L'Alba di Atlantide e Mu: I Continenti Sommersi

di _Francesco_
(/viewuser.php?uid=623020)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 9 ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Atlantide & Mu

 
 La leggenda.
 
Antiche e, per la maggior parte, perdute leggende, narrano che nel passato più remoto e violento, esistessero due continenti, due continenti che spiccavano su tutti gli altri:
Atlantide e Mu.
Questi continenti furono perennemente in guerra, dall’inizio dei tempi fino alla grande e misteriosa estinzione.
Nessuno sa per certo quali fossero i motivi delle guerre, e come se non bastasse, a neppure un essere umano è stato dato il potere di sapere come abbiano fatto questi due abnormi continenti a dissolversi nel nulla, come se non fossero mai esistiti.
Tuttavia, molti antichi leggendari narratori di Terre Perdute, riportano come la Terra sia stata violenta, aggressiva e fatale per alcuni uomini delle antiche generazioni.
Proprio per questo, è impossibile sapere se, assieme ai due misteriosi continenti, siano esistite altre leggende dimenticate, quali Magia e moltissime altre divinazioni.
La Terra fu un pianeta selvaggio, traboccante di pericoli che si celavano nell’ombra.
 
L’Antico pianeta.
 
Si dice che la terra era suddivisa in cinque grandi continenti maggiori, ben distanziati l’uno dall’altro. Questi cinque continenti erano suddivisi in due enormi imperi:
Il maestoso, marino ed umile Impero dell’Ovest: Atlantide.
Atlantide comprendeva due principali isole, che seppur occupanti minor spazio terreno dell’impero dell’Est, furono ben costruite e difese.
L’isola a Nord, comprendente del più grande porto dell’intero pianeta, compresa da ben diciotto regioni diverse e con un regime di governo timocratico:  Demes.
L’isola a Sud, piccola isola, con temperature molto calde e fornitrice dei guerrieri per l’esercito di Atlantide:l’umile terra di Lexon.
L’imperioso, dominante e selettivo Impero dell’Est: Mu.
Mu era l’esercito più ampio e sviluppato del pianeta. Comprendeva tre grandi isole, poste una sopra l’altra.
L’isola a Nord, terra delle grandi Montagne del Nord, con il Picco di Ghiaccio e la Vetta Lancia, e abitazione degli ultimi Giganti della storia. Venne ricordata come l’ultima isola a mantenere, nel bene e nel male, la Democrazia: Mur.
L’isola Centrale, dimora dell’ Imperatore e compresa delle migliori caserme e centri d’addestramento militari. Venivano addestrati guerrieri pronti a difendere i confini ed attaccare i nemici fisicamente:Wyland, l’isola più grande.
L’isola del Sud, la terra più a sud del corpo celeste, temperature elevatissime. Terra degli Gnomi, piccoli e lavoratori, abitanti dell’ovest. Una grandissima isola fornitrice di merci, elmi ed armature da battaglia: Ayland.
 
 
 
 
 
 
La Moneta del Regno
 
Nell’antichità, in seguito alla povera epoca del baratto, fu coniata una moneta, una moneta che avrebbe avuto utilizzo mondiale. Inizialmente solo i più ricchi potevano permettersela, ed essa (all’inizio della sua espansione commerciale) aveva il valore di un animale da tiro.
Proseguendo con gli anni, la moneta è stata coniata più volte, tanto da raggiungere i confini di ogni nazione. Il suo valore diminuì, inizialmente in modo leggero, poi drasticamente.
Raggiunse, negli ultimi tempi di Atlantide e Mu, il valore di un sacco di farina.
Il nome del conio era Dracma.
 
Gli Dei del Popolo.
 
Sette sono le Potenze, i più grandi tra i Numi,cui gli uomini attribuiscono l’origine e la ragione di tutte le cose e a cui ne aggiungono una ottava, più oscura e indefinita. A ciascuna delle Potenze, gli uomini attribuiscono caratteristiche e rituali, attributi e leggende, figure astrali e simboli del mondo che li circonda.
Figli delle Potenze sono poi numerosissimi altri Numi, esseri creati per abitare le terre, i cieli, i mari e i sotterranei del Mondo, per dare loro forma e arte, vita e prodigio.
Sapienti e Sacerdoti di Atlantide sono d’accordo nel descrivere le caratteristiche delle Potenze che hanno generato e informato il Mondo. Per i Maestri della Sapienza essi sono essenze astratte che interagiscono alla radice di tutte le cose e danno atto alla struttura del Mondo, per i Sacerdoti sono forze senzienti che coscientemente agiscono per intessere la sostanza e il destino di tutte le cose. Ed ecco i nomi e gli attributi che i Sacerdoti danno alle Potenze:

 
Empirea: è la Sorgente di tutte le cose, la Signora delle Stelle che regna sugli spazi infiniti del Mondo Etereo, potenza benevola e luminosa, madre e regina degli Eterei che vivono nell’Empireo e nella Città Celeste di Urania, che sorge al di sopra della Volta. Essa porta conforto e aiuto agli uomini e presiede al destino e alla necessità, attraverso il Corteggio delle Stelle, gli Eterei e le Parche. Il Corteggio delle Stelle è il grande gioco delle costellazioni, che dividono il Mondo Etereo in case e regioni e determinano il destino delle cose.
Gli Eterei, Uomini ascesi alla Città Celeste per le proprie imprese e il proprio spirito, assumono i nomi e le proprietà delle Stelle e si distinguono dalle Parche, prive di arbitrio e volontà, raffigurate in forma umana e incaricate di tracciare il Destino degli Uomini. Simili alle Parche sono infine le Sfingi, che emettono vaticini per gli Uomini, ma sono spesso crudeli e insensate.
 
Urano:è il Padre dei Cieli e dei Venti, che trattiene e governa, tutti gli spiriti dell’aria come gli Zefiri, gli Uccelli e le creature celesti, i fulmini, i tuoni e tutti i bagliori che appaiono sotto la Volta, e perfino le implacabili Bufere che si gettano al suolo con immenso strepito e distruzione. A lui è data autorità sulle cime dei monti e sulle terre ghiacciate che si estendono a mezzanotte. È figlio primogenito di Empirea e sua discendenza sono i Giganti, generati in accordo con Gea, così come i degenerati e immensi Ecatonchiri.
 
Gea:, la Terra, è la Grande Madre sempre gravida di creature. Infinite sono le piante, gli alberi, gli Animali e i Numi che i suoi lombi hanno generato, tra i quali anche gli Uomini e in special modo i Colossi. E se essa appare in superficie come madre e dispensatrice di vita, protettrice delle benevoli Ninfe e delle Menadi selvagge, nel sottosuolo, dal suo grembo più profondo si diramano sottoterra cunicoli senza luce, anfratti, grotte e caverne che discendono fino alle porte del Tartaro. E quindi essa ha nelle sue profondità altri figli più mostruosi e ancestraliΨ, abitatori dei recessi, le misteriose Echidne generate per la contaminazione di Thalassa. A Gea è data autorità su tutti i Rettili, gli Artropodi, le Belve e le Bestie Terrestri, sulle Piante terrestri, sulle grandi foreste, sulle campagne e sul sottosuolo del mondo.
 
Oceano è il Signore dei Mari e delle Profondità, Padre di tutti gli esseri del mare, siano essi Creature o Numi. Fu lui che trasse in sorte il Dominio su Atlantide e su di essa vide Corinna e se ne innamorò, generando il Popolo d’Argento. Egli è il Padre delle Acque e la sua Progenie è quella delle Ondine e del popolo dei Tritoni, ma anche quella dei selvaggi Telchini e dei chimerici Protei, capaci di parlare con gli Uomini, provare sentimenti, assumere diverse forme e vaticinare oscure profezie. A lui è data autorità su tutti gli Animali e le Piante acquatiche, sui mari del mondo, su scogli e isole e sui grandi bacini di acqua dolce.
Argo è il Padrone della Fiamma, che vive nel fuoco liquido del cuore del Mondo e scorre nelle sue vene rosso di fuoco. Egli è signore delle feroci Salamandre e dei saggi Cabiri, artigiani e maestri del fuoco e delle forge che tutto hanno appreso dai Nani, figli primogeniti del Nume. Argo è anche il protettore dei Fabbri, dei Flamini e dei Custodi della Fiamma e a lui è data autorità sulle sorgenti di fuoco sotterraneo, sui vulcani e sulle terre aride del mondo. Della sua stirpe sono anche,purtroppo, le corrette e mostruose Gorgoni.
 
Ipnos: è il Re dei Sogni, il Signore delle fantasie, delle astrazioni e delle idee, che concede la grazia ai Narratori e intesse le illusioni e gli inganni del Mondo. Lui governa l’Iperuranio, e da esso discendono molti esseri prodigiosi, fasti o nefasti, chiamate Astrazioni o, quando camminano sulla superficie del Mondo, Androgini.
 
Tanatos, gemello di Ipnos, è colui che regge il Tartaro, voragine buia e profonda di ghiacci eterni che affonda fino alla Pietra delle Informità e ai Cancelli dell’Abisso. Tanatos è il Signore dei Recessi, il Tenebroso, che regna sugli infiniti sotterranei inesplorati sotto la Terra e il Mare, verso il fondo buio e asfissiante del Mondo. Il suo regno è il luogo dove risiedono le Ombre prima della loro nascita e dopo la loro morte, dove si accalcano le Larve crudeli e inumane, dove il popolo degli Orchi ha dimora e dove si aggirano terrori ancora più grandi, come i mostruosi Cerber
 
 
Thalassa è la Potenza Oscura, la Madre degli Abissi, che regna sugli infiniti spazi vuoti oltre il Mondo e sulla mostruosa sua progenie degli Abissali che la circondano. Per volere di Empirea e delle altre Potenze, gli Abissali sono relegati fuori dal Mondo e non vi riescono ad accedere. A volte, tuttavia, le uova provenienti dal ventre di Thalassa riescono a giungere dagli Abissi e si mescolano alle Creature del Mondo, generando le mostruose Chimere, esseri alieni e aberranti, orrendi e sempre diversi, spesso fusione di diverse Creature.
Quando le Chimere si mescolano con gli Uomini, esse danno vita a razze nuove e abiette ed è questa la vera origine di Echidne ed Ecatonchiri, Protei e Gorgoni e di altre stirpi abominevoli.
Le Chimere e le Pietre dell'Informità (le “uova di Thalassa”) che a volte cadono sulla terra e nel mare dalle lontane vacuità dell'Abisso, sono la fonte della corruzione più cupa che si possa abbattere sul Mondo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 ***


PREMESSA.
Ho dovuto stravolgere tutta la storia, in quanto la precedente non mi ispirava totalmente.
Premetto che la nuova storia era indirizzata ad un fantasy, ma in questi giorni aggiornerò definitivamente i capitoli.
A presto. 

Francesco.

Capitolo 1


 
Una volta, Zhuang Zhou sognò di essere una farfalla. Era una farfalla che volteggiava liberamente, appagata della propria condizione. Non sapeva di essere Zhou. All’improvviso si svegliò e si accorse di essere Zhou, con la sua forma. Non poteva dire se Zhou avesse sognato di essere una farfalla, o se una farfalla stesse sognando di essere Zhou.
(Chuang-tzu, IV sec. a.c.)
 
 
Julian si svegliò di soprassalto.
Gli era parso di vedere una figura, una persona per la precisione.
L’immagine era durata solamente una manciata di secondi, prima che si svegliasse d’improvviso.
Era un primo piano, una ragazza.
 Per quello che ricordava, gli parve all’incirca della sua stessa età.
Occhi neri,neri più di qualunque altra cosa. Dentro quegli occhi pareva di vedere la disgrazia, la cattiveria, l’inferno.
Capelli neri come il buio. Neri da spaventarti.
Non si ricordava altro, per sua fortuna.
L’immagine fu talmente forte da svegliarlo d’improvviso e farlo sospirare.
 
Julian aprì lentamente e paurosamente gli occhi.
Il cuore gli martellava nel petto.
Un sentimento di paura si dilatò nel corpo del ragazzo.
Alla sola vista di quella faccia, di quel primo piano, fece spaventare Julian come difficilmente poteva succedere.
Sperò che fosse solo un incubo;allora, sempre in preda al panico più totale, alzò la mano verso il comodino soprastante e prese il telefono.
Lo accese e controllò l’ora.
Le tre e undici minuti.
Era ancora notte fonda.
Decise di rimettersi a dormire e di cancellare completamente dalla mente quell’immagine apparsa un minuto prima.
Il destino però non volle così.
Chiuse gli occhi e si addormentò.
Qualcuno, evidentemente non voleva farlo dormire stanotte.
La stessa identica immagine gli si ripresentò davanti.
Riuscì a fissarla solamente per pochissimi secondi.
Tutto pareva identico all’incubo precedente, fino a quando non sentì una voce.
- Sto arrivando.-
Una voce femminile cupa, cattiva e minacciosa.
Prima ancora che Julian potesse pensare, agì il suo cervello per lui.
Un grido di paura gli uscì dalla bocca prima ancora che potesse tentare di fermarlo.
Aprì gli occhi.
Adesso capì di essere completamente in preda alla paura più totale.
La stanza era buia, la porta d’entrata socchiusa.
Il silenzio era mortale.
Sentì il sangue scorrergli nelle vene ed il cuore premergli fortissimo sul petto.
Tentò di alzarsi, voleva andare da sua madre, voleva cercare una qualunque compagnia. Tentò di alzarsi, ma si bloccò subito.
Aveva paura persino di appoggiare i piedi per terra, aveva paura che superando la porta, la ragazza dell’incubo potesse apparirgli davanti ed ucciderlo senza pietà.
Non passò minimamente nella testa di Julian l’idea di potersi difendere, gli tremavano le braccia e le gambe dalla paura, e poi non sapeva come difendersi.
Decise di fare una cosa che avrebbe potuto tranquillizzarlo:Accendere la luce.
Si voltò all’indietro verso il muro e gli prese il panico.
Si rigirò nuovamente verso la porta per paura che potesse arrivare qualcuno.
Niente, silenzio.
Velocissimamente, premette il pulsante per accendere la luce.
La luce non si accese.
Lo premette di nuovo, sperando di aver sbagliato, ma niente. Il pulsante non funzionava.
La luce rimase spenta, regnava il buio.
Adesso pensò di poter morire dalla stessa paura.
Non sapeva cosa fare, voleva andare da sua madre, ma allo stesso tempo temeva ad attraversare la porta.
Il telefono.
Poteva essere una fonte di luce, minore, ma sempre luce.
Lo prese con la mano destra, la sinistra era sotto la coperta.
Spento.
Il telefono si era spento dal nulla, senza un apparente motivo.
Era sottocarica, vi era il filo collegato.
Non era possibile.
Pensò e sperò di essere in un sogno.
Tutto questo non poteva essere reale.
Non bastò per tranquillizzarlo.
Furono momenti di paura totale, dove rimase immobile a fissare la porta d’ingresso, per quei momenti, momenti che si trasformarono in minuti, minuti che divennero ore.
Julian non seppe dire quanto tempo passò, seppe solo che il sonno stava riprendendo il sopravvento, sembrava tutto finito, pareva solo di essere stato vittima di un bruttissimo incubo, ma qualcosa lo fece ricredere.
Una voce, una voce femminile. La stessa della precedente.
- Julian! –
Era una pronuncia sottovoce, tanto da sembrare che volesse farsi sentire solamente da lui e non da nessun altro.
Era lì, era in casa.
Non poteva essere possibile.
Era rimasto sveglio tutta la notte, non aveva sentito un minimo rumore, solo adesso, quella voce.
Adesso non sapeva che fare.
Julian arrivò al punto di volersi uccidere da solo per non soffrire una volta che lei lo avrebbe trovato, ma non sapeva come uccidersi.
Allora, in mezzo alla paura più totale, decise di aspettare che il destino facesse la propria mossa.
Nel frattempo, si accorse di essere tutto sudato, dalla testa ai piedi.
Il panico lo aveva completamente distrutto.
Silenzio.
Silenzio più totale.
Nessuna voce
Niente.
Passarono minuti, forse ancora delle ore, fino a quando non sorse il sole.
 
Julian guardò la finestra e vide il sole, quel sole che per lui rappresentava salvezza, emettere i suoi primi deboli raggi.
Decise che era il momento di alzarsi, ormai era venuta la luce e non aveva più paura della ragazza dell’incubo.
Prese il telefono e controllò l’ora.
Vide che era ancora presto, ma non voleva dormire, anche perché non ci sarebbe riuscito.
Così si alzò dal letto.
Si incamminò verso la cucina, dove si sarebbe preparato la colazione.
I suoi genitori a quanto pare dormivano ancora.
Mentre camminava, cercava di distogliere il pensiero dall’incubo della notte precedente, ma non ci riusciva.
L’immagine di quella ragazza gli si presentava sempre davanti alla mente.
Julian arrivò in cucina, si preparò la colazione e mangiò.
La casa era ancora deserta e silenziosa, visto che i suoi genitori ancora dormivano e lui questa mattina doveva aspettarli per partire verso Salax, la città dove viveva sua nonna, e Julian sarebbe andato a vivere con lei.
Salax era una città più tranquilla di Tyre, le leggi imposte dai Cowboy erano minori e la pressione imposta per serietà e puntualità era decisamente scarsa. Nonostante avesse sul confine nord est la Foresta Nera, la città pareva anche più sicura agli attacchi nemici. La nuova cittadina era a qualche ora di viaggio in carrozza da Tyre.
Julian aveva deciso di trasferirsi a Salax in quanto nel paese attuale era sempre preso in giro dai ragazzi della sua età e totalmente inconsiderato da niente e nessuno.
Alcuni lo prendevano in giro perché a Julian piaceva molto leggere libri di fantascienza ed inventare storie, spesso aveva provato a scrivere racconti, anche solo per sfogarsi o per svuotare la fantasia che aveva dentro.
Il ragazzo non si vergognava minimante di questo, e ne parlava apertamente con tutti e tutto e in ogni situazione, cercava sempre di metterci in mezzo l’argomento libri.
Lui viveva la sua vita attraverso i libri, erano il suo passatempo, il suo divertimento, erano tutta la sua vita. A Julian non piacevano i passatempi comuni che i ragazzi frequentavano. Molti anche in tenera età già bevevano e si ubriacavano, ma a Julian questo non piaceva. Anche perché al compimento dei diciotto anni sarebbe iniziato il periodo militare fino a tempo indeterminato, per tutti, nessuno escluso. Quindi rovinarsi il fegato per passare il tempo non sembrava la cosa più giusta.
La vita di Julian, qua a Tyre, era diventata monotona e sempre più depressa, e lui non voleva diventare depresso, almeno non per colpa di qualche ragazzino stupido che lo prendeva in giro.
Allora aveva deciso.
Doveva iniziare quest’anno il periodo di istruzione strategica in guerra, che sarebbe durata per due anni, fino al compimento dei diciotto. E aveva deciso di iniziare il corso lontano da questo paese che per lui era un inferno, aveva deciso di ricominciare da zero, di farsi una nuova vita, se ci sarebbe riuscito.
I suoi genitori inizialmente non erano d’accordo, ma dopo che il figlio ha insistito fortemente per volere questo fatto, hanno concordato; seppure con molto dispiacere.
I genitori di Julian, Edgar, il padre e Susan, la madre, erano le uniche due persone al mondo che volevano bene al povero ragazzo.
Adesso, era costretto ad andare a vivere dalla nonna che non aveva mai conosciuto, non sapeva se era antipatica e cattiva o magari gentile e simpatica, però aveva deciso di rischiare, di vivere così si era stancato, questa non era vita.
Julian era oggetto di prese in giro e di sfogo per tutti.
Ogni cosa, qualunque cosa facesse, veniva sempre e comunque criticato dalla massa e sfruttato dai bulli per fare brutte cose.
Ma Julian aveva una cosa che nessun altro ragazzo al mondo aveva.
Aveva due occhi da far invidia a tutti, due splendidi e unici occhi viola.
Due occhi che nessun altro essere vivente al mondo poteva nemmeno minimante sperare di avere.
Nessuno spiega come fosse accaduto questo fenomeno, il ragazzo era stato più volte sottoposto a visite da vari medici in città, ma nessuno sapeva spiegare.
La maggior parte delle volte dicevano soltanto:
- E’ una cosa strana,ma non così tanto. Noi abbiamo gli occhi marroni, verdi o azzurri, mentre lui li ha viola.
Era una cosa scientificamente impossibile, in quanto nessuno dei parenti aveva avuto occhi come i suoi, e se vogliamo seguire la genetica, la cosa risulta impossibile.
L’unica spiegazione sarebbe quella che un parente lontanissimo di cui non abbiamo ricordi scritti, avrebbe avuto occhi come i suoi, e che la fortuna sia arrivata a lui adesso, saltando varie generazioni.
Julian non aveva mai pensato a questo fatto come un fatto strano e magari positivo, anzi si era abituato a pensare che fosse solamente sfortuna, come gli avevano ormai fatto pensare i ragazzi del proprio paese.
< Invidia> pensava a volte, ma poi si ricredeva nella realtà dura e crudele.
Per il resto Julian, statisticamente era un ragazzo di quindici anni, quasi sedici, come tanti altri, ma in realtà era un bellissimo ragazzo, ma incompreso da tutti :
Alto all’incirca un metro e sessantacinque, capelli biondi, biondi come la sabbia, lucenti come il sole. Era un ragazzo piuttosto snello, ma robusto quanto bastava.
Una corporatura media, ideale.
Si vestiva molto spesso bene, andava a scuola quasi sempre con camicia a quadri verdi e neri, il classico vestito degli abitanti di Tyre, solo che non tutti potevano permetterselo, e questo era anche un altro motivo per cui la maggior parte dei ragazzi lo prendeva in giro. Solitamente indossava poi un paio di Jeans bianchi, bianchi da far invidia a chiunque. Pochi ragazzi potevano vantare di avere lo stile di Julian.
La maggior parte dei ragazzi, in realtà era invidiosa di Julian, e per non farlo vedere, lo deridevano e lo prendevano in giro, ma lui era un ragazzo dal cuore d’oro e parecchio timido, un ragazzo che non farebbe del male a niente e nessuno.
Per questo, nonostante molti lo prendessero in giro, lui lasciava perdere e faceva finta di non sentire.
Molte ragazze, vedeva che lo squadravano da testa a piedi, e che restavano incantate, ma poi non facevano altro che unirsi al gruppetto dei bulli prendendolo in giro, o cose simili.
Ma a Julian non interessava più niente di loro adesso, adesso sarebbe andato via.
Aveva deciso che si sarebbe approcciato in modo diverso all’ambiente che doveva conoscere.
Sperava di fare nuove amicizie, amicizie con cui avrebbe trascorso il resto della vita.
Le prese in giro dovevano finire, la brutta vita doveva finire.
Adesso sarebbe dovuta arrivare la bella vita, il divertimento.
 
Julian, dopo aver fatto colazione, si stese sul divano vicino al tavolo, prese il libro che attualmente stava leggendo, e iniziò a leggere.
Lesse per circa trenta minuti, dopo di che si svegliò sua madre.
Sua madre fu sorpresa che, al risveglio Julian fosse già alzato dal letto.
Susan spalancò gli occhi e fece qualche smorfia strana prima di parlare:
- Che ci fai già sveglio Julian? Mi aspettavo dormissi ancora, sono appena le sette..-
Che cosa doveva fare adesso Julian? Mentire o dirgli la verità? Gli doveva dire che aveva avuto un incubo e che questa notte forse c’è stato veramente qualcuno in casa loro?
Diceva sempre la verità ai genitori, nel bene o nel male, per cui decise di farlo anche stavolta, nonostante sua madre lo potrebbe prendere per pazzo o per matto da legare.
Ci pensò un po’, poi chiuse il libro dopo aver piegato la pagina a cui era arrivato, che gli cascò l’occhio, era la trecentoundici.
Al vedere quel numero gli prese un colpo, stanotte le tre e undici e adesso la pagina trecentoundici.. che cosa significava?
Decise di rispondere a sua madre, magari sapeva qualcosa.
- Mamma..ho avuto un incubo stanotte.-
Al sentire queste parole sua madre si spaventò.
Strano, perché di solito non succedeva mai, invece stavolta si spaventò, lo vide dagli occhi e dall’improvvisa faccia che fece.
- Che genere di incubo? – rispose lei tutta affrettata.
Julian fece un sospiro e poi iniziò a raccontare, gli raccontò tutto dell’incubo, dall’inizio alla fine, e del pensiero che secondo lui c’era veramente qualcuno in casa, ieri notte.
Dopo che ebbe finito di spiegare, aspettò in silenzio la risposta di sua madre, che invece, se ne restò in silenzio impalata per qualche secondo.
Alla fine si decise a parlare, ma la sua non fu una risposta alla storia di Julian, bensì un affermazione.
- Vado a svegliare Edgar, ci aspetta un viaggio lungo ed è meglio partire al più presto. –
Detto questo, si voltò senza aggiungere altro, ed andò a svegliare il padre di Julian.
A Julian pareva strana tutta questa cosa, dall’incubo a adesso sua madre che rispondeva in quel modo.
C’era qualcosa di strano sotto, ne era più che sicuro.
Mentre aspettava, si mise a leggere ancora il suo libro, ma prima ancora che potesse leggere, sentì la voce di sua madre che parlava probabilmente con suo padre.
- Edgar dobbiamo dirglielo! Non possiamo lasciarlo nell’oscurità totale per il resto della sua vita..non sappiamo a che cosa lo condurrà.
Suo padre rispose. La sua voce era ancora addormentata, si sentiva bene che era in tono debole e calmo.
- Non possiamo, Susan. Per quanto sia di nostro volere accennargli qualcosa, ci è proibito dalle Antiche Leggi. E sai cosa succede se non le rispettiamo?
Nessuno dei due rispose, vide sua madre avvicinarsi alla porta della camera.
Lei vide il figlio che la osservava con uno sguardo perplesso.
Invece di parlare e dirgli qualcosa, chiuse la porta e Julian non vide e sentì più niente di quello che si dissero i due.
Julian era molto preoccupato, non sapeva minimamente il significato di quelle parole e non sapeva come reagire. Per questo fece finta di niente.
“La verità verrà a galla” pensò.
Passò molto tempo, non seppe dire quanto con precisione, ma molto.
Dopo di che uscirono dalla camera entrambi insieme e dissero a Julian di prepararsi, in quanto sarebbero partiti adesso.
Julian annuì senza rispondere, andò nella sua camera e prese i vestiti che aveva lasciato fuori dalla valigia per indossarli questa mattina.
Pantaloni lunghi Jeans, neri scuri. Camicia a quadratini blu e bianchi e giacchetto.
Si aggiustò i suoi capelli biondi, uno sguardo allo specchio e pronto a partire.
Prese la valigia e tutte le cose che doveva portare via, uscì da quella che fino ad oggi era la sua casa, e salì in macchina.
Si mise nel posto dietro sulla destra.
Davanti c’erano i suoi genitori.
Inizialmente il viaggio fu silenzioso, poi fu suo padre a parlare.
- Allora, sono le otto precise, penso che quindi per le due di pomeriggio dovremmo essere arrivati, se non prima.- 
Nessuno dei due rispose.
Fu un viaggio silenzioso, i tre si scambiarono qualche parola di rado, ma senza mai sviluppare un discorso completo.
Passarono i minuti, passarono le ore.
 
Quando ormai mancava poco all’arrivo a destinazione, sua madre dette informazioni sulla sua nuova casa a Julian.
- Allora Julian, Da oggi vivrai con tua nonna, come hai scelto.
Tua nonna, Lucinda, ha sessantadue anni e vive con la figlia del fratello di suo cugino.-
Julian non capì cosa significasse l’ultima frase e rispose.
- Eh? –
Poi scoppiò a ridere. Anche sua madre rise, e contagiò anche suo padre.
Quello fu l’unico momento di gioia in macchia durante tutto il viaggio.
Il resto tutto cupo, buio. Da dopo la storia dell’incubo Edgar e Susan erano cambiati.
Sua madre tentò di rispiegargli.
- Allora ci provo con calma a spiegartelo.
Tua nonna Lucinda ha un cugino, Thomas.
Thomas non ha avuto figli né mogli nel corso della sua breve vita, solamente un fratello, Simon.
Simon ha avuto una figlia con Zoe, che è morta durante il parto. La figlia si chiama Arianna. Adesso hai capito?-
Disse sua madre, col sorriso sulle labbra.
Julian aveva capito, solo che gli restava una sola perplessità.
- Perché Arianna vive con Lucinda e non con la sua famiglia?-
Susan si fece improvvisamente seria, tolse il sorriso sulle labbra che aveva fino ad adesso.
- Dopo che morì Zoe dopo il parto, Simon cadde in una depressione bruttissima, non uscì più di casa e non parlava con nessuno, solo con suo fratello Thomas.
La figlia Arianna, risentì di tutto questo, e crebbe con la depressione fin da molto piccola, non parlava mai, e questo gli è rimasto anche adesso.
Poi accadde la tragedia.
Simon era a lavoro, e chiese a suo fratello Thomas se gli faceva il piacere di andare a prendere Arianna all’asilo.
L’asilo è qualche kilometro vicino al paese.
Così Thomas accettò e andò a prenderla con la macchina.
Durante il viaggio di ritorno successe quello che non sarebbe mai dovuto accadere.
Una questione di precedenze, un pirata della strada. (A mezzogiorno era già ubriaco marcio, come hanno dimostrato i test avvenuti in successione.)
Il pirata non rispettò uno stop ed andò a sbattere dritto contro la macchina di Thomas.
Lo scontro doveva avvenire frontale, e lì avrebbero rischiato la vita entrambi.
Ma Thomas fece un gesto eroico che gli costò la vita.
Non appena capì cosa stava per succedere, in una frazione di secondo girò completamente lo sterzo verso la parte dell’autista, ovvero lui.
La macchina colpì solamente la parte sinistra.
Thomas fece da scudo ad Arianna, gli si buttò sopra coprendola totalmente.
Lei rimase illesa, lui morì sul colpo.
Ritrovarono qualche minuto dopo il corpo di Thomas morto sul momento sopra ad Arianna senza nemmeno un graffio, che piangeva dalla paura.
Gli salvò la vita, facendosi prendere la sua.
Non appena Simon seppe l’accaduto perse il cervello.
Non poteva supportare di vivere senza la sua adorata moglie Zoe e senza l’unica persona che gli era rimasta, Thomas.
Il giorno successivo all’incidente, dopo che Arianna fu stata dimessa dall’ospedale senza nemmeno un minimo sbuccio, Simon lasciò un biglietto sul tavolo della cucina.
Le parole scritte sono sconosciute a noi, le sa solo tua nonna.
Tutto quello che sappiamo adesso è che Simon scomparve, nessuno ritrovò il suo corpo. Non sappiamo ancora se è vivo o morto.
Tua nonna Lucinda si prese cura di Arianna.
Fino ad oggi.-
 
A Julian scese una lacrimuccia.
Una storia tristissima.
Si sviluppò una specie di dialogo successivo, fino a quando non chiese un’ altra cosa importante.
- Ma Lucinda non ha avuto un marito, e figli?- Julian era perplesso.
- Tua nonna è piena di misteri, figliolo. Non ne sappiamo niente. –
Fu suo padre a rispondergli, fino ad adesso si era astenuto dal discorso.
- Invece Arianna com’è adesso?-
Domandò Julian, in fondo doveva passarci il resto della vita insieme, voleva saperlo.
Non ebbe risposta, bensì un affermazione di sua madre.
- Siamo arrivati, finalmente! – esclamò sua madre, a cui era finalmente tornato il sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***


Capitolo 2

Ad ogni singolo filo d’erba è destinata almeno una goccia di rugiada.
(Proverbio cinese)
 
 
La casa dove abitava la nonna di Julian era magnifica.
Più che casa, il ragazzo potette definirla villa, in quanto era enorme.
Aveva uno splendido prato d’erba all’esterno, che circondava l’enorme casa a tre piani. La casa era tutta di colore bianco, ma un bianco lucente, non un bianco normale come tanti altri. Dal fronte da dove stava arrivando Julian si poteva scorgere una sensazionale porta marrone che somigliava ad un portone descritto nei castelli dei libri. Sopra di essa, una a destra e una a sinistra, c’erano due finestre; Entrambe aperte, visto che fuori c’era un sole tale da rendere caldissima l’atmosfera anche se si trattava ormai di settembre inoltrato.
Intorno all’abitazione, in modo che formasse un cerchio perfetto, c’era un muretto totalmente di pietra alto poco più di mezzo metro, che segnava l’inizio della villa.
Il muretto distava all’incirca dieci metri dalla porta d’ingresso, e i dieci metri erano tutti coperti di un bellissimo prato verde all’inglese.
Insomma, vista da fuori pareva uno spettacolo unico, ma solitamente l’apparenza inganna.
Julian fissò con attenzione il muretto di pietra.
Il muretto si estendeva circondando la casa senza nemmeno un piccolo varco da cui si potesse entrare. Come si entra? L’unica perplessità sulla casa fu questa.
 
Nel frattempo stavano parcheggiando e Julian, che aveva indosso il giacchetto, se lo tolse mettendolo in valigia, visto che c’era caldissimo.
Edgar parcheggiò la macchina sotto un’ albero fuori dal muretto della casa, poi disse al figlio:
- Ti facciamo conoscere la nonna, figliolo, dopo di che ce ne andiamo. –
Julian annuì, un po’ dispiaciuto perché lasciava i suoi genitori per vederli solo una volta al mese in quanto sarebbero tornati per vederlo e per assicurarsi che andava tutto bene.
Si incamminarono verso la casa.
Arrivarono vicino al muretto e notarono l’insenatura di una frase centralmente rispetto alla porta d’ingresso, ben visibile a chi arrivasse davanti; Scritta in nero marcato e molto capibile, come se qualcuno volesse che si leggesse bene..
Suonate il campanello se volete entrare,
ma solo se siete ben accetti potrete entrare.
Julian iniziò a capire che la casa era piena di misteri. Non c’era un minimo spazio tra il muro e la casa per entrare, era impossibile entrare all’interno.
E poi che significava quella frase?
Il campanello si trovava qualche metro a sinistra dall’altra scritta, alla stessa altezza di essa.
C’era un pulsante tondo con su scritto solamente un nome, accompagnato da una frase alquanto strana per una sessantenne, e poi in quella casa da quanto gli avevano detto i suoi genitori vivevano in due.
La Sig.ra Lucinda Spencer vi da il più caro benvenuto.
Solamente quella frase, accompagnata dal campanello circolare alla destra di essa.
Julian pensò che quelle frasi erano a presa di giro, il linguaggio era troppo formale per essere scritto come benvenuto davanti a una casa.
Pure Edgar e Susan parvero perplessi, come se non fossero mai stati in quella casa, ma Lucinda non era la madre di Susan?
Susan, in un certo senso si fece coraggio, e suonò il campanello.
Il ragazzo continuava ancora a non capire la perplessità di Susan suonando il campanello di casa di sua madre..Chi suonando campanello di casa di sua madre sarebbe perplesso?
Le domande erano troppe, e le risposte troppo poche.
Nessuna risposta al suono del campanello.
- Sei sicura che sapeva che dovevamo venire?- Disse Edgar a sua moglie.
- Sicurissima, vedrai che adesso apre. – Rispose lei, ma non sembrava molto decisa della risposta data.
- Suono di nuovo?- Domandò lei adesso.
Prima ancora che qualcuno potesse rispondergli, si affacciò Lucinda alla porta d’ingresso.
Era tutto il contrario di come si aspettava Julian.
Una donna nella media altezza, che pareva tutto tranne una sessantenne.
Capelli ancora biondi, ma con qualche ciuffetto bianco dalla vecchiaia.
Un fisico da paura per una che doveva avere sessanta anni.
Slanciata e magra.
Era vestita con una maglietta a maniche lunghe totalmente nera e sopra un vestito rosso che gli arrivava appena prima dei ginocchi.
Sembrava volesse mettere in mostra il fisico, ancora ben mantenuto.
La donna parlò.
- Venite, venite! Oh figlia mia quanto tempo.. –
Come si entra? Fu il pensiero di tutti e tre, ma nessuno ebbe il coraggio di domandarglielo, in fondo quella donna incuteva un po’ di paura.
La risposta si materializzò da sola.
Improvvisamente, proprio davanti a Julian, un pezzo di muretto sulla sua sinistra, iniziò ad andare leggermente indietro, poi si spostò sulla sinistra, girandosi in verticale, formò un prolungamento del muro da esso verso la porta, lungo circa cinquanta centimetri.
Esattamente uguale fece un’ altro pezzo sulla destra, i due si tirarono indietro formando una specie di cancelletto aperto dalla quale vi si poteva entrare. Cinquanta centimetri a destra e cinquanta a sinistra, il “cancelletto” era lungo un metro
Durante il procedimento che portava il muro ad aprirsi, Julian guardò Lucinda.
Notò che non sbatteva le palpebre e che teneva gli occhi fissi verso il muretto, che eseguiva dei movimenti, secondo il ragazzo, dettati da lei attraverso la mente.
Quella donna, quella donna che conosceva da appena qualche minuto era troppo strana per essere normale.
Era una cosa completamente fuori dal normale.
Il muro si era deformato da solo. O almeno così sembrava.
Il varco lasciò lo spazio per entrare.
I tre adesso potettero vedere il prato verde per la prima volta, o almeno Julian per la prima volta.
Era di perfetta altezza. Non c’era un cespuglio fuori posto.
Tutto calcolato e preciso nella massima forma.
Quella casa era molto strana, eppure Julian sentiva che sarebbe stato bene lì, in fondo lui non era strano con quegli occhi viola?
Lucinda, come se la deformazione del muro fosse normale, li accolse.
Tra il cancelletto che si era formato e la porta c’era una specie di strada formata da sassi tutti della solita forma, tutti marroncini e ottagonali, sassi che è impossibile trovare in giro tutti così identici.
Formavano una strada dritta e precisa, sopra il prato. Erano apparentemente inutili quei sassi, apparentemente.
A Julian, ragazzo sveglio e attento, i particolari saltano subito all’occhio.
Contò i sassi velocemente con la mente.
Quattordici a sinistra e quattordici a destra.
Eppure quel numero gli sembrava familiare..
Non ricordò il motivo però con quel numero aveva già avuto a che fare.
Decise che ci avrebbe pensato più tardi.
Intanto si accorse che i suoi genitori erano andati avanti verso casa di Lucinda e lui era rimasto indietro.
Non appena se ne accorse camminò velocemente per recuperarli, arrivò alla sinistra di suo padre Edgar e camminò con lui fino ad arrivare dalla nonna.
Non appena arrivarono davanti a lei, Julian a sinistra, Edgar nel centro e Susan a destra; Lucinda con un battito velocemente di mani, fece tornare il muretto normale.
Fu un battito talmente veloce, che potevi accorgertene solo se stavi veramente attento. Julian voleva parlarle, ma non ne ebbe il coraggio.
- Allora, benvenuti! Posso accogliere anche te, mia cara Susan, con il tuo splendido marito o ve ne andate subito?-
“Dite di si, dite di si” Pensò tra sé e sé il ragazzo, che un po’ aveva paura ad entrare da solo.
Intanto potette notare che, la parlata della donna era molto acuta e allegra, ma soprattutto molto raffinata, deve essere stata una gran donna nella vita.
Edgar decise di far scegliere a suo figlio se dovevano accompagnarlo o meno.
- Che ne dici Julian? Vuoi che entriamo anche noi? –
- E’ uguale, per me non c’è differenza, posso anche entrare da solo.- mentì Julian. Non voleva far vedere a sua nonna che aveva paura di lei, o almeno non voleva dimostrarglielo. Voleva dimostrare a se stesso che era forte, e che non aveva sempre bisogno dei suoi genitori a supporto.
Così, dovette assumersi la responsabilità di entrare da solo.
Ma prima, parlò sua madre.
- Madre, posso parlare con voi di una questione importante, prima che io e mio marito ce ne andiamo?-
Julian notò l’incredibile rapporto con cui Susan parlava con sua madre.
Non sapeva che si dava ancora del voi ai genitori nel duemilaquindici, altra cosa stranissima.
- Certo, figlia mia adorata, però prima lascia che presenti Arianna a Julian, sono sicura che saranno ottimi amici. – rispose Lucinda, poi sorrise al ragazzo.
Era la prima volta che sentiva parlare di lui da sua nonna.
Intanto era ansioso di sapere com’era questa Arianna di cui tutti parlavano tanto.
- Edgar, tu se vuoi puoi anche aspettare in macchina. – disse Lucinda al padre del ragazzo. Lo disse quasi come un ordine, e togliendosi dalle labbra il sorriso con cui aveva parlato a Susan e Julian.
Come se tra i due ci fosse qualche rivalità.
- Certamente. – rispose senza aggiungere altro Edgar, che la guardò con un’ occhiata che sembrava la volesse incenerire con gli occhi.
Si voltò verso Julian e lo salutò.
- Abbi cura di te figliolo. So che puoi farcela, sei diventato grande ormai.-
Quasi scendeva una lacrima a Julian.
Oggi si separava da una delle poche persone che teneva a lui, per vederla solo una volta al mese.
- Ti voglio bene, papà. Mi mancherai. –
Poi lo abbracciò e la lacrima che prima si era trattenuta adesso scese.
Però non voleva scoppiare a piangere, non voleva far vedere di essere ancora un bambino.
- So che ce la farai, la nonna è una bravissima persona, vedrai. –
Adesso Julian riuscì a riconoscere che non stava dicendo la verità.
Era convinto che suo padre, per un motivo o per un altro odiava Lucinda.
Però non voleva dargli dispiaceri, per cui annuì e basta, tirandosi indietro e guardando adesso Lucinda.
- Molto bene. Arrivederci Edgar, spero di vederti presto. –
Disse Lucinda, adesso con un sorriso sulle labbra che però pareva a presa di giro..cosa significava tutto questo?
La mente di Julian era sempre più in disordine.
- Tutto reciproco. A presto. –
Edgar non aggiunse altro. Fu freddo e gentile allo stesso momento.
Si voltò e se ne andò. Non aspettò che si aprisse il muro, effettuò un salto talmente alto da non sembrare normale, e lo scavalcò.
Julian non lo vide più, in pochi secondi era scomparso, scomparso dalla sua vista, scomparso forse per sempre.
Susan parve preoccupata, ma non troppo, in fondo lei lo avrebbe rivisto, era solo questione di qualche minuto.
Subito dopo il ragazzo scambiò un’occhiata con la madre, quasi come un consenso, un consenso che Julian poteva fidarsi di Lucinda, almeno secondo sua madre.
- Ottimo, adesso Julian, lascia che ti presenti Arianna. – Disse Lucinda.
Era strepitoso quanto intrigante come quella donna riuscisse a parlare con una calma anormale e col sorriso quasi sempre sulle labbra.
Julian non rispose, annuì con la testa dando segno che quindi, era d’accordo nel conoscere Arianna.
- Vieni ragazzo mio. – Disse e poi aprì la porta della casa e gli fece cenno di entrare, allungando la mano destra verso l’interno dell’abitazione.
- Tu aspetta qua, Susan. – Adesso si rivolse a sua figlia.
Era incredibile come dava ordini con pura classe e maestosità tanto che quasi non sembravano ordini, ma consigli.
Julian si fece coraggio e si avvicinò a Lucinda.
La donna annuì non appena il ragazzo si avvicinò a lui, e lo fece entrare in casa.
 
La casa all’interno era ancora più sensazionale che all’esterno.
La prima stanza che vide doveva essere la cucina, ma era arredata in modo sensazionale: Il colore che spiccava tra tutti era il blu.
Tutti i muri erano arredati in sfumature splendide di blu; in alto partiva un blu scuro, mentre si arrivava al basso che il colore era sempre più chiaro, quasi invisibile.
Il pavimento invece, era completamente nero, tutto nero senza nemmeno la sfumatura di altri colori, cosi come il soffitto, interamente nero. La stanza dava idea di cupacità e oscurità, quasi misteriosa. La cucina era grande, molto più grande di una normale cucina. Saranno stati trenta metri quadrati, enorme possiamo dire.
Vicino alla porta di ingresso vi era un attaccapanni bianco con delle rose come decorazioni, poi vi erano vari quadri sparsi in tutta la cucina, quadri di vari pittori, senza un filo logico preciso. Nel centro c’era un tavolo rotondo, abbastanza grande per cinque/sei persone, anche se in casa come detto erano in due..
Ed infine, sul fondo della stanza, ovviamente vi erano i vari mobili che ci sono in tutte le cucine di ogni abitazione, dietro ad essi, pareva esserci una porta, ma Julian non ne era sicuro, in quanto non ne vedeva l’utilità..una porta dietro ai mobili?
Tutto il resto vuoto. C’era moltissimo spazio vuoto, vuoto senza apparente utilità.
Lucinda condusse Julian verso il centro della cucina, dove proprio in linea con il tavolo, vi erano delle scale che conducevano al secondo piano.
Quindi l’unica stanza del primo piano era la cucina.
Le scale erano nascoste; a primo impatto non era possibile vederle. Dovevi addentrarti nel centro della stanza per notarle, casualità o fatto voluto?
Le scale erano totalmente bianche. Senza nemmeno un minimo di polvere, né una macchia di sporco. Perfettamente in ordine.
I due salirono le scale, e Julian ovviamente, mano a mano che le saliva, le contava.
Quattordici.
Prima i sassi fuori, adesso le scale. Questo numero si ripeteva sempre, sembrava che lo inseguisse.
Julian era perplesso, più perplesso di prima.
La casa era stranissima.
Dopo aver salito le scale, davanti ad esse, dopo un piccolo spazio dove fermarsi, vi erano tre porte: Una in mezzo, l’altra a destra e l’ultima a sinistra.
La donna si fermò improvvisamente.
- Dimmi adesso, ragazzo. Se dovessi scegliere in che direzione andare, quale sceglieresti?- Gli fece questa domanda, così dal niente e, secondo Julian, senza motivo.
- Perché questa domanda? – Julian provò a chiedere, anche se già sapeva che non avrebbe ottenuto la risposta.
- Te lo spiegherò quando sarà il momento. Tu dimmi. –
Quando sarà il momento.. che significava?
Quella donna era parecchio strana, non faceva che ripeterselo.
Eppure nella sua stranezza, nella sua diversità, lui ci vedeva se stesso.
Per cui decise che avrebbe deciso con l’istinto.
Quello che gli avrebbe detto il cuore. Ci pensò un secondo, poi rispose.
- Sinistra. –  Senza aggiungere altro, risposta secca.
La donna sorrise, sorrise come se fosse contenta. Quel sorriso era diverso dagli altri, era strano, come se fosse veramente contenta, ma contenta di cosa?
- Come pensavo. Entra da solo. –
Da solo? Sarà sicuro? Pensò il ragazzo al sentire quelle parole.
Però valeva la pena rischiare. In fondo non aveva nulla da perdere, e poi era ansioso di conoscere Arianna.
Julian fissò Lucinda negli occhi, prima di proseguire.
Notò gli splendidi occhi della misteriosa donna, fino ad adesso non ci aveva fatto caso. Blu. Blu come il profondo dell’oceano, un colore splendido, unico.
Probabilmente era quello il motivo del blu sulle pareti. Stava cercando di collegare qualcosa, ma ancora non ci riusciva, doveva sapere di più. Tutte quelle cose lo stavano incuriosendo.
Il contatto visivo durò qualche secondo, a romperlo fu lei.
- Che occhi che hai ragazzo. –
Julian però non rispose, sorrise e basta. Era il momento di andare.
Si voltò e, senza bussare entrò nella stanza.
 
La stanza era totalmente diversa dalla prima che aveva visto e dalle scale.
I colori totalmente opposti.
I muri erano rossi, senza sfumature. Rosso, rosso come il sangue.
Il pavimento bianco, splendido quanto perfido.
C’erano solamente due letti, un mobile dove mettere i vestiti e due piccoli armadietti accanto ai letti, sopra di esse vi erano due lampade identiche che emettevano una debole luce giallognola. Le coperte dei letti erano gialle, una giallo chiaro e una giallo scuro.
In mezzo ai due letti c’era una finestra magnifica: Si poteva vedere lo splendido paesaggio fuori; un panorama unico. I bordi della finestra erano probabilmente stati dipinti di nero scuro, ma quello non doveva essere il colore naturale; in ogni caso era il più adatto. Non c’erano decorazioni di nessun tipo sui muri, probabilmente la cosa era voluta, in quanto il rosso del muro faceva splendere la stanza rendendola spettacolare. Sul lato sinistro, infine c’era un’altra porta dove c’era un bagno.
 
 La stanza in sé era molto diversa dalle altre, era allegra e vivace, solare e raggiante.
 Quella era una stanza più che dava più idea di vita, al contrario dell’altra che dava idea di morte.
 
E fu in quel momento che Julian se la trovò davanti.
- Piacere, io sono Arianna. –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


Capitolo 3

 
Se è scritto che due pesci nel mare debbano incontrarsi, non servirà al mare essere cento volte più grande.
( S. Benni)
 
Julian rimase stupito dall’incredibile bellezza, più unica che rara, della ragazza che aveva di fronte.
Il cuore gli si bloccò, gli si bloccò dall’emozione. L’incredibile semplicità con cui gli si era presentata gli sarebbe rimasta per decenni impressa nella memoria, ne era più che sicuro. Rimase lì, fermo impalato a guardarla, a guardarla come se fosse una delle meraviglie del mondo, e forse lo era veramente.
Aveva due affascinanti e magnifici occhi, due occhi splendidamente verdi.
Verdi come il prato della casa in cui ella viveva, verdi come il colore di una foresta.
Non aveva mai visto occhi del genere; forse aveva trovato la prima persona che poteva vantarsi di averli belli quasi come i suoi.
Ma la cosa che la rendeva unica, che la rendeva così amabile anche avendola sentita parlare solo una volta, era che non aveva solamente gli occhi straordinari.
Aveva i capelli favolosamente neri. Ma non uguali alle altre ragazze che aveva conosciuto. Erano leggermente più chiari, erano amabili, proprio come il resto della ragazza che aveva appena iniziato a conoscere. Portava i capelli, lisci come il mare nei giorni più caldi dell’estate, fino all’altezza delle spalle.
Era vestita con una maglietta attillata che non gli arrivava più giù della fine del bacino; la maglietta era interamente bianca, probabilmente cucita con lana.
Indossava poi, un paio di pantaloni neri, attillati anch’essi, splendidi come lei.
Era strano capire per quale motivo si vestisse con indumenti attillati, forse voleva mettere in mostra il suo fisico, e poteva permetterselo; ma alla fine doveva solamente stare in casa..o forse si era preparata per incontrare Julian?
 
Julian rimase impavido e impotente davanti alla frase appena pronunciata da Arianna.
Lui, che a primo impatto era timido con chiunque, sebbene una volta conosciuta la persona era tutt’altro. Adesso si sentiva fuori luogo, non sapeva come rispondere, era shockato.
- Piacere.. Io mi chiamo Julian. –
Alla fine riuscì a parlare, seppur in preda all’emozione riuscì a farlo.
Detto questo strinse la mano che la ragazza gli aveva teso inizialmente, come si fa con ogni persona non appena la si conosce.
Aveva la mano stranamente calda, molto calda. Calda tanto da scardargli la sua, la sua mano sudata per l’emozione.
Julian sorrise ad Arianna, che tentò di iniziare una conversazione con lui.
- Sapevo che saresti arrivato, Lucinda mi aveva parlato di te..però ti aspettavo..diverso. –
Diverso? Che significava? Era rimasta delusa da lui come tutto il resto delle ragazze che lo avevano conosciuto? Probabile.
- Io sono questo, niente di più. So che ti aspettavi di più, ma non sono quel più che vorresti. -
Il tono di Julian era un tono evidentemente depresso e sconsolato, in fondo aveva appena conosciuto l’unica ragazza per la quale aveva provato qualcosa, solo a primo impatto. Julian pensò di andarsene, stava per farlo, quando lei rispose.
- Mi aspettavo di più? Cosa dovrei volere di più? No, non lo so dimmelo te, guardati.
Da come mi aveva parlato Lucinda dovevi essere un ragazzo come tanti, un ragazzo normale. In realtà non sei niente di tutto questo. Tu per me sei.. tu sei diverso,
Julian. –
Era incredibile come la parola diverso avesse assunto due significati estremamente opposti in due contesti differenti. In una pareva che Julian fosse il niente, una nullità assoluta, mentre nell’altro il ragazzo rappresentava il massimo che Arianna potesse avere davanti ai suoi occhi in quel momento. Una cosa aveva già capito di Arianna anche conoscendola solo per pochi minuti: Era tutto meno che coerente.
Analizzando il resto della frase, non seppe come reagire.
Nessuna ragazza gli aveva parlato così. Forse perché in realtà nessuna ragazza gli aveva proprio parlato.
In preda all’emozione, rispose.
- Cosa risponderebbe un ragazzo normale adesso? –
La risposta fu completamente imbarazzante e ridicola, tanto che il ragazzo scoppiò a ridere. La sua risata fece scoppiare a ridere anche Arianna. Non riuscì a stabilire se fosse una risata che significasse qualcosa di positivo o di negativo, stabilì solamente che si innamorò della sua risata, si innamorò dei suoi occhi, si innamorò di lei.
E l’aveva vista solamente una volta.
Julian era ancora fermo alla porta di ingresso, non si era ancora mosso di un millimetro, non ne aveva il coraggio dall’emozione.
Improvvisamente, i due smisero di ridere all’unisono, adesso si fissavano negli occhi, uno sguardo profondo, intenso.
Fu in quel momento che successe per la prima volta.
Due immagini si presentarono davanti alla mente di Julian, due immagini veloci, compatte, concrete, coincise e precise.
Inizialmente Julian sentì girare la testa, come se stesse per svenire. Poi, all’improvviso, svanì la stanza, svanì Arianna, svanì tutto. La visuale si fece terribilmente nera. Un secondo dopo, sullo sfondo nero, poteva vedere una ragazza, vestita interamente con un vestito lungo dalle spalle ai piedi colorato di blu. La ragazza aveva i capelli neri ed era voltata di spalle. La ragazza misteriosa si iniziò a voltare molto lentamente. Ed, incredibilmente veloce, la ragazza si voltò.
Adesso poteva vederla.
Era la ragazza che aveva sognato la notte scorsa.
Aveva uno sguardo ancora più perfido, ancora più malvagio, uno sguardo satanico.
L’immagine scomparve più velocemente ancora di come era comparsa.
Al suo posto, apparve una visuale interamente bianca, talmente bianca da sembrare il paradiso.
Poi, quel bianco da paradiso, incredibilmente iniziò a tingersi di rosso.
Un rosso fuori dal normale. Non era un normale colore quello, quello era sangue.
Una scritta stava iniziando a venire fuori, lentamente. Qualche secondo dopo Julian poteva leggere la scritta, stilata paurosamente col sangue.
Due parole, orribili quanto cattive, malvagie quanto perfide.
omni die!
Julian riuscì a decifrare la lingua, era latino.
“Morirete tutti” Che cosa poteva significare?
E, proprio come era comparso, la visuale sparì.
 
Julian tornò a vedere la stanza. I colori lentamente iniziavano a prendere forma, tutto stava tornando normale, come se non fosse successo niente.. e se fosse stato tutto frutto della sua immaginazione?
Era a terra, sdraiato. Vedeva il soffitto rosso come il sangue, come il sangue dell’immagine. Alzò la testa e si mise seduto per terra, non aveva la forza né mentale né fisica per alzarsi, stava bene seduto per terra. Arianna era di fronte a lui, era seduta per terra con le gambe accavallate, aveva un’espressione alquanto strana, pareva stordita anche lei, come se sapesse cosa avesse visto Julian.
Julian non ebbe tempo di provare a capire i significati di quelle due immagini, Arianna parlò per prima.
- Julian! Ti senti bene? –
Evidentemente qualcosa di strano era successo, e dall’espressione preoccupata di Arianna pareva che fosse successo qualcosa di veramente preoccupante, e forse lo era veramente. Julian rispose, parlando lentamente, era ancora leggermente scosso dal capogiro precedente.
- Si.. tutto apposto.. ho solo v..-
Non riuscì a finire la frase perché lei lo interruppe.
- Hai avuto una visione vero? –
Come faceva a saperlo? Era incredibile, lei non poteva saperlo. Gli aveva letto nel pensiero forse? Arianna pareva sempre più strana agli occhi di Julian, incredibilmente bella quanto misteriosa. Eppure, sentiva nel profondo del cuore, che quella ragazza in un certo senso, sarebbe potuta diventare veramente importante. C’era qualcosa in lei di cui lui aveva bisogno, doveva solamente scoprire cosa.
Non sapeva cosa rispondere. Doveva dirle la verità? Non era ancora sicuro che si sarebbe potuto fidare di lei, ma decise di rischiare. In fondo, non aveva niente da perdere.
- Ho sentito come se stessi per svenire..mi girava la testa. Poi ho visto due immagini, sono apparse davanti a me, come se in quel preciso momento fossi lì, ad osservarle.
E’ durato tutto pochissimi secondi, e dopo mi sono ritrovato qua, come se non avessi visto niente. –
Arianna, che prima pareva parecchio sconvolta, adesso sembrava tranquillizzarsi, non capiva il motivo. In fondo non era una cosa del tutto normale avere quel genere di visioni.. o forse si.
L’espressione di Arianna si fece diversa. Adesso era allegra, sorrideva.
Si alzò da terra, adesso era in piedi. Anche se lei era in piedi Julian non voleva saperne di alzarsi, anche perché non era del tutto sicuro di avere le forze per restare in piedi, magari sarebbe caduto, e non gli pareva il momento adatto per fare brutte figure, visto che una l’aveva già fatta.
Sempre col sorriso sulle labbra, si scosse rapidamente la poca polvere che aveva sul corpo con le mani, poi si decise a parlare.
-E’ la prima volta che ti succede? –
Guardava fissa negli occhi Julian, senza distogliere lo sguardo un secondo.
Al ragazzo dava quasi noia sentirsi così osservato da qualcuno, era come se gli togliesse libertà di parola..come se sentisse dentro che ad Arianna non poteva mentire. Ancora era leggermente confuso dal capogiro precedente, così non si mise a pensare più di tanto al significato delle parole della ragazza, anche se erano molto strane. Era come se lei già sapesse cosa gli fosse successo, era come se anche lei ne sapeva qualcosa.
Julian decise di dire la verità, non voleva mentire, anche perché sapeva che a dire la verità ci avrebbe solamente guadagnato.
- No, in realtà è la seconda.. – Rispose Julian, con un tono che pareva alquanto sottomesso, senza motivo, come se avesse sbagliato qualcosa.
Arianna adesso era strana, pareva felice. Aveva sempre quel fantastico sorriso sulle labbra, qualunque fosse la risposta, era difficile togliergli il sorriso.
Rispose velocemente.
- Raccontami tutto, ho bisogno di sapere. Mi sembra impossibile di averti trovato Julian, pensavo di essere l’unica. Scoprire che siamo in due mi rende incredibilmente più forte, incredibilmente più coraggiosa. – La sua risposta lasciò sconvolto il ragazzo, che aveva capito ben poco del vero significato della frase.
“Siamo in due” che cosa significava? In due? Al ragazzo tutto questo pareva una lingua sconosciuta. Voleva capire, doveva capire, non voleva restare all’ignoto di quello che forse era lo scopo della sua vita. Prima ancora che potesse controbattere, parlò Arianna, che nel frattempo si era avvicinata a lui.
Gli tese la mano per aiutarlo a mettersi in piedi.
- Ma prima, lascia che ti presenti la casa. Abbiamo tanto tempo, ho da raccontarti tante cose che non sai e che devi assolutamente sapere. Penso che sarebbe meglio parlarne a pancia piena, che ne dici? –
Tanta fretta per voler sapere l’oggetto delle visioni, e adesso diceva così? La cosa si faceva più strana di quanto pensasse. Nel frattempo, Julian era sorpreso dalla risposta. Voleva sapere tutto subito, non dopo pranzo. Ma in ogni caso non voleva sembrare scortese, per cui accettò la proposta di Arianna.
Entrambi avevano storie da raccontarsi, quello sarebbe stato un pomeriggio sconvolgente, senza ombra di dubbio.
- D’accordo. -
Prese la mano di Arianna e si alzò.
La mano di Arianna era incredibilmente calda. Calda come se avesse la febbre, se non di più. La sua non era una temperatura corporea normale.
- Ma hai la febbre?- disse il ragazzo, in preda alla confusione.
- Ah mi senti calda eh? No Julian, questa è la mia normale temperatura corporea. Imparerai a conoscermi, vedrai.-
Era sempre più sorpreso. Cerco di convincersi che era tutto normale, ma non ci riuscì.
Eppure gli pareva di vivere quella vita da sempre, di essere parte della famiglia di Arianna.
Julian non rispose all’ultima domanda, ma sorrise semplicemente.
Non appena fu in piedi, lasciò la mano alla ragazza e tentò di non cadere.
- Molto bene, questa è la mia camera, e da oggi anche la tua ha, se mi pare di aver capito bene da Lucinda. –
Avrebbe dormito in camera con Arianna? Insomma, un ragazzo e una ragazza in camera insieme, era strana come cosa.
Ma lei disse quelle parole come se ne fosse contenta, anzi lo era.
E se lei era contenta, allora lo era anche lui.
- E’ fantastico, non è vero? – Rispose Julian, rosso in viso dalla timidezza.
Si sentiva onorato di stare con lei, e in qualche modo doveva farglielo capire.
- Già. – rispose lei, apparentemente contenta. Aveva il sorriso sulle labbra ed era come se stesse sempre per ridere. Julian si accorse che anche lei era leggermente rossa in viso. Intanto lo condusse fuori dalla stanza.
Adesso di fronte a lui c’erano le due porte nella quale Julian non era entrato prima con Lucinda, ma che fine aveva fatto Lucinda? Era a parlare con sua madre fino a qualche minuto fa.. Julian cercò di auto convincersi che sua madre stava bene e che sua nonna non gli aveva fatto niente di male, anche se non ne era poi così tanto sicuro. Non ebbe comunque il coraggio di chiedere niente riguardo a Lucinda ad Arianna.
Si accorse di come cambiava notevolmente la luminosità della casa a seconda della stanza in cui si trovava. Le pareti avevano colori completamente diversi, a volte addirittura opposti. Era proprio la misteriosità della casa che la rendeva così incantevole. Arianna volle presentargli la stanza all’interno della porta a sinistra, inizialmente.
- Adesso entreremo nella camera di Lucinda; non sorprenderti più di tanto. La camera potrà sembrarti strana a primo impatto. –
Julian annuì senza rispondere. In fondo ormai di cose strane ne aveva viste parecchie, quindi non si poneva più cosi tanti problemi.
Arianna si fece avanti ed aprì la porta. Entrò per prima, Julian la seguì.
Non appena entrò, notò subito l’incredibile diversità della stanza dalle altre, unica, originale. Tutto era di colore azzurro, azzurro come il cielo, che effettivamente era disegnato sul soffitto della stanza: Nuvole che parevano splendidamente realistiche erano disegnate sul soffitto probabilmente con pennelli, di ottima capacità si presume.
Le pareti invece erano tutte azzurre, senza l’ombra di altri colori, esattamente come il pavimento. L’azzurro regnava maestoso sulla stanza. Ma la cosa che la rendeva così unica a differenza delle altre che fino ad adesso aveva visitato era un'altra.
Sul lato destro della stanza, si estendeva un’enorme gabbia per un canarino giallo di dimensioni normali. La gabbia aveva come parte destra il muro, che però, nonostante ci “abitasse” il canarino era ancora pulitissimo e in ottime condizioni. La gabbia si estendeva per due metri in larghezza verso sinistra ed era lunga tutta la stanza.
La gabbia era di colore naturale.  Julian, sorpreso dalla gabbia chiese subito ad Arianna per quale motivo ci fosse e per quale motivo fosse così particolarmente grande.
- Perché la gabbia per il canarino è così grande?-
- Lascia che ti presenti Blue, il canarino di Lucinda. Presto capirai il resto. –
Rispose Arianna, breve e coincisa quanto precisa.
Blue.. un nome strano per un canarino. Un nome strano proprio direi.
In fondo i misteri in quella casa erano talmente tanti, che quella cosa non lo sconvolse poi più di tanto.
Nella parte destra della stanza c’era il letto in cui probabilmente dormiva Lucinda, un letto ampio solamente per una persona. “Questo significa che Lucinda non ha un marito, o almeno non dovrebbe averlo” Pensò il ragazzo vedendolo.
Infine c’erano vari accessori dove mettere vestiti ed altre cose che sono in ogni normale camera. Vi era poi un’altra piccola porta dove c’era un piccolo bagno, nel quale c’era una doccia e un water.
Arianna rimase ferma ad aspettare che Julian avesse squadrato in modo perfetto la stanza qualche altro minuto, dopo di che disse di andare a visitare le altre.
Aprì la porta della camera di Lucinda, ed ecco che la donna le appare davanti agli occhi, con la mano destra sulla maniglia che stava per girare.
- Arianna! Che ci fai qua? –
- Ho fatto vedere la camera a Julian, nonna. Gli sto facendo fare il giro della casa, tanto perché possa conoscerla, d’accordo?
Lucinda non pareva del tutto contenta della decisione della ragazza, forse perché era entrata in camera sua senza permesso,  però non volle rifiutare.
- Va bene, però non fargli visitare il terzo piano, ci tengo a farlo io. –
Cosa ci sarà mai nel terzo piano che non posso vedere?
Altro mistero che Julian doveva risolvere. Aveva ormai perso il conto, e stava iniziando a non capirci più niente né della casa, né di sé stesso, né di niente.
Lucinda in seguito si rivolse a Julian, dandogli alcune informazioni riguardo il dialogo con sua madre avvenuto in precedenza.
- Tua madre sembra contenta che hai deciso di venire da me, ragazzo. Sono sicura che diventeremo ottimi amici. Puoi fidarti di me, qualunque cosa non esitare a chiedermela.-
C’erano molte cose che voleva chiedere, ma adesso non era il momento. Decise di lasciar perdere, non voleva scomodarla più di tanto, non pareva del tutto in forma in quel momento. Per cui decise di affermare solamente, dicendo:
-D’accordo, grazie di tutto. – Cercò di impegnarsi mettendoci tutta la cortesia possibile, e forse ci era riuscito. Lucinda annuì, ma non rispose, sorrise.
I due ragazzi fecero per andarsene, però prima che scomparsero dalla vista della donna, ella disse loro un’ultima cosa.
- Tra poco sarà pronto il pranzo, Arianna. Vedi di fare in fretta, non dilungarti più di tanto nelle presentazioni, avrà modo di conoscere bene la casa in futuro.
Arianna si voltò e fece un cenno con la mano sinistra che doveva rappresentava un’affermazione, poi condusse Julian al di fuori della camera di Lucinda, la quale chiuse la porta della propria camera.
Adesso rimaneva da visitare la porta centrale. Arianna invece, disse a Julian che non era il momento di vedere cosa contenesse quella porta all’interno; gli disse solamente che ci avrebbe pensato Lucinda a mostrarglielo.
Doveva essere il terzo piano. Lucinda si era raccomandata che la ragazza non glielo presentasse, per questo gli faceva proprio pensare che al di là di quella porta ci fossero nuove scale, che portavano ad altre misteriose stanze.
Qualunque cosa ci sia, non la vedrò adesso. Penso il ragazzo tra sé e sé.
-Torniamo nella stanza dalla quale sei entrato, sono sicura che Lucinda non te l’ha presentata in modo adeguato, non è vero?- Disse Arianna, esprimendo una domanda che aveva già la risposta scontata, ovvero:
-Proprio così. – rispose Julian. Una risposta secca e precisa, come la maggior parte delle sue in questo momento, da quando era arrivato era sempre più in confusione mentale, pensare a risposte elaborate, lo faceva andare fuori di cervello.
- Immaginavo. – Concluse la ragazza, in seguito alla risposta sorrise, poi iniziò a scendere le scale. Julian la seguì.
Non appena anche Julian ebbe sceso le scale, Arianna chiuse la porta.
Una volta tornati nella cucina, Julian notò più di prima l’incredibile grandezza della stanza in sé e vide inoltre che c’erano altre due porte, una esattamente davanti a quella da cui era appena uscito, nel centro della stanza, dalla parte destra.
Mentre l’altra porta esattamente davanti a quella d’ingresso.
Era tutto costruito con simmetrica precisione, una precisione tale da farti perdere la testa. Il ragazzo potette notare che sia nell’ingresso del piano superiore, che in cucina, le porte erano messe in modo molto simile, senza contare che tutte le sette porte che fino ad adesso aveva visto erano tutte uguali. Senza un minimo particolare diverso, uguali, dannatamente uguali.
- Molto bene. Nella porta di fronte a noi c’è un piccolo bagno, che però utilizziamo difficilmente visto che li abbiamo nelle camere. – Spiegò la ragazza.
Allora per quale motivo l’avete costruito? Voleva domandare Julian,  ma si trattenne. Non voleva apparire troppo scortese, per questo, con mille pensieri in testa, annuì solamente. Passò qualche secondo, prima che Arianna tornò a parlare.
- Mentre là c’è l’ultima porta della stanza, si proprio la dietro a quei mobili. –
Disse, indicandola col dito. La porta era coperta a metà da alcuni mobili.
- Andiamo, ti faccio vedere quella stanza.- annunciò in seguito lei, prima che Julian potesse controbattere. Si incamminarono verso la porta, ma arrivarono appena a metà tragitto, quando una voce da dietro li fermò.
- Il pranzo è pronto, ragazzi miei. Penso che Julian vedrà la stanza tra un po’. In fondo, il tempo non ci manca. – Era impossibile non riconoscere quella voce. Era la voce ovviamente di Lucinda.
Arianna parve leggermente sconvolta, forse voleva presentargli la stanza, ma non si permise di contraddire la decisione di Lucinda. Julian, nonostante avesse avuto fino ad adesso poco tempo a disposizione per conoscere Arianna e Lucinda, aveva già capito una cosa: Non si controbattono le decisioni di Lucinda.
- D’accordo. – rispose Arianna, la quale subito dopo si incamminò verso il tavolo, e disse a Julian di seguirla.
Arianna si sedette dalla parte sinistra (ovvero in linea con le scale che portavano alle due camere) del tavolo perfettamente rotondo, mentre Julian decise di sedersi esattamente di fronte alla sua coetanea. Il posto di Lucinda doveva essere quello più vicino a loro, centralmente.
Il tavolo, dipinto con uno splendido marrone scuro, era grande all’incirca per una decina di persone. Probabilmente in quella casa erano abituati ad avere ospiti..
Dopo che i due ragazzi si sedettero, Lucinda iniziò a servire da mangiare.
Mangiarono per circa una ventina di minuti, mangiarono cibi perfettamente normali ai cibi che mangia una qualunque persona in una qualunque casa di un qualunque paese.
Dopo aver mangiato, Lucinda disse che sarebbe andata a fare un riposino in camera sua per un’oretta, e avrebbe lasciato un po’ di tempo libero ai due ragazzi, alla quale però impose di non visitare le altre stanze fino ad adesso sconosciute a Julian, insistette più e più volte sul fatto che ci teneva lei a farlo.
In seguito, spiegò a Julian che avrebbero sparecchiato e apparecchiato a turni regolari una volta per uno. Il ragazzo non era abituato a farlo, in quanto lo facevano i suoi genitori prima di cambiare abitazione, per cui le prime volte si fece aiutare da Arianna, che accettò volentieri il fatto di aiutarlo.
Finite tutte le varie faccende da svolgere a tavola dopo mangiato, Lucinda si recò in camera sua, dove disse che sarebbe restata fino alle tre esatte, e a quell’ora disse che doveva fare delle cose che non volle anticipare, proprio con i due ragazzi; che si recarono nella propria camera.
In quella casa regnava un ordine pazzesco e sempre rispettato, tutto si eseguiva secondo una scaletta di cose precise. Era un ordine fantasticamente stravagante.
Julian volle domandarsi se ogni tanto magari, sarebbero anche usciti di casa, e soprattutto, se avesse avuto libri da leggere nel tempo libero.
 
Julian ed Arianna arrivarono nella loro camera, si misero seduti entrambi su un letto, l’uno di fronte all’altra, potevano guardarsi dritti negli occhi.
Era il momento di scoprire la verità.
Adesso si sarebbero raccontati le due storie tanto attese da entrambi.
Rimasero qualche secondo senza parlare, poi fu Arianna a parlare a rompere il ghiaccio: - Tocca a te per primo, voglio sapere delle tue due visioni, tutto nei minimi particolari, non tralasciare niente. A volte è un piccolo particolare a cambiare la storia sai? – Concluse con una domanda, una domanda che rimase in testa al ragazzo, e seppe che non sarebbe più uscita da lì.
Così Julian raccontò tutto del sogno e tutto della visione avvenuta qualche ora prima, senza tralasciare un particolare, le disse tutto.
Arianna rimase sorpresa, ma non stupefatta; non pareva sconvolta più di tanto.
Rimase qualche secondo impietrita senza muovere un muscolo, forse pensando a quello che le aveva appena detto Julian, poi rispose.
- Molto bene, cerco di spiegarti tutto in modo più concreto e semplice, in modo che tu possa capire alla perfezione tutto. Potrà sembrarti strano il modo in cui ti dirò queste cose, ma tu non ci far caso e ricorda solamente una cosa: Non perdere la concentrazione, rimani concentrato, sempre e comunque.-
Disse, con un’aria che si fece incredibilmente seria, per la prima volta la vide davvero decisa, adesso non sorrideva.
Si avvicinò ancora di più a Julian, talmente vicino che i loro ginocchi potevano toccarsi. Poi fece una cosa che il ragazzo non si aspettava minimamente che lei facesse. Arianna gli tese le mani, mettendole sopra i ginocchi di Julian, a palmo aperto, come in attesa che lui gliele afferrasse.
- Quando sei pronto, prendimi le mani. –
“Rimani concentrato” Si disse Julian nella testa più e più volte, anche se ancora non aveva capito il significato delle parole.
Non capì nemmeno per quale motivo dovesse afferrare le sue mani, ma decise di farlo e basta, voleva e doveva fidarsi di Arianna.
Mosse prima la mano sinistra, afferrando la mano destra di Arianna.
-Non appena mi avrai preso la mano sinistra, chiudi gli occhi. – Disse Arianna, ma con un tono che indicava un ordine non un consiglio. Julian annuì solamente.
E vide che lei intanto aveva già chiuso gli occhi, come in attesa di qualcosa.
Prese fiato, poi fece un sospiro come di sollievo.
Afferrò la mano sinistra di Arianna, e chiuse subito gli occhi, come gli aveva detto in precedenza.
Adesso la sua vita sarebbe stata sconvolta per sempre.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***


Capitolo 4

Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.
(Primo Levi)
 
Nero, nero ovunque. Nessun particolare, nessuna immagine. Niente.
Gli occhi di Julian non riuscivano a vedere niente di meglio che un semplice nero scuro, esattamente come succede prima di addormentarsi.
Il ragazzo pareva sempre più sorpreso, non riusciva a pensare a niente se non al fatto di tenere gli occhi chiusi nell’attesa di qualcosa che smuovesse la situazione.
Quel qualcosa che non arrivò mai.
Passarono una decina di minuti, dopo di che Arianna lasciò le mani di Julian ed iniziò a sbruffare. A questo punto il ragazzo aprì gli occhi e capì che qualcosa era andato storto, anche Arianna aveva aperto gli occhi.
- Mi sembrava troppo strano.- pronunciò sottovoce la ragazza, come se non volesse farsi sentire da Julian.
Aveva un espressione alquanto strana, pareva arrabbiata quanto delusa.
- C’è qualcosa che non va? – domandò il ragazzo, che non sapeva se sentirsi in colpa.
Arianna era strana, più strana di sempre. Prima di rispondere lo fissò per qualche secondo negli occhi, come se vi cercasse qualcosa..
- Non riesco a farti vedere niente, come da previsto.. mi sembrava tutto bello, mi sembrava impossibile che tu fossi come me..-
Come me? Pensò il ragazzo, incredibilmente sconvolto dalle ultime parole di Arianna, non riusciva ancora a capire che cosa ci fosse di strano in lei, che cosa ci fosse di strano in lui.
E Julian non sopportava il fatto di non sapere qualcosa.
- Che cosa significa come me? Arianna ti prego spiegami.. – pronunciò il ragazzo, con il cuore che gli martellava fortissimo nel petto, in attesa di qualcosa.
Lei lo fissò negli occhi, e Julian fece lo stesso.
Era uno sguardo diverso stavolta, Arianna non sbatteva le palpebre, era concentrata su Julian, concentrata nel cercare quel qualcosa che lui ancora stava cercando di capire cosa fosse veramente.
All’improvviso lei batté forte gli occhi, e scattò in piedi all’improvviso, come se gli fosse successo qualcosa.
- Devo parlare con Lucinda, tu aspettami qua. – disse velocemente, poi uscì ancora più velocemente dalla camera, e in meno di due secondi Julian non la vedeva più.
Devo sapere che cosa vuole dire a Lucinda, ho bisogno di sapere, ho bisogno di capire. Il ragazzo non ci stava di starsene ad aspettare lì impalato, doveva necessariamente capire. Così si mise a rincorrere Arianna.
Uscì dalla camera con attenzione, avendo cura di non fare troppo rumore per non essere visto.
Si diresse verso la stanza di Lucinda, pensando che Arianna fosse andata proprio lì a cercarla.
La porta era socchiusa, vi si poteva vedere una parte dell’interno.
Ma al ragazzo non interessava vedere, lui voleva solamente sentire cosa avrebbe detto Arianna a sua nonna.
Sentì la voce della ragazza che parlava, era una voce sconcertata e probabilmente delusa, parlava a bassa voce, tanto che Julian non sentiva esattamente tutto quello  che dicevano le due.
- […] Io non capisco.. non riesco a fargli vedere niente.. Lucinda sei sicura di quello che mi hai detto prima del suo arrivo? Lui non è come me.. non sa niente.. –
Allora Arianna sapeva che lui doveva arrivare. E Lucinda gli aveva parlato di lui. Lei gli aveva mentito in precedenza..
Julian non aveva tempo di riflettere, voleva sentire la conversazione e tentare di capirci qualcosa.
Adesso sentì la voce di Lucinda iniziare un discorso.
- Da quello che sapevo lui doveva essere come te, doveva avere i tuoi poteri, doveva essere la tua seconda metà, quella che ti completava e che vi avrebbe resi invincibili se avreste combattuto insieme.
Ma quando è arrivato io ho visto qualcosa negli occhi di quel ragazzo. Ho visto quel qualcosa che non avevo mai visto in nessun altro. Arianna, Julian è più potente di quanto pensi, e lui non sa niente di quello che potrebbe arrivare a fare.
Se lui scopre veramente i suoi poteri diventerebbe un’arma indomabile per la Guerra del Deserto ormai imminente, e non solo. Non so se mi capisci, lui è qualcosa di singolare, qualcosa di unico.. Arianna, il ragazzo è un Ranger.
La ragazza rimase stupefatta dalle parole dell’anziana signora.
Tanto sorpresa che controbatté subito.
- Non è possibile.. avevi detto che i Ranger si erano estinti.. lui... lui non può essere…-  le parole della ragazza erano poche e scoordinate, erano parole astratte e senza formare un discorso logico.
- Figliola, ti ricordi chi ti avevo detto che fosse stato l’ultimo Ranger mai esistito?
- Se non ricordo male Re Lucius I di Wyland, ma è vissuto decine di decenni fa.. che c’entra con Julian?- Replicò Arianna ancora sbalordita
- Esatto, proprio lui, e ti ricordi perché è importante? – Rispose Lucinda ignorando completamente la seconda domanda posta dalla nipote.
- No.. non sarà mai potente come lui, andiamo nonna come puoi anche solo pensarlo? Che poi non sono nemmeno parenti alla lontana, sono due persone completamente diverse. –
- Chi ti dice che non sono parenti? Non so se te lo ricordi ma i poteri dei Ranger si trasmettano ogni sette generazioni, e sette generazioni sono più di settanta anni. -
Arianna era sempre più esterrefatta, pareva non credere a niente di quello che Lucinda le aveva detto fino ad adesso.
- Andiamo nonna non può essere possibile.. –
- Non ci credi? Sai, Arianna mi sono informata sul ragazzo proprio mentre voi due ve ne stavate a conoscervi.
Il padre di Julian è Edgar. Edgar è nato a Tyre, ed anche suo padre Stephan. Mentre il padre ed il nonno di Stephan sono nati a Sulem, il paese che confina ad ovest con Tyre.
Da quello che so Stephan si trasferì a Tyre per problemi economici. Non pagava le tasse e così, prima che lo stato gli imponesse la schiavitù fu costretto alla fuga.
Ma il padre del nonno di Stephan era un certo Jonhatan.
Jonhatan era, bensì, l’unico figlio illegittimo proprio di Re Lucius.
Lucius ha avuto altri figli tra cui Simon, colui che ha ereditato il suo potentissimo impero. Ma solamente ad uno ebbe la fortuna di passare i suoi poteri soprannaturali, poteri che poi sarebbero stati messi rivelati dal settimo primogenito maschio della gerarchia.-
Arianna non aveva capito molto del discorso macchinoso appena detto da Lucinda, ma si limitò a dire: - Fammi capire, Re Lucius avrebbe potuto scegliere Simon, il suo figlio primogenito, a cui passare i poteri, ed ha scelto un figlio illegittimo avuto con una donna di strada? Non mi torna.. –
- Arianna, non sai che i Ranger non possano scegliere a chi far ereditare i poteri?
E’ una cosa del tutto casuale, i poteri vengono trasmessi dal fato non appena decedi. A meno che tu non abbia un figlio solo.-
- Incredibile.. quindi adesso è il ragazzo ha dei poteri che non immagina nemmeno nei sogni più incantevoli e lui nemmeno lo sa?-
- Esattamente. Ma non appena lo scoprirà e saprà come usarli non sappiamo che cosa possa accadere...-
- Che cosa mi consigli di fare, nonna? –
Arianna era perplessa e sconvolta. La storia di Lucinda l’aveva lasciata senza parole.
Non immaginava minimamente che Julian potesse avere tutti quei poteri. Il ragazzo appariva sempre innocuo e dava l’idea di un ragazzino che non farebbe male a nessuno.. che si fosse dimostrato un tipo aggressivo e pronto alla morte?
- Tienitelo amico, Arianna. Un amico come lui fa sempre comodo. –
 
Dall’altra parte della porta Julian stava per svenire dal suo indeterminato futuro e dai suoi inverosimili poteri sovrumani.
Tutti i pensieri che gli giravano nella testa in quel momento avrebbero potuto farlo diventare pazzo. Era incredibilmente stupito dalle parole appena origliate dal discorso tra Arianna e Lucinda, ma stranamente non ne era affatto contento.
Il fatto che lui fosse l’erede dei poteri di un Re superbo, imperioso e arrogante, gli dava particolarmente fastidio. Lui non era come lui, lui era buono.
Non aveva mai desiderato quei poteri che pareva dover avere. E poi non sapeva nemmeno che cosa fosse un Ranger, né tantomeno quali fossero questi poteri soprannaturali che lui possedeva, e soprattutto non capiva perché non ne fosse mai venuto a contatto e non ne avesse mai avuto l’occasione di dimostrare che tutto quello che aveva detto Lucinda era veramente reale e non frutto della sua fantasia.
Nel frattempo pensava a tutto quello che aveva lasciato, e a come ne fosse incredibilmente soddisfatto, perché nonostante i problemi che potesse dargli questa nuova vita, era comunque sicuramente migliore di come aveva vissuto fino al giorno precedente. E tutto questo gli diede la forza per andare avanti e non abbattersi, la forza per spingere quella porta e farsi avanti a chiedere spiegazioni.
Aveva deciso. Sarebbe entrato in quella stanza a capire chi fosse veramente, a capire ciò che gli spettava.
Ma una frazione di secondo prima che aprisse la porta, sentì Arianna controbattere all’ultima risposta di sua nonna.
- Come fai ad esserne così sicura? E se ti fossi sbagliata?-
Arianna ancora non ci stava, non voleva crederci.
- Figlia mia, mi sono sbagliata altre volte?-
Rispose Lucinda con un incantevole tranquillità, la tranquillità di sempre.
- No.. mai. – rispose la ragazza un po’ abbattuta.
E fu adesso che Julian decise di entrare in azione, niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo. Adesso era il momento in cui avrebbe scoperto tutto.
Julian mosse la maniglia ed entrò nella stanza.
Non appena aprì la porta notò le facce sconvolte di Lucinda e Arianna. Evidentemente si aspettavano tutto meno che Julian avesse ascoltato tutto il loro dialogo. Prima ancora che potessero controbattere, parlò Julian:
 - Che sarebbe tutta questa storia? Perché continuate a tenermi tutto nascosto? Voglio sapere! Devo sapere! Per favore datemi l’occasione di poter capire tutto.. io non so nulla di poteri né di antenati.. – Al povero ragazzo apparentemente indifeso scese anche una lacrima dagli occhi. Ciò che diceva era realmente vero, nessuno gli aveva mai parlato di niente e nessuno, era rimasto all’oscuro di tutto fino a qualche secondo fa.
La faccia di Lucinda adesso somigliava a quella di una mamma quando vede il proprio figlio disperarsi perché si è sbucciato il ginocchio giocando con gli altri bambini per strada. Era lì, impassibile. Non dava nessuna espressione, niente. Ma era come se fosse arrabbiata con Julian, arrabbiata con un ragazzo che non aveva fatto niente di niente.
Ci fu un momento di assoluto silenzio, un silenzio cimiteriale. A romperlo fu Arianna, pronunciando parole astratte e sparse:
- Julian io… non capisco… scusa per tutto… - Pareva come se fosse finito qualcosa, quel qualcosa che non era mai iniziato. Arianna era sconvolta, forse un po’ adirata con se stessa per chissà quale motivo.
- Ma scusa per cosa? Che ho fatto? – Il cervello di Julian formulava solamente domande, domande a cui puntualmente nessuno dava risposta. E il ragazzo continuava ad essere sempre più confuso, sempre più giù di morale.
- Niente.. niente sono io. – Detto questo scoppiò in un pianto di lacrime.
La domanda che Julian si poneva da tempo ormai era perché?
Perché Arianna piangeva, aveva forse fatto qualcosa di sbagliato il ragazzo?
- Ma… - Prima ancora che Julian potesse finire la frase, Arianna uscì dalla stanza a corsa, rifugiandosi chissà dove a piangere per motivi evidentemente sconosciuti.
Adesso Julian rimaneva solo con Lucinda. Solo con chi sapeva tutto di lui.
E fu proprio Lucinda a parlare esattamente appena dopo che Arianna chiuse la porta sbattendola in modo alquanto aggressivo.
- Non preoccuparti, ragazzo mio. Gli passerà. – Disse con la sua solita tranquillità, una tranquillità che non veniva persa mai e poi mai.
- Perché piangeva? –
- Gli ho appena rivelato alcune verità che gli hanno fatto male al cuore. –
- Del tipo? – Il cuore di Julian batteva fortissimo nel petto, era vicinissimo a sapere tutto.
- Andiamo, ragazzo hai sentito. –
- Ho sentito cosa? Io ho ascoltato solamente i vostri discorsi ma non ci ho capito praticamente niente. Io non so nulla Lucinda. Ti prego credimi. Ti prego spiegami.
Lucinda si avvicinò di più al ragazzo, come per vederlo meglio.
In seguito gli mise una mano sulla spalla destra e parlò, parlò in un modo diverso stavolta, stavolta la sua voce era dolce e umile, come se volesse spiegargli veramente qualcosa.
- Lo sai benissimo da solo che non dovrei essere io a parlarti di queste cose. Anche se non vuoi ammetterlo, dentro di te lo sai, dentro di te tu riesci a riconoscerlo. Prova a parlare con te stesso, ma non con la parte di te che vuole sapere tutto sul momento per agire istantaneamente, parla con la parte profonda, parla direttamente col cuore.
E chiediti se vuoi veramente sapere da me, perché io so di non essere io la prescelta per parlarti di queste cose. Se vuoi un consiglio da una persona più vecchia di te ascolta: Chiudi gli occhi e pensa, poi dimmi cosa vuoi fare, ed io semplicemente esaudirò il tuo desiderio, qualunque sia. – Lucinda aveva parlato con un incredibile sicurezza. Come se sapesse già la decisione.
Ma Julian voleva sapere, almeno credeva di voler sapere.
Decise che avrebbe ascoltato il consiglio di sua nonna, che nel frattempo gli aveva tolto la mano dalla spalla.
Nella stanza era caduto il silenzio, un nuovo silenzio.
Julian chiuse gli occhi e cominciò a pensare a cosa avrebbe fatto adesso, e nel pensare a quello che avrebbe dovuto fare, finì a partire dal primo pensiero del giorno appena trascorso. Non appena chiuse gli occhi cominciò a pensare a tutto quello che gli era accaduto in quel giorno straordinariamente ordinario. Ripensò alla mattina quando era partito con sua madre e suo padre, ripensò a quando suo padre aveva lasciato la casa di sua nonna scavalcando il muro, a quando aveva conosciuto Arianna e di come il cuore gli si fosse bloccato, ripensò a quando vide per la prima volta Lucinda e a come lo sorprese con quello sguardo pieno di vita. Ripensò al muro che si apriva da solo, ripensò all’incredibile immensità della casa, a come il numero quattordici si ripeteva in modo continuo, a come le pareti fossero dipinte in modo cupo o allegro a seconda della stanza, ripensò alla stanza di Lucinda e al suo canarino, ripensò a come si trovasse incredibilmente bene con Arianna anche solamente a parlare ed infine ripensò a come aveva scoperto dei suoi misteriosi poteri che doveva avere e a come lui non sapesse niente di tutto questo. Ripensò a tutto quello che gli era accaduto nell’arco di poche ore e si disse: Devo proprio sapere altro?Posso benissimo aspettare domani..
La parte di lui che voleva sapere tutto sul momento era misteriosamente scomparsa. Adesso in Julian vigeva la tranquillità interiore, la sicurezza che nessuno gli avrebbe fatto del male, almeno non fino al giorno dopo.
Riaprì gli occhi e vide tutto con occhi diversi. Vedeva Lucinda sorridere in modo diverso, vedeva tutto in modo alquanto strano..
Ma la realtà durò pochi secondi, e tutto scomparve nuovamente quando Julian iniziò a sentir girare la testa, sapeva che cosa stava per succedere. Stava per avere un’altra visione, sapeva che stava per vedere qualcosa e non sapeva perché, ma stavolta non gli interessava il motivo, stavolta gli interessava solamente essere tranquillo e non avere troppi problemi con se stesso, che fino ad adesso ne aveva già troppi.
Improvvisamente sentì gli occhi chiudersi da soli, si sentì abbattere. Stavolta era diverso dalle altre due volte. Sentì come se qualcuno gli avesse dato una spinta e lo avesse fatto cadere a terra. In meno di tre secondi si trovò sdraiato a terra con gli occhi sbarrati, e tutto quello che vedeva era il soffitto blu della stanza.
Inaspettatamente il soffitto scomparve e Julian iniziò a vedere tutto bianco.
Bianco, bianco e ancora bianco. Il giovane ragazzo pensò di morire.
E invece iniziò a leggere una scritta che compariva lettera per lettera. Ogni segno dell'alfabeto era nero scuro, nero pece. Qualche istante dopo la scritta era formata:
Wood
Una parola che aveva un solo significato: Foresta.
Che significava? Julian era ancora senza parole. Ogni volta una nuova sensazione lo colpiva dritto al cuore. Non sapeva più come reagire, ormai si era abituato a ricevere spiacevoli sorprese che gli facevano avere continui sbalzi d’umore.
Contrariamente alle altre due visioni, dopo aver visto quella parola, il tutto scomparve. Adesso non vedeva più niente, solo nero, nero oscuro. Un secondo dopo aprì gli occhi e si ritrovò steso sul letto di Lucinda con lei seduta accanto a lui. Julian iniziò a pensare come avesse fatto a finire lì nel giro di una decina di secondi, e si disse che c’era una sola risposta a quella domanda: Era umanamente impossibile.
 Julian alzò la testa rapidamente e si mise seduto sul letto accanto a Lucinda.
Sentiva ancora la testa girargli, contrariamente alle altre volte, stavolta era come se fosse appena svenuto. Fu la donna a parlare per prima, prima ancora che Julian potesse esprimersi.
- Oddio Julian, menomale ti sei svegliato! Pensavo fossi morto! Hai idea di quanto sei stato là per terra? – Lucinda era agitata. Era la prima volta che Julian vedeva la donna burrascosa come in quel momento. Aveva perso quell’incredibile tranquillità di sempre.
Quanto sono stato per terra? Appena una manciata di secondi.. ma che sta dicendo Lucinda..
Julian era smosso, non riusciva a capire come il suo tempo non coincidesse con quello di Lucinda. Era una cosa alquanto strana e confusa.
Ma la normalità ormai non faceva per lui, ormai l’impossibile stava diventando normale.
Il ragazzo non appena riprese i sensi, cercò di pensare alla visione, lasciando perdere la domanda di Lucinda per qualche istante.
Foresta.. che cosa potrebbe significare?Non ha un senso..  Tutto suonava stranissimo, senza pensare che tutte le visioni che Julian aveva avuto fino ad adesso erano totalmente diverse l’una dall’altra. Solamente le prime due avevano avuto una cosa in comune: la ragazza vestita di nero. In preda alla confusione più completa, decise di lasciar perdere, esattamente come aveva fatto con la storia dei poteri.
- Che cosa è successo? Perché mi trovo sul letto? Come ci sono arrivato in meno di dieci secondi? – Julian esordì un’altra serie di domande, un’altra delle tante serie di domande che poneva alle due donne della sua nuova casa.
- Dieci secondi? Figliolo mio è passata più di mezz’ora! E’ la prima volta che mi succede di vedere una cosa del genere.. sicuro di sentirti bene? Vuoi che chiami tua madre? – Lucinda adesso pareva tutto meno che calma e serena, della donna coerente che aveva conosciuto fino ad adesso, ne era rimasto ben poco. Lucinda cambiava espressione continuamente, pareva tranquilla e un secondo dopo nervosa, poi di nuovo tranquilla e infine di nuovo nervosa. Lucinda in realtà era lunatica. Voleva solo far sembrare di apparire sempre tranquilla e calma anche se non lo era.
Mezz’ora?come è possibile che sono rimasto senza sensi per mezz’ora? Ma se erano solamente dieci secondi andiamo.. mi sta prendendo in giro sicuramente..
Il ragazzo non pareva crederci. Inarcò le sopracciglia come in segno di disaccordo.
Mise la testa appoggiata al muro dietro di lui e stese le gambe, adesso era di fronte a Lucinda.
- Non è possibile.. – Julian non riuscì a dire nient’altro. La confusione che aveva in testa in quel momento era tale da farlo impazzire. L’unica cosa che aveva bisogno adesso era quella di dormire. Dormire fino all’alba, dormire per fare ordine nel cervello.
- Credici, ragazzo mio. Prima che ti dica altro, sempre se lo vuoi sapere ovvio, raccontami di che cosa ti è successo. Hai visto qualcosa? –
Adesso Lucinda era tornata alla serenità, come se fosse passato tutto quello di negativo che era successo in quei momenti precedenti.
Il ragazzo decise di fidarsi, gli avrebbe raccontato tutto della visione, e tutto delle precedenti. In fondo al cuore sentiva che, almeno in quel momento, avrebbe dovuto fidarsi di sua nonna Lucinda.
Julian fece un sospiro di sollievo per tranquillizzarsi e poi iniziò a raccontare tutto della visione, finendo per parlare alla donna dell’incubo avuto la notte precedente.
 
Finito il lungo racconto, Lucinda era rimasta senza parole. Allibita.
- Sensazionale, ragazzo mio. Senza volerlo il tuo cervello ha elaborato un meccanismo di futurologia base. Riesci a vedere attraverso le tue visioni, che cosa dovrà accadere in futuro, a te o a chi ti sta attorno. Solamente che per adesso le tue visioni sono molto astratte e imprecise. Non puoi sapere quando ti accadono né se quello che hai visto accadrà in un futuro lontano o in un futuro immediato. Se ci lavori sopra, penso che questo pregio che hai ereditato, potrebbe diventare qualcosa di veramente potente. Riuscire a prevedere in anticipo la mossa del nemico, non pensi sia favoloso? – Esclamò Lucinda con gli occhi che gli brillavano sempre di più, come se la capacità di predire il futuro fosse sua e non di Julian, come se Julian gli appartenesse, e lui non voleva questo, voleva essere indipendente. Per un momento, ma solo per un momento il ragazzo ebbe l’idea che la donna lo stesse prendendo in giro.
– Come fai tu a esserne sicura? Chi mi da la certezza che io possa fidarmi di te?- Rispose lui. Sicuramente non era la risposta che si aspettava sua nonna, almeno non dopo avergli detto tutte quelle cose su di lui.
Invece, parve più stupefatta che arrabbiata.
- Davvero non sai chi sono io? – Replicò lei, mostrando anche un po’ di orgoglio, ma orgoglio per cosa? Il ragazzo continuava a capirci sempre meno.
- No. Chi dovresti essere di così importante? Spiegamelo perché davvero non lo so. – continuò Julian, ignorando la donna che si dava le arie.
Lucinda cambiò improvvisamente espressione, adesso aveva la faccia di una che era furiosa, tanto furiosa da far paura a chiunque, eppure non si era mossa di un solo millimetro dal posto in cui era seduta. Fece una cosa stranissima. Lo guardò dritto negli occhi per qualche secondo prima di rispondere all’ultima domanda di Julian. Lo fissò talmente intensamente e profondamente, che il ragazzo dopo qualche secondo dovette per forza interrompere il contatto visivo, non riusciva più a guardare quegli occhi azzurri, azzurri come l’oceano. Ma quell’azzurro si stava trasformando in un colore assassino, tanto che Julian non riusciva più a guardarla e dovette abbassare lo sguardo.
Qualche secondo dopo Julian si rese conto che era stato confinato in una minuscola parte del letto. Aveva la gambe accavallate e se ne stava seduto in un angolo.
Improvvisamente tutta la stanza scomparve.
Adesso Julian si trovava in un luogo aperto, più precisamente si trovava in una foresta. Era appoggiato ad un albero, ed era seduto nella stessa identica posizione di come era nella stanza di Lucinda. Era notte, ma era una notte strana. Nel cielo non c’erano stelle, non c’era la luna. Non c’era niente di tutto ciò. Il cielo era nero, nero come la morte. C’era caldo, molto caldo, tanto caldo che Julian sudava.
Nella foresta regnava il silenzio. Nessun rumore, nessun verso di animali, niente.
Era un silenzio tale da non parere normale, non c’era nemmeno l’accenno di un gufo che creava scompiglio nella foresta.
Julian provò ad alzarsi per camminare, ma si accorse subito che un enorme corda lo legava per intero, non lasciandogli muovere né braccia né gambe, era immobilizzato.
Nel frattempo si ricordò della visione e iniziò a pensare al peggio. La notte lo collegava alla ragazza dell’incubo e la foresta all’ultima visione. Il ragazzo non aveva mai temuto la morte come in quella situazione.
All'improvviso il silenzio si ruppe. Un rumore inizialmente sommesso e poi sempre più assordante iniziò ad entrare nelle orecchie di Julian. Intanto la temperatura aumentava sempre di più, ed allo stesso modo aumentava la paura di Julian.
Julian si guardò davanti e vide l’inferno.
Un enorme fuoco divampava nella foresta e si mangiava gli alberi come se fossero coriandoli. L’incendio si muoveva sempre più imperterrito verso il povero ragazzo indifeso. Julian iniziò a temere molto seriamente la morte.
Il fuoco mangiò gli ultimi alberi che rimanevano in mezzo tra lui e la vita.
Non rimaneva più che una manciata di secondi al povero ragazzo.
Tentò di slegarsi l’enorme corda che gli legava gli arti saltando continuamente su sé stesso, non riuscendoci. Una lacrima scese dall’occhio sinistro di Julian.
L’incendio stava arrivando, e con lui la morte.
Julian iniziò a sentire il calore fortissimo del fuoco sulla punta dei piedi.
Invece accadde una cosa che non si sarebbe mai aspettato.
Tanto velocemente come era comparsa la foresta scomparve, e con lei scomparve l’incendio. Era salvo.
 
Adesso si ritrovava nella stanza di Lucinda, sempre nella stessa posizione, la corda era scomparsa,  ma nel corpo era rimasta una terribile paura che lo avrebbe segnato per un bel periodo della sua vita.
Julian si lasciò andare un “ah” di sollievo, emettendo lunghi respiri.
Il ragazzo iniziò a pensare come era possibile che fosse accaduta una cosa del genere, ma pensò che la risposta fosse esattamente davanti a lui.
Fu Lucinda a parlare per prima, prima ancora che lui potesse parlare per chiarire i dubbi.
- Ti è piaciuto? Questa sono io. –
 
Detto questo si alzò ed uscì dalla stanza, sbattendo violentemente la porta e lasciando il povero Julian da solo.
Adesso sia Arianna che Lucinda se ne erano andate, entrambe infuriate con lui.
Julian era rimasto nuovamente isolato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 ***


Capitolo 5

Amare è umano. Provare dolore è umano. Amare ancora nonostante il dolore è angelico. (Gialal al-Din Rumi)

La solitudine regnava nel povero ragazzo che non sapeva più a che filo aggrapparsi, non sapeva più come fare nel creare un qualcosa intorno a lui, un qualcosa che non fosse solitudine e prese in giro, come fino ad adesso si stava tristemente dimostrando. A Julian non pareva di essersi comportato male, in nessuna situazione. Eppure Lucinda l’aveva quasi ucciso, mentre Arianna era apparentemente infuriata con lui e piangeva senza motivo. Mentre lui se ne stava lì, seduto sul letto di sua nonna, a pensare a che cosa fare adesso. Una volta uscito da quella camera, sarebbe dovuto andare obbligatoriamente da Lucinda a chiedergli delle scuse, anche se molto probabilmente lo sventurato ragazzo non aveva un minimo di colpa. Mentre sarebbe dovuto andare anche da Arianna, la ragazza che gli aveva fatto fermare il cuore, a chiederle il motivo per cui era uscita dalla stanza piangendo. Forse sarebbe stato meglio non essere andato ad ascoltare il discorso tra Arianna e Lucinda, forse era meglio se rimaneva a farsi i fatti suoi nella stanza dove la ragazza gli aveva detto di rimanere, ma in quel caso non avrebbe saputo niente sui suoi poteri che apparentemente doveva avere… Adesso doveva solamente affidarsi al destino e sperare che tutto andasse per il meglio. Nel giro di poche ore aveva conosciuto due splendide persone e nel giro di pochissimi minuti le aveva perse entrambe, una cosa inaccettabile. Eppure nonostante Lucinda ha fatto pensare ad Arianna di uno sfruttamento dei poteri di Julian, lui pensava che doveva fidarsi di loro due, che doveva fidarsi ancora per un po’, fino a quando non avrebbe trovato una giusta compagnia con cui vivere in pace e senza pensieri. Una compagnia che però tardava sempre di più ad arrivare. Julian non aveva la forza né fisica né mentale per alzarsi dal letto ed andare da Arianna. La vista dell’incendio lo aveva segnato, gli aveva lasciato una paura interiore molto profonda. Eppure Lucinda pareva una donna innocua.. Era sempre più allibito dall’incredibile potenza che Lucinda gli aveva dimostrato, solamente con lo sguardo lo aveva quasi ucciso. Una cosa l’aveva imparata: Non doveva mettersi contro quella donna, almeno per adesso. Decise che sarebbe andato a parlare con Arianna, voleva saperne di più su Lucinda, voleva sapere che cosa doveva fare con lei. Era sicuro che Arianna lo avrebbe accolto come il primo giorno, anche perché solamente pensare il contrario gli dava fastidio al cervello. Eppure quelle ore trascorse parevano mesi, parevano anni. Era rimasto su quel letto a pensare per non più di una quindicina di minuti, e gli erano parse ore. Decise di dire basta. Si alzò dal letto e si avviò verso la porta. La aprì piano, avendo cura di non fare troppo rumore. Uscito dalla stanza, si guardò attorno per vedere se c’era qualcuno in giro, ma non vide nessuno, di Lucinda nemmeno l’ombra. Adesso il dubbio era uno solo: Dove andare? Julian decise ad istinto. Prese la parte sinistra e si incamminò verso la porta della stanza di Arianna. Non sapeva perché ma era sicuro di trovarla esattamente lì. Arrivato di fronte alla porta era incerto se bussare o entrare subito. Bussando aveva la probabilità di essere rifiutato, per cui agì d’istinto, entrando subito nella stanza, anche se magari gli mancava di rispetto. La porta non era chiusa a chiave e a Julian bastò girare la maniglia per trovarsi Arianna di fronte. Il cuore gli si fermò nuovamente, come la prima volta che l’aveva vista. Era là, stesa per terra con la testa appoggiata alla parte inferiore del letto, quella in legno. Aveva ancora gli occhi lucidi di una ragazza che aveva pianto fino a poco tempo fa. Era rimasta tutto il tempo che lui era stato a parlare con Lucinda distesa per terra a piangere, a piangere per chissà quale motivo. La cosa sicura era una sola, uno di questi motivi era Julian. Appena Arianna vide il ragazzo abbassò nuovamente lo sguardo senza dire nulla, ed una nuova lacrima gli scese nuovamente dagli occhi. Prima ancora che si mettesse a piangere, Julian seppe come agire. Sapeva come si faceva in questi casi, l’aveva letto nei libri. Si mise accanto ad Arianna, senza dire nulla, gli si era bloccato il cervello solamente a stare vicino a lei. Era una cosa che non accadeva mai, era una cosa che accadeva solamente con Arianna. Lei iniziò a piangere profondamente, ed era la cosa che Julian voleva evitare, ma ovviamente non ci era riuscito. Fece una cosa che sapeva che avrebbe fatto piacere ad Arianna, o almeno sperava che gli facesse piacere. Allungò la mano sinistra e la strinse lungo la spalla sinistra di Arianna, abbracciandola e stringendola a se stesso. Lei reagì di conseguenza appoggiando la testa sul petto di Julian. Adesso il ragazzo non sapeva che cosa dire, era estremamente colpito dal gesto della ragazza, che credeva di aver perso. E invece no, era di nuovo lì, di nuovo abbracciata a lui. E pensò che alla vita non voleva chiedere di meglio, gli bastava avere lei tra le braccia. Però si disse che il momento di dolcezza non doveva durare all’infinito, doveva parlare. Voleva sapere tutto, anche per il bene di Arianna. - Che cosa è successo prima nella stanza di Lucinda? Perché ti sei messa a piangere? - Io non sono come lei.. capiscilo.. capiscilo almeno tu ti prego… io ti conosco solamente da qualche ora ma sai da solo benissimo che non ti sfrutterei mai.. non lo farei mai, Julian io non lo farò mai te lo prometto. – Disse fra un singhiozzo e l’altro. Io non sono come lei.. che significava? Chi era veramente Lucinda? Era così malvagia come aveva dimostrato all’ultima occasione? Era la persona che pareva più innocua di tutte ed invece eccola qua, la più cattiva che aveva mai conosciuto.. allora c’era un motivo se Edgar aveva scavalcato il muro e se ne era andato subito.. Il volto di Julian cambiò espressione, adesso dava motivo di un espressione che acconsentiva quello che aveva appena detto Arianna, e lei se ne accorse subito. Prima ancora che Julian potesse controbattere, parlò Arianna. - Che cosa ti ha fatto? Non ti avrà fatto del male spero.. – Arianna spostò la testa dal petto del ragazzo e si tirò su mettendosi di nuovo distesa con la schiena appoggiata alla parte inferiore del letto. - Non proprio. – concluse Julian forse mentendo un po’, ma non voleva dare troppo l’idea della malvagia a Lucinda, in fondo la conosceva da pochissimo, non poteva giudicarla. - Che cosa è successo? Lo sapevo che non dovevo andarmene… - disse lei preoccupata. Così Julian gli raccontò tutto della foresta e di come lei se ne fosse andata sbattendo la porta. Lei ne rimase leggermente sorpresa ma non del tutto scossa, pareva come se non fosse la prima volta che Lucinda facesse una cosa del genere. - E’ capitato anche a te? – disse il ragazzo a questo punto molto incuriosito dal discorso. - Una volta soltanto, quando avevo all’incirca l’età di tredici anni, forse un po’ di più. Era una giornata piovosa e fredda, ed io stavo tornando dal corso di istruzione politica. Erano circa le undici e mezzo, quella mattina avevo finito prima, così me ne rimasi per un po’ nel bosco qua vicino ad allenarmi con la spada, visto che a casa non avevo nulla da fare. Non sai come me ne sono pentita amaramente.. tornai a casa qualche ora dopo l’ora in cui dovevo tornare, non l’avessi mai fatto! Lucinda mi lanciò un’occhiataccia talmente aggressiva da incenerirmi, ed io la offesi. Qualche secondo dopo mi trovai in mezzo al mare aperto sopra uno scoglio che affondava lentamente, ed io ero lì libera di scegliere se tuffarmi in mare e affogare o se aspettare che lo scoglio affondasse, per poi affogare in ogni caso. Furono i minuti più brutti della mia vita. Dopo quell’evento, non parlai a Lucinda per giorni, ma non mi permisi mai più di mancargli di rispetto nemmeno una singola volta. – Julian rimase sconvolto da quanto raccontato adesso da Arianna. Allora non era la prima volta che Lucinda faceva questo tipo di tortura a qualcuno.. eppure ancora non riusciva a capire se facesse così solamente per farsi portare rispetto, ma lo faceva per il bene delle persone che amava, o se lo facesse veramente per cattiveria, e questo interrogativo lo avrebbe risolto solamente col tempo, conoscendola e vedendo il suo comportamento con lui e con Arianna. Ma la vera domanda che il ragazzo si poneva era un'altra, e non esitò nemmeno un secondo a chiederla alla ragazza: - Come ha acquisito questo tipo di “potere” Lucinda? – Arianna stavolta non esitò a rispondere. - Ci sono due modi per acquisire un potere soprannaturale: Il primo, molto semplice e preciso: Ti viene tramandato da un tuo parente (lontano o vicino dipende dal tipo di forza che viene passata, ad esempio alcuni si passano di generazione in generazione mentre per altri dobbiamo aspettare anche dieci generazioni. Il secondo, ancora più semplice del primo: Uccidi il possessore attuale. Uccidendo chi detiene un certo potere ti impossessi automaticamente di esso, è per questo che molti Imperatori e Tiranni antichi sono diventati talmente potenti da distruggere interi continenti. Essi si facevano catturare tutti i migliori detentori di poteri per poi portarli al castello ed ucciderli, prendendosi dunque i poteri.– Adesso tutto era già molto più chiaro.. Ecco come il suo famoso antenato Lucius aveva conquistato tutti quei poteri. Tutto appariva già in modo diverso al giovane ragazzo prodigioso. Ma adesso non voleva pensare a questo, non voleva pensare al suo di potere, voleva pensare a Lucinda e a sapere in quale dei due modi aveva conquistato lei il potere. - Come ha acquisito il potere lei? – domandò subito il ragazzo. - Ci sono molte cose che devi sapere su Lucinda. Lucinda fin da piccola è stata addestrata ad usare la magia. Sua madre Asia, era una strega di livello molto avanzato ed estremamente potente, discendeva direttamente da Irina Storm IV, la principessa mai diventata regina di Ayland. Asia ha insegnato alla sua figlia primogenita tutti i segreti della magia oscura. La piccola Lucinda non ha frequentato i corsi che tutte le normali bambine frequentavano, sua madre ha voluto un insegnamento del tutto unico per lei, voleva che seguisse le sue orme, voleva che diventasse potente come lo era lei. Passò quasi tutta la sua infanzia unicamente con la madre, nella sua abitazione segreta: La casa invisibile all’interno della Foresta Nera. Una casa invisibile costruita interamente da Asia, dopo aver sviluppato ad un livello altissimo il potere dell’invisibilità della materia. Questa casa era visibile solamente a lei e a chi lei volesse. Era lì dentro che ha insegnato a Lucinda ogni tecnica della magia oscura più potente, della magia oscura bandita. Uscendo di casa le faceva provare gli incantesimi mortale sugli animali, innocenti vittime dell’ascesa al potere di Lucinda. Ben presto la piccola e innocente Lucinda crebbe, ed iniziò a diventare sempre più potente e arrogante. All’età di dodici anni, Lucinda ebbe i primi impatti col mondo reale. Era stata addestrata affinché diventasse una strega oscura predominante, ed infatti proprio come tale si mostrò al mondo. Aggressiva con tutto e tutti, utilizzava la magia proibita per commettere furti e omicidi in maniera totalmente indisturbata senza preoccuparsi di niente e nessuno. L’unica persona a cui teneva era sua madre Asia. Asia però… - Arianna dovette improvvisamente fermare il racconto della storia di Lucinda perché un imprevisto inaspettato la colse di sorpresa. La porta dell’entrata si aprì, Lucinda era lì. Aveva ascoltato tutto, tutto fin dal primo discorso che i due avevano fatto. A Julian gli si bloccò improvvisamente il cuore, temeva il peggio, temeva di tornare nuovamente nella foresta infernale, temeva la morte. Il ragazzo lanciò un occhiata ad Arianna che esprimeva tutta la sua paura, e dagli occhi della compagna potette capire lo stesso: un pensiero di terrore colmava il cuore dei due ragazzi. Ed invece non accadde così, ma totalmente al contrario di ciò che i due giovani si aspettavano. Lucinda entrò nella stanza, in silenzio, senza dire una parola. Si mise davanti ai due ragazzi in piedi, così che i due la potessero guardare dal basso verso l’alto, esattamente pareva che volesse sempre. Ma invece di fare l’aspettata e temuta ramanzina ai due, fece una cosa totalmente diversa. Socchiuse gli occhi, emise un sospiro di sollievo e parlò. - Penso che potremmo continuare il discorso fuori nel giardino all’aria aperta che ne dite? C’è un bellissimo sole ed è una giornata molto calda, starsene qua al chiuso sarebbe uno spreco… - Parlò con un incredibile leggerezza e calma tale da far paura. Quelle parole apparentemente potevano sembrare di conforto e delicatezza alla quale avevi una possibilità di scelta, ma in realtà non era così. Era un ordine implicito. Però per Julian ed Arianna che temevano il peggio era già molto confortevole che avesse detto in quel modo anziché spedirli chissà dove solamente con lo sguardo. Rispose Arianna per entrambi: - D’accordo. – una risposta secca e precisa. I tre si incamminarono verso la porta di uscita (Lucinda guidava il terzetto mentre Julian ed Arianna stavano dietro di lei. Usciti dalla porta principale, Julian potette notare la strada con i quattordici sassolini che aveva notato subito il primo istante, ma stavolta non gli parve poi così strana. Intanto Lucinda li condusse in un posto dove il ragazzo non era mai stato, il giardino dalla parte opposta della casa. Un posto tanto fantastico quanto irreale. Il prato era verde lucente e tutto fantasticamente uguale e perfetto. Qualche metro più a sud della casa, si estendeva uno splendido albero, un albero che solitamente non si tiene nei giardini di una casa: era un magnifico salice piangente in piena vita. L’albero aveva una chioma molto larga e di forma ovale al di sotto della quale sono presenti ramificazioni pendenti, alcune delle quali toccavano addirittura il terreno rendendo l’albero ancora più incantevole. Le foglie,invece erano disposte a spirale, erano di colore verde molto brillante, e tendenti al grigio nella parte inferiore dell’albero. Julian capì subito che in quell’albero c’era qualcosa di speciale, un qualcosa che Lucinda aveva reso speciale. Ne era sicuro, lo sentiva dentro di lui. Prima ancora che potesse finire di contemplare la bellezza estrema di quell’albero, Lucinda lo riportò alla realtà. - Ah Julian, questo è Dessy, l’albero che ci protegge dai nemici, l’albero che ci nutrisce, l’albero che ci osserva, insomma è Dessy. Da quando si da un nome agli alberi? Il ragazzo rimase sorpreso forse più di sempre sentendo questo. Un nome ad un albero gli parve abbastanza esagerato, tuttavia non si permise di domandarne il motivo. Julian non rispose ed abbassò lo sguardo verso il terreno, osservando il prato verde che si estendeva sotto di lui. Arianna invece se ne stava lì accanto a lui, sempre più vicina, evidentemente provava paura nei confronti di Lucinda. I due ragazzi se ne stavano in silenzio senza accennare una minima parola, fu Lucinda ad introdurre un discorso: - Molto bene, sono certa che Dessy ci darà un’enorme mano per aiutarci in quello che dobbiamo fare. – Disse, e poi iniziò ad incamminarsi verso l’albero. Perché che dobbiamo fare? Era la domanda che si ponevano i due ragazzi dentro le loro menti, e la perfidia di Lucinda non gli dava tregua. - Tienimi la mano Julian, ho paura. – sussurrò Arianna a Julian in modo molto silenzioso per non farsi sentire dalla donna davanti a loro. Julian che era un ragazzo abbastanza timido, inizialmente si vergognò, ma poi le dette la mano e si incamminarono dietro Lucinda verso il misterioso salice piangente. L’albero da vicino sembrava ancora più imperioso. In vicinanza potette notare che ramificazioni toccavano terra fino a formare un cerchio completo attorno al tronco dell’albero, con una lunghezza interna di circa tre metri. Lucinda spostò le foglie esterne ed entrò nella parte interna dell’albero, ed i due ragazzi la seguirono. - Dessy, mi sei mancata! Era un po’ che non venivo a farti visita.. – “Questa è pazza parla con un albero” pensò dentro di se il ragazzo, ancora più stupito dal comportamento adottato da Lucinda. Dopo di che la donna si spostò ed andò ad abbracciare fortemente il tronco dell’albero, in segno di affetto evidente. E, con un enorme sorpresa accadde una cosa sensazionale. Le foglie che toccavano terra si mossero e l’albero girò straordinariamente su se stesso, come se avesse sentito l’affetto portatogli da Lucinda. Julian ne era sicuro, quell’albero non era come tutti gli altri. - Ragazzi dovete sapere, parlo anche con te Arianna queste cose non te le ho mai raccontate, che quest’albero ha qualcosa di speciale per me, così come io per lui. Innanzitutto è la dimora del mio canarino Blue, che vive sui rami più alti dell’albero, e scende da lì solamente se viene chiamato da me. – Disse soddisfatta e con moltissima pace interiore. Poi guardò in alto per vedere se con lo sguardo vedeva il canarino, senza riuscirci. Improvvisamente si fece seria e cominciò a parlare. - Poi.. il seme è stato piantato da mia mamma poco prima che… poco prima che venisse catturata e uccisa da quel bastardo di Darius.. ed ho giurato vendetta prima o poi la avrò, quel bastardo avrà la fine che si merita. Dessy ha sentito la mancanza della sua vera padrona.. prima si muoveva e di tanto in tanto ci faceva giocare con lui.. adesso ogni tanto muove le foglie e gira su se stesso solamente per farmi capire che è vivo. – Ma la cosa che principalmente interessava a Julian non era sapere dell’albero, né della madre di Lucinda, adesso voleva sapere chi era quel Darius, e visto che ha ucciso la principessa Asia che deteneva un enorme quantità di poteri, adesso doveva essere lui a detenerli.. Non stava nella pelle, doveva obbligatoriamente saperlo. Così corse il rischio, ma lo chiese a Lucinda. - Chi è questo Darius? – Lucinda fortunatamente non esitò a rispondere, anzi parve dirlo con piacere. - Darius, l’Imperatore dei Pirati, vive solamente in mare, a bordo del suo vascello caraibico Grey Revenge, l’onnipotente bastimento che solca e domina tutti i mari del pianeta da decenni. Lui attualmente ne è al comando e viaggia sempre in cerca di nuovi tesori e di nuove prede da uccidere per aumentare il suo potere già immenso. Non fa mai porto, non scende mai a terra se non per uccidere. Vive unicamente in mare, l’acqua è diventata la sua dimora, molti pensano che riesca addirittura a respirare sott’acqua. Nessuno sa mai la posizione del Grey Revenge all’interno degli oceani, ma se ti trovi di fronte alla leggendaria nave, ti conviene fuggire. Le leggende narrano che la ciurma del Grey Revenge sia composta da soli maschi, tutti muscolosi e fortemente addestrati, pronti a combattere per qualsiasi cosa, pronti alla morte. Si dice che Darius sia praticamente invulnerabile a qualsiasi tipo di attacco, nessun essere vivente che l’ha visto in faccia è rimasto vivo. Il suo volto rimane tutt’ora una leggenda.- - Ma se nessuno l’ha mai visto in faccia.. tu come fai a sapere che ha ucciso tua madre? – Domandò il ragazzo molto perplesso. - Ho visto il suo corpo a terra sulla riva del mare, e l’ho visto nei suoi occhi. Nei suoi occhi ho visto Darius tagliargli la gola mentre due scagnozzi la tenevano immobilizzata. Quel bastardo non ha avuto nemmeno la decenza di affrontarla in duello. – Julian rimase shockato dal racconto appena detto da Lucinda. Aveva visto il corpo di sua madre senza vita su una spiaggia.. Forse questo l’aveva resa così fredda e talvolta aggressiva.. Ben presto si accorse c’erano ancora molte cose da scoprire su di lei, molte cose che avevano influenzato il suo comportamento nel corso della sua vita, e ben presto l’avrebbe scoperte tutte. Tuttavia il ragazzo non trovò le parole adatte per rispondere alla donna, e non lo fece. Lucinda era rassegnata, pareva addirittura triste, ma trovò tutta la forza necessaria per non piangere, voleva farsi vedere forte di fronte ai due ragazzi che dipendevano praticamente da lei. - Bene, meglio non pensare a questi momenti, godiamoci la vita finché possiamo.- Enunciò Lucinda adesso, che tentava di tirarsi su il morale. Arianna ancora teneva stretta la mano di Julian, e non accennava a dire una minima parola, era terrorizzata dall’idea di cosa gli avesse potuto fare Lucinda. Ma Julian non era più impaurito, senza un motivo particolare, adesso il ragazzo sentiva un sentimento di supporto e fiducia verso quella che doveva essere sua nonna. Tuttavia, nessuno dei due ragazzi rispose alle ultime due frasi pronunciate da Lucinda, che non sembrò interessarsene più di troppo, e continuò indisturbata a parlare. - Adesso vi mostrerò una cosa, una cosa che non ho mai mostrato a nessuno. Una cosa che vi farà capire molte cose su di me e sulla mia vita. Vorrei che tutto quello che vedrete non uscirà mai e poi mai per nessun motivo dalle vostre bocche, una volta che sarà finito, dovrete far finta che non abbiate visto niente, non parlatene mai, possibilmente nemmeno tra voi. – Che cosa ci mostrerà adesso? Julian era impaurito quanto curioso e speranzoso. Arianna era incredibilmente impassibile. Non accennava la minima espressione, ma dava l’idea di una ragazza terrorizzata. E di nuovo, nessuno dei due rispose a Lucinda, solamente Julian fece un segno di consenso con la testa. - Dessy, sai cosa devi fare. Rispondi ti prego. – Disse Lucinda all’albero. Non appena finì di pronunciare l’ultima lettera, l’albero fece una cosa totalmente irreale. Il suo troncò si aprì creando una specie di arco alto circa due metri e largo abbastanza per far entrare due persone una accanto all’altra. - Grazie, grazie di cuore Dessy. – disse la donna come in segno di risposta. Sembrava lo avesse fatto apposta per far entrare i due ragazzi, e così era. - Andate, fidatevi di Dessy. Andate e vedrete. – I due ragazzi si scambiarono un’occhiata di paura, un’occhiata di terrore che esprimeva morte. Fu Julian a fare il passo decisivo, non aveva la minima idea di mettersi contro Lucinda; e se proprio doveva morire, preferiva farlo all’interno di un albero che in posto immaginario di Lucinda. Così, senza accennare una minima risposta verso la loro nonna, Julian si mosse, trascinando Arianna per la mano. Arianna che invece era totalmente contraria a farlo, ma si arrese al volere di Julian, che le lanciò un’occhiataccia. Arianna bofonchiò solamente una decina di parole, una decina di parole che però rimasero nel cuore di Julian. - Qualunque cosa succeda adesso, sappi che ti voglio bene. – E nel frattempo una lacrimuccia gli scese dagli occhi, lei temeva seriamente di morire, e forse faceva bene. Ma Julian preferiva essere forte, non voleva dare troppe soddisfazioni a Lucinda. Tuttavia non trovò sul momento le parole adatte per rispondere ad Arianna, era troppo teso, era concentrato sull’albero. I due si mossero e si avviarono verso l’interno del salice piangente. Non appena i due giunsero dentro, l’arco si chiuse. Tutto quello che riuscivano a vedere era un nero completo, non riuscivano a riconoscere un minimo colore, non vedevano niente di niente. E là dentro non c’era ossigeno, i due cominciarono a sentire sempre più caldo, cominciarono a sudare. Passarono i secondi, secondi che sembrarono anni. Iniziarono a pensare di morire, iniziarono a pensare a come sarebbe stata la vita nell’aldilà. In mezzo ai pensieri di morte, accadde l’impossibile.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 ***


Capitolo 6

Ci sono due cose che non tornano mai indietro: una freccia scagliata e un’occasione perduta.
(Jim Rohn)

 
Incredibilmente la visuale, seppur completamente buia, iniziò a distogliersi prima lentamente, poi sempre più rapidamente. Il buio completo si trasformò in una luce verde che aumentava la luminosità in modo crescente, aumentò fino a diventare un verde talmente lucente da accecarti.
Julian percepiva un senso di tranquillità interiore come poche volte, stranamente non aveva un minimo di paura di quello che sarebbe potuto succedere, nonostante prevedesse ben presto di tornare in uno di quei posti infernali della mente di Lucinda…
Adesso il verde cominciava a dividersi piano piano dal colore compatto che aveva formato, adesso stava formando delle forme, delle forme circolari, delle forme che assomigliavano sempre più a delle chiome di alberi. In modo crescente e regolare, apparvero i tronchi rispettivamente sotto ad ogni chioma. Inizialmente erano solamente due, questi due divennero quattro, poi otto e così via raddoppiando sempre, ogni albero ne formava un altro della stessa grandezza del creatore, fino a formare un intera foresta. Quando gli alberi aumentarono in modo tale da non poterli più nemmeno contare, si stabilizzò la visuale. I due ragazzi erano adesso all’interno di quella foresta apparentemente innocua.
Contrariamente al posto in cui era finito Julian la volta precedente, in questo luogo regnava un’aria più gioiosa, più allegra. C’era un piccolo sole mattutino nascosto tra le nuvole che illuminava parzialmente le chiome degli alberi, e la temperatura era nella media.
Julian ed Arianna si tenevano ancora per mano, impauriti entrambi che potessero capitargli le stesse sventure che gli erano sopraggiunte negli ultimi due incubi creati da Lucinda. Ma invece non successe questo.
Una cosa incredibilmente strana quanto spettacolare, accadde nel bosco.
Una voce, una voce familiare, parlò dal niente, senza presenza umana né niente. Era come se parlasse dall’esterno del bosco, era come se fossero incredibilmente intrappolati, ma non era così.
- Osservate e capirete. Guardate pure, ma vi sarà assolutamente vietato intromettervi in ciò che vedrete ora, non potrete toccare niente e nessuno, solamente osservare. – Era impossibile non riconoscere questa voce, chiara quanto calma, formale quanto precisa: Lucinda.
Adesso tutto era chiaro.
Tutto tornava, tutto era logico. Lucinda li aveva fatti entrare dentro l’albero affinché potessero vedere il suo passato, voleva mostrargli la sua vita.
C’era sempre stato qualcosa di diverso in quella donna, e Julian l’ha sempre saputo, dal primo momento che l’ha vista.
Non appena la voce finì di pronunciare l’ultima lettera, nel bosco calò il silenzio totale, un silenzio che durò per pochi secondi, dopo di che i due ragazzi iniziarono a vedere.
 
Una piccola e apparentemente innocente bambina apparve dal nulla nel bosco, esattamente di fronte ai due ragazzi distante solo qualche metro, una bambina che doveva avere sui cinque anni non di più, ma era una bambina estremamente diversa dalle altre:
Aveva dei capelli viola, ma non viola lucente come gli occhi di Julian, quello era un viola opaco e cupo, un viola sbiadito. Solamente a vedere quei capelli, unici nel mondo, si capiva che dietro quella bambina c’era qualcosa di speciale.
Aveva poi degli occhi neri come le tenebre, neri da incuterti paura solamente a vederli.
La bambina era ferma e immobile appoggiata al tronco di un albero, fissava un punto fisso, ma i due ragazzi non seppero dire con precisione cosa stesse guardando in quel preciso momento, sta di fatto che incredibilmente, solo con la potenza aggressiva dello sguardo, fece incenerire un ratto che passava velocemente davanti a lei.
La potenza di quella bambina era strabiliante, e lo si poteva vedere.
Improvvisamente apparve una donna che arrivava dalla sinistra della bambina, arrivò gridando verso la bambina che doveva essere sua figlia:
- Lucinda! Per l’amor del cielo quante volte ti avrò detto che non devi uccidere gli animali? Loro sono innocenti, piccola mia, non farlo più. – La parlata era simile a quella di Lucinda, incredibilmente calma quanto cattiva.
Lucinda.. solamente una persona poteva avere questo nome.. era lei. La persona con cui viveva adesso, assurdo.
La piccola Lucinda lanciò un’occhiata a sua madre con il chiaro obiettivo di  incutergli paura, senza però riuscirci. Potette resistere ben poco a fissarla. Dopo qualche secondo abbassò lo sguardo in segno di sottomissione.
- Scusa, mamma. – pronunciò la piccola, che adesso pareva innocente.
Esattamente come io con lei adesso.. interessante…
- Mmh, ottimo, adesso andiamocene da qua, la cerimonia di vittoria della Guerra del mare ci sta aspettando, tuo padre non ti vorrà trovare qua.. ad uccidere i ratti. –
Disse la donna, che adesso aveva assunto un tono più severo.
Lucinda parve arrabbiata, ma non accennò una minima protesta e si sottomise.
Lucinda che si sottomette.. strabiliante.
- E va bene.. ma dopo voglio tornare, voglio diventare forte, proprio come te Mamma. –
A soli cinque anni già aspira al potere..  
- Solamente se prometti di non uccidere altri ratti.- Rispose la madre sorridendo.
- Ci sto! –
 
Dopo che Lucinda ebbe detto l’ultima frase, l’immagine scomparve tanto rapidamente come quando si era presentata.
Al suo posto comparve un’altra scena tanto velocemente che i due non se ne accorsero nemmeno.
Cambiò completamente l’ambientazione: Adesso si trovavano  nell’abitazione dove viveva in quel momento Lucinda con sua madre Asia.
Lucinda era cresciuta a vista d’occhio; adesso aveva all’incirca una decina di anni, forse un po’ di più. Era ancora più tenebrosa e cupa. I capelli e gli occhi esprimevano sempre più paura, per non parlare dello sguardo perfido che dimostrava di avere, Lucinda era sempre più cattiva e aggressiva, cresceva sempre in modo da diventare una potenza maligna, esattamente come voleva la madre.
Asia che invece era sempre uguale, non era cambiata come Lucinda, era sempre la solita. Capelli neri, occhi ugualmente neri. Una vera strega nera.
Asia e Lucinda stavano parlando, tuttavia parlavano talmente sottovoce che  i due ragazzi non riuscirono a percepire cosa stessero dicendo. Si poteva capire però, che il dialogo tra madre e figlia nascondeva qualcosa di molto importante.
In un momento, spostò lateralmente leggermente la mano destra, e mostrò a Lucinda un canarino, un canarino totalmente giallo, leggermente più piccolo di quello che adesso è in camera di Lucinda.
Impossibile, questo è.. il canarino di Lucinda.. come può essere..
Poi Asia alzò leggermente la voce, e i due potettero sentire.
- Lascia che ti presenti Blu, il canarino che ho appena preso nella Foresta Nera.
Era lì, evidentemente lasciato solo da sua madre, per terra, incapace di volare, incapace di nutrirsi, incapace di vivere. Se non fossi arrivata io sarebbe morto sicuramente a giorni. –
- E’ bellissimo, mamma! – Rispose Lucinda apparentemente compiaciuta e allo stesso tempo eccitata per il nuovo arrivo.
- Ma cosa intendi farci? – Aggiunse infine sempre la figlia.
- Sai Lucinda, Ad alcuni predestinati, la Foresta Nera permette di trovare un’ animale. Un animale che deve essere obbligatoriamente ancora in fase nascente. Si dice che questi animali siano leggendari, che siano estremamente potenti. A loro puoi insegnare qualsiasi forma di magia oscura, puoi renderlo incredibilmente forte, incredibilmente magico, incredibilmente invincibile. Solo ad alcuni prescelti è data la fortuna, questi prescelti si chiamano Ranger. Essi sono uomini o donne dotati di incredibile forza magica, tale da trasmetterla anche al proprio animale. –
- Come è possibile che esistano persone con poteri tali?– La figlia era perplessa.
- Nessuno sa chi sia stato il primo Ranger, è incerta la nascita di tale potenza magica. Come questi poteri vengano tramandati è una cosa estremamente genetica e casuale. Un Ranger può nascere dopo una generazione o dopo cento. Nessuno sa stabilirlo con precisione, ci sono stati pochissimi casi di Ranger in tutto il mondo, ecco mia cara Lucinda; io sono uno di questi. – pronunciò Asia totalmente fiera e soddisfatta di sé stessa.
Ma la figlia continuava a non capire, non credeva di avere una madre così potente, ma soprattutto non capiva perché invece di rispondere semplicemente ad ogni sua domanda ogni volta ci girasse intorno, evitando sempre la risposta diretta. Così continuò con le domande.
- E come può un semplice animale diventare così potente? Non capisco.. –
- E’ semplice: mano a mano che esso cresce, si affeziona sempre più a te. Devi dimostrargli amore, affetto e tenerezza, più viene trattato con essi e più sarà affezionato a te e di conseguenza più magie sarà in grado di imparare, e più nemici sarà in grado di abbattere. –
Asia aveva parlato tanto di amore e tenerezza, ma alla piccola Lucinda pareva solamente che l’unico scopo realmente valido per cui aveva preso il canarino era quello di insegnargli magie e fargli uccidere nemici su nemici.. ma come può un canarino uccidere un uomo?
- Mamma, io non capisco.. tu il canarino l’avresti “salvato” solamente per insegnargli magie e fargli uccidere nemici, dove sta l’amore? –
Asia parve un po’ spiazzata dopo questa domanda, ma non perse la tranquillità di sempre, la tranquillità che ha passato a sua figlia.
- Cara Lucinda, non è come pensi. Tu credi che noi Ranger siamo scelti così, a caso? Mmh, io non penso. Se gli dei hanno scelto me come Ranger un motivo c’è, ed io di certo non voglio sprecare questa occasione. Penso che abbia tutte le potenzialità per far divenire Blu un enorme potenza incantata. – Disse fiera di sé stessa.
Ma Lucinda non la pensava in questo modo. Per quanto ci aveva capito l’animale diventava forte solamente se accudito con amore e sacrificio, ma da come conosceva sua madre non avrebbe mai avuto tempo per farlo. Non crebbe mai che Asia avrebbe fatto di Blu una potenza, e difficilmente Lucinda si sbaglia, fin da piccola era dotata di un intelligenza sovrumana.
- Pensi di riuscire ad addestrare Blu per renderlo così autorevole come hai detto? –
Domandò Lucinda, con molto coraggio, visto che non sapeva come avrebbe potuto reagire sua madre. Asia invece reagì con molta calma e pazienza. Una risposta secca.
- Certamente, dubiti forse di me? –
Dopo l’ultima risposta di Asia la visuale della stanza di Lucinda scomparve.
 
I pensieri di Julian dopo questa scena furono molteplici.
Quindi è questa la potenza dei Ranger che tanto mi dicevano? Io sarei uno di questi?
Non credo di essere capace di addestrare un animale per renderlo forte.. andiamo non so nemmeno che cosa sia la magia.. sono solo un ragazzino non posso sopportare tutto questo.. non posso.
Ancora prima che Julian potesse finire di riflettere sulla scena appena vista, una nuova scena gli si presentò davanti agli occhi.
 
Adesso si trovavano nella casa attuale dove attualmente vive Lucinda con Julian ed Arianna.
Non c’erano persone, né Lucinda né Asia, solo la casa, casa era identica ad adesso.
Il colore delle pareti, il prato verde perfetto, le quattordici pietre che facevano strada all’entrata ed il muretto che la proteggeva, solamente l’albero non c’era.
Lucinda ed Asia arrivarono dalla stessa parte in cui era arrivato Julian con i suoi genitori.
Lucinda era incredibilmente cresciuta, adesso aveva all’incirca la solita età che avevano i due ragazzi adesso.
Era diventata una ragazza incredibilmente bella e affascinante. Si era colorata quei capelli viola opachi e tenebrosi in dei capelli biondi spettacolari e lucenti, rimanevano solo gli occhi, quegli occhi neri come il buio. Aveva un fisico da far invidia a chiunque: incredibilmente slanciata, robusta quanto serve.
Asia che invece era rimasta completamente uguale alla prima scena del bosco.
Era incredibile e fiabesco come Asia rimanesse sempre e solamente uguale, non cambiava mai, l’unica cosa che aveva di diverso è che aveva il canarino sulla spalla, canarino che pareva non muoversi mai da lì.
- Bene, mia carissima Lucy, io e te ci trasferiremo qua. Tuo padre ha deciso che vivrà a Lexon, con il Re del posto, non vuole più vederci, ma questo già lo sapevi.
- Si, tranquilla mamma. – rispose Lucinda con un tono alquanto sottomesso e rassegnato.
Lucinda non deve mai aver conosciuto il padre.. questo l’avrà resa così irritabile?
- Ottimo, rallegriamoci! Prima di entrare per mostrarti le varie stanze, voglio farti vedere cosa ho deciso di farne di una parte del giardino. –
- Che cosa? – rispose Lucinda, che ormai era responsabile delle sue azioni e parole, era cresciuta, e lo si vedeva bene.
- Adesso vedrai. – concluse Asia, con la solita tranquillità interiore di sempre.
Le due si avvicinarono verso la parte del giardino che tendeva alla Foresta Nera, la parte in cui adesso viveva l’albero.
- E’ qua.. – bisbigliò Asia tra sé e sé. – E’ qua che nascerai.. è qua che vivrai. –
Pronunciò delle parole incomprensibili a Lucinda, delle parole incomprensibili a chiunque, Lucinda capì che si trattava di una magia estremamente potente, una magia che solamente lei era in grado di fare. 
Una fossa si creò nel terreno verde. Una fossa profonda una cinquina di metri e larga circa due metri in larghezza. Era incredibile come si era formata, dal niente, in pochissimi secondi. Ma quella non era una normale fossa in cui vi si pianta semi, era una fossa magica. Asia tirò fuori dalla tasca un piccolo seme interamente bianco con scaglie verdi. Un seme piccolo quanto la lunghezza di un pollice di un bambino appena nato, ma quello non era un seme come gli altri.
- Vedi questo Lucinda? – disse Asia, mostrando il seme a sua figlia.
- Questo non è un semplice seme. Questo è l’ultimo seme di Alberi Fatati, un inattendibile e fantastico Salice Piangente, questo ci proteggerà dagli attacchi dei nemici, dalle insidie del male, ci proteggerà da ogni genere di perfidie, fino a quando sarò in vita. Benissimo, mia cara Lucinda, dai il benvenuto a Dessy, l’ultimo degli Alberi Fatati.- non appena ebbe finito la frase, Asia alzò la mano al cielo, guardò stranamente il cielo per qualche istante, dopo di che gettò il seme magico nella fossa.
Non appena il seme cadde dentro la fossa, la visuale scomparve istantaneamente.
 
Ecco cos’è veramente quell’albero.. io lo sapevo che non era come gli altri.. sensazionale..
Julian rimaneva sempre più esterrefatto dalle scene che stava vedendo.
Ma non aveva tempo di pensare, non ancora.
Un ultima scena apparve davanti ai due ragazzi.
Una spiaggia, una spiaggia vuota e deserta. Si sentiva solamente il fragore delle onde morire sulla spiaggia giallognola. Il sole stava tramontando, emetteva una debole luce arancione che segnava la fine del suo ciclo giornaliero.
Sulla spiaggia c’erano solamente due persone, due persone alquanto familiari a Julian: Asia e Lucinda.
Lucinda adesso era diventata una donna, una donna adulta e responsabile. Doveva avere sui venticinque anni, tuttavia aveva sempre la solita faccia da bambina cresciuta, bellissima e sempre allegra, al contrario di sua madre, Asia che invece era interamente uguale alla prima visione, con il canarino sulla spalla sinistra.
Le madre e la figlia erano sedute sulla spiaggia che guardavano le onde e ogni tanto si scambiavano parole.
- Mamma, se mai avrò dei figli come pensi che dovrò educarli ed addestrarli? – Domandò Lucinda in preda a dei pensieri sconosciuti a sua madre.
- Esattamente come ti ho educato io. Con la giusta autorevolezza: quando serve mostrati severa. Se è necessario, mostrati addirittura aggressiva tanto da sembrare cattiva. Ricordati, se un bambino viene preparato alla sofferenza e al dolore, (sia psicologico che fisico)quando da grande riceverà uno di questi, il dolore subito sarà minore, in quanto era abituato a subirlo. Per cui raramente mostrati buona e permissiva, non gli servirà a nulla.
Se gli vuoi veramente bene fa come ti ho detto e quando saranno grandi e saranno fieri di te, mi ripenserai. –
Lucinda, fiera della risposta della madre, non rispose e si mise a contemplare gli ultimi raggi di sole della giornata.
Tutto era finalmente chiaro. Il motivo delle scene infernali a cui ci sottoponeva, il motivo della sua severità. Tutto chiarito.
E poi, accadde il peggio, quello che entrambe non volevano che accadesse.
Lucinda scorse una nave da lontano, e non esitò a chiedere a sua madre cosa fosse.
- Mamma, che cos’è quella barca che si muove verso di noi, là a nord? – Disse Lucinda leggermente impaurita.
In lontananza, si poteva scorgere un veliero, un veliero che sicuramente era pilotato da pirati. Ma quello non era un semplice vascello di pirati, quello era il Grey Revenge. Il vascello era interamente nero, nero oscuro e cupo. C’erano solamente due vele, entrambe solo ed esclusivamente nere. Solamente la prima vela (quella di poppa) aveva il simbolo dei pirati, dipinto probabilmente dalla ciurma, interamente in bianco, che spiccava sul nero opaco della vela.
Tutto dipinto di nero, da poppa a prua, dal sottoscala al primo livello.
- Sapevo che sarebbero venuti.. – Asia aveva un’aria rassegnata e sottomessa, sapeva che stava per succedere qualcosa di brutto, molto brutto.
- Lucinda devi andartene da qui. Sono venuti per me, ma se ti vedranno, ti uccideranno. Non abbiamo speranze di salvezza, devi andartene. – Breve e precisa, coincisa e concreta, Asia era realista su cosa stava per succedere, ma Lucinda non si dava per vinta, voleva combattere.
- Non esiste. Se io scappo tu scappi da me. Non ti lascio da sola a morire. E’ quel pirata famoso di cui mi avevi parlato? Perché sei voluta venire proprio qua se sapevi che sarebbe venuto? Sai bene che non può scendere a terra!-
- Avrebbe distrutto tutta Salax e ucciso migliaia di innocenti, per trovare me. Ed io non voglio questo, se devo morire voglio farlo da sola, giocandomi le mie carte in battaglia. Per favore scappa, rifugiati da Dessy, lui ti proteggerà come sé stesso, lì nessuno ti farà del male. –
- Non puoi essere sicura che ti avrebbe trovata! Perché non vieni anche tu dall’albero? Lui potrà proteggerci entrambi! Andiamo Mamma, non puoi fare così..-
Lucinda era in preda alla disperazione ed al panico più totale, stava urlando e disperandosi, temeva la morte non per lei, ma per sua madre, e se avrebbe perso sua madre avrebbe perso tutto, tutta la sua vita.
- Lucinda, il veliero sta arrivando. Darius non si fermerà di fronte a nulla pur di uccidermi, lo sai bene. Devi fuggire, fallo per me. Non sopporterei che tu morissi, che tu morissi per salvare me, ed in ogni caso sai bene che io me ne andrei comunque. Darius è troppo forte, non può essere sconfitto. Sappi che ti ho voluto bene, onora il mio nome, figlia mia. –
Il veliero era ormai alla costa, le scialuppe erano scese ed un branco di uomini vestiti interamente di nero ed incappucciati si muoveva verso di loro.
- Dov’è lui.. devo trovarlo ed ucciderlo. – bisbigliò Asia..
Gli uomini sbarcarono a terra. Un piccolo esercito: Più di cento uomini; tutti uguali, vestiti di nero ed incappucciati fino alla nuca, era impossibile riconoscere il loro capo, la loro luce, Darius.
- Lucinda fuggi, ORA! – ordinò severa Asia.
- Non se ne parla, io combatto al tuo fianco. – Disse, poi si tirò su le maniche, pronta a sferrare magie.
- Non volevo essere costretta a farlo. – Asia enunciò la sua ultima frase in presenza di Lucinda, poi sua figlia non vide più niente.
Un secondo dopo era all’interno di Dessy, l’albero protettivo.
Asia aveva praticato il più potente degli incantesimi, il teletrasporto. Il teletrasporto richiede un enorme potenza magica, solamente un mago di altissimo livello può riuscire ad attuare questo incantesimo, tuttavia persino ad un mago di prestigio richiede uno smisurato sforzo fisico e mentale, e difficilmente dopo questo potrà riuscire ad effettuare altri incantesimi almeno per le prossime due ore.
Spiegando meglio, Asia aveva sacrificato interamente la sua vita, affinché Lucinda si salvasse senza il bisogno di combattere. Ha preferito la sua stessa morte per salvare sua figlia dal combattere un nemico che probabilmente avrebbe vinto comunque.
Asia aveva effettuato un gesto talmente eroico, che sarebbe rimasto per sempre nel cuore di Lucinda.
Incredibile.. la dimostrazione suprema dell’amore. Dare la propria vita per salvare quella di sua figlia, Asia senza ombra di dubbio è stata una mamma splendida.
Julian rifletté sul gesto eroico appena compiuto da Asia, e ripensò a tutto ciò che aveva visto fino ad adesso, Adesso era scontato perché Lucinda si comportava in questo modo con loro, era ovvio: Lei voleva solamente prepararli a ciò che c’è fuori dalle mura protettive della casa, voleva solamente prepararli alla violenza del mondo esterno.
 
L’ultima scena scomparve dagli occhi dei due ragazzi, lasciandoli senza parole.
Si ritrovarono istantaneamente nel punto in cui Lucinda li aveva lasciati prima che iniziassero a vedere le parti della sua vita che lei aveva deciso di mostrargli: All’interno di Dessy. Tuttavia stavolta il silenzio cupo e tenebroso durò solamente qualche istante, e imprimeva certamente molta meno paura della volta precedente, i due ragazzi avevano finalmente capito: Lucinda voleva veramente bene a loro.
Una volta usciti all’esterno dell’albero, c’era Lucinda, lì pronta ad aspettarli.
Aveva il solito sorriso sulla bocca, che stavolta pareva leggermente più soddisfatto.
Una volta usciti disse solamente delle parole, con la quale si dileguò:
- Avete visto e capito tutto adesso? Molto bene, vi aspetto in sala grande; si è fatto tardi e dobbiamo cenare. Julian sarà stanco dopo tutta questa giornata estremamente lunga e faticosa.
Non appena ebbe parlato si voltò e si incammino verso casa, lasciando i due ragazzi nuovamente da soli.
Ma questa era una solitudine diversa: I due ragazzi non avevano più paura.
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


Capitolo 7

Tra vent’anni sarai più dispiaciuto per le cose che non hai fatto che per quelle che hai fatto. Quindi sciogli gli ormeggi, naviga lontano dal porto sicuro. Cattura i venti dell’opportunità nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.
(Mark Twain)
 
La cena fu brevissima e compresa di pochissime parole. Lucinda non accennò nemmeno un minimo discorso sulle sue visioni, né tantomeno parlò delle visioni alle quali aveva sottoposto i due ragazzi. Emise solo qualche semplice parola, ma sempre relativa alla cena e non ad un qualcosa che fosse potuto essere descritto come “argomento serio”.
Julian ed Arianna invece, si scambiarono qualche battuta, ma non iniziarono mai un discorso serio durante tutta la cena. Tutte frasi futili gettate al vento.
Dopo la cena, Lucinda si congedò, dicendo che se ne andava a letto dopo una giornata estremamente considerata lunga e faticosa. Lasciò ai due ragazzi il compito di sparecchiare e di pulire i piatti sulla quale avevano mangiato, i due nonostante non avessero più paura di loro nonna, non si permisero di controbattere.
Julian ed Arianna fecero ciò che gli era stato detto da Lucinda, dopo di che andarono in camera loro a cercare di prendere sonno, nonostante fosse ancora piuttosto presto.
Arrivati in camera, si cambiarono e si misero a letto, entrambi erano molto stanchi e non avevano la minima voglia di starsene svegli a parlare, soprattutto dopo le ultime scoperte su Lucinda che li aveva lasciati senza parole.
Arianna tentò più volte di interagire con Julian, ma lui non era dell’umore adatto per parlare, aveva ancora la testa nelle visioni di Lucinda. Ripensò a come sua madre l’avesse educata per renderla pronta alla guerra, una guerra che però non è mai arrivata, una guerra che forse era imminente. Ripensò a come Asia avesse dato la sua vita per salvarla, compiendo il più eroico dei gesti. Tutto questo, mischiato a ciò che era successo nella giornata, decise che gli bastò, adesso voleva dormire per schiarirsi le idee, e pensare a che cosa sarebbe successo nei giorni successivi.
Decise che avrebbe vissuto alla giornata, senza (almeno per il momento) porsi un obiettivo serio. Stabilì che sarebbe stato il fato ad occuparsi di lui.
In mezzo ai pensieri più vaghi, decise di salutare Arianna e di addormentarsi una volta per tutte.
- Buonanotte Arianna. – disse senza aggiungere altro.
- Buonanotte, a domani. – rispose lei, anche Arianna adesso aveva perso la voglia di starsene a parlare, il sonno aveva preso il sopravvento.
Nel giro di pochi minuti entrambi si addormentarono.
*
Nei giorni successivi Julian affinò ancora di più il suo rapporto con Arianna: il loro rapporto si evolse al punto che ben presto diventarono come un fratello e una sorella, se non qualcosa di più. Julian aveva sviluppato un istinto protettivo molto elevato nei confronti di Arianna, adesso non riusciva a distanziarsi da lei per più di una decina di metri, doveva averla sempre a vista d’occhio altrimenti si sentiva insicuro e sempre sotto la preoccupazione che potesse succedergli qualcosa, e la stessa cosa successe ad Arianna. Arianna non aveva mai avuto una persona con la quale condividere tutto quello che gli succedeva alla giornata, seppure aveva vissuto quasi da sempre con sua nonna Lucinda, non l’aveva mai considerata più di tanto e tutto quello che le succedeva lo teneva dentro di sé, contrariamente a Julian che ne parlava con la madre. Julian che invece notò ben presto che stava cambiando anche il suo carattere: Iniziò a smettere di leggere romanzi con la quale passava il suo tempo nella vecchia città, favorendo invece la lettura di manuali magici, con la quale affinava sempre più i suoi poteri incantati, che crescevano a dismisura.
Del ragazzo innocente e immaturo che era partito da Tyre tempo fa, ne stava rimanendo sempre meno. Ben presto il prodigioso ragazzo divenne fiero di sé e si iniziò a far nome nei paesi vicini, nonostante non fosse ancora mai uscito dalle recinzioni della casa di Lucinda. Lucinda sapeva benissimo quali erano i rischi che Julian avrebbe corso al di fuori delle mura protettive: Il ragazzo avrebbe attirato l’attenzione di tutti, e tutti avrebbero provato ad ucciderlo per prendersi i suoi portentosi poteri. Tuttavia qualcosa del vecchio Julian era rimasta: il cuore buono e generoso. Infatti, Julian ancora non aveva fatto del male a nessuno. Tutti i suoi incantesimi iniziavano e finivano nel giardino di Lucinda, usati attualmente a vuoto.
I due ragazzi passarono i giorni seguenti nel giardino della loro casa, dove Lucinda gli insegnava le varie tecniche di combattimento, rendendoli sempre più potenti. Tuttavia ancora non li riteneva pronti ad entrare nella vicina Foresta Nera, nonostante fosse stato sicuramente uno dei primi posti nella quale voleva portarli, sapeva che lì avrebbero fatto conoscenza con la natura, e che là dentro sicuramente qualcosa sarebbe cambiato.
L’inverno ormai era imminente, i giorni caldi e lunghi stavano terminando sempre più in modo decrescente. Tra poco più di una decina di giorni sarebbe iniziato il corso scolastico che sarebbe durato per tutto l’inverno, e Lucinda voleva che per quel giorno i due ragazzi fossero preparati ad affrontare qualsiasi nemico gli si presentasse davanti. Salax era spesso meta di assassini anonimi, in quanto molto vicina alla costa. Voleva che i due riuscissero a sconfiggere chiunque si intromettesse nei loro affari. Per questo li aveva addestrati a combattere in coppia, facendo si che uno difendesse l’altro come se stesso. Sarebbero bastati un altro po’ di giorni per renderli praticamente invulnerabili a qualsiasi attacco.
Tutto però, stava diventando particolarmente monotono e ordinario. Ogni giorno stessa storia: Allenamento fisico la mattina e allenamento psichico il pomeriggio. Era vero che in quei mesi Julian aveva affinato i suoi poteri in modo inattendibile, ma adesso tutte le giornate si stavano rendendo troppo uguali, tra un giorno e l’altro non vi era la minima differenza, tutto uguale.
Erano passati ormai ben quattro mesi da quando Julian era arrivato a Salax, e dei suoi genitori non si era vista nemmeno l’ombra. Che lo avessero abbandonato?
O forse più semplicemente non volevano vedere Lucinda, forse gli causava problemi, o pensavano che lei fosse quello che non era veramente, in ogni caso lui non li vedeva da mesi, eppure non gli mancavano.. con Arianna e Lucinda, Julian si era rifatto una nuova famiglia, forse addirittura migliore della precedente.
*
Tutti i giorni erano stati incredibilmente monotoni, fino al giorno corrente. Quello era il giorno in cui Lucinda decise finalmente di portare fuori dalle mura protettive i due ragazzi.
Aveva deciso che quel giorno sarebbero andati a far visitare a Julian tutti i luoghi della provincia di Salax, per dargli un idea di dove si sarebbe trovato tra una decina di giorni. Anche per Arianna questa era la prima volta che visitava alcuni luoghi del posto, erano poche le volte che Lucinda decideva di far uscire i due ragazzi da casa.
Le paure per la quali lo faceva erano molteplici, e i due sapevano benissimo a cosa si riferiva. Lei ci era passata sopra, e non voleva assolutamente che i suoi nipoti corressero il rischio che ha corso sua madre. Ma di certo non potevano vivere tutta la loro esistenza in trenta metri quadri di casa. Non c’è vita senza rischi.
Così aveva deciso.
 
Julian quella mattina se ne stava in camera a dormire, mentre Arianna era già sveglia da un po’, che si stava preparando per uscire. Julian sapeva che quella mattina sarebbero partiti, ma non aveva intenzione di alzarsi presto per prepararsi, aveva preferito tardare la sera precedente ultimando i preparativi.
Si era preparato lo zaino da portare, mettendoci dentro il cibo ed una maglia nell’eventuale caso facesse troppo freddo, visto che ormai l’inverno era alle porte. Forse aveva tardato troppo la sera precedente, ma all’idea di dover uscire per la prima volta dalla nuova casa, non riusciva a stare nella pelle, e quella sera non gli prese per niente sonno. Aveva cercato di distogliere il pensiero, ma solamente quando aveva avuto talmente sonno da dover dormire obbligatoriamente, ci riuscì.
E mentre Julian era immerso nel mondo dei sogni, arrivò Lucinda a svegliarlo, dicendogli che dovevano partire entro poco. Il ragazzo si svegliò velocemente ed in pochi minuti era pronto per il viaggio.
Quella mattina il sole non splendeva come faceva di solito, quella mattina il tempo era piuttosto nuvoloso e il sole non intendeva mostrarsi.
Lucinda fece congiungere Arianna e Julian appena fuori dalla porta d’ingresso della casa, proprio all’inizio della strada con quattordici sassolini tutti perfettamente uguali.
Non appena vide che i due erano fermi immobili che aspettavano la sua parola, si decise finalmente a parlare.
- Molto bene, ragazzi miei, oggi è il giorno che ho deciso per portarvi finalmente ad esplorare la città di Salax e di mostrarvi, seppur solamente dall’esterno, la famigerata Foresta Nera.-
I due ragazzi erano entusiasti, anche se non sapevano con precisione dove li avrebbe condotti la misteriosa donna. Tuttavia, nessuno dei due chiese a Lucinda da dove fossero partiti o dove li avrebbe condotti, fu proprio lei a parlare per prima.
- Ho deciso che ci avvieremo in primis al Castello dove vive attualmente il Conte che è in carica adesso, colui che amministra e governa la regione di Salax, anche se ovviamente rispetta le decisioni del Re e non può permettersi di controbatterle; non so se avete capito di chi sto parlando, in ogni caso si tratta del Conte Alex Auros. Alle persone normali non è permesso avvicinarsi più di tanto al Castello, ma noi abbiamo qua tra noi un eccezione..- disse guardando Julian ed esprimendo un lieve sorriso sulla bocca.
- E mi raccomando, chiunque vi attaccasse, o chiunque vi provasse ad allontanare da me, attaccatelo. Attaccatelo fino ad ucciderlo. Non abbiate timore, là fuori non si scherza; Salax è una provincia tutt’altro che sicura, non dimenticatevi che qua vicino nelle Pianure Anonime, vivono i celebri Anonymus: un enorme setta di Assassini che recluta continuamente persone, specialmente bambini o ragazzi con un enorme potenziale, quindi fate attenzione. Li riconoscerete molto bene tra la gente, si vestano interamente di bianco e quasi tutti portano occhiali da sole neri oscurati. Sono estremamente potenti con la magia psicologica e mentale,per questo se affronterete uno di loro potrete ritrovarvi in un posto dei vostri peggiori incubi. –
Julian era esterrefatto da questa scoperta piena di intrighi.
Esistevano veramente le famigerate Sette Assassine di cui si parlava? Voleva saperne assolutamente di più, non poteva restare all’ignoto di qualcosa che avrebbe potuto ucciderlo.
- Lucinda spiegami di più ti prego. Voglio sapere tutto di loro, mi hai incuriosito profondamente. –
Lucinda parve abbastanza contenta della domanda di Julian e non esitò ad iniziare a raccontare la storia degli Anonymus.
- Gli Anonymus sono la setta di assassini più famosa di tutto il pianeta. Si sono formati circa trecento anni fa, dopo la fine della Grande Guerra. Inizialmente erano solamente un branco di ribelli che non era d’accordo a suddividere le undici Pietre Lucenti in giro per il pianeta. –
Julian dovette per forza interrompere il discorso di Lucinda, in quanto non aveva mai sentito parlare di queste undici Pietre Lucenti di cui aveva appena parlato lei.
- Scusa se ti interrompo, ma che cosa sono queste Pietre Lucenti? –
- Te ne parlerò più tardi, figliolo, ora lasciami finire, ti dirò una cosa per volta. – Rispose lei, con una risposta che non voleva controbattiti.
- Insomma questo iniziale branco di ribelli erano comandati da Oscar Jackson, il più potente Ranger mai esistito sulla faccia della terra. Leggende narrano che Oscar da solo abbia distrutto interi eserciti, solamente con la sua straordinaria forza della magia mentale riusciva ad accecare ogni singola persona, per poi ucciderla con facilità. Nessuno riusciva a tenergli testa, nessuno è mai stato di combatterlo, nessuno tranne una sola persona: Darius. (dopo aver pronunciato questo nome Lucinda fece una breve pausa, come in segno di sottomissione proprio verso colui che è riuscito a sconfiggere Oscar Jackson) Non voglio aggiungere altro su questo argomento.- Disse, poi si prese una piccola pausa e ricominciò a parlare.
- La forza degli Anonymus diventò sempre più grande, tanto da far paura ad interi continenti. Adesso hanno conquistato tutte le coste dell’est ed alcune provincia del nostro continente, ma da moltissimo tempo siamo in continua guerra con loro per la supremazia territoriale. Più volte hanno tentato di conquistare la nostra capitale: Lexon, senza però mai riuscirci definitivamente, almeno per adesso. Se loro riusciranno a conquistarci, ci schiavizzeranno tutti e non avremo più nemmeno una minima libertà. A me non è dato sapere molto su di loro, tutto ciò che so io adesso è che la loro principale guida è un certo Sam, che però non esce mai dai confini della provincia di Hyades, la loro capitale. In ogni caso io continuo ad essere convinta che Darius con il suo esercito faccia parte di loro.
Ma girano voci che stanno aspettando che nasca un Ranger, per catturarlo e compiere una delle più grandi magie, una magia che costa l’intera vita del Ranger: La Resurrezione.
Per questo dobbiamo tenerti al sicuro, Julian. Tra loro ci sono moltissimi Cercatori, che come ti vedrebbero, capirebbero cosa sei, e una volta che ti hanno individuato dubito seriamente che ti lasceranno indisturbato per anche un solo secondo.. Ragazzo quelli non sono semplici persone, quelli sono perfidi, sono assassini insaziabili, se riusciranno a catturarti, e di conseguenza a far resuscitare Oscar, la pace nel mondo sarebbe in un grave pericolo. –
Quindi loro cercano me, anche se non sanno chi sono..strana come cosa. Il ragazzo era abbastanza stupito da come Lucinda gli aveva appena raccontato questa storia. In poche parole se gli Anonymus venivano a sapere chi era.. lo avrebbero catturato ed ucciso, per resuscitare Oscar Jackson. Era proprio vero che in giro per il continente c’erano tantissimi pericoli, dalla Foresta Nera agli Anonymus.. e ancora non aveva scoperto niente sull’esterno della regione. Quali pericoli si sarebbero celati all’interno di Salax? Una domanda la cui risposta si sarebbe data solamente in un modo: esplorando. Però tutto questo stranamente non gli faceva per niente paura, anzi, gli dava un motivo in più per vivere. Niente e nessuno avrebbe potuto fargli paura, era questo il momento dove voleva dimostrare a sé stesso che era cambiato, voleva dimostrarsi che non era più il ragazzino timoroso e modesto, adesso stava diventando un vero e proprio uomo. Proprio per questo si decise a non avere paura dell’esterno, e rispose con autorevolezza al lungo discorso di Lucinda.
- Chiunque ci sia là fuori, io sono pronto ad affrontarlo. Mi sono allenato duramente per ben quattro mesi, non ho intenzione di tirarmi indietro davanti a nessuno. –
Inaspettatamente dal ragazzo, e forse anche da Lucinda stessa, prese la parola Arianna, con un discorso che fece riflettere profondamente Julian.
- Ne sei sicuro, Julian? Era esattamente questo ciò che temevo, non crederti forte, perché all’esterno potresti trovare persone che si sono allenate tutta la vita, e non solo quattro futili mesi, proprio aspettando che nascesti tu per catturarti. Io capisco che tu abbia enormi potenzialità di apprensione, basti vedere che in soli quattro mesi sei diventato praticamente forte quanto me che mi alleno da una vita.. Ma là non ci sono solamente ragazzi come noi o streghe come Lucinda, là fuori ci sono forzuti spadaccini e abili assassini, oltre ovviamente ai maghi e le streghe. Non potrai mai sapere con chi potresti, con chi potremmo direi, avere a che fare. –
Arianna pareva principalmente preoccupata per Julian, più che per se stessa, dava l’idea di una che avrebbe dato la sua vita per proteggere il ragazzo se ce ne fosse stato bisogno, e forse era proprio così. Nonostante questo, non si volle intromettere nella decisione da prendere, se Julian avesse deciso di tirarsi indietro, lei senza farsi problemi sarebbe tornata all’interno della sua stanza, anche se aveva speso metà mattinata a prepararsi.
Ma Julian non la pensava così, il discorso di Arianna l’aveva fatto leggermente riflettere, ma non avrebbe mai potuto fargli cambiare idea. A questo punto era sicuro di se stesso, voleva esplorare quello che gli era stato raccontato da ormai troppo tempo.
- Non ho paura di chi ci possa affrontare. Non mi interessa chi c’è là fuori. Abbiamo deciso che saremmo andati e adesso andiamo, costi quel che costi. –
Lucinda parve compiaciuta della decisone presa da Julian, era estremamente felice che fosse diventato così autorevole da poter addirittura prendere una decisione abbastanza importante come questa. Arianna invece era leggermente dispiaciuta, più che dispiaciuta temeva che sarebbe potuto succedere qualcosa alla sua amata famiglia, e non se lo sarebbe mai perdonato.
- Io sono con te, figlio mio. Qualunque nemico si presenti davanti a te, giuro su me stessa che lo affronterò con tutte le forze che gli dei mi hanno concesso. –
Disse Lucinda, fiera di se stessa e fiera di quella che ormai poteva essere considerata la sua famiglia.
- La stessa cosa vale per me. – rispose anche Arianna, senza però aggiungere altro, e con molta meno determinazione di Lucinda, le si leggeva negli occhi che temeva qualcosa, un qualcosa che a Julian era ancora sconosciuto.
Nonostante tutto, Julian era più che orgoglioso delle sue compagne di viaggio, ed era pronto a tutto, se loro erano al suo fianco.
Finiti i discorsi di preparazione, Lucinda decise di muoversi per andare ad esplorare la provincia di Salax.
Utilizzò la solita magia per far aprire il muro, che aveva compiuto il giorno che Julian era arrivato, solo che adesso il ragazzo la vedeva in modo totalmente diverso e riuscì a percepire le parole utilizzate da Lucinda durante l’incantesimo.
Compiuta la magia, il murò si aprì spostandosi esattamente come la volta precedente.
Dopo che il muro si fu aperto, fecero qualche passo in avanti, dopo di che si fermarono di fronte ad un punto di osservazione dalla quale si poteva vedere quasi tutta la città di Salax. Julian potette vedere veramente per la prima volta il panorama esterno. Il ragazzo capì solamente adesso che fino ad adesso aveva vissuto totalmente isolati dal centro abitato di Salax, il quale distava qualche miglio dalla sua abitazione.
Eppure quando sono arrivato non ci ho fatto caso che eravamo saliti così tanto.. non riesco a capire..
Il centro abitato della città era piuttosto affascinante da vedere, si potevano notare i tetti delle case, tra le quali spiccavano una decina di grattacieli. Ma non vi era niente di spettacolare, le case dovevano essere non più di duecento, e tra esse vi erano anche numerose fabbriche dove probabilmente si producevano armature o armi. Pareva una cittadina nella norma, e forse era così.
Ben presto però si accorse che tutto quello che poteva notare da quel punto di osservazione era solamente il centro abitato di Salax. La vera città, compresa di Castello del Conte e del Palazzo della Giustizia, si doveva estendere da un’altra parte.
Oppure tutto ciò che aveva studiato e sentito dire sulla città dove viveva adesso erano solamente notizie false, ma non ci fece più di tanto affidamento, optò più per la prima opzione. Ma per essere sicuro domandò a Lucinda, che sicuramente avrebbe potuto dargli una risposta.
Si voltò per chiamarla, e si accorse che era rimasta leggermente indietro, a parlare di qualcosa con Arianna, forse erano rimaste indietro apposta per non farsi sentire da lui.. Tuttavia il ragazzo non si preoccupò del fatto e non aspettò a rompere al più presto la loro conversazione, chiamando Lucinda.
- Lucinda! – disse il ragazzo gridando leggermente, affinché lei potesse sentirlo meglio e andare a sentire che cosa volesse dirle.
Non appena sentì la voce di Julian, Lucinda voltò velocemente la testa e lo guardò, poi rispose.
- Dimmi ragazzo mio. – ribadì concludendo immediatamente la conversazione privata con Arianna.
- Quella che posso vedere da qua è tutta Salax? –
- No, figliolo. Questa è solo una parte di Salax. Oggi ci avvieremo a piedi e visiteremo proprio questa parte. Questa parte è detta Centro Lavorativo, in quanto qua vivono solamente fabbricanti di armi e di armature, contadini ed operai. Mentre nei grattacieli che come puoi vedere spiccano in cielo, vivono i loro datori di lavoro, e i vari amministratori del posto. – Rispose Lucinda, che nel frattempo si era avvicinata sempre più al ragazzo, fino a giungergli accanto.
Dopo di che allungò il dito destro e gli mostrò alcuni dei posti più importanti.
- Quella che vedi laggiù, in lontananza a est, poco prima che si estenda il verde, è la caserma nella quale si addestrano i guerrieri del posto. Ogni punto del nostro continente ha una caserma, tutti i ragazzi devono obbligatoriamente prestare servizio militare per almeno sei mesi, dopo di che puoi scegliere se continuare l’addestramento, divenendo magari in futuro anche qualcosa di più importante, come Sergente o addirittura Condottiero. – Non appena ebbe concluso la spiegazione della prima parte, passò velocemente alla seconda, spostando il dito verso il centro.
- Mentre laggiù in lontananza, proprio dove vedi quella striscia blu là in fondo, si estende il mare, o più precisamente l’Oceano Centrale, nonché rotta principale di Darius.. Purtroppo tutte le coste della nostra provincia, ovvero le Coste Azzurre, sono in mano principalmente agli Anonymus, che non accennano minimamente a retrocedere, anzi, ci stanno circondando, e il cerchio si stringe sempre di più..–
Concluse, e come ogni volta che parlava di Darius e degli Anonymus, abbassò la testa e calò in un silenzio che significava sempre, sempre e comunque sottomissione.
Fu Arianna a rompere il silenzio, Julian non seppe dire se parlò solo per tirar su il morale a Lucinda, o perché voleva proprio sapere quello che stava chiedendo.
- Quanto ci metteremo ad arrivare al Centro Industriale di Salax, nonna? –
- Credo che se ci incamminiamo adesso per il primo pomeriggio dovremmo essere arrivati, quando saremo là ci recheremo da Joele, un mio grande amico, un amico con la quale ho combattuto e vinto molte guerre. Joele ci sta aspettando al Passo Verde, che si trova molto vicino a parecchi dei posti che ho intenzione di mostrarvi. –Rispose Lucinda. Lucinda non ci aveva mai parlato di questo Joele, né stamattina, né mai.  Sarà attendibile? Julian si stava iniziando a preoccupare, quando si trattava di porre fiducia a qualcuno, non era dell’opinione che la si poteva dare al primo che passa, ma se era amico di Lucinda e con lei aveva combattuto molte guerre, forse poteva stare tranquillo, ma solo forse.
Si iniziò a fare vari pensieri su chi potesse essere questo Joele, ma fu riportato immediatamente alla realtà dalla risposta secca di Arianna che affermava ciò che era stato detto da Lucinda, apparentemente Arianna non aveva pensato su chi potesse essere quest’uomo e se forse poteva fargli del male, rispose del tutto spensierata.
- D’accordo. –
Lucinda sorrise, poi iniziò a parlare nuovamente.
- Molto bene, adesso muoviamoci, altrimenti non arriveremo nemmeno per cena. –
Non appena finì la frase, senza lasciare possibilità di risposta ai due, si mise in cammino iniziando a scendere la discesa che si presentava a nord est da loro, una discesa non molto ripida che si distendeva per due/tre chilometri. Julian riconobbe quella strada: Era la solita che aveva fatto quando era arrivato con i suoi genitori.
La via era isolata, i tre non incontrarono nessuna persona che fosse su quella strada. Evidentemente se Lucinda aveva scelto di vivere in una casa fuori da tutto e da tutti, un motivo ci deve essere stato, e lui voleva scoprirlo. Decise che avrebbe cercato di scoprirlo da solo, non voleva domandare troppe cose a Lucinda.
Finita la discesa, si imbatterono in una tempestosa pioggia pomeridiana.
Nessuno di loro aveva idea di fermarsi a ripararsi da qualche parte, non volevano perdere tempo prezioso, volevano camminare fino alla destinazione.
Il viaggio verso Salax fu strettamente silenzioso. I tre erano immersi in pensieri vari, e nessuno di loro aveva la minima voglia di far conversazione.
camminarono per ore e ore, tante che Julian non ad un certo punto non si sentì più le gambe, e pensò che non aveva mai camminato tutto questo tempo in tutta la sua, seppur ancora breve, vita.
Era già pomeriggio inoltrato, ma la pioggia non accennava a diminuire. I tre erano bagnati da testa a piedi, ma non si fermarono mai, volevano e dovevano arrivare a Salax, e dopo delle ore infinite di viaggio, ci arrivarono.
Il centro industriale di Salax da vicino era molto diverso: le case erano strettamente vicine l’un l’altra e non vi era un minimo spazio d’erba, tutto era colorato di grigio, o comunque con toni grigi, in modo altamente depressivo. Le case erano fatte tutte unicamente in mattoni grigi, mattoni probabilmente unici nella regione.
Ogni casa era uguale a quella antecedente, non vi era una minima differenza tra esse, tutte paurosamente uguali.
Il ragazzo si fermò meglio ad osservare come erano poste in modo strano le abitazioni nel paese, e notò moltissime stranezze in esse:
Tra le case costruite in modo depressivo, spiccavano i nove grattacieli del posto, che al contrario erano lucenti. I grattacieli erano collocati in modo coordinato e preciso, ma anche molto strano e perplesso: Sul lato est spiccavano tre grattacieli, con altezza precisamente costante, e posti in modo regolare ogni quindici case, case che erano invece disposte in ordine sparso e discontinuo tra loro, ma in ogni spazio tra grattacieli, al lato est, ne erano sempre e comunque quindici. Di conseguenza sul lato ovest c’erano trenta case e tre grattacieli.
Un grattacielo ogni dieci abitazioni.. può significare qualcosa?
Esattamente accanto all’ultimo grattacielo, posto a nord est dal ragazzo, (il lato più lontano da Julian) vi erano dodici case, poste invece in modo ordinato: due abitazioni, poste di fronte, con due metri di distanza tra loro. Dopo le dodici case, vi era un altro grattacielo. Successivamente al grattacielo vi erano altre dodici case (sempre poste in modo costante) e infine un altro grattacielo posto a nord ovest, che segnava l’inizio di un’altra serie di grattacieli, esattamente uguale a quella che era a est, identica. Infine a sud, nella parte più vicina al ragazzo, vi erano altre ventiquattro case, poste in modo identico a quello a nord. Il tutto andava a formare un rettangolo regolare e ben delineato. Al centro di questo rettangolo, c’era un ultimo grattacielo, più alto di tutti. Questo era circondato da altre numerose case, tanto numerose da non poter definire il numero. Tutto ciò che era fuori dal rettangolo, non faceva parte del centro industriale di Salax. L’esterno era composto da uno strato di terra, ovviamente non lavorata.
Deve essere il centro del posto o roba del genere..
Il ragazzo rimase sconvolto dalla vista, non avrebbe mai creduto che una città potesse essere costruita in modo così perfetto e timoroso. Ma non ebbe molto tempo per riflettere, fu Lucinda a parlare subito.
- Ottimo, questo, come avrete notato, è il centro industriale di Salax. Come vedete, le case sono poste in modo molto strano, ma c’è un motivo a tutto questo, e presto lo scoprirete. Come potete vedere c’è un grattacielo che spicca tra gli altri, quello centrale: Il famoso grattacielo di controllo Alpha. In questi lavorano, ed alcuni di essi addirittura vivono, coloro che hanno portato avanti gli studi e sono riusciti a guadagnarsi un posto all’interno del grattacielo Alpha della città industriale. Qua si compiono i vari ruoli amministrativi, tali coordinatore delle armi e armature, addestratore, istruttore, maestro e sergente.
Tutto questo è di proprietà del supervisore del centro industriale, inviato e scelto direttamente da Re Peter IV, il governatore del nostro continente, sto parlando del Sig.Jeremy Hopkins, che si occupa di governare il centro industriale, di fare in modo che dal posto nascano giovani promesse in campo di battaglia, e di respingere gli attacchi dagli Anonymus, anche se fino ad adesso non si sta rivelando impeccabile sull’ultimo dovere.. – finì di parlare, ovviamente, dopo aver parlato degli Anonymus, non riuscì più a trovare le parole, e si zittì. I due ragazzi erano stupefatti dal racconto appena pronunciato da Lucinda, gli aveva spiegato in poche parole come funzionava la vita nel centro industriale di Salax: I più ricchi governavano, comandavano le fabbriche, o comunque si imponevano sugli altri, mentre i poveri lavoravano da quando il sole sorgeva a quando tramontava, e avendo apparentemente pochissimi guadagni.
- Ma se noi frequenteremo qua il centro di addestramento invernale.. dove andremo a vivere? – A Julian era saltata in mente adesso questa perplessità. La casa distava parecchi chilometri di distanza dal centro, e sicuramente non avrebbero potuti percorrerli ogni giorno, o almeno non a piedi.
- Presto lo saprai, Julian. – Rispose Lucinda in modo misterioso.
Arianna invece, non poneva mai la minima domanda, e parlava il minimo indispensabile, come se non paresse interessata.
- Molto bene, figlioli, entriamo. Vi condurrò da Joele, lui ci accompagnerà al Centro Politico e Amministrativo di Salax, dove si trova la vera e propria città. – Esclamò Lucinda, apparentemente più soddisfatta di rivedere Joele, che di visitare la città.
Varcarono il confine, dopo di che giunsero all’interno del centro industriale della città di Salax. La città dall’interno era straordinariamente paurosa. Tutto era unicamente dipinto in grigio. Nessun tono di allegria, non c’era niente che non esprimesse rabbia, delusione, rammarico e depressione. Julian non riusciva a capire come era possibile che la gente riuscisse a vivere interamente la propria vita in quel posto.
 In città regnava il silenzio più totale, un silenzio interrotto solamente dal rumore delle fabbriche che producevano materiale.
Le strade, tutte deserte. Nessuna carrozza viaggiava per le vie del posto, nessuna persona camminava per strada, niente.
Se non vi erano quei rumori assordanti provenienti dalle fabbriche, e quel pessimo e nauseante odore proveniente anch’esso, ovviamente, dalle fabbriche, Julian avrebbe potuto dire che la città fosse stata abbandonata da tempo.
Sarà sicuramente difficile trovare Joele in mezzo a tutta questa gente.. Ironizzò Julian tra sé e sé, ma ben presto capì che il sarcasmo era l’ultima cosa da pensare in questa situazione.
Io non ci vengo al corso di addestramento qua. No. No che non ci vengo. Improvvisamente si fece serio e si disse che non avrebbe mai accettato di frequentare la scuola in quel posto depresso e cupo, mai.
Camminarono qualche metro, ma il panorama non cambiava mai: Alloggi grigi e strade grigie, niente di nuovo, niente di strano.
Arianna si decise finalmente a parlare, forse un po’ sorpresa dal posto, che magari si aspettava diverso.
- Che allegria eh, Lucinda? –
Julian capì di non essere il solo a pensare il tutto, evidentemente Arianna la pensava al suo stesso modo.
- L’ultima volta che ci venni non era tutto così...grigio. Ma forse me ne sono rimasta troppo chiusa nella mia abitazione.. e forse ho fatto bene. Tutto può essere diventato così monotono e depresso solamente in un modo: Anonymus. – Disse, concludendo la frase con quel nome che ormai era entrato nel cervello di Julian.
Che prima la città fosse veramente stata allegra e gioiosa? Gli Anonymus la controllano?
Svoltato il primo angolo, ed arrivati al lato est del rettangolo abitativo, intravidero un unica persona in strada, appagata ad una carrozza trainata da due cavalli neri, Poteva essere solamente una persona: L’ormai famigerato Joele.
A Lucinda venne il sorriso sulle labbra, improvvisamente era diventata allegra.
Allungò il passo, e in meno di pochi secondi, raggiunse Joele, lasciando indietro i due ragazzi, che invece allentarono il passo per scambiarsi due rapide parole.
- Pensi che possiamo fidarci veramente di questo Joele? – bisbigliò rapidamente Julian alla sua compagna, che non perse tempo per rispondere.
- Non saprei, ma non penso che abbiamo molta scelta. In fondo dobbiamo farlo per forza, o forse preferisci fuggire in mano al fato in una città sconosciuta e con gli Anonymus che si aggirano per le vie? – Rispose Arianna, con una risposta tale da non lasciar scelta a Julian, che annuì solamente, proseguendo il cammino verso Lucinda.
- Ragazzi, su, sbrigatevi, che ci fate là addietro? – Era senza dubbio la voce di Lucinda, che aveva senza ombra di dubbio cambiato espressione, parlava come se fosse in un epoca antecedente, che Joele gli facesse quell’effetto?
I due accelerarono e raggiunsero Lucinda e Joele.
Questo famigerato Joele era incredibilmente identico, almeno nel fisico, a come se lo immaginavano i due ragazzi dalle descrizioni di Lucinda: Alto e robusto quanto forte e muscoloso, dava l’idea di un guerriero deciso e determinato, senza temere niente e nessuno. Portava una barba decisamente più lunga del normale, che gli copriva gran parte del viso, come il mento e le mascelle, coperte totalmente da quella barba nera che incuteva timore. Infine aveva dei capelli corti, senza una pettinatura particolare.
Era vestito con un paio di pantaloni blu e con una maglia nera come la pece, senza nemmeno un accenno ad un colore diverso dal nero.
- Questo è Joele, il ragazzo di cui vi ho parlato prima. – disse Lucinda, presentando in seguito i due ragazzi all’uomo, che invece doveva avere una quarantina d’anni.
Joele si voltò inizialmente verso Arianna, e gli tese la mano destra in segno di conoscenza.
- E’ piacere conoscerti, Arianna. Spero che avrai ereditato tutte le capacità magiche di Lucinda, diventeresti una guerriera prodigiosa.. – iniziò Joele, come se conoscesse Lucinda da molto tempo, e forse era proprio così. Tuttavia, Arianna smentì subito tutto ciò che gli era stato appena complimentato dall’uomo.
- Non credo di essere all’altezza di nonna.. C’è qualcun altro qua che ha delle grandi capacità. – rispose, apparentemente innervosita e in preda all’emozione, era diventata rossa in viso.
Joele parve un secondo sconvolto, ma si riprese sul momento e guardò Julian, rimanendo stupefatto.
- Oh, non posso crederci, tu sei Julian Hackett il pro nipote di Lucius? – domandò Joele, non porgendogli la mano, ma effettivamente colpito dal ragazzo che aveva davanti.
- Temo proprio di si. – concluse il ragazzo, che non voleva darsi delle arie, e preferì avere un comportamento ben ordinato e calmo, anche perché non voleva far troppa amicizia con Joele, non gli imprimeva tanta fiducia.
- Non hai la minima idea di quale potenza aveva tra le mani tuo nonno, figliolo. Era in controllo di ben nove delle undici Pietre Lucenti, con la presa delle ultime due avrebbe potuto fare praticamente quello che voleva, lui con il suo esercito imbattibile di Wyland. – esclamò Joele, alla quale adesso brillavano gli occhi.
Ma Julian non sapeva né chi fosse veramente questo ormai popolare Lucius, né che cosa fossero queste Pietre Lucenti di cui tutti gli parlavano, era determinato a scoprirlo, ma non voleva saperlo da Joele., non era la persona adatta.
- Non mi interessa sapere che cosa ha fatto Lucius, io voglio vivere per quello che sono. Non sono né un assassino, né uno che pensa solo al potere, io sono Julian Hackett. – ribadì Julian, dando così un’idea, seppur vaga, di sé stesso non solo a Joele, ma anche ad Arianna e Lucinda, che ancora, dopo soli quattro mesi,  non lo conoscevano perfettamente.
L’uomo parve sbalordito da ciò che era stato appena detto da Julian.
- Determinato il ragazzo. Mi piace. – concluse Joele, che esteriormente pareva attratto dall’incredibile energia interna del ragazzo, e dal coraggio interiore dimostrato, non avendo paura neppure di una persona che aveva combattuto guerre per anni.
Julian sorrise, ma non rispose.
Finalmente riprese parola Lucinda, che si decise a partire verso il Centro Politico e Amministrativo di Salax.
- Ottimo, vedo con piacere che vi siete conosciuti. Adesso è il momento di andarcene, non è sicuro starsene qua, esposti agli Anonymus.
- D’accordo, Lucinda. Partiremo sul momento, salite pure in carrozza. I miei Flaren e Selun saranno fieri di condurvi in città. – rispose Joele, evidentemente soddisfatto di accompagnarli.
Due nomi strani per dei cavalli..
Così, sorprendentemente, tutti e quattro salirono all’ interno della carrozza, senza lasciare nessuno a trainare i due cavalli.
L’interno della carrozza era incantevole, vista la piccolezza della carrozza. Dipinto con un blu chiaro, e provvisto di due piccoli divanetti, dove potevano sedersi non più di quattro persone, esattamente quanti erano loro.
Da una parte si sedettero Joele e Lucinda, mentre dall’altra Julian ed Arianna.
- Chi traina i cavalli se siamo tutti qua? – domandò Arianna, anticipando Julian, che voleva domandare la stessa identica cosa.
- Nessuno, mia cara. Flaren e Selun sanno molto bene che cosa devono fare e dove devono andare. Entrambi sono capaci di riconoscere ogni singola strada, a patto che l’abbiano percorsa almeno una volta, e, dato il fatto che hanno percorso più di cento volte il percorso dalla città industriale a quella vera e propria, credo proprio che sappiano dove debbono condurci. – Disse Joele, con un po’ di entusiasmo e di appagamento.
Incredibile.. come fanno due semplici cavalli a riconoscere una strada da percorrere? Julian, invece era molto perplesso e non riusciva proprio a capire come facessero a riconoscere la strada, era una cosa strana, strana quanto unica.
Arianna si ammutolì, tanto da non credere a ciò che era stato appena detto da Joele.
- E come fanno a sapere dove dobbiamo andare? – Domandò questa volta Julian, molto colpito da questa cosa alquanto unica.
Joele, invece, rispose con tranquillità, come se fosse un’abitudine viaggiare su due cavalli che ti conducano in un posto senza neanche sapere la strada.
- Ovvio, loro lo sanno. Mi leggano dentro la testa. –
Ovvio no? Quando mai un cavallo non ti legge nel pensiero?Avrei dovuto pensarci prima.  Julian era allibito quanto confuso, non sapeva se quell’uomo lo stava prendendo in giro o se faceva sul serio. Perché tutto questo pareva fin troppo. Tuttavia decise che avrebbe lasciato perdere, non voleva sapere nient’altro. In fondo, ogni volta che tentava di scoprire qualcosa, finiva per capirci ancora meno di quando lo aveva domandato.
I due cavalli partirono, senza nemmeno un minimo cenno da parte del loro conducente Joele.
Passarono pochi minuti, dopo di che il silenzio nella piccola carrozza di viaggio cadde, interrotto dalla voce lugubre e tenebrosa di Joele.
- Se tutto va bene e non ci sono intoppi, tra una mezz’ora dovremmo essere a destinazione. –
[…] e non ci sono intoppi…Che cosa significa? Che genere di pericoli possiamo incontrare durante il viaggio? Julian voleva domandarlo a Joele, ma nuovamente, qualcuno lo chiese prima di lui.
- Perché se non ci sono intoppi? Che cosa potremmo incontrare durante il tragitto? –
Arianna era, evidentemente, più preoccupata e impaurita di lui, e questo in un certo senso, gli dava più sicurezza. Era strano, ma vero. Se non era l’unico ad avere paura, Julian si sentiva più sicuro, perché questo gli dimostrava che il pericolo era vero, concreto e presente.
- La domanda non è che cosa, Arianna. La vera domanda è chi. – rispose Joele, che adesso aveva assunto un’aria più seria,ma soprattutto insicura.
C’era una sola risposta a quella domanda, ed era scontata: Anonymus.
Ovviamente, questa risposta era entrata fin da subito nella testa di Lucinda, che iniziò a preoccuparsi sul serio, guardando sempre dalla finestra.
Per qualche secondo calò un silenzio tombale, un silenzio di paura. Il solo pensiero di dover incontrare quei famigerati Assassini, incuteva una paura enorme a tutti quanti.
Nessuno, in seguito, ebbe il coraggio di parlare per primo.
Dopo lunghi e interminabili minuti di silenzio assoluto, fu Lucinda a parlare, tirando fuori tutto il suo coraggio, e tralasciando il pensiero negativo sugli Anonymus.
- Joele, posso chiederti una cosa? – domandò la donna, con molto rispetto verso il ricevente, era incredibile il rispetto che Lucinda portava verso Joele, incredibile quanto unico.
- Certamente, dimmi tutto. – replicò Joele.
Era incredibile come i due parlassero in modo talmente simile, da pensare che fossero cresciuti insieme, che si conoscessero praticamente da sempre.
- Il centro industriale di Salax è cambiato quasi totalmente dall’ultima volta che vi sono entrata, sebbene sia stata numerosi anni fa, io ricordo benissimo che la città non aveva tutti questi toni così monotoni e prevedibili, io ricordo un incantevole senso di allegria, di gioia e di spensieratezza. Ricordo molteplici campi agricoli coltivati da contadini con passione, mentre adesso vedo solamente costanti case grigie, sulle quali ogni tanto spiccano grattacieli, anch’essi ugualmente grigi. Un tempo le allegre coppiette camminavano per strada, i bambini giocavano a nascondino nei parchi, e prodigiosi guerrieri si allenavano nel centro di addestramento, mentre adesso, pare che tutti lavorino in fabbrica, che i bambini non esistano, e che nessuno abbia più tempo libero per dedicarsi all’amore e allo svago. Insomma dai, questa non può essere considerata vita. Lavorare ogni ora del giorno è schiavitù, non avere tempo libero per dedicarsi a se stesso è schiavitù. Ma dove siamo arrivati? Questa non è la Salax che ricordavo.. questa non è una città, è un cimitero. –
In effetti ciò che aveva appena detto Lucinda non faceva una piega. La città vista in questo modo non poteva esser considerata città. Evidentemente qualcosa era successo in questi ultimi anni. Joele si prese due minuti di tempo per pensare, e poi rispose.
- Vedi, Lucinda, come ben saprai, un tempo questo posto era la sede per eccellenza degli studi e dell’addestramento di tutto il nostro continente. Ma con l’arrivo degli Anonymus nelle vicinanze, le cose sono iniziate a cambiare, inizialmente in modo lento, ma in seguito molto velocemente: Gli omicidi sono aumentati a dismisura e il tasso di criminalità a Salax è divenuto altissimo. Ben presto alcuni di loro sono entrati addirittura nel nucleo del centro industriale di Salax, cercando di impossessarsi del Grattacielo Alpha, fortunatamente non riuscendoci. In compenso, con il susseguirsi del tempo, hanno iniziato a compiere attacchi organizzati verso la nostra città, che inizialmente si è saputa difendere, ma con il mancato appoggio delle truppe del vero centro di Salax, la sconfitta divenne imminente nel giro di qualche mese.
Si sono impossessati dei campi agricoli, di tutti i parchi pubblici, e di molti grattacieli e case del posto, in poco tempo sono stati capaci di abbattere i parchi, facendo sorgere al loro posto altre case, e di asfaltare i campi agricoli, facendoli diventare strade sul quale percorrere. Hanno iniziato a dipingere le case e tutto il resto dei luoghi pubblici del posto, e ben presto, agli allegri colori dell’arcobaleno di cui erano dipinte le case, si è conseguito un triste, monotono e depresso grigio.
Ma non finisce qui, perché a loro non basta mai. Hanno continuato ad attaccarci, distruggendo tutti i centri di addestramento presenti, iniziando così, a dominare la nostra città con la forza, con la violenza, con l’omicidio. Il conte Jeremy Hopkins, fu giustiziato per aver tentato di ribellarsi al loro governatore, uno dei tanti funzionari del loro Re Supremo Devid Wayne. Jeremy lo sfidò in un duello, un duello nella quale il vincitore avrebbe dominato imperterrito nel Centro Industriale di Salax. Jeremy era sicuro di vincere, orgoglioso delle sue enormi capacità fisiche e magiche, ma non aveva fatto i conti con l’estremità della potenza della magia nera di Devid. I due si sfidarono, entrambi convinti di essere nettamente superiori all’altro. Ma Devid si dimostrò incredibilmente potente, troppo potente per il disgraziato governatore di Salax, e, aiutandosi anche con la sua potentissima abilità magica, riuscì ad uccidere Jeremy, che cadde ai suoi piedi, così come tutto il nostro posto, le nostre abitazioni, i nostri parchi, i nostri campi agricoli, i nostri grattacieli, cadde esattamente come tutto il popolo del Centro Industriale di Salax. Da allora nella popolazione vige un sistema estremo di lavoro e, in alcuni casi, persino di schiavitù. Un branco di Anonymus, controlla che le persone lavorino nelle varie fabbriche, prendendosi poi tutto il loro lavoro, in cambio solamente del cibo. Siamo stati ridotti a questo, a dover lavorare per non morire di fame.
Voi non avete la minima idea di che cosa sto rischiando io adesso, ad accompagnarvi a Salax. E’ severamente proibito andarsene dalla città senza il permesso di uno dei loro capi, ma io ho deciso così, voglio rischiare. Se riuscirò ad arrivare alla vera città di Salax, in quel caso non tornerò più indietro. –
Joele aveva parlato per minuti e minuti, ma nessuno dei tre era riuscito a distogliere la mente da quel discorso incredibilmente attraente e importante. Da quel discorso avevano capito che gli Anonymus stavano arrivando, e che ben presto avrebbero tentato di invadere tutto il regno, compresa la loro abitazione.
Non ci riusciranno. Io non posso permetterglielo. Darò la mia stessa vita affinché questo non succeda.
Julian, dopo la strabiliante spiegazione di Joele, era ancora più turbato, solo nel sentire il nome degli Anonymus.
Che cosa faccio se li incontriamo adesso? Sono abbastanza forte per sconfiggerli?
E se non lo sono? Se mi prendano e mi uccidano? No..No. Non può succedere, devo essere più forte, io non sono come loro.
In preda ai pensieri più vaghi, Arianna lo riportò alla realtà.
- Per quale motivo gli Anonymus sono giunti a Salax? Non penso che sia in una posizione così tanto favorevole da invaderla prima di Lexon, dove si trova la nostra Pietra Lucente..
Joele non ci pensò un attimo prima di rispondere, come se la risposta fosse scontata, come se fosse ovvio.
- Ormai in tutta Salax, dal confine con la Foresta Nera, alle Grandi Barriere, passando per le Coste Azzurre e la Pianura Verde, gira voce che sia in vita un nuovo Ranger.
Tuttavia, loro non sanno chi sia veramente questo nuovo Ranger in circolazione, ma penso che sicuramente se lo aspettano come una persona adulta e di enormi capacità magiche, o almeno non di certo come un innocente ragazzino ancora in fase di sviluppo. Quindi per ora, sei al sicuro Julian. Tra di loro si aggirano molti Cercatori, ma pochi di loro riescano veramente a riconoscere chi tra le persone che hanno davanti sia il Ranger. Per cui, sta tranquillo che se dovessimo imbatterci con loro, io e Lucinda ti copriremo. Meglio che prendano noi che tu. Tu devi crescere e diventare forte. Devi liberarci da loro. –
Loro sacrificherebbero l’intera vita per me? O forse l’ha detto solamente per darmi sicurezza.. in ogni caso no, io non sono un ragazzino debole e innocente. Io sono Julian Hackett e voglio dimostrare il mio valore, se mi imbatterò con loro, voglio difendermi da solo.
Julian aveva sviluppato una notevole autostima e forza interiore, e questo forse era un bene, a meno che non fosse cresciuta a dismisura rendendolo così antipatico e odiato da tutti, mentre un pizzico di autostima è necessaria per non svantaggiarsi sempre subito quando si presenta un pericolo di fronte a lui.
- Io non ho bisogno del vostro aiuto, so combattere da solo. – rispose Julian, convinto di sé.
Tuttavia Joele non fece altro che mettersi a ridere, seppure fosse l’unico a ridere tra i quattro, mentre Lucinda e Arianna se ne stavano impalate a guardarlo, e Julian si stava innervosendo; non sopportava che qualcuno ridesse di lui in quel modo.
- Ragazzo ma chi ti credi di essere? Chi pensi che siano quelli, animali da giardino? Come puoi pensare solamente di uccidere qualcuno di loro senza nemmeno un’arma da battaglia? Questo non è un gioco, Julian. Se ti colpiscano, muori. – Ribatté lui, convinto dell’affermazione che aveva detto in precedenza.
- Datemi un’arma, allora. – Julian stava diventando sovrabbondantemente antipatico, si dava troppo delle arie, credeva di essere la persona più forte di tutte a combattere, di essere il migliore. Pensava di poter sconfiggere gli Anonymus come se fossero semplici animali, ma si sbagliava, e come se si sbagliava.
- Adesso stai cominciando ad esagerare, Julian. Io ti dico di rimanerne fuori se ci sono pericoli e tu vuoi per forza morire? Andiamo piantala. Se ti dico che anche se tenti solamente di combattere qualcuno di loro ti uccidano, perche non devi fidarti? Lascia combattere noi, che siamo più grandi e forti di voi due. Lo facciamo solamente per salvarvi la vita. – Joele stava solamente cercando di salvare la vita al povero ragazzo che voleva andare a morire.
Loro non sono più grandi e forti di me. Io non sono più debole di Joele, loro non riusciranno ad impedirmi di combattere. Julian non la pensava allo stesso modo, credeva di essere imbattibile solo perché aveva dei poteri che erano unici al mondo, ma doveva capire che ci sono persone che si allenano da decenni, e che sono superiormente forti di lui, che possano ucciderlo in un batter d’occhio.
- Tu non sei più forte di me, idiota. – disse Julian, che stavolta aveva decisamente esagerato. Non avrebbe dovuto offendere Joele, non avrebbe dovuto lanciargli una sfida. Ma lui era convinto di se stesso, era convinto di riuscire a batterlo. Credeva di essere magicamente invincibile, di essere indistruttibile.
Joele fece un sorrisino sulle labbra, i suoi occhi adesso si fecero aggressivi, potenti.
Ma non sembrava ancora del tutto convinto di sfidare Julian, non voleva ucciderlo.
- Selun, Flaren fermatevi, adesso! – gridò talmente forte l’uomo, da spaventare tutti. I due cavalli si bloccarono istantaneamente, bloccando il loro viaggio verso Salax.
- Julian, ma che cosa fai.. – Disse nel frattempo Lucinda, molto preoccupata per il ragazzo, che sfidava una persona molto più grande di lui.
Julian non rispose, non voleva aprire una discussione, ma soprattutto voleva concentrarsi sul duello che avrebbe dovuto vincere.
- Adesso basta, piccolo ed esaltato Ranger. Mi hai annoiato fin troppo, nessuno si è mai permesso di sfidarmi, nessuno si permetterebbe mai di sfidare in questo modo deprecabile il guerriero con più uccisioni nella storia di Lexon, diretto servitore del Re Peter IV, e cavaliere per eccellenza nella Battaglia Del Mare. Tu, ignobile fanatico stronzetto, oggi vedrai che cosa significa combattere, lo vedrai per l’ultima volta nella tua vita. –
Idiota, tu non riuscirai a sconfiggermi, non riuscirai a farmi paura elencandomi le tue battaglia vinte, le battaglie si vincano con l’esercito, i duelli da soli. Vedremo chi resterà in piedi.
- Joele, ma che fai, non vorrai veramente ucciderlo, andiamo è solamente un ragazzino.. – esclamò Lucinda, preoccupata di ciò che stava per accadere.
- Tu stanne fuori Lucinda! Il ragazzo deve capire che il mondo non ruota attorno a lui. –
- Joele.. ti prego. –
- So quello che faccio, Lucy. – concluse Joele lanciandogli un sorrisetto che fece innervosire ancora di più Julian.
Dall’altra parte, Julian discuteva con Arianna del duello.
- Julian, lui ti ucciderà, non hai speranze di ucciderlo. –
- Questo lo vedremo. Ti prometto che tornerò qua da te. –
Arianna non rispose, non ne ebbe il tempo.
Joele aprì la portiera con un calcio e saltò fuori facendo un duplice salto mortale in aria.
Pensi di farmi paura?
- Esci fuori, ragazzino. – disse poi Joele, in tono aggressivo, da invogliarlo a venire fuori, a portarlo fuori per ucciderlo.
Julian uscì dalla portiera e si preparò al duello. Non appena uscì lui, saltarono fuori anche Lucinda e Arianna.
Fuori si estendeva un enorme prato verde, non c’era niente costruito, nessuna costruzione, nessun edificio, niente.
Era la Pianura Verde, il luogo per eccellenza degli Anonymus, era qua che sarebbero stati esposti al rischio. Ma se fossero arrivati li avrebbero visti, per chilometri non c’era niente che impedisse la visione della splendida pianura.
Il tempo era ancora grigiastro, ma aveva smesso di piovere.
 
Joele giunse dai suoi cavalli, li accarezzò e pronunciò qualcosa nell’orecchio di uno dei due. Poi dallo stesso prese dal fodero un’imperiosa spada. Una spada che Julian fino ad adesso non aveva notato, non aveva visto il fodero che conteneva la spada.
Joele prese con cura la sua spada, un’arma che aveva generato migliaia e migliaia di morti: Una prodigiosa spada, interamente fabbricata di Cristallo Nero, un materiale rarissimo, che si trova solamente nelle Caverne Buie delle Rovine Desertiche.
Luoghi raggiungibili solo nelle leggende.
Che lui ci fosse arrivato?
Ma non era finita, perché esattamente accanto alla custodia della spada c’era una piccola fiala, una fiala contenente Tetradotossina, o più comunemente noto come veleno di pesci palla, il veleno più letale al mondo. Un solo tocco, e sarebbe stata l’ultima cosa che avresti toccato nella tua vita.
Joele ne fece gocciolare precisamente cinque gocce, su un fazzoletto apposito, fazzoletto che poi spalmò esattamente sulla punta della spada. Se Julian avesse toccato la spada, sarebbe morto sul colpo.
- Joele non c’era bisogno del veleno! Stai combattendo contro un ragazzino! Così lo ucciderai... – Gridò Lucinda timorosa di ciò che stava accadendo.
- E’ quello che si merita. Nessuno può sfidare Joele Sowx in duello! Tu morirai oggi, Julian. – gridò ancora più forte Joele, che adesso era pronto per la sfida.
Lucinda non era d’accordo, e lo ripeté più volte, non voleva che i due si combattessero, ma soprattutto la saggia donna sapeva che se si fossero affrontati ci sarebbe stato un unico e scontato vincitore: Joele. E non voleva che Julian morisse, almeno non oggi. Ma purtroppo non fu lei a decidere, loro due avevano deciso in un’altra maniera.
Julian che invece era ignaro della potenza che avesse la Tetradotossina, ma soprattutto applicata sulla spada di uno dei più potenti guerrieri dei cinque continenti.
Era sicuro che l’avrebbe sconfitto solamente con qualche magia di livello più elevato, qualche magia che sfruttava la psicologia mentale del lanciatore.
Joele si tolse la giacca nera che portava, e rimase con una semplice maglietta, anch’essa nera. Julian potette notare i suoi potenti ed allenati muscoli dei bracci, un suo bicipite corrispondeva a circa tre volte quello di Julian, fisicamente era decisamente più potente del giovane Julian, Julian che però poteva contare sulla sua elevata capacità magica.
Joele si mosse, adesso era esattamente di fronte a Julian, distante solo una decina di metri.
Julian era concentrato sul nemico, concentrato a batterlo.
Non staccava gli occhi da Joele per nemmeno un secondo, e la stessa cosa valeva per Joele. Lucinda ed Arianna invece, se ne stavano appoggiate alla carrozza, sperando entrambe che qualcosa gli facesse cambiare idea sul fatto di uccidersi l’un l’altro.
- Attaccami. – provocò Julian, impassibile nella posizione sulla quale si era piazzato prima del duello.
- Non vorrei ucciderti subito, prima i più giovani. –
Julian non ci stette, non voleva farsi umiliare.
Lo uccido. Lo uccido.
Decise di riflettere velocemente sul da farsi, decise di attaccare.
Tese le mani di fronte a lui, in attesa di compiere qualche magia.
Devo concentrarmi. Pensare al nemico. Pensa, Julian, pensa. Come ha detto Lucinda, “ concentrati sul nemico e scoprine il punto debole, è li che dovrai colpirlo. Più sarai rapido nel farlo, più probabilità avrai di vincere.”
Qual è il suo punto debole? Forza fisica, robusto, strategicamente concentrato.. c’è solo un modo per colpirlo: Velocità.
Decise che lo avrebbe attaccato dal lato destro, muovendosi di scatto, senza avvicinarsi troppo per non essere a portata di spada.
Velocità. Velocità.
Si mosse prima verso sinistra, tentando di confonderlo, ma non riuscendoci. Joele se ne stava impassibile, non si muoveva di un millimetro.
Poco prima che fosse di fronte a lui, fece uno scatto rapidissimo, spostandosi totalmente dalla parte opposta. Tese il palmo destro verso di lui e praticò la magia più prodigiosa che aveva appreso fino al momento corrente.
Fuoco.
Un piccolo braciere gli si formò nel palmo, scottandolo.
Poi tentò di colpirlo lanciando il braciere verso di lui.
Aveva fatto male i conti.
Non si può sconfiggere un nemico solamente con la magia.
Joele incrociò la spada di cristallo in modo da proteggerlo, il fuoco si schiantò sulla spada, senza provocargli il minimo danno.
- Tutto qua quello che sai fare? Ridicolo. – Rise Joele, che se la spassava, come se stesse combattendo contro un bambino innocente, e forse era così.
- Ti sei esercitato abbastanza per uccidere animali indifesi, pensi veramente di riuscire ad uccidere me? Non ti colpisco per rispetto verso Lucinda, altrimenti ti avrei ucciso. –
Chi si crede di essere questo? Non è ancora finita. Al diavolo la magia.
Decise di puntare sul fisico, ignorando di essere particolarmente svantaggiato su quel campo.
Se devo morire, voglio farlo a modo mio.
Joele nel frattempo rinfoderò la spada a terra e si voltò, pensando che anche Julian avesse abbandonato il duello.
Julian invece fece il gesto più spregevole dei gesti, lo colpì di spalle.
Non mi interessa la cortesia, io voglio ucciderlo.
Gli sferrò un potente calcio nella schiena.
Joele rimase impassibile, il ragazzo non seppe stabilire se gli aveva provocato dolore o meno, in quanto lui rimase impassibile per un paio di secondi, poi parlò.
- Vigliacco.- bofonchiò, adesso aveva superato ogni limite di esasperazione.
Joele si voltò rapidamente, e prima ancora che Julian potesse accorgersene, gli sferrò un maestoso montante sinistro, colpendolo in pieno viso.
Julian cadde a terra.
- Non ti uccido, ma una bella lezione ti sta bene. La prossima volta ci penserai prima di sfidare qualcuno, bambino! – concluse, poi si voltò ed andò a riportare la spada al cavallo.
Julian era ridotto in condizioni deprecabili.
Il naso gli perdeva una quantità indefinita di sangue, tanto da pensare di esserselo rotto. Per di più non riusciva ad alzarsi, era costretto a terra.
Non riusciva a pensare a niente, tutto ciò che sapeva era che voleva riposare.
Ma fu in quell’esatto momento che accadde.
 
Erano arrivati. Lucinda era sicura che fossero arrivati.
Tre uomini, vestiti interamente in bianco lucente, con una giacca lunga e monotona.
Giacca sulla quale terminava un cappuccio, che copriva interamente i capelli e parte del viso, lasciandolo scoperto solo dagli occhi fino al collo.
Entrambi gli uomini avevano dei pantaloni bianchi che non si distinguevano dalla giacca.
- Aiuto! – gridò fortissimo Arianna.
Uno di loro l’aveva presa in ostaggio, e adesso la teneva ferma, puntandogli un coltello sulla gola, se si fosse mossa, l’avrebbe uccisa.
Gli altri due invece si fecero avanti, ponendosi verso Lucinda, uno accanto all’altro.
Lucinda era appoggiata ancora alla carrozza, e, mentre Julian era a terra, Joele aveva appena rinfoderato la spada, e si era appena voltato, vedendo l’orribile spettacolo.
Tuttavia, nessuno dei due decise di colpirli, ma quello alla destra di Lucinda parlò.
Aveva una voce cupa e altezzosa, una voce che non emetteva richiami, ciò che diceva era quello, quello e basta.
- Chi tra voi è il Ranger? So per certo che sia tra voi, l’ho avvertito. –
Un cercatore, ottimo, stiamo per morire. Pensò tra sé e sé Lucinda.
Nel frattempo Joele si mosse, anche lui verso Lucinda, e mentre arrivava da lei, si fermò da Julian.
 - Sta giù e non alzarti, o ti uccideranno. –
Julian obbedì, anche perché non aveva alcuna intenzione di alzarsi per morire.
Joele accorse da Lucinda, parlandogli nell’orecchio, così che i tre assassini non potessero sentire.
- Possiamo batterli.-
Però, i tre erano letteralmente più furbi di loro due.
- Se vi muovete anche solo di un passo, lui la ucciderà.- emise sempre il solito, riferendosi alla sventurata Arianna costretta immobile con un coltello puntato alla gola.
Lucinda e Joele stettero fermi e impassibili, ma senza rispondere alla domanda.
- Vi do cinque secondi per rispondere, altrimenti.. – disse l’assassino, con un aria altezzosa.
- Uno.
Due.
Tre. –
Basta, devo dirglielo, mi sacrificherò.
- Io. Io sono il Ranger. – pronunciò Lucinda.
- Ottimo. Avanza verso di me. –
Lucinda si mosse, lanciando un occhiata a Joele, e fu li che tentarono l’impresa.
 
Un getto di energia colpì l’uomo che teneva Arianna, liberandola.
Arianna fuggì più lontano possibile da loro, per salvarsi la vita.
- Fatevi sotto! – Gridò Lucinda.
- Sapete cosa fare. Uccidete l’uomo e catturate la donna, lei ci servirà. – pronunciò colui che aveva sempre parlato agli altri due. Mentre l’uomo che era stato appena gettato a terra da Lucinda si era rialzato.
Partì il duello.
Tre contro due.
Una serie indecifrabile di colpi. Ma Joele era disarmato, e dovette colpire solo a pugni, mentre gli Anonymus erano armati di spade e pugnali, che ripetutamente colpirono l’uomo.
Il duello durò una decina di secondi, quando all’improvviso, Joele cadde a terra definitivamente, ferito brutalmente. Era difficile stabilire se fosse stato in grado di rialzarsi.
Una serie di colpi fatali lo avevano reso vulnerabile da più lati, e gli Anonymus non se lo lasciarono sfuggire. Lo uccisero senza la minima pietà, con cattiveria, con odio.
L’altro catturò Lucinda, e la tenne stretta a sé, per non farsela sfuggire, successivamente gli legò mani e piedi e la gettò a terra, incapace di muoversi.
- Edismund, Finisci il ragazzino per terra, poi prendiamoci i cavalli ed andiamocene.- gridò il primo, che apparentemente doveva essere il capo tra i tre.
L’assassino si mosse verso Julian, e gli sfoderò un poderoso calcio dritto in faccia.
Julian perse i sensi.
Adesso non vedeva più niente, temette realmente di essere morto.
Non riusciva a vedere niente, solo un intangibile nero tenebroso e offuscato, una fosca oscurità totale ed un confusionario buio cupo, che rappresentava senza ombra di dubbio un ineccepibile presagio di morte

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** CAPITOLO 8 ***


Capitolo 8

Non si può scoprire nuovi oceani se non si ha il coraggio di perdere di vista la riva.
(Andrè Gide)
 
Il risveglio di Julian fu lento e doloroso. Non riusciva a muovere nessun muscolo del corpo, era piantato a terra, incapace di muoversi. Non era capace nemmeno di aprire gli occhi, occhi che ancora gli doloravano dopo il calcio maestoso sferrato dall’assassino anonimo. Non conseguiva, addirittura, di conoscere il luogo su cui era steso. Pensò che doveva essere lo stesso dove aveva perso i sensi, ma non ne era poi così sicuro.
L’unica cosa che era in grado di fare adesso era quella di pensare ai danni che aveva causato nelle ultime ore vissute. Era riuscito, senza volerlo esplicitamente, a far catturare Lucinda dagli Anonymus, che pensavano che fosse lei la persona che gli servisse per compiere il rituale, non sapendo di sbagliarsi clamorosamente.
Quando avranno scoperto che lei non è quello che volevano, la uccideranno. E tutto questo è solo ed esclusivamente colpa mia. Non avrei dovuto sfidare Joele, sapevo benissimo di perdere. Perché l’ho fatto, perché? Julian si sentiva sempre più triste, sempre più crudele ed egoista, e forse era davvero diventato così, ma lui non voleva questo, lui voleva essere buono, voleva solamente essere il Julian Hackett che era sempre stato, non quello aggressivo e fanatico che aveva dimostrato essere a Joele.
Io non sono questo. No. No. Io non sono crudele, io sono buono.
Voleva far credere a tutto se stesso che era amabile e gentile, timido e spiritoso, ma sapeva benissimo di non essere più quel Julian. Sapeva benissimo di essere cambiato.
Togliendo la cattura, e la conseguente papabile uccisione, di Lucinda, era riuscito addirittura a far uccidere Joele, o almeno da come era stato colpito dagli Anonymus pareva che era morto.
Quel Joele, tanto gentile che si era rifiutato di ucciderlo, preferendo in seguito la sua stessa morte per proteggere un ignobile ed orgoglioso ragazzino che lo aveva sfidato.
Se non fossi stato così orgoglioso di me, forse adesso saremmo stati a Salax, a goderci lo splendore della Città. Saremmo stati pronti ad affrontarli; uniti, come una vera squadra. Ed invece mi sono comportato da bambino, da idiota.
E, come se non bastasse, adesso era sparita persino Arianna.
Fuggita, disertata come se non ci fosse una meta. Scappata da degli assassini spietati, che cercavano Julian, l’unico che apparentemente ne è uscito, non illeso, ma almeno era ancora in vita.
Arianna, Joele, Lucinda, tutti scomparsi.
 
Alla fine, dopo una lunghissima e dolente agonia, durata chissà quanti giorni, il ragazzo riuscì finalmente ad aprire di nuovo gli occhi.
I colori ripresero forma lentamente nel cervello di Julian: Inizialmente la visuale era sfocata, per poi passare ad una visuale completa del luogo.
Non appena riuscì a vedere il posto, gli ci volle meno di un secondo per capire dove si trovava, quello poteva essere un solo luogo: La famigerata e tenebrosa Foresta Nera.
Maestosi ed imponenti alberi si estendevano innumerevoli sopra allo scuro prato, un prato misto tra erbetta fresca di bosco e ghiaia, oltre ad essere numerosamente riempito di foglie alberali, cadute dagli stessi alberi della foresta.
Le chiome degli alberi facevano in modo che si vedesse il cielo solo di rado, un cielo incredibilmente bianco, senza il minimo spiraglio di sole, coperto totalmente ed inesorabilmente dalle nubi.
La foresta era invasa dal cinguettio degli uccelli, dal fragore degli alberi e dal rumore del vento che si imbatteva sui tronchi.
Ma la prima vera domanda che Julian si pose fu un’altra:
Come ci sono arrivato fin qua?
Una domanda complicata, a cui era difficile dar risposta, o meglio sarebbe stato difficile, se, dopo che fu riuscito finalmente a mettersi almeno in posizione seduta, non avesse trovato un bigliettino per terra.
Dopo che si alzò, seppur faticosamente, e con tutti gli arti che gli dolevano, trovò una lettera, scritta su un piccolo e leggero papiro giallognolo.
Julian, in preda alla curiosità, non esitò a leggerla subito.
 
Caro Julian,
Anche se non vorrai crederci, a scriverti sono proprio io: Joele.
Sai, mi è dispiaciuto moltissimo della nostra incomprensione e del duello alla quale siamo giunti, ma spero che sarai consapevole di aver commesso degli errori inevitabilmente gravissimi, e forse irreparabili.
Tuttavia, sono più che convinto che tu possa cambiare, che tu possa diventare un’ottima persona, nonché un perfetto Ranger, e proprio per questo, ho deciso di affidarti alla Foresta Nera, perché sono sicuro che qua potrai trovare la tua vera e propria natura.
Non voglio dilungarmi troppo, non sono mai stato bravo con i complimenti, per cui passo direttamente al fulcro di ciò che volevo dirti:
Io sono stato colpito ripetutamente da quei bastardi degli Anonymus, ma per fortuna sono riuscito a rimanere con un granello di energia, e, dopo svariati giorni di cammino, (Già, perché quei dannati assassini mi hanno portato via i miei adorati cavalli) sono finalmente tornato nella mia patria, Salax.
Ho passato tutte le pene che nemmeno immagini, ho patito fame e sete, ma sono sopravvissuto. Ma questo non mi importa più di tanto, ciò che volevo dirti è che, sfortunatamente, e come penso che ricorderai, Lucinda è stata rapita dagli Anonymus.
Da ciò che ho sentito mentre partivano penso che l’abbiano portata nelle loro prigioni mortali, nell’invalicabile Deserto del Sud, proprio a fondo del posto, nelle fatali Rovine Desertiche. E’ da la che hanno iniziato la loro espansione, per poi arrivare a conquistare quasi metà continente. Nelle Rovine Desertiche tengano tutte le armi da tortura, e credo proprio che giungerà là presto anche il loro capo, Devid.
Non appena scopriranno che Lucinda non è ciò che pensano, penso che niente gli impedisca di ucciderla, torturandola nei peggior modi.
Quello che ti sto chiedendo, è di giungere, appena puoi, all’entrata della Caverna Buia di Sulem, se ti inoltri nel cammino ci arriverai in meno che non ti aspetti.
Ti attenderò là fino al giorno del solstizio d’inverno, dopo di che, se non ci sarai, vorrà dire che avrai rifiutato il mio invito per aiutare Lucinda, e di conseguenza mi addentrerò da solo all’interno della tenebrosa Caverna Buia.
Molto bene, penso di averti detto tutto.
Ah no, aspetta. Quella ragazzina, la tua amica, Arianna:
Di lei non ho più avuto notizie, dopo che Lucinda la liberò dalla presa dell’assassino, ha iniziato a correre, correre senza metà, non so dove può esser giunta. Spero proprio che la ritroveremo presto, anche per te, vedo che ti ci trovavi molto bene insieme.
Detto questo, mi congedo.
Ti attendo all’ingresso della Caverna Buia, se non sai dove si trova, passa da Lexon e chiedi di Alex, lui ti dirà tutto ciò che vuoi sapere, gli ho già parlato di te, sarà felicissimo di ospitarti nella sua abitazione.
Mi raccomando, Julian, entro il giorno del solstizio d’inverno, non un’ora più tardi.
Ci vediamo presto.
Con affetto, amore e dedizione.
Joele Sowx.
 
Un principale e, finalmente, positivo pensiero balenò nella testa del giovane e promettente Ranger:
Allora è vivo!
Stranamente, solo al pensiero che Joele era ancora in vita, e che non fosse morto per colpa sua, Julian si sentì rallegrare. Nonostante Lucinda fosse nella prigione labirintica più pericolosa dell’intera setta degli Anonymus, e nonostante Arianna fosse scomparsa chissà dove, ma soprattutto ciò che lo turbava era che non aveva notizie della sua fedele compagna, per ciò che ne sapeva poteva essere anche morta, morta di fame, morta di sete, morta per una qualunque causa, che sia naturale o artificiale; e lui non poteva saperlo.
Julian desiderava in qualunque modo, che Arianna sapesse che lui era lì, nella Foresta Nera a pochi passi da casa, voleva farle sapere che era ancora vivo, nonostante non sapesse se lo sarebbe rimasto ancora per molto.
Sapeva benissimo che la Foresta Nera incute tutte le peggiori paure che si possono pensare.
Adesso, arginato il discorso scritto da Joele nella lettera, pensò a che cosa avrebbe fatto adesso, per tentare di salvarsi la vita da quella foresta che appariva fino a quel momento, solo nei peggiori incubi.
Se Joele mi ha portato, o fatto portare, in questo posto, un motivo sotto c’è sicuramente. Lui non mi lascerebbe mai morire. No. Non lo farebbe.
Tentò di rassicurarsi il ragazzo, tuttavia non ci riuscì, il pensiero di morte superava ogni altra cosa.
Acqua, cibo. Devo procurarmi da bere e da mangiare, senza di essi sono spacciato.
Tentò di cercare dei fiumi intorno a ciò che gli era permesso nel suo raggio visivo, ma fu inutile. Niente acqua, né tantomeno cibo.
Solamente numerosi cervi si muovevano nel bosco, ma era quasi impossibile catturarne uno a corsa, e poi non voleva mangiare animali.
Non ucciderò animali per mangiare, non dovrò essere costretto a questo.
Julian non aveva fame, ma il solo pensiero di dover starsene giorni senza mangiare gli dava al cervello.
Aspetta. Aspetta Julian, rifletti. Ma chi ha mai detto che devo starmene qua per giorni? Posso andarmene anche subito.
Questo era un fatto che ancora non aveva pensato, e aveva ragione.
Nessuno lo rinchiudeva lì dentro, avrebbe potuto andarsene quando voleva.
Tuttavia non volle farci subito affidamento immediato.
Adesso era in piedi, che si voltava attorno, in cerca di una soluzione immediata, cercava nuovamente qualunque fonte di acqua e di cibo, ma invano.
L’indecisione regnava dentro di lui, non sapeva che cosa avrebbe dovuto fare.
Devo andarmene, non posso restare qua dentro, o morirò diffamato.
Alla fine, prevalse l’aver paura di morire.
Decise che avrebbe dovuto passare meno tempo possibile all’interno di questa orripilante foresta, iniziò a camminare, ma si accorse ben presto di procedere solamente a cerchio, senza aver fatto un solo metro in più verso l’uscita.
Non seppe stabilire se fosse stato il nome il nome della foresta, la fama o proprio il bosco stesso, a dargli problemi. Sapeva solo che anche se vi era stato solo una decina di minuti all’interno, già stava iniziando ad impazzire. Ogni albero, ogni chioma, ogni tronco, tutto dannatamente uguale. Nessuna differenza, identici. Ed era proprio quell’uguaglianza che lo faceva impazzire.
Camminò per ore e ore, ma non seppe stabilire se fosse mattina o pomeriggio, il tempo sopra di lui era sempre identico: Cielo bianco e temperatura nella media.
Una cosa sola era riuscito a capire: Ogni posto gli pareva uguale al precedente, solo immensi alberi, gli sembrava di non essere avanzato nemmeno di un metro.
Cominciava anche ad avere fame, e non aveva niente da mangiare.
Fino al momento in cui trovò uno spiraglio di salvezza in mezzo alla morte.
Mentre camminava, finalmente alla sua destra potette notare un piccolo e acquoso torrente.
Senza pensarci un secondo corse verso esso, arrivò al bordo, si accovacciò, e bevve un sorso d’acqua. Poi un altro sorso, ed un altro ancora. Si dissetò, come non aveva mai fatto in vita sua.
Ma non sapeva che aveva fatto solamente peggio: Adesso che si era dissetato la fame era doppia.
Iniziò a scervellare per poter trovare qualcosa da mettere sotto i denti.
Finalmente trovò un modo per procurarsi del cibo.
 
Lo trovò solamente a pomeriggio inoltrato, quando ormai si iniziava a non vedere più niente, poco dopo il tramonto.
Passeggiò ancora nel bosco, trovando dei legnetti, piuttosto spessi e resistenti.
Iniziò ad affilarli sugli alberi, con altri legnetti, ovunque. Doveva fare in modo che la punta divenisse tale da essere talmente appuntita, da poter perforare il cuore di qualunque animale. Sul legnetto avrebbe poi applicato un po’ di magia, per far in modo che la freccia prendesse fuoco durante il tragitto.
Tuttavia, dovette ricredersi a ciò che si era promesso qualche ora fa, la fame gli era già aumentata a dismisura e non aveva la minima intenzione di passare la notte digiuno.
Una volta preparati i legni, che divennero armi assassine, si incamminò con attenzione alla ricerca di qualche cervo da visionare, ed uccidere.
La luce, nel frattempo, era sempre minore. Doveva sbrigarsi, o sarebbe rimasto senza mangiare per tutta la notte.
Ed alla fine, arrivò ciò che aspettava.
Un cervo che doveva essere nel fiore degli anni, che sorseggiava acqua lungo il fiume.
Julian lo vide di lato, si voltò lentamente, poi si spostò, per essere esattamente di fronte a lui. Quando lo fu, non esitò a colpire.
Applicò una fiammetta di calore sulla freccia, affinché colpisse più aggressivamente nel corpo dello sfortunato cervo.
Poi lanciò. Un lancio incredibilmente da maestro, come se lanciasse pugnali da anni.
Dritto al torace.
Julian pensò di non esser mai stato contento di mangiare come in quell’occasione.
Si avviò di fretta, e con gli stessi legnetti appuntiti gli squarciò il corpo, mangiandosi gli organi interni, crudi, ma comunque buoni per essere una delle prime cose che mangiava da giorni, visto che non sapeva quanto era rimasto svenuto per terra.
Dopo aver finalmente cenato, giunse ad addormentarsi, stendendosi per terra, ignaro di ciò che poteva accadergli.
Nonostante fosse steso su un ammasso di ghiaia e sassi, prese sonno piuttosto rapidamente, sebbene fosse sveglio da poche ore dopo aver dormito per chissà quanto a causa dello svenimento. Quel giorno aveva camminato come non mai da mattina a notte, ma soprattutto, gli mancava il nutrimento, aveva appena mangiato un cervo, crudo e controvoglia, ma non è che fosse poi il massimo da mangiare per cena..
Aggiungendo a tutto questo il fatto che per colpa del suo orgoglio, Lucinda era prigioniera nel penitenziario più pericoloso di sempre, e Arianna era scomparsa nel nulla, la sua autostima andava sotto zero, e tutto ciò che gli restava da fare era dormire.
Durante la notte, stranamente, non successe nulla di memorabile, e il ragazzo dormì quasi tutta la durata delle ore notturne, sebbene qualche volta si fosse svegliato a causa dei rumori del fosco bosco.
Non appena sorse il sole, e gli uccellini ripresero il cinguettio allegro, sostituendo il cupo bubbolare dei gufi, Julian aprì gli occhi.
Ciò che vide davanti agli occhi quella mattina rimase perennemente impresso nella sua mente, fu uno dei momenti più belli della sua intera esistenza.
Uno splendido, meraviglioso, magnifico e incantevole cucciolo di lupo interamente bianco, con solo una macchia nera che gli copriva parte del viso, formandogli una specie di maschera che gli copriva dalla fronte agli occhi.
Il piccolo ed adorabile cucciolo aveva un colore di pelle strettamente unico e inimmaginabile: Era di un bianco lucente, come la neve appena caduta sul terreno, era un colore diverso dagli altri, un colore unico, esemplare.
Ma la cosa che più sorprendeva Julian, la cosa che lo fece innamorare sul momento di quell’animale, insolito quanto affascinante, erano gli occhi.
Quegli occhi, erano senza dubbio gli occhi più belli che aveva mai visto.
Spettacolarmente blu, ma blu profondi come l’oceano e lucenti come il blu dell’arcobaleno appena sorto dopo un furioso temporale.
Era incredibilmente meraviglioso vedere quello splendore davanti a sé.
Un piccolo cucciolo, tenerissimo, che si teneva a malapena in piedi sulle sue zampine bianchissime e amabili. Quel pelo, un pelo massiccio e morbido allo stesso tempo, rendeva ancora più spettacolare l’intero animale, uno degli animali più belli, se non il più bello che Julian aveva mai visto.
Che cosa sei?..Non ho mai visto niente di così spettacolare, niente di così  magnifico.
Julian non sapeva che cosa fare, aveva intenzione di tenere con sé quel cucciolo di lupo, per sempre. Voleva farne il suo lupo, insegnargli ciò che doveva, averlo sempre come compagnia, amarlo come doveva.
Non seppe stabilire se si era emozionato più all’incontro col cucciolo o con Arianna, ma forse la scelta era difficile, impossibile da fare; Sono state due situazioni completamente differenti.
Il cucciolo era lì davanti a lui, che emetteva dei piccoli ululi, forse in cerca della madre.
Come ci sei arrivato fin qua? Si chiese Julian tra sé e sé, incredibilmente sorpreso di che cosa ci facesse un piccolo lupo da solo in mezzo al bosco senza la madre.
Non si pose minimente la domanda fondamentale, ma era sicuro che non sarebbe accaduto: Se la madre lo avesse cercato? O almeno sperava che non accadesse.
Julian si alzò da terra e si mise in piedi; il lupo se ne accorse, ma invece di scappare dalla paura, gli venne incontro delicatamente e dolcemente. E fu in quel momento che Julian si ricordò le parole di ciò che gli aveva fatto vedere Lucinda.
 
[…]Ad alcuni predestinati, la Foresta Nera permette di trovare un’ animale. Un animale che deve essere obbligatoriamente ancora in fase nascente. Si dice che questi animali siano leggendari, che siano estremamente potenti. A loro puoi insegnare qualsiasi forma di magia oscura, puoi renderlo incredibilmente forte, incredibilmente magico, incredibilmente invincibile. Solo ad alcuni prescelti è data la fortuna, questi prescelti si chiamano Ranger. […]


Che fosse quello l’animale che il destino avesse riservato per lui?
Se era veramente così, Julian era più che fiero di avere quello splendido lupo con sé per sempre.
Decise che lo avrebbe trattato col massimo amore, con la massima dedizione, con il massimo impegno. Non lo avrebbe mai lasciato solo, mai e poi mai, per nessun motivo. Nel frattempo, il cucciolo si avvicinò verso di lui.
Emise un lieve ululo, come in segno di affetto e di amore.
Poi si strusciò sulle gambe del ragazzo, mostrando un evidente bisogno di affetto, che Julian non esitò a dare.
Si accovacciò e prese in collo il piccolo animale.
Sebbene fosse ancora un cucciolo, era abbastanza pesante, era preparato per crescere, pronto per divenire un lupo bianco da paura.
Non appena prese il piccolo animale in collo, si sentì magnificamente sollevato. Era come se quel lupo gli appartenesse, era come se lo avesse sempre avuto con sé, era come se fosse suo figlio.
Era una cosa indescrivibile, Julian pensò che un semplice essere umano non avrebbe mai potuto amare un animale così tanto, per di più un lupo, che dopo la fase di crescita può divenire pericoloso.
Tenne il lupo in collo con sé per ore e ore, senza mai lasciarlo un secondo, passò quell’intera giornata a coccolare e a giocare con il piccolo animale, stranamente non si preoccupò né di mangiare, né di bere, da quando aveva conosciuto quell’animale, tutto era cambiato, lo aveva reso forte, ma allo stesso tempo umile, coraggioso, ma anche timoroso.
Il sole calò nuovamente sopra la testa di Julian, era il secondo giorno all’interno della Foresta, quella Foresta che si era trasformata da cupa, tenebrosa e paurosa a fantasiosa e piena di sorprese, e forse era proprio come gli aveva detto Joele:
La Foresta Nera gli aveva cambiato la vita, forse per sempre.
Notte, di nuovo notte.
Un giorno intero era rimasto digiuno, ma adesso la fame stava prendendo il sopravvento, doveva cibarsi, qualunque cosa sarebbe andata bene.
Lui non ha fame? I lupi non mangiano? Eppure non si è lamentato nemmeno un secondo, è rimasto sempre fermo e immobile sulle mie braccia..
Ma forse, era solo una sua impressione, anche Julian non si era preoccupato di cibarsi, eppure aveva fame. C’era solo un modo per scoprire la verità:
- Tu non hai fame? – domandò con una voce dolce e lieve, facendo una cosa alquanto strana (già chi parla con un lupo?), al piccolo cucciolo.
Esso, contrariamente a tutto ciò che avrebbe potuto pensare Julian, drizzò le orecchie e si alzò da terra, mettendosi su quattro zampe, pronto a cacciare.
Julian sorrise, era sempre più contento di quel lupo, quel lupo che gli aveva cambiato la vita.
- Che ne dici di cacciare? – continuò Julian imperterrito, come se lui potesse rispondergli. Ma lui, seppur a modo suo, lo faceva.
Emise un ululo tale da svegliare tutti gli uccellini del bosco che si riposavano da quando era calata la luce.
Julian era soddisfatto, aveva trovato come comunicare con lui.
- Andiamo. –
Julian si mosse lentamente e avendo cura di non essere disturbato, ma di notte non si vedeva molto, trovare una preda sarebbe stato molto difficile.
Il piccolo lupo lo seguiva saltellando, visto che ancora non sapeva camminare con perfezione.
Passarono l’intera notte a cercare una preda, ma solo quando stava per sorgere il sole riuscirono a trovarne una vera.
Un maestoso e potente bufalo dell’est.
Se lo prendiamo, ci mangiamo per giorni e giorni.
Il bufalo era cinque volte il piccolo e innocente lupetto.
Julian tirò fuori un legnetto appuntito da lanciare.
Caricò il tiro.
Alzò indietro la mano, pronto a colpire.
Poi agitò velocemente il braccio e lasciò andare il legnetto.
A vuoto.
Il bufalo non si era accorto minimanente dell’arma che avrebbe potuto ucciderlo.
Come è possibile..
Il cibo era lì, di fronte a lui, e se lo era lasciato sfuggire.
Ma prima che potesse dire di non mangiare, accadde l’impensabile.
Il piccolo lupo si mosse dietro al bufalo, avendo cura che non lo vedesse.
Agì in modo talmente silenzioso che se Julian non si fosse voltato subito, non lo avrebbe nemmeno visto.
Non farlo.. ti ucciderà.. è molto più grande di te..
Julian aveva una paura tremenda che il piccolo animale di cui si era affezionato tanto, venisse ucciso dal bufalo, ma fortunatamente non fu così.
Un attacco da maestro, agendo da dietro.
In modo veloce si porto accanto a lui, gli saltò di lato e gli sferrò un mortale morso al collo, facendolo cadere a terra.
Morto.
La prima preda del lupo, adesso assassino.
L’ha ucciso come se niente fosse, mentre io non ci sono riuscito..
Dopo aver compiuto l’omicidio, esso tornò indietro verso Julian.
Julian rimase stupefatto.
Non riusciva a credere che un semplice cucciolo riuscisse a fare ciò che ha fatto lui.
[…]Si dice che questi animali siano leggendari, che siano estremamente potenti. […]
Forse Lucinda aveva ragione, come sempre del resto.
Il lupo tornò ai piedi di Julian, fiero di sé stesso.
Agitava velocemente la coda, in segno di contentezza.
Non aspettava altro che Julian andasse dalla preda, e che gli desse il permesso di mangiare.
Io..non so più come comportarmi. Una cosa, però, devo farla: devo dargli un nome, proprio come se fosse un umano, perché per me lo è.
 Decise Julian. Gli avrebbe dato un nome, che lo avrebbe segnato per tutta la durata della sua vita, un nome con la quale Julian lo avrebbe chiamato, un nome con la quale tutto il pianeta lo avrebbe conosciuto.
Devo trovargli un nome adatto, uno che lo rappresenti per quello che è, che dimostri la sua vera potenza.
Nessuno ci fermerà più, con lui sono al completo. Tu, piccolo lupo, adesso sei parte di me.
Poi alzò gli occhi al cielo, ed esclamò, fiero di sé:
- Io sono Julian Hackett, e sono pronto ad affrontare qualsiasi nemico! –
Poi aggiunse, in preda all’emozione più assoluta:
 
- Benvenuto con me, Absol. Absol il terrore dei cinque continenti.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CAPITOLO 9 ***


Capitolo 9

"Chi combatte con i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro
(F. Nietzsche)
 
Lucinda aprì gli occhi e si ritrovò nel posto dei suoi incubi.
Era proprio lì, nel posto in cui non avrebbe mai voluto essere: Nel grande castello della setta assassina Anonymus.
Faceva un caldo infernale, erano nel punto più a sud del pianeta. Il sole quel giorno emanava raggi ancora più ardenti e cocenti, tanto che Lucinda stava sudando dal calore.
Il viaggio era durato poche ore, ma lei era stata legata a mani e piedi e posta di una benda sugli occhi, per cui non riuscì a capire da dove siano arrivati, riconobbe solo il luogo, quel maledetto posto.
Si trovava all’interno di una cella piuttosto grande per contenere prigionieri, tuttavia la qualità di essa era tutt’altro che proporzionale alla grandezza: Sprovvista di finestre dalla quale si potesse vedere l’esterno, e sprovvista di qualunque altra cosa vi potesse essere. Tutto ciò che poteva vedere erano delle sbarre alte e nere che si estendevano dal pavimento, colorato in giallognolo, al soffitto, anch’esso giallognolo. Al centro di queste sbarre vi era una porta, una porta nera oscura, che si apriva solo dall’esterno.
Fuori dalle sbarre c’era un corridoio lunghissimo, tuttavia sprovvisto di ogni cosa; solo al termine dell’infinito corridoio vi erano delle scale, dalle quali probabilmente si saliva all’interno del castello.
Tutto era incredibilmente monotono, ripetitivo e malfatto.
Altre celle si presentavano nei lati esterni del corridoio, ma tutte vuote.
L’unica prigioniera era Lucinda.
Tuttavia, non sapeva come reagire.
Lucinda fissò il corridoio per ore e ore, tanto da memorizzare ogni singolo particolare di esso. Era sicura che nel giro di poco tempo sarebbero arrivati gli Anonymus da lei per estorcerle informazioni sui vari bilanciamenti dell’esercito di Demes, ma soprattutto perché pensavano che lei fosse ciò che non era: Il Ranger.
Era sicura di ciò che avrebbe fatto.
Gli avrebbe dimostrato subito che lei non fosse la persona che stavano cercando, ma, si promise che, a costo della sua stessa vita, non avrebbe dato la minima informazione di Julian. Non avrebbero dovuto scoprire chi fosse il vero Ranger.
Contemplò con cura tutti i minimi particolari sia della sua cella, che del corridoio, e si preparò un piano di fuga.
Passò il tempo, passarono le ore, poi finalmente, giunsero tre uomini.
Interamente vestiti di bianco, esattamente come i tre che aveva incontrato per strada. Non seppe riconoscere se magari fossero proprio quei tre, in quanto ogni membro della setta era interamente vestito in modo identico.
Avevano un passo orgoglioso e deciso. Erano armati fino al collo, portavano dalle tre alle sei spade a testa.
Ben presto si accorse che quello al centro camminava leggermente davanti agli altri due, ed era quello più armato: Lui doveva essere il capo, era su lui che doveva puntare.
In meno che non si dica, i tre arrivarono alla cella.
Sempre in tre si muovono.. alquanto strano..
Il primo, aprì la porta con un potentissimo calcio, sfondando il lucchetto e irrompendo nella cella con un aggressività tale da spaventare chiunque.
- Se provi un’altra volta a prenderci in giro, giuro che te la farò pagare cara! Te e tutti i tuoi amichetti idioti!- gridò urlando in modo spropositato, nonostante fossero a distanza molto ravvicinata.
Allora lo sanno. Sanno chi è il Ranger, sanno chi sono io.
- Che cosa è successo? – mentì spudoratamente Lucinda, non sapendo a cosa correva incontro.
All’uomo che aveva davanti, evidentemente saltarono i nervi.
Tuttavia, fece finta di niente e si voltò.
Lucinda tirò un sospiro di sollievo.
Ed invece, improvvisamente si rigirò tanto rapidamente che Lucinda nemmeno se ne accorse, e gli sfoderò un micidiale calcio dritto in faccia.
Un calcio di unica potenza e precisione, che la colpì dritta nella mascella sinistra.
Lucinda crebbe di non aver mai sentito così tanto dolore in vita sua.
Cadde a terra dolorante, ma l’uomo fece finta di niente.
Andò da lei, la prese per la maglia e la mise in piedi.
- Adesso lo sai che cosa è successo? Ridicola! – urlò, dopo di che la prese per il collo, e continuò.
- Ho messo a morte quei tre idioti che ti hanno preso al posto del vero Ranger, quel bamboccio. Spero che non vorrai fare la stessa fine. – E lasciò la presa.
Lucinda era del tutto insanguinata, e tutto ciò che desiderava era non morire.
Loro lo sanno, sanno tutto.
Come posso fermarli? Non c’è un modo. Una volta che prenderanno Julian sarà finita, sarà finita per tutti.
- Ottimo, adesso che hai capito con chi hai a che fare, fammi dire che cosa ho da proporti. – Disse sempre il solito uomo, che adesso aveva cambiato totalmente espressione, adesso pareva buono e umile.
- Ma prima, asciugati. Non voglio vederti con tutto quel sangue in viso. – Non appena ebbe finito di parlare, prese un fazzoletto dalla tasca e lo pose a Lucinda.
Con chi pensi di aver a che fare? Sei solamente un pezzente. Ora ti faccio vedere io che cosa significa combattere. Non ci sto. Non mi faccio prendere in giro. Non da voi.
- Tienitelo quel fazzoletto. Io non ne ho bisogno. Tu, tu giovane ed emerito idiota, hai la minima idea di chi hai davanti? –
Adesso la situazione si era capovolta. Lucinda lo provocava, e lui reagiva, senza scrupoli, ma non sapendo veramente con chi aveva a che fare. Lucinda era potente, soprattutto con la magia psicologica.
- Adesso ti faccio vedere io? Lurida donna di strada. –
Io donna di strada? Adesso ti faccio vedere.
Voi e tutta la vostra setta di falliti. Imbecilli.
 
L’uomo si avvicinò rapidamente per sferrare un altro dei suoi calci, ma Lucinda si fece cogliere preparata, e lo schivò senza il minimo problema.
Adesso tocca a me.
E fu in quel momento che iniziò veramente a colpire.
Un energico ed imperioso raggio di luce verde si alzò dalle mani di Lucinda, e colpì i due uomini dietro a quello che doveva essere il capo, spedendoli dritti a terra.
Dopo di che si mosse in modo rapidissimo, muovendosi di lato per non essere colpita, e prese una spada dal fodero di uno dei due uomini dietro al capo.
Applicò in modo svelto una magia incomprensibile e complicata, ma dopo tutta la spada, tranne l’impugnatura, si fece magicamente infuocata.
Un solo colpo, e l’uomo sarebbe morto.
- Fatti sotto! – urlò Lucinda, che aspettava l’attacco dell’uomo per colpire.
Pose la spada in posizione difensiva, ed attese la mossa del nemico.
L’uomo si fece avanti, tentando di colpirla con un montante. Lucinda lo parò senza problemi.
Poi di nuovo un altro attacco, ed un altro ancora. Tutti parati e schivati.
- Tutto qua quello che sai fare? –
L’uomo non rispose, e si gettò ancor più allo sbaraglio sulla preda.
Un attacco centrale, preceduto da un salto, con il chiaro obiettivo di colpire il collo, Lucinda si abbassò, e l’uomo piantò la spada sul muro.
- Ops. –
Lucinda scivolò dal lato e lo trafisse nella schiena, uccidendolo.
Il corpo prese fuoco a causa della spada, e ben presto di quell’orgoglioso uomo rimasero solo le ceneri.
Adesso era il momento.
Doveva andare fuori dal castello e colpirli tutti alla sprovvista.
 
Uscì dalla cella e percorse il corridoio, salì le lunghe scale e si ritrovò all’interno di un’altra stanza, piccola quanto la cella, solamente con finestre e decorata un minimo più della precedente. Deserta. Nessun uomo a farne guardia. Vuota.
Lucinda si guardò attorno, ma non c’era nessuno.
Strano.
Prese la porta che vi era di fronte a lei ed uscì da quella piccola quanto inutile stanza.
Dietro quella porta, c’era la stanza Base, dove vi era il comandante del posto.
Lucinda aprì la porta con forza, sicura di trovare qualcuno dentro quella nuova stanza.
Spalancò la porta e vide.
Un branco enorme di uomini, tutti vestiti interamente di bianco, la stava aspettando.
Saranno stati più di cinquanta, ma se l’obiettivo era fargli paura, non ci sarebbero riusciti, mai.
Che sapessero che fossi arrivata?
Prima ancora che potesse parlare, furono loro a parlare per lei.
Un uomo, interamente diverso da tutti gli altri, prese parola.
Era vestito uguale a tutti gli altri, con un'unica e fondamentale differenza: I colori erano opposti. Era totalmente nero. Poteva scorgere solamente il viso roseo, compreso di sopracciglia marcate e di due occhi neri come la pece.
- Sta tranquilla, Lucinda. Nessuno qua vuole farti del male.- esclamò con voce stranamente calma.
- Allora perché avete inviato tre uomini per uccidermi? Non prendetemi in giro, se volete combattere, vi affronto con piacere. – Disse lei, decisa e sorridendo. Quasi prendendolo in giro.
- Sta calma. Morta non serviresti a nessuno. –
- Nemmeno tu. –
- D’accordo, nemmeno io. Ma vuoi seriamente metterti contro dei miei fedeli compagni? Coloro che ti ho mandato in cella mi servivano solo per liberarti, sapevo benissimo che li avresti sconfitti con facilità. Erano solamente prigionieri di guerra a cui avevo promesso libertà se ti avrebbero ucciso. Ma questi sono i miei uomini, i miei guerrieri. Non li sconfiggeresti mai.-
- Vuoi mettermi alla prova? –
- No, mia cara. Non voglio. Voglio solamente parlare, altrimenti ti avrei già uccisa. –
Lucinda era intimorita, ma non voleva dimostrarglielo, voleva apparire forte, se avrebbe dovuto combattere contro un esercito, avrebbe dovuto essere pronta.
- Chi sei? Rivelati. –
- Non posso, non mi ascolteresti più, ne sono più che sicuro. Ho bisogno di te, devi ascoltarmi. –
Stava incominciando a capire chi fosse veramente quell’uomo, e se era veramente lui non avrebbe avuto pietà, a costo di essere trucidata, l’avrebbe affrontato mortalmente.
Ma forse se riusciva a portarlo in un luogo sicuro sarebbe stato meglio, lo avrebbe affrontato con maggiore probabilità di vittoria.
- D’accordo. Ma parleremo in privato. –
- Certamente, sono fiero di accoglierti nella mia stanza principale della reggia delle Rovine Desertiche. Tuttavia, temo che quella spada di cui ti sei appropriata, non ti servirà più. –
Disse, lentamente ma fiero di sé, dopo di che schioccò le dita e la spada infuocata scomparve.
Impossibile.
Dopo aver compiuto i preparativi, parlò nuovamente l’uomo vestito di nero.
- Molto bene, uomini. Sapete dove attendermi, vi raggiungerò al più presto.-
E’ lui. Ne sono sicura. Ho davanti a me Darius e non ho il coraggio di affrontarlo.
E’ una vita che aspetti questo momento, Lucinda. Non perdere l’occasione.
Non appena finì la frase gli uomini scesero le scale dietro di loro e se ne andarono.
Adesso erano soli.
Devo colpirlo, devo colpirlo.
- Ottimo, Lucinda. Adesso siamo soli. Vuoi andare nella mia stanza principale o vuoi sederti qua? Per me non c’è differenza. – domandò, ed in seguito indicò il tavolo rotondo con due sedie, due uniche sedie, esattamente dietro di loro.
Non lo aveva visto prima perché c’era un branco di uomini precisamente davanti a esso.
- Restiamo qua. –
- Perfetto. Sediamoci. – concluse, poi si avviò verso la sedia più lontana.
Non lo colpirò di spalle. Devo ucciderlo lealmente. Io non sono come lui.
Giunse alla sedia e si sedette, ed invitò Lucinda a fare lo stesso.
Lucinda accorse all’altra sedia, e si mise seduta, pronta in ogni caso a sferrare magie.
- Ottimo. Ora però devi promettermi una cosa, mia cara. Qualunque cosa ti dirò adesso, tu mi lascerai finire il discorso, senza attaccare né controbattere. Sai, tengo molto alla precisione e al seguire le regole, e, se non dovessero essere seguite, potrei arrabbiarmi in modo estremo, e non te lo consiglio.
Se gli prometto di non attaccarlo, non lo attacco. Io mantengo sempre le promesse.
Lo ucciderò in seguito, lealmente.
Mamma, stai per essere vendicata.
 
- D’accordo. Ti lascerò finire di parlare. –
Bofonchiò Lucinda, a cui non piaceva molto stare alle regole.
 
- Lascia che mi presenti. – disse, poi prese respirò e parlò definitivamente.
E’ Lui, è Lui.
 
- Il mio nome è Darius Hardey, comandante supremo del Grey Revenge e Leader indiscusso degli Anonymus.-
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2418065