Save the Date for our Wedding

di FrancyF
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Losing My Religion ***
Capitolo 2: *** No Air ***
Capitolo 3: *** The Scientist ***
Capitolo 4: *** Don't Speak ***
Capitolo 5: *** Take Care Of Yourself ***
Capitolo 6: *** My Life Would Suck Without You ***
Capitolo 7: *** Rehab ***
Capitolo 8: *** Raise Your Glass ***
Capitolo 9: *** Keep Holding On ***
Capitolo 10: *** The Only Exception ***
Capitolo 11: *** I Just Can’t Stop Loving You ***
Capitolo 12: *** In My Life ***
Capitolo 13: *** You're Having My Baby (Godson) ***
Capitolo 14: *** You Make Me Feel Like A Natural Woman ***
Capitolo 15: *** Cannonball ***
Capitolo 16: *** All I Want For Christmas Is You ***
Capitolo 17: *** Here's To Us ***
Capitolo 18: *** Marry You ***
Capitolo 19: *** Anything Could Happen ***
Capitolo 20: *** You Get What You Give ***
Capitolo 21: *** The Dog Days Are Over ***
Capitolo 22: *** Faithfully ***



Capitolo 1
*** Losing My Religion ***


All’inizio l’idea non l’aveva neanche sfiorato.
Era stata una giornata normalissima, forse troppo normale per lui.
Aveva fatto un paio di interviste per promuovere il suo nuovo film, “Mckinney”, e aveva sentito sua madre e suo fratello. Aveva anche promesso a suo nipote che presto sarebbe di nuovo passato a casa sua per giocare un po’ assieme, d’altronde Victoria era vicina a Vancouver. E il fatto che non vedeva Asher da due giorni lo infastidiva, diavolo era in Canada e lui era il suo unico nipote!
Che razza di mostro sarebbe stato se non fosse passato?
I paparazzi l’avevano pedinato per quasi tutto il giorno e così, quando i suoi amici gli avevano offerto di passare una serata fra uomini per ricordare i vecchi tempi, lui aveva accettato con immenso piacere.
Ma poi quell’idea si era intrufolata in una piccola parte del suo cervello. Era sbagliato e questo lui lo sapeva, ed era malsana però non era riuscito a levarsela dalla mente per tutta la serata. 
-Tutto bene Cory?-
Il suo vecchio amico Gale lo riportò alla realtà. Era seduto ad un tavolino di un piccolo bar con tre dei suoi amici d’infanzia: Gale, Keith e Larry. Anche se era sera tardi il locale era pieno di gente, ma d‘altronde era sabato sera.
-Cosa?-
Cory fissò la sua coca - cola sul tavolo e fece uno sforzo immenso per ricordare gli ultimi brandelli della conversazione. Era sulle figlie? No, forse qualcosa sul lavoro?
Si sentiva la mente annebbiata.
-Ma che hai oggi?- l’amico gli sorrise, leale –lavori troppo ecco cosa hai. Hai visto Ann almeno in questi giorni?-
-Si. Due giorni fa. Ho visto anche Shaun, Beth e Asher, quella scimmietta cresce davvero troppo in fretta-
-Già… quanto ha adesso?-
-Ha fatto quattro anni il mese scorso-.
 
Uscirono poco dopo l’una di notte.
-Grazie per la serata allora- Cory li abbracciò stretti: adorava quei tre burloni, erano amici fin dai tempi della scuola e loro l’avevano sempre sostenuto.
-Buonanotte Cory. Ci si vede-.
Cory sorrise e li vide scomparire fra le strade trafficate di Vancouver.
Si incamminò anche lui, non aveva una meta precisa semplicemente passeggiava osservando le macchine che passano e le vetrine dei pochi negozi rimasti ancora aperti. Era tardi ma non aveva sonno, gli effetti della riabilitazione non si era ancora del tutto attenuati e sapeva che l’insonnia era uno dei sintomi.
Lo squillo del cellulare lo distrasse dall’analisi accurata di una vetrina di un  negozio di spartiti musicali.
Era Lea.
Cory sorrise e sentì il suo cuore accelerare di diversi battiti.
Fece un rapido calcolo mentale: se lì era l’una passata a New York dovevano essere più o meno le tre di notte. Il pensiero che Lea si fosse alzata solo per chiamarlo lo fece sentire speciale.
 La sua donna era straordinaria.
-Ehi-
La voce assonnata di Lea fece allargare il suo sorriso ancora di più.
-Ciao Lee. Ti sei svegliata per me?-
-Non proprio, ero con Steph e con le altre ragazze e abbiamo finito di mangiare tardi. Tu cosa hai fatto oggi?-
-Niente di che. Sai, le solite cose, ho risposto solamente a qualche domanda, fatto qualche intervista. E ho cercato di evitare i paparazzi-.
-Cor…-
-Si piccola?-
-M sembri strano… dove sei?-
-In giro. Sono stato con i ragazzi a bere qualcosa, e ora sto tornando in albergo…- indugiò.
In effetti era sempre distratto da quel pensiero. Erano secoli che non gli capitava più, ma sapeva che stava a lui controllarlo.
Come aveva fatto Lea a intuirlo?
Cercò di rassicurarla, dopotutto non aveva nulla di male, stavo solo facendo quattro passi per prendere sonno.
-Lea va tutto bene, tranquilla. Come stanno i tuoi genitori piuttosto?-
-Bene- lei sbadigliò.
Era stanca.
-E’ meglio che torni a dormire adesso- la ammonì lui –tanto io torno domani sera-
-Va bene. Non vedo l’ora di averti di nuovo qui con me. Mi manchi Cor-
- Anche tu mi manchi. Ti amo piccola-
-Io ti amo di più-
Cory sospirò, la adorava.
-Se lo dici tu-.
 
Chiuse la chiamata e scosse la testa con forza, come se quel dannato pensiero potesse uscire grazie al movimento.
Neanche Lea era stata in grado di farlo smettere di pensare a quello.
Le sue gambe ormai conoscevano a memoria la strada, anche se erano anni che non ripercorreva quei vicoli bui e stretti.
Si odiava. In quella roba aveva speso i soldi di un’intera giornata di lavoro, tuttavia c’era una piccola parte dentro di lui che gli era riconoscente per averlo fatto.
Era un notte fresca e Cory fu lieto di rientrare dentro il calore della sua stanza d’albergo, al ventunesimo piano del Fairmount Pacific Rim Hotel.
Era nervoso, continuava a toccarsi la tasca della felpa come per ricordarsi che le pastiglie erano lì, che l’aveva comprate lui, e che era tutto vero.
Era così nervoso che aprì in fretta la porta e si chiuse dentro la stanza, tirando un lungo sospiro di sollievo.
La battaglia nella sua testa infuriava ancora.
 
Non hai ancora fatto niente Cory. Lo sai, sei pulito e devi restarci.
 
Beh hai comprato quella merda, quindi non sei di certo un santo. Non lo sei mai stato d’altronde.
 
Cory! Respira amico, su. Si fidano tutti di te. Lea, tua madre, i  tuoi amici, i fans… li deluderai tutti.
 
Non deluderai nessuno invece. Ti fa stare bene, è l’unica cosa che ti fa sentire in pace. Prenderne un po’ non di ucciderà di certo!
 
Un groppo lì si fermò in gola e gli venne da piangere. Si sedette per terra, con le ginocchia strette al petto, mentre grosse lacrime gli rigavano il volto.
In un disperato tentativo di distrazione accese la segreteria telefonica, la voce del suo coach di recitazione nonché mentore di vita, Andrew Mcllory gli giunse soffusa, come un eco lontano.
-Cory, sono io, Andrew. Senti quando torni in albergo chiamami ok? So’ che domani pomeriggio parti così pensavo di fare un ultimo giro a Sombrio beach in mattinata ti va?-.
Si alzò di scattò e rovesciò le pillole di cocaina sul letto. Estrasse dal frigo una bottiglia di champagne e ne bevve un sorso.
Il sapore inteso dell’alcol gli scese in gola e gli inebriò i sensi.
Aveva la mente annebbiata ma non avrebbe rinunciato per niente al mondo a quel sapore così sublime.
Si stava odiando per questo. Come un fantasma nella sua mente passarono le facce deluse di Lea e di sua madre, che lo guardavano con disgusto.
Ormai non era in grado di fermarsi, era troppo per lui.
Prese una pastiglia e la mandò giù subito, con un altro sorso.
E sentì di nuovo quella sensazione: gli era mancato tutto quello. Non era spiegabile a parole, si sentiva bene, quella sensazione di potenza e beatitudine andava oltre mille meraviglie, persino il sesso con Lea veniva dopo.
Si sentiva un verme, mentre ingoiava un'altra pastiglia.
E un’altra ancora.
Alla quarta sentì che qualcosa non andava.
Si alzò dal letto e si mise in piedi, ma fece solo qualche passo.
Una fitta al petto lo fece cadere in ginocchio.
Solo allora realizzò la terribile verità: stava morendo.
No, fu colto dal panico e un respiro strozzato gli uscì dalla bocca.
Aveva fame d’aria, non poteva morire.
No, non adesso.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, mentre cercava di recuperare le forze per mettersi in piedi.
Mille flashback gli passarono davanti, ma era come se il tempo si fosse fermato.
 
Suo padre che lo picchiava.
 
Era bambino, sua madre passava l’aspirapolvere per la casa, mentre lui e suo fratello Shaun ballavano sulle notte di Madonna. La risata di sua madre la poteva ancora sentire nelle orecchie.
 
La prima volta che aveva preso una pastiglia, a dodici anni. Aveva vomitato quel giorno.
 
La riabilitazione. I mille lavori… lui che cantava con i bambini sullo scuolabus.
 
Los Angeles e le sue mille luci. Glee. Lea che gli stringeva la mano.
 
Il primo bacio con Lea. La prima volta con Lea.
E ancora che Lea che rideva per una sua battuta.
Lea e Sheila accoccolate con lui sul divano.
Lea e lui che cantano nel suo SUV.
Lea che si metteva una delle sue vecchie magliette dopo avere fatto l’amore.
Lea.
 
Il volto della donna che amava fu l’ultima cosa che Cory vide.
Poi il buio.
 
Andrew salì di corsa le scale dell’albergo per arrivare alla stanza di Cory.
Non era tranquillo, non era affatto tranquillo.
Cory non gli aveva risposto, non era insolito ma era strano che non gli avesse lasciato nemmeno un messaggio.
Era andato a dormire presto ma si era svegliato a notte fonda: aveva una strana sensazione.
Aveva preso giusto la borsa con alcuni medicinali ed era uscito nella notte scura.
Bussò più volte alla porta, senza ottenere risposta.
-Cory… CORY!-.
Non poteva aspettare l’arrivo di un inserviente, aveva una sensazione addosso così orrenda che si sentiva soffocare. Strisciò a carta di credito e fece scattare la serratura.
-Oh merda!-
Cory era disteso sul pavimento, a pancia in giù.
Andrew capì subito cosa era successo. Si maledì per non averlo capito prima.
Non perse tempo, tirò fuori dalla borsa il metadone, girò con un po’ di fatica Cory, e gli piantò la siringa nel braccio, sperando di essere arrivato in tempo.
Dopo secondi che gli parvero interminabili, vide il petto del ragazzo alzarsi.
Cory trasse un lungo, vitale, respiro e sbatté un paio di volte le palpebre per contrastare la luce della stanza.
Era vivo.
Di nuovo. 



Ed eccomi tornata con la mia ultima fan fiction sui Monchele. 
Allora la ff è una long di 22 capitoli e pubblicherò, salvo eccezione, ogni sabato. Ogni capitolo avrà come titolo una canzone di "Glee". Per questo primo capitolo il link è questo "Losing my religion"
Devo dire che è stato molto difficile scrivere una ff del genere perchè tratta di un argomento molto delicato per noi gleeks, non voglio turbare nessuno e non voglio infangare di certo la memoria di Cory etichettandolo come "drogato". Voglio solo scrivere di come sarebbro potute andare le cose quella tragica notte. Perchè tutti, tanti, continuano a ripetere "E se non avesse preso la droga? Se non fosse stato solo?"; quindi eccovi accontentati. Se Cory non fosse morto, per me, le cose sarebbero andate così.
Vi ringrazio in anticipo per le recensioni.
Prossimo capitolo SABATO 27 GIUGNO.
FrancyF

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Capitolo 2
*** No Air ***


Andrew rimase in ginocchio accanto a Cory per un tempo imprecisato: vedeva il petto del ragazzo alzarsi e abbassarsi, ma con fatica, e pregò che l’ambulanza si sbrigasse ad arrivare.
Nella sua mente gli si accumularono tutti gli insulti possibili di questo mondo, ma non gli rivolse a Cory.
Almeno non adesso.
Per i rimproveri ci sarebbe stato tempo, pensò. Almeno così sperava.
Cory sbatté le palpebre un paio di volte, ma non riusciva a distinguere niente. Sapeva cosa era successo, anche se  si sentiva sospeso in un’altra dimensione.
Come se fosse tornato dal regno dei morti.
Sentiva la calda mano di Andrew stringere una delle sue, ma non si sentiva al sicuro.
Era così arrabbiato, che avrebbe preferito morire. Si sarebbe stato meglio, così non sarebbe più ricascato in quella merda. Provocando solo casini: non c’è l’avrebbe fatta ad affrontare di nuovo lo sguardo compassionevole di sua madre, a confessare tutto a Lea. Non l’avrebbe di certo biasimata se, una volta saputo l’accaduto, avrebbe deciso di lasciarlo. Di andare via da lui. Ma senza di lei lui non era niente, tanto valeva affrontare la morte. Se avesse avuto le forze si sarebbe piantato un coltello nel cuore.  Provò a parlare, a scusarsi, ma aveva la bocca troppo asciutta per riuscire ad emettere qualche suono, inoltre tutto il suo corpo era concentrato solo su una cosa: farlo respirare per tenerlo in vita.
Così si limitò a cercare di combattere contro la luce accecante della stanza, o almeno così sembrava  a lui, e a mettere a fuoco il volto di Andrew.
Stranamente l’uomo gli si rivolse in un tono gentile.
-Starai bene Cor, i medici stanno salendo va bene? Tu respira e basta. Al resto penso io, campione-.
Cory sapeva a cosa Andrew si stesse riferendo: sarebbe toccato a lui l’umiliante compito di avvisare sua madre, suo fratello, Lea e gli amici più stretti di quello che era successo.
Per una frazione di secondo Cory provò sollievo: almeno non avrebbe dovuto spiegare in che casino si era cacciato. Per ora.
Avrebbe voluto urlare ad Andrew di non farlo, di non dire niente a nessuno; ma ormai i medici erano arrivati e lo caricarono sulla barella.
Solo quando gli fu messa la maschera dell’ossigeno, e i suoi respiri ripresero a essere un po’ più regolari, Cory fu in grado di vedere chiaramente la faccia delusa del suo vecchio coach di recitazione.
-Ti porteranno nell’ospedale più vicino. Io sarò dietro di te. Non ti preoccupare-.
 
Andrew era così nervoso che durante il viaggio in ambulanza strinse fortissimo la mano di Cory, facendogli male.
E al cuore di Cory mancava un battito ad ogni stretta: non si meritava tutto il suo supporto.
Per fortuna l’ospedale era vicino e Cory fu attorniato da un medico e tre infermiere.
Il dottore era di carnagione scura, capelli corti tagliati a spazzola, brizzolati, rayban neri sul naso e uno spiccato accento franco – canadese.
-Allora vediamo un po’…. Monteith…- dal modo in cui aveva pronunciato il suo nome, Cory capì che lo conosceva: grandioso, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era che qualcuno facesse trapelare la notizia ai media.
-Gli ha dato lei il metadone?- chiese, rivolto ad Andrew, che fino a quel momento era rimasto in disparte per non ostacolare il lavoro dei medici.
-Si-
- Probabilmente gli ha salvato la vita- lanciò uno sguardo torvo a Cory, poi si rivolse nuovamente a Andrew –lei è un famigliare? Perché se vuole può venire dentro la stanza se no deve stare fuori-.
L’uomo indugiò.
Un brontolio distolse l’attenzione di entrambi: Cory aveva sollevato dal suo viso la maschera dell’ossigeno quanto bastava per riuscire a parlare.
-Si… è mio padre… fatelo restare…-
Le ultime parole erano quasi supplichevoli.
Ad Andrew vennero le lacrime agli occhi: Cory non l’aveva mai chiamato così, eppure era stato come un padre per lui. Il ricordo del loro primo incontro era così vivido nella sua memoria che, era certo, non si sarebbe mai cancellato: era stato quando Cory aveva diciannove anni e Andrew appena trentacinque. A quel tempo l’uomo aveva appena avuto in gestione la piccola scuola di recitazione, che collaborava con vari centri di riabilitazione e strutture per ragazzi difficili e disagiati. Cory era stato trascinato quasi a forza in quel posto dalla madre e dal fratello, malgrado le sue spiccate doti artistiche non voleva essere coinvolto in quel genere di cose. I sentimenti del ragazzo verso di lui erano stati, inizialmente sospettosi, faticava parecchio a fidarsi degli uomini adulti, ma con il tempo il loro rapporto era andando migliorandosi. Negli anni Andrew si era più volte sorprese di quanto speciale e profondo fosse il suo rapporto con quel ragazzo. E dopo la fama raggiunta con “Glee”, Cory non l’aveva dimenticato, anzi forse gli era stato sempre più devoto. Lo andava a trovare ogni mese e gli aveva presentato Lea come se fosse stato suo padre. Ed eccoli lì, undici anni dopo. Se fosse morto non se lo sarebbe mai perdonato…
-Allora viene?-
Il dottor Buttler lo sospinse in tutta fretta accanto al letto di Cory mentre li sistemavano in una stanza.
Subito un’infermiere attaccò Cory all’ossigeno e gli prelevò un campione di sangue.
-Ti do’ solo dei calmanti- spiegò il dottor Buttler –poi aspettiamo i risultati delle analisi ok? Ci vediamo fra un paio d’ore-.
Cory si sentiva distrutto: avrebbe voluto stare meglio per parlare un po’ con Andrew, ma non appena sentì il calmante diffondersi nel suo corpo le fatiche di quella tremenda notte presero il soppravvento, e crollò addormentato pochi minuti dopo.
Andrew stette accanto al suo letto per cinque minuti buoni, solo per assicurarsi che respirasse ancora, poi uscì dalla stanza.
Andò in bagno  e si sciacquò la faccia con l’acqua ghiacciata.
Il suo riflesso allo specchio era opaco, ma non aveva una bella cera.
Che motivo aveva avuto Cory? Che cavolo gli era passato per la testa? Dopo due riabilitazioni e un’overdose accidentale a quindici anni, Andrew sperava che avesse imparato la lezione. E invece! Evidentemente tutti lo credevano più forte di quello che era… eppure. Cory era un uomo alto, ben piazzato, come faceva ogni volta a ricadere in quella merda? Perché? Non era felice? Forse non gli era stato abbastanza vicino ultimamente… la mente di Andrew ripercorse le ultime settimane, cercando anche un insignificante stranezza, un qualcosa di minuscolo e impercettibile che potesse giustificare quell’atto disumano e irrazionale. Niente. Seppure Cory fosse impegnato in quel suo nuovo film, lo veniva sempre a trovare, almeno una volta al mese. A giugno lui e Lea si erano fermati un intero fine settimana a Vancouver per festeggiare il compleanno di Asher. L’aveva visto tre giorni prima e gli sembrava sereno: avevano camminato a lungo su sulla spiaggia di Sombrio beach e Cory non smetteva di raccontargli di Lea e dei loro progetti, del lavoro, degli amici.
Un messaggio della moglie lo fece ritornare alla realtà: basta doveva chiamare tutti, avvisarli. Non doveva spettare un secondo di più. Voleva togliersi quel peso dal cuore.
Decise di iniziare da Shaun, sicuro che si sarebbe arrabbiato con il fratello minore, ma era certo che dopo dieci minuti l’avrebbe trovato al capezzale di Cory.
Ad ogni squillo il suo cuore accelerava.
-Pronto…- la voce mezza assonnata mezza scocciata di Shaun si sentì dall’altro capo del telefono. Andrew respirò profondamente, di certo non poteva biasimarlo. Erano sempre le tre di notte.
-Ehi Shaun… sono Andrew-
-Ma che cavolo? Perché chiami a quest’ora? Fra tre ore mi devo alzare per andare in ufficio e so’ già che non mi riaddormenterò più!- ora la voce di Shaun era decisamente irritata.
-Lo so’… senti è successa una cosa-
Andrew potè chiaramente sentire Shaun zittirsi e il suo respiro farsi più affannoso: aveva già capito.
-Cosa ha fatto quell’idiota di mio fratello?- chiese, con una punta di panico nella voce.
-Overdose-
-E’ vivo?- Shaun si stava quasi per mettere a piangere, aveva la voce strozzata.
-Si, ma vieni in ospedale, al Vancouver General Hospital. Ci è andato vicino questa volta-
-Oh merda! Sono lì fra dieci minuti, cinque se infrango tutti i limiti di velocità. Ah non chiamare mamma la avviso io che è meglio. Grazie, ti sono debitore-.
Shaun non gi diede neanche il tempo di chiudere la chiamata.
Andrew si sentì un po’ più leggero, ma meno di dieci minuti dopo dovette affrontare due preoccupati e ansiosi Ann e Shaun.
Li aspettava fuori dalla stanza di Cory, le persiane erano state tirate lungo le grandi vetrate e nessuno poteva sapere che in quella stanza d’ospedale c’era uno degli attori più promettenti di Hollywood.
-Dove è? Come sta il mio bambino?- Ann era chiaramente sconvolta: aveva il respiro affannoso e   le lacrime agli occhi.
Abbracciò stretto Andrew.
-Dio Andrew! Non so’ come ringraziati! Se non ci fossi stato tu…-.
-Sta bene Ann, tranquilla. Non è in grande forma ma è vivo. Questo è l’importante-.
Il dottor Buttler arrivò pochi minuti dopo. Sorrise rassicurante a tutti prima di farli sedere, spiegandoli la situazione.
Diede un thè ad Ann per farla calmare.
-Allora secondo le analisi Cory ha avuto un’overdose da eroina e champagne. Il suo cuore si è fermato per circa un minuto prima che quel signore gli desse il metadone. Entro un paio di giorni dovrebbe uscire. Dieci giorni di ricovero credo. E poi abbiamo già pronto un posto per lui in un centro di riabilitazione, anche per due mesi se necessario-.
-Possiamo vederlo?- chiese Shaun, che fino a quel momento era rimasto in silenzio con uno sguardo imbronciato.
-Si, ora si è addormentato ma quando si sveglierà potete vederlo. So’ che è la sua terza ricaduta quindi è una situazione complicata… tuttavia sono ottimista. Andrew mi ha detto che è stato sobrio per dieci anni quindi non vedo perché non dovrebbe più farlo. In questi giorni gli continueremo a dare il metadone e cercheremo di alleviarli i sintomi dell’astinenza, ma non sarà facile. Conoscete già i sintomi dell’astinenza da eroina credo: irritabilità e scontrosità, vomito, diarrea, insonnia, tremori… ma l’ottimismo è la cura migliore-.
Li congedò dopo pochi minuti.
Andrew, Ann e Shaun entrarono nella stanza di Cory e si sedettero accanto a lui aspettando che si risvegliasse.
Ann teneva gli occhi fissi sul figlio, mentre si asciugava freneticamente grosse lacrime.
Come era possibile? Rivivere per la seconda volta quell’inferno? Cory era il suo bambino, il più piccolo dei suoi figli. Voleva solo vederlo felice, sposato, con una famiglia, come Shaun. E invece… era disteso su un letto con la maschera d’ossigeno. Lottava contro quei dannati demoni da una vita e non era ancora riuscito a sconfiggerli.
Quando vide Cory aprire gli occhi avrebbe voluto urlare dalla gioia. Si precipitò accanto al letto, e strinse subito nelle sue mani una mano del figlio.
-Come ti senti Baby Bear?- chiese dolcemente, con un tono che di solito si usa quando ci si rivolge ad un bambino di pochi anni.
Cory tossì e aprì completamente gli occhi, mettendo a fuoco il volto preoccupato della madre.
-Ho avuto giorni migliori- scherzò, esibendo il suo mezzo sorriso.
Sebbene si sentisse uno schifo voleva rassicurarla.
Ann lo baciò sulla fronte e sulle mani, accarezzandogli il volto: aveva avuto così paura di perderlo che ora non le sembrava vero di averlo accanto.
Lo sguardo di Cory si spostò in tutta la stanza: vide Shaun e Andrew.
Il suo cuore fece un tuffo.
Lea non c’era.
Sua madre continuava a sussurrarli che gli voleva bene, ma lui la interruppe dolcemente.
-Lea?- chiese, quasi in un sussurro, racchiudendo in quel nome tutta l’essenza della sua vita.
Ann e Shaun si scambiarono uno sguardo preoccupato: in effetti si erano completamente dimenticati.
-La chiamo io campione- intervenne Andrew, alzandosi e dirigendosi alla porta –tu riposati-.
Prima di chiamare Lea Andrew pregò con tutte le sue forze che tutto andasse bene. Lea era straordinaria, era stata accanto a Cory per tutta la sua riabilitazione, ma non sapeva come avrebbe potuto reagire ad una notizia del genere.
Fece un rapido calcolo mentale, forse non si sarebbe spaventata inizialmente, a New York dopotutto erano già le sette del mattino.
-Pronto-
-Ciao Lea, sono Andrew- l’uomo pensò mentalmente a cosa dirle, ma non riusciva a trovare le parole…
Ci penso lei.
-E’ successo qualcosa?- chiese, con voce preoccupata. Dopotutto era insolito che Cory non le avesse ancora augurato il buongiorno.
-Si. E’ successo un casino – finalmente Andrew si decise a parlare – vieni. Cory ha avuto un overdose. Siamo tutti in ospedale-.


... continua! Vi ho lasciato con la suspence! Allora prima di tutto ecco "No Air" il link per questo secondo capitolo. 
Prossimo capitolo SABATO  4 LUGLIO!
Come reagirà Lea alla notizia dell'overdose di Cory? Siete curiosi? 
Vi ringrazio per le recensioni dello scorso capitolo, e grazie anche a chi segue la storia o la inserisce nelle preferite/seguite. Spero davvero che vi piacciano gli alteri capitoli! ;)
Un'ultima cosa, anche io come tanti, non posso fare a meno di scrivere #LOVEWINS  26-6-15: è una data e un giorno da ricordare, i nostr figli lo studierrano. Da etero non potete capire quanto io sia felice, e so che anche Cory da Lassù sta sorridendo per questa immensa vittoria dell'umanità. <3
FrancyF

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Capitolo 3
*** The Scientist ***


Lea non sapeva come, ma si era ritrovata seduta su un aereo diretto per Vancouver.
Era quasi un miracolo che, dopo la telefonata di Andrew, non fosse svenuta.
Aveva preso giusto il cellulare, il portafoglio e il passaporto e si era precipitata al J. F. K.  International Airport. Non si era neanche cambiata: indossava una semplice maglietta estiva e un vecchio paio di jeans. Aveva balbettato qualche parola a Stephanie ed era corsa via.
La sua mente era così piena di pensieri che si sentiva scoppiare.
C’era un’ altra cosa ancora più preziosa che aveva infilato nella borsa prima di uscire: uno dei maglioni di Cory. Era uno dei suoi preferiti, quello grigio, invernale, che lui aveva indossato lo scorso dicembre durante la sua epica intervista all’ “Ellen Degeneres Show”. Quando aveva ammesso al mondo che l’amava, che lei era la sua ragazza e che erano una coppia. Che sapeva cosa era “Monchele”. E l’aveva ammesso arrossendo come un bambino. D’istinto sul volto della brunetta comparve un lieve sorriso: ripensare a quel ricordo la faceva sempre sorridere. Ancora adesso pensava che quello era il gesto più adorabile del mondo.  
Lea prese il maglione di Cory e se lo avvicinò al viso, per sentire il suo odore: lo faceva sempre quando gli mancava.
Si odiava perché non era andata con lui. Sapeva che Cory, anche se ostentava una finta sicurezza, era fragile in realtà. Che fra loro due era lei la più forte. Il canadese aveva fatto di tutto da marzo ad adesso per non farle pesare il fatto che lui era stato di nuovo in riabilitazione. Essere stati distanti per tutto il mese d’aprile era, sinceramente, una delle situazioni più difficili che Lea aveva mai dovuto affrontare in tutta la sua vita. Era andato via da lei per guarire ed era tornato allegro, ottimista, pronto a ricominciare. Nell’ultimo mese, in effetti, lei e Cory avevano parlato di un possibile trasferimento a Vancouver. Stavano valutando già delle case.  Non volevano trasferirsi definitivamente in Canada, ma solo comprare casa anche lì, per stare più vicino alla famiglia di Cory. Li sembrava giusto ad entrambi dato che avevano già un appartamento a New York per stare assieme alla rumorosa e immensa famiglia italo – americana di Lea. E poi volevano fuggire per un paio di mesi dalla vita frenetica di Los Angeles e ai mille business di Hollywood.  Nell’ultimo anno i paparazzi e i vari giornali scandalistici li avevano presi molto di mira e Lea sapeva che tutto quello stress, di certo, non giovava ne’ a lei ne’ tantomeno a Cory.   
Cory aveva sbagliato e lei lo sapeva, una piccola parte di Lea era arrabbiata. Ma, adesso, voleva solo vedere il suo uomo e assicurarsi che stesse bene.
Strinse a se’ il maglione di Cory e cadde in un sonno agitato segnato da incubi: Cory moriva e lei si ritrovava sola, a piangere sulla sua bara.
Prima che si potesse svegliare le ruote dell’aereo toccarono il suolo del Canada.
Era arrivata.
 
Quando Lea arrivò al Vancouver General Hospital era quasi mezzogiorno.
Il taxista fu molto gentile con lei e si fermò nel parcheggio sotterraneo in modo da farle evitare i fotografi, senza chiedere spiegazioni.
Andrew l’aspettava fuori dalla stanza di Cory e non appena arrivò la strinse in un lungo abbraccio.
-Ehi Lea- le disse dolcemente – sembri stravolta tesoro-.
-Oh Andy!- Lea singhiozzò –Dio non so come ringraziarti. Non so come ringraziarti, davvero. L’hai salvato. Se non ci fossi stato tu sarebbe morto! L’hai salvato!- .
Andrew si sentì in imbarazzo: non si sentiva un eroe, però era da quella mattina che non faceva altro che ricevere complimenti. 
-Lui dove è? Lo posso vedere?-.
Andrew le asciugò una lacrima e le fece un sorriso forzato. Ormai erano passate ventiquattro ore e gli effetti dell’astinenza si stavano manifestando in Cory, trasformandolo. Il ragazzo dall’animo buono, dolce e sensibile del giorno prima era diventato scontroso, irritabile. Aveva già iniziato a vomitare ed era scosso da brividi di freddo. Inoltre fino ad un’ora fa aveva urlato e pregato, fra le lacrime e i dolori provocati dai crampi allo stomaco, che un’infermiera gli portasse una pasticca di eroina.  
Andrew era abituato a vedere scene del genere e sapeva che quello non era il vero Cory, ma era un Cory deformato dai suoi demoni. E sapeva anche che il metadone, di certo, non poteva fare niente contro i suoi sintomi. Bisognava solo aspettare.
Però non era sicuro che Lea lo volesse vedere ridotto in quello stato.
-Non lo so Lea…-
-Lo voglio vedere- insistette lei, con uno sguardo deciso.
Andrew non ebbe il coraggio e la forza, di ribattere.
-Parliamo con un’infermiera. Gli effetti dell’astinenza si stanno manifestando adesso e fino ad un’ora fa era irriconoscibile. Ann è riuscita a calmarlo, è dentro con lui. Lei e Shaun non l’hanno lasciato un attimo-.
L’infermiera che aveva avuto Cory in cura per quella mattina sfogliò distrattamente le sue cartelle, mentre Andrew e Lea attendevano un suo cenno di consenso.
-E’ sicura di volerlo vedere signorina? Monteith era alquanto ingestibile oggi e sarà così probabilmente ancora per due o tre giorni-.
A Lea non piacque d’istinto: il modo in cui aveva pronunciato il cognome di Cory la irritava, come se fosse un uomo qualsiasi, un anonimo drogato.
-Si, è il mio ragazzo. Devo essere lì per lui-.
L’infermiera sospirò e rivolse ad entrambi uno sguardo compassionevole.
-E va bene, ma non dica che non l’avevo avvertita. Se non sa cosa fare o se cerca di farle del male ci chiami ok?-.
Lea annuì ma non la stava più ad ascoltare. Cory era Cory e non c’era persona che lo conosceva bene come lei. Drogato o non drogato, in sei anni non l’aveva mai sentito neppure alzare la voce contro qualcuno, era impossibile che le facesse del male.
Anche se si era preparata mentalmente a quell’incontro, quando l’infermiera aprì la porta della stanza, Lea si bloccò. Una parte di lei non voleva entrare, non voleva accettare tutto ciò e non voleva vedere Cory soffrire. L’altra, invece, la spingeva dentro, per potere dare al suo uomo tutto il supporto del quale aveva bisogno.
Il primo a notare il suo ingresso fu Shaun, le rivolse un garbato cenno di saluto. Era appoggiato contro la parete e teneva lo sguardo fisso sul fratello minore.
Cory era sdraiato a letto, in posizione fetale, tremava di freddo mentre grosse lacrime gli rigavano il volto e continuava a borbottare parole incomprensibili, parole di dolore. Teneva gli occhi chiusi, come se stesse combattendo contro un demone invisibile che gli attanagliava le viscere.
Lea non riusciva a crederci: il suo uomo alto un metro e novantuno, bello e sempre con il sorriso sulle labbra, ora sembrava il fantasma di se stesso. 
Ann era seduta accanto a lui, gli passava una mano tra i capelli marci di sudore e gli sussurrava parole di conforto, stringendogli una mano.
Sembrava consolasse un bambino di pochi anni.
Shaun batté lievemente sulle spalle della donna, facendola girare. Il volto preoccupato e pallido di Ann riprese un po’ di colore alla vista di Lea.
Le era così grata che avesse deciso, ancora una volta, di stare accanto a suo figlio.
Si avvicinò alle orecchie del figlio e gli sussurrò.
-Amore c’è Lea-.
Gli occhi di Cory si spalancarono improvvisamente.
Il suo sguardo vagò per pochi attimi nella stanza, cercando di mettere a fuoco la ragazza.
Ann e Shaun si scambiarono uno sguardo d’intesa.
-Vi lasciamo un po’ soli cara- Ann l’abbracciò –sono così contenta che tu sia qui-.
Lea ricambiò il sorriso e chiuse la porta dietro di loro.
Per pochi secondi ci fu il gelo fra loro.
Lea avrebbe voluto urlare, chiedergli un miliardo di cose, ma era troppo sconvolta.
Vedere Cory in quello stato….
Si avvicinò al letto e gli mise, deliacamente, una mano sul volto per accarezzarlo.
Cory si irrigidì al suo tocco e nascose il volto nel cuscino, in modo da non dovere sostenere il suo sguardo.
Si faceva schifo. Si vergognava di se stesso.
-Cory… Cory ti prego. E’ tutto apposto. Sono qui adesso-.
Gli strinse una delle sue grandi mani: era gelata. Tremava di freddo.
-Non eri obbligata a venire- mugugnò lui, finalmente mostrandole il viso.
Era pallido, emaciato, come se fosse stato scavato da mille sofferenze. I suoi occhi profondi scuri sempre gioiosi e dolci ora erano vuoti, senza alcune scintilla.
Lea però sostenne il suo sguardo: non l’aveva mai visto così. Non si era mai relazionata con il suo lato oscuro.  
-Che dici? Io ti amo-.
Il cuore di Cory mancò un battito: lo amava, dopo tutto quello che lui le aveva fatto, dopo essere quasi morto, lei lo amava.
Lea non finiva mai di sorprenderlo.
-Non avrei mai voluto che mi vedessi in questo stato. Shaun ha ragione, sono un’idiota. Non mi meriti, meriti di stare con un brav’uomo- grosse lacrime gli rigavano il viso e ogni parole gli pesava come un macigno.
Lea non potè fare almeno che stringerli ancora di più la mano.
-Oh no tesoro! Io ti amo e ti amerò sempre. Sono stata stupida a credere che tu potessi affrontare tutto questo da solo quando sei uscito dal centro ad aprile. Avevi bisogno di me-.
Gli depositò un leggero baciò sulla fronte e li passò delicatamente un panno bagnato sui capelli mediti di sudore.
Cory avrebbe voluto protestare ma non ne’ aveva le forze.
Le fece segno di avvicinarsi e le accarezzò il viso.
Cercò di concentrarsi sul suo profumo e non sui crampi allo stomaco.
Era esausto e la brunetta se ne accorse.
Lea sorrise, mentre una lacrima solitaria le rigava il volto.
-Starò con te finché non ti addormenterai va bene?-.
Strinse la mano di Cory e lo vide, in pochi minuti, cadere in un sonno profondo.
-Lea!-
Lea si svegliò di colpo.
Ann la stava scuotendo dolcemente.
Si era addormentata accanto a Cory. Le sue piccole dite stringevano ancora la grande mano del ragazzo.
-Che ore sono?- chiese, sbadigliando.
Le faceva male la testa.
-Le quattro di pomeriggio cara. Perché non fai una pausa? Sarai stravolta immagino. Puoi andare a casa mia e darti una rinfrescata. Sto io con Cory, presto si sveglierà ed è meglio che tu non assista alla scenata che ha fatto stamattina-.
Lea guardò Cory con uno sguardo preoccupato: per quanto cercasse di sforzarsi non riusciva a immaginarsi Cory urlare contro qualcuno per mendicare qualcosa.
Non voleva lasciarlo più.
Nemmeno per un minuto.
-Voglio stare qui con lui. Davvero, non è un problema-.
Ann le sorrise, riconoscente, gli occhi pieni di gratitudine.
-Lascia che stia un po’ io con lui. Almeno vai in bagno a sciacquarti la faccia o esci a prendere un po’ di aria fresca. Dimentichi che ci sono già passata-.
Lea non osò obbiettare: per quando si sentisse esausta non voleva lasciare Cory. Le attività che le aveva proposto Ann non le sembravano indispensabili in un momento come quello, tuttavia sapeva che molto probabilmente la donna glie le aveva proposte per stare un po’ da sola con il figlio. E questo Lea lo capiva.
Così la accontentò e andò in bagno per sciacquarsi la faccia.
Si sistemò i capelli.
Fu allora, mentre osservava la sua immagine riflessa, che le venne in mente di non aver ancora chiamato i sui genitori. E doveva assolutamente contattare anche Ryan.
Furono tutti straordinari.
I suoi genitori non le diedero neanche il tempo di spiegare. Disserro che sarebbero arrivati quella sera stessa, portandole anche un bagaglio con tutti i suoi vestiti e le cose essenziali.
Ryan le promise che i media non sarebbero stati informati della nuova ricaduta di Cory. Inoltre le disse di prendersi tutto il tempo di cui avevano bisogno.
Solo allora Lea realizzò la verità: avrebbe dovuto passare i prossimi mesi lontano da Cory, di nuovo. Aspettando e pregando in una sua completa guarigione.
Venne sopraffatta dalle emozioni, si sedette sul pavimento del bagno, strinse le gambe al petto e iniziò a piangere a dirotto. 



Il link per questo capitolo è "The Scientist", che è davvero una delle canzoni più belle e struggenti della 4 stagione.
Allora che ne pensate della rezione di Lea? Io credo, onestamente, che sarebbe stata questa. Credo che quando siamo colpiti da questo tipo di tragedie siamo arrabiati e scontrosi con il mondo, ma non abbiamo la forza per manifestarlo apertamente; e allora soffriamo e ci rifugiamo nel nostro dolore. Spero che abbiate apprezzato, ma non vi preoccupate; dopo questi capitoli bui fra un po' tornerò a scivere momenti teneri. <3
Grazie come sempre a chi recensisce.
Ci vediamo sabato prossimo 11 LUGLIO. 
FrancyF

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Capitolo 4
*** Don't Speak ***


Ann e Lea vegliarono su Cory per tutta la notte.
Più il tempo passava più gli effetti del’astinenza lo deformavano. Il metadone faceva il suo lavoro, ripulendo il corpo dall’eroina, ma contemporaneamente faceva subire a Cory i suoi effetti collaterali.
Il ragazzo cercava di controllarsi in presenza di Lea o di sua madre, ma con le infermiere i medici era molto scontroso e irritabile. I crampi allo stomaco e il vomito lo tormentavano in continuazione e rendevano il suo risposo insoddisfacente, facendogli desiderare nuovamente le pastiglie.  Più di una volta si svegliava a causa degli incubi, sudato e in preda ai brividi di freddo. Ci voleva sempre la santa pazienza di Ann per calmarlo.
Lea lo vedeva scivolare via da lei, l’uomo che amava era ancora incapace di sostenere il suo sguardo e i suoi occhi erano ancora cupi e vitrei.
Shaun tornò verso le cinque del mattino assieme ai genitori di Lea.
Edith e Marc strinsero la figlia in un lungo abbraccio.
-Ciao dolcezza. Abbiamo lasciato i bagagli a casa di Ann, e Shaun ci a portato qui in tempo di record. Come va?- Marc la baciò sulla fronte, stringendola a se’.
Lea non sapeva da che parte della storia iniziare, aveva le lacrime agli occhi e le parole sembrano bloccate nella gola.
Shaun, fortunatamente, captò il suo disagio.
-E’ meglio che vada a portare un caffè alla mamma- annunciò, dirigendosi verso la parte opposta del corridoio –così avete un po’ di tempo per parlare-.
Lea lo ringraziò con lo sguardo, poi lei e si suoi genitori sgattaiolarono fuori dal radar delle infermiere e si sedettero su dei divanetti, accanto alla sala d’attesa, per poter parlare tranquillamente.
-Come sta Cory?- Edith rivolse alla figlia un sorriso incoraggiante.
-Sta… credo stia come dovrebbe stare uno nella sua situazione. E’ molto difficile stare con lui-ammise la brunetta.
Mai nella sua vita avrebbe mai creduto di dire una frase simile su di Cory. Era sempre così solare, gentile, educato. Adesso, invece, anche solo starlo a guardare era difficile: borbottava sempre qualche parola di dolore e se entrava un’infermiera mendicava ancora qualche pasticca o qualche antidolorifico. Inoltre il massimo dell’affetto che Lea aveva potuto dargli era stato quando l’aveva visto la prima volta. Nei quasi due giorni successivi Cory aveva permesso solo alla madre di toccarlo, di fargli qualche carezza di conforto per alleviargli il dolore.
Lea sapeva che non lo faceva per ferirla, ma si sentiva rifiutata. Cory sembrava apprezzare la sua presenza nella stanza, ma non appena Lea si avvicina anche solo per fargli una carezza lui si irrigidiva o nascondeva il viso per la vergogna.
Sapeva che, in confronto a Shaun, era fortunata. Non appena il fratello entrava nella stanza, Cory distoglieva lo sguardo. Si sentiva intimorito, forse aveva la sciocca convinzione che Shaun lo stesse giudicando.
-Possiamo vederlo? Voglio solo salutarlo, voglio sapere se sta bene- il tono di voce di Marc era speranzoso.
-Oh non credo sia una buona idea adesso papà. Magari posso provare a parlargli quando si sveglia. Non credo voglia che lo vediate in quello stato, lo sapete come è riservato- Lea usò tutto il tatto possibile ma i suoi genitori parevano delusi.
Passarono altri due giorni.
I genitori di Lea stavano a casa di Ann, mentre Lea faceva la spola fra casa Monteith e l’ospedale. Non aveva parlato a Cory dei suoi genitori, anzi non aveva parlato proprio al suo ragazzo. Cory era sempre taciturno e quando Ann riusciva a farlo parlare otteneva solo delle risposte monosillabi o piccole frasi.
Anche se i medici sostenevano che c’erano stati piccoli miglioramenti, a Lea pareva sempre di vivere il replay del primo giorno in ospedale. 
 
Dopo circa cinque giorni però Cory si svegliò più serenamente del solito.
Pareva migliorato: non stava bene, questo era evidente, però chiese qualcosa da mangiare, e dato che era da giorni che non mangiava qualcosa di solido a tutti parve un buon segno.
Lea fissò Cory divorare i suo pun-cake mentre nel suo animo c’erano sentimenti contrastanti: da un lato era felice nel vederlo mangiare, dall’altro temeva che si sarebbe arrabbiato con lei, d’altronde lui non le aveva chiesto di potare lì i suoi genitori.
La voce di Cory la riportò alla realtà.
-Mi dispiace. Lea, credimi, mi dispiace così tanto-.
La  ragazza non riusciva a credere alle sue orecchie.
Cory le fece cenno di avvinarsi.
-Scusa- ripeté, in tono pacato, quando Lea si fu seduta sul bordo del letto.
I suoi dolci occhi color cioccolato la penetrarono e Lea potè chiaramente vedere l’uomo di cui si era innamorata.
Cory era tornato.
Il suo Cory stava finalmente uscendo da quell’inferno.
Poi le forti e protettive braccia del canadese la avvolsero in un abbraccio.
Lea tornò a respirare, con le lacrime agli occhi.
Strinse Cory, incapace di fare altro e ringraziò il Cielo.
Si sentiva travolta da una valanga di emozioni e quando il ragazzo la lasciò piangeva a dirotto.
-Ehi Lee…- le scostò una ciocca di capelli dal viso, asciugandole una lacrima.
Lea non riusciva a credere a quella trasformazione. Come poteva essere tornato il suo Cory in una giornata?
Si asciugò in fretta le lacrime.
-Mi hai fatto morire di paura…- sussurrò.
Cory divenne di colpo serio.
-Lo so’. Mi spiace. Insomma se ho fatto qualcosa che ti ha ferito in questi giorni non ero io. Oggi mi sento meglio-
-Ann mi ha spiegato ogni cosa- Lea scosse la testa – va tutto bene, tesoro. L’importante è che sei di nuovo in te-.
-Dove è la mamma?- per un attimo Cory parve a Lea come un bambino piccolo.
-E’ con i miei genitori, fuori in caffetteria-
-I tuoi genitori sono qui?- Cory era sorpreso.
Lea  lo fissò, fissando l’immagine in memoria: quel sorriso sorpreso, quelle fossette. Non le sembrava vero.
-Non vedono l’ora di vederti, tutti quanti- Lea saltò in piedi, entusiasta.
 
Mezz’ora Cory si era fatto una doccia e la barba, e aveva tolto quell’anonima vestaglia d’ospedale per indossare un paio di jeans e una camicia.
Ann, Shaun, Lea, Marc e Edith si sistemarono nella sua stanza mentre il dottor Buttler faceva a Cory una visita generale: finalmente gli effetti collaterali del metadone si erano attenuati e Cory sembrava di nuovo un essere umano.
Era pallido e emaciato, ma almeno la sua anima era ritornata quella di sempre: gioiosa e allegra. Aveva anche accennato qualche battuta al fratello, segno inequivocabile che era ritornato il Cory di sempre. O almeno era sulla buona strada.
-Beh credo che possiamo ridurre la dose di metadone contento? Però dovrai continuare per almeno altri cinque giorni e andare da uno psicologo. Poi ci sarà la riabilitazione-.
 
Per tutto il resto del giorno Cory godette della compagnia delle persone più care che aveva.
Sua madre, vedendolo in piedi e di nuovo sulla via della guarigione, non riuscì a trattenersi e scoppiò in un pianto di gioia.
-Dai mamma su, calmati, dai. Potresti anche andare a casa adesso, sto meglio. Sono giorni che dormi su una sedia d’ospedale-.
Ann indugiò.
-Cory ha ragione mamma- asserì Shaun –lasciamolo un po’ da solo con loro. Devi riposarti-.
 
Dieci minuti dopo Lea e Cory si ritrovarono finalmente soli.
Il ragazzo dovette ricominciare la cura di metadone e si era di nuovo incupito. Come se l’ombra dei suoi demoni fosse di nuovo dentro di lui.
Tuttavia riusciva a controllarsi abbastanza e permise a Lea di sdraiarsi accanto a lui, nel letto, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla.
Stettero in silenzio per parecchi minuti.
Ad entrambi era mancato terribilmente il contatto. A Lea non pareva vero, ma solo il suono dei respiri del ragazzo la calmava.
Sarebbe stata dura ma aveva al certezza che sarebbe andato tutto bene.
-Quindi… ci avresti mai pensato?- Cory ruppe il silenzio.
-A cosa?-
-Che saremo finiti così. Io con un ago infilato in un braccio e te dall’altro lato-
-No-
-Volevo… volevo chiederti una cosa…-.
Cory abbassò lo sguardo, si sentiva a disagio nel fare quella richiesta.
-Domani vado dallo psicologo e mi farebbe piacere che tu venissi con me. Insomma non mi sono comportato bene ultimamente… e… ecco ho pensato che ci potesse servire-.
 
Il giorno dopo Cory e Lea erano seduti, mano nella mano, nello studio del dottor Johnson, lo psicologo dell’ospedale.
Di primo acchito a Cory piacque molto: era un uomo bianco di circa quarant’anni dall’aria amichevole. Barba incolta e occhiali da professore sul naso, indossava abiti eleganti ma semplici, una camicia arrotolata alle maniche e una paio di pantaloni alla zuava.
L’atmosfera era tranquilla e la stanza luminosa e accogliente, eppure Cory era in preda all’ansia.
Stringeva la piccola mano di Lea, ma era sudato marcio e continuava a muovere ritmicamente la gamba.
Il dottor Johnson gli sorrise gioviale.
-Allora Cory i medici mi hanno già raccontato tutto su di te dal punto di vista clinico, ma vorrei davvero sapere quale è stato il tuo rapporto con la droga fino ad adesso-.
Cory trasse un respiro profondo: non era facile per lui parlare di quelle cose, soprattutto di cose così riservate e oscure. E farlo con Lea accanto lo turbava ancora di più, però sapeva che era necessario.
-Ho sempre sentito parlare di droga in casa, fin da piccolo. Mio padre ha sempre avuto questa dipendenza e anche quando mia mamma lo ha lasciato lui ha sempre continuato a farsi. A dodici anni frequentavo ragazzi più grandi e ho provato per la prima volta l’eroina. Ricordo che ho vomitato però mi è piaciuto subito, mi sentivo completo per la prima volta in vita mia. A quindici anni mi hanno dovuto rianimare per la mia prima overdose. Così sono andato in riabilitazione ma sono durato solo un mese, forse uno e mezzo. A diciannove aveva provato di tutto, non solo eroina ma ogni forma di oppiacei e stupefacenti, ero diventato un ladro pur di procurarmene. Poi mia madre mi ha costretto ad andare in riabilitazione, ho incontrato anche Andrew, e sono guarito. Questo per undici anni. Non significa però che stando pulito non ci pensassi, in effetti devi sempre scacciare quel pensiero, quella voglia. Insomma non so perché ci sono ricascato, ma ero sicuro che ad aprile, dopo la riabilitazione, fosse tutto passato. Invece… invece no. Ecco tutto-.
Il dottore annuì, comprensivo, ogni tanto aveva scritto qualche parola su un blocco per appunti. Lea strinse forte la mano di Cory e, per un momento i loro sguardi si incontrarono.
-Credo che nel centro dove andrai ti cureranno ancora con i farmaci. Certo avrai del supporto psicologico man nei casi come il tuo è necessario.
Cory fece una smorfia: odiava stare sotto l’effetto dei farmaci, gli davano un sacco di effetti collaterali.
-Cosa è che ti spaventa?-
Il ragazzo corrugò la fronte.
-Non voglio andare via da lei. Questo in effetti è il mio più grande problema adesso-.
Lea si sentì il cuore sciogliere.
Si voltò verso di lui e lo baciò.
Era la prima volta che si baciavano da quando lui era in ospedale.
Il dottor Johnson li lasciò fare, come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo. Evidentemente era abituato agli adii strappalacrime dei parenti.
-Non mi perderai te lo prometto-. 



Capitolo numero quattro. Ho voluto mostrare il lato più duro della faccenda. Vi ringrazio davvero tantissimo per il supporto che mi state dando anche per questa fan  fic. Sopratutto Gleetar, polly84 e Giuly_Monchele. ;)   Il link per questo capitolo 4 è "Don' t Speak". 
E dato che ho finito gli esami dell'università (almeno per quest'anno) scappo in spiaggia.
Ci vediamo SABATO prossimo 18 LUG.
FrancyF

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Capitolo 5
*** Take Care Of Yourself ***


Lea fu molto silenziosa durante gli incontri fra Cory e il dottor Johnson.
Un po’ perché voleva lasciare sfogare Cory, un po’ perché non sapeva cosa dire.
Le sembrava ancora tutto decisamente strano. Insomma meno di due settimane fa lei e Cory erano, a detta di tutti, una delle coppie più felici di Hollywood.
Si certo, c’era stata la ricaduta di Cory in aprile, ma i fan li avevano sempre sostenuti e anche quella bufera era passata. Anzi da allora i media non facevano che elogiarli: lui per il suo coraggio e per aver fatto la cosa giusta, lei per essere stata una compagna fedele e per averlo sempre sostenuto. Tutti credevano che ormai il peggio era passato. Che d’ora in poi ci sarebbero stati solo loro due e il loro grande, immenso, amore.
E invece Lea non riusciva ancora a capacitarsene, non riusciva ancora a capire le ragioni, sebbene avesse chiesto a Cory, più volte se aveva sbagliato qualcosa, se non gli era stata abbastanza accanto. La verità era che nemmeno lui sapeva la ragione. Però ormai c’erano dentro assieme, e in un modo o in un altro, ne sarebbero usciti.
Assieme.
 
Cory chiuse la lampo della sua valigia.
Era la sua ultima sera in ospedale prima di andare nel centro di riabilitazione, e di starci per circa sei settimane.
Due settimane in più rispetto alla precedente riabilitazione.
Lea lo osservava in silenzio: le sembrava di impazzire. La terapia psicologica aveva giovato molto a Cory e, in quegli ultimi giorni trascorsi assieme, sembrava essere tornato il ragazzo di sempre. Gentile, premuroso, dolce, e pieno di attenzioni verso chi amava. Ogni scusa per lui era buona per coccolare e baciare la sua donna. E Lea si sentiva di nuovo la ragazza più felice del mondo.
Lei e Cory avevano trascorso un piacevolissimo pomeriggio. Le zie e i cugini di Cory erano passati a salutarli portando dei vecchi album di foto che erano stati oggetti di risa e vecchie memorie. Erano passati persino Beth e Asher, la compagna e il figlio di Shaun. Ann prontamente aveva distribuito thè e biscotti a tutti. E quando era arrivata l’ora di cena Marc e Edith aveva portato delle pizze. C’erano volute parecchie insistenze, ma alla fine ebbero tutti il permesso di trattenersi nella stanza di Cory fino alle dieci di sera. Solo quando il piccolo Asher, di quattro anni, crollò di sonno in braccio allo zio, tutti capirono che era il momento di tornare a casa.
Ann, Lea, Shaun, Edith e Marc restarono in ospedale per la notte, in modo da potere salutare Cory l’indomani.
A Lea tutto questo pareva profondamente ingiusto. Dopo quella meravigliosa giornata le sembrava che tutto fosse tornato alla normalità. Invece era sempre in un ospedale. E l’indomani il suo uomo se ne sarebbe andato. L’avrebbe lasciata per più di un mese.
Avrebbero passato la loro ultima notte assieme prima di lasciarsi.
-Sei a posto tesoro?- Cory le rivolse il suo mezzo sorriso.
Lea scosse la testa, trattenendo le lacrime.
Non era pronta a dirgli addio. Non di nuovo.  
-Oh- Cory si sentì morire: la donna che amava stava piangendo ed era tutta colpa sua –vieni qui piccola, su-.
La strinse a se’, e la baciò, profondamente, sentiva le sue lacrime sul viso.
La lasciò sfogare per un paio di minuti, stringendola a se’ più che poteva, cercando di calmarla, accarezzando il suo viso.
Si odiava per essere la causa della sua sofferenza.
Nemmeno lui era pronto a lasciarla. Lei era la sua roccia. Lei era il suo tutto.
Questa volta fu Cory a vegliare su Lea per tutta la notte.
La tenne astretta a se’ per tuta la notte, sussurrandole parole di una dolcezza infinita, cullandola, finchè non cadde in un sonno profondo.
Era così bella. Così dannatamente perfetta.
Non era giusto. Non era giusto che lei doveva soffrire così per lui.
La vita faceva schifo, ma Cory sapeva che se era ancora lì, stretto alla donna che amava, doveva davvero ringraziarla quella Vita da schifo. O almeno provare a rimediare.
Diede una rapida occhiata alla sveglia sull’I-phone: le due di notte. Più o meno la stessa ora di quando, giorni prima, aveva fatto la cazzata più grossa della sua vita.
Si riconcentrò su Lea. Voleva fissare la sua immagine nella mente perché avrebbe dovuto resistere per un mese. Un mese senza vederla, toccarla, baciarla, senza fare l’amore con lei.
Ad aprile aveva creduto di impazzire senza di lei, e forse era anche per quello che aveva scelto la strada più breve per completare la terapia. Ma adesso, con l’ennesima ricaduta, non c’era da scherzare. Cory sapeva che doveva stare rinchiuso in quel dannato centro di riabilitazione per tutto il tempo necessario.
Quando la sveglia segnò le 6:59 del mattino Cory chiuse gli occhi, fingendo di dormire, per non farla preoccupare.
L’aveva già fatta preoccupare per una vita intera.
-Buongiorno- Lea sbadigliò, facendo aprire gli occhi al ragazzo con un bacio sulle labbra –dormito bene?-.
-Si- mentì lui, incapace di levarle gli occhi di dosso. Voleva fotografare ogni fotogramma di Lea per portalo con se.
-Cory, andiamo, ti conosco. So quando menti. Non hai dormito molto vero?- lei si morse il labbro inferiore, accarezzandogli i capelli.
-Ok, va bene- Cory le rivolse il suo mezzo sorriso. Evidentemente in quegli anni Lea era diventata il clone di sua madre.
-Non ho dormito granchè, ma l’insonnia è solo uno degli effetti del metadone. E poi ero troppo occupato a coccolarti e a vedere quanto sei sexy-.
-Awww grazie amore. Sei così dolce- Lea non resistette e si sentì in dovere di baciarlo.
Cory rispose al bacio, godendosi quell’attimo solo con lei.
-Ok basta adesso Mr. Monteith- Lea sorrise, staccandosi da lui. Abbassò lo sguardo sul rigonfiamento nei jeans di Cory.
-Adesso sappiamo che sei tornato te stesso al cento per cento- commentò divertita.
-Scusa- Cory arrossì dall’imbarazzo. Era una situazione già di per se’ carica di tensione, e non voleva caricarla anche di quella sessuale.
-Dobbiamo andare dal dottor Johnson. E’ l’ultima seduta- Lea gli strinse con forza una mano. Evitò accuratamente di aggiungere “prima che tu vada via per un mese e mezzo”. Anche se, era certa, Cory avesse intuito perfettamente i suoi pensieri.
-Già- Cory la guardò negli occhi, doveva essere forte per lei –andiamo-.
 
-Bene ragazzi, sono contento ti vedervi oggi. Anche se è l’ultima volta, abbiamo molto di cui parlare- il dottor Johnson rivolse ad entrambi un grande sorriso.
A Cory il dottor Johnson piaceva parecchio: in solo sei giorni si erano conosciuti molto. Avevano parlato di tutto, non solo della droga e del perché Cory ci si fosse nuovo impantanato. Avevano parlato della sua famiglia, della sua infanzia, e dei suoi interessi.  
Più volte Ann aveva chiesto al figlio di potere partecipare a quelle sedute perché voleva davvero conoscerlo in modo profondo, ma Cory aveva, ogni volta, gentilmente declinato l’offerta. Voleva che quel momento fosse solo per lui e per Lea.
-Allora Cory sei spaventato? Cosa ti aspetti dalla riabilitazione?-
-Beh…- Cory si grattò la nuca, stava sudando. Il solo fatto di parlarne lo metteva in agitazione -no, non sono spaventato. Forse sono ansioso, un po’ scocciato di rifare tutto per la terza volta…- rivolse uno sguardo premuroso a Lea e le strinse la mano.
-E tu Lea?-
-Cosa?- era sorpresa.
Insomma la terapia serviva a Cory, lei era stata silenziosa durante tutte le sedute precedenti… cosa voleva ora quello psicologo da lei?
-Cosa ne’ pensi di tutto questo?-
La sua mente, e forse anche il suo cuore, si fermarono per un attimo.
In quei giorni era stata così impegnata a fare stare bene Cory che si era completamente dimenticata di se stessa. Insomma cosa poteva dire: “Cory non voglio che tu vada in riabilitazione perché ho paura di perderti? L’hai già fatto una volta e ti ho quasi perso quindi devi stare qui, con me. Potremo vivere per sempre in Canada, lontano da tutti”. Sinceramente, per lei, che lui facesse o non uso di droghe era irrilevante. Non glie ne era mai importato. Cory era Cory, e lei lo amava.
Fine.
Eppure, nel profondo, una piccola parte di lei era arrabbiata e delusa. Perché non era rimasto pulito? Perché non ne era stato capace? Voleva che tutti riaffrontassero quell’inferno di nuovo?
Non avrebbe resistito senza di lui. Non ne sarebbe stata capace. Non un’altra volta.
Lea non sapeva come dire tutto questo, come spiegarlo, ma il suo corpo lo fece per lei. Scoppiò a piangere. Un pianto dirotto che fece spezzare il cuore di Cory in mille pezzi.
Perché non gli aveva detto niente? Perché non si era arrabbiata con lui? Non lo aveva sgridato o non gli aveva urlato contro?
Sarebbe stato meglio. Ma non voleva vederla soffrire. Quello no.
-Ok, vi do’ qualche minuto va bene? Torno fra poco- il dottor Johnson si alzò e uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di se’.
Lea era ancora scossa dai singhiozzi mentre continuava a ripetere –Mi dispiace… scusa… mi dispiace…-.
Il canadese si alzò, e con tutta la dolcezza possibile, sollevò il piccolo corpo di Lea e se la mise in braccio, stringendola a se’.
-Va tutto bene, scusa- le sussurrò piano.
Lea sollevò lo sguardo e gli rivolse uno sorriso lacrimoso.
-Ti amo Cor-
-Ti amo anch’io piccola… andrà tutto bene ok? Te lo prometto-.
Lea sospirò, non voleva litigare. Non litigavano da settimane, nemmeno un piccolo litigio. Però sentiva di dovergli spiegare alcune cose prima di lasciarlo andare.  
Si alzò e sii asciugò le lacrime. Voleva fare un discorso serio. Senza il dottor Johnson.
-L’hai detto anche la scorsa volta questo-.
Cory fece una smorfia. Non si aspettava un rimprovero. L’ultima cosa che voleva era farla arrabbiare, o discutere con lei.
-Baby mi dispiace. Lo so’ che ti ho fatto passare dei giorni d’inferno, e che ti ho deluso. Questa volta a terapia sarà più aggressiva e spero dia i giusti risaltati-
-Lo so’ che tu ti stai impegnando però da sola mi sembra di impazzire. Hai avuto idea di che cosa mi hai fatto passare? Sono quasi svenuta dalla paura quando Andrew mi ha chiamato una settimana fa!-
Una lacrima solitaria rigò il volto del canadese.
A Lea si ruppe il cuore. Non voleva maltrattarlo, voleva solo spiegarle il suo punto di vista.
Lo baciò dolcemente, ma Cory la respinse subito.
Lea temeva di aver rovinato tutto, sfogandosi.
-Odio me stesso- Cory tirò su con il naso.
-Non devi affrontare tutto questo da sola. Puoi stare da mia mamma. La casa è grande e Marc e Edith possono stare conte. Io ti amo e ti prometto che ne uscirò, per te. Io morirei per te. Farei tutto. Ti amo così tanto-.
La attirò a se’ e la baciò. Più volte. La stringeva contro il suo corpo, in cerca di un contatto. Non voleva lasciarla andare. Non era pronto…
 
Cory avrebbe voluto urlare dalla disperazione quando il SUV di suo fratello Shaun parcheggiò davanti al centro di riabilitazione.
-Ok ci siamo fratellino. Noi ci salutiamo qui- Shaun lo abbracciò stretto, dandogli una pacca sulla spalla.
-Ciao caro, ci vediamo fra un mese- Edith baciò Cory su entrambe le guance e lo avvolse in un abbraccio materno.
Il ragazzo fece per stringere la mano a Marc, ma l’uomo lo strinse in una grande abbraccio.
-Coraggio figliolo. Ci conosciamo bene da due ormai, puoi abbracciami-.
Cory sorrise.
-Mi prometti che ti prenderai cura di Lea?-
-Certo ragazzo. Lo sai, lei è la mia principessa- il canadese gli rivolse uno sguardo riconoscente.
Cory entrò dalla porta principale, assieme a Ann e Lea.
-Riguardati baby bear. Ti voglio tanto bene- Ann strinse il figlio in un lungo abbraccio. Aveva le lacrime agli occhi.
Come poteva lasciare andare il suo bambino per una terza volta?
-Mamma devo salutare anche Lea ricordi?-
Cory fece ridere entrambe, e si concentrò sulla donna della sua vita.
La baciò a lungo e la strinse a se’.
-Ti amo piccola. Un mese passa in fretta vedrai. Ti amo tantissimo-.
Non lasciò andare la mano di Lea finché uno degli infermieri lo scortò all’interno del centro, fuori dall’area riservata ai visitatori.
Era solo adesso.


E finalmente eccoci arrivati alla parte tenera della storia. D'ora in poi Cory dovrà lottare per riconquistare la fiducia di Lea.
Il link per questo capitolo è "Take Care Of Yourself".
Prossimo capitolo SABATO 25 LUGLIO.
FrancyF

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Capitolo 6
*** My Life Would Suck Without You ***


Nessuno di loro parlò durante il tragitto verso casa Monteith.
L’assenza di Cory pesava già a tutti come un macigno: sembrava che sopra di loro si fosse fermata un’aurea di rassegnazione.
Si fermarono tutti a casa di Ann.
Nessuno aveva voglia di stare da solo ma tutti volevano essere lasciati soli con i propri pensieri.
Ann servì thè e biscotti per tutti, sedendosi in salotto.
-La stanza di Cory deve rimanere così come è. Lo sapete che ci tiene alle sue cose. Non dobbiamo spostare niente, nemmeno un granello di polvere-
-Lo sappiamo mamma- Shaun accennò un sorriso –l’ho ripeti sempre quando Cor se ne va-.
 
Alla sera, dopo una cena alquanto malinconica, Shaun caricò in auto compagna e figlio e, con la promessa che sarebbe passato il giorno dopo, salutò tutti e se ne tornò a casa a Vancouver.
Tutti avevano fretta di andare a dormire per incontrare Cory almeno nei sogni.
Marc e Edith furono sistemati nella stanza degli ospiti, mentre Ann insistette affinché Lea dormisse nella vecchia stanza di Cory. Per farglielo sentire più vicino.
Lea apprezzò immensamente il gesto, sapeva che durante la precedente riabilitazione di Cory, la donna aveva passato intere nottate insonni nella stanza del figlio, quindi sapeva quanto quello spazio era vitale per Ann.
Entrò nella stanza di Cory in religioso silenzio. Indossava per pigiama una delle vecchie magliette dei Canucks, che aveva trovato in fondo all’armadio. A Cory piaceva quando Lea le indossava, la trovava sexy.
Faceva freddo e il letto vuoto di Cory non scaldava Lea come le braccia del ragazzo. Era così strano non averlo accanto. Era certa che anche lui stesse male, peggio di lei. Cory aveva sempre avuto problemi d’insonnia e spesso aveva convinto Lea a farlo solo perché così si sarebbero addormentati più velocemente. Non che a lei fosse mai dispiaciuto.
Lea si strinse ancora di più la maglia di Cory addosso, respirando il suo odore. Se chiudeva gli occhi e si concentrava le sembrava che lui fosse sdraiato accanto a lei.
Era impossibile riuscire a prendere sonno perché tutto in quella stanza glie lo ricordava.
Come avrebbe fatto a vivere tutte le notti quello strazio?
Pianse per ore.
Le sembrava anche ridicolo piangere, Cory non era morto e stava cercando di guarire per lei. E invece che cercare di essere forte lei stava piangendo?
Accese la luce.
All’inizio il fatto di dormire nella vecchia stanza di Cory l’aveva confortata, ma adesso si sentiva persa. C’erano dei dettagli ai quali non aveva mai fatto caso: per essere la stanza di un ragazzo era molto ordinata. Sul comodino, incorniciata in una preziosa cornice d’argento, c’era una foto che Lea era sicura di non avere mai visto lì: lei e Cory, abbracciati, sulla spiaggia delle Hawaii. Si ricordava benissimo di quella foto: glie l’aveva scattata sua madre lo scorso dicembre. Forse Ann l’aveva incorniciata apposta…
Le altre foto, incorniciate alle pareti, ritraevano Cory con sua madre e suo fratello, soprattutto durante l’infanzia. Per Lea Cory da piccolo era una delle cose più adorabili del mondo. Chissà come sarebbero potuti essere i loro figli…
Lea scosse la testa con forza. Cory era in riabilitazione da poche ore e lei era già così disperata che pensava a fare dei bambini con lui? Non che non ci avesse mai pensato.
-Ehi. Posso entrare?-
Lea fece un salto per lo spavento.
Richard, uno dei cugini di Cory, era in piedi sulla soglia della porta.
-Oh- Lea si tirò le coperte fino al mento, un po’ per il freddo e un po’ perché indossava solo le mutande e la maglia di Cory. E il fatto che anche Roy fosse in pigiama la rendeva una situazione alquanto strana. Bizzarra.
-Scusa non volevo spaventarti. E’ solo che… mi mancava. E’ da sempre il mio migliore amico e il mio complice nei crimini da piccoli. Quando non c’è mi sembra di essere me stesso solo a metà. Quindi sono venuto qui- Roy guardò la stanza con affetto.
-Non riesco a dormire neanche io-.
Il ragazzo le rivolse un sorriso sghembo che a Lea ricordava vagamente quello di Cory.
-Non so proprio perché ci sia ricascato. Credo che non riesca a trovare un po’ di pace. Però tu sei stata meravigliosa con lui-.
Lea sorrise: era così confortante per lei sentirlo dire quelle cose. Si sentiva ancora in colpa. Sapeva che i medici avevano sconsigliato a Cory di tornare in Canada, dove era iniziato tutto, ma lui c’era andato per lavoro e per rivedere la sua famiglia. E lei se ne era andata in vacanza. Si sentiva ancora tremendamente in colpa.
Roy si grattò la nuca, imbarazzato. Fissò per un paio di secondi il parquet prima di continuare a parlare. Non era sicuro che suo cugino avrebbe approvato, d’altronde era una confidenza e Cory era terribilmente riservato. Si sedette sul bordo del letto, in modo da guardare la ragazza negli occhi.
-Sai… l’ultima volta che l’ho visto siamo andati a mangiare qualcosa in un bar a Vancouver. Ed era così felice. Mi ha detto che eri quella giusta-
-Davvero?- alla brunetta vennero le lacrime agli occhi. Era così grata a Roy per averle detto una cosa così importante. Così speciale.
-Certo che si! Dio Lea, lo sai che ci adoriamo. Insomma lui è mio cugino. E… beh vi completate a vicenda. Persino Asher ha capito che siete fatti l’uno per l’altra-.
-Grazie- Lea lo abbracciò.
-Per cosa?- scherzò lui –senza di te Cory non avrebbe mai messo la testa a posto-.
 
Lea cercava di andare avanti come poteva.
Shaun, Beth e Roy erano i più fortunati tra loro perché avevano il lavoro che li distraeva. Lo stesso discorso valeva per Asher e per i cugini più piccoli di Cory con la scuola. Però Ann era andata da poco in pensione così lei, Lea e i genitori della ragazza passavano intere giornate assieme.
Anche se era dura Lea apprezzava quel tempo assieme. Ann e Edith stavano praticamente diventando migliori amiche sotto i suoi occhi, si perdevano sempre in discorsi sul futuro dei loro ragazzi. E Lea stava davvero conoscendo a fondo la sua futura suocera, o almeno così sperava. Ann era davvero una delle donne più forti che avesse mai incontrato: non solo aveva cresciuto due figli maschi da sola, e già per essere riuscita in quell’impresa, avrebbe meritato un Tony Award; ma aveva aiutato suo figlio a uscire dalla dipendenza per ben tre volte.
-Forse sono stata troppo dura con lui in questi mesi- le lacrime stavano lentamente prendendo il sopravvento su Lea.
Ann la guardò con dolcezza. Lei e Lea erano sole in casa: Shaun e Beth avevano portato i ragazzi, compresi Edith e Marc, a fare un giro per Vancouver. Le due donne così ne avevano approfittato per preparare la pasta per la cena di quella sera.
In quei giorni erano state rare le volte in cui avevano parlato apertamente di Cory e di tutta quella situazione. Era troppo stressante per entrambe. Però Lea sentiva che si doveva giustificare.
-Lea, credimi, tesoro hai fatto tutto quello che potevi per Cory. Anche di più-
-Si ma quando mi ha detto che aveva ripreso a farsi ero arrabbiata. Abbiamo litigato, non una litigata piccola, ma grossa. Credo sia stata l’unica volta nella quale abbiamo litigato in quel modo. E io gli ho dato un ultimatum: gli ho detto di scegliere perché non lo potevo vedere stare male. Gli ho detto di pulirsi, che non volevo stare con lui se si faceva del male in quel modo. Non gli ho parlato per tutta la notte e l’ho spedito a dormire sul divano per tre notti di fila-.
Ann la strinse in un abbraccio.
-Non hai fatto nulla di male. Sei stata al suo fianco per tutto questo tempo e lo ami. So che è difficile trattare con lui quando fa queste cavolate. Insomma io stessa alla seconda volta l’ho spedito a casa di un parente perché non sopportavo vederlo quando usava quella roba-.
Non l’aveva mai ammesso ma, dopo quella litigata, sentiva di avere fallito come donna per Cory. Non era stata capace di tenerlo lontano dalla droga. Non era stata capace di dargli tutto il supporto necessario. Si sentiva inutile.
-Insomma sappiamo entrambe che Cory è testardo come un mulo a volte. Ma credimi, tu sei stata straordinaria cara. Non potrò mai ringraziarti davvero per quello che hai fatto per lui-.
La brunetta sorrise, sollevata. Aveva temuto il confronto con Ann e sapere che lei le voleva bene era davvero importante.
-Sai che io e Cory pensavamo di prendere una casa anche qui?-
-Si certo- Ann le rivolse un enorme sorriso, parlare di Cory in quelle circostanze, non citando la droga o la riabilitazione, la metteva di buon umore –Cory mi ha detto tutto-.
Lea sorrise al pensiero, Cory adorava alla follia sua madre, era logico che le dicesse tutto.
-Beh pensavo di farlo adesso. Insomma così quando Cory uscirà… sarà qui vicino. Potrà ricevere tutto il tuo supporto. Quando siamo a L.A. non fa che ripetere quanto gli manchi tu, e Shaun e Ash e anche il Canada in generale-.
Ann la baciò sulla fronte. La adorava. Era davvero la donna giusta per il suo Cory, ne era certa.
-Penso sia una grande idea-.
 
-Zia Lea!- Asher era seduto al tavolo della cucina, dondolava le gambine avanti e indietro, e aveva il viso sporco di cioccolata.
Lea sorrise al bambino e si sedette vicino a lui.
Era ancora strano per lei sentirsi chiamare “zia”. Ma Asher aveva solo quattro anni e lei lo conosceva da quando ne aveva due, quindi lei per lui era sempre stata “zia Lea”.
-Cosa c’è cucciolo?-
-Ma tu e zio Cory potete fare un fratellino per me?-.
Non potè fare a meno di sorridere.
-Sarebbe tuo cucino. Non tuo fratello Asher. E credo di sì, ma non ancora-.
-Beh Ash ha ragione- Beth si sedette con loro e tagliò una fetta di torta anche per Lea.
Lei e Beth avevano legato fin da subito. Era passata a trovarli. Vivevano a pochi chilometri di distanza dalla casa della mamma di Cory, e ogni volta che andava a casa loro si divertiva un sacco. Adorava alla follia Asher, per lei era uno dei bambini più belli al mondo. E adorava il modo in cui Cory si comportava con lui, era uno zio straordinario e, un giorno, Lea era convinta che sarebbe stato un padre straordinario.
-Ho visto come Cor ti guarda, ti ama veramente molto-
-Lo so’- Lea sorrise, compiaciuta.
Lo sapeva bene. Cory la trattava sempre come una regina.
 
Tutti i parenti di Cory furono magnifici con Lea durante quelle settimane.
Roy la accompagnò a vedere, e a comprare, una casa a Vancouver. Ann non la smetteva di mostrale foto di Cory da piccolo. E le zie di Cory facevano a gara per cucinare il piatto vegano migliore solo per lei.
Una delle ultime sere prima del ritorno di Cory, si riunirono tutti a cena a casa di Ann.
Erano tutti molti felici, Cory sarebbe tornato tra pochi giorni, e tutto si sarebbe sistemato.
Lea scivolò via da una conversazione con Ann e sua madre per sedersi sul divano, accanto a Shaun.
Si conoscevano poco, sebbene c’era molto affetto tra di loro. Shaun era un uomo ancora più riservato di Cory e dava poca confidenza alle persone, anche a quelle a lui più vicine.
-Ehi- gli sorrise.
-Ehi- sembrava pensieroso.
-Sai sono sempre stata gelosa di te-.
Shaun aggrottò la fronte. Che razza di modo era per iniziare una conversazione? Fissò la brunetta con area interrogativa.
-Di me?-
-Si, insomma tu e Cory avete un bellissimo rapporto. Non ho mai visto due fratelli più uniti di voi. Ti vuole molto bene-
L’uomo sospirò, grattandosi il mento.
-So’ che mi vuole bene ma sono comunque preoccupato. Insomma guarda come sono tutti felici. Se potesse mamma griderebbe al mondo che Cory sta per tornare, ma non è finita. Ci sono già passato due volte, adesso viene la parte difficile Lea. Credimi quanto lo riabbraccerei ti sembrerà tornato quello di prima, ma non è così. Non dobbiamo lasciarlo solo nemmeno un minuto-.
La mente di Lea si azzererò per una istante e cercò di catalogare tutte le nuove questioni che aveva aperto Shaun.
Aveva ragione. E lei si sentì una cretina per non aver pensato prima quelle cose.
In quei giorni era stata così bene che si era dimenticata che Cory non sarebbe mai completamente guarito. Doveva sempre stare pulito, doveva sempre sfidare i suoi demoni.
E lei lo avrebbe aiutato.
Non l’avrebbe mai più lasciato solo.
Nemmeno per un secondo.


Capitolo 6. Il link per questo capitolo è "My Life Would Suck Without You" . Mi è sempre piaciuto il legame che c'era, e credo ci sia tutt'ora fra Lea e la famiglia di Cory. Il fatto che lei e Ann, nonstante la relazione con Matt, si sentano ancora mi scalda il cuore di gioia. Così ho provato a descrivere tale rapporto in questo capitolo, e spero abbiate apprezzato. :)
Il prossimo capitolo parlerà del reahab di Cory. Volevo che ci fossero due capitoli distinti per mostrare sia la reazione di Lea sia quella di Cory alla riabilitazione.
Ci vediamo sabato prossimo, SABATO 1 AGOSTO.
Grazie ancora a tutti quelli che seguono la storia, le vostre recensioni sono l'amore.<3
FrancyF

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Capitolo 7
*** Rehab ***


Il primo giorno gli infermieri del centro di riabilitazione fecero a Cory dei semplici test generali per valutare il suo stato fisico.
Il secondo giorno gli fu consegnato il programma del centro: sveglia alle otto del mattino, corsa e esercizi ginnici o esercizi in palestra, pranzo ricco di frutta e verdura, incontri di gruppo o individuali con uno psicologo, un’ora di relax, sauna, cena, coprifuoco alle undici di sera. Avrebbe dovuto fare analisi del sangue e analisi delle urine almeno una volta, se non due volte,  a settimana per verificare che il suo corpo stava reagendo bene alla terapia.
Il terzo giorno avrebbe già voluto uscire da quel posto e tornare da Lea. Gli mancava terribilmente, ovunque si girava vedeva il suo volto in lacrime quando l’aveva lasciata per tornare in quel posto di merda. Cory sapeva che si doveva impegnare se voleva rimanere sobrio, ma tendeva a tenere le distanze da tutti e a non essere entusiasta del programma. D’altronde era al terza volta che si ritornava in un posto del genere.
Il suo psicologo era Stanley, un ometto basso, così basso che Cory era certo che poteva sollevarlo con una sola mano. Portava grossi occhiali da Harry Potter che gli allargavano i grandi occhi oltremare. Era sulla cinquantina e la testa stempiata ne era la prova.
-Ciao Cory, siediti pure- lo accolse calorosamente, facendolo sedere sulla poltrona di pelle più vicina alla sua scrivania.
Cory obbedì, sperando che quella tortura finisse in fretta. Quella era la parte della riabilitazione che odiava di più: cercare dentro se stesso delle ragioni che lo avessero indotto a fare uso di eroina, scavare nel suo passato, nei demoni della sua adolescenza.
-Allora come vanno le cose? I medici mi dicono che sei un gran lavoratore quando si tratta di fare sport, un po’ meno nelle attività di gruppo e nei momenti di confronto-.
Cory gli rivolse un sorriso garbato. Apprezzava davvero gli sforzi di quel uomo, ma lui era davvero troppo timido. Tremendamente timido e riservato. Non era facile entrare in confidenza con lui. Normalmente era una persona cordiale e gentile con tutti, non negava mai a nessuno una foto o un autografo. Era davvero grato ai fan. Però quando si parlava di sentimenti veri e propri erano davvero poche le persone che avevano il privilegio di conoscerlo nel profondo. Forse l’unica persona ad avere avuto quel immenso privilegio era stata proprio Lea. Gli aveva dato la sua anima e il suo cuore fin da subito dal loro primo incontro agli studi della FOX nel duemilaotto. E ora lei non c’era. E questa cosa lo stava lentamente uccidendo. Si sentiva morire dentro proprio nel luogo che avrebbe dovuto portalo ad una rinascita.
Non avrebbe resistito sei intere settimane senza Lea Michele. Era la sua unica certezza in quel preciso istante.
-Ti trovi bene qui?- ritentò Stanley, con tutta la calma di questo mondo. Non voleva forzare Cory. Sapeva che era controproducente.
-Si… non è male…-
In effetti la struttura era davvero invidiabile: situata nella periferia di Vancouver poteva garantire la privacy che necessitava a Cory. Le stanze erano ampie, circondate da uno spazio verde molto grande dove i pazienti correvano ogni mattina. Però Cory avrebbe voluto essere solamente con Lea, anche in una misera tenda da campeggio, gli bastava che ci fosse lei.
-Ma?- Stanley gli rivolse un sorriso incoraggiante.
-Ma non è casa mia-
-Capisco beh perché hai fatto in modo di andartene allora?-
-Non lo so-
-Non è una risposta-.
Cory gli lanciò uno sguardo in tralice.
-Ma non lo so. Non l’ho mai saputo. E’ la terza volta che mi capita e mi odio per questo. Ma davvero non lo so’. L’unica cosa che so’ è che voglio smettere, voglio stare con la mia ragazza, sposarla e fare dei figli. E restare sobrio per loro, ecco-.
Stanley gli sorrise, sistemandosi gli occhiali sul naso.
-E’ una buona motivazione. Ora, hai sempre pensato in questo modo?-.
Cory si fermò un attimo. Era la prima volta che ci rifletteva.
-No…- fece uno sforzo per ricordare -Lea è la prima-
-Lea è la tua ragazza?-.
Cory annuì, mentre un sorriso si formava sul suo volto. Bastava il suo nome per ricordargli che doveva lottare per lei. Per lei e per il loro amore.
-Beh è molto bello che tu stia facendo tutto questo per lei. Devi amarla molto-
-La amo più della tua stessa vita. Lei, è straordinaria. Mi è stata sempre accanto. Non potrei vivere senza di lei. Qui dentro sto impazzendo, sono giorni che non la vedo, che non sento la sua voce-.
-Ok…- il dottor Stanley si appoggiò allo schienale della sedia girevole.
-Io… credo… si non ci avevo mai pensato ma credo di avere iniziato perché non sapevo chi ero. Ero piccolo, spaventato dal mondo, dalla gente, dal futuro. E adesso lo so’. Incredibilmente. Pensavo “Sai che c’è? Farò il cattivo ragazzo per un po’”.-
-E chi sei? O chi vorresti essere durante questo percorso?- Stanley sorrise, felice di aver trovato un modo di comunicare con lui, per farlo stare meglio.
Cory non ebbe dubbi sulla risposta.
-Voglio essere l’uomo che Lea merita. Voglio rimanere pulito per lei. Per lei e per la nostra famiglia-.
 
Il giorno dopo quel colloquio a cuore aperto Cory si sentiva più solo che mai.
Lo slancio confidenziale che aveva avuto con lo psicologo lo aveva reso consapevole della nuova dura realtà in cui si era immerso: era solo. In tutti i sensi.
Quando aveva diciannove anni non aveva dato molto peso alla solitudine all’interno di un centro di riabilitazione, era giovane e si credeva immortale, e non aveva un legame fisso ad eccezione di sua madre.
Adesso però la solitudine gli pesava addosso come un macigno. Non vedeva Lea da sette giorni.
Sette giorni interi senza il suo abbraccio.
Sette giorni interi senza vedere il suo volto.
Aveva così tante cose da dirle.
Anche se era estate faceva molto freddo la mattina, durante la corsa attorno agli spazi verdi del centro. Cory teneva sempre nella tasca dei pantaloni una foto di Lea, come monito per impegnarsi.
-Ehi ragazzo ti è caduta questa…-
Cory fermò la sua corsa e si tolse le cuffiette: nelle sue orecchie risuonavano ancora le note di “My life would suck without you”.
L’uomo che aveva parlato era molto corpulento, con una barba poco curata e un orecchino all’orecchio destro. Portavo occhiali da sole e vestiti di seconda mano.
Porse a Cory la foto di Lea, in modo garbato.
-Oh grazie- Cory gli accennò un debole sorriso di ringraziamento –deve essermi scivolata dalla tasca-.
-Beh deve essere molto importante per te per portartela tutto il giorno dietro-
-Si… si lo è- stranamente i modi di quell’uomo lo affascinavano.
-Io sono Earl- gli tese la mano.
-Io sono Cory-.
Cory si guardò attorno con sospetto: ormai avevano entrambi smesso di correre ed era strano che nessun supervisore gli avesse ripresi.
-Tranquillo. Siamo troppo distanti, non verrà nessuno vedrai. Sei proprio ligio al dovere eh Cory?- l’uomo scoppiò in una risata amara.
Il canadese scosse la testa.
-E’ la terza volta-.
Era la prima volta che non provava vergogna nel dire una frase simile: aveva impiegato un anno a confessare a Lea e al resto del cast di “Glee”, così come ai fans, tutti i suoi sbagli, il suo passato da drogato.  E se ne vergognava ogni volta che qualche giornalista o paparazzo gli faceva qualche domanda al riguardo. Però Earl era…. Era esattamente come lui. Un drogato. E forse era per questo che si sentiva a suo agio con lui, nel raccontargli i suoi problemi, anche se lo conosceva da dieci minuti. 
-Porca puttana devi avere avuto una vita parecchio incasinata eh?- Earl gli batté una sonora pacca sulla spalla.
Cory gli sorrise.
“Se sapesse la storia che c’è dietro”.
Sorprendentemente Cory si ritrovò a parlare con Earl per tuta la mattinata: era facile parlare con lui, quasi quando era facile per Cory parlare con Marc. Parlarono di tutto, del Canada, di hockey, del tempo, delle loro famiglie e dei loro amici. E il ragazzo fu eternamente grato a quel omone barbuto per non averlo fatto parlare della sua dipendenza. Ne parlava già troppe volte con Stanley.
 
Cory addentò il suo pollo: aveva sempre fame.
Non che fosse una novità per lui, normalmente era super affamato. E Lea lo aveva abituato bene dato che era un’ottima cuoca.
Ma doveva compensare in qualche modo il bisogno di droga e quindi il pollo per lui andava benissimo come sostituto.
-Lo sai mi ricordi mio figlio- Earl, seduto di fronte a lui, gli rivolse uno sguardo carico di nostalgia.
Cory ingoiò il boccone di pollo e tossì.
-Ah si?- chiese, curioso.
Ormai era da una settimana che aveva stretto amicizia con Earl e non gli aveva mai accennato nulla a proposito del figlio.
-Si, si chiama Jasper, ha vent’anni compiuti da poco- Earl abbassò lo sguardo, imbarazzato – non lo vedo da circa un anno-.
Il cuore del canadese si fermò e la sua mente fu invasa dai soliti demoni del passato. Strinse forte la forchetta, mentre sta già iniziando a sudare freddo.
Aveva raccontato a Earl di suo padre… perché lui gli raccontava queste cose?
-Si è arrabbiato per la mia ennesima ricaduta e non mi vuole più vedere-.
Cory si sentì morire per lui: Earl non era come suo padre, non era scappato. La sua mente vagò nel futuro, sarebbe riuscito a atre pulito per tutta la vita? Il ragazzo rabbrividì al pensiero: se fosse ricaduto in quella merda anche i suoi figli avrebbero potuto smettere di parlargli. Sarebbe morto se tutto quello  fosse capitato a lui.
-Sai tu mi hai parlato di tuo padre. Beh non so come siete adesso, se avete un qualche rapporto però lasciami dire che lui non ti merita. Hai smesso di provare a cercarlo, e lui non ti hai mai cercato-
Cory lo fissava senza emettere un suono.
Lo ammirava perché  seguiva il suo stesso obiettivo: restare pulito per la famiglia.
-Grazie-.
In una parte remota di se stesso, apprezzava il fatto di aver intrapreso anche quel discorso con Earl. Gli avrebbe fatto bene.
-Sono sicuro che tuo figlio capirà. Se rimani pulito vorrà parlarti di nuovo, io lo farei-.
 
L’ultimo giorno al centro di riabilitazione Cory staccò tutte le foto di Lea dal muro della sua stanza e li mise, con orgoglio, in valigia.
Si sentiva bene.
Il suo corpo aveva reagito bene a tutte le terapie e ora non vedeva l’ora di fare qualcosa con Lea. Qualsiasi cosa.
Sarebbe potuto uscire da quel posto maledetto dopo l’ultima visita medica di routine, alle due di pomeriggio; ma alle nove del mattino aveva già tute le valigie pronte sul pavimento e aveva setacciato ogni angolo della stanza per essersi assicurato di non aver dimenticato niente. Non voleva lasciare niente di lui in quel posto. Anche se era guarito, se l’aveva aiutato a sconfiggere i suoi demoni, non voleva più metterci piede.
Mai più.
-Ehi amico te ne vai di già?- Earl aveva aiutato Cory a svuotare la stanza e ora stava aspettando con lui, prima della visita medica.
Cory lo abbracciò: era grato di aver trovato un amico in quel posto.
-Mi prometti che quando esci di qui telefonerai a Jasper?-
-Puoi scommetterci bello. E tu mi prometti che sposerai quella santa donna di Lea?-
Cory rise.
-Ci penso su e te lo farò sapere-.
-Ehi Cory, dai è ora. Attraversa quella porta e sarai libero- il dottor Stanley gli strinse calorosamente la mano, interrompendo la loro conversazione.
Il ragazzo fissò per un istante la porta davanti a lui.
Non riusciva ancora a crederci. Aveva vinto di nuovo lui, aveva sconfitto quelli orrendi demoni per la terza volta.
Ora voleva sola stare con la donna che amava più di ogni altra cosa al mondo.

Siamo già ad agosto e al capitolo 7 wow! 
Il link per questo capitolo è "Rehab".
Credo che questo sia uno dei capitoli più difficle che io abbia mai scritto e, ancora adesso, non mi soddisfa a pieno. Personalmente adoro come sono caratterizzati Earl e il dottor Stanely perchè mi piacciono molto come personaggi e li ho descritti proprio come sono rappresentati nella mia mente.
Vi ringrazio ancora di cuore per tutto il sostegno che mi state dando. :)
Ci vediamo sabato prossimo, SABATO 8 AGOSTO.
FrancyF

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Capitolo 8
*** Raise Your Glass ***


Per Lea fu come se il tempo si fosse fermato. Come se il mondo avesse smesso di girare.
E come se la sua mente si fosse azzerata.
Vide Cory oltrepassare la porta del centro e dirigersi verso di lei, con un sorriso enorme in volto. Portava una semplice camicia e un paio di jeans, ma teneva la testa alta come un eroe.
Era il suo eroe.
Non appena la vide, il ragazzo gettò le valigie alla rinfusa sul pavimento e allargò le braccia per accoglierla. Lea non esitò un istante prima di buttarsi nel suo abbraccio, mentre Cory la stringeva e la sollevava in aria, baciandola con passione.
Come se non ci fosse stato un domani. Come se lui fosse morto e poi risorto dalle sue stesse ceneri, solo per lei.
Quando si staccarono erano entrambi in lacrime.
-Ti amo- lui la rimise a terra, incapace di staccarle gli occhi di dosso.
-Ti amo di più io-
-Se lo dici tu-.
 
Sorprendentemente, Cory permise a Lea di guidare il suo adorato SUV.
Il ragazzo sapeva benissimo a quali rischi andava incontro: Lea aveva molti pregi ma era una pessima guidatrice. Cory rischiava l’infarto ogni volta che saliva in macchina con lei, però lei aveva insistito tanto. E lui aveva accettato, d’altronde voleva solo arrivare in fretta a casa e chiudersi in una stanza con lei. Anche a costo di infrangere tutti i limiti di velocità consentiti e di bruciare qualche semaforo rosso.
-Aspetta dove stiamo andando di preciso? Casa mia era dall’altra parte-
Cory la guardava con un sorriso enorme in volto, ma era sospettoso.
-E’ una sorpresa- Lea le rivolse un sorriso eccitato –aspetta e vedrai amore-.
Il canadese scosse la testa, divertito.  Amava essere di nuovo con lei. Solitamente era lui quello che organizzava delle sorprese, ma adesso voleva stare al suo gioco. Certo, sperava che non fosse una cosa molto lunga, perché dopo settimane senza vederla non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. E voleva stare con lei per più tempo possibile.
Finalmente, dopo dieci minuti buoni di vuoto totale, l’auto si fermò. Era un bel quartiere, ma Cory non c’era mai stato. Lontano dalla zona commerciale di Vancouver e a pochi chilometri da casa di sua madre a Victoria.
Era una bella casa, grande, con un ampio giardino sul davanti.
-Beh che ci facciamo qui?- chiese, confuso, e in qualche modo, lievemente irritato dall’attesa alla quale Lea lo stava sottoponendo.
Ma d’altronde era sempre stata lei la parte dominante della coppia, anche e soprattutto quando si trattava del sesso.
-Benvenuto a casa Cory!- esclamò lei, saltandogli praticamente con le braccia al collo e baciandolo con passione.
-Aspetta.. cosa? Hai comprato una casa?- un sorriso enorme gli si dipinse in volto.
-Noi abbiamo comprato una casa- lo corresse lei, facendogli l’occhiolino -insomma era da un po’ che ne parlavamo e così eccoci qua. E’ nostra. Così siamo vicini anche alla tua di famiglia-
Cory non potè fare a meno che abbracciarla.
-Ti amo-
-Ti amo anch’io. Quindi, vuoi entrare?-
-E me lo chiedi?- .
 
-Aspetta… Cory- Lea lo fermò, e lo fissò negli occhi –non vuoi vedere la casa prima?.
Cory le accarezzò il volto.
-Lea… insomma- abbassò lo sguardo sulla sua erezione –Dio non sai quante seghe mi sono fatto in quel posto pensando a te. Credimi se aspetto ancora rovinerò i jeans-.
Lea scoppiò in una risata fragorosa. Non era la frase più romantica del mondo, ma andava bene lo stesso. Gli prese la mano e la guidò, dolcemente, in camera da letto. 
Non smisero un secondo di baciarsi.
Cory si sedette sul bordo de letto e si mise Lea in grembo.
Lei lo baciò, gettandogli le braccia al collo.
-Mi sei mancato-
Cory sorrise.
-Anche tu. Come hai fatto a diventare ancora più bella in questo mese?-
Lea sorrise contro le sue labbra, mentre faceva scivolare la lingua nella sua bocca.
Quello era il suo Cory.
-Ti amo così tanto Cor-
Lea si strinse a lui, provocandogli un gemito di dolore.
Gli occhi di Cory erano pieni di desiderio.
La brunetta recepì il messaggio e si libero in fretta dei vestiti, per poi slacciare la cintura di Cory e abbassargli i jeans.
Quando lei prese in mano il suo membro e lo guidò nel suo centro bagnato, entrambi gemettero di piacere.
A Cory non sembrava vero: ora sapeva che era sua di nuovo. Iniziò a muoversi piano, dandole il tempo di riabituarsi alla sua presenza dentro di lei, ma era difficile. Dopo settimane senza sesso era dannatamente sensibile, sentiva il calore di Lea diffondersi per tutta la lunghezza del suo membro. E lei era così dannatamente sexy: aveva i capelli scompigliati e i suoi seni rimbalzavano ad ogni spinta di Cory. Non sarebbe resistito a lungo così. Si fermò, respirando pesantemente. Lea appoggiò le piccole mani sul petto del ragazzo, guardandolo in cagnesco.
-Cosa c’è?- sospirò, mentre il suo respiro tornava normale.
-Dami un minuto- Cory uscì da lei, facendola gemere per la perdita di contatto.
Si sistemò sopra di lei, attento a non schiacciarla: non ricordava che fosse così minuscola. La adorava.
Lea non ebbe neanche il tempo di protestare perché Cory entrò nuovamente dentro di lei, più deciso. Era ancora bagnata e la cosa lo fece impazzire.
Trovarono il giusto ritmo in pochi secondi. Per un attimo fu come il tempo non fosse passato affatto, come se fossero sempre stati unti, loro due solamente.
Lea sentì resto quella sensazione di calore, così famigliare, che solo Cory le aveva fatto provare in vita sua. Strinse le mani sulla schiena de ragazzo, mentre i suoi colpi si facevano più duri e più profondi. Venne dopo pochi istanti, gridando il suo nome.
Cory la seguì poco dopo, sentendo i muri di Lea stringersi attorno a lui, e rilasciò il suo liquido caldo dentro di lei.
Stettero in silenzio per parecchi minuti, aspettando semplicemente che i loro respiri ritornassero regolari. Si guardarono a lungo negli occhi, mentre erano ancora uniti.
-Cory... è stato… è stato incredibile- Lea sospirò, baciandolo e accarezzandoli i capelli sudati.
-Si.. beh abbiamo tutto il tempo per recuperare questo tipo di attività- sorrise lui, rivolgendole uno sguardo furbo.
Fecero l’amore tutta la notte, finchè Lea non crollò addormentata sopra il petto nudo di Cory.
E per quanto il ragazzo si sentisse esausto stette sveglio a contemplarla. Non gli sembrava vero d’averla di nuovo accanto a lui, soprattutto in quelle circostanze. Dentro il centro di riabilitazione aveva più volte immaginato quel momento, ma tutti i suoi sogni non si avvicinavano neanche alla perfezione che era stata al realtà.
Si sentiva a casa.
Accarezzò i capelli di Lea, inspirando il suo profumo, attento a non svegliarla. Sentiva il battito del suo cuore contro quello di lei; i suoi seni sul suo petto e tutti i respiri, sereni, che lei faceva.
Per la prima volta, a partire dal luglio scorso, Cory cadde in un sonno sereno.
 
Il suono ininterrotto del campanello fece destare entrambi di scatto.
-Ma chi diavolo è? Ouch- Cory gemette di dolore, quando Lea rotolò sopra di lui per raggiungere la sveglia.
-Oh merda- esclamò mentre si precipitò fuori dal letto, stringendo le lenzuola per coprire il corpo nudo.
-Cosa cavolo c’è?-.
Cory le rivolse il suo mezzo sorriso: era un po’ imbronciato da quel brusco risveglio. Insomma non si era immaginato così la loro prima mattina assieme. Credeva di risvegliarsi lentamente con Lea sopra di lui, di svegliarla con dei baci e di fare nuovamente l’amore. Di uscire dal letto solo in casi di necessità, come mangiare. Invece…
-Credo di aver invitato tutti qui-
-Tutti?- il cuore di Cory fece un tuffo.
Tutti i suoi parenti, compresi i genitori di Lea, erano fuori dalla porta, e lui era nudo nel letto, con i capelli e lo sguardo dolce che indicavano perfettamente che aveva fatto sesso poche ore fa?
Saltò fuori dal letto e si infilò a volo i boxer e i jeans, poi si precipitò ad aprire alla porta.
Asher e Timothy gli saltarono in braccio con così tanto entusiasmo che lo fecero quasi cadere per terra. Ann lo strinse in lacrime in un grande abbraccio, mentre Cory cerva di non farsi strozzare dal nipotino che non si voleva proprio staccare da lui.
-Ciao ragazzi. Cavolo che ci fate tutti qui?-
-Stai scherzando vero amore?- sua madre non la finiva più di baciarlo. Era tutta rossa in volta e parlava singhiozzando.
-Insomma voleva vedere la casa!- esclamò Shaun.
-Si ho portato le lasagne per tutti caro- Edith lo baciò su entrambe le guancie –tu e Lea avete già mangiato?-
-No… lei è sotto la doccia adesso. Entrate dai-.
 
Essere accolti da quella folla rumorosa di parenti fu un vero shock per entrambi. Ma avrebbero dovuto panificarlo con i parenti pazzi che si ritrovavano.
Per venti minuti buoni Cory passò da ogni persona presente nella stanza per ricevere abbracci, baci e complimenti.
Solo quando furono tutti seduti in una tavolata improvvisata, il ragazzo realizzò quando gli era mancato tutto quello: buon cibo e la famiglia più straordinaria del mondo. Ann e Edith erano state così premurose che erano rimaste alzate tutta la notte per preparare i piatti preferiti di Cory: lasagne, pollo e cup-cake al burro d’arachidi e cioccolato.
-Allora ragazzi avete intenzione di fermarvi molto qui?- Ann sorrise ad entrambi, sorridendo nel vedere che la mano di Cory era appoggiata sopra quella di Lea. Non volevano staccarsi nemmeno per mangiare. Come se avessero paura di perdesi nuovamente, e di doversi lasciare.
I due ragazzi si guardarono per un secondo: non avevano ancora avuto il tempo di discuterne in effetti.
-Beh mamma credo… credo che ci fermeremo qua per un po’- iniziò Cory, guardando Lea per cercare la sua approvazione. Lei lo baciò sulla guancia e lui lo preso come un monito per continuare.
-Almeno per due settimane, poi durante agosto torneremo a Los Angeles. C’è il compleanno di Lea e poi le riprese di “Glee”. Il prossimo controllo è fra due settimane e poi torneremo alla vita di sempre-.
Ann sorrise compiaciuta: era così grata a Lea per essere rimasta accanto a Cory durante tutto quel percorso.
-Siamo così contenti che tu sia finalmente tornato qui con noi- Shaun sorrise al fratello minore.
-Si, anch’io sono contento- Cory si morse il labbro inferiore, riflettendo. Voleva davvero ringraziare tutti dal profondo del cuore. Ogni persona che era seduta a quel tavolo possedeva un pezzo di lui, un pezzo della sua anima e del suo cuore. E voleva ringraziarli per essergli rimasti accanto in un momento così oscuro.
Cercò di sovrastare il brusio e il chiacchiericcio interrotto dei famigliari.
-Ehi ragazzi… per piacere… ecco vorrei solo ringraziavi- arrossì, mentre cercava di non fissare nessuno negli occhi. Era così dannatamente timido.
-Ecco siete tutto per me. E mi avete sempre sostenuto durante tutto il percorso di riabilitazione. So’ che non ho ancora finito, che mi devo impegnare seriamente, però con il vostro sostegno sento di poter affrontare il mondo. Quindi ecco, vi voglio bene. A tutti voi-.
Il suo breve, e epico, discorso fu seguito da risatine e gorgoglii di soddisfazioni, nonché dal commento che sua madre gli riservava solo per le grandi occasioni: -Il mio Baby Bear è troppo dolce vero?-.
Cory scosse la testa, divertito. Lanciò uno sguardo d’intesa a Lea, che non gli aveva ancora lasciato la mano e sospirò beato.
Saranno stati pure pazzi i suoi presenti. Ma senza di loro a quest’ora sarebbe potuto essere un mucchietto di ceneri in fondo al mare.
Doveva tutto a loro.
Erano il suo mondo.


Scusate se non ho postato prima, ma ero all'AcquaPark con amici. :)
Quanto lo aspettavate questo cappy eh? Io tantissimo e sono molto curiosa di sapere se, per voi, ho descritto bene il ricongiungimento (iniziale) fra i nostri Monchele. <3  Il link per questo ottoavo capitolo è "Raise Your Glass", che io adoro in entrambe le versioni di Glee. 
Prossimo appuntamento è da STABILIRE perchè non so ancora se andrò via per Ferragosto.... se quel giorno (sabato 15 agosto) non posterò niente, allora slitterò sul sabato della settimana dopo, quindi sabato 22 agosto.
FrancyF

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Capitolo 9
*** Keep Holding On ***


Furono le due settimane più caotiche della vita di Cory.
Il suo ritorno alla vita non fu come lo aveva immaginato: prima di tutto lui e Lea non avevano tempo di stare da soli perché c’era sempre qualcuno dei suoi parenti o dei loro amici a casa. In più era fermamente convinto che avrebbe riacquistato tutti i chili di troppo che aveva perso facendo ginnastica nel centro, perché Edith e sua madre non la smettevano di cucinare i suoi piatti preferiti, stracarichi di calorie.
Più il tempo passava e più il ragazzo si convinceva che Lea Michele era quella giusta per lui. Non che prima avesse dei dubbi, però adesso Lea si era perfettamente inserita nella sua famiglia. Il cuore di Cory si riempiva di gioia ogni volta quando vedeva Lea giocare con suo nipote o con i cugini Monteith più piccoli. Sarebbe stata una madre straordinaria un giorno. Ne era certo. E dato che Ann adorava la brunetta alla follia, adesso Cory aveva ben due donne che lo tenevano sotto controllo.
Fu con un po’ di malincuore che lui e Lea lasciarono il Canada, alla fine di agosto e ritornarono a Los Angeles. Ne avevano entrambi bisogno: dovevano ritrovarsi l’uno l’altro nella tranquillità di casa loro.
 
Lea sospirò deliziata. Aveva aspettato settimane per potersi svegliare, con tutta calma, fra le braccia di Cory. Finalmente non doveva più dormire in un enorme letto vuoto. Cory era accanto a lei, respirava piano e aveva uno sguardo sereno.
Lea sorrise.
Era così carino mentre dormiva.
Avevano passato la prima settimana a Los Angeles chiusi nella loro camera da letto.
La ragazza sentì le braccia di Cory stringere il suo corpo esile, segno inequivocabile che lui si era svegliato. Le labbra del ragazzo incontrarono subito le sue, e si unirono in un bacio appassionato.
-Quindi… puoi anche lasciarmi andare Mr. Monteith- Lea gli sorrise divertita, cercando di divincolarsi dalla sua stretta, ma Cory le lanciò uno sguardo furbo e le fece il solletico, facendola ridere.
-Cory… fermati…dai!- lei rise fino alle lacrime.
Il ragazzo era tentato di continuare quella dolce tortura, solo per sentire ancora la risata della donna che amava; ma smise, stringendola a se’, mentre Lea lo ricompensava con un altro lungo bacio e gli gettava le braccia al collo.
-Buongiorno- lei sorrise contro le sue labbra, accarezzandogli il volto.
-Giorno dolcezza… che ore sono?-.
Lo sguardo di entrambi si posò sulla sveglia: le undici di mattina.
-Beh anche oggi ci siamo rilassati- Cory sospirò pesantemente.
Stettero in silenzio per parecchi minuti: Lea con la testa appoggiata sul petto di Cory, ascoltando il battito cardiaco del ragazzo; Cory accarezzava i capelli di Lea, immerso nei suoi pensieri.
-Sai Cor pensavo una cosa- Lea ruppe il silenzio, catturando l’attenzione di Cory.
-Che cosa amore?-
-Fra un po’ è il mio compleanno e pensavo che sarebbe bello prendere un cane-
-Un cane?-.
Cory era sorpreso. Non ne vedeva il motivo, avevano già Sheila. E sebbene sapesse quando Lea masse gli animali non ne avevano mai parlato prima d’ora.
-Si- Lea si mise seduta sul letto, incrociando le gambe –ascolta ieri sera ho visto su internet un sito d’adozioni e c’era questo cagnolino carinissimo-.  
Prima che il canadese potesse ribattere Lea sgattaiolò fuori dal letto e ritornò con il computer aperto sulla pagina che l’interessava.
La foto di un cagnolino pieno di pelo con due enormi occhi scuri spuntò sullo schermo.
-Si chiama Pearl, ha otto anni e cerca casa. Guarda Cor non è un amore?- Lea mise su il broncio da cucciolo smarrito, alla quale sapeva con certezza che Cory non poteva resistere.
-Tesoro- lui fece una smorfia –insomma abbiamo Sheila. Che ne sai che se prederemo quel cane non diventerà gelosa? O peggio non si azzufferanno fra di loro? –
-Oh Sheila è la gatta più buona del mondo, sono sicura che non avremo problemi-
-Ma un cane è impegnativo, insomma non abbiamo molto tempo libero con la vita che facciamo…- Cory sapeva già di aver perso in partenza –ma… ma se proprio ci tieni… ecco credo che potremo andare a darle un’occhiata-.
 
Cory trangugiò le uova e il bacon alla velocità della luce.
-Quindi vedo che hai gradito- Lea sorrise divertita, sedendosi sul suo grembo.
-Si piccola, grazie mille. Era davvero buono-
-Figurati- lo baciò –erano solo uova e bacon-.
Cory sentì le zampette di Pearl grattargli le gambe.
-Oh ecco Pearl- il ragazzo posò il piatto a terra, in modo che la cagnolina potesse leccarlo.
Lea fece una smorfia.
-Lo sai come la penso. Il cane mangia le sue cose nelle sua ciotola Cor-
-Lo so, ma è così carina- Cory fece una carezza a Pearl che ricambiò l’affetto leccando tutta la mano del ragazzo –e poi sei tu che mi hai convinto a prenderla sbaglio?-.
Pearl era arrivata a casa loro solo da tre giorni. Lea alla fine l’aveva avuto vinta: non appena Cory aveva visto quanto era adorabile quella cagnolina l’avevano adottata. E in quei pochi giorni Pearl non solo aveva rubato il cuore di Lea, ma anche quello di Cory, portandolo a viziarla in ogni modo.
-Non sbagli ma non puoi viziarla in ogni modo!-
-Si però rimango ancora il miglior ragazzo del mondo vero?- il canadese sorrise, mettendo in mostra le sue fossette.
-Si, lo sei- gli diede un lungo bacio prima di staccarsi da lui – devo farmi una doccia prima di andare agli Studios-
-Bene anch’io- un sorriso sornione comparve subito sul volto di Cory.
-No. Non questa volta Monteith-
-Perché no?- il ragazzo la guardò accigliato.
-Perchè ho il ciclo e quindi per cinque giorni niente sesso. E meno male, non abbiamo fatto altro in questi giorni e devo ringraziare il cielo di avere ancora una vagina! E poi siamo già in ritardo, dobbiamo muoverci-.
Lea si alzò, mentre Cory la osservava con uno sguardo mezzo deluso e mezzo divertito.
Gli era mancato tutto quel filtrare.
 
Ryan aveva invitato tutto il cast di “Glee” agli Studios della FOX per parlare della nuova stagione. Cory era entusiasta di poter tornare in quel posto: era la sua seconda casa e tutti quei pazzi del cast erano la sua famiglia.
Nei due mesi che Cory e Lea avevano trascorso in Canada erano cambiate molte cose: Heather era incinta di sette mesi ormai e aveva temporaneamente lasciato il set, Jon si era lasciato con il suo fidanzato Zachary Quinto, Naya aveva asciato Big Sean e si era sposata con Ryan Dorsey, e persino Blake e Melissa facevano i piccioncini sul set.
Solo il fatto di non averli avuti intorno a lui per due mesi faceva soffrire Cory enormemente: non poteva vivere senza Lea, ma neanche senza la sua famigleea.
L’ultima volta che si erano visti era per il servizio fotografico promozionale della quinta stagione di “Glee”, e adesso tutti voleva stare con lui.
Lea non voleva lasciarlo nemmeno per un minuto, si sedette sul grembo di Cory, mentre lui era attorniato del resto del cast e si stava aggiornando sulle ultime novità.
Erano tutti così impegnati a parlottare fra loro che Ryan impiegò dieci minuti buoni per ottenere il tanto agoniato silenzio per fare il suo tradizionale discorso di inizio stagione.
 –Ragazzi… per favore… silenzio adesso- Ryan si sistemò al centro della sala e prese in mano il microfono per avere l’attenzione di tutti i presenti – prima i tutto volevo ecco dare il bentornato a Cory, siamo davvero felici che tu hai fatto la scelta giusta e che oggi sei qui con noi-.
Un lungo applauso si diffuse in tutta la stanza.
-Ma adesso-  continuò Ryan –sapete tutti che bisogna tornare al lavoro perché i ritmi sono serrati. Inizieremo la prima settimana di settembre e in questi giorni vi darò il copione ok?  Mi aspetto da tutti puntualità e rispetto, ormai lo sapete. Quindi ci vediamo fra qualche giorno ragazzi, grazie ancora a tutti-.
 
-Ehi Ryan posso parlarti un minuto in privato?- Lea sopraggiunse delicatamente alle spalle del suo capo, come se avesse una paura folle di iniziare quella conversazione.
-Certo cara-  lui le sorrise, rassicurante.
Si sedettero nel suo ufficio, al riapro da sguardi indiscreti.
-Quindi cosa volevi dirmi Lea?- Ryan scarabocchiò qualcosa su una pila di documenti e la guardò negli occhi, incoraggiandola a parlare.
-Io… io sono solo preoccupata per Cory-.
Mai e poi mai avrebbe immaginato di avere certi pensieri sul suo ragazzo, ma adesso si sentiva oppressa. Anche se lei e Cory erano tornati a casa e se gli ultimi controlli erano risultati negativi, Lea viveva nell’ansia e nella preoccupazione che Cory potesse ricadere nella droga.  La ragazza aveva seguito alla lettera i consigli di Shaun e non aveva mai lasciato Cory da solo, offrendogli il suo completo supporto, però ora che iniziava a lavorare e cose sarebbero cambiate. Lea sapeva bene che lei non era ne la madre di Cory ne la sua baby-sitter, che lui era un uomo adulto, e che era in grado di ponderare le sue scelte; ma il solo pensiero di lasciarlo solo con il rischio che potesse essere di nuovo sconfitto dai suoi demoni la terrorizzava.
-Cory? Sta bene- Ryan spostò lo sguardo oltre la vetrata che dava sul salone principale dove Cory era intento a ridere e scherzare con Mark e Chord.
Lea alzò le spalle timidamente, si vergognava quasi a dubitare di Cory, ma se gli fosse successo qualcosa e lei non avesse fatto il possibile per aiutarlo non se lo sarebbe mai perdonato.
-Si sta bene adesso- la brunetta sbuffò, era così difficile per lei articolare quelle emozioni in parole – ho solo paura per lui, paura di lasciarlo solo. E’ la mia famiglia Ryan, lo sai anche tu che non possiamo permetterci di perderlo, non un'altra volta-.
Ryan le strinse la mano, comprensivo.
-Cory girerà e sue scene sempre con qualcuno tesoro. E se necessario io stesso lo terrò d’occhio tutto il tempo. Sai che l’adoro e farò il possibile per non lasciarlo solo-.
 
Lea fu silenziosa durante il viaggio di ritorno verso casa: la sua mente non poteva scacciare il pensiero che, adesso che stava tutto tornando alla normalità, avrebbe potuto perdere nuovamente l’uomo che amava.
-Baby sei silenziosa- Cory le sorrise- tutto ok? Ryan ti ha rimproverato per qualcosa?-
-Cosa? O no…- Lea guardò fuori al finestrino, cercando di scacciare le lacrime. Non voleva che Cory la vedesse crollare, che capisse che malgrado tutto aveva paura che lui facesse di nuovo qualche cazzatta.
-Cosa c’è allora? Ho fatto qualcosa di male?-
Lea sospirò, mentre grosse lacrime le rigavano il volto.
Cory si sentì morire nel vederla piangere. Accostò l’auto e si slacciò la cintura, poi accarezzò i capelli della ragazza.
-Lee che è successo?-
-Sono terrorizzata va bene?!- espose lei, aggrappandosi alle braccia di Cory come se ne andasse della sua stessa vita.
Lea singhiozzò sul petto del ragazzo, soprafatta dalle emozioni.
-Voglio solo stare con te, solo questo. Ma non è ho la certezza perché sei e sarai sempre un tossicodipendente! Io, Dio io Cory sto impazzendo non voglio perderti!- .
Per Cory fu come se fosse crollato di nuovo sul pavimento del hotel quella notte a Vancouver. Sapeva che prima o poi Lea sarebbe esplosa. Non era facile stare con un drogato, vederlo sbagliare, soffrire, pulirsi e di nuovo cadere nei suoi antichi demoni. Si odiava per essere la causa della sofferenza della donna che amava, lei meritava molto di più. Meritava un uomo migliore di lui e una vita che lui non era in grado di offrirle. Doveva guarire per lei.
-Mi dispiace Lea. Ti prometto che andrà tutto bene, sarò l’uomo dei tuoi sogni. Mi impegnerò al cento per cento questa volta, non starò mai solo e se mi verrà voglia ti chiamerò così mi distrarrai ok?-.
Lea sollevò lo sguardo e gli rivolse un mezzo sorriso acquoso.
-Oh Cor tu sei già l’uomo dei miei sogni credimi, per questo ho paura di perderti-.
Il cuore del canadese si sciolse.
La amava così tanto.
Voleva che si fidasse di lui, completamente. Voleva ripagarla per tutto.
E sapeva esattamente come fare.


Prima di tutto mi scuso per l'ENORME ritardo! Lo so, avrei dovuto aggiornare sabato scorso ma mia nonna è stata ricoverata all'ospedale quindi ho dovuto badare a lei e fare tutte le faccende domestiche e non ho avuto tempo per aggiornare. Davvero mi scuso, ma non preoccupatevi la mia nonnina adesso sta meglio. 
Dunque capitolo 9, e questo è il link per la canzone "Keep Holding On".

Ci vediamo sabato prossimo , 5 SETTEMBRE. ovviamente i capitoli riprenderanno a essere postati ogni sabato, salvo rare eccezioni.
FrancyF

 
 

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Capitolo 10
*** The Only Exception ***


Cory non aveva chiuso occhio quella notte.
Il compleanno di Lea sarebbe stato fra due giorni e lui era stato sveglio tutta la notte a pensare al regalo perfetto per lei.
Era solo il secondo compleanno che trascorrevano come amanti, e non solo come amici, e Cory era in seria difficoltà. L’anno prima era stato facile: Celine Dion dava un concerto a Los Angeles e Cory aveva regalato alla brunetta un cena romantica e i biglietti per il concerto, compreso il backstage, sicuro che lei avrebbe apprezzato. E infatti Lea ne era stata entusiasta, e aveva subito condiviso su twitter una foto di loro due con Celine.
Quest’anno voleva superarsi però. Lea era una donna meravigliosa, lo aveva supportato, lo aveva accettato. Come poteva eguagliare la sua perfezione con un regalo banale?
In effetti aveva iniziato a pensarci a maggio, pochi giorni dopo il suo di compleanno, e un’idea gli si era intrufolata nella mente. C’era solo una cosa che sentiva di dovere a Lea più di ogni altro regalo: il suo cuore, quindi perché non sposarla?
Lui era sicuro al cento per cento dei suoi sentimenti verso di lei. Voleva amarla fino alla fine dei suoi giorni, voleva avere una famiglia con lei, e voleva invecchiare assieme vedendo chi di loro sarebbe ingrassato o come sarebbe stata la loro vita in un futuro remoto. L’argomento matrimonio non era poi così nuovo fra di loro, ne avevano già parlato qualche volta, come quando Cory le aveva regalato “l’anello dell’amore”, ma la faccenda non si era mai concretizzata. Erano sempre così dannatamente impegnati… 
Però dopo tutto quello che avevano passato durante quell’anno, a Cory non sembrava esserci un momento più perfetto di quello.
Certo Lea era molto tradizionale su certe cose, e Cory voleva rispettare le sue tradizioni: avrebbe chiesto prima il permesso di suo padre, Marc.
Si girò dall’altro lato del letto, dove Lea era profondamente addormentata, la baciò sulla fronte sussurrandole un “Ti amo”, le scrisse un biglietto, prese tutto il necessario e uscì.
 
Era appena l’alba ma aveva mandato un messaggio a Marc per dirgli di prepararsi. Sarebbero andati a pesca assieme, cosa non inusuale per loro.  
Cory adorava passare del tempo con Marc, era quasi un recuperare del tempo padre – figlio che, attualmente, lui non aveva mai avuto con Joe Monteith. Durante i due anni di relazione con Lea, il ragazzo aveva imparato ad amare e apprezzare Marc, era davvero un ometto divertente con un grande senso dell’umorismo, caratteristica che anche a Cory non mancava. Si erano piaciuti subito e con il tempo erano diventati amici.  Spesso quando Lea passava del tempo con Edith, Cory lo faceva con Marc. E Lea era veramente felice che Cory fosse così sereno e aperto con suo papà.
Redondo Beach era uno dei loro posti preferiti per pescare.
-Ah c’è così pace qui-
Marc spostò lo sguardo sull’oceano, che il sole colorava delle mille sfumature del mattino.
-Grazie per essermi passato a prendermi figliolo, ne avevo bisogno per staccare un po’ la mente-.
Figliolo.
Marc aveva pronunciato quella parola come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se Cory fosse veramente figlio suo. A Cory faceva sempre un certo effetto sentirla, ma adorava ogni volta che succedeva. Era grato a Marc per tutta la fiducia che riponeva in lui, dopotutto stava con la sua unica figlia.
-Figurati… oh cavoli!- Cory sbuffò: aveva fatto cadere in acqua la sua terza esca.
Era così nervoso che gli tremavano le mani.
Si vergognava quasi di chiedere la mano di Lea. Insomma dopotutto lui si era appena disintossicato per la terza volta! Cosa poteva offrirle? Che garanzie poteva dare a Marc? Sarebbe stato un buon marito per la sua preziosa figlia?
Un dubbio orrendo gli oltrepassò il cervello. E se Marc avesse detto no?
Scosse la testa per scacciare il pensiero: no Marc era un brav’uomo, di certo non gli avrebbe negato il permesso.
-Qualcosa non va Cory?- Marc gli rivolse uno sguardo interrogativo.
Il ragazzo sospirò pesantemente per calmarsi e prese il coraggio a due mani.
-Ecco volevo chiederti una cosa…-
-Si?-
-MichiedevosepotevosposareLea…-.
L’aveva detto talmente velocemente che Marc lo scrutò confuso.
-Come hai detto scusa?-
-Ecco… mi chiedevo se…  se tu sei d’accordo… insomma… posso… stavo pensando… cavoli… volevo solo chiederti se potevo sposare Lea! Insomma mi concederesti di chiedere la mano di tua figlia?-.
Marc fece un ampio sorriso e gli brillarono gli occhi.
-E me lo devi chiedere ragazzo? Cory ti assicuro che non ho mai chiesto un uomo migliore di te per la mia bambina. Certo che puoi sposarla che domande!-
-Veramente?-.
Cory sorrise e si accinse a ringraziare il suo futuro suocero, porgendogli la mano.
-Oh cavoli Cory! Ormai se uno di famiglia! Vieni qui!-
Marc lo strinse in un abbraccio che allargò ancora di più il sorriso del canadese.
Avrebbe voluto urlare al mondo tutta la sua gioia, invece si limitò a stringere Marc ancora di più.
-Aspetta che lo sappia Edith, impazzirà di gioia credimi- rise Marc.
-Aspetta che glie lo chieda almeno!- arrossì Cory: non era mai stato così felice e soddisfatto in vita sua.
-Hai già in mente qualcosa per la proposta?-
Qualcosina si- ammise Cory, non volendo fare trapelare altro –spero solo che fili tutto liscio-.
 
Per tutto il viaggio di ritorno Cory non fece altro che sorridere e fischiettare allegramente.
Non riusciva a contenere il suo entusiasmo, e anche Marc non era da meno. Misero la radio su una stazione rock e cantarono a squarciagola “Don’t stop me now” dei Queen.
Quando il ragazzo tornò a casa trovò Lea accoccolata sul divano con Sheila e Pearl, intenta a leggere un buon libro.
-Ciao- lo salutò
-Ciao tesoro!- lui la baciò con passione, inspirando il suo profumo.
-Come mai sei così allegro oggi? Cosa è successo?-
-Nulla- mentì Cory, cercando di nascondere il suo enorme sorriso.
Non era molto bravo a mentire.
-Non ci credo…- Lea gli sorrise furbamente, andando verso di lui con fare intimidatorio.
-Senti Lee davvero, non è successo granché. Ho solo battuto tuo padre-
-Avrei dovuto immaginarlo- la brunetta sospirò, ruotando gli occhi con aria di sufficienza –voi uomini e la vostra stupida smania di competere!-.
-Beh si, allora ho pescato più pesci di tuo padre e poi… sto con la donna più sexy del mondo. Come potrei non essere allegro?- la baciò di nuovo.
-Ah però devo uscire di nuovo- la informò, sviando la conversazione – devo vedermi con Chris, gli aveva promesso di fare una partitella di basket-
-Ok tanto noi ci rilasseremo senza di te, tranquillo-.
 
Cory non era un uomo ingenuo: se c’era una cosa che aveva capito in vita sua era che le donne erano terribilmente sospettose e possedevano un radar per scovare le bugie e i tradimenti.
Sarebbe stato troppo sospetto se avesse chiesto a Jon di aiutarlo in quella difficile e pericolosa missione. Comprare a Lea un anello. Così il canadese aveva ripiegato sul buono e fidato Chris Colfer.
-Allora Cory andiamo?- Christopher saltò dentro l’auto in tuta, mettendo sul sedile posteriore il borsone della palestra.  
Nemmeno a lui Cory aveva svelato le sue reali intenzioni: sapeva che Chris non avrebbe resistito e avrebbe spifferato a Lea il suo piano dopo cinque secondi.
Il canadese imboccò una curva, superando la palestra.
-Ehi Cor che combini?- il ragazzo lo guardò con sospetto.
-Niente…- Cory si godette l’effetto di quella suspense prima di rivelare tutto all’amico –solo che oggi non andremo a giocare a basket. Sei il mio fidato complice in una missione-
-Cioè?-
-Cioè voglio chiedere a Lea di sposarmi-.
-CHE COSA?!- l’urlo di Chris fu così forte che Cory inchiodò di colpo.
-Ma sei fuori a urlare in questo modo? Cavolo Chris che ti prende?-
-Oh mio Dio!- Christopher era rosso in volto e stava iper ventilando: sembrava sotto shock.
-E me lo dici così? Cory non sono notizie che si danno con leggerezza!- lo rimproverò, ma il suo sorriso lo tradiva. Si slacciò la cintura e abbracciò stretto l’amico.
-E quando l’hai deciso? Insomma non ti facevo il tipo da matrimonio!-.
Cory rise di cuore.
-Beh in pratica questa notte, in teoria credo dal momento esatto in cui ho incontrato Lea-
-Awww sei così dolce Cor. Però prima dobbiamo tornare a casa mia, se devo aiutarti a scegliere l’anello per Lea non posso farlo in tuta!-.
 
Chris non prese tempo e assunse con velocità, e entusiasmo, sorprendente il suo nuovo ruolo di  wedding planner.
Aveva una specie di luce maniacale negli occhi che incuteva parecchio timore a Cory.
-Oh cielo vorrei che ci fosse anche Will. Cory Monteith che si sposa finalmente! Sono finiti i tempi che cambiava ogni settimana ragazza…- lo prese in giro Chris, tentando di scattargli una foto.
Il canadese arrossì violentemente nel ricordare il suo passato: in effetti solo con Lea aveva sperimentato il vero amore, cercava di essere un uomo migliore per lei. Voleva davvero stupirla e dimostrale tutto il suo amore. Prima di lei aveva avuto molte ragazze, soprattutto durante l’adolescenza era quel tipo di ragazzo che viveva solo l’avventura di una notte. Ma stare assieme a Lea per lui era la cosa più facile del mondo. E sperava che anche comprarle l’anello sarebbe stato facile.
-Forza ragazzone andiamo da Vogue!-  Chris trascinò Cory in una delle vie più ricche e costose di Los Angeles, alla gioielleria Vogue.
-Vogue?- Cory era perplesso –pensavo esistesse solo Vogue la rivista-
-Oh dannazione Cory, dovresti passare più tempo con me e le ragazze!- il ragazzo sorrise –Lea si merita il meglio no? Quindi sceglierai per lei l’anello più bello dell’intero negozio-.
Cory aveva molto fiducia nei consigli di Chris: sapeva ogni cosa riguardante i matrimoni e gli anelli, compresa la misura del dito di Lea. Il ragazzo e la commessa del negozio coinvolsero Cory nel loro folle mondo di wedding planner e gli mostrarono decine di anelli, elencando per ognuno i pregi. Cory era così confuso che gli venne persino mal di testa. Se scegliere l’anello era così complicato figuriamoci organizzare il matrimonio!
Alla fine la scelta ricadde su un anello di Cartier Solitarie con un diamante al centro. Quando la commessa raggiante mostrò a Cory il prezzo, il ragazzo sbiancò: costava più di quattromila dollari ma per Lea avrebbe speso qualsiasi cifra.
 
-Ora dobbiamo solo organizzare la proposta di matrimonio perfetta!- gli occhi di Chris brillarono.
-Scusa dobbiamo?- Cory scosse la testa divertito. Forse aveva fatto un grande errore nel coinvolgere il suo amico gay nella preparazione delle sue nozze.
-Si. Insomma non so se avevi già qualcosa in mente… credo che Lea in ogni caso di direbbe di si anche se le facessi la proposta in pigiama-.
-Veramente?-
-Certo- Chris roteò gli occhi scherzi Cor? Quando io e lei ci facciamo i nostri discorsi lei è tutta “Cory mi ha fatto quello… Cory mi ha regalato quello… non è dolce il mio Cor?”-.
Al canadese gli si gonfiò il petto d’orgoglio: per due anni aveva cercato di essere l’uomo perfetto per Lea, e il fatto che lei lo amasse così tanto e che si sentisse amata e desiderata significava tutto per lui.
-Mi puoi dare una mano però Chris. Anzi mi servirebbe una mano da tutti, compreso Jon. Voglio davvero lasciare Lea senza parole-.


E finalmente siamo arrivati alla parte romantica della storia. Questo è uno dei miei capitoli preferiti in assoluto... ma ditemi quandto è patatoso Cory quando chiede a Marc il permesso per sposare Lea? Quanto? Mi mancano davvero tanto i Monchele e le loro smancerie. <3
Allora il link per questo capitolo è "The Only Exception".
Il prossimo capitolo verrà pubblicato sabato prossimo, 12 SETTEMBRE.
FrancyF
 

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Capitolo 11
*** I Just Can’t Stop Loving You ***


Cory passò i giorni seguenti a organizzare la proposta di matrimonio perfetta.
Voleva ritornare alle origini: avrebbe chiesto la mano di Lea nel posto in cui si erano incontrati per la prima volta, negli Studios della FOX. Aveva capito fin da subito che era la donna giusta per lui e non pensava ad un posto migliore per farle la proposta.
Chris e Jon aiutarono molto Cory nella preparazione, e nel giro di mezza giornata tutti quelli che lavoravano in “Glee” sapevano delle intenzioni di Cory. Persino Ryan si offrì di liberare prima gli Studios per fare preparare tutto in tempo.
Il canadese aveva preparato la giornata nei minimi dettagli.
 
Lea sollevò pigramente le palpebre e la luce del sole la accecò.
Era già mattina, ma non molto presto perché la luce del sole inondava la stanza. Si stiracchiò e allungo un braccio in cerca di Cory. Non lo trovò. La brunetta sbuffò: certo, era il suo compleanno. Oggi compiva ventisette anni e, probabilmente, il suo meraviglioso ragazzo le stava preparando la colazione.
Come aveva fatto l’anno prima.
Sorrise e uscì dal letto, dirigendosi in cucina, seguendo il profumo del bacon e dei pun-cake.
Come aveva previsto, Cory era lì, davanti ai fornelli che cucinava uova e bacon. Il tavolo della prima colazione era già apparecchiato:  un mazzo di rose, succo d’arancia, pun-cake ai mirtilli, toast alla francese e muffin al cioccolato.
A Lea si sciolse il cuore: aveva un ragazzo straordinario.
-Oh Cor non dovevi, lo sai-.
Nel sentire la voce della ragazza Cory si voltò.
Le rivolse il suo mezzo sorriso, prima di andare verso di lei e darle il bacio del buongiorno.
Lei gli accarezzò il viso, sporcandosi di farina.
-Non essere stupida amore- le fece l’occhiolino –certo che dovevo. Te lo meriti. E’ il tuo compleanno. In più sono stato un fidanzato terribile il mese scorso, quindi devo recuperare-.
Era la prima volta che Cory accennava alla riabilitazione, Lea si limitò ad abbassare lo sguardo per un secondo per poi sedersi al tavolo, in grembo a Cory.
-Ti amo Mr. Monteith. Grazie, davvero mi fai sentire come la ragazza più fortuna al mondo-.
Cory sorrise sotto i baffi, baciandola: se la pensava così adesso non vedeva l’ora di vedere la sua reazione quella sera.
-Beh ho programmato il tuo compleanno in ogni minimo dettaglio-
-Non avevo dubbi amore-.
 
-Ancora? Dio Cory così è troppo!- Lea rimase letteralmente senza fiato: Cory l’aveva bendata e portata agli Studios, dove li attendeva una romantica cena a lume di candela.
Il ragazzo non potè fare a meno che stringerla a se: gli era grato per il suo entusiasmo, d’altronde lui ci aveva lavorato per due giorni interi!
-Sei stato troppo dolce Cory, davvero- Lea gli fece assaggiare una forchettata dei suoi spaghetti, e sorrise vedendo che il ragazzo si era sporcato di sugo.
-Non sai che salti mortali ho dovuto fare- Cory si pulì la bocca con il tovagliolo –ho praticamente dovuto pregare in ginocchio Ryan per avere  il permesso-.
Si fermò un attimo a guardarla: l’avrebbe giurato davanti al tribunale di Dio stesso, quella donna era troppo perfetta per essere vera. Agli occhi dei fans e dei media la loro relazione era perfetta e indossabile, ma non era sempre stato così. Avevano avuto anche loro il loro momento di crisi, lo scorso aprile quando Cory aveva confessato a Lea la sua ricaduta, e anche lo scorso luglio la litigata si era ripetuta.  Però l’ultimatum aveva fatto bene a Cory e Lea, era chiaro che entrambi volevano lottare per il loro amore.
 
-Allora non ti fa venire in mente niente questa stanza?- Cory rivolse alla ragazza un sorriso furbo, stringendole la mano, come se volesse impedirle di andarsene.
O di cambiare argomento di conversazione.
-Certo che lo riconosco- Lea sbatté le ciglia, attirò a se’ Cory, e lo baciò –è dove ci siamo incontrati per la prima volta, tu continuavi a guardare il pavimento invece che la mia faccia-.
Il canadese arrossì e fissò, nuovamente, il pavimento.
Era così nervoso che iniziò a sudare, lasciò andare la mano di Lea e se l’asciugò, frettolosamente, nella camicia.
-Ero nervoso! Insomma, tu eri una star di Broadway e io venivo  dal Canada…-.
Se possibile, il sorriso della brunetta lo rese ancora più agitato.
Fece un respiro profondo.
-Cor… che hai sta sera? Sembri strano. Te l’ho detto la sorpresa mi è piaciuta. Siamo stati bene-
-Si… beh sono solo un po’ nervoso. Devo dirti una cosa. Una cosa importante-.
Il cuore di Lea accelerò. Da quando erano tornati alla loro vita di tutti i giorni ogni notte pregava Dio affinché aiutasse Cory a resistere, a restare pulito. Mai e poi mai Lea lo avrebbe voluto rivedere tremante in un letto, ne tanto meno ridotto in cenere dall’eroina stessa. Aveva paura per lui. Aveva paura che ci fosse ricascato. Un’altra dannata volta.
Fissò Cory in volto: era bianco come un lenzuolo e aveva uno sguardo indecifrabile.
Il canadese prese il silenzio della ragazza come un monito per andare avanti.
Si fece coraggio.
-E’ da un po’ di tempo che devo dirtelo in effetti, ma non sapevo come fare. Come trovare le parole giuste. Per tutta la vita ho cercato di trovare la felicità in qualcos’altro, in qualcosa di sbagliato come la droga. Non mi sentivo accolto, protetto, non stavo bene. Poi ho incontrato te, ed è cambiato tutto. Hai davvero rivoluzionato il mio mondo. Lo sai ormai, dico sempre che quando non ci sei, quando sto tornando a casa da te penso che la mia vita presto migliorerà. E vuoi sapere perché? Perché ti vedrò, starò con te. Ogni volta che ti vedo mi si accende una luce dentro. Senza di te sarei morto a quest’ora, mi hai dato la pace che nessun’altra mi aveva mai dato. E ti ringrazio infinitamente per questo. Io ecco, dopo tutto quel casino che ho combinato, sento che non posso più vivere senza di te, senza dimostrare al mondo che ti amo, che sei mia. Quindi ecco…- Cory si inginocchiò, estraendo dalla tasca la scatoletta contenente l’anello –Lea Michele Sarfati mi faresti l’onore di diventare mia moglie?-.
Fu come se il mondo di Lea avesse smesso di girare. Come se il sangue avesse smesso di fluire al cervello.
Rimase senza fiato.
Cory le aveva appena chiesto di sposarlo? Eppure lui non era affatto il tipo da matrimonio. Certo, ne avevano parlato diversi mesi fa, però dopo tutto quello che era successo… pensava che ci volessero anni a Cory per farle la proposta, e invece…
-Io… io…- cercò di articolare una risposta ma sembrava che i dati non arrivassero al cervello –io… certo che ti voglio sposare! Si, Cory, si!-.
Lea era così felice che si gettò fra le braccia di Cory, facendolo quasi cadere per terra. Il ragazzo la strinse a se’ e la fece girare in aria
Si baciarono con passione, finchè non ebbero più fiato.
-Ti amo Mr. Monteith-
-Ti amo anch’io futura Mrs. Monteith- Cory le sorrise, mentre le infilava l’anello al dito.
Era la prima volta che si riferiva a Lea in quel modo, e gli piacque subito.
-Grazie per l’anello, è splendido-
-Mi ha aiutato Chris a sceglierlo- ammise lui –da solo avrei fatto un casino-.
Lea lo fissò per un secondo: ancora non riusciva a credere al suo gesto, a quanto il suo uomo fosse così meraviglioso.
-Che c’è? Mi guardi in un modo strano…-
-E’ solo che sei davvero affascinante questa sera- la ragazza si morse il labbro –e credo che questo tua gesto vada ricompensato in qualche modo-.
 
-Credo che quello che abbiamo fatto infranga in ogni modo possibile la regola di Ryan riguardo al sesso nei trailer- Cory si allacciò la cintura dei pantaloni, mentre Lea era alla ricerca delle sue scarpe.
-Si, lo credo anch’io. Però non lo abbiamo fatto nei trailer, ma dentro gli Studios perciò non vale. Ma non lo saprà quindi non ne soffrirà nemmeno- la brunetta si infilò una scarpa.
Cory rise di gusto.
-Sei malvagia- le porse l’altra scarpa scomparsa e ne approfittò per baciarla nuovamente, lasciandole un succhiotto sul collo.
-Si lo sono. Ma tu sei anche incapace di dirmi di no- Lea lo prese per mano –andiamo a casa? Sono stanca-
-Certo-.
Uscirono nell’aria fresca della notte, tendendosi per mano, incapaci di staccarsi gli occhi di dosso o di sussurrarsi parole dolci, inframmezzati da brevi baci. Non ebbero neanche il tempo di arrivare al parcheggio che si ritrovarono davanti a tutto il cast di “Glee”.
I due ragazzi erano esterrefatti.
-Allora?- Chris si sgomitò per arrivare davanti a loro: aveva gli occhi che luccicavano.
-Allora cosa?- Lea era confusa. Ma che diavolo ci facevano tutti lì fuori? Avevano aspettato tutta la sera solo per incontrarli?
-Allora cosa? Cavolo ragazzi!- Amber sbuffò.
-Lea cosa ha risposto?- Dianna li rivolse uno sguardo raggiante.
-Oh- i due ragazzi si scambiarono un dolce sguardo d’intesa che non lasciava dubbi.
Solo quei pazzi dei loro amici stavano svegli sino all’una del mattino per avere la notizia del loro fidanzamento ufficiale.
-Beh che altro avrei potuto dire…- Lea fece una pausa, catturando l’attenzione di tutti- si!-.
L’ultima parola fu soffocata dagli strilli di gioia del cast, e presto sia Lea sia Cory si ritrovarono stretti in una grande abbraccio collettivo.
Ryan non volle sentire discussioni e trascinò tutti dentro gli Studios per una festa improvvisata. Darren e Blake furono spediti da Starbuck e tornarono mezz’ora dopo con caffè e dolci per tutti.   
-Ok vogliamo sapere tutti i dettagli della proposta!- Chris e le ragazze attorniarono Lea e Cory. La brunetta era fiera di mostrare l’anello agli amici, non smetteva di sorridere nemmeno per un secondo.
-E’ stato molto dolce, come sempre- Lea rivolse a Cory uno sguardo piano d’amore e lo baciò teneramente.
 
-Sono stato bravo a sorprenderti vero?- Cory sorrise soddisfatto, facendo l’occhiolino alla sua futura moglie.
Lui e Lea giacevano stesi sotto le coperte, abbracciati, incapaci di prendere sonno dopo una giornata come quella. Le loro menti dovevano ancora assorbire tutti i dati necessari, era così surreale. Cory non sapeva nemmeno dove aveva trovato il coraggio per fare una cosa simile.
-Si sei stato molto bravo!- si complimentò lei, baciandolo.
Ancora non riusciva a credere che stava per sposare l’uomo dei suoi sogni.
-Aspetta che lo sappiano i miei genitori!-
-Oh ma lo sanno già- la informò Cory con un sorriso sornione in volto: per una volta era lui quello in vantaggio su Lea.
-Come?-
-Perché prima ho chiesto il permesso a tuo padre e lui l’avrà detto sicuramente a Edith. In effetti credo che solo la mia famiglia non lo sappia, mia madre uscirà di testa-
Lea rise, immaginandosi la scena.
-Sei stato straordinario Cor, davvero- la brunetta sbadigliò assonnata. Tra la serata romantica e quei pazzi dei loro amici avevano fatto le quattro di mattina.
-Dormi amore dai- Cory le spostò teneramente una ciocca di capelli dal viso e la strinse a se, sussurrandole che l’amava.
Si sentiva l’uomo più fortunato al mondo.



Oh eccoci finalmente arrivati ad un capitolo romantico... quanto vorrei che tutto questo si fosse realizzato!  <3
Comunque la canzone di questo capitolo è
"I Just Can't Stop Loving You"  che io adoro alla follia sia cantata da Glee sia da Michael Jackson, le parole sono stupende e rispecchiano proprio l'amore dei nostri Monchele.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e intanto vi auguro un felice rientro al lavoro/università/scuola. ;D
Ci vediamo sabato prossimo, SABATO 18 SETTEMBRE.
FrancyF
 

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Capitolo 12
*** In My Life ***


Per tutta la mattinata il telefono e i cellulari di Lea e Cory non smisero un attimo di squillare e vibrare. Tutti loro famigliari, amici e conoscenti volevano fare loro le congratulazioni. La notizia si era diffusa così in fretta che fu un miracolo se nessuno degli sciacalli di Hollywood ne fosse venuto a conoscenza.
-Oh cavolo non di nuovo!- Cory sospirò assonnato, allungando un braccio in cerca del cellulare sul comodino.
Lea mugugnò qualcosa al suo fianco e si girò dall’altro lato del letto, cercando di prendere sonno.
-Mamma che c’è?- sussurrò il ragazzo, guardando sconsolato fuori dalla finestra: era appena l’alba ma sua madre era così eccitata dalla notizia del fidanzamento che era dalla scorsa sera che continuava a chiamarlo, infischiandosene altamente della differenza di fuso orario.
-Ti ho svegliato amore?-
-Beh si. Sono le sei del mattino, stavamo dormendo- il ragazzo sottolineò con enfasi l’ultima parola, sperando che sua madre non la tirasse tanto per le lunghe.
-Mi manca sentire la voce del mio Baby Bear tutto qui-.
Il nervosismo di Cory evaporò nel sentire quelle parole: non si rendeva conto di quanto effettivamente mancava a sua madre. Anche a lui lei mancava parecchio. Era il suo piccolino e si stava per sposare, era normale che chiamasse ad ogni ora del giorno e della notte.
-Mi manchi anche tu-
-Allora mi vuoi spiegare per bene come hai chiesto a Lea di sposarti? Soprattutto perché non mi hai detto niente?-.
Il canadese arrossì.
-Mamma insomma ho fatto le cose un po’ di fretta, glie lo chiesto e basta-
-Si ma sei stato un gentiluomo vero? Ho faticato per educarti al meglio con le donne lo sai-
Cory scosse la testa, divertito: adorava sua madre.
-Tranquilla mamma, io e Lea stavamo pensando di venire da te fra due o tre giorni, te l’avevamo promesso. Potrai verificare di persona così-.
Spense l’I-phone e si sdraiò accanto a Lea, stringendola fra le braccia, appoggiando la testa nell’incavo del suo collo per sentire il suo profumo.
-Cor che fai?- mugugnò lei nel dormiveglia.
-Niente… vuoi che ti prepari già la colazione cucciola?-
-No stai un po’ con me. Dormiamo-.
Cory la baciò in testa e sorrise, appoggiando la testa sul cuscino.
Dopo pochi minuti era caduto in un sonno profondo.
 
Le ultime giornate d’estate si susseguirono con un ritmo lento e piacevole: le riprese della quinta stagione di “Glee” erano appena iniziate e già l’ansia e l’eccitazione dei fan aveva raggiunto livelli maniacali, Lea continuava a lavorare al suo album e al suo libro, Cory stava valutando varie offerte lavorative per qualche nuovo film. Era da pazzi imbarcarsi in un altro progetto, eppure, Cory non si sorprese quando, una mattina, tornando dalla solita passeggiata pomeridiana con Pearl, trovò Lea, Chris, Jon e le ragazze impegnati a sfogliare dei book per l’organizzazione del matrimonio.
-Ehi-
Nessuno dei presenti lo degnò di uno sguardo.
Il ragazzo ebbe la netta sensazione che quello a cui stava assistendo fosse il primo di tanti futuri incontri.
 
-Ehi Cor- Lea lo aveva cercato per tutta la casa e, finalmente, lo trovò sdraiato sul divano, davanti ad una partita di hockey.
Si sistemò sul suo grembo e gli depositò un leggero bacio sulle labbra.
-Il mio ragazzo si è sentito trascurato oggi?- scherzò lei.
Dopo tutto erano già le otto di sera e la squadra improvvisata di wedding planner di Lea se ne era appena andata.
-In effetti si, un pochino- Cory sorrise a sua volta, facendo cozzare i loro nasi –ma credo che a questo si possa rimediare con del sano sesso-.
La brunetta rise e lo baciò con passione. Le mani di Cory si erano appena intrufolate sotto la maglietta di Lea, sopra i suoi seni, quando furono interrotti dallo squillo del cellulare.
-E’ il mio- Lea sbuffò alzandosi per rispondere.
Era sua madre.
A Cory bastarono pochi secondi per capire che qualcosa non andava.
Lea non aveva una bella espressione mentre parlava con sua mamma. Il ragazzo le lanciò uno sguardo interrogativo, ma in tutta risposta grosse lacrime iniziarono a rigare il volto della fidanzata.
Prese il telefono dalle mani di Lea per avere delle risposte.
-Edith che è successo?-
-Oh Cory ciao- anche la donna era in lacrime –si tratta di Jude. E’ morta, è morta stamattina-.
Il cuore del canadese fece un tuffo.
No. Nonna Giuditta non poteva essere morta. Non adesso, diavolo Lea l’aveva chiamata appena la sera prima e stava bene!
-Come… non è impossibile l’abbiamo sentita ieri!-
-Lo so caro- Edith fu scossa dai singhiozzi –oh Cory ti prego porta la mia bambini qua d’accordo? Dovete salutarla, mamma vi voleva bene, a tutti e due-
-Certo, partiamo domani mattina presto… io…io…. arriviamo il prima possibile-.
Cory si sedette sul pavimento del salotto, stringendo Lea a se’. Era incapace di fare altro mentre il suo cervello stava ancora elaborando gli ultimi attimi che aveva vissuto: nonna Giuditta era morta. Sebbene avesse già novantanove anni a Cory, e a Lea, ancora di più sembrava in forma. Molte volte i parenti di Lea aveva scherzando dicendo che non sarebbe mai morta, e che avrebbe danzato sulle loro tombe intonando “Hey Jude” dei Beatles. Eppure…
Lea nascose il volto nel petto di Cory e si lasciò andare al dolore. Era surreale. Dopo tutto quello che lei e Cory avevano superato assieme in quell’ultimo anno, ora il destino, ritornava a perseguitarli. Le aveva strappato il membro più importante, la colonna portante, della sua meravigliosa famiglia.
-Cory… voglio andare dai miei genitori... voglio vederla prima che la portino via…-
-Certo dolcezza, faccio tutto io… tu… ti va del thè intanto?-.
Cory non ebbe il coraggio, o la forza, di negare niente alla sua donna. La fece sdraiare sul divano, mentre lei era ancora sotto shock, scossa dai suoi singhiozzi, e le preparò del thè per calmarla. Poi mise in una valigia dei vestiti alla rinfusa, lasciò un veloce messaggio a sua madre, chiese a Jon se poteva occuparsi di Sheila e Pearl, e prese i documenti.
Per tutto il viaggio in aereo Lea continuò a piangere, finchè non cadde in un sonno agitato in grembo a Cory.
Lui, invece, non chiuse occhio.
Voleva stare sveglio per lei: Lea aveva fatto di tutto per lui, era stata straodinaria. L’aveva amato e supportato anche quella dannata notte in ospedale, le era immensamente grato. E allora? Perché l’universo o Dio volevano farla soffrire ancora? Perché proprio adesso? Per un breve periodo di tempo a Cory sembrava di averle restituito la tanto meritata felicità: le aveva chiesto di diventare sua moglie, cercava di rimanere pulito per lei, tutto sembrava andare per il verso giusto. Ma adesso tutto si era di nuovo infranto sotto i loro occhi. Si sentiva impotente: la sua donna non aveva sofferto abbastanza?
 
-Oh Dio ragazzi grazia al Cielo siete qui!- Edith li abbracciò in lacrime.
Lea si precipitò in camera della nonna, per darle l’ultimo saluto mentre Cory si sedette sul divano in salotto, attorniato dai parenti della fidanzata. Sebbene le circostanze erano molti tristi, tutti gli fecero le congratulazioni per il fidanzamento con Lea, e al canadese si riempì il cuore di gratitudine: Lea aveva davvero una famiglia meravigliosa.
-Cory vuoi entrare a salutarla?- il volto scarno e pallido di Edith accennò un minuscolo sorriso.
-Cosa?- Cory era sorpreso.
-Ti voleva bene mamma. Anche se ti chiamava Finn, diceva che trattavi Lea come un gentiluomo. Sono sicura che a lei farebbe piacere-.
Il ragazzo si alzò titubante e entrò nella stanza.
Nonna Jude era distesa sul letto, vestita elegante, sembrava dormisse. Lea le stringeva la mano mentre continuava a ripeterle che le voleva bene.
-Ehi-
Nel sentire la voce di Cory, la ragazza si voltò: aveva il volto pieno di lacrime e gli occhi arrossati, però sembrava più serena.
Il canadese la strinse a se’ mentre accarezzava delicatamente una mano rugosa di Jude.
Si sentiva un po’ a disagio nell’interrompere un momento così personale per Lea. Tuttavia a lei sembrava non dare fastidio la sua presenza.
Stettero lì, stretti l’uno all’altra per parecchi minuti, poi uscirono, rivolgendo un ultimo sguardo affettuoso alla nonna Giuditta.
 
I due giorni che precedettero il funerale furono terribili.
Lea passava la notte a piangere, stretta a Cory che non sapeva bene come gestire tutta quella situazione. I suoi nonni erano molti quando lui era molto piccolo e, nella sua famiglia, non c’erano stati lutti recenti. Si sentiva impotente davanti al grande dolore della morte, non voleva che tutta quella sofferenza annientasse Lea. Lei era stata la sua roccia per mesi, e adesso era lui a dovere essere forte per lei.
- Lea dorme ancora?- Marc e Edith misero nel piatto di Cory uova e bacon, e si sforzarono di sorridere.
-Si, si è addormentata verso le tre di notte- il canadese si concentrò sul cibo nel piatto: si sentiva in imbarazzo essendo l’unica persona “esterna” alla famiglia, soprattutto con Edith.
Sospirò pesantemente.
-Mi dispiace così tanto-.
Edith e Marc lo fissarono.
-Insomma.. io… io… Edith non posso neanche immaginare cosa significa perdere la propria madre. Ed è tutto così ingiusto, insomma avremo dovuto tutti essere felici. Lea avrebbe dovuto essere serena-
-Tesoro non devi sentirti in colpa d’accordo?- Edith si asciugò in fretta una lacrima –mamma era vecchia ma è molta felice. Era così felice per te e per Lea, continuava a ripetere che la trattavi come un vero gentiluomo. Passerà anche questo, supereremo anche questo. Assieme-.
A Cory vennero le lacrime agli occhi nel sentire Edith pronunciare quelle parole: era così grato, l’avevano accolto come un figlio.
Si alzò e li abbracciò stretti. Sentiva di doverlo fare, e cercò di metterci tutte le cose non dette.
-Ehi-  Lea comparve in cucina: indossava per pigiama una delle vecchie magliette di Cory, e dai suoi occhi rossi e gonfi si capiva che aveva appena pianto.
-Qualcuno ha bisogno di un abbraccio?-.
Lea accennò un debole sorriso e si strinse a loro.
-Ok ragazzi- Marc gli sorrise, commosso -qualunque cosa succeda voglio solo che sappiate che noi vi staremo sempre vicino chiaro?-.
 
Il funerale fu una cerimonia molto breve ma commovente. Lea e  suoi genitori insistettero affinché Cory sedesse con loro, in prima fila.
Lea stette tutto il tempo stretta al suo fidanzato: sentiva che se l’avesse lasciato, anche solo per un minuto, sarebbe andata in pezzi. Non riusciva ancora a capacitarsi che tutto quello era vero, che la sua adorata nonna era morta, lasciandola sola e affranta. Per una manciata di secondi, durante la funzione, pensò a come sarebbe potuto essere se Cory non si fosse ripulito. Ora ci sarebbe potuto essere lui al posto di nonna Jude e solo quel pensiero faceva precipitare la ragazza nel panico: non voleva diventare vedova ancora prima di sposarsi, senza Cory la sua vita non avrebbe avuto più senso.
 
-Ti volevo solo ringraziare-
Lea e Cory erano seduti vicini sul volo di ritorno per Los Angeles.
-Per cosa?- Cory le rivolse il suo mezzo sorriso, alla quale Lea rispose con un tenero bacio sulla guancia.
-Per tutto- lei gli si strinse ancora più vicino.
Se in quei giorni terribili non era crollata era solo grazie a lui, al suo uomo.
-Non essere sciocca amore, sono io che ti dovrei ringraziare per tutto. Mi hai salvato-.
Cory aveva detto quella frase quasi senza pensarci però racchiudeva una verità assoluta. La baciò con passione, sentendosi di ringraziare quella donna così piccola ma così forte che l’aveva sostenuto in tutti quegli anni.
Sarebbe stato fiero di poterla chiamare moglie.


Questo è un capitolo un po' tragico, lo so, e mi si è spezzato il cuore mentro scrivevo della mitica nonna di Lea.  Però volevo che questa storia avesse anche delle sfumature più "reali" e non fosse solo una tiritera romantica. Spero abbiate apprezzato.
Il link per questo capitolo è "In My Life".
Ci vediamo sabato prossimo, SABATO 26 SETTEMBRE.
FrancyF

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Capitolo 13
*** You're Having My Baby (Godson) ***


Fortunatamente l’aura di tristezza dovuta alla morte dell’amata nonna Jude non si assopì per molto tempo nelle vite di Cory e Lea.
Los Angeles, sebbene per entrambi non eguagliava ne’ New York ne’ Vancouver, aveva un grande pregio: li teneva impegnati e teneva la mente di entrambi occupata.  Tra le riprese della quinta stagione di “Glee” e i preparativi del matrimonio non avevano un minuto libero. Inoltre non avevano ancora rivelato alla stampa la notizia del loro fidanzamento. La loro vita era già complicata di per se, e dovevano passare già parecchio tempo a evitare i paparazzi o a cercare di essere sempre cordiali con loro. Lea teneva gelosamente l’anello di fidanzamento nel cassetto del comodino per non destare sospetti. Molte volte i paparazzi li avevano tormentati con domande come “Ma a quando le nozze?” oppure “Cory farai come Finn e chiedere a Lea di sposarti?”. Lea dava risposte molto vaghe, mentre Cory arrossiva e si limitava ad ignorare i giornalisti. Ma tutti i fan si ricordavano perfettamente la famosa frase “Save the date for our wedding”, e sia Cory sia Lea non potevano fare altro che aspettare il momento giusto per dirlo al mondo, per mostrare al mondo quanto era epico il loro amore.
Cory sorrise alla vista della foto che aveva appena incorniciato: lui e Lea sorridenti e abbracciati l’uno all’altra mentre lei mostrava con orgoglio l’anello di fidanzamento. Glie l’aveva scattata Darren quella foto e il canadese l’aveva immediatamente fatta stampare e incorniciare, prendendo seriamente la frase che aveva pronunciato la sua futura moglie; ora aveva veramente una foto in ricordo del giorno in cui lui le aveva chiesto di sposarlo. Anche se per la questione del “save the date” c’erano stati parecchi battibecchi al riguardo: continuavano a cambiare data per un motivo o per l’altro.
-Ehi Cor- Lea gli mise le mani sugli occhi, comprendoni e lo baciò sulla guancia prima di liberarlo dolcemente dal suo abbraccio e di posare i suoi acquisti sul letto.
-Ehi piccola- lui gli sorrise, e il suo sorriso si allargò ancora di più nel vederla serena e spensierata –hai comprato molto con tua madre?-.
-No, non molto-.
Cory posò lo sguardo sul letto, dove giacevano otto o nove borse di vestiti o scarpe.
Questo non rientrava nella sua definizione di “non molto”, ma d’altronde Lea era un donna.
-Guarda cosa ho fatto- il ragazzo porse orgoglioso a Lea la foto incorniciata: in quelle settimane erano successe così tante cose che la proposta sembrava appartenere a secoli fa, o forse era solo il destino, il fatto che anche se lei e Cory stavano assieme da due anni le sembrava di conoscerlo da tutta una vita.
-E’ splendida tesoro, davvero, devo inviarne una copia ai miei genitori e a tua madre- la ragazza svuotò il contenuto delle buste sul letto: erano quasi tutti vestiti e accessori per neonati.
-Oh cavoli Lea! Ma che hai fatto svaligiato un negozio?- Cory cercò di fare un rapido calcolo mentale della spesa.
-Sono per il bambino di Heather- si giustificò lei.
-Beh l’ultima volta che l’abbiamo sentita ne aspettava uno non otto- Cory si grattò la nuca, pensieroso – mi spieghi questa faccenda di padrino e figlioccio?-.
Lea sospirò: Heather e Taylor aveva deciso che lei e Cory sarebbero stati la madrina e il padrino del loro piccolo. Era davvero grata ai suoi amici per la loro scelta, per lei era un regalo immenso.
-Non è così complicato Cor. Per i cristiani il padrino e la madrina equivalgono a dei genitori di scorta, legalmente siamo i tutori del piccolo. Non vedo l’ora che nasca-.
Cory sorrise nel vederla così emozionata.
-Già neanche io, sarà divertente vederlo crescere. HeMo e Tay sono stati gentili-
-E a noi toccherà ricambiare- il sorriso di Lea si allargò ancora di più – insomma quando avremo un figlio nostro saranno loro il padrino e la madrina.
Il cuore di Cory mancò  un battito nel sentirle dire quelle parole: un figlio nostro.
L’aveva detta in un modo così naturale, come se fosse lì, nell’immediato futuro. Era logico, Lea ormai aveva ventisette anni, era in quel periodo della vita in cui sentiva il ticchettio dell’orologio biologico, le sue amiche stavano avendo figli. Ma lui? Cory non si sentiva pronto per un figlio, anzi era terrorizzato al solo pensiero. Per grande parte della sua vita c’era stato solo lui, uno scapolo impertinente che non aveva alcuna intenzione di trovare la ragazza giusta, ma poi era arrivata Lea, e il pensiero di formare una famiglia con lei lo faceva sorridere. Non era forse anche per quello che le aveva chiesto di sposarla? Per poi avere dei figli? Cavoli ma non aveva idea che Lea ci stesse già pensando, erano ancora giovani dopotutto.
-Si beh tempo al tempo. Non so neanche se sarò in grado di fare il padrino-
-Oh Cor non essere ridicolo!- Lea gli si mise in grembo, mettendogli le braccia intorno al collo, e gli lasciò un delicato bacio sulle labbra –sarai un bravo padrino e anche un bravo padre-
-Vuoi già dei figli perché sai come la penso a riguardo, siamo giovani-.
Lea sospirò.
-Cory sono seria, lo hai sempre saputo che voglio una famiglia numerosa. Però dopo il matrimonio, anzi dopo “Glee”, fra due anni. Cielo adesso sarebbe impossibile stare dietro ad un neonato-.
Il canadese tirò un sospiro di sollievo, per un attimo aveva temuto che Lea affrettasse troppo le cose: avevano bisogno entrambi di tempo, di tranquillità. Soprattutto volevano entrambi fare dei figli da sposati, era importante per Lea e Cory voleva assecondare questo suo desiderio.
 
La notizia arrivò in un torrido pomeriggio di fine settembre, mentre tutti erano impegnati nelle riprese della quinta stagione di “Glee”.
Brad e Ryan stavano dirigendo i ragazzi delle Nuove Direzioni in un numero tributo a Katy Perry, quando  sentirono lo squillo di un cellulare, e poi un altro, e un altro ancora.
-Oh dannazione!- Ryan sollevò le braccia al cielo –cosa cavolo sta succedendo? Ragazzi spegnate quei cosi almeno finchè stiamo girando va bene!?-.
-Oh mio Dio Heather ha partorito!- Naya lesse il messaggio e subito si levò un grande urlo di gioia.
-Sta bene?-
-E’ maschio o femmina?-
-Taylor è svenuto?-
-Cielo digli di mandarci una foto!-.
Per circa dieci minuti regnò solo il caos che quella meravigliosa notizia aveva dato. Persino Ryan sembrava aver dimenticato il suo ruolo di capo tinteggeremo, ma poi usò una frase che fece di nuovo calare il silenzio.
-Coraggio ragazzi, lo show deve andare avanti… o qualcosa del genere. Possiamo trattenerci almeno per oggi? Vedremo il nostro nuovo membro della famiglia domani. Rifate il numero un’altra volta prego-.
 
Lea e Cory non potevano essere più felici per i loro amici. La brunetta in particolare, non stava più nella pelle. Appena Heather le aveva inviato una foto del suo piccolo Elijah, Lea aveva comperato due allegre tutine per neonati e, ora, non vedeva l’ora di andare a casa Hubbel per conoscere il nuovo nato.
-Eccitata?- Cory sorrise nel vederla così entusiasta, dopo mesi di ansia e sofferenza sembrava davvero che la nascita di Elijah e il matrimonio avessero fatto tornare la luce nella loro vita.
-Si molto- lei gli diede un rapido bacio prima di accingersi a impacchettare gli ultimi regali.
 
-Oh mio Dio! Heather è meraviglioso!- Lea aveva quasi le lacrime agli occhi, stava stringendo il suo figlioccio ed era, seriamente il bambino più bello che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Elijah Cory Hubbel era nato il 28 settembre del 2013 ed era identico alla mamma: aveva soffici capelli biondi e grandi occhi verdi, e due guance rosee e paffute. Il piccolo indossava una tutina azzurra con la scritta gialla “Glee”, un dono che Ryan e David avevano fatto al piccolo e ai neo genitori.
Erano tutti seduti in salotto: Heather e Taylor su un divano e Cory e Lea, con in braccio il bambino, sull’altro. Dopo tre giorni in ospedale i ragazzi erano tornati a casa e le prime persone che avevano chiamato erano Cory e Lea. Volevano passare un po’ di ore in compagnia dei loro amici e , inoltre volevano che Elijah conoscesse il suo padrino e la sua madrina.
-Sul serio- Taylor baciò la compagna, mettendole un braccio dietro le spalle –hai fatto un capolavoro tesoro-.
Tenere in braccio un bambino, sentire il suo calore era qualcosa di straordinario per Lea, era il suo figlioccio e lei ci sarebbe sempre stata per lui. Adorava quella sensazione.
Solo allora capì quanto desiderasse essere mamma. Con Cory avevano deciso di aspettare, ma se fosse successo ne sarebbe stata felice. Sapeva per certo che Cory sarebbe stato un padre stupendo.
Gli porse il bambino. Cory lo prese delicatamente in braccio, era nervoso aveva già preso in braccio dei neonati, ma aveva paura di farlo cadere. Non era il massimo in coordinazione.
-Ciao piccolo, sono Cory, beh in realtà sono il tuo padrino, ma puoi chiamarmi Cor se vuoi. Volevo solo dirti che io e Lea ti vogliamo già bene lo sai?-.
Il piccolo emise un vagito, facendo sorridere tutti i presenti.
-Voi pensate a fare altri figli belli come questo- sorrise Lea – noi penseremo a viziarli-.
Non riusciva a staccare gli occhi di dosso a Cory e Elijah: c’era qualcosa di così dannatamente giusto nel vederli assieme, nel vedere la dolcezza del suo uomo con un bambino.
 
-Ehi tesoro possiamo… possiamo parlare un momento?- Cory deglutì nervosamente. Da quando aveva visto Elijah per la prima volta se ne era innamorato, si era ripromesso che mai e poi mai l’avrebbe abbandonato o l’avrebbe ferito. Il suo figlioccio era una ragione in più per non ricadere nella droga. Lui e Lea avevano parlato anche a lungo sul fatto di avere dei figli e sul quando averli. La nascita di Elijah aveva messo in discussione tutte le loro precedenti decisioni. Cory aveva scritto testamento in modo che, se a lui forse successo qualcosa un giorno, Lea e i loro figli avrebbe avuto un sostentamento.  Ma si era anche spinto oltre, proprio perché sapeva che Lea voleva la casa piena di piccoli e adorabili Monteith. E lui non voleva deluderla.
-Certo amore- Lea gli sorrise rigirandosi la tazza di thè fra le mani –è successo qualcosa?-.
La sua piccola mano si intrecciò subito a quella del ragazzo.
-No, tranquilla- la rassicurò lui – ti ricordi quando siamo andati all’ultimo controllo?-
-Si- lei annuì lievemente, i battiti del suo cuore aumentavano ad ogni parola del canadese.
-Beh io ho chiesto al medico di aggiungere un altro esame- Cory estrasse dalla tasta dei pantaloni dei fogli stropicciati –un test di fertilità-.
-Che?-
Ora Lea era decisamente confusa.
Cory arrossì come un bambino. Era così riservato e parlare di quel genere di cose, anche se Lea era la sua fidanzata, lo metteva a disagio.
-Eh solo che dopo che Hemo e Tay hanno avuto Eli, e che tu… ecco lo sai… abbiamo sempre detto entrambi di volere dei figli. E anche se non adesso, se dobbiamo ancora sistemare una paio di cose, volevo assicurarmi d riuscirci, di riuscire a farci diventare genitori. Lo sai che l’uso di droghe può anche compromettere questo genere di cose, quindi ho fatto il test ed è tutto apposto. -.
La brunetta sbatté le palpebre un paio di volte prima di riuscire ad afferrare il senso reale di quella conversazione: era una delle cose più strane ma anche più dolci che Cory avesse mai fatto per lei. Per il loro futuro assieme.
Si alzò dalla sedia e si sedette sul grembo di Cory, baciandolo dolcemente e gettandogli le braccia al collo.
-Sei davvero l’uomo più straordinario del mondo Mr. Monteith-
-Lo so- sorrise lui compiaciuto -ti posso dire anche con precisione il mio numero di spermatozoi se vuoi-
Lea esplose in una grossa risata.
-Ora non esagerare però-.


Nuovo capitolo gleeks!!!
Allora il link da associare al capitolo 13 è "You're Having My Baby". 
Molti voi mi hanno scritto per chiedermi se dopo questa storia ne pubblicherò un'altra... ma purtroppo la rispota è no, almeno per il momento. E' da molti mesi che scrivo su Glee e penso sia ora di cambiare soggetto e scrivere di altre mie passioni, comunqe vi terrò informati anche se adesso sono molto impegnata con l'università e il tirocinio quindi non sto scrivendo nulla di nuovo. Vi ringrazio tanto per le recensioni e l'affetto che mi continuate a dimostrare. 
Il prossimo capitolo verrà pubblicato sabato prossimo, 3 OTTOBRE.
FrancyF

 

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Capitolo 14
*** You Make Me Feel Like A Natural Woman ***


L’arrivo dell’autunno quell’anno sembrava procrastinarsi per sempre, Los Angeles continuava a essere avvolta da un clima tiepido che invogliava tutti i suoi abitanti ad uscire e a divertirsi.
Ormai Cory e Lea stavano acquisendo la loro nuova routine: tutte le mattine, dal lunedì al venerdì erano impegnati con le riprese della quinta stagione di “Glee”. Ryan sembrava non volesse mai farli riposare e pretendeva sempre il massimo da loro, soprattutto perché sarebbe stata la penultima stagione ed era ricca di cambiamenti. Il fine settimana Cory lo dedicava a tenere la mente ben impegnata e organizzava mille uscite con gli amici o le prove con i Bonnie Dune; mentre Lea si chiedeva nello studio di registrazione e ultimava “Louder” il suo primo album da solita. In più  i preparativi per il matrimonio incombevano su di loro e le famiglie di entrambi chiamavano ogni giorno per offrire il loro aiuto o qualche consiglio. E finalmente, dopo molte riflessioni, erano riusciti a stabilire una data: il 14 febbraio, il giorno di San Valentino.
Lea si alzava ogni domenica mattina alle sette e faceva una passeggiata mattutina fra i canyon di Los Angeles assieme a Jon, e qualche volta era riuscita a trascinare anche Cory fuori dal letto. Non smetteva mai di sorprenderlo: come faceva a stare tanta energia in un corpo così esile?
Fortunatamente, adesso, lo spettro della riabilitazione del ragazzo iniziava a farsi sempre più lontano, e anche la stampa e i paparazzi avevano smesso con le loro domande insistenti e inopportune.
 
-Ehi Cor come va?- Justin aprì la porta del piccolo studio di registrazione e accolse l’amico con un sorriso a trentadue denti.
-Bene grazie- il canadese non perse tempo e si mise subito alla batteria.
Lea non era la sola a lavorare ad un album: anche Cory e i ragazzi stavano perfezionando il loro ultimo EP “Miramar”.
-Che fa Lea? L’hai lasciata a casa?-
Nella mente di Cory si formò il vuoto: la sua futura moglie era così piena di impegni che non ricordava neanche dove fosse.
-Credo… credo che si in studio di registrazione anche lei-
-Credi?- Justin sorrise.
-Beh sai i preparativi per il matrimonio sono stressanti, siamo sempre impegnati, corriamo da un set all’altro.. cavoli…- Cory si grattò la barba, pensieroso. In effetti le parole di Justin l’avevano fatto riflettere: era da almeno dieci ore che non parlava con la sua futura moglie! Erano stati così dannatamente impegnati che non si concedevano un momento solo per loro due dalla scorsa estate. Anzi piuttosto erano secoli che Lea non si concedeva una giornata solo per lei.
Doveva rimediare.
Quella mattina Cory fece in modo di svegliarsi presto, e subito cercò con la mano Lea. Non c’era. Solo allora si ricordò che era domenica mattina e che la sua instancabile ragazza andava a fare la sua camminata assieme a Jon.
Si coricò nuovamente, ma finse di dormire aspettando il ritorno di Lea. E finse ancora di dormire anche quando lei si fece una doccia.
-Cor ma sei sveglio?- la voce divertita della ragazza lo fece destare.
-Come hai fatto a scoprirmi?- il labbro di Cory si incurvò nel suo famoso mezzo sorriso, era quasi deluso che lei avesse scoperto che stava tramando qualcosa.
-Beh non russi-
Lui sorrise, ammirando il corpo nudo della ragazza, e attirandola a se’: era così bella. Indossava solo l’accappatoio e aveva i capelli ancora bagnati.
-Ti amo- la baciò, mentre piccole gocce cadevano dai capelli di Lea sul suo corpo. La brunetta sospirò deliziata, sistemandosi sopra di lui. Cory accarezzò i capezzoli di Lea, mordicchiandole il collo, spostando i lunghi capelli neri per avere un migliore accesso. La sensazione di avere Cory dentro di lei era così perfetta che le faceva venire le lacrime agli occhi. Quando entrambi ebbero raggiunto il culmine del piacere stettero fermi per un paio di minuti, aspettando che i loro respiri tornassero normali. Lea sentiva il battito del cuore di Cory.
-Senti ho un’idea- il canadese ruppe il silenzio e sorrise sornione.
-Cosa?- Lea sorrise divertita, probabilmente era u’altra delle sue sorprese.
-Oggi ti devi rilassare. Lavori troppo Lee, non voglio che ti stressi. E’ dallo scorso luglio che pensi a prenderti cura di me. Adesso pensa un po’ a te stessa. Ho chiamato  le ragazze, Jon, Chris e tua madre così oggi ti aiuteranno a trovare l’abito dei tuoi sogni-.
-Veramente?- il sorriso enorme che si dipinse sul volto della ragazza fece riempiere il cuore di Cory di gioia.
Lei gli gettò le braccia al collo e lo baciò con passione, facendolo cadere supino sul letto.
-Sei il miglior ragazzo del mondo-.
 
L’indomani Lea e i suoi wedding planner improvvisati partirono alla volta di Manhattan, New York. Aveva accanto le persone che amava di più al mondo significava tutto per Lea, era nella sua bolla di felicità e nemmeno i paparazzi che scattavano foto potevano infrangerla. Certo, la stampa poteva continuare a gettare accuse o insinuazione sulla sua relazione, ma a lei bastava vedere il modo con cui Cory la guardava per cancellare ogni minimo dubbio: Cory l’amava, e sarebbe diventato suo marito.
La loro destinazione era la famosa boutique di abiti da sposa Kleinfield Bridal.  Forse l’unica meno eccitata della compagnia era proprio Lea, per tutto il tragitto, da Little Italy fino a in taxi all’entrata della boutique, tutti non la smettevano di parlare a raffica, dandole consigli inutile e inopportuni sul matrimonio.
Fu un sollievo quando Randy la baciò su entrambe le guancie.
-Dio tesoro sono così felice per te e Cory! Ve lo meritate davvero!- l’uomo sorrise, unendo le mani pensieroso, come se stesse già pensando all’abito perfetto per lei.
-Avevi già qualcosa in mente tesoro?- chiese, mentre faceva accomodare tutta la comitiva sui divanetti della sala prove.
-Hai visto “Glee”?-
-Cara me lo chiedi?- Randy sorrise –ho visto tutti le stagioni!-
-Tu ricordi l’abito di Rachel nell’episodio del ballo scolastico della terza stagione? Vorrei che il mio abito da sposa fosse simile ecco. Ma non uguale, così Cory rimarrà ugualmente sorpreso-.
L’uomo afferrò il concetto al volo.
Bastarono solo tre tentativi a Randy per accontentare Lea, e anche la sua coltre di ospiti, altrettanto esigenti.
-Oh Lee sei bellissima!- Edith non la smetteva di singhiozzare, mentre un imbarazzata Stephanie continuava a passarle fazzoletti.
-Dite?- la ragazza fece un respiro profondo e si girò per specchiarsi: voleva ricordare quel momento per il resto della sua vita. L’abito era veramente stupendo: era un modello a sirena di un bianco cangiante, lungo fino ai piedi.
Non vedeva l’ora di mostralo a Cory.
Sorrise mentre vedeva riflessi nello specchio i volti delle persone che amava di più al mondo.
-Fidati mammina sei stupenda- Jon si asciugò in fretta una lacrima di commozione: era così felice per lei. Sapeva anche lui che Cory Monteith era l’uomo giusto per Lea Michele, si capiva solo dal modo in cui si guardavano.
-Credimi Lea Cory lo adorerà. Non vedrà l’ora di togliertelo di dosso!- scherzò Chris, provocando una risata generale.
Edith aveva smesso di singhiozzare e adesso stava fissando la figlia xon uno sfurdo adorante.
La brunetta sospirò, specchiandosi un’ultima volta.
-Mamma che ne pensi?-
-Ho detto che stai benissimo amore. Ti devo scattare una foto, tuo padre deve vederti vestita così-
-Basta che nessuno di voi faccia vedere qualcosa a quello scemo di Cory chiaro?- la ragazza fissò tutti in modo serio.
Veniva da una grande famiglia e credeva nelle tradizioni: Cory non poteva vederla vestita da sposa se non che il giorno del matrimonio.
 
-Non posso credere che la mia bimba si sposi. Dio ho sempre temuto il giorno in cui saresti andata via da me e da tuo padre-
Edith si asciugò per l’ennesima volta, l’ennesima lacrima in quella giornata che sembrava non volesse finire mai.
-Mamma ti prego! Tecnicamente me ne sono andata via di casa anni fa! E’ la stessa cosa, solo che adesso Cory sarà tuo genero-
-Si- la donna sorrise –lo so’. E’ stato bello passare un po’ di tempo solo io e te, senza papà o Cory. Non lo facevamo da un parecchio eh?-
-Almeno da… - la voce di Lea si incrinò mentre la sua mente ripensava all’ultima uscita fatta con sua madre, era estate –a giugno. Prima di Cory-.
Per un attimo il silenzio regnò fra le due donne: faticavano ancora a parlarne, anzi forse non ne avevano mai parlato. Lea non si era mai confrontata con i suoi genitori riguardo alla ricaduta di Cory, agli effetti che aveva avuto sulla loro relazione. Sapeva che sia Marc sia Edith amavano molto Cory, quasi come un figlio, ma nessuno aveva mai accennato all’argomento.
-Sono felice che ti sposi con Cory. E’ un uomo meraviglioso davvero-.
Il cuore della brunetta si riempì di gioia nel sentire quelle parole: erano poche, ma per lei significavano tutto.
-Lo amo mamma. E sono felice che andiamo tutti d’accordo. Anche con Ann e tutti gli altri. Io e Cory ci teniamo a fare funzionare le cose. Si il nostro rapporto è cambiato rispetto a come era prima, quando lui era sobrio da dieci anni, ma non lo cambierei per nulla la mondo. Credimi lui non è la sua dipendenza e cerca di farmi pesare tutta questa faccenda il meno possibile. Abbiamo solo bisogno di tempo, ci amiamo e basta-.
-Lo so’. Tuo padre non avrebbe mai permesso ad un uomo di stare con te, di vivere in casa tua, se non si fidasse ciecamente di lui. Sai che lo adora-.
La loro casa era un completo disastro: pacchi e pacchettini contenenti gli acquisti folli di Lea per il matrimonio invadevano il loro soggiorno, mentre schizzi di abiti da sposa e il grande book da matrimonio erano sistemati alla rinfusa sul tavolino del salotto, e gli avanzi del cibo cinese che avevano ordinato per cena erano diventati una tappa invitante per Sheila e Pearl che gironzolavano per la cucina a leccare macchie di soia e a spiluccare avanzi di noodles.
Ma a loro non importava minimamente: erano stretti, abbracciati, sotto le coperte. Le forti braccia di Cory intorno all’esile corpo di Lea, la testa del ragazzo sfiorava appena l’incavo del collo della brunetta, inspirando il suo profumo.
-Come è andata la tua giornata dolcezza?- Cory baciò delicatamente Lea su una guancia.
-Bene- lei sorrise –è stato divertente passare un po’ di tempo con le ragazze. Grazie tesoro per aver organizzato tutto-.
Il canadese sospirò, soddisfatto, si sentiva così in pace assieme a lei.
-Volevo solo dirti che tutta questa roba da gente sposata… insomma è stato fantastico. Ed è stato fantastico perché sto organizzando tutto questo con te. Non sai davvero quanto hai cambiato la mia vita, non potrei chiedere una donna migliore con la quale passare il resto della mia vita. Mi rendi l’uomo più felice del mondo, davvero. Ti amo Lee-.
Nel sentire quelle parole a Lea vennero le lacrime agli occhi, si girò per vedere il volto di Cory e lo baciò.
-Ti amo Cory Monteith. Ti amo davvero-.


Non so voi ma io ADORO i capitoli pucciosi come questo! <3 Quanto erano dolci assieme loro? Mamma mia gleeks a me sembra un secolo che sia finito tutto... invece solo pochi mesi.  :(
Allora il link per questo capitolo 14 è "You make me feel like a natural woman".
Il prossimo capitolo arriverà sabato prossimo 10 OTTOBRE.
Grazie a chi recensisce e segue la storia.  :)
Ciao,
FrancyF
 

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Capitolo 15
*** Cannonball ***


Finalmente, dopo settimane di ritardo e false insinuazioni, il primo album di Lea fece il suo debutto, il 3 novembre del 2013.
I fan lo attendevano da mesi e fuori dai negozi di dischi e dai centri commerciali si formarono presto lunghe code.
Cory e Lea preferirono evitare tutta quella attenzione mediatica e le folle rumorose. Stettero semplicemente a casa, a guardare MTV Music e le reazioni, completamente folli e eccesive dei fan.
Il ragazzo era seduto sul divano e accarezzava i capelli della fidanzata, sdraiata sul divano, con la testa appoggiata sul grembo di Cory.
-Che ne dici se ci imbuchiamo dai tuoi genitori per pranzo?- Cory le rivolse il suo mezzo sorriso.
Per stare più vicino ai ragazzi Edith e Marc avevano comprato casa a Los Angeles da poche settimane. E ogni occasione era diventata buona per chiamare Lea e Cory e invitarli per mangiare qualcosa.
-No- Lea si mise seduta sul divano e si stiracchiò –devo vedermi con la mia manager e poi decidere le tappe della promozione dell’album. Bisogna vedere i primi rapporti delle vendite- la ragazza si morse il labbro inferiore.
Era preoccupata.
-Andrà bene amore. L’album è magnifico lo sai. E poi se andasse male ti rimarrebbe un ragazzo straordinario no?-.
Lea risata sincera di Lea fece gonfiare il cuore del canadese d’orgoglio: era così fiero di lei. E di tutto quello che aveva raggiunto. Il suo album era una sfida, una star di Broadway che si lanciava nel pop. Però lei l’aveva colta, e ci si era buttata con impegno e devozione. E ora tutte le nottate passate a scrivere e riscrivere testi, tutti i pomeriggi passati con lei in studio di registrazione stavano per dare i tanto attesi frutti.
-Scemo. Augurami buona fortuna- lei lo baciò e si affrettò a raccogliere le ultime cose prima di uscire.
 
Cory cercò di ammazzare il tempo meglio che poteva: portò fuori Pearl e fece il bucato. Preparò pure gli spaghetti per cena. Da quando era tornato dalla riabilitazione cercava di tenersi impegnato quando Lea non c’era. Il sesso con lei era un’ottima distrazione dai pensieri loschi sull’eroina, ma quando era da solo doveva trovare altre occupazioni.
Aveva già sentito molte volte ogni singola canzone dell’album “Louder”, ma istintivamente lo riprese in mano per ascoltarlo. Dopotutto era il giorno della sua uscita nei negozi, quindi doveva celebrarlo in qualche modo.
Si sedette su divano, accanto a Sheila e Pearl, e si mise il computer portatile in grembo: voleva leggere un po’ di recensioni sull’album.
Era nel bel mezzo di una recensione, quando lo sguardo gli cadde su un link diverso dagli altri, era un sito di gossip. Dai siti di gossip sia lui sia Lea giravano sempre alla larga, sembrava che il passatempo preferito dei paparazzi fosse inventare ogni sorta di sciocchezza su di loro: prima Lea era rimasta incinta, poi lui la tradiva, infine Lea era stata accusata di manipolarlo durante tutta la sua riabilitazione.  Tuttavia questa volta il ragazzo non poteva ignorare il titolo che sovrastava l’articolo, scritto a caratteri cubitali tanto per essere più visibile,  “Lea Michele assieme ad un ragazzo misterioso”.
Cory fece scorrere il cursore sull’articolo: le foto ritraevano Lea, sorridente, assieme ad un ragazzo alto e ben piantato.
Chi diavolo era quel ragazzo? E perché Lea stava ridendo?
“La famosa attrice di “Glee” Lea Michele è stata fotografata in compagnia di un ragazzo misterioso nel pomeriggio di ieri.
Il ragazzo in questione è Matthew Paetz, ex gigolò, ora attore, che sembra aver fatto colpo sulla brunetta, promessa sposa a Cory Monteith, suo collega in “Glee”. I due ragazzi si sono conosciuti sul set di “On My Way”, il video musicale della Michele. A giudicare dai loro sorrisi sembrano andare d’amore e d’accordo. Chi può dirlo… se son rose fioriranno…”.
La mente di Cory si azzerò, come se fosse sotto effetto della droga. Normalmente non era un fidanzato geloso. Insomma sapeva benissimo che Lea baciava altri ragazzi, come attrice, certo. Non gli dava nessun fastidio che baciasse Jon in “Glee”; con Dean, essendo molto bello e etero, Cory doveva ammetterlo, aveva avuto qualche problema in più. Però non aveva mai aperto bocca per protestare, non aveva neanche fatto una scenata da fidanzato geloso e iper protettivo. E anche Lea era sempre stata aperta e onesta nei suoi confronti: non era stata gelosa di tutte le volte che lui aveva baciato Dianna o Naya, o quando aveva girato scene piccanti con altre attrici, soprattutto nel suo ultimo film “Mckinney”. E allora?
Cosa diavolo gli stava succedendo? Non sapeva spiegarselo ma nel vedere il sorriso di Lea in quelle foto… quel tipo non gli stava per nulla simpatico. E il fatto che fosse un ex gigolò e che avesse incontrato Lea nel bel mezzo delle prove del suo video sexy glie lo faceva odiare ancora di più. Iniziò a pensare che Lea fosse davvero attratta da quel Matthew. Insomma era alto quanto lui, e aveva molti più muscoli. Era un bel uomo.
E perché diavolo Lea non gli aveva mai parlato di lui?
 
-Ho visto le foto- la voce di Cory era monotona, come se avesse appena annunciato di avere visto le previsioni del tempo alla televisione.
Lea posò le chiavi di casa e la borsa e lo guardò: a cosa cavolo si stava riferendo?
-Ieri mi hai detto che eri in studio di registrazione, come oggi. Quindi devo dedurre che mi hai mentito- borbottò lui, sbattendo con così tanta forza il latte sul tavolo che il liquido fuoruscì dal contenitore.
Solo allora Lea realizzò che era arrabbiato, anche se non ne comprendeva il motivo.
-Amore che c’è? E’ successo qualcosa?-
Ora era preoccupata: Cory era l’uomo più dolce e premuroso del mondo, soprattutto con lei.
Cosa cavolo gli era successo?
-Ti sei divertita con Matthew?-
Finalmente la fissò negli occhi: era serio e preoccupato allo stesso tempo.
-Matt? Si, è divertente lavorare con lui… aspetta come sai il suo nome se non lo hai mai incontrato?-
-Beh ho controllato su internet. Quando mia moglie fa un video del genere con un ex gigolò e meglio controllare!- Cory aveva alzato troppo il tono di voce, e il fatto che Sheila e Pearl si nascosero sotto il divano ne fu la prova.
Lea sbuffò: era geloso!
Perché mai era geloso di Matt? Si l’aveva visto un paio di volte, ma lei amava solo Cory e non lo avrebbe mai tradito. Neanche per Matthew Paetz!
-Sei geloso!- esclamò.
-No!- riabbatté il canadese, arrossendo –sono solo preoccupato! E poi… insomma non mi hai detto che lo vedevi e non so neanche che intenzioni ha nei tuoi confronti!-.
Litigare era l’ultima cosa che volevano entrambi, ma Lea si offese. Non doveva mica controllarla! Lei aveva tutto li diritto di vedere altri ragazzi, e Matthew era solo un amico.
-Beh scusa se non ti dico ogni movimento che faccio! Ieri ero in studio di registrazione e Matt è passato per salutare, così abbiamo fatto un giro assieme-
-Girala come vuoi mi hai comunque mentito! Cazzo sono arrabbiato perché devi sposare me e vai in giro con quello…-
-Ok sai che c’è? Finiamola qui Cory!- la brunetta marciò a grandi passi per il corridoio per poi rifugiarsi in camera da letto, sbattendo al porta.
-Sei un cretino Cory!-.
Nel momento esatto in cui sentì la porta sbattere il ragazzo realizzò di essere stato un coglione.
Un grandissimo coglione.
Aveva perso la testa per la gelosia. Non aveva mai litigato così con Lea, almeno non per un motivo così stupido.
Abbassò la maniglia della porta, ma era chiusa a chiave. Poteva sentire i singhiozzi di Lea dall’altro lato del muro.
Merda. Le lacrime no. Perché diavolo l’aveva attaccata in quel modo?
-Lea… aprimi dai!-
Nessuna risposta.
-Lee… andiamo- il suo tono di voce si addolcì –possiamo parlarne?-.
Ancora niente.
-Bene- il ragazzo sbuffò e si sedette per terra, con la schiena contro la porta.
Avrebbe aspettato tutto il giorno per lei.
-Sei ingiusto- la voce acquosa di Lea arrivò chiara e forte alle orecchie del canadese, anche se c’era un muro a dividerli.
Si alzò subito in piedi.
-Lea ti prego apri questa dannata porta e parliamo-
-Aprirò la porta solo se prometti di non trattarmi mai più in quel modo. Non mi avevi mai urlato contro, mi ha spaventato. Non ti avevo mai visto arrabbiato per una simile sciocchezza-
-Non è una sciocchezza- bofonchiò lui, poi alzò il tono di voce –lo prometto-.
Avrebbe promesso qualsiasi cosa in quel momento.
Lea aprì la porta: non piangeva più, ma aveva un’espressione dura in volto.
-So’ che ho sbagliato a non parlarti di Matthew. Ma lui non significa niente per me e non sono tenuta a presentarti tutti i miei amici e conoscenti solo perché stai per diventare mio marito-
-E’ che sono uscito di testa- Cory le sfiorò con una mano la guancia, lei si irrigidì sotto il suo tocco –scusa se ho dato di matto, ma il pensiero che eri con un altro, con un uomo che non conoscevo mi infastidisce. Sono geloso, ti amo, è naturale-.
Si odiava per quello che aveva fatto: da bambino aveva assistito alle litigate violente fra sua madre e suo padre, e si era ripromesso che mai e poi mai avrebbe trattato una donna in quel modo. Però oggi aveva perso il controllo, e aveva urlato contro la sua futura moglie. Dopo la riabilitazione si era così morbosamente attaccato a lei che aveva paura che un uomo qualsiasi come Matthew Paetz potesse portargliela via.
-Mi dispiace così tanto- la strinse a se’ con tutta la dolcezza possibile –io… io non avrei mai voluto litigare con te. E’ solo che sono geloso, sono un uomo e… cazzo Lee è solo che ti amo più della mia stessa vita, anche solo la vista di quel Mason mi fa uscire di testa-
Un piccolo sorriso spuntò sul volto della brunetta, ancora rigato dalle lacrime.
-E’ Matthew- lo corresse, fingendosi ancora arrabbiata  -oh Cor- Lea si avvicinò a lui e gli diede un leggero bacio sulle labbra –non potrei mai tradirti. E sai perché?-
-No… perché?- Cory alzò un sopracciglio, sospettoso.
-Perché sei il marito più bello, sexy, gentile, premuroso e dolce di tutto il mondo-
-Veramente?- Cory sorrise, prima di unire le sue labbra a quelle di Lea.
-E, se vuoi proprio saperlo, scommetto che sei anche più bravo a letto di Matthew. E comunque non lo vedrò ancora per molto se la cosa ti infastidisce così tanto-.
Cory la sollevò di peso, prendendola in braccio e portandola in camera da letto, provocando in Lea una lunga risata.
Una dichiarazione d’amore come quella andava celebrata nel miglior modo possibile. 



Ok devo dire che è stato "strano" scrivere questo capitolo. Primo punto a me Matthew piace, è logico che sosterrò per sempre i Monchele, ma sono felice che Lea abbia trovato un bravo ragazzo che la faccia stare bene e la rende serena, inoltre Matt sembra simpatico. Quindi non ho scritto questo capitolo per insultarlo o per mancargli di rispetto, sia chiaro. La verità è che non so neanche io perchè l'ho scritto, perchè ho voluto che Lea e Matt si incontrassero anche nella mia ff, forse per fare vedere Cory geloso (lo adoro alla follia :P).
Ci tenevo a chiarirlo ecco.
Ovviamente il link per questo capitolo è "Cannonball" della nostra fantastica Lea Michele.  ;) 
Ci vediamo sabato prossimo, 17 OTTOBRE.
FrancyF

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Capitolo 16
*** All I Want For Christmas Is You ***


Organizzare le feste quell’anno fu un’impresa da pazzi.
Dopo molte discussioni e qualche piccola ripicca, Cory e Lea decisero di trascorrere il Natale in Canada, a Victoria.
Era da secoli che il ragazzo prometteva alla madre che presto sarebbero venuti a trovarla, e adesso poteva accontentarla. Inoltre per quanto l’idea di passare il Natale a New York con l’enorme famiglia di Lea potesse risultare allentate, lui per adesso voleva un po’ di tranquillità. D’altronde erano passati solo sei mesi dalla riabilitazione, e il primo anno era il più delicato. Sapevano che andare in Canada avrebbe suscitato a Cory non pochi brutti ricordi, però il ragazzo soffriva molto la mancanza della madre e del fratello. E poi con Lea accanto sapeva di affrontare qualsiasi cosa.  
Marc e Edith non vollero sentire ragioni: volevano passare il Natale tutti assieme, assieme alla famiglia di Cory. Nei mesi precedenti, soprattutto d’estate quando Cory era rinchiuso nel centro i genitori della ragazza e Ann aveva costruito un bellissimo legame, che era diventato più profondo con il passare del tempo. Volevano passare il loro primo Natale come una grande famiglia.
-Ne siete davvero sicuri? In Canada fa dannatamente freddo adesso- Cory guardò con apprensione i bagagli che i genitori di Lea avevano ammucchiato nell’ingresso.
Ora capiva da chi aveva preso la sua fidanzata quando si trattava di “viaggiare leggeri”.
-Oh non ti preoccupare caro. Lo sai che ci fa solo piacere passare del tempo con tua madre, è una donna incredibile. E poi tu e tuo fratello potrete insegnare a Marc la pesca sul ghiaccio, ha sempre desiderato farlo-.
Il sorriso del canadese, se possibile, sia allargò ancora di più. Lea aveva davvero i genitori più straordinari di questo mondo, non l’avevano mai giudicato per il suo passato ed erano sempre stati estremamente aperti e disponibili nei suoi confronti. Li adorava, davvero.
 
Lea sbadigliò vistosamente mentre sorvolano i grandi laghi, era appena l’alba e sarebbero arrivati a Vancouver solo dopo le dieci di mattina passate.
Sorrise nel vedere Cory dormire nel sedile accanto a lei, il suo braccio sopra le sue spalle, come se volesse proteggerla sempre.
Era così fiera di lui, era il suo eroe. Aveva fatto la scelta giusta e si stava impegnando, aveva lottato per il loro amore. Quella era la loro prima vacanza da quando Cory le aveva chiesto di sposarlo.
Lo baciò sulla fronte, facendogli aprire gli occhi.
Cory si svegliò di soprassalto, come se si fosse destato da un incubo. Lea sapeva benissimo che quello era un effetto tipico del percorso di riabilitazione: Cory avrebbe dovuto aspettare cinque lunghi anni per essere dichiarato come sobrio.
-Scusa- lui le sorrise –siamo arrivati?-.
Lea non c’è la fece a nascondere il suo nervosismo: era la prima volta che tornava in Canada, la prima volta che tornavano nei luoghi maledetti che avevano indotto Cory ad avere l’ennesima ricaduta, sei mesi prima. Aveva paura per lui.
Il ragazzo intuì i suoi pensieri e le strinse la mano. Avrebbe voluto tanto prometterle che non ci sarebbe mai più ricaduto, ma sapeva che sarebbe stata una bugia. Si limitò a lasciarle un dolce bacio sulle labbra, mentre lei si rannicchiava sul suo grembo, e entrambi ricadevano in un sonno profondo.
Non appena furono scesi dall’aereo Cory rabbrividì: non ricordava che il Canada fosse così freddo. Fu difficile arrivare a Victoria in taxi perché tutto era coperto da mezzo metro di neve, e nemmeno gli enormi SUV canadesi, riuscivano ad aprirsi un varco.
Ci pensò la famiglia di Cory a riscaldarli. Tutti erano così felici di vederlo sobrio e assieme a Lea e ai suoi genitori, che sembrava che nessuno volesse lasciarlo solo nemmeno per un minuto. Cory dovette trascinarsi per casa con il suo nipotino Asher attaccato ad una gamba per tutta l’anti vigilia.
 
Lea sospirò beata, stretta fra le braccia di Cory, al caldo sotto le coperte.
Era stata una giornata stupenda: la gita sulla neve con la famiglia di Cory, la cioccolata calda servita a letto la sera tardi, il fare l’amore lentamente e cercando di fare meno rumore possibile per non essere scoperti dai parenti del canadese.
Era da tempo che non si sentiva così serena. Lei e Cory avevano unito le loro famiglie e ora erano più uniti che mai.
-Ti amo- gli disse, baciandolo sulla fronte, mentre si stringeva a lui, in cerca di calore.
Cory le rivolse il suo mezzo sorriso.
-Ti amo anch’io. E’ stato una giornata stupenda, mi piacere che i tuoi genitori e mia madre vadano così d’accordo-
-Si, è vero. Li adoro sai, uno per uno. Insomma tu hai sempre detto che adori tutti i miei cugini e i miei zii, persino nonna aveva una cotta per te. Ma sappi che per me è la stessa cosa: hai davvero una famiglia straordinaria Cor. E dovremmo passare più tempo qui con loro-.
Il cuore del canadese si sciolse nel sentire quelle parole. La baciò sulla fronte e chiuse gli occhi per inspirare il suo profumo: la amava più di qualunque cosa al mondo ed era così grato di essere ancora vivo per poterla stringere a se’.
-Già… ora dormi però, sarai esausta-.
 
I giorni seguenti furono carichi di un’atmosfera festosa e carica di risate: era chiaro che, dopo avere passato un’estate infernale, tutti volevano recuperare il tempo perso e divertirsi tutti assieme.
Cory era davvero entusiasta di essere ritornato nel suo adorato Canada. Gli ultimi due Natali li aveva trascorsi sempre in compagnia di Lea e di tutta la sua famiglia, e gli erano davvero mancati le tradizioni della famiglia Monteith: dai favolosi waffle cucinati da sua mamma alla ricerca dell’albero di Natale perfetto.
-Asher adora alla follia Cory – Beth sorrise, osservando il figlio arrampicarsi sulla schiena di Cory che ispezionava i vari abeti.
-Si è vero. Anche Cory è pazzo di lui-
-Non so proprio come avrei fatto senza di lui… insomma- la donna si schiarì la voce –sono contenta che sia ancora qui con noi ecco-.
-Già anche io-.


Lo so, questo capitolo è un po' cortino, ma mi rifarò con il prossimo promesso. ^-^
Il link per questo capitolo è "All I want for Christmas is you".
Il prossimo capitolo sarà postato SABATO 31 OTTOBRE. Sabato prossimo (24 ottobre) NON aggiornerò perchè è il week-end del mio compleanno e quindi non avrò molto tempo. ;)
FrancyF

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Capitolo 17
*** Here's To Us ***


Lea non aveva voluto sentire ragioni su quel punto: lei credeva nelle tradizioni.
Credeva nel matrimonio, nell’amore per la vita e tutto quello che ne derivava.
E quindi lei e Cory avrebbero passato la notte prima delle nozze separati: un addio al celibato. E anche se Cory non era per niente d’accordo, lei si era imposta.
Sarebbero partiti entrambi per New York, ma lei sarebbe andata a casa della sua adorata cugina Demi, mentre lui avrebbe passato la notte a casa dei genitori di Lea, assieme a suo padre Marc e a tutta la banda dei suoi amici fuori di testa.
Era stata un’impresa preparare tutto: i parenti di Cory erano volati da Victoria a New York solo per essere lì anche per l’addio al celibato, così come tutti i loro amici di “Glee”.
-Dobbiamo proprio farlo?- il ragazzo gettò uno sguardo cupo alle valigie sparpagliate per tutto il soggiorno. Odiava stare lontano da lei, e non capiva il senso dell’addio al celibato. In più nel suo non avrebbe neanche potuto bere, o ingaggiare delle spogliarelliste, insomma si avrebbe passato una serata fra amici; ma senza di Lea. Come poteva esserne entusiasta?
-Si- Lea gli sorrise, incoraggiante –lo sai che sono tradizionale su certe cose-
In tutta risposta Cory grugnì.
Lea scosse la testa, il suo futuro marito si comportava proprio come un bambino a volte! Davvero, non capiva quale era il problema. Si trattava semplicemente di trascorrere una notte separati assieme ai loro amici e famigliari.
-Insomma, non capisco perché dobbiamo seguire questa tradizione. Lo abbiamo fatto in ogni angolo della casa, e adesso mi proibisci di stare con te?-.
Lea rise, divertita. Lo aveva detto in un modo talmente strano.
Lo baciò su una guancia e chiuse la  cerniera alla valigia.
- Puoi farlo per me? Davvero Cor, è solo una sera. E poi il giorno dopo sarò tua per sempre -
Dannazione! Gli stava facendo gli occhi dolci da cucciolo smarrito! Sapeva che non poteva resisterle…
-Beh…. ok- accettò lui, tirando un grande sospiro di rassegnazione.
Lea saltò di gioia e lo riempì di baci, e lui non potè fare altro che stringerla a se’. Lo rendeva felice. Era questo l’importante. E avrebbe trascorso tutti i giorni della loro vita assieme, quindi poteva resistere una notte senza di lei.
 
Lea non poteva essere più felice di così. Durante tutto il volo per New York lei e Cory non smisero un secondo di tenersi per mano, o di baciarsi, o di sussurrarsi “ti amo”. Era incredibile, erano sempre stata una coppia aperta, entrambi ricercavano i propri spazi, entrambi uscivano con i loro amici. Ma dopo la riabilitazione tutto era cambiato, il loro legame era davvero diventato indissolubile; e stare separati, anche se solo per poche ore, era diventato difficile.
Certo, la gente poteva continuare a gettare spazzatura sulla loro relazione, a menzionare la droga o Matthew Paetz, ma a loro bastava avere l’uno l’altra.
 
Cory non riusciva a tranquillizzarsi. Neanche le partite al x-box o i racconti di suo fratello e di suoi cugini sulla loro infanzia, riuscivano a tenergli la mente occupata.
Era in quei momenti di ansia e preoccupazione, con mille pensieri che gli offuscavano la mente e gli impedivano di pensare, che desiderava di nuovo una pasticca.  Anche se ormai c’era abituato, ci conviveva da quasi dodici anni con quella sensazione.
Si alzò e si diresse sulla terrazza, l’aria fresca di febbraio lo investì, facendolo tornare più lucido.
Gettò un rapido sguardo nella stanza, oltre le vetrate: sembravano tutti così felici, Roy stava giocando con Jeff e Tim al x-box, Marc parlava con Shaun, i suoi amici scherzavano. Trasse un profondo respiro e appoggiò le mani alla ringhiera del terrazzo, era così grato per tutti loro, per essere ancora lì con le persone che amava di più al mondo. Però era preoccupato, e non era granché in vena di festeggiamenti. Nel momento esatto in cui aveva lasciato la mano di Lea all’aeroporto si era sentito perso: voleva sposarla, ma temeva di ricadere nella droga. Se avessero avuto dei figli cosa sarebbe successo? Insomma avrebbe fatto come sua madre e li avrebbe portati via da lui, via dal padre. Il canadese scosse la testa con forza, per scacciare quel pensiero. Ma a che diavolo stava pensando? 
-Ehi fratellino-la voce di suo fratello Shaun lo fece quasi sussultare –tutto ok?-
Cory annuì lievemente per poi concentrarsi sulle mille luci di New York.
-Vuoi parlare di qualche cosa? Sei preoccupato per domani?-.
Cavoli! Odiava gli interrogatori del fratello! Era inutile fingere con lui, lo conosceva troppo bene.
-Un po’- il ragazzo abbassò lo sguardo –ho paura di rovinare tutto, come faccio sempre-
-Cory dai non rovinerai tutto. Sei sobrio e sei vivo, dovresti esserne felice. E stai per sposare una donna che ti ama-
-Si, ma io rovino tutto sempre. Prima quando eravamo piccoli ero io quello che ha seguito le orme di Joe ed è diventato un drogato, a quindici anni avevo già avuto un overdose! E poi a diciannove, e poi adesso! Insomma non voglio sposarmi e ridiventare un drogato! Non voglio fare figli da drogato e non voglio che i miei figli seguano il mio esempio… e se Lea dovesse lasciarmi perché… perché ho ripreso a farmi… e se avessimo dei figli e lei non mi permettesse più di vederli… e…-
Shaun sospirò nel vederlo così abbattuto. Avrebbe voluto confortarlo, dirgli che niente di quello che lui temeva sarebbe mai successo, però sapeva che sarebbe stata una bugia. Non potevano sapere, lui non era Cory, e non sapeva se suo fratello sarebbe stato forte, se avrebbe sconfitto una volta per tutti i suoi demoni.
Lo strinse forte, era il suo fratellino e, così come sua madre gli aveva sempre detto, toccava a lui proteggerlo.
-Ascolta Cor, ti dirò cosa succederà domani. Tu sposerai la donna più straordinaria che conosciamo, vivrete felice, e magari avrete dei figli. E tu dovrai lottare come sempre, giorno per giorno, come stai facendo adesso. Ma se avrai una debolezza, se avrai bisogno d’aiuto io e la mamma ci siamo sempre te chiaro? E anche Beth. E sono sicura che Lea ti ama talmente tanto che ti starà accanto, come ha fatto fino ad adesso. Non ti devi preoccupare, devi solo pensare a essere sano e basta-. 
 
 -Per favore Lee? Possiamo cambiare argomento? Insomma non hai fatto che parlare di quanto sia bello Cory, di quanto sia dolce Cory e di quanto sia straordinario Cory!- Dianna le ricolse uno sguardo eloquente, mentre tutte le ragazze presenti nella stanza scoppiavano in una risata generale.
Lea arrossì violentemente, e nascose il viso nel cuscino.
-Beh… ma è vero- borbottò, cercando di giustificarsi.
-Tesoro nessuno dubita che sia vero, credimi- Chris non riuscì a trattenere un enorme sorriso: adorava quei due assieme, gli adorava e basta –ma è la tua ultima notte da single quindi dovremmo passarla a parlare dei vecchie tempi e a dare di matto, e non a parlare sempre di quel tontolone di Cory-.
 -Già- Amber prese parola mentre versò all’amica un bicchiere di vino rosso- allora siete riusciti a incastrare una luna di miele nelle vostre vite frenetiche?-
-Oh si andremo a Cabo, un’altra volta ma adoriamo quel posto. E poi staremo via solo una settimana-
-Dio Lee non posso credere che tu e Cory sarete marito e moglie domani- Jenna si portò le mani alla bocca, stupita. Non avrebbe mai immaginato che due dei suoi migliori amici arrivassero all’altare.
-Neanche io- ammise la brunetta –è così strano. L’altra notte guardavo Cory dormire e… e non riuscivo a crederci. La prima volta che l’ho visto ho pensato fosse carino, ma non che sarebbe diventato mio marito!-.
-Ehi dolcezza- Edith fece la sua comparsa nella stanza di Lea – c’è zia Bonny al telefono per te-.
Lea si alzò e uscì in corridoi, prendendo il telefono in mano. 
La voce che sentì all’altro capo del telefono fece aumentare a dismisura i battiti del suo cuore.
-Cory che fai? Non sei zia Bonny!-
La risata sincera del canadese le sciolse il cuore.
-Certo che non sono tua zia, ho corrotto Edith lo sai che lei mi adora. Volevo sapere come stavi. Mi manca sentire la tua voce. Lo sai che ti amo-
-Io ti amo di più-
-Se lo dici tu-.
Seguì una breve pausa. Lea sentì Cory sospirare pesantemente: era certa che non aveva chiamata solo per dirle che la amava, ma le stava nascondendo qualcosa.
-Cor che hai?-.
Il cuore del ragazzo mancò un battito. Non poteva mentirle sui suoi dubbi, non di nuovo.
-Volevo solo dirti che mi dispiace-
-Per cosa?-
Per una frazione di secondo Lea pensò che ci fosse ricascato… no era con Shaun, era al sicuro.
-Sono stato un coglione, ma ti prometti che sarò il miglior marito del mondo per te-
-Oh Cor…- la ragazza non sapeva cosa dire –sei così… così…-
Non trovava davvero le parole, ringraziava Dio ogni giorno per avere accanto a se’ un uomo come Cory. In quel preciso momento avrebbe voluto lasciare il suo addio al celibato per raggiungerlo e chiudersi in una stanza con lui.
-Imprevedibile?-
-No…- ora era decisamente confusa – non era proprio il termine che avevo in mente…-
-Beh io si- .
Lea poteva sentirlo sorridere dall’altro capo del telefono.
-Credo che dovresti controllare la porta sul retro…-.
Lei non gli fece neanche finire la frase, si precipitò al piano di sotto di corsa, spalancando la porta.
Cory era davanti a lei, sorridente.
Senza aspettare due secondi si tuffò fra le sue braccia, baciandolo.
-Ma sei pazzo?-
Sentì il ragazzo stringerla forte, e sollevarla in aria.
-Ti volevo augurare buonanotte di persona. E comunque si, sono pazzo, sono pazzo di te-.
Lea non resistette e lo baciò nuovamente, mentre lui la rimetteva delicatamente a terra.
-Sei troppo adorabile per essere vero, seriamente- poi ridivenne seria di colpo, mentre un brivido freddo le attraversava la spina dorsale.
-Ma lo sai che porta sfortuna vedere la sposa prima del matrimonio. Te lo ricordi vero Mr. Monteith?-
-Lo sai vero che io non credo nelle tradizioni vero Miss Michele?-
-Sei scemo!- lei rise, mentre le labbra di Cory si univano nuovamente alle sue, per un ultimo bacio.
-E’ meglio che vada adesso- sospirò lui –mio fratello non è mai stato un grande bugiardo, a quest’ora se ne saranno accorti tutti che sono andato via-.
-Si- la brunetta si morse il labbro inferiore, anche se l’idea dell’addio al celibato era stata sua doveva ammettere che quella visita a sorpresa l’aveva fatta sentire speciale.
Non vedeva l’ora di sposare quell’uomo così straordinario e premuroso.
-Ti amo Cory-
-Ti amo anch’io. Non vedo l’ora di vederti all’altare domani-.



Awww ma quanto sono pucciosi? Grazie ancora a tutti per gli auguri di buon compleanno e per le recensioni.
Il link per questo capitolo è "Here's to us". 
Ci vediamo sabato prossimo, 7 NOV.
FrancyF

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Capitolo 18
*** Marry You ***


Un tonfo sordo fece destare Cory.
Aprì gli occhi di colpo, ma gli richiuse subito, accecato dalla luce del sole. Aveva la testa che gli pulsava e l’immagine, quasi eterea, del volto di Lea nella mente.
Oggi si doveva sposare con Lea. Era il giorno del suo matrimonio. Erano finiti i tempi delle scorribande notturne con Roy, lei era quella giusta; e lui questo l’aveva sempre saputo.
La voce di suo fratello Shaun gli giunse alle orecchie come un eco lontano.
-Cory! Forza svegliati!-.
Strizzò gli occhi un paio di volte e si mise il cuscino sulla testa, mentre prendeva contatto con la realtà: l’appartamento newyorchese era immerso in un allegro vociferare, il rumore di molti passi che correvano da una parte all’altra, era a testimonianza del caos con cui era iniziata quella giornata.
-Cory Allan Michael Monteith forza alzati e muoviti!-.
Per tutta risposta Cory grugnì.
Shaun sbuffò, prese per un braccio il fratello e lo trascinò fuori dal letto, facendolo finire per terra in un groviglio di coperte.
Cory cercò di oppure resistenza, ma sapeva benissimo che suo fratello era più alto e più forte di lui.
-Sono il tuo testimone di nozze Cor- suo fratello lo fissava con un cipiglio, era già vestito con il suo abito da cerimonia migliore –e non ti permetterò di fare tardi-.
Il canadese sbuffò e si alzò pigramente, dirigendosi in bagno. Si fece la doccia e si sistemò la barca. A Lea piaceva quando aveva la barba corta, diceva che lo preferiva e lui per lei voleva essere perfetto. Si stava quasi comportando come se quello fosse un giorno qualunque, invece non lo era. Era il giorno del suo matrimonio e , di questo, forse Cory non ne era ancora del tutto consapevole: aveva passato la sua ultima notte da celibe nell’insonnia più completa, per poi addormentasi solo verso l’alba. La sua mente era annebbiata e aveva la testa pensante a causa dei mille pensieri che la affollavano: Lea era l’amore della sua vita e l’amava con tutto se stesso. Era questa la sua unica certezza in quel momento. Però lui sarebbe stato all’altezza? Sarebbe stato un marito fedele e devoto? Sarebbe stato un buon padre per i suoi futuri figli? Temeva più di ogni altra cosa di ricadere nel tunnel della droga, un’altra dannata volta. Non poteva giurare fedeltà eterna a Lea Michele quando sapeva che l’altra sua dipendenza vitale era sempre stata l’eroina…
Aveva paura, paura che la droga gli avrebbe portato via l’unica cosa bella della sua vita. Otto mesi fa glie l’aveva fatta quasi perdere, ma adesso non poteva più rischiare.
-Sei nervoso?- Justin fece capolino nella stanza e Cory gli rivolse un debole sorriso.
-Lo prendo per un si Cor. Non devi essere così nervoso! Andrà tutto bene, la gente adora i matrimoni!-
-Veramente? Perché io non ho grandi esempi in famiglia!- era così agitato che non riusciva neanche a mettersi il gel sui capelli.
-Amico…- Justin gli battè una fraterna pacca sulla spalla –ami Lea?-.
Per una frazione di secondo Cory si concentrò solo sulle parole dell’amico, allontanando i problemi. Il solo pensare a quanto amore provasse per Lea lo calmava.
-Certo-.
Justin rise di gusto, era una risposta più che scontata. Non aveva mia visto Cory così preso da una ragazza, Lea era di certo il vero amore della sua vita.
-Allora andrà tutto bene. Insomma se continui ad impegnarti come hai fatto fino ad adesso, non c’è problema. Sarete felici, sarai felice. E se per caso , un giorno, dovessi riniziare a fare uso di quella merda beh… credo che ti prenderò a calci in culo ecco. E ora forza, usciamo da questo buco e andiamo a porre fine alla tua vita da vero uomo Monteith!-.
 
-Lei è già qui mamma?-
Cory cercò di sbirciare dalla porta della sacrestia, ma la madre glie lo impedì armeggiando con il suo papillon.
-No amore, stai tranquillo ok? Quando l’ho lasciata si stava ancora preparando. E poi è tradizione che la sposa ritardi-
Il canadese le lanciò uno sguardo in tralice: non ne era del tutto convinto, anche se Lea era sempre stata puntuale.
Sua madre lo fissava con le lacrime agli occhi.
-Sono così fiera di te Cory, così fiera- lo abbracciò stretto, e Cory non potè fare a meno di stringerla a se’, le era così riconoscente. Era davvero una donna straordinaria, e per lui , la migliore mamma al mondo: Ann aveva cresciuto lui e Shaun da sola, non aveva avuto altri uomini al di fuori di loro due, e si era sempre prodigata per non farli mai mancare niente. E Cory si detestava per averla deluse tante volte, troppe volte; anche se lei era ancora al suo fianco, anche nel giorno più importante della sua vita.
-Mi dispiace mamma. Non ti ho mai ringraziata come si deve- la baciò teneramente su una guancia –ti sono così grato, ecco non sono sempre stato il figlio che meritavi. Sei meravigliosa, davvero. Credimi se non ci fosse Lea sposerei te-.
Ann gli rivolse un sorriso acquoso, prima di gettare uno sguardo alla navata: era splendida.
Cory e Lea avevano deciso di sposarsi a New York nella cattedrale di St. Patrick, lo stesso luogo dove anni prima anche Edith e Marc avevano coronato il loro sogno d’amore. Sapevano benissimo che, essendo i Monchele, non potevano contare su un matrimonio in piccolo, tuttavia si erano limitati agli amici intimi e ai parenti.
 
-Lea!- Melanie sbuffò e asciugò il trucco colato di Lea, mentre con l’altra mano reggeva la piastra.
-Che c’è?- la brunetta sollevò lo sguardo dal suo I-phone, e il mascara colò via.
-Ascolta tesoro se non stai diritta il trucco di colerà via! Siamo già in ritardo- 
-Si ma Cory non mi ha scritto neanche un messaggio questa mattina! Non riesco a stare tranquilla se non mi da’ il buongiorno. Insomma…-
Melanie si fermò: sapeva a cosa alludeva l’amica, e l’ammirava moltissimo per tutta la forza che aveva avuto in quell’ultimo anno.
-Oh no, no, no tesoro-  Edith entrò nella stanza, portando il boquet di rose bianche –non voglio sentire nessun pensiero triste e negativo oggi. E’ il tuo giorno stella, il vostro giorno. Cory sta bene e tu stai per sposarti. La tua mamma verserà già troppe lacrime di commozione oggi-.
- E se proprio ti fa stare più tranquilla tuo padre mi ha scritto che Cory ti sta già aspettando da cinque minuti-.
 
-E ora signor Monteith, l’auto con la sua futura sposa è arrivata- Padre Brown guidò gentilmente Cory verso l’altare, mentre gli invitati prendevano posto.
-Tutto ok fratellino?- Shaun picchiettò sulla spalla del fratello minore e gli battè una sonora pacca sulla spalla per infonderli coraggio  -avanti! Il matrimonio è divertente dopo tutto! Quando tutto questo sarà finito mi ringrazierai vedrai-.
Il ragazzo si guardò intorno nervoso, non riusciva a stare fermo e l’allegro brusio che si era diffuso in tutta la chiesa lo agitava ancora di più.
Lanciò uno sguardo timoroso verso suo fratello, accanto a lui in veste di testimone, e verso Jon il testimone di Lea. Tutto il cast di “Glee” era schierato su entrambi i lati delle panche, e poi c’erano i Bonnie Dune al posto dell’orchestra, con Amber Riley come cantante improvvisata, le sue zie e i suoi cugini, Beth e Asher, i parenti di Lea… sua madre era già in lacrime, mentre Edith era al limite… ma poi tutti loro scomparvero nel momento esatto in cui Lea entrò nella chiesa, scortata da suo padre Marc, visibilmente emozionato.
Era la cosa più bella che Cory avesse mai visto in vita sua, era davvero come se l’avesse vista per la prima volta: indossava un lungo abito bianco a sirena con un velo leggero, e i capelli neri erano sciolti, e ricadevano con grazia sulle spalle.
Non appena si fu avvicinato a lui le strinse la mano e ringraziò con un lieve cenno della testa Marc.
-Sei così… così bellissima- le sussurrò ad un orecchio facendola arrossire.
Lea gli sorrise, era radiosa.
-Anche tu non sei male Cor-.
-Ehm... ehm…- padre Brown si schiarì la voce –bene cari amici siamo qui riuniti oggi per unire quest’uomo e questa donna nel sacro vincolo del matrimonio…-.
Cory e Lea non smisero nemmeno un secondo di tenersi per mano e di lanciarsi sguardi pieni d’amore, facendo sorridere tutti i presenti.
-Bene quindi ecco, primo dello scambio degli anelli credo che i due futuri sposi vogliano dirci qualcosa non è così?- padre Brown fece ai ragazzi un lieve cenno d’assenso.
Cory strinse le mani a Lea e la guardò profondamente negli occhi: voleva che quelle parole le rimanessero nell’anima per sempre.
-Lea…- trasse un profondo respiro per calmarsi –nel momento esatto in cui tu, sei anni fa, sei entrata dalla porta dell’ufficio di Ryan e mi hai sorriso, ho capito che eri la donna della mia vita. Mia mamma non ha fatto altro che ripetermi per anni che sono incredibilmente testardo, che quando voglio una cosa mi impegno al massimo per ottenerla; ma questa mia testardaggine alla fine è stata utile no?-
Tutti i presenti risero, mentre Ann singhiozzava ancora più forte di prima.
-Insomma ti ho conquistata alla fine, e oggi siamo qui, e voglio mostrare al mondo quanto ti amo. Ti sono infinitamente grato per tutte le possibilità che mi hai dato, anche se ho fatto degli errori. Per te cercherò di essere il migliore marito del mondo, lo giuro. E voglio che tu sia fiera di me. Mi hai cambiato la vita, ti amo. Ti amo, e… e voglio passare il resto della mia vita con te. Prima di incontrarti vivevo alla giornata, adesso tutto ha un senso, perché quando sono accanto a te mi sento bene, sento che la mia vita ora è completa grazie a te. Ti amo-.
Una lacrima silenziosa gli rigò il volto, e Lea gliela asciugò.
-Ti amo anch’io. Sono così fortunata ad essere qui con te, in questo momento. Mi fai davvero sentire come la donna più fortunata in tutto il mondo, e ti prendi cura di me, ti assicuri che tutti stiano bene. Sei un uomo meraviglioso Cory.  E io sono già fiera di te, come potrei non esserlo? Non c’è un solo momento in cui pensi prima a te stesso, pensi sempre agli altri, al come farli stare bene. Sei il mio eroe davvero-.
Cory le strinse ancora più forte la mano e si sporse per baciarla, ma il prete lo fermò.
-Ancora un minuto ragazzi… ecco ora se il piccolo vuole portare le fedi…-.
Asher consegnò diligentemente le fedi.
-Perfetto. Ora per il potere conferitomi da Dio e dallo stato di New York, vi dichiaro marito e moglie. Potete baciarvi-.
Con le lacrime agli occhi dall’emoziona Cory prese il volto di Lea fra le mani e la bacio con passione, quasi sollevandola da terra, mentre la chiesa si riempiva di applausi.
Finalmente dopo sette anni d’amicizia e cinque di relazione, c’è l’avevano fatta.
Erano marito e moglie.
Erano una cosa sola.
Avevano mostrato al mondo quanto era epico il loro amore.
 
La voce calda di Matthew Morrison riempiva la sala del ricevimento, mentre Lea e Cory erano impegnati nel loro primo ballo.
“I’m thinking’bout how
people fall in love in mysterious way
maybe it’s all part of a plan
I’ll just keep on making the same mistakes
hoping that you’ll understand… “
-Seriamente tuo padre mi sta uccidendo con lo sguardo, non mi ha mai guardato così- Cory sussurrò appena nell’orecchio di sua moglie e lanciò un’occhiata preoccupata a Marc, seduto ad un tavolo che non li aveva persi di vista nemmeno un secondo.
Lea sorrise e rivolse a Cory uno sguardo rassicurante.
-Non ti preoccupare Cory. Credo sia solo triste perché ora sei tuo l’uomo della mia vita-.
A quelle parole il canadese gonfiò il petto, orgoglioso.
-Ti amo-
-Ti amo anch’io Mr. Monteith- lei lo baciò, appoggiando la testa sul suo petto.
Era così felice, aveva sposato l’uomo dei suoi sogni.
Le sembrava che tutti i suoi desideri più grandi si stavano finalmente realizzando. E sapeva che lei e Cory si sarebbero amati fino alla fine dei loro giorni.
Non poteva chiedere di  meglio.


Scusate davvero per l'attesa, ma volevo che questo capitolo fosse veramente P-E-R-F-E-T-T-O! Finalmente il capitolo del matrimonio fra Lea e Cory awww! Sono dolcissimi, e non sapete quanto avrei voluto che tutto questo diventasse realtà! Vi ringrazio davvero perchè state cnotinuando a supportare questa storia, tenendo vivo il ricordo del nostro canadese preferito. <3
Allora il link per questo capitolo è "Marry You". mentre la canzone del primo ballo al matrimonio è ( a mio parere meravigliosa come testo) "Thinking out loud" di ed Sheeran.
Intanto vi dico anche che la storia è lunga 22 capitoli, quindi ancora pochi. Ci vediamo sabato prossimo, 14 NOV.
FrancyF

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Capitolo 19
*** Anything Could Happen ***


Cory e Lea non avevano avuto dubbi: la loro luna di miele doveva per forza essere a Cabo. Adoravano alla follia quel posto: le spiagge, il mare, la pace. Certo avevano girato il mondo assieme, avevano visto posti straordinari, come l’Europa; ma volevano passare u po’ di tempo in totale tranquillità. E Cabo San Lucas in Messico era la metà ideale.  
-Ancora? Cory finiscila dai!- Lea non riuscì a trattenere una risata mentre con una mano copriva l’obbiettivo della flip – cam del ragazzo –mi hai già fatto centinaia di foto in un solo giorno! Non ti bastano?-
-No- il canadese le rivolse il suo mezzo sorriso, prima di attirarla a se, facendole appoggiare la testa sul proprio petto –perché non ne ho mai abbastanza di te. Voglio catturare ogni singolo minuto del nostro viaggio di nozze-.
La ragazza non resistette e lo baciò. Aveva davvero il marito più dolce di tutto il mondo.
-Si ma siamo nudi nel letto d’albergo, quindi sarebbe un problema se qualcuno vedesse queste foto-.
-Mmmm…- Cory non la stava realmente ascoltando… e come poteva? In quel preciso istante aveva tutto quello che aveva sempre sognato: essere nudo in un letto con Lea Michele, sua moglie. Non riusciva ancora a crederci di quanto la sua vita fosse cambiata in meno di un anno. Soprattutto non riusciva a credere di avere una moglie così straordinaria, Lea era il suo tutto e l’aveva sempre sostenuto, andando contro tutti. Era la sua vita, il motivo per cui respirava. E ora che erano sposati la sua vita sembrava finalmente completa.
-A che pensi?-
-A quanto sono fortunato ad avere una moglie come te- .
Lea arrossì.
-Smettila, sei meraviglioso anche tu lo sai- la brunetta si lasciò sfuggire un sonoro sbadiglio.
-Sei stanca?-
-Si. E per oggi puoi scordarti il sesso Monteith, le mie ossa mi fanno ancora male-. 
Lui rise di gusto, fiero di cosa avete fatto con lei tutta la notte.
-Beh non è colpa mia se tuo marito è un dio del sesso…-
-Scemo!- lei gli tirò un buffetto affettuoso sul petto, e sbadigliò di nuovo.
-Dormi allora- la baciò sulla fronte- ti amo Lee-.
Lei borbottò un “ti amo” e cadde subito in un sonno profondo.
Cory sospirò tranquillamente, non aveva sonno ma non aveva alcuna intenzione di muoversi o di cadere addormentato. Non poteva perché non si voleva perdere lei. Era così bella quando dormiva, aveva l’aria di una bambina indifesa. E lui doveva e voleva proteggerla da tutto.
Era sua per sempre adesso.
 
I giorni seguenti passarono avvolti da una felicità disarmante. Fu come se la luna di miele avesse fatto dimenticare a Cory e Lea tutte le fatiche che avevano compiuto nell’ultimo anno: lo spettro della riabilitazione di Cory era sempre presente, ma ora, messo a confronto con il loro grande amore, con la loro felicità di essersi uniti per sempre, sembrava quasi appannarsi e scomparire.
Per la prima volta in vita sua Cory ebbe la sensazione di essere veramente padrone del proprio futuro.
Era sdraiato nel enorme letto dell’albergo e, anche se era solo febbraio, tutte le finestre erano aperte per contrastare il caldo arido del Messico. Stava osservando Lea: indossava una delle sue vecchie magliette dei Canucks, segno inequivocabile che aveva di nuovo fatto l’amore per tutta la notte, e canticchiava “My man” mentre preparava i waffles per la prima colazione.
Un enorme sorriso si impresse subito sulla bocca del canadese: la adorava con tutto se stesso. Si alzò e, lentamente, andò verso di lei e le cinse i fianchi con le sue possenti braccia, facendola sussultare per la sorpresa.
-Ehi piccola, buongiorno-.
Lea gli rivolse un sorriso, prima di girarsi per dargli il suo bacio del buongiorno.
-Buongiorno anche a te Cory. Ho visto che dormivi e ho preferito non svegliarti…-.
Lui le fece un buffetto e prese il suo waffle.
Lea gli si sedette in grembo, e lasciò che lui la imboccasse.
-Tesoro non ti secca?-
-Cosa?-
-Beh… lo sai, oramai siamo sposati e a quest’ora le foto del matrimonio avranno fatto il giro del globo-.
Cory sorrise. Ormai era lontani i tempi in cui si preoccupava eccessivamente della loro privacy, certo gli dava ancora fastidio che i paparazzi li pedinassero tutto il santo giorno; però dopo tutta la storia sulla sua riabilitazione non se ne curava quasi più. L’importante era avere Lea al suo fianco.
-Mi dispiace davvero per tutto quello che ti ho fatto passare in quest’ultimo anno- il ragazzo strinse la piccola mano della moglie fra le sue.
-E’ tutto ok Cory. Ti sei già scusato a sufficienza-.
Lui abbassò lo sguardo, imbarazzato: era la prima volta in assoluto che si scusava apertamente con Lea.
-No invece, insomma sono quasi morto.. e… e hai pensato a come sarebbe stata la tua vita senza di me?-.
L’atmosfera si fece seria all’improvviso, e per parecchi secondi ci fu un gelido silenzio fra i due innamorati.
La brunetta si scostò una ciocca di capelli sul fisso, teneva lo sguardo basso: era la prima volta in assoluto che parlavano della riabilitazione in modo così diretto, certo ne avevano già accennato qualche volta, ma non erano mai andati oltre alle solite frasi di circostanza.
-Si… ci ho pensato- ammise, una lacrima silenziosa le rigò il volto –ci ho pensato. Ti ho odiato, ti ho odiato per un momento quando mi ha telefonato Shaun. E’ stato orrendo soliare su quell’areo senza sapere se eri vivo o morto. Quando stavi male… io non sapevo cosa fare. Pensavo di averti deluso, di avere fatto qualcosa in modo sbagliato o di avere fatto troppo poco….-
-Ma adesso sono qui- Cory si sentì morire per lei. Avrebbe fatto di tutto, avrebbe dato di tutto per potere cancellare dalla memoria di Lea quelle settimane di sofferenza –sono qui per te. E ti prometto che sarò un uomo migliore per te, ti amo-.
Si alzò e la strinse fra le braccia, lasciandola sfogare.
-Ti amo anch’io-  lei si strinse ancora di più a lui.
 
Lea sospirò deliziata, appoggiando la testa alla spalla di Cory.
Era il loro ultimo giorno a Cabo ed era stato speciale proprio come gli altri sei trascorsi lì in quel posto meraviglioso.
-Vorrei restare qui per sempre-.
Il suo sguardo si perse nelle ultime luci del tramonto, il sole stava scomparendo e gli ultimi residui di luce facevano brillare il mare, come se fosse stato oro fuso. Lei e Cory avevano preferito evitare i paparazzi sempre in agguato sulla spiaggia o nelle località turistiche, ed erano semplicemente rimasti in albergo, a mangiare la loro cena sulla terrazza.
-Mmm.. davverro?- Cory inclinò la testa di lato –se posso dire a mia madre che rimandiamo il ritorno…-
-Cielo no Cor. E’ solo che è stato magnifico… questi giorni con te sono volati. Era da troppo tempo che non ci prendevamo una vacanza solo per noi due-
-Già- Cory la baciò con passione.
Non voleva lasciarla sola mai più. Anche a lui spiaceva lasciare Cabo e tutta la sua tranquillità, da quando era lì con Lea non aveva più pensato all’eroina. Lei era la sua cura migliore.
E sapevano entrambi che la loro vita, ameno per il prossimo anno, era piena di impegni: avevano promesso ad Ann che si sarebbero fermati a Vancouver, poi c’era la promozione di “Glee”, l’uscita del film di Cory, sarebbe stata un’impresa concedersi ancora del tempo di qualità esclusivamente per loro due.
-Ti ricordi la prima volta che siamo usciti assieme?- Lea giocherellò con la fede. Non sapeva come le era venuto in mente quel ricordo, ma era rassicurante pensare che adesso Cory era suo marito.
-Come potrei scordarmelo? E’ sotto il giorno più bello della mia vita! Insomma dopo tutte le volte che mi avevi rifiutato… stavamo girando una scena nell’aula del “Glee” club e ti ho sussurrato all’orecchio se volevi uscire con me quella sera-
-Non ti ho rifiutato! E’ che non immaginavo fossi serio! Insomma fai sempre il buffone!-.
Cory rise, facendole l’occhiolino.
-Beh ma sono il tuo buffone Miss Michele…-  si sporse per baciarla ma Lea lo fermò delicatamente.
-No… Mrs. Monteith adesso…- sorrise sorniona, facendogli l’occhiolino.
Cory sorrise, stringendola a se’.
-Quando... quando … hai capito che ti piacevo?-.
Era da quasi tre anni che voleva farle quella domanda, ma aveva sempre avuto paura che Lea la considerasse una domanda sciocca, sapeva benissimo che lei non si era subito innamorata di lui. Ma ora che era sua moglie gli sembrava legittimo chiederlo.
-Subito, ho sempre pensato che fossi carino-
-Non è vero! Mi evitavi all’inizio, non hai accettato di uscire con me per quasi tre anni!-
-Ok- Lea scosse la testa, divertita.
A volte Cory si imputava come un bambino!
-Quando ti ho visto a Central Park. Nella scena del Bow Bridge, eri vestito elegante, con i fiori… mi hai sciolto il cuore ecco-.
Cory la baciò con passione.
-E tu?-
-Cosa?-
-Non fare il furbo! Quando ti sei innamorato di me? E non dire subito perché non ci credo!-
-Quando mi hai portato a vedere “Rock of Ages” a Broadway, era una specie di appuntamento- il ragazzo le sorriso sornione: anche la sua cara mogliettina continuava a negarlo lui era certo che anche per lei era stato un colpo di fulmine.
-No che non lo era! Stavo ancora con Theo! E poi mi hai fatto solo pena Monteith… insomma lavoravi in un musical e non ne avevi mai visto uno!-
-Appunto!-
Lea non riuscì a trattenere una risata e non protestò minimamente quando suo marito le prese il viso con le mani e la baciò con passione. 


Allora inizio con il dirvi che il prossimo week-end, causa impegni con i parenti, non posterò un nuovo capitolo. Quindi ci vediamo direttamente fra due sabati, SABATO 28 NOV.
Il link per questo capitolo è "Anything Could Happen".
Mi scuso per non avere postato prima, vi guiro mi spiace farvi aspettare durante la pubblicazione di questa storia, ma la vita universitaria è piana d'impegni. ;)
FrancyF
 

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Capitolo 20
*** You Get What You Give ***


Le nubi di marzo avevano lasciato il posto ad un pallido sole, mentre un enorme striscione era mosso dal vento primaverile, fuori dagli Studios della FOX: “Grazie per questi 6 anni Glee”.
Cory e Lea erano fianco a fianco, le loro ombre sul asfalto rimarcavano ancora di più la differenza d’altezza.
Non riuscivano ancora a crederci: “Glee” era finito. IL fulcro nel quale ruotavano le loro vite, da almeno sette anni, ora si era estinto. Gli ultimi giorni di riprese erano stati pieni di emozioni, pieni di foto selfie, risate, discorsi e lacrime. I fan erano più tristi che mia, ma la loro tristezza non si avvicinava minimamente al sentimento di smarrimento presente nei cuori del cast e della crew.
Cory rivolse a Lea il suo mezzo sorrisetto prima di stringerle la mano.
-Sei pronta piccola?-.
La ragazza aveva già le lacrime agli occhi.
-Si- strinse forte la mano del marito ed entrò.
Ryan aveva fatto un lavoro immenso per trasformare gli Studios in un monumento sacro al Glee Club: aveva invitato tutti i membri del cast, vecchi e novi. Anche le persone che avevano fatto solo una comparsata; c’erano tutti gli addetti al dietro le quinte, i manager, le controfigure, e altre persone che avevano contribuito con straordinario talento alla nascita del fenomeno che era “Glee”.
Non sembrava una festa d’addio perché tutti stavano chiacchierando amichevolmente gli uni con gli altri.
-Ehi scusate- Ryan picchiettò sul bicchiere per avere l’attenzione di tutti –grazie. Volevo solo fare un piccolo discorso. Otto anni fa quando io e gli altri produttori iniziammo a pensare a “Glee” non avevamo idea di quello che stavamo facendo. Veramente. Era una cosa nuova, il musical in televisione non era mai andato granché, non nel ventunesimo secolo almeno. Ma poi ci siamo messi in moto: abbiamo trovato tutti voi. Ragazzi veramente, volevo ringraziare tutti voi, uno per uno. Non solo siete degli attori e dei cantanti straordinari, ma siamo diventati una vera famiglia. Ci siamo accettati l’uno l’altro e abbiamo messo da parte le nostre differenze, e questo secondo me è il vero cuore pulsante dello show. E’ quello che “Glee” ha dimostrato al mondo. E’ stato un onore e un piacere immenso lavorare con tutti voi. Alcuni di voi si sono sposati, hanno avuto dei figli e, nonostante tutto, siamo riusciti a finire questo show. Spero che continueremo a vederci e, anche se per qualche motivo le nostre strade si separeranno, vi porterò sempre nel cuore. Vi voglio bene, a tutti voi-.
Uno scroscio d’applausi, accompagnato da molte lacrime, riempì la sala.
Lea e Cory stinsero Ryan in un enorme abbraccio: cercarono di metterci un sacco di cose non dette, volevano dimostrali la loro eterna riconoscenza.
-Ah ragazzi- l’uomo gli sorrise, commosso –prendete quello che volete veramente. Ogni souvenir sarà vostro-.
 
-Allora tu e Cor verrete vero?- Chris sospirò pesantemente, mentre frugava in un vecchio baule di  scena alla ricerca di qualche oggetto appartenete a Kurt.
-Oh tesoro certo- Lea lo abbracciò –credi che adesso che tu e Will vi potete sposare io e Cory non verremo? E comunque prima ci sono Jon e Brad, si vogliono sposare anche qui-.
-Cosa pensi che succederà adesso?- Lea e Cory erano stesi sul divano letto, nel trailer di lei.
Dopo tutte le emozioni che avevano provato in quella singola, speciale, giornata si sentivano svuotati e avevano bisogno di riordinare i pensieri.
I souvenir che aveva preso dal set giacevano sulla moquette: Lea aveva preso le calze e i mocassini di Rachel, la scimmietta di peluche nella camera di Rachel, e la collana con il ciondolo “Finn”; mentre Cory aveva preso la targa del Glee Club e la maglia da quarterback di Finn.
-Non lo so…- Cory la baciò sulla fronte e le accarezzò i capelli.
-Non puoi mentirmi e dirmi che andrà tutto bene? Cavoli Cory sei mio marito…-.
Lui rise, e la baciò nuovamente.
-Non posso dirtelo. Insomma non so cosa succederà adesso, so’ solo che voglio stare con te. E potremmo prenderci un po’ di tempo per essere veramente una coppia di novelli sposi. Insomma dalla nostra luna di miele è stato un susseguirsi di impegni… ma stai piangendo?-
Lea si strinse al petto del ragazzo, mentre grosse lacrime le rigavano il volto. Non si aspettava una reazione del genere. Forse era sciocco piangere per la fine di un’esperienza lavorativa, ma in quegli anni si era sentita accattata, accolta, aveva incontrato amici straordinari e, soprattutto, quello show le aveva fatto incontrare l’amore della sua vita. Come poteva dirgli addio?
-Non piangere su… - Cory la baciò, cercando un modo per farla ridere –ti ricordi che è successo qui?-.
Lea si scostò i capelli dal viso, e tirò su con il naso: sapeva esattamente dove Cory voleva andare a parare, e la cosa la fece sorridere.
-Mi ricordo che la prima volta l’abbiamo fatto a casa mia. La seconda su questo divano letto-
-Beh…- il ragazzo sorrise, posando le labbra sul collo della moglie –sarebbe un peccato infrangere una tradizione proprio l’ultimo giorno…-
-Tu sei un maniaco Monteith…- rise lei, sgattaiolando via dalla sua stretta.


Ciao gleeks! 
Allora prima di tutto volevo ringraziare davvero tutti voi, in particolare Gleetar e polly84, per la dedizione con il quale seguite la storia (nonstante abbia dovuto saltare qualche sabato per impegni vari). Significa tanto per me e tiene vivo il ricordo del nostro canedese Cory Monteith <3
Questo capitolo è scritto un po' "a pezzi" perchè, onestamente, non sapevo prrpio come rappresentare al meglio l'ultimo giorno sul set. Spero che comqnue apprezziate. Il link per questo capitolo è "You get what you give". 
Purtroppo mancano solo più due capitoli alla fine; e dopo questa storia mi prenderò una pausa per scrivere altro ma vi avviserò non appenna pubblicherò qualcosa di nuovo ;)
Ci vediamo sabato prossimo, SABATO 4 DICEMBRE.
FrancyF

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Capitolo 21
*** The Dog Days Are Over ***


Due piccole linee rosa erano la risposta che Lea aveva cercato, forse quasi sperato inconsciamente.
Nei giorni scorsi non era stata più lei: era sempre nervosa, aveva attaccato per delle sciocchezze tutti, anche Sheila e Pearl. A volte, si era sentita nauseata e un po’ stordita. Addirittura, tre giorni fa, avrebbe voluto chiedere a Cory di potere assaggiare il suo hamburger, ignorando completamente i valori della sua dieta vegana.
E anche se il suo cervello le diceva che non era possibile, quel bastoncino di plastica era reale.
C’era solo una conclusione: era incinta. Doveva esserlo per forza.
E che poteva non esserlo? Lea e Cory avevano deciso di provarci, non seriamente però. O almeno quello era il loro piano. La brunetta si ricordava perfettamente la conversazione che aveva avuto con il marito appena un mese prima: lei si sentiva pronta ad avere un figlio, quindi l’aveva detto a Cory, e lui era stato d’accordo nel provarci. Niente di serio però, aveva scherzato il canadese, solo per divertimento.
Ora, mentre era seduta sulle piastrelle bianche del suo bagno, fissando il piccolo bastone bianco, lo sapeva per certo. Era incinta e sarebbe diventa mamma in nove mesi.
E Cory papà.
Come cavolo faceva a dirglielo? Aveva paura che avrebbe reagito male, insomma ne avevano parlato, ma era pur sempre un imprevisto… non ci stavano realmente provando! E poi erano appena usciti da un anno e mezzo intenso di emozioni: la riabilitazione, il matrimonio, la fine di “Glee”… si erano rilassati e, adesso, lei aveva scoperto di essere incinta. E se Cory non fosse pronto? Insomma dopotutto lui era appena uscito dalla droga, non avrebbe potuto di certo biasimarlo se avesse avuto delle insicurezze.  
Istintivamente si portò una mano al ventre e sorrise. Sentiva di amare quel bambino immensamente. Si sentiva terrorizzata, certo, ma l’amore che lei e Cory provavano l’uno per l’altra era così unico e forte… e quel piccolo essere umano che cresceva dentro di lei ne era al prova. Non avrebbe rinunciato a lui per nulla al mondo.
Ora doveva solamente dare la grande notizia a suo marito.
-Ehi Lee…-
La ragazza sussultò quando sentì la voce del marito. Fece scattare la chiave della porta del bagno e uscì, cercando di comportarsi normalmente.
Ma, ovviamente, Cory la conosceva troppo bene.
-E’ da un’ora che stavi chiusa lì dentro... tutto ok piccola?-
-Dobbiamo parlare-.
Cory le rivolse uno sguardo interrogativo: quando sua moglie diceva quella frase era certo che c’erano guai in arrivo. Cercò di fare un rapido ripasso mentale, ma non gli sembrava di avere dimenticato nulla di importante.
-Che ho fatto?-
Lea deglutì, era così nervosa che stava quasi tramando.
-E’ meglio che ti siedi-.
Ora il canadese era preoccupato. Forse aveva visto qualcosa, forse lei sospettava una sua ennesima ricaduta? Tuttavia si sedette, e Lea lo imitò.
-Lee ti giuro sono pulito-.-Oh Cor non è questo…-
-Insomma se vuoi puoi farmi il test sono…-
-Cory sono incinta!-.
A quelle parole il ragazzo serrò la bocca e smise immediatamente d parlare.
-Cory mi hai sentito?-.
Nessuna risposta.
-Scusa potresti ripetere?-
-Cory sono… sono incinta. Aspettiamo un bambino, diventerai papà fra nove mesi-.
La ragazza non sapeva più come dirglielo, ma la reazione di Cory la sorprese del tutto.
-E me lo dici così?-
In un secondo Lea si ritrovò stretta fra le braccia del canadese, mentre grosse lacrime iniziavano a rigarle il volto per la reazione felice del marito.
-Amore è meraviglioso!-
-Non sei arrabbiato?- un sorriso enorme si dipinse sul volto della brunetta nell’osservare la gioia del marito: non lo aveva mai visto così felice.
-Che? Perché dovrei esserlo scusa? –
-Beh perché non è che ci stavamo proprio provando… -.
La risata del marito di un vero sollievo per Lea, che mostrò a Cory il test di gravidanza: era positivo non c’era dubbio.
- Ne sei sicura?-
-Si… due linee è positivo. Comunque pensavo di andare dal ginecologo per la prima ecografia-.
Cory si passò una mano fra i capelli e sospirò: era ancora scioccato, sarebbe diventato papà!
-Stai bene tesoro?- Lea gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoglieli.
-Si, sono solo... ecco… sono solo sorpreso-.
La grande mano di Cory si posò sul ventre ancora piatto di Lea.
-Mi hai reso l’uomo più felice del mondo credimi-.
 
-Sei nervosa Lee?- Cory accarezzò teneramente il volto della moglie.
Lea era stesa supina sul lettino dello studio del medico, il volto era tirato dalla tensione.
-Un po’…  voglio solo che il dottor Sherman mi dica che è tutto apposto. E’ la prima ecografia-
-Vedrai che andrà tutto bene-.
Il dottor Sherman li accolse calorosamente.
-Allora vediamo un po’... siete nervosi ragazzi?-.
Cory e Lea si scambiarono uno sguardo nevoso. Il ragazzo strinse ancora più forte la mano di Lea. Non voleva farlo vedere, non voleva che lei capisse il suo nervosismo, ma lo era davvero:  la sua innata capacità d’attore gli permetteva di fingere veramente bene a volte. Voleva veramente che il medico li desse la conferma della gravidanza, voleva constatare che suo figlio stesse bene.
Lea sospirò e chiuse gli occhi fino a quando nella stanza non si diffuse il suono di un tamburo leggero: era incinta, era il battito del cuore di su figlio.
-Eccolo qui, questo è il vostro bambino- il dottor Sherman indicò un puntino piccolissimo, ma nel vederlo il cuore di Lea si sciolse, lo amava già più di ogni altro cosa al mondo.  
-Amore hai visto?- sorrise immediatamente verso Cory, che fissava il monitor incantato, con le lacrime agli occhi.
Sapeva che l’essere stato un tossicodipendente non era il massimo per trasformarsi in un padre modello, ma voleva davvero impegnarsi per suo figlio.  
 -Se è una femmina la chiamiamo Faith- Cory abbassò il volume del televisore, beccandosi un’occhiataccia dalla sua moglie incinta.
Lea era incinta di cinque mesi, ma durante l’ultima visita di controllo si era rifiutata categoricamente di sapere il sesso del nascituro, malgrado le insistenze da parte di Cory e da entrambe le loro famiglie.
Sarebbe stata un’ulteriore sorpresa.
Lea fissò lo schermo muto, dove i ragazzi del “Glee” club stavano intonando “Take me to Church”.
-E’ una domanda?-
-No- il marito le accennò un sorrisetto –credevo che ti piacesse anche a te, è un bel nome. E poi sai ricorda la canzone “Faithfully” quindi è perfetto-.
Inspiegabilmente Lea gli diede ragione.
-E’carino- ammise, massaggiandosi la pancia –se è maschio a me piacerebbe Ethan-.
-Non mi piace granché stavo pensando di chiamarlo Marc come tuo padre, e poi avrebbe la stessa lettera per il nome e il cognome-
-E’ un motivo ridicolo!-.
Cory sbuffò ma sorrise immediatamente vedendo lo sguardo furente di Lea: era davvero diventato difficile avere a che fare con lei.
-Potresti dipingere la camera del bambino…-
-Cosa?! Amore ma se non vuoi sapere il sesso come faccio a dipingere la sua camera?-
-Beh usa un colore neutro!- sbottò lei, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Nella sua mente il canadese stava cercando disperatamente di pensare ad un colore neutro, ma Lea in tutta risposta si alzò buffando e si diresse in camera da letto, borbottando parole come “marito” e “ottuso”.
Pensava che quelli sarebbero stati i mesi più belli di tutta la sua vita, nove mesi di attesa, sogni e speranza. Invece non stava più come fare a gestire Lea, che sembrava ogni giorno più in preda ad una crisi ormonale, e per quanto tutti li ripetessero che l’atteggiamento di Lea era perfettamente normale, lui stava affogando in una crisi di nervi.
Quindi fece l’unica cosa che un uomo nella sua situazione avrebbe fatto: prese il telefono e compose il numero del suo migliore amico Justin.
-Ehi Cor come va?-
-Insomma… Lea è arrabbiata con me-
-Di nuovo? Cavoli ci credo! Ti vede come il colpevole che l’ha costretta a deformare il suo corpo- scherzò lui.
-Amico sono serio, non so’ più come comportarmi con lei!-
-Beh e io che bene so? Mica sono sposato… inventati qualcosa, avanti sei Cory Monteith dannazione!-.
Cory sospirò, scuotendo la testa: Justin non era mai stato un luminare nel dispensare consigli utili sui matrimoni, eppure sapeva che aveva ragione. Doveva sorprendere Lea. In qualche modo la gravidanza l’aveva scombussolata, in qualche modo Cory sapeva di doverla confortare. Avrebbe fatto di tutto per la Lea e per il bambino: erano loro il suo tutto adesso.
Un’idea gli si formò nella mente. Sorrise, prese le chiavi dell’auto e uscì: sapeva esattamente cosa fare.
 
-Ehi piccola- Cory fece timidamente capolino dalla porta della camera da letto.
Lea era sdraiata a letto ed era immersa nella lettura del libro “Cosa aspettarsi quando si aspetta”, un dono di Ann.
Sembrava che la crisi di nervi fosse passata.
-Ho qualcosa per te-  l’uomo le mostrò una rosa rossa. In effetti non era la sua idea migliore, ma non sapeva più cosa inventarsi. Quando Lea aveva fatto la prima ecografia l’aveva portata a cena fuori, quando aveva tagliato il traguardo del primo trimestre le aveva regalato una collana… seguiva i consigli di Taylor che si era raccomandato  di ricoprire una donna incinta di attenzioni e regali.
Lea gli sorrise e lo baciò sulle labbra.
-Ti amo-.
Il canadese tirò un sospirò di sollievo: era passata, la crisi era decisamente passata fortunatamente. Si sdraiò accanto alla moglie e lei lasciò che Cory le sollevasse la maglietta, per appoggiare la testa alla sua pancia. 
Non vedeva l’ora di potere stringere il suo bambino fra le braccia.


Penultimo capitolo ragazzi.
Oggi sono un po' di fretta... quindi ci vediamo sabato prossimo per l'ultimo capitolo SABATO 12 DIC.
FrancyF
 

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Capitolo 22
*** Faithfully ***


Per Cory fu come ritornare a respirare.
Come se la sua vita avesse finalmente acquisito un senso. E come se la pace interiore, che aveva così disperatamente cercato per trentatré anni, si fosse finalmente realizzata.
In quel preciso istante Cory Monteith sapeva di essere un uomo felice. E, di sicuro, sapeva che non avrebbe mai più toccato una sola pasticca di eronia… era lui, erano loro la sua droga ora.
Suo figlio era nato in tarda mattinata, ma solamente verso sera lui e Lea erano riusciti a mandare fuori dalla stanza parenti e amici, soprattutto una singhiozzante Edith, per passare del tempo esclusivo con il loro bambino.
Ora il piccolo dormiva profondamente sul ventre di Lea, appoggiato al seno sentiva il battito del cuore della madre, mentre lei riposava sul letto d’ospedale. Cory era seduto accanto a loro, su una vecchia poltrona, e non la finiva di accarezzare il volto di Lea, come se volesse ringraziarla di avergli fatto un dono talmente meraviglioso.
-E’ identico a te- la brunetta sorrise, mentre si lasciva coccolare: il parto era stato un patimento per lei e aveva urlato dal dolore tutto il tempo, ma almeno aveva avuto il suo tanto decantato parto naturale.
-Dici?- Cory sorrise immediatamente – io invece credo quando dorme somiglia te-.
-Cor…-
-Si?- il canadese non riusciva a staccarli gli occhi di dosso: erano talmente belli.
-Dobbiamo trovargli un nome però. E’ nato già da sei ore e non possiamo continuare a chiamarlo “lui”-
-Ok- il ragazzo si grattò la nuca, riflettendo.
Non si erano ancora accordati sul nome da dare, e la lotta degli ultimi mesi aveva insegnato al ragazzo che le donne incinte erano davvero isteriche. Tuttavia adesso Lea gli pareva ritornata essere di nuovo la donna gentile e premurosa di un tempo. Così ritentò.
-A me piace Marc, come tuo padre. O Mason. Comunque sarebbe bello chiamarlo con la stessa lettera del cognome-.
Lea sospirò: era un no.
Cory riflettè: istintivamente si riformò nella sua mente il ricordo indelebile di quel maledetto 13 luglio… dell’overdose… e di Andrew.
Andrew.
-Andrew- sussurrò appena, sfiorando i capelli fini e scuri del neonato.
 Lea aveva sentito benissimo però. E non poteva che essere più d’accordo.  
Suo figlio avrebbe avuto il nome dell’uomo a cui Cory doveva la vita. Quale nome era più perfetto di quello?
Lo baciò dolcemente: non c’era nome più perfetto per loro figlio. Sapeva quanto Cory tenesse a Andrew Mcllory e viceversa, e sapeva anche che, forse senza tutto il supporto di quell’uomo straordinario, Cory non sarebbe stato lì con la sua famiglia adesso.
-Andrew è perfetto. Lo adoro-.
Il piccolo emise un debole vagito che fece sorridere entrambi i genitori. 
-Credo che sia d’accordo anche questo ometto qui- Lea lo prese delicatamente in braccio e mise Andrew fra le braccia paterne: immediatamente il piccolo stinse forte l’indice del padre, Cory era così enorme rispetto a lui.
-Voglio che come secondo nome abbia Happy, è un bel augurio-.
Lea non protestò.
-Tu hai tre nomi, vuoi che lo chiamiamo come te? A me farebbe piacere-.
Cory fece spallucce.
-Come vuoi tu, tanto credo lo chiameremo Andy e basta-.
Lea gli sorrise.
-Andy- sussurrò, soffocando uno sbadiglio. Era davvero esausta e non dormiva da ventiquattro ore, ma non riusciva a staccare gli occhi di dosso da tanta perfezione: Cory che teneva in braccio il loro primo figlio. Lo aveva sempre saputo, in fondo, sapeva che quel canadese alto e goffo sarebbe stato il padre dei suoi figli. E ora, lui e Andy erano talmente meravigliosi che lei non voleva cedere al sonno.
-Hai fatto un capolavoro, veramente amore. Non so come è successo, ma ci siamo riusciti- la baciò sulla fronte –adesso dormi però. Penso io a Testa d’Arachide, tranquilla-.
 
-Pesa tre chili e trecento grammi ed è lungo cinquantatrè centimetri mamma-.
Ci vollero circa tre secondi ad Ann per impossessarsi del suo nuovo nipotino.  
-Oh è bellissimo, meraviglioso! – cinguettò la donna, asciugandosi le lacrime, mentre stringeva a se’ il neonato –non è meraviglioso?-.
-Si mamma, lo è- Cory non potè fare a meno di sorridere, mentre Edith e Marc lo stringevano in un abbraccio.
Gli sembrava tutto così perfetto. Troppo perfetto per essere vero. Per una dannata volta sentiva di essere veramente felice.
-E’ perfetto davvero ragazzi, avete fatto un bambino bellissimo- Edith sottrasse Andrew dalle braccia di Ann.
-Lea sta bene?- Marc stava filmando tutto con estrema cura.
-Sta dormendo, ma appena si sveglia vuole vedervi- il canadese sorrise.
 
Lea aprì lentamente un occhio, poi l’altro e la luce del sole la accecò.
-Buongiorno bellissima!- Cory era seduto sulla poltrona accanto al letto, con Andrew stretto al petto, e li sorrideva.
Erano tornati a casa nel pomeriggio ed erano stati invasi dai parenti fino a tarda notte, quando Lea era crollata addormentata.
-Sono riuscito a mandare via tutti-  il canadese si alzò e la baciò sulla fronte. Era più bella di prima adesso che era diventata la madre di suo figlio.
Lea prese delicatamente Andrew fra le braccia.
-Credi… credi che saremo bravi con lui?-.
Cory si sedete sul bordo del letto, accanto a loro, e aggrottò la fronte. Quella domanda l’aveva sorpreso. Di solito era lui quello paranoico fra i due, era lui che doveva sempre essere rassicurato, era lui quello che aveva avuto più dubbi sulla sua paternità.
-Che intendi dire?-
-E’ così piccolo- Lea sfiorò i capelli del figlio, che si rannicchiò sul suo petto –lo amo più della mia stessa vita e voglio dagli tutto. Dovremmo essere dei buoni genitori ok? Dovremmo sgridarlo quando tornerà a casa da scuola dopo avere preso un brutto voto o quando litigherà con i suoi fratelli. E dovremmo farlo sentire amato ogni secondo della sua vita-.
Cory non resistette e li baciò entrambi: la droga non li faceva più paura, sapeva che c’erano loro a tenerlo sobrio. Dio, li amava così tanto. 
-Lo prometto, lo sgrideremo. Però dovrà giocare a hockey o almeno provarci-.
La brunetta scosse la testa, divertita. Era il solito Cory.
-Ci proverà ma dovrà imparare ad amare Broadway allora-.
I due ragazzi si persero nuovamente a contemplare il loro piccolo: era così perfetto. Aveva una manina stretta alla madre, il petto si alzava e si abbassava ritmicamente.
-E ti avverto Mr. Monteith che ne voglio almeno altri tre. Due maschi e due femmine-.
Cory rise di gusto, immaginandosi la scena: li amava così tanto.
Come era possibile? Innamorarsi di una creatura così piccola in una frazione di secondo? No… aspetta, aveva fatto la stessa cosa con la madre di suo figlio la prima volta che l’aveva vista nel lontano duemilaotto.
-Starei bene ok Andy? Si cucciolo, sarò il migliore papà del mondo per te. Lo prometto. E se farò qualche errore be’ tua nonna e tuo zio mi sgrideranno così tanto che mi faranno tornare sulla retta via credimi-.
Il piccolo emise un vagito.
-Oh ok. Sono contento che tu sia d’accordo-.
Lo sguardo del canadese era fisso sul figlio.
-Mi somigli tanto, mamma ha ragione- continuò Cory, con un punta d’orgoglio nella voce –nonna Ann dice che hai le mani da pianista, ma papà ti farà imparare la batteria-.
Per la prima volta in vita sua sentiva davvero di essere felice, loro erano la sua felicità.
Cory Allan Michael Monteith era una persona completa adesso.
Era un alto, goffo, canadese, attore, batterista, una persona. Ma soprattutto era un marito e un padre.
E, per quel che valeva, ora sapeva chi era, aveva dato un senso alla sua vita: Andrew e Lea erano il suo mondo.
E non li avrebbe mai lasciati.
In quel momento Cory aveva un'unica certezza: finchè sarebbe stato con loro avrebbe avuto una vita straordinaria. Loro era la sua vittoria più bella, la sua luce in una vita passata piena di dolore e sconfitte.
Erano il suo universo. 


Ed è finita.
Voglio davvero ringraziarvi uno per uno. Grazie a chi ha seguito la storia, a chi ha recensito, a chi l'ha aggiunta tra i preferiti e le seguite.
Per un po' adesso non scriverò più perchè sono sotto esame all'università. Forse riinizierò questa estate.
Grazie ancora a tutti.
Il link per questo ultimo capitolo è "Faithfully", la canzone simbolo dei nostri Monchele. 
FrancyF

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