Doppia Coppia di Bryluen (/viewuser.php?uid=22028)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Start ***
Capitolo 2: *** Dove Si Va? ***
Capitolo 3: *** Partenze ed Arrivi.. ***
Capitolo 4: *** Le Stai Facendo Paura... ***
Capitolo 5: *** ....Metti Una Sera In Pizzeria ***
Capitolo 6: *** Tragici risvegli ***
Capitolo 7: *** Il sogno di Fy Chan (Una mattina sugli scogli) ***
Capitolo 8: *** Tutti pazzi per Federica ***
Capitolo 9: *** Che si fa oggi ? Parco divertimenti! ***
Capitolo 10: *** Confidenze ***
Capitolo 11: *** Da uomo a uomo ***
Capitolo 12: *** I gemelli comprendono qualcosa... ***
Capitolo 13: *** I love shopping ***
Capitolo 14: *** Troppi pensieri ***
Capitolo 15: *** Succede all'improvviso ***
Capitolo 16: *** Tamburi di guerra ***
Capitolo 17: *** Sai tenere un segreto? ***
Capitolo 18: *** Adorabili ma sfiancanti ***
Capitolo 19: *** La principessa degli alieni ***
Capitolo 20: *** Diverse reazioni ***
Capitolo 21: *** Voglia di litigare ***
Capitolo 22: *** Segreto svelato ***
Capitolo 23: *** Preparativi per la serata pt.1 ***
Capitolo 24: *** Preparativi per la serata pt.2 ***
Capitolo 25: *** Tutta colpa dei boxer ***
Capitolo 26: *** Una serata romantica ***
Capitolo 27: *** Attenti a non scottarvi. ***
Capitolo 28: *** Ettore ***
Capitolo 29: *** Posso fidarmi di te? ***
Capitolo 30: *** Ti amo, ti odio, mi manchi ***
Capitolo 31: *** Luci spente in sala ***
Capitolo 32: *** Tutti contro tutti ***
Capitolo 33: *** E adesso cosa faccio? ***
Capitolo 34: *** Quello che provo per te... ***
Capitolo 35: *** Non è come sembra ***
Capitolo 36: *** "Ti amo" non è abbastanza. ***
Capitolo 37: *** Mio fratello è uno stronzo...o forse no? ***
Capitolo 38: *** Redenzione ***
Capitolo 39: *** LIETO... ***
Capitolo 40: *** FINE. ***
Capitolo 1 *** Start ***
-Fede sbrigati, dobbiamo spicciarci prima che ci sia troppa gente
altrimenti non vediamo più niente- una giovane dai capelli
biondi correva nell'atrio della scuola, gridando, ansiosa, si voltava
indietro, facendo ondeggiare i capelli in disordine, davanti al viso.
-Cooooooosa?? ma guarda che mi tocca sentire, quella che è
in ritardo sei tu! ti posso ricordare che io abito qui a fianco!-
Federica rincorreva l'amica, gridando a sua volta,
più per scherzare che per una vera ira. Non che il loro
rapporto fosse bello liscio, ogni tanto si facevano delle litigate
memorabili; le due amiche si adoravano, erano come sorelle, entrambe
avrebbero fatto qualunque cosa per l'altra, erano una ugauali ma
diverse, una tranquilla e l'altra casinista, una principessa Disney e
l'altra pancha bestia...entrambe pazze, fantasiose, adorabili, e tutte
e due odiavano la scuola.
Era il giorno dei quadri, l'anno scolastico era giunto al termine una
settimana prima, e adesso Sveva e Federica correvano verso la scuola
perchè, incredibilmente, non avevano la più
pallida idea dei voti con cui erano passate. Era quella la loro vita,
stavano con la testa fra le nuvole, pensando alla danza, alla scrittura
ai videogiochi e ai romanzi, ma mai allo studio, o meglio a quello ci
pensavano un ora a notte, da mezzanotte all'una, giusto per apparare
qualcosa per il giorno dopo. Non erano propriamente delle alunne
dilgenti, ma in classe erano straordinariamente attente, e
quello che non avevano seguito lo compensavano con l'intelligenza, al
contrario dei loro compagni.... facevano qualunque cosa al contrario
dei loro compagni, per loro non nascondevano il loro odio e
disaprovazione. Il che non era così sorprendente, erano
molto diverse dai loro coertanei.
Sveva arrivò per prima, ma essendo la più timida,
nonchè la più fifona, si fermò
all'istante, davanti alla sala in cui erano esposti i quadri,
deglutì davanti alla folla di ragazzi e ragazze firmati da
capo a piedi che ciarlavano, si abbracciavano e parlavano al cellulare,
si girò quasi impaurita, per cercare l'amica, non voleva
entrare per prima, non da sola. Sveva era così molto cuore,
poco coraggio, per qualunque "impresa" si appoggiava a Federica ,
più coraggiosa e forse meno lungimirante.
-Che è quella faccia da funerale che manco siamo entrate...-
Fede abbracciò la biondina -Perchè intendiamoci
adesso che entriamo si che ci sarà da piangere!- si misero a
ridere entrambe superando l'uscio della sala, abbracciate.
-Credo che ti cederò il passo-
-Ok,- Fede si fece strada, trascinando per la manica l'amica, fino alla
grande bacheca- secondo B, secondo B, eccolo! guarda-
spingendo la bionda accanto a sè, -si, si ,si sono
senza debiti, non ci credo, non ci credo- Federica, l'amica dai capelli
castani, alta quanto un grattacielo, per essere una ragazza, e con un
corpo da mozzare il fiato, si fece notare ancora una volta nella
scuola, iniziando a saltare davanti alla bacheca e urlando ai meno
fortunati la sua felicità
-Brava tesorrrrrrooo, sono feliiiiice- disse Sveva, facendo una vocina
piccola piccola, abbracciando l'amica, condividendone sinceramente la
contentezza, ma la sua durò decisamente di meno,
alzò lo sguardo e cercò il suo nome sul
tabbellone, il sorriso le scomparve dalle labbra- Non ci credo, quella
grandissima stronza della profesoressa di matematica-
guardò l'amica con malagrazia, e adesso, malcelata
invidia Federica, -Mi ha messo il debito non ci credo- un ultimo
sguardo, al resto dei voti, poi scosse la testa, si fece spazio fra i
compagni di scuola e si allontanò dai quadri, scordandosi di
annotarsi i voti restanti e di sbriciare quelli dei non amati compagni
di classe
-Eddai non te la prendere- Federica le mise un braccio sulle spalle,
non sapendo che dire (non era mai stata brava con le parole) -Lo sai
come è fatta quella, e poi a settembre lo recuperi-
-Si certo- rispose l'altra con gli occhi fiammeggianti, dalla rabbia,
dalla delusione e dalla vendetta...-Va bene, io la giornata non me la
faccio rovinare- Abbracciò Fede, sorridendole in modo
sinistro... -Tanto prima di partire vado dalla preside-
continuò con una mezza risata e una voce melliflua, che, a
volte, sapeva nascondere l'impeto della battaglia.
Federica previde guai...
Intanto in un altra città
-Ragazzi svegliatevi! Dovete andare a scuola!-
-Mamma ma la scuola è finita da un pezzo- Un
belissimo ragazzo albino, si tirò il lenzuolo
color porpora, o color sangue, come diceva lui, fin sopra la
testa, nascondendo il viso alla luce del mattino, voleva palesemente,
continuare a dormire, come minimo fino alle due..
-Poltrone alzati! Ci sono i quadri oggi- Un altro ragazzo,
identico a quello che dormiva fece il suo ingesso nella stanza, coperto
solo da un pantaloncino azzurro, sembrava già sveglio e
fresco, si passò la mano sulla testa a ravvivarsi i capelli
-Certo che i tuoi voti fanno comunque schifo, ma i miei no, quindi
muoviti e andiamo-La madre stava per rimproverarlo, ma lui fu
più svelto si avvicinò al letto del fratello e
gli strappoò il lenzuolo di dosso lasciandolo scoperto, a
quel gesto la mamma non potè ribattere, se non osservare
divertita la scena.
-Ahhhh maledizione Verg- Si mise seduto, di scatto, rivelando
il torso nudo, il corpo perfetto, anche lui come il fratello aveva
dormito solo con il pantaloncino, soprendentemente, i due erano uguali,
identici, come solo due gemelli possono essere, la stessa
fisicità, la stessa espressione, anche se Vergil appariva
più controllato, mentre Dante sembrava più
istintivo e caotico.-Ma non potevi essere più delicato?-
-No. Perchè?- Un sorriso beffardo, e uscì dalla
stanza, passando accanto alla madre e dandole un bacio affettuoso,
-Comunque preparati, che ho fretta- Si sentì un ultimo
grido, prima che una portà li accanto sbattesse, chiudendosi.
-Tuo fratello ha ragione Dante, è proprio ora di alzarsi-
Eva, la madre dei due gemelli, si avvicinò al letto del
figlio e lo baciò teneramente, come fosse ancora un bambino
piccolo, e probabilmente Dante pernsò che quel gesto, era
l'unica cosa buona da quando si era svegliato.
Soltanto quell' evento poteva distrarre le ragazze
dell'istituto dai quadri appena affissi: l'arrivo dei gemelli Sparda
-Ciao Dante-
-Ciao Vergil-
Ragazze adoranti, si voltarono a salutarli, spalancando gli occhioni,
maledicendosi per non essersi messe qualcosa di più sexy e
sorridendo civettuole, come non avevano mai fatto per altri ragazzi,
gli studenti maschi invece erano divisi, chi salutava
tentando disperatamente di farsi notare dalle ragazze, come "amici
degli Sparda"; e chi ostentava indifferenza ma suo malgrado dimostrava
una grande, grandissima invidia.
Dante e Vergil entrarono nel cortile, guardandosi attorno, affiancati,
studiarono qualche attimo la folla, poi senza dirsi niente si
separarono.
Il primo si era evidentemente preparato in fretta e furia, indossava
dei jeans chiari, e una t-shirt bianchissima, un po'spiegazzata e
aderente che metteva in risalto il fisico perfetto, i capelli in
disordine, andava girando salutando ragazzi con energiche pacche sulle
spalle e facendo sorrisetti di apprezzamento alle ragazze, sembrava un
PR, infatti era evidente che le relazioni pubbliche gli interessassero
più delle valutazioni scolastiche, la folla adorante lo
osservava come fosse stato un re con i suoi sudditi, era inevitabile :
tutti amavano Dante.
Vergil, il gemello, era completamente diverso, dall'abbigliamento al
modo di comportarsi. Bellissimo, come un dio greco, freddo come una
statua di marmo. Si era vestito con un jeans nerissimo, dal taglio
elegante, una cintura con una grande fibbia a forma di drago a
stringerlo in vita, e una camicia verde scuro, il bavero alzato, i
capelli tirati indietro, lenti nere a tenerlo distante dalla gente,
passò davanti a tutti senza bisogno di farsi strada: forse
studiatamente, Vergil passava accanto alle ragazze e quelle si
spostavano per lasciarlo passare e contemporaneamente lo salutavano
facendogli complimenti sul suo look impeccabile. Il sorriso di
soddisfazione, che aveva dipinto sul viso, non si spense nemmeno
davanti alla bacheca dei voti. Si tolse gli occhiali per osservare
meglio il suo trionfo: il migliore della classe, i voti più
alti, media alle stelle, del resto se lo aspettava. Si girò,
tornò indietro, e iniziò, finalmente, a parlare
con i compagni, e le compagne, sorridente e affascinante come mai era
stato, la comitiva gli sorrideva, chi con odio malcelato, chi con la
speranza di avere un sorriso, un gesto, o qualcosa in
più....: Vergil era il migliore
Così come era venuto, vergil lasciò la gente con
cui stava parlando, salutò sempre educato, come un lord
inglese, e andò a cercare il fratello. Lo trovò.
-Dante hai visto i quadri?-
-Si, una volta al Louvre, ma non credo di ricordarmelì.
Perchè?- Scherzò lui, girandosi a guardare il
gemello e rubandogli le lenti scure -Belle, stanno meglio a me!-
-Va bene, bambinastro, tanto tu hai avuto la solita media!- disse
Vergil inacidito, calcando la voce sulla parola "solita" , come a
deriderlo, ma inaspettatamente gli lasciò tenere i suoi
occhiali, forse neanche lui disdegnava un po' di sole di inizio estate.
-Solita? Il che vuol dire più bassa della tua-
Sospirò, fingendosi disperato, poi guardò Vergil
dritto negli occhi, come a voler prendersi una grossa rivincita
-Comunque, dimentichi, FRATELLO, che abbiamo la stessa età,
bambinastro- Così aveva affondato la lama.
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Capitolo 2 *** Dove Si Va? ***
Sola, i capelli al vento, sostava all'inizio della strada
che la
portava a casa. Appoggiata al muro di un palazzo familiare di vista, ma
di cui non conosceva nessun abitante, torturava una ciocca di capelli
biondi; si mordicchiava il labbro inferiore, e si muoveva a scatti
nervosi. Aveva lasciato l'amica parecchio tempo prima, e nel mentre
era arrivata nel suo quartiere senza avere il coraggio di tornare dai
suoi per annunciargli il debito. Tutta colpa del suo orgoglio. Spesso
l'avevano costretta a riporlo sotto i tacchi, offendendola,
perché non era come le altre: non passava le sue giornate a
parlare di negozi e non spendeva cifre spropositate per uno
straccietto con le iniziali "D&G" e questa, nel suo istituto,
era
una grave colpa. D''allora, era passato del tempo, molto tempo, aveva
conosciuto meglio Federica, e insieme erano cresciute coltivando altri
interessi, e facendosi forza con le piccole soddisfazioni che gli hobby
concedevano loro. Fece un lungo sospiro, ripensando per la centesima
volta in quell'ora, alla mattinata appena trascorsa.
-Facciamo un giro? Non mi va di pensare, non voglio problemi, non
adesso... allora mi accompagni?- Sveva teneva per mano l'amica,
tirandola verso una stradina laterale, piuttosto trafficata che in
breve le avrebbe condotte in centro, nella zona "in", dove si riunivano
tutte le comitive e si trovavano tutti i negozi, compreso il suo
preferito: la grande libreria di tre piani. Pensava
a
questo mentre scrutava l'amica, con un espressione dolce e
supplichevole, cercando di spalancare al massimo gli occhioni verdi.
Notando che non rispondeva, si fermò di botto, si
girò
per averla di fronte, le lasciò la mano e congiunse le
proprie
in un gesto di preghiera. -PLIZ!!!-
-Non lo so Svevy, dovrei passare a casa, dirlo a mia madre, dirle i
voti- Omise la frase "dirle che non ho debiti" per non urtare il
caratterino dell'amica, che dolce quanto voleva, poteva diventare nel
giro di un secondo una bimbetta velenosa, come lei del resto! -E
poi...lo sai che ho danza presto, tra poco ho il saggio di fine anno,
sono sotto pressione, eh il maestro, insomma non lo so!- L'aveva detto!
Tutto d'un fiato, per non farsi interrompere dall'amica, che sapeva
zittirla troppo bene, e poi quell'ultimo accenno alla danza, pensava
che Sveva non avendo un'attività che le occupasse almeno un
ora
al giorno tutti i giorni non l'avrebbe capita, ma per lei la danza era
importante, un grande onere ed un grande onore. Come per tutte le
ballerine classiche
-Oh, al diavolo! Per una volta scusa...e poi prima c'era lo spettacolo,
poi la scuola, poi l'esame... insomma fammi un favore solo per oggi, e
ricordati tutti i pali che mi hai già rifilato!- Colpita, e
quasi affondata Sveva vide Federica cambiare espressione, ne
approfittò per prendere in mano la situazione -Allora
ascoltami:
passiamo da casa tua, parliamo con tua madre, poi al volo, ci facciamo
le scale e andiamo in centro, stiamo là un' oretta e poi te
ne
torni a casa in tempo per andare a danza!- Anche lei parlò
di
filato, senza farsi interrompere, aveva pronunciato la parola "oretta"
a malincuore, contava in un pomeriggio spensierato, ma non voleva
pesare sulle lezioni di danza, a così poco dal saggio finale.
Silenzio assenso. Federica non rispondeva, ormai erano dieci minuti
buoni che stavano ferme sul marciapiede. Sveva la trascinò
verso
casa; solo per ritornare in quello stesso punto dieci minuti dopo.
Corsero a perdifiato per tutta la strada, una discesa piuttosto
scivolosa, ridendo come due bambine alle giostre, incitandosi e
scommettendo su chi sarebbe arrivata prima.
-Ma non vale tu sei una ballerina, sei più allenata!- Sveva,
le
mani sulle ginocchia, era piegata alla fine della strada e tentava di
riprendere fiato. Federica, arrivata prima di lei, si girò
dissimulando il fiatone, che l'aveva colta nonostante l'abitudine di
correre per arrivare in orario alle lezioni.
-E non c'entra, hai perso adesso mi offri... una coca cola!-
Gridò, puntando il dito verso un chiosco ambulante
proprio
lì di fronte, il venditore, che si era sentito osservato, le
sorrise con avidità, indovinando che la giovane sarebbe
stata la
sua prossima cliente.
-Coca cola, oh signore poteva mai essere qualcos'altro! Andiamo,- La
bionda si fece trascinare al chiosco, e prese due bibite, saldato il
conto, edulcorato dal venditore; si sedette su una panca, proprio
davanti ad un negozio di vestiti che esponeva abiti estivi e costumi
-quest'anno stesso posto di sempre? Mare, sole e cittadina di
vecchietti senza niente da fare ?- Chiese riferendosi alle vacanze
imminenti
-Per quest'anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare...stessa
rottura di cojons!!- Ridendo Federica annuì con la testa
-Quando
parti?-
-Subito dopo il tuo saggio, i miei hanno affittato un appartamento
vicino la chiesa, e un ombrellone alla spiaggia dell'albergo,
così restiamo vicine anche quest'anno- Sorrise, pensando
mentalmente di fare un salto nel negozio di fronte, aveva bisogno di un
costume nuovo. - Così mi abbronzo un pochino prima
che
arrivi tu, a farmi sfigurare col fisicaccio che tieni!- A
Federica
andò storto l'ultimo sorso di coca.
-Ma smettila!Senti io quest'anno ho il motorino, Mio cugi tiene la
macchina e non voglio mettere le radici nel paesino, quindi si gira!
Locali, mu...musei, se proprio vogliamo, mostre saggi, negozi!!-
Parlando Fede si era alza e senza guardarsi indietro aveva attraversato
la strada ed era entrata nel negozio.
Mezz'ora dopo le due amiche entrarono nella grande libreria, ognuna
aveva in mano un sacchetto con un bikini, appena acquistato,una se
l'era comprato azzurro
con i cordoncino dorati, l'altra rosso con i cordoncini neri. Sveva che
conosceva il posto come le sue tasche guidò l'amica nella
sezione riservata alle guide turistiche. Si erano rese conto che, dopo
tre anni nella stessa località, avevano bisogno di una guida
turistica per
conoscere il locali migliori e le mostre. Avevano trovato 3 guide
all'apparenza affidabili e fresche di stampa, ma Sveva ancora una volta
la più lungimirante aveva voluto chiedere al punto
informazioni
quale fosse la più aggiornata, si accostarono al bancone, ma
la
commessa fu distratta, un attimo prima che loro potessero parlare, da
un
telefono.
-Buongiorno, si abbiamo guide turistiche, che zona? Ah, perfetto si ne
abbiamo 3, come dice? Le vuole tutte, si certo...ovviamente gliele
possiamo inviare, il pagamento si effettua tramite bollettino postale.
cognome? Può farmi lo spelling? S-P-A-R-D-A,ok, le invieremo
subito le guide, buongiorno a lei.- La
commessa si annotò scrupolosamente i dati ricevuti in quella
telefonata, e trascrisse l'ordinativo sul pc della libreria.-ditemi
ragazze!-
-Volevo sapere quale di queste guide fosse la più
aggiornata- Le domandò quella con i capelli biondi.
-Curioso un donna per telefono mi ha appena chiesto lo stesso articolo!-
Sveva varcò la porta di casa, dopo attenta riflessione,
nascose
il sacchetto con il bikini e posò la busta della libreria
vicino
l'ingresso -Mamma, papà devo dirvi una cosa!-
-Francia, un paese di classe, elegante, ricco di storia e di fascino,
ci sono il museo del Louvre, il palazzo di Versailles, i fiumi della
Borgogna dove gustare ottimo vino, e visitare castelli, e poi le strade
dei negozi, i più importanti stilisti hanno li la loro
mason- Si
aggiustò il colletto della camicia pronunciando l'ultima
frase.
Vergil parlava in modo affettato, degno della migliore guida turistica,
ci si sarebbe aspettato che ora ripetesse tutto il discorso in un altro
paio di lingue.
Seduti a gambe incrociate sul grande tappeto persiano del salotto i
gemelli stavano decidendo dove passare le vacanze. Eva la loro madre,
li ascoltava osservandoli orgogliosa, dal divano. Tutta la stanza era
in disordine, cosa strana per il salotto di Eva, solitamente perfetto,
ovunque erano sparsi fogli appena stampati, atlanti, guide turistiche,
dépliant e volantini, che si andavano a concentrare attorno
ai due
ragazzi. Vergil e Dante erano seduti l'uno di fronte all'altro, divisi
solo da un enorme atlante dalle pagine ingiallite e da un altrettanto
gigantesco mappamondo, si guardavano in cagnesco. La loro
rivalità si era riaccesa nel momento in cui la madre gli
aveva
concesso di scegliere il luogo di vacanza, a patto che fossero entrambi
d'accordo. Data la loro età, 19 anni, sarebbero potuti
andare in
vacanza da soli, ognuno per fatti propri, ma nessuno dei due avrebbe
permesso che la madre passasse da sola le vacanze, e poi senza
confessarlo entrambi non avrebbero saputo cosa fare in vacanza senza
il gemello insopportabilmente rompiscatole.
- Francia: capitale Parigi- disse Dante ripetendo mestamente una
didascalia dell'atlante, -aspetta Parigi, Parigi, ci sta il Mulin
Rouge!cioè l'unica cosa interessante e non me la dici!- uno
strano bagliore si accese negli occhi del giovane.
-D'accordo è anche la capitale della cultura bohemien che
trova
la sua maggiore espressione nel successo del mulin rouge ma..- Vergil
avrebbe voluto continuare..avrebbe voluto
-No, oddio santo, come parli, Verg, non verrei a Parigi con te nemmeno
sotto tortura, e di certo non per un misero night club!-
Eva tossicchiò
-No ho io il posto ideale, possiamo fare sport, stare all'aria
aperta, conoscere una cultura nuova, - Vergil lo lasciò
continuare,
sapendo che presto ci sarebbe stata la fregatura. -Sud Africa,
temperatura ideale, safari tutti i giorni, armi e bestie feroci,
riserve naturale,e cibo etnico-
-Anche malattie etniche? Insomma un caldo da squagliarsi, paesi in
guerra, malattie, condizioni sanitarie terribili, proprio il posto
ideale, di certo molto meglio di Parigi!- ironizzò Vergil,
disgustato dalla proposta di Dante. Diede una vigorosa manata
al
mappamondo, i loro occhi si unirono sulla superficie che girava, come
quando da bambini giocavano ad immaginare posti lontani, e terre piene
di misteri e tesori -SanPietrburgo! in estate c'è il clima
ideale i palazzi imperiali, salvatisi dalla rivoluzione, sono maestosi,
il museo cittadino contiene milioni di opere d'arte, molte delle opere
dei pittori più celebri, Cezanne, Picasso..., potremmo anche
visitare il Cremlino- Vergil si voltò a guardare la madre,
sapeva che le piaceva la pittura, sperava di ottenere il suo sostegno,
e poi avrebbero potuto vedere i palazzi della dinastia Romanov, Vergil
era sempre stato affascinato dai simboli del potere assoluto, Dante
disturbò le sue riflessioni.
-No no e no! Insomma che palle, Verg non puoi suggerire qualcosa di
decente!! Palazzi, musei, musei, negozi e ancora palazzi; sarebbe come
restare a casa!-
-Perchè quanti musei hai visitato nella nostra
città?- Dante ignorò la battuta, che
però colse l'approvazione di Eva, che la condì
con un -Effettivamente- che rimase altrettanto
ignorato dal gemello più "sportivo"
Dante prese in mano un po' di depliant, alberghi, negozi, voli, tutti
riguardanti città d'arte..-Tuo, tuo, tuo, tuo...ancora tuo-
Disse scartando ogni foglietto e passandolo al fratello, che li
posava distratto, tanto non c'era la minima traccia di ordine
in
quel momento, la sua precisione esatta al millimetro non era richiesta
per il momento -Budapest,- Disse Dante ad alta voce trovando che il
nome
suonasse bene-Questa la conosco sta in Polonia!-
-Ennnnn- L'altro gemello fece uno strano suono con la bocca,
come
il segnale dei quiz quando il concorrente dà la
risposta
sbagliata -Budapest è la capitale dell'Ungheria- disse Eva,
ricordandosi un viaggio di tanti anni prima.
-Ungheria hai detto? Io non la trovo sull'atlante!-
-Ma come guarda bene è impossibile che non ci sia,- Rispose
premurosa la madre
-è possibilissimo che non ci sia se guardi vicino
la Finlandia
deficiente!- Rispose molto meno gentilmente Vergil, che iniziava a
perdere la pazienza
-Opss...- Sibilò dante, evitando di guardare la madre, che
rideva a crepapelle, girò a caso le pagine dell'atlante e fu
estasiato da quel che vide -Arizona, andiamo non dobbiamo neanche
uscire dagli Stati Uniti, possiamo fare campeggio, stiamo in mezzo alla
natura, scommetto che si può fare anche kayak!-
-Splendido, tre mesi a disposizione e li sprechiamo in Arizona - Vergil
si passò le mani tra i capelli in un gesto stizzito. Fu la
madre
a rispondere per lui
-Veramente Dante, io preferirei andare in un posto un po più
tranquillo, e contavo anche di allontanarmi un po di più-
Disse
con un fil di voce, come a temere di far dispiacere il figlio,
-Sentite se ho capito bene, tu vuoi andare in un posto dove ci sia la
natura, e si possa fare sport; invece tu vuoi un luogo cittadino, dove
visitare mostre, musei e negozi- Spostò lo sguardo da un
gemello
all'altro, come per essere rassicurata, le risposero all'unisono
-Si, mamma-
Eva, evidentemente abituata a fare da paciere,
posò davanti ai figli delle
riviste -Che ne dite dell'italia? Ci sono dei grandi parchi nazionali,
dove campeggiare ed anche un grande circuito automobilistico mi pare si
chiami Marello, Manello..Maranello, insomma.. qualcosa del genere; e al
contempo grandi città d'arte, Firenze, Venezia, Napoli, e
soprattutto Roma una grande sede istituzionale! -
I gemelli la guardarono estasiati, già persi nelle
città
italiane...città diverse ovviamente! Dove si va,
prima...mare o
montagna?-
-Mare!- risposero in coro Dante e Vergil, guardandosi stupiti,
chiedendosi come era potuto succedere che fossero d'accordo su qualcosa!
-Va bene telefono ad una libreria locale e mi faccio mandare qualche
guida!-
ciao a tutti!!
wow la mia prima
fan fic^^ spero che continui a piacervi di capitolo in capitolo, io
farò del mio meglio per scrivervi una storia piacevole da
leggere...
un grandissimo
grazie a chi legge, e il doppio a chi commenta *_*; e ovviamente tanti
baci alla fy che mi ha fatto amare Devil May Cry!!
vostra...Bry!
|
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Capitolo 3 *** Partenze ed Arrivi.. ***
Hola a
todos dalla
vostra Bry! Non sapete quanto mi siete mancati... Mi
spiace per il protratto ritardo, ma ero in vacanza e non avevo
internet per aggiornare :( In compenso dal mare vi ho
portato come
souvenir, un nuovo capitolo della ficcia bello lungo e succoso! Spero
tanto che vi piaccia, (leggete e lasciate tanti commentini^^
please!!)...La storia va avanti:
Il copriletto era rosa, il marmo che ricopriva la scrivania era rosa,
il
legno dei mobili graziosamente intagliato; tutto in quella camera
ispirava un che di romantico, eppure... il chaos. Vestiti
pressocchè ovunque, piegati, ammappinati, disordinati,
per
terra, sul letto, sulle sedie; insieme a questi, giacevano gioellini,
fasce per capelli, carica batterie per ogni sorta di oggetto moderno,
penne quaderni e tutte le cianfrusaglie che possono essere
indispensabili per un adolescente.
No, non stava traslocando
No, non c'erano stati i ladri.
Si, Sveva stava facendo la valigia. Aveva detto alla sua amica che
sarebbe partita presto, il tempo di mettere mezza casa in un trolley.
Federica non poteva sapere che Sveva non stesse scherzando.
La
ragazza infatti, sebbene non pensasse molto alla moda, aveva imparato
da sua madre che per andare in vacanza è
indispensabile quasi ogni cosa: abiti da mattina, pomeriggio e sera,
per il caldo e per il freddo, per cene eleganti ed informali, e con
questi ogni sorta di accessori, dalle scarpe al mascara, dalla borsa al
bracciale. Se si aggiungeva che la ragazza tenesse molto, anche troppo
a quello che la mamma considerava futile, alias libri,
computer,
i pod, magliette assurde e completi improponibili, si sarebbe capito
perchè era la terza volta che faceva la valigia ma
questa
rifiutava di chiudersi.
Uno squillo prolungato: il cellulare, anche quello sepolto da qualche
parte. - Oh cavolo- Gemette la ragazza guardando la sua bella camera
assomigliare ad un campo nomadi, ma nomadi molto disperati e
disorganizzati. Con velocità strabiliante
iniziò a gettare
tutto all'aria, per cercare la fonte della musichetta, -Andiamo lo so
che sei qui, cellularino, dove sei? Per favore vieni fuori-
Si,
stava proprio parlando all'apparecchio come se questo la potesse
ascoltare, la melodia continuava,-Ti preeego- Un ultimo lamento, Sveva
sapeva che non avrebbe trovato il cellulare prima di mezz'ora, si
accasciò al suolo. Eccolo! Il cassetto della biancheria
intima
mezzo svuotato faceva intravedere un filo di luce tra i pizzi - Chi
è?- Aveva risposto subito, senza neanche guardare il display.
-Scema come sarebbe a dire chi è? Ti si è
resettata la
memoria, che non vedi il mio numero? E comunque dovresti saperlo
a memoria, quindi non hai scuse!! Ahaha- La voce di Federica,
esageratamente alta, le ferì l'orecchio. E l'ultima risatina
ironica non le era piaciuta per niente.
- Non disturbarti a riprendere fiato! E comunque la mia memoria
è a posto, solo non ho guardato il display. -
-Allora sei scema!- Rise in modo aggraziato stavolta - Che fai?
- Eccola, la domanda a cui sveva non avrebbe mai voluto rispondere. Non
c'era altro modo: non sapeva mentire. Si guardò intorno, e
sospirò rumorosamente.
-Faccio la valigia- La biondina pronunciò la frase con una
gravità degna di un imperatore che annuncia al popolo la
guerra
imminente. Un urlo dall'altra parte
-Ancora???- La faccia di Federica sembrava il muso di un pesce palla,
la sua sorpresa era totale -Ma ti ho chiamato stamattina, e la stavi
facendo, ieri e la stavi iniziando.... voglio dire andiamo in un
paesetto sperduto mica a Miami, infila qualche top, costumi, e sandali,
no?- La brunetta parlò come se avesse appena rivelato
all'amica
un Dogma.
-Si ma la mattina si muore dal caldo e la sera fa freddo, e poi se
andiamo a ballare? Se mi schizzo di olio mangiando gli spaghetti?
E
se...- Sveva non sapeva che Federica aveva smesso di ascoltarla
già da un pezzo. Sospirò fortemente, era
stressata, la
camera era un casino, e lei scoppiava di caldo..-Ok, faccio come dici
tu. ti chiamo appena ho finito.- La comunicazione fu interrotta,
Federica non ebbe il tempo nemmeno di esprimere la sua soddisfazione di
aver avuto ragione.
Casa Parini: un telefono squilla, - Fede è per te!!- Una
voce di donna .
-Chi è???- La voce di Federica distorta.
-Sveva - Ancora la voce di donna: la madre di Federica
-Ho finito!-
-Ciao Svevy, anche io sto bene, grazie!- Disse Federica ironica
-Scusa, hai ragione è solo che....ho finito!!- Il vecchio
legno
del letto che si ricordava almeno tre generazioni di ragazze Mirelli,
scricchiolò quando Sveva vi si gettò a peso
morto. La
camera era tornata normale, il che voleva dire un disordine
accettabile. La famosa valigia era davanti al letto, molto rigonfia,
perchè nonostante tutto la biondina non aveva rinunciato ad
infilarci almeno due o tre capi per ogni occasione.-Mi sembra
impossibile, la valigia è chiusa, cioè hai
presente quando
i due lembi della cerniera combaciano, e non si vede la roba che ci sta
dentro??- La biondina era estasiata, parlava come una bambina che
vedeva per la prima volta un ruota panoramica.
-Ahhh...insomma è come una valigia chiusa!- Federica ruppe
l'incanto, con una voce un po' secca, un po' ridente.
-Tu hai finito la tua?-
-Io si da un pezzo! Senti però adesso devo scendere, ci
sentiamo
dopo.- La comunicazione fu di nuovo chiusa. La ragazza volse lo
sguardo, era ancora in pigiama, la camera sembrava
un mare
in tempesta, la valigia, dopo essere stata disfatta cinque volte,
aspettava ancora il suo carico definitivo.
L'indomani:
occhiali da sole sul naso,T- shirt, pinocchietti per una,
jeans
lunghi per l'altra, nella stessa città ma in quartieri
differenti le due amiche salivano sulla macchina dei genitori. Il
viaggio per la costiera non sarebbe stato lunghissimo, ma con
quel caldo, e le auto ingombre di bagagli il
percorso
sarebbe risultato pesante. Nelle due ore che seguirono i
genitori
delle due amiche furono ossessionati da piccole melodie e trilli, segni
di un continuo scambio di sms fra le due. Sveva a cui piaceva
il
paesaggio montano che si stendeva poi quasi a picco verso il mare,
guardava insistentemente dal finestrino della loro macchina
metallizzata. Ad un certo punto l'auto dei
genitori fu superata da una lussuosissima Porche, vide una donna al
volante, qualcuno accanto a lei era immerso in una cartina stradale,
cercò di guardare gli occupanti dei sedili posteriori, vide
solo
una figura possente dal capo argentino.
Eva sostava in un punto preciso del corridoio, guardava
alternativamente da un lato e dall'altro, senza riuscire a capacitarsi.
da dove si trovava, infatti, poteva vedere contemporaneamente
le
stanze dei figli. Due camere, di ugual misura, una di fianco
all'altra, eppure sembravano appartenere a due case, forse a due mondi
diversi. E quel giorno si notava ancora di più.
Dante, in bermuda e torso nudo, girava per la stanza,
saltellando
come un capo indiano, sulle note di uno sconosciuto gruppo rock, di cui
l'unica cosa notevole era la chitarra elettrica che, come diceva lui,
"spaccava di brutto." Dandosi grandi aria da star,
aveva
aperto, o per meglio dire spalancato tutti i cassetti della
camera, tutte le ante degli armadi, sorprendendosi della roba che c'era
dentro, come se quella non fosse la sua stanza, e lui fosse una specie
di capitano di polizia alle prese con una perquisizione. L'unica cosa
ancora chiusa era il balcone.Il fratello che stava passando nel
corridoio vide l'opera di Dante
- Ma perchè diamine non apri il balcone, fa un caldo
insopportabile- Stava per mettere la mano sulla maniglia quando
qualcosa
gli passò a pochi centimetri dalla testa, facendo una grande
evoluzione in aria,
-NOOOOOOOOOO- Urlò Dante, Vergil aveva
aperto il balcone per qualche millimetro,e qualcosa di quel carico
aereo si stacco dal mucchio e cadde sui vetri, senza danno.
-Ma che cavolo stai facendo sei impazzito- Pausa ad effetto -Peggio del
solito?- Il bell'albino aveva il volto paonazzo; mentre parlava il
misterioso carico aereo era caduto vicino al letto dove stava la
valigia del fratello, e disfacendosi si era potuto constatare
che
altro non era se non una ventina di maglie arrotolate.
-Ma sei tu il pazzo- La mano di Dante sui vetri del balcone a rischiare
di romperli. -Volevi far cadere tutta la mia roba di sotto?Ammettilo!-
La faccia
di Dante, era quella di un bambino offeso, quando i genitori lo mettono
lo mettono in castigo senza ragione.
- Ti pare normale, che tu per farti il bagaglio fai volare la roba
per la stanza, e magari ti metti anche ad urlare strike, se centri la
valigia?- Disse Vergil, Dante era sorprendentemente serio, il
fratello non capiva come mai non gli fosse riuscito di offenderlo.
-Conosci altro modo di fare la valigia?- Prese una serie di jeans
dall'armadio e li scagliò nella valigia, centrandola, i capi
di
vestiario era spiegazzati e ammassati -Strike- Urlò Dante
saltando furiosamente sull' assolo di chitarra del cd rock.
Vergil uscì dalla camera, lasciando che il fratello
lanciasse il
resto della sua roba per la camera, chiedendosi in quel mare di t-
shirt e jeans strappati se si sarebbe portato anche qualcosa
di
decente.
Eva ritornò nella sua postazione, dopo essersi allontanata
per
un poco. Questa volta si volse e dalla stanza rossa e nera piena di
poster e biglietti di chissàcosa, passò alla
camera blu e
grigio chiaro, in cui stava Vergil , osservò per un po' la
stanza, come sempre perfettamente in ordine, i pesanti mobili di legno
scuro, e i disegni appesi alle pareti davano un atmosfera di
autorevolezza gotica, che contrastava con quella euforia rockettara
che si respirava in camera di Dante.
Vergil era chino sulla sua valigia, piena quasi per metà, le
camice i pantaloni e il resto della biancheria, erano perfettamente
piegati, il tutto era disposto in ordine, come se ogni panno avesse un
posto già predisposto, il ragazzo in tuta nera, andava e
veniva
dalla cassettiera e dall'armadio, prendendo poche cose alla volta, e
riponendole con gran cura, i suoi gesti erano sempre equilibrati e
rilassati. La madre sorrise avvicinandosi a quella camera, in cui non
si sa come si riusciva a sentire della delicata musica da
camera
in cui predominavano gli archi, senza che il rock spacca timpani della
camera affianco disturbasse quella concentrazione.
-Ciao mamma- Il giovane regalò alla donna uno dei suoi
sorrisi
più belli, gli occhi azzurri guardavano teneri Eva, come un
cucciolo appena nato guarda la mamma. Dimenticò i
preparativi,
si alzò mettendosi dritto in tutta la sua statura, raggiunse
la
donna e la cinse per le spalle, silenziosamente in un gesto d'affetto.
Eva che posava la testa sul petto del figlio pensò che tutto
in
lui era quieto, Vergil sapeva manifestare anche la peggiore furia
restando calmo, pensò mentre rifletteva su quanto fosse
cresciuto e di quanto ora la superasse. Rivide nella sua naturale
eleganza un tratto di Sparda, ciò la commosse, ma non
permise
alle lacrime di rigarle il viso: non voleva inquietare i gemelli.
Proprio in quel momento, dalla camera attigua giunse un urlo
distorto, Dante imitava il suono di un basso. Vergil sospirò
e
si sedette sul letto. -Cosa bisogna fare con lui mamma?-
Chiese
ingenuamente Vergil, sentendosi di gran lunga superiore a
quella
bestia di fratello; la madre con un sorriso duro lo scosse il capo
-Nulla, bisogna solo avere tanta pazienza,ed amarlo per come
è. Ha l'energia di un bambino, e la stessa voglia
di fare.
Entrambi avete la forza di vostro padre, ma tu la tieni silenziosamente
riposta, mentre lui la esprime e la mostra alla gente, non per questo
è da rimproverare - Così si espresse ancora una
volta la
saggia Eva. Non appena il suono della sua voce si estinse, si
udì un tonfo: un boxer era sbattuto contro la
parete
del corridoio, la testa di Dante fece capolino.
-Ho sbagliato mira- Disse facendo una smorfia buffa.
Sembrava un arcobaleno racchiuso in un portabagagli. Rosso fuoco, blu
elettrico, giallo acceso, nessuno degli Sparda aveva rinunciato ad un
bagaglio colorato. Stremati dopo molte ore di aereo ed una breve sosta
all'aeroporto di Napoli, con un jet-lag pesantissimo sulle palpebre,
disposero i bagagli nella porche noleggiata da Eva, per percorrere gli
ultimi kilometri che li separavano dall'arrivo.
La strada si biforcava, di nuovo, per la terza volta senza dare
indicazione, Eva spazientita aveva acceso le quattro frecce, mentre i
gemelli guardavano nervosamente gli stradari, insultandosi a vicenda-
Di qua imbecille- -Ma no a destra troglodita-; -DRITTO HO
DETTO!-
Al sedile posteriore, Vergil spazientito aveva alzato la voce
con un tono basso e che non lasciava spazio alle contraddizioni, non
per niente finora avevano seguito le sue indicazioni e sembrava che
ancora non si fossero persi Eva ingranò la marcia e
filò
dritto. Un cartello pochi chilometri dopo indicava la loro
destinazione, mentre Vergil si rilassava guardando le montagne beandosi
di avere avuto ragione ancora una volta, mentre Dante accanto alla
madre osservava ancora lo stradario, benchè fossero in una
strada senza incroci, chiedendosi ancora come avessero trovato il
percorso giusto. superarono una macchina metallizzata; dopo un altri
quaranta minuti smontarono dalla macchina.
-Finalmente siamo arrivati!- Gridò Eva felice come una
bambina
-Ci voleva, non ne potevo più di viaggiare senza raggiungere
la
meta- Disse Vergil massaggiandosi la nuca e guardando verso il mare .
-Eh, eh vecchia volpe- Una manata di Dante, che non sembrava per niente
stanco, sorprese il fratello- Davvero carine eh?-
Davanti al mare due ragazze una bionda, una castana, occhiali da sole
sul naso,T- shirt, pinocchietti per una, jeans lunghi per
l'
altra, si stavano abbracciando rumorosamente.
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Capitolo 4 *** Le Stai Facendo Paura... ***
-Vorrei sapere gli orari della colazione, per favore- Una
donna bionda,
magra e slanciata, in un elegante mise nera si era accostata al bancone
della reception per chiedere informazioni; dietro di lei un po'
discosti stavano due ragazzi, quasi identici, non fosse stato
per
gli atteggiamenti.
-Certo, signora, la colazione è servita dalle 7 alle 10, in
quella terrazza- L'uomo indicò la grande terrazza ancora
assolata, anche se mancavano pochi minuti al tramonto. La
donna
che gli stava di fronte si girò nella direzione suddetta e
lui ne
approfittò per scrutarla meglio, era una delle donne
più
belle che avesse mai visto, la lunga chioma color miele, dei magnifici
occhi di zaffiro e un fisico da modella. L'unica cosa strana
di
lei, erano quei due gorilla bianchi che l'accompagnavano. Dando uno
sguardo ai documenti aveva scoperto che erano i suoi figli, gemelli. da
allora non riusciva a capacitarsene, certo potevano sembrare dei bei
ragazzi, ma avevano qualcosa di molto strano, o forse era solo
l'albinismo a farli sembrare diversi. Eppure quella donna, che era la
loro madre, poteva sembrare la loro figlia, per la grazia e la
scioltezza dei movimenti che la facevano sembrare
un'adolescente. L'inserviente si sforzò di smettere di
fissare la donna, prima
che uno di quei due yeti gli saltasse al collo. Ha trovato la camera
di suo gradimento?- Chiese sfoderando uno dei sorrisi più
seducenti che gli riuscissero ( con risultati piuttosto modesti )
-Oh, si, è davvero splendida, il panorama è molto
bello- Rispose la donna con un buffo accento, (assolutamente
irresistibile
pensò il receptionist). -Anche ai miei figli sono piaciute
molto, siete stati davvero gentili a darci tre stanze sullo stesso
piano- Disse vedendo i figli avvicinarsi al bancone
-Peccato che siano troppo vicine- Disse Vergil in inglese sottovoce,
sapeva già che il fratello gli avrebbe rotto le scatole per
tutta la vacanza, fece una smorfia infastidita, quella che alla madre
era sembrata una gentilezza a lui pareva un brutto tiro del destino.
L'uomo, non avendo sentito Vergil, si stava preparando a rispondere ad
Eva, ma un brusio l'interruppe: era stata aperta la sala per la cena.
Uno dei due yeti tirò via la madre, evidentemente affamato,
e al
povero receptionist non rimase altro da fare se non guardare quella
celestiale visione allontanarsi trascinata da quel gigante bianco
scalpitante
-Dante arrivo, non c'è bisogno che mi tiri in questo modo! non
è buona educazione, datti un contegno figliolo-Ricevette una
sola risposta secca:
-Mamma HO FAME!!- Disse Dante a voce tanto bassa da far
girare
l'intera sala e strappare un sorriso ai camerieri che si affrettarono
più che mai nel guidarli al loro tavolo.
Erano a tavola da circa mezz'ora, gli avevano appena servito il
secondo, ed Eva si lamentava di essere già piena, Vergil
declamava la raffinatezza dei piatti assaggiati finora, Dante si
ingozzava.
-Potresti evitare di farti lo shampoo nel sugo della carne fratellino?-
Vergil era evidentemente disgustato dal modo di mangiare del gemello;
-Di che parli, Vergil? secondo me hai..gnam...le allucinazioni...gnam-
-Dante non si parla a bocca piena!- La madre lo richiamò
all'ordine, severa ma affettuosa, -E poi tesoro potresti anche
scambiare qualche parola con noi a cena, non credi?- Un vago tentativo
di rallentare la rapidità con cui il figlio finiva ogni
piatto
che aveva davanti.
-Scusa mamma hai ragione- Come per magia Dante tolse la testa dal
piatto si pulì le labbra e si mise a mangiare lentamente,
col
busto eretto, in modo da eguagliare il portamento elegante del fratello.
-Deo gratias- Mugugnò Vergil tra un sorso di vino e un
(minuscolo) boccone di carne .
-Comunque ne valeva la pena di fare tanta strada, questa
località è davvero.....- La voce di Dante si
spense,
-Davvero cosa figliolo?- Chiese Eva preoccupata da quel mutismo
improvviso
Ma Dante non la ascoltava, tutta la sua attenzione era stata presa da
un fruscio di stoffa, e dall'apparizione di una biondina in abito rosa
pallido, la vide attraversare la sala sorridendo qua e là,
un
cameriere accompagnava lei, e quelli che dovevano essere i genitori, ad
un tavolo, era la prima sera anche per loro pensò Dante,
che,
anche con il collo girato, a mo' di bambina dell' esorcista, non le
toglieva gli occhi di dosso. Un violento schiocco vicino al suo
orecchio lo riportò alla realtà, -Che vuoi?-
chiese in
tono minaccioso al fratello, dimenticando di avere anche la madre accanto
-Dante non usare quel tono con tuo fratello-
-Volevo solo dirti che si fredda, scemo- Disse freddo Vergil, pensando
che il gemello fosse un caso irrecuperabile.
-Mio dio, sono piena come un uovo...- Si lamentò Eva in
ascensore, mentre salivano tutti e tre al piano delle loro camere.
-Effettivamente mamma, dopo il pasto dell'aereo questa cena
è
stata massiccia- Il tono di Vergil suonava soddisfatto quanto quello di
Lucullo al termine di un lauto pasto....
-A che ora avete detto che si fa colazione domani?- La voce di Dante
suonò un po' lamentosa, gli altri due si girarono
stupefatti.
-Per tutti i demoni dell inferno, possibile che tu hai SEMPRE fame?- Il
fratello non si riuscì a trattenere, Eva non
proferì
parola
La mattina dopo:
Triiiiii..triiiii...tiiiiiiiiiiii TRIIIIIIIIIIIIIII, una sveglia
finì contro il muro
Driiin, drin,, driiiiiiiiiiiiiiiiin, drin,
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN, una mano tolse la spina del
telefono
Toc, toc...toc, tong, tong... TONC TONC TONC...
-Accidenti- Tra le lenzuola di un grande letto singolo, Dante tentava
di non sentire chiunque stesse buttando giù la porta della
sua
stanza....
Toc, toc...toc, tong, tong... TONC TONC TONC...
Niente, chiunque fosse voleva proprio svegliarlo.
-Dante apri sono io Vergil-
Mezzo nudo, per il caldo soffocante del primo mattino italiano, Dante
buttò via le lenzuola -E chi altro poteva essere??-
Scarmigliato
come non mai aprì la porta, Vergil fece un passo indietro
per lo
spavento, chiedendosi se anche lui era mai apparso in quello stato
orribile, -Fratellone hai idea di che ora siano, yaaaaow- Disse Dante
sbadigliando
-Si, le 10 meno 5,- disse Vergil compito, tentando di reprimere il suo
orrore vedendo Dante buttarsi (non stendersi, buttarsi ) nel
letto.
-Ecco, allora da bravo torna domani mattina, perchè per me
è ancora notte- la voce di Dante si sentiva soffocata da
sotto
il cuscino, a mali estremi, estremi rimedi pensò l'altro
albino...
-Bene, io e mamma vogliamo essere pronti tra mezz'ora, quindi se tu
vuoi dormire ancora, sono certo, non ti dispiacerà saltare
la
colazione, vero?-
Saltare non si accompagna mai alla parola colazione.....
pensò Dante ormai era completamente sveglio..
I due gemelli Sparda sostavano nell'atrio dell'albergo, Vergil leggeva,
Dante giocava con un game boy di nuova generazione. Per essere precisi,
sedevano ai due estremi dello stesso divano, perchè Dante
faceva
un chiasso infernale, agitandosi per sparare ai demonietti sullo
schermo e Vergil, immerso in una rivista, avrebbe ricevuto parecchie
gomitate se si fosse trovato di qualche centimetro più
vicino al
gemello. "L'ultima collezione presentata a Parigi da..." Vergil
non riuscì a finire l'articolo: ricevette un game -boy in
pieno
stomaco.
-Mi sono scocciato, facciamo qualcosa di divertente!- Dante si
alzò dal divano e guardò imperiosamente suo
fratello,
ricevendone un occhiata di profondo disgusto.
-Se credi che io ti faccia da baby sitter hai proprio torto
marcio!é già troppo faticoso e snervante essere
il tuo
gemello, - Stavolta fu lo stomaco di Dante a riceve un game boy -Quindi
non pretendere più di quanto io sia disposto a darti-
-Che palle che sei- Se non fossero stati fisicamente identici, Dante
non avrebbe mai creduto che quel tipo barboso poteva essere non so
gemello, ma neanche suo parente alla lontana. -Io non ho glia di stare
qua a non far niente!- Cosa molto rara gli venne una citazione
importante -alzati e cammina... Lazzaro!- Vergil si alzò di
scatto, senza che il gemello se ne accorgesse, lo teneva per il
colletto
della camicia
-Come prego?-
-Ehi non ti arrabbiare sta scritto nel corano!-
-Veramente è la bibbia ignorante!-
-E lo so volevo vedere se stavi attento- Vergil
lasciò la presa, non valeva la pena di
affaticarsi
con quel caso senza speranza.
sbadigliando Dante si voltò, adesso i due fratelli erano
fianco
a fianco. uno sguardo azzurro si posò su una biondina appena
entrata.
-Ehi sta attento!- Sveva guardò furente in direzione di un
tipo che le aveva tagliato la strada.
-scusa non ti avevo vista, ah io sono Dante!- Il ragazzo aveva trovato
il suo passatempo, mollando il fratello ancora seduto sul divano, era
schizzato verso la porta, calcolando i tempi per andare a sbattere
contro la ragazza.
-Si Alighieri!-Sveva pensò che quel gigante albino doveva
avere qualche rotella fuori posto.
-Perdona mio fratello, e i suoi modi da... Lazzaro- Una voce sicura le
giunse da dietro le spalle-
-Ehi ma te che vuoi? Le sto solo chiedendo scusa!-
-Le stai facendo paura!-
-Paura, ma chi ti sembro Hannibal Lecter??- offeso come mai in vita sua
Dante si girava verso il suo gemello, e quella che pensava essere la
sua nuova conquista.
-Per quel che ne so io, ti potresti anche chiamare Hannibal!-La
ragazzina, guardava alternativamente i due ragazzi, senza sapere cosa
pensare, scrutava i visi in cerca di somiglianze e
differenze,senza guadarli negli occhi, per timidezza, sembrava un
assurdo gioco di specchi, non fosse stato per il taglio di capelli e i
vestiti avrebbe pensato di avere avuto un insolazione e vederci doppio.
-Tesoro sei sorda, ti ho detto che mi chiamo Dante!- disse uno dei
gemelli passandole un dito sotto il mento con fare suadente.
-Ah bello non ti allargare!- disse la ragazza un po' schiva, togliendo
la mano di Dante dal suo viso.
- Bello... tsè, come se lui lo fosse!- Vergil che non sapeva
che quello era un intercalare italiano, aveva preso alla lettera le sue
parole, un po' offeso che il complimento non fosse rivolto a lui.
-Guarda che ti saresti dovuto offendere se gli avessi detto che
è brutto! se dico a lui che è bello,
è come se lo dicessi a te... siete uguali! -Sveva osservava
l'altro albino senza nome, sperando di avergli sollevato il morale, ma
a quanto pareva si era sbagliata, il ragazzo era diventato rosso come
il sole al tramonto, il che contrastava moltissimo con i capelli
bianchi come la sabbia tropicale. Quasi spaventata si nascose dietro
Dante osservando l'altro nascosta dietro il suo
braccio.
-Noi due coooosa? noi non siamo affatto uguali, siamo diversi, ma come
fai a non vederlo? io sono quello intelligente e lui stupido,
io sono quello bello e lui quello ...normale!-
-Ah, be ecco veramente io...- La ragazza un po' tremante non si era
accorta delle manovre di avvicinamento di Dante che ormai la stava
comodamente abbracciando.
-Allora te ne accorgi che siamo diversi?-
-No-
-....- Vergil era ancora pericolosamente paonazzo,
-Sta a vedere che questa piccola italiana mi libera del mio
fratellino!Andiamo Vergil ti stai facendo venire un ixus!e poi...le
stai facendo paura!|- Ridacchiò Dante
-Cioè a me sembrate uguale ne più ne meno di due
gemelli!- Disse guardando da ancora il ragazzo, scorgendo l'eleganza
dei suoi modi, al contrario di Dante non alzava la voce, nè
sembrava un esibizionista anche se da quello che aveva detto di certo
la modestia non era fra le sue doti, ed anche l'amore fraterno era in
dubbio.-E poi si dice ictus non ixus, e toglimi le mani di dosso! - Si
scostò da Dante in tempo da evitare una stretta maggiore
- Piccola comunque non mi hai detto come ti chiami....-
-Io sono Sveva-
-Sv..EVA-
-No Sveva, non sono due nomi separati!-
-No, lo so è che...-
-Sveva ti pare tanto difficile!- Disse secco Vergil
Sveva sorrise, il ragazzo che aveva detto senza difficoltà
il suo nome, e con quell'accento un po' buffo, sembrava aver ripreso un
colorito normale...
-Tu invece ancora non mi hai detto come ti chiami!-
-Vergil- alzò la mano, la ragazza gli tese la sua,
pensando ad una stretta invece, Vergil prendendole delicatamente le
dita le fece un baciamano perfetto. Sveva che sentito quel nome,
avrebbe voluto chiedere se le stessero prendendo in giro,
(cioè chi chiama due fratelli Dante e Virgilio?) rimase
senza parola, arrossì quando Vergil alzò i suoi
occhi di ghiaccio verso di lei, sapeva bene di averla sorpresa.
-E adesso lo vedi che siamo molto diversi...-
-Io, si, adesso, forse....-
-Che palle, Vergil pechè devi sempre fare lo splendido?-
ovviamente Dante abbracciò la ragazza non appena
il fratello le lasciò la mano.
-Mha io sono splendido! Tu invece se il solito marpione-
-Si concordo- si intromise la ragazza
-Tsè tu al massimo puoi fare il samurai- L'ultima parola
pronunciata da Dante suonò come un dispregiativo
- E tu l'adolescente con la sindrome del cacciatore di taglie - disse
Vergil con autentico disgusto
Sveva li guardò attentamente -Ok, mi state facendo paura!-
ok ancora ciao a
tutti dalla vostra Bry,
un grandissimo
grazie a chi legge la mia storia, anche in quest'estate quando tutti
sembrano in vacanza; un enorme grazie a: Lady_x e Tifalockhart , non
sapete quanto mi abbiano fatto piacere le vostre recensioni!!
spero che la
storia continui a piacervi^^
( ditemi come
è venuto questo capitolo, perchè non mi
convince come i primi >.<")
vi avviso che per
20 giorni, Doppia Coppia non verrà aggiornata, causa vacanze
all'estero della sua scrittrice,(sospese anche le mail, nel caso
qualcuno tenti di conttattarmi>.<)
ciao a tutti
...kisses....
|
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Capitolo 5 *** ....Metti Una Sera In Pizzeria ***
La sera si stava insinuando in quella giornata, con l'intento di
portarla a termine, ignara della gioia insita nella gioventù
che
spinge i ragazzi a vivere la notte, come fossero creature amanti della
luna. Il cielo ormai colorato d'un azzurro cupo sovrastava tre
adolescenti chini su altrettanti cocktail analcolici, immersi
in
un silenzio imbarazzato e padroni di profondi sguardi indagatori che
tutti tentavano, senza successo, di celare.
-Come siamo loquaci stasera!- Dante fu il primo a parlare,
appoggiandosi allo schienale della sedia, leggermente girato verso la
ragazza, con un sorrisino spavaldo che gli illuminava il viso. Era
deciso a portare un po' di movimento in quella comitiva ristretta che
formavano lui, suo fratello, e quella ragazza silenziosa di cui non
sapeva ancora niente. Osservò il proprio bicchiere, il
ghiaccio
si stava sciogliendo velocemente. Ghiaccio era la parola con cui
avrebbe descritto il gemello, era il colore dei loro capelli, ed era la
cosa che era deciso a rompere per far iniziare un discorso ( non serio)
che coinvolgesse tutti e tre. Si guardò attorno,
la
terrazza, dove servivano anche la colazione, era immersa in un buio
rischiarato
da piccole candele su ogni tavolo, e risuonava delle poche
voci
sommesse appartenenti agli altri ospiti dell' albergo. Ci fu uno
scoppio di risa. -Possibile che quei vecchi parlino più di
noi?
Andiamo, lasciatevi andare voi due!-
L' unica risposta che si ebbe da Vergil fu energica alzata
di spalle,
segno di nobile disinteresse. Dante non potè fare a meno di
guardarlo male, quando si comportava in quel modo da distaccato e
superiore, odiava suo fratello.Per fortuna dall'altro versante, alias
la ragazzina, fu più fortunato.
-Proponi un argomento! Di che vorresti discutere?- Parlando
Sveva aveva
guardato esclusivamente Dante, arrossendo leggermente quando i loro
sguardi si erano incontrati, amava guardare le persone negli occhi, ma
non riusciva mai a reprimere l'imbarazzo di fronte a nuove conoscenze.
Poi lui sembrava l'unico davvero interessato a far decollare la
conversazione, il suo gemello, invece, era chiuso in un
silenzio
ermetico, sfuggendo ad ogni sguardo, con una smorfia arrogante stampata
in viso.
-Bene ragazza, facciamo progressi! Il suggerimento mi piace
molto...-
sbattè una mano sul tavolo, facendo leggermente saltare i
bicchieri, il fratello ebbe un moto di stizza, che sia Dante che Sveva
ignorarono palesemente. Adesso però era ritornato il
silenzio,
la biondina aspettava che lui finisse la frase, e Vergil era....inutile
ai fini di una conversazione.
Avanti Dantuccio, fai muovere quel tuo bel cervellino, di cosa si
può parlare con tuo fratello, e una ragazza? Disgraziatamente
non gli sembrava di avere niente di intelligente da proporre,
guardò la ragazza, come fosse la chiave per risolvere un
mistero, quel mezzo sorriso che le indugiava sulle labbra faceva
presagire un carattere molto dolce, avrebbe voluto conoscerla meglio
-Voglio parlare di te!- Esordì con un sorriso da play boy
consumato.
-Ah...- un suono indistinto uscì dalla gola della
ragazza che
improvvisamente si chiese perché cavolo fosse seduta a bere
con
loro.
-Tu non ti stanchi mai di fare figure di merda, vero?- La
voce di
Vergil risuonò bassa e annoiata, aveva pronunciato quell'
insulto
come se avesse detto una qualunque ovvietà. Il fratello gli
rispose con un ringhio infantile. -Piuttosto, che si fa qui la sera?-
Chiese allungandosi un po' sul tavolo e scrutando a lungo la
ragazza negli occhi, come a volerla, chiaramente, metterla in
difficoltà.
-Bella domanda- Sveva sospirò, sostenendo lo
sguardo del
ragazzo, esitante all'inizio e sicura poi. -Qui, non si fa
più o
meno niente, è uno di quei paesini di vacanza piuttosto
addormentati, le discoteche decenti sono nelle altre
località,
ma ci vuole la macchina per raggiungerle; solitamente qui si passeggia
sul lungo mare, si chiacchiera vicino le panchine, o nei bar, ed infine
si passeggia sullo stradone avanti e indietro finché, o
incontri
qualcuno di decente con cui divertirti anche solo chiacchierando, o si
è fatto talmente tardi da mangiare i cornetti appena
sfornati
nelle panetterie.- Per la prima volta i due gemelli avevano la stessa
espressione, anche se non si sarebbe mai azzardata a dirlo ad alta
voce: attonito stupore questo si leggeva sui loro volti. Effettivamente
quando lei e l'amica avevano scoperto che la vita notturna di quel
posto era ridotta quasi a zero dovevano avere più o meno
quell'espressione. Le venne da ridere. - Mi spiace avervi dato questa
terribile notizia, ma queste sono le uniche cose da fare, se si evitano
decine di pizzerie super affollate-
Quella
parola: la parola magica -Perché
diamine non l'hai detto subito?-Dante era balzato in piedi, per un
fortunato caso Sveva aveva il suo bicchiere in mano o si sarebbe
rovesciato, come accadde a quello di Dante ormai vuoto, mentre quello
di Vergil pareva avere la stessa non curanza del padrone: entrambi
rimasero perfettamente immobili.
-I-io che.. ho detto?- chiese la bionda guardando l'albino
che
controllava la somma che aveva nel portafoglio, con gli occhi che gli
scintillavano; sempre più confusa, e non ottenendo risposta,
si
girò verso l'altro ragazzo, sperando che nel frattempo
avesse
recuperato l'uso completo della parola.
-L'hai nominata- Disse Vergil, in tono grave come se la
ragazza avesse commesso uno dei più gravi delitti
-Cosa ho nominato?-
-La pizza- risposero in coro i due ragazzi creando una
strana
dissonanza, perché si erano espressi in toni molto diversi:
Dante estasiato e Vergil atterrito.
Lo squillo di un cellulare:
-Scusatemi devo rispondere- Senza aspettare risposta Sveva
si dileguò dal lato opposto del giardino.
-Mi scoccio- una voce di ragazza all'altro lato,
sembrò annunciare un lutto.
Perché
diamine parlano tutti
di cavolate con un tono degno di un funerale, prima Vergil con la
pizza e adesso lei con la noia! -Aiutami-
-Svevy che succede?- La voce dell'amica squillò
come presagendo
qualcosa di interessante dal vago terrore che le aveva sentito nella
voce.
-Mi hanno invitato a cena, due ragazzi, gemelli, li conosco
da... - un
occhiata all'orologio da polso -Esattamente tre ore e quarantasette
minuti! -
Un fischio dall'altra parte -carini?-
-Ehm...- si girò a guardarli meglio, cavoli
faceva fatica ad ammetterlo, eppure...-Si, molto, molto...- Boni -Carini-
-Tutti e due?-
-No, uno assomiglia a David Beckham e l'altro a Quasimodo!
Fede ti
svegli? Ti ho detto che sono gemelli,...certo che sono carini tutti e
tue, si assomigliano....però non dirlo a loro!-
-Cosa non devo dirgli?- Fede iniziava a dubitare della
sanità mentale dell'amica.
-Che si assomigliano, cioè è una lunga
storia, te la
spiego dopo!- Alzò lo sguardo ripensando a quel buffo modo
di conoscersi, il baciamano di Vergil e i tentacoli di Dante,
si
infondo erano carini!-allora vieni anche tu? Andiamo in pizzeria. Dove?
Da Napoli, quella dopo il vialone,
-Ma no! perché quella?-
-Lo so che non è la migliore, ma ho fatto la
stupidaggine di dire che era quella con i gusti più strani-.
-Perché?-
-E...perché stupidaggine? Lo capirai da sola
quando vedi
Dante! No, non sto scherzando si chiama Dante...è un tipo,
come
dire insolito! - Guardò i capelli argentei che brillavano
alla
luce della luna.
-Tu sai che mi stai costringendo a venire, vero?- La voce
dell'amica costrinse Sveva a interrompere le sue fantasticherie
-Certo che lo so! D'altronde se non avessi avuto
bisogno di te,
non ti avrei chiesto di venire!-...Ok era sempre la solita saputella.
-Non vi dispiace se ho invitato anche una mia amica a venire
con noi,
vero?- Era tornata dai gemelli, con uno sguardo biricchino di
chi
ha appena trovato il modo di evitare una punizione; aveva giunto le
mani e fatto un sorrisino, che aveva avuto il suo effetto, almeno su
Dante.
-Un' amica? Uh...certo che non ci dispiace, e poi
così Vergil
avrà compagnia!- Disse l'albino avvicinandosi e
avvinghiandosi
alla ragazza, che lo fissava interdetta. La serata almeno secondo lui
stava andando sempre meglio, era abbracciato ad una biondina, aveva
trascinato il fratello fuori di casa, gli aveva trovato anche trovato
compagnia ( come se l'avesse invitata lui l'altra ragazza), e dulcis
infundo stava per mangiare una pizza, una vera pizza italiana: doveva
essere in paradiso!
-Non ho bisogno di compagnia, ma almeno non farò
il reggi moccolo
a voi fidanzatini - La voce di Vergil era carica di disprezzo, che il
gemello registrò invece come pura invidia.
Incrociò
le braccia , respirando a fondo, come per controllarsi,
spalancò
gli occhi, raddrizzandosi in tutta la sua altezza; aveva nel portamento
qualcosa di nobile, come se tutto nei suoi movimenti trasudasse fascino
letale e potere, era vagamente inquietante: forse per l'espressione
perennemente cupa di assoluto controllo. Dante aveva ragione, suo
fratello a volte sembrava fatto ghiaccio.
I tre si apprestarono ad uscire dall'Hotel, dopo aver
avvisato, da
buoni pargoli, i rispettivi genitori. Sveva davanti, avanzando sicura,
era l'unica a sapere la strada, Dante camminava con lei tenendole un
braccio sui fianchi, e Vergil chiudeva, silenziosamente il gruppo.
Camminavano velocemente, fermandosi ogni tanto ad osservare i passanti
e i luoghi che per i gemelli erano nuovi. Dante faceva un gran chiasso
chiacchierando animatamente ed indicando posti che gli sembravano
adatti per uscite successive, mentre Sveva si voltava ogni tanto per
assicurarsi che l'altro albino li seguisse, forse per
assicurarsi che non la lasciasse da sola con Dante
praticamente
incollato addosso. La ragazza, per la prima volta potè
osservarli meglio: i gemelli, pur essendo fisicamente identici, avevano
qualcosa nel modo di comportarsi, nel modo stesso di essere, che li
faceva sembrare differenti quanto il giorno e la notte. E Vergil era la
notte. Osservava i luoghi come a memorizzare la via già
percorsa
di un labirinto, lo sguardo vigile scrutava i presenti come a volergli
rubare l'anima. Vagamente a disagio Sveva si voltò verso
Dante
sorridendogli apertamente, come non aveva mai fatto prima, era contenta
di averlo a fianco, come se fosse l'unico sole che potesse riscaldarla
dopo quello strano senso di gelo che le aveva lasciato l'altro gemello.
Chiacchierando delle ultime novità musicali,
comuni in Europa e
America, erano arrivati davanti alla pizzeria. Sveva notò un
occhiata che si erano scambiati i gemelli, uno sguardo tipicamente
maschile, il sorriso a mezza bocca di chi ha visto qualcosa
che
gli piace molto. Ci mise meno di 5 secondi a capire cosa fosse, o
meglio chi fosse.
Era sempre la solita, esibizionista senza rendersene
conto...certo non
era colpa sua se aveva quel fisico da far girare la testa ad una buona
percentuale del sesso maschile, le aveva sempre invidiato quei
centimetri in più! Federica stava là da sola,
vicino la
porta della pizzeria, lo sguardo incazzato di chi aspetta
impazientemente da parecchio tempo. Era fasciata da un paio di short
corti, che le lasciavano scoperte le gambe lunghissime, ma muscolose:
da ballerina classica, ai piedi dei sandali bianchi abbastanza alti...tanto per farmi sentire un
tappino
pensò Sveva...la mise veniva completata da una camicia
bianca,
scollata, a pois. Erano abbastanza vicini per fare l'annuncio che
avrebbe sconvolto i due gemelli, o almeno i loro ormoni.
-Ragazzi, lei è Federica, l'amica che ho
invitato!- Disse
sorridente, gustandosi le loro facce al suo annuncio, mentre
abbracciava l'amica-quasi-sorella, -Scusa il ritardo, allora
come
ti sembrano?-Le bisbigliò piano piano all'orecchio
mentre
si salutavano.
-Lo spero bene che ti scusi, sai che noia stare qua da sola
ad
aspettarvi! Comunque sono carini, però con questa luce
sembra
che hanno i capelli ...bianchi!- Bisbigliando con quel vizio femminile
di guardare dritto le persone di cui si sta parlando, e così
inevitabilmente, farsi scoprire...Poco male, nè a Federica,
nè a sveva era mai importato di nascondere i loro argomenti
di
conversazione: che parlassero bene o male avevano il coraggio di dire
quello che pensavano. Era una cosa di cui erano sempre andate
orgogliose.
-Non sembra..quei capelli SONO bianchi- Dopo aver sentito un
timido verso di sorpresa da perte dell'alra ragazza Sveva si
girò, per guardare i due gemelli come doveva vederli
l'amica, e anche perché aveva notato che ancora non avevano
aperto bocca. A quanto pareva l'effetto Federica, funzionava anche su
di loro, con una punta di invidia le sorrise con uno sguardo
complice. Entrambe repressero una risata vedendo gli occhi da triglia
di Dante, mentre Vergil, come sempre perfettamente a suo agio, aveva un
sorriso di scherno, ma una strana luce nello sguardo tradiva, anche per
lui un certo interessamento.
-Piacere, io sono Vergil - Il gemello
più elegante, era
quello che si era disincantato per primo, tese la mano alla nuova
venuta, guardandola fisso negli occhi con un sorriso
piacevole
sulle labbra, con grande sorpresa di Sveva, fu una semplice stretta di
mano, furono esclusi i baciamano.
-Io sono Dante- Disse mettendosi davanti al fratello, come a
volerlo
coprire con la propria ombra, al contrario dell'altro lui aveva un
sorriso aperto, una voce squillante, niente di malizioso o seducente
veniva nascosto in uno sguardo o in una tonalità di voce,
tutto
in Dante era chiaro come il sole. Sveva immersa nelle sue riflessioni,
non aveva notato il braccio di lui che le era scivolato addosso per
abbracciarla. -Sono il suo ragazzo-
Una frase detta quasi con orgoglio, la fece sussultare,
girandosi vide
un riso sornione sulle labbra di Vergil e un espressione spaesata sul
viso dell'amica che sembrava dire tu-questo-non-me-lo-avevi-detto.-
D'improvviso sembrò riprendere vita, voltò lo
sguardo
verso l'enorme albino che le stava di fianco, con gesti estremamente
lenti quasi come fosse un robot arrugginito, -TU..Cosa?- Quasi
strillò al colmo dell'imbarazzo, -Non credergli non,
cioè, lui..io..-, -ma come ti è venuto in mente?
E poi ci
conosciamo da...4 ore e 20 minuti!-
-Stai contando i minuti da quando ci conosci?- La sorpresa
di Vergil era palese.
-Certo che lo sta facendo! Dovremo dirla ai bambini l'ora
esatta in cui
mamma e papà si sono conosciuti...- Dante ricevette una
spinta
in pieno petto, che oltre a sconcertarlo non sortì altri
effetti
-Ma tu sei completamente fuori di testa!- La biondina era
decisamente
arrabbiata, anche se nel suo petto iniziava a nascere una risata
squillante, per la paradossale situazione in cui si era cacciata, o che
aveva totalmente creato l'albino più scemo che potesse
esistere.
Ad un certo punto, quando pensava di star guardando minacciosamente "il
suo ragazzo" sentì un risata alle sue spalle, non mi ero accorta di essermi
messa a ridere
pensò, ma girandosi vide Federica piegata in due dalle
risa,....
evidentemente per lei la situazione era molto divertente.-Ok,entriamo,
magari una pizza farà rinsavire tutti quanti!-
Dante
Sparda, Sacerdote Supremo del culto della pizza di qualunque
gusto. Con
un espressione di bambino davanti ad un libro illustrato di fiabe,
Dante sfogliava il menù alla scoperta di tutti i nuovi tipi
di
pizza originale made in Italy che offriva quel ristorantino in cui si
erano imbucati. Divertiti gli altri tre lo osservavano con il sorriso
sulle labbra. Erano seduti davanti alla finestra ad un tavolo
rettangolare che gli permetteva di guardarsi bene in
faccia: le
ragazze sedute vicine, e i gemelli di fronte, Dante davanti a Sveva e
Vergil di fronte Federica..
-Da bere?- Sempre concisi i camerieri
-Birra, per noi.. anche per me..IO COCA COLA!- Sveva diede
un colpetto
sulla testolina di Federica, mentre i gemelli la guardavano sorpresi.
-Pensavo che si smettesse a 14 anni di bere Coca-
-Per iniziare a fumarla-
-Dante ti prego sta zitto!-
-A 14 anni? NO, per me è come la benzina per il
motorino!- Disse la brunetta semplicemente
-Sono anni che è coca-cola dipendente, niente
è proprio
tossica, non siamo riusciti a farla disintossicare con nessun'altra
bevanda- La prese in giro l'amica, i fratelli sorrisero
-Guardate che è la verità-
Confermò la diretta
interessata,con un aria così seria che anche i gemelli si
guardarono interdetti per scoppiare tutti e quattro in una grossa
risata.
-Che prendete?- Chiese una delle ragazze, avendo
finito di scegliere.
-La Bismarck!- Gli occhi di Dante brillarono, leggendo ad
alta voce gli
ingredienti -pomodoro,Wurstel, provola e patatine fritte- Il
fratello si guardò intorno disperato, -Certo ci avrei messa
anche dei peperoni-
-E lo sapevo!- Sbottò Vergil -Per me una
Margherita, mi hanno
detto che è la vera pizza tradizionale, mi sembra la cosa
più saggia da provare-
-Ottima scelta! Io adoro la Margherita,- Disse Fede,
chiudendo
rumorosamente il menù, che del resto si era limitata a
sbirciare.-Tu che prendi Svevy?-
-Credo che, sarò molto meno aristocratica di voi
due, ma
seguirò Dante con la Bismarck, però i peperoni
non ce li
voglio- aggiunse con un aria disturbata al solo pensiero.
Dieci minuti dopo erano quattro amici allegri davanti a
quattro pizze,
uguali per coppia, all'occhio dello sconosciuto poteva sembrare che
cupido al posto delle frecce avesse usato delle margherite e delle
patatine fritte.
Vergil scrutava Federica sorridendo, lei rideva alle sue
battute a
volte sadiche; mentre Dante continuava a travolgere Sveva di
chiacchiere sulla sua vita in America e sulle sue avventure, da parte
sua la bionda sorrideva rilassata guardandolo con occhi spalancati.
Sembravano un gruppo affiatato, mentre scherzavano e quasi si
strozzavano con qualche boccone mandato giù troppo
distrattamente.
-Mah io pensavo che la Coca cola la bevessero solo le
bambine!- Osservò Dante, pensoso.
-Gnè gnè, io sono una piccccola
baambina!- Scherzò
Federica, a cui più che una bambina uscì
l'imitazione di
una cinese ubriaca
-Parla quello che mangia si rimpinza di gelati alla fragola-
La
interruppe Vergil, la ragazza sorrise, mutamente ringraziandolo di
averla difesa.
-Io non mangio un gelato alla fragola da quando avevo 5
anni!- Ricordò Sveva
-E no amore! Così non va bene!-
-Amore un corno, Dantuccio caro!-
-Dessert?- I quattro si girarono verso il cameriere spuntato
dal nulla,
Federica si chiese se sapeva dire anche qualche parola che non fosse
contenuta nel menù.
Alla fine il quadro risultò analogo, forse solo
vagamente
più romantico di quello delle pizze: due grandi coppe furono
portate al tavolo, ognuna con due cucchiaini. La prima alla fragola fu
posta tra Sveva e Dante (inutile dire che l'albino l'aveva costretta a
riprovare quel gusto dopo 12 anni di astinenza); e una seconda alla
nocciola venne messa tra Vergil e Federica.
Silenziosamente il cameriere-ombra fece scivolare anche il
conto sul
tavolo dei ragazzi, Vergil, il più vicino, senza farsi
vedere lo
infilò tra lui ed il fratello, che prese il portafogli.
-Aspettate!Si fa alla romana...-Sveva, con la vista di un
falchetto
aveva notato le manovre clandestine, ma solo dopo si rese conto che per
i ragazzi "alla romana" avrebbe potuto essere qualunque cosa, inclusa
una posizione equivoca.-Ognuno la sua parte, intendo-
-Roma è la capitale d' Italia vero?- chiese Vergil
-Si- risposero in coro le ragazze prese in contropiede
-Allora gli abitanti della capitale non sanno cosa sia la
cavalleria.-
Con un gesto elegante Vergil si alzò, e non curante,
andò
a pagare il conto per tutti.
-E poi siamo in provincia di Salerno, quindi non vedo
perché
fare alla romana- Continuò Dante con un sorriso schietto
guardando le due ragazze, e contento del gesto del fratello.
Usciti dal locale, notarono che l'aria si era rinfrescata e
si incamminarono a passi svelti verso l'hotel e la casa di Federica.
-E' stata una bellissima serata- Bisbigliò Dante
all'orecchio
della bionda, prendendola per mano. Lei gli
rispose poggiandogli la testa sulla spalla, per
qualche
secondo, in un inusuale gesto di fiducia, entrambi
sorridevano nel buio.
Gli altri due chiacchieravano più avanti, gli
occhi della ragazza osservavano Vergil con curiosità, forse
perché
era la prima volta che vedeva un albino, forse perché veniva
dall'altra parte dell'oceano, forse semplicemente perché era
un
ragazzo stupendo. Lui, conscio del proprio fascino continuava a parlare
senza imbarazzo.
-Tu e Sveva, siete arrivate qui insieme?- Le chiese quando
un ricordo gli attraversò fulmineo la mente.
-Si, è stato due o tre giorni fa-
-Eravate vestite in modo simile-
Federica si volse sorpresa.-Tu come lo sai?-
-Io non mi dimentico mai delle belle ragazze!- Vergil
alzandole il viso le premette le labbra su una guancia.
Che
stia iniziando a nascere una doppia coppia in questa strana comitiva?
Rieccomi
qui a torturarvi con un altro capitolo della mia fiction ( Me
sadica >.<"). Tralasciando gli scherzi, (e mettendo il
finto
buonismo da parte) ringrazio tutti quelli che hanno inserito
"Doppia Coppia" nei preferiti, e quelli che continuano a leggere
capitolo dopo capitolo, sperando di avervi strappato una risata o di
avervi svagato per un pochino.
Un
ENORME grazie a: Tifalockhart, mi scuso per le mancanze del
capitolo precedente (sono abituata a Word che mette le maiuscolo
automaticamente, mentre con NVU devo correggere io >.< me
scansafatiche) che ho provveduto a correggere. Se dovessi
notare
altro, non farti problemi a farmelo notare, ok? Spero che questo
capitolo sia venuto meglio ^_^.
P.S.
Devo un capitolo esclusivo
a Federica, non temete verrà anche quello ^^
Arrivederci
al capitolo 6!!
|
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Capitolo 6 *** Tragici risvegli ***
C'era nella stanza un rumore ripetitivo, metallico,
che le
entrava
addirittura nel cervello, deformando i suoi sogni. Stancamente
aprì un
occhio, come a voler identificare quel rumore, per poi farlo morire con
un solo sguardo: il ventilatore, vedeva in modo incerto le pale che
continuavano a girare incessantemente, vorticosamente, da
chissà
quante
ore. Sentiva quell'alito di vento artificiale sfiorarle la
pelle
come
una carezza gelida su una superficie rovente. Abbassò le
palpebre,
sedendosi nel letto, iniziò a massaggiarsi il viso, fino a
stringersi
le tempie con le dita. La testa le doleva in un modo insopportabile,
eppure sorrise capendo istintivamente la ragione di quel fastidio: la
cena della sera prima, come un film auto prodotto le passarono dinnanzi
varie scene di quella giornata. Con estremo piacere si rivide
inciampare fra le braccia di Dante, arrossire al baciamano del
fratello, sedersi ad un tavolo silenzioso, e banchettare in una piccola
pizzeria con quella che solo pochi anni prima era una sconosciuta e
adesso era una sorella, una confidente, un sostegno. Aprì
gli
occhi, ma
,come in una folle allucinazione, continuò a vedere il
sorriso
insolente
dell'albino, e il calore di quella mano stretta nella sua. Al trillo
del
telefono scoprì di avere la voce ancora assonnata e la mente
piena di sogni
-Si mamma, no mi sono appena svegliata, ok fra mezz'ora in terrazza.
No, non ti preoccupare non mi riaddormento- Tanto per confermare quella
frase chiuse la comunicazione con uno sbadiglio. Alzandosi a
rallentatore, e poteva permetterselo dopo le corse forsennate per non
fare tardi a scuola, si avventurò verso il bagno,
chiuse
la porta, e con timore reverenziale si preparò a
fronteggiare la sua immagine riflessa nello specchio. -Mamma mia!- Non
esiste cosa peggiore per una persona del vedere il proprio viso, di
prima mattina, dopo aver dormito poco. Evitando una seconda occhiata si
infilò nella doccia per reprimere il sonno residuo,
emergendo
solo mezz'ora dopo.Mezz'ora...-Cavolo è passata mezz'ora!-
Funeste visioni del padre e della madre affamati le sfilarono davanti
mentre prendeva il primo costume, top e jeans che
le capitavano sottomano; con
ancora la spazzola in mano a torturare la lunga chioma bionda,
ripassò davanti lo specchio -Giuro che è l'ultima
volta
stamattina!- poté constatare che la situazione era
migliorata,
ma che solo un bel bagno di mare poteva far sparire quelle occhiaie.
Uscì dalla stanza.
La lucina si accese dietro la scritta "in arrivo", l'ascensore stava
scendendo dal piano sopra il suo, le porte si aprirono e si
infilò nell'angolo sussurrando un buongiorno. Fin da quando
era
piccola odiava andare negli ascensori stretti con degli sconosciuti,
timore, timidezza o semplicemente fastidio, neanche quella volta
poté evitare quel silenzio imbarazzato, alzò lo
sguardo
non tanto da farsi notare, e osservò sorpresa la donna che
le
stava accanto. Non ne aveva mai vista una simile, un fisico
semplicemente perfetto, un espressione distinta, di chi viene da una
buona famiglia, e un aria naturale, niente di eccessivo, volgare che
potesse rovinare quell'insieme. Neanche la più bella donna
di
Hollywood avrebbe retto il confronto, anche lei avrebbe voluto essere
così. Si concesse una seconda occhiata, vide il
ciondolo che aveva al collo, era un unione di tre lettere:
Eva.
L'ascensore arrivò al primo piano, entrambe si diressero in
terrazza, ma si sedettero alle due estremità opposte.
-Buongiorno-
-Buongiorno- Salutò i genitori sedendosi al tavolo
-Ti abbiamo già ordinato il caffè, dormito bene?-
Come
prevedeva i suoi la stavano già aspettando, sperava che non
si
fossero seduti da molto.
-Si bene, ho solo messo il ventilatore troppo forte e stamattina mi
sono svegliata un po' male per il rumore. Andiamo a prendere qualcosa
al buffet?-
Tutti e tre si alzarono sua madre si mise ad esaminare le marmellate
con grande interesse, Sveva e suo padre si diressero verso il succo
d'arancia e i cereali.-Con chi sei stata ieri sera? All' una ti abbiamo
chiamato, ma ancora non eri in camera-
-Sono tornata poco dopo, comunque sono andata a cena con Federica
e degli
amici, abbiamo mangiato una pizza e fatto un giro, si è
fatto
tardi praticamente senza far niente.. - Sorrise, pensando alla strana
comitiva del giorno prima. Che terribile errore: mai sorridere davanti
a sua madre!
-Eh allora, come è andata? Dove avete mangiato? Erano
simpatici questi amici di Federica?-
Come dice Federica "ohi loc oì", l'interrogatorio era
cominciato, a parole nascose l'interesse con una moderata noia, e un
medio entusiasmo, così da evitare altre domande. Erano
simpatici gli amici di Federica?Come avrebbe voluto rispondere che: no,
erano una noia mortale, e nel tempo libero erano serial killer
demoniaci
dotati di spadoni e pistole futuristiche, tipo i thriller horror che
tanto piacevano a fede....e poi chi le diceva che erano amici di
Federica e non suoi?
Passò il tempo di caffè e cornetto presa da mille
domande
diverse, dalla qualità della pizza all'aspetto dei due
ragazzi,
sulle prime rispondeva in modo esauriente, alle seconde in modo molto
titubante e laconico.
-Bene io ho finito, vado in spiaggia. Federica mi
aspetta...almeno credo!- Presa al volo la borsa, rimase il tempo di
salutare i genitori, e sentire le loro raccomandazioni, per poi
incamminarsi verso l'uscita dell'albergo e quindi la strada che
conduceva in spiaggia.
Le risate dei bambini, e gli schiamazzi della gente che si divertiva
fra le onde erano le prime cose che aveva sentito arrivando in
spiaggia. Federica e la sua grande famiglia, comprensiva dei 4 membri
effettivi più zii e cugina avevano appena fatto il loro
ingresso
nel grande lido stretto fra le altre spiagge, per il gran caldo si
erano affrettati a percorrere la poca strada che separava la
loro
casa dal mare, e nel mentre erano passati a comprare un delle maschere
ai bambini così che potessero continuare la loro collezione
di
pietre marine. La ragazza si era alzata odiando chiunque le avesse
sottratto almeno altre quattro ore di sonno; la sera precedente,
benché fosse stata la prima a tornare a casa aveva fatto
comunque molto tardi ( senza contare che aveva dovuto raggiungere la
sua camera e cambiare a rallentatore per non svegliare
nessuno)... si chiese mentalmente a chi diavolo fosse venuta
la
"splendida" idea di venire al mare così presto, ne
conseguì che appena l'avesse scoperto la persona sarebbe
stata
automaticamente iscritta nel suo libro nero: sissignore. Non le si
sarebbero mai tolte ore di grande ronfata impunemente!
Facendo slalom fra i vari ombrelloni e asciugamani colorati raggiunse
il suo posto proprio davanti al bagnasciuga, con una
velocità
che avrebbe fatto invidia a flash man tolse il telo dalla borsa, lo
buttò sulla sdraio e ci si sedette sopra, come fosse stanca
dopo una faticosa giornata di lavoro.
-Fa caldo!- Si lamentò la ragazza, con grande disappunto.
-Ma no a zia, siamo fra i ghiacci dell'Antartide, non fa caldo!- Le
rispose la zia sedendolesi accanto e osservandola -E poi sei ancora
vestita, mettiti in costume e vedi che starai già meglio-
-Mi scoccio!- Protestò incrociando le braccia al petto, e
aprendo la bocca che venne dilatata da uno sbadiglio.
-E si adesso rimani vestita, che te lo fai con la gonna il bagno! Su
alzati- Sua madre si intromise nel discorso, spronandola a muoversi.
Vicino a lei suo fratello e la cuginetta già
iniziavano a
muoversi irrequieti chiedendo di potersi buttare a mare per provare le
maschere nuove, irritata Federica cercò di distrarsi
guardandosi
intorno: sua madre le sembrò troppo vivace per essere primo
mattino, la cosa era sospetta decise che era venuto il momento di
iniziare l'interrogatorio.
-Ma come mai siamo scesi così presto?- Aguzzò gli
occhi,
come a voler notare ogni minimo cambiamento di espressione da parte dei
presenti.
-Presto? Sono le 10 e un quarto a che ora volevi scendere? E poi questa
è l'ora migliore per il sole, che poi diventa troppo caldo e
vi
scottate- Sua mamma aveva usato un tono di voce impaziente, era un
segnale...
-Ma se siamo sempre scesi verso le 11 pure le 11 e mezzo!- Si alza il
tono, per far innervosire la propria vittima
-E stavolta
siamo venuti
prima!- E questo non l'aveva calcolato, sua zia si era intromessa in
quel faccia a faccia dando modo alla sua prima interlocutrice di
riprendere fiato...Era necessario scoprire le proprie carte
-E a chi è venuta 'sta bella idea? - Ancora pochi secondi
avrebbe scritto un altro nome sul suo lungo, lungo, lungo
registro...era il momento della verità
-E' mia, sono stata io a pensare di venire un po' prima- Sua madre
capitolò senza neanche tentare di venire ad un compromesso.
Era
una confessione in piena regola, Federica alzò il mento
soddisfatta
-Aspettati ritorsioni...-
Perché non
è qui? Perché ANCORA non è qui?
Seduta sulla sedia a sdraio con un libro poco interessante sulle
ginocchia Federica aspettava impaziente l'arrivo dell'amica in ritardo.
Nel lido accanto una biondina con una grossa borsa rosa da collegiale
americana scendeva la passerella in legno per raggiungere i
tre
lettini riservati alla sua famiglia. Contò le file senza
fretta,
e arrivata poggiò la sua roba distrattamente, evidentemente
immersa in chissà quali pensieri lontani e veloci come le
nuvole
in quella mattina ventilata. Sapeva cosa ci voleva per riportare quella
sua mente errante alla realtà. Sistemata la borsa, il telo e
i
vestiti, si avventurò verso il lido vicino, dove sapeva che
avrebbe trovato il rimedio per eliminare le sue distrazioni e
acquistarne altre anche maggiori.
-Ciao a tutti!- Trillò forse con allegria eccessiva vista la
faccia della sua amica: Fede guardava la sabbia ai suoi piedi con gli
occhi un po' gonfi e cerchiati... si chiese se anche lei aveva lo
stesso aspetto
-Ciao Sveva!- Le risposero in coro i familiari vicini, e i bambini le
chiesero se avrebbe convinto la rispettiva sorella e cugina e farsi il
bagno quella mattina.
Dopo non poche insistenze le due ragazze e i due più piccoli
si
fecero il solito bagno quotidiano pieno di schiamazzi, risate e ovvie
stupidaggini varie. Ogni tanto Sveva e Federica si lanciavano occhiate
indagatrici come a chiedersi se stavano pensando la medesima cosa.
Entrambe sapevano di si. Con una scusa sciocca risalirono sulla
spiaggia e si accomodarono sui lettini del lido di Sveva, quel giorno i
suoi genitori non sarebbero scesi e avevano tutto lo spazio per loro
due.
-Tu quanto hai dormito stanotte?-
-Poco e niente, non riuscivo ad addormentarmi, ho fatto una fatica
pazzesca ad alzarmi per questo sono arrivata in ritardo.-
-E...subito a trovare scuse tu! Piuttosto li hai visti stamattina?-
chiese Federica in tono inquisitorio...quel giorno sembrava un tema
ricorrente per lei. Non avevano nemmeno il bisogno di dire i nomi delle
persone di cui stavano parlando, era ovvio che si riferivano agli
stessi soggetti.
-hm hm- con un verso da bambina Sveva scosse la testa, facendo
schizzare varie gocciolina d'acqua tutto intorno.-Siamo nello stesso
albergo, ma evidentemente scendiamo per fare colazione in orari
diversi- Continuò con un sospiro di rammarico
L'amica si mosse come se fosse stata appena colpita da una scossa
elettrica -Stesso albergo hai detto? Ma... ma se questa è la
spiaggia dell'albergo, loro potrebbero essere
qui!- Girò
la testa da una parte e dall'altra come inserendo un radar visivo, la
bionda fece lo stesso.-Quello!- un dito si alzò ad indicare
un
ragazzo in acqua in lontananza
-Ma sei sicura?-
-No-
-Ma chi quello?- Il tipo precedentemente indicato si
rivelò essere un 40enne -Tu hai le allucinazioni...lo sai
vero?-
-Uffa! Che
gli costava venire un po' in spiaggia stamattina!- Federica si
lasciò stendere sul lettino
-Avranno voluto dormire anche loro. Ehi ma allora ti sono piaciuti?-
Sveva sfoggiò un "adorabile" sorrisino malizioso,
preparandosi a
sapere tutto su quello che stava pensando l'amica
-E...beh, ecco io non...cioè non ho detto questo!
però
certo che...Che sono due bonazzi da far paura!-Entrambe scoppiarono a
ridere, a quella franca ammissione di approvazione.
-Quale ti è piaciuto di più? Cioè
teoricamente
dovrebbero essere similissimi perchè sono gemelli,
però
non lo so, io li trovo molto diversi. E poi Vergil mi fa una strana
impressione-Disse la biondina concitatamente, eccitata da quelle
confidenze da flirt estivo.
-Ma perché? No Vergil è carino, è
molto - la
brunetta Alzò le spalle come a mimare un portamento fiero e
sicuro di sé; alla risata dell'altra rincarò la
dose-E
poi, l'altro Dante mi pare che si chiama, ti si è attaccato
come
una cozza! - Continuò con un leggero velo di invidia nella
voce.
-A me? - Sveva divenne color pomodoro-E scusa tu e Vergil allora? tutti
quegli sguardi, le risatine eh...e poi dici di me e Dante se se...-
-Però in effetti ha qualcosa di diverso, non so spiegare
cosa,
uno sembra più serio e l'altro più spumeggiante,
più pronto alla battuta, alla risata...Vergil sta un po'
sulle
sue, però è molto affascinante, ha quel certo non
so che-
Federica stava tentando di iniziare un'analisi dei due gemelli, lo
sguardo che puntato oltre la spalla dell'amica, come ad attraversare il
tempo guardava le azioni della sera prima, cercando di attivare quel
fiuto infallibile che aveva per le persone.
-Magari Vergil è solo più..timido- Idiota che cosa hai appena
detto? Lo stesso cervello di Sveva si ribellò
a quell'ultima affermazione.
-Ma ti senti quando parli? Vergil..quel Vergil timido, secondo me tu
non stai bene!-
-E' probabile, devo aver preso troppo sole! Effettivamente è
un
tipo molto affascinate, anche più di Dante, proprio
perché Dante è come lo vedi: ride quando ha
voglia di
ridere, si lamenta quando ne sente la necessità. Vergil
è
sempre iper controllato, ma non credo che sia poi serio, almeno non
solo
quello, quando ha voglia di divertirsi o divertire, magari in modo
più sottile ma lo sa fare.-
-Quindi tu dici che potrebbero essere entrambi una bottiglia piena di
bollicine solo che Dante sarebbe una coca cola e Vergil uno spumante?-
-Wow Fede che similitudine...elegante, e sopratutto molto banale. Certe
cose te le puoi inventare solo tu! però hai reso bene l'idea-
-Eh io sono un genio, pazzo ma un genio!- Ammise modestamente la bruna.
-E di Dante che te ne sembra? Per la serie se Vergil è
affascinate, come definiresti il fratello?- Sveva e la sua mania di
dare aggettivi e definizioni alle persone.
-Mmm Dante, Dante è assurdo, pazzo, divertente, avvolte
molto
cretino!- Federica si sorprese di poter scoprire tutte queste cose di
una persona in una sola serata.
-Ma povero! Non è stupido - Lo difese la bionda
probabilmente
intenerita. -Io lo definirei spontaneo, insomma fa tutto quello che gli
passa per la testa senza pensarci, nè crearsi
problemi-
-Tu sei sempre la più buona, comunque siamo pari tu hai dato
un
aggettivo a uno e io un altro al gemello- Ragionò Federica
-Wa
Dante e Vergil, manco fossimo nella divina commedia... Ma come
diavolo li hanno scelti 'sti nomi? Cioè se mi chiamassi io
così ai miei genitori non gli rivolgerei più la
parola-
Rise ancora incredula della situazione.- e poi a 18 anni dritto al
comune...Ma tu ci pensi a quanta gente gli avrà
riso in
faccia quando gli hanno detto i loro nomi?-
La bionda assunse una strana espressione, mentre si guardava intorno
con aria di finta non curanza...
-No, non dirmi che tu....!-
-Ma io pensavo che stessero scherzando! Ma chi sia chiama ancora
Dante,e poi con un fratello Vergil...e andiamo avresti avuto la stessa
reazione e uffa!-
-Piccola, hai ragione la colpa non è tua,è....dei
genitori!- Federica annuì come se avesse appena pronunciato
una
verità universale.
-Intanto i genitori devono essere molto belli entrambi...-
-Perché non li hai visti?- Chiese l'altra curiosa
-No, ma lo intuisco da come gli sono venuti i figli!-
Ancora uno scoppio di risa. In quell'istante entrambe erano
perfettamente rilassate, si stavano godendo l'estate e il sole caldo le
gli asciugava la pelle ancora bagnata, meritato riposo dopo un anno di
scuola sopportata mal volentieri in compagnia di gente che vedevano
ancora meno volentieri. Ma in quei giorni, come in un muto patto
avevano stabilito di non pronunciare mai niente che avesse a che fare
con quella realtà parallela che si era temporaneamente
interrotta. Ed ora erano solo loro stesse: due adolescenti, due ragazze
diverse da chiunque altro, ognuna regina di un proprio universo pieno
di stramberie.
-Ma secondo te uno dei genitori è albino?- Finalmente
passarono
ad affrontare l'aspetto più evidente dei due ragazzi:
l'albinismo.
-Oddio, credo si.- Qualcosa nel cervello di Sveva tentò di
riesumare qualche pagina di biologia -Non so se è una di
quelle
malattie in cui se entrambi sono portatori sani il figlio è
malato..Però potrebbe essere..Macchenesò!-
-Yee viva l'ignoranza! Wa chissà chi è albino se
la madre
o il padre... - Federica iniziò ad immaginare gente dai
capelli
bianchi, che si trasmette questi colori slavati da generazioni, fino ad
un capostipite pieno di scheletri nell'armadio, magari anche vampiro.
-E per di più non è che hanno UN figlio albino,
ma due
gemelli - I ragionamenti poco più sensati di Sveva la
riportarono alla realtà
-Si infatti che sfiga! No che sto dicendo? Meglio per noi se
sono due gemelli!-
-Vero, ma non tanto perché sono gemelli fossero stati pure
cugini parenti lontani anche conoscenti, è che sono..sono
Bellissimi!Sembrano attori del cinema!-
-Il che è strano di solito gli albini sono piccolini
magrolini
fragilini, invece hai visto Dante che muscoli? E Vergil che
portamento!Insomma sono perfetti, e pensare che noi conosciamo tutti
normali diciamo senza malattie nè niente e sono di quella
bruttezza!Piccoli, bassi, antipatici che si credono chissà
chi... se i gemelli sono come sono, e fossero tutti albini a questo
punto!- La battuta, forse un po' cruda di Federica aveva, in
realtà, espresso perfettamente quello che entrambe pensavano
dei
ragazzi, soprattutto dei loro compagni di scuola.
-O magari Dante e Vergil hanno fatto un incantesimo
e
hanno...hanno poteeeri per cui sono più belli alti e
splendenti!- Sveva imitò di nuovo la vocina di bambina
incantata
da una fiaba...
-Si, come no tesoro. Credici!-
La famiglia di Federica le richiamò in acqua per un
ulteriore
bagno, e per fare compagnia ai bambini che, da soli,
iniziavano a
diventare irrequieti. Le ragazza accettarono di buon grado
perché il sole ormai le aveva asciugate e il gran caldo
iniziava
a tormentarle facendo arrossare la pelle. I loro costumi che si erano
asciugati in mezz'ora ci misero circa cinque secondi a bagnarsi
nuovamente.
Un costume blu elettrico, da cui pendeva un laccio nero pece,
faceva capolino da una valigia semi aperta. Un ragazzo dal fisico
sapientemente scolpito stava dritto davanti ad uno specchio lungo, che
lo ritraeva a figura intera, provandosi vari articoli da mare, e
facendo di tanto in tanto varie smorfie alla sua immagine riflessa. La
stanza era un caos, una parte del contenuto della valigia era sparso
per terra, sul letto e sulla sedia, come se quella fosse per loro la
collocazione più naturale, il ragazzo sembrava non
accorgersene:
in quello scenario apocalittico c'era solo lui, dritto in
mezzo
alla
confusione, e il proprio riflesso. I suoi occhi azzurri scrutavano ogni
centimetro di quella fedele riproduzione, pronti a emettere elogi e
condanne in egual misura, a seconda se ciò che vedevano
fosse
soddisfacente per i loro standard di quasi assoluta perfezione. Aveva
provato
capi di abbigliamento per il mare che variavano per forma e colore,
fantasie e taglie, tutto doveva adattarsi perfettamente a lui, come se
il suo corpo fosse stato nella mente di stilisti e sarti nei momenti di
creazione dei pezzi, che fossero indifferentemente t-shirt, pantaloni e
costumi. Era il suo modo di essere se stesso, di esprimere la sua
personalità e farla percepire agli altri con uno sguardo
privo
di parole. Era un giovane pieno di se stesso, egocentrico nel senso
vero del termine, metteva la sua persona al centro di tutta la
realtà: se fosse una cosa per lui naturale o necessaria, se
fosse arrogante o insicuro nessuno lo avrebbe mai saputo.
Vergil si era alzato prestissimo, le lancette dell'orologio nel momento
in cui la sveglia iniziò la sua sonata dolente, erano
posizionate entrambe sul sei: le sei e mezza di un luminoso mattino
d'estate. Alzò un braccio e con un colpo vigoroso
abbassò il
tasto che interrompeva la suoneria, si mise a pancia in su, e nel buio
fissò il soffitto per qualche minuto, perso in
chissà
quali pensieri, o forse con la testa vuota. Quando la sua misteriosa
meditazione finì , si alzò dal letto spostando
l'unico
lenzuolo che lo copriva e si diresse in bagno; accese la luce
e aperto il lavandino si fissò nello
specchio, forse
analizzandosi attentamente o forse non vedendosi, si
sciacquò la
faccia con dell'acqua gelata, in pochi secondi il sonno si
dileguò.
Tornò in camera, e con un gesto veloce fece sì
che anche
in quel vano si diffondesse la luce, fissò per un attimo lo
spazio che aveva a disposizione, tutto era al proprio posto in modo
assolutamente preciso. Si sedette sul bordo del letto, concedendosi di
mostrare quella debolezza soltanto perché non divideva la
stanza
con nessuno. Non avrebbe mai permesso ad anima viva di conoscere un
suo, anche minimo cedimento o debolezza. Nella sua vita adottava un
disciplina ferrea: il fatto di essere nato con qualcun altro, di aver
dovuto dividere l'attenzione dei genitori e anche il suo aspetto fisico
con un altra persona, l'aveva costretto ad imporre come fine ultimo
quello di farsi riconoscere come l'unica vera
identità, come il migliore,
e soprattutto come se stesso, non come uno dei gemelli.
Probabilmente se Dante non fosse esistito, o se almeno fossero stati
diversi fisicamente tutto sarebbe stato diverso. Ma non lo era e quello
stato di cose l'aveva fatto diventare la persona che era, o che gli
altri credevano fosse.
Mentre era ancora seduto, poggiò i gomiti
sulle
ginocchia e in una posizione un po' prostrata
iniziò a
massaggiarsi le tempie: per la prima volta sentiva l'effetto del jet
lag, delle lunghissime ore e dell' eccitazione del viaggio.
Pensò che avrebbe dovuto aprire la finestra,
voleva
osservare l' Italia che ancora dormiva davanti a lui, non c'era mai
stato, malgrado fosse una terra che aveva influenzato la sua famiglia:
il suo nome e quello di suo fratello erano italiani, e poco distante
dal paese dove si trovavano c'era la città in cui era
sepolto il
grande poeta di cui lui portava il nome: Virgilio. Sorrise pensando al
suo nome in italiano, non l'aveva ancora sentito pronunciare in quel
modo, ma gli sarebbe piaciuto sentire come suonava. Le uniche persone
che effettivamente aveva conosciuto finora, e a cui avrebbe potuto
chiedere la pronuncia, erano le due ragazze di ieri sera. Sveva e
Federica, ebbe davanti i loro visi in maniera netta come se il sonno
non gli avesse offuscato i ricordi, sembravano così
diverse..era
davvero strano che fossero amiche, si chiese che razza di amicizia
potesse essere la loro, perché le donne, (malgrado fosse
giovane
l'aveva già notato), potevano essere amiche e volersi bene
come
sorelle, oppure definirsi amiche ed odiarsi come le rivali peggiori, a
volte anche entrambe le cose. Pensò a Federica, il suo
fisico
elegante, i grandi occhi nocciola e quei modi schietti, lo aveva
colpito subito sembrava esprimere un gran carattere sia nei gesti che
nel modo di apparire; lo aveva stuzzicato l'idea di conquistarla,
perché gli era sembrata immediatamente la più
bella e lui
voleva per sè solo le cose migliori, ma infondo doveva
ancora
conoscerla e confermare quelle sue impressioni. E poi c'era l'altra "la
ragazza di Dante", si ricordò di come si fosse arrabbiata
quando
il fratello l'aveva chiamata in quel modo; con lei si era
divertito l'aveva fatta intimidire con un baciamano e con uno
sguardo, sembrava più fragile rispetto all'amica meno
appariscente, la ricordava in modo meno netto, sebbene ci avesse
passato più tempo. A ben pensarci la ricordava nei primi
momenti
per poi sfocare la sua immagine da quando aveva visto l'amica,
evidentemente non le aveva prestato poi tanta attenzione,
anche
se una cosa la ricordava: al contrario di Federica che aveva gli occhi
e i capelli marroni, e quindi uno sguardo scuro; Sveva aveva qualcosa
di chiaro, non ricordava quale fosse il colore dei suoi occhi, solo
qual piccolo lampo chiaro. Quello strano ricordo lo turbava e
affascinava allo stesso tempo.
Senza ulteriori indugi, e giudicando di essersi riposato abbastanza,
aprì la finestra e si mise in attività: doveva
essere il
primo giorno in spiaggia, e lui come ogni anno avrebbe dovuto
compensare con una perfetta forma fisica la perenne mancanza di
abbronzatura, e il costume, abbinato ai vestiti, contribuivano a
mettere in risalto la sua persona. Per questo si era alzato prestissimo
con l'intenzione di provare tutto quello che poteva essere adatto per
andare al mare, e senza fare ritardo a colazione, in modo che nessuno
potesse fare domande su cosa aveva fatto: la sua perfezione doveva
risultare naturale e non frutto di grande studio. Aveva iniziato a
provare freneticamente i capi, togliendoli velocemente dalla valigia e
buttandoli poi dove capitava una volta finito di indossarli.
Stava dritto davanti allo specchio, fissandosi squadrandosi,
valutandosi.
-Linea perfetta, bell'abbinamento...colore da dimenticare, mi fa
sembrare un cadavere!-
-Ah si questo va decisamente bene, belle proporzioni, taglio di moda,
e mette in risalto il bacino. Ah si, davvero perfetto -
-No, questo no, accidenti guarda che brutto...avrei dovuto fare
più esercizio, avrei dovuto fare un taglio diverso, avrei,
avrei, avrei...-
Con un sospiro di sollievo finì di provarsi tutto quello che
aveva scelto, aveva passato due ore a guardarsi allo specchio, ora e
era stanco e nervoso. Andò in bagno e si ristorò
con una
lunga doccia. Tornato in camera, coperto solo da un asciugamano intorno
alla vita, osservò il caos, che aveva creato poco prima,
senza
interesse considerandolo solo un inutile intralcio; si mise a
riordinare rapidamente badando solo a mettere da parte i capi scelti
per quella mattina.
Attorno alle nove, quando ormai aveva quasi finito di riporre le
proprie cose, giudicò saggio chiamare il fratello per
assicurarsi che fosse sveglio. Lui sarebbe stato pronto in poco tempo,
mentre a Dante serviva molto anche solo per alzarsi dal letto, poltrone!
-Buongiorno poltr...ehm..Fratellino! Sono le nove è ora di
alzarsi, direi.-
-Fanculo, ho sonno!-
-Mi spiace saperlo, comunque muoviti, a me manca poco per essere
pronto. Lo sai che alla mamma non piace fare colazione tardi-
Dante appese il ricevitore senza neanche aggiungere una parola, sentiva
un cerchio di piombo pesargli nella testa, come se la sera prima si
fosse ubriacato pesantemente. E invece le sue uniche colpe,
nell'ordine, erano: abitare a migliaia di chilometri da lì,
avere chissà quanto sonno arretrato, aver fatto tardi la
sera
prima con suo fratello e due carinissime ragazze italiane che mai si
sarebbe fatto sfuggire, ed aver dormito soltanto sette ore. Non poca
roba, eppure niente di queste cose gli avrebbe tolto quel dolore
lancinante. -Ho sonno maledizione!- In una grottesca contraddizione, si
alzò urlando dal letto, con uno scatto veloce. Si mise le
mani
davanti agli occhi, percependo in quel momento l'assenza della luce,
c'era solo una debole sfumatura chiara che entrava dalle serrande del
balcone, come a ricordargli, come poc'anzi aveva fatto Vergil, che era
mattino inoltrato e lui doveva alzarsi. Indignato con il mondo che non
gli permetteva di seguire il suo bioritmo naturale accese la luce che
teneva sul comodino, rimanendo temporaneamente ferito da quel bagliore.
Emise un sospiro rassegnato, capendo che una nuova giornata doveva
iniziare che lui lo volesse o no!
Si mise in piedi, guardandosi intorno come non riconoscendo la camera
con cui ancora non aveva pienamente familiarizzato, mosse qualche
passo e fece una smorfia da bullo allo specchio, trovandosi a dir poco
spaventoso, non avrebbe potuto guardare nessuna ragazza con quei cerchi
agli occhi, doveva farsi una doccia, mettersi in tiro, doveva...si
ributtò sul letto!
Raggiunto il cuscino se lo mise in testa, ma non trovando l'ambiente di
suo gradimento, spinse l'interruttore che faceva ripiombare la stanza
nel buio. Come capita ogni tanto la mattina, in quello spazio di tempo
in cui il nostro inconscio comprende di dover ricominciare a
breve l'attività giornaliera e ricomincia ad elaborare i
nostri
ricordi per meglio affrontare il presente, Dante sognò la
giornata appena trascorsa, venendo a contatto con pensieri che aveva
formulato senza rendersene conto.
Una luce intensa, il cielo azzurro, una vecchia torre sulla strada per
entrare in paese, come presagio di un mondo diverso. L'atrio e il
fratello distratto, guardava un punto poco lontano, fu allora che le
vide: due ragazze che si abbracciavano, erano vestite in modo molto
simile, anche se i loro corpi erano molto diversi. Si disse che le
conosceva. La noia di un pomeriggio senza niente da fare, un viso, dei
capelli biondi, un sorriso che gli spunta spontaneo sul viso.
-Alighieri stai attento!- Una voce allarmata, e lui divertito, come
sempre. Una ragazza fra le sue braccia.
-Sveva, hai quasi il nome di mia madre, e sorridi, sei timida, ma non
te la prendi per i miei scherzi...Mi fai tenerezza- Era quello che lei
gli comunicava, un senso di tenerezza, di dolcezza, di fragile
serenità. Era carina aveva notato anche questo, certamente.
Ma
c'era qualcos'altro: che si stesse affezionando?
E poi vide la stessa scena, ma da un angolatura diversa: la stessa
ragazza e Vergil che le prendeva una mano e se la portava alle labbra.
Perché lo aveva fatto? Era sempre quel senso di
rivalità
che li accompagnava dalla nascita mista a quell'affinità
insita
in loro che li portava a volere comunque le stesse cose?
La scena si fece buia, vide due ragazze abbracciate, aveva
già
visto quella situazione: erano sempre le stesse ragazze, le avevano
viste arrivare il primo giorno, e poi le aveva dimenticate! Sveva
è di spalle, vede solo il viso di Federica, un ciuffo di
capelli
le copriva gran parte della fronte, guardava in basso e diceva
qualcosa, ma lui non riusciva a sentire. Lei ride, quell'espressione lo
fa sentire felice, si sente bene. Era una gran bella ragazza, la parte
italiana che mancava a Sveva, quelle due sembravano completarsi a
vicenda, come le due parti opposte di un puzzle, eppure si vedeva che
erano molto legate, che si adoravano: non si stupì del fatto
che
fossero così amiche. L'una era la riservatezza, l'altra
l'esuberanza, la grinta. Guardò verso una finestra che dava
nel
locale, vide loro quattro ridere spensierati, erano una bella comitiva,
o forse delle belle coppie: coppia di amiche, coppia
di gemelli,
sarebbero diventati coppie di fidanzati?
-Sono stata bene- Sentiva flebilmente una voce in lontananza, qualcosa
turbava la sua emozione, qualcosa di molesto. Un trillo forte.
-Cazzo sono in ritardo! che ore sono? Arrivo- Svegliandosi di colpo, si
diresse verso la
porta, pensando che qualcuno bussasse, la spalancò, si
trovò davanti solo due vecchiette che attraversavano il
corridoio
dirette all'ascensore, le quali, a quel punto, lo fissarono sbalordite.
Dante si guardò: eccezion fatta per uno
striminzito
pantaloncino rosso, era nudo. -Porca- chiuse violentemente la porta,
mentre probabilmente le due anziane stavano ridacchiando o segnandosi.
Il rumore rimaneva.
-Pronto?- Era il telefono.
-Allora sei vestito?- L'albino pensò alla figuraccia fatta
poco prima
-Non ancora, Verg.-
-Non ti sarai riaddormentato, vero?-
-Be ecco veramente- Lo raggiunse un improperio
-Tra mezz'ora in terrazza.-
Eva raggiunse il tavolo dove la aspettavano i due figli -Dormito bene,
cari?- Chiese raggiante, lei era sempre perfetta, e fresca come una
rosa
d'aprile.
-Si mamma- Le giunse la medesima risposta poco convinta all'orecchio.
-Oggi pensavate di venire al mare con me, vero? So che l'albergo ha una
meravigliosa spiaggia qui davanti!- Disse felice versando il
caffè, che
sperò senza ammetterlo, avrebbe svegliato i suoi
figli.-Avete
portato le creme protettive, vero ragazzi? Sapete che non potete
esporvi
al sole senza.-
-Certo mamma le ha portate Vergil, lo sai che è lui quello
responsabile!- Disse Dante con tono annoiato, quando sentì
suo
fratello che soffocava.
-Io? No Dante, proprio perché io sono quello responsabile,
ho
portato le guide, le cartine e simili...le creme le hai portate tu!-
Vergil guardava il fratello come se delle fiamme verdi stessero per
uscirgli dagli occhi
-Ma, io...-
-Ok ragazzi. Non fa niente, vorrà dire che per oggi
rinuncerete al
mare, e andrete a comprare i protettivi solari - Concluse la madre.
-Idiota! Tutta colpa tua se non siamo stesi al sole!- Vergil era
furioso.
-Senti le hai sempre portate tu le creme, io faccio di tutto per non
mettermi quella roba appiccicosa addosso! Potrei benissimo farne a
meno.- Rispose di rimando Dante egualmente arrabbiato.
-Si e poi bruceresti vivo, incosciente!-
Inutile dire che trascorsero così tutta la strada che li
separava dalla farmacia più vicina e fornita. Sotto il sole
cocente senza alcuna protezione se non due cappellini da basket a
coprire le teste colorate d'argento. Trascorsero qualche
lungo
minuto a tentare di spiegare al farmacia quello che gli serviva, ma a
quell'ora trovarono solo il proprietario anziano per cui la
parola inglese determina solo il cognome di un
qualche
collega. Non ottennero nulla finché Dante non
afferrò un
pezzo di carta e ci disegnò sopra un omino triste e un
enorme
sole che lo colpiva, per poi scoprirsi il capello ed indicare i capelli
e il colorito troppo chiaro per esser normale, Vergil scrisse tra il
sole e l'omino la parola "albino", che sapeva essere uguale in tutte le
lingue.
Dopo un quarto d'ora riuscirono a tornare in strada con i loro preziosi
protettivi , e Dante
trascinò il fratello per il resto del viale, sapendo che
poco
lontano si trovava un gelataio.
-Gelato alla fragola!-
-Razza di facocero, hai appena mangiato! - Veril non sapeva se essere
disgustato o sorpreso.
-Si ma per esprimere il mio talento creativo mi ci è voluta
molta energia- Rispose il ragazzo, agitando il disegnino che aveva
fatto al farmacista.
-Ti sopporto solo perché ci hai fatto ottenere la crema!
-Ora manca solo qualcuno che la spalmi- Sentenziò facendo
l'occhiolino da sopra il gelato rosa.
-E mi sembra che tu abbia già una biondina in mente!-
-Già, che ti è sembrato di quelle due? Mi pare
che la bruna ti sia piaciuta molto!-
-Si abbastanza, - Neanche Vergil trattenne un sorriso. -E' davvero..ben
fatta!-
-E' vero, ha una gran linea , molto magra e poi è alta..cosa
strana per le ragazze qui. Hai visto che gambe? -
-Era difficile non notarle! Ma tu non ti guardavi la tua biondina?-
Chiese curioso di sapere se le preferenze del fratello stessero
cambiando direzione.Gli rispose con un sorriso da don giovanni
-Ti assicuro che l'ho guardata!- I suoi occhi disegnarono una curva
nell'aria. -E poi non mi sembrano male come carattere, insomma mi sono
divertito ieri. Tu?- Dante sapeva che se il fratello avesse risposto
negativamente, avrebbe voluto dire che le giudicava due che
intellettivamente non valevano niente.
-Si, anche io. Sono molto simpatiche! Non ridono quando leggono il
menù scambiandolo per un libro di barzellette!-Mai
pretendere
troppo da Vergil.-Entrambe sembrano abbastanza sveglie, anche se
Federica mi sembrava più sciolta-
-Hai ragione, ma anche Sveva lo era abbastanza, credo che sia
semplicemente più timida.-
-Già, ho notato che sembrano diverse anche caratterialmente,
oltre che fisicamente-
-E' vero, l'ho notato anche io. Sono come il nero e il marrone, si
somigliano pur essendo diversi e stanno bene insieme- Gulp Dante
ingogiò l'ultimo pezzo di gelato.
-Scommetto che questa ti è venuta guardando il cono
bruciacchiato! Avanti torniamo all'albergo, tanto sulle ragazze
tranne apprezzamenti sul fisico non possiamo dire niente:
dobbiamo ancora
conoscerle.-
E così i gemelli si riavviarono in direzione dell' albergo
Hello,
miei affezionatissimi lettori!
Rieccoci
qui con un nuovo capitolo di Doppia Coppia. Innanzi tutto, mi
congratulo con voi per il coraggio dimostrato nell'arrivare fino a qui!
Spero che la storia vi piaccia, e che vi sia piaciuto anche questo
capitolo 6. Ho avuto un po' di incertezze nel pubblicarlo per
intero, perchè mi è venuto di una lunghezza
abnorme, però poi ho deciso di non spezzarlo,
perchè essendo una storia su DMC un capitolo in cui
comparivano solo le due ragazze sarebbe potuto risultare noioso. La
narrazione è divisa in varie parti a seconda dei punti di
vista dei personaggi: ho operato questa scelta perchè volevo
farvi conoscere i loro pensieri e il loro modo di vivere, mettere in
evidenza dei lati del carattere che altrimenti non si sarebbero notati
abbastanza. Spero di aver fatto un buon lavoro e che questo
capitolo incontri i vosti gusti e soddisfi le vostre aspettative.
Un
abbraccio grandissimo a tutti i lettori e recensori (Grazie come sempre
di farmi sapere le vostre opinioni!)...arrivederci al capitolo 7
Bry!
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Capitolo 7 *** Il sogno di Fy Chan (Una mattina sugli scogli) ***
Era una luminosa giornata d'estate, il sole
splendeva alto e
rovente sopra i corpi dei bagnanti, il cielo azzurro si estendeva
chiaro e privo di nuvole. Solo il vento, impertinente, osava
guastare quella mattinata idilliaca, soffiando veloce e gelido. Il
rumore degli ombrelloni, succubi delle folate, si confondeva con quello
delle urla del mare, agitato per lo stesso motivo. Il rombo furioso
delle onde riempiva le orecchie delle persone vicine alla riva, che si
godevano la spiaggia, per una volta non essendo oppressi da un caldo
eccessivo. Solo alcuni genitori erano privati di quella
tranquillità: doveva essere vigili attenti di bambini
piccoli,
che giocavano troppo vicini alle onde.
Degli occhi color dell'ombra si mossero ad osservare le due teste
d'argento più in là; nel suo sguardo brillava
l'affetto
oscurato dal peso delle responsabilità. Si concesse qualche
altro minuto di riposo, godendosi quei primi raggi di sole che le
carezzavano la pelle come teneri amanti. Il colpo scolpito era ancora
bianco, come l'inverno lo aveva lasciato, le lunghe gambe appena
piegate davanti a sè. Sospirò
osservando il proprio
corpo fasciato in un costume a due pezzi, verde bosco: non aveva scelto
colori più cangianti per via del pallore ancora evidente.
Era
ancora una donna splendida, sebbene il suo ventre avesse sostenuto due
figli contemporaneamente, una gravidanza che su di lei non avrebbe
avuto
effetti, se non si fosse trovata ad allevare due magnifici
bambini prima, e ragazzi poi. Si voltò nuovamente ad
osservare i
suoi figli, aveva fatto un buon lavoro: Dante e Vergil erano diventati
due giovani uomini bellissimi, e dai caratteri forti ma, a loro modo
dolci. Li vide affaticati dal sole, nonostante non ci fosse un caldo
eccessivo, i gemelli risentivano del loro primo giorno in
spiaggia, in quel momento con i corpi sudati, i capelli in disordine e
gli occhi chiusi, apparivano identici. Solo quando si comportavano
naturalmente, senza tentar di fuggire quella loro, inevitabile
somiglianza, si vedevano per quel che erano: due persone
indissolubilmente legate dallo stesso aspetto, due gemelli identici.
Eva decise di mettere fine alla quiete in quello stesso
istante.
-Ragazzi, - si alzò scuotendo delicatamente, ma decisamente
entrambi i figli -dovete mettervi la crema solare!- Agitò un
tubetto bianco davanti ai loro visi, su cui vi era stampata, a grossi
caratteri gialli, la scritta "Crema solare, protezione massima".
Un mugolio arrivò direttamente dalla gola di Dante, che
neanche
aprì gli occhi. Vergil invece guardò la
confezione, ma si
mise subito una mano poco sopra la fronte perché
il sole
accecante gli feriva gli occhi chiarissimi. Eva gli porse il tubetto,
decidendo di dare a Vergil il tempo di spalmarsela e poi svegliare
Dante, per costringere anche lui a mettersela. Svogliatamente, l'unico
sveglio dei due gemelli, prese la crema ed iniziò a passarla
sul
corpo, uniformemente, attentamente e in grandi quantità: fin
da
quando era piccolo odiava scottarsi, cosa che, nonostante la crema, gli
succedeva perennemente. Si mise una mano sulla schiena tentando di
proteggere anche quella parte dai raggi inclementi -Non ci arrivo-
mugolò fra i denti, sua madre gli si avvicinò
premurosa
come sempre, e sedutasi sul lettino del figlio, gli coprì
una
parte delle spalle di crema, per poi spanderla per tutta la
schiena. Vergil sorrise beato a quel massaggio benefico, nonostante la
sua aria glaciale, non disprezzava le affettuosità di sua
madre,
quando Eva ebbe finito si voltò verso di lei sorridendo
ancora.
-Grazie mamma- mormorò come un bambino di cinque anni dopo
che
ha ricevuto la merenda.
-Figurati caro- gli pose un bacino sui capelli dorati,
sorridendo
a sua volta, mentre nel suo animo si preparava alla dura
battaglia.-Daaante- Chiamò a bassa voce mormorando con una
voce
dolce affascinante, come quella di una sirena, che purtroppo non
sortì alcun effetto: il ragazzo chiamato in causa continuava
a
dormire.
-Tesoro -Eva si adagiò accanto all'altro figlio, -Se non ti
metti la protezione, passerai da questa bella tonalità
avorio,
ad una pessima color rubino!-Niente da dire, elegante anche nelle
ramanzine la mammina!
Dante aprì un occhio solo. -Mi piacciono i rubini- si rimise
a dormire voltando la schiena al sole.
-Possibile che tu debba fare sempre così! Inizio ad essere
stufa
del tuo comportamento...- La madre decise di provare anche la carta
della rabbia, sapeva che suo figlio detestava saperla preoccupata. Ed
infatti si mosse
-Ok, non ti arrabbiare me la metto la crema!- Il trillo di un
cerca persone distrasse Eva dalla propria vittoria, dovette rispondere
ad una chiamata urgente e fece il grosso errore di voltare le spalle al
figlio, che, in un primo momento finse di mettersi la protezione, per
poi buttare il tubetto sulla schiena del gemello che dormiva
placidamente.
-Deficiente, poi vediamo stasera chi urla dal dolore alla pelle-
rispose Vergil tranquillo.
-Il rosso mi dona, e io non piagnucolo mai...- Un ghigno sinistro fu
l'unica risposta del fratello. -Guarda Vergil, ci sono le ragazze!-
Dante-occhio di falco salutò sua madre e corse verso la
riva.
Sveva e Federica con lo sguardo rivolto alle onde si sentirono
afferrare
da delle poderose braccia. -Hey!- esclamarono all'unisono,
per
poi guardarsi interrogativamente a vicenda. Avevano ovviamente
riconosciuto uno dei gemelli dell'altro ieri, ma essendo quello poco
vestito e con i capelli sudati, non riuscivano a capire chi fosse dei
due ragazzi, e quindi a dargli un nome. Sveva era particolarmente
combattuta dal modo di "presentarsi" avrebbe scommesso che fosse Dante,
ma se si fosse sbagliata, e avesse chiamato Vergil col nome del
fratello probabilmente sarebbe stata barbaramente uccisa da un solo,
glaciale, sguardo. Decise di dissimulare l'imbarazzo giocando con una
ciocca di capelli biondi che le finiva sempre davanti al viso.
-Ciao- Si voltarono tutti e tre a quel saluto, era arrivato anche
l'altro gemello, le due ragazze erano sempre più
imbarazzate,
mentre Dante ancora sorrideva imbambolato con le due amiche fra le
braccia. L'ultimo arrivato, intanto si era passato una mano sulla testa
a tentare di mandare indietro i capelli, manovra che di fatto non ebbe
successo. Sveva riconobbe il gesto, ma l'amica intanto aveva
già
svelato il motivo del loro imbarazzo.
-Scusate chi è Dante, e chi Vergil?- Per i due ragazzi fu
come
un fulmine a ciel sereno, soprattutto per Vergil che si stava
scocciando di essere, tanto spesso, anzi troppo spesso,
scambiato
per il gemello.L'altro intanto, un po' offeso anche lui,
lasciò
i fianchi delle ragazze per andare vicino al fratello.
-Possibile che nessun italiano ci riconosca! La cosa inizia a darmi sui
nervi..- Il tono evidentemente acido. -Tu sei Vergil!- una vocina lo
sorprese, mentre ancora stava per continuare i suoi lamenti. Sveva
aveva
un dito puntato verso il suo petto e lo guardava negli occhi.
Annuì, semplicemente col capo, senza parlare e guardandola
negli
occhi, tentando di definirne il colore. Non ci riuscì
perché il fratello, ribadendo di essere Dante (come se non
si
fosse ancora capito), trascinò le due ragazze in
acqua e
spruzzò il gemello, che ancora stava all' asciutto,
costringendolo a buttarsi. Quel giorno i vecchi pensarono che la
gioventù odierna non aveva educazione, e i bambini
credettero
che solo i poco-grandi si sapevano divertire.
-AHHHHH- I quattro ragazzi erano risaliti sulla spiaggia insieme,
perché Sveva e i gemelli avevano i lettini vicini. Quando
furono
abbastanza vicini al posto riservato agli Sparda, sentirono un urlo
squarciare l'aria. -Dante, povero caro, che ti è successo!-
Una
donna, che Sveva riconobbe come quella vista in ascensore, si
avvicinò al ragazzo e lo osservò
attentamente
con sguardo ansioso. -Ma la crema non ha fatto
effetto
tesoro?- Gli altri tre si girarono e fissarono Dante, pensando che
adesso avevano modo di distinguere i gemelli; infatti mentre Vergil
ostentava ancora un pallore albino, sulla pelle dell'altro ragazzo
c'era stato un vistoso cambiamento cromatico: Dante era rosso fiamma.
Le ragazze si guardarono perplesse, notando che nessun altro si fosse
scottato, mentre Vergil ridacchiava sonoramente. -Su tesoro, mettiti
altra crema, magari così non peggiora la situazione-
-Ma mamma non me la voglio mettere la crema!- Protestava il ragazzo
nauseato dall' idea di spalmarsi quella cosa addosso, mentre anche gli
altri si avvicinavano al suo lettino.
-Ma Dante se non te la metti stasera urlerai dal dolore, guarda che
fanno male le scottature!- La biondina si era inginocchiata vicino al
ragazzo steso, tentando di convincerlo.
-E' inutile, non lo convincerai mai!- sentenziò l'altro
gemello,
irritato dal fatto che il fratello fosse la star del momento a causa
della sua stupidità.
-E allora è uno scemo!- aggiunse Federica, cosa che fece
sorridere Vergil.
Sveva dispiaciuta per Dante si girò a guardarlo, notando che
lui
fosse molto più interessato al fisico delle ragazze che al
rossore del proprio. La ragazza si alzò e
bisbigliò una
cosa all'amica.
-Pervertito com'è sarebbe l'unico modo per convincerlo- le
rispose Federica togliendosi dal viso i capelli resi ancora
più scuri dall'acqua.
Approfittando del fatto che la madre dei ragazzi si era momentaneamente
assentata per prendere delle bibite fredde, Sveva e Federica
attuarono il loro piano, -E' questa la protezione
solare?-
la prese senza aspettare risposta, e guardò l'amica che
annuì -Dante ti va di fare un gioco?- alla risposta
affermativa
del ragazzo la bruna prese la parola.
-Girati, su non fare storie girati!- Confuso il ragazzo si
trovò
a fissare Vergil che si era rimesso a dormire, quando, improvvisamente
ebbe un brivido: una mano che gli scivolava lungo le spalle. -Secondo
te chi è, io o Sveva?-
-Eh?- Un secondo tocco, percepì qualcosa di unto,
capì
che una delle due gli aveva appena passato della crema sulla schiena
-Cioè devo capire chi è delle due?- La cosa si fa interessante!-Mmh
Sveva?-
-Sbagliato!-
Le ragazze passarono così un quarto d'ora, tra risate,
brividi e
sorrisi maliziosi, (inutile dire che Dante non indovinava mai chi fosse
delle due a massaggiargli la schiena con la protezione), fino a che non
lo convinsero a finirsi di passare la crema da solo,(e ci misero
parecchio perché ovviamente lui, dopo essersi
così
divertito non ne voleva sapere di smetterla ).
Vergil si svegliò con un grande sbadiglio nel momento in cui
il
fratello si finì di mettere la protezione, coincidenza che
suggerì agli altri la possibilità che non avesse
mai
dormito ma solo fatto finta. -Andiamo sugli scogli. Mi sto
annoiando!- Guardò freddamente le ragazze e il
gemello,
come a far capire con lo sguardo che fino adesso avevo accontentato e
coccolato Dante, adesso toccava a lui ricevere attenzioni.
-Ma a me non piacciono gli scogli!- Disse timidamente Sveva. -Non mi
importa!- si senti rispondere da Vergil, mentre Dante fu molto
più premuroso -Non ci fare caso, a lui gli scogli piacciono
tanto perché sono spigolosi quanto lui- le disse sottovoce.
Federica invece era già schizzata a prendere un pareo,
felice di
cambiare location.
La piccola comitiva si avviò verso l'altro lato del
lungomare,
in un vortice di colori: Sveva aveva un pareo bianco sul
bikini
fucsia, Federica un pareo arancione su bikini verde, Dante era
completamente rosso fatta eccezione per il costume floreale, e Vergil
sfoggiava le tonalità chiare, pelle diafana e costume
azzurro.
Il mare salutò l'arrivo dei ragazzi con un onda piuttosto
alta,
la corrente infatti era ancora forte, e sospinta dal vento.
Sveva
si guardò intorno preoccupata non le era mai piaciuto farsi
il
bagno in un posto che non fosse una tranquillissima spiaggia sabbiosa.
-Che bello questo vento sugli scogli, abbiamo fatto bene a venire qui,
così non abbiamo la sabbia negli occhi!-Trillò la
brunetta felice, mentre Dante non osservato la abbracciava sorridendo
sornione,
-Ci è andata bene come primo giorno, con questo vento non
soffriamo nemmeno il caldo, apparte te che sei il solito salame, e non
accorgendoti che comunque il sole picchiava ti sei scottato come un
bambino deficiente!- In una sola frase Vergil era riuscito ad offendere
due volte il fratello.
-Sediamoci là!- Dante, ignorando a bella posta gli insulti,
indicò un posto abbastanza esposto al vento e alle onde.
Verg, sei sicuro che il vento non sia troppo forte?- Chiese Sveva
avvicinandosi al ragazzo e sfiorandogli un braccio con le dita per
attirare la sua attenzione. Entrambi, sorpresi, notarono quei
gesti... cosa
lo aveva appena
chiamato Verg? Aveva appena chiamato con un amichevole diminutivo quel
gigante dal cattivo carattere, che le stava succedendo? si
chiese la ragazza, rispondendosi che l'odio per gli scogli le stava
dando alla testa.
Vergil aveva tremato nel momento in cui aveva sentito quella lieve
carezza sul suo avambraccio, con un modo d'invidia si chiese cosa aveva
provato Dante quando le due ragazze gli avevano messo la crema.
Trovandosi sconvolto dal desiderio di un nuovo contatto il
ragazzo guardò severo la bionda, ponendo, di fatto,
le
distanze che lui stesso non desiderava. Osservò con la coda
dell' occhio il gemello che rideva con Federica, le stava dicendo
qualcosa all'orecchio con fare sensuale e fanfarone, e lei, ammiccando,
rideva in risposta. Mosse qualche passo in direzione dei due,
senza voltarsi verso
Sveva, ma anzi lasciandola da sola. -...Sta tranquilla il
vento
non è così forte-
Come sentendosi chiamato in causa l'elemento, che nasceva dal mare e
saliva verso il litorale, soffiò un pochino più
forte, ma non abbastanza da far allarmare il ragazzo albino che
raggiunse senza problemi il posto indicato precedentemente dal fratello
-Hey Vergil sei arrivato... Verg, Veeerg?- Dante aveva visto, con la
coda dell'occhio il gemello che si avvicinava, ma il tempo di girarsi
completamente e Vergil non c'era più! Si voltò ma
vide solo Federica ridere a crepapelle e Sveva puntare il dito nel
punto sugli scogli. I tre ragazzi si guardarono, e senza pronunciare
parola si sporsero verso il mare, e con curiosità guardarono
giù. In quel momento l'altro albino si stava arrampicando
sulla superficie ripida per risalire. Il fratello gli tese una mano,
che Vergil accettò con un mugolio. -Ma che hai, ti pare il
posto giusto per buttarti?- chiese Dante preoccupato.
-Ti pare che mi buttavo da qui, idiota!- L'albino
chiuse un occhio trasalendo, la sua schiena era coperta di graffi
sanguinanti, causati dalle sporgenze taglienti.
-Ma non avevi detto che il vento non era poi così abbastanza
forte? - Chiese Sveva un po' acidamente, guardandolo con una piccola
luce di vendetta.
-Infatti il vento non è forte! Il mare sì
però!- Controvoglia il ragazzo infortunato
raccontò che un' onda inaspettatamente alta lo aveva spinto
verso il mare, e che lui sorpreso era caduto con la schiena contro gli
scogli. Il suo sguardo imbronciato di nobiltà lesa fece
ridere Dante -Ma che cazzo ti ridi?- Gridò Vergil infuriato
-Sei il solito cretino senza cervello, infantile ed
egocentrico!-
Il fratello lo osservò con uno sguardo divertito -Vuoi che
faccia l'altruista e ti aiuti- La testa dell'altro fece un leggero
movimento, annuì. Dante gli diede una poderosa
spinta, facendo però attenzione
a non buttarlo nello stesso posto precedente. -Va bene il sale
cauterizza!-
-Tu sai che significa cauterizza?- Esclamarono in coro le due
ragazze!
-Si l'ho imparato in un documentario!- Ammise Dante grattandosi la
testa.
-Tu guardi i documentari?- Chiese la bionda sorpresa.
-No, l'avevo scambiato per una televendita!-
-Ah, ecco!- Disse Federica un attimo prima di scoppiare a ridere
puntandogli un dito verso il torace.
-Tu cosa hai da ridere, tu...!-Dante si buttò sulla ragazza
facendole il solletico e mentre loro due giocavano come due ragazzini,
l'altra andò a recuperare Vergil, che rimaneva a farsi il
bagno da solo.
-...Non te la prendere- Sveva si tuffò in acqua facendo
forse anche troppa attenzione agli scogli, lo raggiunse e
biascicò qualcosa prima di riuscire a pronunciare quella
frase, imbarazzata. -Lo sai com'è Dante -
Tentò di consolarlo
-Si lo so com'è-... uno
schifo...-Tu perché non sei rimasta con lui?-
-Non mi sembrava carino nei tuoi confronti, siamo venuti insieme, non
vedo perché tu debba rimanere solo!-
-Uh Uh attenzione arriviamo noi!- Due tuffi gemelli risuonarono
nell'acqua, si erano buttati anche gli altri due.-Ciao piccola- Disse
Dante abbracciandola stretta e posandole un bacio sulla spalla destra.
-Ehh che sono queste scene hard! - Rise Federica buttando le braccia al
collo di Vergil che sorrise.
-Cavolo Dante quante volte te lo devo dire che mi da fastidio che mi
abbracci così!-Mugolò la ragazza cercando di
liberarsi da quella stretta, che più si rafforzava tanto
più lei si dibatteva.
-E' inutile la cavalleria non la imparerà mai!-
Affermò Vergil
-Andiamo non mi dire che preferisci i suoi baciamano ai miei abbracci-
Protestò lui
-Ah.., e se fosse?- Rispose la ragazza con un sorriso che fece
impazzire Dante. Anche questa volta l'altro fratello sorrise
compiaciuto.
Splash
Federica diede inizio a quella che sarebbe diventata la prima
guerra mondiale acquatica, in cui più volete i nostri eroi
rischiarono di morire in battaglia affogati ingloriosamente. Nessuno
dei quattro sarebbe stato in grado di dire quanto tempo
fossero rimasti a mollo; il tempo, come spesso fa, aveva perso
la propria valenza oggettiva per assoggettarsi alle loro risate e
schiamazzi. Si presero in braccio, tentarono di affogarsi, si
azzuffarono, litigarono e fecero pace, si raccontarono tutte e nessuna
avventura marina, mentre i raggi del sole splendevano inclementi
riscaldando i loro corpi.
-Ho fame!-Disse Dante, nessuno sa quanto tempo dopo.
-E ti pareva che non eri tu a dirlo! Comunque tienitela
perchè noi mangiamo stasera all'Hotel!- Rispose noncurante
Vergil
-Ma dai tienitela... sembra la pipì!- Scherzò
Federica
-Ah, sei disgustosa- Si lamentò la biondina tirando
all'amica uno spruzzo d'acqua. -E comunque anche io ceno stasera-
Aggiunse voltandosi di scatto, per evitare l'onda anomala creata
dall0amica che rischiava di colpirla in pieno viso.
-Andiamo a farci dei panini, sono leggeri così possiamo
comunque stare in riva al mare!-
-Per una volta hai detto una cosa intelligente fratellino!-
La comitiva uscì dall'acqua, e recuperata la loro roba
attraversarono la strada davanti agli scogli, per arrivare poi al bar
là vicino.
-Voi che volete?- Chiese Vergil alle ragazze
-Acqua-, -No, io Coca-
-Ok due coca cole e due acque minerali.... Da mangiare?-
-Io un panino al tonno-, -Anche io- -No io col salame!-- Manchi solo tu
Dante!-
-Ok io lo prendo tonno, pomodoro, mais e crema di gamberi- Disse
semplicemente l'albino
Le ragazze si guardarono interdette. -Possibile che tu mangi sempre
quanto un rinoceronte?- Esclamò Vergil, che ormai non si
sorprendeva neanche più.
Si sedettero ad un tavolino e consumarono il pranzo allegramente.
Quando si alzarono per pagare notarono delle attrezzature per
la pesca.
-Si pesca qui vicino?- Chiese uno degli albini, incuriosito, al barista
-Si, giù agli scogli c'è il vecchio 'Trizio che
pesca. Dovreste trovarlo a quest'ora-
10 minuti dopo il vecchio 'Trizio fu circondato da un allegra comitiva.
Dovete sapere che il vecchio pescatore, non era proprio amichevole,
anzi pur essendo sempre stato un gran burbero con gli anni era molto
peggiorato, e quando pescava pretendeva il massimo silenzio, solo le
onde potevano disturbarlo con il loro rumore. Esperto conoscitore di
tutti gli insulti italiani e dialettali, rischiava a volte di esagerare
perché avendo raggiunto, e forse superato, i settant'anni
neanche il cervello gli funzionava più molto bene.
-Buongiorno!- Dante si avvicinò gridando nel
silenzio più totale, e sottolineò il saluto con
una poderosa pacca sulle spalle del vecchio, che per lo spavento fece
cadere buona parte delle esche a mare
-Ah strunz, si chiù malat e me ad avvicinarti
così, ma tornate alloc da dove sì venut! -
-Non credo lo stia salutando gentilmente vero?- chiese Vergil che pur
non comprendendo il dialetto aveva capito benissimo il tono con cui era
stato pronunciato.
Il vecchio si girò, voltando le spalle ai ragazzi, neanche
fischiettava, segno che Dante lo aveva proprio messo di cattivo umore..
Passarono 5 minuti
-E cosa pesca?-
-E' difficile pescare?-
-E viene sempre qui?-
Ovviamente l'albino non aveva capito l'antifona. Il vecchio
sbottò qualche inedito -E santi Gamberi imperatori
te vuò sta zitt! -Per poi ritirarsi in religioso silenzio
Passarono 10 minuti
Vergil, Federica e Sveva sbadigliavano al sole, non prestando
attenzione al vecchio e a Dante che gli stava attaccato. Si godevano il
caldo, per una volta stando all'asciutto, Vergil ne aveva approfittato
per una seconda passata di crema, le due ragazze per leggere qualche
pagina di romanzo. Tutto taceva, le onde continuavano il loro eterno
andirivieni. Fino a quando l'aria non si condensò di
elettricità, il vecchio iniziò a fremere. -L' ho
preso, lo sento, ...arriva, eccolo...- Urlò
eccitato.
-Che cosa stai per avere un infarto?- Dante avendo mal'interpretato le
parole dette dal vecchio gli balzò addosso, col risultato
che il pescatore tirò fuori dall'acqua un vecchio scarpone
logoro. L'oggetto descrivendo un bizzarro arco in aria, andò
ad atterrare sulla testa argentea di Dante che cadde con un tonfo in
acqua.
-Ahhhhh maronna, aiuto, che è successo! Il fetente scolorito
è cadut abbasc! Aiuto l'ho ucciso...- Iniziò a
piangere voltandosi, Vergil, sentendo un rumore d'acqua andò
a controllare verso gli scogli, le ragazze balzarono in piedi, Federica
tentò di calmare il vecchio.
-L'ho ammazzato, è morto, è morto-
-Ma non si preoccupi è giovane, non si sarò fatto
niente.-
Dante intanto ridendo nel vedere il vecchino sconvolto, si
issò sugli scogli, e quando Sveva gli si avvicinò
preoccupata le rubò il pareo bianco.
-Tu assassino, killeeeeeeer, mi hai ucciso, e io adesso
vagherò per l' eternità uh uhhhhh- L'albino si
mise il pezzo di stoffa bianca sulla testa e andando davanti al
pescatore si mise ad ululare all'impazzata. Le ragazze si fecero
bianche anche loro, ma per contenere le risate. Vergil , che intanto
osservava la scena, indisturbato da dietro le spalle del pescatore
decise di aggiungere un altro capitolo all' opera monumentale
intitolata "Le cavolate fatte dai gemelli Sparda".
-Ahhh un fantasma...Io, no ....sono un uomo buono non ci voglio finire
all'inferno. Ti prego, non volevo, uh marò l'ho ucciso
un fantasma....- Mentre Dante alzava le braccia a tentare di
afferrarlo, il pescatore si volse per togliere quella visione dagli
occhi, ma...sommo orrore, il fantasma era capace di bilocarsi, e adesso
non aveva neanche il lenzuolo bianco, gli vedeva gli occhi iniettati di
sangue e il colorito pallidissimo, si girò, si volse ma il
fantasma era sempre alla sua destra e sinistra... -Ahhhhhhhhhhhhh- Un
urlo scosse tutto il molo, il pescatore fuggiva a gambe levate. I suoi
concittadini avrebbero tentato di farlo internare, dopo che lui
raccontò per mesi e mesi di essere un assassino e di aver
visto il fantasma dell'ucciso.
Intanto i due pseudo fantasmi e le due ragazze ridevano a crepapelle,
contorcendosi su se stessi dalle risate.
Hola,
hola... hola!!
Dalla
vostra Bry, la vice-must di sezione, (dove la must ovviamente
è la mia mitica fantasmagorica Fy, seguita da Teiresias King)
Eccomi qui con uno nuovo capitolo! Vi starate chiedendo il
perché di questo strano titolo "il sogno di Fy Chan", ebbene
una mattina d'estate la nostra adorata fFy ha tentato di far affogare
me e sua cugina facendoci sbellicare dalle risate. Infatti questo
capitolo non è altro che un sogno fatto dalla Fy, la stessa
notte in cui io ho sognato Winter Medina (Il personaggio del "mercante
di bambole" della Fy) che ubriaco mi confidava le sue pene d'amore per
Dante, con cui si era appena lasciato.... Lo so non siamo normali
>.<". Essendo passato parecchio tempo
però non ci ricordiamo esattamente come si svolgesse
l'azione quindi ho messo parti di sogno e parti di mia invenzione.
Spero di avervi fatto divertire quanto mi sono divertita io a
scriverlo XD.
Un
grazie va quindi a Fy, ma anche a Loyr: fa sempre piacere sapere anche
solo il nome di gente che legge e cui piace la mia storia *_*
Oltre
a quelle che credo siano le mie lettrici e lettori di sempre....
Prima
del saluto un piccolo spoilerino: il prossimo capitolo Sveva si
eclisserà per lasciare la scena a Federica....cosa
succederà?
Kisses
a tutti
Bryluen!
|
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Capitolo 8 *** Tutti pazzi per Federica ***
-Pronto Fefi!-
-Ciao, tesora!Come va?-
-Emh...a me tutto ok, solo volevo dirti che non possiamo scendere
oggi!-
Ecco era andata dritta al sodo, niente giri di parole, entro pochi
secondi avrebbe saputo se la sua vita sarebbe stata ancora salva.
-Cosa?- allarme... Federica si stava arrabbiando- No, Svevy non mi puoi
fare
questo!- Disse con voce piagnucolosa. Si era calmata nel giro di 5
secondi? Troppo sospetto,
bisognava tenere gli occhi anzi le orecchie aperte, pensò
Sveva
-Lo so Fede, ma i miei voglio andare Ravello e papi ci
può
accompagnare solo oggi!-Per un'adolescente i genitori sono
sempre
rompiscatole...
-Sganciati! Dici mamma, papà CIAO CIAO- La bionda all'altro
capo
del filo fu costretta a staccarsi il telefono
dall'orecchio per non subire un permanente deficit uditivo.
-Ehi guarda che ai timpani ci tengo ancora! E comunque non mi posso
sganciare altrimenti lo avrei fatto! Dai sarà per un altro
giorno-
-E va bene- Federica interruppe la linea. Guardò
malinconicamente il cellulare, lo schermo ancora illuminato: ecco come
buttare a mare una mattinata di shopping!
-E adesso che faccio?, che faccio, che faccio, che faccio?- La ragazza
si buttò sul letto, dando voce a quell'interrogativo che le
girava per la testa da quando aveva sentito la tragica frase
"non
possiamo scendere." Ogni volta che ripeteva quella frase aumentava il
volume della propria voce, così che una banalissima frase
fatta
diventò una litania folle. Degna di una hit rock.
-Fede ti vuoi stutare!- Matilde, la cuginetta della ragazza
uscì a posta dal bagno per interrompere quel suono molesto.
Federica aspettò che la bambina fosse uscita dalla stanza
per
digrignare i denti in una smorfia di dispetto, come quando da piccola
faceva la linguaccia ai genitori che avevano appena finito di
rimproverarla.
Sbuffò ancora di disappunto, rimanendo stesa sul letto, dato
che
non doveva più uscire tanto valeva poltrire ancora per un
po'.
Nei tre quarti d'ora seguenti i suoi occhi scoprirono tutte le
macchioline sul soffitto della sua camera, smettendo per quei cinque
minuti intermittenti in cui si addormentava senza accorgersene.
-Fede ancora così stai?- sua madre entrò nella
stanza
portando con se un mestolo, segno tangibile che lei e la zia stavano
cucinando chissà quale elaborato pranzo per il primo giorno
da
quando erano arrivati che non erano andati in spiaggia. La
figlia la
guardò senza capire...come
doveva stare? Poi in un moto di inattesa
lucidità si ricordò che sua madre non sapeva le
news:
-Svevy mi ha dato buca!-
-Ah- la frase veniva completata dall'espressione di sua madre
-Eh- questa invece veniva completata dal viso della ragazza.
-Si a,e ,i,o, u...Vogliamo stare qua a fare tutto l'alfabeto o te ne
vuoi uscire un po tu? Vai a comprarti anche un costume nuovo magari. -
-No mamma non tutto l'alfabeto solo le vocali.- Fede si stese di nuovo,
profondamente annoiata.
-Allora se devi rimanere a non fare niente vieni a dare una mano a me e
a zia in cucina!-
-ok mamma esco!-
Così dicendo, si alzò di scatto dal letto,
infilò
la borsa sotto il braccio e si chiuse la porta di casa alle spalle
senza pensare a nulla in particolare. Era uno di quei momenti in cui
la testa è vuota e il cervello si limita a decodificare le
informazioni sensoriali: l'aria calda, il profilo della macchina che ti
passa davanti, un dislivello nella strada. Federica non sapeva dove
andare, da un momento all'altro i suoi piani erano cambiati e non
sapeva, quella che doveva essere una giornata di shopping con un amica,
in cosa si sarebbe trasformata; preferì lasciare che fossero
i
piedi, un passo dopo l'altro, a decidere automaticamente dove
dirigersi.
Superò senza guardarsi intorno il viale dove
sorgevano,
esclusivamente, abitazioni residenziali che di anno in anno cambiavano
occupanti, girò l'angolo a destra trovandosi improvvisamente
davanti al mare. Attraversò di corsa la strada, ora che non
transitavano automobili, sorrise guardando le spiagge piene e sentendo
i bambini che giocavano a riva, proprio come di solito facevano suo
fratello e sua cugina, non aveva voglia, di camminare, non adesso, non
da sola. Si sedette sul muretto che separava il marciapiede dalle
spiagge e stette un po' lì a guardare le vite degli altri:
stralci di conversazioni, suonerie di cellulari, sorrisi e voci
alterate. Rimase così circa dieci minuti, prima di sentire
il
sole riscaldarle la testa, "accidenti ai capelli scuri, ci mancavano
solo loro ad attirare il sole" pensò irritata,
guardò
freneticamente nella borsa, ma si era dimenticata il cappellino da
baseball a casa "di bene in meglio", sbuffò
sentendo
improvvisamente la rabbia rimontarle dentro, in un attimo
provò
a fulminare il mondo intero nel sadico tentativo di rendere migliore la
propria giornata, ma come al solito non successe nulla.
"Chissà
perché non mi riesce mai." Con un balzo scese dal
muretto
e tornò in strada, lungo il marciapiede dove si trovava
c'erano
solo i bar delle spiagge e più avanti un giornalaio che
vendeva
anche libri, ma in quel momento non le interessava niente di tutto
questo, andò dall'altro lato della strada, dove, quanto
meno,
avrebbe trovato un cappellino per ripararsi dal sole che le stava
friggendo le sinapsi,già di per sè non molto
sane, si passò una mano sugli occhi truccati in
modo quasi invisibile e fu attirata dal buio di un locale alla sua
sinistra, lesse l'insegna e lo riconobbe, probabilmente era il posto
più tecnologico di tutto il paese: la sala videogame. Decise
che
uno di quei bei giochi "picchia duro" non sarebbe stato per niente
fuori
luogo, almeno per come si sentiva nervosa in quel momento, ed
entrò. Pagò per un gettone e si
avvicinò alla
prima postazione libera che l'attirasse "Che fortuna" era
riuscita
a beccare uno dei suoi videogiochi preferiti di quel periodo: Tekken.
Scelse il personaggio che voleva muovere ed iniziò la serie
di
combattimenti, non le era difficile vincere, ci aveva giocato milioni
di volte, del resto era bravissima in qualsiasi gioco.
-Bravo, hai stabilito un punteggio stratosferico!- Qualcuno si
rivolgeva ammirato ad uno degli altri giocatori, Federica non vedeva
chi era perché c'era un capannello di gente ad osservare
quella
partita, con un pizzico d'invidia tornò a pensare alla sua
di
lotta. Ma la concentrazione durò poco.
-Guarda quello...-
-Cavolo quanto è bravo-
-Non sono mai arrivato alla fine con un punteggio simile-
Fine. una musichetta segnalò che il giocatore aveva
completato
la sua partita, e la ragazza pensò che poteva finalmente
concentrarsi un po' meglio. Quel trambusto le aveva fatto perdere gli
ultimi due incontri. "Perdi maledetto" disse in collegamento telepatico
con l'avversario sullo schermo. E quello perse, così i tre
successivi.
-Non dovresti muovere quel pulsante, usa quello di destra...- Una voce
le rivolse un suggerimento poco gradito, la ignorò
-Salta, è inutile che attacchi adesso, è meglio
schivare l'altro-
-Muoviti verso destra- Sempre la stessa voce, adesso il tipo stava
seriamente, per darle sui nervi, il bello era che le sembrava di
conoscerlo, ma non aveva il tempo di girarsi a guardarlo.
-Senti grillo parlante vattene un po' a fare un giro!-
-Federica ti ricordavo più gentile!-
Adesso doveva girarsi -Oh, cazzo... Ve..Vergil- Lo vide a meno
di trenta centimetri dal suo viso ad osservare lo schermo
-GAME OVER-
- Pare che tu abbia perso!-
-Accidenti!- Sbottò la ragazza guardando la scritta rossa
davanti al suo giocatore.
-Ehy amico davvero bella partita!- Un tizio si accostò
all'albino per fargli i complimenti.
-Hai giocato anche tu?- chiese Federica
-Si fino ad ora, ero seduto lì- indicò la
postazione alla sua destra dove prima facevano tutto quel chiasso.
-Ah, eri tu la leggenda dei videogiochi per cui prima facevano tutto
quel chiasso! La tua tifoseria mi ha fatto perdere due match!-
Per tutta risposta lui alzò le spalle sorridendo -Ti va di
andare a fare un giro?-
-Ok, tanto non ho niente da fare... Come mai non sei al mare?-
-Preferivo saltare un giorno, mi sono già scottato
abbastanza-
Effettivamente le braccia non coperte dalla maglietta bianca a mezze
maniche apparivano innaturalmente arrossate, e avevano l'odore di una
nota crema solare al profumo di vaniglia, i capelli bianchi invece non
spuntavano dallo spesso berretto da baseball blu. Vergil stava
guardando la ragazza-E tu, sei sola oggi, la tua amica non è
venuta?-
-No, oggi no, doveva stare con la sua famiglia- Il ragazzo
annuì. Un uomo, sulla porta di un negozietto lo
salutò.
Federica vide sul tavolino da esposizione un berretto uguale a quello
che portava il ragazzo -L'hai comprato qui il cappello?-
Vergil
annuì ancora. La ragazza si girò chiedendogli di
fermarsi, si era ricordata che lei non l' aveva più
comprato, e
vedendone uno verde carino decise di approfittare di quell'occasione.
Cappellini in testa, i due si avviarono fianco a fianco per la strada
che li avrebbe condotti al viale principale del paese. La gente che con
loro percorreva quella via si voltava per osservarli: erano una coppia
splendida, difficilmente se ne sarebbe vista una simile. Già
dal
primo impatto visivo lasciavano un segno, entrambi erano molto belli, e
le loro peculiarità individuali si amalgamavano piuttosto
bene,
la cosa che faceva più effetto era l'altezza, quella di lui,
poco sopra la media, era messa in risalto dalla corporatura muscolosa,
e dall'andamento sicuro, quella di lei,più evidente, dal
passo
sportivo e scattante e della linea filiforme. Tutto nei loro
gesti trasmetteva energia, i loro movimenti erano agili e scattanti,
nonostante entrambi fossero oppressi dal caldo, si notava che nessuno
dei
due era estraneo ad un' intensa attività fisica. Ma la cosa
che
li distingueva dai molti adolescenti che villeggiavano in quel paesino
era l'eleganza innata. Molte persone tentano di acquisire dei modi
fini, delle movenze o espressioni, che però una volta messe
in
atto risultano volgarmente artefatte. Invece quei due giovani non
avevano bisogno di finzioni, i loro corpi slanciati i loro visi fieri
si esprimevano per loro. Ma in quella mattinata d'estate entrambi erano
ignari dei pensieri che suscitavano nei passanti, e forse anche se l'
avessero saputo non gli avrebbero dato importanza alcuna, camminando
velocemente superarono la zona principale fitta di negozi e
passanti in costume da bagno, che tentavano, a volte inutilmente di
fuggire l'attenzione dei vigili, si diressero per le vie limitrofe, per
le quali si andava nei comuni vicini oltrepassarono reverenti un
archetto che era stato testimone di una mezza decina di secoli e
sbucarono in una stradina nota ad entrambi: di fronte c'era la pizzeria
dove si erano conosciuti, dove i due fratelli e le due ragazze avevano
passato la prima sera insieme.
-E siamo di nuovo qui-
-E già, bhe il paese è piccolo, non è
che ci sono
molti posti dove fare una passeggiata lunga...- Disse delusa la ragazza
-Una passeggiata assolata, la definirei io- Precisò lui
passandosi una mano sulla fronte sudata
-Ma serio, ci prendiamo qualcosa da bere?-
Entrarono nel bar antistante, presero una bottiglietta d'acqua ed un
immancabile lattina di coca cola, dopo il primo, rinfrescate, sorso
riaffrontarono il sole a picco di mezzogiorno percorrendo a ritroso lo
stesso lungo percorso che li aveva portati fin lì. Dopo
l'arco
antico passeggiarono ancora per qualche centinaio di metri, consumando
velocemente il contenuto delle bottigliette appena comprate, si
avvicinarono ad alcuni secchi della spazzatura per gettarle. La fortuna
volle che non appena si furono avvicinati un' altra comitiva si
allontanasse liberando una panchina
-Ci sediamo?- Chiese Vergil, indicando una panchina, e togliendosi il
capellino, massaggiandosi la nuca, il viso rosso e accaldato
-Si mamma mia, che caldo- Disse la ragazza anticipandolo
e sedendosi
-Non dirlo a me, non lo sopporto il caldo, specialmente ad inizio
estate, quando non ci sono abituato. Il freddo è molto
più...dignitoso!-
Federica rise, pensando a quanto fosse strana quell'affermazione, certo
con il freddo solitamente si ha n aspetto più in ordine...ma
i
brividi no è che siano così...dignitosi,
pensò la
ragazza.
Lui le si sedette accanto, appoggiandosi allo schienale respirando
profondamente, voltò il capo, liberandolo dal berretto e
riordinandosi i capelli, tendendoli all'indietro con una mano,
guardò la ragazza con uno sguardo cristallino, acuto e
penetrante, la osservò lievemente distratta da qualcosa che
le
stava davanti, si volse anche lui e, con fare non curante appoggiandosi
più comodamente alla panchina, le cinse le spalle con un
braccio -Allora, dimmi di te?-
La ragazza si volse sorpresa -Di..me? Alloora mi chiamo Federica
Parini, ho 17 anni, a scuola vado una chiavica, sono intelligente,
sensibile, bellissima e...pazza! -
Vergil la guardava compiaciuto, vagamente curioso, ma poi la sua
espressione mutò di colpo-Ah- L'unico suono che
riuscì ad
uscire dalla bocca mezz'aperta dell'albino.-Insomma è...
rassicurante, chi non sognerebbe di essere in un altro continente ed
uscire con una- là guardò come se la prossima
parola che
avrebbe detto sarebbe stata l'unica logica conclusione di quello
sguardo -pazza-
-Ma dai stavo scherzando- Disse la giovane guardando alternativamente
il viso e la mano di lui, sulla propria spalla.
-Meno male che me lo hai detto, iniziavo a preoccuparmi- le rispose
aumentando la pressione del braccio -E lasciando da parte gli scherzi,
cosa c'è da sapere su di te? cosa c'è di
importante,
intendo -
-Lo sai non so se sono capace di lasciare da parte gli scherzi...-
disse voltandosi a guardare un punto imprecisato, e arrendendosi alla
stretta del ragazzo, forse per un attimo desiderò di essere
la
sua amica, più esperta in viaggi mentali sulla propria
interiorità...(anche chiamati inutili film mentali e
deprimenti....) -Dunque io sono un' adolescente non tanto normale,
Mi piacciono la danza, la disciplina, ma anche la
creatività come il disegno e la scrittura, sono estroversa,
spontanea...molto orgogliosa, dura, ma anche dolce, ho dei grandi
valori, credo
nella famiglia, nella giustizia, nell'educazione, mi fanno
inc...aaarrabbiare le persone che fingono, che si credono Dio sceso in
terra, che credono che quello che porti addosso sia la definizione di
quello che sei, mi dicono che sono lapidaria, e forse lo sono ma...
sono fatta così!-
-Wow, questo è meglio di pazza!-
-Si, forse. Comunque ora ho parlato io, adesso dimmi di te...cosa
c'è di importante da sapere su Vergil Sparda?-
-Mha, ogni cosa di me è importante! Io sono un'
uomo
sicuro di sè, perchè mi ritengo troppo maturo per
essere
ancora chiamato semplicemente ragazzo, sono molto
determinato,
voglio portare a termine tutto ciò che ho iniziato e voglio
finirlo bene, per me è importante raggiungere un risultato
che
non sia soddisfacente ma il migliore possibile.-
"Vote for me", pensò Federica, in quel momento Vergil
sembrava
un politico concorrente alle presidenziali che volesse essere eletto e
cercasse di convincere chi lo ascoltava a sostenerlo. Ogni frase
iniziava con un "io" sottinteso ad esprimere la centralità
della
sua persona.
-Sono convinto di me stesso, sono convinto di essere il migliore, e che
a dispetto della somiglianza nessuno potrà uguagliarmi. Mi
piace
tenermi in forma, ma non penso solo all'esteriorità credo di
essere adatto sia alle discipline sportive, sia a quelle intellettuali.
Sono una persona capace, è tutto qui!-
-Vergil for president!-
-Come scusa?- Chiese lui
-E no, niente!-
Un cagnolino dal pelo color caramello si avvicinò
alla
ragazza, uggiolando in cerca di coccole o forse in un più
concreto segno d'affetto, magari un pezzo di carne, (questo purtroppo
il cane non lo ha detto!) Federica si chinò a guardare il
cucciolo iniziando a giocarci, strattonandolo dolcemente e ricevendone
in cambio morsetti poco convinti. La ragazza era intenta in questa
occupazione , con uno sguardo divertito, mentre Vergil, momentaneamente
ignorato la guardava insistentemente in quel che, dall'
esterno,
sembrava un momento idilliaco di una coppietta felice.
-Federica- La chiamò piano il ragazzo
-Si?- Rispose lei alzando il viso arrossato con i suoi occhioni
nocciola a guardare lui
-Ma sei ventriloqua?-
-Eh?- la ragazza si guardò lo stomaco, -No certo che n..no-
-O hai in ostaggio una cantante lirica appartenente alla popolazione
dei puffi, o c'è qualcuno che urla nella tua borsa!-
Ad onor del vero l'aria nei pressi della panchina era satura di
acutissime urla femminili con una canzone metal in sottofondo, e il
suono, poco abituale in quel paesino e in quella situazione, sembrava
provenire dalla borsetta della ragazza.
-Ah hai ragione- la ragazza per un attimo sembrò cadere
dalle
nuvole, ma si riscosse immediatamente -è il mio cellulare-
disse semplicemente, estraendo nel frattempo l'oggetto che
effettivamente stava emettendo quella melodia insolita
-Il tuo cellulare?- Chiese basito lui -Tu usi quella..., come
suoneria?-Le palpebre di Vergil si alzavano ed abbassavano
ritmicamente, mentre gli occhi cerulei assumevano un' espressione
sorpresa.
-Pronto.... No perché, che ore sono? ....E che
fa...Ah
devo tornare..... no non me ne ero accorta. ....Ok arrivo, ....Ho detto
che arrivo.... E un attimo!- La conversazione, che il ragazzo sentiva a
spezzoni, data l'assenza fisica dell'interlocutore, finì
bruscamente- E che palle!-
-Opinione interessante, per quella che credo essere tua madre, o
sbaglio?-Chiese lui sornione, godendosi implicitamente la propria
autonomia
-Si, era mia madre, senti mi spiace io devo tornare a casa!-
-Ti accompagno, tanto sono di strada-
Poco più di un quarto d'ora dopo Vergil e Federica
arrivarono a
casa di lei, lo spazio era occupato dalle molte palazzine moderne,
vicine tra loro e poco inclini a lasciare la giusta intimità
agli occupanti temporanei. Il ragazzo si guardò intorno
incuriosito, lo sguardo cinico verso ciò che lo attorniava.
-Siamo vicini all'albergo.- Asserì semplicemente
-Ehm si è poco distante, si vede la facciata di dietro-
Disse
imbarazzata dalla situazione. Il silenzio di Vergil certamente non
l'aiutò. I due ragazzi stavano l'uno davanti all'altro ma i
loro
sguardi avevano opposti punti di fuga: lui si guardava in giro, e lei
osservava, forse per la prima volta attentamente, il portone di casa.
-Immagino che tu debba salire- Disse lui con voce assolutamente atona,
priva del minimo interesse
Cavolo sei telegrafico ragazzo mio, pensò lei un
po'
dispiaciuta, ma felice di avere un diversivo per interrompere
quella situazione di stasi nervosa -Si infatti, mi staranno
aspettando...- Un pensiero assolutamente pazzesco le sovvenne alla
mente
...non dirlo Fede, non
dirlo, non ci provare, sta zitta, non lo fare, per favore per favore....-Ti
va di salire?-
Non ci sono testimoni disposti ad affermarlo, ma la leggenda dice che
Vergil a quella domanda strabuzzò gli occhi ..sempre
elegantemente! Il cervello del ragazzo lavorò febbrilmente
elaborando la seguente teoria: a casa ci sono i suoi genitori, ma io
non vorrei conoscerli, MA dato che fuggire un incontro civile con una
famiglia è degno di quello screanzato di Dante... -Ok,
saliamo-
Ha accettato... o cazzo!
La
ragazza si chiese quanto ci sarebbe voluto perché il suo
cervello si riprendesse dallo shock e quando il suo cuore sarebbe
guarito dal complesso del cavallo da corsa imbizzarrito. -Ah- La bocca
di lei rimase un po' aperta mentre il braccio indicava una
delle
palazzine -Andiamo- Disse con un tono squillante, quando
riprese
l'uso della parola, anche se l'espressione esprimeva puro terrore.
La porta dell'interno 12 aveva una curiosa caratteristica: due
cariatidi "ornavano" l'uscio. Le quanto meno curiose figure, erano un
ornamento molto bizzarro, e per certi aspetti non si sarebbe potuto
dire se potessero
effettivamente soddisfare il canone del bello. Nel qual caso
le
due "figure" avevano tratti maschili, di età diverse, ma con
tratti affini, a ben guardare. A destra dell'uscio era posta la
più imponente, raffigurava un uomo sui quarantanni, il capo
brizzolato e n accenno di barba sul viso largo, che si sarebbe detto
facile al riso, ma che in quel frangente era serrato in un espressione
seria, l'altezza di poco superiore alla media, si intonava a tutto il
resto della corporatura massiccia. Alla sinistra invece sostava un'
altro "ornamento", stavolta dai tratti ben più giovanili,
sui
vent'anni, i capelli castani appena un po' lunghi, il viso
scuro
per una recente abbronzatura e l'espressione seria celata da un paio di
occhiali neri, anche la sua corporatura era massiccia e minacciosa.
Entrambe le "cariatidi" avevano le braccia incrociate sul petto,
guardavano innanzi a sè, come in attesa, l'aspetto poco
rassicurante era evidenziato dal vestiario scuro, formale per
la
figura di destra e più modaiola per quella di sinistra.
Questo
era il panorama che ebbero davanti i due ragazzi quando l'ascensore
arrivò al piano prenotato con un tonfo.
Federica era visibilmente sulle spine, nel momento di proporre
l'invito non aveva previsto che Vergil accettasse, ma aveva
ipotizzato, che come ogni ragazzo -clinicamente testato-,si defilasse
con non chalance ed una scusa improbabile, al momento di salire nello
strettissimo ascensore, il sudore le imperlava la fronte come se
sentisse i quasi quaranta gradi solo in quel momento.
Sfoggiò un
sorriso mal riuscito salendo nella cabina e fu
così
costretta a notare quanto lo spazio fosse ristretto, e quella
vicinanza che solitamente le avrebbe fatto molto piacere in quel
momento la infastidisse, per questo rimase dalla parte della porta,
pronta a schizzare fuori, non appena fossero arrivati al suo
piano. La ragazza fu la prima a uscire, e il giovane Sparda
la
seguiva, perfettamente a suo agio, quando l'amica si fermò
di
botto, per poco non le andava addosso.
-Che succede ?- le chiese sorpreso, -Qualcosa non va?- Lui, infatti
aveva la visuale coperta da una parete, mentre la ragazza
aveva
già imboccato la piccola curva per giungere al suo
appartamento.
-Oh Porc....- a miseria
ladra . Federica finì l'imprecazione con il
pensiero -No, cioè, non ti preoccupare- Se, dopo aver visto la porta di
casa mia non pensa di essere capitato in un film dell' orrore,
sarà un miracolo.
-Bene, andiamo allora!- Detto ciò anche Vergil
svoltò l'angolo e si ritrovò di fronte alle due
cariatidi, che alla sua vista assunsero una posizione ancora
più
eretta e fiera, mentre quella più anziana
si
leccò le labbra, come preparandosi a parlare. Curiosa variante della
mattonella con la 'attenti al cane'
pensò Vergil, per nulla impressionato da quella stramba
situazione.
-Ciao, Federica- La portentosa figura di destra si decise a parlare,
con voce decisa, velata di rimprovero, mentre il suo compagno
più giovane rilassò la posizione delle braccia,
portandole lungo i fianchi.
Federica per tutta risposta, portò una mano a massaggiarsi
le
tempie, tentando di calmarsi per non uccidere all'istante tutti i
membri della sua famiglia, per quella figuraccia. -Quello di destra
è mio padre, a sinistra mio cugino Alfonso....Lui
è
Vergil, un mio amico, sta nello stesso Hotel di Svevy.-
Completò
le laconiche presentazioni, voltando il viso dalla parte opposta per
nascondere il rossore, di vergogna o rabbia non è dato
saperlo.
-Buongiorno signor Parini- Il ragazzo, superò
l'amica e
salutò il padre con una delicata ma decisa stretta di mano,
guardandolo negli occhi come volesse ipnotizzarlo, nei suoi gesti, una
cortesia glaciale, ripeta l'operazione con il cugino, ma con
meno formalità essendo l'età tra loro
ravvicinata, e la
posizione di quest'ultimo di minor prestigio rispetto a quella paterna.
Infine il padre aprì la porta, lasciando il pianerottolo
privo
delle due oscure e minacciose cariatidi. Dalla cucina, la madre di
Federica sentì l'uscio schiudersi, ma nessuna lamentela per
il
ritardo proferita dal marito e nessuna recriminazione da parte del
nipote per il pranzo non ancora ricevuto, quello strano silenzio la
preoccupò e decise di sopperire lei stessa a quelle mancanze.
-Madonna mia Federica dove sei stata, è un' ora che ti
stiamo
aspettando- Disse a voce molto alta per farsi sentire dalla stanza
accanto, che stava raggiungendo.
-Serena, come dice la canzone, aggiungi un posto a tavola, che abbiamo
ospiti!- le rispose il marito, nel mentre lei si fermò di
botto,
non aspettandosi di trovare n amico di sua figlia in salotto.
-Oh, scusami, non immaginavo che ci fosse un ospite, ma
Federica,
mi potevi anche avvisare invece di farmi fare certe figure!-
Continuò la madre portando le mani ogni tanto al
volto,
evidenziando, il disagio per la cattiva figura appena fatta con il
giovane sconosciuto.
La ragazza avrebbe voluto risponderle-perché non sai quella
che
abbiamo fatto davanti la porta,- ma Vergil fu più veloce nel
rispondere -Non rimproveri sua figlia, la prego, mi ha gentilmente
invitato ad entrare, ed ho accettato, spero di non causare troppo
disturbo!-
-No, no ma che disturbo,lavatevi le mani, e venite a tavola
è tutto pronto!-
Nemmeno 5 minuti dopo erano tutti riuniti attorno ad un tavolo
rettangolare, ognuno con un piatto di insalata di pasta
davanti, che invitante stuzzicava l'appetito dei commensali,
solo
alla vista. Fatti gli irrinunciabili auguri di buon appetito,
iniziarono a mangiare, ma dopo pochi bocconi fu chiaro a tutti che
fosse calato il più grande nemico di un pranzo napoletano:
il
silenzio.I commensali si scambiavano occhiate di vario
genere,
chi preoccupato, chi imbarazzato, chi curioso, tranne
Alfonso,
che continuava a mangiare come fosse digiuno da quaranta giorni.
-Ehm ehm- Serena, esperta di buone maniere, si schiarì la
voce
per iniziare una conversazione, ed intrattenere l'ospite, come doveva
fare ogni buona padrona di casa. -Allora, come vi siete conosciuti? Non
mi sembri della solita comitiva di mia figlia, o mi sbaglio?-
Vergil alzò gli occhi dal piatto, e prima di aprire parlare
si
passò il tovagliolo delicatamente sulle labbra, per non
mostrare
macchie di olio sulle sue labbra perfette. -Ha perfettamente ragione,
signora, ho avuto il piacere di conoscere sua figlia tramite una
ragazza che soggiorna al nostro stesso albergo. Si chiama Sveva,
probabilmente la conoscete. - Da bravo conversatore, usò il
plurale per estendere la discussione anche agli altri
commensali.
-Ah, certo Sveva, la conosciamo da anni, è una ragazza per
bene,
lei e mia figlia hanno legato molto, frequentano la stessa classe.-
-E senti un po' ragazzo, non credo ho sentito bene come ti chiami: di
cognome-
Non ho mai detto il mio
cognome, pensò Vergil, ma evitò
la precisazione per non apparire acido. -Sparda, Vergil Sparda, signore-
-E... quanti anni hai?-
Federica lanciò un occhiata implorante verso la madre
perché troncasse sul nascere quello che stava diventando,
pericolosamente, un terzo grado degno di un poliziesco Hollywoodiano,
si iniziava con le domande innocenti, poi quelle a doppio taglio e poi
si finiva a dover guardare nei piatti per paura di trovare tanta cicuta
da stendere una mandria di elefanti.
-E da dove vieni?-
-E da che parte dell'America precisamente?-
-Cosa pensi di fare finita la scuola?-
Vergil, con un' aria perfettamente serena e suo agio,
rispondeva tranquillamente a tutte le domande che gli
venivano rivolte dal padre della ragazza, finendo ogni volta con un
cenno che invitava l'interlocutore a dargli ragione. Era sempre stato
un convincitore eccezionale, riusciva a raggirare la gente come se
nulla fosse, ma quel giorno si ritrovò a chiedersi
se per caso quel grosso italiano non fosse un presentatore di quei quiz
pieni di domande terribilmente idiote o assurdamente
difficili, che amava vedere Dante, per il gran numero di quesiti che
gli proponeva e per il fatto che no gli lasciava prendere fiato;
elemento, quest' ultimo, che gli fece pensare che o
era, come già detto un imitatore di Mike
Bongiorno, o aveva la sindrome di agente
del KGB, e la sua sfilza di domande non era altro che una
subdola tattica psicologica per innervosirlo.
Arrivati alla 73esima domanda, la madre della ragazza invitò
tutti a trasferirsi in soggiorno per il caffè, qualche
secondo dopo il cellulare di Vergil iniziò a squillare.
-Scusate, devo rispondere.- Sfoderò un sorriso mellifluo e
annoiato, come di una grande star attorniata da fan
che lo tediavano chiedendogli centinaia di autografi.
-Pronto..., ah sei tu, cosa c'è Dante- altro sorriso
annoiato. -Ho pranzato con i genitori di Federica, si proprio lei. Si
dì alla mamma che arrivo subito!- Chiuse la comunicazione
senza salutare ulteriormente il gemello, e rimettendo il
cellulare nella tasca con consumata non curanza. -Signora mi vedo
obbligato a declinare il suo generoso invito per il caffè,
mia madre mi cerca, e devo rientrare in albergo.-
-Ah allora ti dobbiamo salutare qui, ci dispiace- Disse il padre
dando una pacca sulle spalle del ragazzo, che stavolta con
fatica, represse un moto di stizza a quel contatto, e
aggiunse -Volevo farti qualche altra domanda!-
****
Quella stessa sera Federica decise di uscire per
fare un giro, cercò inutilmente di contattare la
sua amica, ma era ancora con i suoi genitori e non si poteva muovere.
Demoralizzata , decise di esprimere il suo umore nefasto attraverso un
abbigliamento altrettanto degno: Jeans neri strappati, e top
sformato verde acido, con un teschio di brillantini neri
disegnato sul petto.
Così atteggiata a panca bestia, andò verso il
porto, sperando di incontrare qualcuno della comitiva di suo cugino.
Anzi meglio sperava di incontrare Lui in persona. Perché?
Perché doveva fargliela pagare, per quella sceneggiata delle
cariatidi fuori la porta, e per la figura di niente che aveva
contribuito a farle fare. A suo padre aveva già pensato,
stavolta coadiuvata dalla madre, entrambe infatti , appena uscito
Vergil, iniziarono a dare una bella
strigliata,rispettivamente a padre e marito, su come ci si comportava
con gli ospiti, soprattutto se erano amici mai visti prima di una
figlia in ritardo, per dare maggiore incisività ai propri
argomenti la ragazza decise di tenere il muso al padre per un certo
periodo di tempo, non molto, il giusto per farlo sentire tanto in colpa
da farsi comprare un nuovo gioco per la play station.
Fu allora che lo vide, la gente gli passava davanti senza badarci
molto, intenta nei propri commenti, e lui lì tutto solo,
sedeva su un muretto panoramico sul mare, la schiena piegata in avanti,
i gomiti sulle ginocchia, con le mani si sosteneva il viso appena sotto
il mento. Doveva chiedergli scusa, per il trattamento della mattina,
doveva...certo sperava che non fosse stato il quiz senza premi di suo
padre a ridurre Vergil in quello stato.
-Ciao-
-Ciao Federica! - La salutò l'albino visibilmente sorpreso
di vederla, come se avesse considerato impossibile la sua apparizione
in quel momento.
-Sai stamattina, sono stata bene- Federica decise di prendere la
questione alla larga.
-.....Mi fa piacere per te.- Rispose il ragazzo con viso confuso.
-Sai non ti facevo un tipo da Video Game, pensavo fossero
più adatti a tuo fratello- Continuò
lei,accennando alla prima parte del loro incontro.
-Mio fratello, bhe si, ci sappiamo fare entrambi, però io
sono più bravo!- Rispose il ragazzo, chiedendosi lei come
facesse a sapere che sapeva giocare ai Video game, intanto manteneva la
sua espressione desolata.
-Si, l'ho notato, senti per stamattina, mi dispiace....- Federica prese
il coraggio a due mani...
-E per cosa?- Chiese lui con una faccia stralunata
-Sei carino a sminuire la cosa,- Disse lei notando che Vergil stava
assumendo un espressione sempre più sorpresa -Ma sai, quando
ci siamo visti, bhe insomma mio padre, tutte quelle domande-
-Visti, noi stamattina? Tuo padre? Di cosa stai parlando Federica?-
-Come di cosa Sto parlando?- Con grande stupore la ragazza vide
l'albino iniziare a ridere, e in quel momento si maledisse per avergli
chiesto addirittura scusa.
-Senti ma tu chi credi che io sia?- Domandò lui, con un
sorriso divertito, appoggiandole le mani sulle spalle e
guardandola intensamente negli occhi.
-Ve...Vergil!-
-Eh no cara- nel mentre le mani scesero sulle braccia e la
afferrò portandola più vicina a sè.
-Io sono DANTE! Il gemello, quello Bello, affascinante e...perfetto!-
Modesto e maniaco no eh?-
ahh scusa-Disse lei allontanandosi,- in effetti non sono ancora capace
di riconoscervi-
Chiarita la situazione e le rispettive personalità, i due
iniziarono a camminare avanti indietro per il paese, come Sveva aveva
detto la prima sera, non c'era molto da fare in quella
località, ci si incontrava e poi si passeggiava senza meta
lungo il lungo mare o il vialone interno, sperando di sostituire
con la compagnia e la conversazione dei
divertimenti più sofisticati. I due ragazzi
iniziarono a discorrere del più e del meno, di
quelle cose così sciocche che tolgono l'imbarazzo, ma non
permettono di conoscere una persona: dei paesi in cui vivevano, della
gente che passava, di quanto piccolo fosse quel posto. Nel
mentre si osservavano: Federica apprezzava ancora una volta la
fisicità dell'albino, come se per quel giorno non avesse
fatto altro, data la somiglianza straordinaria tra i due gemelli, per
lei che li aveva appena conosciuti, era come essere stata l'intera
giornata con lo stesso ragazzo, i suoi occhi nocciola continuavano a
scorrere sulla muscolatura tonica e il corpo perfetto di lui, notando
di come lo spessore muscolare fosse simile a quello dell'altro gemello,
ma risaltasse molto di più, forse, per
l'abbigliamento di quel momento.
Dal canto suo, Dante non poteva non essere felice di quella compagnia
femminile, non si faceva troppo scrupolo di nascondere delle occhiate
indagatrici e languide una volta al viso, una volta...ad altri punti
del corpo, apprezzò lo stile della ragazza, non disdegnava
per niente il panchettarismo, ma si rammaricava di come quella mise
coprisse le gambe ben in mostra i giorni precedenti.
Al quarto giro del paese la coppia rallentò il
passo, finora avevano sostenuto un' andatura veloce ed elastica che li
portava a sorpassare fulminei il resto degli astanti. Dante
sbadigliò in modo innaturale e nel mentre alzò
esageratamente le braccia, in modo che l'arto sinistro andasse poi a
ricadere sul bacino di lei. Mossa già collaudata e sempre
riuscita, da piovra perfetta Del resto non si poteva far sfuggire l'
occasione avendo un' italiana con un fisico da modella accanto a
sè.
-Come mai avevi quella faccia triste prima?- Chiese Federica, che non
si scomponeva tanto per un braccio intorno alla vita, come invece
faceva la sua ben più timida amica bionda.
-L'amore della mia vita mi ha lasciato solo stasera.- Rispose l'albino
con una faccia da cucciolo abbandonato.
-L'amore della tua vita? Una ragazza americana?- Chiese tentennante la
giovane, mentre nella sua mente si formava un sospetto.
-No. La mia fidanzata, la tua amica Sveva- Dante fu istantaneamente
raggiunto da grosse risate squillanti. La ragazza affianco a lui si era
fermata a piegata in due -Perché ridi?- Chiese in modo
assolutamente innocente lui.
-Ih ih ahaaaa Sc... Scusa ma lei...lei sa di essere
l'amore della tua vita? Cioè è informata della
cosa? - Federica rideva tanto che sembrava che anche lo
scheletro sulla sua maglietta potesse spalancare la bocca per
l'ilarità, intanto la giovane si immaginava la faccia
dell'amica quando l' avrebbe informata del modo in cui la chiamava
Dante, se la vedeva già tutta rossa, ahh che momento sarebbe
stato...
-Ma è naturale, del resto, come potrebbe resistermi? -
Sfoderò il sorriso più seducente del suo
repertorio, solo dopo aver assunto un' espressione profondamente offesa.
-Eh bè, certo, sono sicura che non ti ha manifestato la sua
grande...ammirazione... per...timidezza, sai lei è molto
timida!- Solo quando aveva chiuso la bocca Federica si era accorta di
aver detto la verità scherzando, ma non potè non
chiedersi se quel ragazzo poteva piacere davvero a Sveva, lui
evidentemente era convinto della cosa, e quando l'amica era a tiro le
stava incollato, abbracciandola il più strettamente
possibile,, ma si chiese se non sarebbe stato, invece, più
adatto il gemello più posato, il quale, però,
sembrava preferire lei. .
-Si, si infatti è timida. Tu non lo sembri affatto invece.-
Accompagnò il commento con un' occhiata degna dei raggi
laser, e una smorfia che lasciava intendere quanto gli piacesse
ciò che vedeva.
-No, io sono quella assolutamente senza freni inibitori e completamente
lascivia e ashtakatz essss-
-Cosa?- Dante stava facendo appena in tempo ad apprezzare la prima
parte della risposta, che non capì più
assolutamente nulla
-Chupa!- E la ragazza gli scoppiò a ridere davanti.
-Ah, ah ci sei cascato-
-Ehi questa è una stronzata degna di me! Così mi
rubi la parte!- Puntando un indice accusatore verso Federica che si era
allontanata da lui, e che, mentre rideva, per poco non tirava
un calcio ad un bambino piccolo che le stava davanti.
-Si dello scemo del paese-
-No questa è degna di mio fratello!-
-E' vero- un momento di silenzio ed entrambi scoppiarono a
ridere. Le loro risate erano talmente irrefrenabili, e sonore che
attirarono gli sguardi di tutti i passanti e i sorrisi dei bambini , i
quali pensarono che i grandi, a volte, non erano così
noiosi, tranne il bimbo, quasi- vittima innocente di Federica, che
pensò di essere scampato ad una pazza. Qualche minuto dopo,
i respiri della coppia si furono normalizzati, si potevano guardare in
faccia senza scoppiare a ridere nuovamente, ma non c'era verso di farli
camminare diritti, entrambi zigzagavano, e Federica dissimulava le
volte in cui inciampava con improbabili passi di danza moderna, mentre
Dante non perdeva quelle occasioni per allungare i tentacoli ed
afferrarla, con un "oh, ma stavi cadendo" o un "ho sempre desiderato
essere come Billy Elliot..."
-Dante?-
-Si?-
-Dove stai guardando?- La ragazza aveva notato che non la guardava
negli occhi ma parecchio più sotto.
-IO..sul teschio!-
e più che sopra secondo me guarda sotto, pensò la
ragazza notando dove capitava il disegno.
-Come si chiama?- Riprese Dante
-Chi?-
-Il teschio!-
-Ah bho!-
-Io farei iniziare il nome con la V- disse serio l'albino -Come
V..ergil- annuì -Si ci somiglia, proprio la stessa
espressione-.
-Che gentile, dire che tuo fratello ha l'espressione di un morto-
Federica pensò che lei al proprio fratello aveva spesso
detto di peggio, ma evitò di dirlo -Io lo chiamerei Volde!-
-Volde?- Ripetè Dante chiedendosi se quello era un nome
italiano.
-Si, Volde...Muort!-
La loro stessa demenzialità li fece scoppiare di nuovo a
ridere, rilassati e felici di quella spontanea sintonia nata tra
loro.....
Ed eccoci di nuovo
qui!
Dopo ( Bry evita
deliberatamente di scrivere quanto tempo), è tornata Doppia
Coppia in cima alla lista delle storie aggiornate. Questo capitolo 8
è stato una gravidanza, l'ho scritto in un sacco di tempo e
ho perso il foglio, l' ho scritto e riperso, ho perso le speranze, e
poi riscritto daccapo, dopo aver sostenuto l'esame di stato.
(Questa
è la prova della mia sopravvivenza alla maturità
classica)
Che dirvi ieri ho
riletto i vecchi capitoli e mi sono fatta due risate con le avventure
dei nostri protagonisti XD. Come promesso questo
capitolo è dedicato esclusivamente al personaggio di
Federica, credo che lo troverete un po' diverso come stile, ma spero vi
piaccia *_*
Spero ardentemente
di trovare i vecchi lettori, ed altrettanto ardentemente di scoprirne
di nuovi. Mi
auguro che continuiate o iniziate a seguire questa storia con il mio
stesso divertimento ed entusiasmo.
Come al solito un
enorme GRAZIE a chi legge, e due a chi mi fa sapere le sue impressioni
tramite recensione!
Un ringraziamento
specialissimo a chi ha inserito Doppia Coppia tra i preferiti, e che
magari ora sarà piacevolmente sorpresa dell'aggiornamento!
P.S. se vi piace
come scrivo vi invito a dare un' occhiata anche alle mie one shot
originali ^_* ne ho postata una nuova "Oltre il primo sguardo" per la
quale ci terrei ad avere pareri (di qualsiasi genere, ovviamente!)
Bry
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Capitolo 9 *** Che si fa oggi ? Parco divertimenti! ***
All'improvviso si accese una piccola luce, piacevole,
accogliente,
illuminò l'ambiente con un grazioso bagliore rassicurante.
Era
in una grande stanza dipinta di bianco, un cigolio attrasse la
sua
attenzione, si voltò, espresse con un sorriso il proprio
apprezzamento per ciò che aveva davanti, o meglio per chi.
-Ciao piccola!- Disse Dante alla biondina che gli stava di fronte, lei
gli mise una mano sul braccio, un tocco gentile, prima, poi
insistente..fastidioso!
-Dante, Dante- La ragazza parlava, ma con sommo orrore dell'albino
aveva la voce di....di Vergil
-Dante! Maledizione alzati, stiamo facendo tardi a
colazione! -
Vergil sospirò infastidito, facendo un salto all'indietro
-Ho
detto alzati non cadi dal letto! Idiota!- Proferì l'ultimo
epiteto a voce particolarmente alta.
-Mh, ma sei tu... Accidenti!- Disse Dante, ritrovatosi seduto per
terra, con il lenzuolo bianco attorcigliato al suo petto nudo, mentre
si massaggiava il capo, come a voler mettere ordine nel casino che
regnava nella sua testa già di prima mattina.
-Beh mi spiace, se pensavi che fossi la tua bella italiana "piccola" ti sei
sbagliato. E vestiti. Cretino.-
-Noo, non essere tanto gentile così di buon ora, mi fai
preoccupare- Disse Dante sardonico -E poi come sei entrato?-
Ricordandosi improvvisamente che non erano a casa, e che ci voleva la
chiave per entrare in camera sua.
-Ti sei dimenticato di chiudere a chiave la porta. Imb..-
-Ecille... si si ho capito! Ora vattene, così mi vesto. Ho
fame-
-Tanto per cambiare!- Sentenziò Vergil lasciando la stanza
con passo marziale
-Mah questa frase non l'ha finita con un insulto-
Con l' indice esercitò una leggera pressione sul pulsante
che
aveva di fronte e la spia luminosa si accese, di lì a pochi
istanti l'ascensore sarebbe arrivato. Sveva sospirò
guardandosi
attorno nel pianerottolo vuoto, qualche voce proveniva da dietro le
porte chiuse delle altre camere, segno che anche gli altri clienti si
preparavano ad iniziare la loro giornata; ancora voltata
sentì
le porte dell'ascensore aprirsi, non fece in tempo a salirvi di sua
spontanea volontà che due possenti braccia la strinsero alla
vita e la intrappolarono in una stretta affettuosa e possessiva,
sorpresa, la ragazza aprì la bocca per protestare, ma
alzando lo
sguardo, si accorse che il suo viso era a meno di due centimetri da
quello di Dante. Era sicuro che fosse lui, perché Vergil Ice
Man
non se l'immaginava proprio a stringerla così.
-Ciao amore mio!- Salutò l' albino felice. -I miei sogni si
avverano allora!- Sveva stava, ancora
una volta, aprendo la bocca per frenare quell'entusiasmo, ma ci non
riuscì perché il ragazzo le premette le labbra su
una
guancia, volendo dare a quel saluto un' impronta ancora più
dolce.
-Dante, quante volte devo ripeterti che non sono il tuo amore?-
Riuscì a rispondere finalmente la bionda, guardando
alternativamente gli occhi dell'albino e poi abbassando lo sguardo,
imbarazzata.-E poi cos'è questa novità dei tuoi
sogni?- Pentendosi immediatamente di quella curiosità...
-Mh, una lunga storia- Rispose lui sorridendo -Che c'è
perché non mi guardi?-
-Non è vero che non ti guardo- Replicò lei con lo
sguardo
fisso per terra. Nel frattempo erano arrivati al piano terra e Dante
sciolse l'abbraccio per prendere la mano di Sveva nella propria,
gli ospiti dell'albergo che si trattenevano nell'atrio non
poterono fare a meno di pensare che quei ragazzi formassero proprio una
bella coppia di sposini. Lui raggiante a testa alta, che si guardava
attorno per poi sorridere alla ragazza, che, timida, fuggiva il suo
sguardo. -Bene, credo che tu debba raggiungere la tua famiglia...-
-No, c'è solo mio fratello...e lui non
conta!- L'albino aveva notato che mancava qualcosa, ma non
riusciva a capire cosa, poi d'improvviso- I tuoi dove sono?-
-Se ne sono andati...oggi sono da sola. - All'istante si maledisse per
quell'ultima frase, adesso chissà cosa si sarebbe messo in
mente
Dante!
-Tu sola. Io solo. Potremmo trascorrere la giornata insieme!- Il
ragazzo la prese
di nuovo tra le braccia, incurante degli sguardi curiosi che attiravano
e appoggio la propria fronte a quella della giovane. -Che
c'è
perché sei diventata tutta rossa?-
-Eh, io cosa? ...No è il.., caldo!- Sveva sospirò
capendo
di essere tremendamente imbarazzata, era sempre stata molto introversa,
e di fronte alle effusioni dell'albino non sapeva come reagire, lui era
il primo che, appena conosciuta, non aveva pensato che fosse
antipatica, o snob, ma l'aveva subito presa in simpatia...anche
troppo. -E poi tu non sei solo c'è Vergil con te!- Tentando
di divincolarsi da quella stretta .
-Si infatti ci sono io..ad aspettarti...da mezz'ora! - Si intromise
nella conversazione l'altro albino, con la solita voce dura e
l'espressione scostante. -E lasciala non vedi che non gradisce "le tue
attenzioni"- Aggiunse seccamente.
-Ma sta zitto, e poi che vuoi...sei geloso forse, fratellino?-
Sveva socchiuse la bocca, ma non un suono le uscì dalle
labbra,
sul viso una chiara espressione di stupore per quello scambio di
battute tra i gemelli, guardò di sfuggita Dante, ma poi
indietreggiò, approfittando della minore pressione intorno
alla
propria vita.
Vergil continuò a sorridere beffardo, chiuso in un silenzio
inquietante, senza soddisfare quella provocazione, ma il suo sguardo,
inevitabilmente, cadde sulla biondina appoggiata al divano:
l'insulsa espressione d'imbarazzo, che le imporporava le guance,
sembrava un topolino finito tra le grinfie di due gatti (siamesi, in
quel caso), il fisico era appetibile, anche se non appariscente come
quello dell'amica, era più piccolina ma forse più
femminile. Ma c'era una cosa, di lei, che Vergil tentava di
capire da giorni: il colore degli occhi. Ancora una volta la
ragazza lo giocò, abbassò lo sguardo,
lasciandogli
intravedere, come al solito, solo quel maledetto lampo chiaro.
Il sole era alto nel cielo azzurro e terso, non si vedeva nessuna
nuvola bianca, di cui indovinare la forma, nulla come la pioggia era
più
lontana da quella piccola località di villeggiatura, faceva
molto caldo
quella mattina, e dal litorale veniva un gran frastuono di gente che si
divertiva fra le pigre onde del mare, per contrastare quell'afa. I tre
ragazzi si erano scoperti liberi da ogni controllo genitoriale, e fra
guerra fratricide e strani flirt avevano fatto colazione insieme. I
gemelli avevano confessato, seppur riluttanti, che quel giorno il sole
era troppo forte per la loro chiarissima carnagione, e avrebbero
conseguentemente evitato la spiaggia, la ragazza si offrì di
fargli
compagnia, dicendo che faceva piacere anche a lei, per una
volta, non
andare al mare. Aveva concluso l'azione prendendo il cellulare e
chiamando Federica.
Sveva espose il viso al sole, godendosi quella
calda carezza estiva, appoggiò i palmi delle mani al muretto
dietro di
sé, e dopo qualche istante ci si sedette sopra, lasciando
agitare le
gambe nella trepidante attesa dell'amica. Dante e Vergil le si
sedettero accanto, ai due lati opposti, entrambi rimanevano in
silenzio, fiacchi per una volta, perfino Dante si astenne dalle sue
solite battute, sofferente per il gran caldo, fu proprio lui a
guardarla allontanarsi decisamente sorpreso.
-Secondo te dove va?- Chiese al fratello, che rispose con una semplice
alzata di spalle ed un -Ha importanza?-
Ma
nessuno dei due ebbe il tempo di innervosirsi: entrambi si videro
davanti una bottiglietta colorata. -Succhi di frutta, freddi- Sveva
calcò la voce sull'ultimo aggettivo, sorridendo -Mi spiace
non ero
sicura dei gusti-
-E' stato un pensiero molto gentile, Grazie-
Rispose Vergil senza nemmeno alzare lo sguardo da sotto il suo cappello
da baseball blu, mentre il gemello le offrì un
ringraziamento ben più
concreto con un abbraccio e un bacio sulla guancia.
-E a me niente?
- La comitiva si voltò ad assistere all'entrata in scena di
Federica.
La ragazza era in pantaloncini aderenti di jeans e una
maglietta verde
militare, con il cappellino dello stesso colore, comprato con Vergil
qualche giorno prima, teneva le mani sui fianchi, in una posa
sostenuta, che metteva in evidenza la sua straordinaria
fisicità,
l'espressione fintamente imbronciata era testimone del suo caratterino
esuberante e spontaneo.
-Se ti avessi comprato la coca cola,
sarebbe diventata calda nel frattempo che arrivavi!- Si
giustificò
l'amica ed aggiunse: -Qual era la splendida idea, che ti sei rifiutata
di espormi al cellulare? -
Mezz'ora dopo erano tutti al luna park del
paese vicino, avevano preso una macchina a noleggio, facendo guidare
l'unico con l'aplomb necessario alla stretta costiera e,
naturalmente,la patente: Vergil.
-Sai una cosa? Mi sono sempre piaciute le auto sportive, ma per i
piloti.. ho una vera passione!- La brunetta si avvicinò
all'amica,
mettendola a parte dei suoi pensieri, con far da grande cospiratrice.
-Hey
voi due, cosa vi state dicendo la formula segreta della fusione calda?-
Accusò Dante, con un dito alzato minacciosamente verso le
ragazze. Per
parte loro, Vergil si mise una mano sugli occhi, come a coprire
quell'abominio culturale del fratello, e Sveva sbatté le
palpebre non
sapendo se scandalizzarsi per gli apprezzamenti della confidente, o per
le "conoscenze scientifiche" dell'albino.
-Ma come sei riuscito a farlo!.....- Celiò allegramente
Federica, staccandosi dal braccio dell'amica
-Eh,
lo so sono davvero bravo nelle mie intuizioni!- si vantò
Dante ridendo,
sfoggiando le fossette da seduttore, mentre lo sguardo da aquila
divorava la brunetta che gli si stava avvicinando, alzò il
braccio per
cingerla appena si fosse accostata maggiormente e...-Ma dove vai?-
-Hai
fatto quella manovra in modo assolutamente spettacolare, Vergil!- La
ragazza concluse la frase, appoggiando la mano sulla spalle del pilota
e avvicinando il viso, in una posa degna di una femme fatal.
Vergil
assunse un' espressione di pura soddisfazione, non è dato
sapere se per
i complimenti o per la faccia delusa del fratello poco lontano.
Due coppie già allegre varcarono un arco a sesto acuto di
cartone,
addobbato con tanti palloncini coloratissimi e sormontato da
uno
striscione con la scritta a caratteri cubitali: Parco divertimenti.
-Nell'ultimo
film che ho visto c'era un ingresso proprio come questo, c'erano due
ragazzi e due ragazze, che entravano per divertirsi e incontravano un
serial killer, imbrattato di sangue, ovunque, finivano torturati,
squartati e....- Tre bambini in fila vicino a Dante iniziarono a
piangere, mentre due madri avevano scritto in faccia "adesso ti lincio
ragazzo yeti ". Vergil, sorprendentemente, alzò una mano e
la agitò in
segno di saluto verso le madri e i bambini, poi però l'arto
calò
pesantemente sul collo del fratello -Non potevi dire niente di peggio,
eh?-
Nel giro di dieci minuti la piccola comitiva riuscì a pagare
la
quota d'entrata, e con grande sollievo persero tra la folla i tre bimbi
traumatizzati col seguito di madri assassine. Appena ebbero convalidato
i biglietti le ragazze fecero un passo in avanti, raddrizzarono la
postura, si osservarono, come parlandosi con lo sguardo, poi si presero
per mano,infine guardarono i ragazzi con occhi sbrilluccicanti e con
una
risata, da far gelare il sangue nelle vene di qualsiasi maschio,
iniziarono una corsa a perdifiato evitando per millimetri chiunque si
mettesse sulle loro strada ridendo a crepapelle. Dante e Vergil si
guardarono dubbiosi, chiedendosi, non per la prima volta, con quali
pazze fossero capitati -Che ti dicevo, si fanno brutti incontri al
luna park!- esclamò Dante prima di urlare in coro con il
gemello:-Tanto vi prendiamo-
Fu una confusione di gambe, di risate, di bambini per poco non
scamazzati, genitori che recriminavano, e urla varie ma dopo poco i
fratelli riuscirono a calare su le compagne, come spietati predatori
sulle proprie prede indifese.
Vergil
afferrò Federica per la vita, avendo una presa salda sul
fisico magro
di lei, sebbene questo, quasi caddero l' uno sull'altra sbilanciati
dalla folle corsa, -Allora dove volevi scappare tu, eh?- Chiese lui con
un sorriso perfido sul volto, ad una raggiante ragazza che ancora
rideva. -No, ti prego non farmi del male!- Lo prese in giro lei,
imitando una qualche ochetta con voce stridula.
Dante fu costretto
a cimentarsi in una corsa ad ostacoli, infatti, Sveva ben conscia di
non correre4e quanto lui si nascondeva dietro ogni riparo trovabile e
se l'amico era abbastanza vicino, rimaneva al di là
dell'ostacolo,
muovendosi ogni volta nella posizione contraria a quella che sembrava
voler prendere l'albino; il quale però giocò
d'astuzia, La ragazza si
era riparata dietro un fontanina, avevano girato un pochino,
osservandosi, poi lui si fermò, Sveva sorpresa
abbassò la guardia, Dante
approfittò del momento per spruzzarle dell'acqua addosso e
senza
aspettare fiondarsi su di lei.
-Sposa bagnata sposa fortunata! Si dice anche da voi?- chiese lui
ironico
-Ma
questo non vale e...Eh, mettimi giù Dante!- Protestava la
ragazza
impotente, aggrappata al collo di lui che la teneva in braccio.
Ogni
coppia si girò in direzione dell'altra scoppiando a ridere
per quella
paradossale situazione. -Noi siamo stati più eleganti!-
Giudicò Dante,
vedendo il fratello seduto per terra con la testa della brunetta sul
petto, mentre lui sosteneva ancora la bionda che guardava
giù oltre la
sua spalla. -Però mi sento alta da qui!-
Sentenziò Sveva baciando
l'albino su una guancia, sorridendo maliziosa.
-Facciamo le
torri della prigionia!-Gridò Federica, adocchiando un gioco
poco
lontano. -E tu sta zitta, fifona!- ammutolendo l'amica che tentava
di protestare spaventata dall'altezza. Si
accomodarono in vagoncini
neri, su cui erano disegnate delle catene, e subito un dispositivo di
sicurezza li bloccò nei loro posti. -Condannati a morte!-
Disse una
voce registrata con tono temibile. subito i vagoncini si misero in moto
a velocità elevatissime, percorsero un lungo tunnel buio
animato da
neon rossi e lamenti spaventosi, fino ad uscire in uno spiazzo dove la
luce li ferì agli occhi, ogni vagoncino si
agganciò ad una torre che li
sparò in aria. Lì i tre ragazzi ( cioè
tutti tranne Vergil che anche
quelle situazioni manteneva un perfetto aplomb) diedero fiato alle
corde iniziando a gridare -No, non vogliamo morire..ahhhhhhh-
Dante
pensò di dover fare delle giostre simili più
spesso, mentre sveva,
fattasi improvvisamente piccola piccola si reggeva al suo braccio.
Federica e l'altro albino erano invece intricati in un abbraccio
strettissimo mentre parlavano fittamente, per nulla scossi.
- Scommetto che non hai mira fratello!-
-Dante, non sono io che per colpire un bersaglio ha rotto la vetrata
del bar di fronte!-
-Che c'entra? E non guardarmi così, comunque ti sfido!-
-Se
vuoi perdere! Per me va bene- Detto questo la comitiva si
avvicinò ad
un capannone con dei fucili e alla parete di fronte una distesa di
oggettini vari.
-Su fate dei regali alle vostre belle fidanzate-
Disse un uomo anziano radiografando le ragazze. Dante toccò
il fucile
ed iniziò a sparare all'impazzata, invasato dalla vista di
chissà quale
nemico. -Ma chill'e muort, chist' m accopp!- (Tradotto: Accidenti a
lui, questo mi ammazza) Disse il titolare nascondendosi in una
rientranza, uscendo solo alla fine del caricatore -Tieni, hai colpito
questi tre....Ma per me puoi prendere quello che vuoi basta che non
torni più in questo posto!- Disse allungando al ragazzo un
cuore rosso
con uno spazio per le foto, una pistola ad acqua ed uno yo yo.
-Ti faccio vedere come si fa, serial killer mancato! Cosa vuoi?- Disse
Vergil rivolgendosi prima al fratello poi a Federica.
-Quel drago viola con le stelle bianche...ma forse è troppo
difficile da prendere!-
-Non
te lo regalerei solo per quest' offesa!Ma oggi mi sento buono- Sorrise
Vergil baciando la ragazza all'angolo della bocca per poi sussurrare - come portafortuna - L'albino
sparò un paio di colpi a vuoto, ma che gli servirono per
calcolare di
quanto il fucile avesse la mira truccata, poi con tre colpi
perfettamente centrati tolse il sorriso al gestore e fece scatenare
la ragazza in un urlo di gioia -L'hai preso bravo!-
-Solo fortuna!-
Mugolò il gemello, che ricevette uno schiaffo sul braccio
dal senso
della giustizia di Sveva. Con il quale l'albino si ricordò
di tenderle
il cuore di peluche -Per te- disse sorridendo e prendendola per la
vita. La bruna
è stata più fortunata come fidanzato, ma come fa
a piacerle quel "coso" pensò il vecchio,
guardando l'altra coppia con il drago viola e bianco.
I
ragazzi decisero di proseguire con un giro al galeone, una costruzione
lignea che navigava in un laghetto adattato ad arte. Appena saliti il
vento iniziò a soffiare scompigliando i capelli. Vergil con
sommo
orrore vide un flash davanti ai suoi occhi, -Non puoi immortalarmi....
spettinato!-Gridò tentando, senza riuscirci di non assumere
una
tonalità di voce da ragazzina isterica - Per tutta risposta
gli altri
si misero a ridere. -Linguacce!- Urlò Federica
mentre tutti e quattro
davanti all'obiettivo assunsero un' espressione da scherzi della natura
con le lingue di fuori, seguirono le caricature dell'ultima cena di
Leonardo, Dante che imitava la gioconda, con i capelli di Federica
(piegata dietro di lui), Vergil-David di Donatello (senza notare le
corna made in fratello deficiente), le ragazze che si improvvisarono
tre grazie-meno una, varie altre pose in ginocchio in braccio
e in
ogni posizione quasi consentita dai luoghi pubblici.
Scesi
dall'improbabile galeone ripresero il loro giro per le giostre Sveva si
fermò di colpo, costringendo anche Dante, con cui si teneva
per mano,
ad arrestarsi. -Lo sapevo che sei un inguaribile romantica!- Si
sentì
dire dal ragazzo che la abbracciò guardandola con
tenerezza, come
fosse una bambina. -Ti va di fare Cenerentola ?- Le chiese ancora lui
indicando la classica giostra con i cavalli e le carrozze che tanto
amano i bambini e che così fortemente aveva attirato
l'attenzione della
biondina. Dopo l'assenso, l'albino tirò la comitiva verso la
giostra.
-Non vorrai farci salire sul quel coso, vero?- Chiese disgustata
Federica, -non salirò mai- le fece eco Vergil, che dopo
mezzo minuto si
ritrovò seduto con la bruna nella carrozza di Cenerentola,-E
pensare
che il mio personaggio delle favole preferito era Barbablù-
Concluse,
tirando sù il cappuccio per evitare ogni prova fotografica
della sua
presenza lì.
-Almeno siamo seduti- Rispose Federica che si sedette
imbraccio all'amico, che riprese istantaneamente un sorriso
soddisfatto (sempre da sotto il cappuccio), mentre la coppia
più
romantica salì su due cavalli vicini. Finito il giro un
capannello di
genitori preoccupati guardava le foto scattate sulla giostra, in
particolare una con un ragazzo con il volto coperto e una ragazza
irriconoscibile come tale che faceva un orrenda smorfia con gli occhi
storti, un' altra con una coppia simile che si sorrideva da due
cavalcature adiacenti passò inosservata. Proprio questa
coppia
ritirò due copie della propria foto più altre due
dell'altra
incriminata.
Le due ragazze iniziarono a ridere tra loro, incuranti dei
gemelli che confabulavano alle loro spalle.
-Certo non sono male le ragazze, eh? Sveva è proprio carina - Si
confidò Dante con un' espressione da play boy consumato.
-Io preferisco Federica, hai visto che fisico! - Apprezzò
Vergil, abbandonando per la bella brunetta italiana, il suo glaciale
riserbo. -Dante,che ne dici di far fare a quelle due la pesca delle
rane?-
-Cosa? Ma devi solo prenderle con l'asta quando loro aprono la bocca,
ci riuscirebbe un bambino di cinque anni!-
-Si, ma non se "qualcuno" gli fa il solletico- Disse Vergil sorridendo
crudelmente
-Sei un infame fratello...Mi piace! Federica, Sveva....?-
strillò Dante facendo voltare le due ignare vittime
all'istante
-Eh si, grida pure il codice fiscale- rispose la prima, con lo stesso
tono di voce
-Il
codice fiscale- Urlò Dante mentre gli amici, prima di
vedere, stranito,
gli amici e svariati passanti piegarsi dalle risate guardandolo.
Le ragazze si avvicinarono al banchetto con le rane di
plastica e presero le aste tese da una signora acidula.
Molto
tranquille iniziarono a prendere la mira, mentre Federica stava per
prenderne una Vergil, fingendo di sgranchirsi, le diede una gomitata
-Ma sta attento!-.
Sveva sorrise avendo quasi preso il suo obiettivo
quando Dante mosse indice e medio su per la schiena della ragazza, che
inarcò la parte interessata per un riflesso spontaneo -ma
sei scemo?-
Chiese mentre lui continuava a farle il solletico. Le amiche
resistettero all'assalto come meglio poterono, fino a che i gemelli non
deciso di smetterla, ripresero entrambe le aste, ma non videro
l'occhiolino che Vergil fece al fratello che mimò un Ok con
la mano, in
risposta al segnale. Federica ricominciò la pesca, ormai
sicura di nona
vere interruzioni, ma nell'istante in cui stava per afferrare la preda
Vergil le poggiò le mani sui fianchi ed
iniziò a baciarle il collo,
ridendo. Federica, impreparata alla cosa reagì tirandosi
indietro e
dando una fortissima gomitata, in pieno petto, a Vergil dietro di lei,
che si piegò in due. Dante sbagliò i tempi:
quando vide Sveva aver
quasi afferrato la rana, fu meno elegante del fratello allungando la
mano sul "lato b" della ragazza, la bionda però aveva
già afferrato il
grosso rospo di plastica che per un caso fortuito di poco
equilibrio
sbattè contro la testa di Dante, ed anche lui si
piegò con un lamento
tenendosi la testa, e per di più sbattendo contro il gemello.
-Due idioti- Conclusero in coro le ragazze che si guardarono assumendo
una posa alla bond girls.
Due
ore dopo sia i Mirelli che i Parini accolsero a pranzo una figlia
raggiante e con un impressionante carico di peluche tra le braccia.
Pochi
minuti prima un' auto sportiva si fermava davanti ad un hotel sulla
spiaggia. Eva, seduta in terrazza, ma nascosta dai cespugli decorativi
aveva visto scendere Dante dall'auto e salutare molto affettuosamente
una biondina, che con sorpresa della donna, entrò nel loro
albergo.
Mentre Vergil, parcheggiata l'auto si
accomiatòmolto galantemente da una brunetta che
se ne andò per una strada laterale. Quando i suoi figli la
andarono a
salutare, prima di essersi cambiati per il pranzo ed ignari di essere
coperti di rossetto, Eva sorrise benevola.
Hello
I'm Bry!
Complimenti a te
che sei riuscito a leggere fino a qui, e che ti sei interessato tanto a
questa mia storia da affrontare anche questo nuovo capitolo *_*
Da parte mia spero
di aver descritto in modo vivido le scene e, quindi, di averti fatto
fare tante e sane risate!
Un enorme Grazie alla Fy, che non mi
stancherò mai di chiamare Must di sezione *.*,
per aver dato nuovamente il benvenuto alla mia FF e per divertirsi
tanto con me (e con Dante & Vergil ) in questa
"avventura"
Un grazie a chi
legge e a chi passa di qui silenziosamente ma ha inserito la mia storia
tra i preferiti, tra questi grazie per il nuovo inserimento ad Ikarikun
*__________* Ti
aspetto al prossimo capitolo!!
|
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Capitolo 10 *** Confidenze ***
Non
esiste un parametro oggettivo per misurare le emozioni.
Non siamo capaci di capire la loro portata, il loro peso, la loro
grandezza, eppure ci sono momenti in cui le emozioni ci sembrano tanto
forti da riempirci il cuore e volerci logorare, fanno accelerare il
battito del nostro cuore, ci imporporano il viso tanto da farci credere
che ogni nostro pensiero sia leggibile "ce l'abbiamo scritto in
fronte". Diventiamo troppo piccoli per contenere le nostre idee, le
nostre illusioni e loro troppo voraci per restare chiuse nei nostri
silenzi. In questi momenti si ha bisogno di sentire la
presenza
di una persona amica, per riversare in lei parte
delle emozioni che ci agitano lo spirito, perchè lei
condivida quel fremito o metta ordine nel nostro disordine.
Tra Amiche non ci devono essere segreti, le amiche, quelle vere, sono
complementari, prosecuzione una dell'altra. Sono
rompiscatole quando non campiamo i nostri sbagli,
sono complici
quando non abbiamo il coraggio di buttarci in un' avventura.
C'è chi dice che la solidarietà femminile non
esista,
c'è chi pensa che la vita perderebbe quel suo sapore gustoso
se
non esistesse quell'amica.
Sveva aveva imparato che ogni persona può farti notare un'
angolazione diversa per guardare la vita. Ed erano anni che condivideva
un orizzonte con Federica, l'orizzonte più colorato e
più
pazzo che avesse visto fino ad allora, ma che l'aveva aiutata nei
momenti bui, che l'aveva gettata nelle tempeste peggiori ma fatta
riemergere dopo lo scompiglio.
Il giorno dopo il parco divertimenti le due amiche sedevano comodamente
nella cucina dell'appartamento dei Parini. La vista di quel vano
avrebbe gettato nel panico qualsiasi gourmet, l'odore avrebbe fatto
deprimere il miglior fiuto dell'uiniverso impossibilitato a riconoscere
i misteriosi miscugli che stazionavano sul tavolo, versioni
gastronomiche del delirio adolescenziale che presto sarebbero diventate
copie della deliranza nel torturare gli intestini delle ragazze, le
quali
avevano avuto l'insana idea di crearle e il coraggio suicida di
mangiarle.
-Passami le patatine al formaggio- Comandò Federica intenta
liberare da una misteriosa macchia di caffè un quadernetto a
righe
-Tieni, ma guarda che quella non viene via- Sentenziò Sveva
dalla sedia vicina
-Si è affezzionata allora la adottiamo e gli facciamo una
famiglia!-
-Che diamine stai dicen....- Gli occhi della biondina quasi uscirono
dalle orbite vedendo la caffettiera alzata al di sopra del foglio e
liquido scuro inondare il tavolo con diecimiliardi di piccole
macchioline.
-Questa è la cugina Anna, lo zio Antonio- Raccontava
Federica additanto le piccole macchie.
-Questa è la badante della bisnonna- Rispose Sveva lanciando
una
pezza umida sul tavolo che tolse la maggior parte del caffè
-No! Hai fatto una strage, hai ucciso la famiglia...Moca!-
-Vorra dire che mi farò trent'anni di galera nella prigione
di
Lindt- Disse addentando un pezzo di tavoletta al cioccolato e Irish
Coffee
-Non è meglio ritirarsi nell'abbazia di San Carlo?- Chiese
la
brunetta prendendo le patatine al pomodoro dall'altro lato del tavolo e
mettendone un pezzo nella tazza di caffè rimasta
-Fede ma che schifo!-
-Ma sono buonissime e poi tu prima hai mangiato i wurstel con
l'anguria! Senti chi parla...-
-Seh, Pronto? -
-Occupato! Vai nell'altro bagno-
Al posto dello sciacquone si sentì una sonora risata, che
avrebbe attirato l'attenzione di tutta la famiglia Parini, se non si
fosse dedicata ad un' escursione, lasciando casa libera alle due
ragazze.
-Meno male che non abbiamo invitato i gemelli a pranzo-
-Secondo me Dante avrebbe mangiato tutto tranquillamente...-
Sveva guardò desolata la cucina e quel campo di battaglia
che
era il tavolo -Vergil ci avrebbe fatto rinchiudere.
Scommettò
che gusta solo i manicaretti migliori, il signorino- Ultimo
appellattivo riferito con una smorfietta da parodia.
-Il Signorino doveva solo fiatare che me lo sarei mangiato...anzi me lo
mangerei comunque!- Commentò la bruna con un sorriso
malizioso.
-Sarebbe la prova inconfutabile che hai uno stomaco di ferro. Vergil
è un tantino...amaro a volte, per non dire acido.- Rispose
la bionda
-Guarda, ha uncerto fascino ma certe volte è
proprio
pesante. Dante invece è più spontaneo, con lui ci
si
diverte sempre e comunque! Dice stupidaggini ma ti mette a tuo agio,
poi figuriamoci, le cretinate sono il mio campo! Anche se spesso
è tanto scemo da sorpassare anche me. E ce ne vuole per
riuscirci!-
-E' vero. Qualche volta io non lo riesco nemmeno a seguire, magari
inizio a ridere e non ho nemmeno capito che ha detto! Vergil poi fa
delle battute talmente fastidiose. E' così perfettamente
puntiglioso.-
A quella frase Federica alzò la testa dal foglio
in cui
stava iniziando a tracciare delle linee a matita, la guardò
un
attimo poi disse semplicemente -E' come te-
Sveva lasciò improvvisamente cadere la busta di biscotti che
stava per
riporre ( e che invece andò a comporre un mosaico bizantino
di
briciole sul pavimento). Non commentò oltre quella frase
come a non volerle dare
importanza ma iniziò a raccogliere il guaio fatto in
precedenza.
-Cosa fai?-
-Disegno!-
-Ah pensavo scoprissi l'equazione del fuoco freddo-
-No, quello l'ho fatto ieri-
Non ottenendo le risposte desiderate Sveva si sporse a guardare quelle
figurette che le sorridevano dal foglio bianco con macchie decorative
di caffè.
-Ah siamo noi!-
-Si, io sto stritolando Vergil, mentre tu sorridi timidamente a Dante-
-Sul serio credi che Vergil si farebbe stritolare in quel modo?- Chiese
la bionda con un lampo di ironia all'amica disegnatrice.
-No, ma sarebbe bello. Dante è in effetti molto
più stritolabile-
-Si ma nel frattempo i suoi tentacoli ti arriverebbero ovunque!-
-...Mica male!- Esclamò Federica immaginandosi la scena
-Se a te piace..- Mugolò l'altra ben più ritrosa.
La bruna rimaneva piegata a guardare il proprio disegno, mentre dava ai
personaggi delle espressioni scomposte, qualcosa le
solletticava la mente da qualche minuto. Era un pensiero indefinito che
non riusciva ad afferrare, eppure le girava intorno come una mosca
fastidiosa, allontanandola dalla concentrazione minima che ci voleva
per completare le figure e parlottare con l'amica. Proprio quel loro
spettegolare su se stesse e sugli amici le aveva suggerito qualcosa,
quel qualcosa che non si avvicinava e non se ne voleva andare.
Guardò di nuovo il disegno analizzando le proporzioni degli
arti, le espressioni, i pochi colori che aveva già messo sui
vestiti e alla fine lo notò. Un sottile spazio bianco
separava le quattro figure dividendole in due coppie, simili ma con
qualche differenza emergente.
-Secondo te chi lo ha deciso l'ordine delle figure?-
-Tu fai un disegno e non decidi come disporre i personaggi? O pensi di
essere posseduta da una disegnatrice di manga... Ci sono! Un
ritrattista vittoriano morto di stenti!-
L'aria di sufficienza con cui la guardò l'altra la zitti in
un secondo. -Sai di essere insopportabile?-
-Si, più o meno quanto tu sei schizzofrenica- Rispose con
aria angelica, prima di sbattere le palpebre con aria civettuola e
concludere con un -Tesoro-
-Se non fossero gli ultimi M&Ms te li tirerei appresso!-
-Credevo me li tirassi comunque e poi te li mangiassi...come al solito,
insomma-
-Hai ragione!- Esclamò Federica prima di far piovere una
mangiata di cioccolatini addosso all'altra che tentava di riordinare
quel casino prima che rientrassero i Parini e chiedessero i danni
morali per lo shock delle condizioni in cui versava la cucina. -E
comunque ero seria-
-Strano..-
-Ma la vuoi piantare?-
-Se me lo chiedi con tanta cortesia!-
-Abbiamo conosciuto i gemelli lo stesso giorno, abbiamo passato insieme
la maggior parte del tempo eppure ci siamo divisi, quasi senza
accorgercene, in due coppiette.-
-E' vero- Ragionò la biondina avvicinandosi al foglio e
riflettendo sui giorni precedenti, su come fosse sempre al fianco di
Dante eppure spesso si chiedesse cosa pensasse Vergil. Scavando nei
ricordi pensò anche a quelle volte in cui aveva sentito
Dante e Federica ridere per cose che le erano completamente estranee.
-Come l'abbiamo deciso?-
-Forse è per carattere...-
-Già tu sei caotica e spontanea come Dantino, infatti non
assomigli per niente ad una principessina riservata. Tu!-
-Ehm..Forse lo hanno deciso loro-
-E a noi sta bene?-
Le due ragazze si guardarono negli occhi, come chiedendosi qualcosa con
lo sguardo. Raramente davano voce a certi sentimenti, Sveva molto
incline al romanticismo era mal sopportata da Federica, quando iniziava
a parlar d'amore. Però c'era qualcosa di diverso quella
volta: entrambe sentivano di essersi lasciate andare alle battute, agli
scherzi e agli slanci che c'erano stati con i due ragazzi, ma che tutto
era successo tanto in fretta da non aver capito alcuni passaggi.
Avevano bisogno di parlare come si fa tra amiche, con voce sommessa e
poca prudenza, come facevano loro, senza fingere di essere persone
diverse, senza vergognarsi delle loro idee assurde.
-Si dice che gli opposti si attraggano...Tu come la pensi?-
-Che non capisco se sei a tuo agio con certe uscite di Dante- Disse
severamente la bruna, che ricordava spesso il rossore dell'altra in
abbracci particolarmente stretti o battutine poco delicate. Sapeva
già da tempo quanto fosse impacciata in certe situazioni e
voleva essere protettiva con lei -Che gli piaci si vede-
-Si comporta così con tutte. Anche se con me sa essere
tenero-Rispose con un' alzata di spalle. -Certo a volte è un
po'...eccessivo, ecco-
-Lo sapevo che l'avresti pensata così. Per essere tenero
è proprio un tenerone: è un po' tonto, un
po'dolce- Ammise Federica con uno sguardo particolare subito percepito
dall'altra
-E poi fisicamente non è per niente male-
Assecondò l'altra credendo che la preda avrebbe abboccato
all'amo.
-Irresistibile-
-Appunto... Fede ma tu non abbracciavi Vergil?-
-Eh...io...ecco.SI- Prendendo il disegno e nascondendosi la faccia con
quel pezzetto di carta che se avesse potuto sarebbe fuggito da quelle
due psicopatiche -Vergil è così affascinante,
educato, corretto-
-Inamidato- Continuò Sveva notanto gli aggettivi poco
passionali che stavano dipingendo Vergil
-No!| Non troppo...Certo rispetto a Dante...- Notando che non c'erano
commenti a quella strada ascesa di risposte Federica decise
di non stare ad aspettare e colpire a sua volta. -Ma a te non piacevano
gli stranieri, dagli occhi chiari, i modi aristocratici, leggermente
glaciali con la passione per le frecciatine? -
-A me? Che cosa te lo fa pensare?- Dissimulò la bionda, che
quasi cadeva dalla sedia
-Forse ho la palla di cristallo o ti conosco bene, oppure ho tirato ad
indovinare? Ah no! Quelle smielate pagine dei romanzi che leggi ogni
santo giorno-
Un sospiro degno dell'eroina di un romanzo rosa sfuggì dalle
labbra di Sveva pensando a tutti i conti inglesi di carta stampata per
cui si era infautata e che avevano dei tratti caratteriali e non
pericolosamente simili a quelli di Vergil. Mentre Federica oscillava
quel disegno in cui anche le figure ora avevano preso un' espressione
dubbiosa.
-E se..- Iniziò a dire la disegnatrice
-Avessimo sbagliato l'ordine dei personaggi?- Concluse la romantica
Ma in quel momento non avevano modo di avere una risposta certa,
probabilmente non esisteva neppure. Chi vivrà
vedrà sussurravano i pensieri delle
ragazze.
*******
Note
dell'Autrice
Sono combattuta tra il non dire nulla e il fare qualche commento
personale, scelgo una via di mezzo:
Ho pensato mille volte di scusarmi per la lentezza giurassica con cui
prosegue questa storia, ma spesso lo faccio e il capitolo di dopo viene
sfornato dopo secoli, quindi evito.
Non voglio inserire pareri o interventi personali ma voglio dedicare
queste poche righe a voi lettrici e lettori che vi siete affezionati
alla storia.
Voglio ringraziarvi uno per uno, almeno per gli utenti che conosco di
nome.
Grazie
a
Kiarana, Ikarikune
Beautiful Lie ( in particolare a quest' ultima che mi ha
spronata tantissimo con la sua recensione!) che hanno commentato l'ultimo
capitolo
Assassin, AyuChan
Uchiha, Beautiful Lie, Dark Slayer, Devil Girl Dark, Diaras,
Fy Chan, Grimelaidina e Kaled che hanno inserito la
storia da i preferiti
Ikarikun e Manga Darling
che seguono Doppia Coppia
Tutti i lettori abituali e nuovi!
^_^ e Fy che mi ispira.
Fate finta di non averlo letto, ma non temete il nuovo capitolo non
dovrebbe farsi attendere tanto!
La vostra Bryluen
|
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Capitolo 11 *** Da uomo a uomo ***
La
parola "comunicazione" viene applicata in modo molto diverso dagli
uomini rispetto alle donne.
Alle
ragazze piace "comunicare", spesso vengono definite come
logorroiche, le loro corde vocali sono sempre in esercizio (con
risultati spesso discutibili), per le quali il telefonino è
un'
appendice quasi naturale della mano. La sfida più ardua per
una
ragazza è articolare un discorso medio- lungo con un uomo.
Il
sesso forte sembra sempre poco incline alla parola, mentre molto
più ferrato in mugolii o versi dal significato difficilmente
definibile. Tra loro i maschi riescono a comprendersi grazie ad un
linguaggio comune, spesso ostico alle donne, in cui l'espressione orale
è solo una delle alternative possibili tra altre tipologie
di
linguaggio. Spesso il perno del discorso viene esposto velatamente o
meno da un certo agonismo, sfide per dimostrare il predominio dell'uno
o dell'altro uomo.
C'è
però una cosa che accomuna entrambi: l'argomento preferito
è il sesso opposto.
E'
facilmente dimostrabile che gli uomini parlano delle donne e le donne
discutono di uomini.
*****
Una luminosa mattina annunciava una giornata ideale da
trascorrere in
spiaggia, il sole splendeva prepotentemente sulla terrazza
dell'albergo,
dove alcuni ospiti si erano già riuniti per consumare la
prima
colazione. Le porte dell'ascensore si aprirono con un leggero rumore,
come un richiamo per far voltare istantaneamente i camerieri
più vicini e salutare i clienti appena arrivati, il
personale
più lontano invece iniziò subito a chiacchierare
sottovoce. La fama di quella strana famiglia si era estesa nello
stabilimento: Eva e i suoi gemelli, volenti o nolenti, erano una
calamita per storie e sguardi più o meno penetranti.
-Che donna!- Sibilò un cameriere vicino la porta delle
cucine,
la sua espressione estasiata poteva esser messa in un' enciclopedia
accanto alla voce "sguardo da triglia"
-Si chiama Eva, come la donna dell'Eden. Con lei si che mangerei la
mela-Sussurrò un altro alle sue spalle
-Ti auguro una bella indigestione Gaetà!- Rispose arcigna
l'ex moglie del dongiovanni
-Basta che riferisci le sue chiacchiere ai figli della signora, poi
vediamo come trema il Casanova- Scherzò una collega vicino a
loro, sapendo quando i ragazzi fossero temuti.
-No, per carità ! E'...è troppo magra a ben
pensarci ed
anche troppo alta...- Balbettò Gaetano tentando di fuggire
dalla
terribile vendetta degli albini
-Quindi è brutta?- Propose, conciliante l'ex moglie
-...Si, un pochino- Balbettò di nuovo controvoglia il pover
uomo
-Perfetto, sai come saranno contenti i figli sapendo che parli male
della madre in giro-
Gaetano passò in un nano secondo dal rosso al viola, al
giallo,
al verde fino al bianco lenzuolo lavato con la candeggina. -No, no che
dici? Quelli mi tagliano la lingua! Lo hai visto allenarsi a quello
lì? Tirava dei pugni che sembrava voler lottare con tutti i
demoni dell' Inferno!-
-Quello lì chi?-
-E che ne so! Sono uguali-
-Mmmhh, una volta glielo ha detto pure Carmine, e sapeste come l'han
guardato male quei due-
-Ed è stato male per due giorni! Per carità non
dite
niente che quei due mi fanno paura! Sono così..strani!- Il
casanova ricondotto sulla buona strada era tutto tremante e parlava in
un sussurro per non farsi sentire dagli Sparda, che erano a pochi passi
da loro aspettando un tavolo libero per la colazione.-Ma li avete visti
quei capelli?-
-Già, poveri ragazzi! Certo che se fossero biondi
sembrerebbero
proprio due angeli, sono così belli- Sospirò una
giovane
cuoca che era uscita dalla cucina per portare una torta appena sfornata.
-Io li preferirei mori, con quella carnagione pallida e quegli occhi ci
sarebbe un contrasto irresistibile!- Quali licenziose immagini a luci
rosso fuoco stessero passando per la mente di un' altra delle cameriere
è meglio tacerlo
-Io li preferirei color mogano con delle meches di un delicato biondo
paglierino, un filo di matita non ci starebbe male su quei graziosi
occhietti. Per farli risaltare, capite no?- Disse una voce maschile
stranamente stridula, emersa da uno strano figuro allampanato, vestito
con una camicia rosa shocking ed un passo da far invidia a Raffaella
Carrà. E' lecito presumere che le fantasie della cameriera
precedente si siano gelate sul nascere a quel suggerimento.
-Prego, il vostro tavolo è pronto- Il capo cameriere fu
ringraziato da tre caldi sorrisi mentre scortava gli Sparda in un
angolo tranquillo della terrazza.
-Muoio di fame- Commentò Dante, pregustando una ricca
colazione
-Che novità fratellino!- Esclamò Vergil a voce
ben alta
sorridendo alla madre -E mai una volta che ti
strozzi!-
sibilò all' orecchio del gemello in modo da non farsi udire.
-Allora siete contenti di questo viaggio in Italia? Avete conosciuto
qualcuno di interessante?- Chiese Eva con tono leggero, mentre si
sistemava un tovagliolo sulle gambe, in modo da far sembrare la domanda
poco importante. Malgrado l'apparente leggerezza vide i due figli
trasalire e scambiarsi un rapido sguardo imbarazzato.
-E' una bella terra, la gente sa essere ospitale... se vuole- Rispose
diplomaticamente Vergil, lanciando un' occhiataccia ad ragazzo del
personale che stava fissando i suoi capelli nivei con orrore.
-Dante, non mi racconti nulla? Di solito sei più
chiacchierone
di tuo fratello- La madre cercò di incoraggiare il figlio
più esuberante a farle qualche piccola confidenza.
-Io, ehm...- Mugugnò iniziando a masticare deliberatamente
con una lentezza esasperante e a lui solitamente estranea.
-Se continui così inghiottirai quel panino quando
sarà scaduto già da qualche anno-
-Vergil non rompere!- Esclamò Dante, sorpreso dal fatto che
il
fratello non capisse la sua geniale tecnica per eludere la domanda
materna, intanto aveva rovinato tutto e sua mamma fissava su di lui
quel suo
sorriso gentile e gli occhi benevoli, non poteva mentirle.- Ci troviamo
molto bene qui, il mare è limpido, l'aria fresca...
-Le nuvole sono bianche e l'erba è verde-
Continuò il gemello con tono canzonatorio-
-Abbiamo conosciuto delle persone. Stiamo uscendo con due ragazze,
anche
loro sono qui in vacanza- Disse Dante tutto d'un fiato, mentre Vergil
strabuzzava gli occhi, non credendo che avrebbe confessato
tutto.
Da qualche tempo erano restii a parlare delle loro amicizie
femminili con la madre.
-Ah bene! Mi fa piacere che siate riusciti ad ambientarvi e come sono
queste ragazze?- Eva tralasciò di dire che le aveva
già
viste e che si era comunque già accorta delle frequenti
uscite
dei figli.
-Una è bionda, piccolina ma proporzionata, occhi verdi,
carnagione pallida..-
-Mi sembra di vederla-
-Eh, modestamente, sono bravo con le descrizioni!-
-Idiota è appena arrivata!- Sibilò il fratello,
alzando
una mano e sorridendo per salutare Sveva che si apprestava a fare
colazione da sola.
-Ti deve essere simpatica quella ragazza Vergil- Commentò
Eva
vedendo il figlio più riservato osservare con insistenza la
ragazza e il fratello che le andava vicino
-Niente più di una normale simpatia derivante da una
conoscenza
superficiale- Rispose Vergil con voce fredda, versando però
qualche goccia di caffè fuori dalla tazza, tradendo il
nervosismo per quella domanda.
-Ciao tesoro!-
-Ciao Dante- Rispose Sveva con meno slancio, con la voce ancora
impastata dal sonno. -Come fai ad essere così energico la
mattina?-Gli chiese la ragazza da sopra una tazza di caffè
nero
fumante.
-Di solito non lo sono ma oggi ho avuto un risveglio "particolare"-
-Sarebbe? Ho visto Vergil!-
-Non lo vedi ogni santa mattina da quando sei nato?-
-Si ma fortunatamente non mi svuota mezza bottiglia d'acqua gelata per
svegliarmi ogni mattina!- Ancora scombussolato dal ricordo e ferito
dalla risata che vedeva tremolare sulle labbra dell'amica Dante si
alzò, dicendo che sarebbe tornato poco dopo. Intanto Sveva
tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans,
impostò il
numero di Federica come destinatario ed iniziò a digitare un
messaggio, concentrandosi per non sbagliare i vocaboli del T9: "Forse
svegliarsi con Vergil non è piacevole come avevamo
immaginato..." -Cosa scrivi?- Il telefono disegnò un cerchio
in
aria e cadde a terra, mentre la ragazza respirava a fatica per lo
spavento.
-Dante ma come cavolo ti è venuto in mente di metterti
dietro di
me e leggere i miei messaggi? Mi hai fatto spaventare...-
-Che hai scritto?- Chiese ancora lui con un sorriso furbo
-Non sono fatti tuoi-
-Ma di Vergil si, c'era il suo nome nel messaggio.- Sveva
aprì
le labbra per protestare ma non ne uscì un suono. -Purtroppo
non
ho letto altro- Finì l'altro
-Devi esserti sbagliato, non era Vergil era "Virgilio"...parlavo di
compiti!-Recuperando la prima scusa banale che le veniva in mente
-Ti vergogni di dire che stavi spettegolando con la tua amica su di
noi?-
-Non siete un argomento tanto quotato. Federica ed io non parliamo mai
di voi!- Articolò la ragazza con tono fintamente sicuro ed
un'
espressione snob
-Uh figurati, nemmeno noi parliamo mai di voi...Non ci verrebbe mai in
mente una cosa simile!- Rispose a tono l'albino
- Questo credo sia tuo- Il cuore dell'italiana era destinato a non
avere requie quella mattina, battibeccando con Dante si era dimenticata
di riprendere il cellulare e ora proprio Vergil si era avvicinato per
raccoglierlo da terra, presumibilmente con il messaggio ancora
sullo schermo. La ragazza sembrava aver perso di nuovo l'uso della
parola, capace solo di fissare il viso inespressivo del ragazzo. -Ha
preso una bella botta: s'è spento-
-Meno male!- Quasi esultò la ragazza
-Come?-
-Volevo dire: male, molto male. Ehm Grazie Vergil!- Rispose Sveva
approfittando di dover controllare l'integrità del telefono
per
distogliere lo sguardo da entrambi i fratelli.
-Dov'è mamma?-
-E' salita in camera, vuole riposare. Oggi avrebbe dovuto ritirare un
dolce ma non se la sente di andare, tu conosci la pasticceria dove
l'aveva ordinato, quindi devi andarci tu-
-Perfetto! Prendo le chiavi della macchina-
-Cosa? - Esclamò Vergil
-Prendo le chiavi della macchina. Sei diventato sordo nel sonno?-
Chiese Dante iniziando ad agitare le mani, imitando il linguaggio dei
segni
-Scordati che ti lascio guidare l'auto!- Rispose il gemello, ignorando
la provocazione
-E come dovremmo fare?-
-Tu conosci il posto, lui vuole guidare: dovete andare insieme,
divertitevi!- Rispose la bionda un minuto prima di defilarsi e
lasciarli soli.
Meno di dieci minuti dopo i due gemelli erano in auto, diretti nel
piccolo paese in cui sorgeva la rinomata pasticceria che aveva
solleticato la gola materna. Il traffico era scorrevole, dalle altre
auto arrivavano strofe dei peggiori tormentoni estivi sparati a tutto
volume, stralci di conversazione tra fidanzati gelosi e risate di
comitive ebbre della vista estiva. Oltre i vetri il panorama non aveva
uguali: il celeste del cielo degradava in un azzurro intenso del mare,
la spuma bianca lambiva le spiagge sotto di loro e tormentava le
scogliere. Passarono così venti minuti nella macchina degli
Sparda,
chiusi in un silenzio assorto che separava mentalmente i due fratelli
fisicamente vicinissimi; Vergil stava ritto al volante, attento alla
strada, ai segnali, mostrando una sicurezza superba anche alla guida,
mentre Dante si rilassava sul sedile vicino guardando il panorama e
limitandosi a bofonchiare le direttive per raggiungere il comune e la
pasticceria.
-Hai visto quante leccornie che c'erano al bancone?-
Commentò l'albino goloso ( altrimenti detto Dante) appena
ebbero svolto
la commissione per la mamma
-Ho visto, purtroppo, i tre gelati che hai ingurgitato tu- Rispose
l'altro con un'espressione disgustata
-Sei solo invidioso perché non ingrasso. Io!-
-Guarda che sono più magro e muscoloso di te, ragazzino-
-...Veramente portiamo la stessa taglia-
-E' escluso-
-Invece è vero-
-Cosa te lo fa pensare?-
-Il fatto che ti ho fregato dei pantaloni dalla valigia in settimana
scorsa e mi stavano divinamente-
Il
viso di Vergil mostrò i segni di un' ira funesta trattenuta
-Sapevo di
non averli dimenticati. Spero che tu faccia indigestione con tutti quei
gelati...- Avrebbe finito la frase ma dei clacson furenti attirarono la
sua attenzione, il fracasso non dava segno di voler diminuire ma anzi
aumentava d'intensità. L'albino sospirò guardando
oltre la strada e
salendo in macchina -E' tutto intasato, fantastico!-
-Se prendiamo l'uscita per il prossimo comune riusciamo a saltare il
pezzo di strada bloccato- Propose Dante
-Sai la strada?-
-Certamente!-
Vergil
ebbe un brivido lungo la schiena, suo fratello sapeva "certamente"
forse solo il suo nome e il suo numero di telefono da dare alle
ragazze, era già un miracolo che fossero arrivati alla
giusta
pasticceria e l'idea di doverlo usare ancora come navigatore non lo
entusiasmava nemmeno un po' -Dimmi dove devo girare-
-Là- Si limitò a dire Dante indicando con il
mento una
direzione tra le tre possibilità che offriva l'incrocio.
Vergil
svoltò a destra ma la voce dell'altro lo assalì
-Ma sei
scemo dovevi andare dall'altra parte!-
-No sei tu l'analfabeta! "Là" secondo te è
definizione di destra, sinistra o dritto?-
-Là è là-
-Si....Le, lì, lo, lù. Cavolo! Siamo sulla strada
principale...ed è bloccata!-
Poche
cose possono essere peggiori di una via costiera intasata. La strada
che percorrevano i gemelli, infatti, proseguiva
sempre dritta, ( le sole uscite si immettevano nei piccoli comuni
adiacenti) serpeggiando inesorabile lungo la costa, senza deviazioni e
strettissima, a
tratti quasi scavata nella roccia, si bloccava con estrema
facilità,
bastavano due pullman in differenti sensi di marcia per rallentare
enormemente i tempi di percorrenza. Forse un incrocio spinoso tra mezzi
pesanti o un incidente avevano causato la lunga coda di auto che stava
davanti agli Sparda e che si accingeva ad allungarsi ancora dietro di
loro. Il caldo sole d'estate arroventava le auto e innervosiva le
persone chiuse negli abitacoli.
-Metti la radio Ver'-
-Lo
farei volentieri se tu non l'avessi rotta tre giorni fa!-Per tutta
risposta il fratello si allungò verso la
manopola dell'aria
condizionata, ma la mano di Vergil gli afferrò il polso in
una stretta
glaciale. -Tocca il condizionatore e io spengo il motore, ti trascino
fuori dall'auto e ti butto giù da quella scarpata- Lui
stesso regolò
l'aria in modo da avere un getto fresco che ritemprasse il loro umore e
tenesse ad un clima adatto anche la torta di Eva.
-Siamo fermi nel traffico ed è tutta colpa tua! Hai
sbagliato strada- Piagnucolò Dante
-Il
mio unico errore è avere te come fratello. Non sai nemmeno
indicare una
via! Ma chi l'ha avuta la brillante idea di venire qui insieme?-
-Sveva-
Rispose l'altro, non cogliendo il tono retorico della domanda. Vergil
schioccò la lingua in un tono contrariato, ma non rispose,
fece
evidentemente male perché l'altro continuò -Segui
spesso i suoi
consigli. Non lo dimostri ma ascolti sempre quello che dice-
-Non ti preoccupare Dante non ho intenzione di fregarti la ragazza. Non
mi interessa-
-Non potresti fregarmela perché non è la mia
ragazza...-
-Da come ti comporti non sembra-
-Ti da fastidio, vero?-
-Dobbiamo
proprio fare conversazione? Federica è più
attraente- Rispose Vergil,
non dando seguito alla provocazione e distogliendo lo sguardo dal
fratello.
-Non hai interrotto un discorso e tu solo se ti interessa l'argomento-
-Cos'è, ci sono pillole di psicologia spicciola sulle carte
delle merendine che ingurgiti?-
-Federica è troppo spigliata per te- Sentenziò
Dante
-Ma
non per te, fratellino, vero? Non le stacchi gli occhi di dosso! Sei
tanto onesto da abbracciarti una ma spogliare l'altra con gli occhi-
-Forse in qualcosa siamo uguali-
-Che vorresti insinuare Dante?-
-Che spendi ogni adulazione per Federica ma se passa Sveva,
chissà come mai, ti volti subito. Sei peggio di un cane da
tartufo-
-Non sai nemmeno cos'è il tartufo... Ah no, dimenticavo che
se qualcosa si mangia la conosci "certamente"-
-L'altro giorno ti ho chiesto se eri geloso di me e Sveva e
non hai risposto! Si vede come ti piace Federica-
-E
tu allora? Sugli scogli hai tenuto Federica sempre abbracciata, non ti
scollavi di un centimetro da lei. Non hai degnato Sveva di uno sguardo.
E meno male che eri il suo ragazzo -
-Sai che non lo sono-
-Hai detto di esserlo appena l'hai conosciuta-
-E tu hai iniziato a fare il cretino con lei-
-Io non faccio il cretino con nessuna!- Esplose Vergil -Sei tu che lo
fai con due amiche, ma è degno di te.-
-Non è vero!-
-Ah
no? Ti rinfresco la memoria: in pizzeria hai detto che Sveva
è la tua
ragazza, in spiaggia te le abbracciavi entrambe e sugli scogli ti
appartavi con Federica. Allora hai cambiato idea o hai pensato che
essere doppiogiochista è più conveniente?-
-Io non scelgo l'opzione più conveniente se è
scorretta.Tu..-
Un clacson alle loro spalle interruppe la discussione: la strada
davanti a loro si era liberata.
Vergil
mise in moto l'auto ed andò alla velocità
maggiore possibile, pronto a
tutto pur di finire quella vicinanza forzata con il fratello, con la
coda dell'occhio colse stralci di panorama, uno scintillio del mare gli
ricordò il lampo chiaro che gli tornava in mente non appena
abbassava
la guardia.
Dante rispondeva ad un sms di Eva arrivato qualche
minuto prima, inviato il messaggio alzò lo sguardo in tempo
per vedere
un cartellone pubblicitario, l'immagine di Federica si sovrappose per
qualche secondo alla modella che era effettivamente raffigurata.
**************************
Ciao a
tutti!
Sono felice di
potervi presentare il nuovo capitolo di Doppia Coppia, in
realtà è la continuazione ideale del capitolo
precendente. I protagonisti si stanno ponendo, seppure con toni
diversi, i medesimi interrogativi ma i dati sono troppo scarsi per
ottenere delle risposte certe.
Cosa
succederà?
Lo scoprirete
seguendo Doppia Coppia e vi ringrazio di aver letto sin qui! Se avete
pareri, domande, battute sulla fanfic o sulla stramba autrice non
esitate a commentare, contattarmi con il form o chiedermi la mail ^^
@ Beautiful Lie:
Grazie ancora per le tue recensioni! Sono davvero felicissima che i
capitoli e la piega degli eventi ti stiano piacendo, spero di
continuare ad offrirti una lettura piacevole e sarò ben
lieta di sapere cosa ne pensi.
@ Fy Chan: Smettila
di tirare M&M's! Allora piaciuto questo 11esimo capitolo?
Grazie per la recensione *_*
La vostra Bryluen!
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Capitolo 12 *** I gemelli comprendono qualcosa... ***
Era una
torrida giornata d'estate. Sembrava che il sole volesse
sciogliere ogni forma solida che incontrava, bruciare con un solo
raggio il fisico e l'anima delle persone che, impavide, si
avventuravano per le strade. I negozi e i bar erano insolitamente
pieni: i clienti si gettavano negli esercizi commerciali ipnotizzati
dal fresco invitante dell'aria condizionata o dalla visione paradisiaca
di un ventilatore, rimanevano nei locali per lunghissimi minuti, quasi
fino ad imparare ogni articolo in vendita ma raramente davano
soddisfazione ai venditori comprando effettivamente qualcosa.
Le spiagge erano gremite di persone e nei primi metri
l'azzurro
del mare era coperto dai costumi colorati dei bagnanti. Federica era
già pronta ad aggiungersi a quella folla rumorosa, in
pantaloncini di jeans e maglietta verde mela sopra al costume
arancione,
guardava un'amica decisamente poco convinta.
-Vatti ad infilare il bikini, prendi la borsa e muoviti, donna!-
Sentenziò con il suo tipico tono dispotico, di quei
disperati
casi in cui voleva avere assolutamente ragione, senza farlo troppo
notare.
-Oggi no, fa troppo caldissimo, per favore!- Supplicò Sveva
che sembava soffrire l'afa già all'ombra.
-Perchè non siamo al mare, come ci buttiamo in acqua non
sentirai più caldo. Ci metti un'
eternità a tuffarti, che per te l'acqua è sempre
fredda.- La bruna
continuò imperterrita la sua opera di convincimento ai danni
dell'altra che sembrava proprio non volersi muovere.
-Non voglio venire-
-Dov'è che non vuoi andare?-
Dal nulla si sentì una voce maschile, profonda e ben nota
alle
ragazze, il tono era gelido ma aveva una nota di maliziosa ironia che
la rendeva inconfondibile. Sveva sentì
una mano
posarsi sulla sua spalla e per poco non si voltò con un'
espressione terrorizzata degna di un film horror. Non lo aveva visto da
quella conversazione con Federica, eppure lui era stato sempre
maledettamente lì, nella sua testa, anche quando sembrava
poter
pensare ad altro c'era qualcosa che lo riportava in primo piano e
riproponeva quell'interrogativo insondabile "Cosa provo per
lui?"
-Non ho voglia di andare al mare oggi, fa troppo caldo- Rispose la
bionda, troppo in fredda e troppo seccamente, evitando anche di
guardare Vergil, che le aveva posto la domanda e si era già
seduto, senza essere stato invitato a farlo, vicino a lei.
-Ma scommetto che tra poco andranno in spiaggia anche i nostri
gemellini preferiti! Vero?- Chiese Federica tutta entusiasta,
supponendo che, con la presenza dei ragazzi, Sveva si sarebbe
certamente convinta ad accodarsi.
-Dolente di doverti deludere ma nostra madre ci ha consigliato
di
evitare l'esposizione prolungata al sole. Sembra condividere l'opinione
di qualcun' altro- La voce del ragazzo aveva un' inflessione sorridente
finchè si rivolgeva alla bruna, poi per la seconda frase fu
quasi atona, mentre gli occhi azzurri si fissavano su Sveva con un'
espressione infastidita.
Federica fece in tempo a vedere Dante che usciva in fretta
dall'albergo, avendo saputo dal fratello che andava in edicola a
prendere delle riviste per la madre, pensò bene di fare una
corsa
e raggiungerlo. Lasciava così l'amica sola con Vergil,
sperando
che non passassero in quel silenzio ostile tutta la prossima mezz'ora e
che non si sbranassero a vicenda alla prima battuta sarcastica.
A Vergil non era sfuggita l'aria atterrita della ragazza nel vederlo,
sapeva che lei aveva imparato quasi subito a distinguere i due gemelli
e il sospetto che quell'espressione fosse solo la delusione di vedere
lui e non Dante lo pungeva nell'orgoglio, nel modo più
doloroso
possibile. Pochissime cose facevano vacillare la sicurezza in se
stesso, nè critiche velate, nè aperti rimproveri
ledevano
la sua altergia, eppure c'erano volte in cui la competizione
continua con il gemello lo logorava, proprio quella somiglianza
così straordinaria era un' eccezione alla supremazia del suo
amor proprio.
-Speravi evidentemente di vedere un altro...-
Iniziò
il ragazzo, vedendo un' aria pensosa sul viso dell'amica. La bocca gli
si contrasse in un sorriso obliquo
-No, perchè? Non aspettavo nessuno- Rispose lei, continuando
a
non guardarlo negli occhi, continuando a fissare un punto indefinito
verso la fontana che stava davanti a loro. La voce aveva un tono basso
che non riusciva a nascondere un certo nervosismo. Sembrava la
timidezza dei primi giorni, quella che era sparita in lei
già da tempo.
-Magari mio fratello!- Per la prima volta la bionda si volse a
guardarlo, le sopracciglia leggermenta alzate, la bocca dischiusa in
un' espressione di evidente sorpresa.
-E' appena passato. Se avessi aspettato lui lo avrei raggiunto io, al
posto di Federica- Sottolineò lei
-Ma non mi sembra che tu oggi abbia molta voglia di correre...-
Ribbattè l'albino, adduccendo l'essere rimasta in hotel alla
stanchezza e non alla poca voglia di vedere Dante, e stranamente non lo
sfiorò nemmeno l'idea che la ragazza fosse rimasta
lì per il desiderio di stare con lui.-...Nemmeno dal tuo
ragazzo-
continuò con voce quasi disgustata. Stavolta fu lui ad avere
un
sincero moto di sorpresa, sentendo un riso cristallino di fianco a
sè
-Tra me e tuo fratello non c'è nessuna relazione, come ti
viene in mente?Ah, non fare quella faccia oltraggiata!
-Dante continua a chiamarti la sua ragazza, e tu non smentisci -
-Veramente è da un po' che non dice più certe
cose, a
volte sembra che il vento spiri da un' altra parte.- Rispose lei,
osservando una bandiera poco lontana ma alludendo a ben altro. -E poi
non pensavo che tu credessi ancora alle baggianate di Dante-
-Allora lo ritieni uno stupido?- Chiese Vergil, mentre nei suoi occhi
passava un lampo di trionfo.
-Io no, ma tu si.- Il suddetto lampo di vittoria si spense ben presto.
-Piuttosto tu non sei deluso che la tua bella sia corsa dall' altro?-
Vergil non manifestò alcuna emozione, la maschera atona
adornata
dal sorriso spavaldo gli era calata di nuovo sul viso, privando gli
altri della possibilità di far congetture sulle sue
reazioni.
Era vero, mentre si scandalizzava della preferenza di Sveva per Dante,
Federica non aveva aspettato molto prima di correre dal suo gemello, li
aveva anche visti abbracciarsi con slancio. Fin dal primo momento
Vergil aveva preferito la bruna, giudicando l'altra troppo poco
evidente per degnarla delle sue attenzioni, possibile che proprio la
sua preferita iniziale lo tradisse in quel modo? Gli era forse apparso
qualcosa delle ragazze sotto una luce diversa, all'inizio?
(Perchè non era ovviamente possibile che fosse stato lui a
sbagliare nell' interpretare le nuove conoscenze ). Possibile che fosse
Federica quella tanto stupida da preferire suo fratello?
(Perchè
chiunque anteponesse Dante a lui non era altro che un intelletto
inferiore)
La ragazza, ancora seduta di fianco a lui, ormai non si vergognava
più di guardarlo. L'imbarazzo precendente, certamente
dettato da
quel paragrafo sentimentale e romantico della sua anima, aveva lasciato
il posto alla solita spontaneità. Non aveva voglia di
pensare a cosa avrebbe potuto pensare di lei, non aveva voglia di farsi
problemi inutili nè deboli e vaste congetture, voleva essere
se stessa, come lo era stata in quei giorni. Ed ora c' era qualcosa
dentro di lei
che ribolliva dalla rabbia, aveva voglia di cancellare dal viso
dell'albino quell' espressione di superiorirà non curante,
voleva dimostrargli che anche lei non mancava di intelligenza per
equiparare le sue battute sarcastiche, e che la sua perspicacia non era
da meno di quella di lui. Proprio così e in quel momento
Sveva, quasi senza
accorgersene, aveva inferto un colpo stranamente inaspettato alla
sicurezza del ragazzo, non potè fare a meno di chiedersi se
con
quel gesto non avesse trasformato Vergil in una specie di Otello, il
cui silenzio pensoso presagiva un' ira terribile.
Intanto un cagnolino nero era entrato nel vicolo antistante l'albergo,
il suo abbaiare vivace aveva messo in fuga tutti i gattini del
circondario ed attirato molti curiosi, Federica non aveva mai resistito
a quei piccoli animali giocherelloni e non potè fare a meno
di
intrattenersi qualche minuto con lui. Dante, non accorgendosi che
l'attenzione dell'amica era monopolizzata dal cucciolo, andò
avanti, quando si accorse di essere rimasto solo qualche metro innanzi,
si guardò intorno. Non vide Federica: vide invece una coppia
in
terrazza. Nel momento in cui realizzò che
Sveva stava guardando Vergil con un po' troppo trasporto, lui si
sentì cingere ai fianchi
da delle lunghe braccia femminili e non potè fare a meno di
sorridere contento. -Il cagnolino ti ha lasciata andare...-
Ciao
a tutti lettrici e lettori,
Buona Estate! Ecco a voi un capitolo piccolo ma abbastanza
significativo per i nostri personaggi: a quanto pare iniziano a
chiarirsi un po' di situazioni e le apparenze iniziali crollano
progressivamente. Cosa succederà?
Arrivederci al prossimo capitolo!
Come al solito GRAZIE a chi legge, e mi inserisce tra
autori,storie preferite, ricordate o seguite. Un grazie doppio a chi
commenta: Beautiful Lie e Fy
, senza di voi non continuerei con la stessa tenacia!
|
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Capitolo 13 *** I love shopping ***
Erano ormai le undici del mattino quando i gemelli e le due amiche
poterono trovarsi tranquillamente tutti insieme. All'apparenza tutto
procedeva normalmente: c'erano le solite battute ironiche, gli abituali
scambi di galanterie e civetterie, i sempreverdi scherzi di atipico
gusto, ma in realtà i malumori e le gelosie sotterranee
continuavano a scorrere e i vecchi dubbi venivano sostituiti con nuovi
interrogativi forse ancor più pressanti. Erano, ovviamente,
ancora la piccola comitiva spensierata ma proprio quella spensieratezza
tipica delle frequentazioni superficiali stava lasciando il posto ed
emozioni più forti, segnali di una conoscenza più
profonda.
Queste erano le sensazioni che ribollivano negli animi di ciascuno dei
ragazzi ma che non si manifestavano mai apertamente, ognuno le teneva
per sè, gli dedicava un cantuccio della propria mente,
qualche
battito veloce del cuore e cercava subito dopo di dimenticarle,
lasciando che fosse il tempo a far emergere ogni segreto nel momento
opportuno.
Federica iniziò ad agitare il piede sinistro, sbattendolo
nervosamente per terra con piccoli scatti irritati.
-Che abbiamo intenzione di fare? Io qui mi sto cuocendo, arrostendo e
dorando- Sentenziò bruscamente, interrompendo uno dei
piccoli
dibattiti futili che si stava svolgendo tra i due gemelli.
-Tesoro, che sei un bocconcino appetitoso l'abbiamo sempre saputo!-
Rispose Dante sporgendosi dalla sedia come fingendo di darle un morso
alla spalla, prima che la ragazza gli ponesse l'indice al centro della
fronte per spingerlo indietro.
-Potrebbe essere un boccone più amaro del previsto- Aggiunse
improvvisamente Vergil, mentre la bionda di fianco a lui lo guardava
perplessa.
-E sarò molto, molto amara se mi farete stare qui tutto il
tempo
a non far niente!- Proseguì Federica con voce più
acuta
di prima e ancor più seccata. -Siete voi gli anormali a non
voler andare in spiaggia con questo tempo ideale- Continuò
con
ben poca delicatezza, prima di essere interrotta da Vergil
-Vuoi andare in spiaggia?-
-Si- Rispose lei con uno sguardo di sfida
-Bene, quella è la strada. Ciao!- Concluse lui, alzando la
mano
a mimare un gesto di saluto, ma poi per il livore stava per calare
l'arto pesantemente sul tavolo, fu in quel momento che Sveva si
azzardò a posargli una mano sul braccio, quasi sul polso,
con un
tocco gentile ma fermo, che invitava alla calma. Vergil la
guardò sorpreso ma incontrò un' ammonimento a
mantenere
il controllo, si stupì: credeva di essere l'unico a cercare
di
tenere a freno gli impulsi subitanei. Possibile che lei stesse capendo
i suoi atteggiamenti? Proprio quella ragazzina che si era divertito a
prendere in giro ed imbarazzare, proprio lei che aveva sempre avuto
qualcosa di inafferrabile.
-Ci vuole un posto con l'aria condizionata, così non saremo
sotto il sole, nè soffriremo il caldo.- Disse la ragazza,
con
voce quasi atona, tornando al discorso precedente e chiudendo l'alterco
tra l'amica e Vergil.
-Possibilmente un luogo in cui non siamo ancora stati, magari evitiamo
di annoiarci almeno un giorno.-La interruppe l'albino vicino
a
lei.
-Le prime parole sensate che sento!- Esclamò la
bruna,
prima di sotterrare di nuovo gli animi dicendo -peccato che non ci sia
un posto così-
-Ricapitolando: fa troppo caldo per stare fuori, è troppo
presto
per cinema o ristoranti e rimanere qui sarebbe decisamente troppo
noioso- aggiunse questa preziosa informazione l'albino
-Grazie per questo utilissimo contributo, Dante- sbottò
Federica
-Mio fratello è sempre illuminante- affermò
seccato Vergil
-Vi illumino di immenso miei cari!- esclamò il ragazzo,
quasi
non accortosi del sarcasmo altrui. Tre paia di occhi lo fissarono
stupiti, mentre lui rispondeva con uno sguardo evidentemente
soddisfatto di sè. -Tu conosci una poesia?- Chiese qualcuno
di
loro
-Si, anche se non ho mai capito come continua questa-
-Mi pareva strano- osservò Sveva sconsolata -Dante, questa
poesia non ha seguito: è l'unico verso!-
-Davvero? Chiunque l'abbia scritta è stato intelligente! Lui
l'ha capito che le poesie lunghe non le impara nessuno! -
stavolta tre paia di mani toccarono le rispettive fronti in un gesto di
sconforto. -Secondo la tua logica ti chiami come il poeta
più
stupido della storia! Hai idea di quanto sia lunga la Divina Commedia?-
-Se lo meriterebbe di chiamarsi come un cretino. Altro che Dante, io lo
vedrei bene come Asdrubale, Anacleto,Eleuterio...-
Federica non sapeva se ricordare il suo cattivo umore con un sonoro
"uff" o scoppiare a ridere per quel fraterno "scambio di cortesie e
sguardi affettuosi" ( e per l'immaginarsi Dante come il gufo di
Merlino, Anacleto) alla fine decise per una comica via di mezzo, un
verso anomalo e irriproducibile. Non poté fare a meno di
guardare Dante con un moto di simpatia, i suoi occhi chiari e sinceri
tradivano una certa ingenuità infantile, ma sapeva che era
capace di grandi sentimenti. Vergil le faceva girare le scatole:
saccente, uomo vissuto, affascinante quanto un dio greco, ma
difficilmente digeribile.
-Per il malumore femminile niente è meglio di un po' di
shopping!- Assicurò l' altra ragazza.
-In questo caso ci vorrebbe un intero centro commerciale!-
Commentò Vergil vedendo la faccia scocciata della bruna
-Come ho fatto a non pensarci!- Sveva fece saltare tutti per
quell'esclamazione a voce troppo alta - Ne hanno appena aperto uno,
veramente pacchianissimo a vederlo da fuori, se i gemelli
prendono la macchina potremmo andarci!-
-Pacchia...che?- Chiesero i gemelli in coro.
Sveva guardò prima Dante sorridendo, poi però
osservo
Vergil e scosse la testa ridacchiando -Meglio che non lo sappiate!-
Peccato che quell'espressione felice si gelò nell'imbarazzo
che
incendiò le guance. Il ragazzo aveva mosso le dita e solo
allora
Sveva si era accorta con orrore di aver sempre tenuta la propria mano
su quella di Vergil, un gesto del quale non si era accorta, che lui non
aveva respinto, ed ora le dita di lui serravano quelle di lei, come una
carezza statica ma invitante. Evitò di ritrarsi bruscamente
da
quel contatto per non attirare l'attenzione, ma vedeva le labbra
dell'amico piegarsi pericolosamente verso l'alto, avrebbe sorriso.
"Quel" sorriso indecifrabile, che solo lui era capace di
assumere.
Per un lunghissimo istante i due si isolarono in un
microscopico
mondo, che comprendeva solamente le loro due sedie, i loro sguardi
rimasero incollati ma non facevano trapelare le reali sensazioni che
nascondevano.
Federica fu compiaciuta dalla situazione, ma non si accorse che Dante
fissava il fratello e l'amica con mal celata preoccupazione.
I gemelli dovevano pensare che il noleggio dell'automobile fosse stato
l'investimento migliore fatto in vacanza: il veicolo sfrecciava veloce
tra le strade costiere, sospese tra rocce e panorami mozza fiato. Con i
capelli al vento, la radio al massimo, i visi accesi dall'allegria e
aspettativa la piccola comitiva si allontanava velocemente dal loro
paesino piacevole quanto stagnante, per loro i chilometri
mangiati dalle ruote avevano il sapore della libertà,
potevano
andare dove volevano, padroni di una giornata di sole.
-Che canzone mettiamo?-
-Mettiamone una per il mio serissimo fratello!-
-Giusto, il nostro pilota merita una canzone...ah no, non te la puoi
scegliere da solo, non vale! Sveva che canzone dedicheresti a
Vergil?- Sentendo quella frase Dante sudò freddo, l'intesa
che
aveva visto tra il gemello e l'amica lo rendeva inquieto. Un morso di
gelosia gli pungeva lo stomaco, aveva sempre coperto di coccole la
biondina, ma doveva ammettere che il feeling tra loro due era scemato,
o meglio c'era semplicemente qualcosa che non scattava.
Non voleva credere che invece con lui... Era il senso di protezione a
metterlo all'erta, sapeva che il fratello poteva essere insensibile con
chi gli dimostrava un certo interesse e non avrebbe voluto vedere
l'amica ferita da quella copia mal fatta di se stesso. Corrucciato
aspettò il titolo della canzone che sperava non fosse
d'amore o
vagamente romantica.
-Per Vergil? Niente di meglio di Womanizer della Spears- Rispose
allegramente Sveva, togliendosi una ciocca di capelli che le sferzava
il viso, Dante guardandola tirò un sospiro di sollievo. Il
pilota, l'unico di loro a tenere un certo autocontrollo, forse proprio
in virtù del compito che svolgeva piegò le labbra
in un
sorriso seducente ma non disse niente. -Fede sentiamo Alighieri cosa ti
dedicherebbe...-
L'albino sfoggiando un'espressione da tipica canaglia: -Hot, di Avril
Lavigne. - Le ragazze lo guardarono stupite, ma si
vedeva
che lui non aveva ancora finito -Eh si, perché a qualcuno
piace
caldo!- concluse facendo l'occhiolino.
-Ricordamelo la prossima volta che ho a portata di mano un po' d'acqua
bollente, mio caro "American IDIOT!"- Scoppiarono tutti a ridere,
tranne l' "idiot" evidentemente scontento.
L'ultima curva li portò in vista di una costruzione
piuttosto
bizzarra, una forma di alta onda fabbricata con materiale
indefinibile e attorniata da decide di macchine.
-Che cavolo?- Si lasciò sfuggire Vergil, perdendo la solita
compostezza.
-Io l'avevo detto che era pacchiano-
-Mi augurerei uno tsunami giusto per vendicare il buon gusto-
-Non fino a che c'è la nostra macchina sotto!
Chissà come
Dante non l'ha già distrutta.- Sentenziò l'albino
parcheggiando con una sola precisissima manovra e chiudendo l'auto dopo
che gli altri tre furono scesi.
C'era qualcosa di elettrizzante in quelle porte scorrevoli che si
aprivano davanti a loro: la promessa di divertimento, di corse lungo i
corridoi, di foto rubate in negozi che vendono articoli improbabili, di
scoprire gusti discutibili e mai confessati degli amici. Un lungo
corridoio di piastrelle bianche li invitava ad entrare come un tappeto
rosso ad un galà, tutt'intorno era pieno di vetrine
scintillanti, manichini dal fisico perfetto, abiti mal abbinati, e
insegne pubblicitarie grandi e illuminate.
"I love shopping" sussurrò Sveva all'amica, che
ricambiò con un "Wonderland!"
I ragazzi, abituati ai negozi americani furono poco impressionati, ma
Vergil non avrebbe confessato nemmeno sotto tortura che un brivido di
piacere gli percorse la schiena all'idea di trovare qualche articolo
interessante di moda "made in Italy", a Dante sarebbe bastata qualche
vaga minaccia di frustate per fargli sputare un elenco infinito di
negozi dove voleva assolutamente andare.
Due vetrine di abbigliamento maschile occhieggiava al lato destro.
"Quello non sembra male!" indicò Dante.
Il fratello non riusciva a credere che avesse trovato un negozio di
abiti di classe, e cogliendo al balzo un' occasione non sperata lo
precedette. "Ma dove vai?" chiese, vedendolo svoltare improvvisamente.
"Che domanda? Al negozio!"
Vergil si accorse troppo tardi, e con sommo orrore, del negozio pseudo
street-style, proprio di fianco a quello elegante che aveva visto lui,
e che offriva un' incredibile gamma di pantaloni stracciati,
magliette bucate, larghe e coloratissime. La mano in fronte fu
d'obbligo. "E ci ero pure cascato..." si limitò a sussurrare
vedendo il gemello infilarsi in quello che a lui pareva un ricettacolo
di roba immettibile. "E tu dove vai?" con sua sorpresa anche Federica
stava seguendo il fratello.
"Certo che oggi ti sei bevuto proprio il cervello, non vedi che vado al
negozio?"
"Ma...." non riuscì a finire la frase, guardò la
vetrina
e si accorse che non vendevano articoli femminili, ma ormai la ragazza
era già entrata per farglielo notare.
"Le sono sempre piaciute le maglie da uomo!" Si limitò ad
osservare Sveva, che era rimasta dietro di lui. Vergil si riscosse,
riprendendo la solita aria stolida, almeno cercava di salvare le
apparenze con lei. "Quella polo ti starebbe molto bene". Si
limitò a dire l'amica, osservando una maglietta bianca con
delle
cuciture blu elettrico nella vetrina che aveva attirato lui prima.
"Mi sta bene qualunque cosa!" Rispose lui, quasi prima di accorgersene.
Il sorriso esitante della ragazza fu sostituito da uno sguardo duro e
indecifrabile, mentre anche le labbra di lui prendevano una piega amara.
Cinque minuti dopo quasi tutti loro avevano una busta con i primi
acquisti. Federica, incoraggiata dall'albino, sventolava una maglietta
da uomo con il logo di batman e Dante un paio di pantaloni che
sembravano usciti da un incidente stradale. "Che hai preso tu
fratellino?"
"Non vedo nessun fratellino, qui."
"E dai non fare l'antipatico."
"E tu non essere insopportabile! Ah già...è
impossibile!"
"Ha preso la polo bianca della vetrina. Gliel'ho consigliata io..."
aggiunse la bionda, prima che i due sembrassero appena usciti
dall'asilo.
"Ahh quella da principino elegantone" criticò ridendo l'amica
"Semplicemente di buon gusto" si difese Sveva.
"Proprio come piace a te!" aggiunse l'altra facendole l'occhiolino.
"Andiamo al negozio di accessori!" Propose, cambiando istantaneamente
discorso, prima di finire sul terreno minato.
"Siiiiiiiiiiiiiiiiiiii!"
"Non ne usciremo vivi" Si dissero i gemelli, ritrovando
improvvisamente l'alleanza maschile di fronte alla sfida titanica di
una bottega di bracciali, collane e qualunque altra cosa
sbrilluccicasse.
Infatti, i successivi dieci minuti le due amiche non fecero altro che
girare estasiate tra gli scaffali ed indicare più o meno
tutto
quello che c'era, per un apprezzamento o commenti negativi. Il
termometro della noia per gli Sparda schizzava in sù, anche
se
seguivano stoicamente le due ragazze. Sveva decise per un ferma capelli
a forma di fiore, sebbene non staccasse gli occhi e ogni tanto
accarezzasse da un più imponente baciamano orientale, mentre
Federica agguantò un paio di orecchini e li
sventolò
davanti alla faccia di Dante, che fu graziosamente costretto a
regalarglieli. Alla fine uscirono tutti e quattro dal negozio: due
pacchetti erano tenuti orgogliosamente in mano dalle ragazze, mentre un
terzo venne nascosto in un' altra busta da uno dei due gemelli.
"Andiamo a vedere gli articoli sportivi!"
"No, vediamo il make-up"
"Ma sei matta, andiamo da alcott!"
"No, io voglio andare al Disney Store!" (L'elenco di negozi citati fu
troppo lungo per essere riportato per intero)
"Federica, testa o croce?" Propose Vergil, apparendo tra lei e il
gemello con una scintillante monetina, che alla fine decise per una
istruttiva
visita nell'unico negozio del centro dove l'orologio biologico torna
indietro: Disney!
La biondina non riuscì a non fare gli occhi dolci davanti ad
un
enorme peluche della Bestia, esemplare mancante alla sua collezione.
"Uh guarda Dante, l'unico principe che ti somiglia!" Scherzò
Vergil indicando il peluche.
"Meglio è il mio preferito!" Sveva intendeva difendere
più il pupazzo che l'amico, ma i gemelli fraintesero,
così mentre uno gongolava, l'altro dissimulava una fitta di
gelosia.
"Grazie tesoro, ma io sono...Hercules! Il più bello e il
più forte!" Spiegò l'albino mettendo in mostra i
bicipiti.
"Nooooooooooo voglio la penna di Jack!" La voce di Federica interruppe
il dibattito, uscendo da non si sa quale anfratto della sezione
dedicata a Tim Burton, e ovviamente la penna andò a far
compagnia agli orecchini nella sua borsa.
Dante si avvicinò al fratello con aria da gran cospiratore,
i
due si allontanarono da qualche passo, per non farsi sentire dalle
ragazze, e per la prima volta sembrarono i gemelli che realmente erano:
uguali, illuminati dallo stesso diabolico sorriso, che non faceva
presagire nulla di buono.
"Che avete da sghignazzare voi due?" chiese ingenuamente Sveva.
"Oh niente, pensavamo che avendo Federica scelto l'ultimo negozio
adesso....toccasse a Dante"
"E....io ho già deciso!" L'espressione più
angelica che
gli riuscì mise comunque i brividi alle ragazze, che si
voltarono verso la vetrina indicata dai maschietti: Intimo femminile.
"Chissà perché non me lo
aspettavo..."
"Era prevedibile, però non avrei creduto che anche Vergil
sarebbe stato d'accordo"
"Svè, pure lui ha gli ormoni, magari meno shackerati ma ci
sono."
Con due volti da prigioniere le ragazze entrarono nel negozio di
intimo, seguite da un ridacchiante Dante e il suo, come al solito,
impassibile ma sorridente gemello, e sarebbe difficile dire chi dei
quattro facesse più attenzione alla merce in vendita.
"Stiamo facendo venire pensieri poco casti alla nostra suorina?" Chiese
Federica all'amica, sventolandole davanti un bustier rosso come la sua
faccia.
"Non sono poi così suorina" rispose l'altra sibilando e
guardando distrattamente un completo
"Buono a sapersi" Aggiunse Vergil dietro di loro,
"Adesso sì che ti sei fatta rosso peperone!"
"Ma la vuoi smettere!"
Dante si avvicinò alla mora con aria sorniona "Questo ti
starebbe divinamente, tesoro!" mostrandole una stampella con qualche
pezzo di stoffa difficilmente riconducibile ad un tanga con reggiseno.
"...Io non credo"
"Potresti provarlo!" Continuò lui, come colpito da un' idea
eccellente
"E magari fartelo vedere"
"Ovviamente!"
"Mmmhh" la ragazza prese il completo, come esaminandolo attentamente,
con interesse..."NO!" lo rimise davanti al naso di Dante, prendendo
invece un push-up poco distante. "Svèè guarda che
carino
questo!"
"Il colore non mi piace"
"Ma è troppo imbottito!" Protestò l'amico
guardando l'articolo
"Dante, mi spiace darti quella che sarà la notizia
più
tragica per te, dopo l'inesistenza di babbo natale, ovviamente. La
maggioranza delle ragazze a cui fai la radiografia ha questa
imbottitura sotto la camicia" Rispose la bionda senza scomporsi
"Ti assicuro che non è così...Esperienza
...diretta!" aggiunse lui con aria di gran casanova
"Allora sei stato con tutte rifatte!"
Il sorriso di Dante si congelò all'istante, mentre
insospettabilmente Vergil rise vivacemente, attirando l'attenzione di
tutte le commesse.
"Noooo, c'è anche il reparto maschile! Questi, sono perfetti
per
voi!" Federica agitò due paia di boxer, uno aveva un sushi e
l'altro un cannolo siciliano ( in zona strategica). Fu la bionda a non
trattenersi dalle risate. "Sempre che non siete tipi da slip.....spero
di no!" Disse Federica abbassando evidentemente lo sguardo
"Tsè,
prima fate i cascamorti poi sembrate due educandi!"
"Questi sono da Vergil.." Insospettabilmente, anche la suorina
iniziò a fare congetture sull' intimo dei ragazzi. "Non mi
guardate così! Che ho detto di male?" Effettivamente nessuno
si
aspettava quell'intervento disinvolto, men che meno l'albino a cui
effettivamente i boxer neri scelti piacevano non poco."E' un segno del
destino, hanno messo anche Womanizer alla radio. Che ne dici Ver?"
L'albino non rispose ma piegò le labbra in un sorriso
seducente.
"Io direi di tornare al reparto femminile!" Ne approfittò il
fratello
"Ok, Tanto a quel che pare voi due non siete divertenti nemmeno sotto i
vestiti." Dante strabuzzò gli occhi, ma non gli
riuscì di
dire niente, gli sembrò l'insulto peggiore che avesse mai
ricevuto in vita sua. "Non fare quella faccia! Dai ti regalo questi!"
Guardando la scena che si svolgeva alle loro spalle prima di tirare
fuori da dietro la schiena un paio di boxer rossi con il logo della
coca cola.
"Federica ma che.....?" Dante si sentiva sempre più preso in
giro.
"Mhhh se mi conoscessi meglio dovresti esserne felice" Rispose lei
ridacchiando.
Sveva era rimasta un po' indietro, guardando uno stand alla sua
sinistra "Questo è carino.." commentò sottovoce
guardando
un completo nero con frangette rosa che scendevano.
"Ti donerebbe molto" Sibilò Vergil alle sue spalle, tanto
vicino
che la ragazza poteva sentirne il fiato accarezzarle la nuca.
"Te ne intendi di biancheria femminile, womanizer?" riuscì
ad
articolare piuttosto maldestramente la ragazza. Anche se era di spalle,
riusciva a capire che quel mezzo sorriso non aveva abbandonato le
labbra dell'albino.
"Mi piacevano i boxer che avevi indicato per me..." alla ragazza
sfuggì una risata di imbarazzo, mentre tentava di girarsi
per
andarsene. La canzone di Britney Spears proseguiva ( I know
just what you are...But no way I’m ever gonna fall
for you)
"Sei sicura che non sarai un' altra vittima di un seduttore?"
sussurrò infine lui.
"Andiamo piccioncini!...Uh Sve, bello quello prendilo!"
La bionda che fissava gli addominali di Vergil dai 10 secondi
più lunghi di tutta la vita, non se lo fece ripetere due
volte e
prese al balzo la prima scusa che la disincastrasse dall'albino e lo
scaffale: senza sapere come si trovò fuori dal negozio con
la
busta di un negozio in cui non aveva nemmeno pensato di andare, ma il
cui contenuto non le dispiaceva.
Un' ora di negozi dopo la piccola comitiva decise di fare una pausa
terapeutica per mangiare. Da perfetti salutisti quali erano tutti e
quattro optarono per il locale in cui gli hamburgher sembravano
più grandi, pieni di salse dalla composizione indecifrabile,
e
accompagnati da patatine giganti e tanto dorate da sembrare
più
adatte nella vetrina di una gioielleria.
Prima di prendere posto andarono a lavarsi le mani, ed entrambi i
gruppi poterono approfittare della momentanea separazione per
scambiarsi qualche commento.
"Ti sei accorta che nel negozio di intimo Vergil ti ha mangiata con gli
occhi?"
"Ehm, si, credo. Ma mi sono sentita più uno snack arrostito
che una femme fatale."
"Se ti guarda ti sciogli, non si fa così, Sve!"
"Già, dovrei prendere esempio da te eh? Ho visto che gli hai
comprato qualcosa a Dante"
"Ah, ehm, te ne sei accorta...." Federica sembrava improvvisamente
reticente. "Ti ha dato fastidio?"
Sveva sospirò in un modo che fece venire un nodo allo
stomaco
all'amica "No. E' solo che mi sembra tutto talmente confuso. Alla fine
abbiamo stretto i rapporti tutti con tutti, a Dante sono molto
affezionata, è simpatico, è dolce anche se fa lo
scemo"
disse sorridendo intenerita. "Però a volte non so come
comportarmi con lui, voi due mi sembrate molto più in
sintonia, più rilassati, state bene insieme."
"Anche a me sembra che tu e Vergil potreste andare molto più
d'accordo di quanto mostrate"
"Non lo so. Anche se mi chiedo se anche loro facciano questi discorsi."
Si chiese pensosa, rivivendo certe scene dalle quali era innegabile che
negli ultimi giorni anche gli Sparda avevano cambiato alcuni
atteggiamenti verso di loro, a volte impercettibilmente, altre molto
manifestamente. "E comunque, non mi sfuggi, che gli hai preso?"
Riuscì a beccare l'amica proprio prima che svanisse oltre la
porta del bagno.
"Un boxer della coca-cola"
"Questo si che è apprezzamento per una coca-cola dipendente
come te!"
Le ragazze uscirono ridendo dalla toilette.
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"Devo fare le cascate del Niagara"
"Dante, fai schifo!"
"Guarda che è una cosa fisiologica!"
"Falla, senza dare anteprime. Grazie!" Vergil scosse la testa,
disgustato dall'idiota che si ritrovava come fratello.
"Reggi queste che mi lavo le mani"
Vergil notò la busta del negozio di intimo. "Non pensavo ti
fossi comprato qualcosa lì"
"Non l'ho fatto. E' un regalo di Federica" fece lui schioccando la
lingua, molto compiaciuto.
Senza chiedere permesso il gemello aprì la busta per vedere
che cosa c'era dentro "Sei sicuro di riempirli?"
"Vuoi scherzare, al massimo potrebbero essere stretti!" Il sorriso
spaccone di Dante scivolò in un' espressione confusa mentre
aspettava che anche il fratello si lavasse le mani. "Ti ricordi il
discorso dell'altra volta?"
"Sei sicuro che fosse un discorso degno di essere ricordato?" Chiese
l'altro ridendo
"Mentre eravamo bloccati in macchina...." Vergil annuì, non
aveva dimenticato di quando si erano reciprocamente rimproverati di
prestare attenzione ANCHE alla ragazza che non avevano scelto
inizialmente.
"Mi sa che abbiamo continuato su quella strada"
"O forse abbiamo proprio cambiato direzione" Rispose l'altro
enigmaticamente.
Due panini a testa,una bibita, un numero incalcolabile di patatine e un
imprecisato valore calorico di dolci dopo, la piccola comitiva
uscì dal ristorante pseudo-western che avevano scelto. Gli
occhi
strabuzzati suggerivano che nemmeno loro riuscivano a credere a quanto
avessero mangiato, solo Dante sembrava fiero soddisfatto sotto il suo
nuovo cappello da Cow-Boy, omaggio della casa per il giovane che si era
tanto evidentemente distinto nel campo dell' appetito.
"Tre porzioni di patatine, come diamine hai fatto?"
"Nel selvaggio west servono energie per combattere i pelle rossa,
ya-ohh"
Sveva si limitò ad alzare il sopracciglio, dire che si era
bevuto il cervello insieme alla birra sarebbe stato superfluo "Meno
male che i panini erano piccoli!"
"Non se, come ho fatto io, ci aggiungevi peperoni, melanzane,
formaggio, pancetta, uova, mostarda e..."
"Ti supplico basta!"
Vergil passò all'azione rubando il trofeo del fratello
"Ridammelo immediatamente"
"Altrimenti che fai? Chiami lo sceriffo? Consideralo in ostaggio per la
prossima ora, tu non nomini nulla di vagamente commestibile e io ti
ridò il pargolo"
Il gemello si limitò a guardare il suo povero cappello con
aria
timorosa e sconsolata, se avesse tentato di riprenderlo con la forza
l'avrebbe rovinato, e non voleva esporlo a quell'inutile rischio. Ci si
era affezionato tanto che si era persino rifiutato di regalarlo a
Federica, resistendo per la prima volta ai suoi occhi dolci, adducendo
la scusa che il west non era roba da donne...a meno che non fossero
mezze nude in un saloon.
"Svevy"
"Che c'è Fede?"
"Come inizia quel libro...quello del pianista"
"Novecento di Baricco? -Succedeva
sempre che ad un certo punto uno alzava la testa e la vedeva...-"
"La vedo!"
"L'America?"
"Meglio!"
"L' Inghilterra!"
"No...l'area DIVANI!"
I due mal capitati vicino a Federica furono istantaneamente catapultati
verso dei comodissimi quanto logori divani in pelle nera. L'America
era, ovviamente, un divano libero al centro della saletta predisposta.
Degli sguardi pieni di orrore accompagnarono la comitiva: quattro
ragazzi, anche se in due coppie, facevano presagire sempre disastri e
fine del riposino per gli anziani e le altre coppiette che
interpretavano quel piccolo spazio come un' anticipazione all'ospizio o
ad un motel. I divanetti dei luoghi pubblici sono spesso uno scenario
peggio del telefilm LOST, chi è riuscito a sedersi
è tra
i pochi eletti e fortunatissimi, ma è decisamente poco
contento
di condividere il privilegio con altri occupanti, a meno che non
dimostrino la loquacità di mummie egizie senza maledizione
annessa.
"Federica ci siamo appena alzati dal tavolo del ristorante! Continuiamo
il giro..." La esortò Vergil che si meritò uno
sguardo di
ammirazione da parte di una vecchietta.
"Appunto, dopo pranzo ci vuole un po' di riposo!"
"Ma io non ne ho bisogno!" Aggiunse Dante, rimanendo in piedi. (La
vecchietta fu sempre più contenta!)
La bruna però si era già accampata su un divano e
accanto
a lei c'era ancora un posto libero. " Lo convinco a sedersi in mezzo
minuto" Sussurrò all'amica che le stava di fianco. "Ma
Dante,
preferisci peregrinare per tutto il centro commerciale con tuo
fratello, piuttosto che riposarti un po' vicino a me?" Una blanda
indicazione del cuscino e le classiche gambe accavallate fecero il
resto.
"Che splendida idea sedersi un po!" Rispose l'albino, che ormai aveva
dimenticato perfino il cappello da cow- boy.
Sveva guardava sorridendo la scenetta, ma iniziava a sentirsi di
troppo. Malgrado i suoi sentimenti fossero ancora terribilmente
confusi, sentiva che qualcuno avrebbe dovuto fare qualche passo in
avanti per chiarire la situazione e le preferenze di ognuno. Ma non
riusciva ad essere lei, mentre Federica non aveva quasi mai paura di
buttarsi, se le andava di fare una cosa erano poche le volte in cui si
faceva problemi, così decise di lasciarla da sola
con
Dante, sicuramente Vergil non sarebbe rimasto lì a fare da
reggi moccolo.
"Faccio un giro alla libreria di fronte!" Non ottenne risposta i due
erano già assorti l'uno nell'altra e l'altro gemello dava
l'impressione di non interessarsi a cosa facessero gli altri.
"Uh, ma Sveva se ne è andata!" Notò Dante
più di cinque minuti dopo.
"Sarà qui intorno, non si perde non ti preoccupare. E poi
così stiamo più larghi! " Commentò la
ragazza
sedendosi più comodamente.
"Io preferisco quando stiamo stretti..." rispose l'amico
abbracciandola e riattirandola a sè.
"E va bene, ma non iniziare a fare l'appiccicoso!"
"Con te è difficile trattenersi" La ragazza rise e smise di
discutere, dopo tutto Dante le piaceva ed era meglio farglielo capire
piuttosto che allontanarlo in malo modo.
La loro percezione della realtà tornò a
comprendere anche
il luogo in cui si trovavano e gli amici solo mezz'ora dopo, quando il
fratello riapparve da non si sa dove e Sveva stringeva ancora uno
scontrino per la consumazione di un caffè.
"Sono le cinque"
"Di già?" Guardarono tutti meravigliati Vergil e il suo
orologio.
"Se volete cambiamo fuso orario..." rispose sprezzante
"Con te non si può mai parlare!" Esclamò la
biondina
prima di incamminarsi per un lato del centro che non avevano ancora
visto e costringendo gli altri a seguirla.
Nemmeno un minuto dopo si erano già fermati di nuovo, i due
maschi osservavano una vetrina che prometteva " le migliori
cravatte del momento"
"Io detesto le cravatte" informò Dante, "Sono dei moderni
arnesi
di tortura, nessuno sano di mente si farebbe un nodo al collo!"
"In realtà non sono proprio moderne.... e poi già
nel
'700 la moda maschile prescriveva degli specifici nodi alle cravatte
per essere davvero eleganti. Una piega sbagliata o un nodo mal fatto
avrebbero procurato al messere di turno il biasimo di gran parte della
società."
"Sveva, ti bastava dire che sono troppo raffinate per lui." Vegil
entrò nel negozio, ma non si aspettava che la ragazza lo
seguisse. "Qui vendono solo cravatte."
"Oh, davvero? Questa l'avevo scambiata per un tosta pane!"
Rimbeccò lei, ma non ottenne risposta alla provocazione.
"....Mi
sono sempre piaciute le cravatte"
"Ma sono da maschi!"
"Vuoi davvero sentirmi dire che somigli a tuo fratello quando parli
così?" In risposta ebbe solo un battito nervoso di ciglio, e
la
bocca piegata in giù in un' espressione decisamente
contrariata.
"Appunto. Cerchi qualcosa in particolare?"
"Non esattamente, volevo solo controllare cosa va qui in Italia"
"Stai vedendo le stoffe più eleganti. Le azzurre, anche
celesti
ti dovrebbero stare molto bene, fanno risaltare gli occhi.
Probabilmente,però, ne hai già parecchi
così"
"Si, infatti."
"Bordoux? Tonalità calda, tendente al rosso che è
il
colore passionale per eccellenza, ma in una sfumatura tanto scura da
potersi dire seria, in una parola: fascino"
"Se continua così la prendo a lavorare con me, signorina!"
Il
negoziante fino ad allora non si era intromesso, avendo visto la coppia
già assorta in discorsi propri, ma stavolta aveva voluto
dire la
sua. "La sua fidanzata è convincente!"
"Convincente si" disse Vergil, osservando meglio la cravatta,
"Fidanzata no!"
"Ehm, no assolutamente no!...Comunque grazie, cioè per il
convincente, non per..." La voce dell'unica donna presente nel negozio
si spense in un mormorio indistinto, mentre lei si girava verso un
altro stand.
"Finalmente siete usciti da lì!"
"Che avete comprato?"
"Guarda che carina!" Sveva alzò con orgoglio una cravatta
con
piccoli stemmi antichi riprodotti su uno sfondo grigio rosa.
"E' rosa" confermò Vergil con orrore.
"Tranquillo, la metto io mica tu. In effetti gli uomini vestiti di rosa
non mi piacciono. Li trovo poco virili."
"Non è detto, però come colore devono saperlo
portare." smentì in parte Federica.
L'albino vide per caso un pullover maschile rosa confetto in
una
vetrina poco lontana, guardò suo fratello e sorrise "Dante,
perché non entriamo in quel negozio? Mi è quasi
venuta
voglia di farti un regalo!"
Così con un po' di timore i quattro ragazzi si
accostarono ad un gigantesco
magazzino di abbigliamento sia maschile che femminile. Il brio della
mattina stava gradualmente lasciando posto ad una stanchezza totale, e
l'entusiasmo era sfiorito man mano che passavano le ore tra
le
vetrine piene di lustrini e tentazioni.
"Secondo te scherza?" Dante si era avvicinato a Sveva, facendosi
piccolo piccolo e sussurrandole all'orecchio. "Penso che abbia smesso
di farmi regali da quando avevamo 3 anni!"
"Ha detto di avere -Quasi-
voglia di farti un regalo, no?"
"Si ma....sembrava serio.Insomma sono almeno 15 anni che non mi da
manco un morso della sua pizza!"
"E' solo un regalo! Di che hai paura?"
"P....paura? Ehi, con chi credi di avere a che fare io non ho paura di
niente!"
La ragazza alzò le spalle sorridendo, il solito Dante, dolce
e arrogante un po' come la cioccolata al peperoncino.
"Ti ho sentito!"
"Che cazzo, hai i timpani ad ultrasuoni Ver?"
"No, sono semplicemente vicino a te"
"Ah...."
"Non posso voler fare un regalo al mio fratellino?"
"Non abbiamo fratelli minori!"
Dopo un sonoro grugnito Vergil entrò nel negozio, facendosi
seguire dagli altri "ovviamente dopo che te l'ho regalato lo dovrai
anche indossare...." peccato che nessun riuscì a notare
il sorriso diabolico che gli brillò per qualche istante
sulle
labbra.
"Ho un' idea!"
"Fede, questo si che è un evento memorabile..."
"Stai zitta donna! Facciamo un gioco: voi" indicando gli albini "Vi
scambiate di posto, Vergil fa lo sportivaccio e tu l'elegantone"
"Bella idea!" commentò l'altra
"Lui lo sportivo? E se gli si spettinano i capelli chi gli asciuga le
lacrime"
"E tu non hai la minima idea di come scegliere un abbigliamento
elegante!"
"Per questo ci saremo noi, li sceglieremo noi i vestiti e poi voi li
provate! Viceversa voi sceglierete qualcosa da provare per noi!"
"Pessima Idea!" sentenziò l'altra, già
sospettosa, ma
ormai gli altri tre erano già alla ricerca degli abiti.
Un numero incalcolabile di grucce sorreggevano altrettanti capi, di
ogni colore, taglio e per tutti i gusti, due piani di negozio offrivano
ampie possibilità di scelta ai quattro amici, che cercavano
di
indovinare i gusti degli altri solo per stravolgerli e creare un
abbinamento divertente più che azzeccato. I gemelli
iniziarono
insieme il loro giro di perlustrazione, andando a zonzo tra camice,
gonne, e toppini coi push-up, non furono poche le persone che li
guardarono straniti dalla somiglianza, dall'albinismo e non ultimo
dalla loro presenza in un reparto inadatto, ma i due fratelli non ci
fecero caso.
"Hai qualche idea?"
"Ho l'idea suprema Ver...Negli abiti per ragazze, meno stoffa
c'è, meglio è!"
"Avrei dovuto indovinarlo" Disse amaramente l'altro, con un'
espressione sempre più seria "E per quanto mi spiaccia
dirlo,
per una volta concordo con te! Ti ricordi di come era vestita Federica
la prima volta che l'abbiamo vista..."
"Dal sorrisino che ti è sfuggito direi che me lo ricordo
bene
quanto te" Ed ecco che nelle mani dei due gemelli si
materializzò un'aderente tutina di jeans, che finiva a
pantaloncino, ovviamente la vista panoramica sulle gambe era assicurata.
"Non
poteva venirti un' idea peggiore!" Sveva per la prima volta varcava la
soglia del reparto maschile, lo scarso interesse per gli abiti larghi
unito alla preferenza cromatica di tutte le scale di rosa avevano
sempre fatto sì che gli stand per signori non figurassero
mai nei suoi
itinerari di shopping. "Non oso pensare a cosa ci faranno provare..."
"Pensa
al lato positivo quel che gli faremo provare noi! Su, che scegliamo per
Dante? Ti piace questo completo qui?" Disse pragmatica Federica
"Molo eleganza british, molto da Vergil...ma non è
abbastanza per lui. "
"Che vuoi dire?"
"Che se dobbiamo divertirci anche noi alle loro spalle, tanto vale
esagerare"
"E come?"
"Hai
mai visto come si veste Morgan?...." Indicando un reparto di abiti
maschili che sembravano riesumati da un museo vittoriano, pieno di
camicie dalle cravatte delicate e maniche con pizzi bianchi.
"Una
è a posto, pensiamo all'altra " propose Vergil, senza troppo
riguardo
per le amiche che erano precipitate momentaneamente al rango di
manichini viventi.
"Se esageriamo nella scelta morirà dall'imbarazzo"
"Questo è sicuro, eppure secondo me può essere
provocante se vuole"
"Ma è una bambolina, è adorabile quando
arrossisce. Non ce la vedo aggressiva provocatrice"
Vergil
aveva imparato ad aspettarsi qualche sorpresa da quella bionda
enigmatica così iniziò ad osservare una serie di
aderenti abiti dal
vedo non vedo. "Scommettiamo 10 euro?"
"Ci sto, " rispose Dante,
allontanandosi fino a gli stand che confinavano vicino al reparto da
uomini, su un ripiano erano appesi una serie di capi in ecopelle, da
caste scamiciate a sbarazzine gonne ampie, passando per giubbotti
grintosi. "Hey Sve!"
"Dante che fai? Ci starai mica spiando!"
Rispose l'amica, nascondendo una giacca da uomo bordoux con le
spalline e piene di decori militari molto retrò.
"Naaa, che ne dici di sta roba?" Alzando un vestito di eco pelle
marrone con le mezze maniche e un' ampia scollatura
"Non
mi piace per nulla" Rispose la ragazza arricciando il naso,
"però
quello lì è carino" Detto ciò
scomparve per tornare agli ordini della
capA che si stava già dando da fare per trovare un paio di
jeans per
Vergil
Dante pensò di aver avuto le allucinazioni, oppure aveva
solo sbagliato a vedere cosa lei stesse indicando. Sicuramente gli
stava facendo notare la camicia di fianco, Sveva non avrebbe mai
indicato -quello-.
Coincidenza o meno l'albino lo propose come alternativa al fratello
"E
meno male che volevi andarci piano con la tua adorabile
timida!Però la
scelta mi piace parecchio" Rispose il gemello adocchiando un tubino di
eco pelle nera, aderente, con minigonna e senza spalline.
"Io ho
scelto la maglia!" Esultò Federica abbracciando una
strettissima
t-shirt bianca e corredata da buchi circolari che lasciavano vedere il
petto vicino la spalla destra
"Vergil non se la metterà mai!" Rise
Sveva soltanto a guardare la stoffa che sembrava aver resistito ad una
rissa. "Io ho scelto i jeans!"
"Quelli non ti piacciono?" Indicando un paio grigio e sfumato alla loro
sinistra
"....Non
è abbastanza rotto!" Confidò l'altra con un' aria
da cospiratrice. "Ma
questo invece si!" Alzando un paio di pantaloni larghi, in azzurro,
tutti sfilacciati sulle cosce e il ginocchio, i fili che pendevano da i
punti scuciti erano di un perfetto rosa confetto.
"Perfetto! Si vergogneranno a morte!"
L'ora
X era scaduta quando le due coppie si fronteggiarono davanti ai
salottini prova, fortunatamente c'era uno spazio inutilizzato dove la
comitiva poté istallarsi senza essere disturbata. I quattro
marciarono
silenziosamente in quella direzione, ma ognuno aveva un mezzo sorriso
soddisfatto nel pensare al bello scherzo che aveva combinato agli
altri, ogni tanto anche la curiosità di sapere cosa era
stato scelto
per loro si faceva sentire.
"Ce li proviamo uno alla volta, nessun commento fino a che il capo non
viene indossato!Ci state?" Propose Vergil agli altri
"Si, ma inizi tu!"
Federica
consegnò la maglietta e i jeans a Vergil, all'inizio
l'albino sembrò
piuttosto soddisfatto: ovviamente il grande rispetto che le ragazze
nutrivano per lui le aveva portate a scegliere una semplice t-shirt
bianca con classici pantaloni azzurri! La soddisfazione
svanì
immediatamente nel camerino. I buchi della maglietta, stesi sul suo
torace possente, lasciavano intravedere molta più pelle di
quanto
Federica aveva supposto, anche i jeans sdruciti davano un' aria vintage
e sbarazzina che apparteneva molto più a Dante che a
Vergil....non
fosse stato poi per gli inserti rosa.
L'albino uscì dal camerino con un
viso adirato "Cosa dovrei essere il giardiniere di barbie?" Il suo
umore non migliorò quando un flash gli esplose in faccia
"Non starai
facendo quello che penso, spero.."
"Oh, si! Ver, qui ci vuole la
prova fotografica! Sve, guarda come gli stanno bene i jeans," Disse
Federica, mentre invece zoomava sulla maglia bianca tirata sull'addome
"Dirò sempre che avete fotografato Dante!E' lui quello che
si veste da...da...da pieno di buchi!"
"Oh no fratello, io non sono mai pettinato in quel modo!" Indicando i
capelli gellati e portati all'indietro.
"E va bene, ora la nostra fotografa potrà prendere il mio
posto in camerino." Disse Vergil, con un sorriso maligno.
Fu
la volta di Federica di entrare nel angolo di prova, ma subito infranse
il patto, commentando la mise prima di essere vista dagli
altri. "Scusate ma dove sarebbe il vestito? Qua ci manca un
pezzo:
sembra un top con delle mutande sotto!"
"Tu esci e non ti
preoccupare!" Risposero i ragazzi con voce famelica. E lei
uscì.Fu come
un' apparizione mistica, per uno strano sortilegio ormonale tutti e due
gli Sparda avevano perso la lingua e riuscivano solo a sporgere gli
occhi verso la loro amica bruna col fisico da top e una tutina da
pin-up.
"Anche meglio di come ce la ricordavamo"
"Sta zitto e
fotografa" Commentarono i due fratelli in inglese prima che Sveva si
insinuasse tra loro mettendo ad entrambi le mani sotto il mento e
spingendoglielo verso l'alto
"State sbavando!"
"Biondina non
fare la dura che ne abbiamo anche per te!" Rispose Dante ridacchiando.
Vergil non commentò ma sembrò che un luccichio
gli balenasse negli
occhi.Istintivamente la ragazza fece un passo indietro, verso il
camerino. "Ecco brava, la
direzione è quella giusta!" Un pezzo di stoffa nera
volò in aria.
Dopo
aver preso al volo il vestito che Vergil le aveva lanciato, la ragazza
notò che la stoffa era morbida, riconobbe l'eco pelle e si
ricordò
dello stand in cui aveva visto Dante.Per il resto perse la parola ed il
sorriso fino a che si vide nello specchio: tentò di
abbassare la gonna,
ma lo stesso effetto si aveva anche sulla scollatura, poco
consigliabile, alzava il vestito lì allora, ma anche la
gonna saliva
sulle gambe ad imitare il mini short di Federica, e poi con un sospiro
dovette uscire dal camerino con un quel rettangolo di stoffa nera
strizzata addosso. "Allora?"
"Ti hanno vestita quasi meno di me Sve!"
"Eh
grazie di avermelo fatto notare" rispose all'amica con aria sconsolata.
"Dante, la prossima volta che indico qualcosa non vuol dire che me lo
immagino addosso e men che meno di una taglia minore della mia! "
Protestò la ragazza, cercando di sminuire la scollatura
mettendo i capelli
lunghi davanti. "Che avete da sorridere in quel modo?"
"Dante?" Chiamò il fratello
"Si, l'ho fatta la foto!"
"Mi devi 10 euro."
"Indubbiamente
si." rispose l'altro, staccando gli occhi dal punto in cui stava prima
la ragazza solo quando gli lanciarono addosso la roba che doveva
provarsi. "Son rimasto solo io." Mentre gli altri sembravano
essersi cambiati in fretta ed ordinatamente l'ultimo albino ci mise un'
infinità di tempo ed ogni tanto uno dei suoi vestiti
sbucava da sopra le tendine, come se lanciasse in aria quello che si
stava togliendo invece di riporlo sulla sedia.
"La smetti con lo spogliarello? Esci di lì"
"Mi mancano ancora i pantaloni!"
"Esci
subito di lì! " Tentò di dire Federica,
ancora vestita da pin-up,
mentre Sveva cercava di spegnere le risate contro la sua spalla, con
sorpresa delle ragazze Dante sembrò quasi uscire dal
camerino, almeno
una gamba nuda emerse dalle tende, prima che Vergil spingesse dentro
il fratello
"Stavano scherzando!"
Dopo
un minuto, con una vistosa faccia da funerale Dante uscì da
camerino,
evidentemente non riusciva a muoversi bene strizzato nella giacca
troppo piccola, che però metteva bene in evidenza i muscoli
delle
braccia e l'ampiezza delle spalle. I pantaloni erano adattati al
vintage, elastici e aderenti come una calzamaglia doppia. Federica si
dedicò al servizio fotografico
"Ho i pantaloni da gay, la camicia da nonnetta e la giacca che blocca
peggio di un gesso! Voi due siete crudeli!"
"Aspetta!"
Sveva si arrampicò fino alla fronte dell'albino per
scompigliargli i
capelli e formargli un ciuffo che ricadesse sugli occhi. "Sembri Mr
Rochester!"
"Spiacente conosco solo i Ferrero Rocher!"
Non riuscirono a frenare le risate davanti a quel ragazzone
affascinante dall'aria tanto tetra. Qualche
commessa iniziò a farsi strada verso l'ala più
distante dei camerini,
ma prima della discesa delle valchirie la comitiva riuscì a
fare un
ultimo scatto
"Dite Formaggio!"
La pin-up, il bucato, la
trasgressiva in eco pelle e l'uomo venuto da passato intonarono insieme
un "Cheeeeeeeeeeeeeeeeeese" che fece da colonna sonora all'
ultima
foto di gruppo di quella giornata memorabile. Che ormai volgeva al
termine.
Ciao
a chiunque sia giunto fino a qui,
questo
capitolo è stato un' odissea, l'ho iniziato mesi fa, tra
scene riscritte, battute che non venivano a dovere, ispirazione
ballerina e voglia di aggiornare. Alla fine di tutto questo non so come
sia venuto questo tredicesimo episodio, perciò
sarò grata a chi vorrà fornirmi la propria
opinione.
Come
al solito desidero ringraziare chi ha deciso di seguirmi prima fra
tutti Beautiful
Lie, mia unica
recensitrice per gli ultimi capitoli, non faccio fatica ad ammettere
che le tue recensioni sono non solo un grande piacere, ma una vera
spinta per aggiornare, grazie per l'entusiasmo che mi trasmetti!
Grazie
anche a Ishimaru,
Crystal Breeze, Namhirya per aver
inserito Doppia Coppia tra i preferiti, e Cry
Benihime per aver
deciso di seguirla, spero di aver confermato la vostra voglia di
continuare a leggerla!
|
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Capitolo 14 *** Troppi pensieri ***
Il movimento delle pale del ventilatore produceva un rumore ritmico,
costante quasi ipnotico che invadeva tutta la stanza e tutta la sua
mente. Aveva una mente molto affollata in quel momento, troppo
affollata, c'era evidentemente una persona di troppo.
Vergil o Dante?
Sveva tentava vanamente di riflettere, con l'utopica convinzione di
mettere le cose in chiaro una volta per tutte. Era palese il motivo per
cui alcune amiche l'avevo soprannominata "la psicologa mancata",
doveva, per uno strano imperativo della ragion pura che avrebbe fatto
impallidire lo stesso Kant, scomporre ogni problema, guardarlo da
angolazioni diverse, fino a farlo assomigliare ad un puzzle bizzarro,
dove tutti i tasselli sono al proprio posto ma separati dagli altri da
uno spazio sottile ma essenziale. Da non capirci nulla: guai a chi
crede di mettere ordine nella mente di una adolescente innamorata.
La ragazza stesa sul letto guardava il bianco del soffitto, quasi
aspettandosi che da un momento all'altro potesse convertirsi in un
esplosione di colori, o magari sarebbe stata la sua testa ad esplodere,
nel qual caso avrebbe dovuto lasciare una lauta mancia alle signore
delle pulizie.
Dante o Vergil?
-La risposta la conosci già,- sembrava sussurrarle la sua
mente,
che in quell'istante aveva preso le sembianze di una bella sirena
ammaliatrice dai capelli viola e gli occhi dorati, lei sussurrava e
più i pensieri della ragazza si perdevano in un mare di
interrogativi apparenti, perchè forse la soluzione la
conosceva già. -Non senti che la tua voce insiste sulla V,
che diventa più flebile, che è solo un nome a
farti
fremere di più il cuore?-
-Non mi fa fremere...mi farà secca dopo un infarto,
è diverso!- Rispose
Sveva alla propria mente, anche se qualcosa in lei dava terribilmente
ragione alla sirena -Non vedi come mi tratta male? E' gelido-
-Siamo in estate, un po' di fresco fa piacere!- Canticchiò
la
sirena immaginaria -E poi il fatto che non ti tratti da principe
azzurro non vuol dire che tu non possa esserti presa una cotta-
-Stai dicendo che sono sentimentalmente masochista?-
-Fai il liceo classico, devi essere masochista per contratto!-
-Se facevo lo scentifico era peggio...tutta matema...-
-Non cambiare discorso!- La sirena sembrava arrabiata e i mezzi pesci
adirati non hanno un bell'aspetto, potrebbero anche puzzare, se
volessero.
-Secondo te, se io sapessi già la risposta perchè
continuerei a negare? Non ha senso!-
-L'amore ha ragioni che la ragione non conosce!-
-Bacio perugina?-
-No, la versione pezzotta, il cioccolatino della caffarel!- Lo stomaco
di entrambe, che in realtà erano una persona sola, si mise a
brontolare, -Pensaci ti ci vedresti con Dante a camminare mano nella
mano?-
-Si, certo! E' già successo-
-A fare discorsi seri, lunghi, e profondi, a confessarvi romanticamente
il vostro amore...-
-Il discorso più serio che sa fare Dante è sul
menù del pranzo!- Pensò Sveva con orrore
-E nel resto del tempo ti accompagnerebbe volentieri in
libreria?- Romanzi, erano la sua
unica droga, la biondina non resisteva più di qualche
settimana
senza una visita in una libreria ben fornita
-La lettura più profonda di Dante è...il
menù del pranzo!-
-A meno che la libraia non sia una gran bella ragazza-
-Mi stai dando della racchia?-
-Hai stoffa ma non ti applichi- sospirò la sirena che
sembrava
in veste professoressa del liceo e le squadrava il trucco sciolto con
disapprovazione.
-E va bene: lo so.-
-Lo sai! Quindi per te Dante è.....-
-Ah, ma basta. Smettila- La sirena guardò Sveva con tutta la
disapprovazione di cui era capace, e stava per protestare vivacemente
quando la ragazza continuò -Non ci provare a fiatare, o ti
faccio fare la fine della sirenetta-
-Mi fai sposare un principe e acquistare un regno con castello dotato
di discesa a mare privata?- Chiese la mezzopesce, speranzosa
-No, non sono mica la madre di Kate Middletone! Ma posso farti
diventare un appetibile piatto di sushi!-
Detto questo la sirena svanì. Il silenzio che c'era sempre
stato nella stanza, interrotto solo dal rumore del ventilatore,
calò su Sveva come un violento aggressore, soffocandola. Il
vociare confuso era solo nella sua mente, o forse solo nel suo cuore,
che aveva ormai preso posto come organo sovrano del suo acerbo corpo da
adolescente dotato di un equilibrio secondo solo a quello della torre
di Pisa.
Sapeva che c'era solo un modo, letale quanto drastico di spegnere il
cervello, farla finita con quei pensieri molesti e insistenti...
...
Accendere la tv: il suicidio mentale.
Lo schermo si accese con un leggero bip, il nero ci mise qualche
secondo a trasformarsi in vivaci colori e disegni animati.
Canale 31: Discovery
Channel. No troppo intelligente, Sveva cercava qualche
canale che trasmettesse programmi insulsi, tipo reality show in cui
l'umanità sembrava non aver fatto molta strada dal primo
stadio evolutivo.
Canale 8: MTV,
dai ci sarà roba tipo sweet sixteen..... Ok, si è
un reality su un High School americana, perfetto!
Paul, un attraente ragazzo statunitense alto, biondo, occhi azzurri,
poco cervello sta esponendo il progetto di ricerca che dovrà
portare avanti il suo gruppo, a quanto pare è su un
personaggio storico famoso. Chi sarà mai? Napoleone,
Cleopatra, Washington? Paul con lentissime mosse da far invidia a
qualunque valletta della ruota della fortuna srotola il cartellone in
cui è disegnato il volto del personaggio di cui dovranno
trattare. Sveva spostò un attimo lo sguardo, tanto la scena
sembrava andare a rallentatore, ma quando riportò
l'attenzione sulla tv ebbe l'insano impulso di lanciargli contro il
telecomando: DANTE
Alighieri la stava guardando con la sua solita aria da essere
superiore.
-Non ci si può fidare nemmeno più di mtv-
sospirò la biondina cambiando canale
-Dixan, fidati del bianco!- le rispose, canale 5.
-Bianco, albino, mi stai prendendo in giro?- Chiese la ragazza alla tv
-Riprende "Scherzi a parte"- Ribattè Italia 1,
spaventandola non poco.
-Ok, niente panico- Rai 3.
"Oh, per un pugno di libri, uno dei miei programmi preferiti!
Finalmente posso essere tranquilla" pensò vedendo la sigla
così familiare, il conduttore le sorrise e le diede il
benvenuto ad nuova puntata: -Buona sera a chi ci segue da
casa, e andiamo subito a farvi scoprire con quale libro giochiamo
questa settimana. I nostri ragazzi oggi dovranno cimentarsi con un
grande classico delle letteratura, a volte un po' ostico ma molto
appassionante: L' Eneide, il capolavoro di Virgilio!-
BIP
Il televisore si spense istantaneamente....-Ostico ma appassionante?
Verg.....Virgilio? -
No, non poteva star succedendo davvero, la tv non poteva rispondere
davvero ai suoi pensieri.
-Ok, ricominciamo. Io non voglio pensare a nessun Dante, nessun
Virgilio, nessun albino e nessun trian....quadrato (perchè
c'era anche Federica di mezzo) amoroso. Ci siamo capiti?-
Rai 1,
Verdetto finale, l'opinionista psicoterapeuta più strano
della storia emerge dallo schermo dicendo: "Non pensare al problema non
è una soluzione per risolverlo!"
Accesso ai canali
internazionali: riuscito
-Ecco, ora puoi dire quello che vuoi, di inglese con un certo accento
non capisco una parola, puoi dire quello che vuoi!-
Canale 1151:
un altro reality, altra High School statunitense.
Per poco Sveva non svenne, ormai non rischiava più di
impazzire perchè il ben dell'intelletto lo aveva
già perso anni prima. Vergil e Dante, proprio QUEI Vergil e Dante
emersero dallo schermo, guardandola con quello stesso viso ma
con quelle espressioni così diverse. Dante aveva
un sorriso accattivante, un po'sornione ma con gli occhi sinceri,
sembrava il confidente che qualunque ragazza avrebbe voluto. Dentro gli
occhi di Vergil non si percepiva altro che un labirinto di ghiaccio,
impenetrabile, mentre il suo sorriso era soltanto accennato, come se
non volesse concedere nemmeno la fugace visione delle sue labbra
incurvate. Sleale ma maledettamente sexy...
La bionda ebbe solo qualche decimo di secondo per valutare tutto questo
perchè nell'arco di così breve tempo: il
televisore si spense, il telecomando venne scagliato dall'altro lato
della camera, insieme a un fermacapelli che alla ragazza dava solo
fastidio, l'armadio venne saccheggiato di una minigonna, top rosso e
sandali neri mentre sul volto della ragazza compariva un filo di
eye-liner nero ben definito, mascara e un rossetto rosso
acceso. Tanto per non sentirsi dire da una sirena qualunque che "sei
brava ma non ti applichi". Pochi secondi dopo la porta si
richiudeva con un tonfo e la stanza rimase vuota con i suoi fantasmi.
Ciao a tutti!
E' particolarmente
difficile scrivere questo
piccolo angolo di Bry. In questi 14 capitoli mi sembra ci
siano stati
un infinità di partenze e ritorni, sono passati anni da
quando è
iniziato questo viaggio, forse l'ha addirittura intrapreso un' altra
persona, con una mentalità diversa e un diverso colore di
capelli.
Eppure io sono ancora qui e spero ci siate anche voi.
Se stai leggendo
puoi stare tranquillo, il prossimo aggiornamento non tarderà
tanto perchè il capitolo 15 è gia scritto.
Detto
questo potrei anche finirla qui, ma non voglio perchè sento
il dovere
di ringrazia singolarmente ogni persona che ha fatto una parte del
viaggio con me, almeno fin ora. Sarà che a me fa piacere
sentirmi
"riconosciuta", spero che faccia piacere anche a voi.
Grazie a chi
ha Doppia Coppia come storia preferita: Assassin, Dark Slayer, Devil
Girl Dark, Diaras, Grimelaidina, Ishimaru, Metal Darkness, Mizzy,
Namhirya, Sweety Lover, Anna Whyte, Katherine. A Nerry che la ricorda e
a Cry Benihime, Crystal Breeze, Ikarikun e Manga Darling che la
seguono. Siete spesso dei lettori silenziosi ma so che ci siete, e ve
ne sono molto grata.
Fy che ogni tanto
mi parli di Doppia Coppia facendomi tornare il tarlo di questa fic.
Anna
White e Katherine
che hanno commentato l'ultimo capitolo, grazie
infinite io sono molto sentimentale le recensioni su di me hanno un
effetto potentissimo. Vi confesso che vado a rileggermele per trovare
la carica e la voglia di scrivere ancora.
E soprattutto a
Beautiful Lie,
ogni volta che mi allontanavo da questa storia riuscivi
a farmi ritornare, non ci siamo mai scambiate più di un paio
di
messaggi ma sei riuscita ad essere "la lettrice da non deludere" che mi
ha imposto di continuare con doppia coppia, per cui un po' tutta questa
storia è dedicata anche a te. Grazie.
Se poi sei nuovo di questa storia Benvenuto, spero ripercorrerai
il percorso e continuerai con me
|
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Capitolo 15 *** Succede all'improvviso ***
- Che leggi Ver?-
Ovviamente Vergil non sprecò un briciolo della sua energia
per
rispondere al fratello. Ma Dante non si perdeva tanto facilmente
d'animo così, sfidando l'ira funesta del gemello, diede una
manata al libro in modo da leggerne il titolo.
-Filosofia antica, il dialogo e la nascita del pensiero occidentale. Ma
che roba è?-
-Sono già troppo stupito per il fatto che tu sappia leggere,
per
sorprendermi anche del fatto che tu non conosca la filosofia!-
Dante mosse la testa e le labbra in modo da fargli il verso, prima di
rispondere. -Non mi è mai piaciuta la filosofia, questi
pensavano solo, poi non avevano una vita. Io preferisco agire e basta-
-E' ovvio che tu non pensi: sei un animale!-
-Ho molto istinto!- Rispose Dante con orgoglio
-No, hai solo poco cervello!- Assicurò Vergil prima di
rimmergersi nella lettura
Il fratello ritenne che invece di sprecar tempo a pensare ad una
degna risposta ( insulto) fosse meglio uscire a far qualcosa, la prima
cosa che gli capitava a tiro
Era metà pomeriggio, il paese era tranquillo come nelle
giornate
feriali d'estate: aria fresca piena degli schiamazzi dei bambini,
piccole comitive in giro che davano un' atmosfera piena di allegria,
senza che ci fosse il caos dei giorni festivi, quando ogni strada
brulicava di persone accaldate. Una persona in particolare lo
colpì come una gradita sorpresa, stava da sola, seduta su
una
panchina a sbrogliare i fili di un MP3, era più bella del
solito.
-Ciao Fede!-
-Hey Dante! Come va?- chiese la mora prima scoccargli due
baci sulle guance, visibilmente felice di vederlo.
-Tutto ok. Tu che ci fai qui tutta sola?-
-Ma no niente, le solite cose.......Sono fuggita!-
-Co...come? E da chi?- Chiese l'albino guardandosi intorno,
probabilmente aspettandosi di vedere qualche ammiratore in pena che
cercava la sua bella fuggitiva.
-Da mia madre, voleva costringermi a fare una cosa orribile!
Cioè secondo lei, io, e dico io avrei dovuto addirittura studiare!-
Dante non potè fare a meno di ridere, dopo averle assicurato
che
anche lui sarebbe fuggito in circostanza simili, mentre lei aveva un
sorriso furbo che le aleggiava sulle labbra.
-Andiamo un po' sulla spiaggia, che ne dici?-
-Grande idea, io ho sotto il costume!-
Ai due bastò poco tempo per raggiungere un tratto del lido
poco
affollato, appropriarsi di due lettini e mettere al sicuro
nella
borsetta di Federica le poche cose di valore che avevano nelle tasche.
La ragazza stava ancora armeggiando per chiudere la piccola borsetta
firmata Coca-Cola quando Dante le chiese qualcosa, ma tutto quello che
vide quando alzò gli occhi fu una distesa di addominali
assolutamente perfetti. -Sc...scusa che hai detto?-
-E' stata una fortuna esserci incontrati oggi-
-Eh, si gran per corp...coLPO di fortuna!- rispose Federica
biascicando un po' le parole e annuendo troppo vigorosomente-
-Che canzone stavi ascoltando quando ci siamo incontrati?-
-Mh, no stavo guardando delle immagini sull'iphon. Dei personaggini di
videogames-
-Ci giochi con Sveva ai videogames?-
-No- rispose Federica, a cui quell'accenno all'amica sembrava stonasse
parecchio. -Lei non saprebbe dove mettere le mani: preferisce i libri-
-Ah i libri- rispose Dante con poca convinzione - anche a Vergil
piacciono i libri, stava leggendo un libro quando sono sceso, era di
filosofia- aggiunse facendo una smorfia come se gli avessero
appena pestato un piede.-Io non so cosa ci sia di così
affascinante nell'impazzire interrogandosi su ogni minima cosa, secondo
me è tutto più semplice: mi va di fare una cosa
la
faccio!-
-A volte però bisogna pensarci un po' su.- Rispose
Federica, anche lei poco convinta, come se avesse parlato qualcun altro
e non lei stessa
-Ma poi si perde tutta la spontaneità, tutta la foga del
momento- Rispose Dante stendendosi sul lettino accanto a quello della
ragazza, e voltandosi per parlarle si ritrovarono con i volti a
pochissima distanza. Gli sguardi si fecero più intensi ad
ogni
momento che passava. Federica si ritrovò come sospesa in un
mondo tutto suo, i rumori della spiaggia svanirono in pochi secondo, e
in quegli attimi le sembrò che attorno a loro non
ci fosse
nessuno. L'albino iniziò a sentire distintamente ogni
battito
del proprio cuore, mentre la mente confermò di essersi
svuotata
di ogni pensiero, l' unica percezione era la vicinanza di Federica:
l'attrazione fisica e qualcos altro, il ricordo dei momenti passati
insieme, delle risate senza motivo, delle battute più
stupide
esistenti, e di un bacio.
Ma quel bacio non era uno dei suoi ricordi migliori, era il
presente, un' ondata di sensazioni che crescevano
ogni
secondo. Era un cocktail sublime che aveva il sapore di un giusto
finale. Perchè c'era una parte di loro che non aspettava
altro
che quel momento dalla prima volta che Dante e Federica erano usciti
insieme. Ogni volta, ogni singola volta c'era stata una sensazione,
piccola ma presente, quasi impercettibile ma tremendamente
insistente, che li aveva spinti verso quel bacio. Era una percezione
che non era passata per la mente, era una stazione tralasciabile il
cervello, era saltata direttamente al cuore, passando per il fisico,
per i muscoli le ossa. Aveva sussurrato ogni notte e ogni giorno
perchè si erano riconosciuti l'uno nell'altro. Vergil e
Sveva
erano forse i loro migliori amici, o i patners che avrebbero certamente
dovuto desiderare perchè non avrebbero potuto sperare in
niente
di meglio, ma non era così. Non c'era la categoria
"migliore" in
quella situazione, nessun primo della classe, c'era solo un istinto
imperante, una brama di possesso che aveva aspettato per colpire, ma
alla fine aveva sferrato il primo attacco. E i due ragazzi, forse
finalmente, si erano arresi scambiandosi un lungo bacio, labbra contro
labbra, interrotto solo da uno sguardo troppo rapido per lasciar
entrare dubbi e interrogativi, ma troppo lento per lasciar fuori la
sensazione di star facendo la cosa giusta in quel momento, non c'era
calcolo, non c'era il pensiero delle conseguenze o di come avrebbero
potuto reagire altre persone in futuro. C'erano solo loro, solo adesso
------------------------------------
Dedicato
a una persona che probabilmente non leggerà
questa pagina, ma che mi ha fatto pensare a quanto sia emozionante
leggere
d'amore, a quanto sia difficile descriverlo e che viverlo è
tutta un' altra cosa.
Come al solito i
ringraziamenti sono d'obbligo, e se anche non sono d'obbligo a me piace
ringraziare per l'affetto con cui ricordate, seguite, leggete, recensite
la mia ff. , in particolare mi rivolgo a:
_AnnaWhite_ oggi
forse hai trovato qualche risposta alle tue domande, ma ci sono ancora
molte cose da raccontare. Grazie per la recensione, sono felicissima di
essere riuscita a strapparti qualche risata!
Metal Darkness,
ahimè non ho aggiornato prestissimo ma spero che leggerai
questo capitolo ugualmente! Grazie per la recensione.
Shockwave...ancora
non mi abuto a questo nick! Non posso continuare a chiamarti Fy? Spero
che avrai particolarmente apprezzato questo capitolo u.u il
perchè scommetto che lo capirai da sola.
Katherine, grazie
infinitamente per la tua recensione, credo sia il commento che ogni
autore spera di ricevere almeno una volta nella vita XD e grazie anche
per il messagio in cui vieni a "pretendere"
l'aggiornamento, fai benissimo perchè se non mi si
stimola un po' io non mi muovo >.<" spero ti sia piaciuto
il capitolo.
Un grazie speciale
va a Layla_ Aspasia:
sono davvero felicissima di aver trovato una nuova recensitrice,
particolarmente perché sei una "vecchia" lettrice di cui non
conoscevo l'esistenza, grazie per il commento per me è una
gioia e uno stimolo potentissimo sapere cosa i lettori pensino di
ciò che scrivo.
|
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Capitolo 16 *** Tamburi di guerra ***
Non aveva mai sentito dentro di se
una tale rabbia, una
voglia di ribellione che le ribolliva dentro le vene, portando il
sangue a una
temperatura folle che rischiava di sciogliere ogni briciolo di gelido
autocontrollo che tanto aveva faticato per avere. Sveva ansimava quasi
all'interno dell'ascensore, lanciò uno sguardo arrabbiato
perfino alla propria
immagine allo specchio, perché quella non sembrava lei:
labbra laccate di
rosso, grazie ad un rossetto che aveva comprato in uno di quei momenti
in cui
una ragazza vuole apparire la femme fatale che non sarà mai,
occhi truccati da
orientale per mettere in mostra quel lampo verde (che tanto aveva
perseguitato
Vergil senza che la proprietaria lo venisse a sapere), minigonna nera e
magliettina rossa. La voglia di emergere, di non essere più
quella tranquilla e
trascurabile ragazza timida appariva platealmente in quel look, ma
sembrava
svanire dentro quel respiro irregolare e lo sguardo angosciato.
Per un attimo il suo riflesso le restituì
un’immagine diversa, il ritratto
perfetto di una persona che conosceva bene: capelli nivei e occhi color
del
mare, e lei ci stava affogando in quell'oceano senza fine.
"Hey tesoro, finalmente tiri fuori un po' della tua
femminilità, un
gattino che si tramuta in tigre." La voce di Dante sembrava ridarle
fiducia
ma Sveva non fece in tempo a sorridere che lo sguardo di Dante
mutò, erano gli
stessi occhi cerulei ma avevano perso ogni calore, sembravano venati di
ghiaccio. "Sì, uno di quei palloncini per bambini a forma di
tigre, basta
il ramo di un alberello e vedi come si accartoccia."
Proprio mentre era sul punto di impazzire, la ragazza fu salvata dal
suono
squillante dell'ascensore che annunciava di essersi fermato al piano
terra, e
fu una grossa fortuna perché un minuto in più
lì dentro le avrebbe regalato
sette magnifici anni di guai e una richiesta di risarcimento danni
dall'albergatore per aver scaraventato un tacco nello specchio.
Ma come si permetteva lui di scombussolarle la vita in quella maniera?
Di
entrarle nel cervello come un tarlo persistente che le imponeva di
cambiare
atteggiamento, abiti e abitudini? Come se la conoscesse, come se
sapesse tutto
di lei, eppure quei suoi occhi di ghiaccio sembravano strapparle la
pelle e
penetrare negli spazi più reconditi della sua mente. Vergil
aveva un che di
ipnotico, di sovrannaturale. "Sì, come no manco fosse
Spiderman! " si
ritrovò a pensare ad alta voce la biondina, certa di aver
dato troppa
importanza a chi non meritava nemmeno un blando pensiero. Sospirando si
decise
a guardarsi maggiormente attorno, per non dare troppo respiro a una
parte di
lei che cercava da sempre di soffocare, una parte orgogliosa, istintiva
e poco
accomodante, non si riconosceva in quel lato di se stessa, che
però la seguiva
come un’ombra fedele, pronta ad emergere ad ogni buona
occasione
. Era un tardo pomeriggio d'estate, la luce iniziava lentamente a
calare e
l'aria a rinfrescarsi, farsi frizzantina. Sveva si ritrovò a
rimpiangere un po'
di compagnia. Nemmeno avesse espresso realmente quel desiderio,
sentì un
sussurro vicino l'orecchio.
"Vuoi compagnia?" Una voce maschile, forse era davvero lui! Era
troppo bello per essere vero e invece... E, infatti, era proprio falso!
Un
tipico accento del sud d’Italia e un tono di voce d'odiosa
supponenza avevano accompagnato
quella proposta.
"Ci conosciamo?" Chiese senza troppa enfasi la ragazza.
"No" Rispose onestamente il ragazzo.
"Ecco continuiamo così!" Sarebbe stato facile se ora lo
sconosciuto
se ne fosse andato, ma evidentemente il destino non era dalla parte di
Sveva, perché
lui continuava a starle dietro biascicando qualche incomprensibile
quanto
ripetitivo"potremo conoscerci, come ti chiami, di dove sei... " e
aspettando che il tipo arrivasse a chiederle codice fiscale, gruppo
sanguigno e
data di scadenza dello yogurt che aveva in frigo, alla bionda non
rimase che
dare prova della propria abilità nello sport che ogni
ragazza doveva conoscere
per poter uscire da sola: il dribbling degli sconosciuti appiccicosi.
Il tizio
( che a quel punto aveva confessato di chiamarsi Giovanni, frequentare
ingegneria e aver sempre sognato di avere una ragazza bionda- e che
avrebbe
cortesemente ignorato il fatto che quello non era il suo colore di
capelli
naturale-) però non demordeva, tanto da averla seguita per
tutto il viale ed
essere arrivato praticamente al suo fianco fino alla piazza. Ormai lei
si era
amaramente pentita del look sexy, di non avere la matita nera sciolta
effetto
panda o quanto meno di non sapere una lingua impossibile simile
all'ungherese
tanto da scoraggiare quel nuovo corteggiatore che ormai stava per
allungarle
anche un braccio attorno alla vita. Fu in qualche decimo di secondo che
la
ragazza percepì la mano di lui avvicinarsi e un branco di
cani randagi
abitudinari di quella piazzetta, solitamente serafici e placidi,
abbaiare
nervosamente proprio contro il sedicente Giovanni. Sveva prese la palla
al
balzo per allontanarsi velocemente, e distanziarsi dal ragazzo
momentaneamente
assediato dai cani. Fu proprio nella fuga che urtò contro
qualcuno.
"Mi scusi, io... " Iniziò a mormorare con un tono
mortificato.
"Credo stessi per dire che non mi avevi visto, ma non so da quando mi
dai
del lei”.
La bionda stava ancora elaborando la vicinanza di qualcuno dal fisico
perfetto
e dal profumo familiare. "Lei, io... " e solo dopo l'ennesima figura
miserevole si decise ad alzare gli occhi. "TU?"
"Ecco, dopo aver ripassato i pronomi pensi di sapere abbastanza
grammatica
per dire anche qualche verbo?"
"Odioso!"
"No, quello è un aggettivo"
Stava per rispondergli a tono quando sentì qualcosa quasi
strusciarsi contro la
sua gamba. Uno dei cani che poco prima l'aveva salvata dall'assedio ora
stava
reclamando delle attenzioni da Vergil e lo guardava come fosse il suo
amorevole
padrone. "Cane"
"' E' un Sostantivo. Evidentemente non hai seguito abbastanza lezioni
da
arrivare ai verbi. Strano non mi eri sembrata ignorante come mio
fratello, ma
evidentemente per andare così d'accordo dovevate basarvi su
un vocabolario
limitato”.
"Non preoccuparti alla lezione degli aggettivi possessivi ci sono
arrivata: è tuo il cane?"
"Come ti viene in mente?"
"Ti guarda come se potesse rispondere a ogni tuo comando, come se gli
avessi detto tu di attaccare quel tipo."
"A proposito di quel tipo" la interruppe Vergil, allontanando con un
gesto della mano il cagnolino che malgrado fosse andato ad accucciarsi
dal lato
opposto della strada rimase comunque a guardare l'albino come pronto a
scattare
ad un minimo segnale "Ti scegli sempre tipi mmh...folkloristici, prima
mio
fratello e ora quello."
"Sai bene che non ho scelto di stare con quel tipo." Rispose la
bionda ricambiando lo sguardo freddo e iniziando a sentire di nuovo la
rabbia
che le saliva su per le ossa "Altrimenti perché sarei ferma
qui a parlare
con te, se non per fargli credere che tra noi c'è una certa
confidenza" e
sottolineò quella parola sfiorando con la mano una delle
muscolose braccia di
Vergil "e che saresti pronto a saltargli al collo, come quel cane, se
mi
importunasse di nuovo?" Fu solo allora che Sveva sfoggiò uno
dei suoi
migliori sorrisi cinici, e di certo sarebbe stata pronta a giurare di
aver
visto le sopracciglia dell'albino inarcarsi per qualche istante,
esprimendo un
moto di spontanea sorpresa. "E' ovvio che tu lo sappia già,
altrimenti
dovrei credere che ti stai facendo usare senza nemmeno essertene
accorto".
Colpito e affondato, a quelle parole le labbra dell'albino si
contrassero in
una smorfia di astio represso, mentre gli occhi si riducevano a due
fessure che
mandavano pericolosi bagliori azzurri. Vergil non poteva sapere che in
quel
momento lui e la ragazza erano in balia della stessa rabbiosa emozione,
ma
mentre lei dava sfogo a quell'impulso distruttivo, lui ne veniva
logorato
dall'interno, come se migliaia di formiche fameliche gli stessero
divorando le
vene. Un orgoglio senza fine lo aveva sorretto fino a quel momento, lo
aveva
innalzato sul piedistallo che si era costruito da solo grazie alla sua
impietosa determinazione e ora stava permettendo a una stupida
ragazzina di
farlo cedere, di smontare quell'equilibrio perfetto che lo metteva al
di sopra
di tutti. Cosa aveva quella ragazzina, nemmeno tanto attraente?
L'albino
dovette fermarsi qualche secondo per elaborare l'immagine che i suoi
occhi gli
trasmettevano, perché non collimava assolutamente con i suoi
pensieri: i capelli
biondi di lei aveva assunto una luce dorata, grazie al tramonto che
stava
iniziando, gli occhi verdi, quegli occhi verdi che lo avevano
ossessionato
perfino nei suoi sogni più remoti, brillavano d'ira, le
labbra rosse dischiuse
e piegate in un’espressione irresistibilmente indignata.
Era come se la
vedesse per la prima volta, senza paragoni con nessun' altra,
perché in quel
momento c'era solo lei, c'erano solo loro due in un istante sospeso
precariamente sui loro istinti di guerra. Vergil non concepiva di dover
ammettere la sconfitta, eppure doveva accettare l'unico salvagente che
lei gli
aveva offerto per salvare il suo orgoglio.
"Certo, ne sono perfettamente conscio, altrimenti non
perderei il
mio tempo qui con te." L'albino, non senza soddisfazione, vide le
labbra
di lei serrarsi per l'umiliazione e forse per un secondo ebbe il timore
che lei
gli tirasse uno schiaffo in pieno viso. "Ma sai, mi dispiaceva
lasciarti
in balia di quel buffone, in fondo sopporti già Dante, e
così ho deciso di essere
misericordioso e compiere la mia buona azione quotidiana. "
Quel sorriso diabolico sul suo viso angelico la stava portando
sull'orlo della
follia. Sveva non sarebbe riuscita a sopportare per un altro secondo i
modi di
fare di Vergil, il suo atteggiarsi a burattinaio, mente superiore su
tutti
loro, poveri pezzi di legno, che non avrebbero saputo muovere un passo
senza il
suo cortese aiuto. Era davvero troppo per la ragazza, che dovette
stringere le
mani a pugno per controllare l'impulso di schiaffeggiarlo per vedere se
in
quella sua testa piena di sogni di conquista del mondo qualcosa tornava
normale, avrebbe davvero voluto vederlo sconvolto, più di
quanto fosse adesso,
vederlo abbassare la testa e perdere per una volta quell'aria di
infallibile
superiorità. "E già, perché soltanto
tu sai come ci si comporta, non è
vero? Tu puoi far sentire chiunque altro piccolo e inferiore rispetto a
te, ma
sai cosa ti dico? Preferirei passare diecimila serate con tuo fratello,
che
almeno sa come essere gentile, come mettere le persone a loro agio,
piuttosto
che un solo secondo con te, che non sai fare altro che parlare di te
stesso,
metterti al centro dell'attenzione come una prima donna, sai una di
quelle
vecchie attrici di teatro tutte piene di trucco per nascondere un viso
in cui
il fascino è solo un ricordo?" Ed ecco che il sorriso
demoniaco era
sparito di nuovo, ma a lei non bastava ancora, doveva vedere i suoi
occhi
bruciare come si sentiva bruciare lei. "E tu fai esattamente la stessa
cosa, ti ergi a super uomo e ti poni al centro della scena e fai tutto
da solo!
Sai perché? Perché altrimenti gli altri non ti
filano di striscio, perché uno
come te è semplicemente insopportabile. Non so come tutte
quelle ragazze, che
tu ti vanti tanto di avere attorno, abbia mai potuto pensare di stare
con uno
così: vanesio, borioso, orgoglioso, andiamo sei
più vanitoso di una donna, non
riesci ad essere gentile, o... " La foga era troppa, era andata
decisamente troppo oltre e rischiava di annegare il quel fiume
impetuoso di
parole che sgorgavano dai ricordi di quei giorni passati insieme, non
stava
parlando più di ragazze sconosciute, ma stava dando della
stupida a se stessa
per tutte quelle volte che era rimasta a guardare Vergil di nascosto,
ad
ammirarlo per il suo eloquio forbito, i modi da gentiluomo
irresistibile e
scostante non poteva essere caduta proprio nel più banale
dei cliché:
innamorarsi del bello e dannato. "O affettuoso, ma neanche equo, tu hai
una misura per te stesso e un'altra per il resto del mondo ma accidenti
Vergil
svegliati, tu ci sei dentro a questo mondo, smettila di fuggire e
confrontati
con gli altri. Ah, lo so quello che stai per dire:- Mi sono
già confrontato ma
nessuno può battermi, anzi nemmeno arrivare al mio stesso
livello-" e
Sveva pronunciò l'ultima frase imitando il modo di parlare
ad un tempo gelido e
arrogante di Vergil."Ma la verità è che di
avversari degni ne hai, ma tu
ti sopravvaluti troppo e prima o poi ti troverai a stringere solo un
pugno di
mosche."
Era davvero la prima volta che Vergil fissava quella ragazza, perche la
ragazzina trascurabile, timida e ritrosa con cui aveva sempre avuto a
che fare
era sparita nel nulla. Chi era la persona forte, orgogliosa e
terribilmente
attraente che ora gli stava di fronte? L'albino, però, la
conosceva già. Erano
giorni che quel lampo verde veleno gli assediava l'anima, quegli occhi
li
avrebbe riconosciuti ovunque. Sveva l'aveva sfidato più
volte, ma lui non aveva
mai voluto ammettere di aver incontrato una mente acuta con cui
confrontarsi,
non si era mai dato il tempo necessario per guardarla davvero negli
occhi, e
ora in quello sguardo arrabbiato rischiava di annegare. Ma non si
sarebbe mai
dato per sconfitto al primo assalto. Quelle parole crepavano il muro
gelido che
lui aveva alzato tra sé e gli altri, ma non sfondavano le
difese della sua
superbia, il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di arrendersi
così
facilmente. Lei aveva osato, si era spinta dove altri non avevano mai
nemmeno
sognato di andare, e per questo Vergil non l'avrebbe punita ma anzi
l'avrebbe
osservata, avrebbe studiato l'avversario, che ora riconosceva come
tale, e si
sarebbe preparato alla battaglia.
Angolino dell'autrice.
Mamma mia, siamo al capitolo16! Il verbo è giusto che sia al
plurale perché senza di voi non sarei mai arrivata fino a
qui, avrei mollato già da parecchio tempo e invece la voglia
di non deludere chi segue questa storia è l'unica cosa che
fa riaccendere la mia passione per la parola scritta. Dico
"RIaccendere" perchè ultimamente con lo studio e lo scorrere
delle piccole cose quotidiane mi sono un po' persa, forse è
il blocco dello scrittore, non lo so, infatti anche questo capitolo
è stato animato dalla voglia di continuare, di ritrovare
qualcosa che era vivido nel passato e troppo tenue ora, ma devo
ammettere che non sono pienamente soddisfatta. Nel caso aveste
osservazioni da fare, commenti, consigli o qualsiasi altra cosa
sarò felice di ascoltarvi, anche per messaggio se non volete
lasciare una recensione.
Quindi, come al solito e come è giusto, grazie a te che
segui, ricordi o semplicemente leggi Doppia Coppia. E grazie a:
Sweety Lover,
sono felice di darti il bentornato alla storia. So che è
stata ferma per moltissimo tempo e purtroppo si ferma per molto tempo
dopo ogni capitolo ma ritrovare dei lettori dopo tutto questo tempo per
me è un regalo davvero inestimabile. Spero che la trama
continui a catturarti.
_Katherine_
per me è una gioia immensa ritrovare il tuo commento a fine
capitolo, e spero che questo nuovo nato non deluda le tue aspettative.
Layla_Morrigan_Aspasia
sono contentissima che il capitolo precedente ti
sia piaciuto! Non preoccuparti, non mi dispiace che mi fai notare gli
errori, anzi mi aiuti a non commetterne più la volta
successiva. I lettori sono un punto fondamentale della storia ed
è giusto che l'autrice rivolga loro un testo ben scritto :)
Spero ti piaccia anche questo capitolo Shockawave
Tu sei la Federica della storia, ormai non so più nemmeno
cosa dirti, se non che spero che la storia continui ad appassionarti
perchè è un viaggio che abbiamo iniziato insieme
ormai un sacco di tempo fa, forse ultimamente le nostre rotte si
avvicinano ma non coincidono ma spero che arriveremo al porto insieme.
Ho
un' ultimissima cosa da chiedere a chi recensisce, giusto una piccola
curiosità: preferite le risposte a fine capitolo come ora o
vi piacciono di più sotto ai commenti?
|
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Capitolo 17 *** Sai tenere un segreto? ***
Il rumore del mare non era mai cessato, il rincorrersi delle onde era
andato avanti inarrestabilmente, come sempre, né i bambini
avevano interrotto i loro vivaci schiamazzi . Federica e Dante, invece,
avrebbero potuto giurare di essere stati soli per un lunghissimo
momento, non avevano sentito le grida delle madri ansiose ai loro
pargoli, né lo sbattere del vento contro gli ombrelloni. La
realtà stava lentamente riprendendo possesso delle loro vite
strappandoli a quel mondo parallelo fatto di intimità,
passione
e dolcezza che aveva avuto inizio col bacio più inaspettato
e
inevitabile della loro vita. Dante staccò lentamente le
proprie
labbra da quelle
della ragazza mentre riapriva gli occhi e il sole tornava a oscurargli
la vista.
-Non so se sei più accecante tu o il sole.-
Sussurrò emozionato
Federica rimase un istante in silenzio, interdetta da quell'espressione
melensa, poi si ricordò di avere una dignità da
difendere
verso quelle frasi insulse inadatte perfino per una soap opera
sudamericana.
-E' la luce dell'intelligenza a non averti mai accecato.- Rispose
piuttosto infastidita.
L'albino era ancora stordito da quell'attimo di tenerezza e
replicò solo con un' espressione inebetita, degna di un
manichino di Benetton, che la ragazza trovò tanto odiosa da
doverla cancellare all'istante, ma non trovò nessun metodo
migliore di un altro bacio, passionale quanto il primo, anche se
più sicuro e più divertito.
-Avremmo dovuto farlo prima- osservò Dante, con voce molto
maliziosa.
-La tua attenzione prima era altrove- precisò Federica, con
un sorriso che non ci mise molto a scomparire.-Oh, cazzo-
-Ci sono i tuoi?- Chiese con un' ombra di terrore il nostro albino cuor
di leone, la cui memoria evocò il racconto che Vergil gli aveva fatto del giorno in cui aveva mangiato a casa di Federica (esperienza che non gli invidiava affatto), un particolare gli era rimasto impresso: l'immagine del cugino e del
padre
della ragazza fermi sulla porta di casa come due cariatidi e non fu
difficile evolvere l'immagine verso un finale più
catastrofico
in cui cercavano di evirarlo brutalmente con un taglia pizza.
-No, peggio- quasi come fossero telepatici, per qualche secondo, anche
la fantasia della brunetta imbastì l'immagine di parenti
gelosi
e infuriati in vista.-Ok, magari peggio no, però...- non
riuscì a finire la frase e un silenzio imbarazzato e carico
di
parole non dette piombò tra loro.
Il problema era quell' "altrove",
un altrove che aveva un nome e un cognome, oltre a un viso familiare e
immensamente caro. Stava forse soffiando il ragazzo alla sua migliore
amica? Quante volte si erano ritrovate a parlare di amicizie rovinate
dall' essersi innamorate dello stesso ragazzo.
No, non poteva succedere,
non
a loro. Erano due ragazze così diverse, nel carattere, nel
modo
di esprimersi, eppure entrambe erano rimaste affascinate da quel viso
aperto, quegli occhi color del mare, e quel fisico...
No, non poteva
rinunciare a Dante,
era la persona che aspettava da tanto tempo: sexy, dinamico,
divertente. L'unico in grado di estirpare l'indole di pantofolaia
disperata che la contraddistingueva, e per cui si sarebbe sottoposta
volentieri, anche ogni giorno, alla orribile tortura di alzarsi dal
divano, mollare i giochi dell'ipad, mettersi in tiro e addirittura
truccarsi decentemente!
-Fede, che c'è? - Per una volta anche lui aveva un'
espressione
seria sul viso.Non riusciva a indovinare tutti i pensieri che
vorticavano nella testa della ragazza ma aveva capito che qualcosa non
andava.
-E Sveva? Non ti piaceva lei fino a qualche giorno fa?- Chiese
velocemente, come a volersi liberare in fretta di parole che iniziavano
a pesarle nella testa, come una fitta di gelosia improvvisa nel cuore.
Lo fissò per qualche istante addirittura con odio,
perchè
forse le stava semplicemente prendendo in giro entrambe. Poteva forse
essere così vanesio da credere di poterle avere tutte e due,
poteva crederle così sciocche da buttarsi ai suoi piedi,
inconsapevoli l'una dell'altra?
Il mento di Dante sembrò sprofondare fino a terra, un'
esagerata
espressione di stupore gli si dipinse in viso, e per lunghissimi
secondi nessun suono riuscì a uscirgli di bocca. -Io sto
baciando te...e tu pensi a un' altra? O che io stia pensando a un'
altra?- Aggrottò le sopracciglia con fare offeso -Non ti ho
baciata in modo abbastanza appassionato? Eppure bacio benissimo, quasi
quanto gioco ai videogames-
-E meno male, perchè se sai baciare come sai la geografia
avresti potuto amputarmi la lingua!-
In quello stesso istante, sotto l'ombrellone vicino, una
madre
tappò le orecchie a sua figlia. -Uè, 'ste
schifezze
ditevele da un' altra parte. Sporcaccioni!-
Un misto di disgusto, stupore e di senso dell'assurdo si
impossessò di loro e guardandosi negli occhi non poterono
fare a
meno di mettersi a ridere fragorosamente e tra una risata e l'altra si
ritrovarono di nuovo abbracciati.
-Non mi hai risposto- sussurrò Federica, con un po' di
timore.
-Sinceramente non ho pensato a Sveva nemmeno per un momento, prima che
me la nominassi tu.- Dante sospirò rumorosamente, mentre
ricordava tutti i momenti in cui non aveva perso occasione di fare il
cascamorto con la dolce biondina.-All'inizio mi ha colpito,
è
stata la prima persona che abbiamo conosciuto qui, però poi,
non
so come spiegare quello che è successo. Non so nemmeno
quando
sia successo...- Ricordò la discussione avuta col fratello:
Vergil l'aveva accusato di essere doppiogiochista, di flirtare con
entrambe, forse in quel momento gli aveva anche aperto gli occhi.
Diceva di avere una relazione con una, eppure stava sempre insieme
all'altra.
-La tua attenzione si è spostata, come se all'inizio avessi
la
bussola orientata male- aggiunse Federica, comprendendo la confusione
del compagno. Anche lei ricordò una discussione avuta con la
sua
amica. Si chiedevano come aveva deciso che lei e Vergil dovessero
formare una coppia mentre Sveva e Dante un' altra. La verità
è che non erano ben legati, e i fili di quelle unioni
iniziavano
a sciogliersi come neve al sole, andando a creare altre empatie, nuove
ma forse più sincere.
-Esatto. Ho intuito, senza averlo davvero capito, che c'era qualcosa di
male assortito in noi- La ragazza lo guardava negli occhi e non
riusciva a scorgere nessuna traccia di ambiguità o bugie,
l'albino era sincero e diretto come sempre, proprio come la persona che
lei aveva sempre desiderato accanto a sè. Nè
quello che
diceva poteva sorprenderla, perché erano cose che pensava
lei
stessa. Dagli occhi, lo sguardo si spostò verso le sue
labbra
piene e perfette, desiderò avidamente un altro bacio, che
non
tardò ad arrivare. No, non poteva perderlo, l'amica
l'avrebbe
capito, per una volta il suo lato smielato e tutti quei romanzi
strabordanti di amori da favola, (che a Sveva piacevano tanto e che lei
detestava con lo stesso ardore) l'avrebbero aiutata. Un' idea
improvvisa fece capolino nella sua mente, forse era l'unico modo di
salvare la situazione.
-Dante-
-Sì-
-Sai tenere un segreto?-
-Che vuoi dire?-
-Nessuno deve sapere di noi due finché non avrò
parlato
con Sveva. Sarà il nostro segreto- Federica fissò
l'albino con uno sguardo a metà tra il malizioso e
l'omicida.
-Non una parola con nessuno!-
-Va...va bene. Quando hai intenzione di dirglielo?-
-Non lo so ancora.- Se fosse stata un' altra persona non avrebbe avuto
problemi a spiattellare la verità a muso duro, non le
interessava quello che la gente pensava di lei, nessuno aveva il
diritto di giudicare il suo modo di comportarsi e per proteggere i suoi
sentimenti sarebbe passata sul cadavere di parecchia gente. Questa
volta, però, era diverso. Non poteva ferire la sua migliore
amica, che in fondo non aveva fatto nulla per meritarlo, non poteva
andarci giù pesante come un caterpillar senza badare alla
sua
reazione. Per una volta doveva agire con tutta la delicatezza di cui
era capace, e non era tanta.
-Vorrà dire che fino ad allora agiremo sotto copertura,
potrai chiamarmi Bond, Dante Bond.-
Federica non riuscì a trattenersi, scoppiando a ridere come
una
pazza. Era questa assurda e inconsapevole comicità che
l'aveva
conquistata, la spontaneità con cui Dante si rapportava alle
persone, senza temerne il giudizio, ma al contempo senza ignorarne i
sentimenti, aveva un carattere amabile ( e in più quel
particolare trascurabile che era il suo corpo da urlo).
-Meno male che i tuoi baci sono migliori del tuo senso dell'umorismo-
rispose Federica parecchi baci dopo.
----------------------------------------
E' la prima volta che mi sento a disagio nello scrivere le
note di fine capitolo. Avevo promesso di essere più celere
negli aggiornamenti e non ho mantenuto l'impegno, mi dispiace
immensamente.
Il fatto è che Doppia Coppia è nata in un
periodo, per me, ormai lontano e trovo difficoltà nel far
crescere la storia con me, nonostante questo voglio continuarla e
finirla perché è una sfida con e contro me stessa
ed è un impegno che io ho assunto con ciascuno di voi. Ogni
storia che ho postato qui aveva l'intento di incontrare un lettore, se
non ci fossero degli occhi oltre lo schermo i miei testi, qui, non
avrebbero ragion d'essere. Scrivo per me stessa perché
è l'unica cosa che mi fa sentire speciale, in qualche modo,
ma scrivo anche per te che leggi, perché voglio riuscire a
farti dimenticare, per qualche istante, gli impegni o gli affanni e
provare qualche emozione nuova. Anche per te io devo
prendere per mano questa storia e portarla al capolinea.
Questa volta non voglio solo ringraziarti per aver letto e/o
commentato, voglio chiederti scusa, perché hai atteso
troppo. Forse non ho ragione di scusarmi, perché oltre efp
ho una vita più "concreta" che ha bisogno di me, ma voglio
farlo comunque.
Ora basta con gli sproloqui, passiamo ai dovuti ringraziamenti a chi ha
voluto lasciare il segno della propria presenza in questa avventura.
Edward_Elric96:
ti ho risposto per messaggio, ma ti ringrazio per avermi fatto notare
una lacuna nella storia, in fondo anche queste osservazioni possono
dare spunti per nuove idee oltre a migliorare la struttura della trama.
Layla_Morrigan_Aspasia:
ti ringrazio per i tuoi commenti sempre ben strutturati e ricchi di
osservazioni, tipiche di una lettrice attenta. Sono lieta che il
capitolo precedente abbia trovato il tuo apprezzamento e spero che
anche questo trovi posto. Temo che questo capitolo darà pane
per i tuoi denti perché l'ho scritto in fretta e potrei aver
avuto qualche svista.
Sweety_lover:
grazie per l'affetto con cui mi segui, sono felice ti sia piaciuta la
strigliata del capitolo precedente, spero ti piaccia anche questo!
Firely:
il tuo primo commento, sono io a dire "wow", non sai con quale gioia
accolgo i nuovi commenti, mi danno l'energia per continuare e per
trovare il tempo necessario a far crescere questa storia. Sono felice
che tu segua la mia fiction.
Shockwave:
preferisco chiamarti Federica XD spero che questo "tuo" capitolo ti
piaccia, a me è piaciuta tantissimo la tua recensione che ha
analizzato i miei punti di forza :) Come vedi il tuo augurio
è servito e Doppia Coppia continua, spero che anche tu
riesca a trovare la costanza per continuare le tue storie, lo sai che
mi piacciono!
_Katherine_: chissà
come è andata con "quella persona" a cui ti riferivi nella
recensione. Lo sai che per me sei una lettrice speciale
perché in un momento critico i tuoi commenti mi hanno
afferrato e ricatapultata su questa storia, proprio per questo sono
contenta che ti sia piaciuta l'evoluzione del rapporto Sveva-Vergil e
spero di ritrovarti anche tra i commenti a questo capitolo. Grazie
Alessia :)
IwillBecomeAShokunin:
anche la tua recensione è stata una stupenda sorpresa, anche
il fatto di averti "catturata" dopo qualche tempo mi ha fatto pensare
che forse sono riuscita a tenere per mano il lettore e farlo entrare
nella storia, realizzando così il mio desiderio. Ti
ringrazio davvero tantissimo per i complimenti, mi hai fatto sentire
come una grande scrittrice. Che imbarazzo...ma che felicità!
|
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Capitolo 18 *** Adorabili ma sfiancanti ***
Federica passeggiava per la strada dirigendosi verso casa. Era ancora
imbambolata, il pensiero fisso al pomeriggio più bello della
sua
vita, alle ore passate con Dante, alle sue risate scroscianti, ai suoi
baci appassionati, che sembravano accenderle un incendio nelle vene. Di
certo non si domandava se il loro fosse un amore duraturo o un semplice
flirt estivo, non c'erano domande, né insicurezze nella sua
testa, c'erano solo immagini di divertimento e tenerezze. Le
scappò una risata nel ricordare la mamma occhialuta
dell'ombrellone vicino al loro, aveva continuato a guardarli male per
tutto il tempo, li fissava come volesse incenerirli o era convinta di
aver poteri telepatici per cui sarebbe riuscita a cacciarli dalla
spiaggia. E invece no, lei e Dante avevano continuato a baciarsi e
prendersi in giro a vicenda, in realtà era stata
più lei
a prendere in giro lui, che sembrava pago di godersi il sole e le loro
effusioni...o forse non aveva capito un accidente delle sue battute.
Era stata bene come non mai, e ora non le restava che tornare a casa
mangiare quanto tredici obesi durante la cena di capodanno e infilarsi
sotto le lenzuola per fare dei sogni che stavolta non avrebbero
superato la realtà.
"Non è
possibile"
pensò, mentre una smorfia d'orrore le si dipingeva in volto:
"sto
diventando più smielata di Sveva". Senza
rendersene conto fece
segno di no con la testa, come a voler scacciare quei pensieri e ridere
di se stessa, ma un' ombra rimase. Cosa avrebbe detto alla sua migliore
amica? Forse lei non era mai stata il tipo da raccontare tutto tutto, ma il
fatto che stava cominciando a uscire con Dante non era certo un
particolare trascurabile. "Ciao,
come ti va il vestito che abbiamo comprato l'altro giorno...ah, a
proposito mi vedo con quello che prima diceva di essere il tuo ragazzo".
Agitò di nuovo la testa, passandosi una mano sulla fronte.
Come
aveva fatto a cacciarsi in un simile guaio? Per tutta risposta il suo
cervello evocò la tartaruga (e per tartaruga non si intende
l'animale).
Il fatto che la Aguilera avesse iniziato a cantare Candy Man le fece
capire che il cellulare reclamava la sua attenzione "è lui" pensò
subito, ma la scritta GENITRICE sul display la smentì.
-Non ho ordinato un' aragosta al pescivendolo- trillò sua
madre.
-Prego?-
-Sono le sette e mezza e tu sei fuori da ore, sarai diventata
più arancione di un crostaceo!-
-Sai che esiste la crema protettiva?-
-Certo che lo so. E sai cos' altro so? Che tu non l'hai messa.-
-Mamma, ormai sono grande, puoi fidarti di me, ti dico che l'ho messa
la crema.- Rispose Federica, incrociando le dita, come se quel gesto
cancellasse la bugia.
-No, che non l'hai messa-
-Perché non mi credi? Vedi fai sempre così, se
riesci a
provare che non ho messo la crema preparerò il pranzo per
una
settimana-
-Il fatto che ho la tua crema qui davanti è una prova
abbastanza valida?-
"Merda" -Visto
che non mi credi mai, non hai creduto che avrei preparato DAVVERO il
pranzo, vero?-
-Le promesse si mantengono-
"Accidenti a me, non sto
mai zitta" -Ma...-
-Ma per tua fortuna non voglio essere costretta a scegliere tra il
morire di fame per una settima a o l'essere avvelenata al primo
tentativo.-
"Lassù
qualcuno mi ama! Meno
male che mi sono sempre limitata a giocare a cooking mama invece di
imparare davvero a cucinare!"
-Senti ti ha telefonato Sveva-
-Ah, ok la richiamo.-
-Le ho detto che eri in spiaggia-
-Cosa? No, non ripetere ho sentito. Quando glielo hai detto.- Terribili
immagini della sua amica che la vedeva tra le braccia di Dante si
impadronirono della sua mente, l' avrebbe chiamata traditrice,
infingarda, marrana. Ok, magari avrebbe usato dei termini meno
romanzeschi, ma la sostanza non sarebbe cambiata, se la sarebbe presa a
morte e non le avrebbe più voluto parlare, avrebbe
cancellato
il suo numero, l'amicizia da facebook e avrebbe bruciato tutte le loro
foto e buttato tutti i suoi regali dalla finestra. "Ok, calmati Fede, non sei in
paranoia, no neanche un po'..."
-Dieci minuti fa, forse, potreste andarvi a prendere una
coca cola... -
-Camomilla!-
-Ma se a te non piace la camomilla, e poi con questo caldo?-
-Sì, cioè no, cioè volevo dire
c'è il
negozio Camomilla o meglio la pubblicità del negozio.- In
mezzo
a fantasie apocalittiche di un' amicizia distrutta la ragazza doveva
anche fare il titanico sforzo di non far capire niente a quel cane da
caccia di sua madre, aveva un fiuto davvero incredibile per i casini in
cui si cacciava...
-Federica ma stai bene?-
-Eh, mamma. Ho qualche rotella fuori posto da una vita, che non lo
sai?-
Per un momento il suo cuore si fermò, i suoi occhi avevano
incrociato una visione familiare: spalle larghe, torace ampio, capelli
nivei e sorriso seducente. Si scioglieva tutte le volte che lo
vedeva...Ma stavolta era diverso, avevano passato tanto tempo insieme,
lui era stato così fantastico, tenero e adesso era co...con un'
altra?
Federica strabuzzò gli occhi, per poi farli diventare una
fessura e prendere di mira la sua preda. -Mamma, ci sentiamo dopo.-
Soltanto un click e la telefonata venne interrotta.
Che cosa diamine pensava di fare? Riempirla di smielatezze, che
avrebbero potuto far piacere soltanto a una ragazzina senza cervello,
per poi buttarsi tra le braccia della prima tettona non appena lei
avesse girato le spalle?
Accelerò il passo, quasi sul piede di guerra, quasi pronta a
fargli una scenata. No, una scenata no, perché avrebbe
voluto
dire dargli troppa importanza, però non era poi
così
sicura di riuscire a trattenersi. Il suo sguardo si posò
sulla
ragazza con cui stava flirtando, in realtà erano una piccola
comitiva, ma lui guardava solo quella di centro, aveva un orrendo
vestito di lustrini dorati, ci avrebbe potuto incartare i regali di
natale con quella stoffa scadente, e sarebbe stata appena sufficiente,
perché la stoffa era talmente poca che stava per esplodere
su
quel corpo che non ricordava una dieta da almeno tre anni: tettona e
grassona, la odiava, questo era certo,
Poi fissò Dante come se avesse potuto riempirlo di schiaffi
solo
guardandolo, immaginò il suo viso farsi rosso e gonfio e lui
che
la
supplicava di perdonarlo. Aveva un' aria così sicura di
sé, così superba, così non
sua...così di Vergil!
Un ulteriore sguardo alla camicia attillata e al look
elegantemente ricercato le confermarono di aver incontrato il fratello
sbagliato. Ormai quella scoperta non poteva salvarla, senza
accorgersene si era avvicinata talmente tanto da poter sentire l'odore
dell'albino e purtroppo anche il profumo dolciastro della tettona.
Prima che potesse giustificare in qualche modo la propria presenza
avvertì il gelo calare sulla piccola comitiva, evidentemente
l'immagine di una ragazza che si avvicina quasi correndo come una
valchiria, e poi si ferma di botto tra loro senza spiccicare parola
doveva averli confusi. Che esagerati! Ok, era un po' sfatta, sudaticcia
e, forse,
aveva fatto un' ingresso un po'...bizzarro,
ma non era certo uno zombie o la morte nera con la falce!
-Ciao Federica.- La salutò cortesemente Vergil, col suo
solito
tono altero. La voce era più fredda del solito e anche nel
suo
sguardo c'era qualcosa di diverso, embrava arrabbiato. Forse
perché gli aveva guastato l'appuntamento, ma la ragazza non
poteva credere che uno come lui si alterasse tanto per tre galline come
quelle.
-Uhm, ciao!- Fu l' unica cosa che riuscì a biascicare lei.
-Quindi vi conoscete- osservò con orrore una delle ragazze.
-No, io piombo sempre così vicino agli sconosciuti- rispose
sarcastica Federica.
-Ma potrebbero essere malintenzionati!- commentò con ansia
una di loro
-Sta zitta Valentina, non vedi che sta scherzando-
-O forse è solo zoccola- sussurrò in modo molto
udibile miss carta da regalo.
Federica non poté fare a meno di cogliere l'occasione per
cancellare dalla faccia di quelle tre idiote i loro sorrisi al rossetto
sbavato.-Sai mi chiedevo se potessi mandarmi via mail le nostre foto,
sai quelle al centro commerciale. Ah, un' altra cosa, che ne dici se
domani andassimo in pizzeria? Sai quella dove siamo stati l'altra
volta.- Mentre parlava la brunetta aveva occhi solo per l'albino, poi
passandogli una mano sul braccio -Fu una serata davvero piacevole-
rincarò la dose con un tono malizioso, e poteva sentire le
ragazze alle sue spalle trattenere il respiro, immaginavano che loro
due fossero molto intimi e non potevano sopportarlo.
Non ci fu verso di strappare un sorriso a Vergil, sembrava una maschera
di cera rabbiosamente annoiata. Strano, in altri momenti quel
siparietto lo avrebbe divertito -Sì, se non ho altri impegni
verrò. Immagino sia invitato anche
quell'inutilità di mio
fratello-
Le tre galline esplosero all'unisono -Tu hai un fratello?-
-Gemello- precisò Federica
Un coro di stridolii e visi estasiati accolse la notizia, ma la
brunetta se le immaginava già ad accoltellarsi alle spalle
per
vedere chi delle tre dovesse accaparrarsi Dante. Alzò un
sopracciglio scrutandole criticamente, non doveva preoccuparsi di
nessuna di quelle, non aveva concorrenza. Dante era suo.
-Ce lo devi presentare!-
-Non ne vedo la ragione- rispose Vergil, con un tono ringhioso.
-Ma come è tuo fratello-
-Solo per uno scherzo crudele del destino- L'albino guardò
con
disgusto i visi delusi delle ragazze. Altre idiote che credevano di
poter trovare Dante affascinante quanto lui, ovviamente le tre galline
persero immediatamente ogni attrattiva ai suoi occhi. -Comunque, mi
sono ricordato di aver un impegno. Fede vieni con me?- Chiese, mettendo
il braccio intorno ai fianchi dell'amica e spingendola via, senza
nemmeno aspettare la
sua risposta.
Forse non aspettarono neanche di essere abbastanza lontani per
commentare l'accaduto.
-Non credevo che trovassi interessanti tipi del genere-
Vergil rise, una risata bassa, gutturale ma molto sensuale. -Ogni tanto
mi piace studiare altre razze di esseri umani. Sai, devo pur
sconfiggere la noia!-
-Ma come le hai trovate? Aspetta, non dirmelo. Il vestito dorato di
quella al centro. Non può esserti piaciuta una cosa simile.-
-No, il mio interesse non era rivolto al vestito, quanto a quello che
c'era sotto.- rispose lui, senza il minimo pudore.
-Non c'era molto sotto, era tutto bene in vista!-
-Sei gelosa?- le chiese finalmente abbozzando un' ombra di sorriso.
-Per niente- rispose velocemente la ragazza, il cui interesse per lui
era del tutto svanito -E se anche dovessi esserlo, non lo sarei per
quelle- aggiunse, pensando ad un' altra persona, ma questo Vergil non
poteva saperlo.
-Sei sicura di te stessa, mi piace-
-Tu che fai un complimento a qualcuno, che ti è successo
oggi? -
-Niente di particolare- Federica non notò la ruga sottile
che
comparve sulla fronte dell'albino, in realtà lui non
poté
fare a meno di pensare alla discussione che aveva avuto quello stesso
pomeriggio con Sveva. Malgrado la sua incrollabile superbia e
alterigia, si era sentito dire cose che non potevano non toccarlo. Non
poteva ignorare il fatto che lei aveva osato sfidarlo, aveva eliminato
in un colpo solo tutte le barriere che avevano instaurato tra loro,
aveva infranto il distacco che lui aveva posto, ma aveva infranto anche
la sua timidezza. Vergil aveva percepito chiaramente l'ira che
sconvolgeva la ragazza, sapeva che in questo momento lei non poteva
stare davvero bene, non poteva avere la solita calma e ritrosia. Si
chiese dove fosse, se stesse piangendo come una sciocca ragazzina o
stesse allegramente bevendo alla disfatta del ragazzo più
arrogante sulla terra. Ricordava ogni istante di quella conversazione,
ogni particolare di lei. Gli occhi verdi accesi di rabbia, le mani
strette a pugno, agitate ogni tanto come volesse schiaffeggiarlo, le
gambe magre in mostra grazie a un' inedita minigonna, il rosso del
corpetto. Se fosse stato un altro avrebbe notato con stupore di aver
una fitta di gelosia al pensiero di tutti i ragazzi che si sarebbero
voltati a guardarla, che ci avrebbero provato coi loro modi volgari. Ma
lui era Vergil Sparda e, come aveva notato Sveva, usava per se stesso
un altro metro di valutazione. Non poteva interessarsi davvero a
qualcuno, non poteva farsi sconvolgere la mente da una ragazza, lui non
era uno qualunque.
-Credevo le avessi già le foto del centro commerciale-
-Foto...quali foto?- Chiese Federica, dimenticandosi completamente
della scusa usata poco prima.
Vergil rise di nuovo -Ciò dimostra che delle foto non te ne
frega niente. Allora perché mi sei piombata addosso in quel
modo, prima? Scommetto che l'invito in pizzeria era solo una scusa. Ti
ha dato fastidio vedermi con altre ragazze!- Dedusse, con tono
trionfante.
Federica lo fissò, non riusciva a spiccicare parola mentre
stava
cercando faticosamente di deglutire. Se gli avesse detto che era
gelosa, cosa non vera, lui avrebbe pensato di piacerle,
avrebbe
potuto dirlo a Dante e sarebbe successo un casino mostruoso. Se gli
diceva che in realtà l'aveva solo scambiato per il gemello,
se
la sarebbe presa in un modo epico, altro che l'ira funesta di Achille.
Chi se ne frega, avrebbe detto la
verità.
-No, ti avevo solo scambiato per Dante-
Vergil si fermò un istante. Non poteva tollerare che ora
fossero
addirittura in due a prenderlo in giro. Cosa pensavano queste stupide
italiane, di poter giocare con lui? Prenderlo in giro come volevano?
Non diede a vedere il suo immenso fastidio, si limitò a
contrarre la mascella, cercando di controllare il suo livore
-Sarai stata felice di notare che, invece, sono il fratello giusto.-
-Ma certo!- Rispose la brunetta, quasi deformandosi il viso per
sorridere esageratamente "Che
fortuna se la canta e se la suona da solo. Me la sono scampata bella."
Pensò in realtà. -Solo che quelle tre galline ci
hanno
fatto perdere davvero troppo tempo, mia madre mi aspetta per cena. Devo
andare!- Il tempo di un rapido bacio su una guancia, diametralmente
diverso dai lunghi e intesi baci dati a Dante, e Federica
scappò via diretta verso casa. I due gemelli Sparda erano
terribilmente attraenti, certamente divertenti, ma a lungo andare
finivano col diventare sfiancanti.
1. Angolo
dell'autrice
Ciao a te, chiunque tu
sia, per me sei un lettore e, in quanto tale, hai
già un valore immenso.
Volevo dirti che
questo capitolo l'ho scritto un po' di tempo fa, in
preda a una fervente voglia di scrivere, magari addirittura di finire
questa storia. Sai cosa è successo? Si è rotto il
computer e tutta l'ispirazione è andata a farsi benedire.
Che
sfiga, eh?
Ora sono qui, ad
aggiornare questo diciottesimo capitolo, con una voglia matta di sapere
la tua opinione.
2. Come al solito
voglio
ringraziare chi ha recensito il capitolo precedente, i vostri pareri
sono una fonte di energia inestimabile, per me.
Firely:
Grazie per le tue
parole, spero di riuscire davvero a tenere duro e continuare la mia
avventura e spero che continuerai a seguirmi.
Berry_Red:
Che dire? La tua recensione mi ha fatto
commuovere, il fatto che tu ti sia iscritta per recensirmi mi trasmette
una gioia immensa, mi auguro che la storia continui a piacerti, anzi
che ti piacca sempre di più. Hai avuto coraggio a leggere in
quel modo tutti i capitoli precendenti :D
LadyCarmen:
Ti ho già, in parte, risposto. Sono
davvero contenta di avere una lettrice attenta come te, mi spiace
davvero per la disattenzione che ho avuto in quel capitolo. Mi auguro
di ritrovarti per questo nuovo episodio, le tue impressioni sono molto
interessanti e mi aiutano a riflettere sulla storia.
Layla_Morrigan_Aspasia:
Per quel poco che traspare di te capisco come mai tu ti immedesimi
più in Sveva, è un personaggio un po'
alla Belle,
de "La bella e la bestia". Mi spiace che non apprezzi il tipo di coppia
che si sta venendo a creare, ma io seguo gli eventi, in parte come li
avevo in testa dall'inizio, in parte come vogliono proseguire loro.
Riguardo alla "è", ovviamente, sono concia del fatto che non
si
scriva con l'apostrofo ma, purtroppo, non ho ancora capito come
digitarla correttamente usando NVU. Al prossimo capitolo :)
3. Spero di non
violare nessuna
norma del regolamente, volevo solo condividere con voi un traguardo che
ho raggiunto. Questo mese, negli store online, è uscita la
racconta "365 storie d'amore" edita dalla Delos, un' organizzazione
che, a volte, collabora anche con Mondadori. All'interno dell'antologia
c'è anche un mio racconto :D Non è la prima volta
che
riesco a vedere il mio nome stampato su un vero libro, ma ogni volta
è un' emozione nuova. Volevo farvelo sapere, non per farmi
pubblicità perché non becco un quattrino dalle
vendite,
ma perché condivido con voi la mia passione sfrenata per la
scrittura, siete gli unici lettori con cui io abbia un vero dialogo.
EFP mi ha dato delle emozioni davvero belle in questi anni ed
è
anche merito vostro.
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Capitolo 19 *** La principessa degli alieni ***
Ma come aveva potuto permettere a quel pallone gonfiato di
ridurla
così?
A Sveva piaceva passare davanti alle vetrine e
specchiarvisi, non era un moto di vanità, semplicemente le
sembrava che ogni vetrina le restituisse l'immagine di una persona
diversa, quasi come se ci fosse qualcosa in quei vetri capace di
distorcere la sua figura per crearne una nuova. A volte si sentiva
migliore, più seducente, più alla moda, altre
volte si
vedeva goffa e vulnerabile. Forse era solo uno scherzo della sua
immaginazione.
Anche quella volta non riuscì a
trattenersi, gettò un'occhiata sbilenca al suo riflesso e
quello che vide non le piacque affatto: era solo una ragazzina
tremante e arrabbiata, indossava abiti attraenti senza avere la
personalità necessaria per portarli. Aveva cercato di
cambiare
se stessa per rispondere alle critiche di Vergil...e se invece quella
fosse stata una parte di lei che cercava disperatamente di emergere e
che si era aggrappata alle parole dell'albino per avere finalmente un
po' di ossigeno?
Intanto la vetrina le restituiva un ritratto di
dubbi aggrovigliati dentro una minigonna e un top scollato, nascosti
oltre uno sguardo color smeraldo acceso di collera. Tutto questo era
il prodotto di Vergil Sparda, delle sue parole taglienti e del suo
atteggiamento superbo. No, non era solo superbo, era anche
maledettamente affascinante, le
era strisciato nei
pensieri fino a traviarli come un cancro in un organismo sano. Se
avesse potuto avrebbe spaccato il vetro in cui si stava specchiando
ma si limitò a scuotere la testa e scacciare quei pensieri
torvi.
Un cancro? Che esagerazione, stava decisamente
dando all'albino più importanza di quanta ne avesse in
realtà,
non aveva mai permesso alla sua mente di indugiare tanto nemmeno sui
ragazzi che le piacevano.
E Vergil? No, non le piaceva di certo.
Lo detestava, no era troppo; le era indifferente,
vabè
non diciamo idiozie; la irritava, sì
questa definizione
era decisamente più consona. Lui era una persona seccante, a
cui piaceva mettere a disagio la gente e lei era già
abbastanza brava a mettersi in imbarazzo da sola per frequentare uno
come lui.
Dante era decisamente migliore, finalmente a Sveva
scappò un sorriso pensando all'altro fratello.
(Era
beatamente ignara di quanto era successo tra lui e la sua migliore
amica, quindi poteva permettersi ogni lieta fantasticheria, propria
delle persone innocenti e, forse, stupidamente inconsapevoli.)
Dante
era il gemello giusto, quello più solare, più
gentile e
premuroso, quello a cui affidarsi quando si aveva un problema, con
cui uscire se c'era voglia di divertirsi e con cui parlare se ci si
voleva sfogare, era così tenero, spassoso,
irresistibile...Non
riuscì a trattenersi dal fermarsi, mentre camminava, come se
quell' immobilità improvvisa potesse fermare anche i suoi
pensieri.
Stava passando da un estremo all'altro: demonizzava
Vergil e venerava Dante, ma i contorni non erano così netti.
Vergil non era un demonio e Dante non era un angelo, se la
classificazione fosse stata così facile lei non si sarebbe
impelagata in questa situazione, non si sarebbe fatta attrarre da un
egoista, nè avrebbe tralasciato il principe azzurro.
Entrambi
i gemelli avevano i loro difetti, era solo questione di quale
qualità
si potesse digerire più facilmente.
La biondina si portò
una mano alla testa. Quella seduta di autoanalisi le stava frullando
anche l'unico neurone rimasto che, conoscendo il suo essere recidiva
nella psicoanalisi spicciola, non si sarebbe arreso alzando bandiera
bianca, si sarebbe direttamente suicidato, facendosi inghiottire nel
vuoto cosmico del suo cervello romanticamente avariato.
Si fermò
su una panchina ed estrasse dalla borsa lo specchietto, dando un'
occhiata al trucco. Era un panda umano, perfetto,
ammetteva di
aver sentito gli occhi pungere, ma non aveva permesso alle lacrime di
scendere sul viso, eppure erano state sufficienti a far crollare la
matita sotto l'occhio, mentre il caldo aveva fatto il resto.
Fortunatamente non era niente che un pennello e un fazzolettino non
potessero risolvere.
-Un po' meno panda- sussurrò Sveva,
sorridendo alla propria immagine allo specchio. Era stata una sciocca
a farsi scombussolare così da quel ragazzo, per di
più
se lui fosse passato per caso, in quel momento, avrebbe visto un'
immagine ben diversa dalla precedente. Se prima era stata orgogliosa
e spavalda adesso era tornata incerta e dubbiosa.
Sospirando buttò
la testa all'indietro fissando il cielo che si tingeva di nero, tra
poco più di un' ora avrebbe dovuto presentarsi in hotel per
la
cena. Tra non molto sua madre l'avrebbe chiamata per chiederle
dov'era finita. Doveva cambiarsi prima di scendere nella sala da
pranzo. Fortunatamente quest'anno i suoi genitori le avevano preso
una stanza singola, dandole un po' di privacy anche perché
questo non gli permetteva di conoscere esattamente tutti i suoi
spostamenti, anche se il paese era talmente piccolo che, se non
l'avessero vista in albergo, gli sarebbero bastati cinque minuti a
piedi per scovare la figlia davanti a qualche vetrina o seduta in un
bar. Se suo padre l'avesse vista con quell'abbigliamento sarebbero
fioccate le stupide battutine su eventuali flirt, e quella sera non
era proprio in vena di sopportarle, per di più i suoi
l'avevano vista spesso in compagnia degli Sparda e avevano certamente
subodorato qualcosa. Doveva cambiarsi e la lunghezza della gonna
doveva essere molto, ma molto, diversa da quella attuale. Ma aveva
ancora un po' di tempo e la rabbia, mista all'orgoglio, ogni tanto
tornava a farsi sentire. Prese il cellulare e le bastò
premere
due volte il tasto verde per chiamare Federica, aveva bisogno di
sfogarsi con la sua migliore amica. Chissà cosa avrebbe
pensato la sua ben più energica compagna d'avventure della
strapazzata che la remissiva biondina aveva dato all'algido albino,
non vedeva l'ora di raccontarglielo.
-E' spento- si ritrovò
a dire ad alta voce, con un tono deluso. Pensò di chiamare a
casa, forse Federica era rimasta a poltrire sul divano davanti ai
videogiochi e aveva la batteria scarica. Dopo pochi squilli rispose
la signora Parini, dicendole che la figlia era in spiaggia, ma non
sapeva con chi, né quando sarebbe tornata. Forse lei poteva
raggiungerla lì?
Sveva ringraziò e chiuse la
telefonata, guardò con titubanza i suoi elegantissimi
sandali
neri, decisamente non rappresentavano la calzatura adatta alla
spiaggia ma poteva anche toglierli e camminare a piedi nudi, ormai il
sole era calato e la sabbia non scottava più in modo
così
insopportabile. Decise di avviarsi verso il lido, ansiosa di
raccontare le sue peripezie all'amica e di sapere cosa lei stesse
facendo. Aveva forse dei nuovi amici di cui non le aveva detto
niente?
Spinta dalla curiosità Sveva si
costrinse a camminare più
velocemente, senza notare le persone che le passavano accanto. In altri
momenti avrebbe fantasticato sulla vita della signora anziana col
trucco pesante, criticato la ragazza col vestitino superaderente e
guardato
con invidia la coppietta che passeggiava con le mani intrecciate. Quel
giorno non aveva tempo per gli altri, concentrata sul suo piccolo
gruppetto di amici. Si concesse uno sguardo al panorama che aveva
davanti, solo quando era già arrivata al lido in cui
abitualmente stava Federica. La sera era già inoltrata, una
lunga e iridescente falce di luna brillava già, protagonista
in
un cielo non ancora del tutto nero, le stelle sarebbero sorte tra non
molto, ma per ora c'era ancora tempo. I bagnini stavano già
facendo il giro per chiudere gli ombrelloni, ma non disturbavano le
persone che sostavano ancora sulla spiaggia, incuranti dell'umido e
della brezza fresca che accarezzava i loro colpi accaldati. Sveva si
sporse dalla passerella per cercare la figura snella di Federica, di
solito la trovava vicino a qualche ragazzo che la stava mangiando con
gli occhi senza che lei se ne accorgesse, ma quella sera non sembrava
esserci traccia dell'amica. Guardò con più
attenzione tra
le piccole comitive, ma nessuna ragazza aveva l'altezza giusta, o quel
taglio di capelli alla moda.
Si spostò per far passare uno dei bagnini che,
però, si fermò vicino a lei.
-Ciao- la salutò
-Uhm, ciao- rispose lei con un sorriso non molto rilassato. Conosceva
quel tizio e si ricordava che non le aveva mai rivolto la parola,
stranamente si accorgeva della sua presenza giusto la sera in cui aveva
azzardato un abbigliamento più sexy. Il grande potere della
minigonna.
-Come mai tutta sola?-
-Veramente sto cercando la mia amica. Ti ricordi di Federica, una
ragazza alta bruna, viene qui con la famiglia, Gabriele, Matilde, quei
due bambini sempre attaccati ai giochi...- disse indicando la
postazione ludica vicino al bar. -Per caso l'hai vista?-
-No, mi dispiace.- Rispose lui sorridendo, mentre le faceva la
classica, quanto banale e viscida, radiografia.-Però potrei
offrirti da bere!-
-No, grazie. Come ti ho detto ho un appuntamento con la mia amica- si
affrettò a ribadire, cercando di defilarsi.
-Allora trovala e poi ci vediamo per un drink più tardi. Dai
porto un amico- Insistette lui, circondandole le spalle con un braccio.
Le ci volle un millisecondo a liberarsi da quella stretta sgradita
quanto appiccicaticcia, mentre cercava di non mostrarsi troppo
indignata da quel comportamento. -Non credo proprio, abbiamo
già
un altro impegno-
-Ma dai, chiediglielo alla tua amica. Ci siamo simpatici, sicuramente
le farà piacere bersi un sex on the beach con noi-
La ragazza non riuscì a non chiedersi se il bagnino avesse
scelto a caso il nome del drink -Ti ho detto che non possiamo- rispose,
ancora declinando.
-Non ci credo-
Ormai Sveva aveva capito che il ragazzo aveva un vocabolario piuttosto
limitato, in cui la parola NO, decisamente non era compresa. L'unica
via d'uscita era fargli credere d'aver ragione. -Guarda stasera proprio
non è possibile, però facciamo un altro giorno.- O in un' altra vita,
pensò lei
Il bagnino non aveva bisogno di chiedersi come mai la ragazza avesse
cambiato idea così all'improvviso, certamente la sua
bellezza
l'aveva accecata e ora non vedeva l'ora di uscire con lui. Doveva
credersi la donna più fortunata del paese, anzi no, della
terra.
Lungi dal sentirsi così baciata dalla sorte, Sveva non
attese
neanche un istante per tagliare la corda. Non sapeva che di
lì a
poco sarebbe finita dalla padella alla brace.
-Non ci posso credere, non sono passate neanche tre ore e ti rincontro
di nuovo!-
Sveva non aveva fatto in tempo a uscire dal lido che frequentava
Federica, per passare a quello successivo, dell'albergo in cui stavano
lei e i gemelli, che una voce maschile, con un volgare accento locale,
la raggiunse. Un brivido le corse lungo la schiena.
-Questo è destino- disse la voce maschile
-Eh, quando si dice destino...crudele-
sottolineò la ragazza.
Purtroppo il ragazzo, quel Giovanni che poco prima aveva scatenato la
lite con Vergil, scambiò la sua acuta e costernata
affermazione
per una battuta di spirito.
-Ah, come sei divertente. Già davvero bella battuta. Cosa
stavi facendo?-
-Io...veramente, stavo cercando una mia amica-
-E' carina come te?-
Questo sì che
è un gentiluomo-Per
sua fortuna no- se avesse potuto finire il concetto avrebbe aggiunto
che la sua amica era miss universo in confronto a lei, ma venne
interrotta
-Oh, oh, concorrenza femminile, l'ho sempre trovata molto...stimolante,
anche in campo sportivo sai le lotte nel fango femminili sono
così...- Giovanni non riuscì a trovare un
aggettivo
appropriato e terminò la frase con un luccichio malizioso
nello
sguardo.
-Mi sa che non sono proprio canali sportivi quelli che guardi-
-Ma sì, a me piace lo sport-
-Sì, quello da camera.- Sveva si morse le labbra, adesso
quel tizio avrebbe fatto chissà quali battute oscene!
-No, io vado in palestra-
-Cosa?- Non poteva credere alle sue orecchie, era talmente stupido da
non aver capito lo scherzo!
-Non ho bisogno di stare a casa, ce li ho i soldi per la palestra. Vuoi
vedere che muscoli?-
-No, grazie. Ti credo sulla parola!- si affrettò a
rispondere.
-Sai, io sono un bravo...come si dice?-
-Stalker?-
-Ma no, quello è lo step. Io faccio più boxe-
mimò
dei pugni, che spaventarono solo delle povere mosche.
Sveva si chiese che male avesse fatto per trovarsi in meno di dieci
minuti tra due chiari esempi di galanteria maschile, che le stavano
quasi facendo rimpiangere l'arroganza glaciale di Vergil. Purtroppo fu
costretta a rintracciare la risposta nei centimetri di gambe e
decoltè esposti agli sguardi. Non metterò mai
più
una minigonna, pensò, nervosa. La voce del
ragazzo la
scosse -Comunque, chi
era quello con cui parlavi prima, sai quel tipo strano, quello
sfigato...-
Lei non riuscì a non sgranare gli occhi, quello aveva appena dato dello
sfigato a Vergil?
Il suo cuore smise per qualche istante di battere e si
guardò
intorno col sospetto che l'albino comparisse davanti a loro per magia e
prendesse a pugni Giovanni, altro che l'ira del pelide Achille, Vergil
adirato doveva essere il peggiore degli incubi. Anche se lei, quello
stesso pomeriggio gli aveva detto di peggio e lui non aveva mosso un
dito, come una parete di ghiaccio. Tra la ricerca di Federica e quegli
incontri del terzo tipo aveva quasi dimenticato la loro lite.
-Non è uno sfigato-Si trovò, senza capire come, a
difenderlo.
-Ma dai, uno giovane che si tinge i capelli di bianco- disse con voce
piena di orrore Giovanni.-Non ci crederai, perchè voglio
dire io
sono un tipo molto sveglio e intelligente, ma quando l'ho visto ho
pensato che fosse un vecchio!-
-Hai mai sentito parlare di albinismo?-
-E' tipo una teoria sugli alieni? So un sacco di cose
sull'argomento...ho visto E.T!-
-No, è una malattia. Quel ragazzo non si è tinto
i capelli
di bianchi, i suoi capelli sono bianchi- stava per aggiungere che aveva
anche dei bellissimi occhi azzurri e dei veri muscoli da palestra, ma
si dovette trattenere, dandosi mentalmente della stupida. Vergil
sarà stato anche bello ma era uno str...strangolatore
della sua pazienza.
-Allora non fa lo sfigato, lo è sul serio!-
-Wow! Che tatto, che hai.-
-Eh? Ma io non ti ho mai toccato.-
-Senti, hai presente prima quando ti ho parlato degli alieni-
-Sì- assentì Giovanni.
-Bhe, so che tu sei una persona tanto intelligente e discreta, quindi
ti confiderò un segreto-
-Il ragazzo di prima era davvero un alieno-
-Davvero? Figo-
-Eh, sì e io sono la principessa degli alieni-
-No, non ci credo. Mi stai prendendo per uno scemo-
-Vuoi che te lo dimostro?- rincarò Sveva, notando un certo
stupore nel viso di lui
-Ovvio-
-Quel ragazzo appare tutte le volte che io sono in
difficoltà.
Hai presente quando una ragazza viene avvicinata da un tipo fastidioso,
che non le si scolla di dosso?-
-Ah, io i tipi così non li sopporto-
-Non l'avrei mai detto- bofonchiò lei cercando di reprimere
una
risata.-Comunque, ecco, quando io sono avvicinata da qualche
sconosciuto, lui appare come fosse il mio angelo custode-
Giovanni rise, non pensò di aver incontrato una ragazza
matta da
legare solo perché la sua vanità lo convinse che
quella
era una tattica per fare la misteriosa e conquistarlo -Sì,
come
no e adesso allora dov....- Un colpo di tosse lo scosse, cancellando la
risata di qualche secondo prima. In pochi secondo il suo viso perse
quasi tutta l'abbronzatura, diventando di un preoccupante verdognolo.
-Ciao Sveva.-
-Ciao Dante, stai davvero migliorando, mi basta pensarti e tu appari
così velocemente- Le reazioni a quelle parole, tra i
presenti,
non potevano essere più diverse. Sveva aveva scelto con cura
la
frase, per avvalorare lo scherzo in cui il ragazzo sembrava essere
cascato con tutte le scarpe, forse lei si stava sentendo un po'
crudele, ma il divertimento era impagabile, l'unica
difficoltà
era rimanere seria e guardare l'albino in modo adorante senza scoppiare
a ridere. Dante invece era stordito dalla sorpresa, la ragazza non era
mai stata così carina con lui e il fatto che lo fosse
proprio
quel pomeriggio, in cui lui aveva iniziato una storia con la sua
migliore amica, per giunta senza poterglielo dire, lo metteva molto a
disagio. Il povero Giovanni invece non sapeva cosa pensare,
non
poteva certamente sapere che gli albini erano due, nè
sospettava
che, quando la ragazza avesse inventato la storia degli alieni solo
dopo aver visto, con la coda dell'occhio, Dante che saliva dalla
spiaggia.
-Lo sai, sono sempre al tuo servizio- Dante abbozzò un
inchino
maldestro, i modi erano stranamente simili a quelli di Vergil, cosa che
testimoniava il suo completo stordimento.
-Non mi stavi prendendo in giro: è lui, è
ricomparso. E' lo stesso di prima- farfugliò l'italiano
-Ah, questo è Giovanni. Purtroppo ho dovuto dirgli il nostro
segreto-
L'albino rizzò le orecchie e spalancò gli occhi,
visibilmente sorpreso e preoccupato -Segreto?-
Possibile che Sveva già sapesse di lui e Federica, e cosa
c'entrava questo Giovanni? Non aveva mai pensato a delle ipotesi
così velocemente, ma in quel momento era quasi certo di non
avere nessun segreto oltre alla relazione con la bella brunetta e alla
volta in cui..... ma no di quella volta non sapeva nessuno. E poi
perché quel ragazzo diceva che era lo stesso di prima? Era
sicuro di non averlo mai incontrato prima
-Sì, il nostro segreto- Sveva lo colpì con quella
che
voleva essere una gomitata nello stomaco, ma che in realtà
sortì il solo effetto di fare il solletico a Dante.-Spero
non ti dispiaccia-
-Certo che mi dispiace, ora sarò costretto a ucciderlo!-
rispose
ridendo, ritrovando il suo solito umore giocoso, ma la sua risata si
interruppe in modo stridente vedendo la faccia dell'altro ragazzo.
Giovanni, a sua volta, incosciente del colorito malsano che stava
assumendo, interpretò il finire della risata e quello
sguardo
indagatore come evidenti segnali di pericolo.
-No, non uccidermi, io ho sempre avuto molta simpatia per voi. Davvero
cioè secondo me non è giusto fare esperimenti su
di voi
solo perché siete diversi...- disse indietreggiando
istintivamente e con un tremito nella voce.
Dante, stanco dalla lunga giornata ricca di emozioni,
equivocò
le parole dell'italiano -Che problemi hai con gli albini?-
ringhiò minaccioso
-Io no davvero nessun problema, anche l'area 41...51..71 io l'arei
chiusa amico.- (Sì,
777 di megavideo,
sussurrò Sveva)-Comunque io devo andare, davvero, non lo
dirò a nessuno ve lo giuro...solo che devo andare.- Giovanni
non
aveva mentito sui propri e prodigiosi muscoli, scappò con
uno scatto da
velocista degno di nota.
-E poi dicono a me che sono fuori di testa!- Dante fissava il punto in
cui, fino a un secondo prima, stava Giovanni. L'espressione sorpresa
era
ben dipinta sul suo viso, guardò l'amica per avere delle
spiegazioni ma
lei, per tutta risposta, scoppiò a ridere.
-Sei stato un fenomeno,
ti adoro- mormorò lei quando finalmente riuscì a
riprendere il
controllo. Pensando di far cosa gradita si alzò sulle punte,
meno del
solito dati i tacchi vertiginosi, e stampò un grosso bacio
sulla
guancia dell'albino. Sveva non era abbastanza sconvolta per non notare
che quel gesto, che in altri momenti avrebbe suscitato mille battute e
grandi abbracci, in quel frangente non provocò reazioni.
Dante era
rimasto di ghiaccio, improvvisamente intimidito, per un secondo la
ragazza ebbe il dubbio di aver davanti Vergil. -Dante che cosa
c'è?-
-Niente.-
Per la prima volta l'albino si sentiva un verme, aveva giocato spesso
coi sentimenti delle ragazze, ma spesso quelle stesse ragazze si
divertivano a giocare con lui. In questo caso invece era diverso, ormai
stava imparando a conoscere Sveva, la sua timidezza, la sua ritrosia.
Come poteva ingannarla e non dirle che aveva baciato la sua migliore
amica? Cercò disperatamente di cambiare argomento, sperando
che lei non
notasse il suo turbamento. -Ma chi era quello?-
-Oh, nessuno. Ha iniziato a seguirmi questo pomeriggio e non sono
più riuscita a scollarmelo di dosso.- Disse con aria seccata.
-Ti ha dato fastidio?- chiese subito l'albino con aria protettiva
-Quando
me lo sono ritrovato di nuovo tra i piedi ho iniziato a
preoccuparmi,
però non importa adesso è andato via- sorrise lei
-E non credo proprio
che tornerà- ammise lei, nascondendo il suo divertimento
dietro un
sorriso furbo. Non resistette molto prima di raccontare a Dante il modo
in cui aveva fatto credere a quel ragazzo di essere una principessa
aliena. Sottolineava spesso la stupidità di Giovanni, mentre
cercava di
evitare tutte le parti del racconto che includevano anche la comparsa
dell'altro Sparda.
-Quello sì che è un vero stupido-
commentò Dante
compiaciuto, per una volta non era lui a fare la figura
dell'allocco.-Ma c'è una cosa che non mi è
chiara, ha detto che ero "di
nuovo" io. Sono quasi sicuro di non averlo mai incontrato prima, tu sai
che intendeva?- Notò subito il rossore che imporporava le
guance della
ragazza, il suo viso aveva assunto lo stesso colore scarlatto del top.
-Ehm,
sì. Ha visto tuo fratello e non sapendo che hai un gemello
ha pensato
che foste la stessa persona e che anche tu fossi apparso per
difendermi....- Sveva guardava in tutte le direzioni tranne quella
dell'albino, mentre giocava nervosamente con una ciocca di capelli
-Anche io
ero apparso per difenderti? Svè, ma tu eri con Vergil?-
La ragazza si voltò a guardare l'albino, sorpresa
notò che aveva dato un' inflessione inedita al suo nome.
Quel Svè, le
era suonato così nuovo, così familiare e brusco
allo stesso tempo, e
poi c'era una vena accusatrice in quella domanda. Alzò le
spalle e
abbassò leggermente la testa, sicura di avere ancora il
volto in
fiamme. Non riusciva a rispondere.
Per la prima volta, durante quell'incontro, il ragazzo
sembrò notare
l'abbigliamento dell'amica. Minigonna, top scollato, trucco accentuato,
se quella non era una mise da acchiappo lui era Napoleone. Ma come si
coinciliavano quegli abiti seducenti col fatto che lei era con suo
fratello? Non potevano avere un appuntamento! Lei era così
dolce e
carina, mentre il suo gemello era algido e orribile, l'avrebbe
distrutta in pochi minuti, l'avrebbe sicuramente fatta soffrire. Eppure
lei aveva usato un termine: difesa,
Vergil aveva difeso più volte la loro madre da sguardi o
approcci
inopportuni, entrambi i figli erano molto gelosi di Eva, ma Vergil non
si era mai dimostrato premuroso con una ragazza, almeno non che lui lo
ricordasse. Possibile che suo fratello avesse un' altra vita, una vita
in cui era addirittura gentile?
-No,
cioè sì.- Sveva si umettò le labbra,
era nervosa come se avesse dovuto
pronunciare un discorso difficilissimo. Ci mise qualche secondo a
capire che doveva semplicemente dire la verità. Quella era
una cosa
facile, lei la diceva sempre la verità. -Ci siamo incontrati
per caso.
Vergil mi ha visto con quel tizio e me l'ha tolto di torno. Tutto qui-
-Ah-
fece Dante, visibilmente deluso da quella spiegazione e forse non del
tutto convinto. Iniziava a nutrire dei profondi sospetti, quasi come se
non fosse stato lui ad avere una relazione segreta. -Quindi vi siete
visti ed è andato tutto bene?- cercò di indagare,
quei due forse
iniziavano ad intendersela, senza dirgli niente.
Sveva trasecolò -Tutto bene non direi. Abbiamo litigato-
Dante,
che nel frattempo aveva assunto un' espressione furba, quanto l'
ispettore gadget sotto copertura, vide cadere all'istante tutte le sue
belle teorie -Tu hai litigato con Vergil?- Oggi la bionda gli
sembrava
un' estranea, era vestita con degli abiti provocanti che non le aveva
mai visto addosso, camminava con tizi strani che la seguivano e per di
più andava in giro a litigare col suo gemello. Ebbe il
sospetto di
stare sognando, per dimostrare che non si sarebbe ritrovato in pigiama
nel suo letto, si diede un pizzicotto sul braccio. L'unico effetto che
quel gesto produsse fu uno sguardo stranito di Sveva, sì
come se
qualcuno l'avesse mai guardato in modo normale. -Ripeto la domanda: tu
hai litigato, proprio con Vergil? Sei sicura?-
-Dante tu oggi sei proprio strano. perché ti sei dato un
pizzico?-
-Non
cambiare discorso e rispondimi- Per essere più incisivo
trascinò per un
braccio la ragazza fino ad arrivare a una panchina, la costrinse a
sedersi e a guardarlo negli occhi.
-Sì, ho litigato con lui-
-E che gli hai detto?-
La
biondina ripercorse a ritroso la propria giornata, fino ad arrivare ai
fuochi d'artificio del pomeriggio -Credo di avergli dato della prima
donna-
-Tu cosa?- Dante non poteva credere alle sue orecchie,
spalancò i suoi magnifici occhi azzurri e le sue labbra
erano dischiuse
in una delle più innocenti espressioni di stupore.
-E anche del
pallone gonfiato, almeno credo, forse le parole non sono state proprio
queste ma il senso era lo stesso- Sveva sorrideva contenta, come se
avesse compiuto una crociata contro un drago. L'albino invece non
riusciva più a parlare e sembrava essere diventato una
statua di sale.
-Ah, e poi gli ho detto la cosa che lui più detesta sentirsi
dire. Proprio quella che lo fa infuriare di più-
-Che
gli hai detto?- Finalmente il ragazzo riuscì a vincere la
paresi
facciale e articolare qualche sillaba, mentre mentalmente passava in
rassegna tutti i possibili insulti che Sveva poteva aver rivolto a
Vergil. Gli aveva forse detto che con tutto quel gel sembrava che un
lama avesse appena sputato sui suoi capelli? No, quella non era una
battuta nel suo stile, ma non lo erano nemmeno le parolacce da
camionista che di solito era lui a dire al gemello. Aveva forse detto
che Vergil era sexy quanto un inceberg? Sì, quella poteva
essere
un' osservazione papabile.
O peggio ancora, l'aveva chiamato GIL?
La carezzevole voce della ragazza lo risvegliò
dalle sue fantasticherie
-Gli ho detto che tu sei molto meglio di lui-
L'albino non riuscì a rispondere, solo pochi giorni prima a
quell'affermazione avrebbe fatto i salti di gioia. Adesso l'idea di
essere conteso tra due migliori amiche, probabile sogno erotico di
tutti i suoi coetanei, si stava tramutando nel suo peggiore
incubo.-No!- quasi gridò, terrorizzato.
-No?- Ripetè lei, stupefatta. Che Dante si stesse sentendo
male?
La ragazza era certa che l'amico si sarebbe sentito lusingato da quel
commento, che probabilmente avrebbe dato sfogo a tutta la
grandiosità del suo ego, e invece, inaspettatamente, c'era
stata
una smentita. -Stai dicendo che Vergil- E Sveva disse quel nome con un'
inflessione amara -è migliore di te?-
-No!- L'albino pronunciò la stessa sillaba, ma ancora con un
tono poco convinto, mente le sue guance parevano arrossarsi. Per la
prima volta sembrava che non sapesse come comportarsi.
-Ecco, lo vedi? Tu sei più dolce, più spontaneo,
sai come
far sentire speciale una ragazza...- Sull'ultima qualità
Sveva
aveva qualche dubbio, Dante forse tendeva a far sentire troppo
speciali le donne, aveva il vizio di esagerare coi complimenti e, di
certo, alcune volte allungava troppo le mani, ma era sicura che quelle
parole lo avrebbero messo di buon umore. Entrambi i gemelli adoravano
sentir parlare bene di loro stessi, non avrebbero mai ammesso di avere
un gigantesmo egocentrismo e un' immensa vanità in comune.
Strano ma vero quelle parole sembravano avere su Dante l'effetto
contrario a quello sperato. Il ragazzo stava diventando paonazzo e da
quel rosso gambero stava velocemente sbiancando.
-Ma...ma ...Ma Vergil è più elegante di me,
più
raffinato, sai io sono forse troppo spontaneo...- Per la prima volta
Dante stava osannando suo fratello. Si rendeva conto che questa cosa
suscitava un grande sconcerto nella sua amica, ma non poteva permettere
che proprio ora, ora che lui stava segretamente
con Federica, lei lo rivalutasse.
-Stai facendo dei complimenti a quel pallone gonfiato del tuo gemello?-
Aveva faticato non poco a farsi uscire le parole di bocca, il suo
mento, probabilmente, era scivolato per terra, in un' assurda
espressione di stupore. Cosa stava succedendo?
-No!...Cioè sì, voglio dire tu apprezzi quel
certo charme che ha di solito Vergil no?-
-Charme? Non so se essere più sorpresa dal fatto che
definisca
Vergil come una persona affascinante o dal fatto che tu abbia appena
usato la parola "charme"-
Dante assunse volutamente un' espressione da stupido, che almeno non lo
costringeva a dire altro. Era costretto a parlar bene del fratello,
cosa che gli procurava più orticaria di un' orrenda reazione
allergica, ma doveva fare in modo che Sveva rivalutasse Vergil
e
non prestasse attenzione a lui. Per una volta doveva sembrare
invisibile a una ragazza, non avrebbe mai pensato di assistere a un
giorno simile!
-Coraggio Dante, puoi dirmelo, tanto ho già capito..-
L'ultima frase catapultò il ragazzo alla
realtà, ma
non completamente. Il panico gli stava salendo sempre più
nelle
vene. Guardò l'amica cercando segni di tristezza per quel
loro
vile tradimento e sperò di non aver perso per sempre la sua
amicizia, gli scenari del dramma si stavano facendo sempre
più
vicini e l'ombra di un destino ineluttabile sembrava già
stendersi su tutti loro. -Hai capito già tutto? Allora
è
vero che voi donne ne sapete una più del diavolo!- Il
ragazzo
unì le mani e se le portò davanti agli occhi, in
un gesto
di scusa.-Ti prego non arrabbiarti-
-Certo che mi arrabbio!- La ragazza si agitò, guardandosi
intorno, sembrava davvero adirata, l'espressione docile sul suo volto
era sparita, e i suoi occhi sembravano accesi da lampi verdi
Dante si sentiva uno schifo, abbassò le spalle e si
posò
una mano sulla fronte. Aveva appena rovinato anni di amicizia tra le
due ragazze a cui aveva imparato a voler bene. Ma cos' altro avrebbe
potuto fare? Sveva l'aveva attratto da subito, forse aveva agito con
troppa leggerezza, proponendosi come un moderno Casanova. Non
aveva previsto lo sviluppo degli eventi, non avrebbe mai potuto
immaginare di prendere una sbandata per la sua migliore amica, forse
con altre ragazze gli era anche capitato di giocare "su più
fronti", ma il gioco era sempre stato reciproco. Non c'erano mai stati
segreti. -Ti giuro che non volevamo ferirti-
-Ma come hai potuto e proprio adesso?- Perché proprio adesso
che
aveva mandato a quel paese Vergil, suo fratello lo stava tanto
decantando? Quel cinico buffone da strapazzo, quel cieco vanitoso
incapace di pensare ai sentimenti altrui. Altro che "charme" per
lei avevo il fascino di un pezzo di legno avvizzito.Quel paragone le
fece scappare l'accenno di una risata, che tentò di
strozzare
sul nascere
Dante rabbrividì. Il suono gutturale che aveva appena
sentito
era un singhiozzo? Il dramma si stava avvicinando sempre di
più,
se c'era una cosa che lo spaventava, una cosa capace di getterlo nel
panico più totale era una donna in lacrime! -Non fare
così, ti prego-
Perfetto,
pensò
Sveva, l'aveva anche sentita ridere così
all'improvviso,
come minimo adesso avrebbe pensato che era una pazza. -Scusami, non so
cosa mi succeda. Quando penso a quello che è successo mi
arrabbio così tanto-
-In fondo non è successo poi chissà cosa...-
-Invece sì! Non è da me reagire in questa
maniera.-
L'albino continuava a sentirsi un verme, forse se ci fosse stata
Federica avrebbe saputo cosa dire all'amica -Sai abbiamo scoperto di
provare un affetto sincero e poi c'è stato un ba....-
-AFFETTO SINCERO?- La ragazza strabuzzò gli occhi, come se
Dante
stesse dicendo le peggiori assurdità, come se le avesse
appena
detto di essere nato su atlantide....o che non gli piaceva la pizza.
-Ma che stai dicendo? E poi sei proprio convinto che tutto questo
affetto sia reciproco?- Sveva, che per tutto il tempo aveva continuato
a pensare a Vergil non se lo immaginava proprio intento a dimostrare
tutta questa tenerezza verso il fratello.
-Dovresti stare più attenta a quello che dici. - Adesso
l'albino
iniziava a perdere la pazienza, capiva che la ragazza non era
esattamente in se stessa, ma quello che era successo non le dava il
diritto di sparare a zero sugli altri. E poi aveva sempre creduto che
fosse molto legata a Federica, non capiva perché questo
volta
faccia improvviso, non aveva mai nemmeno dimostrato tutto questo
interesso verso di lui. Quindi sì, poteva essere ferita ma
perché prendersela tanto con l'amica? -Certo che ne sono
convinto e poi come ti stavo dicendo c'è stato...- Qui
veniva la
parte difficile, se già la biondina era sconvolta per l'
affetto
figuriamoci ora che le avrebbe detto che erano andati un po'
più
in là. Romeo era morto per amore, lui si sarebbe beccato un
sonoro ceffone. Era una cruenta prova d'amore anche questa, no?
-Come puoi difendere Vergil tanto a spada tratta?-
-Un bacio-
I due strabuzzarono gli occhi nello stesso momento e, mentre fino a
qualche istante prima scorrevano fiumi di parole, ora era calato il
silenzio più totale. Avevano parlato l'uno sopra l'altra in
modo
da non far finire l'interlocutore prima di iniziare ad esporre la
propria tesi e, invece, adesso iniziavano a capire che qualcosa non
andava. Sveva era tanto su di giri da non aver ascoltato fino in fondo
l' ultima frase dell'albino, mentre lui era riuscito a capire solo un
nome, quello di suo fratello.
-Che diamine c'entra adesso Vergil?- Chiese Dante quasi in stato di
shock
-perché tu di chi stavi parlado?-
-Certo di Vergil. Di chi altri dovrei parlare?- Una risata decisamente
isterica uscì dalle labbra dell'albino, il sollievo di aver
vuotato il sacco non era durato più di qualche secondo.
Aveva
creduto di aver confessato alla ragazza di essersi innamorato della sua
migliore amica, invece, a quanto pareva aveva difeso Vergil senza
neanche accorgersene. Doveva ancora capire le dinamiche di quella
assurda conversazione, per ora si sentiva la testa vuota e leggera come
un palloncino. In molti avrebbero risposto che, già
normalmente,
non è che aveva tutta questa materia grigia nel cervello.
Sveva stette per un po' in silenzio, meditabonda -Ma io non ho capito
una cosa...-
-Eh...sapessi io...- Rispose Dante, agitando una mano per farsi aria al
volto di nuovo pallido
-Cosa c'entra il bacio?-
Dante deglutì rumorosamente. Capire che Sveva si stava
riferendo
al fratello e non all'amica gli aveva fatto dimenticare di aver
raccontato quel piccolissimo e insignificante particolare.
Fortunatamente la ragazza aggiunse.
-Credo di non aver capito quello che stavi dicendo ma quella parola
l'ho sentita chiaramente-
-Ma certo!- Rispose Dante stampandosi in faccia il sorriso
più
idiota che gli riuscisse in quell'istante -Ho detto che non
è
successo nulla che un bacio non possa risolvere- E così
dicendo
le sue labbra andarono a premersi sulla guancia della biondina, anche
lei, ormai, visibilmente confusa.
-Ma che stai facendo? Sei sempre il solito. Mi hai stavi facendo uno
scherzo, vero? Tutte quelle belle parole su Vergil...Ho frainteso
tutto?-
-Non sai quanto- Commentò Dante in tutta
sincerità.
Angolo
dell'autrice:
Ciao, se stai leggendo queste righe dovrebbe voler dire che hai finito
di leggere il capitolo.
Cosa te ne pare? Mi auguro che lascerai la tua opinione tramite
recensione, mi fa sempre piacere leggere i commenti dei lettori, mi
danno la carica per finire la storia e mi aiutano a migliorare i punti
deboli.
Vorrei poter dire che per il prossimo aggiornamento non
passerà tanto tempo, ma non ho il capitolo pronto e, quindi,
potrei scrivere come una pazza oggi stesso o tra qualche settimana.
Spero che vorrai leggere anche il prossimo, quando apparirà
on-line.
Ringrazio Dream Nini e Mr Writer per le recensioni :D Sono davvero
contenta che il capitolo precedente vi sia piaciuto e di avere
suscitato la vostra curiosità!
|
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Capitolo 20 *** Diverse reazioni ***
Federica si attaccò al campanello di casa, ansiosa
di mettere
fine a una delle giornate più lunghe della sua vita.
Quando si
era alzata, quella mattina, aveva osservato la sua immagine allo
specchio, aveva maledetto le valigie sotto gli occhi, odiato i
capelli spettinati e rivolto un tiepido incoraggiamento a quel filo
di abbronzatura che finalmente iniziava a spuntare. E poi, col
passare del tempo, quel solito risveglio si era trasformato in uno
dei giorni migliori che avesse mai vissuto.
Il viso di Dante si
palesò nei suoi sogni, così reale da sembrare
tangibile. I suoi
occhi chiari che la fissavano intensamente, le sue labbra morbide e
salate durante i loro baci appassionati. La ragazza riusciva a
sentire ancora il fiato caldo di lui che le solleticava il collo.
Non si era mai considerata una sciocca romantica, quel ruolo lo
lasciava volentieri alla sua migliore amica, eppure ora doveva
ammettere che il cuore le accelerava nel petto quando pensava a
Dante.
Sveva avrebbe definito quella sensazione un "dolce
batticuore", Federica, invece, era senza fiato al limite di un
attacco cardiaco.
Aveva sempre guardato i ragazzi con molto
interesse, soprattutto se erano giovani e prestanti, in grado di non
scomparire vicino alla sua altezza, così insolita per una
ragazza.
Nessuno, però, era riuscito a entrare nei suoi pensieri come
Dante,
forse era per il suo sorriso giocoso, per i suoi modi aperti e
schietti...era inutile pensare ai motivi, ormai lei ne era
irreversibilmente cotta.
Alla fine di quella assurdamente bella
serata, il suo unico desiderio era tornare a stendersi sul suo letto
e mangiare qualcosa. Avrebbe realizzato tutte le sue terrene
aspirazioni se, in quel momento, qualcuno si fosse deciso ad aprire
la porta di casa. Lei, come al solito, non aveva ottenuto le chiavi,
ed ora era costretta ad aspettare che qualcuno le aprisse.
Finalmente
il fratellino della ragazza si decise a lasciare il suo videgioco
preferito, alzare tutto il suo peso dalla sedia e trascinarsi
stancamente fino alla porta. Federica ringraziò Gabriele
scaraventandolo quasi per terra, aprendo l'uscio con troppa
foga.
-Quanto ci ha messo!-
-La prossima volta ti lascio
fuori-
-E io non ti accompagno a comprare i giochi!-
-Sei la
solita acida-
-E tu il solito stupido-
La madre di Federica,
disturbata da quell'espressione di amore fraterno, proprio mentre
guardava il suo telefilm preferito lanciò un urlo ferino
dalla
cucina. In casa regnò il silenzio...almeno per cinque
minuti.
-Quando vengono i tuoi amici fai tutta la carina, Vergil
dovrebbe vedere come ti comporti da barbara quando lui non
c'è-
-Gabriele, tu non sai manco chi sono i barbari...-
-Sì,
che lo so!- rispose il ragazzino, con aria trionfante
-E allora
chi sono?- lo incoraggiò la sorella.
-Quelli come te!-
Gabriele
concluse la frase con una pernacchia e poi scappò via,
durante la
fuga rocambolesca fu colpito da un sandalo volante. Il bernoccolo
sulla testa gli sarebbe durato almeno tre giorni, ma la sorella,
lungi dal pentirsi della sua meravigliosa vendetta, si
limitò a
controllare che le sue scarpe non avessero subito danni irreparabili.
Tanto suo fratello era già irrecuperabile.
La ragazza andò in
cucina, improvvisamente sentiva lo stomaco vuoto e una voglia
terribile di coca-cola. Non appena entrò nella stanza il
poliziesco
che stava guardando sua madre si interruppe per la
pubblicità.
-Avete
litigato?-
-E quando succede che io e Gabri non litighiamo?-
-Non
intendevo con Gabriele...- disse sua madre, guardandola attentamente
-Intendevo con lui...-
Federica per poco non si strozzò con la
coca-cola.
Di quale "lui" stava parlando sua mamma?
Possibile che avesse capito tutto su lei e Dante?
Sua madre,
per certe cose, aveva delle antenne super potenti, non riusciva a
nasconderle niente. Però se avesse saputo qualcosa avrebbe
anche
saputo che lei e Dante non avevano affatto litigato, anzi.
-Sai mi
piace quel ragazzo-, continuò la madre, cercando di farla
parlare.
La figlia stava per dire "sapessi a me", ma si fermò
in tempo per sentire -Anche se ha un brutto nome...-
-Non è
brutto, è solo che è poco usato. Ci siamo
disabituati- rispose
Federica, ricordando che non aveva mai sentito sua madre definire
"brutto" il nome del sommo poeta.
-Andiamo, chi mai
chiamerebbe un figlio "Vergil"?-
Federica stavolta non
si salvò, sputò tutta la coca-cola sulla sua
deliziosa magliettina.
Non aveva affatto pensato che stessero parlando di Vergil, certo lui
era l'unico dei gemelli che era stato a casa sua. Forse i genitori
avevano mal interpretato il suo gesto e avevano creduto che loro due
stessero segretamente insieme.
La ragazza si rese conto di aver
completamente cambiato atteggiamento verso l'altro Sparda. Vergil era
di certo affascinante, ma troppo snob, troppo superbo e troppo pieno
di sé. Non avrebbe resistito più di cinque minuti
con uno come lui.
Un brivido le attraversò la schiena pensando alle volte in
cui
aveva visto Sveva guardarlo con maggiore interesse.
La sua amica
era troppo fragile per stare con uno come quello.
No, non
sarebbero mai stati insieme perché a Vergil interessavano
solo le
galline, e Sveva non lo era, poi era troppo timida e silenziosa per
attirare la sua attenzione.
Però se lei si fosse presa anche
solo una cotta per quel ragazzo avrebbe sofferto, certamente.
Dante
era diverso.
Federica si accorse a stento che sua madre si era
eclissata nella puntata del poliziesco, evidentemente stavano per
scoprire l'assassino altrimenti non avrebbe mollato la presa sui
dilemmi amorosi della figlia.
La ragazza ebbe una fitta al cuore,
pensando alla sua migliore amica e al "gemello buono",
erano stati così vicini nei primi giorni. Dante era sempre
attaccato
a lei, e lei, seppure intimidita come al solito, non sembrava
disprezzare quelle attenzioni.
Non è che le stava rubando il
ragazzo?
No, a Sveva non poteva piacere Dante, era troppo poco
colto per lei, troppo espansivo, anche troppo dinamico.
Non ci
sarebbe rimasta male.
Oppure sì?
Lasciò a metà la merendina
che stava mangiando, le era passato l'appetito.
Aveva detto a
Dante che avrebbero mantenuto il segreto su quello che era successo
fino a che lei non avesse parlato con l'amica. Le doveva almeno
questo, erano sempre state sincere e si volevano bene come sorelle,
non poteva certo permettere che una storia estiva rovinasse
l'amicizia di una vita.
Sua madre riemerse da una scena del
telefilm, che doveva essere particolarmente noiosa, e le disse senza
nemmeno voltarsi -Alla fine hai incontrato Sveva?-
Federica si
girò di scatto, agitata -Non ci sono riuscita. Quando ha
chiamato
precisamente?-
-Almeno un paio di ore fa.-
Calcolò che a
quell'ora doveva essere ancora con Dante. L'incontro successivo con
Vergil le aveva fatto dimenticare quella chiamata. Avrebbe dovuto
stare più attenta e ricontattare subito l'amica. Sentiva una
brutta
sensazione salirle lungo la schiena verso il collo.
-Le ho detto
che eri in spiaggia..-
-Lo so- gridò la figlia, inspiegabilmente
infuriata. Sperò ardentemente che non si fossero incrociate
sul
lido, lei era concentrata su Dante. Se Sveva fosse arrivata prima
loro non l'avrebbero proprio notata.
-Federì, a mamma , non
gridare in quel modo. Le ho solo detto di raggiungerti in
spiaggia...-
Federica abbandonò la cucina in tutta fretta,
afferrò la borsa che aveva lasciato in soggiorno e strinse
il
cellulare nelle mani sudate. Chiamò la sua amica.
Al primo
squillo, cercò di calmarsi, probabilmente non si erano
incontrate
per un soffio.
Al secondo squillo, iniziò a sussurrare
nervosamente "rispondi, rispondi"
Al terzo squillo, il
timore che la sua amica avesse visto lei e Dante baciarsi in spiaggia
iniziò a impossessarsi di lei.
E poi la chiamata venne
interrotta, Federica sentì il segnale della linea occupata.
Sveva
aveva rifiutato la chiamata, sapeva che era lei eppure non aveva
risposto.
Se quel pomeriggio l'aveva cercata voleva dire che le
voleva parlare, ma ora non era più così. Cosa
poteva essere
successo in quel paio d'ore?
Allora, forse, aveva ragione. Li
aveva visti. E ora la sua migliore amica la odiava, perché
le aveva
portato via il ragazzo. Ma a lei non piaceva Dante, ne avevano
parlato, che forse gli equilibri nella loro piccola comitiva dovevano
cambiare, dovevano scombinare quella bizzarra doppia coppia...
La
ragazza ripercorse per l'ennesima volta tutto ciò che era
accaduto
in quella giornata. Ma ora non riusciva più a capire se era
più
felice per i baci di Dante o terrorizzata all'idea di aver ferito la
sua migliore amica.
Riprovò a chiamarla, ma il cellulare ora era
staccato.
Si buttò sul letto e appoggiò la testa sul
cuscino,
tutta quella girandola di emozioni forti esplose dentro di lei,
lasciandola improvvisamente spossata.
Si addormentò, scivolando
in un sonno profondo, senza sogni.
**** ****** ****************** ******* *******
Sola nella sua stanza Sveva ripensò alla sera precedente.
Era rientrata in albergo con Dante, si era cambiata in fretta,
aveva rifatto un trucco leggero ed era scesa a cena con i genitori.
Aveva sentito il cellulare squillare, aveva notato che Federica stava
tentando di contattarla, ma ormai erano in sala ristorante e i suoi
genitori l'avrebbero rimproverata aspramente se avesse risposto.
Rifiutò la chiamata a malincuore, avrebbe voluto sfogarsi un
po' con
l'amica. Alla seconda telefonata dovette spegnere il cellulare.
Avrebbero chiacchierato dopo, o magari di persona.
A tavola non
aveva parlato molto, i suoi avevano capito benissimo che qualcosa non
andava, ma dopo decine di risposte a monosillabi non avevano
insistito, lei aveva assicurato di avere un semplice mal di testa, e
che non era il caso di preoccuparsi. Non era una completa bugia, il
capo iniziava a pulsarle dolorosamente, e più osservava il
tavolo
degli Sparda, dall'altro lato della sala, più le fitte
diventavano
forti.
Era stanca.
Era stanca di cercare l'approvazione degli
altri, senza capire nemmeno cosa voleva da se stessa.
Aveva
guardato i gemelli, li vedeva solo di profilo e, malgrado la
differenza nell'abbigliamento, non le erano mai sembrati tanto
uguali. La luce giocava con i loro visi, creando dei chiaroscuri che
facevano risaltare i loro zigomi alti, e i loro capelli nivei.
Poteva vedere bene la loro madre. Era una delle donne più
belle
che avesse mai visto. Non sapeva darle un'età, doveva essere
ancora
abbastanza giovane, la pelle era fresca e il viso perfettamente
truccato. Un abito blu, evidenziava la sua figura armoniosa e la sua
carnagione perfetta, appena abbronzata. Sveva fu colpita dalla sua
espressione dolce, mentre si rivolgeva ai ragazzi, sorrise appena,
pensando che i suoi amici non erano solo due adolescenti splendidi e
caparbi, ma anche due figli adorati. Si chiese in che cosa Dante e
Vergil avessero preso dalla madre, e come quella donna avesse potuto
generare, nello stesso momento, due figli diversi quanto il giorno e
la notte.
Gli Sparda avevano finito di cenare prima di loro, erano
passati tutti e tre davanti al suo tavolo, ma lei aveva accuratamente
evitato di incrociare i loro sguardi, dimostrandosi improvvisamente
attratta dal pesce che stava finendo.
Era trasalita quando aveva
sentito il padre sussurrarle -Come ti guarda quel tizio!-
-Chi?-
aveva chiesto lei, cercando di non dimostrare interesse
-Uno dei
ragazzi che sono appena passati...-
Avrebbe voluto subito
domandare quale dei due fosse, e con quale espressione la stesse
osservando, ma era rimasta in silenzio. Sopraffatta dalla stanchezza,
e da quella giornata piena di emozioni contrastanti.
-Non sono i
due con cui uscite tu e Federica? Ma sì, quegli americani
che
incontrate anche in spiaggia?-
-Sì, mamma.-
-Mi ricordo che
hanno dei nomi strani. Come si chiamano esattamente?-
Sveva si
sentiva troppo stravolta per affrontare un interrogatorio proprio in
quel momento. Capiva, però, che i genitori volessero
informarsi
delle sue compagnie, fino ad allora le avevano lasciato anche troppo
spazio, rispetto al solito.
-Ve l'ho già detto un milione di
volte: Dante e Vergil-
-I genitori devono amare molto gli
scrittori italiani!-
-Sì, è probabile- rispose lei, senza
entusiasmo.
-Quello che ti stava guardando...- riprese il
padre
-Chi era dei due?- lo interruppe la figlia.
-Quello con
la camicia, vestito un po' me...-
-Vergil!-
-In realtà ti
guardava anche l'altro- rispose sua madre. Sveva sospirò. I
genitori
credono sempre che le figlie femmine siano in possesso di un fascino
tale da attrarre tutti i maschi della zona. Ma lei non si sentiva
affatto affascinante, tanto meno in grado di attirare l'attenzione di
Vergil, a meno che non fosse per farlo infuriare, a quanto pareva era
piuttosto brava a fargli perdere le staffe. In realtà anche
lui
aveva un vero talento nel farla arrabbiare.
-A me non è sembrato
che la osservasse- disse il padre
-Perché guardava e non
guardava, come se non si volesse far notare-
-Quello è Dante, non
so, oggi era piuttosto strano. Forse risente del cambiamento d'aria o
di fuso orario- Lei dubitava fortemente che il suo amico, in genere
forte come un leone, stesse davvero subendo quei condizionamenti,
soprattutto dopo tanto tempo che era in Italia, ma non sapeva nemmeno
spiegarsi le sue reazioni di quel pomeriggio. Quei due gemelli erano
degli enigmi irrisolvibili.
-Sono simpatici?-
-Sì, papà.
Anche se Dante è più alla mano di Vergil, lui
è più freddo,
distaccato-...Avrebbe voluto aggiungere arrogante, borioso e superbo
ma si trattenne. Sorrise caldamente al cameriere che le porgeva il
dolce, quella bomba di zuccheri era esattamente ciò che ci
voleva.
-E sono...-
-Possiamo parlare d'altro?- Sbottò lei
all'ennesima domanda, sperando invano di potersi godere quel fiume di
caramello in santa pace.
I suoi genitori si scambiarono un'
occhiata. Non avevano creduto nemmeno per un momento che la figlia
fosse poco loquace a causa del mal di testa e adesso capivano
perfettamente che era meglio non insistere con le domande.
Sveva
era sempre stata una ragazza obbediente, non raccontava bugie e non
trasgrediva alle regole, in cambio loro non erano troppo pressanti e
le lasciavano una certa dose di privacy.
Ma quella sera avevano
notato subito che qualcosa non andava, e ora avrebbero scommesso che
c'entravano i due albini.
Avevano notato che la figlia era
rientrata scortata da uno dei due gemelli, eppure avrebbero scommesso
che il problema fosse l'altro.
L'espressione di sfida con cui
Vergil aveva guardato la figlia e il tono di voce con cui Sveva aveva
parlato di lui, erano sembrati troppo eloquenti per passare
inosservati.
Sospirarono entrambi, rendendosi improvvisamente
conto che la loro bambina ormai era un' adolescente. E la parola
"adolescenza" era l'incubo peggiore per ogni genitore del
mondo, se avessero aggiunto la presenza dei due affascinanti e
misteriosi americani, si sarebbero assicurati parecchie notti insonni
fino alla fine di quella vacanza.
Angolo
dell'autrice:
Ciao chiunque tu sia,
grazie per essere arrivato
fin qui insieme a me.
Quando ho iniziato a scrivere Doppia Coppia
non mi sarei mai aspettata di giungere al ventesimo capitolo,
soprattutto non credevo di metterci tanto. La poca costanza con cui
ho seguito questa storia mi hanno fatto perdere parecchi lettori, per
questo non posso che rimproverare me stessa se il capitolo precedente
non ha avuto recensioni.
Spero che il capitolo ti sia piaciuto, e
spero che vorrai farmi sapere le tue impressioni. Io non sono una di
quelle autrici che dice “scrivo per me stessa”,
anzi, io scrivo
perché sono una lettrice accanita e scrivendo vorrei essere
in grado
di far provare agli altri le stesse emozioni che provo io quando
leggo.
Sono riuscita a realizzare questo desiderio? Puoi farmelo
capire solo tu caro lettore o cara lettrice.
Nel frattempo ti
saluto e cerco di elaborare mentalmente i prossimi capitoli,
così
non dovrai aspettare tanto per gli aggiornamenti XD
Asari_Kun:
grazie per aver inserito la storia tra i preferiti :D
Mignolocolprof:
grazie per aver aggiunto la storia tra quelle da ricordare. NB Questa
autrice ha una storia in corso davvero bella, se qualche lettore
vorrà darci un'occhiata non se ne pentirà!
Alexien,
Giuggolamid99, Hyarsav:
anche a voi grazie per aver aggiunto Doppia Coppia tra le storie da
ricordare :)
Jack
write, LindonaNazionale, Nico di Angelo96 e Klaronline99
grazie anche a voi per aver inserito questa storia tra quelle da
seguire :)
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Capitolo 21 *** Voglia di litigare ***
Vergil non aveva voglia di andare al mare, non voleva
affrontare
quell'allucinante caldo italiano, nè sentire la pelle
bruciare
come se lo stessero mettendo sul rogo.
Era molto meglio rimanere nella sua confortevole stanza d'albergo, le
pale del ventilatore giravano energicamente, creando una gradevole
frescura che gli agitava anche i capelli.
Sospirò stiracchiandosi sul letto, era seduto con le spalle
appoggiate al muro, in mano aveva un thriller appassionante di cui
faticava a leggere le pagine. La sua mente era altrove. Si era
svegliato con una pigrizia che di solito non gli era propria, eppure
quel giorno non aveva voglia di affrontare il mondo, preferiva restare
da solo a meditare su stesso e su quella strana inquietudine che stava
turbando le sue notti, rubandogli il sonno.
Si passò una mano sulla testa, sistemandosi la chioma nivea
in
modo che non gli desse fastidio durante la lettura. Cercò di
decifrare qualche pagina, ma la sua deconcentrazione era evidente,
ormai da mezzora era fermo sulla stessa riga.
Anche il protagonista del libro era incerto sul da farsi, doveva
imboccare un corridoio oscuro, ma si trovava in un labirinto e non
sapeva quale fosse la via migliore da intraprendere, sapeva solo che
doveva salvare la sua amata dallo sguardo di smeraldo.
Occhi verdi.
Ormai stavano diventando un' ossessione. Erano due giorni che non li
incrociava, che si rifiutava di andare in qualunque posto dove avrebbe
potuto incontrare quella strega dagli occhi verdi.
Si alzò con un balzo, lanciando il romanzo in un angolo del
letto, incurante delle pieghe che stavano rovinando il volume.
Era scosso, il cuore gli batteva più velocemente e la voglia
di
sferrare un pugno al muro stava diventando irrefrenabile. Faceva di
tutto per non vederla eppure qualcosa in lui desiderava incontrarla,
osservarla tremare di fronte a lui. I brividi della ragazza non erano
dettati dalla paura., No, erano espressione della rabbia crescente che
la
stava invadendo. Le labbra dell'albino si piegarono in un sorriso
amaro, aveva capito benissimo che Sveva l'avrebbe volentieri preso a
schiaffi. Il suo petto si gonfiò di orgoglio quando
realizzò di essere riuscito a sconvolgerla talmente tanto da
far
trasformare quel gattino piagnucolante in un'elegante tigre.
Si avvicinò alla finestra, scostò le tende e
guardò in giù. Per un attimo avrebbe giurato di
vederla
passare nel cortile, ma era solo la sua immaginazione che aveva
distorto la figura di un'anonima turista.
Un' altra coppia passeggiava sul marciapiede, i due innamorati si
tenevano romanticamente per mano. Lui non aveva mai desiderato quelle
insulse dimostrazioni d'affetto, probabilmente non avrebbe mai nemmeno
rivolto certe attenzioni a una ragazza, ma avrebbe scommesso che a una
come lei quei gesti sarebbero piaciuti da morire.
Ripensò alle volte in cui l'aveva vista
abbracciata a suo
fratello e sentì rinascere il morso insopportabile della
gelosia. Non se ne rendeva neanche conto, ma quel sentimento lo stava
logorando come un serpente che lo sorprendeva nel sonno. Gli si
arrampicava su per una gamba, e poi risaliva fino al cuore, passando
per lo stomaco e il petto, bruciando ogni cosa con il suo veleno.
Capì che forse Sveva non stava nemmeno pensando a lui in
quel
momento, forse era stata felice di non incontrarlo per tutto quel
tempo, o peggio non si era nemmeno accorta delle sue assenze.
E lui, il grande Vergil Sparda, stava sprecando quella magnifica
giornata chiuso in un stanza a pensare a un' insignificante ragazzina.
No, non poteva succedere davvero.
Lui aveva sempre usato le donne per il suo piacere, non gli importava
se loro si innamoravano di lui o rimanevano ferite dai suoi modi
sprezzanti.
Era inevitabile che loro cadessero ai suoi piedi ed era inevitabile che
lui finisse col calpestarle. Eppure nessuna si era mai ribellata in
quel modo.
Le vendette femminili nei suoi confronti erano sempre state
più
o meno patetiche. Qualcuna si rifugiava tra le braccia di Dante,
sperando di ferirlo, qualcun altra metteva in giro notizie false sul
suo conto, ma non veniva mai ascoltata, altre gli gridavano contro le
peggiori parolacce e lui si limitava a sorridere, pensando
già
alla prossima preda.
E invece Sveva non lo aveva offeso in quel modo stupido. No, lei gli
aveva rivolto accuse ben precise, forse persino vicine alla
verità. Effettivamente lui si metteva sempre al centro della
scena, ma solo perché sapeva che non c'era nessuno migliore
di
lui, nessuno che meritava maggiore ammirazione.
Quell'italiana lo aveva minacciato, dicendo che un giorno sarebbe
rimasto sconfitto da un avversario che lui non si era nemmeno accorto
di avere....
Possibile che quel nemico silente fosse proprio....
I suoi pensieri vennero interrotti da un bussare insistente alla porta.
Sbuffò, aprendo l'uscio.
-Ciao Dante. In che modo hai intenzione di farmi perdere tempo
stavolta?-
-Ti devo parlare-
-Non crederò mai che tu sia in grado di sostenere una
discussione appena decente con me, comunque entra.-
-A che gioco stai giocando, fratello?-
-Che cosa intendi?-
Vergil guardò Dante senza capire dove volesse andare a
parare.
Non aveva voglia di interpretare le frasi laconiche di quello stupido,
ma si sarebbe potuto divertire un po' con lui. Aveva voglia di litigare
e il suo gemello era la persona giusta con cui farlo. Aveva perso il
conto delle loro liti, delle volte in cui erano anche arrivati alle
mani. L'unico punto negativo erano le infinite recriminazioni della
madre, ma ormai era stufo anche di quelle.
-Sto parlando di Sveva-
Dante fissò intensamente il suo gemello. Qualche sera prima,
a
cena, aveva avuto la conferma che lui aveva litigato con la ragazza e,
inevitabilmente, il senso di protezione aveva invaso il suo cuore.
Dante non avrebbe voluto ammettere che, in quel gesto, c'era anche una
larga parte di sensi di colpa. Era cosciente di stare ingannando
l'amica e non intendeva permettere al fratello di trattarla in modo
ingiusto, a quello ci stava già pensando lui in compagnia
della
sua migliore amica.
Purtroppo i Parini avevano organizzato delle gite fuori porta con un
tempismo pessimo, così Federica non aveva potuto parlare con
Sveva e non voleva assolutamente che fosse Dante a farlo. Gli aveva
detto di sospettare che l'amica sapesse già qualcosa su loro
due, ma lui non ne era affatto convinto, secondo lui su quel fronte
potevano stare tranquilli. Piuttosto doveva occuparsi di Vergil.
Né lui, ne Federica, volevano che il suo algido gemello
facesse soffrire la ragazza, che era troppo debole per tenergli testa.
-Non vedo perché lei dovrebbe essere argomento di
conversazione.
Per quel che mi riguarda non nutro alcun interesse verso di lei-
Vergil faticò a rispondere, parlando con voce più
bassa e
minacciosa del solito, malgrado tentasse di non far notare il suo
turbamento.
-Se è davvero così allora lasciala in pace!-
-Cosa c'è fratellino, sei per caso geloso?-
-No, ma voglio proteggerla da te. Non ti permetterò di
giocare con lei o farle del male-
Dante stava ricambiando gli sguardi di fuoco, si avvicinò al
gemello, ritrovandosi a pochi centimetri da lui. L'adrenalina stava
entrando in circolo, erano ancora entrambi calmi, ma sarebbe bastata
una piccola scintilla per far esplodere tutta la tensione che li
divorava da giorni.
-Allora sei tornato a fare il suo paladino. Strano, mi pareva che le
tue preferenze stessero prendendo un' altra direzione-
Il fratello capì subito l'allusione. Si chiese, in un attimo
in
cui fu preso dal panico, se Vergil sapesse del segreto che lo
legava a Federica. Non era possibile che lui fosse a conoscenza del
fatto che stavano segretamente insieme. Quella stoccata gli fece
comunque male, per la prima qualcuno stava minacciando un rapporto a
cui lui teneva e lui non sarebbe rimasto a guardare.
-Questi non sono affari che ti interessano, Ver-
-Ma davvero? Quindi tu puoi venire qui a dirmi di tenere giù
le
mani,- Per un secondo la scelta di quelle parole lasciò
sorpreso
perfino lui, chissà come sarebbe stato allungare davvero le
mani
verso quel piccolo corpo tremante... -di comportarmi onestamente,
mentre tu la prendi in giro con un sorriso rassicurante stampato in
faccia?-
-Io le voglio bene. Per te è solo un giocattolo-
-Le vuoi talmente bene da esserti divertito con mezzo paese, compresa
la sua migliore amica. Ti ho sempre creduto stupido, ma non
così
ipocrita!-
Dante stava per non farcela più. La voglia di spaccare la
faccia
a Vergil stava per superare tutto il suo limitato auto controllo.
Strinse i denti e lo guardò con aria di sfida, ma non
riuscì a rispondergli, quelle accuse gli bruciavano sulla
pelle,
perché in fondo contenevano una parte di verità.
Vergil incrociò le braccia e si appoggio alla parete, in una
posa rilassata e indolente.
-Sei davvero ingordo. Hai già preso dei bocconcini gustosi,
potresti anche lasciarmi quella biondina insù...-
Le parole gli morirono in gola. Dante lo aveva afferrato per la camicia
e lo aveva sbattuto al muro, con più violenza di quanto si
fosse
aspettato. Vergil aveva dapprima ricambiato il gesto, per poi
contrattaccare con un pugno nello stomaco. Il fratello si
piegò
in
due e indietreggiò, ma solo per il secondo necessario a
riprendere fiato e sferrare a sua volta un pugno, ma lui aveva mirato
in pieno viso.
Vergil si abbassò velocemente, ma non riuscì ad
evitare
il colpo, che gli arrivò alla tempia sinistra.
Placcò
Dante buttandolo sul letto e immobilizzandolo per qualche istante.
-Razza di idiota. Solo tu potevi tradire un fratello per una ragazza.-
Sibilò.
-Non sono idiota, ho solo un gemello troppo stronzo-
Dante gli rise in faccia. Con quella risata cattiva e lo sguardo di
disprezzo che gli accendeva gli occhi Vergil, ancora una volta, fu
costretto a notare la somiglianza tra loro.
L'adrenalina stava scemando nei loro corpi, mentre entrambi rimanevano
vigili e affannati. Lentamente si spostarono, lasciando il letto e
rimettendosi in piedi, ai due lati opposti della stanza. Stranamente
quell'esplosione di violenza aveva donato loro una calma inquietante.
-Vergil, dico sul serio, non giocare con lei.-
-A quale delle due ti riferisci? Te l'ho sempre detto, secondo me tu
tieni un piede in due scarpe-
Dante sorrise ancora, un' espressione amara gli si dipinse in viso.
Senza saperlo Vergil lo aveva messo in difficoltà, era
venuto
per proteggere Sveva, ma in realtà avrebbe davvero ammazzato
il
fratello se avesse messo un dito su Federica. Non c'era paragone, lui
apprezzava la biondina, le voleva bene ed era una delle migliori amiche
che avrebbe mai potuto desiderare, ma Federica...era la ragazza di cui
si stava innegabilmente innamorando.
-Stai lontano da entrambe-
-Quindi ho ragione!-
-Non me ne frega niente di quello che pensi.-
Vergil alzò le spalle, incurante dell'odio che velava la
voce
del fratello -E di quello che pensa Sveva te ne importa qualcosa?- ma
fu allora che rimase sorpreso.
-E a te importa?-
Non si era aspettato quella domanda, alzò gli occhi verso
l'altro, ma era controluce e non vedeva bene la sua espressione.
Possibile che lui avesse capito quanto quella ragazzina fosse in grado
di penetrare a tradimento nei suoi pensieri? No, suo fratello era
troppo stupido per arrivarci. Mentì. -No, ovviamente. Non mi
importa nulla di lei-
-Che bugiardo!-
Vergil rimase zitto, fissando le spalle di suo fratello che si era
girato senza nemmeno la paura che lui potesse attaccarlo di nuovo.
Sentiva i muscoli tesi, ma non riusciva a muoversi, quasi aspettando le
prossime parole di Dante.
-Sai, ho visto un sacco di gente offenderti. Io sono stato il primo a
farlo e a litigare con te. Fin da quando siamo piccoli, ho assistito a
tutte le sfuriate delle persone che osavano mettersi sul tuo cammino, o
peggio, erano tra te e qualcosa che tu volevi. Eppure tu non hai mai
dimostrato la minima attenzione verso di loro, il tuo disprezzo era
secondo solo all'indifferenza.-
Sospirò, mentre ripensava agli strani comportamenti del
gemello,
guardava fuori, ma poteva vedere il loro riflesso nella finestra.
Vergil non fiatava, e quello era il segnale più lampante del
fatto che lui ci aveva visto giusto -Invece, da quando hai litigato con
Sveva ti comporti in modo assurdo. Da quella sera sei più
scorbutico del solito, rivolgi appena la parola a mamma e, appena puoi,
ti rintani in questa stanza. Ti nascondi-
-Non dire sciocchezze-
-Non vuoi correre il rischio di rivederla, perché sai che
lei è in grado di turbarti. Ti senti minacciato-
-Quella è solo una sciocca ragazzina. Non sa che sta
giocando col fuoco-
-Oh, quindi è lei a giocare con te?-
Vergil non rispose, dalla sua gola uscì solo uno sbuffo
seccato.
Dante non sapeva più cosa pensare, era solo contento che si
stesse concentrando su Sveva e non su Federica. Per qualche tempo aveva
temuto di dover competere con lui, ma aveva notato che il suo interesse
verso di lei sembrava misteriosamente scomparso.
In un' altra circostanza avrebbe chiarito le rispettive posizioni, gli
avrebbe urlato in faccia che Federica era sua e che lui doveva tenersi
lontano. Ma ora non voleva provocare ancora di più suo
fratello,
e soprattutto aveva giurato alla ragazza di mantenere il segreto, per
proteggere l'amica, che avrebbe potuto dimostrarsi meno imperturbabile
di Vergil.
-Non mi faccio prendere in giro dai tuoi scarti- Dante
trasalì a quella risposta
-Lei non è...-
-Oh, ammettilo, per favore. Sì, forse all'inizio lei ti
piaceva, ma adesso... non è lei che vuoi.-
-Sei tu a volerla?-
-Non dire sciocchezze!- Vergil dimostrò il suo moto di
stizza
girandosi dall'altro lato e sorridendo, sprezzante. Avvicinò
una
sedia e si accomodò, di fronte a Dante, che si era seduto
sul
letto. Erano di nuovo faccia a faccia. -Non è di questo che
stavo parlando-
-E di cosa stavi parlando? Evidentemente non sono abbastanza
cervellotico per capirti-
-Non ne vuoi parlare, eh Dante?-
-Sei più lento del solito fratellino, devo ripeterti che non
so a cosa ti stai riferendo.-
-Non mi chiamare fratellino, sai che non lo sopporto-
Dante sogghignò -Ma sei tu quello nato dopo!-
-Federica-
Il sorriso di Dante si cancellò dalla faccia. Un'espressione
mortalmente seria prese possesso del viso, mentre la postura diventava
più rigida. Presagiva un altro scambio di pugni e vedute col
fratello.
-Che vuoi da lei?-
-Io niente, ormai non mi interessa più.- Vergil aveva
realizzato
quella verità l'ultima volta che l'aveva vista, aveva notato
troppo interesse per quello stupido di Dante, e poi la brunetta non
riusciva a sconvolgerlo tanto quanto l'amica. Forse avrebbe potuto
corteggiarla solo per il piacere di soffiarla al fratello.
Sì,
avrebbe potuto davvero divertirsi...-E tu?-
-Lasciala stare-
-Oggi sembri un disco rotto: lasciala in pace, stalle
lontano...Cos'è, hai paura che se competi con me le perderai
tutte e due?-
-Vergil, faccio sul serio-
-Anche io. Almeno io, però, ho il coraggio di ammettere se
perdo interesse per qualcuno-
La stilettata di Vergil non arrivò al bersaglio, i sensi di
colpa di Dante verso Sveva in quel momento non tornarono ad acuirsi.
Ormai era certo di volere Federica e se anche l'amica avesse sofferto
gli sarebbe dispiaciuto, ma non ci avrebbe potuto fare nulla.Invece
avrebbe potuto evitare che il fratello le facesse del male
-Ma tu non ammetti se qualcuno ti interessa!- Nemmeno questa
provocazione arrivò al punto
-Quindi tu ammetti di essere interessato a Federica?- Chiese Vergil
-Sì- rispose Dante, sinceramente. Non voleva infrangere la
promessa fatta alla ragazza, di non dire nulla su loro due, ma doveva
tutelare quel legame appena nato, e forse poteva farlo anche senza
venir meno ai patti.
-Lei lo sa?-
-Sì-
Questo spiegava tutto, pensò Vergil, senza essere troppo
sorpreso -Quindi è andata dal primo di noi due che
è
crollato, non molto ambizioso da parte sua.-
-Forse è andata da quello che le piaceva di più..-
-Impossibile. Ricordati che all'inizio lei preferiva me-
-Già, poi ti ha conosciuto... e ha cambiato idea-
-Potrei sempre riprendermela-
Dante perse di nuovo la calma, afferrò il fratello per il
colletto della camicia, portando i loro visi talmente vicini che poteva
sentire il suo respiro
-Non ho intenzione di ripetertelo. Finora ti ho avvertito, adesso
faccio sul serio. Non provare a toccare Federica, nemmeno a
guardarla...-
Vergil si stava preparando per dargli una ginocchiata a o farlo cadere
all'indietro, ma non poté fare nulla perché fu
interrotto
da qualcuno che bussava alla porta.
-Vergil, sei qui?-
La voce di Eva fu come un incantesimo gettato sui gemelli, si
allontanarono l'uno dall'altro e si sistemarono i vestiti spiegazzati.
Nessuno dei due voleva turbare la madre con i loro litigi, sapevano che
la loro rivalità la faceva soffrire molto e nessuno dei due
voleva darle altri dolori. Eva era l'unica persona che li metteva
d'accordo, entrambi erano estremamente protettivi verso la madre, per
il suo bene finsero che andasse tutto bene.
Buon anno a tutti!
Noto con piacere che la
sezione si sta un po' ripopolando, quindi se c'è qualche
nuovo lettore che si senta il benvenuto nella mia storia. Se, invece, sei un
cliente affezionato sono ben contenta di ritrovarti e bentornato.
Spero davvero che questo
e i prossimi capitoli vi piacciano, li ho scritti di getto poco tempo
fa.
Ammetto che questi nuovi
spezzoni di storia mi stanno particolarmente soddisfacendo, quindi mi
piacerebbe davvero tanto avere anche la vostra opinione.
Voglio ringraziare Layla_Morrigan_Aspasia
per la recensione. Mi dispiace sapere che hai difficoltà
nella lettura per la grandezza del carattere, questo capitolo l'ho
"ingrandito". Ti trovi meglio? Sono felice che tu non abbia trovato
errori grossolani e sono lieta ti piaccia la caratterizzazione dei
personaggi, non mi sarebbe piaciuto sentirmi dire che una delle mie
ragazze era una Mary Sue! E no, non sono una fan di Twilight, a dir la
verità non ho letto né il libro, né ho
visto il film. Spero tu riesca a staccare dalla realtà anche
con questo capitolo. Auguro buone feste anche a te, anche se ormai
siamo al 4 gennaio e le feste son quasi finite, manca solo la Befana :P
Grazie anche a Mizzy per aver
inserito questa storia tra le seguite :D
Che altro dire? Buon
anno e buone letture a tutti!
(E se non mi vedete
ricomparire siete legittimati a scrivermi per chiedere gli
aggiornamenti XD) Ciao!
|
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Capitolo 22 *** Segreto svelato ***
Il giorno
non voleva saperne di sorgere.
Immersa nel buio
più
profondo, Sveva aspettava solo di vedere un timido raggio di luce
filtrare dalle finestre per avvertirla della fine di quel supplizio.
Stava passando un'orribile notte insonne, rigirandosi senza requie tra
le lenzuola calde e ruvide.
Accendeva il
ventilatore,
lasciandosi cullare dal rumore delle pale che giravano, ma anche in
quei suoni, apparentemente innocui, lei sentiva come un sussurro
ipnotico.
Se tentava di chiudere
gli
occhi, lo vedeva lì, trafiggerla con quello sguardo
glaciale,
che però era in grado di scioglierla irrimediabilmente, come
un
pezzo di ghiaccio esposto al fuoco.
Poteva sentire nella
sua mente
il crepitio di fiamme invisibili, tentava di lasciarsi andare, pensando
di iniziare a dormire, ma gli occhi le bruciavano, e i suoi pensieri
non si fermavano, lasciandola sveglia e insofferente a ogni cosa.
Cercò
l'interruttore della lampada e, con un sonoro click, una debole luce
artificiale inondò la stanza.
La ragazza osservò
con
tristezza il disordine che imperava, gli abiti erano buttati alla
rinfusa sulle sedie, il tavolo era ingombro di carica batterie, i cui
fili si attorcigliavano tra accessori di makeup abbandonati a se
stessi. La mattina dopo sarebbe stato difficile riordinare tutte quelle
cose, pensò di iniziare subito, magari si sarebbe distratta
e il
sonno sarebbe arrivato più facilmente. Ma era troppo stanca
per
alzarsi e troppo sveglia per dormire.
Con uno sbuffo si
guardò intorno, cercando un passatempo che le
permettesse comunque di restare seduta. Vide il cellulare sulla
colonnetta, forse avrebbe potuto chiamare Federica. La sua migliore
amica sembrava sparita già da qualche giorno, le aveva detto
di
star facendo una serie di gite fuori porta con i genitori, una scusa
per passare più tempo tutti insieme, in famiglia, ma a Sveva
sembrava comunque strano che lei non trovasse tempo per risponderle
degnamente a qualche messaggio, nemmeno durante i lunghi tratti in
macchina.
Era preoccupata da
quell'assenza, soprattutto ora che avrebbe avuto più bisogno
di una voce amica con cui confidarsi.
Ma per parlare di cosa?
Sveva non temeva di non
poter discutere con l'amica, non sarebbe stata
la prima volta che mettevano i gemelli al centro dei loro dibattiti, ma
non capiva se ci fosse veramente qualcosa sulla quale discutere.
Sì, aveva
litigato con Vergil. E allora?
Questa circostanza
aveva forse rilievo?
Che quell'essere freddo
e spietatamente cinico non l'approvasse
l'avevano capito tutti da una vita. Forse la notizia era che Sveva
aveva finalmente trovato il coraggio di alzare la testa.
Fissò il
display, l'orologio segnalava le tre di notte. Federica
aveva problemi a dormire, forse sarebbe stata ancora sveglia, ma non
era nemmeno il caso di disturbarla a quell'ora.
Aprì la
rubrica del telefono, scorrendo i nomi di gente che
conosceva più o meno bene. In quel momento la lucetta
evidenziava un nominativo preciso.
"Dante"
Sveva sorrise
d'istinto, quel ragazzo le era sempre stato simpatico,
anche se all'inizio lo trovava esagerato e appiccicoso.Un sospiro le
sfuggì dalle labbra, mentre si accorgeva che anche Dante, in
quei giorni, si comportava in una maniera davvero strana.
L'albino sembrava
tenerla d'occhio, soprattutto se c'era il pericolo
che suo fratello si trovasse nei paraggi. A volte la copriva di
premure, le offriva gelati e bibite fresche, l'accompagnava nelle
passeggiate, e poi, all'improvviso, sembrava cambiare
personalità, prendendo le distanze e raffreddandosi nei suoi
confronti in un modo incomprensibile.
La ragazza si
abbandonò tra i cuscini, stendendosi e cercando di
rilassare la schiena. Gli occhi le bruciavano sempre di più
e
sarebbe stato meglio spegnere il cellulare e immergersi nel buio, ma
non lo fece. Scorse ancora l'elenco di numeri, fino ad arrivare alla
fine. Era l'ultimo, sotto la lettera "V".
Sveva
fantasticò di inviargli un messaggio.
"Ciao prima donna"
"Heilà Mr
Ghiacciolo"
"Stronzo"
L'ultima ipotesi era
quella che la soddisfaceva di più, peccato
che non avrebbe mai trovato il coraggio di digitare quella parola e
inviarla al destinatario.
Dove diavolo era
Federica?
Avrebbe voluto parlare
per ore con la sua migliore amica, sentire le sue opinioni e ragionare
con lei su quanto era successo.
No, stava davvero dando
troppa importanza a un fatto banale.
Ripensò a quel giorno, al momento in cui Vergil si era
materializzato vicino a lei, per un istante, un solo velocissimo
secondo, le era addirittura sembrato geloso del tipo che la stava
abbordando. Sarebbe stato bello se fosse successo davvero.
Chiuse gli occhi e si
rimmerse nei ricordi. Il tizio che ci aveva
provato, non si ricordava nemmeno il nome, forse Giovanni, aveva
definito Vergil come "uno sfigato". La sua risata infantile
risuonò nell' oscurità, che cosa avrebbe
dato per vedere
la faccia dell'albino davanti a quell'esclamazione!
Forse avrebbe potuto
aggiungerlo alla lista dei possibili SMS: "Ver..." No, anzi, "GIL sei
davvero uno sfigato!"
L'avrebbe odiata per
sempre.
Quel giorno aveva
incontrato anche Dante, e lui era davvero strano. Blaterava di baci, di
incomprensioni, di inganni...
Avrebbe dovuto parlare
anche di questo a Federica, forse come argomento l'avrebbe interessata
di più.
Aveva notato come
l'amica simpatizzasse sempre di più per il
più "sciolto" dei gemelli. Li vedeva spesso insieme, e
quando
uscivano tutti insieme loro coglievano sempre l'occasione per rimanere
soli o per stare molto, molto vicini.
Sveva era contenta per
loro, Dante era un gran bel ragazzo e Federica
si meritava di stare con un tipo simile, poi si somigliavano anche come
caratteri. Erano tutti e due spontanei, sinceri, sportivi e
appassionati di videogiochi...Avevano certamente più cose in
comune di quante ne avrebbero mai potute avere lei e Dante. Si dice
che gli opposti si attraggano, ma loro erano davvero troppo opposti per
avvicinarsi.
Ripensò ai
primi giorni, in cui l'albino le stava sempre
attaccato, mentre il gemello li derideva da lontano, un po' le
mancavano quei gesti assurdi, però sapeva di poter comunque
contare su Dante. Ormai erano diventati grandi amici, Dante sembrava
nutrire per lei molto affetto e un grandissimo senso di protezione.
Forse troppo.
Era passato poco tempo
da quando le due ragazze e i due ragazzi si erano conosciuti, ma tante
cose erano già cambiate.
Federica all'inizio
sembrava preferire Vergil, adesso era in estrema confidenza con Dante.
Sveva non
riuscì a non chiedersi se fosse già successo
qualcosa tra loro. Un sorrisetto malizioso le alzò gli
angoli
delle labbra. Se l'amica fosse stata lì l'avrebbe costretta
a
confessare, non avrebbe avuto chance di tenersi quel segreto.
Però le sarebbe dispiaciuto sapere che non le era stato
detto
niente, in fondo era stata lei a presentare l'amica ai gemelli, e le
due ragazze erano amiche del cuore da quando si erano conosciute,
ragion per cui lei avrebbe voluto essere a conoscenza di ogni
ulteriore sviluppo della vicenda, soprattutto nei suoi risvolti
più sentimentali...
Senza rendersene conto
i suoi pensieri si erano spostati dalla lite con
Vergil ai flirt di Federica, quella nuova prospettiva l'aveva aiutata a
rilassarsi, e finalmente Sveva si abbandonò a un sonno
ristoratore.
***************************************
Il rumore dei piatti invadeva tutta la casa, le posate tintinnavano
vicino le stoviglie e la sua famiglia era già riunita in
cucina,
discutendo vivacemente su chissà cosa.
Federica si schiacciò il cuscino sulla faccia, cercando di
soffocare quei rumori e continuare a dormire. Stava sognando Dante che
usciva dal mare, con il corpo ancora umido e salato, insieme al solito
rossore che gli provocavano sempre i raggi del sole troppo forti per la
sua pelle delicata. Che poi delicato non lo sembrava per niente. Anzi.
La stoffa arancione del lenzuolo non trattenne il gemito che
uscì dalle labbra della ragazza, ormai certa di dover
abbandonare i propri sogni e tornare alla realtà. Si
rassenerò constatando che Dante esisteva anche nel mondo
reale,
ed anzi era una presenza tangibile.
E la voleva.
Sorrise a quel pensiero. Nei giorni precedenti lei e l'albino si erano
scambiati decine di messaggini, avevano scherzato sulla loro relazione
clandestina e avevano flirtato via sms, però, senza mai
scadere
nelle parole sdolcinate tipiche degli innamorati nei loro primi giorni
di relazione.
Lei e Dante erano molto simili, gli piacevano le stesse cose e avevano
lo stesso atteggiamento nei confronti dell'amore. Volevano stare bene,
godersi quel rapporto senza troppe preoccupazioni, senza pensare al
domani, nè farsi dichiarazioni altisonanti di amore eterno.
Quel
che provavano l'uno per l'altro se lo dicevano con i gesti, con i baci
e con le risate che non riuscivano mai frenare.
Mentre si stiracchiava, Federica capì di sentirsi finalmente
felice.
Aveva un motivo per scendere dal letto col sorriso sulle labbra. Era
estate, era in vacanza e soprattutto era innamorata di un ragazzo
fantastico che la ricambiava con lo stesso slancio.
Andò in cucina ancora col pigiama e rimase sorpresa di
vedere tutti già vestiti.
-Ohi Fede, è pronto il pranzo- disse il padre, dandole un
bacio sulla guancia.
-Ma io non ho neanche fatto colazione!-
-Se ti svegliassi a un orario decente...- la rimproverò sua
madre
La ragazza diede un' occhiata all'orologio -L'una è un
orario decentissimo-
-Per pranzare-
-No, per svegliarsi!-
Si sedette su una sedia e afferrò un pezzo di pane,
osservando
di malavoglia l'insalata di pasta che la mamma stava mettendo in
tavola. Il suo stomaco avrebbe protestato sicuramente per quelle
abitudine alimentari piuttosto malsane, ma ormai lei non ci faceva
nemmeno più caso. Saltare il caffè non fu un gran
sacrificio, perché non le era mai piaciuto molto, in
compenso si
versò un generoso bicchiere di coca-cola. Se il pensiero di
rivedere Dante non l'avesse svegliata a sufficienza quelle allegre
bollicine marroni l'avrebbero sicuramente aiutata.
-Programmi per la giornata?- si informò il padre, che nei
giorni
precedenti si era divertito a fare da Cicerone ai figli, trascinandoli
per tutti i paesi della zona circostante.
-Vedermi con gli amici-
-Amici...ci sarà per caso quel...come si chiamava? Vergil?-
-Probabilmente sì- Federica non avrebbe mai
confessato che
non voleva assolutamente vedere quel ragazzo, ma che avrebbe di gran
lunga preferito uscire da sola con l'altro gemello. Si
ricordava
bene lo sguardo gelido di Vergil quando aveva capito che lei aveva
perso interesse nei suoi confronti, d'improvviso quel suo carattere
scostante le riusciva davvero intollerabile.
-E chi altro c'è?-
-Papà è un interrogatorio?- chiese lei, con la
bocca piena.
-No, è una rapina!- si intromise il fratellino, fregandole
un pezzo di wurstel dal piatto.
La madre rise, coccolando un po' il figlio minore e sperando che non
iniziasse una guerra con la sorella. Sapeva come finivano quelle
situazioni: si tiravano il pane addosso, versavano coca-cola e acqua
ovunque e poi scappavano dalla cucina rincorrendosi per tutta
la casa, ovviamente senza pulire un piatto, nè la
tovaglia
da lavare.
Federica si disinteressò al fratellino e tornò a
concentrarsi su suo padre, lo sguardo fisso che le rivolgeva le fece
capire di non avere scampo. Doveva dargli una risposta. Certo poteva
anche rifilargli una bugia, dopo tutto anche una menzogna era una
risposta...
-Il gemello di Vergil e Sveva-
Il genitore non fece commenti, mentre assaporava un bicchiere di vino
bianco ghiacciato. Sua madre però non seguì
l'esempio del
marito.
-Fate una classica uscita a quattro-
-In un certo senso...-
-E chi sta con chi?-
Un pezzo di pasta le andò storto per la gola, tossicchiando
fece capire alla madre di non aver compreso la domanda.
-In un' uscita a quattro, ci sono due coppie che escono insieme. Quali
sono le coppie in questo caso?- Chiese la donna, scandendo bene le
parole ed elaborando frasi semplici come se stesse parlando a una
bambina di sei anni.
-Facile, lei sta con quello che è venuto qua e Sveva sta con
l'altro- intervenì il marito
Federica continuava a tossicchiare, non sapendo cosa rispondere. La
risposta del padre aveva anche peggiorato le cose. Possibile che i suoi
genitori fossero tanto convinti che lei stesse con Vergil?
Maledì
il momento in cui lo aveva invitato a salire in casa, e
inveì
mentalmente contro di lui, che era stato così sciocco da
accettare.
-Nessuno sta con nessuno- rispose, alla fine.
-Ma come? - Sua madre sembrava piuttosto delusa. -Sono due
così bei ragazzi!-
-Mamma!-
-E state sempre attaccati-
-Papà!-
-Federì non fare l'appello di famiglia, stiamo tutti qua. Ti
stiamo semplicemente chiedendo delle cose...-
Lo squillo del cellulare la salvò da quella disastrosa
conversazione. Si allontanò per rispondere, più
si
avvicinava al telefono e più sperava di sentire la voce di
Dante, iniziava a mancarle molto, quello stupido.
Il nome sul display era un altro.
Non avrebbe dovuto essere sorpresa, ma quella telefonata non migliorava
la sua situazione.
-Ciao-
-Ciao Fede. Dove sei sparita in questi giorni?-
-Te l'ho detto, le orribili gite organizzate da mio padre-
-Sì, ma credevo che stamattina venissi al mare...-
-Mi sono svegliata tardi, praticamente mezzora fa.-
-Ho capito. Ci vediamo più tardi?-
-Veramente io...- Federica esitò nel rispondere a Sveva.
Erano
giorni che era evasiva con lei, che si esprimeva a monosillabi ed
evitava le sue domande.
La paura che la sua amica fosse al corrente della sua storia segreta
con Dante stava scemando rapidamente. Non poteva, però,
ignorare
il fatto che forse lei era l'unica persona che sarebbe rimasta ferita
da quel nuovo stato di cose.
Si ricordò di un pomeriggio, qualche tempo prima, in cui
loro
avevano già parlato di stravolgere la loro "Doppia Coppia" e
cambiare l'ordine dei legami. Quella volta Sveva non era sembrata
contraria, anzi, anche lei aveva ammesso che i loro rapporti fossero
piuttosto sbilanciati. Sveva somigliava molto più a Vergil
che
non a Dante, quella constatazione però non risollevava il
morale
di Federica, sapeva che la sua amica era troppo debole per tener testa
a quel leone di Vergil, sapeva anche che i due avevano litigato, ma non
aveva avuto il coraggio di chiedere maggiori dettagli.
Quel pomeriggio lei aveva una voglia matta di correre tra le braccia di
Dante, ricordava ancora il sapore dei suoi baci e l'espressione
maliziosa che gli si accendeva negli occhi quando erano vicini.
Desiderava tornare da lui, toccare il suo torace ampio e giocare con i
suoi capelli chiarissimi, non lo vedeva da giorni e ora ne sentiva
straordinariamente la mancanza.
Ma prima doveva risolvere quella questione.
Non era mai stata un' ipocrita, aveva sempre il coraggio di
dire la verità in faccia a chiunque, per questo era spesso
considerata antipatica e perfino maleducata.
Quando aveva un'opinione non teneva di manifestarla apertamente e di
sostenerla fino alla fine.
Non era mai stata falsa con nessuno, e non poteva certo iniziare con la
sua migliore amica, che non se lo sarebbe nemmeno meritato.
Forse Sveva avrebbe sofferto, forse no, fino a che non le parlava non
poteva scoprirlo e poi riusciva più a reggere quel
sotterfugio.
Anche a Dante spiaceva non fare le cose alla luce del sole, e sentiva
il bisogno di chiarirsi con la biondina.
-Ok, vediamoci verso le cinque al bar, quello nuovo, un po'
più lontano- mormorò.
-Ho capito quale. A dopo-
-Ciao!-
**********************
Sveva osservava pigramente il locale tranquillo, a quell'ora
non
c'era molta gente seduta ai tavolini del bar. Il sole era ancora alto
nel cielo azzurro e il caldo atroce veniva mitigato solo da un
piacevolissimo venticello fresco. Uno dei camerieri si
avvicinò
per prendere l'ordinazione, ma lei lo congedò dicendo che
aspettava un'amica.
Federica comparve proprio mentre lei ricontrollava per l'ennesima volta
l'orlogio
-Ma dove ti eri cacciata?-
-Lo so, scusami, sono in un ritardo allucinante.-
-Puoi farti perdonare offrendo tu la consumazione!-
-Hai intenzione di ordinare caviale e champagne?-
-Mi accontenterei di un caffè freddo, tu cosa prendi?-
-E me lo chiedi?-
-Pensavo ti fossi scolata il solito litro di coca cola a pranzo.-
-E chi dice che non l'abbia fatto?-
Federica fu lesta nell'agitare una mano e attirare l'attenzione del
cameriere. In realtà non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di
quel gesto, perché il barman l'aveva tenuta d'occhio da
quando
era entrata e sembrava stare commentando la lunghezza dei suoi
pantaloncini con il collega.
-Sbaglio o ti stanno radiografando?- le chiese Sveva, sottovoce
-Se se, tra un po' mi farà pure l'analisi del sangue. Che
villano.-
-Abbassa la voce!- ridacchio l'amica, che ancora non si era abituata al
caratterino focoso dell'altra.
-Lui non abbassa gli occhi, io non abbasso la voce-
Il barman dava sfoggio di sè nel preparare un cocktail per
un
altro tavolo. Lanciava lo shaker in aria e lo riprendeva al volo, non
facendo mai sparire un sorriso insolente dal volto abbronzato. Federica
pregava che un bicchiere gli andasse a centrare il viso o cadesse
rovinosamente, facendogli fare una ben magra figura.
-Piuttosto, come mai hai scelto questo posto?- volle sapere Sveva.
-Non ci ero mai stata- rispose l'amica, facendo spallucce. -E non credo
nemmeno che ci tornerò...comunque...-
Sveva si scostò per far posto al cameriere che stava
servendo le
bibite. Approfittò dell' interruzione per studiare l'amica.
Sembrava tesa, la guardava a stento, e aveva un tono piuttosto
irritato, che le sentiva raramente. Si chiese cosa potesse esserle
accaduto di così spiacevole.
-Che è successo? - La ragazza stava per articolare meglio la
propria domanda ma vide l'amica trasalire.
-Che vuoi dire?- Chiese Federica, quasi balbettando quelle poche parole.
-Sei nervosa. Qualcosa non va?-
Federica aveva scelto quel bar, dove non erano mai state, per evitare
le occhiate indiscrete delle persone che le conoscevano negli altri
locali. Però guardandosi intorno non era più
sicura di
aver fatto la scelta giusta. Le sembrava di avere diversi occhi
puntanti addosso. Si chiese se fosse per la scarsa lunghezza dei suoi
pantaloni o se stesse semplicemente diventando paranoica.
Guardò l'amica, cercando di rilassarsi, ma il suo sguardo
preoccupato la fece sentire una carogna. Si era messa con un ragazzo
che prima la corteggiava, e non glielo aveva ancora detto. Doveva
vuotare il sacco, subito, o sarebbe impazzita.
-Dante- disse senza guardargla negli occhi
-Dove?-
-Cosa?-
-Hai detto Dante. Dove lo hai visto?-
-Non l'ho visto, è di Dante che ti devo parlare.-
-Quindi quello che non va riguarda lui...- mormorò Sveva,
che
ormai stava bruciando dalla curiosità e non aveva voglia di
subissare l'amica di domande per ottenere solo tre parole alla volta.
-No, anzi. Con lui va.-
-Va cosa? Federica, io non voglio farti un interrogatorio. Vuoi
parlarne oppure no?-
-Infatti, così non funziona. Senti io non sono fatta per
dire le
cose con delicatezza o con tatto, quindi te lo dico alla mia maniera.-
-Finalmente!-
-Io e Dante ci siamo baciati e ci siamo anche messi insieme. Va avanti
già da qualche giorno, da prima che mio padre cominciasse
con
quelle assurde gite, ma ho pensato di tenere la cosa segreta.-
Sveva stramazzò sullo schienale della sedia. Il viso aveva
assunto un' espressione di incredulo stupore, con gli occhi spalancati
e la bocca socchiusa.
-Tu non conosci le mezze misure o non dici niente o spari le cose tutte
insieme...-
-Non ti volevo ferire, però non sono capace di fare certe
meschinità. Quindi se a te sta bene possiamo essere tutti
felici, se non ti sta bene ne sono mortificata. Io non voglio perdere
la mia migliore amica, però lui mi piace da morire.-
-Perché dovresti perdermi?-
-Perchè ti piace Dante!-
-...Lo saprei se mi piacesse!-
-Quindi non ti piace?- chiese Federica, speranzosa
-Sì, cioè no.- Sveva stava per scoppiare a
ridere,
vedendo l'amica che passava dal rosso scarlatto al bianco cadaverico in
un millisecondo -Lo apprezzo come ragazzo, è carino e
gentile
ma...non è il mio tipo!-
La brunetta stava riprendendo un colorito normale, bevve un po' di
coca-cola per farsi coraggio, ma ancora non disse nulla.
-Lui è decisamente il tuo tipo.-
-Questo è vero!- Federica ripensò ai baci che si
erano
dati e un brivido di eccitazione le corse lungo la schiena. Non avrebbe
dovuto farsi tutti quei problemi.
-Sono comunque arrabbiata- la avvisò Sveva
-Se lui non ti piace, perché sei arrabbiata?-
-Perché tu non mi hai detto niente. Sai che puoi essere
completamente sincera con me, eppure, pensando che a me interessasse
Dante lo hai baciato e non mi hai detto niente!-
-Non l'avevamo programmato...è successo!- Si
giustificò
Federica, che aveva creduto troppo presto di averla passata liscia.
-Tra te e Vergil non è successo niente?-
-Io te lo avrei detto!- l'accusò Sveva.
Federica incassò il colpo con grazia e alzò le
mani in segno di resa. -Hai ragione, ti chiedo scusa.-
-Scuse accettate, per farti perdonare la prossima volta offrirai tu il
gelato-
-Stai diventando una scroccona!-
-Se tu non avessi niente da farti perdonare io non avrei niente da
scroccare!-
-Sei insopportabile quando fai l'offesa. Ecco perché non ti
faccio mai arrabbiare.-
Le due ragazze risero, ritrovando la solita complicità dopo
un momento di tensione.
-Sei sicura che ti stia bene?-
-Farebbe qualche differenza?-
-Non è quello che ti ho chiesto- specificò
Federica.
-Ti ricordi quella volta che sono venuta a casa tua e tu facesti un
disegno di noi quattro...-
-Sì- Federica ricordava perfettamente quella giornata, nel
disegno le abbraccia Vergil e Sveva stava attaccata a Dante. Adesso non
avrebbe tollerato una situazione simile.
-Siamo sincere, già allora avevamo capito che come coppie
eravamo un po'...sbilanciate-
-Già-
-Fede, tu stai benissimo con Dante. Lui è un ragazzo
fantastico
e tu non meriti niente di meno. Voi siete simili, vi capite al volo,
avete le stesse passioni. Io con lui non starei mai altrettanto bene.
Noi abbiamo un gran bel rapporto, ma inizia a diventare quasi...- Sveva
cercò le parole giuste, pensò alle volte in cui
Dante
l'aveva protetta da qualcuno le guardava troppo insistentemente o che
l'aveva accompagnata a fare una passeggiata. -fraterno-
-Non starai esagerando? -
-All'inizio lui mi stava sempre attaccato, ma ci eravamo appena
conosciuti e non sapevamo niente l'una dell'altro. Adesso che abbiamo
capito i rispettivi caratteri tutti quegli slanci sono scomparsi.
Sì, magari mi abbraccia ancora ma non...in quel modo.-
Federica fece un sospiro di sollievo
-Sei gelosa, eh?-
-No! Affogherò senza rimorso la prima che lo
guarderà...ma non sono affatto gelosa.-
Sveva rise, mentre l'altra ricordava i terribili istanti in cui aveva
visto Vergil attorniato da una frotta di ragazze orribili e l'aveva
scambiato per Dante. Stava per avere un attacco di bile davvero
memorabile, per fortuna aveva capito in tempo che era il gemello
sbagliato.
-Non posso ancora credere che flirtaste in segreto...Ecco
perché Dante si comportava in quel modo assurdo!-
Federica si incuriosì -Come si comportava?-
-Sembrava un pazzo, non che di solito sembri normale...-
-Ecco, se era normale non poteva essere lo stesso Dante.-
-E non poteva stare con te!- mormorò Sveva, finendo anche il
fondo del suo caffè freddo.
-Ehy biondina, non fare l'impertinente!-
-Comunque lo stesso pomeriggio che io ho...litigato con Vergil-
Federica si accorse subito del cambio di espressione dell'amica, le era
bastato dire quel nome per diventare più tesa. -Ho
incontrato
Dante e lui ha iniziato a sproloquiare di affetto, e a dirmi che non
dovevo arrabbiarmi...ora capisco che si riferiva a te! Pensa come mi ha
raggirata, mi ha fatto credere che stesse parlando del fratello...-
-Non ci ho capito molto...-
Sveva continuò come se l'altra non avesse detto nulla -E nei
giorni successivi oscillava tra l'essere terribilmente affettuoso, come
se avesse avuto qualcosa da farsi perdonare, adesso che ci penso,
all'essere freddo e distaccato. Ma sì come se volesse
mantenere
le distanze!-
-Gli avevo chiesto io di non dirti niente. Volevo parlartene io. Ma
devo ammettere che lui non era contento di rifilarti certe bugie.-
-La mente criminale sei tu!-
-Certamente!-
-Non ci posso ancora credere! Tu stai con Dante!-
-Io sto con Dante- Federica ripetè quelle parole come se
fossero
una formula magica per ottenere la felicità. Sveva si
astenne
dal dire che aveva la solita espressione "con gli occhi a cuoricino",
perché l'amica l'avrebbe uccisa, però dentro di
sè
rideva a crepapelle.
-Sono contenta per te. Ti meriti uno come lui, bello, simpatico e
divertente...-
-E tu?- chiese Federica, che ormai si era liberata dal peso della sua
confessione scomoda e ora moriva dalla curiosità di sapere
di
più sulla lite con Vergil.
-Io cosa?- rispose Sveva, con aria innocente.
-Avevi detto di volermi raccontare una cosa sul gemello cattivo- disse
lei, con aria cospiratoria.
-Già, perché io a differenza tua muoio dalla
voglia di venirmi a confidare con te. Non ho segreti, io!-
-Ok. Fino a quando hai intenzioni di farmi pesare questa cosa?-
scherzò Federica, realizzando per la prima volta di aver
scampato un pericolo orribile, di perdere l'amicizia più
solida
e importante che avesse.
-Fino al gelato che mi devi. Comunque, non c'è molto da
raccontare. Abbiamo litigato.-
-Cosa vi siete detti?-
Sveva arrossì violentemente -Gli ho dato della prima donna,
del
pallone gonfiato..."Stronzo" mi pareva troppo pesante, però
ammetto di averlo pensato.-
L'amica aveva la bocca spalancata, come se avesse davanti un'aliena.
-Che diamine aveva fatto per farti uscire così dai gangheri?
Tu
sei la persona più calma che io conosca!-
-Come diceva Lizzie Bennet in orgoglio e pregiudizio "Avrei potuto
perdonare la sua vanità se non avesse offeso la mia"- La
ragazza
guardò mestamente il bicchiere vuoto, per una volta avrebbe
voluto ordinare qualcosa di più alcolico di un
caffè.
-Lui mi fa sentire così piccola e insulsa, e io non lo
sopporto.
Riesco a stare nascosta in un cantuccio già per conto mio,
non
ho bisogno che qualcuno come lui aumenti la mia insicurezza.-
-Tu non sei piccola e insulsa. E lui lo sa- Sveva la guardò
in
modo scettico, e Federica continuò -Lui ti osserva, e spesso
è compiaciuto di ciò che vede...-
-No, lui apprezza solo se stesso.-
-Sì, ma lui ti provoca solo perché una parte di
lui ha
capito che tu sei alla sua altezza. Tu sei intelligente, non come
quelle galline che frequenta di solito. Sei colta...-
-Non sono bella come te. Non ho la tua spontaneità, non
so...farmi adorare come fai tu!-
-Ma che dici? Comunque è meglio se a lui non ci pensi
più.-
Lei guardò Federica come se le avesse appena
consigliato
di scalare l'Everest a piedi nudi. Per lei era altrettanto impossibile
non pensare a Vergil. Si rese conto che in ogni momento di distrazione
l'immagine di lui l'assaliva. Ricordava la sua voce bassa e minacciosa,
i suoi occhi color ghiaccio, con quello sguardo freddo e l'espressione
indifferente. Solo una volta le era sembrato di aver scalfito quel muro
gelido, ma era stato solo per pugnalarlo in pieno petto. E lei si era
sentita vittoriosa, quando aveva affondato il coltello. Quel senso di
potenza era scomparso subito dopo, sostituito da una sgradevole
sensazione di frustrazione.
Era un gioco al massacro e lei non aveva i nervi saldi di Vergil.
Federica aveva ragione, doveva smettere di pensare a lui.
Dante non le aveva detto nulla, ma aveva capito che tentava di tenerla
alla larga dal gemello.
Se l'avesse sfidato avrebbe sicuramente perso, eppure la voglia di
provare era una tentazione fortissima.
Sveva si sforzò di sorridere all'amica, le promise che
avrebbe
provato a dimenticarlo e le chiese qualche dettaglio in più
sulla sua storia con Dante.
Federica sapeva benissimo che l' amica non sarebbe riuscita tanto
presto a dimenticare Vergil, stavano anche nello stesso albergo, in
quel buco di paesino. Decise di distrarla, rispondendo alle sue
domande, ma decise anche che, se le cose si fossero fatte
più
difficili, avrebbe parlato lei stessa con "il gemello cattivo". Se
avesse fatto
soffire la sua migliore amica avrebbe dovuto vedersela con lei.
Come sempre, grazie a chi leggerà, commenterà, e
a chi ha inserito la storia tra seguite/preferite/ricordate.
Scusate se sono di poche parole, ma non mi sento molto bene :S
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Capitolo 23 *** Preparativi per la serata pt.1 ***
Federica e Sveva si incontrarono all'inizio del vialone.
Davanti a loro
si apriva la strada più movimentata del paese, l'unica in
cui
era possibile fare uno shopping un po' più ricco del
solito.
-Allora cosa ti devi comprare?- chiese la biondina, ben sapendo che
quando l'amica doveva fare "qualche acquisto" finiva col rifarsi tutto
il
guardaroba.
-Mi servirebbe un vestitino nuovo...qualcosa di carino.-
-Oh oh! C'è un'occasione speciale?-
Federica finalmente si sentiva libera di parlare, aveva già
spiegato all'altra come stessero le cose tra lei e Dante, per cui non
c'era ragione di nasconderle quell'uscita.
-Ho un appuntamento con Dante, domani sera.-
-Sai che non hai bisogno di fare colpo, ma vuoi stenderlo comunque.-
-Esatto!-
Le due ragazze si incamminarono subito verso i negozi di abbigliamento
più giovanili. Una miriade di abiti corti e colorati si
aprì davanti ai loro occhi estasiati.
-Comprati qualcosa pure tu.-
-Mmh, io non ho occasioni del genere. Al massimo ho cene di famiglia,
sai che spasso!-
-Ricordati: se si ha qualcuno con cui uscire ci si compra un vestito
nuovo, se non si ha qualcuno con cui uscire ci si compra comunque un
vestito, come premio di consolazione!-
La commessa dietro di loro, al sentire quelle parole, assunse un'
espressione esultante, e si precipitò nella loro direzione
-Posso
aiutarvi?-
-Lei aveva bisogno di qualcosa di carino!- disse Sveva, cercando di
sviare l'attenzione da se stessa.
-Qualcosa di classico? Un bel tubino nero magari, come in colazione da
Tiffany?...-
-No, non è il mio genere...- rispose Federica
-Preferisci pretty woman?- chiese l'amica, senza pensare al lavoro
della protagonista a inizio film.
Federica non era mai stata fan dei film romantici, quindi non colse il
motivo della risata della commessa.
Sveva capì al volo e avvampò -Non intendevo in
quel senso! -
-Quale senso?-
-Lascia stare...comunque cercavamo qualcosa di colorato!-
-Sì, qualcosa di allegro.-
-Posso proporvi questo bel capo a fiori?-
Federica non riuscì a reprimere un' espressione d'orrore.
-Nemmeno se andassi ancora all'asilo!-
-Intende dire che non ama i fiori!- Si intromise l'amica.
Davanti allo smarrimento della commessa Federica cercò di
reprime un moto d'irritazione. -Senta, magari diamo un' occhiata per
conto nostro...-
-Mi chiamate se vi serve qualcosa.-
Le amiche annuirono, ma la signora non si mosse di un millimetro e
continuò a scrutarle con sguardo insistente.
Sveva indicò l'altro lato del negozio. -Che impressione vuoi
dare a Dante? Nel senso, vuoi che speri di passare direttamente al
dopocena...- chiese sollevando un abito rosso, corto e a aderente, che
lasciava tutta la schiena scoperta. -Che sia stuzzicato ma non
definitivamente k.o....- a quel punto prese dall'espositore un vestito
lungo e trasparente con una sottoveste più scollata, che
lasciava inalterato l'effetto vedo non vedo. -O magari che sia
divertito...-
Le sopracciglia di Federica schizzarono verso l'alto notando la tutina
alla marinara coi pantaloncini che Sveva le stava sventolando davanti.
-Se poi vuoi rimandare la serata, ma non essere tu a dargli buca
potresti
sempre indossare questo!- L'ultima scelta fu un abito con le maniche a
palloncino e i pois colorati, che non avrebbe indossato nemmeno una
scolaretta negli anni '80.
-Con quello scapperebbe a gambe levate!-
-E non gli darei neanche torto!-
-Lui mi piace e voglio che lui sappia di stare con una bella ragazza.-
disse Federica, iniziando a rovistare tra gli stand, -Voglio essere
desiderata, ma senza apparire volgare, nè...come posso
dire...-
-Pretty woman- sospirò Sveva.
-Perché continui a nominarla?-
-Lascia stare, continua...- sorrise, quella caccia al vestito si stava
rivelando anche un modo per accogliere le confessioni dell'amica.
-Io e Dante siamo simili, quindi voglio un abito che rispecchi
entrambi...-
-Qualcosa di moderno, sexy, un po' sopra le righe, non necessariamente
impeccabile...-
-E nemmeno troppo elegante...-
Sveva guardò le chilometriche gambe di Federica, e
pensò
che quel tesoro dovesse comunque essere messo in mostra. Rimase nella
parte dello scaffale che conteneva abiti corti. Qualcosa
attirò
la sua attenzione.
-E questo, ti piace?-
L'altra osservò i pantaloncini della tuta, erano neri e
attillati, Dante non avrebbe perso occasione per fissarle il sedere. La
parte superiore dell'indumento aveva i toni del verde, ma smorzati da
uno strato di leggerissima stoffa nera. Quel contrasto di colori le
avrebbe fatto risaltare quel poco di abbronzatura che era riuscita a
fissare sulla pelle chiara. -Lo provo!-
Le bastarono pochi minuti per emergere dal camerino con un luminoso
sorriso soddisfatto. Quell'indumento valorizzava a pieno il suo fisico
asciutto.
-Fede...sai che lui non ti guarderà esattamente in faccia,
vero?-
-Era proprio quello l'effetto che volevo ottenere!-
************
La maratona di shopping era durata più del previsto, non che
la cosa la sorpredesse.
Però ora era tramortita sul letto e come d'abitudine, Sveva
guardava il soffitto della sua stanza, senza vederlo davvero. Su
quella superficie bianca lei proiettava tutti i suoi pensieri
tumultuosi.
Rivide il volto di Federica, aveva gli occhi accesi da una luce nuova,
mentre le confidava le sue speranze per quella storia con Dante; ogni
tanto, le
tremava la voce e non smetteva di sorridere.
Lei era felice per la nuova coppietta, aveva sempre adorato i risvolti
romantici e quello era davvero un capitolo roseo della loro stagione
estiva.
Sorrise, pensando all'imbarazzo dell'albino, che non poteva
dirle di star uscendo con la sua migliore amica, lo trovò
inaspettatamente tenero.
Ma se si fosse preso gioco di Federica lei gli
avrebbe cancellato quel bel sorriso dalla faccia.
Immaginò come dovesse essere Dante con il viso serio, non
riusciva a figurarselo bene. Lui era un tipo decisamente solare e
sempre pronto allo scherzo. Era difficile vederlo col viso teso o
inespressivo, quel genere di espressione era molto più
congeniale a...
Non è
possibile, pensò la ragazza. Ogni pensiero la
riconduceva a lui. Vergil.
Aveva promesso a Federica di dimenticarlo. Ma come avrebbe
potuto farlo?
Sapeva che era la maniera giusta di agire, ma il suo cervello non
voleva proprio smettere di rievocare la sua immagine.
Ripensò a
uno dei suoi rari sorrisi. Gli angoli della bocca erano piegati verso
l'alto, ma di poco, solo un accenno. Il resto del viso rimaneva serio,
come di marmo. Gli occhi erano freddi, ma luminosi, c'erano uno
scintillio irripetibile, indescrivibile.
Il suo cuore accelerò.
Quel tipo era insopportabile, ma era bello. Era maledettamente
affascinante, un buon conversatore, con delle ottime maniere.
Non era facile trovare uno come lui, non c'era nessuno come lui. E
Vergil ne era pienamente consapevole.
Sveva scosse la testa e guardò l'orologio.
Aveva promesso ai suoi genitori di cenare con loro. Suo padre aveva
prenotato un ristorante a Ravello, un locale elegante proprio sul
panorama. Sospirò e andò a prepararsi, almeno
così
sarebbe riuscita a distrarsi e non pensare all'americano.
Indossò un abito azzurro, accollato sul davanti e scollato
sulla schiena, la gonna le arrivava poco sopra il
ginocchio e la stoffa era leggerissima, quasi impalpabile. Aggiunse una
stola di un delicato color oro, per impreziosire l'insieme e
proteggersi dal freddo della sera. Acconciò i capelli alla
meglio, alzando i capelli in uno chignon e approfittando dei pochi
boccoli creati dal mare per incorniciare il viso. Non
esagerò
col trucco, accontetandosi di un po' di ombretto per illuminare lo
sguardo e un filo di gloss.
Si guardò allo specchio. Non avrebbe fatto voltare molte
teste,
decisamente non era un look vistoso, ma aveva un' eleganza discreta in
cui lei riusciva a riconoscersi.
Uscì dalla stanza e si infilò nell'ascensore,
sentì a stento dei passi alle
sue spalle. Quando si voltò vide Vergil, in piedi di fronte
a
lei, che la guardava intensamente. Fu solo un attimo, prima che le
porte si chiudessero. Talmente breve che lei
dubitò di
averlo visto davvero, ma bastò per farle mancare il respiro.
Cos'era quella strana espressione che gli aveva letto sul viso? Il suo
sguardo era cupo, le labbra socchiuse, quasi in segno di stupore.
Era rimasto fermo sul pianerottolo, non aveva neanche fatto un
tentativo per entrare nell'ascensore. La sua vista gli era talmente
sgradita da non voler fare accanto a lei nemmeno il breve tragitto fino
al pian terreno?
Non gli era piaciuto il vestito accollato, o forse trovava orribile la
sua pettinatura. Tanto non l'avrebbe mai approvata, lei non sarebbe mai
stata il suo ideale di bellezza.
Raggiunse i genitori e salirono in macchina. Si concentrò
sulla
conversazione per evitare che il paesaggio notturno, che scorreva
invitante dietro il finestrino, la facesse cadere in tentazioni
romantiche.
***
Ciao
a tutti,
perdonatemi
per l'attesa (lo so, ormai lo dico ogni capitolo e voi
siete stufi di sentirmelo dire. Avete ragione!)
Questo
capitolo, insieme col prossimo, mi ha fatto davvero penare, per
un problema di gestione degli spazi. Potrebbero essere un capitolo
unico, ma alla fine ho deciso di dividerli per non creare troppa
confusione, spero di aver fatto bene.
Ormai
siamo anche in estate, quindi, spero che questa storia risulti
più coinvolgente (e magari che per me diventi più
semplice scriverla!)
Ringrazio
chi ha inserito "Doppia Coppia" tra le storie da ricordare,
seguire, preferire o recensire. Grazie mille a chi legge, e grazie a
chi commenta.
Ai
commenti, però, risponderò tramite il form :D
Spero
che continuiate a seguirmi e che mi facciate sapere le vostre
opinioni, per me sono fondamentali per migliorarmi e continuare a
scrivere :)
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Capitolo 24 *** Preparativi per la serata pt.2 ***
-Non puoi defilarti. La mamma ci tiene molto a questa serata-
-Lo so, ma ho già preso un impegno,- si lamentò
Dante
-Cancellalo.-
-Ma non voglio.-
-Non essere il solito egoista,- gli ringhiò contro Vergil.
I
due fratelli si guardavano in cagnesco. I loro occhi azzurri si
incrociavano ripetutamente, mentre una tensione sotterranea continuava
a scorrere tra loro. Da quando avevano litigato, ancora non avevano
recuperato il loro solito rapporto.
Vergil era risentito con
Dante. Non sopportava che quel moccioso si insinuasse nei suoi affari,
ancora peggio che si permettesse di dargli degli ordini. Era
intollerabile che lui gli dicesse chi poteva frequentare e come
comportarsi.
Dante, invece, continuava a tenere d'occhio il gemello.
Temeva che si avvicinasse alle due ragazze, e lui non poteva certo
impedirglielo. Ma non gli avrebbe permesso di prendere in giro Sveva,
nè di rovinare la sua storia con Federica. Il fratello,
però, era un
manipolatore, gli piaceva giocare d'astuzia e non sempre a viso aperto,
quindi lui temeva maneggi sotterranei.
-Da che palpito viene la predica...-
-Si dice pulpito- lo corresse Vergil, che poi sospirò,
esasperato -Ignorante.-
Dante gli diede le spalle, mentre sceglieva quale t-shirt mettersi per
la serata.
-Ti ho detto che il ristorante è di un certo
livello...quello straccio non va bene.-
-E io ti ho detto che non verrò.-
-Per me puoi anche strozzarti con i panini di un ambulante, ma la mamma
ci rimarrà male.-
-Lei capirà,- sorrise l'altro, con un' espressione furba sul
viso.
-Per
me è anche meglio se non ti unisci a noi. Al ristorante ci
metteresti solo
in imbarazzo, e non apprezzeresti nulla di quello che ti servirebbero.
Mangi come un maiale-
L'altro stava per ribattere ma un lieve bussare alla porta lo
interruppe.
-Questa stanza sta diventando piuttosto affollata. Ciao mamma.-
Eva diede un bacio a ciascuno dei figli. Fu lieta di trovarli insieme,
sperava che condividessero qualche momento tra bravi fratelli, anche se
notò subito un' aria ostile.
-Come state ragazzi?-
-Alla grande!- rispose Dante, mentre si infilava una maglietta bianca
piuttosto aderente, sulla stoffa erano stampate due pistole, una color
argento e l'altra nera come la notte. Adorava quella t-shirt, era un
regalo di sua madre. La vide sorridere, anche se la sua espressione era
preoccupata, lo capiva dalla piccola ruga che le si formò
tra
gli occhi, proprio sopra il naso. Dante non era un mago nel decifrare
le emozioni altrui, ma con Eva era tutta un' altra
storia. -Cosa
c'è che non va?-
-Stai molto bene, tesoro. Pensavo, però, che potessi
indossare
qualcosa di più...formale.- La madre osservò il
figlio con
orgoglio, malgrado non apprezzasse i jeans chiari e sdruciti, non
poté non notare che era diventato davvero un bel ragazzo.
Somigliava moltissimo a suo padre. Malgrado i pantaloni sportivi e
la maglietta moderna, la sua figura rimaneva comunque elegante. Certo
proprio quella sera...
-A proposito di questo: ti dovrei parlare...-
-Dimmi pure,- rispose lei, sedendosi sul bordo del letto e lisciandosi
una piega invisibile sull'impeccabile tubino nero.
-Vergil potresti lasciarci soli?- chiese Dante, sedendosi accanto alla
madre.
Eva vide l'impercettibile smorfia che si formò sul viso di
Vergil. Si accorse che per qualche secondo lui rivolse uno sguardo di
fuoco al fratello.
Lui era sempre stato un figlio modello, obbediente, diligente,
eccellente in tutti i campi, però era diventato troppo
conscio
del suo valore e ciò lo aveva trasformato in un giovane uomo
piuttosto freddo e distaccato. La rivalità con Dante era
stata
spontanea, forse inevitabile data l'estrema vicinanza e somiglianza, ma
non era distruttiva. Entrambi erano allenati a quella competizione e
non avevano mai raggiunto punti critici.
Ma la donna notò con timore che, in quei giorni, qualcosa
era
cambiato. Vergil era più ombroso del solito, parlava ancor
meno
e la sua voce aveva perso quel tono indolente e rilassato, che tanto le
piaceva. Poi guardava il gemello con disapprovazione e aperta
ostilità. Dante ricambiava quelle occhiate e sembrava pronto
all'attacco. Quello stato di cose la turbava molto.
-Scommetto che non ci sia nulla che lui non possa sentire.-
-Veramente...-
-Lascia stare, tanto non avrai niente di interessante da dire.Vi
aspetto nella hall.-
Dante non era risentito per la pessima uscita del fratello, meno gli
stava tra i piedi meglio era.
Non aveva nessuna intenzione di parlare della sua vita privata davanti
a lui, gli aveva già chiarito che doveva tenersi alla larga
dalla ragazza che frequentava.
(A dir la verità gli aveva detto
di stare lontano anche dalla migliore amica della ragazza che
frequentava, ma questa era un' altra questione.)
Guardò sua madre con affetto e fiducia. Era passato
parecchio
tempo dall'ultima volta che si era confidato con lei su questioni di
cuore. Quando era piccolo gli piaceva correre da lei e raccontarle
tutte le sue giornate, le parlava delle bambine a cui voleva regalare
un orsacchiotto e dei bambini con cui avrebbe voluto fare a pugni. Si
ricordava ancora le sue risate davanti a quei racconti assurdi, eppure
lei lo ascoltava sempre con la massima attenzione. Lo faceva sentire
compreso e protetto. Col tempo era cresciuto, e aveva capito da solo
che "certe cose" alla mamma non vanno dette. Anzi, fuggiva il
più lontano possibile se lei provava a chiedere informazioni.
Ma quella sera aveva bisogno della complicità di sua madre.
-Cosa devi dirmi, tesoro?-
-Non voglio che ci rimani male mamma, ma stasera proprio non posso
venire a cena.-
-Non ti piace il posto che ho scelto?-
-No, non è questo.-
Eva restò in silenzio, suo figlio non aveva finito la frase,
si
vedeva che stava cercando le parole giuste. Il ragazzo si
inumidì le labbra, mentre evitava il suo sguardo. Lei non lo
aveva mai visto tanto imbarazzato, almeno non dalla volta in cui aveva
provato a guidare senza patente e le aveva sfasciato la macchina.
-Ho un altro impegno,- disse semplicemente lui.
-E non lo puoi rimandare?-
-No! Cioè voglio dire, proprio non mi è
possibile.-
-Capisco,- sospirò Eva, finse di essere molto triste e solo
quando intercettò lo sguardo di Dante fece un mezzo sorriso.
-Lei come si chiama?-
-Uhm...lei chi, mamma? Sai che sei l'unica donna della mia vita!-
Rifiutò l'abbraccio appiccicoso del figlio e si sedette in
modo
da guardarlo dritto negli occhi. Non voleva fargli un terzo grado,
anche se era davvero curiosa di sapere qualcosa di più su
tutta
quella storia. -Andiamo, almeno il nome puoi dirmelo. Inizia con la S o
con la F?-
Dante aprì la bocca. E non la richiuse.
Eva scoppiò a ridere e gli accarezzò una guancia.
-Cosa
ti dicevo quando eri piccolo? Se fai una monelleria non provare a
nascondermela perché...-
-...perché le mamme sanno sempre tutto!- Finì lui
la
frase, da bambino l'aveva sentita mille volte, ma da molti anni non gli
era più capitato.
-Allora chi è?-
-Federica, quella bruna, più alta, bellissima, spigliata,
sexy- Dante si fermò di colpo, forse quell'ultimo aggettivo poteva
evitarlo.
-Avevo capito che c'era qualcosa tra voi e quelle ragazze, ma la
situazione non mi era molto chiara.-
-Nemmeno a noi,- sospirò lui
-Come?-
-Niente mamma, dicevo che la situazione era un po' complicata, ma ora
si è risolto tutto.-
Eva annuì, con aria complice -Non essere così
imbarazzato, sono stata adolescente anche io, e anche io avevo le mie
storie...-
-No, basta! Non voglio sentire altri particolari!-
-Parlami di lei. E motivami un po' quegli aggettivi, non mi basta
sapere che è simpatica, voglio sapere cosa fa e cosa dice di
simpatico.Insomma, perché ti piace tanto.-
-Tanto da evitare la tua cena?-
-Anche...-
-Lei ride alle mie battute senza trovarle troppo stupide, a volte dice
cose senza senso ma non si preoccupa del giudizio degli altri. Lei
è dinamica, è spiritosa e ci somigliamo. Abbiamo
le
stesse passioni, sai i videogame, le serie tv sugli zombie, la musica
rock...-
-Avere della passioni da condividere è una cosa molto
bella.-
A
Eva non era sfuggito il modo in cui Dante parlava di Federica, era
entusiasta, gli brillavano gli occhi, e un sorriso involontario non gli
abbandonava mai le labbra. Suo figlio era felice e lei era contenta per
lui. Solo un dubbio offuscò quella gioia.
-Non è che quella ragazza piaceva anche a Vergil?-
Le sopracciglia di Dante schizzarono verso l'alto. Non aveva voglia di
parlare del gemello e non aveva voglia di rivelare a sua madre tutta
quella storia. -Sì e no.-
-Le questioni di cuore sono sempre spinose tra fratelli.- Eva si
passò una mano fra i capelli, segno che era nervosa.
-Non devi preoccuparti-
-So che voi avete la vostra vita, che state diventando adulti e che non
desiderate la mia intromissione. Ma vorrei almeno sapere cosa succede.-
-All'inizio Federica sembrava preferire Vergil, ma poi ha conosciuto
meglio sia lui che me...e ovviamente ha preferito me!-
-Sono contenta di vederti tanto sorridente.- Eva era davvero felice per
Dante, raramente aveva visto una ragazza colpirlo tanto, di norma non
le sembrava così coinvolto dalle signorine con cui usciva,
ma
con quell'italiana era proprio diverso. Era solare, rilassato, disteso.
Una parte di lei poteva stare tranquilla, l'altra parte, quella che
pensava all'altro suo figlio, invece era molto tesa. Ma non voleva
continuare a parlarne con Dante, non si sarebbe mai permessa di
rovinargli quel momento.
-Mamma...-
Eva si era così' immersa nelle proprie riflessioni che non
aveva
sentito quello che le stava dicendo. -Scusami tesoro. Puoi ripetere?-
Dante aveva i palmi delle mani piuttosto sudaticci, ed era ancora
nervoso
per quel colloquio con la madre. Parlare con lei non era affatto come
sfogarsi con una coetanea. -Ti stavo chiedendo di stasera...-
-Oh, figurati! Non ti vorrei mai rovinare la serata, quando hai
già programmato di passarla in dolce compagnia.-
-Sapevo che avresti capito! Sei la mamma migliore del mondo!-
******
Vergil avrebbe voluto andarsene sbattendo la porta,
ma lo giudicava un gesto da zotico e non degno di lui.
Era irritato dal comportamento del fratello, aveva l'impressione che
stesse per dire alla madre qualcosa che riguardava Federica.
Perché dava tanta importanza a quella ragazza? Lei e l'amica
non
erano degne nemmeno di un pensiero sfuggente.
Stava percorrendo il corridoio a lunghe falcate, quando vide davanti a
sè una figura eterea, quasi evanescente. Attraverso una
stoffa
leggera si intravedevano delle forme invitanti di donna, i capelli
biondi erano raccolti sul capo, lasciando scoperte delle spalle dritte.
Aveva quell'eleganza classica che lui aveva sempre ammirato,
esattamente il genere di ragazza che avrebbe corteggiato. La figura
misteriosa era a pochi passi da lui. Affrettò il
passò,
ma lei girò l'angolo e scomparve.
Vergil arrivò in tempo per vedere le porte dell'ascensore
che si stavano chiudendo.
Proprio in quel momento lei alzò il viso.
Due occhi verdi si fissarono con stupore nei suoi.
Vergil strinse i pugni. Ancora
lei, maledizione.
In un altro momento sarebbe riuscito a entrare
nell'ascensore. Avrebbe fatto una battuta spiritosa, avrebbe sorriso e
attaccato bottone con quella bella ragazza. Ma in quell'istante non
c'era nulla che lui potesse fare. Era stato sorpreso da quella visione
e infastidito dalla propria reazione. Immobile. Era rimasto fermo a
guardarla, imprimendosi nella mente ogni curva disegnata da quell'abito
azzurro.
Ma dove diamine andava vestita in quel modo elegante? Non c'era
nessuno, a parte lui stesso, che potesse apprezzare un abbigliamento
raffinato. E di certo non aveva un appuntamento con lui.
Non sarebbero mai usciti insieme, ormai si salutavano a stento.
E allora chi avrebbe passato la serata?
Non certo con i suoi genitori, non era il vestito adatto, troppo
civettuolo. Quella specie di vedo non vedo avrebbe fatto impazzire un
uomo.
Vergil non l' avrebbe mai ammesso, ma desiderò spaccare la
faccia a chiunque stesse aspettando la ragazza nell'atrio.
Si impose di non fare le scale di corsa, per vedere con chi fosse
uscita. Perché a lui non importava un bel niente di Sveva,
nè del tipo che l'avrebbe spogliata con gli occhi, o che
avrebbe
baciato quelle sue labbra piene e invitanti...
----------------
ANGOLO DI BRY:
Ciao a tutti :)
sorpresi che io sia
tornata così presto, eh?
La
verità è che questo capitolo è legato
intrinsecamente al precedente. Non volevo far passare troppo tempo tra
i due, perché praticamente vanno letti come un'unica lunga
scena, vista da più personaggi.
Ringrazio anche qui
Shockwave, DantexR e RocKMantick per le loro recensioni, alle quali
risponderò attraverso il form.
Ringrazio anche chi
sta leggendo silenziosamente e/o ha segnato questa storia tra le
preferite, ricordate, seguite.
E poi
c'è una novità:
qualche tempo fa ho
partecipato a un concorso per una casa editrice. La mia storia
è piaciuta e la casa editrice ha deciso di pubblicarla. "Un
nuovo inzio" uscirà il 4 luglio per la Triskell Edizioni e
si troverà in tutti gli store on line.
Per festeggiarne
l'uscita un blog ha indetto un giveway, e si vincerà una
copia dell'ebook. Vi lascio il link, nel caso interessasse a qualcuno:
GIVEAWAY
QUI
Anche "un nuovo
inizio" è una storia d'amore ambientata in una luminosa
estate italiana. Nel caso desideraste saperne di più potete
mandarmi un messaggio tramite efp o sulla mia pagina
autore di facebook
(mi sembra
stranissimo avere una pagina autrice, però sembra che aiuti
la promozione dell'ebook!)
Volevo comunque
ringraziarvi e far partecipi anche voi di EFP di questo traguardo, in
fondo avete sostenuto proprio questa mia grande passione, per la
scrittura: è anche un po' merito vostro se sono arrivata fin
qui. :)
|
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Capitolo 25 *** Tutta colpa dei boxer ***
Dante accompagnò la madre alla porta e la
fissò mentre si
allontanava. Fu felice di sapere che Vergil sarebbe stato con lei a
cena, con quell'aderente tubino nero Eva avrebbe attirato parecchie
attenzioni indesiderate. Se ci fosse stato lui avrebbe guardato in
cagnesco tutti i signori, con l' alta
probabilità di dover litigare con qualcuno di loro. Non era
strano, era già capitato. Ma Dante sapeva che il suo gemello
nutriva lo stesso senso di protezione nei confronti della loro madre.
Era l'unica persona con cui quello scorbutico avesse un rapporto
normale.
Chiuse la porta alle proprie spalle e pensò a quel fratello
tanto diverso. Qualche minuto prima era uscito da quella stanza con la
rabbia che gli ribolliva nelle vene, glielo si leggeva in faccia. Da
giorni non facevano altro che discutere, il loro rapporto
già
precario stava andando definitivamente in malora. Il tutto per colpa di
quelle ragazze italiane.
Sorrise.
Il viso dolce di Sveva gli si parò davanti, quel suo sguardo
insicuro lo inteneriva terribilmente. Ricordò il giorno in
cui
gli aveva raccontato di aver litigato con Vergil, era evidente che era
a disagio e non voleva parlarne, eppure aveva un fuoco nuovo negli
occhi. Ma suo fratello era freddo come il ghiaccio, tra loro sarebbe
stato un bello scontro e lui non credeva che la ragazza potesse farcela.
Si avvicinò alla scrivania, afferrò il
portafoglio e le chiavi della camera.
Quella sera sarebbe uscito con Federica. Il cuore prese a battergli
più forte, le labbra si piegarono in un sorriso felice.
Finalmente avrebbero avuto un appuntamento degno di questo nome.
Avrebbero passato una serata romantica ma non sdolcinata, movimentata
al punto giusto, avrebbero mangiato una pizza, che era il cibo
preferito di entrambi, e fatto una passeggiata per il paese in festa.
Sarebbe stato perfetto. Era sempre così quando stava con
quella ragazza.
Non si sentiva mai giudicato severamente, non gli faceva notare le sue
lacune o figuracce, rideva alle sue battute anche quando erano
terribili e potevano parlare per ore senza dire niente di importante.
E poi lei era così sexy.
Alta quanto una modella e con un fisico equilibrato, non era
nè
scheletrica, nè grassa. Completamente piacevole al tatto.
Ok, se avesse continuato così avrebbe dovuto farsi una
doccia fredda prima di uscire.
Ricontrollò per l'ennesima volta di aver preso tutto, che in
realtà erano ben poche cose. Uscì dalla camera,
già pronto a godersi la serata, quando l'inconfondibile
suoneria
del suo cellulare iniziò a suonare. Si toccò le
tasche,
confuso dal non sentire alcuna vibrazione, poi si accorse che il suono
era troppo lontano per avere il cellulare tanto vicino.
Fissò la
porta chiusa e si rese conto di averlo lasciato all'interno della
stanza.
Aprì di corsa e si precipitò vicino al letto,
dove vide
subito il telefono e il display illuminato. "Chiamata in arrivo: Fede"
-Ciao teso...-
-Ma dove cavolo sei?-
Dante era sempre più confuso, quella serata non stava
iniziando
come avrebbe dovuto. Perché lei era tanto arrabbiata?
-Sto venendo a...-
-E sarebbe anche ora!-
-Che vuoi dire?-
-Avevamo appuntamento alle nove!- strillò lei
-Infatti ora sono solo le...-
-Solo? Sono le nove e mezza! Ti sto aspettando da più di
mezzora.-
Dante iniziò a sudare. Arrivare in ritardo al primo
appuntamento
non era affatto il modo migliore per iniziare la serata. Si
fiondò fuori dalla stanza e iniziò a correre per
il
corridoio, poi lungo le scale -Sono lì in un baleno. Mi
farò perdonare!-
-Lo spero- disse Federica, prima di chiudergli il telefono in faccia.
Fortunatamente quel paesino era talmente piccolo da consentirgli di
arrivare dalla ragazza entro pochissimi minuti. Sfortunatamente quel
paesino era talmente piccolo da non avere nemmeno un fioraio decente,
se fosse arrivato con un enorme fascio di rose sarebbe stata una bella
scena. E anche un bell'impiccio da portarsi dietro durante tutta la
serata. Ah, il
romanticismo è sempre scomodo!
Si disse che Federica non era una ragazza romantica, per la quale le
rose non erano poi un colpo di scena così epico. Anzi, se
l'avesse fatta aspettare anche un solo minuto per comprarle dei fiori
si sarebbe arrabbiata ancora di più.
Corse a perdifiato, ma grazie al suo allenamento costante non
arrivò a destinazione col fiatone. Si guardò
intorno.
Federica era una ragazza alta e decisamente vistosa, l'avrebbe dovuta
notare entro pochi secondi.
Infatti la vide,
e poi vide lui,
e anche l'altro.
Due ragazzi la attorniavano, erano seduti sulla panchina proprio vicino
a lei. Dante non la vedeva bene, perché quel cretino con gli
occhiali da sole ( e chi indossa le lenti scure alle dieci di sera? )
la copriva. L'altro con quell'orribile camicia a quadri che non
avrebbero messo nemmeno in Happy Days era in piedi, ma la stava
evidentemente mangiando con gli occhi.
L'albino provò la bruciante sensazione di voler menare i
pugni, e quelle brutte faccie erano dei bersagli perfetti.
-Ciao Fede,- sibilò lui
L'italiana ebbe un brivido sentendo quella voce gelida, sembrava
l'inflessione tipica di Vergil, ma Sveva le aveva appena spedito un
messaggio in cui le raccontava di averlo incontrato al ristorante, in
un paese vicino, non poteva essere lui.
Si trattenne per non lasciarsi andare all'impulso di scattare in piedi
e aggredirlo per quel ritardo mostruoso, ma si impose di rimanere
seduta e sorridere amabilmente a quei due seccatori.
-Ciao.-
Dante finalmente arrivò abbastanza vicino da vederla, se non
ci
fossero stati i due sconosciuti sarebbe rimasto a bocca aperta a
fissarla come un baccalà. Tra il pantaloncino corto e il top
scollato non sapeva dove posare gli occhi. C'era fin troppa roba da
guardare.
-Questi chi sono?-
-Ehi amico, chi saresti tu?-
-Non sono tuo amico- rispose Dante, con il tono più
minaccioso che gli riuscì. Mr soffro il sole di mezzanotte
era più basso e più pesante di lui, lo fissava
con un
certo timore, tenendo lo sguardo sui suoi bicipiti. L'altro sembrava un
tipo più tosto, e non sarebbe corso via con la coda tra le
gambe.
-Allora è amico tuo?- chiese il ragazzo con la camicia,
rivolgendosi a Federica e guardando Dante con disapprovazione.
-Sì- ammise lei, con voce estremamente lamentosa
-Non si fanno aspettare le signorine!- commentò l'altro.
-Non sono affari tuoi.- lo freddò l'albino.
-Come è scontroso!-
-Solo quando qualcuno si avvicina al suo osso- rispose Federica, come
se stesse parlando di un cane. La cosa irritò Dante, che
iniziava a stufarsi di quella situazione.
-Dovresti essere più gentile.-
-Vuoi vedere quanto sono gentile con voi due, se non ve ne andate
subito?-
-Ehi Fede, dì al tuo innamorato che non ha bisogno di fare
il geloso! Almeno non con noi...-
La risata squillante del ragazzo con gli occhiali da sole
ferì
le orecchie di Dante. Quel suono sembrava estraneo alla gola di un
uomo, aveva un che di acuto e terribilmente femminile. Dante, che aveva
già stretto i pugni, pronto a colpire, rilassò i
muscoli
della schiena.
Ma non era preparato per quello che vide.
I due ragazzi si abbracciarono con un certo slancio, e si baciarono.
-Noi togliamo il disturbo prima che il tuo amico ci sbrani. Godetevi la
vostra serata romantica, che noi ci godiamo la nostra. Bye!-
Dante rimase con la bocca aperta e un' espressione esterrefatta dul
viso.
Federica si piegò in due, sbellicandosi dalle risate alla
faccia dell'albino.
-Sei così buffo che quasi ti perdono per il ritardo.
Aspetta, ti prego rimani così che ti faccio una foto!-
Lui si ricompose sedendosi accanto alla ragazza.
-Quelli erano gay?-
-No, sono etero in incognito! Hai bisogno di vederli avvinghiati per
capire che sono una coppia?-
-Io credevo che ti stessero abbordando...- si sentì il
peggiore degli stupidi
-No, anzi. Si sono avvicinati per difendermi da un tizio un
po'assillante. Solo che dopo hanno insistito per farmi compagnia fino a
che non arrivavi tu. Sono dei chiacchieroni allucinanti, volevano
sapere tutto di te e di me, manco fossimo amici da una vita.-
-Li conosci da molto?-
-Trenta minuti-
Scoppiarono entrambi a ridere. Federica passò un braccio
sulla
spalla di Dante e lui approfittò di quella vicinanza per
catturarle le labbra e darle il primo bacio della serata. Quel contatto
fece esplondere un fuoco in entrambi i loro corpi, non si vedevano da
giorni e la voglia di incontrarsi stava bruciando entrambi. E poi
finalmente potevano lasciarsi andare senza temere di ferire qualcuno.
Erano solo loro due.
L'albino provò un intenso brivido quando la ragazza
iniziò a giocare con una ciocca dei suoi capelli,
approfondì il bacio e le circondò la vita con un
braccio.
Sentirono un anziano dare il tipico colpo di tosse finta per farli
smettere. Ma non ci badarono. Poi una vocina strillò.
-Nonno che stanno facendo?-
Si staccarono all'istante e videro un nanerottolo con l'indice della
mano destra puntato verso di loro.
-Antonio, non ci pensare, quelle cose non si fanno- disse il vecchietto.
-Ma io l'ho visto fare pure a papà e mamma, e poi
papà dà alla mamma un pizzico sul....-
L'anziano tappò la bocca al piccolo, ma il bambino si era
già messo una manina sul fondoschiena, lasciando capire la
fine
di quella frase mozzata.
-Hai capito il padre del nanetto!- sussurrò Dante,
all'orecchio della compagna
-Non ti azzardare a farlo.-
-Sarà impossibile resistere. Non dovevi comprare quei
pantaloncini attillati!-
-Mi stanno bene?-
-Fin troppo...-
Federica rise e si alzò dalla panchina. -Dai, andiamo a
mangiare, altrimenti non troveremo posto in pizzeria.-
Dante rimase seduto e lasciò che lei andasse avanti.
La ragazza si girò con sguardo interrogativo, e lo vide
sorridere.
-Mi stavi fissando il sedere?-
-No, controllavo solo che quegli shorts ti stessero effettivamente
bene, sai dovevo prendere in considerazione tutte le prospettive...-
Se non le fosse piaciuto tanto, anche quando faceva lo sfacciato
impenitente, lei gli avrebbe volentieri tirato un ceffone.
-Che scemo!-
Federica ripensò alla prima volta che aveva visto i gemelli,
quella sera erano andati a cena in una pizzeria. Ora lei e Dante
stavano varcando la soglia di quello stesso locale.
La disposizione dei tavoli era leggermente cambiata, ma per uno strano
scherzo del destino ebbero proprio il posto di quella prima sera.
Si guardarono negli occhi e sorrisero, stavano pensando alla stessa
cosa.
-Sono cambiate tante cose.-
-Non poi così tante- rispose Dante.
-Noi ora ci conosciamo meglio.-
-E continueremo così ancora per molto tempo.-
Federica fu grata di quelle parole, riuscivano a rasserenarla, e il
modo in cui Dante la guardava, con lo sguardo pieno di ammirazione, la
faceva sentire amata. Un calore sconosciuto le riscaldava anche l'anima.
-Non è da noi lasciarci andare a certe sdolcinatezze, ma
ogni tanto sono carine.-
-Non ti preoccupare, la pizza coprirà ogni rimasuglio di
smielatezza.-
Un cameriere arrivò con le loro margherite, che erano
così grandi da essere contenute appena nei piatti. Gli occhi
di
Dante si illuminarono. Federica ripensò al tessuto della
tuta,
fortunatamente non era tanto aderente, altrimenti a fine pasto poteva
anche dire addio al meraviglioso effetto "pancia piatta."La ragazza
fece appena in tempo a dare un morso alla propria pizza e a guardarsi
un po' intorno che l'albino aveva già fatto fuori una bella
porzione della propria pizza.
-Calmati, finirai per affogarti!-
-No, ci sono abituato. Quando ero piccolo gli altri bambini mangiavano
gli omogeneizzati, e io trangugiavo già la margherita.-
-Non faccio fatica a crederlo! Peccato che non arrivi agli appuntamenti
con la stessa velocità con cui mangi.-
-Sei ancora arrabbiata? Ti ho detto che mi farò perdonare.-
-Posso almeno sapere perché hai fatto così tardi?-
-Ho dovuto parlare con mia madre, aveva organizzato una cena in un
locale e ci teneva che io andassi con lei. E poi si è messo
in
mezzo quell'idiota di mio fratello.-
-Va ancora male tra voi?-
-Perché è mai andata bene?-
-Sai che voglio dire, in questi giorni mi sembra che sia anche
peggio...-
-Lo è. C'è parecchia tensione fra noi.-
-Non è colpa mia, vero?-
-No- rispose il ragazzo, ma esitò.
-E di Sveva?-
-Lei ha peggiorato le cose- dichiarò Dante, pensando allo
sguardo del gemello, ogni volta che veniva fatto quel nome in sua
presenza. -Vergil non è abituato al fatto che qualcuno
voglia
tenergli testa. Figuriamoci sei il suo "nemico" è una bella
biondina italiana.-
-Lei non è il nemico di nessuno! Purtroppo non lo
è
nemmeno per lui- Federica si voltò, perché Dante
non la
vedesse in viso. Ma a lui quella manovra non sfuggì.
-Che vuoi dire? Lei non sarà interessata a mio fratello!-
-Sì, ma mi ha promesso di non pensarci più.-
-Sarà meglio, lui sarebbe solo capace di ferirla.-
-Oh, senti, è la nostra serata. Io non ho voglia di pensare
a
loro adesso. Non considerarmi egoista. Ok, forse sono un tantino
egocentrica, ma se continuaiamo a parlare di questo sarà
proprio
come quella sera...saremo seduti in quattro attorno a questo tavolo.-
-No, oggi no. Ci siamo solo noi-
-Io e te- Federica allungò la mano per prendere quella di
Dante, che si sporse a baciarlo.
-Sai di pizza. Il mio gusto preferito.-
La ragazza scoppiò a ridere, istantaneamente distolta da
ogni
pensiero triste o angoscioso. Il suo mondo, in quel momento, implose.
La sua realtà si restinse tanto da contenere soltanto lei e
quel
magnifico ragazzo dagli occhi chiari e dal carattere giocoso. Si rese
conto di essere innamorata di lui, le bastava guardarlo per sentire il
cuore accelerare, per dimenticare qualsiasi problema, per capire solo
la voglia che aveva di restare tra le sue braccia forti e lasciarsi
andare al desiderio di stare con lui.
Non era mai stata incline al sentimentalismo, non era una ragazza
scioccamente romantica. Eppure doveva ammettere che l'amore era una
potenza incredibile, aveva trasformato la sua estate, aveva fatto
diventare quel minuscolo paesino attraente come una grande capitale
europea. Va bene, forse stava un tantinello esagerando.
Iniziava a dire cose insensate, aveva il respiro più rapido
del solito. O aveva la febbre alta o era davvero innamorata.
Chissà se lui stava intercettando quei suoi pensieri
sconnessi.
Chissà se lui condivideva quei sentimenti assurdi e
penetranti.
-A cosa stai pensando?- le chiese.
-A cosa si era fumato il disegnatore di lost world 3- rispose lei
troppo in fretta.
-Sul serio?-
-Sì, i mostri di quel livello sono davvero bruttissim.i-
-Ah, sì. Me li ricordo. Come mai ci pensi adesso?-
Federica alzò le spalle, con aria non curante. Non era
pronta a
chiedergli cosa provasse lui. Mica poteva andare in giro a chiedere
alla gente "Ehy, ma tu mi ami?"
Ok, Dante non era proprio uno sconosciuto qualunque. Ma comunque certe
domande non vanno fatte.
Ormai le loro pizze erano finite, e decisero di non ordinare il dolce.
Avrebbero preso un gelato lungo la strada. Pagarono il conto e uscirono
dal locale.
L'aria era frizzante, ma loro non avevano ancora abbastanza freddo da
indossare dei golfini. Si avvicinarono l'uno all'altra.
Dante passò un braccio attorno alla vita di Federica e quel
contatto sembrò far divampare un fuoco tra di loro. Si
guardarono e fu come se i loro sguardi si incatenaessero.
Si scambiarono un lungo bacio, pieno di passione, le loro labbra non
volevano saperne di staccarsi. Si allontanarono per riprendere fiato,
ma
la pausa durò solo pochi secondi, erano entrambi affannati,
ma
non gli importava, l'unica cosa che riusciano a intendere era il
bisogno che avevano l'uno dell'altra.
Come se avessero trovato l'altra metà della mela, come se
avessero vissuto proprio per arrivare a quella sera, in quel momento,
davanti a quel mare che scintillava per i riflessi di una luminosa
luna. Ma loro non vedevano nulla di quel panorama magnifico,
perché erano troppo intenti ad amarsi per pensare al resto
del
mondo.
L'unico panorama che Dante riusciva a percepire era il mistero di quel
corpo stretto al suo. Federica aprì gli occhi solo per
incontrare lo sguardo dell'albino, quegli occhi di zaffiro sembravano
ancor più chiari immersi nell'oscurità
della notte.
Lei non pensò più ai suoi dubbi sui sentimenti di
Dante,
in quell'istante le bastava sentire la stretta di quell'abbraccio, per
avere tutto ciò che desiderava.
Ricominciarono a camminare per il lungo mare, fecero un pezzo di strada
mano nella mano, come due perfetti fidanzatini. Dopo qualche tempo,
guardandosi negli occhi, capirono che nessuno dei due apprezzava quello
slancio di romanticismo infantile, che era estraneo a
entrambi.
-dante non rinunciò al contatto fisico e passò il
braccio
attorno alla vita della ragazza, che non si offese affatto, anzi, anche
lei era felice di quella vicinanza.
Malgrado loro si sentissero soli al mondo, in strada c'era moltissima
gente. Era una serata di festa, qualche bancarella spuntava lungo i
marciapiedi e allegri profumi di dolciumi allietavano l'aria.
-Mmh, che odore di caramello!- osservò Federica, voltandosi
per capire da dove provenisse quel profumo dolciastro.
-Oh, c'è anche lo zucchero filato alla fragola!- L'albino fu
più svelto a individuare il venditore ambulante, si
avvicinarono, ma la ressa attorno al banco li convinse ad andar via.
-Che ne dici se prendessimo quel famoso gelato?-
-Buona idea, mia adorata-
Lei tossicchiò. -Come mi hai chiamata?-
-Dici che era troppo altisonante?-
-Da quando tu parli in questo modo?-
-Da mai, in realtà, però volevo capire cosa si
provasse a sparare certi paroloni, come fa mio fratello.-
-E cosa si prova?-
-Mi sento un completo cretino.-
Federica scoppiò a ridere, e Dante si sentì
rapito da
quell'esplosione di allegria, la guardò sperando che
quell'immagine si fissasse nella sua memoria per molto tempo a venire.
-Allora sei un cretino che parla in modo...vetusto.-
-Vetusto...è una parolaccia?-
-Ma no!-
-Ah, ecco. Se fosse stata una parolaccia l'avrei già
imparata.-
Federica si appoggiò di più all'abino. Lui la
faceva
ridere, rendeva più belli tutti i momenti passati insieme.
Anche
quel suo essere assurdo, e a volte un po' sboccato, era qualcosa di
unico e di prezioso per lei. Fu felice di come erano andate le cose per
la loro piccola comitiva. Lei e Dante, era esattamente così
che
doveva essere. Sveva non avrebbe mai apprezzato quel ragazzo come
faceva lei, l'avrebbe trovato fuori luogo, mentre per lei era sempre
perfetto. Ok, magari non
sempre, però si avvicinava molto all'essere il
suo ragazzo ideale.
-Lo vuoi grande?-
Federica cadde dalle nuvole, la voce del ragazzo le arrivava da molto
lontano, lo guardò quasi scandalizzata -Cosa?-
-Come cosa?-
-Che cosa voglio...ehm- abbassò la voce, notando che una
signora la stava guardando con aria di disapprovazione -grande?-
-Il cono- rispose Dante, iniziando a ridacchiare per il rossore che si
stava formando sulle guancie della fidanzata.
-È
una metafora?-
-No...non so nemmeno cosa sia una metafora.-
Federica non sapeva più cosa dire, si guardò
intorno
annaspando, in cerca di indizi rivelatori. - Siamo in
gelateria, allora intendevi davvero il cono!-
Dante non ce la fece più a trattenersi e scoppiò
a
ridere. Fortunatamente quell'intermezzo aveva reso più
divertente l'attesa per raggiungere la cassa. Sfortunatamente le altre
persone in fila li stavano additando, e molti adulti storcevano il
naso. Lui li guardò e passò oltre.
-Voglio il gelato nocciola e pistacchio!-
-...Non farmi richiedere la misura, ti prego!- bisbigliò
Dante, che era ancora scosso dalle risa.
Lei prese in mano la situazione e si avvicinò al commesso,
finalmente era il loro turno. -Due gelati grandi, per favore, uno
nocciola, pistacchio e mandorle e l'altro... -
-Cioccolato, fragola e panna- aggiunse l'albino.
Malgrado il fresco della sera i gelati tendevano già a
sciogliersi, ancor prima che i due innamorati riuscissero a uscire dal
negozio.
-Fragola e panna! Che gusti da donna incinta che hai scelto.-
-Hey donna, bada a come parli!-
-Siamo passati dal "mia adorata" al "hey donna"...povera me!-
-Tu mi hai chiamato donna incinta, penso di dover essere più
offeso io.-
-Forse potresti avere ragione.- Lo sguardo di Federica fu attirato da
qualcosa di rosso, che spuntava dai pantaloni di Dante. I jeans
dovevano andargli larghi e gli scendevano un po' lungo i fianchi,
lasciando l'intimo a vista. Cercò di abbassare ancora di
più lo sguardo, senza farsi notare, ma incappò
nel cono
che stava reggendo. Sentì l'albino scoppiare di nuovo a
ridere.
Ebbe l'orribile sensazione di sentirsi un pagliaccio, evidentemente
quella sera era più un' attrazione divertente che una femme
fatale. -Ora che c'è?- sibilò
Dante puntò un dito verso la sua faccia, ma era scosso dalle
risate, anche le sue spalle si alzavano e si abbassavano, mentre anche
un bambino la guardò ed esibì un meraviglioso
sorriso
sdentato.
-Ma che avete tutti quanti..che?- Si avvicinò a una vetrina,
dove riuscì a vedere la sua immagine riflessa -NO!-
Si toccò il naso, e le dita le diventarono marroni. Quando
aveva
urtato col gelato era incappata proprio nella nocciola. Ora aveva una
grossa macchia scura sulla punta del naso, proprio come quando a
carnevale ti fanno la maschera da gatto. -Tutta colpa dei tuoi boxer!-
disse lei.
Dante strabuzzò gli occhi. - Sbaglio o la nostra
conversazione sta diventando sempre più a luci rosse?-
Federica aprì la bocca e la richiuse. Senza dire niente. Nel
mentre doveva giostrarsi col gelato, che sembrava sciogliersi a una
velocità supersonica. -Forse era meglio piccolo, sarebbe
stato
più facile.-
-Cosa?- Dante si sedette su una panchina miracolosamente libera e si
piegò in due dalle risate. Il gelato sussultava insieme a
lui,
ma era stato abbastanza veloce da finire la prima parte,
così
che la crema rimasta era al sicuro dentro il cono.
-Smettila!-
-Solo se tu mi dici di quale reato sono colpevoli...le mie mutande!-
La ragazza si sedette, felice di quella sosta, anche perché
le
sue meravigliose scarpette col tacco non erano comode quanto belle.
-Coca cola-
-Insieme al gelato?- L'albino la guardò smarrito.
-Non hai capito.-
-Questo me lo dicono spesso.-
Federica si sbrigò a finire il gelato, almeno per evitare
altri
incidenti imbarazzanti, nel mentre assunse l'aria di una maestrina di
asilo che deve spiegare qualcosa ai piccoli alunni.
-Ti ricordi quando siamo andati al centro commerciale?-
-Sì!-
-E ti ricordi che io ti presi una cosa, anche se ti ho dato il regalo
solo di recente?-
Era vero, durante lo shopping sfrenato lei era stata tanto audace da
comprare anche un paio di boxer rosso fiammante, con la scritta
coca-cola lungo l'elastico. Lei e Sveva avevano commentato
ridacchiando quell'acquisto, facendo anche diverse battutine maliziose.
Eppure, malgrado l'ardire precedente, Federica non era riuscita a
consegnare subito il pacchetto a Dante. Aveva trovato il coraggio solo
pochi giorni prima, quando le cose tra loro si stavano facendo
più intime ma sempre comunque giocose e divertenti. Si
ricordò il momento in cui l'albino aveva strappato la carta
regalo e aveva esclamato davanti a quel capo di biancheria "lo
porterò con orgoglio". Aveva sventolato quel paio di mutande
neanche fossero una bandiera.
-Ohhh, è verò ho messo quei boxer.-
-Ci sei arrivato, finalmente. Che altro c'è? Hai inalato del
gas esilarante prima di uscire con me?-
-No, pensavo che non sono solo io a guardarti il sedere...anche a te
cade l'occhio...-
Federica diede uno schiaffo sulla schiena di Dante, lui si
lamentò e finse di scansarsi, ma entrambi ridevano di quella
scena surreale.
La serata continuò in quel modo, alternando momenti di
estiva
passione, ad altri di calde risate. E loro furono felici di ogni
istante vissuto insieme, ebbri della vicinanza l'uno dell'altra. Il
resto del mondo continuò a scomparire, e loro furono
convinti
che quei fuochi d'artificio scoppiarono per illuminare solo i loro
visi, per ravvivare esclusivamente i loro ricordi. Non si vergognarono
dei lunghi baci, nè attenuarono il suono delle risate,
c'erano
soltanto loro e nessun' altro.
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Capitolo 26 *** Una serata romantica ***
Un vento fresco spirava per quella stretta stradina, le
antiche mura
della città, ormai in rovina, si stagliavano come giganti in
attesa del momento giusto per risorgere.
Sveva si strinse lo scialle dorato sulle spalle, quella brezza era una
carezza gelida a cui non riusciva a sfuggire.
Camminarono a lungo prima di raggiungere il ristorante. Il paese era di
orgine medievale e il centro storico non era percorribile in auto.
La ragazza si guardò intorno, ammirando il cielo stellato e
le
piccole botteghe di souvenir. Finalmente vide emergere dal buio un
maestoso portone di una villa antica, l'insegna del ristorante era
piuttosto discreta, una scritta lignea senza particolari illuminazioni.
Trattenne il respiro quando vide la magnifica terrazza che si apriva
oltre l'ingresso, proprio a picco sul mare.
Il direttore di sala li condusse tra le lunghe file di tavoli bianchi,
perfettamente apparecchiati, fino a un posto in angolo, piuttosto
riservato, come piaceva a sua madre.
Si accomodarono, iniziarono a discutere delle pietanze che era meglio
scegliere e con quali vini accompagnarle.
Lei alzava spesso lo sguardo dal menù, non riusciva a
reprimere
la curiosità per quel locale tanto raffinato e per i suoi
clienti. Si sentì piccola piccola, di fronte alle ragazze
straniere dalle gambe chilometriche, gli abiti firmati, e il
portamento impeccabile sembravano
delle modelle scese dal red carpet, pronte a risalire in passerella.
Vergil le avrebbe certamente apprezzate, pensò lei, facendo
una
smorfia di disgusto. Fortunatamente quell'espressione era sfuggita ai
suoi genitori, che da giorni si lamentavano del suo malumore.
-Ti piace questo ristorante?-
-Sì, papà. Il panorama da qui è
davvero
magnifico- rispose, cercando di sedersi più composta sulla
sedia. Raddrizzò la schiena e alzò il viso,
avrebbe
voluto avere lo stesso portamento fiero, come quello di chi si sente a
proprio agio in ogni situazione.
-Mi fa davvero piacere che ti piaccia. In questi giorni abbiamo passato
meno tempo insieme...-
Sua madre posò la mano su quella di suo padre, come a dire "meno sentimentalismi, tesoro. I
giovani devono stare con i loro coetanei."
Lui recepì il messaggio, perché aggiunse -Anche
se sono
contento che tu abbia trovato delle persone della tua età
con
cui stare.-
Sveva agitò il vino bianco che le avevano appena versato. Il
liquido paglierino vorticò nel calice, descrivendo delle
spirali
perfette e caotiche. -A Federica piacerebbe questo ristorante.-
-E agli americani?-
La ragazza incontrò gli occhi verdi di sua madre. Avrebbe
voluto
mettersi sulla difensiva e cambiare discorso ma non voleva rovinare
quell'atmosfera serena.
-Vergil lo adorerebbe, ama le location eleganti e tutto ciò
che è raffinato- E
inamidato e gelido, pensò.
-Questo ragazzo mi piace- disse suo padre.
Quella frase la scosse nel profondo. Non avrebbe dovuto essere
sorpresa, era ovvio che i genitori approvassero un giovane dai gusti
ricercati, piuttosto che uno trasandato, eppure non avrebbe
mai
voluto che a loro piacesse tanto Vergil. Stava disperatamente cercando
di dimenticarlo, l'ultima cosa che voleva era sentirne parlare
a
tradimento.
-E il gemello?-
-Dante è l'opposto, un tipo sportivo ed estroverso,
che non
bada molto alle formalità. Molto più simpatico
del
fratello.-
-Non ne parli mai bene dell'altro.-
-Ho detto che è elegante, non è un complimento?-
-Sì, ma come mai ti sta antipatico?-
-Non ho mai detto che...- Era inutile tentare di ribattere, ai suoi
genitori non sfuggiva mai niente. -Vergil è presuntuoso, e
non
sopporto le persone che si danno tante arie.-
-Solo questo?-
Sveva aprì la bocca per rispondere, ma non le
uscì un
suono. Richiuse le labbra, concentrandosi sul piatto di pesce, che non
stava assaporando a dovere. -Che altro dovrebbe esserci?-
Non vide i suoi genitori scambiarsi un'occhiata d'intesa. Per loro era
chiaro che la figlia si fosse presa una cotta non corrisposta.
Eva sistemò l'aderente tubino, che le fasciava ogni curva
del
corpo in modo aggrazziato e sobrio. Guardò suo figlio
abbandonare il volante e prendere la giacca dal sedile posteriore. Era
impeccabile nel suo completo nero con la camicia bianca, perfettamente
tesa sul torace ampio. I capelli tirati all'indietro lasciavano libera
la fronte alta e i maginifici occhi azzurri. La mamma gli sorrise, con
il cuore pieno di orgoglio e tenerezza, proprio come quando era solo
una bambinetto balbettante.
-Sei davvero bellissimo questa sera, farai strage di cuori.-
Vergil accettò con garbo il complimento, evitando di
aggiungere che lui faceva sempre
strage di cuori. -Tutti gli sguardi saranno per te, stasera. Nessuna
donna potrà mai competere con te.-
Si chinò per darle un bacio sulla guancia, e offrile il
braccio
per la lunga passeggiata che li aspettava. Sua madre era l'unica
persona cui si lasciava andare, senza timore di dimostrare il proprio
affetto.
-Sono felice di trascorrere questa serata con te.-
-Senza mio fratello tra i piedi.- Non fece in tempo a mordersi la
lingua, a lei dispiaceva sentirlo parlare in quel modo di Dante, ma lui
non risuciva a trattenersi.
-Io e Dante abbiamo parlato un po'...Vorrei che anche tu ti sentissi
libero di confidarti con me.-
-Non c'è niente di cui discutere. Siamo in un posto molto
suggestivo e io mi sto godendo queste agognate vacanze.-
La donna avrebbe voluto ribattere, ma furono distratti dall'ingresso
nel ristorante. Fortunatamente avevano prenotato in tempo,
così
poterono accomodarsi a uno dei tavoli migliori, proprio vicino al
panorama.
Vergil sorrise, sua madre aveva un gusto impagabile nello scegliere i
locali. Congedò il cameriere e scostò la sedia di
Eva,
poi prese posto anche lui.
-Che cavaliere, le ragazze agli altri tavoli moriranno d'invidia per la
tua vecchia madre!-
-Non sei affatto vecchia, e credo che un paio di signori si siano
già concessi qualche sguardo di troppo.-
-Non sfidarli a duello prima di cena!-
L'unica risposta dell'albino fu una risata bassa e beffarda. Si
scostò appena per ricevere un menù dal cameriere.
Notò che sua madre non prestava tanta attenzione ai piatti,
quanto alla gente che aveva intorno.
-Sai, io e tuo padre frequentavamo spesso posti come questo. Erano
delle serate perfette.-
Lui rimase in silenzio, l'assenza di suo padre rimaneva sempre un
dolore inespresso.
-Guardavo le coppiette agli altri tavoli, ci sono molti giovani. Mi
piacerebbe che anche tu avessi una ragazza da invitare, invece di
badare a me.-
-Io mi prenderò sempre cura di te. E riguardo alle
ragazze...-
Vergil distolse lo sguardo, non aveva mai desiderato tanto romanticismo
con le tante donne che aveva già frequentato. Si
innervosì, pensando che in quei giorni i suoi pensieri erano
rivolti a una sola persona. Gli sembrò quasi di vederla a
una
tavolo lontano. Scosse appena la testa, iniziava anche ad avere le
allucinazioni adesso? Il suo unico problema era che l'aveva sempre
accanto. Stesso albergo, stesso lido, stessi posti. Ma quella sera si
sarebbe liberato della sua presenza scomoda, non sarebbe rimasto
soggiogato da quel fantasma. -Non ho ancora incontrato nessuna
all'altezza...-
-Non dovresti pensare per standard, non sempre ci si innamora del
proprio tipo ideale. Dovresti conoscerla e vedere se i tuoi pensieri
tornano a lei. .-
All'ultima frase, lui quasi si strozzò con una mollica di
pane aromatizzato.
Eva sorrise, il figlio evitava di risponderle, ma lei sapeva benissimo
che qualcuna già occupava la sua mente.
-Ho dimenticato di lavarmi le mani. Torno subito.- Malgrado il suo
perfetto autocontrollo Vergil aveva bisogno di sfuggire allo sguardo
materno per qualche secondo.
Percorse la terrazza a occhi bassi, senza guardare nessuno negli occhi.
Il bagno era vuoto, e lui si guardò allo specchio. Il
riflesso
di un uomo risoluto e privo di insicurezze gli trasmise più
forza. Aggiustò una ciocca di capelli che tendeva a
ricadergli
al lato della fronte e si lavò le mani, il contatto con
l'acqua
gelida lo rasserenò. Non c'era motivo di irritarsi. Quella
sera
non avrebbe pensato a lei. Non si sarebbe chiesto dove fosse con quel
suo vestitino vaporoso, non avrebbe maledetto chiunque l'avesse
invitata a cena.
No, lui quella sera avrebbe pensato solo a far divertire sua madre.
Sveva, almeno per quella sera, non esisteva.
Uscì dal bagno pronto a godersi una cena sontuosa e senza
pensieri.
Una nuvola azzurra. Proprio oltre l'angolo, sparì in fretta
come era arrivata.
Vergil provò una brutta sensazione, ma decise di non darvi
peso.
Continuò a camminare verso la terrazza, quando
sentì una voce femminile, proprio dietro davanti a lui.
-Sveva, quello non è il tuo amico?-
Si voltò in direzione di quella voce.
No, non era possibile.
Non quella sera.
La sua serata di libertà.
Ma lo stava perseguitando?
Si costrinse a rilassarsi, quella paranoia non era da lui.
Abbassò lo sguardo verso un tavolo accanto alla balconata,
in
prima fila su quel panorama scintillante, ma discosto dal centro della
sala.
Era proprio lei.
La sua espressione stupita lo colpì. Afferrò la
sua
immagine, ancor prima di rendersene conto. Se ne stava lì
seduta, schiena dritta e testa alta, con un portamento
insolitamente fiero. Le sue labbra carnose erano socchiuse in
quell'espressione di perfetto stupore, che non aveva dubbi si potesse
leggere anche sul suo stesso volto.
Era indubbio che ormai l'avesse vista. Doveva avvicinarsi a salutarla.
Stava per muovere un passo quando la vide chinare appena la testa, in
un gesto di saluto degno di una dama del milleottocento. Quando voleva,
anche lei riusciva a essere dannatamente altezzosa.
-Buonasera.-
-Anche tu qui?- rispose lei, con un tono più scontroso di
quanto
avrebbe voluto. Vide le sopracciglia di lui aggrottarsi, e anche i suoi
genitori si scambiarono uno sguardo perplesso. -Volevo dire che
è davvero una sorpresa!-
-Sì, lo è anche per me.- Pensavo fossi uscita con uno
spasimante e invece sei al sicuro, da mani altrui, con i tuoi genitori.
-Tu devi essere Vergil!- La voce profonda del padre della
ragazza lo colpì. Come era riuscito a capire quale era dei
due
gemelli, se in albergo si erano a stento presentati?
-Sì, è lui.-
-Sì, sono io- risposero all'unisono Sveva e il ragazzo.
-Mia figlia ci aveva detto che sei un ragazzo molto elegante.-
Vergil increspò le labbra in un sorriso compiaciuto, mentre
osservava il colore sparire dalle guance della ragazza.
-Grazie, signore.-
-Sei in compagnia?- chiese Sveva, cercando di distrarre suo padre, in
modo che non facesse altre osservazioni imbarazzanti. Cercò
di
guardare negli occhi Vergil, leggeva un certo divertimento nel suo
sguardo azzurro cupo. Poi un ombra.
Avevo pensato la stessa
cosa di te. -Sì, sono con mia madre.-
-Oh, Dante non c'è?- chiese ancora lei, fingendo un'
espressione
dispiaciuta. Vide con soddisfazione delle minuscole rughette formarsi
agli angoli della bocca perfetta dell'albino.
-No, non sa apprezzare i locali con un certo fascino. Adesso scusate,
ma devo tornare al tavolo, è stato un piacere incontrarvi.-
Sveva si sentì accarezzare da quello sguardo di ghiaccio, un
brivido le corse lungo la schiena e, per la prima volta, avrebbe
giurato che a Vergil fosse piaciuto quello che aveva visto. I suoi
genitori lo salutarono educatamente e lui si allontanò
subito.
Lei notò delle ragazze osservarlo con attenzione, quasi
spogliarlo con gli occhi, mentre lui passava incurante di tutto.
Il risotto si stava facendo attendere, quindi lei non aveva nulla con
cui distrarsi da quell'incontro inaspettato. Sentiva il cuore batterle
più veloce nel petto, e bevve ancora un sorso di vino per
calmare i nervi.
Aveva promesso di dimenticare quel ragazzo, eppure ogni volta che lei
tentava di farlo lui era lì, proprio davanti a lei.
-Sembra proprio un bravo ragazzo, certo un po' freddo.-
-Molto attraente, nonostante l'albinismo.-
Ecco, l'ultima cosa di cui aveva bisogno erano i commenti di sua madre
e suo padre. Ovviamente erano entrambi affascinati da Vergil, non
importava se lui la trattava come una nullità.
I suoi genitori si scambiarono un' altra occhiata. La cotta della
figlia era corrisposta, ma lei non l'aveva ancora capito.
-Tutto bene?-
-Sì, mamma. Ho incontrato...una persona.-
Eva vide suo figlio stranamente sorridente. Le sue labbra erano
increspate in un sorriso sardonico e soddisfatto. I suoi occhi
scintillavano, pur essendo di un azzurro cupo.
-Qualcuno di speciale?-
-No- rispose lui, troppo velocemente. -Mangiamo?-
La donna sorrise, alzando il calice in un silenzioso brindisi e poi
iniziando a gustare i deliziosi e abbondanti antipasti. Quell'estate in
Italia le avrebbe certamente rovinato la linea, ma per il palato ne
sarebbe valsa la pena.
Il resto della cena trascorse tranquillamente, lei e Vergil
assaporarono ogni piatto, accompagnandolo con qualche commento
sull'arte in Europa, o su vecchi ricordi.
Nessuna portata fu rovinata da argomenti come l'amore, così
suo figlio avrebbe evitato di strozzarsi di nuovo.
Diedero un ultimo sguardo al panorama, dispiaciuti di lasciare quella
posizione privilegiata. Eva recuperò una macchina
fotografica
dalla borsetta, e chiese a un cameriere di scattarle una foto insieme
al figlio.
Vergil gustò quegli istanti di perfetta serenità,
senza suo fratello tra i piedi. Avrebbe voluto prolungare il piacere di
quella serata.
-Perché non ci sediamo un po' in piazza, ho bisogno di un
caffè.- propose a sua madre.
-Mi sembra una splendida idea! Mi piace così tanto questo
paese antico.-
Il ragazzo si voltò, stavano per uscire dal portone della
villa
quando la rivide. Una nuvola di stoffa azzurra, che aleggiava intorno a
un corpo sinuoso.
-Vergil, quella non è la famiglia della vostra amica. Come
si chiama? Ricordo solo che il suo nome somigliava al mio...-
-Sveva.-
Lei, come sentendosi chiamare si voltò. Una ciocca di
capelli,
lasciata libera dallo chignon, le ondeggiò davanti agli
occhi
verdi.
Eva salutò i genitori della ragazza, e si
trattennerò qualche minuto scambiandosi le solite
formalità.
-Non è una serata magnifica?-
-Sì, noi stavamo giusto pensando di continuarla al bar in
piazza.-
-Davvero, ma che coincidenza. Anche noi!- rispose Eva. Sentì
Vergil irrigidirsi accanto a sè. Lui già aveva
intuito
cosa stava per dire -Perchè non andiamo insieme?-
-Ma certo, ci farebbe piacere. Così i ragazzi si faranno
compagnia- rincarò la dose il padre di Sveva
Lei e Vergil stavano immobili e zitti l'uno accanto all'altra. Le loro
mani quasi si sfioravano. Sveva si impedì di tremare, scossa
da
quel contatto. Lui, si voltò a scrutarla, cercando di capire
cosa stesse provando.
-Dobbiamo fare ancora molta strada, ma è salutare per la
digestione- rise Eva. Iniziando a scendere qualche gradino, il suo
passo si manteneva agile nonostante i tacchi alti.
-Perchè non mandiamo avanti i più giovani,
così ci
riserveranno un tavolo al bar. C'è un concerto nella villa
accanto, rischiamo di non trovare posto.-
Sveva si sentì come quando, alle elementari, i compagni
spingevano una bambina tra le braccia del bambino che le piaceva e che
stava passando lì vicino, in modo che cadessero l'uno
addosso
all'altra, abbracciati.
Si sentì spingere tra le braccia di Vergil e odiò
quella sensazione.
D'impulso guardò quelle braccia, la giacca conteneva a
stento i
muscoli possenti, mentre sottolineava splendidamente le spalle ampie.
Stava per sospirare come una sciocca ragazzina. Maledizione.
Avrebbe voluto protestare. L'ultima volta che era rimasta sola con
Vergil, tranne per quei pochi secondi davanti l'ascensore, avevano
litigato furiosamente. Ma, con sua enorme sorpresa, lui fu
più
rapido nel rispondere.
-Certo, andiamo avanti noi.-
Lei avrebbe voluto voltarsi di scatto e chiedergli che diamine stesse
dicendo, invece rimase impietrita, mentre sentiva un braccio di Vergil
circondarle le spalle e spingerla per farla avanzare lungo la ripida
stradina.
Mosse qualche passo in silenzio. Sentiva un inteso calore lungo la
schiena e sulla spalla destra, dove Vergil continuava a tenere la mano.
Sembrava che quel contatto la stesse bruciando. Cercò di
dare la
colpa al vino, ma non in realtà sapeva che era colpa
dell'albino.
Lui sapeva di averla gettata nello smarrimento più totale.
Aveva
voluto la guerra? Ed era esattamente ciò che avrebbe avuto.
Si considerava un ottimo stratega, ma quando poteva amava essere il
primo a sferrare l'attacco.
Lei era inaspettatamente bellissima quella sera, e lui era finalmente
conscio di essere stato tormentato da una folle gelosia, fin quando non
l'aveva scorta al tavolo con i suoi genitori.
Lei lo detestava? E allora sarebbe stata costretta a passare la
prossima ora in sua compagnia. Lui l'avrebbe controllata, e l'avrebbe
trattata come il meraviglioso giocattolino che era, lo erano tutte.
-Posso sapere cosa ti ha preso?- esclamò la ragazza,
cercando di
liberarsi da quell'abbraccio, che stava diventando sempre
più
stretto, quasi possessivo.
-Non so di cosa tu stia parlando.-
-Dei nostri genitori, non avresti dovuto accettare quest' idea assurda.-
-Avresti potuto rifiutare, invece di rimanere zitta- osservò
lui, con il tono di voce più piatto che gli
riuscì di
tenere.
Una coppia di vecchietti saliva la strada in direzione contraria, li
vedero sorridergli con ammirazione. Dovevano sembrargli una coppietta
innamorata, pensò la ragazza, sempre più
allarmata.
Avrebbe voluto dire a Vergil di togliere quel braccio dalle sue spalle,
soprattutto perché iniziava a stritolarla, ma non ne aveva
il
coraggio. Era come se una parte del suo corpo rifiutasse di staccarsi
da lui. Traditore.
-Se ti dispiace così tanto stare in mia
compagnia
perché non mi chiedi di togliere il braccio?-
Sussurrò
lui, ma nello stesso istante spogliò con gli occhi una
straniera
che passava.
Sveva iniziò a vederci rosso. Avrebbe volentieri fatto lo
sgambetto a quella brasiliana sculettante, ma nascere bella non era una
peccato, crescere stronzo invece sì.
-Ahia!- Vergil non riuscì a soffocare un' imprecazione.
-Se ti sto così vicina posso colpirti meglio.-
sussurrò lei, dopo avergli pestato un piede col tacco a
spillo.
Lui tolse il braccio e lei si sentì improvvisamente
più
leggera...ma tutto il calore svanì di colpo. Si strinse
nello
scialle e si allontanò da lui. La stradina era troppo
stretta
per mettere tra loro una distanza siginificativa, l'unica cosa che
potè fare fu mettersi dal lato opposto, appoggiando una mano
sul
muro di pietra e girandosi a guardare Vergil, con aria di sfida, eppure
guardinga.
Eccolo, pensò l'albino. Quel lampo verde che aveva
tormentato i suoi sogni come un fulmine improvviso.
Finalmente era la resa dei conti.
Si concesse un lungo sguardo, dai sandali argentati salì
verso
le gambe, indovinò la linea dei fianchi, malcelati
dall'abitino
azzurro, e salì ancora verso la scollatura, le spalle e quel
viso adirato.
-Hai finito di squadrarmi come se fossi una delle stupide che si...-
-Che si... Che cosa, Sveva? Che si innamorano di me?-
Si avvicinò, sempre di più. Poteva incombere su
di lei,
sfruttando la sua altezza, lei era così piccola, e tremante,
in
quel momento. La vide mentre cercava di indietreggiare ma il tacco del
suo sandalo sfiorò il muro. Era in trappola.
Seguì il suo sguardo, oltre la strada, cercando di avanzare
ma,
lui fu più rapido e appoggiò le mani sul muro,
circondandola. Si piegò appena, in modo che i loro visi
fossero
vicini.
Poteva sentire il suo respiro accelerato, quegli occhi verdi lo stavano
trafiggendo senza pietà, e lui li sentiva nei propri occhi,
come
se potessero penetrargli nel corpo.
Lei era così fiera, quella sera, così bella in
quel suo
vaporoso vestito azzurro. Il suo sguardo si abbassò verso le
labbra, lucide e carnose...
-Vattene- rispose lei, sottovoce, minacciosa.
-Altrimenti cosa farai?-
Non si trattenne, alzò una mano pronta a colpirlo in pieno
viso,
ma anche quella volta lui fu più veloce. Afferrò
i suoi
polsi e li portò dietro la schiena.
-Lasciami-
-Sta calma- rispose lui, beffardo, continuando a fissare la sua bocca.
-Non osare dirmi quello che devo fare.-
-Sei letteralmente imprigionata tra me e il muro, credo di essere in
vantaggio nella nostra piccola guerra personale.-
-Che vuoi un premio?- disse lei dimenandosi, per liberarsi, ma
ottenendo solo una stretta maggiore.
-Potrebbe essere una buona idea.-
A quel punto le mancò completamente il fiato. Il viso di
Vergil,
mortalmente serio, era troppo vicino al suo per equivocare le sue
intenzioni. Non era possibile, lei non gli piaceva, la considerava un'
insulsa ragazzina, appena passabile. Allora perché la stava
guardando in quel modo?
-Puoi scordartelo- sibilò, senza riuscire a pronunciare
qualla frase con la giusta convinzione.
-Non ho bisogno che tu collabori, sono abituato a prendermi da solo
ciò che voglio.-
La frase successiva fu inghiottita da un bacio rabbioso, le labbra di
Vergil si serrarono su quelle della ragazza, come se fossero una sua
proprietà.
Sveva fu sopraffatta da quelle sensazioni improvvise, tremò
a
quel contatto così intimo, e in un primo momento si
ritrovò a rispondere a quella inattesa passione.
Vergil le liberò i polsi, lasciando che un braccio la
stringesse
per la vita, mentre l'altro le accarezzava il collo, lasciato libero
dai capelli alzati sopra la nuca.
La ragazza posò le mani sulle braccia di Vergil, come se
avesse voluto tenerlo stretto e non lasciarlo andare, ma alla fine si
rese conto dell'assurdità di quella
situazione e lo spinse via. Il suo corpo non ci mise la forza
necessaria e lui non si mosse, riprovò ad allontanarlo,
stringendo i pugni e colpendolo sul torace. Ma lo
sentì ridere, contro la sua bocca.
-Che stai cercando di fare?-
-Lasciami!-
-Acconsento solo perché sono un gentiluomo.- Non si
staccò subito, la afferrò ancora, un ultima
volta. Un bacio più veloce, più dolce, malizioso.
-Tu sei...odioso.-
Sveva voltò il viso, ritrovandosi improvvisamente libera da
quell'abbraccio. Si dimenticò di prenderlo a schiaffi, per
ora
sentiva solo la sua presenza incombente, tanto vicina da soffocarla.
Doveva andarsene e alla svelta. Iniziò a camminare, dapprima
lentamente, poi sempre più veloce, come se stesse fuggendo
da un
qualche pericolo.
Lo sentì ridere ancora, alle sue spalle. -Dove pensi di
andare?-
Lontano da te,
avrebbe voluto
gridargli, ma le mancò il fiato. Sentiva ancora le labbra
pizzicarle per i baci. Avrebbe voluto dimenticare quella sensazione
inebriante e, allo stesso tempo, preservarla in un angolo della sua
memoria per sempre, perché sapeva che non sarebbe
più
accaduto.
Vergil si stava solo prendendo gioco di lei.
La stava facendo impazzire.
Appena si convinse di averlo distanziato abbastanza, a lui bastarono
poche falcate per raggiungerla. Le fu di nuovo addosso, afferrandola
per un braccio.
Era ancora una volta troppo vicino.
-Allora, ti arrendi?-
-Per arrendermi dovremmo stare giocando o lottando...-
-E io sto vincendo.-
-Tu non potrai mai vincere, perché giochi da solo.-
-Non mi sembra di essere solo- Le loro labbra erano di nuovo
vicinissime, ma non si sfioravano neppure.
La strada si stava allargando, i rumori si intensificavano e c'era
sempre più gente intorno a loro. Ormai erano vicini alla
piazza.
Rapido, come si era avvicinato, Vergil arretrò, cedendole il
passo.
-Sbrighiamoci, altrimenti i tuoi genitori e mia madre ci troveranno
ancora qui.-
Sveva era senza fiato, si erano appena baciati, lei gli aveva appena
detto di detestarlo...e lui pensava ai genitori?
Una parte di lei avrebbe voluto prenderlo a pugni in pieno petto, e lui
lo capì benissimo dalla sua espressione bellicosa. Ma il
resto
della sua mente si lasciò invadere da una strana calma.
Il viso dell'albino era una maschera di ghiaccio, un mezzo sorriso
sulle labbra, gli occhi con un luccichio divertito, i capelli perfetti.
Sveva non voleva essere da meno. Non voleva dimostrargli quando la
stesse facendo ammattire. Alzò il mento, come dandosi delle
arie
da gran signora e si voltò, precedendolo per la strada.
Lui stava solo giocando, lei non significava niente. Benissimo, anche
lui sarebbe stato insignificante per lei, un misero insetto fastidioso,
come una zanzara che si cerca di scacciare prima che ti succhi il
sangue.
Il fatto che lui fosse anche bellissimo e magnetico era solo uno
svantaggio.
La ragazza badò a mettere quattro o cinque passi di distanza
tra
di loro, in modo che non sembrasse neanche che stessero insieme.
Sorrise in modo vistoso a un giovane straniero che passava, lui
ricambiò il sorriso e si girò a guardarla, quando
lei lo
superò. Sveva sentì Vergil emettere uno strano
verso.
-La tua strategia è fare la smorfiosa con tutti passanti?-
sentì sibilare lei, al suo orecchio.
-Non so di cosa tu stia parlando- rispose lei, con tono innocente.
-Stai attenta a quello che fai.-
-Non sia mai che io turbi il tuo povero animo sensibile!-
Lo sentì ridere. Girò appena il viso, per
guardarlo da
sopra la spalla. Non lo aveva mai visto con quell'espressione. I suoi
occhi azzurri scintillavano e le sue labbra erano socchiuse. Era bello
da togliere il fiato, accidenti a lui.
-Se continui a guardare me finirai per inciampare.-
-Vuoi dire che tu non mi prenderesti tra le braccia, come un bravo
cavaliere, prima che io mi sfracelli al suolo?-
-Assolutamente no,- rispose lui, indifferente.
-Tuo fratello mi aiuterebbe.-
Aveva fatto centro. Gli occhi di lui si incupirono all'istante e la
voce perse quella tonalità leggera.
-Per lui sarebbe solo un' occasione per metterti le mani addosso.-
-Come hai fatto tu stasera?- Sveva tremò, mentre diceva
quelle parole. Stava giocando col fuoco.
Sentì di nuovo quel braccio forte lungo la vita, lui si
avvicinò al suo viso e le sussurrò, piano -Hai
mai
provato queste cose con lui?-
No, avrebbe
risposto, se fosse stata spontanea. -Cosa: irritazione e fastidio?-
Vergil sorrise, mentre spostava la mano sulla testa bionda della
ragazza e le dava un bacio al lato della fronte. -Piccola bugiarda.-
-Ti assicuro che sto dicendo la verità.-
Ormai erano arrivati al bar e, contrariamente a quanto sostenuto dai
loro genitori, c'erano molti tavoli liberi. Non lo dissero ad alta
voce, ma entrambi avevano il sospetto che prendere il posto fosse solo
un pretesto per lasciarli soli.
Vergil scostò la sedia per farla accomodare. Sveva rimase
sbalordita, non si era ancora abituata a tante buone maniere.
-Faresti meglio a darti una sistemata- disse lui mentre si sedeva di
fronte a lei.
La ragazza si sentì avvampare. Che cosa aveva che non
andava?
Possibile che lui trovasse sempre qualcosa da ridire. Capì
dalla
direzione dello sguardo dell'albino che il problema erano i capelli. Si
toccò la testa, effettivamente lo chignon era sceso, e la
sua
pettinatura era un disastro. Colpa del modo in cui lui l'aveva
afferrata. Sentì di nuovo le sue guance imporporarsi. Odiava
sentirsi così piccola e intimidita, davanti a quello sguardo
arrogante.
-Mi allontano un attimo- commentò con falsa cortesia.
Lasciò la stola sulla sedia, approfittando del vestito
scollato
sulla schiena. Afferrò un paio di forcine e le
tirò
giù, erano gli unici appigli che avevano i suoi capelli per
rimanere alzati. Una cascata color oro precipitò sulle
spalle e
sulla schiena nuda. Avrebbe voluto girarsi per guardare la reazione di
Vergil, ma avrebbe smentito il comportamento non curante che stava
tentando di tenere.
L'albino intercettò degli sguardi di invida da parte di
altri
uomini. Era evidente che credevano che Sveva fosse la sua fidanzata, e
lui glielo lasciò credere. Notò subito come molte
teste
si erano voltante, quando la ragazza era passata sotto i faretti del
bar, quella luce improvvisa rivelava ancor di più la
sottoveste
aderente che c'era sotto l'abito vaporoso. Serrò le labbra,
pensando a come l'aveva stretta a sè solo pochi minuti
prima. Su
una cosa Sveva aveva avuto ragione, lui l'aveva sottovalutata.
Quando lei tornò dal bagno gli fu evidente che, oltre a
sistemarsi i capelli, si era anche rifatta il trucco. Lo
sguardo
era più definito e le sue labbra scintillavano in modo
provocante, per effetto di un qualche gloss.
-Fatica sprecata, tesoro mio.-
-Puoi chiamare "Tesoro" qualcuna delle tue fan, non me. E io non sono
tua, per niente.-
-Quel lucidalabbra rimane comunque fatica sprecata-
sottolineò
lui, pigramente. -Basteranno cinque minuti e non lo avrai
più.-
Lei sentì un brivido scorrerle lungo la schiena. Era solo la
sua
immaginazione o lui stava di nuovo fissando la sua bocca?
-Stai tranquilla, ho solo ordinato un sorbetto al limone. Non ho
intenzione di baciarti di nuovo.- La sentì sospirare di
sollievo,
e la cosa lo irritò.
-Nessuna si è mai lamentata dei miei baci.-
-Forse perché li volevano. Io non condividevo questo
desiderio.-
-Ah, no?-
Sveva abbassò lo guardo, ma in quel preciso istante
capì
di aver fatto la mossa sbagliata. Anche senza guardarlo sapeva che lui
aveva un' espressione esultante. -Hai l'abitudine di saltare addosso a
chiunque?-
-Mi stai di nuovo confondendo con Dante, tesoro.-
-Ti ho detto di non chiamar...-
-Ciao ragazzi!- I loro genitori stavano arrivando senza fretta, dai
loro volti sorridenti era evidente che si trovavano simpatici e che
stavano trascorrendo una serata piacevole. A Sveva sembrò
trascorso un secolo dalla tranquilla cena al ristorante, in
realtà non era passata neanche mezz'ora.
-Sveva che è successo ai tuoi capelli?- chiese la madre
-Ho perso un paio di forcine- mentì lei
-Va bene, in fondo ti stanno meglio i capelli sciolti.-
-Si sta davvero bene- commentò Eva, guardandola dolcemente e
poi
posando lo sguardo su suo figlio, come a chiedergli la sua opinione al
riguardo. Vergil evitò quello sguardò,
intercettanto,
invece, un cameriere per le ordinazioni degli adulti.
-Noi abbiamo già preso un caffè e un sorbetto al
limone-
-Pensavo avessi preso un sorbetto anche tu...- commentò
Sveva, senza pensarci.
-No, preferivo prendere qualcosa che mi svegliasse. La strada per
tornare è lunga e piena di curve.-
-E perchè a me hai preso il sorbetto al limone?-
-Hai ragione, avrei dovuto prendere qualcosa per addolcirti. Sei
già aspra di tuo- commentò col sorriso sulle
labbra,
senza farsi sentire dai genitori.
-Che gentile, così mi fai arrossire!-
-Credo di averlo fatto parecchie volte oggi.-
E lei arrossì di nuovo. Lo detestò, di nuovo.
Il resto del tempo i genitori della ragazza si fecero ammaliare dell'
educazione impeccabile di Vergil, lui stava facendo del suo meglio per
affascinarli. Sedeva ritto sulla sedia, il tono di voce nè
troppo, nè troppo basso, usava solo parole gentili e termini
appropriati. Sveva trascorse l'ora successiva a essere arrabbiata con
lui. Ogni tanto si punzecchiavano, ma facendo in modo che sembrasse un
normale scambio di battute tra due grandi amici. Eva non parlava molto,
ogni tanto scattava qualche foto e sorrideva felice, come se stesse
assistendo a una scena diversa
dagli altri. Prestava molta attenzione ai modi della ragazza, al modo
in cui lei guardava suo figlio, e suo figlio guardava lei.
Dall'espressione serena che le aleggiava sul viso sembrava approvare
quello che vedeva.
Angolo di Bry:
ed eccoci qui, con un
nuovo capitolo.
Ringrazio chiunque
abbia letto, seguito, commentato la storia o l'abbia aggiunta negli
elenchi di interesse.
E niente, questo
è il mio capitolo preferito. Spero sia piaciuto anche a voi
:D
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Capitolo 27 *** Attenti a non scottarvi. ***
La cittadina sul mare ferveva di attività. Sul molo, poco
lontano dalla spiaggia, una grande squadra di operai si dava
rumorosamente da fare per montare un enorme palco, sormontato da fari e
casse per il concerto più grande che si fosse mai visto da
quelle parti. Anche nelle vie circostanti era tutto un prepararsi per
la notte
bianca. Le luminarie venivano montate, affiancate da altoparlanti e
festoni. Malgrado mancassero ancora parecchi giorni alla festa,
sorgevano
perfino negozi ambulanti, pronti a far fare grandi affari ai clienti
più fortunati.
Eppure, tra la sabbia bollente e le onde gelide, nessuno si accorgeva
di quell' attività insolita. I bagnanti non facevano caso
che a
se stessi: le madri guardavano i figli piccoli lungo la riva, gli
anziani leggevano vecchi romanzi e i più giovani
amoreggiavano.
I gemelli Sparda scesero presto sul lido e non aspettarono molto prima
di spogliarsi, rivelando i loro fisici perfetti a tutti gli adoranti
sguardi femminili.
Federica si avvicinò subito a Dante, per far capire alle
comitive di bikini striminziti che il pollo era già stato
preso
e adeguatamente cotto.
-Ciao, amore!- disse, buttandogli subito le braccia al collo e
baciandolo senza ritegno.
Dante si staccò rosso in volto e molto allarmato. -E se ci
vedono i tuoi?-
-Tranquillo, sono fuori con i genitori di Sveva.-
-Anche nostra madre è andata con loro- li informò
Vergil,
che non tentò nemmeno di salutare la ragazza, considerandola
una
stupida traditrice, quindi non degna di attenzione.
-Ah, quindi siamo solo noi quattro, fantastico!-
-Ma la quarta dove è?- chiese Dante.
-Cercavate me?-
Sveva fece capolino dalla fila di ombrelloni più indietro,
sorridente come non mai.
-Tu devi assolutamente dirmi dove hai comprato quel costume!- Federica
indicò con invidia l'attillato trikini nero, in cui si era
fasciata l'amica. Una fila di perline colorate vivacizzava il
decoltè, ondeggiando a ogni movimento. -E devi dirmi pure
dove
hai trovato il coraggio di mettertelo! Che è successo alla
mia santarellina?-
-Secondo me sta tentando di fare colpo su qualcuno- suggerì
Vergil, che aveva tentato di non osservarla per più di
qualche
secondo. Cosa maledettamente difficile.
-No, per niente. Ho già attratto troppe attenzioni
indesiderate,
ultimamente.- Sveva sorrise a Vergil, serafica. L'albino non mosse un
muscolo, eppure qualcosa nel suo viso le suggeriva che si stava
preparando alla guerra. Peggio per lui, era stato proprio lui a dare
inizio alle ostilità, con un bacio.
-Qualche altro scocciatore?- chiese Dante, scattando verso l'amica,
pronta a difenderla.
-Sì, non ne hai idea- ammise.
-Non mi hai detto niente!- la accusò Federica.
-Non ne ho avuto il tempo, è successo da poco.-
Vergil alzò un sopracciglio, chiedendosi dove volesse
arrivare quella strega dai capelli biondi.
-Comunque non è che ci sia molto da dire, in
realtà si potrebbe anche ignorare.-
-Non fare la stupida, parla!- La pregarono Dante e Federica.
Sveva si voltò distrattamente verso Vergil, lo guardava
negli
occhi ma parlava in modo assolutamente non curante, come se stesse
discutendo di uno sconosciuto.
-Il peggior bacio della mia vita!- Con sua estrema soddisfazione la
mascella di Vergil si contrasse, anche se il resto del viso sembrava
una maschera di ghiaccio. Gli altri due amici schizzarono in avanti,
pronti a sentire il resto della storia.
-Che ha fatto?-
-Mi ha intrappolata contro un muro.-
-Che bastardo!- esplose Dante, con un'improvvisa voglia di menare
qualcuno.
-Sei piuttosto tranquilla, per una che è stata appena
aggredita- osservò Vergil.
-Oh, non sono stata "aggredita", eravamo comunque in mezzo alla gente.
E solo che lui è stato così...- Sveva fece
attenzione a
guardarlo dritto negli occhi, assicurandosi di essere ben interpretata.
-basso, meschino e sgradevole.-
Federica stava scrutando l'amica, e iniziava a capire che qualcosa non
andava nel verso giusto, ma preferì non fare commenti,
aspettando che finisse il racconto.
-Certo mi fa un po'...pena- Sveva era sempre più convinta di
stare giocando col fuoco, eppure quella sensazione la esaltava.
-Evidentemente non aveva altro modo per dare un bacio a una ragazza.-
-Dimmi chi è e lo ammazzo.- disse Dante.
-Lo faresti con molto piacere, te l'assicuro.-
-Allora chi è?- insistette Federica, sempre più
curiosa.
Sveva emise un mugolio infastidito -Non ha importanza, te l'ho detto.
Un bacio da dimenticare,- cercò di non arrossire,
comprendendo
da sola i vari significati assunti da quella frase. Voleva sminuire le
avences di Vergil, farlo sentire insignificante come si era sentita
lei, eppure qualcosa nel suo cuore si ribellava, facendole capire che
la realtà era ben diversa. Doveva dimenticare quel bacio
perché, se ci avesse ripensato, avrebbe dovuto ammettere,
almeno
con se stessa, che stare tra le braccia di Vergil era stata la
sensazione più inebriante che avesse mai provato. -Non ho
più voglia di pensarci, anzi l'ho già rimosso.-
-Che prontezza!- esclamò Vergil, come se avesse appena
ritrovato
la parola. Le sopracciglia erano in alto, sopra gli occhi azzurri come
se fosse sorpreso, ma la bocca era stretta in un sorriso amaro,
contrariato.
-Se lo rivedessi voglio che me lo indichi, lo rimetto a posto io!-
-Grazie Dante, ma non c'è bisogno. Credo di averlo
già rimesso al suo posto.-
Federica non aggiunse altro, pronta a chiudere la questione, ma non
poteva fare a meno di notare gli sguardi che si scambiavano la sua
migliore amica e Vergil. C'era una tensione sotterranea tra di loro,
era qualcosa di quasi palpabile, un misto di attrazione e repulsione
che minacciava di scoppiare da un momento all'altro. Conosceva Sveva da
tantissimo tempo e sapeva quanto potesse essere dolce, eppure aveva
scoperto anche altri lati del suo carattere, più celati, che
si
svelavano raramente. La biondina, arrivata al limite della pazienza,
sapeva diventare sarcastica e crudele. Ma Vergil come avrebbe reagito?
-Andiamo a bere qualcosa? O magari ci prendiamo un gelato? Fa un caldo
che mi sto per sciogliere!- Federica si affrettò a proporre
un
diversivo, prima che la situazione esplodesse.
-Mi sembra un'ottima idea! Vada per il gelato.- rispose Dante,
felicemente ignaro di tutte le cupe sensazioni della fidanzata.
-E quando mai a te non va di mangiare! Muovetevi, voi due.-
-Uhm, non vorremmo essere di troppo...oggi siete più
coppietta del solito,- ridacchiò Sveva, guardandoli.
-Cosa, noi?- Dante stava massaggiando un braccio a Federica, mentre lei
era pigramente adagiata sul suo petto. Si tallonarono di colpo, come si
fossero scottati.
-Non è mica una cosa brutta!- protestò Sveva.
-Non siamo una coppietta! Cioè lo siamo ma...-
Vergil si alzò, vestendosi alla svelta. -Possiamo evitare di
riassumere il vostro status sentimentale e andare al bar?-
-Stranamente sono d'accordo con Mr so tutto io!- rispose Sveva, con
tono lamentoso, mentre si alzava, si infilava una gonna corta sopra il
costume e afferrava il
portafogli e il cellulare.
-Biondina, ti stai dimenticando un pezzo!-
Sveva si girò verso Vergil, con un'espressione confusa.
Lui mosse le mani lungo il busto. -La maglietta!-
-Non l'ho dimenticata, non la metto.-
-Cioè?- E stavolta fu Dante a strabuzzare gli occhi, mentre
Federica rideva.
-Il bar è a dieci passi da qui, non dobbiamo nemmeno
uscire dal lido. Io ho il costume addosso ed è pure un
trikini.
Sono perfettamente coperta!-
-Diciamo che "coperta" non è proprio l'espressione che
utilizzerei, ma dato che siamo in spiaggia non vedo perché
dovremmo essere coperte!-Le diede man forte l'amica, che
indossò
un copricostume a rete, che non nascondeva niente, ma che le dava la
possibilità di dire che aveva qualcosa addosso.
-E quella cos'è una rete per i pesci?-
-Ci manca solo la scenata di gelosia! Dante ma tu non avevi fame? -
-Sì, andiamo.- Ma tanto per chiarire la situazione,
passò
il braccio intorno alla vita di Federica e la strinse a sè.
Quel
segno di possesso avrebbe tenuto lontani gli altri maschi, mentre la
ragazza era perfettamente rilassata e non perdeva occasione per
prenderlo in giro.
I gemelli si offrirono di fare la fila e di ordinare da mangiare,
mentre le due italiane rimasero comodamente sedute al tavolo.
-Il fidanzatino è geloso!- scherzò Sveva, dando
una gomitata all'amica.
-Non ti ci mettere anche tu.-
-Ma dai che tra voi va benissimo: si vede lontano un miglio che siete
felici. La seratina romantica come è andata?-
-Alla grande, abbiamo mangiato una pizza e poi abbiamo fatto una
passeggiata. Ma non è tanto quello che facciamo,
è
più come mi fa sentire. Con lui è esattamente
come
dovrebbe essere: sono felice, rilassata, a mio agio e...ed è
pazzesco quello che provo quando si avvicina a me e...-
-Salta i particolari osceni!-
-Non ci sono particolari osceni,- protestò Federica, poco
convinta, soprattutto pensando alle numerose battute a luci rosse che
si erano involontariamente fatti uscire.
-Secondo me ci sono. Ricordati che so come eri vestita! Che poi
"vestita", tra virgolette...-
Federica le mollò uno spintone, ma Sveva riuscì a
restare
in equilibrio sulla sedia. Le frange piene di corallini, che
sottolineavano la scollatura, vibrarono scontrandosi le une con le
altre. -Parli tu, che oggi hai messo questo costume super sexy.-
-Ma quale super sexy? E' solo un po'...carino- Il viso di Sveva
diventò porpora, mentre lei incrociava le braccia sulla
scollatura, come per mostrare meno pelle. -Non eri tu a ripetermi che
devo fare meno la santarellina?-
-E tu mi stai ancora ad ascoltare?-
Le due ragazze scoppiarono a ridere, ma il buonumore non
tornò
subito, perché Federica doveva ancora scoprire la
verità.
-A che gioco stai giocando con Vergil?-
Sveva fu colta dal panico. Una cosa era prendere in giro l'albino,
tirando direttamente le stoccate, un'altra era confidare all'amica
tutte le proprie insicurezze, dubbi e insensatezze. Per una volta non
aveva voglia di parlare, per uno strano scherzo del destino fu proprio
Vergil a toglierla dall'impiccio, tornando con le bibite.-
La sosta al bar fu breve, e il ristoro ancora minore,
perché,
una volta tornati in spiaggia, il caldo li assalì con
più
forza di prima.
-Allora, andiamo a fare il bagno?-
Dante fu il primo ad accogliere l'invito.
-Sei sicuro? Insomma, noi abbiamo solo bevuto un succo di frutta, tu
hai mangiato.- Federica era preoccupata per lo stomaco di Dante, che
però sembrava non condividere la sua ansia.
-Soltanto un gelato!-
-Un magnum cioccolato e doppio caramello! Ci metterai una vita a
digerirlo.-
-A me sembra di aver ingerito solo briciole...Su, andiamo, mammina!-
Vergil fu l'unico a restare dov'era, dicendo di non avere ancora voglia
di buttarsi.
Sveva fu contenta di vedere Vergil defilarsi. Era convinta di averlo
almeno scalfito nell'orgoglio, ma tutta la sua convinzione
crollò quando risalì sulla spiaggia, dopo un
lungo bagno
rilassante.
Sarebbe rimasta ancora in acqua, ma voleva lasciare un po' di
intimità all'amica e al nuovo fidanzato. I due si
comportavano
come piccioncini innamorati, non se ne rendevano nemmeno conto ma, ogni
tanto, scendevano i quei comportamenti quasi melensi che odiavano
tanto. Lei non aveva alcuna voglia di farglielo notare, anzi, era
fermamente convinta che un po' di romanticismo facesse bene a tutti.
Saltellava sulla spiaggia cercando di raggiungere in fretta il proprio
lettino, quando si trovò di fronte a una rossa mezza nuda,
con del filo interdentale al posto del bikini,
avvinghiata a un tizio dal fisico statuario. Le davano le spalle, non
poteva vederli in viso, e non ci fece più di tanto, ma,
superandoli, si accorse che qualcosa non andava.
Lui aveva i capelli bianchi, ma era giovane.
Se Dante stava facendo il bagno con Federica, allora quello stritolato
dalla rossa era...
Non avrebbe dovuto esserne ferita, ma qualcosa nel suo cuore si
congelò all'istante. Sapeva benissimo quanto le ragazze
adorassero Vergil e quanto lui sapesse essere un grande seduttore, in
fondo lei non era che un'altra vittima...
La scena del loro bacio a Ravello le oscurò la visuale. Non
aveva significato niente.
Cercò di ripeterselo mentre, finalmente arrivata al lettino,
si
spalmava la crema protettiva. Era solo un caso che ancora guardasse
dalla parte dell'albino. Non lo stava spiando, non lo stava mentalmente
menomando mentre vedeva il suo braccio stringere il fianco sottile di
quella tizia dai capelli rosso fuoco. Però l'avrebbe fatto,
sì quelle braccia gliele avrebbe veramente mozzate,
stringevano
troppo forte, sapevano incollare una donna al suo torace perfetto,
farla aderire a punti a cui non aveva mai nemmeno pensato...
Si costrinse a voltarsi dall'altra parte, cercando freneticamente la
bottiglietta d'acqua che si era portata in spiaggia, la salivazione si
era
improvvisamente azzerata.
-Vicino a certe persone si sente subito più caldo.-
Sveva non riuscì a non fare un salto. -Tu che ci fai qui?-
-Il mio ombrellone è qui vicino, lo sai benissimo.-
-Sì, intendevo come mai avessi mollato la tua Ariel...-
Vergil le sorrise, in quel suo modo irresistibile, eppure il sorriso
non arrivava agli occhi, non era sincero -Si chiama Camille, e la stavo
salutando, stava tornando a casa...-
-Torna a casa alle 10 e mezza? Ah, si deve essere accorta di aver
dimenticato di vestirsi e stava tornando a casa a riprendere il
costume.-
-Veramente aveva un bikini magnifico. E poi ha un corpo da opera
d'arte-, precisò lui, con aria da rapace.
-Ti facevo un tipo più raffinato.-
-Sei invidiosa del suo corpo perfetto?-
-No, mi dispiace per te,Vergil. Pensavo che ti riservassi solo i
diamanti, e invece stringi con tanto ardore una più falsa di
un
fondo di bottiglia.Sei passato dalla bellezza esclusiva al campione di
prova, quello che toccano tutti...-
La biondina notò con somma soddisfazione il viso di Vergil
tornare la solita maschera neutra, il sorriso gli era scomparso dalla
faccia. Aveva colpito nel segno.
-Qui c'è poca varietà, mi accontento di quello
che capita, anche se è scadente.-
Il modo in cui la guardò fu tutt'altro che lusinghiero, ma
lei
cercò di non badarci. Lo aveva fatto giocare in difesa e
questo
era già una soddisfazione.
-Vero, avevi messo gli occhi su Federica, e adesso? Ah, sì.
Sta con tuo fratello.-
-Non è stato un mio errore, è lei che preferisce
la brutta copia.-
-Pensavo che riuscissi a ottenere tutto ciò che volessi...-
-Non hai ancora visto niente.-
Il tono con cui lo disse la fece gelare. Soltanto Vergil sapeva essere
ammaliatore e minaccioso allo stesso tempo. Soltanto per un momento lei
capì di stare giocando col fuoco e di essere pericolosamente
vicina a scottarsi.
-Che vuoi dire?- Sveva
guardò verso il mare. Federica e Dante stavano ancora
facendo il
bagno, si rincorrevano tra le onde sollevando migliaia di schizzi
scintillanti, sui loro volti si leggeva una felicità
irrefrenabile, concessa a pochi e terribilmente preziosa. -Se hai in
mente di danneggiare il rapporto tra tuo fratello e la mia amica, te lo
dico subito, togliitelo dalla testa.-
Vergil si
voltò verso di lei,
lentamente, con un'espressione di stupore troppo evidente per essere
sincera. -La gattina
adesso si crede una tigre. Interessante.-
-Smettila di fare il
cretino,-
ringhiò lei, guardandolo di traverso, mentre si spalmava
nervosamente la crema solare sulle braccia.
-Mostri gli artigli?
Andiamo, sei più carina quando fai le fusa.-
Sveva strinse una delle
assi del
lettino per trattenersi dal lanciarli qualcosa in faccia. Era sempre
stata una persona calma, praticamente serafica, ma Vergil aveva il dono
di farle perdere anche l'ultimo, misero, briciolo di pazienza. Faceva
uscire la parte più istintiva e selvaggia di lei, una parte
che
nemmeno sapeva di avere, che usciva fuori solo quando si sentiva
minacciata. E lui con quelle sue frasi falsamente lusinghiere era un
pericolo imminente, troppo vicino.
-Le "fusa" di certo non
vengo a
farle a te.- Rimase seduta ma si girò dall'altra parte, ma
non
guardare in viso il nemico fu il suo errore più grande.
L'albino
fu lesto ad alzarsi e superare la breve distanza che li separava.
Afferrò la boccetta di crema protettiva e si sedette alle
sue
spalle.
-Ti sei già
dimenticata dell'altra sera?- Le chiese con voce suadente, volutamente
ammaliante.
-Che diavolo fai?- Lei
tentò
di alzarsi, ma Vergil fu più veloce e le cinse la vita con
un
braccio, tenendola ferma davanti a sè. L'altra mano le
massaggiava la schiena, con gesti volutamente lenti, ma decisi,
insinuanti.
-Stà ferma!-
Sveva avrebbe voluto
fuggire lontano
da lì, a mille miglia da quelle mani forti, da quei gesti
perfetti che la stavano facendo sciogliere, o forse la stavano
accendendo in un modo sconosciuto.Eppure era inchiodata
lì,
come sottomessa al potere di quel tocco caldo, di quella voce
autoritaria. Come sotto incantesimo.
-Il peggior bacio della
tua vita,
eh?- sussurrò lui, perfettamente conscio del tremito che le
attraversò la schiena, del battito accelerato di quel suo
cuore arrendevole e impazzito.
Fu allora che Vergil la
baciò
di nuovo, ma sulla spalla, salendo verso il collo. Sembrò
assaporare la sua pelle leggermente salata, poggiando appena le labbra
su di lei.
Fu allora che Sveva
chiuse gli
occhi, sentendosi gelare fin dentro le ossa. Malgrado fosse al sole, su
una spiaggia calda fino all'inverosimile, un brivido la scosse e fu
come se il suo cuore perdesse un colpo, come se si fosse dimenticato di
battere, proprio come lei, che rischiò di dimenticare se
stessa tra
le braccia di Vergil.
Ah, quel cuore
traditore!
Se c'era una persona
dalla quale non
si doveva far conquistare era proprio l'albino. Lui le avrebbe spezzato
il cuore fin troppo facilmente. Per lui sarebbe stata un'impresa
talmente semplice da essere noiosa, non valeva nemmeno lo sforzo di
pensarci. Allora perché si comportava così?
Perché si prendeva la briga di giocare con una
ragazzina
troppo romantica?
Perché
stuzzicava quel cuore troppo fragile, che avrebbe spezzato con un solo
tocco, una sola parola crudele?
-Non soffi
più, gattina?-
La voce di Vergil la
raggiunse da
molto lontano, malgrado i loro visi fossero ancora a contatto. Lui la
teneva ancora stretta, anche se la presa era meno ferrea, quasi
rilassata, come se avesse capito che lei non avrebbe mai avuto la forza
di scappare. Sveva si accorse, con orrore, di avergli preso la mano e
di tenerla ancora nella propria.
L'unico punto a suo
vantaggio era
non vederlo in viso. Era seduto dietro di lei e lei non si sarebbe mai
voltata. Sapeva perfettamente che avrebbe capito quanto fosse
sconvolta, se l'avesse guardata negli occhi. Ma fino a che non
si
specchiava in quelle iridi di ghiaccio, fino a che non vedeva il sole
giocare con i riflessi nivei dei suoi capelli, lei aveva ancora qualche
speranza di mentire, a lui e forse a se stessa. Gli lasciò
andare la mano e cercò di racimolare qualche frase sensata.
-Tutto qui
ciò che sai fare?-
chiese con voce tagliente, amara. - La mia schiena ti ringrazia per la
protezione, ma ora potresti anche toglierti di dosso. Con questo caldo
è insopportabile averti tanto vicino, non che di solito sia
più piacevole.-
Lui sorrise. Non lo
vedeva ma
percepiva chiaramente il suo respiro trattenuto, immaginava le sue
labbra sollevate di pochissimo.-
-Non fare l'altezzosa
che non sei. L'aria da mangia uomini non ti si addice.-
-E che aria mi si
addice? Aspetta
non dirmelo: l'altra sera ero "tesoro", oggi sono una "gattina". Domani
cosa sarò: "dolcezza"o "pasticcino"? Ti avverto: non ti
conviene
mangiarmi, ti finirei sullo stomaco!-
Sveva si
alzò di scatto e lui
non tentò di trattenerla. Voleva vederla in viso, voleva
vedere
quanto era brava a mascherare le proprie emozioni, se i suoi occhi
mandassero i soliti lampi verde veleno o se quel rossore da educanda le
imporporasse ancora le guance.
"I dolci
scadenti finiscono sempre sullo stomaco", pensò.
"Scadente": lei poteva esserlo?
La vide mordersi le
labbra, senza
capire quanto fosse seducente quel gesto. Vide i suoi occhi fissarsi
nei suoi, per un lungo secondo, con una nuova rabbia, e poi fuggirne lo
sguardo.
Avrebbe voluto
colpirla, per farle
capire che non poteva vincere giocando con lui. Avrebbe voluto
sconfiggerla con una sola stoccata, rapida e letale.
Ferirla. Ma non gli
uscì nemmeno una parola dalla bocca.
Per la prima volta non
desiderò schiacciare il suo avversario, non
desiderò
eliminare la presunzione di potersi battere contro di lui.
La stava
proteggendo...da lui stesso.
Impossibile.
Inconcepibile.
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Capitolo 28 *** Ettore ***
La sera
iniziava a calare dolcemente sulla piccola città di
mare. La luce era più tenue e i colori accesi del tramonto
stavano già diventando meno vividi.
Vergil si passò una mano tra i capelli, per
domare una ciocca
ribelle, che continuava a scendere verso gli occhi. L'aria fresca gli
accarezzava il viso mentre faceva jogging sul lungo mare.
Non sentiva la fatica: il cuore manteneva battiti costanti,
i muscoli
rispondevano con precisione agli stimoli e nemmeno un accenno di
fiatone, malgrado fosse al decimo giro. Era perfettamente
allenato, considerò con estrema soddisfazione.
Scattò in avanti per evitare un bambino sfuggito
alla mano della
madre e incrociò lo sguardo con una bella ragazza dagli
occhi
scuri e le forme invitanti. Sorrise, come sempre appagato dal vedere
l'ammirazione negli occhi altrui. Controllò le pulsazioni
sul braccialetto elettronico, chiuse gli
occhi e accelerò l'andatura. Era al porto, la gente
diminuiva
sempre di più, e lui aveva la strada libera, finalmente
solo,
anche se una strana inquietudine continuava a seguirlo come un'ombra
minacciosa. Era isolato dal resto del mondo grazie alle cuffiette.
Alternava brani
di musica classica a pezzi moderni, ma strumentali e sempre di grande
potenza. Quella musica gli dava la carica, lo faceva sentire il padrone
del mondo, qualcuno in grado di ottenere qualunque cosa desiderasse. Ed
era esattamente questo ciò che era: un uomo deciso, sicuro
di
sè, in grado di vincere ogni battaglia.
Arrivò al limite del porto e si fermò.
Aveva finito
l'allenamento programmato, mosse qualche passo per non far raffreddare
di colpo i muscoli e poi si concesse una vera sosta. Era alla fine del
molo, nel punto più alto e panoramico. Da lì
poteva
osservare gran parte degli stabilimenti balneari e anche le persone che
passeggiavano nel piazzale.
Fissò una coppia, poco lontano, sembrava lontana
dal resto della
folla, come se in quel momento ci fossero solo loro due al mondo.
Lui non doveva essere italiano, troppo biondo e con una
corporatura
massiccia. Probabilmente americano. Lei, invece, era più
piccola
e bruna. Rideva e cercava di scappare, ma il ragazzo riusciva sempre ad
afferrarla. Fu in quel momento che la strinse a sè e la
baciò.
Vergi
si sorprese a chiedersi se, ad un occhio esterno,
anche lui e Sveva erano apparsi così, qualche sera prima, a
Ravello.
Chiudendo gli occhi riusciva a vedersi appoggiato al muro, mentre la
intrappolava contro di sé e le rubava un bacio.
Il bacio peggiore della mia vita...la
sentì ripetere nella propria
mente. Gli sfuggì una smorfia di rabbia repressa, chiuse le
mani a pugno, e
distolse lo sguardo dalla coppia, sempre più vicina.
Un bacio da dimenticare... gli aveva detto. E allora
perché lui non
riusciva a dimenticarlo? Perché sentiva ancora quelle labbra
morbide contro le
sue, perché desiderava ancora tenerla stretta e farle capire
che doveva cedere?
No, loro non assomigliavano minimamente a quella coppia.
Fissò con astio i fidanzatini. La ragazza non smetteva di
ridere guardava
l'altro con adorazione. Lui l'abbracciava, ma senza tenerla stretta, le
permetteva di allontanarsi e tornare da lui. Emanavano fiducia e
serenità.
Tra lui e Sveva non c'erano quelle risate spensierate. Ultimamente la
tensione
stava crescendo sempre di più, avevano iniziato una
schermaglia che iniziava a
somigliare a una lotta all'ultimo sangue. Avrebbe vinto chi sarebbe
stato
capace di ferire più a fondo, di annientare l'orgoglio
dell'altro. E lui non
voleva perdere, ma non voleva neppure...
Bevve avidamente un sorso d'acqua, come se la confusione che lo agitava
fosse
un incendio da domare che gli stava ardendo dentro. Svuotò
la bottiglietta e
l'accartocciò. Il rumore della plastica distorta
sembrò calmarlo. Lanciò il
contenitore nel bidone, era abbastanza lontano ma sapeva di poterlo
centrare.
-Bel lancio- esclamò una voce maschile dietro di lui. La
coppia era ormai alle sue spalle.
Vergi chinò appena la testa, e se ne andò senza
rispondere.
Camminò a passi lenti verso l'albergo, con la voglia che
tutta quella gente
sparisse. Accese di nuovo il lettore mp3, selezionò uno dei
suoi brani
preferiti, moderno ma epico. Voleva stare da solo. Riprendere il
controllo.
Si sentì invadere dalla musica: il violino era struggente,
ma pian piano il
ritmo delle percussioni cresceva sempre di più.
Lasciò che le note veloci lo
trasportassero lontano, lavassero tutte le ombre che si portava dentro
e gli
restituissero il vecchio se stesso.
Si era calmato solo da qualche secondo quando si sentì
strattonare. Si girò,
trattenendo la rabbia.
-Chi...?-
-Ciao!- Federica saltò all'indietro quando lui si
girò. Era molto tempo che non lo vedeva così: il
viso inespressivo come una maschera
di ghiaccio, solo i suoi occhi erano accesi da una strana luce,
un'espressione
indecifrabile. Gli sorrise senza dar troppo peso a quella
stranezza. I guai di Vergi non erano affar suo e se lui continuava a
fare lo
stronzo con chiunque era naturale che, prima o poi, sarebbe incorso in
qualche brutta
esperienza.
-Non sono Dante.-
-Lo so.-
-Allora non dovresti sorridermi in quel modo- le sussurrò
passandole un dito
sulla guancia, con fare allusivo. -O hai finalmente capito che mio
fratello non
vale un decimo di me?-
-Evidentemente hai dimenticato cosa sia la cortesia. Te la spiego in
una
semplice frase: si deve sorridere anche alle persone che ti fanno
proprio
venire il mal di stomaco.-
Lui rise e incrociò le braccia sul petto. -Allora, che vuoi?-
-Lo so: non hai tempo da perdere con me, hai cose più
importanti da fare e bla bla
bla...-
Vergi non rispose, limitandosi ad alzare un sopracciglio e spostare
appena lo
sguardo verso il mare.
-Siamo tornati a quel punto...-
-Quale punto?- le chiese, senza far trapelare la curiosità
dalla propria voce.
-Quello in cui tu ti ergi ad essere superiore, privo di emozioni e
assolutamente disinteressato a noi poveri comuni mortali.-
-Se mi annoiate a morte non è colpa mia- stava per voltarsi
e andarsene quando
la domanda di Federica lo raggiunse.
-Ti annoia anche la mia amica?-
-Lei che c'entra?-
-Ti devo parlare di Sveva e tu, pezzo di ghiaccio oppure no, mi farai
il santo
piacere di ascoltare.- Per essere più incisiva si
avvicinò a lui e afferrò
l'asciugamano attorno al suo collo, rischiando di strangolarlo.
Quella sera Federica portava i tacchi, il che voleva dire che poteva
guardarlo
dritto negli occhi, senza bisogno di alzare lo sguardo. Erano
assolutamente
alla pari, i visi vicini. Vergi le mise le mani sui fianchi, ma con una
leggera
tensione verso l'esterno, per farle capire di allontanarsi. Lei non si
mosse. -Stammi bene a sentire. Non provare più a
giocare con la mia
migliore amica, altrimenti ti spezzo le ossa una a una.-
Gli occhi della ragazza erano spalancati, il viso indurito e il tono
chiaramente minaccioso, ma nonostante questo Vergi non
riuscì a trattenersi.
Gettò la testa all'indietro e rise come non faceva da tanto
tempo.
-Questo è francamente esilarante. Anche volendo non
riusciresti a farmi
niente...- sussurrò avvicinandosi sempre di più
al viso di lei.
Con sua sorpresa anche Federica si avvicinò, per un momento
credette che stesse
per baciarlo e invece la sentì mormorare.
-Se in questo preciso istante alzassi un ginocchio, ti assicuro che
sentiresti
molto dolore.- Lo vide contrarre le mascelle, con disappunto. Solo
allora si
allontanò, lo prese per un braccio e lo trascinò
verso una panchina. Stranamente
lui non oppose resistenza. -Sediamoci.-
-Cosa c'è, lei non è in grado di difendersi da
sola e manda te?-
-Da come sei ridotto mi sembra che lei si difenda benissimo!-
-Stronzate!-
-Il fatto è che non voglio che la mia migliore amica sia
costretta a
difendersi.-
-Bel tentativo. Proprio tu fai la sua paladina. Tu che le hai fregato
il
ragazzo!-
Federica si voltò di scatto verso di lui, con espressione
furente. -Non le ho
fregato proprio niente.-
-Dante non aveva occhi che per lei, prima che ti mettessi in mezzo tu,
cara
"migliore amica"-
-Senti, io e Sveva su questo punto ci siamo già chiarite.
Non provare a farci
litigare, perché tanto non ci riusciresti.-
-No, certo. Il mio unico scopo stasera è stare qui seduto a
sentire le tue
stupidaggini.-
-Sveva dovrebbe prenderti a calci invece di in...- Federica si
interruppe
subito, capendo di star parlando troppo. Tentò di
allontanarsi ma Vergi fu più
veloce e la prese per un braccio.
-In...cosa? Che stavi dicendo?-
Una strana urgenza traspariva dalla sua voce. Vergi voleva sapere
quell'ultima
parola. Aveva bisogno di sapere se quell’ "in" fosse l'inizio
di
"innamorarsi".
All'improvviso capì che tutto ciò che stava
desiderando era a portata di mano.
Se avesse avuto ragione, se Sveva fosse stata davvero innamorata di lui
allora
avrebbe voluto dire che aveva ceduto, che lui era uscito vincitore da
quella
loro macchinosa guerra. La vittoria era sua, Sveva era sua.
-Parla!- Intimò a Federica, che si divincolò,
piuttosto seccata.
-Invitarti a cena, quella prima sera in Italia!-
Vergi la lasciò andare, come se si stesse scottando al solo
contatto. -Invito a
cena?- Improvvisamente scoppiò a ridere. Quella prima sera,
in pizzeria,
l'aveva quasi dimenticata, era stato solo poche settimane prima, invece
sembrava essere passata un'eternità.
-Avrebbe dovuto chiedere a qualcun altro di uscire!-
-Non credo ce l'abbia chiesto lei...e poi non avrebbe nessuno a cui
chiederlo,-
osservò con falsa non curanza.
-Lo credi tu.-
-Mi vuoi convincere che ci sia qualcuno, magari nella vostra
città, pronto a
cascare ai suoi piedi non appena lei fa un sorriso?-
Federica non aveva nessuna intenzione di convincerlo di una cosa
simile,
però...già che lo stava dicendo lui...
-Sveva è timida e troppo modesta, in realtà piace
a molti ragazzi...- lo sentì
sbuffare, ma continuò imperterrita. -Se non sbaglio, una
volta, anche tu l'hai
aiutata a togliersi un tipo appiccicoso di dosso.-
Lui non mosse un muscolo, eppure qualcosa faceva capire che si stava
accigliando e che lei aveva colpito nel segno. -E poi c'è
Ettore, che con lei è
molto...affettuoso.-
Ce l'aveva fatta, le sopracciglia di Vergi erano schizzate verso
l'alto, solo
per un secondo, ma era stato reale, evidente.
-In che senso?-
-Vuoi che ti faccia un disegnino?- Si coprì le labbra con
una mano, trattenendo
una risata, poi indicò in modo poco elegante una coppietta
che stava
passeggiando mano nella mano. -Come quelli là.-
Vergi li riconobbe subito. La coppia di prima, al molo, adesso erano
abbracciati. E rapidamente passarono ai baci.
Davanti ai suoi occhi la scena cambiò, con troppa
facilità.
Sveva stava baciando uno...un....Ettore!
Chi si chiamava più "Ettore"?
-Mi ha detto chiaramente che non è fidanzata.-
Scandì bene le parole,
ricordando le loro prime uscite. -Non può esserlo...-
aggiunse, ricordando,
stavolta, le loro ultime uscite.
-Non sono proprio fidanzati, diciamo che si deciderà tutto
dopo l'estate. Lui ha preferito così, ma,
secondo me, non ci metterà molto a ricredersi e a
conquistarla. Lei è molto legata a
lui, anche se non ne parla mai. Sai, com'è Sveva, tanto
riservata. Forse nemmeno comprende quanto gli piaccia, magari ha
tentato di dimenticarlo, ma non penso ci riuscirà davvero,
una volta tornata a casa.-
"Si deciderà tutto dopo l'estate". Cosa
diamine era quella,
una pausa estiva? Sveva se la stava spassando nell'attesa di cadere ai
piedi
del primo deficiente non appena fosse iniziato settembre. E lui cosa
era stato,
un flirt da spiaggia?
Non poteva essersi sbagliato in modo così macroscopico.
Quella che credeva
essere una dolce, ingenua bambina era in realtà una
seduttrice smaliziata.
La rivide tra le sue braccia, la sentì tremare al suo tocco,
fremere alle sue
provocazioni. Era troppo innocente per essere la manipolatrice che
stava
descrivendo.
Qualcosa non andava, eppure Vergi sentì lo stesso un gran
vuoto sopra lo
stomaco. Come se fino a qualche secondo prima ci fosse stato qualcosa
lì,
qualcosa di caldo e rassicurante, ma che all'improvviso gli era stato
strappato.
E poi fu la volta della rabbia, fredda eppure bruciante.
Quel lampo verde veleno che lo aveva perseguitato nei suoi sogni
peggiori.
Quell'abito azzurro, seducente e inafferrabile.
Tutto un inganno.
In fondo non si conoscevano neppure. Cosa sapevano delle rispettive
vite? Nulla
tranne quello che si erano raccontati e nessuna garanzia che si
dicessero la
verità.
"...è molto legata a lui". C'era un
rapporto tra loro, una
relazione, un legame che non si interrompe solo perché sono
distanti, solo
perché...si incontra qualcun altro. E lei apparteneva a un
altro. Un altro che
poteva baciarla quando voleva, che poteva tenerle testa e
farle ingoiare la
sua dannata testardaggine, che poteva farla arrabbiare ma poi vederla
ridere.
Un altro.
Non lui.
Avrebbe voluto protestare, arrabbiarsi, oppure mostrarsi indifferente,
per
nulla interessato a quelle notizie, ma non poté fare niente
di tutto ciò. Perché
accadde l'imprevedibile.
Ciao!
Lo so,
avevo detto che per un po' non ci sarebbero stati aggiornamenti ma, per
motivi che non sto qui a dirvi, mi è saltato un esame.
Due
giorni fa mi sono messa sotto e ho scritto fino alle due e mezza di
notte, per poi continuare e finire il capitolo il giorno successivo.
Insomma, sul mio pc, la storia è già
più avanti. Non sul finale ma siamo in dirittura d'arrivo.
Quindi, presa dall'euforia ho deciso di aggiornare anche EFP.
Ma
ora torniamo a noi. Vi è piaciuto questo capitolo? Vi
aspettavate questo colpo di scena? State in guardia perché
le sorprese non sono finite qui :)
Ringrazio
le mie tre fedeli commentatrici RockMantick, Katherine e DantexR,
perché tutte le vostre critiche, impressioni e consigli mi
sono davvero utili.
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Capitolo 29 *** Posso fidarmi di te? ***
-Chissà che sta combinando Federica. Ultimamente
è sempre in giro.-
-Caro, non eri tu a dire che nostra figlia stava sempre in casa, e che
avresti desiderato vederla svagarsi un po'?-
-Sì, con la sua amica. Con Sveva, che conosciamo e che
è
una ragazza responsabile. Non con quei due americani pallidi!-
-Albini, tesoro.- La moglie lo rimproverò con dolcezza,
sorridendo della gelosia paterna.
-Ah, albini, albumi, albani che differenza vuoi che faccia?
Sono...maschi!-
-Questo l'ho notato.-
-Eh, l'ha notato anche nostra figlia, purtroppo!-
-I maschi e le femmine non vanno d'accordo- sentenziò il
piccolo Gabriele, interrompendo la discussione tra i genitori e
reclamando la propria dose di attenzioni.
-Aspetta qualche anno e vedremo se lo dirai ancora- disse la madre,
coccolando il bambino.
-Con calma, però, può restare piccolo almeno lui.
Per un po'...una decina, ventina, d'anni.-
-Comunque, Vergil mi ha fatto una buona impressione. Un giovane molto
ammodo, anche se non alla mano.-
-E speriamo che la mano la tenga a posto, anzi, tutte e due le mani!-
Il
padre di Federica estrasse un fazzoletto dalla tasca e si
asciugò la fronte, improvvisamente imperlata di sudore.
-Lupus in fabula- mormorò la madre, come se stesse rivelando
un
segreto importante. -eccoli lì, di fronte. No, non li
salutare,
così gli rovinerai il momento romantico. Guarda come sono
carini.-
-Vicini, sono troppo vicini. Quel tipo non sa cosa siano le distanze di
sicurezza?-
-E' meglio portare te a distanza di sicurezza, sei un padre troppo
geloso!-
-A Fede piace Vergil, a Fede piace Vergil- cantilenò
Gabriele,
senza realmente prestare attenzione al momento, concentrandosi sul
videogioco che aveva in mano.
-Gabri, amore di mamma, andiamo al bar del lido. Vediamo se
c'è Sara, quella tua amica tanto simpatica...-
Il marito si asciugò di nuovo la fronte e poi
alzò gli
occhi al cielo, sfinito.-Ora mi vuoi sistemare pure il bambino? Tesoro
ma ti devo chiamare dottoressa stranamore?-
-Eh, cammina! Sei il solito esagerato!-
-L'amore non va più di moda, ora sono tutti single!-
-Ero io che dovevo restare single, invece di diventare tua moglie!-
Dante era rimasto a lungo in spiaggia. Anche quando gli altri se ne
erano andati lui aveva insistito per restare, anche da solo, tra la
sabbia e il sole che stava velocemente calando. Il caldo lo
infiacchiva, ma il mare lo attraeva come un richiamo irresistibile.
Aveva nuotato per ore, tra le onde cristalline, osservando pigramente
le famigliole che iniziavano ad allontanarsi. Era perfettamente
rilassato, niente avrebbe potuto turbare quella sensazione di pace
assoluta.
Dopo tanto movimento era stanco e affamato, così, prima di
andar
via aveva deciso di fermarsi al bar, per prendere un aperitivo.
Ordinò una Coca e una porzione di stuzzicheria. Un paio di
ragazze si fermarono al tavolo di fronte, gli sorrisero e continuarono
a guardarlo per diversi minuti, in cui lui tentò di far
finta di
niente. In altre occasioni si sarebbe avvicinato, avrebbe sfoderato
tutto il suo fascino di straniero in cerca di divertimento e avrebbe
continuato la serata in dolce compagnia...ma adesso c'era Federica e
lui non avrebbe mai messo a repentaglio il loro rapporto. Con lei c'era
qualcosa di intimamente esclusivo, da proteggere.
Si voltò verso l'entrata del bar, per dare le spalle alle
ragazze. Segnale di disinteresse per loro, e di fuga dalle tentazioni
per se stesso. Vide spuntare un nintendo, seguito da un bambino.
Gli scappò un sorriso, riconoscendo la famiglia appena
entrata.
Si allungò sulla sedia, per scorgere la sua ragazza, ma non
la
vide. Stranamente Federica non era con loro. Si disse che
forse stava cenando con Sveva, ma quell'osservazione non
attenuò
la fitta di delusione che gli attraversò il petto.
Salutò
con un cenno della mano e notò Gabriele avvicinarsi. Il
piccolo
spense il gioco e iniziò a canticchiare. Dante
cercò di
decifrare quei versi ripetitivi, ma non riuscì subito a
capire.
Poi, però, il sangue gli si gelò nelle vene.
-A Federica piace Vergil?- anche lui ripeté i versi del
ragazzino, ma con un'intonazione diversa, a metà tra lo
stupore
e il panico. Che diavolo voleva dire? Non era possibile che a Federica
piacesse il suo gemello, insomma stava con lui! Si
agitò
sulla sedia, e fece un sorriso tirato al bambino che si stava
avvicinando sempre di più. La famiglia di
Federica era rimasta all'inizio di quella situazione complicata, quando
lui stava ancora incollato a Sveva, e lei al suo gemello. Federica non
aveva raccontato nulla per evitare troppe intromissioni, ma era
evidente che i suoi famigliari non avessero visto le ultime puntate.
Sicuramente era
così. Doveva essere così.
Con mano tremante afferrò una patatina dal piatto, mentre
Gabriele si stava già generosamente servendo, senza
permesso.
Iniziò a masticare, ma era talmente nervoso che si morse la
lingua. Dante e la ragazza avevano concordato di mantenere il silenzio
stampa sulla loro relazione. All'inizio l'avevano tenuta segreta per
non turbare Sveva, poi avevano deciso di continuare a tenere un profilo
basso, per non essere tenuti troppo d'occhio dai genitori di lei. Era,
quindi, normale che la famiglia non sapesse niente. Si
rilassò.
La coca cola gelata gli scese lungo la gola, rinfrescando e placando
anche i pensieri più lugubri. Accolse con gioia i genitori
di
Federica e continuò a dividere gli stuzzichini con il
ragazzino.
Certo, avrebbe smesso di augurare a quel nanerottolo di strozzarsi con
una patatina, se lui avesse smesso di ripetere "a mia sorella piace tuo
fratello".
-Come mai tutto solo?- gli chiese la signora, con la solita
curiosità ansiosa delle madri.
-Ho deciso di restare in spiaggia più a lungo. Volevo
godermi il mare.-
-E come mai Sveva non è rimasta a farti compagnia?-
-Sveva? Aveva un po' di mal di testa e ha preferito andare a
riposarsi...-
-Ah, che peccato. Altrimenti avreste potuto uscire tutti insieme...
invece di lasciare soli mia figlia e quell'altro...-
borbottò il
signor Parini.
Dante sentì il sangue gelarsi nelle vene. -Scusi, come ha
detto?-
-No, niente è che li abbiamo incontrati...prima.-
-Prima quando?-
L'uomo fu contrariato per quel tono da interrogatorio, non rispose.
Vide il ragazzo girarsi, per guardarlo meglio negli occhi.
-Sicuro che non fossi io?- chiese Dante, sempre più
allarmato.
-Senti, li abbiamo incontrati venendo qui. Che saranno stati, cinque
minuti fa? Ora, a meno che tu non abbia il dono
dell'ubiquità, e
non mi pare possibile, credo proprio che quello fosse il tuo gemello.-
Cinque minuti fa. Maledettissimi cinque minuti fa, continuava a
ripetersi l'albino. Che cavolo stava succedendo? Non voleva credere che
Federica avesse approfittato della sua lontananza per buttarsi tra le
braccia di Vergil, ormai aveva capito che persona fosse: arrogante,
egocentrico, insopportabile. Non poteva aver cambiato idea e voler
tornare da lui. D'altra parte a Vergil era scottato troppo sentirsi la
seconda scelta, quindi non avrebbe più insidiato la
brunetta.
Dante aveva notato come il gemello le rivolgesse a stento la parola.
Ma forse voleva prenderla in giro, farle perdere la testa e poi
buttarla via. In quel caso Federica avrebbe resistito al suo fascino?
Si accorse di star stringendo troppo forte i braccioli della sedia,
ancora un po' e li avrebbe deformati. Cercò di calmarsi.
Niente
panico. Le sue erano solo paranoie, probabilmente quei due si erano
incontrati per caso, e i genitori li avevano visti scambiarsi un saluto
frettoloso.
-Comunque, sono molto carini insieme. Sembrano andare davvero molto
d'accordo.- La madre di Federica era chiaramente felice per la
figlia...e inconsapevole dell'infarto che stava per causargli.
-...In che senso?- cercò di biascicare l'albino, che
iniziava a
sentire la gola secca, malgrado fosse alla fine della seconda coca-cola.
-Quando li abbiamo incontrati stavano seduti su una panchina, vicini.
Si vedeva che c'è una bella intesa.-
L'albino non ci mise molto a visualizzare la scena. La panchina
all'ombra, il mare reso rosso dal tramonto, loro due l'uno accanto
all'altra. Vergil che sfoderava tutte le sue armi di seduzione, e
Federica che era bellissima, come sempre. Quel quadretto sarebbe stato
perfetto...se ci fosse stato lui e non il suo gemello. Non era mai
stato davvero geloso di una donna. Fino a quel momento non si era mai
sentito insicuro e non aveva neppure dato molta importanza alla ragazza
di turno. Ma quella volta era diverso. Federica era diversa. Con lei
poteva essere se stesso, senza timori, senza limiti. Tentò
di
contenere la rabbia, malgrado sentisse il bisogno di alzarsi e andare a
cercare quello sfascia-coppie di suo fratello, per prenderlo a pugni
come non aveva mai fatto prima. Ultimamente il loro rapporto stava
andando a scatafascio e non sarebbe possibile salvare nemmeno le
briciole, se quell'imbecille avesse continuato a comportarsi da
perfetto stronzo.
-Tutto bene?- Chiese il padre di Federica, sempre più
contento
che sua figlia avesse scelto l'altro Sparda, perché quello
che
aveva davanti gli sembrava un po' tocco, piuttosto strano e non molto
sveglio.
Dante aprì la bocca, ma non fece in tempo a rispondere che
Gabriele riprese a canticchiare "a Federica piace Vergil". Il
"sì" che stava per pronunciare gli rimase bloccato in gola.
Si
alzò di scatto, quasi rovesciando la sedia. -Devo proprio
andare- mormorò. Sorrise alla famigliola, sapendo di avere
sul
viso qualcosa di più simile a un ghigno. Avrebbe trovato i
due
fedifraghi e glie l'avrebbe fatta pagare.
Il cielo sembrava voler rispecchiare la sua anima in tumulto,
tingendosi d'un rosso vermiglio. Aveva lasciato il bar a
passi pesanti, quasi militareschi, e con un'espressione tale da
spaventare i passanti. Rabbia, gelosia e frustrazione si leggevano sul
suo viso, passando dalle rughe sulla fronte, fino agli occhi accesi e
alle labbra contratte.
-A Federica non può piacere Vergil.- Si ripeteva, scorrendo
con
la mente i tanti momenti d'amore perfetto, condivisi con la ragazza.
Non aveva mai confessato a nessuno quanto il loro rapporto lo
facesse stare bene. Anche a sua madre aveva detto solo una minima parte
delle sensazioni che la
sua italiana suscitava in lui.
Il cuore sembrava galoppargli nel petto, facendogli quasi del male,
quando la osservava apparire in quelle sue tenute provocanti, e la
voglia di stringere, toccare, scoprire, era inarrestabile quando
restavano da soli, nei rari momenti di intimità. Federica
era
una febbre dalla quale non voleva guarire, gli accendeva le vene,
aumentava il battito cardiaco. Era la voglia di cui non si poteva
liberare, la tentazione a cui era felice di cedere, ma che poi non si
placava, mai.
E, ora, non avrebbe permesso a quello stronzo di suo fratello di
mettersi in mezzo, di rubargli una cosa così preziosa,
così necessaria.
Dante ormai era fuori controllo, sapeva di essere andato oltre il
limite di sopportazione e non c'era altra possibilità, se
non
andare avanti. Non ce la faceva più a trattenersi, a
ingoiare la
rabbia, a dirsi che quello era pur sempre il suo gemello, che doveva
amarlo e mantenere con lui un rapporto civile, per il bene della madre,
ma anche per il loro stesso bene. Dante si era sempre ripetuto che, nel
momento del bisogno, il loro legame di sangue si sarebbe fatto sentire,
li avrebbe legati, per far fronte comune alle avversità. Ma
era
proprio quel loro legame, la quasi identità biologica, la
causa
dei loro disastri. Erano due persone che non facevano che divorarsi a
vicenda, sminuirsi, canzonarsi, e...rubarsi le ragazze!
Ma Federica non era uno dei tanti flirt senza importanza, con i quali
si erano divertiti, e sui quali avevano scatenato la loro
rivalità. No, era più di un'occasionale
conoscenza,
più di una relazione passeggera. Era una donna, una persona
piena di qualità, che riusciva a trarre il meglio da lui e
ad
amarlo per quello che era, forse non troppo colto, poco galante e un
po' irriverente, ma un bravo ragazzo, con la voglia di perdersi in un
rapporto profondo, rassicurante e irrefrenabile. Dante si sentiva
legato a Federica, e non riusciva nemmeno a percepire l'idea di essere
stato tradito. Tutte le colpe dovevano essere di Vergil, di
quell'egoista bastardo che riusciva a guastare qualunque cosa avesse
intorno. Per un attimo anche il viso di Sveva gli si
affacciò
alla mente, altra vittima del sadico divertimento di suo fratello.
Sperò che lei non fosse così pazza da essersi
innamorata
di lui, anche se, purtroppo, conosceva già la risposta. Ma
quello fu solo un attimo, una divagazione senza importanza, di fronte
al timore che gli stringeva lo stomaco, all'insicurezza che lo portava
a correre, a spintonare sconosciuti che si erano intromessi tra lui e
ciò che non voleva vedere, ma che aveva il bisogno di sapere.
Con lo sguardo angosciato, cercò Vergil e Federica tra le
coppiette che occupavano le panchine. La famiglia
di Federica li aveva visti da poco, dovevano essere ancora
lì... da
qualche parte.
Si fermò un istante prima di piombare sulla coppia sbagliata
e,
dopo altri, lunghissimi, minuti di affannosa ricerca li vide.
Aveva creduto di avvicinarsi, ammazzare di botte il fratello e portarsi
via la ragazza, ma non fece niente di tutto questo.
Rimase fermo, praticamente immobile, a guardarli discutere. Erano
vicini, troppo vicini, su quell'accidenti di panchina. C'era spazio
sufficiente per
non stare così attaccati, ma loro erano talmente stretti da
toccarsi. Parlavano sottovoce, sussurravano probabilmente, dando la
sensazione di una forte complicità. Non c'era da
meravigliarsi
che i genitori della ragazza li avessero giudicati una bellissima
coppia. Per Dante fu come ricevere un pugno allo stomaco, imprevisto e
devastante. Deglutì a fatica e continuò a fissare
le loro
nuche. Erano di spalle e lui non vedeva poi molto, ma ciò
che
era davanti ai suoi occhi era già troppo.
All'improvviso Vergil si alzò. Dante respirò
sollevato,
inconsciamente grato della distanza che si creava con la sua ragazza,
ma non era preparato a quel che successe dopo. Federica
seguì Vergil, gli andò vicina, di nuovo, e la
vide
perfino posare una mano sulla sua spalla.
Fu troppo per lui. Il punto di non ritorno irrimediabilmente varcato.
Si mosse, piombò su di loro con tutto il peso della propria
rabbia.
-Che cazzo sta succedendo qui?-
La ragazza si voltò di scatto, sgranò gli occhi,
evidentemente sorpresa di vederlo.
-Buonasera, fratellino.-
-Fratellino un corno! Che ci fate voi due, insieme?-
Federica si accorse di tenere ancora la mano posata sulla spalla di
Vergil, la tolse in fretta, come se si fosse scottata con una
superficie incandescente. Qualcosa dentro di lei iniziò ad
agitarsi, un disagio, la sensazione di qualcosa di brutto.
Cercò
lo sguardo di Dante, normalmente caldo e rassicurante, accogliente come
un letto caldo in pieno inverno, ma trovò solo il gelo
più inquietante. Non aveva mai visto il suo ragazzo tanto
stravolto. Il viso era una maschera ira a stento trattenuta, le
sopracciglia unite sul naso, gli occhi ridotti a una fessura, le labbra
strette. Quasi sembrava una persona diversa, non il suo dolce,
amorevole e scherzoso Dante. -Che ti prende?- mormorò, quasi
senza voce.
-Cosa mi prende, dici? Mi prende che ho appena incontrato i tuoi e sono
stati tanto gentili da raccontami quanto gli siate sembrati affiatati,
uniti: una coppia perfetta! E mi prende che ora sono qui e vi trovo
davvero una coppia perfetta. Anzi, scusate se ho rovinato la vostra
serata romantica, su quella dannatissima panchina.-
Vergil sentiva addosso il sudore della corsa. Era andato ad allenarsi
per far riprendere il controllo su se stesso e le proprie emozioni. Ci
era riuscito...un attimo prima di incontrare quella maledetta italiana
e di sentir parlare di quella ancor più maledetta strega
della
sua amica. Stava cercando di digerire l'idea di essere stato sconfitto,
di aver visto scivolare delle proprie mani qualcosa, qualcuno, che
desiderava immensamente. E adesso gli toccava sentire gli sproloqui del
suo gemello, geloso di un mulino a vento. Proprio lui, l'unico ad avere
davvero il diritto alla gelosia, doveva subire una scenata.
Trovò la sensazione esilarante e non si vergognò
di
ridere in faccia al gemello furente. -Abbiamo fatto qualche passo
indietro, a quanto vedo. Tu, io e Federica: è un triangolo
che
ho già visto, e sinceramente mi annoia.-
Dante gli diede uno spintone. Vergil non fu attento a parare il
colpo e finì per terra. Qualche passante cambiò
strada,
intuendo l'inizio di una rissa.
-Cazzo, se tu e questa qui avete dei problemi non mi mettere in mezzo!-
-Il mio problema sei tu!- urlò Dante, con tutto il fiato che
aveva in corpo, ma già a mezza frase intuiva che c'era
dell'altro. Federica se ne stava zitta, in disparte, con gli occhi
sgranati, quasi spaventata. Perché non reagiva,
perché
non gli diceva che stava sbagliando tutto? Quel silenzio pesava come
un'ammissione di colpa.
-E no! Io mi stavo facendo i cavoli miei quando la tua ragazza mi
è piombata addosso, è stata lei a venirmi
incontro.-
Dante sentì qualcosa frantumarsi, dentro il proprio petto.
Rivide la scena di pochi istanti prima. Federica che seguiva il
gemello, Federica che gli posava una mano sulla spalla. E poi l'inizio
di tutta quella storia, i primi giorni in Italia, quando lei e il
fratello sembravano fare coppia fissa. Si sentì umiliato,
tradito.
-Sta dicendo la verità?-
-Sì- mormorò la ragazza, senza capire il
perché di tutta quella furia.
-Io mi fidavo di te!- le disse, con voce rotta e girandosi dall'altra
parte, senza nemmeno guardarla. Vergil, si defilò, dicendo a
entrambi di risolvere da soli le loro questioni. Lui era stanco di
litigate da asilo nido. In realtà, anche lui aveva le
proprie
ferite da leccare, e voleva farlo da solo, senza troppo pubblico.
C'erano già altri demoni ad agitarsi nella sua mente, e
doveva
tenerli a bada, prima di impazzire come il fratello.
-Perché parli così? Tu puoi fidarti di me...anzi,
tu devi fidarti. Noi stiamo insieme.-
-No, non più.-
-Cosa stai dicendo, Dante?-
-Che c'è, eh? Ti sei pentita di esserti messa col fratello
stupido? Quello meno elegante, meno raffinato...-
-Tu sei fuori di testa! Ma davvero pensi che io ti abbia tradito?-
-Ti ho visto con i miei occhi: gli stavi attaccata!-
-Stavamo solo parlando...Non ho fatto niente per cui debba
giustificarmi.-
-Parli così con tutti gli uomini?- Urlò di nuovo,
abbracciandola, stringendola con violenza. Il fiato corto, il battito
accelerato.
Federica cercò di spingerlo via, ma lo allontanò
solo di
pochissimo. Fu già abbastanza, quella vicinanza era talmente
letale da toglierle il respiro. Dante tanto irriconoscibile da ferirla,
avvelenarla. Lei non era mai stata una persona calma e imperturbabile.
No, era una testa calda, spesso permalosa, che non permetteva a nessuno
di maltrattarla o accusarla ingiustamente. Il carattere forte l'aveva
aiutata in molte circostanze e ora stava per scatenarsi, ancora, ma
contro l'ultima persona con cui avrebbe mai voluto litigare. -Tu sei
impazzito.-
-No, sei tu ad essere una...-
Federica aveva già capito cosa stesse per dire. Glielo
impedì nell'unico modo possibile in quel momento. Uno
schiaffo,
forte, preciso, che lo costrinse a voltare il viso dall'altro lato.
Dante si allontanò istantaneamente, portandosi una mano alla
guancia, già arrossata.
La ragazza sapeva di essere sull'orlo del pianto, ma non voleva
scappare via. Non poteva mostrarsi colpevole per qualcosa che non aveva
fatto. -Se vedi i fantasmi per colpa della tua rivalità con
Vergil non
prendertela con me. Non ho fatto niente. Gli stavo solo parlando. Ero
venuta a dirgli di non illudere Sveva, anche se si erano baciati. E poi
tu vieni qui come una furia. E vedi cose non ci sono. Cos'è
hai
improvvisamente complessi di inferiorità?
Bè, risolviteli da solo, senza fare lo stronzo. E non
permetterti mai, mai più, di parlarmi in
questo modo.- Gli si avvicinò, puntandogli contro
un dito
accusatore e uno sguardo pieno di lacrime. Dante non reagì.
La
guardò, improvvisamente calmo. Immobile, come se non
respirasse
nemmeno più. Solo allora Federica andò via,
spintonando i
curiosi che avevano ascoltato, nemmeno troppo discretamente, la loro
conversazione. Le sembrò di sentire Dante gridare "aspetta!"
ma
non si fermò, non si voltò nemmeno,
continuò a
correre, senza sapere nemmeno dove andare.
Quella non era stata la sua prima storia, ma era di certo la prima
volta che il suo cuore andava in pezzi. E faceva male, un
male
cane
.
Ciao care,
lo so, con l'ultimo capitolo sono stata davvero crudele, non avrei
dovuto lasciarvi così in sospeso. Ma l'aggiornamento
è arrivato presto, no?
Io, intanto, continuo a scrivere. Secondo uno schema che mi sono fatta
sono a 4-5 capitoli dalla fine. Che emozione!
Che ne dite di questo capitolo? Vi aspettavate questo epilogo? Che ne
sarà della nostra coppietta Dante- Federica?
Intanto vi lascio con un paio di foto, anche se temo non si vedano
bene. Una è una fan art di una mia amica, fatta parecchio
tempo fa, quando la storia era solo all'inizio. Non è
carinissima? http://i59.tinypic.com/14w5bg1.jpg
L'altra è uno schemino che mi sono fatta per capire quali
siano gli ultimi capitoli da scrivere. La numerazione non segue
l'ordine di EFP e su alcuni punti sono ancora indecisa, però
la parola "fine" è piuttosto vicina. A me viene un colpo e a
voi?
http://i62.tinypic.com/1zqasfc.jpg
Fatemi sapere se le immagini si vedono e, come al solito, grazie per
aver letto, commentato o annotato la storia in uno degli elenchi di
preferite, seguite, e da ricordare.
|
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Capitolo 30 *** Ti amo, ti odio, mi manchi ***
Le bastarono pochi secondi per intuire il disastro. Sveva
non aveva
capito nulla dalla telefonata di poco prima, i singhiozzi dell'amica
erano troppo forti e spezzavano ogni singola parola. Aveva compreso
solo il luogo dell'appuntamento: una gelateria dove non andavano mai.
Federica era già seduta a un tavolino appartato, con lo
sguardo
verso il basso e un fazzolettino che spuntava dal pugno chiuso.
-Tesoro, che succede?- chiese, sedendosi accanto all'amica e mettendole
un braccio sulle spalle. Non era abituata a vederla così
abbattuta, di solito era lei quella fragile, da consolare.
-Mi ha lasciata!- sbuffò Federica, affondando il naso in un
altro fazzoletto.
-Ci deve essere un equivoco: non è possibile!-
-Sì, invece. Quello è uno stronzo...della
peggiore categoria. Dante è il re degli stronzi!-
-Calmati, spiegami cosa è successo.-
-Stavo parlando con Vergil...-
-Vergil? Che c'entra lui?- Ok, avrebbe dovuto essere di conforto
all'amica dal cuore spezzato. Ma quel nome la faceva sempre saltare
sulla sedia, e anche il suo di povero cuore riceveva una stilettata
profonda.
-Non c'entra niente... però è colpa sua...anzi
è colpa di Dante...-
-Va bene. Ricominciamo dall'inizio. Fai un respiro profondo: che
è successo mentre parlavi con Vergil?-
-Dante è arrivato come una furia, ha iniziato a urlarci
contro.
Ha detto...ha detto che io avevo cambiato idea, in pratica che lo stavo
tradendo col fratello...- Federica dovette accorgersi dell'espressione
smarrita dell'amica, perché si affretto ad aggiungere, -ti
giuro
che non è vero!-
-Ti credo, ma non capisco che diamine sia passato per la testa di
Dante...-
-Signorine volete ordinare?- chiese un cameriere, senza alzare lo
sguardo dal taccuino.
-Sì,- rispose Federica, con voce aspra -Un omicidio!-
Il cameriere sollevò di scatto la testa, pensando di essere
preso in giro. Si fermò un istante prima di insultarle,
appena
si accorse degli occhi gonfi di pianto della ragazza.
-Ehm, ci dia ancora cinque minuti- mugugnò Sveva, arrossendo
e facendogli segno di allontanarsi.
-Lo faccio sparire dalla faccia della terra!- Esclamò
Federica, ormai più arrabbiata che delusa.
-Calma. Qui nessuno uccide nessuno. A quel che ho capito Dante ti ha
vista col gemello, si è ingelosito e ti ha fatto una
scenata.
Giusto?-
-Giusto.-
-Tu che gli hai detto?-
-Che se aveva problemi col Vergil non doveva farla pagare a
me...facessero a gara a chi ce l'ha più lungo da un'altra
parte!-
Sveva scattò a sinistra. Quasi sicura di vedere il cameriere
tornare alle loro spalle. Ma, fortunatamente, non c'era nessuno. -Gli
hai detto proprio così?-
-No...purtroppo!- Esclamò Federica, dando un pugno al
tavolino, tanto forte da far quasi precipitare la ceneriera di vetro.
-Comunque, è stato un deficiente.-
-Esatto...e mi ha lasciata!-
Sveva osservò con orrore Federica raggomitolarsi sulla sedia
e
ricominciare a piangere. Alzò un mano, ed esclamò
con
tono imperante -Cameriere, due coppe grandi al cioccolato...triplo
cioccolato! E ci metta anche i biscotti e un po' di Bailyes o qualunque
altra cosa che ci stia bene, basta che sia alcolica.-
-Ma ce l'avete l'età?- chiese l'uomo, avvicinandosi, senza
fare troppo rumore.
Sveva indicò l'amica che continuava a singhiozzare, senza
nemmeno guardarli. -Facciamo che per oggi ce l'abbiamo, ok?-
L'uomo annuì e tornò dopo poco con le
ordinazioni. Le
cialde a forma di cuore erano state appositamente spezzate a
metà.
Federica alzò lo sguardo sulla propria gigantesca coppa, e
si
sforzò di sorridere, un sorriso minuscolo, ma era il massimo
che
riuscisse a fare. -Credi che abbia sbagliato a mettermi con lui, fin
dall'inizio?-
-Ma che sei matta? Quando non fa lo stronzo, quel ragazzo è
adorabile! Sono sicura che adesso si starà maledicendo da
solo
per averti trattata in quel modo. Gli do due giorni...-
-Cioè?-
-Cioè, scommetto che entro due giorni tornerà
strisciando ai tuoi piedi e ti chiederà di perdonarlo.-
-Non lo so...- sussurrò Federica, spiluccando i punti in cui
il
gelato era stato innaffiato di crema di wiskey. Iniziava, stranamente,
a
sentirsi meglio.
-La domanda è: tu lo perdonerai?- chiese Sveva, allungando
una cialda con la granella di nocciole all'amica.
-Pensi che debba farlo?-
-Mica sono io ad esserne innamorata! E diciamocelo, sai che io sono
messa anche peggio di te, no?-
Federica, per la prima volta in quella giornata, scoppio a ridere,
quasi finendo col naso nel gelato.
-Grazie. Bel trattamento per l'amica sfigata, innamorata del gemello
stronzo. Quello davvero stronzo, non coi raptus di stronzaggine,
quello...cronico.-
-Credi che Dante abbia avuto solo un...raptus?-
-Ne sono sicura. Insomma, i gemelli li frequentiamo da un po', hai
visto
che rapporto assurdo abbiano. La somiglianza li rende fragili, sempre
in lotta tra di loro, sempre con la smania di dimostrare di essere il
migliore.-
-Sì, ma lui se l'è presa con me, non con Vergil!-
-Perché tu sei diventata importante per lui. Ha capito di
essere
molto coinvolto e si sente troppo...esposto. Nel vederti col fratello
è stato preso dalla gelosia e ti ha incolpata della sua
sofferenza. Che il fratello sia un bastardo lo sa già, e
ormai
si è arreso all'evidenza, ma non è abituato
all'idea di
dipendere tanto da un'altra persona...da te.-
-Lui non dipende da me. Nono sono mica sua madre!- Federica aveva
finito la parte di coppa al cioccolato bianco, e si
fregò
quella dell'amica, senza dare segni di rimorso.
-La sua felicità dipende da te.- Sentenziò Sveva,
con la
solennità di chi ha la bocca piena di biscotti. -Allora, lo
perdonerai?-
-Non lo so.-
Sveva si sentiva oscillare in un mare fatto di cioccolato. Malgrado
avesse quasi saltato la cena, ci avrebbe messo varie reincarnazioni per
digerire quella coppa di gelato, ma l'umore di Federica era
visibilmente migliorato durante la serata. Alla fine, dopo aver pagato
il conto alla cassa ed essere tornata al tavolino, l'aveva perfino
vista con un sorrisetto furbo sul viso.
Adesso, però, doveva affrontare la parte avversa.
Da quello che aveva sentito, Dante si era comportato come un pazzo
furioso, quindi non sapeva se andare ad infilarsi subito nella tana del
lupo. Insomma, una cosa era parlare con Federica, che conosceva
benissimo, che malgrado fosse arrabbiata come una iena, con lei sapeva
di potersi esporre e piangere come una fontana. Un' altra cosa era
piombare in camera di un ragazzo, che conosceva bene ma-non-troppo,
violare la sua privacy e fargli un terzo grado degno di un telefilm
poliziesco col picco di share. Dante l'avrebbe buttata fuori. A calci.
Salì le scale dell'hotel e si avviò a testa bassa
verso l'ascensore.
-Ciao!-
Una voce melodiosa, dall'inconfondibile accento straniero, la raggiunse
e la costrinse ad alzare lo sguardo. La madre dei gemelli era di fronte
a lei, sempre bellissima in un vaporoso abito azzurro. Quella donna
riusciva a sembrare un'apparizione, quasi irreale tanto che era
splendida. Avrebbe voluto rubarle un pizzico di quella
femminilità perfetta. -Buona sera- mormorò Sveva,
sentendosi improvvisamente impacciata. Durante la serata a Ravello, la
signora era stata gentile con lei, ma alcuni sguardi, profondi e
insondabili, l'avevano fatta sentire un po' a disagio.
-Stai andando a trovare mio figlio?-
Sveva non seppe cosa rispondere. L'ultima volta che si erano incontrate
lei era stata praticamente incollata a Vergil, ma se adesso avesse
detto di essere alla ricerca di Dante, la signora avrebbe potuto farsi
un'idea sbagliata. D'altronde, rispondere "Quale dei due?" era
altrettanto equivoco. Eva, però, la tolse d'impaccio.
-Dante è così triste stasera. Non ha aperto bocca
per
tutta la cena. E ancor peggio....quasi non ha mangiato! Voi siete
amici, no?-
-Io e Dante? Certo, siamo amici. Andrò a vedere cosa gli
prende...- ridacchiò all'apice della tensione, osservando il
sorriso enigmatico della donna, che se ne andò silenziosa
come
era venuta.
A Sveva sembrò di aver parlato con un fantasma,
un'entità
sovrannaturale. Scosse la testa. Il troppo gelato doveva averle dato le
allucinazioni.
Arrivò dietro la porta di Dante, e si fermò ad
ascoltare,
sperando di non sentire altri pianti o qualche grido inconsulto.
Alzò la mano, ma si ritrovò a bussare sul
pettorale
dell'albino.
-Hey, che ci fai qui?-
-Ciao, ehm...posso entrare o stavi uscendo?-
-Hai saputo vero?- chiese l'albino, senza guardarla negli occhi.
-Sì. Dobbiamo parlarne sul pianerottolo o mi fai entrare?-
-Vieni, magari chiamo il servizio in camera.-
-Tua madre mi ha detto che hai fatto l'inappetente stasera.-
-L'ina...che?-
-Lascia stare, chiama il bar.-
Lo vide digitare il numero e restare in attesa. Un filo di angoscia la
assalì quando ascoltò l'ordinazione. -Camera 404,
due
gelati al cioccolato.-
Ancora?
Rinunciò alla propria salute quando
notò la
posizione di Dante. Stava con le braccia conserte, appoggiato alla
parete, quasi come se non riuscisse a reggersi da solo. Le spalle
leggermente in avanti, abbassate. Tutto in lui esprimeva dolore,
rimorso. Le sue parole successive non la sorpresero. -Ho rovinato
tutto.-
-Mi dici che ti ha preso?-
-La sua famiglia mi ha detto di averli visti insieme, continuavano a
ripetere quanto fossero una bella coppia...-
-Avete deciso voi di non dire niente ai suoi!-
-Sì, ma non per questo lei doveva andarsi ad appiccicare a
Vergil!-
sbottò Dante, a voce più alta del normale. Era
ancora
visibilmente alterato. Si sedette, lentamente, continuando a fissare il
pavimento.
-Dante, è un po' come se Federica vedesse noi due parlare da
soli e facesse una scenata. Capisci che non ha senso?- Sveva si
accomodò davanti a lui, prendendogli una mano, cercando di
farlo
ragionare e confortarlo al tempo stesso.
-Non è la stessa cosa. Tu ed io siamo amici. Mio fratello
è odioso, non ha amici e non c'è ragione per cui
Federica
debba parlarci...da sola.-
Sveva si morse le labbra, indecisa se parlare o meno. Alla fine si
umettò le labbra e confessò. -Potrebbe essere
stata colpa
mia.-
-Tu che c'entri?-
-Ti ricordi in spiaggia, quando ho raccontato di essere stata baciata
da un tizio...Ehm, era Vergil.- Sveva sentì l'amico
sussultare e
stringerle più forte la mano. Stavolta era lei a guardare a
terra, mentre Dante la osservava attentamente, malgrado soffrisse era
preoccupato per lei. -Temo che Federica volesse parlargli per dirgli di
starmi lontano, e volesse farlo senza di te, perché...sei
sempre
stato protettivo nei miei confronti, forse credeva che sapendo del
bacio tu avresti affrontato tuo fratello.-
-Certo che lo avrei fatto.-
-Appunto!-
-Ma così ho fatto anche di peggio! Me la sono presa con
lei...-
Un discreto bussare alla porta gli impedì di
crollare. Un
cameriere consegnò i gelati, equivocò la
situazione,
facendo un sorriso malizioso a Dante (che fece finta di non capire) e
se ne andò.
Sveva prese le coppe e le portò sul balcone. Il tavolo era
piccolo, ma per due bastava. -Ecco, come ti è venuto in
mente di
fare quella scenata?-
-Non so cosa sia scattato dentro la mia testa. L'ho vista con lui, la
mano sulla sua spalla e...sono crollato. Ho pensato che si fosse
pentita, che volesse lui, mi sono incazzato come una belva. Le ho detto
cose terribili.-
-Lo so.-
-L'hai vista?-
-Sì.-
-Come sta?-
-A pezzi.-
-Sono uno stronzo!-
-Concordo.-
-Grazie, sei una vera amica.-
Sveva mangiava a rallentatore il gelato, che cominciava già
a
sciogliersi. Cercando di estorcere qualche altra informazione a Dante.
Voleva farlo ragionare, doveva capire di aver sbagliato e correre ai
ripari. -Allora, perché te la sei presa con lei e non con
tuo
fratello?-
-Non lo so, Sve.- L'albino le sorrise, in modo dolce e un po' affranto.
Le accarezzò una guancia, con una complicità
più
forte del solito.
-Perché mi guardi così?-
-Mi stavo chiedendo se ci si sentisse così, ad avere una
sorellina più piccola.-
Sveva gli scompigliò i capelli, e gli allungò il
resto
del gelato. -Sei un tenerone, ma oggi l'hai fatta grossa! Non
basteranno gli occhioni dolci per farmi passare l'arrabbiatura, e con
Federica sarà anche peggio.-
-Ma lei proprio con Vergil doveva mettersi a discutere? -
-Se fai così torniamo al punto di partenza. Non puoi dare di
matto solo perché parla con un altro...Aspetti qualcuno?-
Dei
colpi alla porta li avevano distratti, anche se Dante sembrava ancora
perso nel cioccolato, ormai liquido. -Vado io.- Sveva si
alzò,
lanciandogli un'occhiataccia, sperando che l'amico si riprendesse in
fretta. Vederlo tanto afflitto le faceva male.
Aprì la porta quasi senza rendersene conto, con la mente
ancora
piena di dubbi sul rapporto tra Federica e Dante. Tornò
sulla
terra solo quando percepì uno strano silenzio, e qualcuno
incombere davanti a sè.
Vergil le sembrò più alto del solito. Torreggiava
su di
lei, che si sentì improvvisamente piccola piccola. Era
bellissimo, come al solito, ma la sua espressione era stranamente
inquietante. Sul suo viso non si leggeva alcuna emozione, come se fosse
una maschera di cera.
-Che ci fai qui?- le chiese.
Sveva si sentì incenerire da quegli occhi azzurri, e non
riuscì a rispondere. Fu certa che Vergil se ne sarebbe
andato,
che si sarebbe fatto l'impressione sbagliata, che l'avrebbe considerata
la solita stupida. Ma lui non lo fece. Mosse un passo verso di lei,
costringendola a spostarsi, ed entrò nella stanza. Si mise
al
centro, osservando il letto e poi il tavolo sul balcone, apparecchiato
per due. -Ho interrotto qualcosa?-
-Non sono affari tuoi- ringhiò Dante, che era stanco di
quella lunga giornata.
-Io e tuo fratello stavamo solo parlando. Gli stavo facendo capire
quanto fosse idiota.-
-Cosa?-
Fu solo un secondo, ma Sveva fu certa di averlo visto. Un sopracciglio,
uno solo, era schizzato in alto sulla fronte di Vergil. Era sorpreso.
-Diglielo anche tu.-
-Volentieri, tanto glielo dico da tutta la vita. Ma...biondina, hai
bevuto?- Vergil le mise due dita sotto
il mento, costringendola ad alzare il viso verso di lui. Sveva ebbe un
flash dell'ultima volta in cui aveva subito quel gesto, del bacio
rabbioso che si erano scambiati. Qualcosa in lei sperò in
una
replica, ma cercò di tornare alla realtà.-Cazzo,
tu lo
insulti ogni giorno. Per una volta che te lo chiedo io stai zitto?-
-Ha davvero detto....-Si chiesero all'unisono i gemelli, senza ripetere
la parola poco fine che di norma non esitavano a pronunciare.
Sveva si sedette sul letto e si massaggiò le tempie.
-Perdonatemi per aver offeso le vostre orecchie innocenti col mio
lessico sboccato! Ma qui abbiamo una questione importante da risolvere.-
-E sarebbe?- chiese Vergil?
-Non sono...affari tuoi!-
-Sì, è meglio che tu te ne vada.-
Assicurò lei,
guardando un punto imprecisato oltre la sua spalla. Era stanca, e
sentiva ancora in bocca il sapore amaro del cioccolato fondente. Troppo
cioccolato. Voleva solo andare in camera sua e riposarsi. Ma crollare
tra le braccia di Vergil, aggrapparsi alle sue spalle forti e larghe,
sarebbe stata una valida alternativa. Per una volta non lo
odiò
per i suoi modi altezzosi, non trovò nulla in lui di
insopportabile. Per una volta si concesse di esserne innamorata,
semplicemente. Irrimediabilmente. E lui intuì qualcosa. Lo
capì da come la guardava, malgrado il suo viso fosse ancora
una
maschera di algido distacco, i suoi occhi erano caldi, avvolgenti.
-Devo lasciarla qui?- Chiese al fratello, come se lei non fosse
presente. Come se lei fosse qualcosa di suo, che non voleva lasciare in
mano altrui.
Lei avrebbe dovuto arrabbiarsi per quel tono, per essere sempre
sminuita e manovrata, ma non ci riuscì. Non
riuscì a
nutrire sentimenti negativi, per quel bel ragazzo che le stava di
fronte."Vattene" si disse "Vattene, subito! Altri trenta secondi e ti
supplicherò di stringermi tra le braccia. Come se fossi una
di
loro, una di quelle sciacquette rifatte che ti piacciono tanto."
Qualcosa di quei pensieri riuscì a influenzare la
realtà,
perché prima che se ne rendesse conto Vergil era
già
fuori dalla porta e lei non aveva sentito una parola di quello che si
erano detti lui e il fratello. Qualcosa su una gita, l'indomani.
-Puoi smetterla di fissarlo come se fosse un angelo sceso dal cielo?-
le domandò Dante, tirandole un cuscino in faccia.
-Io non l'ho mai fissato in quel modo!-
-Di solito no, oggi sì.-
-Uhm...non cambiamo discorso! Siamo qui per te.-
-Così mi fai sentire colpevole- mormorò Dante,
abbandonandosi stancamente sul letto.
-Lo sei!-
-Ma Federica proprio con lui doveva appartarsi?-
-Di nuovo con questa storia? Non ha sbagliato lei, non l'ha fatta lei
la piazzata e non ha dato di matto! Dimmi, chi è stato a
fare
tutte queste cose?- domandò Sveva con l'aria da maestrina,
sedendosi accanto all'albino e accarezzandogli i capelli, per
compensare la ramanzina. Sembrava un ragazzo forte, incosciente, sempre
allegro, ma anche lui aveva i suoi lati deboli, dei demoni che si
portava dentro.
-Io, però...-
-Niente però.-
-Ok, ma...-
-Neanche ma.-
-Me la fai dire una cosa?-
-Sì, caro. Parla.-
-Non so perché l'ho fatto. Stavo per i fatti miei, tutto
contento della situazione, di stare con lei, di averla per me. E poi,
quando ho sentito quelle voci su lei e Vergil...mi è
crollato
addosso il castello di carte. L'unica cosa che sono riuscito a fare
è stata correre, correre a più non posso per
trovarli,
per vederli...-
-Perché ci tenevi tanto a trovarli?-
-Volevo separarli-
-Perché?-
Dante guardò Sveva, senza capire dove volesse andare a
parare,
ma le rispose, stando al suo gioco. -Perché Federica sta,
stava,
con me e non volevo perderla.-
-E qui casca l'asino!-
-Che c'entra l'asino?-
-Eh? No, niente. E' un'espressione italiana, vuol dire che siamo
arrivati al nocciolo della questione. Tu avevi paura di perderla, e ce
l'avevi perché lei per te è importante.-
-Sì, lo è- ammise Dante.
-E come si trattano le cose importanti?-
-Con delicatezza?-
-Bravo! Quindi farai di tutto per farti perdonare da lei?-
-Ma non so come!-
-Un modo ti verrà in mente, fratellone!-
Sveva si chinò a dargli un bacio sulla guancia, ricevendo in
cambio un abbraccio. Un ultimo lampo di preoccupazione passò
negli occhi di Dante, mentre guardava la piccola amica. Ma
subito
distolse lo sguardo e fissò il soffitto, sospirando.
-Buonanotte. Grazie per l'aiuto.-
-Quando hai voglia di parlare sai dove trovarmi. Anche al telefono,
anche se è tardi. Non ti fare problemi.-
Lo salutò con un ultimo cenno della mano, prima di uscire
dalla
stanza. Si appoggiò un secondo alla porta, ma qualcosa la
fece
sobbalzare dallo spavento.
-Hai paura di me, biondina?-
Vergil la scrutava a pochi metri di distanza. Era sulle scale, dove
avrebbe dovuto dirigersi anche lei, ma non aveva voglia di avvicinarsi
ulteriormente. La sensazione di dolce abbandono era sparita, sostituita
da solito timore, quasi reverenziale, contaminato da una certa rabbia
piena d'orgoglio. -No. Che ci fai qui?-
-Stavo tornando nella mia stanza. Quella lì.-
Indicò una
camera ad angolo, ma lei non aveva nemmeno bisogno di voltarsi per
sapere qualche fosse. Aveva fatto attenzione a leggere il numero della
stanza, impresso sulle chiavi, quando rientravano insieme dal mare.
Ci era anche passata davanti un po' di volte, come se fissare la sua
porta, potesse avere qualche effetto sul loro rapporto (che non fosse
farla sembrare un stalker). Vergil mosse qualche passo, avvicinandosi.
-Comunque, dovresti avere
paura di me...- Non finì la frase e le alzò il
mento con
una mano. Sveva sapeva che stava per baciarla e qualcosa, dentro di
lei, le impedì di muovere un muscolo. Voleva quel
bacio...che
non ci fu. Il suo cellulare scelse proprio quel momento per mandare dei
fastidiosi ronzii. Sveva aveva quasi dimenticato di stringere ancora in
mano il telefono. Entrambi guardarono verso il display, in cui
lampeggiava una busta e un nome maschile: Ettore.
Vergil se ne andò senza dire una parola. E la ragazza
sentì tutto il calore dissolversi con lui,
corrugò la
fronte, osservando con astio il cellulare. Proprio in quel momento
doveva suonare? Si avviò a passi pesanti nella propria
stanza,
ripensando a tutti gli avvenimenti della giornata. Aveva tentato di
fare da paciere tra i due litiganti, improvvisandosi dottoressa
stranamore, ruolo che le competeva per il suo temperamento
irrimediabilmente romantico, ma per i propri problemi di cuore non le
era di alcun aiuto. Tornò nella sua camera, chiuse la porta
con più forza del solito,
ma, malgrado non l'avesse proprio sbattuta, in quell'albergo silenzioso
lo trovò comunque un gesto audace. Che pensieri assurdi! Era
proprio ora di andarsene a letto.
Ciao,
ebbene
sì, ho già aggiornato. Il fatto è che
ho quasi finito di scrivere Doppia Coppia, mi mancano giusto i due
capitoli finali, e non veco l'ora di arrivare alla fine della storia
insieme a voi.
P.S. Me
lo lasciate un commentino?
|
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Capitolo 31 *** Luci spente in sala ***
L'ora di
pranzo era passata da un pezzo, ma lei non aveva ancora voglia
di alzarsi. Sebbene il letto fosse sempre più bollente,
Federica
si ostinava a rimanere con la faccia premuta contro il cuscino. Aprire
gli occhi e abbandonare la rassicurante morbidezza del materasso
avrebbe significato gettarsi di nuovo nella cruda realtà.
Quando
si era svegliata aveva sperato che fosse tutto un sogno, che Dante non
l'avesse davvero lasciata, che certe parole, così forti e
pesanti, non fossero mai state pronunciate. E poi c'erano tutte le cose
non dette, che aleggiavano fra loro, dividendoli sempre di
più.
Che gli era preso? Perché ferirla in quel modo assurdo? La
rivalità col fratello aveva raggiunto livelli insopportabili
e
lei non aveva voglia di trovarsi in mezzo a una lotta tra titani.
Essere schiacciata da due cretini insensibili non era proprio sulla
lista dei suoi desideri. Avrebbe dovuto mettersi l'anima in pace,
rinunciare a quell'amore prefetto che aveva vissuto in quei giorni e
ricominciare da capo.
Certo, c'era anche l'opzione B: fare un'altra scenata a
Dante,
riempirlo di parolacce per il suo comportamento, e poi concedergli la
grazia, come espressione della sua magnanimità. Ma lui
avrebbe
dovuto supplicare, strisciare ai suoi piedi ai limiti dell'umana
contrizione.
Sospirò, scalciando via il lenzuolo, che le si
era arrotolato
intorno a un piede. Doveva alzarsi, ma proprio non ne aveva voglia. I
suoi genitori non la chiamarono per pranzo, anche i piccoli di casa le
stavano alla larga, come se avessero intuito qualcosa. Ore e ore di
singhiozzi ininterrotti forse erano stati d'aiuto.
Il cellulare emise un debole "bip" che risuonò
nella stanza
silenziosa. Si catapultò verso il telefono, sperando che
fosse
Dante, che le stesse già chiedendo scusa, ma era solo Sveva,
preoccupata che lei stesse bene. Come diavolo faceva a stare bene, se
il ragazzo dei suoi sogni si comportava come un perfetto stronzo?
Non rispose al messaggio, ma l'amica non si arrese,
continuando a
chiamare. Federica non aveva voglia di parlare, ma la suoneria che
continuava a ronzarle nelle orecchie la innervosiva. Pensò
di
spegnere quell'affare e dire addio al mondo, tornando a dormire, ma
Sveva si sarebbe presentata a casa. L'avrebbe costretta a farsi la
doccia e a uscire. No. Doveva rispondere.
-Hai intenzione di restare a letto tutto il giorno?- chiese
l'amica, con un tono quasi arrabbiato.
-Sì.-
-Credi che così si risolveranno le cose?-
-No.-
-Pensi che starai meglio continuando a fare la zombie?-
-Bho.-
-Sai articolare un concetto che comprenda più
di tre lettere?-
-No.-
-L'hai voluto tu.-
Federica sentì che la comunicazione veniva chiusa
e rimase a
fissare il display con un'espressione incerta. "L'hai voluto tu" che
diamine significava? Chiuse gli occhi, portandosi le mani al viso,
troppo stanca anche per pensare. Dalla cucina arrivava il profumo del
basilico tritato, malgrado fosse solo pomeriggio sua madre stava
già preparando la cena. Forse dopo aveva da fare e non
voleva
perdere troppo tempo a cucinare. Perfetto, sua madre aveva una vita
sociale più intensa della sua. Complimenti Federica, stai per
vincere il premio "adolescenza sprecata".
Emise un basso ringhio di protesta verso il destino che le si era
ritorto contro all'improvviso, e si distese di nuovo sul letto.
Finché fosse rimasta lì, accoccolata sul
materasso, tutto
sarebbe andato bene. Doveva solo restare lì, ferma.
Gelo.
Uno tsunami di acqua gelida.
Un'onda anomala.
Sarebbe morta assiderata...nel proprio letto?
Aprì gli occhi e scese di scatto.
Sveva le stava davanti, con le mani sui fianchi e un secchio
vicino ai piedi.
-Non puoi averlo fatto sul serio!- gridò
Federica, passandosi le mani tra i capelli bagnati.
-L'hai voluto tu- sibilò l'amica, alzando la
testa, contrariata.
-Tua madre dice che hai dormito tutto il giorno. Non hai nemmeno
toccato cibo.-
Il suo stomaco confermò quell'osservazione con un
sonoro
brontolio. -Non posso credere che tu l'abbia fatto!- esclamò
ancora, guardando il lenzuolo bagnato, in cui era impressa la sua
sagoma, in un colore più chiaro.
-Che saranno mai due gocce d'acqua...-
-Gelata?-
-La preferivi bollente, con questo caldo?-
-Tu sei stata troppo attaccata a Vergil, stai diventando
perfida!-
L'accenno al ragazzo fece cambiare espressione all'amica,
per la prima
volta abbandonò il sorriso battagliero e sembrò
sperduta.
Federica si sentì stupida e cattiva, ma comprese quel dolore
inespresso. Anche lei stava provando qualcosa di molto simile. Corse ad
abbracciarla. -Scusami, non volevo.-
-Non fa niente, ma dovrai prestarmi un'altra maglietta.-
-Ehm?- Federica si staccò e iniziò a
ridere. Aveva
dimenticato di essere fradicia, e ora anche l'amica aveva i vestiti
chiazzati d'acqua, che rivelavano pezzetti di biancheria intima. -Ben
ti sta, dovrei farti uscire così!-
-Invece, adesso vai a farti una doccia, vera. Ti cambi,
presti una maglietta anche a me, e poi usciamo.-
-Dove andiamo?-
-Al cinema.-
-Ok, mi ci vuole qualcosa di soft.- Federica si fece
convincere alla
svelta, l'idea di eclissarsi davanti a un bel film d'azione non le
dispiaceva, e poi pregustava già una vaschetta xxl di pop
corn.
Andò in bagno, non prima di aver preso il cellulare, e aver
tolto la suoneria. Aveva già dato inizio al suo piano
malefico.
Le dispiaceva non poterlo condividere con Sveva, ma era meglio che lei
fosse rimasta all'oscuro, almeno all'inizio. Inviò qualche
messaggio, rilassandosi e sperando nel successo dell'operazione. Si
vestì in fretta, e per ripicca prestò all'amica
una
maglietta che non le sarebbe mai piaciuta. Nera sfilacciata, e con un
enorme teschio bianco.
-Ti sta benissimo!-
-Sembro una punk fuggita da un cimitero! Fede, prestami
qualche altra cosa...-
-No.-
-Ma dai, è anche aperta ai lati. Si vede il
reggiseno!-
Esclamò Sveva, scandalizzata, guardandosi i fianchi nudi,
nello
specchio.
-Già, perché il costume che avevi ieri
era castigatissimo...-
-Andiamo al cinema, non in spiaggia. E' diverso.-
-Appunto, in sala le luci saranno spente, non ti
vedrà nessuno.-
-E dai, ti prego!- piagnucolò, prendendo la
propria maglietta,
ancora orrendamente zuppa. -Se non fosse stata bianca non sarebbe
diventata trasparente...-
-E io non mi sarei divertita tanto a farti un dispetto.-
Federica le
fece una linguaccia, mentre si infilava un maglietta con il disegno di
un' ascia e finti schizzi di sangue.
-Stai scherzando? Insieme sembriamo due pazze, spaventeremo
la gente. Siamo inguardabili!-
-Perché avevi intenzione di fare conquiste,
stasera?-
-Io no...di uomini non ne voglio sentir parlare-
mormorò Sveva, arrendendosi alla maglietta col teschio.
-Ecco, vestite così ti assicuro che ci eviteranno
come la peste. Ed è proprio quello che vogliamo.-
Sveva le lanciò un'occhiata strana, mentre
afferrava la borsa e
ci metteva dentro la maglietta. Federica non ci fece caso, lasciandosi
trascinare verso l'unico cinema della zona. -Che film c'è in
programmazione?-
-Non lo so, ma se anche fosse un horror me lo
farò andar bene-
assicurò l'amica, passandosi le mani sulle braccia, come se
avesse i brividi.
-Certo, stai già tremando. Fifona. A me basta che
non sia una di quelle robe sdolcinate, non è proprio
periodo.-
-No, hai ragione. Per quanto io sia sempre da commedia
sdolcinata...in questo momento non lo reggerei nemmeno io.-
-Non manca molto, ma è l'unico cinema, se
vogliamo trovare i
biglietti dobbiamo sbrigarci- disse Federica, aumentando il passo.
Sveva le restò vicino per un po', ma quando
furono quasi
arrivate si fermò. -Non c'è bisogno di correre. I
biglietti ce li ha abbiamo già...-
-E come?-
-Ciao, ragazze.-
Federica si voltò al suono di quella voce, fin
troppo
conosciuta. Riusciva persino a vedere le sue labbra che si muovevano,
mentre pronunciava quel saluto scarno. Labbra piene, morbide, giocose.
Le aveva baciate, assaporate. Aveva riso ed era stata felice al suono
di quella voce. Si voltò di scatto, ma chiuse gli occhi.
Come se
non volesse vedere, eppure fosse fatalmente attratta dal ragazzo che
aveva davanti. -Che cazzo ci fa lui qui?-
-Stavo per chiedere la stessa cosa!-
Federica si voltò verso Sveva, con tono
accusatorio. Si sentiva
tradita e voleva farglielo sapere. -Come se non avessi organizzato
tutto tu...- stava già per puntarle un dito contro, ma si
ritrovò a fissare quasi un fantasma. La sua adorabile
biondina
era impallidita di colpo e fissava qualcosa alle sue spalle. Diede
un'occhiata veloce.
Vergil stava fissando Sveva, con un sorriso sardonico e in
una posa
indolente. -Ho deciso di unirmi anche io alla festa. In fondo il cinema
è pubblico, non devo mica chiedere il permesso per vedere un
film.-
-A proposito, che vediamo?- chiese Sveva, tentando di
cambiare
argomento. Prese Federica sotto il braccio e si avvicinò a
Dante, cercando di riavvicinarli in una maniera piuttosto tristemente
comica. La fulminarono entrambi con lo sguardo, ma non si allontanarono
l'uno dall'altra.
-Pensavo lo sapessi- le rispose Vergil, indicandola e
fissando la sua maglietta. -Visto come ti sei conciata.-
-Che...che vuoi dire?-
-Il film si chiama "chi non muore si rivede".-
-Ditemi che è un film di spionaggio-
supplicò Sveva, osservando i tre amici uno per uno.
Fu Federica a risponderle, con uno sguardo che
esultava vendetta.
-No, un horror puro: zombie, cacciatori demoni, qualche fantasma e
litri di sangue. Meraviglioso, no?-
-Fantas...litri di...- l'amica si appoggiò al
muro, come
cercando sostegno. Ma Vergil la prese per un braccio, incitando tutti
ad entrare, prima che i posti migliori fossero già presi.
La sala era quasi vuota. Il film doveva essere inadatto alle
innocenti
famigliole del paese. Federica alzò le spalle, pensando che
brutali omicidi e spari a tutto volume erano proprio ciò che
ci
voleva per tirarla su di morale. Osservò con aria critica
Dante
che sceglieva i posti. Li approvò silenziosamente, proprio
quelli che avrebbe scelto lei. Centralissimi. Si costrinse a non
sorridergli, a non buttargli le braccia al collo, mormorando un
"perfetto, amore", prima di baciarlo. Lo guardò infilarsi
nella
fila stretta di poltroncine, e notò come la t-shirt rossa si
tendeva sulle sue spalle ampie. Quanto era bello. Ed era stato suo per
un po' di tempo. Perché non lo era ancora?
Ricordò il
litigio, lo schiaffo, e qualcosa nel suo stomaco si contrasse. Lo
voleva ancora. Anche se era stato un bastardo.
-Che?- ricevette un colpo alle spalle. Una spinta troppo
leggera per
farla cadere, ma abbastanza decisa da farla addentrare nella fila di
poltroncine.
-Vai avanti!- la incitò Sveva, con un sorriso
angelico.
Quella piccola strega l'aveva fatta sedere vicino a Dante.
Di
proposito! Doveva essere quello il suo piano fin dall'inizio.
Probabilmente, se non ci
fosse stato Vergil, avrebbe trovato una scusa per lasciarli soli,
cercando di farli riappacificare. Avrebbe voluto strangolarla, ma aveva
un'arma migliore a disposizione. La prese per mano e la fece sedere
accanto a sè. Vergil chiudeva la fila. E Sveva restava
incastrata tra lei e il suo peggiore incubo. Non si sarebbe mossa, ma
avrebbe avuto una fifa blu. Vergil capì la manovra,
perché le fece un luminoso sorriso di incoraggiamento. Oh,
Federica voleva un gran bene alla sua migliore amica, l'avrebbe
ringraziata per tutti gli sforzi fatti per farla stare meglio, ma quel
giorno era stata proprio insopportabile: i messaggi, la secchiata
d'acqua gelida, l'incontro a tradimento con Dante. Aveva bisogno di una
piccola punizione, no?
-Ti ricordi? Abbiamo visto il trailer del film, qualche
giorno fa.-
Dante le porse la ciotola di pop corn più grande che avesse
mai
visto. Le sorrise, timidamente, e si passò una mano tra i
capelli bianchi. Era nervoso. Lo sapeva, lo percepiva con ogni fibra
del proprio corpo. Dannazione, come avevano fatto a entrare in sintonia
così profondamente e in così poco tempo. Le stava
davanti
con quell'aria da bambino colpevole, di quelli che sanno di aver fatto
una marachella ma ti guardano con gli occhi dolci, irresistibili.
Avrebbe voluto urlargli contro, tempestargli il petto di pugni,
scrollarlo fino a fargli sputare la verità, su cosa cavolo
gli
fosse preso l'altro giorno. Ma rimase ferma al proprio posto, annuendo
e mangiando i pop corn.
Le luci si spensero e il silenzio calò sulla sala
praticamente
vuota. Federica non riusciva a sentire altro che la presenza di Dante.
Tutto il resto attorno a lei era sparito. Come se fossero soli al
mondo, come se in tutto l'universo esistessero solo quelle due
poltroncine. Il braccio, a contatto con quello dell'albino, sembrava
bruciarle e il cuore non smetteva di battere furiosamente, sembrava
volesse schizzarle via dal petto. Dannazione, era innamorata.
Completamente persa per quel tipo accanto a lei, che non smetteva di
agitarsi sulla sedia e sorriderle. Se si fosse voltata e l'avesse
baciato, così come se nulla fosse, avrebbe fatto la figura
della
pazza? E poi no, non poteva fargliela passare liscia, non poteva
comportarsi come un tappetino. Dante l'aveva ferita, maltrattata,
offesa senza ragione, e lei non avrebbe ingoiato il proprio orgoglio.
Doveva resistere, o almeno fingere di resistere, perché il
cuore
si era già arreso.
-Ho già capito chi è il colpevole- si
lamentò Dante, sorseggiando la coca-cola ghiacciata.
-Anche io, e il film è iniziato solo da venti
minuti- rispose
distrattamente Federica, senza badare al tono di voce, tanto non c'era
nessuno vicino al loro gruppo.
-Però le armi sono fantastiche!-
-Hai visto il design della pistola?-
-Quella per i fantasmi?- chiese Dante, aguzzando lo sguardo.
-Sì. Non ti sembra uguale a quella di Mike, in
Die Now 3?-
-Hai ragione!-
Sveva cercò di concentrarsi sulle chiacchiere
della coppietta a
fianco a lei. Vedeva le teste vicinissime e per un momento
pensò
che si sarebbero baciati, ma tutti i discorsi di proiettili speciali e
caricatori infiniti le uccisero l'ultimo briciolo di romanticismo
rimastole. Cercò di non dare nell'occhio mentre si girava a
guardare quei due. Il sorriso di Dante era così ampio che
avrebbe potuto illuminare la sala, e Federica gli stava vicino con
noncuranza, come se, presa dalla discussione, avesse dimenticato la
rabbia. Erano perfetti insieme, così in sintonia,
così
simili nei gusti e negli atteggiamenti. Una piccola fitta di invidia la
trafisse. Lei e Vergil erano bravi soltanto a ferirsi, a prendersi in
giro. Non avrebbe mai avuto con lui lo stesso rapporto, di armonia ed
entusiasmo.
Sospirò guardandosi i piedi. Praticamente
guardava ovunque
tranne che nello schermo. Anche solo i rantoli e i lamenti che le
arrivavano alle orecchie le facevano venire la pelle d'oca. Non aveva
bisogno di voltarsi per sentire Vergil che ridacchiava. Sapeva
perfettamente che la stava osservando e si divertiva a vederla tremante
di paura.
-Che sei venuta a fare, se non pensi al film?- le
sussurrò. Il
suo fiato caldo le solleticò il collo. E per una volta in
quell'ora il brivido non fu di terrore.
-Infatti, non era nei miei piani venire al cinema. Mi sarei
eclissata prima che iniziasse lo spettacolo.-
Vergil si abbassò sullo schienale e si
coprì la bocca con
un mano. Con la coda dell'occhio lei lo vide sussultare, cercando di
trattenere una risata. Era talmente comico, lui che di norma era
così serio e compassato, che una risata stava per sfuggire
anche
a lei...se uno dei mostri non avesse scelto proprio quell'istante per
lanciare un urlo raggelante. Un solo fotogramma di una testa mozzata e
orrendamente sfigurata passò sullo schermo. Ovviamente, fu
il
solo fotogramma che Sveva vide. Le bastò quell'attimo per
dimenticare l'orgoglio, mettersi le mani davanti al viso...e buttarsi
tra le braccia di Vergil.
-E' finito? Dimmi se è finito, altrimenti io non
guardo. Anzi,
anche se è finito io continuo a non guardare...ho paura! No,
per
l'esattezza sono terrorizzata...Che ci trovi di divertente, idiota?-
Sveva
sentiva l'ampio petto di Vergil scosso dal ridere, aveva
gettato la testa all'indietro e non si stava minimamente trattenendo.
La ragazza si sarebbe sentita
umiliata, se non fosse stata davvero troppo spaventata per pensare a
qualcosa di diverso dal mostro sullo schermo. Continuava a tremare,
conscia degli incubi che l'avrebbero perseguitata per mesi, e quasi non
si accorse delle braccia di Vergil che la stringevano e l'accarezzavano
gentili, dalle spalle alla vita. In un suo strano modo la stava
coccolando.
-E' solo un film! Non puoi davvero avere paura- le
mormorò tra i capelli.
Lo fulminò con un'occhiata. Anche nella penombra
fu certa che
lui avesse visto la sua espressione comicamente traumatizzata. Si rese
conto di essere pericolosamente vicina al volto dell'albino e
cercò di staccarsi da quell'abbraccio rassicurante. Si
voltò piano, lentissimamente, verso lo schermo. Il
protagonista
era solo, in mezzo a una palude. La scena era relativamente tranquilla.
Allora perché Vergil aveva aumentato la pressione su di lei,
come per attirarla di nuovo, distraendola. Perché avrebbe
dovuto
catapultarsi ancora su di lui? Un
cadavere in putrefazione, con visceri esposti e penzolanti,
riempì la sua visuale per il mezzo secondo più
brutto
della sua vita. Sveva gettò le braccia attorno al collo di
Vergil, e nascose il viso contro il suo collo. Al diavolo la
presunzione, il cercare di darsi un tono. Era troppo spaventata per
ricordarsi di odiare il ragazzo che la stringeva forte, l'unico porto
sicuro in quel mare oscurità e grida smorzate. Voleva solo
inspirare il suo profumo e sentirsi al sicuro.
-Non ho paura. E' solo
che il tuo neo è più interessante del film...-
-Non ho nessun neo, almeno non sul collo.-
-Perché, ne hai in altri posti?- chiese Sveva,
con voce incolore.
-Sei proprio sicura di voler fare questa conversazione?-
rispose lui, divertito.
-No, ma voglio dimenticarmi del film...-
-Mi spiace per te, ma io ho tutta l'intenzione di
guardarlo!- Vergil
smise di sorridere e la allontanò in malo modo, facendola
tornare al suo posto e distanziandosi per quel poco che permettevano le
poltroncine attaccate. Sveva si accorse
solo allora di come si fosse sentita protetta accanto a lui, e di come
il
gelo le invadesse anche le ossa, ora che non aveva più il
suo
tepore attorno al corpo. Si rannicchiò, voltandosi
dall'altro
lato. Federica e Dante stavano
avvinghiati, parlottando di qualche categoria di mostro particolarmente
difficile da sconfiggere. I loro sorrisi la riscaldarono un po'. In uno
strano modo, in quel cinema, si stava proiettando anche una commedia
romantica. E Sveva preferiva di certo quello spettacolo agli spettri
sanguinolenti, che tentava caparbiamente di ignorare.
Le luci si accesero. Erano in uno dei pochi cinema senza
posti numerati
e che facevano ancora l'intervallo. Federica scattò in
piedi,
fiondandosi verso il bagno, senza nemmeno aspettarla. Sveva
sospirò, incapace di muoversi. Ogni volta che chiudeva gli
occhi
si ritrovava davanti la testa mozzata di chissà quale
personaggio.
-Gran bel film!- esclamò Dante, senza badare al
suo aspetto verdognolo.
-Spettacolo imperdibile- rise l'altro gemello. E
Sveva non fu certa che si stesse riferendo alla pellicola.
Federica tornò solo all'inizio del secondo
tempo,e lei nel frattempo dovette
sorbirsi tutti i commenti orrorifici dei gemelli. Quando le luci si
spensero di nuovo, Sveva si lasciò scivolare sulla
poltroncina.
Si girò ancora sul fianco sinistro, ma incontrò
lo sguardo
contrariato dell'amica, a cui non piaceva essere osservata mentre si
abbandonava a un entusiasmo splatter con Dante. Conscia di aver
architettato tutto quel piano per farla riappacificare col fidanzato,
Sveva le lasciò la sua privacy, voltandosi sul fianco
destro.
Perfetta visuale sull'addome di Vergil. Pessima scelta.
Un movimento le
fece alzare lo sguardo. Vergil aveva inclinato la testa e la stava
guardando, come si fa con uno strano animaletto buffo e in via
d'estinzione. Nei suoi occhi si leggeva un rimprovero a caratteri
cubitali: "Sei un disastro. Che cavolo ci fai davanti a un film horror
se stai svenendo dalla terrore?" Avrebbe voluto avere una risposta
intelligente, ma non ne trovò nessuna. Alzò le
spalle e
chinò ancora il capo, cercando di non guardare nemmeno
l'orribile maglietta che Federica l'aveva costretta a indossare. Temeva
che il teschio sulla stoffa si animasse e iniziasse a urlare. Era un
momento da incubo, i colpi di proiettile le risuonavano nella testa e
anche l'odore chiuso della sala iniziava a farla sentire male.
Tremò quando qualcosa le sfiorò la spalla. Chiuse
ancora
di più gli occhi, convinta di scoppiare a piangere entro
qualche
secondo, ma invece si sentì trascinare verso un corpo solido
e
caldo.
-Sciocca e fifona.- le sussurrò Vergil, mentre le
infilava una mano tra i capelli, accarezzandola piano, rassicurante.
Lei si
lasciò cullare da quel tocco gentile, dal suo respiro
profondo e
regolare. Non aprì gli occhi, si lasciò guidare
dagli
altri sensi, isolando la voce bassa di Vergil dal trambusto che
proveniva dagli altoparlanti, avvertendo la forza delle sue braccia,
delle spalle a cui si era aggrappata, fino al suo profumo, lieve ma
virile.
-Questa battaglia l'ho vinta io- continuò lui,
baciandole
la fronte per un attimo, e poi rinnovando il contatto sempre
più
a lungo, per poi scendere ancora più in basso lungo il viso.
-Mi arrendo senza neanche combattere- sussurrò
Sveva, troppo
confusa da tutte quelle emozioni, prima di svanire in un bacio,
silenzioso ed esigente.
Ciao a tutte,
mi avete chiesto un nuovo capitolo per il fine settimana e io sono
felice di postarvelo. Che ne pensate?
Volevo davvero ringraziarvi per le recensioni all'ultimo capitolo e per
il supporto che mi state dando in questo periodo. Non sapete quanto mi
faccia piacere trovare i vosti commenti e sapere che seguiate la mia
storia con tanto interesse! :)
Colgo l'occasione per farvi i miei migliori auguri di una Buona e Santa
Pasqua.
Vi posto il capitolo a un'ora infame, sono quasi le due di notte, per
questo non ho ancora risposto alle vostre recensioni, ma
risponderò quanto prima. Posto ora perché oltre
ad essere Pasqua è anche il mio compleanno e una volta sorto
il sole temo che sarà una corsa fino al pomeriggio.
Non so se qualcuna di voi legga in digitale, o se possa interessarvi ma
per Pasqua l'editore (Triskell) sconta il mio e-book, una
novella originale di una settantina di pagine. Vi lascio il link.
Fuori da efp ho partecipato anche ad altre antologie gratuite, una la
trovate in alto sulla mia pagina autore, l'altra si intitola "Tutto
nasce da qui", ed è curata da una bravissima blogger che in
passato lavorava per una casa editrice, come editor. Non so, ditemi se
vi interessa saperne di più. <3
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Capitolo 32 *** Tutti contro tutti ***
-Biondina sei
stata proprio scorretta. Lo sai, vero?-
Sveva si trovò di fronte alla versione imbufalita della
propria
migliore amica. La guardò per qualche istante, senza sapere
bene
cosa rispondere. -Che vuoi dire?-
-Una sola parola, anzi un nome. Dante. E lo hai anche fatto sedere
accanto a me!-
-Avresti potuto ignorarlo. Ma non mi pare tu lo abbia fatto-
Federica ignorò il sorrisetto che si stava stampando sulle
labbra di Sveva, in quel momento era troppo occupata a trascinarla per
metà del cinema, e allontanarsi il più possibile
dai
gemelli. Si voltò per tenerli d'occhio, ma sembravano
chiacchierare amabilmente, a qualche metro dal loro. -Fai poco la
spiritosa. Sono ancora arrabbiata con lui. Se potessi gli darei un
pugno in faccia.-
-Io lo sapevo che non dovevamo vedere un film violento!-
-Il film è stata la giusta punizione per una traditrice come
te!-
-Sei anche paranoica, tra poco crederai che ti abbiano versato
dell'arsenico nella coca cola.-
-Che stai blaterando?Era buona la coca, nemmeno troppo annacquata...-
-E a casa dormirai con la luce accesa, perché il buio attira
i
fantasmi. Ma tu ci credi che se c'è la luna piena durante un
giorno dispari di un anno pari si possano evocare gli spiriti?-
-Cosa? Sveva perché stai tremando?-
-Io...no, però credo che dormirò con la luce
accesa per le prossime notti, settimane. Facciamo qualche anno.-
-Fifona.-
-Dimmi almeno che ne è valsa la pena. Tu e Dante avete
parlottato tutto il tempo! Farete pace?-
-Ma che sei scema? No, noi non abbiamo parlottato.-
-Vi ho sentiti. Parlavate di bossoli e cartucce!-
-E va bene. Gli ho rivolto la parola. Ma nient'altro.-
-Sai Fede, se non avessi sentito l'argomento piuttosto guerrafondaio vi
avrei trovati quasi romantici. Così vicini...-
-Smettila. Non ho intenzione di perdonarlo.-
-Ma se lui si facesse perdonare? Se si sforzasse, intendo?-
-Potrei anche pensarci un po' su. Questa serata, comunque, non
è stata un completo fiasco.-
-Lo sapevo che ti avrei convinta a dare una seconda chance a Dantino...-
-Parlavo del film! Era abbastanza bello. E, comunque, se ti sentisse
chiamarlo in quel modo, "Dantino" ti farebbe fare la fine
della
tipa strozzata con la maglietta di Justin Bieber intrisa di sangue
infetto.- Federica si girò in tempo per vedere l'amica
appoggiarsi al muro e portare una mano davanti alla bocca, perdendo
quel poco di colorito che stava riacquistando. -Ma tu come hai fatto a
sopravvivere a questo film? -
-Non sono certa di essere sopravvissuta. Potrei schiattare nei prossimi
cinque minuti.-
-Se la mia contessina dice la parola "schiattare" vuol dire che stiamo
messe proprio male.- Si avvicinò ancora di più
Sveva,
stringendo gli occhi in due fessure. -Confessa. Sai dove voglio
arrivare. Tu mi hai vista parlare con Dante...ma io ho visto ben altro
tra te e l'uomo di ghiaccio!-
-La spiegazione è molto semplice.- Sveva sospirò,
guardando verso i gemelli, che ancora non si avvicinavano, quasi
timorosi.
-Allora parla.-
-Hai avuto le allucinazioni.-
-Cosa?-
-Credo sia un effetto collaterale del film!-
-Sì, e sto immaginando anche il tuo rossetto sbavato?Avresti
dovuto usarne uno a lunga tenuta. Su certe cose sei proprio una frana.-
La ragazza strabuzzò gli occhi e si coprì di
nuovo le
labbra con una mano. Cercò con lo sguardo uno specchio, in
cui
valutare il disastro. Mentre l'amica, impietosa, rideva a crepapelle.
-Tutto bene?- I gemelli, finalmente, trovarono il coraggio di
raggiungere le ragazze. Dante, però, sembrava aver perso la
sua
baldanza, stando sempre qualche passo indietro e lanciando qualche
sguardo fugace a Federica. Non aveva il coraggio di guardarla per
più di qualche secondo. Il buio della sala aveva giocato a
suo
vantaggio, come se nell'ombra si fosse quasi dissolto anche il loro
litigio. Sapeva di essere stato uno stronzo e che non avrebbe potuto
rimediare facilmente. Per questo non aveva allungato un braccio sulle
spalle di lei e non aveva nemmeno tentato di baciarla, malgrado la
voglia lo stesse torturando. Ma adesso, sotto tutta quella luce, poteva
vedere lo sguardo severo della sua ragazza e capiva perfettamente la
sua rabbia, la distanza che aveva messo tra loro.
Vergil si accorse che Sveva lo stava fissando in modo strano.
Ovviamente era scossa per quello che era successo poco prima. La loro
estrema vicinanza non aveva lasciato indifferente nemmeno lui. Doveva
ammettere che averla tra le braccia e sentirla, per una volta,
completamente cedevole e indifesa non gli aveva fatto sentire quel
senso di esaltazione e vittoria, che aveva sempre immaginato. No, aveva
percepito una tenerezza sconosciuta, il desiderio di accarezzarla e
stringerla ancora di più al petto, di approfondire il bacio
che
si stavano dando, di sentire un brivido passare dalla propria pelle a
quella di lei. Si chiese se stesse pensando le stesse cose, ma non
riusciva a decifrare gli strani segni che gli stava lanciando,
silenziosamente. Perché si toccava la guancia in quel modo
assurdo?
-Ecco un'altra vittima del trucco scadente!- esclamò
Federica, continuando a ridacchiare.
-Voi due perché non iniziate a decidere il ristorante? Muoio
di
fame!- Sveva diede una leggera spinta alle spalle di Dante, per farlo
avvicinare all'amica, e poi afferrò il braccio di Vergil e
lo
portò un po' più lontano.
-Cosa c'è non riesci più a starmi lontana?- le
mormorò Vergil, scostandole una ciocca di capelli biondi dal
viso.
-Cancellati quel sorissetto compiaciuto dalla faccia, e già
che ci sei cancella anche il rossetto.-
-Il cosa?-
-Il rossetto, Vergil. Ehm, hai il mio rossetto vicino alle labbra.- La
ragazza aprì la borsa e gli porse un pacchetto di
fazzolettini,
sperando che lui non facesse caso alla confezione rosa con i gattini.
Proprio in quel momento il suo cellulare squillò per
l'arrivo
di un messaggio. Era l'occasione perfetta per distrarsi, non poteva
continuare a fissare Vergil che si tamponava quelle labbra perfette o
avrebbe perso anche l'ultimo briciolo di sanità mentale.
Vergil faceva finta di non badare alla ragazza accanto a sè,
in
realtà non si perdeva nemmeno un suo gesto. Aveva visto le
occhiate che gli aveva lanciato, si era accorto di come cercasse di
apparire indifferente, senza esserlo davvero. E adesso, pur occupato a
togliere ogni traccia di quella dannata tintura, stava spiando con
curiosità lo schermo del cellulare. Si era aspettato che lei
lo
riponesse nella borsa, che non badasse a qualche seccatura, almeno non
mentre era così vicino a lui. Ma, invece, Sveva riaccese lo
schermo, sul quale apparve un nome che lui aveva già
iniziato ad
odiare: Ettore. Era la volta buona per capire se le accuse di Federica
fossero fondate o solo manovre per infastidirlo. Come se lui potesse
essere geloso di Sveva! Fissò con astio il sorriso che
spuntò
sulla bocca di lei, quella stessa bocca che poco prima era soltanto
sua, e non si fece scrupolo nello spostarsi leggermente di lato e
leggere il contenuto del messaggio.-
Ciao stella, come va la
serata? Qui in Provenza non c'è molto da fare,
perché l'estate prossima vieni da me?
Sveva scosse la testa leggendo il messaggio. Ettore, uno dei suoi
compagni di classe, uno dei pochi con cui avesse legato un po' di
più, in quel periodo era insolitamente gentile. Anzi, da un
paio
di giorni la tartassava di messaggini, pieni di battute e frasi
affettuose. Che gli prendeva? Forse si sentiva solo. Era un tipo
alternativo, sempre con la testa tra le nuvole e tra i libri, un po'
come lei, probabilmente non aveva amici con cui trascorrere le vacanze
e quello era il suo modo di allontanarsi dalla monotona
realtà.
Si affrettò a digitare la risposta, completo di faccina
sorridente: Qui invece
c'è burrasca, magari pensare alla Provenza potrebbe farmi
bene :)
Quando posò il cellulare, lo sguardo le cadde sulla mano di
Vergil. La punta del fazzoletto bianco si intravedeva tra le dita
serrate talmente forte da far sbiancare le nocche.
Ebbe timore di guardare ancora un po' più in alto, ma quando
si
decise vide solo le spalle dell'albino, che si era allontanato verso il
getta carte.
Vergil, dal canto suo, stava facendo un'immane fatica per trattenere la
rabbia. Respirava profondamente e cercava di placare il calore che
sentiva espandersi nel petto. La sua mente continuava a recitare i
testi di quegli stupidi messaggini, come se li avesse ancora davanti
agli occhi. "Stella" la chiamava. Effettivamente i suoi capelli
splendevano come gli astri notturni, ma nemmeno lui si sarebbe
azzardato a farle un complimento tanto antiquato. "Come va la serata?"
perché quello sapeva anche della serata, quindi si tenevano
costantemente in contatto. Serata che secondo lei non era delle
migliori, dato che "pensare alla Provenza potrebbe farle bene". L'aveva
baciata. Aveva posato le proprie labbra su quelle di
lei, ed era andato anche oltre, assaporando la sua bocca, il suo sapore
di presunta innocenza. Che altro poteva desiderare di più
quella
piccola strega? Ma certo la Francia! In quel momento li avrebbe
annegati entrambi nel vino francese, lei e quell'altro! Ma nulla di
tutto ciò doveva trasparire dal suo viso. Assolutamente
nulla. Non le avrebbe mai dimostrato tanto interesse, nè le
avrebbe
fatto notare di aver letto i suoi stupidi sms.
-Spero che tuo fratello e Federica abbiano scelto dove mangiare. Ho una
fame! Tu?- gli chiese Sveva, affiancandosi di nuovo a lui.
-Un po'. A me va bene qualunque posto, basta che non sia costretto a
farti di nuovo da balia.-
Dante affondò le mani nelle tasche, come se quel gesto
avesse
potuto trattenerlo dal fare qualcosa di sconsiderato. Federica lo
fissava con astio malcelato, e la voglia di abbracciarla, di stringerla
fino a farle capire quanto bisogno avesse di lei, stava diventando
irrefrenabile. Erano a pochi passi l'uno dall'altra, riusciva ancora a
percepire il suo profumo fruttato, eppure la distanza era insondabile.
Sembrava che ci fossero interi oceano a separarli, che si
guardassero dalle sponde opposte, senza il coraggio di buttarsi per
raggiungersi. Dante sapeva che avrebbe dovuto tuffarsi per primo, che
aveva sbagliato e doveva, anzi voleva, disperatamente rimediare.
Perché quel rapporto non era un dovere, non c'era alcun
obbligo
tra loro, avrebbe potuto lasciare che ogni vincolo si sciogliesse, e
poi
mandare tutto all'aria. Ma non voleva, era proprio quella maledetta
voglia a tenerlo in vita, a spingerlo a continuare, a cercare di farsi
perdonare. Il suo più grande desidero era di
liberare le mani, protendere le braccia con la consapevolezza che
Federica ci si sarebbe buttata, che l'avrebbe ancora stretta al petto,
sapendo che lei era sua. Era il suo paradiso, l'unica persona in grado
di trasformare anche la più noiosa delle giornate in una
montagna russa emozionale.
Allora perché non rischiare per andare a riprenderla?
Perché il mare era ancora troppo agitato. Il vento della
rabbia
spirava furioso, agitando le onde dell'orgoglio ferito. Cercare di
attraversare quella tempesta avrebbe potuto portarlo a farsi ancora
più male. Ma lui non voleva tirarsi indietro, no, voleva
solo
approfittare del momento giusto, anche il minimo segno di quiete: fosse
durato anche solo un secondo lui l'avrebbe riconosciuto. E nel
frattempo sarebbe rimasto lì, sulla riva, per farle capire
che
non si era allontanato, che la voleva e che aveva capito di dover fare
ammenda.
-Ehm...- si schiarì la voce, improvvisamente imbarazzato.
Era strano sentirsi a disagio proprio con lei.
-Cos'è adesso non sai articolare nemmeno una parola sensata?-
-Certo che so farlo. Non c'è bisogno di parlarmi
così!-
-Sua grazia mi perdoni!-Federica si celò dietro il sarcasmo
per
nascondere la delusione. Era ferita, ma voleva nascondere quanto grave
fosse la situazione. Non era mai stata una molto fragile, aveva la
corazza dura, di solito mandava K.O. l'avversario al primo colpo, ma
con Dante era diverso. Si sentiva indifesa, completamente esposta ai
colpi. Quella sensazione non le piaceva, ma non riusciva a modificarla.
Non aveva capito subito cosa le stesse succedendo. Il batticuore le
aveva dato alla testa e l'innamoramento l'aveva vinta definitivamente.
Si era sentita come un'astemia alla prima bottiglia di super alcolico.
Leggera e sulle nuvole, rideva senza chiedersene il motivo, grata di
quegli istanti di felicità rubati a una vita spesso grigia e
triste. Ma poi era arrivato il conto da pagare. Il litigio con Dante
era stato spossante come il mal di testa del dopo sbornia. Lo stomaco
non le dava tregua, la testa le pulsava in modo insopportabile.
L'infelicità l'attanagliava, lasciando posto solo al dubbio,
alla confusione: lo devo perdonare oppure no?
Perché si è così indifesi di fronte
all'amore?
Perché sono proprio le persone con le quali ci abbandoniamo
a
ferirci di più? Federica lo guardava e si sentiva smarrita.
Arrabbiata per i colpi ricevuti, ma anche con la voglia di lasciarsi
consolare dal suo stesso assalitore.
-Cosa ti va di mangiare?-
-Tu sei buono solo a parlare di cibo.-
-Cosa vorresti che dicessi?-
-Non lo so.-
-Scusami.-
-Non mi hai pestato un piede, Dante. Non puoi cavartela con una
parolina gentile. E comunque non possiamo parlarne adesso.-
-Lo so che devo dimostrarti molto di più, però...-
-Però cambia argomento! Continuiamo sul cibo, che almeno in
quel campo sai come comportarti.-
-Hai fame?-
-Sì, sono affamata.-
-Pizza?-
-Perché pensi sempre alla pizza?-
-Perché ogni cosa che dico non ti va bene?-
-Voglio un panino e delle patatine fritte.-
-Roba sana...-
-Quando mai tu pensi a mangiare sano!-
-Io no, ma di solito voi donne pensate alla linea.-
-Mi stai dicendo che devo mettermi a dieta?-
-Cosa? No! Ovviamente no.-
-Sei proprio un ba...-
-Babbano!- Federica e Dante si girarono verso Sveva, che
arrivò
gridando la parola "babbano", mentre prendeva sottobraccio l'amica e
fulminava Dante con uno sguardo. -Se avessimo visto Harry Potter tu
saresti proprio un babbano. Sì, in effetti sarebbe stato
meglio
vedere Harry Potter. Era questo che stavi dicendo, vero? Fede mi
ascolti?-
-Sì, e non stavo per dire babbano...Ahi!- Federica
incassò il calcio dell'amica con malagrazia, senza capire da
che
parte stesse. Intuiva i bizzarri tentativi per riappacificarli, ma
doveva anche essere
conscia degli istinti omicidi che la animavano, e che erano tutti
diretti verso il suo ex.
Ex.
Solo due lettere per definire Dante. Il
cuore le fece male, due misere lettere non potevano contenere tutti i
sentimenti che aveva provato in quel periodo. L'ansia nel vederlo
avvicinarsi, la speranza di piacergli, di ricevere un complimento. La
passione nello sfiorargli le labbra, poi di assaporare la sua pelle
dolce amara, l'incredula certezza di averlo
tutto per sè. Come diavolo avrebbe fatto a lasciarlo andare?
Lo
guardò, cercando di dissimulare la tristezza. Fu abbagliata
dalla vista del suo fisico slanciato e perfetto. Gli addominali si
intravedevano sotto la maglietta aderente, le gambe lunghe erano
fasciate alla perfezione dai jeans stretti. E quegli occhi di un
azzurro accecante! Se non lo avesse perdonato lui si sarebbe trovato
un'altra. Non ci avrebbe messo molto, anzi. Le ragazze cadevano ai
piedi dei gemelli, senza mostrare un briciolo di dignità,
non si
curavano nemmeno di sapere se fossero già fidanzati. Non era
importante, promettevano qualunque cosa pur di conquistarli. E lei
sarebbe stata costretta a vedere delle braccia femminili avvinghiate
attorno alla sua vita, delle volgari silfidi praticamente nude che si
contendevano ogni suo sguardo, reclamando anche le più
licenziose delle carezze. E lui che avrebbe fatto? Non avrebbe
resistito. Si sarebbe dimenticato di lei. Dovendo essere onesta, Dante
si era sempre comportato bene con lei. L'aveva messo alla prova molte
volte, aveva osservato come lui si comportasse con le altre ragazze,
ma ogni volta lui aveva superato l'esame a pieni voti. La faceva sempre
sentire come
l'unica donna in circolazione, la più importante, la regina.
C'erano dei momenti in cui le sembrava di esistere solo se era con lui.
Fino a qualche mese prima quei pensieri non li avrebbe mai fatti, li
avrebbe giudicati come insensatezze da sciocche
romantiche. Lei era una tosta, una che non aveva bisogno dell'amore.
Del principe azzurro non sapeva che farsene. Chi vorrebbe un idiota in
calzamaglia che cerca di rimediare a ogni sventura con un misero
bacetto?
Ma poi quel bacio c'era stato...e lei aveva capito che era davvero in
grado di risvegliare i morti. Almeno aveva risvegliato lei dal suo
stato di cinica single incallita. E non era un'impresa da poco.
-Allora avete scelto dove mangiare?- Aggiunse Vergil, come per
ricordare agli altri tre la propria presenza. Sembravano tutti essersi
dimenticati di lui, ma con quell'aria imbronciata di certo non
contribuiva ad alleggerire l'atmosfera.
-Federica vorrebbe andare in una paninoteca o in un pub.- Li
informò Dante, avvicinandosi al gemello, almeno da lui
sapeva
cosa aspettarsi.
-C'è quel posto carino, a sfondo piratesco...andiamo quello
nel
vicolo, all'interno del paese...- Sveva si mordicchiava l'interno della
guancia,
cercando di ricordarsi il nome del locale, e intanto sbirciare le
reazione degli amici, tutti improvvisamente cupi e silenziosi.
-Il Jolly roger. Mi piace quel posto, ma dobbiamo fare una corsa,
altrimenti ci toccherà aspettare un secolo per avere il
tavolo.-
Federica non aspettò nemmeno di sentire altri pareri.
Voltò le spalle e si incamminò verso l'uscita del
cinema.
Alzò il volto per esporlo al vento della sera, sperando che
almeno quella brezza fresca le schiarisse le idee o i sentimenti,
perché il cuore era ancora più ingarbugliato del
cervello. Sentì dei passi appena dietro di lei, e intravide
il
profilo di Dante. Le si avvicinò, camminandole accanto ma
senza
sfiorarla. Sembrava dire "sono qui" e quella sensazione la
confortò più di mille parole. Non avrebbe mai
allungato il braccio per prendergli la mano o toccarlo, ma sapere di
averlo tanto vicino la rallegrava. Si chiese che cosa passasse per la
testa di Dante, se anche lui fosse stordito dall'amarezza, se fosse
arrabbiato con se stesso o con lei. Prima le aveva chiesto scusa, ma in
un modo troppo banale, troppo semplicistico. Certo, lui non era
colpevole
di essere il suo primo vero amore. Federica aveva sempre tentato di
fare la sostenuta, non si era mai confidata tanto, mai aperta sul
serio. Aveva sempre pensato che non fosse da lei e che non ce ne fosse
bisogno. Ma forse avrebbe dovuto avvertilo, fargli capire che sotto
quell'armatura da ragazza vivace ed egocentrica si nascondeva anche
una parte più delicata, in cerca di rassicurazioni e carezze
amorevoli. Avrebbe dovuto dirgli di stare attento, perché
anche
lei poteva essere calpestata dal carattere veemente dell'albino, come
era successo. Scosse la testa, volendo negare le proprie debolezze. La
verità era che Dante non si era fidato di lei, l'aveva
creduta
una facile, pronta a tradirlo con quell'idiota di suo fratello. Come
poteva essere innamorato di lei e al contempo giudicarla
così?
Ripensò alle parole di Sveva, l'amica le aveva detto che
anche
Dante, in fondo, aveva le sue insicurezze. E poi spartiva le attenzioni
col fratello da quando era nato. Erano rivali fin dal primo respiro.
Forse era comprensibile che lui temesse un tradimento.
Sbuffò,
reprimendo la voglia di sferrare un pugno all'aria. Non era pronta per
pensare alle fragilità altrui, a perdonare. La rabbia era
ancora
troppo forte.
Grazie alla passeggiata degna di provetti maratoneti i quattro amici
arrivarono al pub in tempo per avere un buon tavolo, senza dover
aspettare un'eternità.
Sveva guardò con apprensione Federica eclissarsi nel bagno.
Avrebbe voluto seguirla ma quando ci aveva provato l'amica le aveva
lanciato un'occhiataccia. Forse aveva bisogno di qualche minuto di
solitudine. Sveva aveva sperato che i due, stando soli si sarebbero
chiariti,
invece ora sembravano più arrabbiati di prima. O meglio,
Federica sembrava cacciare fumo dalle orecchie e Dante essere sempre
più avvilito. Quella serata non prometteva affatto bene.
-Si può sapere che diavolo vi siete detti?- chiese sottovoce
a Dante.
-Ho provato a scusarmi...-
-Al cinema? Con tutta quella confusione? Ma non conosci nemmeno l'a-b-c
del romanticismo?!-
-A voi donne non va mai bene niente. Volete sempre di più.-
Inaspettatamente Vergil diede manforte al fratello, rispondendole senza
nemmeno alzare gli occhi dal menù.
-Che vuoi dire?-
-Quando sembra di avervi accontentate, voi giocate al rialzo.Un'
ambizione degna di nota.- disse ancora Vergil con noncuranza.
-Non siamo ambiziose. Vogliamo solo sentirci importanti. Sapere che una
persona si è data da fare per regalarci qualcosa di
speciale!-
-E quindi io che dovrei fare?- Dante si intromise nel dialogo,
ricordando a tutti che era lui quello al centro della discussione.
-Ma insomma, non devo essere io a dirti tutto! Altrimenti il tuo
impegno dov'è?-
-Bella amica!-
-Non ci provare. Non sai che faticata che ho fatto per portarla qui, e
quando vi ha visti per poco non mi ha strozzata!-
-Peccato non l'abbia fatto- borbottò Vergil, stando ben
attento a farsi sentire distintamente.
Sveva, troppo stanca per mettersi a discutere anche con lui
pensò bene di tirargli un calcio sotto il tavolo. Un colpo
preciso sullo stinco. Lui sussultò, la guardò
male, ma non disse nulla.
-Oh, scusa. Non volevo- mormorò Sveva, sorridendo in modo
palesemente finto.
Dante deglutì, senza sapere cosa dire. Avrebbe voluto
spezzare
la tensione sotterranea che stringeva sempre più forte
Vergil e
Sveva. Non avrebbe saputo trovare una coppia peggio assortita. Lei era
troppo sensibile e il fratello troppo poco. Eppure c'era qualcosa tra
quei due. Lo si vedeva da come si guardavano. Probabilmente Vergil
nemmeno se ne accorgeva di come si comportava. Credeva di essere il
solito bello e impossibile con l'espressività di un
monolite,
ma, per quanto giocasse sempre a fare il superbo, il suo sguardo era
più cupo del solito e tutto il suo corpo appariva in
tensione. Non era da lui perdere l'atteggiamento rilassato e
indifferente. Sveva stava scalfendo la superficie, e Dante
pregò
che non venisse investita dalla valanga. Ma tutte le congetture vennero
messe da parte dall'arrivo di Federica. Si era rifatta il trucco, lo
vedeva dalla spessa linea nera sugli occhi, e il rosso che evidenziava
le sue piccole labbra perfette. Erano strette, ma perfettamente
disegnate. Una volta ancora desiderò che le cose fossero
come
prima. si sarebbe alzato e l'avrebbe baciata, incurante della
curiosità altrui o dell'imbarazzo di chi non si ricordava
come
ci si sentisse a essere innamorati.
Ma Federica non lo guardò, mentre rubava un menù
dalle mani dell'amica.
-Ehi, stavo leggendo io!-
-Non più...perché non leggi il messaggio?-
-Fede, quale messaggio?-
-E io cosa ne so? Mi è sembrato di sentire la tua suoneria.-
Sveva si appuntò mentalmente il nome del panino scelto e
frugò nella borsa, alla ricerca del cellulare. -Avevi
ragione.
C'è un sms.-
-Di chi è?- chiese Dante, piuttosto curioso e desideroso di
distrarsi dai propri pensieri tetri. Stranamente, solo in quel momento
Federica gli sorrise. Quasi fosse contenta della domanda.
-Un nostro compagno di classe. Si chiama Ettore.-
-E che ti scrive?- rincarò la dose Federica.
-Che gli manca la mia compagnia. Anche se è strano...-
-Pensi che sia strano aver attirato le attenzioni di un ragazzo? Guarda
che tu ti sottovaluti!-
-Eh, grazie, Fede. Ma non credo di aver attirato le sue
attenzioni...non in quel senso.-
-Quanti messaggi ti ha mandato da stamattina?-
-Una quindicina...-
-Ecco, fossero cinque o sei sarebbe solo un amico. Ma se si superano i
dieci c'è un interesse. Svevy ma devo spiegarti tutto?-
-E questa legge scientifica dove l'avresti appresa?- chiese Vergil a
Federica.
-Certe cose si sanno. Comunque, tu gli interessi.-
-Non crearle illusioni.-
-Vergil non ti ho interpellato.-
Sveva sgranò gli occhi, incredula per come Federica aveva
zittito il più arrogante degli albini. Guardò di
sottecchi Vergil e le sembrò di vedere una vaga traccia di
rossore sulla punta delle orecchie,sbattè le palpebre ma
quell'anomalia era sparita. Pensò di essersi immaginata
tutto.
-Lo trovo strano, Ettore non è mai stato
così...carino.
Cioè, è sempre gentile, ma non in questo modo.-
-Si è accorto che gli manchi.- Federica guardò
l'amica e
poi Dante. -Capiamo l'importanza delle persone solo quando si
allontanano.-
-Già.- Dante l'abbracciò con uno sguardo, come se
avesse
potuto avvolgerla tra braccia invisibili eppure forti, protettive. Le
sorrise per farle capire tutta la verità che contenevano le
sue
parole. Sentì un pezzettino del gelo che si era insinuato
tra
loro iniziare a sciogliersi e sperò, sperò con
tutto se
stesso che le cose si sarebbero sistemate.
-Secondo me sta solo soffrendo di solitudine. Essendo introverso fa
fatica a fare amicizia.-
-Però ti ha presa come punto di riferimento.- Le fece notare
Dante.
-Non esagerare...-
-Ma se state programmando pure una vacanza in Provenza!-
sbottò
Vergil, immergendosi subito dopo nella birra che era appena arrivata al
tavolo.
-E tu come lo sai?- chiese Sveva, sorpresa.
-Lo so e basta.-
-Vergil hai letto i miei messaggi?-
-Non fare una tragedia. Eravamo vicini, il tuo cellulare mi stava
proprio davanti agli occhi.-
-No, era davanti ai miei occhi. Tu avresti potuto anche essere
più discreto e farti gli affari tuoi.-
-Comunque, deve essere importante per te questo tipo.-
-Dante, per favore. non mettertici anche tu.-
-Perché non ce ne hai mai parlato prima?- insistette Dante,
a
cui non piaceva che un estraneo si intromettesse nella loro comitiva.
Non sapeva neanche se fosse un bene che qualcuno distraesse Sveva da
Vergil. Non credeva che quei due fossero fatti per stare insieme,
però qualcosa nell'atteggiamento del gemello gli suggeriva
di
stare all'erta.
-Ve l'ho nominato un paio di volte, ma non c'è molto da
dire. Siamo amici, ci scambiamo qualche messaggio. Fine.-
-Gli manchi! Vuole portarti in vacanza. Non è "niente".-
-Vergil sembra quasi che ti interessi la situazione- disse Federica,
mentre allungava la mano verso una patatina fritta, nell'enorme ciotola
che era stata messa al centro del tavolo.
-Non dire sciocchezze. Non mi interessa affatto.-
-Allora perché continui a sottolineare l'ipotesi della
vacanza...-
-E tu perché continui a farmi un interrogatorio. Non puoi
stare zitta e mangiare?-
-Sii più gentile con lei- sibilò Dante, con
espressione minacciosa.
Vergil lo fulminò con un'occhiata e non aggiunse nulla.
Assaggiò le patatine, ma non ne sentiva quasi il sapore.
Preferiva sorseggiare la birra, che stava rapidamente diminuendo nel
bicchiere. Rimase in un silenzio colmo di astio, mentre guardava Sveva
digitare chissà quale risposta sdolcinata a quell'Ettore.
Stava
per chiederle se avesse una sua foto. Magari era uno sfigato gracile e
pieno di brufoli, ma anche se fosse stato un adone la sostanza non
cambiava. Lei gli stava scrivendo, stava accettando le sue lusinghe,
anche se sembrava non rendersene conto. Lui, Vergil Sparda, l'aveva
baciata solo poco prima e lei sembrava essersene dimenticata. Forse
aveva perfino ignorato il modo tenero con cui lui l'aveva accarezzata,
lo sguardo rassicurante e divertito con cui avrebbe voluto riscaldarla,
fino a farle cessare quei brividi. La piccola strega, alzò
gli
occhi, lo guardò e sorrise. Un sorriso malizioso, quasi
furbo,
apparve proprio sopra il cellulare. Vergil strinse la bustina di
maionese talmente forte che ne svuotò il contenuto in meno
di un
secondo. A lui nemmeno piaceva tutta quella maionese. Accidenti a
quegli occhi verdi. Gli facevano perdere il controllo. Lei socchiuse
appena le labbra. Stava ridendo di lui, la stronza! La vide premere un
tasto. La voglia strangolarla crebbe ancora di più...rideva
mentre inviava messaggini a un altro! Almeno Federica e Dante erano
talmente presi dalla discussione sui rispettivi panini da non notare
quelle schermaglie. Qualcosa continuava a vibrare contro la sua coscia
destra. Anche lui recuperò il cellulare, pensando a una
telefonata della madre. Forse era preoccupata e voleva loro notizie.
Illuminò lo schermo, e vide l'icona di un messaggio. Lesse
con
stupore il mittente: Sveva. Allungò lo sguardo, verso
l'altro
lato del tavolo. L'aveva di fronte, ma lei era troppo intenta a rubare
le patatine dalla grossa ciotola a forma di teschio, cercando di
schivare tutte quelle ricoperte di salsa.
Prese un altro sorso di birra, e aprì il messaggio.
<3
Un cuoricino.
Aveva inviato un cuoricino. A lui non a Ettore.
E
rieccomi con un aggiornamento a tempo record!
Stavolta ho un annuncio importantissimo da farvi e non vedevo l'ora di
darvi la notizia! La storia è conclusa *___*
Ebbene sì, non so esattamente quanti capitoli manchino,
perché sul pc non li ho ancora numerati per bene, ma
dovrebbero essere 7-8. Sono davvero felice di sentire l'entusiasmo con
cui seguite questa storia, solo questo mi ha fatta andare avanti e mi
ha spronata a continuare una trama che iniziavo a non sentire
più mia. E invece sono commessa nel pubblicare questi
capitoli pensando di aver già scritto la parola "fine".
Ma torniamo a noi. Vi
è piaciuto questo capitolo? Che ne pensate di Dante e
Federica che ancora non fanno pace? E quanto di voi odiano Ettore?
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Capitolo 33 *** E adesso cosa faccio? ***
Non aveva nessuna voglia di alzarsi dal letto. Non che lei si fosse mai
svegliata sprizzando energia da tutti i pori. Di solito, la prima frase
che diceva la mattina era "voglio tornare a letto". E quel giorno non
aveva fatto eccezione. Almeno sua madre, l'aveva lasciata riposare,
senza costringerla ad andare in spiaggia con tutta la brigata. Forse
era rimasta impressionata dal lancio della pantofola contro il
fratellino, che aveva provato a saltare sul suo letto. L'aveva centrato
dritto in fronte. Un colpo perfetto per una che doveva ancora aprire
gli occhi. Il piccolo Gabriele era scoppiato in lacrime e aveva
lanciato delle urla disperate, ma la sorella si era discolpata,
addossando tutta la colpa alla sua gemella cattiva. Lei stava ancora
dormendo, come poteva aver colpito il fratellino?
La madre aveva utilizzato le proprie stupefacenti capacità
divinatorie per prevedere una mattinata catastrofica, così
aveva
deciso di evitare il peggio lasciando la figlia nel suo letto. Gabriele
si era calmato solo dopo la promessa di un giocattolo nuovo, e di un
gelato con panna, con panna doppia, e con una partita al flipper, e con
una partita extra al flipper. Era uno in grado di trattare. La natura
gli aveva concesso l'arma più potente per un esserino di
quell'età. No, non un acume straordinario, ma delle urla in
grado di sfondare il muro del suono.
Federica cercò disperatamente di riaddormentarsi, ma il
sonno
era fuggito (terrorizzato dalle urla di Gabriele), così lei
rimase ad ascoltare i rumori della casa vuota. Un cellulare si
lamentava per la batteria scarica, il frigorifero emetteva un ronzio di
protesta, e qualche rubinetto perdeva:. Blip-Blop.
Blip: Perdono Dante.
Blop: Non perdono Dante.
Blip: Dante è il ragazzo più fantastico
dell'universo.
Blop: Quello stronzo non voglio vederlo mai più in vita mia.
Blip-Blop.
Una goccia, un'altra goccia.
Federica si coprì il viso con il cuscino, cercando di
attutire
anche il suono dell'acqua che iniziava a corrodere anche i suoi
pensieri. Ma ormai era troppo tardi, quelle gocce insistenti le erano
entrate in testa e continuavano a tormentarla.
Blip: Dante è così carino.
Blop: Dante ti ha umiliata.
Blip: è geloso, ma solo perché ci tiene a te.
Blop: lui non si fida di te.
Il cuscino finì a far compagnia alla pantofola, in volo
verso
l'altro lato della stanza, mentre lei si alzava di scatto per chiudere
il maledetto rubinetto del bagno. Strinse la manopola più
forte
che poté, per assicurarsi che quelle gocce logorroiche non
tornassero tanto presto. Realizzò solo dopo che avrebbe
dovuto
lavarsi, e che ormai riaprire il rubinetto, senza la forza bruta di suo
padre, sarebbe stato impossibile. Alzò le spalle e diede
un'occhiata alla doccia, che sembrava inoffensiva. Non aveva ancora
voglia di lavarsi, nè di riprendere un aspetto umano e
femminile. Tornò in camera, sistemando i microscopici
pantaloncini del pigiama.
-Ti sembra questo il modo di presentarsi?-
Federica fece un salto dallo spavento, ma era solo il proprio riflesso
nello specchio. Sua madre doveva aver spostato il mobile e ora, seduta
a gambe incrociate sul materasso, con le lenzuola sparse a terra e un
disordine informe per tutta la stanza, era perfettamente inquadrata
dalla superficie riflettente. -Specchio, specchio delle mie brame, chi
è la più bella del reame?- chiese Federica, il
cui senso
della realtà doveva essere ancora profondamente addormentato.
-Di certo non sei tu!- le disse il riflesso.
-Questo non è gentile da parte tua.-
-Sono uno specchio, per la miseria, guardami! Cioè,
guardati! Quella canotta ti sta uno schifo.-
-E' soltanto un pigiama...-
-Non è un buon motivo per costringermi a riflettere una cosa
così orribile.-
-Scusa tanto, non volevo offendere la tua sensibilità.-
-Potresti fare qualcosa per rimediare.-
-Per esempio?-
-Una doccia?-
-Non puzzo!-
-No, o meglio, non lo so perché sono solo uno specchio. Ma
hai
comunque un aspetto orribile! Perché stai così?-
-Il mio ragazzo mi ha lasciata.-
-Lo sapevo! Si è trovato un'altra più carina!-
-No. Per tua informazione, lui crede che sia io ad avere un altro...-
-Tu? Con quella faccia? Deve essere proprio stupido!-
-Non è stupido! Forse un po' insicuro...-
-Come lo difendi.-
-Non lo difendo affatto...-
-Se ne sei ancora innamorata perché non te lo riprendi? Non
ti
ci vorrebbe molto: una doccia veloce, un paio di shorts, una camicetta
e un filo di trucco. Et voilà!-
-Ma non ero orribile?-
-Sì, sei proprio orribile, ma con grandi
possibilità di recupero.-
-Grazie...credo.-
-Prego. Adesso torniamo a lui. Com'è?-
-Adorabile, bello, divertente. Molto dolce, ma anche passionale nei
momenti giusti...-
-Ora la cosa si fa interessante!-
-Guarda che non ti vengo a raccontare i particolari!-
La se stessa dentro lo specchio sembrò delusa.
-Dicevo, ha degli occhi pazzeschi, azzurri come il mare a mezzogiorno,
quando il sole lo rende più cristallino. E poi è
forte,
perfettamente allenato e scattante. Ma c'è di
più,
è sensibile, capisce quando una persona ha bisogno di lui, e
allora cerca di darti tutto il suo supporto, pur in una maniera
piuttosto pasticciona...ma è così tenero!-
-Ma se lui è così incredibile e tu non ti sei
trovata un
altro...perché vi siete lasciati? Fagli capire che lo vuoi
ancora!-
-Non è così facile. Lui mi ha ferita.-
-Già...perché tu hai l'animo così
sensibile...-
-Che vuoi dire?-
-Che sono il tuo riflesso, cara, ti conosco bene. Sei una persona
forte. Nessuno con un'autostima bassa indosserebbe quel pigiama color
cachi.-
-Lascia stare il mio pigiama! Ha anche i cupcake che sorridono!-
-Per pietà, cambiamo discorso. Ti stavo dicendo, che tu sei
conscia di te stessa, sai quanto vali e non hai mai permesso a nessuno
di metterti in discussione.-
-Ma con Dante è diverso!-
-Perché?-
-Perché lo amo!-
Federica sgranò gli occhi, guardando il proprio riflesso.
Era
sorpresa. Insomma, aveva sempre saputo di essersi innamorata di Dante,
ma ammetterlo a se stessa, in quel modo, era differente. Rendeva
tutto...vero.
-Vuoi perdere la persona che ami?- Le chiese lo specchio.
-No.-
-Sei pronta a rinunciare a lui pur di far vincere il tuo orgoglio?-
-No.-
-Sai che lui non ha agito con cattiveria ma per insicurezza?-
-Sì.-
-E allora che cavolo ci fai ancora con quell'orribile pigiama? Vestiti
e vallo a cercare!-
Federica scattò davvero verso la doccia, fiondandosi sotto
lo
scroscio dell'acqua gelida che le diede sollievo dal caldo infernale
che stagnava nella casa. Il riflesso si assicurò che lei
fosse
lontana prima di sospirare di soddisfazione -La verità
è
che avrei detto qualunque cosa pur di farle togliere quell'orribile
straccio che lei si ostina a chiamare "pigiama".-
Mentre si lavava i capelli con uno shampoo al gelsomino, Federica
continuava a pensare a Dante. Si sentiva davvero ferita, arrabbiata per
non avere la sua completa fiducia, ma le era comunque insopportabile
l'idea di doversi separare da lui, e magari di doverlo vedere
accanto a un'altra. Si diede della stupida per non averlo fatto parlare
la sera precedente. Aveva tentato di scusarsi e lei l'aveva zittito. Se
si fosse morsa la lingua, forse, a quell'ora sarebbe stata
già
più serena. In fondo lei doveva solo perdonarlo, no?
Non c'era niente che potesse andare storto, giusto?
Alzò lo sguardo verso lo specchio del bagno, ma non successe
nulla. Deglutì, avendo un brutto presentimento. Si strinse
nell'accappatoio e tornò in camera.
-Hai i capelli bagnati- le ricordò lo specchio.
-Perché non mi hai risposto in bagno?-
-Che razza di domanda! Non ho intenzione di seguirti in bagno.
Occupiamoci di cose serie: i tuoi capelli...-
-Si asciugheranno col caldo che fa qui.-
-Non ci provare ragazzina. Abbiamo una missione recupero.-
-Recupero?-
-Sì, devi riconquistare il tuo ragazzo. Te lo ricordi?-
-Niente affatto. Io devo solo perdonarlo. E' lui a dover riconquistare
me.-
-Come vuoi. Ma se pretendi che lui strisci ai tuoi piedi dovrai
comunque usare la piastra. Non sei attraente con tutto quel crespo.-
-Sei crudele!-
-Tesoro, sono uno specchio! Se volevi che fossi gentile dovevi
scattarti una fotografia e poi manipolarla con photoshop. E che pensi
di fare con quello?-
-Vestirmi...è questo che si fa con gli abiti!-
-Non pensarci nemmeno. Non so perché ti sia intestardita a
compare quell'affare, ti sta davvero in modo orribile. E quella gonna
sotto al ginocchio...non è vintage è solo fuori
moda!-
-Sai che sei proprio superficiale? Dante non cadrà ai miei
piedi per come sono vestita, ma perché mi ama!-
-Senti, io sono lo specchio, penso al look. Ai sentimenti devi pensarci
tu. Adesso, con quelle gambe che ti ritrovi mettiti dei pantaloncini,
possibilmente quelli di jeans rossi. E poi la camicetta bianca. Ecco,
così, brava. E quando ti trucchi, per favore, niente
cosmetici
scadenti, che colano e poi sembri un panda.-
-Cosa dovrò dire a Dante?-
-Cielo! Pretendi che faccia tutto io? Sorridi, sbatti un po' le ciglia
e, se non è già preda del tuo aspetto fantastico,
bacialo. Le parole sono sopravvalutate. Guarda me, non parlo
praticamente mai!-
-Mmhh...magari su questa parte faccio da sola.-
-Basta che ora ti togli di torno. Sono nella giusta angolazione per
riflettere il belloccio del palazzo di fronte.-
Federica uscì di casa a passo lento, intontita, come chi si
è appena svegliato dopo un sogno strano.
Attraversò la
strada, in modo da poter camminare vicino al mare. La brezza leggera le
rinfrescava il viso e le schiariva la mente. Aveva bisogno di tornare
in sè. Quella mattina, per quanto surreale, le aveva fatto
prendere una decisione. Dante era ciò che voleva, non poteva
rinunciare e non poteva arrendersi davanti a una piccola
incomprensione. Allungò il passo, fino a correre a
perdifiato.
Non sapeva nemmeno dove trovarlo. Era al lido o in hotel? Senza
fermarsi afferrò la piccola borsa che portava a tracolla,
pescò il cellulare e lo accese. Lo schermo ci mise un po' ad
animarsi e Federica percepì lo scorrere del tempo con
agitazione
sempre crescente. Doveva parlare con lui, doveva vederlo. Il numero di
Dante apparve sullo schermo, Federica ascoltò gli squilli
che si
susseguivano senza esito. Nessuna risposta.
-Dove accidenti sei?- mormorò, continuando a correre, ormai
quasi arrivata a destinazione.
Scattò la segreteria, ma lei non lasciò messaggi.
Richiamò, ma ancora una volta non ci fu risposta.
Si precipitò in albergo, ma il personale le
mostrò la
chiave della stanza appesa sull'apposito gancio. -Non l'ho visto
scendere, ma provi in spiaggia.- Le suggerì un anziano
portiere,
impietosito dalla sua espressione delusa. Non se lo fece ripetere,
salutò velocemente e si diresse al lido. Era proprio di
fronte,
ci volevano solo due passi. Arrivò al bar, che fungeva anche
da
cassa per la spiaggia, ma non si fermò, prendendo
direttamente
la discesa già coperta di sabbia.
-Federica!- strillò qualcuno dietro di lei. Era
così
agitata da non aver nemmeno riconosciuto la voce. Si costrinse a
voltarsi e incontrò lo sguardo perplesso della sua migliore
amica. -Sembri stravolta, che ti è successo?-
-Svè, adesso non ho tempo. Devo parlare con Dante.-
-Aspetta!- Sveva la trattenne per un braccio, cercando di parlare.
-Federica, mi dispiace, ma Dante non c'è.-
-Come non c'è? E dove è andato?-
-Non ti ricordi? I gemelli ci hanno detto che avrebbero passato la
giornata con la madre. Non so dove.-
-No, accidenti! Ma io devo parlargli.-
-Devono essere usciti presto. Non c'erano nemmeno a colazione. Hai
provato a chiamarlo sul cellulare?-
-Non risponde.-
-Sul numero di Vergil?-
-E per dirgli cosa? Non è che possono tornare da
chissà dove solo perché glielo chiedo io.-
-No. Ovviamente, no.-
-Lo specchio si arrabbierà moltissimo- piagnucolò
Federica, trascinando l'amica, piuttosto confusa, verso un tavolino
all'ombra.
****
Dante passeggiava senza fretta, restando sempre un passo indietro a
Vergil e alla loro mamma. Quella mattina lo avevano svegliato troppo
presto, e il distacco dal materasso morbido gli era sembrato
così traumatico da spingerlo ad avere sonno per tutta la
mattina. Fino a che era profondamente addormentato poteva perdersi in
dolci sogni ristoratori, nei quali lui e Federica andavano d'amore e
d'accordo... molto, ma molto d'amore e d'accordo. Nei suoi sogni non
c'erano
litigi, non c'erano amarezze: lui non aveva mai fatto il cretino e lei
non si era mai arrabbiata. Ma poi la sveglia lo strappava a quelle
rassicuranti visioni oniriche e lui era costretto a fare i conti con la
realtà, in cui lui si sentiva un perfetto cretino che aveva
perso la ragazza più importante della sua vita.
-Tesoro che hai?- chiese la madre, voltandosi appena. Fece scivolare un
po' i grandi occhiali da sole per guardare meglio il figlio
insolitamente taciturno.
-Niente mamma, sono stanco.-
-Ma se abbiamo fatto solo due passi!- Esclamò Vergil,
sistemandosi i capelli, in modo che non gli ricadessero sulla fronte.
Era una battaglia persa, perché il vento quel giorno
sembrava
non volersi quietare, ma lui era imperterrito nel cercare di preservare
il suo aspetto perfetto.
-Che c'è? Adesso non posso nemmeno essere stanco quando mi
pare?-
-Non iniziate a litigare, vi prego.-
-No, mamma - risposero in coro. Eva era l'unica persona in grado di
tenerli uniti.
-Sei sicuro che sia solo stanchezza? Hai uno sguardo così
triste, cucciolo mio.-
-Mamma non chiamarmi in quel modo, per favore.-
-Non ho detto niente di male!-
-Non ancora! Sappiamo bene che inizi con "cucciolo" e poi si rischia di
finire a orsacchiotto o qualcosa di simile. Vergil non ridere, lo sai
che toccherà anche a te!-
-Ah, i figli maschi...non vi si può mai coccolare un po'.
Avrei
voluto anche una femmina. Vi sarebbe piaciuta una sorellina?-
-No!- Risposero di nuovo all'unisono, aggiungendo diversi -per
pietà, che tragedia, non sia mai-.
-I soliti esagerati! Le ragazze vi fanno proprio un brutto effetto.-
-Non sai quanto- esclamò Dante.
-Già- confermò il gemello.
Eva si voltò da una parte e dall'altra, stando perfettamente
al
centro tra i figli. Rise, con una risata graziosa e cristallina, che
però fu ricambiata solo da sguardi torvi. -Mi chiedevo
quando
sarebbe arrivato questo momento. Siete molto teneri, anche se un po'
malconci.-
-Non siamo affatto malconci- negò Vergil, cercando di
conservare un po' d'orgoglio.
-Io lo sono- mormorò Dante, entrando in uno dei negozi sul
lungo
mare. La piccola bottega vendeva carta pregiata, agende e completi di
calligrafia, con pennini e piume dai colori sgargianti. Il ragazzo si
sentì a disagio in quell'ambiente delicato, in cui la
cultura si
presagiva nelle righe non ancora scritte su quelle pergamene. Il
fratello, al contrario, si armò di stilografica, come se non
avesse mai usato una bic o una tastiera in vita sua. I movimenti della
mano erano tanto agili e sicuri da sorprendere anche il bottegaio, che
stava conversando con Eva, raccontandole degli aneddoti di storia
locale.
-A cosa pensi fratellino? Anche se non sono certo tu sia in grado di
pensare...-
-Spiritoso! Comunque, pensavo che questi sarebbero i fogli adatti per
scrivere una lettera d'amore... e di scuse.-
-Ancora con l'idea di voler strisciare ai piedi di Federica.-
-Sì.-
-Fa come vuoi. Ma sinceramente l'eloquenza non mi sembra il tuo
forte...al posto di una dichiarazione d'amore ti uscirebbe una lista
della spesa. Poco romantico.-
-Mi sottovaluti sempre.-
-Dante ti ci vedi a tessere suggestive similitudini sul suo aspetto o
sostenere il tuo amore con parole struggenti?-
-Descritte in questo modo le lettere d'amore sembrano proprio tristi...-
-Ecco, appunto. Non fanno per te.-
-Non basta dire "ti amo"?-
-Più che una lettera sarebbe un telegramma.-
Con lo sguardo basso e il passo strascicato Dante uscì dal
negozio, sentendosi soffocare da tutte quelle frasi ancora da scrivere.
Che c'era di così astratto nell'amore? Lui lo sentiva
scorrere
nelle vene quel sentimento, lo concretizzava nei baci, nelle carezze,
gli dava vita con la voce, guardando negli occhi la persona amata.
Righe e righe di fitta scrittura per lui era solo carta, arida, morta,
mentre ciò che voleva comunicare lui era passione, vera,
vitale
e palpitante.
Si avvicinò a una fontanina, immerse le mani nell'acqua e
poi se
le passò sul viso, scendendo fino al collo. Il refrigerio
durò solo pochi secondi, ma fu comunque piacevole. Piccole
gocce
d'acqua si impressero sulla stoffa verde della maglietta, non ci fece
caso, ma peggiorò la situazione agitando le mani per farle
asciugare. Si guardò intorno. Sua madre e Vergil erano
ancora
nel negozio, e probabilmente si sarebbero infilati subito in quello
successivo, che offriva manufatti tipici del luogo, graziose ceramiche
di cui lui non apprezzava il valore. Si diresse un po' più
lontano, seguendo la strada e i tanti turisti che sorridevano estasiati.
Fu attratto da un locale scintillante di colori, la cui entrata era
decorata con palloncini e fiori di carta. Sembrava l'ingresso di una
festa per bambini, ma le vetrine erano cariche di oggetti variegati, da
delicati quadretti, a gadget per pc ultramoderni. Uno striscione
applicato sul vetro prometteva: "il regalo perfetto lo troverai qui".
Un regalo.
Dante non credeva che per farsi perdonare bastasse un regalo, men che
meno che Federica si facesse comprare da qualche gingillo scintillante,
ma stava cercando un simbolo. Qualcosa che le facesse comprendere i
suoi sentimenti. Doveva sforzarsi per trovare l'oggetto giusto, il
messaggio giusto da comunicare. "Mi dispiace", "ti voglio", "torna con
me", "ti amo". Un sacco di cose da dire senza sapere come fare.
Entrò nel negozio. Una serie di stanze colme di mensole e
vetrinette. Il sorriso gli scomparve dalle labbra, mentre sgranava gli
occhi. Da dove avrebbe dovuto iniziare?
-Posso aiutarti?- una ragazza dai capelli biondi che digradavano nel
rosa lo accolse, tendendogli la mano. -Sono Ester, la proprietaria.-
-Salve...io stavo cercando un regalo.-
-Lo immaginavo. Hai già qualche idea?-
-Veramente no.-
Ester non sembrò perdersi d'animo, lo invitò a
sedersi a
un piccolo tavolo e aprì il blocknotes alla prima pagina
bianca. Sembrò soddisfatta del rumore della carta che le
scorreva sotto le dita. -Iniziamo dalle cose più semplici.
Per
chi è il regalo?-
-La mia ragazza, cioè ex ragazza, forse.-
-Questa non sembra una situazione semplice. Puoi dirmi se è
un'occasione speciale, un compleanno magari?-
-No. La cosa è un po' più complicata. Forse, non
sono nel
posto giusto. Scusami, meglio che vada via...- Dante si
alzò,
arrossendo. Non era abituato a sentirsi a disagio, d'altronde non era
nemmeno abituato a dover chiedere scusa a una persona importante.
-Ma no, ti arrendi così?- gli chiese la ragazza.
-Io non mi sto arrendendo.-
-Allora non tentare la fuga. Siediti e dimmi le prime cose che ti
vengono in mente. Che vuoi comunicare con questo regalo? Che tipo
è la destinataria...- Ester agitò le mani
nell'aria, in
modo buffo, impugnava ancora la penna e il block notes era aperto,
pronto per essere riempito di appunti.
-Devo dirle che mi dispiace, che mi fido di lei, e che...-
-Non fare il timido. Perché per voi uomini è
così
difficile dirci che ci amate? Non è che innamorarvi vi renda
meno virili, anzi.-
-Bhe, allora quel che voglio dire l'hai capito.-
-Vuoi sottolineare qualcuno di questi messaggi? Potremmo scriverlo da
qualche parte, creare un biglietto personalizzato, o qualcosa di
inciso...-
-Io mi fido, è la cosa più importante.-
-Ecco, passiamo avanti. Lei come si chiama e che tipo è?-
-Federica è una persona diversa dalle altre, non la solita
ragazza tutte smancerie e romanticismo. A lei piace ridere, vuole
qualcuno con cui star bene, divertirsi, ma anche qualcuno pronto a
sostenerla, a darle delle dimostrazioni concrete.-
-Ok, allora escluderei qualunque cosa abbia cuoricini, fiocchetti e
fiorellini...-
Dante sgranò gli occhi, sorpreso da come le sue parole, per
lui
pregne di significato, potessero essere banalizzate in quel modo. Si
ricordò appena in tempo che Ester stava solo facendo il suo
lavoro, e probabilmente, in quello stesso istante, stava mentalmente
ripassando tutto il contenuto del negozio, per decidere cosa proporgli.
-C'è un'occasione speciale in cui vuoi darle il regalo?-
-Cioè?-
-Non lo so, magari andrete a una festa, o la inviterai a cena a casa
tua...Insomma, la cornice è sempre molto importante,
soprattutto
se devi farti perdonare per qualcosa, creare un'atmosfera intima
potrebbe aiutare.-
-Non ci ho mai pensato.-
-Ok, senti. Tu fatti un giro qui intorno e vedi se c'è
qualcosa
che potrebbe andar bene. Io selezionerò altri
articoli e poi ci confronteremo. Tutto chiaro?-
Dante annuì, girando su se stesso, senza sapere bene da dove
iniziare. Si mise le mani in tasca, timoroso di urtare qualcuno dei
piccoli oggetti riposti sulle mensole. Non c'era alcun punto che
attirasse la sua attenzione, quindi decise di essere scrupoloso e
partire dal fondo del negozio fino a tornare al punto in cui si trovava
adesso. Fu stupito di ritrovarsi avvolto da un profumo carico di
zucchero e spezie, all'inizio pensò a un qualche deodorante
per
ambienti, ma dopo qualche altro passo si ritrovò in una
stanza
carica di dolciumi. Caramelle, cioccolatini e scatole di biscotti
occupavano un lungo tavolo e alcuni scaffali. Dante fece scorrere
lo sguardo sui cartellini che pubblicizzavano il cacao al peperoncino,
o delle caramelle al miele a forma di cuore.
-Vuoi prenderla per la gola?- chiese Ester, comparendo da un angolo in
cui erano appese decine di catenine e braccialetti di ogni genere.
-Ho trovato le sue caramelle preferite. Queste le piacerebbero
più dei fiori.-
-Una cosa non esclude l'altra- esclamò Ester, raggiante,
accorrendo con il fido blocco per gli appunti e la penna
dall'inchiostro verde. -Le piacciono queste qui alla fragola? Sono
davvero perfette!-
Dante evitò di fare domande, evitando di commentare la foga
con
cui Ester annotava delle idee. Si chiese se le cose non gli stessero
sfuggendo di mano, ma il suo istinto gli diceva che quella era proprio
la strada giusta da intraprendere. Nella mezz'ora successiva raccolse
in un cestino gli oggetti dalle forme più strane, i richiami
più incredibili e i colori meno sobri. Tutte quelle
cianfrusaglie erano accomunare da un'unica cosa: potevano piacere a
Federica. Depositò il carico sul tavolo, dove Ester aveva
già raccolto alcuni suggerimenti e iniziarono a discuterne.
Dante dovette fermarsi più volte per spiegare il senso da
dare a
ogni oggetto, il perché l'avesse scelto e cosa avrebbe
potuto
comunicare a Federica, però ascoltò anche pareri
diversi,
valutando la possibilità di un cambio di direzione, di
un'idea
dal tocco più creativo.
Dopo svariati minuti di accesa discussione sul tavolo rimasero
pochi articoli. Tutti collegati a dei post it che ne spiegavano il
senso, o descrivevano la loro futura evoluzione.
-Sei stato fortunato. In questi giorni non ho molti ordini, quindi
posso dedicarmi completamente a questo progetto. Non ho mai svolto
nulla di così strampalatamente romantico!-
Dante non era certo che quello fosse un complimento, ma non ebbe il
coraggio di esprimere i propri dubbi davanti all'entusiasmo di Ester. E
poi c'era qualcosa, proprio lì, all'altezza dello stomaco,
che
iniziava a sciogliersi. Era il dolore che cedeva posto alla
speranza. Una speranza folle e coraggiosa, che gli urlava di aver fatto
la scelta giusta, di aver fiducia perché tutto sarebbe
andato
per il meglio.
Sì, Ester aveva ragione. Non c'era nulla di convenzionale in
quel piano, aveva sconvolto ogni canone del romanticismo (o quasi), ma
aveva creato qualcosa di unico, che avrebbe lasciato Federica a bocca
aperta. Almeno era ciò che sperava.
Ciao ragazze,
eccoci qui con il
nuovo aggiornamento. Inizia a vedersi il disgelo che
voi tutte aspettavate, eppure qualcosa non va come dovrebbe...
I nostri personaggi
iniziano a fare i conti con se stessi e i propri sentimenti, facendo
leva su tutto il proprio coraggio.
Secondo voi che
avrà organizzato Dante?
Grazie ancora per
l'affetto con cui mi seguite. Ci vediamo la prossima settimana :)
|
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Capitolo 34 *** Quello che provo per te... ***
Accidenti a
Dante! Era tutta colpa
sua se lui adesso si ritrovava con un delizioso quadernetto rosa tra le
mani. Eva glie l'aveva teso dicendo "Tuo fratello è andato a
comprare un regalo per Federica. Ho pensato che avresti potuto
prendere qualcosa anche tu, per la tua amica". Peccato che la madre non
si fosse fermata a chiedere la sua opinione prima di fiondarsi
all'acquisto e adesso lui, per farla
contenta, avrebbe dovuto consegnare a Sveva il grazioso pacchettino
della cartoleria. In effetti Sveva l'avrebbe apprezzato, l'aveva colta
più volte china sui fogli, o concentrata alla tastiera di un
portatile, e aveva il sospetto che si divertisse a scrivere un
insulso romanzetto o qualche smielata poesia. Ma come farle capire che
non era stato lui l'artefice del regalo? Non avrebbe nemmeno voluto
ammettere di stare semplicemente obbedendo agli ordini di sua madre.
L'avrebbe fatto sembrare un bambino. Il problema era che
Eva era fragile e delicata solo in apparenza, nella realtà
era
capace di rigirare lui e Dante come più le piaceva. Senza
sapere
neanche come, lui e il fratello si ritrovavano sempre a obbedirle,
anche quando non erano d'accordo con le sue proposte.
Sbuffò e seguì la madre al tavolino di un bar, la
tovaglia bianca ondeggiava al vento e le sedie erano all'ombra. Sarebbe
stato lieto di fare una sosta, il caldo italiano era difficile da
sopportare. Fece
appena in tempo a posare le buste e sedersi che sua madre scatto in
piedi. -Cosa
c'è?-
-Fermo lì, voglio farti una foto, con quella camicia blu e
il mare alle spalle sei davvero incantevole.-
-Grazie, mamma.- Un sorriso spontaneo gli curvò le labbra,
mentre cercava di assumere una posa studiatamente naturale.
Posò un braccio attorno alle spalle di Eva, mentre lei
tornava a
sedersi e si tendeva verso di lui per fargli guardare l'istantanea
appena
scattata. -Guarda come sei bello quando smetti di avere
quell'espressione accigliata e ti sciogli un po'.-
-Non ho un'espressione accigliata!-
-E invece sì, fai sempre il sostenuto. E in questi giorni
poi c'è qualcosa che ti rende irrequieto.-
Vergil socchiuse le labbra, ma non pronunciò neanche una
sillaba. Per quanto tentasse di nascondere le proprie emozioni, sua
madre era sempre capace di leggergli dentro. -Niente per cui ti debba
preoccupare.-
-Non sono preoccupata Ver, sono un po' triste- disse, accarezzandogli
una guancia.
-Perché?-
-Perché non ti confidi con me, preferisci covare la tua
confusione, come se esprimere i tuoi dubbi fosse una debolezza. Io,
però, sono tua madre. Non hai bisogno di mostrarti sempre
forte
con me. So decifrare ogni piccola ruga che ti viene sulla fronte e
penetrare ogni tuo silenzio. Non ti chiedo nulla per lasciarti i tuoi
spazi, non voglio essere invadente, ma a volte ho la sensazione che tu
abbia bisogno di parlare con qualcuno e non ti conceda di farlo.-
Vergil rimase a bocca aperta. Eva aveva compreso dei suoi atteggiamenti
che nemmeno lui aveva
saputo interpretare. Sospirò, improvvisamente stanco.
Rovesciò la testa e guardò solo il cielo sopra di
lui, non c'era nemmeno una nuvola in quello spazio infinito e
tranquillo. La voglia di sentirsi libero, di far scivolare via il peso
di mille segreti, sembrò conquistarlo. Forse era il momento
di
abbattere almeno qualcuna delle barriere che aveva eretto, calare la
maschera del super io e permettersi di essere semplicemente un figlio.
Se c'era una
persona di cui si fidava era sua madre.
Eva attese che il cameriere si allontanasse, dopo aver preso nota delle
loro ordinazioni, per rivolgersi di nuovo al ragazzo, ma lui
la
precedette.
-Hai ragione, mamma. Di solito sono in grado di prevedere esattamente
gli eventi, le reazioni delle persone che mi circondano. Non ci sono
imprevisti, non ci sono sorprese, va tutto esattamente come avevo
programmato. Ho sempre ragione. Ma da quando siamo qui...- Vergil
puntellò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le
mani.
-C'è qualcosa che mi confonde, che mi costringe a mettermi
in
discussione e questa cosa mi fa ammattire.- Alzò leggermente
la
voce e tornò a sedersi contro lo schienale, evitò
lo
sguardo di sua madre, osservando un punto imprecisato davanti a
sè.
-Questa cosa o questa persona?- disse Eva, in tono divertito.
Vergil la fulminò con lo sguardo, per poi tornare a non
guardarla. Non le rispose.
-Tesoro mio, non c'è niente di male nell'essersi innamorati.-
-Non mi sono innamorato di lei! Lo sapevo, ho fatto male a parlartene,
ti sei fatta un'idea sbagliata.-
-Non è affatto vero, mio caro. Io mi baso su ciò
che ho
visto.- Allungò al figlio la fotocamera. Aveva selezionato
una
delle foto scattate a Ravello, perché comparisse sul
display,
aveva anche impostato lo zoom affinché inquadrasse
esattamente la
scena. Nell' inquadratura c'era Sveva concentrata su un punto un po'
più a sinistra rispetto all'obiettivo, e Vergil che la
fissava
intensamente, come volesse accarezzarla con lo sguardo. -Non si
può equivocare questa situazione.-
Vergil si umettò le labbra, sentendo stranamente la gola
secca.
Cercò di recuperare il controllo, prima di
arrossire come uno scolaretto. Solo sua madre era in grado di fargli
quell'effetto. Lo faceva sentire come fosse impreparato durante
un'interrogazione. -Non è come sembra.-
-Oh, quindi lei non ti piace? E sai che capisco quando mi dici una
bugia!-
-E va bene. Innamorato è una parola grossa, diciamo che
Sveva mi
interessa, però lei è sempre
così...indisponente!-
Eva alzò le sopracciglia, mentre un mezzo sorriso le
illuminava
il volto. -Tesoro, quella ragazza ha carattere. Tu non puoi stare con
una di quelle marionette, sempre pronte a darti ragione, ti
annoierebbero entro un paio d'ore. Lo so che sono più
rassicuranti, più tranquille, ma l'amore non è
questo.
L'amore deve darti la scossa, deve capovolgere la tua realtà
e
farti sentire diverso, deve cambiare il tuo mondo, il modo di vedere le
cose, perché da una persona sola si diventa due. L'ottica si
raddoppia, c'è un punto di vista diverso, c'è
un'altra
persona di cui occuparsi e preoccuparsi.-
-Già...- Vergil non confidò alla madre tutti i
suoi
pensieri, ma si ricordò di quel giorno sulla spiaggia,
quando
avrebbe voluto dire qualcosa in grado di ferire Sveva, ma gli era
bastato uno sguardo a quel volto così pulito e ingenuo da
far
naufragare ogni proposito bellicoso. Abbassò lo sguardo
verso la
foto, e una piega amara si dipinse sulla sua bocca. Puntò il
dito contro il piccolo schermo. Per quanto quelle parole gli pesassero
aveva bisogno di pronunciarle. -Lei non mi sta guardando.-
Eva posò la mano sulla schiena del figlio e lo
accarezzò
come quando era bambino e voleva tranquillizzarlo. -Scorri le varie
foto, ne ho fatte tante- gli suggerì.
Lui ignorò il gelato che si stava sciogliendo nella coppa e
iniziò a sbirciare nella gallery. All'inizio c'erano tutte
foto
di gruppo, con i genitori soddisfatti e rilassati, poi vide se stesso e
Sveva in una serie di scatti rubati. In alcuni momenti avevano i visi
talmente vicini che sembrava stessero per baciarsi, ma lui
capì
che si stavano punzecchiando. Erano vicini solo per non farsi sentire.
Certo, sorridevano e si guardavano negli occhi con una
complicità sorprendente. Sveva aveva lo
sguardo luminoso e le guance lievemente arrossate, i suoi capelli
sciolti disegnavano delle onde setose sul vestito azzurro. Se l'avesse
avuta lì, in quell'istante, avrebbe affondato la mano tra la
chioma dorata, e avrebbe giocato con quei boccoli scomposti. Accidenti,
ma
cosa stava pensando?
Le successive tre istantanee lo lasciarono piacevolmente colpito. Sveva
lo guardava, a volte in modo palese, altre di sottecchi,
però lo
guardava. E sembrava felice. Felice di vederlo, di averlo accanto. In
quei fotogrammi non c'era finzione che tenesse, non c'erano scuse, o
schermaglie dietro le quali nascondersi. Il sentimento si leggeva sui
loro volti, negli occhi spalancati, le labbra socchiuse; la mani quasi
sempre vicine, che a malapena si sfioravano, senza il coraggio di
toccarsi davvero.
Lasciò andare la fotocamera e si dedicò al gelato
alla
frutta, che richiedeva un suo intervento urgente. Eppure fece fatica a
percepire il delicato gusto del cocco sul palato, tanto era preso a
elaborare razionalmente il gran tumulto che gli si agitava dentro.
Doveva arrendersi all'evidenza? Si era innamorato.
-A cosa pensi?- gli chiese Eva, dopo lunghi minuti di silenzio.
-Lei potrebbe avere un altro...- mormorò, stringendo i pugni
sul tavolino.
-Quella non mi sembra la faccia di chi pensa ad un altro-
mormorò Eva, picchiettando con l'unghia sulla fotocamera.
-Lo credevo anche io.- Vergil si voltò verso sua madre,
senza curarsi di nascondere la
delusione. Si mostrò per quel che era, un ragazzo confuso,
con
il terrore di fare una figuraccia e di perdere tutto il muro di
autodifesa che si era costruito intorno. Lui sapeva chi era, era
consapevole di se stesso, di essere una persona forte, decisa, che
otteneva sempre ciò che voleva. Ma se quell'immagine che
aveva
di sè fosse crollata, non sapeva cosa avrebbe potuto fare
per ricomporre i pezzi.
-Che importanza ha?-
-Cosa? Mamma forse non hai capito. Lei sta frequentando un altro,
credo. Comunque si sentono.-
-Ripeto: che importanza ha?- Eva spostò la sedia, in modo
che
fosse proprio di fronte al figlio. Gli posò una mano sul
braccio
e lo strinse, sorpresa di sentire tanta forza trattenuta sotto le dita,
eppure tra quei muscoli scorreva anche una fragilità
nascosta,
come un fiume sotterraneo che non vuole salire in superficie, ma
corrode le fondamenta. -Se tu
ami quella ragazza allora non devi temere di sbagliare. Devi fregartene
del rischio di avere un due di picche, che secondo me non avrai
affatto, e fare almeno un tentativo. Altrimenti ti darai dello sciocco
per non aver nemmeno tentato, e ancor peggio capirai di esserti fatto
frenare dalla paura, e questo non lo sopporteresti. Non tu.- Sua madre
lo guardò dritto negli occhi, con espressione seria, ma il
suo
volto si distese pochi secondi dopo, lasciando il posto a un certo
divertimento. -E poi cosa dicevi a tuo fratello, qualche giorno
fa? "Hey, sono Vergil Sparda: nessuna ragazza mi resiste!"-
Vergil fu felice di non avere uno specchio davanti a sè,
perché l'imitazione che gli fece sua madre lo fece arrossire
fino alle punte dei capelli. Al colmo dell'imbarazzo
perlustrò i
tavoli vicini, per accertarsi che nessuno li avesse visti. -Mamma, non
farlo mai più!-
-Ok, però è stato divertente!-
-Sì...per te.-
-Che c'è?-
-Nessuna mi resiste...ma su di lei non sono così sicuro.-
-Ah, quindi vuoi vivere col dubbio?-
Dubbi. Lui non ne aveva mai avuti. E quello non era il momento per
cominciare a collezionarli. No, lui doveva conoscere la
verità e
c'era una sola persona che avrebbe potuto dirgliela.
*****
Sveva appoggiò la fronte contro il vetro della finestra e
chiuse
gli occhi per qualche istante, godendosi il freddo di quella superficie
contro il volto accaldato. I pensieri vorticavano nella mente come
prede
di un uragano furibondo e il cuore non rallentava la sua folle corsa.
Deglutì a fatica e guardò verso il mare,
trovandolo
agitato quanto lei. Le onde si rincorrevano sempre più
veloci,
creando una spuma leggera e frizzante. Fino a qualche ora fa era
immersa in quell'acqua cristallina, nuotando sempre più a
largo
per poi girarsi e ammirare la riva lontana. Quella solitudine, invece
di rasserenarla, la spingeva a pensare agli amici assenti.
Aveva parlato con Federica e aveva saputo che si era ormai
decisa a perdonare Dante. Sveva accolse quella notizia con la gioia
più grande e sincera, però fu costretta ad
analizzare la
propria situazione con una punta di invidia. Lei era ben lontana
dall'ottenere un lieto fine con Vergil, malgrado fosse il suo desiderio
più grande.
Mosse qualche passo per la stanza, fino a sedersi alla scrivania.
Estrasse un vecchio quaderno dal cassetto, accarezzò la
copertina lisa, di un azzurro ormai sbiadito e poi lo aprì,
sentendo le pagine crepitare sotto le dita, colpa di un bagno
imprevisto che le aveva raggrinzire; fortunatamente le parole si erano
salvate, anche se alcune erano sfocate, indistinte, come era stata lei
quando le aveva scritte. Arrossì al pensiero di avere ancora
un
diario segreto. Alla sua età quella piccola mania sembrava
davvero infantile, ma buttare giù i suoi dubbi era un modo
di
vederli con più chiarezza e, magari, trovare una soluzione
ragionevole. E poi quel diario non era un'abitudine, ma solo un rimedio
estremo per i momenti di confusione assoluta. E quello era certamente
un momento di confusione.
Iniziò con l'immancabile "Caro diario" per poi lasciar
libera la
penna di vagare sui fogli. Tre ore e qualche lacrima più
tardi,
poté alzare lo sguardo dalle pagine riempite di una fitta
calligrafia obliqua. Chiuse di scatto il quaderno, e lo strinse al
petto, come si fa con un oggetto caro e fragile, qualcosa da custodire
gelosamente. Lo portò con sè sul letto, dove si
distese,
cercando inutilmente di dormire. Si sentiva svuotata, in effetti lo
era, perché tutti i suoi sentimenti erano fluiti sulla
carta,
abbandonandola in uno stato di rassicurante vuoto. Si
rannicchiò, infreddolita. Chiuse la mani a
pugno e le nascose sotto il cuscino per accumulare un po' di calore.
Sapeva che quella sensazione non derivava dalla temperatura effettiva,
ancora estiva e altissima, ma era una conseguenza del suo malessere
interiore, del suo stato d'animo. Era venuto il momento di fare i conti
con se stessa.
Aveva finto per troppo tempo di non provare nulla per Vergil e quella
recita, ora, iniziava a logorarla. Aveva bisogno di posare la maschera
e guardarsi allo specchio per chi era veramente, senza finzione, senza
bisogno di proteggersi. Fece un respiro profondo e si vide riflessa
nella specchiera posta sopra la scrivania. Si mangiucchiò
un'unghia, osservando il volto di una ragazza insicura, che continuava
ad aggiustarsi i capelli e ad abbassare lo sguardo. Ma qualche istante
dopo qualcosa si mosse, le sembrò quasi di percepire uno
schianto dentro l' anima. Doveva essere una lastra di ghiaccio che
precipitava in chissà quale abisso. Era stanca di essere
sempre
troppo educata per dire la verità, troppo fragile per
arrendersi
all'evidenza, troppo testarda per capire che essere ferita non era poi
così grave, ma accumulare rimpianti era letale.
Una risata, profonda, liberatoria, le gorgogliò su per la
gola,
arrivando fino alle labbra che si aprirono per lasciarla uscire. Era
finita. La guerra si era conclusa. Era il momento di alzare bandiera
bianca.
-Ma cos'è cambiato? Fino ad oggi ti sei sempre rifiutata di
dichiararti- continuava a sussurrarle una vocina.
Sveva aprì il quadernetto e rilesse un passo che aveva
appena
scritto "Non mi sono
mai lasciata andare, non completamente. Ho aperto
uno spiraglio sufficiente perché Vergil notasse quel che
provo
davvero, perché tutti lo notassero, in realtà. Ma
poi,
arrivata al momento cruciale, mi sono sempre rifiutata di cedere.
Conosco Vergil, so quanto sia arrogante ed egocentrico. Non volevo
abbandonare me stessa nelle mani di uno così, ma poi ho
dovuto
ammetterlo. Mi sono innamorata di lui perché è
dannatamente affascinante, galante, e in rarissimi momenti perfino
protettivo. Quel suo essere rigido, fermo, mi trasmette una sicurezza
che non ho mai provato prima. Vergil non è solo
oscurità,
è anche luce, seppure soffusa. Allora perché non
fidarmi
di questo suo lato? Perché vedere solo il buio, il peggio?"
-Ti farà solo del male- ripeté la voce.
E gli occhi della ragazza saltarono qualche riga più
giù.
"Mi ferirà?
Non posso saperlo. Non lo escludo, anzi, ammetto che
la possibilità c'è ed è anche
piuttosto alta.
D'altronde sto già soffrendo. Lui sa di piacermi e si fa
forte del mio
silenzio, cerca in ogni modo di piegare la mia resistenza, e
più
mi oppongo e più sto peggio. Perché ho sempre
pensato di
non poter parlare, di non poterglielo dire. Avrebbe riso di me, mi
avrebbe usata e gettata via. Forse lo farà davvero. Questa
prospettiva mi atterrisce, mi spaventa. Ma come faccio a continuare a
lottare contro di lui, quando l'unica cosa che voglio è
buttargli le braccia al collo e rubargli un bacio? Sì,
proprio
io. Proprio la pavida e fragile Sveva. Vorrei avere abbastanza audacia
da fare ciò che lui ha fatto a me a Ravello. Spingerlo con
le
spalle al muro e sfiorare quelle sue labbra morbide. Giocare con lui,
come se non fosse pericoloso, come se non stessi in bilico sul
precipizio.
Sarebbe una sensazione inebriante, meravigliosa. E allora
perché
non provarci? Mi farà male? Forse sì. Ma stare
ferma ad
aspettare che qualcuna con più coraggio e meno insicurezze
se lo porti via è anche più doloroso."
-Lui ti respingerà- esclamò la voce.
"Ho sempre pensato che
mi avrebbe respinta, che si sarebbe divertito
nel prendermi in giro. Non posso interessargli, io che sono tanto
insulsa. Eppure lui continua a stuzzicarmi, a provocarmi. Non
perderebbe il suo tempo solo per una sciocca ragazzina romantica. Ho
una possibilità. Una su un milione. E pescare quella giusta
sarà davvero come trovare l'ago nel pagliaio, ma
devo almeno tentare. In fondo, se mi allontanerà,
succederà soltanto ciò che avevo sempre previsto.
E
allora crolleranno tutte le mie speranze, ma anche le mie incertezze.
Non posso perderlo, perché non è mai stato mio.
Rischio
il mio amor proprio, il mio orgoglio e una relazione sperticata in cui
lui fa la parte del leone e io dell'agnellino che lotta solo per
salvarsi la pelle, ma solo per un altro giorno ancora,
perché lo
so che alla fine sarà lui a vincere. Non è questo
il
rapporto che voglio avere con lui. Almeno, se mi beccherò un
due
di picche gigantesco, potrò ricominciare da capo.
Recupererò un briciolo di sanità mentale,
scriverò
il suo nome per qualche mese su foglietti ricoperti di cuori spezzati e
poi lo dimenticherò. Ma se non andasse così?"
-Hai davvero intenzione di dichiararti?- urlò la voce,
stavolta scandalizzata.
Sveva voltò una pagina, cercando le risposte nella sua
confessione d'inchiostro blu. "Non
busserò alla sua porta
cascandogli tra le braccia ed esclamando: io ti amo! No, certo che no.
Ovviamente no. Ho ancora un briciolo di lucidità e spirito
di autoconservazione. Ma
un piccolo passo l'ho fatto, con il cuoricino per sms. Lo so,
è
una piccolezza, ma lui dopo ha sorriso. Non l'ho immaginato. Il suo
volto si è disteso, era...rassicurato. Non capisco che cosa
gli
prenda in questo periodo. Mi sembra sempre più seccato dai
messaggini di Ettore. Ma questo è un bene, no? A me non
importa
un fico secco di Ettore, che poi non è mai stato
così
appiccicoso. Voglio solo far capire a Vergil che...Cavolo, non lo so
come farò! Però, la prossima volta che lui
tenterà
di giocare con me, aspettandosi che io mi dia alla fuga...lo
sorprenderò! Lascerò la presa su me stessa, mi
concederò di dire la verità: è vero, ti voglio.
Chissà come la prenderà lui. Sono terrorizzata,
però rischiare è l'unico modo per ottenere una
svolta.
Non posso continuare così, è da vera masochista.
Vuole
che ammetta che lo amo? Lo ammetterò! In effetti lui ottiene
sempre quello che vuole. Speriamo che per una volta quel che lui
desidera sia io."
Chiuse il quaderno, spense la mente e si abbandonò al nulla.
Un
piacevole vuoto fatto solo di respiri leggeri. Doveva solo conservare
il coraggio e l'incoscienza di chi non teme colpi avversi.
Ciao,
lo sapevate che
oggi è la giornata mondiale della lettura?
Ecco, io sono
bloccata a casa, niente giro per le librerie, però ho
pensato di farvi un regalino e postarvi il capitolo nuovo.
Che ne dite di
questo Vergil insospettabilmente fragile e della nostra Eva divertita e
tenera?
E di Sveva che sta
raccogliendo tutto il proprio coraggio per svelare a Vergil i suoi
sentimenti?
Tenete
duro, mancano pochi capitoli alla fine, ma ci saranno ancora delle
belle sorprese!
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Capitolo 35 *** Non è come sembra ***
Federica osservò lo smalto arancione fare
capolino dall'apertura del
sandalo. Stava dondolando la gamba destra da almeno venti minuti ma
niente, il suo fratellino non era ancora pronto a uscire. A quanto
sembrava, non aveva alcuna importanza il fatto che lei l'avesse
avvisato circa due ore prima di prepararsi ed essere puntuale. Niente,
il piccolo Gabriele si era infilato sotto la doccia solo da pochi
minuti ed era un puro miracolo che ne fosse già uscito. Il
ragazzino iniziò un articolato discorso con la madre,
sull'abbigliamento più consono a una passeggiata con quella
rompipalle di sua sorella maggiore. La t-shirt azzurra era troppo
banale, quella rosa che gli aveva regalato zia Sara non l'avrebbe messa
manco morto, la sua maglietta preferita con il logo di spider man era a
lavare e quella di batman l'aveva bucata la settimana prima. Allora
buttarsi su una classica camicia bianca o provare con una polo che
però gli faceva un po' di pancetta?
Quel ragazzino aveva più senso della moda e
vanità di una
fashion guru, il che iniziava ad irritare parecchio la sorella.
-Gabri dovessi pure ficcarti il mio vestito lilla a fiori tu devi
essere pronto tra tre minuti!-
-Non posso essere pronto in tre minuti! Devo ancora pettinare il
ciuffo!-
-Ma cosa credi? Non hai le fan sotto casa, non ti si filerà
nessuno.-
-Federica e non glielo dire. Gli rovini l'autostima!- la
supplicò sua madre.
-Quello ha un ego più pompato di una palestra di wrestler...-
-Ma è piccolo!-
-E siamo ancora in tempo, vedrai quando sarà adolescente-
gemette Federica, lanciando un'occhiata disperata alla porta di casa.
-Allora inizia a comprarmi i fumetti, che poi scendiamo insieme a
mangiare il gelato- suggerì Gabriele, studiandosi allo
specchio.
Di norma gli avrebbe tirato un calcio e spinto sul pianerottolo senza
troppe storie, ma c'erano due problemi: la genitrice presente, e il
ragazzino ancora in mutande. Rabbrividì e corse fuori, con
la
voglia più sfrenata di dare una lezione a quel piccolo
viziato
cocco di mamma.
Si trovò dietro a una coppietta che passeggiava a passo di
lumaca, tenendosi ovviamente per mano.
-Un po' più lenti!- esclamò dopo averli superati.
Certo,
avrebbe potuto fare a meno di girarsi e guardarli in male, ma erano due
giorni che non vedeva Dante e stava diventando allergica agli
innamorati. L'albino sembrava sparito. Il giorno prima, quando lei
pronta a perdonarlo l'aveva cercato per tutta la città, lui
non
si era fatto vivo e anche quella mattina non aveva dato segni di vita.
Ma dove si era cacciato? Perché non la chiamava? Aveva
perlustrato tutti i bar lungo la strada, ma senza successo, e anche ora
si muoveva sfiorando con lo sguardo ogni passante dalla giusta
corporatura, ma nessuno di loro era la persona che avrebbe desiderato
incontrare. Aveva assoluto
bisogno di vederlo, di parlargli, abbracciarlo e farlo di nuovo suo. La
sola idea che, nel frattempo, qualcuna potesse toccarlo con un dito la
faceva impazzire. Evitava di pensarci, fidandosi del proprio istinto e
di Dante. Lui non voleva un'altra, non desiderava una qualsiasi. Lui
voleva indietro la sua Federica, e lei si era resa conto di volere la
stessa cosa. Ma se non lo trovava come faceva a dirglielo? Pestando i
piedi continuò a camminare, con il cuore che scendeva sempre
più giù, verso lo stomaco.
In tutto questo casino nemmeno Sveva riusciva a tirarla su di morale,
anche perché pure lei, poveretta, non stava messa bene. Si
ripromise di aiutare l'amica non appena avesse messo a posto la sua
situazione. In realtà, anche se nessuno lo sapeva, lei stava
già agitando la situazione e Vergil sembrava rispondere
esattamente alle sue provocazioni...ma ora come ora di Vergil non le
importava niente. Dante, Dante, Dante. Dove cavolo era Dante?
Si fermò più del dovuto nella microscopica
libreria che
vendeva anche fumetti. Cercò qualche romanzo horror, di
quelli
che non fanno dormire la notte, perché tanto lei erano
già un paio di notti che non dormiva e ormai i gialli
bon-ton di
suo padre non le bastavano più. Di imprenditori che
ammazzavano
i soci, simulando un suicidio, per tenersi gli utili non se ne faceva
niente. Lei aveva bisogno di una vera e catartica ecatombe. Avrebbe
guardato dei film splatter se suo fratello non avesse avuto il vizio di
svegliarsi per lo spuntino, sbirciare qualche scena e poi strillare
fino al mattino dopo. Ovviamente, poi, la colpa di averlo spaventato
sarebbe stata di Federica! Pagò quella spesa da serial
killer in
erba e
uscì dal negozio. Quando alzò lo sguardo, un
sorriso
idiota le si stava stampando sulla faccia. Proprio lì di
fronte,
a meno di venti passi da lei, Dante stava uscendo da una porticina
incassata nel vicolo. Federica non capì che posto fosse,
sembrava l'uscita di servizio del ristorante, ma era davvero
improbabile che Dante, per quanto perennemente affamato, avesse fatto
irruzione in un locale ancora chiuso. Stava per volargli incontro
quando notò il ragazzo girarsi. Alle sue spalle emerse una
figura femminile, troppo femminile. Federica odiò
all'istante
quelle gambe perfette che comparivano oltre una delicata tutina rosa. E
poi quei capelli biondi lunghi con...boccoli rosa? Quella tipa sembrava
una bambolina a grandezza naturale che respirava per magia. Aveva lo
stesso fascino tenero di Sveva, ma con qualcosa di più
grintoso.
Che diavolo ci faceva quella con il suo Dante?
Ok, loro si erano lasciati qualche giorno fa. Lui, però, era
ancora suo, giusto?
In fondo le aveva chiesto scusa...ma lei non aveva accettato, non
l'aveva perdonato.
Un sudore freddo le scese giù lungo la schiena, imperlandole
tutto il corpo fino a farla tremare.
Quando pensava di non poter star peggio vide Dante allungare le braccia
e circondare l'esile corpo di quella fatina rosa shocking. Erano
abbracciati, stretti come due fidanzati.
Federica avrebbe voluto gridare, correre da quei due e separarli,
gridare al ragazzo che aveva rovinato tutto, che l'aveva ferita ancora
una volta. L'avrebbe tempestato di pugni, fino a rovinare quel suo viso
perfetto, avrebbe cercato di riempire di lividi quel corpo atletico che
l'accendeva di desiderio anche nel sonno più profondo. Ma
non
fece nulla. Si accasciò contro il muro e sentì il
proprio
cuore andare in pezzi.
Era tutto finito, quello che credeva fosse l'inizio di un amore eterno,
di quelli da fiaba, era solo una dolorosa illusione. Aveva lasciato che
il suo cuore spiccasse il volo, in un sogno fatto di sabbia e d'amore,
ma poi era precipitato, schiantandosi al suolo e andando in frantumi.
Fu quello l'istante in cui capì che era tutto finito. La
passione, la sofferenza dell'incomprensione, la speranza di un nuovo
lieto fine, vennero sostituiti da un vuoto rassicurante, in cui anche
l'eco dei ricordi rifiutava di risuonare.
Attese che Dante e quella specie di Barbie se ne andassero e
uscì dal suo nascondiglio. Ignorò il cuore che le
batteva
all'impazzata nel petto e stinse i pugni talmente forte da strappare la
carta della busta che teneva in mano. Osservò i libri appena
comprati cadere per terra e li raccolse senza entusiasmo. Avrebbe
immaginato che le vittime delle case degli orrori avessero tutti
l'aspetto di Dante. Che macerasse all'inferno quel bastardo!
Si era messa in discussione per lui, eppure non era bastato. Lui non ci
aveva nemmeno fatto caso, mentre lei passava ogni notte in bianco, a
rigirarsi nel letto cercando un modo per fare pace. Era stanca di stare
male, di essere una frignona che si faceva mettere i piedi in testa da
uno appena conosciuto. Non si era mai comportata in quel modo, non
aveva mai permesso a nessuno di farla sentire insicura. Già
qualche giorno prima non si riconosceva più allo specchio,
con
tutti quei pianti e quei tentennamenti sul cosa mettersi per essere
più carina, più avvenente. Al diavolo quel
ragazzo, al
diavolo quella se stessa troppo fragile. Lei era forte, era che se ne
fregava di piacere, era così con tutti i suoi difetti.
Prendere
o lasciare. E Dante se l'era fatta scappare. Peggio per lui.
Marciò verso casa, lanciò i fumetti sulla testa
di
Gabriele e sbattè la porta alle proprie spalle quando il
bambino
iniziò a urlare.
-Hai avuto la tua occasione per prendere il gelato. Così
impari a non essere pronto in tempo!-
Si stese per terra, davanti alla tv che faceva da schermo per la
playstation e alzò il volume del videogioco al massimo.
Esplosioni, spari e grida le impedirono di pensare. Un'anestesia fatta
di sangue finto, lunga il tempo necessario per calmare i suoi veri
istinti omicidi. La fantasia di andare a strangolare Dante e la
bambolina era quasi irresistibile, ma ogni volta che i begli occhi
azzurri di lui le tornavano alla mente Federica si impediva
di
pensarci.
-L'amore è solo una grossa fregatura!- esclamò
stendendosi e dando un pugno al pavimento.
Era giunta l'ora di dimenticare i gemelli. Avevano portato solo guai,
solo equivoci e discussioni. Non c'era un futuro con loro, erano bravi
solo a prendere in giro, manipolare e illudere. E Dante sembrava il
più gentile dei due, e invece era solo un bravissimo attore!
Cavoli, chissà cosa era in grado di fare Vergil, lui che
appariva così freddo e cinico era soltanto sincero, o
mostrava
la facciata più gelida di un comportamento ancora
più
crudele? Federica pensò di non volere la risposta,
perché
per sua fortuna aveva scampato almeno quel ragazzo. Ma poi, con un
brivido, rivide lo sguardo di Sveva che si illuminava, non appena
vedeva Vergil.
La sua amica era troppo fragile per uno come lui. Non c'era ancora
stato niente tra quei due, se non qualche bacio furtivo, e lei
già ci perdeva il sonno. Anche se non le raccontava proprio
tutto Federica vedeva quanto Sveva si arrovellasse per piacere a
Vergil, per comprenderlo e cercare di conquistarlo. Non sia mai ci
fosse riuscita davvero! Finora l'albino stava solo giocando con
l'amica. Sì, forse anche lui era stuzzicato da quella
competizione anomala, ma poi cosa avrebbe fatto? Si sarebbe comportato
esattamente come il gemello. L'avrebbe ingannata.
Federica non poteva fare più nulla per il proprio cuore
spezzato, se non cercare di dimenticare. Ma non avrebbe permesso che
anche alla sua migliore amica succedesse la stessa cosa. Si era
ripromessa di aiutarla, e credeva di star facendo la cosa giusta, ma
solo ora aveva davvero aperto gli occhi. Era il momento di finire il
gioco e dare scacco matto a entrambi i gemelli. Farli uscire dalle loro
vite era la mossa vincente. Afferrò il telefono e chiese a
Sveva
di raggiungerla subito a casa.
-Sei sicura di aver capito bene?- Sveva la guardava con gli occhi
sgranati, tenendo la tazzina di caffè a mezz'aria.
-Li ho visti! Non c'era molto da capire.-
-Magari sono solo amici. Dante abbraccia anche me, è
espansivo.-
-Sveva, Dante ti considera quasi una sorellina, me l'hai detto tu
stessa. Quella, se fosse un'amica così stretta e non ci
fosse
stato nulla da nascondere, ce l'avrebbe già presentata!-
-Sì, hai ragione, però non posso credere che...-
-Questo è il problema! Tu non riesci credere che le persone
siano
cattive. Ma lo sono, e se non stai attenta finirai anche peggio di me.-
-Ecco, a proposito io ho preso una decisione.- Sveva finì il
caffè in un sorso solo, deglutì e
guardò l'amica.
-Brava, devi dimenticare Vergil!-
-Federica, ma io non ho detto di volerlo dimenticare, anzi.-
-Niente anzi! Tu devi togliertelo dalla testa punto e basta. Non vedi
come sono ridotta? Ed è stato Dante a conciarmi
così,
figurati quello che può fare Vergil, a una come te poi.-
-Cosa c'entra questo? Io so che lui potrebbe farmi del male, ma non
posso continuare a nascondere quello che provo. Non mi fa stare bene.-
-Potresti stare anche peggio, credimi.- Federica puntò
entrambi
gli indici verso se stessa, le occhiaie e il trucco sciolto.
-Mi dispiace vederti così, però...-
-Smettila. Fermati prima che sia troppo tardi, ascoltami!-
-Non posso, ho bisogno di chiarirmi con Vergil.Anche se questo mi
spaventa da morire.-
-Fidati di me. Anche io avrei dovuto mollare da tempo e invece?
Continuando a sperare guarda come sono finita.-
Sveva scosse la testa, facendo sfuggire alcune ciocche di capelli allo
chignon già disastroso. Si passò le mani sul
viso, come
cercando di togliere via la confusione di tutte quelle ultime notizie.
-Mi sa che accetterò una fetta di quel dolce che aveva
proposto
tua madre.-
-Ok, portamene una fetta e lasciami il cellulare. Voglio provare quel
giochino nuovo che hai scaricato.-
-Agli ordini.-
Federica prese al volo la piccola borsetta che le veniva lanciata, si
affrettò a trovare il telefono e poi aspettò di
sentire i
passi di Sveva che si allontanava.
Rieccoci qui.
Come state? Io non
troppo bene, ma questo capitolino non è troppo grande,
quindi sono riuscita a risistemarlo senza sforzarmi troppo.
I sospetti di
alcune di voi si sono rivelati esatti. Qui sta andando a scatafascio! E
Federica dimostra il suo solito carattere fumantino, equivocando tutto.
Che succederà? Che cosa avrà in mente per
sottrarre Sveva alle grinfie di Vergil?
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Capitolo 36 *** "Ti amo" non è abbastanza. ***
Vergil emise un lieve gemito di piacere sentendo finalmente l'acqua
alla giusta temperatura. Non riusciva a sfuggire al caldo,
così aveva deciso di farsi una doccia rinfrescante, ma non
gelida. Lasciò che uno scroscio generoso gli massaggiasse la
schiena, scendendo sul resto del corpo indolenzito. Quella notte aveva
dormito male, si era rigirato per ore tra le lenzuola sempre
più stropicciate, senza riuscire a riposare. Quegli occhi
verde veleno
continuavano a comparire nei suoi sogni, ed avevano sconfinato nel
dormiveglia. Eppure, qualcosa nella loro espressione era cambiato.
Adesso il loro sguardo era carezzevole, invitante e Vergil faceva meno
fatica a perdercisi dentro.
La voleva. Chiarito questo punto non avrebbe aspettato molto a prendere
ciò che desiderava, tanto più che Sveva non era
affatto
indifferente al suo fascino.
Quell'Ettore non aveva speranze contro di lui. Nessuno ne aveva.
Cosa sarebbe successo dopo, se fosse veramente innamorato oppure no di
quella ragazzina, erano questioni assolutamente secondarie. Si
passò una mano sulle braccia, sui muscoli irrigiditi dalle
troppe flessioni. Aveva deciso di allenarsi comunque, malgrado si fosse
svegliato d'umore nero e privo d'entusiasmo. Aveva corso per qualche
chilometro e poi aveva fatto ulteriori esercizi, senza risparmiare
energie. Si appoggiò alle piastrelle che decoravano la
doccia,
abbassando la testa e lavando i capelli. Chiuse gli occhi, non
percependo altro che il gioco dell'acqua su di sè e il
delicato
profumo muschiato della schiuma. Chissà se a Sveva sarebbe
piaciuta quella fragranza. Per un solo secondo immaginò di
averla con sè. Riuscì a vedere il suo viso
diventare
rosso, e la sua pelle farsi calda, come se l'avesse avuta davvero
lì. Gli si sarebbe
stretta contro il petto. Lo faceva sempre quando si lasciava andare,
come era successo al cinema. Era così piccola, bisognosa di
protezione, di attenzione. Rise, pensando al momento in cui quelle
sciocche fantasie sarebbero diventate realtà. Si concesse
altre
cinque minuti sotto la doccia, ma mise un freno ai propri pensieri. Non
aveva voglia di chiedersi come si sarebbe comportato una volta
conquistata la preda. Preda, ma era davvero questo? Definirla
così lo faceva sentire al sicuro, ancora in grado di tenere
le
redini e condurre il gioco, ma ormai le regole erano cambiate. Forse
non aveva voglia di domandarsi ancora se si
fosse davvero innamorato, proprio lui che si vantava di aver sempre
preso in giro le ragazze.
Uscì dalla doccia e si passò debolmente un telo
di cotone
sulla pelle bagnata. Non voleva asciugarsi totalmente, altrimenti
avrebbe ricominciato subito a sudare. Entrò in camera e
si buttò sul letto, incurante di inumidire le lenzuola.
Incrociò le braccia dietro la testa e fissò il
soffitto,
in un momento di inaspettata pigrizia.
Le labbra si incurvarono verso l'alto. Sveva era sua, non c'erano
dubbi. Doveva solo trovare le parole giuste per farglielo capire, ma
era certo che non ci sarebbe voluto un granché di discorso.
Forse sarebbe bastato lo sguardo giusto e si sarebbe sciolta. No, forse
la stava sottovalutando, di nuovo. Avrebbe dovuto sforzarsi un po' di
più, dirle cosa aveva apprezzato di lei, il sapore dei suoi
baci, l'energia delle sue sfide, perfino l'irritante timidezza...
Allungò un braccio fino al comodino, dove aveva lasciato il
cellulare. Con la mano afferrò un involucro di stoffa. Aveva
comprato quel regalo per lei qualche tempo prima, il giorno in cui
erano andati
al centro commerciale. All'epoca non aveva neppure saputo spiegarsi la
ragione di quel gesto, ma ora si rese conto di aver fatto la scelta
giusta. Lasciò andare la scatolina e si voltò per
afferrare il telefono, appena un po' più distante. Quando
riuscì a prenderlo si rese conto di avere un messaggio da
leggere. Doveva essere stato inviato mentre era ancora sotto la doccia,
andò nel menù per scoprire il mittente e quel
nome lo
fece sorridere ancora di più. La gattina non ci stava
mettendo
molto a cadere nella sua rete!
Da Sveva:
Ciao Ettore,
non vedo l'ora di
tornare a casa per rivederti. Ho capito di essermi stancata della gente
che c'è qui, non fa per me. Con te è tutto
diverso :*
Vergil strinse il cellulare fino a farsi sbiancare le nocche. Non aveva
avuto bisogno di rileggere il messaggio per impararlo a memoria. Ogni
parola si era incastrata nel suo petto come un piccolo e affilatissimo
coltello. Era stato ingannato? Era solo uno scherzo?
Ma sì, Sveva doveva star giocando con lui. Si era resa conto
di
averlo fatto un po' ingelosire e adesso voleva vendicarsi delle
settimane di frecciatine. Doveva per forza essere quella la ragione.
"Non vedo
l'ora di rivederti"
A quello? Che poi chi cazzo era questo Ettore? Che colore di capelli
aveva? E i suoi occhi, erano forse del suo stesso azzurro che a Sveva
piaceva tanto?
Non poteva sentire la mancanza di un altro mentre baciava lui. Mentre
si stringeva a lui.
"La gente che
c'è qui non fa per me."
Che aveva fatto? Possibile che tutti i suoi silenzi, tutte le sue
sfuriate, più o meno velate, l'avessero allontanata? In
fondo
Vergil aveva passato giorni interi a dirle che non era alla sua
altezza, che era solo uno scarto, un qualcosa che lui non avrebbe preso
in considerazione nemmeno nelle sue fantasie più folli. Ma
non
era la verità. Adesso l'aveva capito. E l'aveva persa.
Era troppo tardi?
Troppo tardi? Andiamo lui era Vergil Sparda, non un tipo qualunque. Non
uno che si dimentica.
Non uno che si prende in giro.
Doveva affrontarla o i dubbi lo avrebbero avvelenato. No, non se ne
sarebbe stato lì fermo ad aspettare un chiarimento. Se
quella
piccola strega era tanto ansiosa di buttarsi tra le braccia di qualche
insulso ragazzino allora avrebbe dovuto confessarglielo. Con le
buone...oppure no.
Sveva si trascinò fuori dall'ascensore. Discutere con
Federica
l'aveva stremata e ora non voleva altro che dormire un po' prima di
andare a cena, si stropicciò un occhio, assaporando la dolce
sensazione di non rovinare il trucco. Per la fretta era uscita senza
mettersi nemmeno un tratto di matita. Sentì qualcuno
bussò furiosamente a una porta, poco lontano.
Sperò di
non incrociare qualche pazzo, che di follie per quel giorno ne aveva
già avute abbastanza. Rallentò ancora, sapendo
che
più aspettava e più aumentavano le
possibilità che qualcuno chiamasse la portineria e facesse
calmare lo scalmanato nel corridoio. Alla fine si trovò a
sbirciare oltre l'angolo, per vedere se fosse sicuro passare, ma non
era preparata a ciò che vide. La porta che stavano colpendo
furiosamente era proprio la sua.
Avrebbe giurato che l'albino fosse Dante. Doveva essere lui, aveva
appena litigato con Federica, cioè, lui nemmeno sapeva di
averci
litigato...ma quei vestiti erano di Vergil! Non faceva alcuna fatica a
riconoscere i pantaloni neri, aderenti sulla cosce e più
morbidi
sul resto della gamba, abbinati a una canotta nera. Le era sempre
piaciuto vestito in quel modo, inquietante ma maledettamente sexy.
Sì, ma che ci faceva fuori dalla sua stanza?
-Ver...- lo chiamò, con un filo di voce.
-Tu!- La guardò con espressione indecifrabile, ma la voce
tratteneva a stento la rabbia. -Apri subito la porta.-
Sveva deglutì, un filo sottile di paura le strinse la gola,
ma
si precipitò a obbedire al ragazzo, senza neppure chiedersi
se
fosse saggio restare sola con lui. Entrò in camera, lui la
seguì e chiuse la porta a chiave. Sveva percepiva solo la
presenza di Vergil, come se lui riempisse tutto lo spazio. Un lieve
odore muschiato le pizzicò le narici, e un'occhiata ai suoi
capelli umidi le fece capire che era appena uscito dalla doccia.
Cercò di non farsi venire strane fantasie, soprattutto ora
che
la stava guardando come se potesse ucciderla con uno sguardo, ma era
davvero difficile.
-Cosa, cosa c'è?-
-Che cosa provi per me?- Le chiese a bruciapelo, intrappolandola tra
lui e il muro, come aveva fatto a Ravello.
Quando aveva pensato di essere sincera e confidare a Vergil i suoi
sentimenti Sveva non aveva mai immaginato una situazione simile. Di
certo non era l'atmosfera romantica che sognava, e l'espressione sempre
più adirata di Vergil iniziava a spaventarla. Se almeno lui
avesse smesso di avvicinarsi lei avrebbe potuto pensare più
lucidamente. -Ma che avete tu e Dante oggi? Vi comportate in modo
assurdo!- gemette, mettendogli le mani sul petto e cercando di
staccarlo da sè, ma fu una pessima scelta, perché
lui le
afferrò i polsi e glieli portò dietro la schiena.
Un gesto rude,
ma attuato con delicatezza.
-Non me ne frega un cazzo di mio fratello, specialmente adesso. Ti ho
chiesto: cosa provi per me?-
-Ti amo- sussurrò lei, contro la sua bocca, cercando di
guardarlo negli occhi, ma senza avere il coraggio di farlo davvero.
Vergil sciolse quell'abbraccio possessivo e le prese il viso tra le
mani, poi immerse le dita tra i suoi capelli
biondi. Ci mise solo un secondo per unire le loro labbra, mordendola,
baciandola con ruvido trasporto, assaporando lentamente quel
vago gusto di cioccolato che aveva
percepito già altre volte. Non badò al ritmo del
suo
cuore impazzito, nè al fiato sempre più corto di
entrambi. Non si chiese quanto tempo fosse passato prima di staccarsi
da lei.
-Complimenti, sei capace di mentire anche guardandomi in faccia.-
-Vergil che stai dicendo?-
-Peccato, in fondo baci piuttosto bene. Ci saremmo potuti divertire...-
-Che diamine vuol dire?- Sveva ascoltò con terrore la voce
di
Vergil farsi sempre più bassa. Sapeva che per lui quella era
una
sorta di scenata, non perdeva mai il controllo, tratteneva anche la
rabbia più furibonda e quella luce cupa nei suoi occhi
poteva
significare solo guai in vista.
-Quello che ho detto ragazzina. Del resto io e te siamo troppo diversi
per andare d'accordo.-
-Questo non è vero. E se lo pensi perché mi hai
baciata?-
-Per farti capire che sono sempre io a tenere le redini.- Le si
accostò di nuovo, appoggiando la fronte alla sua.
-Non capisco. Spiegami, ti prego.- Sveva sentì con orrore la
propria voce incrinarsi. Se si metteva a piangere era finita.
-Non devo spiegarti niente. L'hai detto tu che io non faccio per te.-
-Veramente io ho appena detto tutt'altro. Ti ho detto che ti amo, mi
hai sentita?-
Vergil estrasse il cellulare dalla tasca e le mise di fronte il
display. -Un consiglio: se vuoi prendere in giro qualcuno assicurati di
mandare il messaggio al numero giusto.-
-Che cosa?- Sveva sbattè più volte le palpebre,
convinta
che un secondo dopo la situazione sarebbe stata diversa. Doveva essere
solo un incubo atroce. Ma tutto riappariva, identico. Fissò
il
cellulare che le teneva davanti al viso e rilesse il messaggio almeno
tre volte prima di comprenderlo. -Vergil non ho mai mandato questo
messaggio. Non è vero niente di quello che c'è
scritto.-
-Ma Ettore è vero. Li ho visti gli altri messaggi, al
cinema, al
mare. Sei stata sempre con quel cazzo di telefono in mano!-
-Ettore è solo un amico. Si informa su quel che succede
qui, io gli racconto un paio di cose, ma non me ne importa niente di
lui! Di certo non andrei a dirgli che muoio dalla voglia di vederlo e
che voglio lasciare te.-
-Non stiamo insieme, quindi non puoi lasciarmi- puntualizzò
Vergil dall'altro lato della stanza. Si era allontanato da lei e dalla
voglia di strangolarla. Era davvero un'ottima attrice, non c'erano
dubbi.
-Questo lo so fin troppo bene.-
-Comunque, non ha più importanza.-
-Che vuoi dire?-
-Ascoltami bene ragazzina. Non mi faccio prendere in giro da nessuno,
men che meno da te.-
-Ti giuro che non ho mandato io quel messaggio!- Sveva estrasse il
proprio cellulare dalla borsa, andando subito nella cartella della
posta
inviata. -Come pensavo, non c'è nessun sms. Controlla tu
stesso.-
-L'avrai cancellato!-
-A che scopo?-
-Sveva mi hai detto diverse volte di non sottovalutarti, hai
sottolineato in continuazione che potevi essere furba quanto me.
Ebbene, non lasceresti una prova simile in giro...-
-Una prova? Vergil parli come se stessi commettendo un crimine! Sei
fuori di testa.-
-Hai ragione. Devo essere fuori di testa per perdere tempo
con un'insignificante bugiarda.- Aveva gridato la prima frase,
per
poi abbassare gradualmente la voce, fino a ridurla a un bisbiglio
contro la bocca di lei. Vicinissimo, senza sfiorarla.
-No, Vergil. Aspetta!-
Lui se ne andò sbattendo la porta alle proprie spalle, senza
darle un'altra occasione per spiegarsi. Sveva si accartocciò
contro il letto, piangendo da sola sul pavimento. Federica aveva avuto
ragione a metterla in guardia, ma lei non aveva voluto ascoltarla. E
adesso il suo unico sospetto era che i gemelli fossero entrambi
calcolatori. Due tradimenti lo stesso giorno? Troppo strano. Forse
era il loro piano fin dal primo momento, conquistarle e farle soffrire.
Probabilmente si erano divertiti e quella sera avrebbero brindato al
loro successo. Magari non erano nemmeno così rivali.
Lasciò le lacrime libere di scorrere via, mentre anche i
singhiozzi iniziavano a scuoterla.
Non era giusto. Non aveva fatto nulla di male. Eppure era stata ferita,
annientata.
Gli aveva detto che lo amava, e lui non aveva battuto ciglio. Una
bugia! Le aveva dato della bugiarda. Se ripensava a tutte le volte in
cui avrebbe voluto dirgli cosa provava e aveva taciuto per paura
della sua reazione. Avrebbe dovuto star zitta anche in quel momento.
Come aveva potuto pensare che uno come Vergil avrebbe dato una
possibilità proprio a lei? Un'insulsa romantica, ecco
cos'era.
Dei colpi alla porta la fecero trasalire. Si alzò, mal ferma
sulle gambe. -Vergil?-
Aprì uno spiraglio senza vedere molto, ma prima che potesse
asciugarsi le lacrime e mettere a fuoco la persona che aveva di fronte,
delle braccia forti la circondarono.
Angolo
dell'autrice.
Ebbene, rieccoci
con il nuovo
capitolo. Confesso che sistemandolo mi stava scendendo qualche
lacrimuccia. Questi due mi sembrano teneri anche quando litigano.
Gli aggiornamenti
sono un po'
sballati perchè sono sotto esame, ma la storia è
conclusa, ci sono tutti i capitolini sul mio pc, e devono solo essere
risistemati. Se tutto va come dovrebbe, la storia finirà al
capitolo 40, quindi a quanto stiamo...-4?
Mamma mia, con il
conto alla rovescia mi sale il magone e anche un po' d'ansia!
Voi che ne
pensate? Dove siete finite?
Spero che il nuovo
capitolo vi sia piaciuto! Fatevi sentiiiiiire!
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Capitolo 37 *** Mio fratello è uno stronzo...o forse no? ***
-Cosa ti ha fatto quel bastardo?- Dante aveva visto uscire
il fratello
dalla stanza di Sveva, gli si era avvicinato, ma Vergil lo aveva
scostato con una spallata e si era chiuso nella propria stanza.
L'espressione di furia sotto controllo, però, aveva
messo Dante in
allarme e i singhiozzi dietro la porta dell'amica ancora di
più.
-Vado a ucciderlo e torno.-
-Sì... no, forse.- Sveva cercò di divincolarsi
dall'abbraccio, ma non le riuscì. -Vattene via.-
-Dimmi cosa ti ha detto. Non ti ha fatto del male, vero?- Conosceva
suo fratello, per quanto potesse essere cinico e distaccato non era
così crudele.
-Gli ho detto che lo amo.- Sveva si arrese e si appoggiò a
Dante, che la guidò verso il letto, dove si sedettero
vicini.
Lei fu lesta ad afferrare un cuscino e immergerci il viso ancora pieno
di lacrime. -Ma adesso lo odio!-
-Ti avevo detto di stare lontana da lui. Speravo che mi dessi ascolto.-
-Tu sta zitto. Non sei tanto migliore di lui.-
-Io? Aspetta, non te la puoi prendere con me!- Dante scattò
sulla difensiva, non capendo la ragione dello sguardo adirato, che
spuntava poco sopra il cuscino.
-S...sì, invece! Siete cattivi tutti e due. Due traditori.-
-Sveva mi dici che...-
-Stronzi!-
-Se arrivi alle parolacce sei proprio arrabbiata. Senti,
finché
te la prendi con mio fratello ti capisco, e me la prenderò
anche
io con lui appena uscirò da qui. Ti assicuro che lo
farò
a pezzettini. Ma non te la devi prendere con me, io non ti ho fatto
niente!-
-A me no, ma a Federica sì. L'hai tradita!- Sveva gli
scagliò contro il cuscino, centrandolo in piena faccia.
-Allora
cos'era una scommessa, eh? A chi dei due faceva la mossa peggiore,
magari! Stasera festeggerete alla faccia nostra, immagino.-
Dante reggeva il cuscino tra le mani, mentre teneva ancora la bocca
aperta per la sorpresa. Non aveva mai visto la solitamente calmissima
Sveva così infuriata, le sue grida dovevano sentirsi per una
buona parte del piano. -Ti vuoi calmare e mi spieghi cosa pensi
che io...che noi abbiamo fatto?- Si avvicinò di nuovo alla
ragazza, che si ritrasse contro il muro, ancora in piena
crisi di nervi. -Perché dici che ho tradito Federica?-
-Ti ha visto stamattina. Eri con un'altra, una con i capelli rosa.-
-Oh, no! Ha scoperto la sorpresa?-
-Sorpresa? Tu che esci con un'altra sarebbe una sorpresa secondo te?-
Sveva tentò di dargli un pugno sulla spalla, ma l'unico
risultato che ottenne fu di sbilanciarsi e dar modo a Dante di
afferrarla e farla sedere sulle sue ginocchia, perfettamente immobile.
-Non sto uscendo con nessun altra. Prendi il bigliettino nella tasca
della mia camicia.-
Sveva osservò lo sguardo calmo e fiducioso di Dante, che le
liberò la mano destra, continuando, però, a
tenerla
d'occhio. Respirò profondamente e fece quello che le aveva
chiesto. -La pubblicità di un negozio di articoli
da
regalo?- girò il foglietto e trovò la foto di una
bella
ragazza con i boccoli rosa. -Questa sarebbe la proprietaria. Ok, adesso
so che te la fai con una che ha un negozio di articoli da reg...ahhhh!
Il solletico no!-
-Non smetto fino a che non capisci che non me la faccio con nessuna che
non sia Federica.- Si interruppe solo un attimo, la guardò
negli
occhi, mentre lei cercava di sfuggirgli, e poi la
riacciuffò.
-Mi hai capito?-
-Lasciami andare, tanto non ti credo!-
-Ho le prove! Guarda sul mio telefono.-
-No, basta telefoni per oggi! Non manderò più un
messaggio in tutta la mia vita.-
-Che c'entrano i messaggi? Ti devo far vedere delle foto.-
-Tanto lo so che è un complotto, anche tu che parli di
prove!-Sveva riuscì a liberarsi, con un'altra cuscinata in
faccia e si appoggiò alla parete, con il fiatone e uno
sguardo
accusatore.
-Guarda queste foto, accidenti!- Dante lasciò il cellulare
sul letto a metà tra loro due.
Lei si avvicinò diffidente e scorse gli scatti. -Sono cose
molto carine. Ah, qui c'è anche una vostra foto e le
iniziali!-
-Esatto. Sei stata tu a dirmi che dovevo darmi da fare per provare a
Federica che tengo a lei. Ed è quello che ho fatto!-
-Le hai comprato dei regali?-
-Non solo. Ho organizzato una cosa...una sorpresa. Oggi sono andata a
vedere il posto con Ester, è lì che Federica deve
averci
visti.-
-Vi stavate abbracciando!-
-La stavo salutando. Ok, forse in modo un po' troppo amichevole, ma non
c'è nient'altro.-
-E io come faccio a crederti?-
-Non potrei mai piacere Ester-
-So che mi pentirò di averlo detto, e che il tuo ego ne
uscirà ancora più gonfio del solito, ma sei un
bel ragazzo, quando ti ci metti piaci a chiunque. -
-Piccoletta non hai capito. Si vede che ti è successo
qualcosa, di norma non saresti così tarda...-
-Non ho abbastanza energia per fare supposizioni. Sono già
sconvolta di mio.Parla chiaro.-
- Ester è lesbica! Guarda bene tra le foto, ce ne deve
essere una con
la sua fidanzata, è lei che crea alcuni oggetti che poi
Ester
vende. Quando sono andato al laboratorio mi hanno chiesto di scattare
una foto.-
Sveva iniziò a scorrere le immagini, fino a che non ne
trovò una con due ragazze. Le loro magliette formavano un
unico
cuore arcobaleno e la scritta "i love you". Come se non bastasse si
guardavano in modo inequivocabile. Sveva si sedette di colpo e
guardò Dante. -Allora è tutto uno sbaglio. Non
l'hai
tradita, stai cercando...di recuperare.-
-Già.-
-Dante scusami!-
-Aspetta ma...Federica è convinta che io la stia tradendo?-
-Sì.-
-No! Era già incavolata con me per la sfuriata di gelosia,
se adesso pensa che l'abbia tradita...-
-Ehm...in effetti non vuole più saperne di te.-
-Accidenti, devo spiegarle il malinteso.- Dante corse verso la porta,
senza neanche salutarla, ma Sveva fu lesta a riacciuffarlo,
afferrandolo con insolita forza.
-No, le parlerò io. Tu passami la fotografia di Ester e non
fare
altro. Per ora è troppo arrabbiata.- Si avvicinò
a Dante
e gli mise un braccio sulle spalle. -Almeno una di noi starà
bene.-
-Non rimetterti a piangere- mormorò Dante, facendola
appoggiare a sè. -Dimmi che succede con Vergil.-
-L'ho trovato fuori dalla porta. Ho capito subito che qualcosa non
andava, ma non ci ho pensato e l'ho fatto entrare.- Sveva fu scossa da
un brivido ripensandoci. -Mi ha chiesto cosa provassi per lui e quando
gli ho detto che lo amavo mi ha dato della bugiarda.-
-A te?- Dante non riusciva a credere alle proprie orecchie. Si vedeva
lontano un miglio che quella ragazza era la regina delle ingenue. Di
certo non avrebbe ingannato nessuno, men che meno suo fratello. Come
aveva fatto Vergil a sbagliarsi in quel modo? Non era da lui.
-Sì. Mi ha fatto vedere un messaggio, che sembrava spedito
da me
a Ettore, in cui c'era scritto che...- Sveva si fermò non
riuscendo a trattenere i singhiozzi -...che volevo rivederlo, che le
persone che stavo frequentando qui non mi piacevano. Te lo assicuro
Dante quel messaggio non l'ho mandato io e l'ho detto anche a Vergil,
ma lui non mi ha creduta. Così ho pensato che se lo fosse
mandato da solo. Insomma, sta mattina tu tra le braccia di un'altra, e
stasera Vergil che mi costringe a dichiararmi e poi mi tratta come una
traditrice...che cosa dovevo pensare?- Si alzò, iniziando a
percorrere la stanza in lungo e in largo, asciugandosi inutilmente le
lacrime che continuavano a scendere.
-Questa storia non ha senso.-
-Lo so, però tu mi hai spiegato quello che successo. Tuo
fratello che scusa ha?-
-Non lo so, ma andrò a scoprirlo...-
-Che vuoi fare?-
-Non lascerò che ti insulti in questo modo e poi se ne vada
come se niente fosse.-
-Dante aspetta!- Sveva osservò con angoscia la seconda porta
che si chiudeva davanti a lei.
-Dante dove vai?-
-Ciao mamma, cerco Vergil.-
Eva si trattenne qualche secondo, scrutandolo a fondo. -Era proprio
quel che temevo.- Lo prese per un braccio e lo spinse verso la propria
stanza, come faceva quando i gemelli erano piccoli ed era necessario
separarli sul nascere di un litigio. -Vieni un po' con me.-
-Proprio ora?- chiese, senza capire come era arrivato fino a
lì.
-Che succede tra te e tuo fratello?-
-Lui è fuori di testa, più del solito. Ha
trattato male una persona e io devo capirne il motivo.-
-Non mi sembri uno che voglia ragionare, ti vedo più a
menare le mani.-
-Mamma non ti intromettere!-
-No, Dante, sei tu a non doverti intromettere.Ti ricordi cosa
è
successo quando hai visto Vergil con Federica? Credevi che lui si fosse
messo in mezzo, quando invece non era così, e hai litigato
con
entrambi. Sarebbe meglio se ognuno di voi lasciasse in pace l'altro
almeno nelle questioni di cuore.-
-E tu come le sai queste cose?-
Eva sorrise, ma ignorò la domanda. -Lascia che Vergil
chiarisca da solo le cose con Sveva.-
-Lui non ha mai davvero tenuto a una ragazza. Lo so che non ti piace
sentirlo dire, ma è così.-
Eva diede un colpetto al letto e fece sedere il figlio accanto a
sè. -Caro, ma io lo so perfettamente. Vivo con voi, vi
osservo
anche se cerco di essere discreta. Lo so che finora Vergil si
è
divertito. E tu credi che voglia farlo ancora. Non ti sembra strano il
suo comportamento, come se anche lui non sapesse cosa fare?-
-Che vuoi dire?-
-Siete gemelli Dante, più simili di quanto non crediate.
Insomma, non le hai certo ereditate tutte tu le insicurezze...-
Dante si passò le mani sul viso, stendendosi sul letto e
guardando sua madre troneggiare su di lui.-Pensi che anche Ver' sia
insicuro?- chiese, incredulo.
-Sì, certo. Non vuole mostrarlo, ma ha tante
fragilità.
Temo che nasconderle le abbia fatte crescere, hanno messo radici ancora
più profonde. Vergil ha bisogno di qualcuno con cui parlare
schiettamente, senza doversi fingere forte a tutti i costi.-
-Non vedo perché Sveva dovrebbe assumersi questo peso.-
Eva si stese accanto al figlio, e insieme guardarono le pale del
ventilatore formare un grosso cerchio sul soffitto. -Credo che l'abbia
già fatto. Tuo fratello non perde mai la calma, se hanno
litigato vuol dire che lui si è già esposto
più
del solito.-
-Già, di norma l'unico con cui litiga sono io. Gli altri si
limita a farli sentire dei piccoli vermetti striscianti.- Dante
sbuffò, sentendo un suono strozzato poco sotto il suo
orecchio.
-Mamma non ridere!-
-Scusa, è che io vi immagino ancora bambini. Sapervi dei
ragazzi
dalla testa calda mi fa uno strano effetto. Comunque, finora Vergil ha
frequentato ragazze che non lo interessavano davvero, e ora che le cose
sono cambiate nemmeno lui sa come comportarsi.-
-Si sta comportando male. Non voglio che faccia soffrire la mia amica.-
-Tesoro, se Sveva non sa tenere Vergil al suo posto allora non
è
la ragazza adatta a lui, ed è meglio che entrambi lo
capiscano
quanto prima.-
-E che dovrei fare, stare a guardare?-
-Temo di sì.-
-Non ci sto!-
Dante si alzò di scatto, anche se meno convinto di prima e
andò a cercare il suo gemello. Bussò alla porta
della sua
stanza, ma sembrava non ci fosse nessuno. Lo chiamò al
cellulare, ma era staccato. Scese nella hall e il portiere gli disse di
aver visto uscire Vergil solo pochi minuti prima. Aveva
lasciato
un biglietto per la madre, dicendo di non aspettarlo a cena. Quindi
sarebbe toccato a Dante farle compagnia, disubbidirle e lasciarla sola
al ristorante sarebbe stato ingiusto verso di lei. Dante scosse la
testa, vedendo Eva avvicinarsi al lui, con un sorriso disteso. Era
riuscita a dividerli appena prima del disastro, come al solito.
Ciao mie adorate
lettrici :)
scusate l'attesa, ma in questa settimana ho fatto ben due esami e non
sono riuscita ad aggiornare anche la Fan Fiction, mi farò
perdonare per il ritardo ^.*
Il capitolo di oggi è un po' cortino, ma non temete. I
prossimi saranno moooolto più cicciosi.
Grazie per l'affetto con cui seguite me e la mia storia ormai agli
sgoccioli.
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Capitolo 38 *** Redenzione ***
Federica aveva dormito come un sasso. Nessun sogno aveva
turbato il suo
riposo. La più nera oscurità l'aveva condotta in
una
dimensione di profonda incoscienza. Dopo due lunghe notti insonni era
proprio ciò di cui aveva bisogno: riposo assoluto, senza
alcun
pensiero, senza alcun ricordo. Senza dolore. Il suo corpo era pesante,
come anestetizzato, si sentiva intontita, ma stava stranamente bene,
come se galleggiasse nell'acqua a peso morto. Si svegliò per
l'insopportabile solletico alla fronte, cercò di grattarsi,
ma
invece della pelle trovò un post-it giallo con la grafia del
padre.
"Siamo in spiaggia. Abbiamo provato in tutti modi a svegliarti. Abbiamo
evitato solo l'acqua gelata perché tua madre non voleva
dover
asciugare il pavimento. Quando torni dal regno dei morti facci uno
squillo."
Non c'era niente da ridere. Quale tara mentale aveva spinto il genitore
ad appiccicarle un foglietto in fronte? Non fosse stato per quel
pezzetto di carta sarebbe stata ancora beatamente addormentata.
L'appallottolò e lo getto via, ma si rialzò
subito
sentendo un boato provenire dal suo stomaco. Il crampo fu tanto forte
da farle portare le mani al busto e costringerla a scattare in piedi.
Non ricordava nemmeno più quando avesse mangiato per
l'ultima
volta. Sicuramente non a cena, aveva detto di non avere fame, aveva
letto quasi un intero libro, chiusa in camera sua, e poi si era
addormentata. E a pranzo? Aveva mangiato qualcosa a pranzo? La sua
mente era come annebbiata, tentava inutilmente di mettere a fuoco i
fatti del giorno precedente, ma qualcosa dentro la sua testa si
rifiutava di funzionare. Probabilmente sarebbe stata così se
fosse stata sbronza, ma aveva bevuto solo coca-cola annacquata. Allora
perché stava male?
Andò in cucina senza neanche mettersi le pantofole. Lo
smalto
arancione si era sbeccato sull'alluce e chissà
perché
quel colore iniziava a non piacerle più. Rischiò
di
andare a sbattere contro la porta chiusa, ma si salvò in
tempo.
L'ultima metà del ciambellone fatto da sua madre troneggiava
sul
tavolo della cucina, insieme alla sua tazza preferita. Il ciambellone
era alla vaniglia, con gocce di cioccolato. Ricordava di averne
assaggiata una fetta. In realtà sapeva di averne sbriciolata
buona parte per terra, durante il pomeriggio, mentre parlava con Sveva.
Ma di che avevano parlato?
Fu un solo terribile secondo, ma fu sufficiente perché
recuperasse la memoria su ogni cosa del giorno precedente. Il litigio
col fratello, la speranza di vedere Dante e poi l'averlo visto davvero,
sì, ma abbracciato a un'altra. Ecco perché si
sentiva
tanto confusa, la tristezza cercava di emergere, anche se era tenuta a
bada da una rabbia cieca. Quel maledetto pallone gonfiato l'aveva
illusa, uscendo con una barbie dai capelli mezzi rosa, mentre stava con
lei e le giurava di amarla.
Si sedette e si versò del latte freddo, ma quel
colore non
fece altro che ricordarle la pelle ancora stranamente chiara di Dante.
Lei ne conosceva l'esatta sfumatura. Aveva accarezzato e assaporato
quasi ogni parte di quel corpo d'alabastro, forte come il marmo ma
caldo come la sabbia d'estate, quando il sole è a picco.
Chiuse
gli occhi cercando di evitare che le immagini dei rari momenti di
intimità l'assalissero. Non si era mai sentita
così, ma
con Dante perdeva ogni inibizione, era come esplorare una zona vietata,
sai già di star infrangendo delle regole, eppure ti senti
assolutamente libera. E lei si era sentita esattamente così,
priva di ogni legame se non quello con il ragazzo che la teneva
stretta, che le sussurrava parole dolci, mentre le sue mani
memorizzavano ogni centimetro del corpo di lei. Arrossì
violentemente e si guardò intorno, anche sapendo di essere
sola.
Il solo fatto di evocare certi pensieri proprio in una stanza che
condivideva tanto spesso con i genitori, la faceva sentire timida come
in realtà non era. Era stata molto discreta e aveva fatto in
modo che quei preziosi momenti di solitudine non accadessero mai in
casa sua, era terrorizzata alla sola idea che i suoi la scoprissero,
perciò quando il campanello suonò all'improvviso
lei
lasciò cadere la tazza, che non si ruppe, ma
rovesciò
tutto il latte sul tavolo.
-Che abbiano un radar anche per i pensieri a luci rosse?- Si diede
della sciocca, perché se suo padre avesse davvero avuto un
potere simile allora l'avrebbe segregata in una stanza senza finestre
da almeno tre anni, più o meno da quando aveva scoperto
l'esistenza di Christian Bale. Si fiondò alla porta, senza
curarsi di pulire la cucina. -Chi è?-
-Sono Sveva, apri!-
-Che ti è successo?- gridò aprendo la porta.
L'amica
aveva un foulard sui capelli, che le scendeva fin sotto al collo, e
gli occhi coperti da grandi lenti scure. -Sembri una diva del cinema
anni '60.-
-Fai meno la spiritosa- la redarguì Sveva, togliendosi il
travestimento anti-ansia genitoriale, entrando in casa. -Non so tu, ma
io stanotte non ho chiuso occhio e non volevo farlo notare ai miei.-
-Eh...ognuna ha i propri segreti...-
-Che hai detto?-
-Che ho dormito a meraviglia!-
-Beata te. Ma che è successo qui in cucina?-
-Senti miss perfettina, è colpa tua. Se non avessi suonato
all'improvviso io non avrei rovesciato il latte! Quindi ora pulisci tu!-
-Io? Ma se sono appena arrivata!- Sveva ignorò quel comando
assurdo, prese l'amica per mano (non prima che Federica afferrasse il
ciambellone rimasto sul tavolo) e la trascinò in camera sua.
-Devo assolutamente parlarti, è una cosa davvero urgente.-
-Allora parla.-
-Ti sei sbagliata su Dante. Non ti ha tradita. Ecco, non posso
spiegarti proprio tutto, ma con quella ragazza non c'è
niente.
Lui è solo un suo cliente.-
-Cliente? Allora quella è una pros...-
-Ma che dici!? No, Ester ha un negozio di articoli da regalo in un
paese vicino. Dante, ehm...voleva farti una sorpresa.-
-Sì, come no. Scommetto che ti sei bevuta ogni baggianata
che ti ha detto.-
-No, ho visto i regali che ti ha ordinato. E poi c'è
un'altra cosa...-
-Allora?- Le sopracciglia di Federica schizzarono in alto, mentre lei
assumeva un'espressione sempre più scettica.
Sveva le allungò il cellulare, con le foto di Ester e della
sua
fidanzata. Quella mattina ne aveva ricevuta una ancora più
inequivocabile, tanto per assicurare a Federica che non aveva nutrire
alcun timore per Ester.
-Sto vedendo quello che penso?- chiese, balbettando appena. La
verità faticava a farsi strada nella sua mente. Tutta la
rabbia
che aveva accumulato in quelle ore minacciava di rompere le dighe e
svanire, lasciandola sola e ancora più confusa di prima.
Forse
era stata ingiusta, forse aveva sofferto per sue mere paranoie, di cui
Dante non aveva alcuna colpa, anzi, voleva solo essere carino. Era
stato gentile, come sempre. Le stava comprando dei regali, o qualunque
altra cosa assurda stesse facendo non contemplava il tradimento.
Sofferenza inutile.
-Un bacio saffico? Sì, è proprio quello che stai
guardando.- disse Sveva, con voce neutra.
-Queste due sembrano ancora più assatanate di me e Dante.-
-Risparmiami i particolari, ti prego. Comunque, tu e Dante avrete tutto
il tempo di recuperare e battere anche il loro record del bacio
più passionale dell'estate.- Riprese il cellulare,
sorridendo
allo schermo vuoto, come se potesse vedere un enorme sorriso spuntare
sul viso dell'amico. Gli aveva promesso di sistemare le cose almeno per
loro, e sembrava esserci riuscita. Ma quando
sollevò lo
sguardo tutta la sua euforia svani. - Adesso perché piangi?-
Federica si era raggomitolata su se stessa, abbracciandosi le ginocchia
e singhiozzando disperatamente. -Sono stata una stupida!-
Sveva si avvicinò e la strinse, facendole appoggiare la
testa
sulla sua spalla, confortandola proprio come il giorno prima. -Siamo
tutti stupidi quando siamo innamorati. Alcuni lo sono anche senza
essere innamorati, ma questo è un altro discorso. Quello che
conta è che puoi tornare a essere felice. Hai un ragazzo che
ti
ama alla follia, e anche tu lo ami tanto, altrimenti non saresti stata
così male.-
-Ma lui sarà arrabbiato...- mormorò, senza il
coraggio di
guardare l'amica. L'unica cosa che le veniva in mente erano gli occhi
di Dante e le sue mani quando l'accarezzava. L'avrebbe tenuta ancora
tra le braccia, l'avrebbe guardata ancora come se fosse la
più
bella del mondo?
-No, non lo è. Era atterrito all'idea di averti fatta star
male. Vuole solo la sua Federica.-
-Sai Sve, proprio stamattina ero convinta che non ci sarebbe stato
più niente tra noi, che avrei dovuto dimenticarlo...e
invece!
Sono così felice, io mi metterei a urlare o a saltare o
entrambe
le cose insieme!-
Risero entrambe, abbracciandosi. Federica sembrava aver seppellito
tutta l'angoscia in un angolo remoto del proprio cuore, pronta a
liberarsene definitivamente una volta tornata con Dante.
Perché
tutto fosse perfetto ci voleva il bacio del vero amore. Accidenti,
stava diventando una vera romantica! Ma quello era tutto merito di
Dante, soltanto lui riusciva a farla sentire tanto libera da poter
essere anche incoerente, da poter essere qualunque cosa desiderasse.
Sì, cavolo, lo amava. Lo amava davvero tanto. Con tutte le
sue
mancanze, con i suoi modi un po' rudi, i suoi sorrisi contagiosi e i
suoi abbracci confortanti. Era perfetto e lei non avrebbe mai
più messo in pericolo il loro rapporto.
Si potevano provare tante emozioni in un così poche ore?
Solo il
giorno prima credeva che l'amore fosse solo una finzione, che non
esistesse nessun sentimento reale, che i gemelli fossero solo degli
imbroglioni...
Sgranò gli occhi e si coprì la bocca, soffocando
un gemito. Vergil!
Se si era sbagliata su Dante, che conosceva così bene,
poteva essersi sbagliata anche su di lui?
-Che c'è, che ti prende ora?- le chiese Sveva, visibilmente
preoccupata.
-Niente, è che mi chiedevo...insomma io sono qui che
festeggio e
non ti ho chiesto nemmeno tu come stai...Cioè, niente di
nuovo
con Vergil, vero?-
Sveva evitò il suo sguardo, abbassando la testa. -Lasciamo
stare.-
Federica notò solo in quel momento gli occhi arrossati
dell'amica. Forse non aveva dormito, ma aveva pianto un bel po'. -No,
raccontami.-
-Davvero, non voglio pensarci. L'importante è che almeno una
di
noi due abbia il finale che le spetta. Avevi ragione sai, lui proprio
non fa per me.-
-Lui non fa per te?- Federica aveva notato che quelle erano le stesse
parole che aveva usato lei il giorno prima...allora Vergil era andato a
dirglielo? -Spiegati, ti prego.-
-Perché dobbiamo rovinarci la giornata?-
-Perché tu ieri hai ascoltato me...-
-Tu ieri hai dato di matto. Senza offesa, ma ti eri immaginata tutto.
Per me è diverso.-
-Non farmi morire dalla curiosità!- la
pregò Federica,
mentre divideva il ciambellone e la guidava di nuovo verso la cucina,
mettendo del caffè sul fuoco. Anche se lei era talmente
agitata
da desiderare una camomilla. La felicità per aver fatto pace
con
Dante, unita alla strana sensazione di averci litigato, averlo lasciato
ed esserci tornata senza neanche parlargli, erano un mix che si stava
rivelando letale, dovendolo miscelare anche con il terrore di aver
combinato il guaio peggiore della propria vita.
-Ieri Vergil è venuto da me, era molto strano, sembrava
calmo ma
si intuiva che dentro era furioso. Sai com'è lui quando si
arrabbia...-
-Sì, quell'aspetto da quiete prima della tempesta mi ha
sempre messa a disagio. Continua.-
-Gli ho detto che lo amo.-
Federica sputò un pezzo di dolce. -Che cosa?-
-Me l'aveva chiesto lui!- si difese Sveva, vedendo l'amica impallidire.
-Dopo avermi fatto dire cosa provassi esattamente per lui, mi ha
baciata.-
-Di nuovo...- Federica si morse la lingua, cercando di stare zitta,
altrimenti Sveva non avrebbe mai finito il racconto e lei sarebbe
rimasta sulla graticola.
-Sì, ma stavolta è stato diverso. Dopo ha preso
il
cellulare e mi ha mostrato un sms, che sembrava avessi scritto io. Ma
non sono stata io!- Sveva si accasciò contro lo schienale
della
sedia, nascondendosi il volto tra le mani.-Non so come sia possibile,
ma sembra che io abbia scritto a Ettore un messaggio, e Vergil
è
andato su tutte le furie. Mi ha dato della bugiarda e ha detto che non
avrebbe più perso tempo con me.-
Federica salvò il caffè appena in tempo, ma ormai
aveva
capito che nessuna delle due l'avrebbe bevuto. Lei era agitatissima e
Sveva stava già singhiozzando dall'altro lato del tavolo. La
sua
migliore amica era a pezzi e lei non sapeva cosa fare. Vergil era stato
molto duro con lei. Sì, si era sentito ingannato, ma questo
non
gli dava diritto di farle del male, no? O forse sì.
Però
non era lui il vero colpevole di tutto quel pandemonio.
Per un solo istante pensò a lui, si chiese come stesse. Era
una
persona che raramente mostrava le sue debolezze, ma per aver fatto una
scenata doveva essere davvero fuori di sè. Ci aveva visto
giusto. Vergil era interessato a Sveva, se ne era innamorato e non
aveva resistito all'idea di averla persa.
-Tesoro guardami, vedrai che
andrà tutto bene.- Federica massaggiò la schiena
di Sveva, che continuava a
piangere senza alzare nemmeno lo sguardo.
-Non è possibile.-
-E invece si aggiusterà tutto, proprio come è
successo tra me e Dante.-
-Smettila di illudermi!-
-Sveva guardami. Io ti devo dire una cosa...-
Federica si sentiva terribilmente in colpa per ciò che aveva
fatto. Pur mossa dalle migliori intenzioni aveva combinato un vero
casino di cui non era lei a pagare le conseguenze. Camminava con le
spalle curve e le mani affondate nelle tasche dei pantaloncini, senza
curarsi delle signore che spintonava distrattamente. La festa del paese
era imminente, le bancarelle affollavano le strade e i profumi di
caramelle e dolcetti si facevano sempre più intensi, ma lei
non
si sentiva in sintonia con quello spirito allegro. Perfino la gioia di
riavere Dante non riusciva a rianimarla. C'era una piccola parte del
suo cuore che faceva le capriole e cantava a squarciagola, con la
voglia matta di correre da lui, abbracciarlo e pregarlo di non
lasciarla mai più, ma per tutto il resto si sarebbe presa a
schiaffi.
Sveva l'aveva ascoltata senza dire una parola, dapprima non credendo
alla sua strampalata versione dei fatti, l'aveva fissata quasi senza
vederla, cercando di ricostruire il quadro degli ultimi giorni. Quando
aveva compreso la vera dinamica dei fatti era esplosa, rompendo il
silenzio con parole piene di veleno e rabbia. Federica non l'aveva mai
vista tanto scossa, aveva cercato di calmarla, anche se era stato del
tutto inutile, le aveva promesso di rimettere a
posto le
cose, di ricucire gli strappi che aveva creato, ma la sua amica aveva
voltato le spalle e se ne era andata, lasciando una frase a
metà
e sbattendo la porta. Adesso non sapeva nemmeno dove fosse e la
consapevolezza di averla ferita la faceva stare male. Federica aveva
riavuto tutto ciò che credeva perso: la fiducia in Dante,
adesso
che aveva scoperto di non essere mai stata tradita; la propria
autostima, e la speranza di un vero lieto fine. Tutte cose che, invece,
aveva sottratto a Sveva. C'era un solo modo per rimediare: parlare con
Vergil.
Deglutì pensando alla reazione che avrebbe potuto avere
l'abino
una volta saputa la verità. Sarebbe certamente andato su
tutte
le furie. Entrò nell'albergo e si infilò
direttamente
nell'ascensore. Fece un respiro profondo e si guardò allo
specchio. Non aveva mai permesso a nessuno di incuterle timore, e di
certo non avrebbe iniziato con l'avere paura di Vergil.
Trovò la sua stanza e bussò, ma lui
aprì solo dopo
parecchi colpi. Era meno impeccabile del solito, spettinato e con la
camicia sbottonata.
-Che cosa vuoi?-
-Ti devo parlare.-
-Ho di meglio da fare che stare ad ascoltati. E poi l'ultima volta che
abbiamo discusso mi pare sia
finita male.-
-Non fa niente. Devi ascoltarmi comunque- disse Federica,
oltrepassandolo e sedendosi alla sua scrivania.
-Vuoi che mio fratello ti trovi qui e pianti un altro casino? Ti
avverto che non sono in vena di essere messo in mezzo.-
-Lascia stare Dante, devo parlarti di Sveva.-
Vergil la fulminò con lo sguardo, tornò alla
porta e la spalancò. -Vattene.-
-Non lo farò.-
Per un lungo istante nessuno dei due si mosse. Si fronteggiarono senza
parlare, guardandosi dritto negli occhi e misurando la forza
dell'avversario. Federica strinse i braccioli della sedia tanto forte
che temette di deformarli, ma erano il suo unico appiglio per non
fuggire via da quella stanza dove, chiaramente, non era la benvenuta.
Non che lei avesse davvero voglia di restarci, ma purtroppo doveva
farlo. Si era divertita giocare con il fuoco e ora le toccava
scottarsi, sperando di non rimetterci tutte le penne. Vergil le
appariva calmo come una statua di marmo, rigido e immobile davanti
all'entrata. Sembrava il guardiano degli inferi. Avrebbe detto che
fosse impassibile, ma qualcosa nella piega della bocca e nello sguardo
ridotto a una fessura le faceva capire che stava tentando di trattenere
il livore.
-So che sei arrabbiato.-
-Tu non sai proprio niente.-
-E invece so molte cose. In realtà sono l'unica a sapere
come
siano andate davvero le cose e sono qui per raccontartelo. Io ho
combinato un casino e siete stati tu e Sveva a rimetterci. Mi dispiace.-
-Che stai dicendo? Tu non c'entri niente. La tua amica è una
piccola bugiarda e non voglio più sentirla nominare.-
-Parli così solo perchè ti ho manipolato, ma
Sveva non ne sapeva niente.-
-Ma di che cavolo stai parlando?- Vergil rimaneva con le spalle alla
porta, le braccia conserte e l'espressione contrariata.
-Di Ettore.-
-Quello stronzo può prendersela a quando vuole. Gliela
lascio con piacere.-
-"Quello stronzo", come lo chiami tu, non esiste. Abbiamo un compagno
di classe che si chiama così, ma Sveva non lo sente da mesi.-
-Mi dispiace ricordartelo, ma ho visto i messaggi che si sono
scambiati, appena qualche ora fa.-
Federica lanciò il proprio cellulare a Vergil. Non aveva
dubbi
che l'avrebbe preso al volo, come fece. -Guarda nella posta inviata
della seconda scheda.- Aspettò qualche minuto e quando lo
vide
aggrottare le sopracciglia ricominciò a parlare. -Ho un dual
sim, ma non avevo mai usato il secondo numero quindi nessuno lo
conosceva, nemmeno Sveva; non avevo nemmeno inserito la scheda nel
telefono prima di qualche settimana fa.-
-Non capisco...-
-Quel giorno sul molo ti ho
mentito. Ormai avevo capito il tuo interesse per Sveva e ho pensato che
con una piccola spintarella ti saresti finalmente fatto avanti. Quando
hai fatto quella battuta sul suo scarso successo coi ragazzi mi si
è accesa la lampadina. Se ci fosse stato un rivale tu ti
saresti
ingelosito! Così ho inventato Ettore.-
-Ma se hai detto che conoscete uno che si chiama così!-
-Sì, ma come stai vedendo i messaggi li ho mandati io. E non
sono
falsi, se ti ricordi al cinema gli sms di Ettore arrivavano sempre
quando io ero in bagno. E ti assicuro che non soffro di incontinenza!-
-Sul cellulare della tua amica c'era il suo nome.-
-Sì, perché lei ha il brutto vizio di lasciare in
giro il
telefono. Cancellare il numero del nostro compagno di classe e
sostituirlo con il mio è stato fin troppo facile.
Sveva non
si è accorta di niente. Non volevo sapesse nulla di questa
storia, altrimenti non avrebbe accettato, o si sarebbe comportata in
maniera talmente goffa da farti capire l'inganno. Lo sai che non sa
fingere. Pensa all'altro giorno, in spiaggia, quando ci ha raccontato
di uno sconosciuto che l'avrebbe quasi aggredita baciandola
all'improvviso. Si capiva subito che c'era ben altro e che stava
parlando di te, ci è cascato solo Dante...-
-Mio fratello non è mai stato particolarmente intelligente.
Comunque, questo non spiega niente. Finora hai detto di aver montato
tutto questa storia per indurmi a dichiararle il mio interesse...-
-Si chiama Sveva, puoi anche pronunciarlo il suo nome. Non morirai
fulminato, stà tranquillo.-
Vergil le lanciò un'occhiataccia, che Federica
ignorò.
Era preoccupata da quell'atteggiamento, sembrava che lui avesse
già preso le distanze, che si fosse già staccato
da Sveva
e davvero non ne volesse sapere più nulla. L'ascoltava,
dall'altro lato della stanza, dimostrando scarso interesse, guardandosi
intorno e picchiettando ogni tanto le dita sul muro, per infastidirla,
però continuava a porre domande. Federica sperò
che
quello fosse un segnale positivo.
-Dicevo, se volevi che io e lei fossimo una coppia, se non esiste
nessun rivale e tutte le altre baggianate, come spieghi il
messaggio di ieri? Proveniva dal suo telefono, non dal tuo. E di certo
non ci avrebbe aiutato a stare insieme: lei scriveva di volere un
altro, che io non faccio per lei. E questo non lo prendo come un
incoraggiamento nei miei confronti!-
-Ieri ero convinta che Dante mi avesse tradita.-Federica si morse
un'unghia, aveva sperato che Vergil non facesse
troppe storie e accettasse le sue spiegazioni, ma dovergli confessare
tutto per filo e per segno era davvero umiliante. Respirò a
fondo e si agitò sulla sedia, sperando che l'interrogatorio
finisse presto.
-Che c'entra adesso?-
-Ero convinta che tuo fratello mi avesse
ingannata, ero arrabbiata, accecata dalle delusione. E quando Sveva
è venuta a consolarmi ho pensato che anche lei avrebbe
finito
col soffrire per colpa tua; che per noi sarebbe stato meglio
dimenticarvi il prima possibile. Se Dante era stato uno stronzo,
figuriamoci cosa potevi essere tu. Senza offesa.-
-Figuriamoci!-
-Quando ho capito che lei sarebbe venuta da te e che ti avrebbe detto
di essersi innamorata, sono andata nel panico. Dovevo proteggerla prima
che si esponesse troppo, così approfittando della sua
assenza
le ho fregato di nuovo il telefono e ti ho scritto quelle cose. Sapevo
che sentendoti messo da parte l'avresti allontanata. Sei orgoglioso
peggio di tuo fratello e non avresti mai accettato la sconfitta. Mi
sono ricordata di come ti sei comportato con me, dopo che mi sono messa
con Dante hai fatto finta che non esistessi. Se ti fossi comportato
così Sveva ci sarebbe rimasta male, ma non avrebbe sofferto
poi
troppo.-
Vergil scosse la testa e si sedette sul letto, con la testa china sulle
mani giunte. Sembrava in preghiera, o forse si stava trattenendo per
non strangolarla. Federica lo guardò meglio, resa
più
coraggiosa dalla sua distrazione. In quella posizione sembrava
più fragile, più vero. Non stava fingendo di
essere forte
a tutti i costi, le stava mostrando i suoi dubbi.
-Credimi, ti sto dicendo la verità.-
-Mentre litigavamo lei mi ha mostrato il suo telefono e quel messaggio
non c'era. Mi ha giurato di non saperne niente. Sembrava sincera.-
-Lo era.-
-Mi ha detto che mi ama.-
-Se avevi bisogno di sentirglielo dire allora sei più
sciocco di
Dante. L'abbiamo capito tutti che ha una cotta per te, lo sanno perfino
i suoi.-
-Che cosa?-
-E dai Vergi! Anche quando ti sei comportato da stronzo Sveva
è
sempre tornata da te. Non fa altro che nominarti, osservarti, pensarti.
Sembra una falena attratta dalla luce, io temevo che si bruciasse e mi
sono messa in mezzo, ma ho sbagliato e non so nemmeno se mi
perdonerà.-
-Le ho detto delle cose terribili- mormorò Vergil.
-Tu le dici sempre cose terribili...- scherzò Federica,
mentre gli posava una mano sulla spalla per
incoraggiarlo.
Lui alzò la testa. I loro sguardi si incrociarono per un
lungo
momento, entrambi capirono di avere qualcosa in comune, volevano bene a
una persona che avevano trattato ingiustamente.
-Non c'è nessun altro.- Vergil si passò le mani
sul viso
come se volesse lavar via la stanchezza e la delusione di quelle ore
solitarie. Parlava a bassa voce, quasi riflettendo con se stesso,
più che parlando con lei.
-A te non bruciava che ci fosse un altro. Non hai mai temuto rivali, ti
ha fatto incazzare l'idea che lei avesse scelto un altro. E,
sinceramente, non so nemmeno come tu abbia fatto a crederci.-
-Già.-
Federica lo osservò leggere qualcosa sul display del
cellulare,
pensò a qualche altro messaggio al vetriolo, si sporse per
sbirciare e vide che sullo schermo c'era solo un cuoricino,
inviato da Sveva, prima che litigassero. -Non le ho insegnato proprio
niente su come ci si
comporta coi ragazzi. Ti ha mandato un cuoricino, la solita smielata!-
gemette, mentre Vergil le gettava un'occhiataccia. Incurante del
rischio le continuò -Cioè, tu hai pensato davvero
che una
così se la facesse con un altro?-
-Senti, Sveva ti avrà pure risparmiata, ma io potrei non
essere altrettanto generoso.-
-Oh, finalmente l'hai chiamata per nome!-
Federica vide spuntare sulle sue labbra un leggero sorriso, mentre i
suoi occhi azzurri tornavano ad accendersi di una luce pericolosa. Era
tornato lo stesso ragazzo arrogante che conosceva bene. Capì
che
sarebbe andato a cercarla, e che non avrebbe smesso fino a che non
l'avesse trovata. Sveva non era orgogliosa, non appena l'avesse rivisto
sarebbe cascata tra le sue braccia. Non aspettava altro.
Era tempo che tutti e quattro si godessero l'epilogo di quella lunga
storia. Era tempo di riappacificarsi e vivere quell'amore sbocciato in
maniera confusa, ma irrefrenabile. I loro sentimenti erano nati
timidamente, ma si erano nutriti di ogni sorriso, di ogni piccolo
gesto, di ogni bacio rubato tra le onde, di ogni carezza data di
nascosto.
Salutò Vergil con una pacca sulla spalla, lo
minacciò di
orribili ritorsioni se avesse trattato male la sua amica, ma per un
istante lo vide per ciò che era davvero.L'unico ragazzo
giusto
per Sveva.
Uscita dalla stanza si fermò sul pianerottolo, senza sapere
dove
andare. Voleva solo volare da Dante, ora che sapeva di aver rimesso a
posto le cose. Poteva permettersi di essere felice, di donarsi senza
riserve, perché non c'era nessun'altra che Dante
desiderasse. A
quel pensiero il suo cuore galoppò nel petto e finalmente
poté sentire nelle vene l'euforia della festa che nel paese
non
era ancora iniziata, ma che dentro di lei era già ai fuochi
d'artificio.
Cavolo,
siamo al terzultimo
capitolo. MENO DUE e Doppia Coppia sarà finita. Un pezzo di
vita che arriva all'ultima pagina. Mi prenderà un colpo.
Ok.
Calma.
Respiriamo a fondo
e diventiamo ZEN. U_U
Scherzi a parte (ma
chi stava scherzando?), spero che questo capitolo vi sia piaiuto.
Federica affronta le conseguenze dei suoi gesti, svela le sue
fragilità e fa un po' di chiarezza. Che altrò
accadrà? Dai che siamo vicine alla fine. Fatemi compagnia,
come sempre, che altrimenti mi verrà una crisi di nostalgia!
La vostra
Bry.
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Capitolo 39 *** LIETO... ***
Dante chiuse con uno scatto il portatile e lo
allontanò da
sè. Aveva fatto di tutto per distrarsi e non pensare alla
situazione ingarbugliata che stava vivendo. Le emozioni attraversavano
il suo corpo, facendolo sentire come in balia di una corrente
sconosciuta e potente. Aveva sempre pensato di essere una persona
forte, con quella superficialità sicura, che non ti fa
essere
idiota, ma nemmeno tanto profondo da stare male per analizzare ogni
piccolo atomo dei propri sentimenti. E invece, in quei lunghi giorni,
non aveva fatto altro che domandarsi quali fossero realmente le sue
intenzioni, e cosa provasse Federica per lui. Non aveva mai permesso a
nessuna ragazza di essere così importante. In
realtà non l'aveva fatto nemmeno con Federica. Ma l'amore
l'aveva sorpreso, gli era nato dentro, senza chiedere permesso. Era un
inquilino strano, arrogante, che stava ridipingendo tutta la sua vita
con colori inusuali e abbaglianti.
Le sue labbra si piegarono in modo amaro, ripensando al giorno in cui
aveva litigato con il fratello. La gelosia l'aveva accecato
completamente, guidando le sue parole e le sue azioni senza un filtro.
Senza freno.
Freni. Non ne aveva mai voluti.
Lui era così, spontaneo e privo di regole, però
questa
sua assoluta libertà aveva ferito la persona che amava. E si
era
ripromesso di fare qualunque cosa pur di riparare quel torto. Se solo
Federica fosse stata lì, si sarebbe scusato ancora, e
ancora, e
ancora. Non gli importava dell'orgoglio, di sembrare un debole, di
apparire ridicolo. Giocava per un premio più alto. La sua
stessa
felicità.
Dante si era reso conto di come fossero ingrigite le sue giornate da
quando Federica non gli sorrideva più. Il mare era diventato
una
brodaglia calda, il sole troppo aggressivo, la gente troppo chiassosa,
e lui insofferente a tutto. Percorse la stanza a passi lunghi e
pesanti, stringendo i pugni e agitandosi come un animale in gabbia.
Davvero voleva aspettare senza fare niente?
Programmare la serata perfetta era stato faticoso, ma ogni cosa doveva
essere al proprio posto, creando un'armonia irripetibile, degna del
migliore dei romantici. E tutto doveva avvenire il giorno dopo, durante
la festa del paese. Ci sarebbero state centinaia di turisti, accorsi
per lo spettacolo pirotecnico e la grande sfilata delle barche
storiche, che avrebbero accompagnato la processione del Santo Patrono.
Il profumo delle nocciole caramellate miscelato alla musica delle
orchestrine sui
palchi, sarebbe stato una cornice perfetta per la passeggiata, e poi
la cena. Era già tutto pronto. Mancavano solo ventiquattro
ore.
Appoggiò le spalle alla parete, respirando a fondo per non
dare un pugno al muro. Aspettare senza fare niente non era il suo forte.
Si voltò guardando verso l'orologio sul comodino. Le
lancette
della piccola sveglia formavano una linea verticale. Le sei del
pomeriggio.
La luce inondava ancora la stanza, e non c'erano segni di un tramonto
imminente. Aprì la finestra e si sedette al balconcino.
Sotto di
lui la piccola cittadina ferveva di attività, le madri
correvano
dietro a bambini disubbidienti, venditori ambulanti ciondolavano da un
alto all'altro della strada, piccole e grandi comitive schiamazzavano
sorseggiando granite colorate. Dante si sporse più avanti.
Avrebbe voluto essere lì, in mezzo alla folla, essere uno di
quei volti sorridenti, soddisfatto della propria vita, accanto alla
ragazza di cui si era innamorato. E invece era su un balcone
del terzo piano, a guardare la vita scorrere attorno a lui. D'un tratto
l'assurdità della sua posizione gli fu chiara. Sembrava una
principessa di qualche storia per bambine. Proprio lui, Dante
l'incorreggibile, quello vitale, quello che non stava mai fermo.
Perché aveva scelto di fermarsi ed aspettare? No, quello non
era
da lui. Stava solo perdendo tempo. Ancor peggio, stava permettendo a se
stesso di stare un altro giorno senza Federica. No! Dante Sparda non
era uno che attendeva, era uno che agiva e si prendeva ciò
che
voleva.
Rientrò nella sua stanza e si cambiò alla svelta,
anche
se fu accorto nella scelta degli abiti. Voleva apparire al meglio. Era
eccitato e teso, come chi ha una missione da compiere e non
può
permettersi di fallire. Avrebbe voluto sapere esattamente cosa fare,
prendere l'equipaggiamento adatto alla battaglia. Ma non c'erano
pistole da mettere nelle fondine, l'unica arma in grado salvarlo era
proprio la sua personalità. Desiderava essere amato per
ciò che era, un ragazzo imperfetto, ma leale, che spesso
diceva
la cosa sbagliata, ma mai quella falsa...E poi era bellissimo!
Per tutto il tempo pensò a Federica, la sua presenza
sembrava
girargli attorno, in un abbraccio confortante e carico di promesse per
il futuro. La sentiva vicina, quasi come se lei fosse proprio
lì, appena fuori dalla camera ad aspettarlo.
Uscì,
chiudendosi la porta alle spalle con uno scatto rumoroso, e per un
istante pensò di avere le allucinazioni.
-Federica?- Era proprio dove sperava che fosse, da sola nel corridoio,
a fissare il numero della sua stanza. La osservò con stupita
attenzione, gli sembrò stanca, con un accenno di occhiaie e
i
capelli arruffati, ma rilassata. -Che ci fai qui?-
-Dovevo vederti, parlarti. Sono stufa di fare sciocche supposizioni, di
avere sospetti, di temere di perderti. Ho bisogno di fare chiarezza,
anzi, a dir la verità l'unica cosa di cui ho bisogno sei tu.
E
voglio sapere se...-
Dante non lasciò che continuasse a parlare, le uniche parole
che
gli interessavano le aveva già sentite. Le prese il viso tra
le
mani, spostandole i capelli dietro le orecchie e poi la
baciò,
come non aveva mai fatto prima. Non c'era nessuna scherzosa allusione
in quello sfiorarsi di labbra, nell'assaggiarsi a vicenda. No, c'era
un'arroganza che sconfinava nella sete di potere. Si era reso conto di
essere geloso, reso insicuro dal sentimento profondo che adesso gli
stava scatenando una tempesta in pieno petto. Lasciò una
mano
sulla nuca di lei, mentre l'altra scendeva lungo la vita, per attirarla
ancora di più contro di sè. Si staccò
solo un
istante, ridendo delle braccia di Federica attorno al suo collo.
-Mi
hai chiesto chiarezza e questa è la mia risposta. Noi due.
Solo
noi due, esattamente come adesso. Tu sei tra le mie braccia e io tra le
tue. Entrambi sappiamo di appartenerci, di poterci stringere tanto
forte da diventare una cosa sola, un solo piccolo e meraviglioso
universo in cui non è invitato nessun altro. So
perfettamente
quanto stiamo bene insieme, e l'idea di vedere tutto questo svanire mi
ha fatto perdere il controllo. Ho agito come un cretino e mi prenderei
a schiaffi per averlo fatto.-
-Dante, io vorrei dirti che...- Federica tentò di parlare,
ma lui la zittì, con un dito sulle labbra.
-Aspetta, fammi finire. So che ti ho delusa e che pensi che possa
accadere di nuovo, ma posso assicurarti che la prossima volta che la
prossima volta, prima di dare di matto, mi ricorderò questo
momento, questo abbraccio, e saprò con certezza che non
c'è spazio per nessun altro.Io ti amo.- Aveva fatto una
pausa
prima di pronunciare quella frase, perché per la prima volta
la
diceva con il cuore, con la consapevolezza di star dicendo la
verità. Una verità splendida, anche se un po'
sofferta.
Trattenne il respiro, aspettando la risposta di Federica. Le sue parole
sarebbero state decisive, anche se dal bacio che si era scambiati era
quasi certo di non ricevere un rifiuto, qualcosa dentro di lui restava
in nervosa tensione. Allentò un po' la stretta, fissando la
bocca di lei, che iniziò a schiudersi. Era il momento
fatidico.
-Ma che cazzo ci fate in mezzo al corridoio? Qua c'è gente
che cerca di riposare!-
Dante si girò di scatto, solo per trovarsi di fronte a un
arzillo ottantenne in accappatoio rosa, che gli agitava contro un
bastone di legno. Fu troppo sorpreso per rispondere, scatenando ancora
di più le ire del vecchietto.
-Ma che sei sordo? Prima fai l'esibizionista con tutte queste smancerie
e ora non parli? Ma guardate a questo!-
Dante si sentì trascinare verso l'ascensore, appena prima di
essere travolto dalla risata scrosciante di Federica, che cercava di
tapparsi la bocca con una mano, per attutire il suono della risata
sempre più alta. Appena prima che le porte si chiudessero
Dante
ebbe una fugace visione dell'anziano che ingaggiava un mortale duello
di
scherma con la propria ombra.
-Dove sei giovanotto? Agli anziani si deve portare rispetto, ora te lo
insegno io!-
Ancor prima di capire cosa fosse successo, Dante si ritrovò
a
passeggiare tra la gente, sul lungo mare affollato. -Che delirio!-
-Sì, c'è molta folla- rispose Federica.
-No, pensavo ancora al signore di prima.-
-Il nonno col bastone? Pensavo volesse dartelo in testa. Che scena
romantica!-
-Già... mi ha rovinato il momento.-
Federica rise, stringendogli il braccio, invitandolo ad avvicinarsi.
-Secondo me l'ha reso indimenticabile. Folle, ma indimenticabile.-
Le posò un braccio sulle spalle, mentre la guidava verso una
panchina libera. -Non hai niente da dirmi?-
-Che provo esattamente ciò che provi tu. E non mi riferisco
solo
all'essere innamorata di te.- Federica si fermò davanti a
lui,
che era già seduto, e poi si accomodò sulle sue
gambe,
guardandolo dritto negli occhi. -Ti ho visto con una, ma Sveva mi ha
spiegato che è stato tutto un equivoco, però in
quel
momento mi sono sentita morire...-
-Mi dispiace.-
-Stai zitto!-
-Ma che signorina gentile!-
-Senti, non sono abituata a fare dichiarazioni smielate, quindi, se
proprio la vuoi sentire, lasciami parlare e non mi interrompere.-
Abbassò il dito con cui lo stava minacciando e distolse lo
sguardo.
Dante le mise un dito sul mento e la fece voltare verso di lui. Non
voleva essere estromesso dai suoi pensieri. La lontananza era
già stata troppa, però fece come gli era stato
chiesto e
non intervenne.
-Avevo deciso di essere comprensiva e perdonarti per avermi trattata
male, ero sicura che tra noi non fosse finita. E quando ti ho visto con
quella specie di barbie punk non ho saputo reagire. Mi sono sentita
sola. Ogni volta che ci siamo incontrati, proprio qui, davanti a questo
muretto, o più in là, sul mare, un pezzettino di
te
è entrato nella mia vita. E io non sono mai stata molto
accogliente, sai? Però con te non ho avuto scelta, mi hai
conquistata ancor prima che io potessi conoscerti davvero. Siamo
così simili, così compatibili che a volte mi
sembra tutto
un sogno. Qualche volta mi sveglio pensando di averti immaginato, di
star vivendo la solita estate sfigata, trascorsa con gente di cui non
mi importerà niente alla fine di agosto. E poi ti rivedo e
capisco che non riuscirei più a stare senza di te. Ti chiedo
scusa se ho dubitato di te, ma spero che l'importante ora sia essere
qui, insieme.-
Lui gettò la testa all'indietro e scoppiò a
ridere. -Sei rossa come un pomodoro!-
-Tutto quello che sai dire è che sono arrossita?- chiese,
furiosa, iniziando a prenderlo a pugni sul petto. -Nemmeno tu eri
così sciolto prima, un pezzo di ghiaccio avrebbe avuto
più charme di te!-
-Non siamo così bravi con le dichiarazioni, eh?- Dante le
bloccò i polsi per sottrarsi ai colpi, poi quando si fu
calmata
intrecciò le dita con le sue, la guardò negli
occhi e
abbassò la testa, per creare un piccola scia di baci
infuocati
sul collo di lei, assaporando il gusto fresco della sua pelle. Mille
pensieri indecenti gli attraversarono la mente, quando
desiderò
veder sparire tutta quella gente, e trovarsi da solo con
Federica. -Direi che non ci sia bisogno di tante parole,
giusto?-
La sentì ridere, e avendola così vicina
percepì
anche il battito sempre più accelerato del suo cuore. Si
appartenevano, quella consapevolezza lo spinse a tenerla ancora
più stretta, provocando un altro scroscio di risate.
-Amore, così mi stritoli!-
Gli sembrò di perdersi in quel mare color cioccolato che
erano i
suoi occhi, l'emozione fu così forte che per un attimo smise
di
respirare. -Dillo ancora.-
-Non avevamo detto basta parole?- domandò lei, cercando di
baciarlo, ma lui voltava il viso per negarle quel contatto.
-Dillo ancora.-
-Amore mio.-
Federica ipotizzò di darsi un pizzicotto, per capire se non
fosse ancora a letto, con quell'odioso pigiama verde acido e il
lenzuolo talmente avvolto attorno a sè che con un balzo si
sarebbe impiccata da sola. Le bastò sentire le dita di
Dante,
maliziosamente carezzevoli, scivolare lungo la sua
schiena,
per sapere di essere ben sveglia e all'apice della felicità.
Non
aveva mai amato i nomignoli affettuosi, tanto che perfino pronunciare
"amore mio" le costava fatica, eppure in quel momento le era sembrata
l'unica cosa giusta da dire. Quelle due piccole parole avevano perso il
loro significato dolciastro, per riempirsi di ricordi e speranze, dei
sorrisi di Dante e dei brividi che le provocava il suo tocco. Gli
scompigliò i capelli, lasciando un ciuffo dritto come la
cresta
di un gallo, si divertì nel vedere gli strani riflessi che
assumevano quei capelli bianchi sotto la luce di un lampione appena
rosato. La luce stava declinando lentamente, e le luminarie per la
festa si sarebbero accese presto. La festa del Santo patrono sarebbe
stata solo il giorno successivo, ma c'era qualcosa di speciale in
quella fervida attesa, nella vigilia piena di aspettative.
-Si stanno mettendo d'impegno per organizzare la festa, quest'anno.-
-Anche io ho organizzato qualcosa per te- sussurrò Dante,
solleticandole ancora il collo, con il suo fiato caldo.
Proprio quando credeva di impazzire, l'aveva scaricata sulla panchina e
si era eclissato per fare una telefonata. Per quanto cercasse di spiare
qualche frammento di conversazione, in preda alla più nera
curiosità, Dante si era allontanato troppo per sentire
qualcosa.
Lo osservò gesticolare animatamente, mentre si sedeva sul
muretto di fronte e la osservava con un certo divertimento. Lui sapeva
di tenerla sulle spine e questo lo faceva sentire in vantaggio.
Accidenti a lui! Federica valutò l'ipotesi di andargli
incontro,
e sedersi accanto a lui, sfoggiando un portamento da diva e una posa
seducente. Ma in quel momento si sentiva sexy come una foca dopo un'
esibizione al circo acquatico. Era stanca e scossa da tutte quelle
emozioni contrastanti, il dolore dei giorni precedenti, la tensione per
Sveva e Vergil e la gioia immensa di aver ritrovato Dante. Era troppo
da assorbire in un colpo solo. Decise di restare seduta,
iniziò
a dondolare pigramente le gambe, cercando di ingannare l'attesa. Si
sarebbe goduta qualunque cosa avesse organizzato Dante. In fondo si era
impegnato per darle una serata speciale, e lei non voleva rovinare la
sorpresa.
Scattò in piedi non appena Dante la raggiunse, ma lui non si
sbottonò nemmeno un po' sui suoi piani super segreti. La
prese
per mano e la invitò a fare una passeggiata, in quel momento
esatto le luminarie si accesero sopra le loro teste, quasi per
festeggiare il loro cammino con archi colorati e cascate di fiori.
Federica si sentì al settimo cielo, una bambina la notte di
Natale, accecata dalla bellezza dell'albero e dalla speranza di
ricevere il giusto regalo.
-Mi spiace che alcune bancarelle siano ancora chiuse-
mormorò
Federica, osservando con delusione i tendoni ancora sigillati.
-Sai, avevo pensato di organizzare tutto per domani, così ci
sarebbe stata anche la festa del paese, i fuochi d'artificio e tutto il
resto...però, poi, mi sono accorto che avrebbe significato
starti lontano un altro giorno. E non potevo permetterlo.-
Se non l'avesse baciata, con indecoroso trasporto, avrebbe espresso
tutto il proprio stupore. Non immaginava un Dante così
romantico
e tanto profondo. Non ebbe nemmeno tempo per rispondere,
perché
continuò a parlare, appena si fu staccato da lei.
-Volevo essere io a creare la giusta atmosfera per noi due, per te.
Voglio farti capire che non ti darò mai per scontata e che
saprò renderti felice.-
-Lo fai già- sussurrò, emozionata. Dopo quelle
parole
suggestive non riusciva più a guardare nulla attorno a
sè, tutta la sua attenzione era concentrata su Dante, su
quel
ragazzo fantastico che la guardava come se fosse la creatura
più
preziosa al mondo. Nessuno l'aveva mai fatta sentire tanto speciale, e
fremeva per sapere cosa altro avesse organizzato. -Mi dai un indizio su
cosa hai preparato?-
-Hai fame?-
-Che domande? Certo che ho fame!- rispose in fretta. Il solo pensiero
di mettere qualcosa sotto i denti la faceva svenire. -Mi sono resa
conto che non mangio come si deve da un paio di giorni.-
-Allora dovrai fare ancora qualche altro passo...-
-Smettila di fare il misterioso!- gli ordinò, perlustrando
con
lo sguardo tutti i locali lì vicino. Non c'era alcun posto
che
fosse legato a un loro ricordo particolare, o dove lei desiderasse
andare. Dovunque avesse organizzato Dante non doveva essere stata una
scelta tanto banale. -Avrei pensato alla pizzeria dove siamo stati la
prima sera, ma è lontana da qui.-
-Sono così poco originale, secondo te?- chiese con
espressione offesa.
-No, anzi, sei fin troppo originale...- Gli andò a sbattere
contro, se lui non l'avesse afferrata sarebbe finita col sedere per
terra. Una scena davvero delicata e memorabile. -Che succede?-
balbettò, cercando di ritrovare l'equilibrio e non
assassinare
con uno sguardo dei ragazzini che la indicavano ridendo.
-Siamo arrivati.-
Si voltò, leggendo l'insegna di un ristorantino
assolutamente
anonimo, che non l'aveva mai attratta e di cui non aveva mai neppure
sentito parlare. Perché diamine Dante aveva scelto quel
posto?
Non pretendeva certo un locale con chef stellato, o un panorama da
sembrare finto, o un cameriere che ti accogliesse con guanti bianchi e
vassoi d'argento, ma almeno un pochino di atmosfera romantica ci
sarebbe
stata bene. Lo guardò scettica, ma cedette alla sua
espressione
fiduciosa. Entrò nel locale e studiò con
sconforto
crescente le pareti bianche con qualche quadro di paesaggi costieri, i
tavolini con tovaglie immacolate e le sedie di legno.
Che noia!
-Da questa parte- disse un uomo, che si muoveva con la sicurezza del
proprietario del locale.
-Ti ringrazio molto per avermi aiutato-sentì sussurrare da
Dante.
-Dovevo un favore a Ester, e sono felice che ora siamo pari. Meglio non
avere debiti con una come lei.-
Federica pensò di voler assolutamente conoscere quella
ragazza.
Anche se l'aveva detestata per la maggior parte del tempo, adesso era
diventata molto curiosa e voleva capire quanto ci sapesse fare.
Qualcosa stava per scoprirlo, in fondo aveva aiutato lei Dante
nell'organizzare tutto. Ma tutto cosa?
Finalmente il lungo corridoio svanì e si ritrovarono in una
saletta più piccola, nella quale non arrivava molto del
chiacchiericcio degli altri avventori. Federica chiuse gli occhi,
pensando che la vista le giocasse brutti scherzi. Li riaprì,
ma
lo scenario era sempre uguale. Iniziò a ridere, senza badare
all'espressione accigliata del proprietario.
-Allora ti piace?- chiese Dante allargando le braccia per indicare la
stanza.
A differenza del resto del locale, quel piccolo spazio era arredato con
fantasia delirante. Alle pareti erano appese illustrazioni di creature
fantastiche, da draghi con inserti steampunk, a eterei vampiri sullo
sfondo di castelli in rovina, negli angoli erano posizionati quattro
piccoli tavoli quadrati, con tovaglie di un arancione abbagliante, sui
quali erano adagiate tutti i suoi stuzzichini preferiti, da minuscole
torte rustiche,a un vassoio vuoto, con un post-it nel centro
"patatine
fritte in arrivo". Federica accarezzo il biglietto e guardò
nei
restanti tavoli, su tutti c'erano dei bouquet di fiori finti, e
avvicinandosi notò che al loro interno, strette tra petali
di
carta, si intravedevano le sue caramelle preferite. Un mosaico di
frutta e un altro spazio per i dolci, le fecero comprendere quanto
quelle prelibatezze fossero studiate solo per il suo gusto personale.
-Non ci posso credere...- mormorò quasi commossa, prendendo
le
mani di Dante e abbracciandolo forte. Lo strinse, come si stringono i
sogni migliori, quelli nemmeno speravi si realizzassero. -E' talmente
folle da essere perfetto.-
Lui non disse niente, ma la guidò al tavolo centrale, verso
il
quale lei non aveva gettato più di qualche occhiata
timorosa.
Era coperto da una splendida tovaglia viola, sulla quale risaltavano
lucidi piatti, quadrati e neri. Le candele già accese
ritraevano
un drago che si attorcigliava su se stesso. Il tutto sembrava sbucato
da una rivista di moda gotica per la casa. Federica tremò
sentendo Dante dietro di sè, le teneva le braccia attorno
alla
vita e il suo fiato caldo le solleticava il collo.
-Avrei potuto
prenotare uno di quei ristorantini romantici, a picco sul mare, con
musica jazz in sottofondo. Avrei potuto regalarti delle rose rosse e
magari un bel vestito, ma questo avrebbe potuto farlo qualunque uomo. E
non ci sarebbe stato nulla che parlasse di te e di noi. E per me sono
proprio queste le cose importanti. Voglio farti capire che non mi
importa di quello che pensa le gente, se dice che siamo un po' pazzi, o
sopra le righe, l'importante è che possiamo essere noi
stessi e amarci per questo. Non voglio fingere di essere l'uomo
perfetto, sappiamo entrambi i miei difetti: sono permaloso, testardo,
avventato, ma ti amo da impazzire. Non ti offro un rapporto
equilibrato, monotono, scontato, ma un'unione unica, fatta delle sole
cose che ci piacciono, che ci fanno star bene. E chi se ne frega se
agli altri sembrano assurde. Io desidero renderti felice e farti
sapere, sempre, ogni giorno, che per me sei la persona più
speciale di questa terra.-
Sentì un suono metallico, e poi il freddo del ferro
scenderle
lungo la scollatura. Aspettò che Dante armeggiasse con la
chiusura, prima di aprire il piccolo ciondolo ovale, dentro il quale
c'era una loro foto e le iniziali intrecciate. Quel regalo era la cosa
più banale della serata, ma una volta mangiati i dolci e
viste sciogliere le candele, era anche l'unica cosa che le
sarebbe rimasta, per ricordarsi sempre di quanto Dante avesse fatto per
lei, di quanto l'avesse compresa e voluta.
Non si mosse. Per qualche istante credette di essersi tramutata in una
statua di ghiaccio, tranne per le lacrime che continuavano a scorrere
lungo le sue guance. Avrebbe rovinato quella serata meravigliosa con un
pianto isterico, se lo sentiva. Il fatto era che nessuno le aveva mai
fatto una dichiarazione come quella. Non c'era niente di già
scritto, di già sentito. Ogni parola era scelta per lei, per
colpirla al cuore e farla sentire amata. E lei avvertiva quel calore
scorrerle lungo le vene. Solo che tutta quella felicità
l'aveva
investita tanto d'improvviso da bloccarla. Dante la costrinse a
voltarsi, le prese il viso con le mani, dopo averle asciugato le
lacrime con i polpastrelli, e poi la baciò come non aveva
mai
fatto prima. Confidandole tutta la paura di perderla, tutta la voglia
di fare l'amore con lei, di sorprenderla, di appartenersi, magari per
sempre.
Si staccarono solo per guardarsi meglio negli occhi, leggendo l'uno
nell'altra la stessa emozione, colma di fiducia ed eccitazione.
****
E il primo lieto
fine è andato.
Acciderboli. Manca
un solo capitolo. Posso svenire?
Comunque, non vedo
l'ora di conoscere la vostra opinione. Che ne dite della sorpresa di
Dante? E del suo essere sorprendentemente romantico?
Per la prima
coppia, dopo tanto tempo, siamo arrivati al congedo e devo dire che
sento già un certo batticuore per la fine di questa lunga
avventura.
Manca un solo
capitolo
MENO UNO!
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Capitolo 40 *** FINE. ***
Rinunciò
a sistemarsi i capelli, tanto quell'alito di vento
continuava a scompigliargli, facendogli cadere un ciuffo proprio
davanti agli occhi azzurri. Vergil sospirò, appoggiandosi
alla
ringhiera del piccolo terrazzo, unì le mani oltre il bordo e
si
sporse di poco con il busto, in una posa rilassata, inusuale per lui.
Osservò con trasporto il tramonto che brillava
all'orizzonte: una sfumatura rosa si arrendeva al blu profondo
della notte, mentre qualche luce solitaria si era già accesa
sulla costa lontana. Era un panorama meraviglioso. L'atmosfera perfetta
per fare una passeggiata mano nella mano con la persona amata, o almeno
questo era ciò che avrebbe pensato Sveva. Ormai ne era
certo,
conosceva quella ragazza come le sue tasche. Erano molto più
simili di quanto avrebbero mai ammesso, entrambi celavano la propria
vera natura per proteggersi dai colpi delle persone che avevano
intorno. Non facevano avvicinare nessuno oltre una certa soglia, per
non sentirsi esposti, per non doversi difendere. Ma così
facendo
restavano soli, arroccati in posizioni troppo alte che li condannavano
a
essere meri spettatori della vita che scorreva vivace proprio davanti
ai loro occhi.
Vergil era stanco di tutte quelle barriere. Voleva fare il primo passo
e buttarsi nella mischia. Voleva afferrare la ragazza di cui si era
innamorato e tenerla tra le braccia, stretta, senza paura di essere
ferito o ferire. Per la prima volta, non desiderava essere il migliore
in assoluto, ma semplicemente se stesso.
Guardò giù in strada, tra le piccole comitive che
passeggiavano chiacchierando. Se Sveva fosse stata lì,
l'avrebbe
riconosciuta. Lei si distingueva da tutte le altre, non sapeva come
aveva fatto a non notarlo subito, ma lei sembrava distaccata da chi le
passava accanto, tranquilla, in quella sua sfera di
riserbo e timidezza, eppure era bella, non appariscente, ma delicata,
femminile. Vergil fu percorso da un brivido, ricordandola nel suo
vaporoso abito azzurro, quando era entrata nel bar sfidando le luci dei
faretti, che avevano rivelato molto più del lecito di quel
suo
corpo esile. Immaginò di averla lì, tra le mani
avide, le
labbra esigenti, e i battiti del cuore impazzito.
Si raddrizzò e rise, non riconoscendosi più.
Quella
ragazza l'aveva proprio stregato, ancor prima che se ne rendesse conto
era ossessionato dai suoi occhi verdi e dalle sue parole taglienti.
L'aveva sfidato, stuzzicando il suo amor proprio e il suo orgoglio.
Aveva visto in lui ogni nervo scoperto, ogni lato debole. Come fosse
capace di leggergli nell'anima. Non si era mai sentito così
trasparente, così chiaro. Lui, che si era sempre nascosto
nell'oscurità dell'arroganza. E, invece, Sveva aveva portato
alla luce ogni debolezza e ogni speranza.
Scosse il capo, rientrando nella propria stanza, alzando le mani per
sistemarsi i capelli sopra la testa, in un gesto abituale che gli
infondeva sicurezza. Si guardò allo specchio e
capì di
essere finalmente sereno. All'inizio aveva avuto paura di essere
sincero con qualcuno, di essere se stesso. Aveva creduto che
arrendendosi avrebbe perso la sua piccola guerra personale, ma non era
stato così. La vittoria era stata deporre le armi. Smettere
di
combattere e cominciare a fidarsi. Sorrise alla propria immagine,
percependo una strana allegria invadergli il petto.
L'ultima schermaglia sarebbe stata la più spinosa. Si era
comportato come un vero imbecille. Aveva accusato Sveva di essere una
manipolatrice (anche se quello un po' lo era), una traditrice (anche se
non erano mai stati insieme), e una nullità (accidenti se
era
stato cieco!). E ora avrebbe dovuto scusarsi per ogni singolo, piccolo,
errore. Ci avrebbe messo una vita a convincerla di essere davvero
pentito, ma alla fine ne sarebbe valsa la pena, perché se
anche
lui si fosse umiliato lei non glie l'avrebbe fatto pesare. L'amore cura
ogni fragilità e la trasforma in tenerezza.
Non sapeva cosa stava blaterando, ma cercò di memorizzare
qualcuna di quelle frasi sdolcinate. Sveva le avrebbe apprezzate.
Era incredibile che lui stesse con una ragazza simile. Va bene, a voler
essere onesti non erano ancora una coppia, ma quello era un dettaglio
trascurabile.
Se la vide davanti, con le mani sui fianchi e lo sguardo battagliero
"Trascurabile?" gli avrebbe urlato, cercando di fargli entrare in testa
che anche lei aveva delle chiare opinioni in proposito e che non doveva
mai darla per scontata. L'aveva fatto? Sì, l'aveva data per
scontata troppe volte, ma quello sbaglio non l'avrebbe più
commesso.
Sveva sarebbe stata nella hall alle otto, esattamente tra dieci minuti.
Aveva appuntamento con Federica e Dante, che in quel momento dovevano
essere ancora nella camera di lui, non si erano separati nemmeno un
istante da quando avevano fatto pace. Li aveva incontrati in spiaggia,
quella mattina e li aveva visti sprizzare gioia da tutti i pori. C'era
anche Sveva, che li osservava con un misto di felicità
solidale
e triste invidia. Avrebbe voluto stringerla e darle tutto l'amore che
credeva perduto. Ma si era trattenuto, perché desiderava
qualcosa di più, desiderava che fosse tutto perfetto, parche
lei
lo meritava.
La conosceva abbastanza bene da sapere che dieci minuti prima
dell'appuntamento con Federica e Dante lei sarebbe già stata
pronta. Probabilmente, era davanti allo specchio,
accigliata, a ripetersi di non essere abbastanza attraente. Piccola
stupida.
Bussò con decisione alla sua porta.
-Chi è?-
La voce di Sveva gli giunse tra il rumore di cassetti che venivano
chiusi e le note di un brano interrotto. -Il lupo cattivo!-
Lei aprì subito. E Vergil fu abbagliato da una visione in
bianco
e oro. L'abito monospalla, alla greca, le sottolineava la vita sottile
e la figura aggraziata. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle in
morbide onde. Avrebbe voluto dire mille cose. Avrebbe voluto scusarsi,
o forse tornare a essere gelido e irraggiungibile, ma l'unica cosa che
riuscì di fare fu affondare le mani tra i suoi capelli
biondi e
baciarla con tutto la passione che gli esplodeva dentro. La strinse a
sè, sentendola ritrarsi e poi abbracciarlo. Entrò
nella stanza, senza vedere nulla, senza sentire la porta che aveva
richiuso con un calcio. L'unica cosa che percepiva era il sapore di
vaniglia del lucida labbra della ragazza. Si staccò e le
accarezzo le labbra con il pollice, mentre lei restava ferma, tra lui e
la parete. Proprio come un paio di giorni prima. Era confusa,
spaventata, il respiro corto e gli occhi sgranati, ma lui, in fondo a
quegli occhi verdi, che tanto aveva imparato ad amare, vide anche la
speranza. Avrebbe voluto essere perfetto, ma l'unica persona che
riuscì di essere in quel momento fu solamente Vergil, un
ragazzo
innamorato, forse per la prima volta. Rise, abbassandosi di
più,
verso la sua bocca.
-Ti amo, ma odio questo rossetto alla vaniglia.-
Sapeva che lei gli avrebbe risposto, ma non lo permise, tornando a
baciarla con foga, per recuperare il tempo perduto, per trasmetterle,
anche se senza parole, lo smarrimento in cui l'aveva gettato e l'estasi
in cui si era ritrovato una volta compresi i suoi veri sentimenti. La
lasciò solo quando capì che entrambi avevano
bisogno
d'aria. Si allontanò piano, restandole comunque di fronte,
senza intrappolarla. Doveva essere libera di scegliere se stare con
lui,
oppure no.
-Tu hai saputo la verità?- gli chiese, confusa.
-Che sono stato geloso della tua migliore amica? Sì. Che
sono
stato uno stronzo con te e che mi meriterei di essere buttato fuori da
questa camera? Sì, so anche questo.-
-Io non riesco a...-
Vergil si riavvicinò a lei, prendendole il viso tra le mani,
mordicchiandole il collo. Aspirò il suo profumo, una nota di
rosa e zucchero. -Non c'è bisogno di parlare. Ad essere
sinceri,
finora, con le parole ce la siamo cavata piuttosto male. Non abbiamo
smesso di punzecchiarci e negli ultimi tempi siamo
arrivati agli insulti veri e propri.-
La sentì trattenere il respiro, poi spingerlo via. Non fece
resistenza, ma la guardò con disperazione. Percepiva un gran
vuoto,
mentre lei stabiliva le distanze, studiandolo con attenzione, come se
non lo conoscesse affatto. Tra loro si stava aprendo un abisso, che non
avrebbe sopportato un minuto di più.
-Ti giuro che mi dispiace. Sono stato odioso e se non mi vuoi posso
capirlo, me lo sono meritato. Ma, andiamo, io lo so che mi ami anche
tu, lo hai detto l'altro giorno, proprio qui, forse esattamente nello
stesso punto.-
-E tu mi hai dato della bugiarda!-
-Credevo che mi stessi prendendo in giro.-
-A te? Il grande e invincibile Vergil Sparda...- gridò,
sarcastica prima di sedersi sul bordo del letto.
Lui dovette sforzarsi per non seguirla. Fosse stata un'altra ragazza
avrebbe saputo come convincerla, soprattutto ora che erano tanto vicini
a un materasso, ma quello sarebbe stato anche il modo migliore per
allontanarla, farla sentire sminuita.
L'aveva già ferita e adesso doveva essere la cura.
-Non sono
invincibile... ma non dirlo a nessuno- mormorò,
inginocchiandosi
sul pavimento, davanti a lei, guardandola negli occhi. -Sei stata
proprio tu a mostrarmi le mie contraddizioni e per questo ti ho
detestata, ma ti ho anche amata. E non potevo accettare di arrendermi a
qualcuno. Ho sempre tenuto tutti a distanza, perché se
nessuno
riusciva ad avvicinarsi a me allora voleva dire che era vero, io ero
irraggiungibile, metri e metri sopra gli altri.- Rise, atteggiando la
bocca ad una piega amara, ricordando la propria vanità. -E
poi
ho incontrato una piccola, sciocca, italiana che mi ha detto "non
potrai mai vincere, perché fuggi per non confrontarti con
gli
altri". Sì, hai detto proprio qualcosa di simile, le parole
esatte non le ricordo, perché ho cercato di non sentirle, e
poi
di dimenticarle, ma non ci sono riuscito.-
-Perché?-
-Perché hai eroso tutti i muri che avevo eretto, sei stata
come milioni
di piccole gocce che hanno picchiato contro la mia corazza, fino a
farvi breccia. Ogni volta che tentavo di chiuderti fuori tu mi
sorprendevi, mostrandomi un nuovo lato di te o di me stesso. Le altre
ragazze sono prevedibili, banali, ma tu sei...prima quasi
insignificante, poi diventi sfacciata, e quando credo di aver capito
tutto, tu cambi ancora. Dannazione, mi fai impazzire!- Le strinse le
mani e la
guardò, facendole intravedere la marea che si agitava dentro
di
lui. La voglia di gettarla all'indietro e porre fine a ogni discorso,
per esprimersi solo con i loro corpi, con carezze ancora
proibite e gemiti
sommessi era sempre più forte, anche se lui lottava per
tenerla sotto controllo.
Lei dovette intuire i suoi pensieri, perché si
alzò,
scavalcandolo. Agitava la testa, ogni tanto tremava, il suo viso
passava dal rosso al bianco, con una rapidità stupefacente.
Pestò un piede per terra, prima di squadrarlo con rabbia.
-Io ti
ho detto che ti amo e tu mi hai risposto "ci saremmo potuti
divertire!"- Gli puntò contro un dito, per una volta
sovrastandolo. Lui era rimasto seduto per terra, le spalle contro il
letto. -Vergil perché dovrei crederti? Perché
dovrei
rischiare di essere abbandonata il giorno dopo? Se questo è
uno
dei tuoi sporchi giochetti, io...-
Non sopportava di vederla così sconvolta. Leggeva nei suoi
occhi
la voglia di credergli, ma allo stesso tempo era troppo spaventa per
cedere. Mio Dio, cosa le aveva fatto? Era stato un tale bastardo da
indurla ad avere paura di lui, di ciò che poteva farle. Non
doveva meravigliarsi di quella reazione, aveva giocato con i suoi
sentimenti fin dal primo
giorno, però adesso era tutto cambiato. Il suo amore, ora
profondo e consapevole, poteva davvero modificare ogni cosa? Poteva
cancellare la
cattiveria, la sfiducia, l'umiliazione?
-Ti prego, calmati amore mio. Sì, ti ho chiamata proprio
così.- La voce gli mancò per qualche secondo,
mentre le
toccava le braccia gelide, poi l'abbracciò, cullandola. -
Guardami negli
occhi, tu capisci sempre quando sono sincero e quando ti sto
prendendo in giro. Sei una delle poche persone che riesce a vedere
anche ciò che non voglio far uscire. Ti ho detto
quelle cose solo
perché ero arrabbiato, perché sapevo che ti avrei
ferito.
Ero convinto che mi stessi ingannando e ho dato di matto, ho affondato
la lama dove faceva più male e ti giuro che mi dispiace. Non
lo
farei più, mai più.-
-Io sono stanca di dovermi difendere, di dover urlare per farti capire
che esisto. Non ce la faccio più a sentirmi un sacco da
prendere
a pugni.-
-Sveva, tu mi ami?-
-Lo sai.-
Vergil la rincorreva per la stanza, ogni volta che lei si allontanava
lui le tornava accanto. Non le avrebbe più permesso di
fuggire.
La osservò, sorridendo di quell'aria triste e indignata. Gli
sembrò di guardarsi allo specchio. Era esattamente
l'atteggiamento che aveva avuto lui fino a poco prima. Sapeva che lei
voleva lasciarsi andare, ma che temeva le conseguenze.
-Hai ragione. Io
so che tu mi ami e che ti amo anche io.- sussurrò baciandole
delicatamente una guancia, accarezzandole i capelli che iniziavano a
spettinarsi.
-Tu sai sempre tutto.-
-Sì, sono l'invincibile Vergil Sparda. Ricordi?-
Rise, baciandola, ma sentì che lei non ricambiava il
contatto.
-Lo so che non vuoi fidarti dell'idiota di cui ti sei
innamorata. Però, se c'è una cosa che ho capito
è
che arrendersi, fidarsi, non vuol dire perdere il controllo, ma
conquistare il cuore dell'altro. E il mio ce l'hai qui.- Le
posò
la mano sul proprio petto, prima di attirarla di più a
sè, ma non riuscì a guardarla
negli occhi. Percepiva il sangue affiorargli al viso, con quel rossore
tanto stonato sulle sua pelle bianca. Vergil detestava mostrare le
proprie reazioni, ma aveva giurato di non nascondersi con
Sveva. La sincerità era divenuta a un tempo punizione e
liberazione.
Per un tempo che gli parve eterno nessuno parlò,
nè si
mosse. Nella stanza c'era un silenzio irreale, un vuoto che inghiottiva
tutte le loro emozioni. Poi lo avvertì, un movimento
leggero. Le
mani di Sveva sulle spalle, e poi intorno al collo. Lo stava attirando
verso di sè. Sentì che si lasciava andare, come
un fiume
che rompe gli argini, lo baciò con tutta la passione che
aveva
represso, con tutto l'ardore che aveva tenuto sotto le ceneri,
aspettando
che lui smettesse di fare lo stronzo. Vergil percepiva i sentimenti di
Sveva come se fossero i propri, come se fossero una cosa sola. Erano
diventati il tramonto che aveva ammirato poco prima, il rosa che
brillava sfacciato e il blu profondo che si perde nel mare.
La stanza era sempre più calda, mentre lui non riusciva a
frenare l'istinto. Ogni traccia di prudenza gettata al vento e tutti
suoi desideri stretti tra le mani. Le dita non rispondevano ai comandi,
esplorando avide e arroganti il corpo sotto di loro. La mente vuota, il
cuore in tumulto, le labbra affamate. Sentì Sveva
sbottonarli la camicia, che poi gli scivolò dalle spalle.
Rise di
quell'insospettabile audacia. Non attese molto prima di ricambiare il
favore. Il vestito di lei diventò una macchia candida sul
pavimento. Il calore diventava assordante, gli abiti insopportabili. Si
spogliarono a vicenda, senza rendersene conto, il controllo ormai perso
da tempo. Vergil si prese qualche istante per osservala, non
per
ricordare l'esatta tonalità della sua pelle,
perché era
sicuro che quella sarebbe stata solo la prima volte di tante, ma per
comprendere che adesso si appartenevano. Quella consapevolezza
oscurò tutto il resto, la realtà si limitava a
quella
camera, in cui non penetrava più alcun suono, se non i loro
sospiri sempre più veloci, smarriti, famelici.
Caddero sul letto.
Non aveva pensato a quel finale, non aveva creduto potesse succedere
quella sera. Avrebbe voluto aspettare, solo per assicurarsi che fosse
tutto perfetto, che lei fosse tranquilla tra le sue braccia, ma, come
al solito, quando lui prevedeva qualcosa, Sveva lo sorprendeva.
Assaporò la sua pelle morbida, alla base del collo, poi
alzò la testa e li vide. Quegli occhi verde veleno,
incatenati
ai suoi. E fu davvero tutto perfetto.
Si svegliò lentamente, aprendo un occhio solo, circospetta.
Ma
Vergil era proprio lì, con la testa appoggiata sulla mano a
guardarla in viso.
-Credevo di essere io quello da non sottovalutare, e invece tu mi
giochi sempre brutti scherzi - le disse, sornione.
-Mmm, questo era un brutto scherzo?- chiese, mentre cercava di
nascondersi
col cuscino, ricordando di essere completamente nuda, ma lui
intuì il gesto e il cuscino finì
lanciato dall'altro lato della stanza.
-No, niente affatto. Questo era un magnifico inizio...di
qualcosa ancor più magnifico- mormorò,
baciandola
con malizia, per
poi staccarsi controvoglia. -Adesso dobbiamo andare. Mio fratello e
la tua amica hanno chiamato già quattro volte. A proposito,
sai
che quando dormi non ti svegliano neanche le cannonate?-
-Grazie, è la cosa più romantica che potessi
dirmi!-
-Scusa.-
Sveva distolse lo sguardo, mentre Vergil si alzava per rivestirsi. Che
diamine le era saltato in testa? Andarci a letto così
presto!
Eppure, in quel momento, non si sentiva davvero a disagio, solo un po'
imbarazzata. Non riusciva a ricordare quando avesse deciso di
abbandonarsi a lui. Forse, non l'aveva affatto deciso. Si era solo
persa in quella marea oscura che le galleggiava dentro. Tutto il dolore
era scivolato via, inghiottito da qualcosa di tanto splendido da
stordirla, e al tempo stesso farla sentire più viva di
quanto
fosse mai stata. Si era sentita sua, ma aveva compreso che anche
Vergil, sì, anche lui, finalmente le apparteneva. E non
avrebbe
mai voluto un finale diverso. Si era comportata in modo avventato,
insolito, impulsivo, ma non riusciva a pentirsene. Osservò
Vergil muoversi tra le sue cose e un senso
di intimità l'avvolse, era tutto così naturale,
come se
si conoscessero da una vita. E fu certa che non fosse per il sesso, ma
perché erano stati onesti l'uno con l'altra. Finalmente tra
loro
non c'erano più paure, incertezze, inganni.
Ridacchiò,
mentre si allungava ad aprire il cassetto del comodino.
-Che stai facendo, streghetta?-
Si voltò verso di lui, con le dita ancora affondate nella
busta
di confetti al cioccolato al latte. -Mi è venuta a fame-
ammise
con aria colpevole.
-E non me ne offri nemmeno uno? Perfida!-
-Attento, stai diventando sempre più romantico! In effetti
hai
proprio bisogno di addolcirti un po'- Gli passò la busta,
mentre
perlustrava con lo sguardo la stanza alla ricerca dei suoi vestiti.
Malgrado quello che era appena successo era ancora reticente ad
abbandonare la copertura del lenzuolo, faticosamente conquistata
durante un attimo di distrazione del compagno. -Ti facevo
più tipo
salutista, da cioccolato fondente.-
-Mi piace che per te l'essere salutista si riconduce al cioccolato. E
comunque, formalmente sono proprio tipo al cioccolato fondente, ma...-
-Ma in realtà hai il cuore tenero!-
Sveva sorrise e gli spettinò i capelli. Lui alzò
un solo
sopracciglio e li riportò in ordine con le mani. -Ti lascio
rivestirti, cerca di non metterci una vita!-
Gli lanciò un'occhiataccia, ma gli fu grata per la
sensibilità. Aveva percepito l'imbarazzo e non gliel'aveva
fatto
pesare. Ah, era sempre più innamorata ogni momento che
passava!
Afferrando velocemente gli abiti, sbirciò oltre le tende, si
chiese se lei e quel ragazzo fantastico sul suo balcone sarebbero
andati davvero d'accordo. La sola idea che il loro rapporto potesse non
funzionare la fece avvilire. Dovette ammettere che sarebbe stato tutto
molto complicato, lei era spaventata dall'enormità di quello
che
provava e Vergil era come un riccio, che non voleva saperne di smettere
di pungere. Sorrise al proprio riflesso. In realtà, lui
aveva
accettato di abbassare le armi, si era scusato, si era messo in gioco.
Per lei! Dalla gioia si sarebbe messa a ballare, ma farsi scoprire dal
nuovo fidanzato a fare le piroette in una stanza senza musica non era
proprio il massimo. Caspita, Vergil era il suo nuovo fidanzato!
-Sembri felice- gli sentì dire.
-Lo sono.-
-A che stavi pensando?-
-Allora è così che andrà tra noi?
Dovrò
continuare a nutrire il tuo ego gigante, confessando che quando
sorrido, per un motivo apparentemente misterioso, sto pensando a te?-
-Non sarebbe affatto male.-
-E tu farai lo stesso con me?- gli chiese, inclinando il viso per
guardarlo meglio. -Non so se potrei sopportare di essere sempre quella
che ti insegue, quella che ti mette su un piedistallo, Ver'.-
Lui si abbassò per mordicchiarle il labbro inferiore, ma lei
si
staccò, anche se a fatica. - Puoi stare tranquilla, non
sarà così. Ho ammesso di essere stato battuto e
chino il
capo alla mia degna avversaria.-
-Avversaria, sono questo per te?- sussurrò con angoscia.
-Cavolo, Sveva, sii comprensiva! Sono un novellino con il vero
romanticismo. Posso adularti quanto vuoi, ma non è
così
che voglio essere con te, non mi comporterò come ho fatto
fino
ad oggi. Non sei più la preda da conquistare, la rivale da
soggiogare. Tu sei mia e io voglio trattarti come meriti, voglio che
ridiamo insieme, come abbiamo visto fare a mio fratello e Federica.
Voglio che tu ti senta libera con me, senza preoccuparti di quello che
potrò pensare, del mio esame o di mostrarti all'altezza. Io
so
che tu sei all'altezza, e so che io spesso sono caduto parecchio in
basso.-
-Mi sembra strano...-
-Cosa?-
-Ridere con te. Di solito sei così algido.-
-Ci sono tante cose che non sai di me, ma le scoprirai tutte, da
stasera. E io farò lo stesso con te- mormorò,
accarezzandole le braccia e poi dandole un bacio sulla fronte.
-Sembra una bella storia.-
-Lo è sempre stata, ma il capitolo migliore è
iniziato
oggi.- Le fece l'occhiolino, e si impossessò di nuovo dei
confetti mentre lei dava una sistemata al trucco. -Era davanti allo
specchio quando lo vide trasalire. -Senti, tesoro...-
-Vergil non chiamarmi "tesoro", almeno non quel tono mellifluo. Mi fa
accapponare la pelle.-
-Ok, è che pensavo...insomma, noi abbiamo tante piccole
abitudini da limare. Dovremmo venirci incontro su alcune cose. No?-
Sentì un sudore freddo imperlarle la fronte. Era tutto
troppo
bello per essere vero, ecco che arrivava la bastonata. Cosa le avrebbe
chiesto, di sopportare un'amante, di mettere biancheria intima
indecente, di ricordare la Divina Commedia a memoria e al
contrario? Balbettò,
sentendo la salivazione azzerarsi. -S...sì.-
-Ecco- Vergil le si avvicinò osservando i prodotti di makeup
sparsi sul tavolo. Sveva sbattè le palpebre, cercando di
capire
cosa ci fosse di sbagliato. -Non stavo scherzando prima: odio
davvero il tuo lucidalabbra alla vaniglia!-
Sveva si piegò dalle risate nel vedere l'espressione
disgustata
del fidanzato. Impugnò il cosmetico e centrò
perfettamente il gettacarte. -Così va meglio?-
-Mmm, credo di dover verificare- mormorò, prima di
assaporarla con un bacio esigente.
Fu difficile riemergere dal piacevole torpore in cui erano sprofondati
come per magia, ma Vergil insistette per non perdersi la festa del
paese.
-E poi quei due rompiscatole ci darebbero per dispersi, ce li
ritroveremmo addosso in trenta secondi. Penserebbero che ti ho
sequestrata e ti sto torturando- sbuffò, alludendo al
gemello con
Federica. Lei sorrise, appoggiandoglisi contro, cercando una scusa per
toccarlo, per confermare a se stessa che era tutto reale.
Uscirono in strada e furono investiti dal chiacchiericcio della gente e
dal ritmo delle percussioni diffuso da decine di altoparlanti. Ovunque
c'erano persone che si tenevano per mano, accennavano qualche passo di
danza e ridevano. Sembravano tutti ebbri di felicità, e per
un
istante gli sguardi di Sveva e Vergil si incrociarono, complici.
Perlustrarono le bancarelle, grondanti di peluche, gioielli da quattro
soldi e articoli d'artigianato già visti. Sveva
tentò
inutilmente di comprare qualcosa, perché Vergil continuava a
criticare qualunque cosa scegliesse e non si rivelò affatto
un
fidanzato pronto a viziare la sua dolce metà, come gli
rinfacciò lei più tardi, solo per intravedere
ancora
quella piega furba delle labbra. Sveva sospettava che ci fosse qualche
altra sorpresa, ma lui la lasciva morire dalla curiosità. Si
scoprirono affamati e storditi dai profumi contrastanti che gli
solleticavano le narici. Indecisi tra dolce e salato, scorrazzarono tra
i camioncini di hot dog e patatine fritte per poi fare incetta di
caramelle dalle forme improbabili.
Sveva nascose un sorriso nel vedere Vergil muoversi a tempo con la
musica e addentare una scorzetta d'arancia e cioccolato.
Arrossì, desiderando di essere assaggiata in quello stesso
modo,
rise specchiandosi in una vetrina. Non si era mai vista con gli occhi
tanto luminosi. Il braccio muscoloso di Vergil le cinse la vita, mentre
una scorzetta le picchiettava contro le labbra. Gustò
più
gli sguardi pieni d'invidia delle altre ragazze che quella
prelibatezza, ma Sveva si rifiutò di analizzare la propria
reazione. Voleva solo godersi quella sensazione di totale euforia.
-Che delirio!- urlò Vergil, cercando di sovrastare
il
rumore. Si guardò intorno e la trascinò verso un
tratto
meno affollato del lungo mare. La musica era lontana e si riusciva a
sentire perfino il rumore delle onde alle loro spalle. Sveva
strinse forte il suo braccio, temendo che se lo avesse lasciato si
sarebbe svegliata nel suo letto, con l'insopportabile consapevolezza di
aver fatto il sogno migliore della sua vita. Vergil, però,
restava lì, forte e sicuro di sè. -Sei una
piccola
opportunista, sai?-
-E tu hai molto da lavorare sul romanticismo. Siamo vicino al mare,
sotto le stelle, ci siamo appena messi insieme e mi dai
dell'opportunista?-
-Sì, ma tu hai tentato di estorcermi un regalo!Se ti
può
consolare mia madre, che pare essere una tua fan, vuole costringermi a
darti una specie di quaderno rosa, molto elegante. Mi pare di averne
visto uno uguale in camera tua, era mezzo nascosto sotto il letto.-
-Cosa hai visto il mio diar...ehm, la mi agenda! Ci segno solo qualche
appunto insignificante, insomma, niente di che. Ma tu non ti sei
azzardato ad aprirla, vero?-
-Ho come l'impressione che se ti dicessi di sì, tu mi
uccideresti.-
Si accasciò contro di lui. -Siamo proprio un disastro:
è il nostro primo appuntamento e parliamo di omicidi.-
Vergil scese dal
muretto e restò in piedi davanti a lei, guardandola negli
occhi.
-Ho davvero una cosa per te.-
Sveva sapeva che non poteva essere un regalo, gli era stata attaccata
tutto il tempo e non avrebbe mai potuto comprarle niente senza che se
ne accorgesse. Si aspettava un bacio, assolutamente romantico e
indimenticabile, anche se un po' prevedibile. Gli fece un sorriso
sbilenco e aspettò senza dire niente.
-Sono certo che ti piacerà.-
-Sei sempre troppo sicuro di te, mio caro. Credevo di averti insegnato
un tantino di umiltà.-
-Amore, se c'è una cosa che ho imparato in queste settimane
è che tra noi due non ci sono certezze... ma sento che sei
importante per me, e ti giuro che mi morderò la lingua
prima di dire qualcosa che possa ferirti.-
Sveva lo attirò a se e appoggiò la fronte alla
sua. -So
che ti costerà tanto e lo apprezzo. E io? Cosa vuoi che
faccia?-
-Tu devi essere paziente quando sarà pesante avere un
fidanzato
egocentrico. Dovrai essere velenosa, come solo tu sai essere, quando
esagererò; e irresistibile, come oggi, quando mi
sentirò
confuso e avrò bisogno di un porto sicuro. Voglio che tu sia
forte, perché tenterò di sovrastarti, e che tu
sia dolce,
perché per me sarà difficile ricordare che con te
non
desidero vincere, ma arrendermi. Accetti le condizioni?-
-Insomma, sei di poche pretese, eh?-
-Non sto scherzando- sussurrò, serissimo.
Sveva annuì, accarezzandolo con commozione. Lui aveva
compreso
ogni
lato del suo carattere, chiedendole di essere ciò che era e
ciò che non si permetteva di essere. Lui pretendeva tutto, e
lei
non gli avrebbe mai rifiutato nulla, perché amava ogni
minuscolo
pezzo di quell'arrogante principe azzurro. Non doveva comportarsi
semplicemente come la
ragazza impeccabile, ma poteva tirar fuori la tempesta che spesso la
scuoteva e che si ostinava a nascondere. Sarebbe stata una relazione
burrascosa, ma irrinunciabile.Vergil trattenne la sua mano destra, e
poi tirò fuori dalla tasca un piccolo involucro di stoffa.
-Dobbiamo suggellare il nostro patto. Dici che un baciamano andrebbe
bene?- Le lasciò cadere il pacchetto tra le dita e poi
tirò la cordicella che lo teneva legato. Sveva trattenne il
fiato, riconoscendolo. Era il gioiello indiano che aveva visto al
centro commerciale, settimane prima. Lo aveva desiderato tanto, se
l'era anche provato, ma poi l'aveva appoggiato con reverenza sullo
scaffale, credendolo troppo prezioso e imponente, per una come lei.
Vergil doveva averla osservata per tutto il tempo. Tanto tempo prima.
Quando le cose tra loro erano ancora confuse e lo credeva invaghito di
Federica.
-Come hai fatto ad accorgertene? Mi piaceva moltissimo, però
non credevo che l'avessi notato.-
-Ho sempre notato tutto di te. Ci ho messo un po', però poi
ho
aperto gli occhi. Anche se quando ho comprato il baciamano non avevo
ancora compreso i miei sentimenti. L'ho preso sapendo che
era la cosa giusta da fare, ma non chiedendomi il perché. E
poi,
qualche giorno fa, è stato tutto più chiaro. Ho
iniziato
ad amarti, a poco a poco, ma ero troppo orgoglioso per ammetterlo.
Posso?-
Sveva lo vide infilarle l'anello al dito e poi voltarle il polso per
chiudere la catena. Le prese la mano, sulla quale scintillava un
intricato disegno di cristalli, e si piegò appena, mimando
un
galante baciamano, proprio come aveva fatto durante il loro incontro.
Sveva sentì la gola chiudersi e le lacrime
pizzicarle gli occhi. Tutto ciò che aveva desiderato tanto
ardentemente era davanti a lei, ma non ebbe il tempo di pensare ad
altro, perché Vergil la tirò a sè. E
non ci fu più nulla da dire.
Poco prima della mezzanotte raggiunsero l'altra coppia. I gemelli si
immersero in una vuota conversazione, anche se era evidente che si
stessero studiando con molta attenzione. Sveva sentiva i loro pensieri
nella propria testa "Ti sei comportato bene?", "Fatti gli
affari
tuoi", "Che cos'è quel sorriso sornione?", "Vuoi dire lo
stesso
che c'è sulla tua faccia? E non venirmi a fare la predica".
Sorrise a entrambi, sventolando la mano per salutarli, mentre Federica
la scortava a passo di marcia verso la metà miracolosamente
libera di una panchina. Rabbrividì, sentendo il freddo del
marmo
penetrare oltre il vestito impalpabile. Si rese conto che con l'andar
della notte era scesa anche la temperatura, ma fino a che era stata
vicina a Vergil non aveva sentito freddo. Cercò di
concentrarsi
su Federica, ancor più raggiante di lei. Avevano tentato di
chiarirsi dopo la feroce litigata, quando Sveva aveva saputo dei falsi
messaggi. La rabbia era troppo profonda per sparire di colpo, e il
terrore di aver perso Vergil era ancora più radicato
dentro di lei. Eppure, la gioia perfetta dell'amica aveva reso Sveva
più malleabile. Aveva sempre avuto un debole per il lieto
fine.
-Allora, sputa il rospo principessa: che avete fatto tutto il
pomeriggio?-
Si agitò sulla panchina e non rispose, anche se
sentì tutto il sangue affluirle verso il viso.
-Andiamo, io ti ho raccontato di ieri, della cena...e del dopo cena!-
L'amica non si arrendeva, avrebbe fatto qualunque cosa per salvare la
loro amicizia. -Senti, lo so che ti ho fatto del male, che ho rischiato
di allontanarti per sempre dal ragazzo che ami, però...-
Federica abbassò lo sguardo, per non leggere una sentenza
inappellabile negli occhi di Sveva.
-Non voglio sentire più una frase simile. Non riesco nemmeno
a
sopportare l'idea di perderlo. Per fortuna, le cose sono andate
diversamente.-
-Sei ancora arrabbiata con me?-
-Certo che lo sono! Hai agito senza pensare, soprattutto senza pensare
di parlarmene.-
-Non è vero, ti ho detto tante volte di lasciarlo stare.-
-Tra l'avvertirmi e lo scavalcarmi c'è una bella
differenza!-
Sveva si passò le mani sulle braccia, sempre più
fredde,
mentre osservava le gambe di Federica dondolare agitate.
Capiva
la sua ansia, e avrebbe voluto rasserenarla subito, ma dovevano
chiarirsi.
-Lo so, ma mi conosci. Sono una persona impulsiva, ma stavolta ho
capito la lezione.-
-Sarà meglio per te!-
Federica strabuzzò gli occhi e osservò con
sorpresa la
biondina. -Come sei battagliera. Questa è un'altra cosa di
cui
ti volevo parlare. Quando ti ho vista arrivare con Vergil ho capito
ancora di più il mio sbaglio. Lui ti ha messa in
difficoltà innumerevoli volte, e in modi insopportabili,
eppure
tu non hai mai mollato. Lo hai compreso, e hai lavorato su te stessa.
Quello che sto per dire non giocherà a mio favore, ma non
credevo ci saresti riuscita.- Tornò a distogliere lo
sguardo, ma
poi si fece coraggio e la guardò negli occhi. Doveva
affrontare
l'amica, si erano sempre dette tutto...quasi tutto, e non dovevano
smettere adesso. Si aspettò una reazione violenta, ma Sveva
aveva iniziato a ridere in modo incontrollato.
-Il bello è che non ci credevo nemmeno io! Fede mi conosci
meglio di chiunque altro, la mia insicurezza, le mie paranoie. Avrei
dovuto arrendermi, avrei dovuto rinunciare fin da subito. Tu hai
previsto il disastro incombente, con me in lacrime a singhiozzare per
giorni e chiudermi in casa per mesi. Avevi ragione, sarebbe dovuta
andare così. E tu volevi solo proteggermi.-
-Ecco, detta così suona meglio.- Federica iniziò
a
rilassarsi, fissando Sveva e tenendo d'occhio anche i gemelli, tanto
per evitare che qualche sciacquietta poco vestita li credesse liberi.
-Quello che hai fatto è grave, e sono ancora arrabbiata, ma
non
voglio perdere la mia amica. E non voglio che una lite tra noi rovini
uno dei momenti più esaltanti della mia vita.Insomma, quando
ripenso a oggi pomeriggio...-
-Adesso devi proprio dirmi tutto, quello sguardo sognante mi
incuriosisce troppo. Su, parla!-
-Ok, ok, confesso.-
-Brava, tanto non sarà successo niente di indicibile.-
-Ehm, veramente...-
-Sveva!-
-E non urlare- la supplicò, tirandola per il braccio e
osservando l'occhiata sdegnata della vecchietta seduta poco
più
in là. -Per la cena, diciamo che siamo passati direttamente
alla
portata piccante...- mormorò, sperando di non essere sentita
anche dal resto del paese, e parlando per metafore, così per
essere sicura. Percependo il totale silenzio accanto a
sè, si voltò verso Federica, che la scrutava. Le
sue
sopracciglia formavano una lunga linea ininterrotta, tanto che erano
aggrottate, e gli occhi erano ridotti a una fessura. -Che
c'è?
Non vorrai farmi la predica? Mi hai appena fatto i complimenti per il
mio coraggio!-
-Vorrei chiederti se sei sicura di aver fatto la cosa giusta. Insomma
io e Dante stiamo insieme da un po' a differenza tua e di Vergil...-
-E non avete aspettato molto nemmeno voi- osservò Sveva. -Io
non faccio domande, ma so molte cose!-
-Sì, non c'è bisogno di fare la Bond Girl.
Comunque, se
mi avessi lasciato finire, ti avrei detto che non farò altre
domande, perché non ti ho mai vista così felice.
Era
spaventoso ammetterlo, ma si vedeva che Vergil era quello giusto per
te.-
-E Dante è quello giusto per te.-
Sveva incontrò lo sguardo di Federica e si sorrisero, con la
gioia di condividere ancora una volta lo stesso sogno. Quell'estate le
aveva unite ancora di più, avevano vissuto un'esperienza
indimenticabile: giorni che erano sembrati anni, per
l'intensità
con cui li avevano trascorsi. Avevano imparato a conoscersi, a lasciare
da parte le loro fragilità e le false corazze, per affidarsi
a
due paladini un po' strambi e complicati, ma irresistibili.
Si voltarono verso i gemelli, che ci misero solo pochi secondi a
raggiungerle, come intuendone i pensieri.
Sveva e Vergil, Dante e Federica. Un solo gruppo, una doppia coppia che
sarebbe diventata ben presto indissolubile. La mezzanotte
scoccò, e li sorprese vicini ad ammirare i fuochi
d'artificio
che, esplodendo nel cielo scuro, si riflettevano nei loro occhi
sognanti.
---
FINE ---
Ma
è successo davvero? "Doppia Coppia" è finita?
Non
ricordo nemmeno più quando ho iniziato a scrivere
questa storia. Ero al liceo, e la mia folle compagna di banco mi
parlava di questo portale on line e della sua ossessione per i gemelli
di Devil May Cry. Tra le due, io sono sempre stata la romantica,
l'idea di creare una storia, un piccolo angolo di mondo, in
cui
noi avremmo potuto essere accanto ai nostri beniamini, mi
conquistò subito.
L'inizio
della fiction vi fa sbirciare nella mia vita liceale.
Sveva ero proprio io, con tutte le mie mille insicurezze, e la
splendida Federica è quell'amica che io ho sempre
considerato
molto più carina e forte di me. Tutto ciò che
avete letto
finora è un tributo all'amicizia. Alla speranza che i sogni,
anche quelli più semplici, possano avverarsi.
Ma
la strada è stata lunga e, come sapete bene, ci sono
state tantissime interruzioni. Credo di aver passato almeno un anno e
mezzo senza scrivere una riga, allontanandomi sempre di più
da
EFP e dalla mia fiction. Tanto
a chi importava?
E
poi mi arrivò un
messaggio. Lo lessi una sera, a casa di un'amica con cui stavamo
rivangando il passato da fanwriter accanite. Entriamo
a dare un'occhiata alle vecchie storie, per sfizio.
Katherine.
Se
non ci fosse stata lei, se non mi avesse scritto quelle righe,
dicendomi che stava aspettando il lieto fine, che si era appassionata
alle (dis)avventure delle mie sciocche protagoniste... bhe, non avreste
letto la parola fine.
Sono
una da rincorrere, lo ammetto. Perdo l'entusiasmo, la fiducia, il
credere in me stessa. Tanto
a chi importa?
Sapere
che c'era anche
solo una persona che si prendeva il disturbo di mandarmi una riga, per
chiedermi di tornare, è stata una scarica di
adrenalina. Mi
ha ricordato perché scrivo. Per condividere. Per la speranza
di
ricambiare il favore, perché sono una lettrice che si
è
rifugiata nelle trame altrui, e ha desiderato di poter creare dei posti
sicuri anche per gli altri.
Scrivo
da molto tempo, ho anche avuto le mie piccole
soddisfazioni, pubblicando racconti e avendo contatti con alcune case
editrici. Ma non ho mai scritto una storia lunga. E "Doppia Coppia"
è lunghissima.
Non
ci sarei mai riuscita se non ci fossero state Federica e
Katrine, ma anche tutte voi, RockMantick, Mizzy (ma quante volte hai
letto la ff? Ti farei una statua!), DantexR, RebeccaJung... Nomino solo
le ultime, ma vorrei nominarvi tutte, tutte le persone che hanno
inserito la storia nelle liste, che l'hanno commentata. E io vi
ringrazio per tutti i commenti, perchè spesso mi avete fatto
notare delle inesattezze, che mi hanno portata a migliorarmi,
perchè ho avuto la fortuna di avere delle lettrici (e dei
lettori ?) attente, appassionate ed esigenti.
Il
mio percorso è stato tortuoso, da ragazzina che scrive senza
alcuna esperienza, a collaborare con un'editor, a fare
un corso di scrittura creativa. E in tutto questo la FF ha subito i
miei sbalzi d'umore, le cose che imparavo, quelle che mi lasciavo
indietro.
I
miei personaggi si sono evoluti con il tempo, tutto la storia,
dalla trama, allo stile, è cambiata. Probabilmente,
è
cambiata insieme a me. Quando rileggo i primi capitoli mi vengono i
brividi, e se poi salto agli ultimi quasi non riesco a credere di
essere la stessa autrice. Eppure sono felice, perchè tutti
gli
errori, e tutte le parole giuste, mi hanno portato fino a qui. Fino al
capitolo 40 e alla parola FINE.
Mi
sono commossa quando l'ho scritta, perché è stata
un'enorme soddisfazione. E spero che un pochino di questa splendida
emozione si sia trasmessa anche a voi. Spero che mi perdoniate per le
discrepanze, i cambi di registro, le
stranezze. Mi avete accompagnata lungo un pezzo di strada
e io non posso che esservi grata per l'entusiasmo, per avermi fatto
capire che
"Sì, a qualcuno importava."
E
ora non ho altro da
dire. Vi saluto e non so se ci sarà un seguito per me su
EFP, se
tornerò con altre storie, se modificherò questa
per
migliorarla, se la stravolgerò. In sintesi, non so quasi
niente,
ma so di essere felice di trovarmi qui, a scrivervi.
Vi
lascio con tre canzoni: La prima
mi ha sempre fatto pensare a Vergil, all'inizio della storia. Le altre
due le ho usate per scrivere l'ultimo capitolo. In realtà,
ho
ascoltato Ed Shareen a palla, per il 40esimo capitolo. Bloodstream
andava a ripetizione per la scena più "hot", mentre Photograph
l'ho usata per il risveglio e per la fine.
Grazie
di tutto,
Bryluen.
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