Be cute, and smile.

di Margo Malfoy
(/viewuser.php?uid=718569)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una classe di scimmioni. ***
Capitolo 2: *** Bloody Mary e troppe birre. ***
Capitolo 3: *** Gita in New Mexico#parte1 ***
Capitolo 4: *** Gita in New Mexico#parte2 ***
Capitolo 5: *** Il viaggio di ritorno. ***
Capitolo 6: *** Dove Minho ha bevuto troppa vodka. ***
Capitolo 7: *** La dipendenza di Maggie. ***
Capitolo 8: *** Dove i ragazzi mettono in atto l'Operazione Jorge e Minho aiuta Maggie. ***
Capitolo 9: *** Dove Minho mette in atto il suo piano per aiutare Maggie. ***
Capitolo 10: *** Appuntamento con straordinario cambiamento. ***



Capitolo 1
*** Una classe di scimmioni. ***


Be cute, and smile.
 
 
“Sii carina” si disse davanti allo specchio. Carina? Quanti anni hai, otto?, si disse poi scuotendo la testa. Il primo giorno di superiori – o meglio, della nuova scuola – non poteva permettersi di essere solo ‘carina’. Doveva far colpo. Se un ragazzo la vedeva passare, non doveva semplicemente fissarla e poi tornare a camminare, ma doveva fermarsi a pensare quanto fosse bella. Era stata invisibile per troppo tempo, nella vecchia scuola. Non c’era più tempo per essere carina, o sorridere.
Così, dopo aver attentamente analizzato ogni singolo trucco della mamma ed aver deciso quale mascara stesse meglio con quale matita, uscì dal bagno e salì in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle un po’ troppo violentemente. Aprì le ante dell’armadio che la sovrastava sfiorando le travi del soffitto, e passò in rassegna i vestiti. Tra le molteplici scelte valutò anche quella di indossare una minigonna, ma poi ci ripensò: passare dall’essere ‘carina’ all’essere ‘bella’ non significava diventare una troia, e lei non lo era. Non era nemmeno invisibile come credeva. Molti ragazzi, nella vecchia scuola, speravano di poterla un giorno invitare al ballo di fine anno, o semplicemente di uscire con lei per un frullato, ma era sempre stata troppo impegnata a pensare-di-non-essere-abbastanza per notare quei ragazzi.
Alla fine optò per un paio di jeans stretti – molto stretti, lei li portava sempre così – e un grosso maglione di lana color petrolio, che la valorizzava, pur essendo largo. E, fortunatamente, al dettaglio che di solito la mandava fuori di testa, non doveva pensarci: la madre l’aveva portata dal parrucchiere due giorni prima e i suoi lunghi capelli biondi erano a posto.
Si lasciò cadere sul letto matrimoniale coprendosi gli occhi con le mani, pensando a quanto odiasse il fatto di dover cambiare scuola. Ma, alla fine, non era solo la scuola. Quell’autunno aveva cambiato tutto nella sua vita: aveva cambiato città, casa – anche se questo cambiamento non la dispiaceva affatto: la nuova casa era a due piani, più spaziosa e moderna di quella di Seattle e, cosa più importante, non era in un condominio. Ma per il resto aveva dovuto rinunciare a tutto: scuola, amici, i pub che le piaceva tanto visitare col suo migliore amico al sabato sera quando, in quei pub, c’erano soltanto sessantenni ubriachi che cantavano a squarciagola le canzoni che suonavano i gruppi ingaggiati dal proprietario. Seattle le piaceva molto, era il genere di città che, se non fosse stata la sua città natale, avrebbe scelto come meta per gli studi o per cose del genere. Invece, per il lavoro del padre, era finita a Boston. Non che non le piacesse Boston, l’aveva visitata almeno cinque volte con i nonni e due con i suoi genitori e suo fratello, ma non si sarebbe mai aspettata di trasferirsi proprio lì. Beh, a dire la verità, non si aspettava proprio di doversi trasferire, ma purtroppo non tutto andava come lei voleva.
 
 
La luce del sole filtrò attraverso la finestra illuminando il viso pallido di Maggie. Lei schiuse gli occhi verdi e si rigirò nel letto, pensando all’intensa giornata che avrebbe dovuto affrontare.
Quando si catapultò in bagno – accorgendosi di essersi svegliata un quarto d’ora dopo, quindici minuti che per lei erano da sempre fondamentali – imprecò sottovoce accorgendosi che suo fratello era già lì dentro.
«Park, muoviti!» urlò bussando alla porta con la mano aperta.
«Sta’ zitta» fu la sua risposta. Park aveva un anno in meno di lei e, secondo lui, essere il più piccolo lo autorizzava ad avere vantaggi di cui Maggie non poteva godere.
Vedendo che il fratello non usciva, Maggie si ricordò del bagno dei genitori, al piano di sotto. Mentre scendeva le scale continuava a sperare che entrambi si fossero già preparati e le dessero il via libera. Così fu: sua madre si muoveva veloce tra i fornelli, già in ghingheri per andare al lavoro e con un fitto strato di rossetto che le ricopriva le labbra carnose; il padre, anche lui in giacca e cravatta, pronto per andare in ufficio, era seduto al tavolo da pranzo e leggeva il giornale, sorseggiando di tanto in tanto del caffè dalla tazza che teneva in mano.
«Buon giorno» le sorrise lui vedendola scendere.
Lei borbottò un saluto veloce e si fiondò in bagno.
Mezz’ora dopo suo fratello aveva preso il suo posto, bussando alla porta per farla uscire: «Maggie, dai, dobbiamo andare!»
Lei uscì con una smorfia e afferrò di corsa lo zaino all’ingresso. «Ci vediamo dopo!» dissero i due salutando i genitori.
 
***
 
«Quindi, se non ho capito male, viene da Seattle, signorina Codd» il preside stava esaminando un paio di moduli che la mamma di Maggie aveva portato a scuola la settimana prima.
«Esatto» disse lei.
«È una fortuna essere arrivata per l’inizio delle scuole, dico bene?» chiese appoggiando i fogli e guardandola attraverso gli occhiali spessi. Il preside assomigliava molto ad un personaggio buffo dei cartoni. Era basso e tozzo, il viso era costantemente – almeno per le due volte che l’aveva visto Maggie – paonazzo e portava dei baffi ridicoli sotto al naso. Non aveva capelli e, quei pochi che rimanevano, erano di un bianco acceso, innaturale.
«Sì, proprio una fortuna» per quanto la situazione non fosse favorevole, incominciare la scuola uno o due mesi dopo gli altri sarebbe stato peggio.
«Venga, la accompagno dal signor Ghram, è l’insegnante di scienze». L’uomo la scortò, attraverso due corridoi e un piano di scale, all’aula, secondo lei, più inculata della scuola. Nonostante questo, c’erano ragazzi che passavano di lì di continuo.
«La ringrazio» disse aprendo la porta.
«Si figuri. A proposito, spero si sia preparata un discorsetto perché deve presentarsi ai suoi nuovi compagni» sotto ai baffi grigi, il preside fece un sorriso paffuto, diede una pacca sulla spalla di Maggie e si allontanò a gran passi.
Fantastico, pensò Maggie. I discorsi sono proprio il mio forte. Non lo erano mai stati. Decise che quel genere di cose sarebbero state il suo punto debole quando, in terza elementare, vinse il titolo di principessa della scuola e, quando le maestre le chiesero di dire qualche parola, vomitò davanti a tutti i tramezzini al tonno che si era sbaffata con i suoi amici.
Quando entrò in classe non era ancora arrivato nessuno, tranne che il prof.
«Buongiorno» esordì Maggie spostandosi nella sua direzione.
«Che bello, la prima volta che un nuovo arrivato arriva puntuale!» esclamò lui alzandosi rumorosamente dalla sedia e porgendole la mano. Era un uomo giovane, più giovane di quanto Maggie si fosse immaginata, che aveva un accenno di barba castana sul mento e due profondi occhi grigi.
«Io sono il professore di chimica» disse stringendo la mano di Maggie. «Tu sei Margherita, dico bene?»
«Maggie» lo corresse lei. La chiamavano così solo i suoi nonni materni quando si vedevano per Natale, se l’avessero chiamata col suo vero nome, non avrebbe risposto probabilmente.
«Bene, Maggie, aspettiamo che arrivino quegli idioti dei tuoi compagni di classe e vediamo dove metterti, okay?»
Maggie annuì. Quell’insegnate sembrava decisamente alla mano, non si sarebbe mai sognata di sentirsi dire da un prof. ‘idioti’, soprattutto se stavano parlando dei suoi compagni.
In poco tempo la classe si riempì di ragazzi e Maggie si stupì di vedere quanto i maschi fossero nettamente superiori dal punto di vista numerico.
«Buon anno, ragazzi!» il signor Ghram accolse gli alunni con un ampio gesto delle braccia e un sorriso solare.
«Anche a lei, prof.» rispose un coro di voci disconnesse e borbottanti.
«Questa bella ragazza è una vostra nuova compagna di classe, chi è che la prende sotto la sua ala?»
Alzò la mano un ragazzo moro che era seduto da solo, davanti ad altri due ragazzi con cui continuava a parlare e scherzare. Era un bel ragazzo, e sembrava davvero “interessato” a lei e non a volerla prendere in giro perché era nuova.
«Thomas, grandioso!» esclamò il prof. battendo le mani. «Maggie, appoggia la tua roba sul banco e raccontaci un po’ di te» disse poi.
Lei si avvicinò alla cattedra e scosse la testa. «Non sono molto brava con i discorsi» disse con un sorriso.
«Beh, puoi rispondere alle domande di questi scimmioni allora, che ne dici?»
«Prof., il fatto che io sia l’unica femmina in classe non mi classifica come ‘scimmiona’» disse una ragazza nel fondo della classe. Wow, solo due ragazze, pensò Maggie guardandola. Sperava di riuscire a farsela amica. Era una ragazza molto carina, mora e con gli occhi azzurri, non troppo alta.
«Hai ragione, mi scordo sempre di te, piccola Brenda» disse lui mimando un cuore con le mani.
Maggie si chiedeva quanti anni avesse per poter essere così in confidenza con dei ragazzi di diciassette anni.
«Allora, iniziamo le domande per questa pivella?» chiese sedendosi alla cattedra e appoggiando i piedi sul tavolo. Pivella?
Uno dei ragazzi dietro a Thomas, uno biondo e con due occhi castani e grandi, alzò la mano e il prof. gli diede la parola chiedendo di dire il proprio nome prima di rivolgerle la domanda.
«Mi chiamo Newt» disse. «Da dove vieni?»
«Sono di Seattle»
Lui annuì con un sorriso accennato, poi si alzò un’altra mano. Era il ragazzo di fianco a Newt, un asiatico alto e moro.
«Sono Minho. Vieni al Bloody Mary sabato?»
Maggie si chiese che cosa fosse il Bloody Mary. E si chiese che cose c’entrasse quella domanda con lei.
«Cristo, Minho» commentò Brenda dal fondo. «Scusalo, ma alla mattina è meno sveglio del solito»
«Concordo» disse il prof. alzando leggermente una mano.
Le domande continuarono per tutta l’ora e di chimica non fecero un bel niente – menomale, perché Maggie odiava la chimica –, e una volta usciti dall’aula, Minho le si avvicinò mentre stava sistemando i libri nell’armadietto.
«Comunque ero serio quando ti ho fatto la domanda» disse con un mezzo sorriso.
«Scusa, ma non so che cosa sia il Bloody Mary». Cioè, sapeva che era un drink e un gioco cretino da fare davanti allo specchio e con la luce spenta, ma credeva che l’asiatico non alludesse a nessuna delle due cose.
«È una discoteca in città, ci facciamo la festa d’istituto ogni anno» spiegò appoggiandosi con la spalla ad un armadietto.
Oh, ora è tutto più chiaro.
«Non saprei, può darsi» ci sarebbe andata se fosse riuscita a farsi un amico entro quel giorno.
«Bene così» disse Minho iniziando ad incamminarsi, ma poi tornò indietro: «Se il tuo compagno di banco inizia a fare il molesto, dimmelo»
A Maggie spuntò un sorriso: «Perché?»
«Thomas ogni tanto diventa logorroico» disse Minho.
 
-
-
-
 Ciao pive!!!
Non ho idea di come mi sia venuto fuori questo primo capitolo, ma oltre alla text!fic (che continuerò ^^), volevo un altro AU dei ragazzi, perché io non so starci senza di loro e voglio smetterla di scrivere fic catastrofiche o drammatiche :)
Anyway, anche qui c’è Maggie, ma se sta iniziando a starvi sulle palle, non la sopportate più e volete che non ci sia, vi prego di dirmelo, così cancello il capitolo e faccio in modo di riorganizzarmi. (Perché vi capisco se vi ha stufato)
Okay direi che ho finito, quindi, come al solito apprezzamenti e critiche sono ben accetti :)
A presto pive <3

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Bloody Mary e troppe birre. ***


Be cute, and smile.

Maggie vide una fila infinita di persone appena aver svoltato l’angolo della strada, al ché Teresa – una ragazza che le aveva presentato Brenda qualche giorno prima –, imprecò sottovoce impugnando il cellulare.
«C’è sempre così tanta gente?» chiese Maggie girandosi verso di lei. Brenda l’aveva lasciata sedere davanti, onore che aveva raramente quando lei e Park salivano in macchina con papà.
«Di solito no, ma stasera c’è la festa d’istituto, quindi ci sarà una baraonda infernale» disse digitando un numero al telefono.
«Chiami Tom?» le chiese Brenda sporgendosi dal sedile posteriore.
Teresa annuì leggermente e poi portò all’orecchio al telefono: «Dove siete? No, siamo ancora in macchina ma c’è troppa fila. Ah-ah. Va bene, ci vediamo lì. Il tempo di parcheggiare! Okay, ciao»
«Sono già dentro?» chiese Brenda.
Teresa scosse la testa: «Ci aspettano da Jorge».
Maggie guardava Teresa che faceva abilmente lo slalom tra i ragazzi che si lanciavano in strada per attraversare. Aveva i capelli castano scuro che le ricadevano sulla pelle pallida e che le valorizzavano gli occhi azzurro ghiaccio. La trovava bellissima e poi era stata davvero gentile con Maggie. Quando Teresa aveva saputo che sarebbe andata al Bloody Mary invitò lei e Brenda a casa sua per prepararsi e, dopo la festa, a dormire.
«Chi è Jorge?» chiese Maggie vedendo che nessuna delle due aveva intenzione di dirglielo.
«È il fidanzato di Brenda» gongolò Teresa.
«Non è il mio fidanzato» precisò Brenda.
«Non ancora» aggiunse Teresa.
In poco tempo arrivarono sul retro del locale dove le aspettavano Minho, Thomas, Newt e un ragazzo alto e muscoloso, con un forte accento ispanico, che doveva essere Jorge. Lui salutò Brenda (la sua non-fidanzata) con un bacio a stampo, Teresa con un abbraccio caloroso e si presentò a Maggie con un bacio sulla guancia.
«Dunque, Teresa ci ha detto che stasera ci sei  anche tu a dormire» disse Thomas a Maggie passandole un braccio intorno alle spalle.
“Ci sei anche tu a dormire”. Voleva per caso dire che non ci sarebbero state solo lei, Brenda e Tess? Voleva per caso dire che anche i ragazzi avrebbero dormito con loro?
«Già» si limitò a dire Maggie sorridendo, senza farsi troppe domande su cosa sarebbe successo dopo. In fondo, anche se fosse stato così e avesse dovuto dormire anche con lui, Minho e Newt, non si sarebbe lamentata più di tanto.
«Grande allora! La casa di Minho ti piacerà tantissimo» le disse Newt inserendosi nella conversazione.
Grandioso, casa di Minho. Maggie non sapeva perché, ma pensava che la cosa sarebbe stata meno strana se fossero andati a casa di Teresa. Forse perché ci era già stata, forse perché era una ragazza. Andare a casa di Minho, invece, la rendeva più nervosa.
Dopo qualche minuto Jorge li fece entrare nel locale dall’entrata sul retro. Salirono una ripida scala a chiocciola e si ritrovarono davanti al bar della discoteca. La musica era forte, così forte che ti era impossibile non iniziare a ballare.
«Vieni a prendere da bere?» urlò Teresa a Maggie prendendola per un braccio.             
Lei annuì e la seguì verso la fila di persone che aspettavano di essere servite al bar.
«Due birre» urlò Tess alla barista che le stava di fronte. Era una ragazza magra e alta, biondo platino. Aveva le labbra ripassate di rossetto rosa e gli occhi circondati di ombretto blu e stava masticando una chewinggum troppo vistosamente.
«Okay» biascicò con la cicca tra i denti. In un secondo appoggiò due Heineken davanti a loro, appoggiandosi sul bancone e mettendo in evidenza lo scollo a V della maglietta nera.
Teresa appoggiò i soldi di fronte a lei e scortò via Maggie, in direzione della pista.   
Avevano già perso tutti quanti, così si lanciarono tra la folla decidendo di preoccuparsi solo in un secondo momento di cercarli. Maggie portò alla bocca il collo della bottiglia più e più volte prima di finirla e lasciarla su un tavolino. Per un attimo perse Tess, ma si ritrovò con Brenda e Newt, così si diresse insieme a loro di nuovo al bar, non cercando l’amica. Prese un’altra birra e poi un’altra ancora, passando dal ballare con Thomas, a Newt, a Brenda, a Tess. L’unico che non vide praticamente tutta la sera fu Minho.
«Venite a prendere una boccata d’aria?» chiese Newt trasportando Maggie verso l’uscita sul tetto.
Una volta arrivati tutti fuori, capirono perché Minho non si fosse fatto vedere: era sul tetto del locale, che si limonava una ragazza appoggiata al muro. Era tutto un toccarsi e baciarsi e toccarsi di nuovo. Maggie, sempre con la birra in mano, la lasciò cadere per terra quando li vide, facendo cadere anche la mascella. Non era riuscita a capire perché, ma le era dispiaciuto vedere quella scena. Probabilmente, come disse Thomas, il giorno dopo l’asiatico non si sarebbe nemmeno ricordato di chi fosse quella ragazza, ma Maggie avrebbe preferito non vedere niente. La birra si era tutta rovesciata, i vetri erano ovunque sotto i suoi piedi, e Minho e la ragazza – che Newt le disse essere una ragazza dell’altra sezione che si chiamava Mary Elizabeth, che a quanto pareva ci provava con Minho dalle medie – si girarono nella loro direzione. Mary Elizabeth scosse la testa contrariata, mentre Minho si limitò a guardare Maggie con aria triste, le parve di vederlo dispiaciuto. Ma, dopo tutto, aveva appena buttato per terra una bottiglia di birra piena per aver visto un ragazzo che conosceva da una settimana baciarsi con un’altra, avrebbe potuto vedere un folletto a cavallo di un unicorno e pensare che fosse normale anche quello. Più probabilmente, Minho si aspettava una spiegazione.
«Mi è scivolata» disse Maggie spostando lo sguardo su Mary Elizabeth e poi tornando a guardare Minho. E aggiungendo un sorriso.
Non si aspettava che tutti quanti le credessero. Forse troppa birra le dava di volta il cervello e le faceva fare cose che non si sarebbe mai aspettata di fare. Forse la birra – o l’alcol in generale – era come un demone che si impossessava di lei dopo il quarto bicchiere. Aveva senso, in quel momento.
 
***
 
Erano passati a casa di Teresa, avevano preso su la roba delle ragazze e ora stavano guidando vero casa di Minho.
Fortunatamente non fu dopo che Maggie fece cadere la bottiglia che decisero di andarsene, ma quando Brenda guardò l’orologio e si accorse che erano le tre e mezza del mattino. Minho aveva iniziato a guidare, ma dopo che rischiarono di andare fuori strada in entrambe le curve che avevano percorso, arrestò la macchina e fece salire Newt al suo posto, che si rivelò un pilota molto più in gamba.
Proprio come aveva detto Newt, casa di Minho piaceva un sacco a Maggie. Era su due piani, di sopra le stanze. E i genitori di Minho non c’erano. Aveva detto che erano partiti per il weekend. Si sistemarono in mansarda (un terzo piano), dove Minho, aiutato da Tom e Newt, aveva preparato sei materassi quel pomeriggio.
Lasciarono tutti la stanza per andare a lavarsi i denti e mettersi il pigiama così, Maggie, decise di cambiarsi lì dentro da sola. Era girata, in reggiseno e mutande, quando Minho entrò nella stanza.
«Oh» disse fermandosi a fissarla mentre lei si girava verso la porta.
Maggie allungò la mano verso una coperta lasciata su uno dei materassi, se la mise addosso e fissò Minho che rimaneva lì fermo. «Vai!» si lamentò lei, che si infilò il pigiama a tempo di record per la paura di essere colta di nuovo mezza nuda.
«Posso entrare adesso?» chiese Minho fuori dalla porta.
«Vieni» disse Maggie sedendosi sul suo materasso.
Lui entrò e iniziò a spogliarsi, sfilandosi la maglietta e poi i jeans. «Forse è meglio che esca io adesso» disse lei alzandosi.
«Perché? Mica dormo nudo»
Non sapendo cosa rispondere – e pensando che fosse davvero sexy in boxer (maledetto demone-alcol) – si risedette sul letto e cercò di non guardare i suoi addominali che si contraevano quando si chinava.
«Allora, ti sei divertita?» chiese dopo un po’.
«Si, mi piace quel locale»
«Noi ci andiamo praticamente tutti i sabati, e ora sei costretta a venirci anche tu» disse con un ghigno.
«Non me lo faccio ripetere» sorrise. «Mary Elizabeth, è la tua ragazza?» MALEDETTO DEMONE-ALCOL.
«Non mi crederesti se ti dicessi la verità» disse lui. Stranamente sembrava piuttosto lucido nonostante non fosse sobrio. Poi Maggie si ricordò quello che le diceva sempre suo nonno “In vino veritas”.
«Quando hai bevuto non puoi dire bugie» le disse allora lei.
«È stata Mary Elizabeth a baciare me. Ha una cotta per me dalla seconda media e stasera sono stato al gioco»
«Scommetto che ti odierà d’ora in avanti»
«Può darsi» rise lui.
«E odierà anche me»
«Perché hai fatto cadere la bottiglia e hai rovinato il bacio? Figurati, non sono né il primo né l’ultimo che quella si limona in discoteca»
«Non l’ho fatto apposta» disse lei.
«Lo so, ma un po’ mi ha fatto piacere che ti sia scivolata»
Quando lo disse Maggie si chiese come fosse riuscita a mentire dicendo che le era solo ‘scivolata’ e si dipinse il dubbio sul suo volto.
«Non ti è solo caduta, vero?»
“In vino veritas”
«Non volevi vedermi insieme a lei»
“In vino veritas”
«Eri gelosa?»
“In vino veritas”. Neanche se qualcuno si sforza di mentire ci riesce? Maggie voleva provarci.
«Davvero,» disse «sono salita e mi è caduta». In fondo era la verità.
«Quindi era solo un caso che io stessi baciando Mary Elizabeth in quel momento?»
«Un caso» deglutì Maggie. Era solo un caso? Nemmeno Maggie sapeva spiegarsi cos'aveva fatto, non era riuscita a capirlo.
La loro conversazione venne interrotta da Newt che fece l’ingresso nella stanza seguito a ruota da Thomas, Tess e Brenda.
«Forza bambini,» disse il biondo «a nanna».

-
-
-

Ciao pive! :*
Scusate il ritardo, perdonatemi :( La scuola è un incubo!
Anyway, ecco il secondo capitolo della storia. Spero che vi piaccia e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate, critiche o apprezzamenti sono ben accetti, come sempre.
Bene, ho finito :)

Un bacio, a presto Fagio

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Gita in New Mexico#parte1 ***


Be cute, and smile.
 
Quando Maggie si svegliò, il giorno dopo, tutti, a parte Thomas e Newt, stavano ancora dormendo. Loro due erano fuori dal letto, forse al piano di sotto. Teresa e Brenda continuavano a rigirarsi nel letto, probabilmente si stavano per svegliare. Minho, invece, dormiva beatamente con la bocca aperta. In quel momento – fortunatamente – Maggie non pensò che fosse sexy.
Dopo qualche minuto, che lei passò a rigirarsi nel letto pensando alla sera precedente – da quando aveva bevuto la prima birra, a quando Minho l’aveva vista mezza nuda –, Teresa si svegliò tirando una gomitata a Brenda, e facendo svegliare anche la mora.
«Ahia!» si lamentò lei.
«Buongiorno» sbadigliò Maggie.
Teresa fece un cenno e poi spostò lo sguardo su Minho: «Dovremmo svegliarlo» constatò.
«Come al solito» bofonchiò Brenda.
Maggie chinò la testa di lato e la mora le spiegò che Minho era sempre quello che doveva essere svegliato dagli altri. «Vuoi avere tu l’onore?» aggiunse poi.
Maggie si tirò su stiracchiandosi e si avvicinò all’asiatico. «Fermati» le sussurrò Teresa, che uscì dalla stanza e tornò poco dopo con un secchio.
«Non vorrai farmelo fare davvero...» le disse la bionda quando la vide rientrare con l’acqua.
«Perché no? Non hai ancora visto Minho andare fuori di testa ed è una tradizione. Tutti noi gli abbiamo fatto una specie di scherzo» le spiegò.
«Già, è uno spettacolo che non puoi perderti» le disse Brenda. «Però devi aspettarti una piccola vendetta. Nessuno di noi l’ha scampata quando l’ha preso per il culo».
Maggie guardò una e l’altra e poi spostò lo sguardo sull’acqua: «Passami il secchio» disse a Teresa.
Le due annuirono con un sorriso e Maggie afferrò il secchio e lo chinò su Minho. L’acqua iniziò a scendere, accompagnata da un urlo dell’asiatico, che si era iniziato ad agitare sul letto. Uno sguardo di disapprovazione si spostò sulla bionda che, con un sorrisetto, gli disse: «Dovevi svegliarti».
Lui scoppiò a ridere e disse: «E non bastava un “Tesoro, ci sono le gocciole”? Sarei già stato vestito, lavato e profumato».
Le tre gli sorrisero e poi Maggie gli lanciò un asciugamano per asciugarsi il petto bagnato – che Minho aveva messo in mostra togliendosi di nuovo la maglia. E, sta volta, Maggie pensò di nuovo che fosse sexy.
 
***
 
«Ritiro le autorizzazioni entro e non oltre mercoledì, miei cari. Chi non porta firma e soldi entro quel giorno sta qui con la Dunne» Ghram stava camminando avanti e indietro per il piccolo corridoio che separava la cattedra dalla prima fila di banchi.
La Dunne era la professoressa di storia e non c’era una persona che, in quella classe, la sopportasse.
«Prof., può ripetere dove andiamo?» chiese Minho alzando pigramente la mano.
«Perdonate Minho, che ha bisogno di un traduttore per capire le cose che diciamo. Entro dopodomani devi portare l’autorizzazione che ho lasciato sul tuo banco per andare una settimana ad Albuquerque, chiaro?» ripeté Ghram come per spiegare ad un bambino.
«Oh, forte, New Mexico!» disse entusiasmato.
«Bene, prima di ridurci all’ultimo minuto per organizzare le camere da letto, vediamo di dividervi in gruppi. Ci sarà anche l’altra sezione, quindi voi due principesse dovrete dividere la stanza con questi scimmioni» spiegò Ghram rivolto a Maggie e Brenda. «Quindi, avete delle preferenze?»
Maggie e Brenda si guardarono, superando le teste dei loro compagni che le dividevano una dall’altra. «Vorremmo Minho, Thomas e Newt» disse poi la bionda rigirandosi in direzione del professore.
«Siete sicure? Siete autolesioniste ragazze mie» borbottò mentre scriveva su un foglio la prima divisione delle camere.
Dopo aver finito di segnare l’ultimo gruppo di ragazzi che avrebbe occupato la camera 13C, Ghram disse un’ultima cosa: «Chi ha bisogno di un passaggio deve aggiungere cinquanta dollari aggiuntivi di trasporto, se invece avete la vostra macchina e volete venire per conto vostro, il pullman parte alle cinque e mezza del mattino dal parcheggio scambiatore dell’autostrada, vediamo almeno di essere sincronizzati». Poi fu interrotto dalla campanella.
«Vieni su con me e gli altri lunedì?» chiese Minho a Maggie appoggiandosi con il gomito al suo armadietto.
«Certo, io in pullman con quegli “scimmioni” non ci sto» disse lei girandosi verso di lui.
«Così mi stai dicendo che io non sarei uno scimmione...»
«No, non lo sei infatti. Tu sei più un orango tango che uno scimmione» chiuse l’armadietto e si incamminò verso l’uscita.
«Che simpatica!» le urlò in mezzo al corridoio.
 
Quella sera, a casa, Maggie chiese a sua madre di firmarle l’autorizzazione.
«Cosa andate a fare ad Albuquerque?» le chiese una volta che aveva già firmato autorizzazione e acconto.
«Andremo a visitare qualche museo e cose così»
«Voglio andarci anche io!» disse Park prendendo un tramezzino al tonno dal frigo.
«Park, tra poco ceniamo...» sentenziò sua madre. «E poi quest’anno vai cinque giorni a New York con la scuola, cosa ti lamenti?»
«Io voglio conoscere gli amici di Meg» disse masticando a bocca aperta.
«E li devi conoscere proprio in gita?» chiese la madre.
«E poi perché vuoi conoscerli, scusa?» gli chiese invece Maggie.
«Scherzi? Il tuo gruppetto è il più conosciuto tra le scuole. Esci con quei fighi e nemmeno sai che alcune sfigate farebbero la fila per essere al tuo posto?». Maggie ogni tanto temeva che suo fratello fosse gay. Ma poi si ricordava che aveva la ragazza, per cui lasciava perdere quella ridicola idea.
 
***
 
«Spero che tu sia andato a letto presto ieri». Fu la prima cosa che Newt disse quando vide Minho arrivare con il pick-up. «Non vorrei che ti addormentassi come l’ultima volta...»
L’asiatico abbassò il finestrino e si sporse: «Mettete nel baule le valigie, femminucce, e salite senza troppe storie».
Lasciarono salire Maggie di nuovo davanti, forse perché era la più piccola e perché le lasciavano sempre libertà di scelta su molte delle cose che facevano: film, negozi, ristoranti. Spesso iniziavano ad insultarla quando sceglieva il sushi al posto della pizza o del Mc Sbobba, così indirizzava la scelta sul cinese.
Lei non visse la maggior parte del viaggio, però, perché dopo una mezz’ora di strada si addormentò appoggiando la testa al finestrino e allungando le gambe fino a toccare la coscia di Minho.
 
Si svegliò quando la macchina si arrestò, probabilmente perché qualcuno dei ragazzi aveva fame e voleva fermarsi  a mangiare. Infatti, si ritrovò in macchina con Teresa.
«Tutti a mangiare?» le chiese Maggie sbadigliando.
«Chi a mangiare e chi a fare pipì» spiegò la mora.
«Dove siamo?» le chiese la bionda.
«Un’ora e mezza e arriviamo» le disse Tess.
In dieci minuti tornarono tutti quanti, chi con un pezzo di pizza in mano, chi con un hamburger alla bocca. Minho salì sul lato del guidatore e porse a Maggie una lattina di Coca-Cola Zero. Loro, tutti quanti, la conoscevano da poco più di un mese e sapevano già quali fossero i loro gusti. Sapevano che amava gli hotdog, ma che non le piacevano gli hamburger; che beveva la Coca, ma solo la Zero; che adorava guardare i film horror, ma solo in casa perché se li vedeva al cinema se li sognava di notte. Si stupiva di come quelle persone fossero così brave persone.

-
-
-
Ehilà!
Non so perchè ho voluto dividere il terzo capitolo in due parti, ma almeno la gita sarà raccontata meglio, spero :)
Come sempre, apprezzamenti o critiche costruttive sono ben accette!
Direi che ho finito xoxo
A presto pive 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Gita in New Mexico#parte2 ***


 
Be cute, and smile.
 
«Io voglio dormo di sopra!»
«No, caro mio, hai capito male. Quel letto è mio»
«Perché devi sempre decidere tu? Caspio, per una volta!»
«No, Tommy. Di sopra ci dormo io»
La litigata tra Thomas e Newt per decidere chi dovesse dormire al piano superiore del letto a castello durò mezz’ora, finché Brenda non propose di lanciare una moneta. Lei e Minho si erano presi i letti singoli e Maggie avrebbe dormito con Teresa nel letto matrimoniale.
«Si può?» il prof. Graham bussò alla porta e aspettò che Tess rispondesse prima di entrare. «Va tutto bene?» chiese.
Le teste dei ragazzi oscillarono in coro dall’alto al basso. «Io e gli altri insegnanti abbiamo deciso di darvi la prima sera libera. Potete fare quello che volete, in città ci sono un sacco di posti fichi» gli consigliò l’uomo. «Questa è una mappa di Albuquerque, nel caso non sapeste dove andare» tirò fuori dal marsupio un foglietto bianco e rosso e lo consegnò a Newt. «Buona serata!»
«Grazie prof.» dissero ancora in coro i ragazzi.
«C’è il bowling! Andiamo lì?» chiese Maggie dopo aver dato un’occhiata alla mappa della città.
«Si, ho sentito che c’è anche il lunapark vicino alla pista. Possiamo andare al bowling e poi lì» suggerì Brenda infilandosi le scarpe.
«Bene così» disse Thomas, «Voi signore siete pronte o dovete passare delle ore a prepararvi prima di andare?»
Le ragazze fecero una smorfia e afferrarono le loro borse. Thomas, sulla porta come un bodyguard, faceva uscire i ragazzi prima di chiudere a chiave la camera. Quando passò Maggie, gli disse: «E per tua informazione ci mettiamo meno di Minho a prepararci»
«Ehi!» disse lui con disappunto. «Io non sono lento, sono solo... meno organizzato»
Usciti in parcheggio, i ragazzi salirono sul pick-up e Minho si mise a seguire le indicazione che gli dava Newt, cercando in qualche modo di decifrare la cartina del prof.
«Minho, ma quel navigatore non va?» gli chiese Thomas.
«Non so se ti ricordi, ma qualcuno l’ha disattivato il giorno del colloquio del mio lavoro estivo e non l’ho ancora fatto riparare» rispose l’asiatico lanciando un’occhiataccia a Newt.
«Colpa mia» il biondo alzò le mani in segno di resa e, dopo qualche strada sbagliata, Minho imboccò la via principale, quella del bowling.
 
Arrivati alla pista, i ragazzi si precipitarono al bancone per prenotare le scarpe e ordinare degli hamburger.
«La squadre siamo io, Maggie e Brenda e Minho, Thomas e Tess, bene così?» chiese Newt.
«Bene così» annuirono gli altri.
Mangiarono gli hamburger seduti al tavolo delle loro piste e incominciarono la partita subito dopo, che si concluse con un’amara sconfitta della squadra Minho-Thomas-Teresa. Minho, sicuramente, avrebbe approfittato dell’occasione per farla pagare ancora più cara a Maggie. E sapeva già come.

Usciti di lì, salirono in macchina e si diressero al lunapark, un enorme parco che aveva tutte le attrazioni che si potessero immaginare. Carretti degli hotdog, zucchero filato, caramelle e bibite erano lo sfondo di montagne russe, giri della morte, bancarelle dei premi e tende del circo.
«Guardate là!» disse Teresa indicando un punto in lontananza con l’indice magro. «Quella deve essere la casa degli spiriti, dobbiamo andarci!»
Guardando meglio i ragazzi poterono riconoscere una casa che sembrava davvero infestata. In semioscurità e illuminata solo dalle eccessive luci delle altre attrazioni, quella casa dava davvero i brividi.
«No» sussurrò un uomo. Era un uomo anziano e calvo, magro che zoppicava. «Quella non è una giostra come le altre» disse.
«Ah no?» chiese Thomas scettico.
«I gestori la spacciano come un’attrazione stile Halloween, ma in realtà quella casa è stregata. È stato lo scenario di un omicidio negli anni ’30, non vi consiglio di avventurarvi là dentro»
«Mmm, grazie dell’informazione, ma sappiamo badare a noi stessi» disse Newt esortando gli altri a continuare a camminare e ignorare quell’uomo.
Arrivati davanti alla casa, sembravano diventati parte di American Horror Story.
«Sei biglietti» disse Thomas tirando fuori dalla tasca posteriore il portafogli. La ragazza al tabacchino gli passò i foglietti «Solo due alla volta» disse indicando il cartello appeso alla vetrinetta.
«Perché?» chiese Maggie aggrottando le sopracciglia.
«Agli spiriti non piace avere troppe visite contemporaneamente» spiegò la mora alla cassa.
«I fantasmi non esistono» disse Teresa con una risatina.
«Shhh!» la zittì la ragazza. «Non chiamarli fantasmi!»
«Okay» disse allora Tess, girandosi in direzione degli amici. «Questa è rincaspiata. Chi va per primo?»
«Andiamo io e Maggie» disse Minho trascinando la bionda con sé contro la sua volontà.
«Quel ragazzo è spietato» disse Newt una volta che i due entrarono. «Maggie era già terrorizzata dall’uomo di prima, figuriamoci lì dentro»
«Beh, se non avessi saputo che Minho ha pagato quell’uomo per dire quelle cose, lo sarei stata anche io e la ragazza del tabacchino è stata la ciliegina sulla torta» disse Brenda.
«A proposito» disse Thomas rivolgendosi alla ragazza alla cassa. «Ottimo lavoro, potresti fare l’attrice»
«Grazie» rise lei. «Spero che riuscirete a spaventare la vostra amica»
 
«Sul serio non hai paura? Questo posto fa venire i brividi» disse Maggie stringendosi nelle spalle.
«È
 solo una stupida giostra, non crederai davvero alle caspiate che dicono quei tipi» disse l’asiatico nascondendo un ghigno. «Poi tu non ami gli horror?»
«Si, ma quelli in tv, che posso guardare sul divano di casa mia. Non ho mai detto che vorrei essere in un horror e questa casa ci si avvicina fin troppo»
Un congegno nella casa, che era davvero nata con lo scopo di essere un’attrazione del parco, cominciò a diffondere in tutte le stanze un pezzo di musica classica e le porte iniziarono a chiudersi e ad aprirsi.
«L’hai visto anche tu, vero?» chiese Maggie allarmata, cercando Minho.
«Che cosa?» chiese lui chinando la testa. Stava fingendo e ci riusciva benissimo.
«Io me ne vado» disse Maggie cominciando a correre. Minho la seguì a perdifiato giù per le scale rivestite di moquette, schivando di poco tutti i giochetti che la casa aveva in serbo per loro. I due uscirono dalla villa appoggiando le mani sulle ginocchia e prendendo fiato.
«Cos’è successo?» chiese Newt trattenendo una risata.
«Voi... quella casa è davvero stregata, non dovete entrarci» disse Maggie.
I suoi amici si misero a ridere così forte che, per un attimo, pensò che fossero anche loro posseduti. Doveva smetterla di farsi condizionare.
«Che c’è?» chiese.
«Ti avevano detto che te l’avrei fatta pagare» disse Minho sussurrandole nell’orecchio.
Maggie gli tirò un pugno sulla spalla e gridò: «Stronzi! Mi avete quasi fatto prendere un infarto!»
«Dai sai che ti vogliamo bene» disse Minho abbracciandola.
«Invece io ti odio» disse Maggie fingendosi offesa.
«Non puoi odiare cotanta bellezza» disse Minho con un ghigno.
«Ragazzi è tardi, andiamo torniamo in hotel» disse Tess controllando l’orologio.
«Agli ordini Miss Perfezione» fecero i ragazzi aggiungendo il saluto militare e incamminandosi vero l’auto.

-
-
-
Salve pive!
Scusate di nuovo per il ritardo ma ho sempre pochissimo tempo :(

Comunque, questa è la seconda parte del terzo capitolo e spero che vi piaccia. Come al solito, commenti positivi o critiche costruttive sono ben accetti!
Scusatemi ancora, a presto <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il viaggio di ritorno. ***


Be cute, and smile.

Qualche giorno dopo l’arrivo dei ragazzi ad Albuquerque Maggie non aveva ancora perdonato Minho per lo stupido scherzo che le aveva fatto al lunapark. Lei non odiava proprio nessuno dei suoi nuovi amici, ma voleva far pesare all’asiatico la sua idea infelice.
Una mattina, decisamente di prima mattina, Maggie era andata insieme a Minho, Thomas e Newt in un bar vicino all’hotel dove alloggiavano per fare colazione. Brenda e Tess non si erano ancora svegliate e loro avevano fame.
«Andiamo, come posso farmi perdonare?» chiese Minho sorseggiando un po’ del caffè che la cameriera gli aveva portato.
«Mmm» disse Maggie.
«Io avrei un’idea, ma non funzionerebbe. Dovresti essere tu quello che perdona lei, Minho. E lei per farsi perdonare potrebbe farti un lavoretto» suggerì Newt ridendo sotto i baffi.
«Facciamo così?» ghignò Minho divertito.
«Fate schifo» fu il commento di Maggie.
«Facciamo che ti do un bacio e siamo a posto?»
«Chi ti ha detto che voglio un tuo bacio?» ribatté la bionda.
«Questa era pesante» rise Thomas.
«Sei una stronza del cazzo» le urlò allora addosso Minho. «Ma non riesco ad essere arrabbiato con te»
 
«Avete preso tutta la vostra roba?» chiese il prof. Ghram nella hall dell’hotel, mentre controllava per l’ennesima volta che il numero di alunni scritto sulla cartellina che gli aveva consegnato il preside coincidesse con quanti ragazzi si trovava davanti. Sarebbe finito nei guai se non fosse stato così.
Le teste dei suoi studenti oscillarono avanti e indietro. «Bene, allora chi è arrivato in macchina può partire. Gli altri, sul pullman con me»
I ragazzi salirono sul pick-up di Minho e accesero la radio. Nonostante fosse un ragazzo sicuro di sé e non poco spavaldo, la tensione di Minho poteva essere tastata con uno spillo. Non aveva mai guidato di notte, e non capiva perche i professori avessero deciso di partire dopo cena. Avevano comunque già programmato qualche pausa durante il viaggio, che permettesse loro di riposarsi e mangiare a sufficienza per rimettersi in forze.
La prima pausa, Maggie guardò l’orologio, fu alle undici e venti. Lei era uscita con Minho dalla macchina, ma non erano entrati nell’autogrill come gli altri. Si sedettero su una collinetta poco lontana dal distributore di benzina. Minho si infilò una mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di Marlboro.
«Fumi?» chiese Maggie un po’ stupita. Non lo aveva mai visto fumare prima di allora.
«Speravo di riuscire a tenertelo nascosto»
«Direi che se volevi tenermelo nascosto fumando davanti a me, il tuo non era un gran piano»
«Non so perché, ma non volevo darti una brutta impressione»
«Minho, ti conosco da un po’ ormai, la mia impressione su di te me la sono già fatta»
«Già, avrei dovuto immaginarlo» una pausa. «Beh, non basarti sullo scherzo dell’altra sera o sul fatto che io fumi per farti la mia impressione. Non voglio che i nostri figli sappiano che pensavi che fossi un tossico disturbato psicologicamente quando gli racconteremo come ci siamo conosciuti»
«Minho, hai bevuto?» chiese Maggie sporgendosi verso di lui.
«Solo un pochino. Insomma siamo giovani, dobbiamo divertirci». Maggie capiva perché fosse così nervoso all’idea di guidare di sera.
«Un pochino quanto?» gli chiese.
«Ho trovato della vodka nel frigorifero della stanza in hotel, ne ho bevuto qualche shot prima di partire» spiegò l’asiatico.
«Tu sei un pazzo» rise Maggie togliendogli la sigaretta di bocca e finendola al suo posto.
«Posso farti una domanda?» le chiese Minho quando spense la cicca.
«Mm-mm» acconsentì lei.
L’asiatico l’avvicinò a lui e le sorrise. «Ora lo vorresti un mio bacio?»
Maggie rimase di stucco. Ma per quanto volesse negarsi che aveva una cotta per quel ragazzo, lei aveva una cotta per quel ragazzo. Sorrise e poi congiunse le loro labbra con un’eleganza che si meravigliò di utilizzare.
«Finalmente» sorrise Minho.
Sul volto della ragazza si dipinse il dubbio, così lui si spiegò: «È da quando sei entrata in classe che voglio questo bacio».

-
-
-

Non sono morta!!!
SCUSATEMI TANTISSIMO PER IL RITARDO, spero di riuscire ad aggiornare più costantemente adesso.
Bene, parlando della storia, è arrivato il tanto atteso primo bacio. Non so come sia venuto fuori questo capitolo, ma spero che vi piaccia. Come al solito, critiche costruttive o apprezzamenti sono ben accetti! P.S. Ah, ho di nuovo cambiato il nick :/ adesso è legallypsycho
Direi che dopo questa comunicazione di servizio ho finito! A presto (spero), pive :*
P.P.S. Non è vero, non ho finito xD. AVETE SAPUTO CHE KI HONG SI E' SPOSATO SABATO?! Spero davvero che sia felice con la sua findanzata che, oddio, adesso è sua moglie. Ma devo dire che sono rimasta piuttosto stupita da questa notizia che, non so se sono io male informata, non mi aspettavo. 
La bella notizia è che quasi tutto il set era presente alle nozze e che ci sono delle bellissime foto che girano su internet. 

AUGURO IL MEGLIO A QUEL PIVE-VELOCISTA SEXY E ALLA SUA NEOMOGLIE <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Dove Minho ha bevuto troppa vodka. ***


Be cute, and smile.
 
Maggie credeva che fosse da pazzi tornare a scuola il giorno dopo il rientro da Albuquerque – soprattutto se considerata l’ora in cui arrivarono a casa. Riuscì a dormire si e no sei ore prima che la sveglia suonasse come ogni maledettissimo giorno.
La sera prima Minho l’aveva accompagnata a casa per ultima senza aggiungere niente sul bacio che si erano dati, e ancora ubriaco. Lei, quella mattina, si era svegliata col dubbio su come comportarsi con lui.
Aveva preso dall’armadio i primi vestiti che le erano capitati in mano e si era vestita in fretta e furia perché, come al solito, era in ritardo.
«Buon giorno Maggie» le sussurrò Thomas.
«Ciao Tommy» si fermò in tempo. Nessuno all’infuori di lei e Minho sapevano del bacio e se avesse chiesto a Thomas dove fosse l’asiatico avrebbe sicuramente acceso la curiosità di Tommy. Inoltre, non era sicura di voler parlare con Minho, quel ragazzo la rendeva nervosa.
«Tutto a posto biondina?!» la voce di Newt risuonò nel corridoio della scuola. Tutti si girarono, compreso Minho che stava parlando con Brenda e Teresa dall’altra parte del corridoio. Loro avevano sicuramente capito che Newt stava alludendo a lei.
«Tutto a posto, biondino» gli rispose Maggie. Quando dietro a Newt arrivarono Brenda, Tess e Minho, Maggie cercò il suo sguardo, per capire se anche lui pensava che dovessero parlare. Minho, però, sembrava il solito asiatico addormentato di prima mattina; sul suo viso niente si riconduceva al bacio della notte prima.
La campanella interruppe i pensieri contrastanti di Maggie, che stava viaggiando con la mente nelle più disparate direzioni. Non capiva se Minho evitasse l’argomento perché non sapeva come parlarne o perché se n’era pentito, e il petto le si riempiva di ansia.
Entrarono in classe e – casualmente – avevano una lezione di Ghram alla prima ora. Il prof. era già in classe quando i ragazzi entrarono in fila indiana e si sedettero. Brenda, di solito, si sedeva vicino a Murphy, un ragazzo castano che sembrava drogato ogni volta che Maggie lo incontrava. Lei, però, aveva bisogno di parlare con Brenda, così abbandonò Thomas – che non mancò di protestare lamentandosi – e si mise di fronte a Murphy: «Posso sedermi di fianco a Brenda per oggi?»
«Non ci penso neanche biondina» rispose lui con il suo tono biascicante.
«Andiamo Murphy, alza il culo e va’ di fianco a Thomas» gli urlò allora Maggie.
Lui si levò dalla sedia alzando le mani come se lei avesse potuto fargli del male. Prese il suo quaderno e lo lanciò sul banco di Maggie, stravaccandosi sulla sedia di fianco a Thomas.
Il moro lanciò un’occhiataccia a Maggie e le sussurrò: «Questa me la paghi» prima che la seconda campanella scandisse l’inizio delle lezioni.
Dopo una decina di minuti che Ghram impiegò a disegnare combinazioni chimiche alla lavagna, Maggie si decise a parlare con Brenda di quello che era successo mentre loro erano in autogrill.
«E oggi non ne avete parlato?» sussurrò Brenda scarabocchiando sul libro di chimica.
Maggie scosse la testa, spostando lo sguardo sull’asiatico che stava lanciando delle palline di carta in testa a Thomas – facendo attenzione a non colpire Murphy, che quella mattina sembrava particolarmente irascibile.
«Posso provare a parlarci io» suggerì Brenda.
«No. Se vorrà parlarne ne parleremo, se no farò in modo di scoprire perché mi tratta come se non fosse successo niente» disse Maggie.
L’ora di Ghram finì più alla svelta del previsto, parlare con Brenda era un diversivo niente male.
L’insegnante della seconda ora, la signora Mayer, era in malattia e così i ragazzi ottennero un’ora di studio guidato – che significava che l’insegnante in sostituzione si sedeva alla cattedra e gli alunni parlavano tra di loro. Maggie si spostò vicino a Minho, dicendo a Newt di sedersi di fianco a Thomas e a Murphy di tornare con Brenda.
«Biondina smettila di girare come una trottola, trovati un posto e restaci» gli disse Murphy tornando barcollante vicino a Brenda.
«Zitto Murphy» lo ammonì Maggie.
«Cos’hai Meg? Sembra che tu ce l’abbia col mondo oggi» disse Minho quando lei gli si sedette di fianco.
«Cos’ho?» ripeté stupita lei, che si aspettava che almeno capisse cos’era che le dava tanto fastidio.
Lui annuì senza aggiungere niente e corrugando la fronte.
«Niente» si arrese Maggie. «Sono solo stanca, non ho dormito molto stanotte» mentì.
«Oh, neanche io. Mia mamma mi ha detto che ha dovuto portarmi in braccio, aiutata da mio padre, dalla macchina fino in camera perché ero troppo stanco. E troppo ubriaco»
«Se ne sono accorti?» chiese lei.
«Spero di no, ma non lo so. Non mi ricordo molto di ieri sera» disse sfogliando un quaderno.
Cazzo. Non si ricordava molto di quella sera? Quanto non si ricordava e, soprattutto, che cosa?
«Sul serio?» chiese Maggie fingendo di ridere. Cercò di scavare nella memoria del ragazzo: «Ti ricordi che hai guidato tu, vero?»
Minho annuì. «E che ci siamo fermati all’autogrill?» chiese di nuovo.
Minho corrugò la fronte e scosse la testa «No, credo che da quel momento il mio cervello ci abbia lasciati»
Cazzo. Non si ricordava dell’autogrill, né del bacio. E questa cosa ferì Maggie molto più di quanto non si aspettasse.
Alla fine della scuola Maggie fermò Brenda per raccontarle ciò che aveva scoperto, ma prima di poter dire qualsiasi cosa si fermò, perché Brenda era in lacrime davanti al suo armadietto, e fissava lo schermo del suo telefono.
«Cos’è successo?» chiese Maggie avvicinandosi.
«Jorge mi ha mollata» singhiozzò lei. «Per messaggio» puntualizzò poi asciugandosi le lacrime.
«Che stronzo» constatò Maggie abbracciandola. «Mi dispiace»
«Non devi, è un bastardo traditore» disse Brenda a testa alta. «Vorrei tanto fargliela pagare»
«Potremmo farlo» suggerì Maggie con uno sguardo che, di solito, suscitava in Brenda non poca paura.
«Cosa vuoi fare Meg?» chiese la mora con un sorriso.
«Fargliela pagare» disse lei. «Tra poco sarà Halloween, nessuno sospetterà di noi se a Jorge venissero fatti degli scherzi. Darà la colpa ai bambini e, per quanto lo farà fottutamente incazzare, non si scervellerà per capire quale moccioso lo abbia preso in giro»
«Sai, quando fai questi ragionamenti, mi spaventi» disse Brenda.
«Dovrebbe spaventarti di più il fatto che io possa fare a te una cosa del genere» la corresse Maggie.
«Touché. Volevi dirmi qualcosa prima? Hai parlato con Minho?»
«Si, ma ora non ha importanza. Adesso dobbiamo preoccuparci di far collaborare quei pivelli e Teresa all’operazione Jorge»
«Quanta fantasia» ironizzò Brenda.
«Senti il nome dell’operazione è l’ultima cosa di cui dobbiamo preoccuparci, se ti sta tanto a cuore trovane uno te, di nome originale» disse Maggie andandosene.
«Scusa, biondina» disse Brenda mentre correva per raggiungerla.


Ciao pive!!!
Tutto bene? 
Ecco, questo è il quinto capitolo, con un po' di ritardo, ma ora è pronto.
Spero che vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate. Come sempre, critche cotruttive o complimenti sono ben accetti!
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La dipendenza di Maggie. ***


Be cute, and smile.

«Mi spieghi perché ti serve un costume, Meg? Non festeggi Halloween dalla quinta elementare» continuava a farfugliare Park in macchina. «E non riesco ancora ad accettare che papà ti abbia permesso di prendere la macchina, non guidi quasi mai, potresti ammazzarmi»
«Se non taci la prenderò come opzione» gli rispose sua sorella fermandosi ad un semaforo.
«Allora, Minho ti ha invitata a qualche festa? È per questo che ti serve un costume?» la incalzò.
«Minho? E tu come fai a sapere di Minho?»
«Te l’ho detto, tutti parlano del tuo gruppetto a scuola e molti credono che tra voi due ci sia del tenero» disse. «Che poi non riesco ancora a capacitarmi di come tu sia riuscita a diventare loro amica. Una drogata come te» mugugnò mentre si sporgeva dal finestrino.
«Park non scherzo, ti faccio scendere se lo ripeti»
«D’accordo scusa, è che è il primo insulto che mi passa per la testa quando devo provocarti»
«Beh vedi di trovartene un altro. Almeno qui non c’è più gente che mi punta il dito contro quando cammino per i corridoi della scuola, quindi vedi di tenere chiusa quella tua bocca del cacchio»
«Mi dispiace» bisbigliò come se fosse una cosa che non poteva sentire nessun altro, nonostante fossero solo loro due in macchina.
Dopo una pausa piuttosto lunga, Park disse: «Non mi hai ancora perché hai iniziato» disse giocherellando con il profumatore per macchine che aveva staccato dal vetro.
«Guarda che ho smesso, Park» precisò lei.
«E guarda che io ci entro in camera tua, e frugo nei tuoi cassetti. Non perché voglia trovare qualche tuo diario segreto o cose del genere, voglio vedere se ci sono... beh, hai capito» balbettò.
«Le siringhe? Vuoi sapere se ci sono quelle? Beh, spero che tu sia rimasto soddisfatto nel vedere che ci sono» sbottò parcheggiando, nonostante non fossero ancora arrivati al centro commerciale.
«Mamma e papà pensano che tu adesso stia bene, rimarrebbero delusi nel vedere che gli menti di continuo. E lo sono anche io. Insomma noi due litighiamo, ma sei comunque mia sorella»
«Lo so ma, Park, deve rimanere tra noi due». Nessuna risposta. «Park?» chiese.
«Si, va bene. Ora possiamo andare? Se non ci muoviamo finiranno tutti i vestiti da Michelangelo delle Tartarughe Ninja che hanno»
Perché è ovvio, tutti i quindicenni si travestono da tartaruga ninja per Halloween. Non che a Park interessassero davvero quel tipo di cose, ma lui e i suoi amici sfigati avevano probabilmente organizzato una specie scherzo o cose così.
Maggie, durante tutto il resto del viaggio in macchina non fece che pensare alle parole di Park. Non voleva affatto che i suoi amici scoprissero la dipendenza in cui era inciampata e da cui non era riuscita a venire fuori. Si sentiva troppi occhi addosso a Seattle, a scuola, lì non voleva essere chiamata di nuovo “la drogata”. Non da tutta la scuola, non dai suoi amici, non da Minho.
Quando Park trovò il costume, Maggie non cercò qualcosa con cui travestirsi il giorno dopo. Si sarebbe vestita solo di nero, e di vestiti neri non le mancavano.
Durante il viaggio di ritorno pensò anche a tutte le volte che definiva Murphy un “drogato”, che di fatto non era. Pensava a quanto si sarebbe dovuta sentire in colpa per chiamarlo così, ma dopo tutto sembrava davvero perennemente fatto. Tutti in classe non si facevano paranoie nel dargli soprannomi del genere, e lei si era adeguata.
Decise che avrebbe chiesto scusa a Murphy il giorno dopo e che avrebbe smesso di chiamarlo così. Tra l’altro, le ricordava perennemente come, a Seattle, i suoi compagni di scuola definivano lei; con la differenza che lei si drogava davvero.
Aveva cominciato una sera, con il suo migliore amico, in uno di quei pub che gli piaceva tanto visitare il sabato sera. Lui aveva tirato fuori di punto in bianco una siringa e l’aveva continuata a spostare da una mano all’altra. Nessuno dei due sapeva che li avrebbe portati alla vera e propria dipendenza, non osavano immaginarlo dopo aver provato una volta sola. Invece fu così. Continuarono ogni sabato sera fino a quando Maggie non si trasferì; ma lei continuò anche senza di lui.
Non ne parlava con nessuno, cercava di fare meno collegamenti possibili con l’argomento, ma non riusciva a smettere fisicamente. Ci aveva provato dopo che i suoi genitori la scoprirono, ma dopo due settimane ricominciò, perché stava male. Decise di non pensare ai sensi di colpa, e tenere nascosta la cosa come era sempre riuscita a fare.
 
Il giorno dopo era Halloween, e la scuola era piena zeppa di decorazioni arancioni e nere e zucche intagliate piuttosto maluccio dagli studenti del primo e del secondo anno.
«Biondina!» disse Teresa mettendosi di fianco a Maggie al loro tavolo della mensa.
«Ciao Tess» disse Maggie fissando la sua pizza abbandonata sul piatto.
«Non la mangi?» chiese Teresa.
«No, forse dovrei riportarla in cucina»
«Tranquilla, scommetto cinque dollari che uno dei ragazzi la mangerà una volta finita la propria» rise addentando un pezzo della sua fetta. Maggie rise a sua volta.
«Buongiorno signore» arrivò Thomas.
Dopo di lui Brenda, Newt e Minho. I primi due salutarono calorosamente tutti e tre, Minho si riservò un bacio sulla guancia per Maggie, che arrossì nel sentire di nuovo le sue labbra su di lei. Newt e Thomas si scambiarono un lungo abbraccio, che lasciò senza parole un po’ tutti al tavolo. Maggie però pensò di preoccuparsi della “Newtmas” in un secondo momento perché Minho era ancora in piedi di fianco a lei, «Dobbiamo parlare» le sussurrò.
«Noi due usciamo un attimo, voi intanto pensate a un piano per farla pagare a quello stronzo di Jorge» disse Minho afferrando Maggie per il braccio e trascinandola nel cortile che dava sul campo di atletica e di football.
«Che c’è?» chiese Maggie.
«Tuo fratello è simpatico» le disse con un ghigno divertito.
«Non sapevo che conoscessi mio fratello»
«Mi ha scritto ieri su Facebook, se non l’avesse fatto non mi sarebbe neanche passato per la testa di conoscerlo» confessò. Le prese la mano e la portò sugli spalti dove si sedettero.
«Perché ti ha scritto?» Maggie detestava l’idea che Park si fosse intromesso nei suoi affari, soprattutto le svariate volte che gli aveva detto di non farlo.
«Non mi ha solo scritto. Ci siamo visti da Starbucks dopo che è venuto con te a cercare il costume per stasera»
«E cosa vi siete detti?» chiese allora, un po’ stufa della conversazione. Sapeva che Park poteva aver parlato a Minho della droga.
«Mi ha parlato dell’anno scorso, di quello che è successo a Seattle, con i tuoi genitori, e di quello che ha visto lui in camera tua»
«Scusami, ma non sono affari suoi» lo fermò Maggie scendendo dagli spalti.
«E mi ha chiesto di aiutarti a uscirne» sorrise Minho guardandola dall’alto. Lui scese e la raggiunse fianco a fianco.
Maggie lo guardò dal basso – nonostante ora fossero entrambi in piedi, uno di fianco all’altro – e gli sorrise. Più tardi avrebbe fatto il culo a Park per averne parlato con Minho, ma alla fine suo fratello le chiedeva sempre dell’asiatico e probabilmente vedeva come Maggie arrossiva o come diventava nervosa e forse aveva capito che Minho era la persona giusta che potesse aiutarla. Ma alla fin fine, Maggie non voleva essere aiutata. Forse nemmeno da Minho.
 
Ciao pive!!!
Sesto capitolo, tanti cambiamenti!
Lasciatemi spiegare: la mia mente malata ha pensato ad una storia che trattasse dell’argomento droga, non chiedetemi perché (forse è colpa di Skins e de I ragazzi dello zoo di Berlino, ahah). In ogni caso, ho pensato che scrivere una nuova fic, che parlasse, oltre a questo, di vicende simili a quelle di Be cute, and smile non aveva senso, e quindi ho pensato di aggiungere questo problema di Maggie nel sesto capitolo.
So che può rovinare la storia o non piacervi quindi, vi prego, ditemi se devo cancellare questo capitolo e riscriverlo come se la mia mente malata non avesse mai pensato a quella storia.
Qui i vostri consigli e le vostre critiche mi servono più che mai!
A presto! <3<3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Dove i ragazzi mettono in atto l'Operazione Jorge e Minho aiuta Maggie. ***


Be cute, and smile.

La casa di Jorge era a pochi isolati dal Bloody Mary. Il piano era che prima avrebbero distrutto la casa del ragazzo, e poi sarebbero andati all’Halloween Party del locale.
Brenda si era già assicurata che quella sera Jorge non fosse né in casa né al Bloody Mary, in modo che non si accorgesse di niente. Se avesse sospettato di loro e ne avesse parlato con i suoi colleghi, loro gli avrebbero detto che i ragazzi quella sera erano lì a ballare e che non potevano essere stati loro.
Era un alibi perfetto.
Thomas e Maggie avevano passato il pomeriggio a riempire la macchina di Minho con tutti i prodotti più viscidi e puzzolenti che i supermercati vicino alla loro scuola avessero. Pesci, uova, latte, gorgonzola; poi erano passati alla carta igienica, alla vernice blu e bianca, alle bombolette spray e ai pennarelli indelebili. Avevano anche fatto il pieno di colla superadesiva, che avrebbe impedito a Jorge di indossare i suoi vestiti – o di aprire l’armadio – per un bel po’ di tempo.
I due avevano poi guidato fino a casa di Minho, dove li aspettavano l’asiatico e Newt per ideare un piano che portasse via poco tempo e che impegnasse ognuno di loro con qualcosa.
Alla fine Maggie si sarebbe dovuta occupare della vernice, delle bombolette e della colla, e sinceramente ci sperava.
Avrebbe dovuto dipingere le divise di Jorge con la vernice, disegnare ciò che le veniva in mente sulle porte delle stanze e infine tracciare in ogni stanza l’iniziale di ognuno di loro. Alla fine forse sarebbe arrivato alla conclusione che erano stati loro a distruggergli la casa, ma era anche vero che non conosceva bene gli amici di Brenda, e che ogni volta che si erano presentati lui era mezzo sbronzo, quindi puntavano sul fatto che la sua memoria gli giocasse qualche scherzo.
Verso le nove, orario in cui erano sicuri che Jorge fosse fuori, passarono a prendere Teresa e Brenda a casa di Tess, dopo aver mangiato da Minho delle pizze ordinate a domicilio, dove Maggie – anche quando non era così – si sentiva addosso gli occhi accusatori di Minho, che in quei giorni la seguiva come un’ombra.
«Buona sera signore, pronte a essere arrestate?» chiese Minho partendo.
«E tu?» rispose Tess allacciandosi la cintura.
Nessuno poteva saperlo, ma Maggie trovava molto sexy l’idea di Minho arrestato. Certo, non sperava che succedesse, ma i cattivi ragazzi le erano sempre piaciuti.
Forse perché lei era una cattiva ragazza e non si aspettava che nessun nerd/cocco della mamma/ragazzo troppo timido si avvicinasse a lei.
Parcheggiarono l’auto proprio di fronte a casa di Jorge, in modo che se fossero dovuti scappare improvvisamente avrebbero fatto in tempo. Thomas li aspettava al volante: era troppo imbranato per muoversi furtivamente in una casa come quella.
Newt e Teresa dovevano riempire letti e divani di pesci morti, Brenda doveva spargere il latte scaduto e il gorgonzola in giro per casa e Minho doveva sbattere un po’ d’uova dove gli capitava. Guardava Maggie come se fosse un padre deluso, e se la faccenda fosse andata avanti per molto Maggie avrebbe optato per andare ad un gruppo di supporto invece che farsi aiutare da lui. Le piaceva l’idea, ma non se doveva significare che Minho non fosse più il solito asiatico-cretino-impegnato-a-guardare-i-culi-di-ogni-ragazza-della-scuola. E c’era da aggiungere che, a volte, era anche un asiatico-dolce-e-adorabile.
Maggie si occupò dei suoi compiti e, dopo aver trovato uno straccio dove pulirsi le mani ormai diventate blu, si precipitò fuori dalla casa, trovando appoggiati alla macchina Newt e Thomas, che parlavano con i visi così vicini che Maggie pensò fosse meglio nascondersi da qualche parte. Premette la schiena contro il tronco freddo di un albero e cercò di tendere le orecchie per capire ciò che i due si stavano sussurrando tanto intimamente.
«Che stai facendo?» chiese una voce divertita. Maggie si girò in direzione della casa e vide che Minho era appena uscito dalla porta d’ingresso, con un ghigno dipinto sul viso olivastro. Teneva in mano una decina di scatole di uova vuote, che si occupò di gettare nel bidone più vicino.
Maggie si portò l’indice sulle labbra e tirò Minho accanto a lei dietro il tronco dell’imponente quercia, facendo un cenno veloce verso la loro macchina. L’asiatico sgranò gli occhi e si girò per guardare meglio la scena, togliendo completamente la visuale alla bionda.
«Ommioddio!» sussurrò improvvisamente, coprendosi gli occhi sottili con la mano.
«Che è successo?»
«Non hai visto?» chiese lui schifato.
«Sai, se non avessi davanti quei tuoi capelli a cui tieni tanto forse sarei riuscita a vedere qualcosa» rispose Maggie toccandogli la chioma corvina. Lui allora si abbassò e fece in modo che davanti a Maggie si dipingesse la scena che l’aveva tanto schifato: Thomas e Newt si stavano baciando, baciando come due fidanzati e, nonostante la scena l’avesse lasciata perplessa, Maggie era piuttosto contenta che finalmente i due dimostrassero apertamente l’affetto che li accomunava. Si era già accorta che tra i due c’era del tenero, ma ogni volta che lei, Tess e Brenda erano sul punto di coglierli sul fatto, Thomas e Newt si spostavano in un luogo più appartato, così che nessuno potesse vederli.
«Ommioddio, quella è la mia macchina!» Minho continuava a lamentarsi, poi, finalmente, l’arrivo di Teresa e Brenda fece allontanare Thomas e Newt e spuntar fuori dal retro dell’albero Minho e Maggie.
«Quindi Bloody Mary?» disse Brenda gettando un paio di confezioni vuote nell’ingresso della casa.
«Davvero avete voglia di ballare?» chiese Thomas sbadigliando. «Io dico che la biondina propone come al solito qualche locale e andiamo lì a sbronzarci e a mangiare gelato»
«Ci sto» Newt si affrettò a sostenere l’idea di Tom.
«Anche io» disse Tess alzando la mano.
«Basta che ci sia dell’alcol» disse Minho annuendo.
«E va bene» concesse Brenda, che era la più smaniosa di andare a ballare. «Ma non lamentatevi se, quando Jorge sospetterà di noi, i suoi colleghi non gli diranno che eravamo là»
«Lo farà Kathleen» disse Maggie aprendo la porteria.
«Chi?» chiesero gli altri.
«Mio fratello» e a quel punto Maggie si scambiò un’occhiata con Minho, «ha scovato col suo gruppetto di sfigati un locale davvero figo dall’altra parte della città. È uno di quei locali vecchio stile, di quelli con le panche di pelle gialla al posto delle seggiole e con una vecchia cameriera che si ubriaca quasi quanto i suoi clienti. Quella di questo locale, mi sembra che si chiami Jump!, si chiama Kathleen e a sentire Park fa la migliore torta di cannella che abbia mai mangiato.»
«Per me va bene»
«Sì, anche per me»
«Io amo la cannella»
Così i ragazzi si misero alla ricerca del Jump! arrivando a destinazione trenta minuti dopo, tutti piuttosto affamati nonostante le pizze che avevano mangiato per cena. Il locale era praticamente deserto, a parte un paio di anziani che si divertivano a giocare a poker su un tavolo su cui si erano rovesciati numerosi shottini si scotch. Loro presero posto ad un tavolo piuttosto lontano dai vecchi, che giocavano sportivamente gridandosi addosso insulti che non si sentivano nemmeno a scuola. Al loro tavolo si avvicinò una signora dai capelli bianchi, con un paio di spessi occhiali appoggiati sul naso, un cartellino col nome ‘Kathleen’ e un blocchetto che spuntava dal grembiule. Lo prese nelle mani grosse e afferrò la matita che portava dietro l’orecchio. «Che bello ragazzi! Finalmente un po’ di gioventù in questo posto dimenticato da Dio» disse con un sorriso. «Che cosa prendete?»
«Sei fette di torta alla cannella e sei Jack Daniels» fece Newt.
«Arrivano in un lampo» disse la donna scomparendo dietro una porta.
Minho vide Maggie cercare nella sua borsa qualcosa, poi la vide infilarsi un rettangolino colorato nella tasca dei jeans scuri e tenere qualcosa stretto in mano.
«Ehm, ragazzi» disse alzandosi. «Vado a prendere un po’ d’aria. Chiamatemi quando arrivano le ordinazioni»
Minho alzò gli occhi al cielo e quando lei fu uscita la seguì lanciando un’occhiata agli altri, di cui nessuno riuscì a cogliere il significato. Fuori vide Maggie con una sigaretta in bocca – che sapeva non essere una sigaretta – e l’accendino colorato che le aveva visto prendere su in una mano.
«Certo che di forza di volontà non ne hai proprio» disse Minho avvicinandosi.
Maggie sussultò e si tolse la canna dalla bocca. «Che cosa ci fai qui?»
«Mantengo la promessa che ho fatto a tuo fratello» disse.
Le levò dolcemente la canna e l’accendino dalle mani. Diede fuoco alla “sigaretta” e poi la lanciò a terra pestandola con forza. Si intascò l’accendino e poi appoggiò lo sguardo su Maggie. «Forse dovrei utilizzare il metodo dei cani» disse l’asiatico come pensando ad alta voce.
«Il metodo dei cani?» gli fece eco Maggie perplessa.
«Sì, sai, quando fanno ciò che gli ordinano i padroni, gli danno un premio, quando non lo fanno li puniscono»
«Ah-ah» annuì Maggie sarcastica, spostando lo sguardo sul cielo coperto di stelle.
«Dico davvero, sai?» disse Minho. «La tua punizione sarà... che farai per un giorno tutto ciò che voglio ogni volta che non riesci a resistere. Il tuo premio lo deciderai tu quando sarà il momento. Andata?»
Maggie alzò gli occhi, poi guardò con la coda dell’occhio l’asiatico e annuì con un sorrisetto. «Andata»
Poi i due tornarono insieme nel locale e si avventarono insieme agli altri sul cibo e l’alcol che Kathleen aveva portato loro.


Non sono morta!!!
Prima cosa: mi scuso immensamente con tutti quelli che seguivano la storia per avervi fatto aspettare così tanto per il seguito, soprattutto dopo che avevo aggiunto un cambiamento così grosso come la dipendenza di Maggie.

Seconda cosa: ho finalmente ripreso sottomano la storia e ho deciso che arriverà fino a dieci capitoli.
Che dire, in questo capitolo i ragazzi mettono in atto lo scherzo per Jorge e dopo decidono di andare a bere in questo locale che si chiama Jump! (inventato da me come il Bloody Mary). 
L'idea di scrivere le iniziali con la bomboletta spray è ripresa da "Città di carta", di John Green.
Okay, direi che adesso ho finito, e mi scuso ancora tanto per il ritardo! Spero che mi farete comunque sapere cosa ne pensate di questo capitolo perché, come sempre, apprezzamenti o critiche costruttive sono di grande aiuto per migliorare la storia.
P.S. So che non vi importa, ma ho cambiato nickname e ora (come credo avrete visto) sono Margo Malfoy - perché si, ho preso una terribile fissa per quel furetto biondo. Okay, dopo questo direi che ho decisamente finito.
Scusate ancora, spero di sentirvi!
A presto pive! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Dove Minho mette in atto il suo piano per aiutare Maggie. ***


Be cute, and smile.

Dopo il patto cui era scesa con Minho, Maggie si era ritrovata ad aprirgli la porta e a dargli il benvenuto in casa sua, pattuendo un giorno in cui sarebbe stata sicura che i suoi genitori non tornassero prima di cena. In circostanze normali, se si fosse trovata ad invitare un ragazzo – per cui per di più aveva una cotta e si era anche baciata, ma lui era troppo sbronzo per ricordarlo –, si sarebbe preoccupata di allontanare da casa anche suo fratello minore Park, ma dato che Minho si recava a casa sua proprio per mantenere la promessa che aveva fatto al ragazzo, Maggie trovò stupido farlo uscire di casa. Anzi, si era inaspettatamente ritrovata seduta con lui al tavolo del soggiorno, contorcendosi nervosamente le mani in attesa che l’asiatico suonasse il campanello. Nessuno dei tre aveva idea di cosa aveva in serbo per loro quel pomeriggio, ma di sicuro si sarebbe rivelato bizzarro. Maggie sperava che Minho avesse qualcosa in mente, in quanto era lui che avrebbe dovuto aiutarla col problema che era riuscita a tenere ben nascosto fino a quando non fu Park a pensare di rivelarlo proprio alla persona che Maggie cercava di tenere più all’oscuro del suo passato burrascoso. Quel sabato mattina – giorno della settimana che i loro genitori impiegavano per recarsi al Country Club, dove suo padre avrebbe giocato a golf e sua madre si sarebbe stesa in piscina fino all’ora di cena, dove entrambi si sarebbero seduti insieme agli altri soci a mangiare e spettegolare – Maggie si era perfino alzata di malavoglia sentendo la musica inascoltabile che a Park piaceva tanto mettere su quando i loro genitori non erano in casa. E ora si ritrovava spettinata, seduta con suo fratello, ad aspettare con più ansia del previsto che Minho suonasse il campanello.
«Maggie, rilassati» le disse Park dopo un po’, appoggiandole una mano sul ginocchio della gamba che continuava a muovere freneticamente.
«Sono calma» mentì Maggie spostando gli occhioni verdi sulla porta di casa.
Park le scoccò un’occhiata divertita e le sorrise sinceramente – uno dei pochi sorrisi che non gli comparivano in viso solo perché stava prendendo in giro la sorella.
«Non so nemmeno perché lo sto facendo, so che non servirà a niente» Maggie scosse la testa.
«In un futuro lontano, quando starai correndo dietro ai tuoi nipotini mezzi-asiatici invece che trovarti in un centro di recupero o addirittura nella tomba per overdose, dirai “Ah, quanti favori che devo a mio fratello”»
Maggie gli scoccò un’occhiataccia che però lo fece divertire ancora di più. Poi, prima che Maggie potesse sputare fuori un insulto degno di ciò che aveva appena detto Park, un ding dong li fece sobbalzare. Gli occhi verdi di lei si incontrarono con quelli azzurri di lui, poi Park disse: «Beh? Vai ad aprire o lo vuoi far aspettare così tanto da farlo andare via?»
Maggie parve prendere davvero in considerazione la seconda opzione, al ché Park alzò gli occhi al cielo e si avviò alla porta per aprire all’asiatico al posto della sorella.
«Ciao Minho» disse Park con una voce più formale del solito. Era davvero così eccitato di parlare con un membro del gruppo che il suo gruppetto di sfigati ammirava tanto?
Minho gli fece un cenno del capo e poi cercò con lo sguardo Maggie, superando suo fratello per raggiungerla in soggiorno. «Buongiorno» disse con un sorriso smagliante.
«Buongiorno» disse lei alzandosi.
«Bene, da dove cominciamo?»
Maggie parve non capire. «Intendo dire, dove tieni la droga?»
Maggie si sentì come terribilmente offesa da quella domanda così diretta che Minho sembrò accorgersene. «Scusa» si affrettò a dire. «Non intendevo...»
«Non importa» disse Maggie sospirando. «Di sopra, in camera mia» rispose poi. Si avviò verso le scale e fece strada all’asiatico, mentre la voce di un Park super-disponibile urlava: «Se avete bisogno di me non esitate a chiamarmi!»
Maggie mostrò a Minho i cassetti dove teneva la... roba e restò immobile in mezzo alla stanza a guardarlo mentre gettava siringhe, erba, pasticche e chi più ne ha più ne metta all’interno di un sacco che Park aveva gentilmente portato di sopra.
Minho si schiarì la voce e poi tirò fuori dai suoi jeans l’accendino che aveva requisito a Maggie la sera di Halloween. «Fase due» disse cominciando a trasportare il sacco giù dalle scale e poi in cortile. Scoccò con le dita e la fiamma si accese in un attimo. Maggie stava per vedere i soldi che aveva risparmiato per mesi buttati in un mare di fiamme. Ma prima che Minho potesse far scomparire tutto, si voltò verso la bionda, che era rimasta in silenzio per la maggior parte del tempo. «Dovresti farlo tu». Le porse l’accendino e le sorrise.
Maggie lo afferrò un po’ titubante e lo accese, poi guardò Minho in attesa di una conferma, un incitamento che le arrivò quando l’asiatico annuì con forza e la spinse leggermente verso il sacco. Maggie avvicinò allora l’accendino al sacco e questo cominciò a prendere fuoco, sciogliendo la plastica e ciò che vi era all’interno.
Maggie, che era rimasta a fissare la scena dispiaciuta, ma fiera di ciò che aveva fatto, sentì le mani di Minho accarezzarle le spalle, ed improvvisamente si ritrovò a sperare che l’amico si ricordasse del bacio che si erano dati al ritorno di Albuquerque. Lui la strinse appena e le scoccò un bacio sui capelli biondi in segno della sua felicità. «Sono fiero di te» disse mettendosi di fronte a lei.
Passarono il resto della giornata a liberarsi dei resti che erano rimasti del falò aiutati da Park, ed arrivati a metà del pomeriggio, Minho si alzò dal divano su cui si erano lanciati solo poco prima. «Forza, fase tre» disse prendendo Maggie per mano e costringendola ad alzarsi.
«Sarebbe?» chiese Maggie.
«Allenamento» disse Minho, mettendosi a correre sul posto. «Tutte le mattine alle sei andiamo a correre»
«Tu stai scherzando» disse Maggie scuotendo la testa.
«Certo che no»
«Sai che non sei un personal trainer, vero?»
Minho parve un po’ deluso e poi sorrise. «Si hai ragione, biondina» disse rinunciando a quell’idea assurda.
«Quindi? Qual è la nuova fase tre?»
Minho sembrò controllare che Park non fosse nei paraggi e avvicinò le labbra all’orecchio di Maggie. «La nuova fase tre è che ti invito ad uscire domani sera».


Ehilà pive!
Dunque, ecco il penultimo capitolo, un capitolo dove Minho mette un taglio netto alla dipendenza di Maggie e... la invita ad uscire.
Spero che sia di vostro gradimento, e vi prego di farmi sapere le vostre opinioni, critiche o apprezzamenti sono ben accetti, anche il minimo commento serve a migliorare!
Bene, a breve posterò l'ultimo capitolo.
A presto

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Appuntamento con straordinario cambiamento. ***


Be cute, and smile.

Maggie si era ritrovata a cercare nell’armadio di sua madre un vestito da indossare la sera seguente il pomeriggio-antidroga passato con Minho. Aveva accettato l’appuntamento inaspettato, ma che senz’altro le aveva fatto piacere. Dopotutto significava che, anche se non si ricordava della sera in cui si erano baciati, provava qualcosa per lei. L’asiatico si era rifiutato di dire a Maggie dove l’avrebbe portata, le disse solo di vestirsi elegante. Maggie si era stupita nell’immaginare Minho vestito elegante, non sapeva spiegarsi il perché.
Era riuscita a trovare dopo un pomeriggio intero di ricerca un vestito che trovava molto carino: era un abito rosso, dal corpetto aderente e la gonna ampia, che le arrivava al ginocchio. Vi avrebbe messo sopra una giacca nera elegante e avrebbe indossato un paio di scarpe di vernice nera col tacco che forse le avrebbero finalmente permesso di essere alta quanto l’asiatico. Aveva portato tutto con sé nella sua stanza e poi si era stipata in uno dei due bagni della casa, portando tre beauty per i trucchi, due diversi asciugacapelli e il suo accappatoio, si era chiusa nella doccia ed aveva iniziato a lavarsi.
Nel frattempo, l’iPhone che aveva lasciato sul mobile del lavandino aveva iniziato a squillare a causa dei messaggi che lei non riusciva a sentire:
 
Newt
Stai davvero per uscire con Minho?
 
Tom
Hai un appuntamento con Minho? Sul serio?
 
Tess
Ce lo hai tenuto nascosto! Sei un stronza, Codd!
 
Brenda
Non ci credo, lo giuro. Appena torni a casa devi chiamarmi, non importa se è tardi xx.
 
Li lesse solo quando uscì tutta bagnata dalla doccia, rispondendo a tutti che sì, era vero che stava uscendo con Minho e che sì, avrebbe raccontato tutto una volta tornata a casa.
Si asciugò in fretta e furia il corpo, infilandosi mutande e reggiseno, poi si pettinò meticolosamente i capelli biondi ed iniziò ad asciugarli con cura. Una volta che fu completamente asciutta, si infilò il bel vestito rosso, le scarpe e la giacca. Poi afferrò la pochette dagli strass color argento e vi infilò dentro il cellulare che non aveva smesso di suonare. Scese con un po’ di fatica le scale di casa e arrivò in salotto dove sua madre, suo padre e suo fratello la guardarono così ammaliati che sembrava essere una stella. Si sentiva tremendamente imbarazzata da quelle occhiate così ammiratrici, che fu costretta ad abbassare lo sguardo e a dire loro di smetterla di guardarla. Per fortuna, però, suo padre non era il tipo da essere geloso dei ragazzi con cui usciva, così si limitò a farle i complimenti e ad afferrare il giornale che non era riuscito a leggere quella mattina.
A salvarla da quella strana situazione suonò il campanello e Minho apparve sotto una luce del tutto diversa sulla soglia di casa Codd. Indossando uno smoking ed una cravatta elegante, l’asiatico fece spuntare da dietro la schiena una rosa rossa che fece arrossire Maggie come niente era riuscita a farla diventare scarlatta prima d’ora. Si congedarono in fretta dai Codd e Minho la fece salire in macchina.
«Mi dici dove andiamo?» chiese Maggie tenendo tra le mani la rosa.
«Non ancora» disse Minho mentre rallentava nei pressi di un locale. Non sembrava elegante quanto loro, ma Maggie lo trovò comunque carino. Era tutto in legno, dalle sedie al bancone, dal pavimento alle pareti, ed era... vuoto. Non c’era nessuno a parte loro, nemmeno i camerieri. Un tavolo era apparecchiato con tovaglia e stoviglie neri, con un paio di portate sistemate al centro.
Maggie si incamminò verso il tavolo e fece per sedersi, ma Minho l’afferrò per il braccio, prendendole il fiore e la borsetta ed appoggiandoli su un tavolo vicino a loro. Poi l’asiatico si avvicinò al bancone e accese il vecchio stereo che vi era sistemato sopra, che iniziò a suonare un lento adatto ad un ballo.
«Vuoi dirmi cosa sta succedendo?» chiese Maggie continuando a non capire.
«L’anno scorso c’è stato il ballo a scuola, e tu non c’eri» cominciò a dire Minho, prendendole una mano e cominciando a farla ballare un po’ alla volta. «Se ci fossi stata sarebbe stato mille volte meglio» disse.
«I-io non so ballare» farfugliò Maggie ridendo.
«Quindi, Margherita Codd» continuò Minho ignorandola. «Mi concedi questo ballo?» le chiese.
Maggie lo guardò, con un tale amore negli occhi che si poteva quasi toccare, e strinse le labbra per poi sorridere. «Certo». I due cominciarono a ballare, la testa di Maggie appoggiata dolcemente sulla spalla di Minho, che conduceva lentamente con le mani intrecciate a quelle di Maggie e le stringeva come se temesse che potessero scivolare via. Spostò la testa e avvicinò il naso a quello di Maggie, respirando così vicino alla sua bocca che a lei fu impossibile non trasalire. «Non mi sono mai dimenticato di quel bacio» confessò Minho. «Avevo solo paura. Paura di prendere un impegno, non sono mai stato molto... serio, in queste cose»
Maggie lo guardò scostandosi appena, quasi arrabbiata, ma poi si riavvicinò piano, capendo perfettamente ciò che intendeva. Fu allora che decise di avvicinarsi di nuovo e appoggiare le sue labbra ripassate di rossetto rosso su quelle di Minho e baciarlo come se fosse la prima volta. Lui ricambiò il bacio con passione e poi i due si spostarono guardandosi sorridendo. Continuarono a ballare fino a ché il locale non cadde in un’oscurità quasi completa, illuminati solo dalla luce della luna che filtrava attraverso le finestre. Poi si decisero ad accendere la luce e abbassare lo stereo. Si sedettero al tavolo e mangiarono le portate che erano state sistemate lì, accompagnate da lunghi sorsi di quello che era, per la prima volta, vino pregiato e non banale alcol.
E in quella sera Maggie si sentì per la prima volta la Maggie di Boston. La Maggie senza droga, la Maggie con gli amici straordinari, con un fratello che teneva a lei. E per la prima volta si sentì davvero fortunata, lì a guardare il ragazzo che credeva essere appena diventato il suo ragazzo, anche se non le sarebbe importato aspettare un altro po’ se lui non voleva correre troppo, andava bene così. Sorrise, si sentì finalmente la nuova Maggie e tutto questo grazie ai fantastici amici che aveva trovato lì, ma principalmente grazie a Minho, quello stupido ragazzo asiatico che era appena diventato il suo ragazzo asiatico. 


Hey there, greenies!
Ecco l'ultimo capitolo, dove si scopre che forse Minho è un po' stronzo (come d'altronde si sapeva già) perché non ha detto a Maggie che si ricordava del loro bacio, ma diciamo che riesce a farsi perdonare con un appuntamento coi fiocchi!
Spero che quest'ultimo capitolo e che anche la storia in generale siano stati di vostro gradimento e che mi facciate sapere cosa ne pensate, perché le vostre opinioni sono super-importanti e complimenti o critiche costruttive sono ben accetti!
Grazie ancora per aver seguito la storia, in particolare alle persone che l'hanno messa tra le preferite/seguite/ricordate e a coloro che hanno speso del tempo per farmi sapere cosa ne pensavano.
A presto



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2993774