse...beh...ecco...che stesse cercando di parlare"nemmeno lui poteva credere a ciò che aveva appena detto. "Parlare?!" ruggì Burduck "Il ragno stava cercando di parlare? Ah bene, e che cosa avrebbe cercato di dirti? No ti prego, non uccidermi?" disse fingendo un tono disperato. "Piantala, Burduck!"ammonì Alton e poi, rivolgendosi al mago "Cosa intendi dire" disse "tu riesci a parlare con le bestie?" Xardax sbatté gli occhi perplesso. "No, almeno non che io sappia. Non ho mai parlato con gli animali"disse. "Ahh, smettiamola di dire fesserie!" interruppe il nano "Lo sanno tutti che le bestie non parlano. Secondo me il mago si è bloccato per la paura. Allora, piccolo mago"disse avvicinandosi a Xardax "ti ha fatto paura il brutto ragno peloso?"e si mise a ridere. Xardax lo guardò con rabbia "Almeno io non mi faccio ingarbugliare dalle ragnatele in continuazione e non ho bisogno di farmi crescere la barba per non sembrare un bambino!" rispose acre. "Adesso capsico" disse il nano cercando di avvicinarsi il più possibile alla faccia dell'elfo "il tuo problema è che essendo così alto il sangue fa fatica ad arrivare al cervello. Per questo sei lento a ragionare!" "Ora basta!" disse Xardax "Mi hai stufato con il tuo modo di fare!"e fece levitare il nano fino ad un metro e mezzo di altezza. "Rimettimi giù, brutto muso elfo!"gridò il nano. "Solo se prometti che farai il bravo bambino" rispose il mago. "Si,si va bene. Ora mettimi giù!"e il mago lo fece tornare con i piedi a terra. "Bene" disse con tono di sufficienza Alton "se avete finito, possiamo parlare di cose serie. Allora, Xardax, il ragno cercava di comunicare con te?" "Si, è quello che è successo" disse il mago cercando di riacquistare la tranquillità. "E' insolito, ma non impossibile" disse Serval con il tono di uno che sta per fare una rivelazione importante. I tre lo guardarono incuriositi. "Tutti voi sapete che i maghi possono avere un famiglio, giusto?" chiese il ranger. "Si, alla torre mi hanno spiegato che ciò accade quando si passa da apprendista a mago e che in genere è il mago stesso che sceglie l'animale. inoltre, a seconda del famiglio scelto è possibile capire anche la natura del mago e della sua magia" disse Xardax, cercando di ricordare ciò che gli era stato detto da Vanariel. "Esattamente" disse Serval "ma, come voi sapete, esistono anche alcune razze che hanno la capacità di capire i pensieri degli animali, come ad esempio gli elfi". A quelle parole, Burduck cominciò a sbuffare. "Quindi, dove vuoi arrivare Serval?" chiese Alton, "Xardax come mago e come elfo può parlare agli animali? E' così?" "Si, è così. C'è solo una cosa che mi lascia perplesso..." disse il ranger pensieroso. Xardax cominciava a sentirsi a disagio, aveva la sensazione che ciò che Serval stava per dire gli sarebbe cascato addosso come un macigno. "Vedete, i ragni giganti non sono propriamente delle bestie comuni, ma delle evoluzioni oscure di qualcosa che normalmente esiste. Inoltre non hanno un vero e proprio linguaggio, come ad esempio i cani o gli uccelli, ma comunicano solo per sensazioni e spesso no sono buone... "Arriva al punto o qui si fa notte!" incalzò il nano che era ormai arrivato al limite della sopportazione. "Per farla breve, solo maghi oscuri parlano con i ragni. Maghi oscuri come Zordlon". Lentamente gli occhi del gruppo si posarono su Xardax, che rimase impietrito dalla rivelazione. "Come fai a sapere queste cose Serval?" chiese Alton capendo il forte disagio del mago. "Ho studiato molto la natura e conosco bene gli animali e le creature. So quello che dico. Mi sembra solo strano che il mago non sapesse nulla" disse il ranger.

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Capitolo 10
*** Capitolo X: La ninfa del Fuoco ***


Xardax era rimasto di stucco. Come aveva fatto a non capire subito? Cora stessa gli aveva parlato di questa cosa, di come funzionava il potere empatico. "Ma certo!" esordì il mago "L'empatia è il legame più forte tra creature. Avere questa capacità ti permette di comunicare con gli animali. Hai ragione Serval, i ragni sono creature oscure, ma già ad altri maghi prima di me è capitato di avere l'empatia con tutte le creature e non erano necessariamente malvagi" disse con ritrovato entusiasmo. "E' la mia natura elfica che mescolata con la magia mi ha dato questa possibilità" Sebbene la spiegazione di Xardax sembrasse convincente, Serval non ne fu del tutto certo. Non conosceva quel mago e, dopo tutto, non era mai stato uno che si fidava tanto delle persone. Tuttavia decise di lasciar stare la conversazione e riprendere la missione. "Bene, ora che la questione sembra aver trovato soluzione, direi che possiamo continuare da dove eravamo rimasti" disse, trovando immediatamente l'appoggio di Burduck. La stanza in cui si trovavano era grande e ben illuminata. Su due lati sembravano aprirsi dei corridoi, mentre in fondo era visibile un enorme porta chiusa da ciclopici chiavistelli, in tutto quattro. Alton si avvicinò per esaminare da vicino la serratura. "Non penso di aver mai visto nulla di simile" disse mentre con le mani analizzava gli intarsi che decoravano il primo dei quattro chiavistelli. "Riesci a capire come si aprono?" chiese Xardax. Alton ci pensò un po' sopra. "No, non è un meccanismo che posso aprire. Anche se avessi il chiavistello adatto dovrebbe essere grosso più o meno quanto te. Forse c'è un modo per far scattare le serrature, ma non è qui" disse con rammarico. "Tanta strada per niente!" disse Burduck facendo scivolare sul fianco l'ascia. "Non la metterei ancora giù" ammonì Serval. Il nano sbuffando brandì ancora l'arma. Xardax si guardò attorno. La stanza sebbene enorme era completamente disadorna eccezion fatta per quello che doveva essere un altare che troneggiava al centro. Le pareti salivano di diversi metri andando a formare una serie di volte dalle quali, qua e là, si facevano strada delle piante rampicanti. La luce era garantita solo dalle torce, ma a ben guardare, un lieve bagliore proveniente dalle rampicanti tingeva tutto di un verde fluorescente. Muffa e funghi prosperavano negli angoli dove le gocce d'acqua cadevano con regolarità, mentre le ragnatele davano un chè di lugubre all'intero ambiente. Xardax notò un libro sull'altare, aperto sopra un leggio. "Ehi, Alton guarda" e gli indicò il libro. L'halfling si avvicinò e i due cominciarono ad analizzarlo. "E' scritto in un linguaggio che non conosco" disse Alton un po' dispiaciuto. Xardax provò a riconoscere i simboli. "Ho già visto questo tipo di alfabeto, si trovava in un antico volume sulla storia della magia che leggeva una mia amica alla torre. Mi pare si tratti di un antico dialetto parlato per lo più da sacerdoti di un culto che non si pratica ormai da diversi secoli. Era il culto di...per tutti gli dei! Era il culto di Lamashtu! Ecco perché il nome mi sembrava famigliare!" l'improvviso ricordo fece capolino nella sua testa come se fosse da diversi giorni lì lì per farlo. Non poteva credere di essersene dimenticato. "Il culto di Lamashtu?" chiese Alton, mentre Serval e Burduck si avvicinavano all'altare. "Si, esatto. Lamashtu è l'antica divinità del Caos che le nuove religioni hanno fatto coincidere con il Male. Infatti, nelle epoche lontane, il caos non era considerato malvagio ma solo neutrale. Il bisogno di ordine della nuova civiltà di Anthurium ha avuto la necessità di allontanare i cittadini dalla neutralità e per questo motivo Lamashtu divenne Dio del Male." "Il comportamento neutrale lede alla tranquillità della società, perché l'individuo è portato ad agire per interesse personale e pone in secondo piano il bene collettivo" disse Serval. I tre lo guardarono con aria interrogativa. "Appoggi le idee monarchiche di Regilda?" chiese Burduck, stringendo l'impugnatura della sua ascia. Il ranger sembrava imbarazzato. "No, no! Ho vedute decisamente più larghe! E' solo che mio padre, quello adottivo, spesso si lamentava a tavola della politica di Regilda e bofonchiava molto sul concetto di neutralità tanto detestato dalla monarchia di Anthara. E' solo per questo motivo che ho dato quella definizione" disse Serval tutto d'un fiato cercando di porre fine all'infelice equivoco. Dopo la fine della guerra con le forze di Zordlon, il regno di Anthurium dovette ritrovare quell'ordine che aveva perduto. Nella capitale venne ristabilita la monarchia e Regilda, la moglie del vecchio re morto durante la guerra, assunse il potere. La regina era di razza umana e poco incline alla tolleranza. Decise che la colpa del caos che si era venuto a creare con Zordlon fosse della magia e si impegnò per dissuadere i suoi cittadini dal farne uso. Purtroppo, però, dalla dissuasione alla persecuzione il passo fu breve. Non solo Regilda proibì l'uso della magia ma imprigionò diverse persone accusate di venire meno all'ordine, molte delle quali furono giustiziate in segreto. Per evitare che la gente di Anthurium tornasse ai vecchi usi e costumi, ritenuti arcani e oscuri, Regilda operò una trasformazione dei culti tra la sua popolazione. Molti vennero proibiti fra i quali quello di Lamashtu. Sebbene questa divinità fosse solo l'incarnazione del caos, con la persuasione di Regilda divenne simbolo del male e i suoi sacerdoti scomparvero improvvisamente portandosi con sé anche l'antico linguaggio. Xardax conosceva bene la storia e si era trovato spesso a pensare che la crudeltà di Zordlon e la meschinità della regina fossero, dopo tutto, molto simili. "Riesci a leggere cosa c'è scritto?" chiese Alton richiamando il mago alla realtà. "Non molto, non ho studiato bene questa lingua. Però alcune parole le conosco" si avvicinò al testo e ci passò l'indice sopra per aiutarsi nella lettura. "Luna rossa....sacrificio...anzi no, sangue...ninfe! Si, deve essere il rituale che permette ad Arania la trasmutazione completa" disse il mago. "Dice qualcosa su come fermare il rituale" chiese Serval speranzoso di poter risolvere la questione velocemente. "No, però se serve il sangue delle ninfe basta trovarle ed eviteremo che il rituale si compia" concluse Xardax. I tre si guardarono intorno cercando di capire in quale direzione muoversi. Solo allora Burduck decise di parlare. "Bene, vedo con piacere che lor signori hanno finalmente svelato l'arcano motivo che ha condotti fino a qui! Evviva!" disse con tono sarcastico. "Ora possiamo andare a cercare queste ninfe, come del resto era chiaro fin dal principio o dobbiamo attendere qualche altra epifania di gruppo?" "Giuro che se ne usciamo vivi ti ammazzo con le mie mani!" disse Serval scocciato dal modo di fare tronfio del nano. "Dobbiamo scegliere una delle due porte" interruppe Xardax "Alton, guarda se sono aperte e se ci sono trappole". L'halfling s'incamminò furtivo verso la porta alla destra dell'altare. "Questa è chiusa. Non ci sono trappole, ma non riesco ad aprirla. Provo con l'altra". Guardingo Alton girò la manopola e con un lieve click si aprì. "Bene, abbiamo una via" disse vittorioso Burduck. Solo Xardax sembrava turbato dalla semplicità con cui Alton aveva aperto la porta. Era come se qualcuno, o peggio qualcosa, avesse deciso per loro e stessero per finire dritti in una trappola. Serval che aveva notato lo sguardo pensieroso del mago gli chiese se fosse tutto a posto. "Non saprei. Mi sembra che siamo obbligati a scegliere quella porta e ho una brutta sensazione". Il nano temendo una nuova discussione che avrebbe impegnato i suoi compagni ancora a lungo decise di entrare senza aspettare alcun tipo di strategia. Dinnanzi a loro si presentò un corridoio, molto simile a quello incontrato in precedenza ma dalle pareti più strette. Avrebbero dovuto procedere uno alla volta. Anche in questo caso il tanfo di morte era insopportabile e tutti si portarono per un istante la mano al naso. "Fa andare avanti Alton" consigliò Serval, che aveva ormai capito la predisposizione dell'halfling per la furtività. Camminarono al buio per una ventina di metri, poi finalmente giunsero in prossimità di una torcia che però illuminava un altro problema. "C'è un bivio. A destra delle scale che vanno verso il basso, mentre il corridoio prosegue dritto" disse a fil di voce Alton. Xardax, suggerì di proseguire per il corridoio, tanto a quel punto la strada che avrebbero scelto non avrebbe cambiato le sorti della missione. A mano a mano che si lasciavano alle spalle la torcia il buio riprendeva ad essere quasi completo. Tuttavia, mentre Xardax, Serval e Burduck sembravano non avere difficoltà Alton sentiva di non poter procedere oltre senza una luce. "Non vedo più nulla" disse " ho bisogno di luce". Il mago catturò la luce della torcia e ne fece un piccolo globo fluttuante che fece volteggiare qualche metro più avanti di Alton consentendogli di vedere. Giunsero ad una porta chiusa e l'halfling l'aprì. Non ci fu molto tempo per pensare: un turbinio di zampe discese su di loro mentre il nano lanciava un grido di guerra e con l'ascia in mano si fiondava colpendo qualunque cosa avesse vicino. Xardax faceva fatica a distinguere i suoi compagni dai nemici e si stupì del fatto che fosse l'unico ad avere quella difficoltà. Serval e il nano fendevano colpi precisi e violenti mentre Alton scoccava le sue frecce. La battaglia durò poco e quando il silenzio tornò c'erano i cadaveri di quattro ragni accasciati al suolo. Scavalcarli non era cosa semplice, soprattutto per Burduck e Alton che decisero pragmaticamente di camminarci sopra. Xardax notò che il campo di battaglia era molto piccolo. I ragni si erano imbottigliati da soli nel tentare di attraversare la porta consentendo ai suoi compagni di colpirli con maggiore efficacia. Quando riuscirono ad entrare nella stanza, il mago notò una serie di bauli appoggiati al muro e riuscì a bloccare in tempo Burduck che, nel frattempo, si era avvicinato per aprirli. "Non farlo!" urlò Xardax e il nano rimase con la mano a mezz'aria. "C'è un sigillo, se lo apri sei morto". Burduck guardò il baule che non sembrava essere così pericoloso, ma decise di arretrare concedendo fiducia al mago. Xardax distese la mano e pronunciò alcune parole: una polvere verdognola si liberò dal baule volatilizzandosi. "Ora puoi aprirlo" disse orgoglioso di servire a qualcosa. Il nano lo guardò circospetto poi sollevò delicatamente il coperchio. All'interno vi era solo una pergamena che emanava uno strano bagliore. "Argh, tanta protezione per uno stupido pezzo di carta colorato!" la delusione del nano era evidente. "Forse non è così privo di valore quanto credi, Burduck. È un incantesimo di liberazione, forse la chiave per aprire qualcosa" disse Xardax. Serval si avvicinò al mago e guardò la pergamena. "Sai lanciare questo incantesimo?" chiese. "Si" rispose Xardax "Basta leggerlo e si attiverà". Il mago notò l'espressione dubbiosa del ranger e si affrettò a spiegare. "Un mago può lanciare solo incantesimi che conosce o incantesimi di cui può leggere la formula. Diversamente, non può fare nulla. Quando nella foresta mi hai chiesto se conoscevo qualche magia per aiutarci a stanare il ragno, ti ho risposto che non so fare incantesimi. Più precisamente, non so fare incantesimi a meno che non trovi la formula giusta. Solo così posso imparare e aggiungere la magia fra le mie conoscenze". Xardax non conosceva alcun incantesimo perché alla torre non gli era stato ancora concesso di impararne uno. Levian era stato categorico sulla questione: se il giovane avesse cercato di carpire anche solo una piccola formula sarebbe stato espulso immediatamente dalla torre. E per quanto la curiosità fosse tanta, il rischio di perdere quella che, nell'ultimo anno e mezzo, era stata la sua casa lo dissuase dal provarci. Ricordava sempre con affetto Levian fin dalla prima volta in cui aveva varcato la soglia della stanza di apprendimento. Un anno e mezzo prima... Giunto nella sala della lezione, il giovane si rese conto di essere solo. Forse sono l'unico che deve cominciare dalle basi pensò. La stanza era molto spaziosa e si sviluppava su pianta circolare. Tutt'intorno c'erano grandi colonne che incorniciavano il centro della sala. Il silenzio era rotto solo dal suo respiro. Mentre Xardax si guardava in giro nemmeno si accorse che un uomo lo stava fissando. Quando lo vide ebbe un sussulto. "Non volevo spaventarti, Xardax. Mi chiamo Levian, mago di terzo grado della scuola di Illusione" disse l'uomo facendo un breve inchino. Era alto e atletico, un elfo dalla chioma chiara con riflessi argentati. I suoi occhi erano gentili nonostante il freddo color ghiaccio. Lentamente si avvicinò al giovane che lo guardava con curiosità. "Ti starai chiedendo il motivo della tua solitudine"disse sorridendo. "Beh, signore, in effetti si signore" rispose lievemente balbettando. Levian girò un po' attorno al ragazzo studiandone i lineamenti. "Quanti anni hai Xardax?" "Sono da poco entrato nella Luna Giovane, signore" rispose. "Mmm, e non hai mai praticato la magia?" chiese incuriosito. "No, signore, mai" "Molto bene, Xardax. Oggi e per i mesi a venire imparerai tutto sulla magia, almeno in modo teorico, e lo farai da solo poiché nessuno studente è così privo di basi come te. È necessario che tu abbia le nozioni di fondo prima di cominciare la pratica. Vieni, siediti qui" disse indicando una sedia che prima non c'era. Xardax si sedette pieno di domande alle quali, sperava, avrebbe avuto una risposta. "La prima cosa che devi sapere riguarda la natura stessa della magia. Essa non è qualcosa che s'impara ma..." "...qualcosa che appartiene al mago" concluse la frase Xardax. Levian lo guardò con ammirazione. "Noto con piacere che qualcuno ha già introdotto l'argomento al posto mio. Cora è sempre stata una studentessa modello. Peccato che non sia maga..." "Come, signore? Cora non è maga?"chiese Xardax stupito. "No, non lo è. Lei è, per così dire, speciale nella sua capacità di apprendimento e memoria, ma non una goccia di magia scorre nelle sue vene. Il motivo risiede nella sua natura, nella sua razza. Gli halfling non sono dotati. Non fraintendermi, essi sono ottimi studiosi, alcuni hanno capacità eccezionali, ma non sono in grado di incanalare la magia" "Ad ogni modo, vedo che hai molto da dover imparare, giovane Xardax. Avrai tutto il tempo a tua disposizione per farlo. E sicuramente potrai contare su Cora: non esiste membro della torre con più conoscenza di lei nella storia di Anthurium. Ma torniamo a noi e alla natura della magia. Devi sapere che la magia funziona da catalizzatore: un mago può utilizzare la forza potenziale della natura ma non può distorcerla o piegarla. Se, facciamo un esempio, ti dovessi trovare in un lago e non sapendo nuotare colassi a picco come un sacco di patate, potresti con un incantesimo usare l'aria potenziale presente nell'acqua per respirare. Ma non potresti trasformarti in un pesce. Nel primo caso useresti la magia, nel secondo piegheresti la natura al tuo servizio commettendo un atto proibito" fece una pausa affinché il ragazzo metabolizzasse le informazioni. "Quindi, se ho capito bene, non è che non posso trasformarmi in un pesce, è semplicemente vietato farlo" disse Xardax. "Esatto. Ogni gesto del mago che sia indirizzato verso lo sconvolgimento delle leggi di natura è proibito." "E se dovessi farlo?Cosa accadrebbe?" chiese incuriosito. Levian strinse visibilmente la mascella, ma cercò di frenare la rabbia. "Semplicemente, non devi mai farlo" disse con fermezza "altrimenti la tua stessa anima ne verrebbe corrotta." "Come successe a Zordlon?" Levian si ricompose, capendo che il ragazzo aveva troppe cose ancora da capire. "Si. Zordlon ha corrotto la sua anima ma ti assicuro, figliolo, che non si è limitato a trasformarsi in un pesce. Egli ha ucciso, ha generato abomini, ha macchiato se stesso dei più atroci delitti" lo sguardo di Levian si velò di amarezza. Un silenzio imbarazzato scese nella stanza. Xardax non sapeva molto sull'universo magico che lo aveva appena accolto come uno di famiglia, ma capì che Zordlon era un argomento delicato. Levian intuì che il ragazzo era confuso e cercò di uscire dall'impasse cambiando discorso. Il mago parlò a Xardax delle diverse discipline nelle quali la magia si articolava. "Vedi, esistono varie arti magiche, ognuna delle quali ha incantesimi diversi. Queste arti vengono chiamate scuole. Io sono un mago della scuola dell'Illusione, cioè l'arte magica che può creare veri e propri miraggi, alterando la percezione che gli altri hanno di una data cosa" e mentre diceva così il tavolo che li divideva cominciò a sembrare fatto d'acqua. Xardax era meravigliato della cosa, poteva addirittura specchiarsi sulla sua superficie. Levian sorrise e continuò. "Poi vi è la scuola della Distruzione e non penso ci sia bisogno che te la spieghi. Essa utilizza incantesimi elementali, come quelli di fuoco o ghiaccio per danneggiare un nemico. Molti maghi conoscono l'Evocazione e hanno la capacità di richiamare a sé per un certo periodo alcune creature dei Piani che combattono al loro fianco. Infine troviamo la scuola di Cura e quella di Pozioni. La prima consente al mago che la padroneggia di imparare incantesimi capaci di curare malattie e ferite, mentre la seconda richiede una specializzazione in Erbologia, cioè la conoscenza di tutte le proprietà curative e non di piante, pietre e piccoli animali." Xardax era estasiato dall'immenso potenziale di conoscenza che li veniva offerto. Mai nella sua vita avrebbe pensato che un giorno sarebbe diventato un mago. Ogni scuola che Levian aveva citato lo incuriosiva e disse al maestro che avrebbe voluto impararle tutte. Levian rise di gusto a quell'affermazione. Nessuno avrebbe mai avuto né il tempo né le capacità per apprendere ogni scuola. "Ti conviene cercare di fare una scelta, giovane Xardax, nessuno potrebbe padroneggiare correttamente tutte le discipline. Occorrerebbero secoli di studio e una quantità di essenza magica che non ho mai visto né letto sui libri di storia" e continuando a sorridere si alzò dalla sedia imitato da Xardax. "Per oggi è tutto, ragazzo. Ci vediamo domani" disse il mago che ancora sembrava divertito. Che tipo strano, pensò il ragazzo. Ora, invece, aveva la possibilità di mettere alla prova la sua magia leggendo imparando quell'incantesimo di liberazione, nulla poteva impedirglielo. Con i nervi tesi si avvicinarono tutti alla porta dietro la quale speravano di poter trovare la prima ninfa. Aprendola con molta cautela, Alton si rese subito conto che, dall'altra parte, non vi era una stanza come le altre. Era abbondantemente illuminata e pulita, non molto grande ma sufficiente per contenere un tavolo, sul quale vi erano avanzi di vettovaglie, e un globo di luce rossastro. I quattro entrarono rassicurati da Alton sul fatto che non ci fossero ragni e rimasero affascinati da ciò che si trovava all'interno del globo. C'era una donna dai tratti eterei con i capelli rossi come il sole che tramonta, i suoi occhi erano chiusi e sembrava fluttuare nell'aria. Xardax si avvicinò e posò la mano delicatamente sul globo. Nel momento in cui entrò in contatto con esso, un calore bruciante sembrò avvolgerlo e fu costretto a ritrarre la mano. Allora la donna aprì gli occhi e il suo sguardo si posò su tutti i componenti della compagnia fermandosi, poi, su Burduck. Il nano non riusciva a liberarsi da quello sguardo magnetico e in breve tempo perse la cognizione di tutto quanto lo circondava. I tre lo videro svenire, mentre il nano stava viaggiando in un'altra dimensione guidato dalla ninfa. Una visione del mondo all'alba della sua creazione, quando ancora gli elementi non erano separati fra loro. Quattro donne, quattro ninfe che in cerchio e tendonsi per mano davano vita ad un turbine di acqua e di terra creando gli oceani e le vallate. Poi fu la volta dell'aria che disegnò il cielo e del fuoco che plasmò le montagne. Vide il Monte Soffio nascere dalle viscere della terra e il drago che venne forgiato nel fuoco del suo ventre. Vide le ninfe rallegrarsi per l'opera compiuta e chiudere parte del loro potere in quattro gemme. Burduck si sentiva felice avvolto com'era dalla vita e dall'equilibrio, ma ad un tratto la visione cambiò. Vide quella stessa terra bruciare e dilaniarsi mentre orde di uomini facevano sanguinare gli alberi che abbattevano. Vide le guerre riassunte in un unico omicidio, un essere che cambiava continuamente sembianze e razza che con violenza sadica conficcava la sua spada nel cuore pulsante della terra stessa. Sentì l dolore delle ninfe e capì in un istante perché avessero abbandonato la loro creatura. Non c'era più niente da fare, non c'era più speranza. La visione cambiò ancora. Ora era solo e terrorizzato mentre un'enorme essere dal corpo di ragno e il busto e la testa di donna rideva. Arania aveva trovato le ninfe e le aveva imprigionate. "Prendi la gemma, Burduck, e passala sul filo della tua ascia. Al momento opportuno essa infonderà il potere della fiamma e grande dolore verrà dato a colei che ha osato tanto". La visione cessò e lentamente il nano riemerse dal sogno. "Si sta svegliando!" disse Xardax. Mentre Burduck riapriva gli occhi sentiva l'inquietudine entrare nel suo cuore, ma il ricordo della visione lentamente svaniva dalla sua mente lasciando spazio solo a profonda tristezza. I tre compagni fecero spazio al nano permettendogli di rialzarsi. Burduck si teneva la testa con la mano ed era in evidente stato di shock. "Cos'è successo?" chiese preoccupato Xardax. "Io...non lo so...ho avuto delle visioni, o almeno credo, non ricordo" il nano era confuso. Non sapeva come spiegare agli altri cosa fosse accaduto, forse perchè nemmeno lui era in grado di comprenderlo. Una volta in piedi, Burduck guardò la ninfa che era ancora prigioniera della bolla. Si avvicinò alla gabbia magica e la guardò intensamente. Il suo sguardo si posò sul cuore della creatura che sembrava brillare di un rosso acceso. La pietra pensò. Gli altri continuavano a seguire i suoi movimenti da una certa distanza, senza capire molto su cosa stesse facendo il nano. "Allora, la liberiamo o no?" chiese in tono perentorio Burduck senza mai distogliere lo sguardo dalla ninfa. Xardax si avvicinò e aprendo la pergamena cominciò a recitare l'incantesimo. A mano a mano che la formula procedeva, la bolla magica svaniva fino a diventare una pioggerellina sottile che in pochi istanti sparì. La ninfa aprì gli occhi e prese famigliarità con la libertà appena ricevuta. Leggera come l'aria fluttuò verso il gruppo e il suo sguardo era colmo di gratitudine. Poi si avvicinò a Burduck e infilando la mano nel proprio petto estrasse la pietra e la donò al nano. Era un ovale perfetto e la luce rossa scintillava nelle mani di Burduck che estasiato rimase a bocca aperta ad ammirare il gioiello che gli era stato donato. Poi d'un tratto, senza che nessuno se l'aspettasse, la ninfa sparì dileguandosi per sempre dalla vista dei quattro. In quel preciso momento, un sibilo mostruoso echeggiò fra le mura del tempio e un vento si propagò lungo i corridoi spegnendo tutte le torce. Un clangore di metallo, simile ad una serratura che viene aperta, scandì per alcuni istanti il tempo. Erano completamente al buio quando il rumore cessò e dovettero passare alcuni secondi prima che qualcuno avesse il coraggio di rompere il silenzio. "Qualcuno di voi sarebbe così gentile da spiegarmi cosa diamine è successo?" ringhiò il nano. "Penso che abbiamo trovato il modo di aprire quegli enormi chiavistelli" disse Alton "ma se ti riferivi al sibilo, beh non ne ho idea" concluse agitato. Xardax pensava. La grande porta nella sala centrale era composta da quattro chiavistelli e quattro erano le ninfe. La liberazione della prima aveva fatto scattare la serratura e il sibilo mostruoso era probabilmente Arania. Ormai erano stati scoperti, lei sapeva che erano lì e che cosa erano venuti a fare. Il tempo ora stringeva. "Sa che siamo qui e che vogliamo liberare le ninfe" disse Xardax "dobbiamo muoverci più in fretta e con molta più attenzione". "Pensi che il verso fosse suo, di Arania intendo?" chiese Serval. "Si" chiosò il mago. "E non era contenta".

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Capitolo 11
*** Capitolo IX: Un aiuto vien dato agli audaci! ***


Vanariel guardava il fuoco scoppiettare nel camino del suo studio. Fumava la pipa nervosamente mentre i suoi pensieri andavano al giovane Xardax. I suoi timori erano concreti: il ragazzo non aveva ancora familiarizzato con i suoi poteri e se avesse fallito sarebbe diventato un addormentato senza saperne il motivo. Mentre indugiava nelle più negative previsioni, tre colpi alla porta lo riportarono alla realtà. "Avanti" disse. Dalla porta entrò la piccola halfling di nome Cora. "Mi ha cercata, arcimago?" chiese intimorita la giovane. "Ah, Cora. Si ho richiesto la tua presenza. Prego, accomodati" e indicò la sedia di fianco alla sua. La giovane era vistosamente preoccupata e lentamente si sedette dove l'arcimago aveva indicato. "Come procedono i tuoi studi, Cora?" chiese Vanariel cercando di tranquillizzarla iniziando una banale conversazione. "Beh, direi bene arcimago. Oggi ho passato l'esame per diventare Studioso Arcano" disse con soddisfazione. "L'ho saputo. Sei la più giovane ad aver passato l'esame, ne sarai orgogliosa" disse Vanariel. "Si, molto. Anche se devo ammettere che me lo aspettavo più difficile...". L'arcimago sorrise. Cora era in gamba ed era un peccato che non potesse essere una maga. Sarebbe stata la migliore. Vanariel fece due tiri alla pipa, poi prese coraggio e iniziò la conversazione che gli stava a cuore. "Cosa ne pensi di Xardax? Ho saputo che avete legato molto". Le guance di Cora presero un timido rossore. "Beh è un ragazzo simpatico e molto capace" disse cercando di dissimulare il suo imbarazzo. "Questo lo so, Cora. Intendevo come mago, cosa ne pensi? Le tue doti di Studiosa dovrebbero aiutarti ad analizzare meglio le persone, inoltre ho saputo che vedi le auree" lo sguardo di Vanariel era preoccupato e Cora l'avvertì. "E' strano che me lo chieda, arcimago. In effetti l'aurea di Xardax è...complicata. Non so come mai ma il suo colore non è unico, cambia e si mescola continuamente. A volte ho come l'impressione che dipenda dal suo stato d'animo" disse la giovane pensierosa. "E immagino che la tua innata curiosità ti abbia portato ad indagare..." il mago lasciò la frase sospesa sperando di portare Cora a parlare apertamente di quello che pensava. "In effetti, si. Ho letto molto sulla formazione delle auree e su cosa possa interferire con esse mutandone il colore e non ho trovato nulla sullo stato d'animo. Le auree non sono un prodotto psicologico ma quasi biologico. Dipendono dalla natura della persona, dalle sue inclinazioni e raramente hanno una varietà di colori come accade a Xardax" disse, cominciando ad intuire dove Vanariel volesse arrivare. "E in quali casi l'aurea possiede più tonalità diverse?" chiese il mago, sperando che Cora non fraintendesse il suo obiettivo. La ragazza deglutì rumorosamente. "Quando nella persona convivono nature differenti. Può capitare che, a seconda del momento e dei pensieri, l'aurea cambi colore e ciò denota una varietà di nature. Ma in Xardax, da quello che ho visto, ne convivono addirittura tre. Una è tranquilla, buona, legale e di colore azzurro. Una è decisamente più caotica ma non so dire se è cattiva. Infine..." non riusciva a finire la frase e fu Vanariel a farlo per lei. "Infine una è malvagia" disse con tono sconsolato l'arcimago. Il silenzio calò nella stanza. "Arcimago, io sono convinta che quest'ultima parte di lui sia minima e che non renda Xardax cattivo. Certo, a volte lui è particolarmente curioso circa la magia oscura, ma penso sia solo un interesse accademico" cercò di giustificare Cora. "Anche io, come te, penso che il nostro giovane amico sia estremamente curioso. Ma, per nostra sfortuna, ho il timore che siamo solo noi due a vederla in questo modo. Sai dove si trova Xardax in questo momento?" "Sta affrontando la prova, giusto?". Cora sapeva che il suo amico avrebbe dovuto affrontare Arania, ma decise di non dire all'arcimago tutto per non mettere nei guai Xardax. "Si, e sarà la prova più difficile per lui. Te ne ha parlato?" chiese Vanariel, già conoscendo la risposta. Cora si sentiva in trappola: da una parte il suo migliore amico dall'altra l'arcimago. Decise di mantenere la risposta il più vago possibile. "Mi ha detto di essere preoccupato, ma non so altro" mentì. "Mi fa sempre piacere trovare la forza dell'amicizia nei giovani, vi rende onore. Tuttavia sappiamo entrambi che non è così: Xardax ti ha detto di Arania, lo so e non sono arrabbiato per il fatto che me l'hai tenuto nascosto" cercò di rassicurare Cora. Lui aveva bisogno del sostegno della ragazza e non poteva permettersi di mettere a repentaglio la sua fiducia. Cora annuì e abbassò lo sguardo sentendosi colpevole. L'arcimago si girò lievemente e fece segno a Cora di non parlare. Fece un ampio gesto con la mano e poi disse alla giovane di rimanere immobile e in silenzio. In quel momento Tessara apparve nello studio di Vanariel, facendo sussultare la ragazza. "Non è più usanza annunciarsi, sacerdotessa?" disse il mago infastidito. "Scusa, Vanariel, ma è una situazione delicata" cercò di giustificarsi Tessara senza troppa convinzione. La sacerdotessa non potè notare Cora perché il mago aveva usato un incantesimo di invisibilità sulla giovane. "Xardax ha saputo qualcosa" disse improvvisamente Tessara prendendo di sorpresa Vanariel. "Come..." "Come faccio a saperlo, vuoi dire?" lo interruppe. Il mago annuì. "Vanariel, sai quanto la Legione sia impegnata in questa faccenda, non avrai pensato che mandassimo Xardax in una missione così delicata senza precauzioni?" disse la sacerdotessa con tono di sufficienza. Vanariel si sentì idiota. Era chiaro che Tessara e la Legione sapessero più di quanto gli avessero detto e, soprattutto, avevano la capacità di raccogliere informazioni senza che nessuno sospettasse alcunché. Povero Xardax, penso fra sé, in quale brutta situazione ti ho cacciato? "Fonti certe, ci hanno riferito che il mago ha parlato con un ragno o, almeno, è entrato in empatia con esso. Capisci cosa significa?" chiese Tessara in tono serio. Vanariel lo sapeva e lo sapeva bene. Tuttavia cercò di prendere le difese del ragazzo. "Ebbene? Il fatto di poter, potenzialmente, essere oscuro non significa che le sue azioni lo porteranno ad esserlo. Penso dovresti dare più fiducia a Xardax, dopo tutto è figlio di Rhyal" Quando l'arcimago pronunciò quel nome, gli occhi di Cora ebbero un lampo. "Cara Tessara, non bisogna avere timore delle giovani menti. Sebbene sia riservato agli anziani il compito di insegnare la via, a volte possono essere i giovani a mostrarci un'alternativa" disse Vanariel. "Bene" disse la sacerdotessa con irritazione "Xardax sta diventando un problema. Se dovesse agire diversamente dalle nostre aspettative allora significherebbe che hai vinto tu ed egli vivrà. Ma noi ci attendiamo un mero fallimento e ciò significa che egli morirà presto" sentenziò. "Non si era mai parlato di uccidere Xardax!" tuonò Vanariel. Un sorriso beffardo apparve sul viso della sacerdotessa. "Devo aver dimenticato di dirtelo" disse. "Ad ogni modo, un nostro inconsapevole strumento si trova ora molto vicino a Xardax e al momento opportuno agirà per nostro ordine". Guardò distrattamente nella direzione di Cora e la giovane temette di essere stata scoperta. Poi voltandosi e dando le spalle ai due si congedò senza troppe misure. Vanariel si lasciò cadere sulla sedia e appoggiando un gomito sulla scrivania si massaggiò il collo. Cora, che non aveva proferito verbo per tutta la discussione, sentì improvvisamente montare la rabbia. Sbattendo i pugni sulla scrivania e tornando visibile, tuonò "Come avete potuto lasciare che Xardax finisse in questa situazione?! Che cosa deve fare? E chi è lo strumento di cui parlava la sacerdotessa?" le domande vennero urlate mentre le lacrime scendevano lungo le guance della giovane. "Xardax era sotto il controllo della Legione da diverso tempo, ben prima che varcasse la soglia di questa torre. Io stesso ho dovuto per conto loro valutare il giovane quando era solo un bambino. Egli non è un ragazzo come tutti gli altri, Cora, e di questo te ne sei accorta anche tu. Non è un caso che la sua aurea sia particolare né che durante il suo cammino alla torre sia sempre stato da solo. Xardax non è un semplice apprendista" fece una pausa e prese coraggio. "Lui è il mago più potente che abbia mai camminato per le strade di Anthurium". Cora non riusciva e credere alle parole di Vanariel. Improvvisamente quel suo amico un po' particolare era diventato il centro di una faccenda molto più grande di lei. L'arcimago sorrise a Cora per tranquillizzarla. "Penso che la zona proibita della biblioteca sia una zona interessante da visitare. Molti libri si trovano carichi di polvere laggiù perché da troppo tempo non vengono letti" disse Vanariel e la giovane si stupì del cambio repentino di discorso. "Ah" sospirò l'arcimago "quanto impegno è stato profuso per evitare che gli studenti potessero entrarvi. Sai, chiunque abbia le dimensioni giuste attiverebbe senz'altro le difese della biblioteca..." e fece l'occhiolino a Cora. La ragazza capì. L'arcimago aveva fatto in modo che lei potesse entrare nella zona proibita per leggere i volumi in essa contenuti. "Credo che andrò a riposare" concluse Vanariel " e sono certo che tu avrai i tuoi studi da portare avanti. Come vedi siamo entrambi impegnati. Buona giornata, Cora". Cora attese la notte. Sebbene avesse avuto dall'arcimago l'informazione che lei potesse entrare nella biblioteca, non le sembrava il caso di rischiare d'essere vista. Si mosse furtivamente per i corridoi evitando accuratamente le sentinelle. Quando si trovò davanti alla porta della biblioteca ebbe un'esitazione. Poi inspirando profondamente, decise di entrare.

L'area proibita si trovava dietro un immenso cancello che giorno e notte veniva sorvegliato da guardie. Cora cercò di camminare nell'ombra e la sua piccola statura le permise di avvicinarsi senza essere notata. Sebbene arrivare fino a li fosse stato semplice, ora non aveva la minima idea di come attraversare il cancello. Le guardie non sembravano molto sveglie. La noia e l'ora tarda stavano facendo effetto sulle loro capacità e ben presto una delle due si addormentò. Ne rimane solo una pensò. Ma come fare? In quel momento Vanariel entrò nella biblioteca. La guardia si mise sull'attenti e si schiarì la voce cercando di svegliare il compagno. "Buona sera signori" disse con tono ingenuo l'arcimago "scusate il disturbo. Vedete ho un piccolo problema con uno degli scaffali e per quanto capisca che l'ora non è una delle più adatte, vi chiedo di aiutarmi" "Ma non è possibile fare tutto domani con la luce del giorno?" chiese una delle due guardie pensando che quella richiesta fosse un trabocchetto per testare la loro serietà di servizio. "Capisco che la richiesta possa sembrare strana. Ho provato a dire a me stesso di ignorare la questione, ma quando c'è un grattacapo non riesco proprio a chiudere occhio senza risolverlo" disse sorridendo. Le guardie si scambiarono uno sguardo, poi decisero di assecondare Vanariel. "Qual' è il problema con lo scaffale?" domandò una delle due affiancandosi all'arcimago. "Vedete, mi sembra che alcune assi si stiano piegando sotto il peso dei volumi e non vorrei mai che crollasse tutto in testa al primo studente che passa" e così dicendo, si allontanò dal cancello seguito dalle sentinelle. Cora approfittò del momento per varcare il cancello passando per le inferriate. Vanariel aveva ragione: solo uno della sua taglia avrebbe potuto passarvi attraverso. La giovane si trovò davanti ad una serie di scaffali che ricoprivano le pareti fino al soffitto. Vi erano stipati migliaia di volumi alcuni dei quali sembravano avere centinaia di anni. L'odore di pagine vecchie cominciò ad inebriare Cora. I libri erano in ordine alfabetico e, per la prima volta da quando aveva deciso di intraprendere questa missione si trovò a domandarsi che cosa stesse cercando. Vanariel non le aveva detto nulla e lei non aveva idea di quale libro avesse bisogno. Decise di cominciare da quelli storia di Anthurium e si recò verso lo scaffale che riportava la lettera S. Con sua enorme sorpresa c'era solo un libro con quel titolo. Lo prese e il peso del volume per poco non le fece perdere l'equilibrio. La copertina era di cuoio, ben lavorata e riportava strani simboli sul dorso. Rune, pensò la giovane, che l'arcimago aveva posto come sigillo. Un sorriso illuminò il suo viso.z Aveva appena superato l'esame per diventare Studioso Arcano e uno dei volumi che aveva studiato s'intitolava Le Rune e i sigilli, tecniche avanzate. Forse non era stato un caso, visto che la scelta del libro le era stata consigliata proprio da Vanariel. "Le Rune hanno sempre un loro fascino" aveva detto "penso che la lettura di questo volume risveglierà il tuo interesse per una disciplina così antica". Guardando i segni si rese conto che era un sigillo di secondo livello, poco impegnativo per chi ha le conoscenze giuste. Cora passò le dita sulle rune e disse alcune parole nel linguaggio draconico, la lingua usata dagli antichi maghi di Anthurium. Un bagliore argenteo si diffuse sull'intera copertina e Cora potè aprirlo.

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Capitolo 12
*** Capitolo XI: Arania ***


L'aria era pesantemente carica di umidità. Le nuvole colme d'acqua ricoprivano il cielo e tuoni in lontananza rimbombavano fra le fronde degli alberi. Lei camminava senza una meta e senza darsi pace per quello che era accaduto. L'amore della sua vita l'aveva abbandonata lì, a marcire fino alla fine dei giorni. Una goccia cadde sulla sua guancia e le rigò il viso come una lacrima. Perché? Continuava chiedersi, perché Zordlon l'aveva allontanata da sé in quel modo? Erano giorni o forse settimane che vagava tra gli alberi senza trovare una risposta né una via d'uscita da quella gabbia di fronde. E mentre la vita continuava a scorrere per tutti, la sua si era fermata. L'amore che provava, lentamente cominciò a diventare un sentimento ancora più forte, più penetrante. Era diventato odio. Odio e voglia di vendetta. Una mattina come tutte le altre, mentre lei stava seduta vicino al piccolo corso d'acqua che attraversava la Foresta delle Sete, udì un lieve suono. Tese i sensi per capire di cosa si trattasse. Poi, lentamente, il rumore divenne regolare, un battito di cuore ritmico, leggermente agitato. Un uomo. La fame crebbe, assieme col piacere della caccia. Finalmente si sarebbe nutrita di nuovo. Attese, fino quando l'uomo non fosse giunto vicino a lei. Allora intonò un leggero canto, spensierato e lo attirò a sé. Lui non si fece attendere e dopo pochi istanti, fece capolino dietro le felci alte del sottobosco. Stupida creatura, pensò Arania, un piccolo topo curioso che entra di sua volontà nella tela del ragno! L'uomo era giovane, inesperto, e sebbene avesse timore, la curiosità era più forte del suo istinto. Vide la donna, seduta elegantemente sul bordo del ruscello. Era bellissima. I capelli neri erano sciolti e cadevano morbidi lunghi la sua schiena coprendo ciò che l'abito molto succinto avrebbe lasciato intravvedere. La sua pelle chiara faceva da sfondo agli occhi color dell'oro incorniciati da folte ciglia nere. La bocca, carnosa era rosata così come le sue guance. Quando lei lo vide, interruppe il canto fingendo vergogna. "Vi prego continuate, non lasciate che un povero cacciatore interrompa il vostro lieto canto" disse l'uomo cordialmente. Un lampo famelico illuminò i suoi occhi e lui ebbe l'impressione di essere in pericolo. Ma lei delicatamente si alzò e gli andò incontro, muovendosi sinuosamente. Non disse una parola, non ce n'era bisogno, era suo, tutto suo e nessuno l'avrebbe fermata. Quel gioco le piaceva, era parte di lei. Una cacciatrice, ecco come si sentiva, uno spietato predatore che amava giocare con il cibo. Fu facile e veloce. Gli avventurieri in quella foresta erano pochi, e dopo che si sparse la voce che una terribile creatura l'abitava, furono ancora meno. Arania si abituò a cibarsi sempre poco, ogni tanto era costretta a nutrirsi con gli animali del luogo ma non era lo stesso. Amava la paura negli occhi delle sue vittime umane, mentre gli animali erano forse più rassegnati alla loro sorte e non le concedevano il gusto della caccia. I mesi passarono e col tempo divennero anni, durante i quali avvertiva sempre Zordlon nella sua mente. Il legame che li univa era forte e superava qualsiasi barriera, lo spazio come la magia. Un giorno però avvertì qualcosa. Venne travolta da un dolore lancinante al petto e seppe immediatamente che al suo amato era successo qualcosa. Stava morendo, poteva avvertire la sofferenza e con un ultimo sforzo, il mago riuscì a mettersi in contatto con lei. Arania allora vide la Viaggiatrice e con essa una grande forza oscura che combatteva al suo fianco. Vide Zordlon agonizzare, lo sentì gemere e percepì i suoi ultimi pensieri. Le chiedeva perdono e le prometteva che sarebbe tornato. Lei pianse con un dolore estremo, si sentì spezzare l'anima, quell'ultimo barlume di felicità che le rimaneva in corpo morì quel giorno assieme al suo amore. L'odio che aveva provato per lui era svanito di colpo, aveva compreso quanto grande fosse la loro unione e quanto il mago non potesse sopportare l'idea di dividerla con altri. Aveva capito e l'aveva perdonato. Dopo qualche settimana dalla morte di Zordlon, Arania si accorse che il suo incantesimo di trasmutazione stava svanendo. Lentamente il suo corpo cominciava a riacquistare le sembianze di un ragno e presto il suo sogno di umanità sarebbe terminato. Non voleva, non poteva tornare ad essere un animale, non dopo aver provato ad essere diversa. Capì che anche l'incantesimo di limitazione che la segregava nella foresta si stava indebolendo e così cominciò a muoversi. Al suo passare gli animali fuggivano terrorizzati e lei sapeva il motivo: non era più una donna bellissima ma un mostro a metà fra le due razze. I ragni cominciarono a seguirla, come fosse una guida e lei accettò questo piccolo esercito consapevole che l'avrebbe aiutata. Si recò nell'unico luogo che sapeva essere sicuro: il Tempio di Lamashtu, ultima dimora del suo amore perduto. Si rinchiuse nell'oscurità piangendo e attendendo il suo destino. Fino a quando trovò il libro e, con esso, la speranza. Era un volume antico quanto il tempo nel quale vi erano arcani incantesimi e rituali di ogni tipo. Li lesse attentamente e, finalmente, una sera trovò ciò che stava cercando. Le ninfe erano la chiave. Loro avevano donato alla Terra la vita e in esse era contenuta la sorgente di ogni creatura. Attraverso il loro sangue avrebbe ricevuto il dono più grande: rimanere donna per sempre. Il tempo, che era trascorso fino a quel momento così lentamente da farle desiderare spesso la morte, ora aveva trovato nuova energia. Doveva trovare le ninfe, ovunque si fossero nascoste e avrebbe bevuto il loro sangue. La ricerca fu estenuante. Arania inviò i suoi fedeli ragni negli angoli più remoti di Anthurium in cerca di informazioni. Poi un giorno, alcuni di loro tornarono con un elfo. Era un guerriero, alto e di bell'aspetto e indossava un armatura scintillante. Privo di sensi a causa del veleno che i ragni gli avevano inoculato sembrava un angelo addormentato al suo cospetto. Le avevano portato del cibo e lei li ringraziò con affetto. Arania attese che l'uomo si svegliasse e nel frattempo guardò nella sua borsa per conoscere meglio il suo ospite. Non vi era nulla di importante ad eccezione di un anello avente un drago scarlatto inciso. Lei aveva già visto quel simbolo, quando ancora era al fianco di Zordlon e insieme mettevano a ferro e fuoco i villaggi. Apparteneva alla Legione dei Piani, un esercito di maghi guerrieri nato per difendere la gilda di Anthara da qualunque minaccia magica. Zordlon aveva cercato di uccidere tutti i guerrieri della Legione, ma evidentemente non era riuscito nel suo intento. Almeno uno si era salvato ed era lì davanti a lei. Quando il guerriero si riprese, rimase scioccato da ciò che si trovò davanti. Conosceva Arania, ne aveva sentito parlare, ma vederla con i suoi occhi era terrificante. Lei si accorse della sua paura e non nascose il divertimento. "Giovane guerriero arcano, sei forse l'ultimo della Legione di Anthara?" chiese con voce suadente Arania. Lui si ricompose e coraggiosamente decise di tenere testa al mostro. "L'ultimo?" disse ironicamente "No, mia signora, siamo in tanti. La Legione non è mai stata sul punto di estinguersi, malgrado Zordlon ci abbia provato". Un lampo di rabbia percorse i suoi occhi gialli. Come osava quel lurido essere nominare il suo amore? "Oh, a proposito, le mie condoglianze. Il mago è trapassato nell'Oltre, spero di non essere io a darvi per primo la notizia della sua dipartita" disse sorridendo. Arania lo afferrò con le sue zampe stringendo sempre di più e sentendo l'armatura cedere sotto la sua forza. "La ferraglia che vi portate dietro non reggerà ancora per molto e allora saranno le vostre ossa a frantumarsi" ringhiò Arania così vicino al volto dell'elfo da sentirne il respiro sulla pelle. Lui aveva coraggio e lei glielo leggeva negli occhi. Eppure aveva paura, ma non per se stesso. Per una donna. Un sorriso beffardo illuminò il viso di Arania. "Temete di lasciarla per sempre?" chiese mollando leggermente la presa e permettendogli di parlare. "Non capisco di cosa stiate parlando" disse lui cercando di celare la preoccupazione. Lei lo guardò negli occhi e riprese a parlare. "Gli anni di solitudine mi hanno donato molto tempo per affinare i miei sensi, guerriero. Potrei sentire l'odore della paura a leghe di distanza e riconoscerne la causa. Voi non temete per la vostra vita, ma per quella di una donna che vi sta a cuore". Lui abbassò lo sguardo. Aveva ragione, era terrorizzato dall'idea di lasciare Rhyal da sola. "Avete ragione, Arania" disse, e lei a udire il suo nome esitò. "Come mi avete chiamata?" chiese mostrando in quel momento tutta la sua debolezza. "Arania. Non è così che vi chiamate?" "Si, quello è il mio nome ma sono troppi anni che non lo odo. Mi ero quasi dimenticata di avere un nome..." Il guerriero la guardò con occhi diversi. Si, era un abominio creato da Zordlon, ma c'era qualcosa di umano in lei. La sua sofferenza era vera, palpabile e lui poteva percepirla. Decise di lasciare la presa. Lui si alzò e d'istinto portò la mano alla spada che pendeva lungo il fianco. "Sappiamo entrambi che non vi servirà. Prima che voi possiate affondare il colpo, i miei figli vi avranno divorato" disse lei indicando con lo sguardo le decine di ragni giganti che erano tutti attorno a loro. "Ebbene?" chiese lui "quali intenzioni avete?Mi ucciderete come avete sempre fatto? O prima vi concederete un accoppiamento?". Ormai le sue speranze di uscirne vivo erano svanite. "Non ho fame, se è questa la domanda, ma non posso togliere ai miei figli un pranzo così prelibato" i ragni cominciarono ad avvicinarsi famelici. "Penso che dovreste dire addio alla vostra Rhyal. Mentre voi proverete il dolore di essere dilaniato vivo, io tornerò ad occuparmi della mia ricerca. Non sono un animale" tuonò "sono e resterò una donna, a costo di dover distruggere la Terra intera per trovare le ninfe!". Fece per andarsene ma lui la fermò. "Le ninfe? So dove si trovano" disse di colpo. Lei fece un gesto e i ragni si fermarono. "Se vi state prendendo gioco di me, vi avverto che la mia ira farà ancora più male!" disse Arania, timorosa che quel gesto fosse solo un becero tentativo di salvarsi la vita. "No, non sto mentendo. So dove si trovano e ve lo dirò se voi mi promettete di lasciarmi libero". Lui sapeva che stava per scendere a patti con un abominio, tuttavia aveva le sue buone motivazioni. Se Arania fosse tornata umana sarebbe stato più facile distruggerla.

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Capitolo 13
*** Capitolo XII: Un passo verso la verità ***


~~Il volume si aprì liberando la polvere sepolta da anni. Cora non aveva mai visto quel libro ed era sicura di non conoscere nulla su quanto vi era scritto. Era elettrizzata. Stava per leggere qualcosa che pochi avevano avuto l'onore di conoscere. I suoi occhi cominciarono a scorrere veloci sulle parole, leggeva e cercava di memorizzare più informazioni possibili. I primi capitoli riguardavano la vita di Zordlon, dov'era nato, come era cresciuto. Cose che per lo più conosceva anche se non nei minimi dettagli. Si raccontava di Arania e della sua impresa al Monte Soffio per costringere l'antico drago ad aiutarlo. Poi, Cora giunse al capitolo intitolato La caduta. Inspirò profondamente prima di continuare a leggere perché sapeva che avrebbe conosciuto la verità.
Il tempio di Desna, situato al centro della capitale del regno, era il più antico di Anthurium e aveva le sembianze di un castello. Il mago Zordlon aveva inutilmente cercato di prenderne il controllo e gran parte della resistenza era stata mossa dalle sue possenti mura. Il motivo dell'interesse che il mago aveva, risiedeva in un'antica leggenda secondo la quale Desna aveva nascosto al suo interno una fonte inesauribile di magia. Colui che avesse preso il controllo della fonte avrebbe potuto usarne l'immenso potere a proprio piacimento. Per questo motivo venne sancita la nascita della Legione dei Piani: un esercito di guerrieri arcani che avrebbero protetto la fonte dalle minacce esterne con l'aiuto delle Viaggiatrici.
Le Viaggiatrici erano maghe potenti nati con il dono di poter viaggiare in sogno fra i vari piani dell'Essere, cioè le diverse realtà che formano il cosmo. Così facendo, esse erano in grado di vedere le cose che sarebbero accadute, le cose che erano già accadute e, talvolta, le cose che stavano accadendo. Quando Zordlon pensò di potersi disfare della Legione era convinto che quella delle Viaggiatrici fosse solo una favola della buona notte. Nessuno ne aveva mai conosciuta una, perché la loro identità era celata dalla Legione stessa.
Durante l'assedio che Zordlon mosse al tempio di Desna, alcune Viaggiatrici si recarono tra i Piani per cercare alleanze contro gli abomini del mago. Molti di esse perirono nell'impresa, altre persero se stesse nel tentativo. Solo uno riuscì a trovare la via del ritorno. Ella tornò dal suo viaggio portando con sé una creatura antica quanto il tempo, l'Ombra, che attraverso il corpo della maga distrusse per sempre Zordlon.
Cora sperava di poter trovare altre informazioni, ma le ultime pagine del libro erano state strappate. Qualcuno non voleva si sapesse altro sull'argomento, ma cosa c'era di così importante?
Corse rapidamente verso la sezione che riportava la lettera V. Trovò alcuni volumi ma solo uno attirò la sua attenzione: Le Viaggiatrici. Non c'era alcuna runa a protezione del volume e lei lo aprì. Le pagine erano completamente bianche, nemmeno una macchia d'inchiostro. Sfogliò velocemente l'intero contenuto e poi, giunta circa a metà, trovò poche righe scritte con calligrafia ordinata ed elegante.
La Verità non giunge al curioso ma a chi si impegna nella ricerca. Solo in Desna è la ricerca, in lei si giunge alla Verità.
Cora fissò la scritta pensierosa. Poi capì. Come aveva fatto a non rendersene conto prima? Doveva parlare con l'arcimago.
I corridoi che si snodavano all'interno della torre non erano mai sembrati a Cora così lunghi. Cercava di raggiungere in fretta lo studio di Vanariel senza però dare troppo nell'occhio. Quando arrivò davanti alla porta fece un respiro profondo e bussò. Nessuna risposta. Provò di nuovo. Niente. Sconsolata, si guardò intorno e vide Glock, il segretario dell'arcimago che portava alcuni libri.
"Glock, dov'è Vanariel?" chiese cercando di nascondere la fretta.
Lo gnomo si fermò sbuffando e la guardò di traverso con gli occhiali appoggiati sul naso.
"Ha dovuto allontanarsi dalla Torre per qualche giorno. Se pensi di chiedermi dove sia andato sappi che non sono autorizzato a dirtelo" disse col tono di uno troppo indaffarato per fermarsi a parlare. Cora arricciò la bocca pensierosa. "Non puoi proprio dirmi nulla?" chiese infine speranzosa. Lo gnomo fece per andarsene poi si fermò. "In effetti non so dove sia andato, è partito in tutta fretta un paio d'ore prima dell'alba. Mi spiace" e voltandosi tornò alle sue faccende.
Cora doveva andare nella capitale per continuare le sue ricerche e confermare i suoi sospetti. Ma per poter lasciare la Torre aveva bisogno di un permesso e l'arcimago non c'era. L'unica possibilità era quella di richiedere un'autorizzazione ad uno dei maghi superiori e la giovane sapeva a chi rivolgersi.
Il professor Levian era impegnato in una lezione quando Cora entrò nella stanza correndo. Scusandosi per l'interruzione chiese al professore di poter scambiare qualche parola in privato. Gli spiegò la sua necessità di andare ad Anthara ma cercò di restare sul vago per quanto riguardava la motivazione.
"La tua richiesta è molto particolare Cora, mi rincresce dover insistere per conoscerne il motivo" disse gentilmente il professore. Cora non aveva scelta: doveva convincere Levian a firmare il permesso e doveva trovare un compromesso con la segretezza che pensava di dover mantenere.
"Capisco le sue preoccupazioni, ma la questione è riservata. Posso solo dirle che l'arcimago in persona mi ha dato l'incarico e che posso portarlo a termine solo se le mie ricerche trovano una conclusione. I volumi che sto cercando si trovano nella capitale ed è estremamente importante che io vada ad Anthara per leggerli". Cora cercò di essere il più persuasiva possibile, ma dal volto del professore capì che stava fallendo nel suo intento.
"C'è in gioco molto più di una semplice ricerca, professore, la vita di un mio caro amico dipende da questo" ora il suo tono era decisamente disperato. Levian la guardò per qualche istante pensieroso poi le fece una domanda a brucia pelo che la spiazzò. "Se avrai successo, Xardax tornerà sano e salvo alla Torre?". Cora, ormai persa ogni speranza di segretezza, rispose con tutta la convinzione che aveva. "Si, tornerà a casa" disse.
Levian prese dalla scrivania una pergamena , vi scrisse velocemente qualcosa e la porse a Cora.
"Con questa non dovresti avere problemi a lasciare la Torre. C'è anche la richiesta di un carro per scortarti fino alla capitale. Non perdere tempo a fare i bagagli. Poco fuori dalla città c'è un villaggio, Uthrill, lì troverai una locanda. Dì che ti mando io. Se parti ora arriverai alla locanda prima che faccia buio."
Cora prese la pergamena, lo ringraziò con lo sguardo e corse via, verso le stalle.
Che Desna abbia cura di te e illumini il tuo cammino pensò Levian prima di tornare alla lezione.
 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII: La ninfa di Terra ***


~~Xardax dovette accendere una fiammella per trovare le torce e illuminare finalmente la stanza. I suoi compagni erano visibilmente turbati da quanto era appena accaduto e lui non era da meno. Arania li stava aspettando e loro dovevano ancora capire contro cosa si sarebbero scontrati. Avevano trovato solo una delle quattro ninfe, quella del fuoco, e il tempo stringeva.
"Credo che dovremmo andare giù dalle scale questa volta" disse Alton ricordandosi del bivio che avevano incontrato " e speriamo di non trovare tanti guai".
Xardax guardava i tre compagni d'avventura e per quanto gli piacesse stare con loro, sentiva dentro di sé che presto sarebbe cambiato tutto. Era una sensazione strana. Lui era diverso da loro, poteva percepirlo, e la cosa non gli piaceva. Da poco più di un anno, la sua vita era profondamente cambiata, era passato dall'essere un armaiolo a Red Down a mago apprendista presso la Torre. E ora sapeva di poter parlare con creature oscure così come faceva Zordlon. La rabbia che aveva avvertito in Arania era profonda, viscerale e non prometteva nulla di buono, ma stranamente, Xardax non era più spaventato dalla sua missione. Aveva paura, quello era certo, ma non della creatura che avrebbe incontrato. Aveva timore di quello che avrebbe scoperto su di sé.
Giunti al bivio delle scale, decisero di scendere. I gradini sprofondavano nella più completa oscurità e Alton chiese al mago il lume fluttuante per poter vedere nell'ombra. Quando giunsero alla fine della scalinata, si presentò loro una strana stanza ben illuminata. Le pareti erano completamente lisce e il pavimento era formato da grandi mattonelle sulle quali erano riportati simboli sconosciuti. Alton chiamò vicino a sé Xardax, sperando che le sue conoscenze potessero dare informazioni utili sui simboli.
"Non ho mai visto nulla di simile" disse il mago "ma la cosa non i piace per niente". Xardax si chinò per esaminare meglio. Posò la mano passando le dita attorno al margine della mattonella. "Sembrano leggermente rialzate rispetto al livello del suolo, probabilmente sono a pressione come i simboli che abbiamo incontrato all'ingresso" disse infine rialzandosi. Serval che aveva assistito all'analisi dei suo compagni in silenzio si sentì in dovere di partecipare.
"Dovremmo trovare il modo di attraversare il pavimento senza toccare le mattonelle. Ma per quanto mi sforzi, non lo vedo" chiosò annuendo con la testa.
"Forse se usassimo una corda..."disse Alton ricordandosi del trucco del mago contro un ragno.
"Sarebbe inutile, Alton, non riuscirebbe a sostenere il peso di quattro uomini e non ho la forza necessaria a mantenere la concentrazione" disse il mago smorzando quell'unica idea che il piccolo halfling aveva avuto.
Mentre i tre cercavano di trovare una soluzione, nessuno si accorse che il nano si era avvicinato al gruppo. Guardava il pavimento affascinato e sorridendo sembrò avere qualcosa d'importante da comunicare. Alton, che finalmente si era accorto della sua presenza lo interrogò, sorpreso che Burduck dimostrasse per la prima volta di voler partecipare alla soluzione di un enigma piuttosto che rimanere in disparte attendendo istruzioni.
"Stai pensando a qualcosa?" gli chiese. Il nano, senza distogliere lo sguardo dal pavimento, alzò lievemente le folte sopraciglia.
"E' una serie di trappole a pressione. I simboli si ripetono sparsi qua e là e dovremmo cercare di capire quali siano quelli sicuri" disse quasi come se stesse parlano fra sé.
"Ah, bene nano, meno male  che hai capito il problema. E noi che ce ne stavamo qui ad ammirare gli intarsi sulle piastrelle senza pensare che fossero delle trappole!" disse in tono sarcastico il ranger che ormai non poteva più sopportare l'atteggiamento del nano. "Ad ogni modo" aggiunse " hai un'idea su come fare?"
Burduck finalmente si girò a guardare il gruppo che attendeva il suo responso fiducioso. I nani erano maestri nell' arte di lavorare  la pietra e tutti loro speravano che il compagno conoscesse qualcosa che li potesse aiutare. Burduck, invece, guardò il gruppo, poi il pavimento e infine di nuovo il gruppo. Dopo qualche istante sorrise.
"Ho un idea" disse facendo l'occhiolino al mago. "Ma" continuò verso Alton "non ti piacerà". In un secondo prese di peso il compagno e senza che nessuno dei presenti potesse intervenire in tempo lo lanciò in mezzo alla stanza. Alton non riuscì nemmeno a gridare per lo stupore e si limitò ad atterrare il meno rovinosamente possibile. Non appena il suo corpo si posò su una mattonella una ragnatela lo avvolse in una stretta. Il nano ridendo si girò verso gli altri soddisfatto di quanto accaduto. "Bene, quel simbolo non è sicuro! Ora lo sappiamo" e rise ancora con più gusto.
"Dannazione Burduck! Che cosa ti è preso? Sei impazzito?" gridò Xardax mentre lanciava una corda al compagno che nel frattempo si era liberato.
"Ho solo pensato di velocizzare le cose. Così è molto più semplice" rispose il nano come se fosse tutto normale. Ora che la corda era tra le mani di Alton si poneva il problema di riportarlo fra loro senza fargli calpestare altre mattonelle. Serval contò fino a tre e diede un forte strattone alla corda. Il piccolo halfling volò fino a loro andando a sbattere contro le pareti della scalinata.
"Brutto barbuto pezzente!" tuonò Alton mentre si rialzava. Ma non fu sufficientemente veloce. Burduck lo prese nuovamente e lo gettò in un'altra zona del pavimento. Xardax e Serval non potevano credere a quel che stavano vedendo. Alton atterrò su una mattonella che al suo arrivo fece scattare un congegno metallico in un'altra stanza. Poterono sentire solo il rumore di una catena che si tirava e di una gabbia che si apriva. Cessato il rumore, il nano guardò soddisfatto il gruppo. "E anche questo simbolo non è sicuro" disse poi con il tono di uno che la sa lunga.
Alton decise che sarebbe rimasto dov'era, al sicuro lontano dal nano. Serval diede uno spintone a Burduck che finì su una delle prime piastrelle. Il terreno cedette e il nano cadde in una fossa apertasi sotto i suoi piedi. Per poco riuscì ad evitare degli spuntoni che fuoriuscivano dal terreno. Qualche centimetro più in là e sarebbe finito infilzato.
Xardax guardò giù dalla buca e vide il nano che si stava rialzando. "Direi che anche questa mattonella non è sicura, tu cosa dici Burduck?" e rise. Presto tutti e quattro scoppiarono in una fragorosa risata di quelle che fanno venire le lacrime agli occhi. Burduck era riuscito a farli divertire nonostante la situazione fosse tesa. Nessuno dei tre riuscì più di tanto a rimanere arrabbiato con lui che, nel frattempo, cercava senza successo di arrampicarsi lungo le pareti della fossa.
L'arrampicata fu più lunga del previsto e questo diede modo al mago di analizzare meglio gli starni simboli sul pavimento. In effetti, era da un po' che li trovava famigliari e a mano a mano che si concentrava cominciò a ricordarsi dove li aveva visti. "Credo di aver capito" disse infine "sono gli stessi simboli che si trovavano all'ingresso del tempio e sul libro che abbiamo letto nella sala centrale. In realtà sono lettere dell'alfabeto arcano dei cultori di Lamashtu. Ora l'unica cosa da capire è l'ordine. Alton, visto che sei in mezzo alla stanza, dovresti descrivermi i segni che vedi" disse all'halfling. Alton ci mise qualche minuto a ripetere al mago ciò che vedeva, ma quando ebbe finito, Xardax era soddisfatto e aveva la soluzione dell'enigma.
"Bisogna solo camminare sulle lettere che compongono il nome di Lamashtu e ignorare tutte le altre. Venite" disse poi rivolto a Serval e Burduck "mettete i piedi dove cammino io". Xardax appoggiò il suo peso sulla prima mattonelle e pregò gli dei di aver avuto ragione. Non accadde nulla. Tirò un sospiro di sollievo e si girò verso gli altri con fare orgoglioso. "Beh? Che vi avevo detto? Sono o non sono il mago più in gamba che abbiate mai incontrato?". I tre si scambiarono occhiate di sufficienza e decisero di non ingrandire ulteriormente l'ego già fin troppo sicuro di Xardax.
Una volta che il mago giunse al termine del pavimento e si trovò davanti alla porta, notò sulla destra una leva che da lontano non era visibile. Decise di tirarla senza interpellare i compagni e, come aveva previsto, le mattonelle si portarono tutte a livello del suolo interrompendo la trappola.
Varcando la porta si ritrovarono in una stanza simile a quella precedente. La forma era rettangolare e il pavimento era fatto di grosse piastrelle intarsiate. Non ci volle molto perch un altro ragno gigante li attaccasse, ma questa volta le loro forze unite interruppero l'attacco della creatura agilmente. Solo allora si resero conto delle gabbie. Erano sei, erano grandi e ognuna di esse conteneva un ragno. Sicuramente le gabbie si aprivano con un meccanismo collegato al pavimento della stanza precedente e quando Alton era stato lanciato da Burduck aveva attivato l'apertura di una di esse liberando il ragno che li aveva attaccati.
Le creature intrappolate sembravano guardarli con occhi famelici e a Xardax bastarono pochi attimi per comprendere il loro pensiero. Avevano fame, questo era certo, ma erano anche profondamente tristi. Il mago si avvicinò ad una gabbia e guardò la creatura negli occhi. Con chiarezza gli apparvero i suoi pensieri, quanto era felice nella foresta e quanto invece stava soffrendo ora che era in gabbia. Xardax ebbe un moto di compassione, gli sembrava di essere molto simile a quel ragno. In fondo, era stato anche lui trascinato in una situazione nella quale non era felice, strappato a suo nonno nel cuore della foresta di Red Down e portato dal Fato palla Torre. Cominciò a sentirsi triste, ripensando alla sua vita che fino a un anno prima sembrava perfetta. Ripensava al vecchio, ai suoi genitori e a Cora. Non sapeva il motivo, ma quella ragazza lo tranquillizzava, con lei tutto era più facile, lui poteva essere se stesso e lei lo apprezzava così com'era.
Fu Serval a destarlo dai suoi tristi pensieri. Il mezz'elfo lo guardava serio intuendo ciò che gli stava capitando. Tuttavia Xardax si sorprese che Serval non dicesse nulla al gruppo, nonostante il suo lato così empatico con quelle creature non fosse rassicurante. Dal canto suo, Serval capiva che il mago era stupito e spaventato quanto lui della nuova abilità acquisita e non intendeva metterlo ulteriormente a disagio.
Mentre i due condividevano un momento delicato nel loro rapporto d'amicizia, Alton si avvicinò alla ninfa che, come quella precedente, sembrava intrappolata in una bolla. La donna aveva gli occhi chiusi e le braccia incrociate al petto, mentre i suoi capelli color della terra fluttuavano. Come con Burduck, anche Alton ebbe delle visioni. L'origine della Terra, i vulcani che salivano fino al cielo coperto da nubi nere e dense, la vita che lentamente cominciava a nascere dalle ceneri. Poi l'arrivo delle guerre, della distruzione, popoli sottomessi e tanta, tanta morte. Vide le ninfe abbandonare la Terra e recarsi in un luogo sicuro, dopo aver racchiuso il potere della creazione nei quattro anelli e le vide stanate da Arania. Prendi l'anello, Alton Coglibosco, e il potere del sisma sarà nelle tue mani.
Poi la visione, così com'era sopraggiunta, scomparve.
I compagni guardarono Alton mentre si riprendeva dallo svenimento e attesero che raccontasse la sua visione. Al termine del racconto, Xardax si avvicinò alla bolla di energia che teneva imprigionata la ninfa e recitò l'incantesimo di rimozione. La creatura porse ad Alton l'anello e ringraziò tutti con uno sguardo intenso e colmo di gratitudine.
In quel momento accadde ciò che già avevano vissuto durante la liberazione della prima ninfa. Un sibilo echeggiò nei corridoi e un vento fetido spense ogni forma di luce, mentre il clangore metallico del chiavistello che si apriva rimbombava ritmico spaventoso.
Ancora una volta il mago ebbe l'impressione di comprendere ciò che il verso stava dicendo, ma, soprattutto, sentì chiaramente che Arania stava pronunciando il suo nome.
 

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV: La biblioteca di Anthara ***


~~Giunta alle stalle, Cora trovò un paio di cavalli pronti assieme ad un piccolo carro. Mentre si avvicinava un elfo le si parò davanti. Era notevolmente alto e la giovane ebbe l'impressione di storcersi il collo nel tentativo di guardarlo in faccia. Il suo volto era gentile e lentigginoso ma la sua corporatura era solida come la roccia.
Era lì per scortarla e, sebbene inizialmente lei non fosse molto entusiasta della cosa, in quel momento si sentì felice che Levian le avesse affiancato un ragazzone come lui. Il suo nome era Bisa e veniva da Sammhara. Era entrato nell'Accademia della Torre quando era ancora un bambino e lì era cresciuto, fra addestramenti e pranzi spartani. Tuttavia, aveva mantenuto un'espressione buona e simpatica che a Cora piaceva molto. I suoi modi erano ben lontani dalla freddezza militare e non si faceva mancare una certa galanteria. Come quando le offrì la forte mano per aiutarla a salire sul carro o come le spolverò la seduta per evitare che si sporcasse l'abito.
Il viaggio fu abbastanza tranquillo e Cora ne approfittò per ammirare il paesaggio.
La vasta pianura al centro della quale sorgeva la Torre era circondata da boschi. Cora non era mai uscita dalla Torre, almeno non negli ultimi quindici anni. Quando era giunta era poco più che un neonato e non conservava alcun ricordo della sua vita prima della Torre.
Dovettero addentrarsi nel bosco a sud percorrendo la strada sterrata che secondo Levian li avrebbe condotti a Uthrill e Cora cominciò a sentirsi nervosa ed eccitata. Non solo stava uscendo dalla sua casa per la prima volta ma era in missione per conto della Torre per salvare Xardax dalla Legione. Il sole era caldo, tipico della primavera inoltrata, e la vegetazione aveva un verde talmente vivo che sembrava riflettere la luce. Bisa non chiese mai a Cora il motivo del viaggio, aveva letto la pergamena che lei gli aveva dato distrattamente e sembrava molto contento di poter lasciare la Torre.
Mentre il sole cominciava a tramontare giunsero in vista delle mura della capitale e di lì a poco, superarono il cartello di Uthrill. Il paesino era minuscolo, poche case sparute, circondate da campi coltivati, con i tetti in paglia e i primi fumi della cena che si alzavano lenti dai camini.
Trovare la locanda non fu difficile e una volta entrati, tutti si voltarono a fissare quella strana coppia che non passava certo inosservata. Si avvicinarono al bancone e Bisa aiutò Cora a sedersi su uno sgabello. Il taverniere era un uomo di mezza età, barbuto e dalla corporatura robusta, di uno che sa mangiare bene e che apprezza la birra. Stava pulendo alcuni bicchieri quando si accorse della coppia. Alzò un sopraciglio con aria interrogativa poi con un gesto pragmatico appoggiò lo straccio che stava usando sulla spalla e dedicò loro attenzione.
"Veniamo per conto di Levian" disse Cora cercando di non dare a vedere la sua agitazione. Il taverniere scoppiò in una risata.
"Levian?" chiese ridendo "Quel figlio di un cane, è da molti mesi che non si fa vedere!" poi fece un cenno ad una donna che Cora non aveva notato che salì al piano superiore. "Ho mandato Angelica a preparavi la stanza. Nell'attesa potete rifocillarvi" disse porgendo due scodelle colme di spezzatino fumante e due boccali di birra "Offre la casa".
Cora era imbarazzata. Non riusciva nemmeno a prendere in mano il boccale di birra da quanto era grosso e quello spezzatino avrebbe tranquillamente sfamato una famiglia di quattro halfling. Bisa chiese al taverniere un bicchiere piccolo per la sua compagna di viaggio  e lui, molto gentilmente, si scusò delle dimensioni e portò subito un bicchiere più adatto.
"Eh, non si vedono molti della tua razza da queste parti. Qui vengono per lo più uomini e qualche elfo" disse cercando di scusarsi.
"Non è un problema, non c'è motivo che vi scusiate" disse di rimando Cora cercando di tranquillizzare il taverniere.
Cora e Bisa cenarono con gusto e per qualche ora, la giovane si dimenticò il motivo della sua gita. Fu solo quando entrarono nella stanza e si accomodarono sui giacigli che cominciò a pensare all'indomani e alla missione che l'attendeva. Bisa le lasciò entrambi  i letti decidendo di riposare sulla sedia e a poco valsero le rimostranze di Cora che cominciava a sentirsi in colpa per lui.
Il mattino seguente Cora venne svegliata dal canto del gallo. I raggi del sole penetravano dolcemente dalla finestra e illuminavano la stanza. Tirandosi su dal letto vide che Bisa non era nella stanza. Provò a chiamarlo e dopo qualche istante il ragazzo entrò dalla porta con un vassoio sopra il quale vi era una tazza di latte caldo e del pane nero.
"Ho pensato avessi fame una volta sveglia, così sono andato di sotto e ho preso la colazione". Posò gentilmente il vassoio ai piedi del letto. Cora era rimasta senza parole.
"Non dovevi disturbarti" disse lei "comunque sei stato molto gentile". Lui le sorrise e in quel momento Cora si domandò per quale motivo sentiva come delle farfalle nello stomaco.
Ripresero il viaggio lasciando il carro a Uthrill, la camminata verso la capitale sarebbe durata non più di mezz'ora ed entrambi volevano sgranchirsi le gambe.
Le imponenti mura della città fecero venire le vertigini a Cora e Bisa dovette sorreggerla. "Tutto bene?" gli chiese preoccupato e lei con la testa annuì. Giunsero alle porte della città e Cora capì che avrebbe dovuto abituarsi alle misure imponenti di quel luogo. Non c'era nulla alla sua portata, sembrava che persino i cani randagi fossero tutti molto più grandi di lei. Si sentì a disagio per la prima volta nella sua vita.
"Dove dobbiamo andare?" chiese Bisa richiamandola dai suoi pensieri.
"Al Tempio di Desna" rispose Cora "Penso si trovi in cima alla città". In effetti, bastò sollevare lo sguardo sopra la via centrale per vedere l'imponente tempio: cittadella che si stagliava sullo sfondo. Ebbero non poche difficoltà a muoversi per le vie di Anthara, poiché in pochi facevano attenzione a Cora e più volte furono i riflessi di Bisa a salvarla dall'essere calpestata. Alla ragazza piaceva molto come lui si prendeva cura di lei.
Finalmente lasciarono il borgo basso e il mercato per la scalinata che conduceva al tempio. Lì la situazione migliorò notevolmente dato che poche persone avevano l'intenzione di andare al Tempio. La scalinata risultò più sfiancante del previsto e quando giunsero alla sommità Cora dovette riprendere fiato.
Non era mai stata al Tempio però diverse persone le avevano raccontato la sua magnificenza. Le alte mura che lo circondavano, l'imponente portone d'ingresso a doppia apertura, le guglie arricchite da esseri spaventosi che stavano di guardia. Tutto lì trasudava la storia di Anthurium, la grande battaglia finale contro Zordlon e l'impresa della Viaggiatrice. Cora sentì un fremito correre sulla schiena: stava per scoprire la verità su Xardax, il suo migliore amico eppure aveva paura di ciò che avrebbe trovato.
Il Tempio aveva le sembianze di una fortezza e si divideva in due aree comunicanti. Da una parte, quella centrale, vi era la struttura più esterna, con la caserma, i dormitori e la grande sala d'ingresso. La seconda, dalla quale si accedeva tramite una scala, era il tempio vero e proprio con la stanza della sacerdotessa, l'altare sacro a Desna e l'imponente biblioteca.
Per entrare nel Tempio bisognava aspettare la funzione, solo allora i visitatori erano ammessi. Ma ciò non valeva per la biblioteca. Lì, infatti, vi avevano accesso solo coloro che avevano ricevuto un permesso ufficiale dalla sacerdotessa e Cora doveva ancora ottenerlo. Inoltre, la giovane sapeva che Tessara non sarebbe stata molto incline a concederglielo, vista la conversazione alla quale aveva assistito nell'ufficio di Vanariel.
Tuttavia, cercò di essere positiva e quando entrò, chiese di avere udienza presso la sacerdotessa.
Nel momento stesso in cui si trovò faccia a faccia con Tessara, il suo ottimismo svanì. Era nervosa e temeva che la donna avrebbe di certo capito la sua agitazione. Cercò di mantenere la calma, fece un bel sospiro e s'inchinò in segno di saluto.
"Che Desna ti benedica, figlia della Torre, il tempio della dea ti accoglie" disse la sacerdotessa in tono benevolo. Cora ringraziò e decise di saltare i convenevoli per andare dritta alla richiesta.
"Somma Sacerdotessa, sono qui mandata dalla Torre per svolgere alcune ricerche che richiedono la visione di opere rare e preziose. I miei studi mi portano a richiedervi il permesso di entrare nella biblioteca del Tempio". Quando ebbe finito di parlare, Cora non si capacitava del tono autorevole e composto che aveva usato. Guardò di sfuggita Bisa e lesse nella sua espressione approvazione.
La sacerdotessa fece un lieve sorriso che la giovane non riuscì a decifrare, poi con la calma che la contraddistingueva, chiese a Cora il motivo dei suoi studi. La giovane non si era preparata una risposta a quella domanda e si sentì stupida.
"Beh, vedete, sono da poco divenuta Studiosa Arcana e durante la preparazione dei recenti esami, mi sono imbattuta più volte nelle Viaggiatrici senza, tuttavia, riuscire a trovare molte informazioni. Così ho chiesto al mio insegnante, il mago Levian, che mi ha indirizzata qui" lasciò qualche secondo alla sacerdotessa affinchè rispondesse.
La donna prese un espressione accigliata e riflettè per pochi istanti.
"Sarei più che lieta di accogliere una giovane studiosa nella biblioteca del Tempio" disse tutto d'un tratto. "Alisteir vi accompagnerà" e indicò la grossa guardia che era al suo fianco.
"Per quanto tempo pensate di trattenervi?" chiese infine Tessara.
"Il tempo necessario per leggere le antiche storie, sacerdotessa. Spero non sia un problema" disse Cora mantenendo il tono sostenuto. Dopotutto, aveva bluffato fino a quel momento e le sembrava coerente continuare a fingersi autorevole.
Tessara sorrise e per la prima volta, Cora ebbe l'impressione che quella donna stesse giocando al gatto col topo. Deglutì rumorosamente e fece un lieve inchino per congedarsi.
Alisteir camminava a passo deciso e Cora faceva fatica a stargli dietro, mentre più volte Bisa si girò verso di lei per assicurarsi che fosse ancora lì. Cercava di mantenere il passo e intanto ripensava alla sgradevole sensazione che aveva provato qualche istante prima con la sacerdotessa. C'era qualcosa in quello sguardo che non le piaceva. Ma cosa? E poi era stato fin troppo facile avere il permesso per la biblioteca. Non riusciva a capire, ma il suo senso acuto non l'aveva mai ingannata.
Alisteir si fermò davanti ad una porta chiusa sulla quale vi era un grande fregio che raffigurava dei libri. Erano arrivati e finalmente avrebbe scoperto la verità. Entrando Cora fu pervasa dall'odore di pergamena antica che le inebriò lo spirito. Scaffali enormi a perdita d'occhio costeggiavano una stanza ovale al centro della quale vi erano scrivanie e tavoli per la consultazione. L'intera biblioteca era vuota fatta eccezione per uno strambo gnomo con piccoli occhiali a mezza luna che gli ricadevano sul naso.
"Quello è Rube, il libraio. Potete chiedere a lui i volumi che vi servono. Io starò qui ad aspettarvi" disse telegrafico Alisteir.
Cora si avvicinò allo gnomo che sedeva su una sedia troppo grande per lui e sembrava indaffarato a scrivere un elenco. La lunga piuma si muoveva rapida e nervosa mentre l'inchiostro scorreva velocemente in una grafia elegante e ordinata. Cora si schiarì la voce e l'eco del suo gesto sembrò rimbombare per tutta la stanza. Lo gnomo finì di scrivere e alzò lo sguardo verso la giovane.
"Buon giorno, vorrei sapere dove posso trovare dei libri sulle Viaggiatrici" disse cercando di modulare la voce.
"A destra, terzo scaffale" rispose laconico lo gnomo. Cora si guardò intorno e si rese conto che il terzo scaffale era stracolmo di libri.
"Quale ripiano?" chiese un po' timorosa. Lo gnomo, che nel frattempo aveva ripreso a scrivere, sbuffò. "Tutto il terzo scaffale" disse indicando con la piuma la lunghezza della libreria.
Cora non ci poteva credere. Ci saranno stati centinaia di libri stipati nel terzo scaffale e lei non aveva una vita per leggerli tutti. Lo gnomo, la osservò intuendo il suo smarrimento. "C'è qualcosa in particolare che cerca sulle Viaggiatrici? Magari si può snellire la ricerca" disse quasi compatendola. Cora non si aspettava un tale quantitativo di volumi e non aveva pensato a un criterio di ricerca.
"Penso che potrei leggere solo quello inerente alla Viaggiatrice che uccise Zordlon". Lo gnomo guardò rapido Alisteir il quale, di rimando, fece un gesto con la testa. Allora Rube sventolò la sua piuma e tre volumi scesero dolcemente sopra una scrivania, mentre un lume magico si accendeva per consentire la lettura.
Cora non aveva notato il gesto di Alisteir che, tuttavia, non era sfuggito a Bisa.
"Hai visto anche tu?" le chiese il compagno d'avventura sotto voce.
"Cosa?" chiese lei.
"Lo gnomo ha chiesto il permesso alla guardia prima di tirare giù i libri. La cosa non mi piace, ho una brutta sensazione. Cerca di sbrigarti" disse preoccupato. In effetti era strano, come se Tessara li stesse controllando. Ma Alisteir non si era mai mosso da lì e quando la sacerdotessa gli aveva affidato il compito di portarli  in biblioteca non aveva avuto il tempo per dargli istruzioni. Eppure...
Cercò di non pensare a quel fatto e di concentrarsi sulla ricerca. Bisa aveva ragione, dovevano sbrigarsi.
Il piccolo dito di Cora scorreva veloce sulle righe d'inchiostro, mentre la sua speciale capacità di memorizzazione carpiva e imparava le informazioni più importanti. Bisa la guardava affascinato. I suoi grandi occhi verdi erano concentrati nella lettura e la sua fronte lievemente corrugata le faceva assumere un'espressione troppo seria, mentre ogni tanto un leggero Mmm di approvazione interrompeva per pochi secondi il silenzio della biblioteca.
Cora non avrebbe saputo di preciso da quanto tempo stava leggendo, ma d'un tratto si accorse che aveva trovato ciò che stava cercando. Fu in quel momento che, alzando gli occhi, vide Alisteir che la fissava e capì che doveva inventarsi qualcosa. Lesse con maggiore velocità cercando di nascondere l'agitazione e lo stupore per quello che stava scoprendo e poi si alzò e andò da Rube.
"Mi perdoni se disturbo ancora, ma non ho trovato quello che mi interessava. Forse dovrei cercare nelle antiche leggende di Anthurium. Avete libri a riguardo?". Lo gnomo alzò un sopraciglio perplesso, poi sventolò la penna e un enorme volume andò a poggiarsi sulla sua scrivania mentre i tre libri precedenti tornavano al loro posto.
Cora sperava di aver depistato i sospetti di Alisteir e dalla sua espressione capì che c'era riuscita. Anche questa volta sfogliò velocemente il libro memorizzando alcune cose che le interessavano. Bisa notò un goccia di sudore imperlare la fronte della giovane e capì che stava provando terrore. Le sue mani cominciavano a tremare e un leggerissimo tic all'occhio destro faceva muovere la palpebra di Cora in modo nervoso. Le appoggiò delicatamente una mano sulla spalla e la ragazza trasalì.
"Tutto bene?" le chiese
"Dobbiamo uscire di qui" rispose spaventata Cora.
I due si alzarono dalla scrivania e si mossero lentamente verso Alisteir.
"Trovato quello che cercavate?" chiese la grossa guardia.
"Si, grazie. Spero che ringrazierete la sacerdotessa da parte nostra per averci dato questa immensa opportunità" disse Cora mantenendo la calma.
"Non ci sarà bisogno. La Somma sacerdotessa vi attende nel suo studio. Potrete ringraziarla di persona." Quelle parole pesarono come un macigno. Cora guardò Bisa ed entrambi si rassegnarono.
Tessara li attendeva seduta su una sedia che somigliava ad un trono. La sua espressione era tranquilla e quando entrarono non accennò ad alcun sorriso. Con un gesto della mano fece cenno ai due ospiti di sedersi e quando si furono accomodati iniziò a parlare.
"Avete trovato le informazioni che stavate cercando?" disse freddamente. Non era più la donna educata e tranquilla che avevano conosciuto all'ingresso del Tempio. Era la Sacerdotessa di Desna fredda e distaccata che Cora aveva visto nello studio di Vanariel.
"Si ed è stato un onore per noi poter entrare nella grande biblioteca di Desna" disse Cora.
"Ed esattamente, cosa stavate cercando?" chiese suadentemente Tessara.
"L'origine delle Viaggiatrici e la loro storia", mentre rispondeva gli occhi di Cora cominciarono a guardarsi intorno spaventati.
"Non prendiamoci in giro, Cora" sbottò la sacerdotessa che per la prima volta la chiamò per nome. "Pensi che io sia stupida? Pensi che non abbia trovato strana la tua richiesta a pochi giorni dalla partenza di Xardax?" ora era decisamente arrabbiata.
"Non capisco" disse Cora.
"Allora, forse sei tu la stupida. Hai una vaga idea di chi io sia?" la domanda rimase sospesa nella stanza in tutta la sua minaccia.
Cora sapeva chi , o meglio, cosa era quella donna ma non poteva dirlo.
"Siete la Somma Sacerdotessa" disse in tono ossequioso. Tessara la guardò negli occhi per qualche istante e a Cora parve che la sua anima venisse violentata.
"Voglio essere franca con te. Il solo motivo per il quale ti ho dato il permesso di entrare nella biblioteca era quello di farti sapere la verità. Sei una Studiosa Arcana, la più giovane di tutti i tempi, quindi l'intelligenza non ti manca. Sapevo cosa volevi da quando sei entrata in città e so che l'hai trovato. Solo che non vivrai tanto a lungo per raccontarlo". In  un secondo un bagliore verde partì nella direzione della ragazza. Cora non si accorse di nulla. Non provò dolore e nemmeno ebbe il tempo per la paura. In un attimo fu solo il buio.
In quel preciso momento nel quale Cora veniva colpita dalla magia di Tessara, Xardax cadde. Improvviso come solo un dolore al cuore può esserlo, il mago venne colto dalla consapevolezza che alla sua amica fosse accaduto qualcosa di orribile.
Mentre crollava in ginocchio sotto lo sguardo atterrito dei suoi compagni, l'unica parola che riuscì a pronunciare fu Cora. Poi il buio. Non la percepiva più. Non aveva mai compreso quanto il loro legame fosse grande fino a quel momento, quando la vita di lei cessò di essere parte del Piano dei vivi.
Fu Alton il primo a soccorrere Xardax. Gli sollevò delicatamente la testa ed esaminò il suo corpo per cercare tracce di veleno o ferite. Nulla. Il mago era semplicemente svenuto.
"Che gli prende?" chiese Burduck mal celando lo spavento.
"Non lo so. Ha perso i sensi. Il suo respiro è affannoso e il battito accelerato. Un attimo..." Alton si accorse che gli occhi del mago si stavano muovendo freneticamente al di sotto delle palpebre. "E' come se stesse sognando". I tre non riuscivano a capire ciò che stava accadendo, ma non avrebbero avuto il tempo di provarci. Un sibilo sinistro echeggiò a pochi passi da loro, mentre un rumore di zampe sembrò pervadere lo spazio intorno.
"Ragni!" gridò Serval e sguainò la seconda spada per un attacco multiplo. Le creature li circondarono in pochi istanti e i tre si strinsero schiena contro schiena cercando al contempo di proteggere il corpo inerme del compagno.
"Venite a prenderci bestiacce luride!" ringhiò Burduck mentre con l'ascia cominciava a menare fendenti.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo XV: Sogno o son Desto? ***


~~Il mago era completamente ignaro di ciò che stava accadendo intorno a lui e dell'attacco improvviso che i suoi compagni stavano affrontando. Xardax stava viaggiando. Nessuno sapeva come il viaggio avvenisse, solo che il Viaggiatore poteva spostarsi da un piano all'altro dell'Essere durante il sogno. E lui stava sognando.
Nel momento in cui Cora era stata colpita dal raggio verde di Tessara, Xardax venne chiamato dalla sua anima nell'Oltre ed era lì che si trovava ora, mentre i suoi compagni lottavano.
Xardax aprì gli occhi e si ritrovò circondato dalla nebbia. I rumori attorno a lui erano ovattati, tuttavia avvertiva la presenza di qualcuno. Guardandosi in giro vedeva solo il muro biancastro che gli occludeva la vista a più di qualche metro da lui eppure c'era qualcosa. "Chi c'è?" chiese e si stupì della sua stessa voce, non sembrava nemmeno appartenergli. Era un eco strano e distorto.
Sentiva freddo, molto freddo. Il suo corpo pareva privato del minimo calore vitale. Ecco che cos'era: tutto era pervaso da morte. Cominciò ad avere paura, mentre intorno a lui emergevano strane figure scure. Ombre che camminavano senza meta, con il capo chino e un andamento cadente e trascinato.
Xardax si mosse e si avvicinò a quelle ombre. Sembravano dei riflessi di persone nell'acqua. Loro non si curavano di lui e come potè verificare più volte, non sentivano nemmeno la sua voce.
"C'è qualcuno che può sentirmi?" urlò in preda alla disperazione. Ma dove sono? Si chiedeva ripetutamente. Poi accadde. D'un tratto, non appena cessò l'eco della sua domanda, da lontano sentì un voce che lo chiamava.
Il mago corse nella direzione della voce, ma questa cambiava posizione in continuazione. Xardax ebbe la convinzione che si sarebbe smarrito dentro quella nebbia. Alla fine la voce sembrava essere proprio lì, di fianco a lui, e si girò. Dal banco di nebbia emerse una figura minuta dai tratti ancora vivi, un volto famigliare. Cora.
La ragazza lo guardava con occhi vuoti, nulla di quello che lui ricordava era presente in quella figura se non nell'aspetto. Mentre si avvicinava, Xardax notò che l'amica muoveva la testa a scatti, mentre un lampo bianco prendeva il posto dell'iride. Non era più Cora ma una creatura spaventosa.
"Non ho molto tempo, Xardax" disse infine quella figura con  una  voce echeggiante e priva d'espressività.
"Tra poco non esisterà più nulla della mia memoria e mi perderò per sempre nell'Oltre. Ma prima che ciò accada devi sapere!" la sua amica era triste piena di dolore.
"Cora, cosa ti è successo?" chiese accorato il mago anche se già sapeva la risposta.
"Tessara mi ha addormentata. Sapeva che avevo scoperto il suo segreto e il tuo. Non voleva che rivelassi a nessuno quanto so ma ti ho chiamato e sei arrivato qui." La ragazza fece una pausa, mentre il bianco compariva nuovamente nei suoi occhi.
"Sei un Viaggiatore, Xardax, tu puoi viaggiare nei Piani dell'Oltre, come tua madre prima di te. Il tempo ci è nemico, non posso raccontarti tutto. Trova Vanariel digli che Tessara mi ha addormentata e che tu hai il seme dell Ombra. Lui saprà cosa fare.
Stai attento a Tessara, Xardax, lei no è ciò che noi tutti pensavamo." Un'altra pausa, di nuovo il bianco negli occhi.
"Tu sei potente, molto potente e lei ha paura di te. Rimani vigile e ascolta la tua coscienza. Quando ogni altra speranza sembrerà persa, in fondo al tuo cuore troverai la risposta. Ora và, torna dai tuoi compagni e ricordati: trova Vanariel".
Xardax non ebbe il tempo di dire nulla. La sua amica in un ultimo scatto innaturale, perse completamente se stessa divenendo un riflesso come tutte le altre ombre. Lui la guardò mentre cominciava la sua marcia insieme alle altre figure e il cuore gli si spezzò in una morse di dolore e rabbia.
Doveva tornare indietro, doveva trovare Vanariel, doveva vendicare Cora. Ma come? Non sapeva nemmeno com'era riuscito ad arrivare fino a lì. Viaggio mentre dormo, quindi devo svegliarmi. Cercò di concentrarsi, chiuse gli occhi e tentò di riprendere coscienza dei suoi compagni intorno al suo corpo. Lentamente avvertì il clangore metallico delle armi e passi concitati. Alcune urla di battaglia. Aprì gli occhi. Era tornato.
Mentre il mago era nell'Oltre, i suoi compagni erano stati colti da un'imboscata e quando Xardax riprese conoscenza si trovò circondato da cadaveri di ragni giganti. A quanto sembrava, se l'erano cavata bene anche senza il suo contributo.
I tre non si accorsero che Xardax era tornato fino a quando non lo videro in piedi con un espressione interrogativa.
"Dormito bene?" chiese ironico il nano, mentre rimetteva l'ascia sulla schiena.
"Abbastanza, grazie" rispose di rimando il mago. Anche Alton si avvicinò al ragazzo per accertarsi delle sue condizioni mentre Serval cercava di riprendersi la spada dal corpo straziato di un ragno. Xardax cercò di spiegare cos'era accaduto. Raccontò dell'Oltre e delle anime che aveva visto, descrisse la sensazione di freddo e di morte, ma non disse una parola su Cora. Non sapeva perché, ma sentiva che non sarebbe stato prudente raccontare ciò che la sua amica gli aveva detto.
"Quando sei svenuto, hai pronunciato il nome di una ragazza, Cora" disse Serval curioso. Xardax si sentì a disagio ad avvertì il bisogno di mentire. "Cora?" chiese simulando stupore "Non conosco nessuna Cora". Il ranger lo guardò negli occhi e per un attimo Xardax ebbe l'impressione che il suo sguardo cambiasse diventando malvagio.
"Ad ogni modo" interruppe Alton "abbiamo una missione da portare a termine. Dobbiamo trovare altre due ninfe e batterci con Arania. Andiamo?"
I tre compagni annuirono con la testa e si misero in marcia. Dovevano tornare nella stanza principale e aprire la porta che, con ogni probabilità, avrebbe condotto alle ninfe. Ormai avevano familiarizzato con l'ambiente e non trovarono molte difficoltà a raggiungere il loro scopo. Alton era sempre più rapido nell'individuare nemici e i loro schemi di combattimento miglioravano velocemente.
Come accadde per le prime due ninfe, anche Serval e Xardax provarono il potere telepatico delle creature eteree ed ebbero in dono gli anelli. Serval ricevette l'anello dell'acqua mentre Xardax quello dell'aria. I quattro erano consapevoli che avrebbero dovuto usare il potere delle ninfe nello scontro con Arania e quando anche l'ultimo chiavistello si aprì decisero di indossare gli anelli.
Erano finalmente giunti alla fine della loro missione. Tuttavia, lì in piedi davanti all'immenso portone che li separava da Arania, non erano eccitati ma terrorizzati.
Xardax continuava a pensare a Cora e a quello che gli aveva detto. Avrebbe voluto lasciar perdere tutta la questione di Arania e correre a cercare Vanariel. Ma non poteva. Non dopo quello che aveva provato guardando Serval. C'era qualcosa che non tornava in lui. Sembrava normale, si preoccupava della compagnia come facevano gli altri, tuttavia quello sguardo carico di malvagità quando gli chiese di Cora non lo convinceva.
L'amica gli aveva detto che Tessara non era quello che loro pensavano. Cosa intendeva? E perché Serval sembrava così strano? Era solo una sua convinzione o aveva veramente visto quel lampo nei suoi occhi?
"Ci siamo" disse Burduck e quelle parole fecero risvegliare il mago dai suoi pensieri. I quattro si mossero lentamente per attraversare la porta e Serval, passando al fianco di Xardax gli sorrise rassicurante. Il mago alla vista di quel sorriso si sentì stupido per aver pensato quelle cose sul suo conto. Inspirò profondamente, si sgranchì le mani e, come gli altri, varcò la soglia.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI: Una richiesta accorata ***


~~Da diversi giorni Vanariel viaggiava lungo la tratta mercantile di Anthurium per raggiungere quella foresta. In realtà avrebbe potuto affittare un carro, ma camminare gli aveva sempre conciliato il pensiero e, poi, era meglio rimanere ai margini delle strade per evitare spiacevoli complicazioni. Sapeva che Tessara gli stava col fiato sul collo ma quel viaggio era troppo importante. Era partito dalla Torre quattro giorni prima, non appena aveva capito che Xardax era controllato a vista nella sua missione, scoprendo altresì che la Somma Sacerdotessa era venuta meno alla legge suprema della magia che vietava l'uso degli incantesimi oscuri. Così divenne di assoluta importanza fare quel viaggio che l'avrebbe portato ai margini orientali del regno. Nella Foresta era certo di trovare Magala, l'ultima Viaggiatrice, ma non era altrettanto convinto che sarebbe riuscito a convincerla ad aiutarlo. A mano a mano che si faceva strada fra le fronde, diveniva sempre piu difficile mantenere la giusta velocità di marcia. La vegetazione s'infittiva malgrado l'assenza di luce solare e chiunque nel mondo della magia sapeva che non era una cosa naturale. Molti maghi ricorrevano a quell'incantesimo quando non volevano essere raggiunti facilmente da una visita. In realtà Vanariel si stupì di non trovare Evocati, creature nate dalla mente del mago che eseguono i suoi ordini. Sicuramente Magala sapeva del suo arrivo, non era contenta, ma non cercò di mettere la vita dell'arcimago in pericolo. Vanariel camminava con fare incerto quando giunse in prossimità di una piccola radura illuminata da sottili raggi solari. Notò immediatamente la casupola che sorgeva tra le grosse e possenti radici di una quercia. Dal comignolo usciva del fumo, qualcuno era in casa. Il mago si pulì velocemente la veste dalle foglie secche e si ricompose prima di bussare. Non dovette attendere a lungo prima di avere una risposta. L'uscio a forma circolare si aprì facendo solo un leggero fruscio e una donna apparve con fare gentile. Era alta e snella e, sebbene Vanariel sapesse che stava guardando una donna di circa un secolo, rimase colpito dalla gioventù del suo volto. Gli occhi di lei sorrisero ancora prima della bocca e in modo garbato fece cenno al mago di entrare. Lui si sedette su una sedia e attese che la padrona di casa facesse lo stesso.
"E' da molto tempo che non ci vediamo Vanariel. Sono felice di trovarti in salute" disse con dolcezza mentre delicatamente versava in un paio di tazze una tisana.
"Sono contento anche io di sapere che stai bene" rispose il mago. Era strano come i due si ritagliassero cosi tanto tempo per i convenevoli. Dopo tutto sapevano entrambi il motivo di quell'incontro, ma nessuno aveva l'intenzione di affrettare i tempi. Trascorsero qualche breve istante a sorseggiare la tisana in silenzio, poi quasi bruscamente lei lo interruppe.
"Non posso aiutarti come tu vorresti, Vanariel, lo sai. Le regole sono chiare e l'ultima volta che le ho infrante sappiamo entrambi come è andata a finire". Si, lo sapevano bene.
"Magala, so che la situazione è scomoda per te, ma ho veramente bisogno che tu mi aiuti. Non voglio perdere altre vite a causa della Legione" il tono del mago era drammatico.
"Ma è esattamente di questo che si tratta Vanarie! Se io ti aiutassi ora, tante vite sarebbero in pericolo domani. Non posso consentire altro spargimento di sangue, non lo sopporterei." La memoria del vecchio mago viaggiò nel tempo, a quando Feren l'aveva chiamato per dirgli che Ryhal aveva fatto il suo primo viaggio.

"È ancora una bambina Vanariel! Non posso mandarla così lontana da casa" diceva preoccupato il vecchio amico.
"Lo so Feren, ma è necessario. Lo sai bene che tipo di pericoli si celano dietro il velo dell'Oblio e vorresti davvero lasciare tua figlia impreparata a riguardo?". No che non voleva, certo, ma sapere sua figlia sola in compagnia di quella...strega! No non poteva permetterlo!
"Ci deve essere qualcun altro Vanariel! Tu per esempio" disse frettolosamente e poco convinto. Vanariel sorrise bonario al vecchio amico e dolcemente gli mise una mano sulla spalla.
"Ascoltami, amico mio, sai che non c'è altra soluzione. Magala non è la strega di cui tutti parlano ed è la sola che possa aiutare Ryhal a scoprire la sua natura. Fidati di me, l'accompagnerò io stesso, le starò vicino e te la riporterò a casa sana e salva".


Quanto avrebbe voluto tornare indietro a quel preciso momento e dire Feren che aveva ragione, che sua figlia sarebbe cresciuta meglio senza sapere e che Magala era la strega di cui tutti parlavano. Ma allora non era ancora a conoscenza di molte cose. Oggi tutto sarebbe andato diversamente.
"Sappiamo entrambi che sei in debito con me, Magala! Mi devi aiutare, lo devi a me ma, soprattutto, lo devi al bambino!" Magala lo fulminò con lo sguardo.
"E' un abominio, Vanariel, non un bambino! Avresti dovuto lasciarlo a Tessara quando ancora era in fasce! Ci avresti risparmiato tutto questo dolore!" tuonò la donna. Vanariel stava per rispondere ma si morse la lingua pur di tenerla a freno. Aveva bisogno di lei.
"Magala, ascoltami. Lo sai bene che Xardax può ancora salvarsi, ma per farlo ha bisogno del tuo aiuto." Ormai il mago stava supplicando.
"Vanariel, non possiamo correre il rischio di dare una formazione così importante all'Erede. E se ti sbagliassi? E se Xardax fosse già corrotto? Allora consegneremmo le chiavi dei Piani al più oscuro di tutti i maghi". La donna non aveva torto ma lui era convinto della bontà di Xardax.
"E se invece fossi tu a sbagliarti, Magala? Non avrebbe diritto a conoscere la verità su sua madre? Non dovremmo noi dargli tutte le informazioni che abbiamo per aiutarlo a trovare se stesso?". Magala sembrava prendere in considerazione le sue rimostranze.
"La tua vera preoccupazione  è che non sei mai riuscita a scrutare il futuro di Ryahl né quello di suo figlio! Tu non sai cosa accadrà e questa è una sensazione che ti turba profondamente. Beh sai che dico? Benvenuta nel mondo dei comuni mortali! La vita è fatta di scelte i cui esiti sono, quasi sempre, sconosciuti!". Le parole dell'arcimago echeggiarono per qualche istante nella stanza. Magala sapeva che Vanariel aveva ragione, che era quello il motivo di tanta preoccupazione. Non era riuscita a vedere il futuro il Ryhal e questo aveva portato alla nascita dell'Erede. Nella sua convinzione, Xardax era, e sarebbe rimasto, un abominio ma tutta quella amorevole protezione da parte dell'arcimago non riusciva a comprenderla.
"Perché hai tanto a cuore la sorte del ragazzo?" chiese infine con il tono stanco di chi non sa più quali argomentazioni usare a proprio favore.
Vanariel inspirò profondamente prima di rispondere, poi con un sorriso bonario disse "Perché sono un inguaribile ottimista, mia cara. Credo nella natura buona di Xardax e non ho mai pensato che il Fato avesse così tanto potere su di noi da indicarci una sola via percorribile".
"Vorresti che aiutassi Xardax nella via del Viaggio?"disse la donna.
"Si, sarebbe bene che il ragazzo imparasse a padroneggiare il suo dono. Ma non solo..." Magala alzò una mano per interrompere Vanariel.
"Lo so. Vuoi che dica a Xardax la verità" la donna sbuffò leggermente "Va bene. Mandalo da me appena puoi, ma sappi che non edulcorerò la pillola". Vanariel sorrise soddisfatto, dopotutto quella donna era buona, spaventata certo ma chi non lo era?
L'arcimago si alzò dalla sedia non prima di aver terminato la tazza di tisana. Quando furono davanti l'uscio, Magala mise una mano sul suo braccio per fermarlo.
"Vanariel, Xardax ha appena viaggiato" le parole della donna fecero sgranare gli occhi al mago.
"Cosa? Come...?" non aveva le parole. Gli occhi di Magala si fecero color del cielo illuminandosi leggermente. Vanariel attese che la visione terminasse preoccupato.
"E' stato chiamato dal regno dell'Oblio...Cora...ha parlato con lei...è riuscito a tornare". A quelle parole l'arcimago sentì un tuffo al cuore. Cora povera ragazza, che cosa ho fatto?

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Capitolo 18
*** Capitolo XVII: L'inizio della fine ***


~~

Nel frattempo al tempio di Desna...


Tessara camminava avanti e indietro dal suo studio nervosamente. Come aveva fatto quella piccola e lurida creatura a mettersi in contatto col ragazzo? Ma non avrebbe mandato in fumo il suo piano, no, tutto procedeva come previsto. Allora perchè era così arrabbiata? Temeva che Xardax avesse scoperto qualcosa, magari Cora era riuscita a dirgli parte della verità. Ancora non sapeva nulla a riguardo, il suo posseduto non aveva avuto rivelazioni. Il ranger era la sua inconsapevole spia da quando aveva aperto la lettera. Nelle poche parole scritte a mano dalla sacerdotessa vi era rinchiuso un glifo di Possesso: chiunque avesse letto sarebbe divenuto i suoi occhi. Era una magia proibita ma, ormai, erano anni che Tessara giocava sporco e non si sarebbe certo fermata ora. Tuttavia, il possesso aveva dei problemi che non era riuscita a risolvere. Se infatti il ranger avesse scoperto la cosa, con la sola forza di volontà avrebbe potuto liberarsi. Tessara sapeva che fra tutti quelli del gruppo il ranger era rischioso, ma era anche l'unico che avrebbe avuto le capacità per uccidere Xardax al momento opportuno. Alton era sulla retta via di Desna, mentre il nano era talmente tanto viscerale e poco arguto che avrebbe potuto mandare in fumo l'intero piano in un batter d'occhio. No, il rangere era stata la scelta corretta, ne era convinta. Mentre era assorta fra i suoi pensieri, Alistair comparve alla porta. Ecco un mero imbecille che mai e poi mai avrebbe la volontà a sufficienza per liberarsi pensò quasi divertita la sacerdotessa. Il legionario fece un saluto e attese la possibilità di parlare.
"Dimmi" disse freddamente Tessara.
"L'arcimago è sparito dalla Torre. Nessuno sa dove fosse diretto. Ha preso la strada mercantile verso nord, poi è come sparito" disse telegrafico.
Poveri stupidi! Possibile che in tutta Anthurium non si riuscisse trovare uomini capaci per lo meno di seguire un mago?
"Verso Nord hai detto?" fece Tessara in tono pensieroso "Allora sta andando da tutt'altra parte". Il soldato la guardò perplesso. "Mio caro, pensi davvero che l'arcimago sia così stupido da farsi seguire se non facesse parte di un piano per depistarci? Ah, povera me!" tornò a sedersi dietro la scrivania prendendo una cartina del regno. Con il dito ossuto passava lungo le strade mercantili, analizzando ogni possibile meta. Dove stai andando Vanariel? Pensò quasi divertita. Tessara ignorava la posizione di Magala, da quasi quarant'anni aveva fatto perdere le sue tracce. Fino a quel momento la sacerdotessa non vi aveva dato importanza, l'Erede era la sua unica preoccupazione, ma ora...
Mise una mano sul mento e guardò distrattamente Alistair che se ne stava in piedi con lo sguardo inebetito.
"Prima o poi Vanariel riapparirà e allora lo dovrai portare a me. Anzi no! Lasciamolo vagare convinto di essere al sicuro. Credo che cercherà di raggiungere Xardax e sarà quello il momento più adatto per prenderli entrambi. Raduna la Legione, che si tenga pronta a partire per la Foresta delle Tele al mio ordine."
Alistair fece un cenno di assenso con il capo, ma rimase fermo al suo posto. Tessara lo guardò "Che c'è ancora?" chiese spazientita.
"Cosa dobbiamo farne del soldato della Torre?". Tessara si era completamente scordata di Bisa.
"Non ci ho ancora pensato" ammise quasi fra sè. Avrebbe potuto possedere anche lui, sarebbe stato interessante avere una spia nella Torre. Ma non lo conosceva bene e non sapeva cosa aspettarsi. Ucciderlo? Era una possibilità, ma Tessara non amava sprecare opportunità d'impiego di forze nuove.
"Voglio vederlo" disse infine in modo perentorio.


Le celle del Tempio erano un vero portento dell'edilizia di Anthurium. Nessuno era mai riuscito ad evadere poichè nessuno, a parte alcune persone, ne conosceva i segreti nascosti. Per costruire le prigioni erano stati impiegati i migliori architetti del regno, i nani, affiancati però dall'abile maestria della magia elfica. Pietra e incantesimi, un'accoppiata perfetta. Accedervi era tutt'altro che semplice: il portone che separava il Tempio dalle prigioni aveva infatti un meccanismo di apertura multiplo, composto da magia e chiavi. Solo Tessara conosceva l'incantesimo necessario. Per il resto, chiunque avesse tentato anche solo di avvicinarsi, sarebbe morto all'istante. Era stata pensata come una prigione a ingresso unico, chi entrava non avrebbe potuto uscire. Ogni dieci giorni avveniva il cambio della guardia, quelli che uscivano perdevano memoria di ciò che avevano visto e questo garantiva l'inviolabilità della zona.
Quando la sacerdotessa si presentò davanti alla cella di Bisa, il giovane stava massaggiandosi il collo indurito dalla botta sulla nuca ricevuta qualche ora prima. Ricordava poco dell'accaduto, solo un lampo verde indirizzato su Cora. Poi il dolore e il buio.
Tessara si fece aprire la cella ed entrò. Bisa rimase seduto in segno di disprezzo.
"Tu ed io, ora, ci faremo una bella chiaccherata. La quantità di dolore sarai tu a deciderla con le tue risposte. Sappi che non sono certo famosa per la mia pietà, per cui potrai implorare quanto vuoi, ma sono capace di tenerti in vita e infliggerti dolore per tutta la tua vita". Così dicendo richiuse la porta alle sue spalle e con un sottile ghigno sadico tornò a guardare Bisa dritto negli occhi. Paura pensò la sacerdotessa compiaciuta mentre leggeva lo sguardo del ragazzo.
Per diverse ore le urla straziate di Bisa echeggiarono nel dedalo di cunicoli della prigione. A tratti piangeva, a tratti sveniva dal dolore. Perfino le guardie cominciarono a chiedersi quanto ancora avrebbe potuto sopportare e per quanto avrebbero sopportato loro quelle grida. Ogni tanto dalla cella veniva un fascio di luce bluastro tipico della magia di guarigione. Tessara diceva la verità: sarebbe andata avanti in eterno.
Fu solo dopo l'ultimo grido che implorava pietà che la sacerdotessa uscì trionfante dalla cella. Le guardie facevano fatica a sostenere il suo sguardo, anche loro avevano timore di quella donna. Tessara si ricompose e si guardò l'abito inzuppato nell'orlo inferiore della gonna dal sangue del ragazzo. Era compiaciuta.
"Ripulite la cella" ordinò. "Io e lui usciamo da qui" disse incamminandosi verso l'uscita. Subito dopo alcuni passi striscianti accompagnarono il lento emergere di una figura dall'andamento incerto. Le guardie non riuscirono a mascherare l'orrore di quella vista. Non era più un uomo, non ne aveva nemmeno  le sembianze, aveva il corpo orribilmente mutilato con pezzi di intestini che pendevano dall'incavo dell'addome squarciato poco sopra il bacino. L'espressione inerme e vuota era resa ancora più inquietante dai continui rantolii che emetteva dalla bocca distorta dal dolore. Quando passò davanti ad una guardia lo osservò piegando di lato la testa come un animale che annusa l'aria. Poi si avventò sullo sfortunato che invano tentava di liberarsi dalla presa della bestia e lo azzannò dritto alla gola. Gli altri rimasero impietriti davanti a quello scempio. La sacerdotessa rise.
"Suvvia, Bisa. Non così in fretta o ti rimarrà indigesto ahahahaha". La bestia si girò come ad un comando e lentamente si mosse verso Tessara per seguirla. Lei lo guardava affascinata come un artista ammira la sua creazione.
"Dobbiamo perfezionarti ancora un po', giovanotto, poi sarai perfetto" e così dicendo sparirono dalla vista delle guardie che rimasero da soli a rimettere insieme i pezzi della loro mente.

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Capitolo 19
*** Capitolo XVIII: Lo scontro ***


La stanza che i nostri eroi si trovarono davanti era enorme e di forma circolare. Un grande colonnato ne delimitava il perimetro e ovunque l luminosità era garantita da strane sfere verdastre che sembravano fluttuare in un mare di ragnatele danzanti. L'aria non era pesante come nel resto del tempio, si avvertiva una leggera brezza provenire da qualche parte in fondo alla sala, ma il continuo zampettare sulle pareti faceva rizzare i peli sulla schiena dei quattro. Xardax aveva paura. Ogni parte del suo corpo era tesa e continuava a serrare la mascella tanto da far scricchiolare i denti fra loro. Guardava i compagni che sembravano provare la medesima sensazione, eppure si sentiva il più debole fra tutti. L'ultima immagine del volto di Cora trasfigurata non abbandonava la sua mente e un moto di vendetta cominciò a pervadere i suoi muscoli. Doveva giungere fino in fondo alla missione. Doveva farlo per lei.
Non fecero che pochi passi quando un sibilo echeggiò. Si fermarono tutti ad ascoltare quel verso malvagio. Tuttavia, quello che per tutti era solo il soffio cupo di un mostro, per Xardax era un sussurro e nell'eco avvertì distintamente il suo nome. Come comandate le zampe intorno a loro si fermarono e il silenzio più completo scese nella stanza. Il mago, facendosi coraggio, si fece avanti lentamente passando di fianco ai suoi compagni che lo guardavano preoccupati. Lui non ricambiò gli sguardi ma continuò ad avanzare fino a lasciarsi un paio di metri da loro. La risposta al suo comportamento non tardò ad arrivare e dal fondo della sala apparve la figura di una donna. Solo il busto era visibile, una donna bellissima eppure pericolosa. I lunghi capelli neri come la notte erano ben raccolti con fermagli di rose rosse come le sue labbra, mentre alcune ciocche erano state lasciate libere di cadere lungo le spalle a coprire le sue nudità. Gli occhi erano grandi, bellissimi e famelici. Tuttavia Xardax riusciva a vedere l'immenso dolore che essi celavano.
"Non posso dire che siate benvenuti, eroi di Anthurium" disse in tono gentile "suonerebbe falso date le circostanze. Tuttavia ho impedito ai miei figli di attaccare. Dovreste apprezzare il gesto". Burduck sollevò le sue sopracciglia irte. "Beh...grazie infinite sua mostruosità per il nobile gesto" disse in tono canzonatorio il nano. Xardax con un gesto della mano lo zittì.
Lei rise. "Sono Arania, guerrieri, non un mostro. Ho sempre agito seguendo la mia natura, talvolta provando piacere certo, ma spesso sotto comando. Non sono poi così tanto diversa da te, Burduck, anche tu provi la stessa euforia in battaglia nell'uccidere i miei figli, questo fa di te un mostro? Oppure ti riferisci al mio aspetto? Ora stai guardando una donna, nano, non un mostro". C'era un grande tranquillità nel suo modo di parlare, nessuno in quella stanza si senti di contraddire quelle parole. Alton e Serval non sapevano cosa dire, mentre Burduck si limitò a ringhiare qualcosa di incomprensibile sotto la barba. Fu Xardax rompere il silenzio del gruppo.
"Nessuno qui uccide per diletto, signora dei ragni, ma per sopravvivere"
"Ah" interruppe Arania "per sopravvivere? E cosa vi ha spinto a dare il colpo di grazia ad uno dei miei figli quando chiedeva pietà?". I ricordi Xardax giunsero velocemente a quel primo incontro con i ragni nel tempio e alla sensazione di dolore e sofferenza che provò guardando un ragno.
"Ancora non sapevo di poter parlare con i ragni, non avevo compreso" le parole del mago erano colme di rammarico.
Lei lo fissò a lungo. "Sono molte le cose che non sai su te stesso, vero Xardax?" si prese una piccola pausa. "E' strano come a volte le persone che incontriamo sembrino conoscere più cose di quante uno creda di saperne. Prendi me, ad esempio, non ci siamo mai visti prima, eppure so chi sei meglio di quanto lo sappia tu. Vuoi sapere perché parli con i ragni? Non è grazie alla tua natura di mago né tantomeno per la tua razza...è per tua madre Xardax e per il modo in cui sei stato concepito."
"Di cosa stai parlando?" tuonò il mago colpito da quelle parole come un pugno allo stomaco "Cosa sai di mia madre?" urlò. Arania rise amara.
"Giovane Xardax, non sono io quella che ti dirà la verità, non mi crederesti"
"Mettimi alla prova" sfidò il mago
"Cosa diresti se ti dicessi che tuo padre mi ha aiutato a trovare le ninfe?". Xardax rimase impietrito.
 "Non darle retta ti vuole manipolare" gli disse alle spalle Alton.
"Manipolare? Io? Tieni!" e lanciò verso il mago un piccolo oggetto d'orato. Quando il mago lo prese fra le mani vide che era un anello che riportava lo stemma della Legione dei Piani. Inciso al suo interno vi era un nome, quello di suo padre: Sarhi. La testa di Xardax cominciò a vorticare. Suo padre. Mentre cercava di riprendere il controllo dei suoi pensieri, non si accorse del sibilo che passò rapido vicino al suo orecchio. Burduck con una forza incredibile aveva scagliato la sua ascia contro Arania. Anche lei parve sorpresa quando si conficcò nel suo corpo. Il combattimento era iniziato, non c'era più spazio per le parole.
Arania con un movimento rapido si mostrò in tutta la sua grandezza, ancorandosi saldamente al terreno con le sue otto, enormi zampe. In poco più di un battito di cuore, molti ragni cominciarono a lanciarsi sul gruppo, sputando ragnatele appiccicose. Era il caos. Alton ne approfittò per cercare un punto più sicuro da dove poter scoccare le sue frecce, mentre Serval cominciò a far vorticare come eliche lungo il suo corpo due spade. Xardax tornò alle spalle del gruppo, schivando i fendenti che il nano e il ranger menavano a colpire la moltitudine di zampe che ormai li circondava. Riprese il controllo della sua mente, giusto in tempo per poter azionare l'anello. Una grande sfera blu cominciò a crescere fino a ricoprire l'intera stanza. Per un attimo tutti i presenti si fermarono. Poi una pioggia di fulmini iniziò a colpire i ragni attorno a loro che caddero come mosche. Arania urlò. I quattro si accorsero che anche lei stava subendo lo stesso assalto elettrico dei suoi figli, ma con effetti meno devastanti.
"Gli anelli" urlò Xardax "Attivate gli anelli!". Burduck guardò il suo dito con aria leggermente inebetita. "Attivare? E come, di grazia?".
Nessuno di loro aveva mai pensato a come potessero usare gli anelli. Mentre Xardax dava per scontato l'uso della concentrazione magica, gli altri non sapevano da che parte cominciare.  Quell'attimo di esitazione da parte del gruppo permise ad Arania di avvicinarsi e colpire. Serval venne sbalzato all'indietro e il nano cadde rovinosamente a terra. Tuttavia, quando il suo anello sbattè sul pavimento un lugubre brontolio cominciò a salire dalle viscere della terra. La stanza cominciò a tremare, crepe profonde iniziarono a crearsi lungo i muri e sul pavimento. Xardax evocò una fitta nebbia che avvolse Arania impedendole di trovare solidi appigli per le sue zampe. Il nano rise soddisfatto e girandosi in direzione dei compagni urlò "Sbatteteli per terra!!!!". Così fecero Serval e Alton. Nel momento in cui gli anelli toccarono il suolo, le forze del fuoco e dell'acqua si unirono alla baraonda della battaglia. Lingue di fuoco e di acqua avvolsero Arania ormai incapace di trovare l'equilibrio necessario per rispondere agli attacchi. Quando la nebbia cominciò a diradarsi, Alton prese la mira. La freccia scoccata andò a fendere gli ultimi fumi di bruma e si conficcò dritta nel cuore del mostro. Gli occhi di Arania si spalancarono per lo stupore. Guardò Xardax e un ultimo sussurro echeggiò nella stanza: Zordlon...

 

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX: Dalle ombre infine ritorna! ***


~~Il viaggio di Vanariel fu privo di complicazioni, i cavalli correvano lesti sotto la spinta del vecchio arcimago e in poco tempo giunse alle porte di Anthara. Doveva ritrovare il corpo della giovane Cora, così da poter riportare la sua anima dal regno del piano dell’ombra.  Non aveva ancora pensato ad un piano preciso, ma l’improvvisazione , spesso, era la miglior strategia quando si parlava di Tessara. La sacerdotessa era sempre stata una donna poco prevedibile, il che rendeva sempre vano ogni tentativo di leggere in anticipo le sue mosse. Vanariel non sapeva cosa la sua mente diabolica avrebbe potuto partorire e si ritrovò a rabbrividire al solo pensiero. Quanto era passato da quando studiavano insieme alla Torre? Un tempo indefinito. Cos’era rimasto della giovane fanciulla che conosceva? Probabilmente nulla.
Una strana sensazione lo pervase proprio mentre stava per attraversare la grande via del mercato. Xardax … qualcosa di grande stava accadendo al tempio di Arania, lo sentiva. Accelerò il passo impegnandosi a non sentire la fatica, anche quando la salita verso la dimora di Tessara cominciò a farsi pesante. Ansimante, si prese giusto il tempo per ricomporsi le vesti ed entrò. Le guardie della sacerdotessa lo accolsero stupiti mentre a passo deciso l’arcimago avanzava verso il centro del grande atrio. Fu Alisteir a farsi avanti.
“Arcimago Vanariel, benvenuto nel Tempio di Desna” disse inchinandosi leggermente come soleva la buona educazione. Vanariel inarcò un sopracciglio e in tono decisamente meno cordiale chiese di vedere immediatamente la sacerdotessa.
“Sono desolato, arcimago, ma la sacerdotessa è stata richiesta in altro luogo. Mi spiace abbiate dovuto fare tutta questa strada per nulla” era chiaro anche a uno stolto che Alisteir godeva nel prendersi gioco di Vanariel, ma evidentemente allo stolto sfuggiva la grande determinazione del vecchio.
“Caro Alisteir, l’assenza della sacerdotessa non può fare altro che semplificare il mio lavoro. Sono lusingato dalla cordiale preoccupazione che la Legione riserva al mio tempo, tuttavia mi trovo costretto a saltare i convenevoli” e così dicendo fece per proseguire in direzione dello studio di Tessara. La guardia gli bloccò la strada con la spada.
“Sono obbligato ad insistere, Vanariel. La sacerdotessa non c’è e non è buona educazione entrare nel suo studio in sua assenza”. Questa volta il tono della guardia era decisamente più fermo.
Vanariel lo guardò. Era strano quel ragazzone, tutto muscoli e niente cervello. Aveva qualcosa nello sguardo che non funzionava come avrebbe dovuto.
“Ribadisco la mia ammirazione, Alisteir, verso una guardia così devota. Ma affari ben più complessi delle tue attività mentali richiedono un immediato intervento da parte della Torre e non credo sia buona cosa né tanto meno furba, intromettersi. Lasciami passare, Alisteir, te ne prego, sono troppo vecchio e troppo di fretta per permettermi una sfida di virtuosismi con una Guardia della Legione.” Fu in quel preciso momento che lo vide: il lampo negli occhi del ragazzo. Allora capì. E sorrise amaro. Mise una mano sulla spalla di Alisteir, le altre guardie misero la loro sull’else delle spade, ma con un gesto del mago rimasero immobili, incapaci di muoversi. Si avvicinò molto al viso del giovane guardandolo sempre negli occhi. “Tessara, mia cara Tessara…quanti possessi hai creato? Quanto sacrificio sei stata disposta a sopportare pur di accontentare la tua sete di potere. So che non vuoi parlarmi attraverso il ragazzo per tanto ascolta quella ho da dirti. Non riuscirai a ghermire Xardax, non riuscirai a nasconderti tanto a lungo. Ti troverò Tessara, ovunque tu ti sia nascosta”. Detto questo, recitò una breve formula e le guardie caddero addormentate. Velocemente si recò nello studio della sacerdotessa, chiudendo la porta alle sue spalle. Non aveva molto tempo, doveva agire in fretta. Richiamò a sé le energie e scandagliò l’ambiente in cerca delle tracce di magia. Ne trovò fin troppe, ma una scia in particolare attirò la sua attenzione. Era una scia verde, ancora luminosa: l’incantesimo di addormentamento. La seguì. Portava alla grossa libreria dietro la quale, con ogni probabilità si celava un passaggio. Impose le sue mani sussurrando parole antiche e un lieve click segnò l’apertura del varco. Davanti a lui un lungo corridoio stretto e dal soffitto basso segnò l’inizio di un percorso ignoto che Vanariel si mise a seguire in fretta. Vi era odore di morte e magia oscura. Giunse ad una porta e l’aprì. Dovette farsi luce per penetrare il buio soprannaturale di quella stanza. E vide. Vi erano altari sopra i quali c’erano i corpi delle persone che Tessara aveva addormentato, alcuni in stato di evidente putrefazione, altri ancora caldi. L’orrore di quella visione provocò nel mago un conato di vomito che riuscì, tuttavia, a trattenere. Velocemente si mise in cerca della ragazza. Erano a centinai, alcuni completamente irriconoscibili, e Vanariel si trovò a provare pietà per le loro anime disperse senza il corpo. La sua ricerca cominciò a diventare frenetica, ossessiva, guardava ogni volto, scrutava nelle profondità delle orbite scure ormai private dal tempo dei bulbi oculari. Poi eccola. Il piccolo corpo aggraziato di Cora giaceva su un altare distante qualche metro da lui. L’aveva trovata!. Corse verso di lei ignorando la veste che veniva ghermita dalle dita ossute dei cadaveri decomposti, correva verso il corpo della giovane, correva con le lacrime agli occhi. Correva distratto. I rumori che fece attirarono l’attenzione di una creatura che si nascondeva nell’ombra cibandosi dei corpi. Bastarono pochi istanti e Vanariel si trovò di fronte il peggior abominio che un mago potesse creare: il non morto. Bisa. L’essere camminava incerto nei movimenti, ma determinato a cibarsi di carne ancora fresca. Sul suo corpo erano evidenti i segni di una tortura immane, la violenza che aveva subito quando ancora era in vita. Vanariel si portò istintivamente una mano alla bocca per trattenere un urlo disperato. Era dalla Grande Guerra contro l’Oscuro che non vedeva i non morti. Cercò di ritrovare la calma necessaria alla concentrazione. Aveva bisogno di tutta la magia che possedeva, di tutta la benedizione di Desna ma si chiese se la dea abitasse ancora quel tempio ormai devoto al Male. Fece qualche passo indietro e invocò la protezione della divinità. Poi, come se stesse spingendo l’energia fuori da sé, colpì l’aria con violenza e Bisa venne scaraventato a decine di metri dal punto del contatto. Aveva guadagnato il tempo necessario per prendere il corpo di Cora. Con la ragazza fra le braccia, cominciò a correre verso quella che doveva essere la direzione dell’uscita, scoprendosi stupito dalla quantità di strada che aveva compiuto per trovare l’altare di Cora. Giunse alla porta sentendo i versi gorgoglianti della bestia che si avvicinavano dall’oscurità dietro le sue spalle. Chiuse il passaggio in tempo, riuscendo a intravvedere le dita insanguinate di Bisa tese nell’ultimo e disperato intento di carpire il pasto che stava fuggendo. Senza un secondo di esitazione, adagiò il corpo della giovane per terra e recitò il controincantesimo per riportare la sua anima. Ci vollero alcuni secondi prima che Cora desse segni di vita. Lentamente il suo torace cominciò ad alzarsi e abbassarsi percorso da nuova aria. Le sue palpebre ebbero un leggero fremito. “Coraggio, piccola Cora, torna da me” la incoraggiò Vanariel mentre le baciava la fronte cullandola. Un ultimo tremolìo e Cora apri gli occhi mentre con un violento spasmo prendeva una boccata decisa d’aria. Mise a fuoco l’ambiente e vide Vanariel che sorrideva commosso. Disse solo una cosa “Xardax”
 

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Capitolo 21
*** Capitolo XX: Si torna a Casa ***


~~Erano passati diverse settimane da quando Arania era morta. Xardax era seduto nel grande cortile davanti alla statua della Viaggiatrice e ripensava agli avvenimenti passati. Dopo aver sconfitto Arania, lui e gli altri avevano ritrovato la via d'uscita dal tempio e respirato, finalmente aria pulita. La foresta sembrava cambiata, non era più il luogo silenzioso e inquietante che aveva incontrato all'inizio della missione, ma un posto vivo e ricco di creature. Decisero di tornare tutti insieme da Tessara, per comunicare la lieta novella, ma sulla strada trovarono Vanariel che giungeva da Anthara. Come al solito, il vecchio arcimago fu alquanto avido di dettagli e non spiegò molto. Disse solo che il Tempio di Desna non era più il luogo consacrato alla dea e che sarebbero dovuti andare immediatamente alla Torre, dove avrebbero goduto di maggiore protezione. Fra tutti fu Serval a serbare dubbi sulla meta. Vanariel, senza dare alcun preavviso prese la testa del ranger fra le sue mani e ci disse che era un posseduto. Lo liberò dalla maledizione. Cosi giunsero tutti alla Torre dove ancora si trovavano. Decisamente poco contento era il nano che mal sopportava sia l'altezza della costruzione sia la vicinanza di tutti quegli elfi e passava gran parte del suo tempo a bofonchiare sotto la barba. Serval e Alton, invece, si acclimatarono immediatamente, godendo delle diverse attività che la Torre aveva in serbo. Il primo affiancò Zidena, grande esperta di Natura, facendo lunghe escursioni nel bosco che incorniciava la pianura della Torre e imparando molte cose che ancora ignorava. Alcuni cominciarono anche a insinuare del tenero fra i due e divennero oggetto di attenzioni, soprattutto da parte del nano che non perdeva occasione per schernire Serval quando notava il suo imbarazzo. Diversamente Alton cominciò a chiudersi nei laboratori della Torre, riemergendo solo per i pasti. Aveva sempre manifestato interesse per l'alchimia e Vanariel fu ben disposto a dargli libero accesso ai suoi ingredienti.

E poi c'era Xardax. Poco dopo il loro ritorno Vanariel lo accolse nel suo studio dove scambiarono un'interessante conversazione. L'arcimago lo informò di tutto quello che aveva scoperto: la smania di potere di Tessara, i corpi che aveva trovato mentre cercava Cora, il difficile e non senza pericolo recupero di Bisa...ma non era quello che Xardax voleva sapere. Aveva scoperto fin troppe cose che lo riguardavano ed era giunto per lui il momento di fare chiarezza.

* * * *

Quel pomeriggio andò nello studio dell'arcimago che, come al solito, lo attendeva seduto sulla poltrona mentre ammirava il fuoco del camino. Si sedette cercando di raccogliere tutto il coraggio necessario.

" Salute Xardax" disse benevolo Vanariel. Il giovane mago fece un sorriso. "Allora, da dove vogliamo cominciare?" chiese l'arcimago sapendo quanto quel momento fosse importante. Xardax non sapeva da dove, ma era sicuro da chi.

"Mio padre, Sarhi, perché aiutò Arania?" chiese di getto quasi tutto d'un fiato.

"Sai Xardax, ci sono molte cose che una persona prende in considerazione prima di fare una scelta. Tuo padre era certo che non sarebbe riuscito a rimanere vivo tanto a lungo da poter riabbracciare Ryhal e tuttavia si sentì di dover fare l'unica cosa che gli sembrava sensata: dare l'opportunità a qualcun altro di uccidere Arania. Vedi, la natura di abominio di Arania avrebbe reso vano qualunque tentativo mortale di sconfiggerla, tuttavia, se lei fosse riuscita nel suo intento, vale a dire acquisire per sempre le sembianze di una donna, insieme ad esse avrebbe ereditato anche la vulnerabilità della nuova condizione. Non pensare sia stato facile per lui svelare le antiche conoscenze sulle ninfe, ne ha sofferto, ma era un tentativo, una speranza alla quale volle aggrapparsi". Sarhi era stato un Guerriero Arcano e ciò faceva di lui un uomo dalle mille risorse e conoscenze. Non era propriamente canonico l'aiuto che stava dando ad Arania, tuttavia si rivelò provvidenziale ai fini della missione di Xardax.

"Certamente, non poteva immaginare che l'eroe che avrebbe sconfitto Arania sarebbe stato suo figlio". Xardax abbassò gli occhi. Suo padre l'aveva inconsapevolmente aiutato ed era morto poco dopo. Guardò l'anello che aveva al dito e scorse un sorriso tenero sul volto di Vanariel.

"Me l'ha dato Arania" disse quasi a voler rispondere ad una domanda silenziosa dell'arcimago " E' l'unica cosa che mi rimane di lui"

"So che non è facile Xardax, so che non puoi avere la forza necessaria per comprendere tutto insieme. Ma non temere, figliolo, il tempo è dalla parte di coloro che cercano conoscenza" disse rassicurandolo.

"Ho viaggiato quando ero al tempio, ho visto Cora che camminava fra i morti"

"No Xardax, non hai visto i morti ma solo le anime di coloro che sono stati addormentati. Il piano dei morti è molto più doloroso e pericoloso di quello che hai visitato e ti inviterei a non cercarne il varco, almeno per ora". L'arcimago aveva toccato un punto dolente. Xardax aveva pensato e ripensato a quell'esperienza con Cora e si era domandato se avrebbe potuto rivedere sua madre e suo padre attraverso il viaggio.

"Xardax, il viaggio fra i piani e terribilmente pericoloso e tu non hai le conoscenze adatte per intraprenderlo. Devi ricevere l'addestramento. A tal proposito ho incontrato l'ultima Viaggiatrice che si è dimostrata disposta ad aiutarti"

Xardax era felice della notizia e al contempo triste. Avrebbe dovuto essere sua madre ad insegnarli tutto sulle viaggiatrici, invece avrebbe conosciuto la verità da un'estranea.

" Quando potrò cominciare?" chiese il giovane

" Presto, a breve ti dirò quando potrai partire"

Tra i due cadde il silenzio, non perché le domande del ragazzo si fossero esaurite, quanto perché non sapeva più da quale parte continuare. Vanariel doveva aver letto l'espressione persa di Xardax, perché iniziò lui a parlare.

" Cora sta bene ora, non ha alcun ricordo del Piano. Probabilmente è normale dimenticare le brutte esperienze, non trovi? Ad ogni modo, ora è felice di aver riabbracciato Bisa". Xardax aveva avuto modo di conoscere Bisa qualche giorno dopo il suo ritorno alla Torre. Era un bravo ragazzo, si trovò a pensare con una punta di gelosia nei suoi confronti. Cora sembrava davvero felice al suo fianco, sebbene fossero una coppia abbastanza bizzarra, e rideva spesso. Questo per lui era sufficiente. Sarebbe stato l'amico con cui confidarsi, il fratello amorevole che l'avrebbe protetta. Non era esattamente quello che avrebbe sperato, ma cercò di accontentarsi facendosi da parte.

" Xardax, ci sono molti corpi dove ho trovato Cora. È necessario che io torni al Tempio di Anthara per cercare di dare pace a quelli che hanno ancora la possibilità di ritrovarla. Starò via qualche giorno e ti pregherei di non abbandonare la Torre. Al mio rientro ti farò partire per andare da Megala, l'ultima viaggiatrice". Non avevano più nulla da dirsi, o almeno così credevano entrambi. Xardax uscì dal suo studio e s'incamminò verso il cortile per raggiungere la sua panchina preferita. Mentre camminava, ripensava a tutto quanto. A suo nonno, alla fuga da Red Down, al primo incontro con Cora fino alla missione oltre il deserto del Pianto. E sorrise. Era cresciuto molto, era diventato un uomo, se non nell'aspetto almeno nello spirito. Quando fu vicino al cortile sentì delle voci famigliari e si fermò un istante ad ascoltare

" Certo che hai proprio dei gusti strani Bisa! Un cosina così piccola riesce a soddisfarti?" diceva una voce burbera da nano.

" Beh, non credo che le donne della tua razza siano tanto più grandi, no?" rispondeva una voce allegra.

" Si, Bisa, ma una donna nana ha la forza necessaria per resistere all'attacco di Golem, non so se mi spiego". Risate.

" Mi vuoi dire perché sei sempre così scorbutico?" chiese la bella voce di Cora.

" Scorbutico? Non sono scorbutico!" rispose il nano.

"Ecco, come non detto" apostrofò Serval mentre scoppiavano tutti a ridere. Xardax decise di farsi avanti per andare dai suoi amici. Erano tutti lì, sulla sua panchina preferita, che lo stavano aspettando. Serval, Alton, Burduck, Cora e il nuovo Bisa. Lo guardarono tutti sorridendo, felici di vederlo. E lui si sentì a casa.

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


~~Vanariel scrutava nei documenti della Sacerdotessa. Qualcosa doveva essergli sfuggito. Dov'è andata? Perché non aveva più sue notizie? Cosa stava tramando?

La ricerca stava durando ormai da diversi giorni ma senza alcun risultato. Avevano riaperto la zona dei corpi e dato degna sepoltura ai morti, mentre per quelli addormentati da poco era riuscito a ridare una vita. Anche lì cercò informazioni, invano.

"Sei sempre stato buffo quando ti crucci per trovare qualcosa, sai Vanariel?" la voce dell'amico era allegra anche se nascondeva una nota di preoccupazione. L'arcimago fece un cenno di saluto con la mano ma senza togliere lo sguardo dalle mille scartoffie che aveva davanti.

"Posso darti una mano?" chiese. Lui non rispose.

"Vanariel?" si fece più insistente.

"Cosa?" chiese l'arcimago alzando per la prima volta lo sguardo sul suo amico. E vide. Alle spalle di Feren, il nonno di Xardax, vi era una mappa. In modo del tutto impercettibile ad uno sguardo poco allenato, vi erano segnate delle righe, dei tragitti. Si avvicinò velocemente passando di fianco a Feren che lo guardavo con uno sguardo interrogativo. Vanariel con le mani camminò lungo quei percorsi disegnati a mano da Tessara giungendo fino ad un villaggio a quattro giorni di cammino da Grey Hawke. "Silastyll" mormorò. Tornò velocemente alla scrivania riprendendo in mano alcuni appunti che aveva letto. "AH!" esclamò contento. Feren continuava a non capire.

"Vuoi rendermi partecipe?" si azzardò a chiedere.

"Silastyll! Guarda qua" disse porgendo dei fogli scarabocchiati " è una cittadina agricola vicino a Grey Hawke. Qui c'è scritto da tempo si vocifera sulla presenza di vampiri nelle zone. Ma il simbolo che Tessara ha annotato in alto, sul foglio, indica che non è così. Feren, la citta non è invasa dai vampiri. Sotto Silastyll ci sono le porte per l'Inferno e Tessara vuole aprirle". I due si guardarono gravi.

"Dobbiamo tornare alla Torre. Tuo nipote rimanderà l'addestramento. Deve andare a Silastyll e impedire che il rito si compia!".
 

*  *  *  *  *

 

Sono giunta così alla fine di un racconto che, lasciatemelo dire, mi spiace aver terminato. Ormai i personaggi mi sono entrati dentro, mi hanno reso difficile il sonno e mi hanno dato grandi soddisfazioni! Vorrei qui ringraziare una ad una le persone che hanno partecipato a questo progetto.

A Xardax: mio marito, grazie per non aver mai letto nulla di quello che scrivevo! Sei fantasticamente scorbutico quanto ti ci metti, ma hai dato vita ad un mago straordinario!

A Serval: caro Simone, quanto ci siamo affezionati a questo personaggio? Indimenticabile!

Ad Alton: il Percio...come dimenticare il colpo finale ad Arania al grido Per Yondallah!! che avranno sentito in tutto il paese???

A Burduck: il grande e potente Mike! Mai nessuno interpreterà un nano con la stessa credibilità

A Cora: inizialmente il mio personaggio, si è poi evoluto sull'idea che mi sono costruita di una ragazza davvero speciale! Grazie Ade!

A Bisa: detto Bisa! Sebbene in perenne lotta per recuperarci di livello a Clash of Clans - e soprattutto sebbene tu non possa competere con me - grazie per avermi ispirato un personaggio così dolce e pieno di valore!

Grazie a tutti voi ragassuoli! Vi voglio bene!

Un ultimo, ma non meno importante, ringraziamento va a te, che hai letto la mia storia...spero ti sia piaciuta e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi, nel bene e nel male.

 

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