First look and a book

di Bell_Lua
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First look and a book. The beginning ***
Capitolo 2: *** Pass by the library and get some coffee ***
Capitolo 3: *** Oh, so you are... you! That Alexi! ***
Capitolo 4: *** 4. Phone exchange and some fun ***



Capitolo 1
*** First look and a book. The beginning ***


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First look and a book. The beginning.

 

Tu… non so nemmeno come chiamarti, non più, ormai!

Persona importante nel decorso della mia vita, persona che speravo sapesse insegnarmi a vivere e non sopravvivere in un mondo che ti segna dai primi momenti della vita.

Tutto quello che volevo da te era che tu mi stessi vicino. Non chiedevo troppo, ma si vede che la tua vita era molto più importante di me, delle mille promesse che ci siamo fatti. Di quell’unica che speravo tu avresti mantenuta. Ma non l’hai fatto! Non hai fatto nulla per proteggermi, per esserci. Di vevute e serate fuori ne ho viste anche troppo.E ogni volta stavo male per te, in silenzio, in modo che tu fossi all’oscuro di questa mia preoccupazione. So che vivi come vuoi e che nessuno ti può dire nulla, quindi nemmeno io l’ho mai fatto.

La tua vita è sempre stata al di sopra di ogni altra cosa, ma avevo sperato che per un solo istante tu avresti fatto salire me su quel piedistallo, almeno il giorno in cui entrai in quel posto così grande ed immenso. Davanti ai tuoi parenti, ai tuoi amici, alla tua famiglia e a tutti quelli che contavano per te. Di mio non c’era nessuno là dentro.

La mia vita era stata messa in pausa dal primo momento in cui tu entrasti da quella porta.

 

Due anni prima

 

Un tintinnio, delicato e dolce arrivò alle mie orecchie, facendomi alzare lo sguardo dal libro che tenevo sul bancone davanti a me, poggiato contro lo schermo del nuovissimo computer che era stato istallato pochi giorni prima.

Un ragazzo stava dando un’occhiata tra i vari scaffali che popolavano quella piccola libreria in cui mi avevano appena assunta. Una ragazzina di diciannove anni, con alcuna esperienza in campo di vendite e solamente con la voglia di trovare un lavoretto che le permettesse di continuare a vivere nell’appartamentino che aveva appena preso in affitto in una nuova città, con nuove vie e nuovi luoghi. Il proprietario mi aveva definita piccolo gattino infreddolito, perché quando ero passata a dare il mio curriculum vitae fuori aveva appena cominciato a piovere, io ero senza ombrello e soltanto con una leggera maglia addosso. Si, sembravo davvero un piccolo gattino infreddolito.

Ma stavo dicendo che il ragazzo era appena entrato e stava già ficcanasando tra i nuovi arrivi, in cerca di un libro che nemmeno lui conosceva ancora, ma che aspettava solamente di essere trovato. Il compito di ogni brava libraia è proprio questo: far incontrare il libro adatto alla persona adatta.

Mi avvicinai verso di lui, però prima prendendomi un paio di secondi per chiudere il libro e poggiarlo con cura accanto alla mia tracolla, perché non si rovinasse.

-“Mi scusi, posso esserle utile?” – usai un tono delicato, non invasivo, se voleva solamente dare un’occhiata probabilmente il suo sguardo avrebbe parlato per sé ed io mi sarei ritirata per non distubarlo. Tutto quello che so sul mestiere me l’aveva insegnato il mio capo, già dai primi giorni, quando ancora mi addestrava. Marko Tielemi.

Il giovane ragazzo (avrà avuto sui 29, forse 30 anni, al massimo) voltò lo sguardo verso di me, quasi sorpreso della mia presenza, come se non mi avesse vista, entrando. Si schiarì la voce e pronunciò:  -“Stavo cercando un libro. Qualcosa di particolare.”

Questo fu ciò che mi sorprese. Solitamente le persone che entrano nella nostra piccola libreria si limitano a mormorare il titolo dell’oggetto che tanto bramano e l’autore, se ci va bene. Poi rimangono a guardare per il locale, qualche copertina che prendeva la loro attenzione e catturasse la loro voglia di prendere in mano quel pacchetto di fogli bianchi pieni di scritte nere. Molti li sollevavano da dove erano stati adagiati con cura, li aprivano, davano un’occhiata sfogliandolo distrattamente eppoi li mettevano giù con un sospiro, quasi rudi. Pochi apprezzano davvero tutta la creatività che era stata trasmessa in uno di quei oggettini di varie dimensioni, tutto l’amore che una persona vi aveva messo, qualche piccolo e privato segreto abilmente rinchiuso tra le righe, quasi non ci fosse.

Lui chiedeva qualcosa di particolare, che interpretai come speciale. Molti meriterebbero di essere considerati speciali, specialmente tra i più vecchi volumi che aspettavano una possibilità di stupire. Sorrisi con gentilezza e chiesi più dettagli, cose come argomenti preferiti, ultimi libri letti, cose semplici. Lui rispose con molto distacco, quasi non fossero particolari di vita sua, ma di qualcun altro appena incontrato in un caffè.

Arrivai alla mia domanda preferita, quella a cui tutti rispondevano con molta difficoltà, senza, però, mai chiedere per quale motivo la facessi:

-“Genere di musica preferita e gruppi?”

L’uomo mi guardò negli occhi e fece un sorrisino.

-“Come mai questa domanda?” – i suoi occhi sorridevano con le labbra, sembrava davvero divertito dal mio terzo grado.

-“Perché io possa trovare ad una persona il libro adatto, devo sapere qualcosa su di lui o lei che sia. Mi dica, comunque, non ha ancora risposto alla domanda ed ho centinaia di libri qui dentro che scalpitano per una sua parola. Potrebbe cambiare loro la vita, lo sa questo?” – lo dissi in modo assolutamente scherzoso, quasi confidenziale, che lo fece sorridere ancor di più.

-“Ascolto principalmente musica metal e rock, se questo può esserle d’aiuto.”

Il mio sguardo s’illuminò, mentre nella mia mente apparve limpida come il cielo di una perfetta giornata di primavera la copertina del libro. Mi era capitato in mano molte volte e sapevo che sarebbe stato adatto. Quel volume ed il signore erano destinati l’uno all’altro.

Anche se avrei dovuto accorgermene prima del legame tra loro… E forse a tutto ciò che sarebbe successo dopo.

Quei tatuaggi li avevo già visti, quegli occhi anche, ma con in cappuccio tirato sul volto e la felpa chiusa e tirata fin sopra al naso non ci pensai. Strano.

***

Ok, questa è il primo capitolo effettivo di questa nuova storia… Qualcuno l’ha letta in anteprima e mi ha dato un consiglio molto, molto utile… Grazie Ginny =)

Commentate per favore? Vorrei sapere se ne vale la pena continuare oppure no. E’ un tantino drammatica, ma credo che ci saranno parti anche leggere… Please read and write =) Danke =)

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Capitolo 2
*** Pass by the library and get some coffee ***


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Pass by the library and get some coffee.

 

Un’altra giornata passata stranamente quieta, attraverso le ore d’apertura della libreria. Stavo pensando a dove andare a mangiare o cosa prendere per cena, quando sentì nuovamente il tintinnio della porta.

Pensai proprio d’aver dimenticato di girare il cartello che campeggiava sulla porta. Purtroppo era rimasto sull “aperto”, piuttosto che sul “chiusto”, come avrebbe dovuto. Dovevo solamente prendermela con me stessa se qualcuno se la sentiva d’entrare.

Mi voltai verso il cliente, con il solito sorriso di circostanza che ero così dannatamente brava a fare, nonostante la stanchezza che la giornata appena trascorsa mi aveva scaricato addosso. Quando vidi che era lui, il ragazzo dell’altro giorno, il mio sorriso diventò più veritiero, meno artefatto, costruito. Somigliava così fortemente ad un sorriso vero che mi stupì di me stessa. Quanto tempo era passato dall’ultimo vero sorriso?

Ma ritornai a concentrarmi sulla figura del ragazzo di fronte a me, che stava con le mani nelle tasche dei jeans neri vissuti. Aveva sempre la felpa del giorno in cui l’avevo visto per la prima volta, smanicata, nera anch’essa ed i lunghi capelli tendenti al biondo coprivano lievemente gli occhi. Aveva un’aria stravolta, forse persino peggio della mia. Sorpresi me stessa nel chiedermene il motivo.

-“Salve. Se sta per chiudere me ne vado, non vorrei farle sprecare tempo.” – era già con la mano sulla maniglia, pronto ad uscire ad una mia parola. Effettivamente io, in piedi, con la tracolla pronta e le chiavi in mano non dovevo essere il massimo del benvenuto.

-“Ma no, si figuri. Può rimanere quanto desidera. Posso aspettare qualche minuto.” - Pensai di poter aspettare anche qualche ora. In fondo… cosa mi aspettava a casa? Un luogo vuoto con un letto, un televisore ed un microonde… e mi ostinavo a chiamarla casa… chissà perché.

Misi giù la tracolla e mi scoprì nuovamente a guardare quel ragazzo dall’aria pensierosa, eppure conosciuta, sollevare libri su libri, per poi appoggiarli nuovamente al loro posto.

Alcune volte si era voltato verso di me, con espressione curiosa, che non avevo ancor imparato a capire, per farsi spiegare di cosa parlava un libro, se gliene consigliavo un altro o se avevo altri riguardanti un certo argomento. Per lo più guardò libri d’aventura e fantastici, però ogni tanto prendeva in mano qualche perla rara. E preziosa, per quanto lui non lo potesse capire, dal modo in cui guardava sconfitto il titolo che campeggiava in cima alla copertina.

Fu a quel punto che decisi di aiutarlo, quando si voltò ancor una volta, con espressione persa.

-“Vuole… vuole aiuto?” – chiesi lui, dando una veloce occhiata all’orologio da polso che segnava le 19 e 30 minuti. Alle 9 in punto di solito la serratura era chiusa ed io mi stavo incamminando per le vie di Helsinki, diretta verso qualche pizzeria o chioschetto. Quella sera no. Eppure non capivo perché non l’avessi già cacciato dal posto, all’istante, quando mi chiese se eravamo ancora aperti. Forse Marko mi aveva insegnato più di quanto credessi. O forse era lui?

-“Io… stavo cercando qualcosa sul genere del libro che ho preso la settimana scorsa. Magari non se lo ricorda! Era…” – cominciò lui. Certamente che me lo ricordavo, difatti lo interruppi.

-“Mi ricordo. Le consiglio…” – scostai una ciocca dei capelli dal viso, portandola dietro un’orecchia, mentre cercavo con lo sguardo un libro specifico… Eccolo!

-“Le consiglio questo, è simile a quello che ha preso prima, però approfondisce ulteriormente la tematica del viaggio interiore del protagonista.”

Il mio sguardo d’attesa si fece insistente sul suo volto, mentre lui studiava attentamente la cover del libro. Finalmente notai il suo labbro fare qualcosa simile ad una piega soddisfatta. Mi spostai velocemente, mi ero avvicinata anche troppo per avergli mostrato il libro. Bisogna sempre mantenere una certa distanza dai clienti, per non “soffocarli”, giusto per citare Marko.

Andai nuovamente dietro al bancone, aprendo ancora una volta la cassa. Misi in conto il libro, incassai i soldi e richiusi ancora la cassa. Lui, soddisfatto, attendeva il suo acquisto. Le sette e tre quarti, la fame mi era già passata. Desideravo solamente qualcosa che somigliasse ad un caffè o contenesse tracce di caffeina al suo interno.

Gli passai velocemente il sacchetto con il volume e salutai garbatamente. Come solo io riesco a fingere, come solo io posso far credere che vada tutto bene.

-“Ritorni presto, mi raccomando.” – un ulteriore sorriso di circostanza, un’ulteriore menzogna, in fondo al cuore. Sospirai leggermente quando lui si allontanò verso la porta.

Si girò, con quegli occhi stanchissimi.

Forse il mio “leggermente” non era stato poi così leggero, in fondo; perché lo fece voltare e posare quell’azzurro nei miei.

Azzurri… azzurri. Perché l’avevo pensato con tanta naturalezza, mi chiesi. Sentivo come se lo conoscessi già, senza averlo mai incontrato prima. Beh, prima della settimana precedente.

-“Le va un caffè?” – una proposta così, volata dal nulla, che derivava dalle sue labbra. Non me l’aspettavo davvero una cosa simile. Non ci avevo nemmeno pensato. Lui per me era il “cliente che avevo l’impressione d’aver già visto”.

E sorprendendo me stessa accettai, prendendo su la tracolla e chiudendo il negozio.

 

Camminavamo per le strade di Helsinki, tranquilli. O almeno… io ero tranquilla. Di lui non sapevo nulla, non ci conoscevamo prima, ci eravamo visti solamente due volte e la seconda mi chiese di andare a bere un caffè insieme? Ma perché mi stavo facendo tutte queste paranoie? Era solamente un caffè, una bevanda.

-“Allora… come ti chiami?” – chiesi io, giusto per educazione e per sapere a chi mi stavo rivolgendo.

Lui rispose con voce bassa e tranquilla, con una mano nella tasca e l’altra a reggere il sacchetto con impresso il logo della libreria: -“Alexi. Tu?”

-“Io mi chiamo Leena.”

Il dialogo si concluse lì. Ognuno guardava avanti, ognuno perso nei proprio pensieri.

Tranquillità, fu l'unica cosa che capì di provare. Perchè per la persona accanto a me non c'era nulla di che. Niente batticuore da colpo di fulmine, niente rossore sul volto per avergli rivolto la parola o imbarazzo. Il silenzio che aleggiava tra di noi non era imbarazzante, piuttosto rilassante. C'era forse una puntina di interesse.

Non m'importava molto del suo nome, non so perchè glielo chiesi. Il nome non definisce la persona, non aiuta a comprendere nulla di essa. Un nome è semplicemente un nome, è quello che ci hanno dato alla nascita, quindi non deciso da noi. Quello che fa un persona e la persona stessa, le sue passioni, il suo comportamento, il suo modo di fare. E il modo di fare di... Alexi m'interessava.

Arrivammo alla cafetteria con calma, nessuno dei due si sbrigava.

 

Fine capitolo… che ne pensate? Grazie mille a chi ha commentato, ovvero a:

Ginny002: ma ciau =) Che bello, hai recensito =) Grassssie =) Oh, ma smettila di ringraziare, lo sai che l’ho fatto con piacere, non ti preoccupare!! Dimmi che ne pensi anche di questo capitolo, ok? =) ciau ciau, baci.

Amaya : ciao lettrice =) Anche tu in vena di tristezze? Anche io, infatti si vede dal capitolo! E da quasi tutta la storia, andando avanti =) Dimmi che ne pensi di questo capitolo, d’accuerdo? =) ciau baci

Martiguns: Si, nuova storia sui Children! Spero non deluda! Si, un tantino di tristezza c’è al suo interno, spero che comunque vada bene e riesca ad esprimere quello che Leena prova… Mmh, dimmi se c’è qualcosa che non va, le critiche costruttive vanno bene =) Grassie per il commento, continua a seguire, ok? Ciau

LaTum: Uh, piacciono anche a te le librerie? =) Sono contenta che l’inizio ti sia piaciuto e spero di non deludere con i prossimi =) Grazie ancora =) Ciau

Salve… recensite un po’? Anche critiche costruttive, ovvio! =) Alla prossima.

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Capitolo 3
*** Oh, so you are... you! That Alexi! ***


Nuova pagina 1

Oh, so you are… you! That Alexi!

Il caffè era… non trovo mai un aggettivo per definirlo completamente quando me lo ricordo. E non lo trovai nemmeno allora. Era… caotico, vitale, con quel perfetto profumo ed il calduccio tipico di qualsiasi si trovino nel mondo. Però era… ospitale. Mi trovai subito bene al suo interno. Ci mettemmo ovviamente seduti ad un tavolino, come due sconosciuti che si conoscono da un po’. Si, sembra un paradosso, ma era proprio quello che eravamo noi due. Io lo conoscevo, lo sapevo, solo che non riuscivo a collegarlo a nessuno. Però l’avevo incontrato solamente due volte.

Quel cappuccio, poi, non aiutava nemmeno un po’ ad osservare il suo volto per intero. Se lo continuava a tenere anche dentro. Sembrava quasi si cercasse di nascondere, per come lo vedevo io, anche se non capivo da chi o da che cosa.

Lui se ne accorse, probabilmente, dato che lo continuavo a fissare interrogativo.

Fece un sorrisino mesto e disse:

-“Scusami Leena se tengo il cappuccio, ma ci sono delle persone che molto probabilmente non mi renderebbero questo caffè rilassante se capissero chi sono.” – si aspettava certamente che io capissi quelle parole. Intanto dava occhiate di sfuggita alla tracolla di una delle ragazze seduta al tavolino accanto al nostro. Purtroppo io non avevo la vista per vedere attraverso i corpi, perché dalla mia angolazione la sua borsa si trovava alle sue spalle.

-“Ma tu chi sei, Alexi? Ho come l’impressione di averti già visto. So che detto così sembra una cosa studiata, ma non riesco davvero ad associarti a qualcosa in particolare.” – decisi di dirgli seriamente quello che pensavo, fregandomene di quello che potesse pensare. Analizzare troppo ogni minimo dettaglio di ciò che diciamo o pensiamo o facciamo rende tutto davvero molto più complesso di quanto già sia.

Lui mi guardò negli occhi, probabile per capire se dicessi seriamente. Poi, notando che la scintilla di dubbio non se ne andava dai miei occhi, sorrise. E quel sorrise smosse qualcosa in me. Qualcosa che tenevo seppellito da un po’ troppo, che però non ero ancora pronta a tornare ad utilizzare nella realtà che stavo attraversando. Finalmente si decise a rispondere, prima che io potessi mettermi davvero a rimuginare su quel battito lievemente più forte.

-“Ma come, non mi hai riconosciuto?” – una risatina fece dischiudere le sue labbra.

Io feci un cenno di diniego con la testa, piegandola poi lievemente.

Continuò a guardarmi ancora per un po’, forse indeciso su come mettere la questione. Ed io continuavo a guardarlo interrogativa.

-“Io… dio, come te lo posso spiegare? Io sono Alexi… Laiho… Alexi Laiho!”

Oh! Come se una tonnellata di mattoni mi fosse caduta in testa in quel momento dal cielo, così anche la consapevolezza di star parlando con quel Laiho mi colpì d’improvviso. Children of Bodom, questo il nome del suo gruppo. Li conoscevo, certamente, nel mio mp3 avevo qualcosa come una trentina di canzoni che conoscevo a memoria, ma non mi ero minimamente resa conto di chi veramente lui fosse. Come avevo fatto? Semplice: mi ero sempre e solamente interessata alla musica che facevano. Sapevo di Alexi soltanto quello che mi diceva la mia amica Federica quando ancora vivevo in Italia.

Feci un volto stupito, con gli occhi che si sgranavano.

-“Accidenti… tu…sei tu! Insomma… scusami, non ti avevo riconosciuto! Non pensavo di certo di trovarmi al tavolino di un caffè con…te!”– feci un sorrisino che fortunatamente fece fare lo stesso anche a lui.

-“Beh, pensavo avessi capito chi ero. Comunque di solito non vado in giro a dire che suono nei Children. La gente si fissa solamente sull’idea che si sono fatti di me, ascoltando la nostra musica oppure vedendo i tatuaggi e tutto quello che dicono su di noi. E così la maggior parte delle volte m’invento un nome fittizio. Sai… funziona con chi non è finlandese!” – nuovamente la sua risata si fece largo tra le voci presenti nel caffè. Tanto da far girare la ragazzina seduta lì accanto.

Lei si voltò frettolosamente a posto, prima di girare solamente la testa un qualcosa come trenta volte, prima di frugare nella tracolla, tirare fuori una penna nera ed un quaderno scolastico, molto probabilmente. In quel momento ebbi anche io una visione della sua borsa… una spilla con scritto COB ed una patch con il nome del gruppo di Alexi campeggiavano in bella mostra proprio in mezzo ad essa. Quando si alzò per venirci incontro il suo sguardo era a metà fra l’adorante e l’imbarazzato. Poverina, non avrei mai dato nulla per trovarmi al suo posto.

-“Sc-scusami se disturbo… ecco… i-io mi chiedevo se potevo avere un tuo autografo.” – strinse un po’ di più la penna tra le sue mani e il quaderno tremava impercettibilmente.

Alexi perse il sorriso, per acquistare la sua aria “da duro” che sapevo facesse impazzire Fede. Quella che faceva impazzire molte, per intenderci. Scarabocchiò la sua firma velocemente e le ridiede il quaderno. Visibilmente emozionata lei, lievemente scocciato lui. Ed io? Io ero rimasta ad osservare tutta la scena che trasmettevano dal vivo proprio davanti a me, studiando come sempre i comportamenti che ognuno assunse nei vari momenti. Ero affascinata dal suo cambio d’espressione.

Quando la ragazza si allontanò lui tornò ad avere il volto stanco e leggermente teso di poco prima. Alexi Laiho non deve avere una vita facile, pensai. Glielo dissi anche.

Con volto sorpreso, come se fosse la prima volta che qualcuno gli lanciava i suoi pensieri nudi e crudi senza peli sulla lingua, mi rispose, accennando un sorriso: -“Si, è dura, però fa sempre piacere sapere che rendi felice qualcuno. Non è tanto pesante il dover fare autografi, essere sempre in giro per il mondo quindi non essere mai a casa, essere riconosciuti. Il peggiore è mostrare sempre e solo un lato della propria personalità. Non puoi essere onesto al cento per cento con i fan, dopo che ti hanno conosciuto in una determinata maniera.” – un ulteriore sbuffo provenì da lui. Non lo facevo così. Insomma… l’idea che avevo avuto fino a pochi istanti prima dell’individuo seduto di fronte a me era stata quella di un ragazzo… beh, uomo in perfetto stile rock star, che si ubriaca, fuma ed ha sempre l’incavolatura addosso.

Evidentemente mi ero sbagliata. Nonostante io cercassi sempre di indagare a fondo sulle persone prima di giudicare, in questo caso non lo feci. Mi ero basata solamente sulla facciata.

-“Quindi sei una nostra fan.” – giunse a questa conclusione lui.

Non me la sentì di correggere ciò, mi limitai solo a dire:

-“Si, ma non quelle a cui sei abituato, probabilmente, a conoscere tu. Non verrei a chiedervi un autografo. Io mi limito ad ascoltare la musica, non mi interessano i pettegolezzi e la vostra vita privata. Mi basta che voi non smettiate di incidere album fenomenali.”

Forse rimase basito, non lo capì; ancor una volta non riuscivo a scalfire la facciata. Negli occhi non lessi nulla, o forse non volevo leggerci nulla. Avevo espresso la mia idea e pensare che lui la ritenesse una sciocchezza, stranamente, mi metteva a disagio. Mi limitai, quindi, ad attendere una qualsiasi sua reazione. Ciò che arrivò non fu quello che mi aspettavo, bensì:

-“ Da quanto tempo ci segui? O per meglio dire segui il nostro lavoro?”

-“Circa un anno” – risposi – “forse poco più.”

Riuscì a capire quale sarebbe stata la domanda successiva, perciò anticipai.

-“Vi ho conosciuti grazie ad una canzone che probabilmente rimarrà per molto tempo nei miei ricordi. Rebel Yell. Conoscevo già la canzone, però sentire la vostra versione, il vostro modo di interpretarla me l’ ha proposta in una nuova luce. E da lì in poi… beh, direi che il resto è storia.”

Il suo volto aveva mutato espressione, nell’udire il nome della canzone aveva alzato un sopracciglio.

-“Quindi” – riprese lui – “siamo la tua band preferita.” – un sorrisino si dipinse sulle sue labbra. Era sicuro della sua affermazione, troppo sicuro. Sicuro della risposta che avrebbe ricevuto. Quindi sembravo così prevedibile e facile da interpretare?

-“ Sono costretta a farti scomparire quell’espressione, dato che non è così. Spiacente, Alexi!”  - effettivamente smontai la sua convinzione.

-“Oh. Beh, fa nulla, puoi sempre cambiare opinione. Allora chi è il fortunato? Se posso sapere?”

Non capì. – “Scusa?”

-“Il cantante o il gruppo al primo posto tra i tuoi gusti musicali.”

Ovvio! Ma che andavo a pensare?!? –“ Oh… mmh… al primo posto in assoluto direi gli HIM.”

Un volto sorpreso fu ciò che mi trovai davanti quando rialzai gli occhi, dopo averli abbassati un istante.

-“Gli HIM non sono male, devo ammetterlo, non hai cattivo gusto. Ma… fammi contento, dimmi che siamo almeno tra i primi dieci! Una risposta diversa dal si potrebbe far concludere la mia giovane carriera qui! Stai attenta a quello che dici signorina!” – il suo tono giocoso era tornato, per mia contentezza. Decisi di reggere il gioco:

-“Oh, no, ti prego, non mettermi tutta questa pressione addosso! Potrei non reggere allo stress.. dai, solo per non farmi uccidere da tutti i tuoi fan, per continuare ad ascoltare della buona musica, allora ti dico di si. Si, siete nella top ten, diciamo così! Adesso, ti prego, toglimi un peso: dimmi che la tua carriera non finisce per mano mia…”

Sul mio viso comparve stranamente, per l’ennesima volta, un sorriso. In tre anni non ero mai stata così allegra, nell’interagire con qualcuno. Ma non perché non avessi amici, soffrivo da un po’ di tempo di depressione, una forma lieve, che però mi buttava giù di umore. Però parlare con lui era divertente, diciamo così. E non perché era Alexi Laiho, dei Children of Bodom, solo perché era se stesso. O almeno speravo che quello che mi stava mostrando fosse realmente se stesso.

Il caffè era sul tavolino, freddo, aveva perso la magia che azionava su di me ultimamente.

-“Dimmi qualcosa su di te.” – mi risvegliò dai pensieri in cui mi ero avvolta, ponendomi una delle domande che più spesso evitavo nelle conversazioni. – “finora abbiamo parlato solamente di me. Vorrei sapere qualcosa su di te. Sai, non è bello quando la persona che hai davanti è quasi una sconosciuta.”

-“No, non abbiamo parlato di Alexi finora, abbiamo parlato di Laiho musicista e del suo gruppo, ma non di lui come persona. Non c’è davvero molto da dire su di me. E poi è davvero tardi, devo andare, domani devo lavorare. Scusami.”

Detto questo mi alzai velocemente, prendendo la borsa a tracolla e la misi sulla spalla destra. Mi accompagnò all’uscita del caffè.

-“Se vuoi ti accompagno.” – una semplice proposta, che però mi fece rabbrividire. In quel momento capì davvero che dovevo andarmene al più presto. Non dovevo affezionarmi all’idea di passare ancora più tempo con lui o rivederlo.

-“No, non c’è bisogno, tranquillo. Tu… stammi bene e continua a fare ottima musica. Ciao Laiho!”

Mi voltai e me ne andai, senza voltarmi indietro, stanca. Volevo solo fare una doccia lunga e rigenerante e sprofondare nel letto.

***

Fine terzo capitolo =) E’ un pochino più lungo questo chapter, vorrei proprio sapere che ne pensate! Intanto grassie a chi ha commentato:

Martiguns: Salve, visto, ho postato, avevo detto che l’avrei fatto =) Davvero ti piace la normalità che c’è nella storia? Beh, forse qui un tantino quella sensazione si è un po’ dissolta, dato che lei ha capito chi è lui e la ragazza si è fatta fare un autografo, ma spero che non proprio tutta si sia allontanata. Dimmi te che ne pensi, ok? Grassssie =) Baci

Purple Bullet: Uhm.. mi sa che ti interessa Alexi, vero? =) Uh, visto che ho allungato un pochino il capitolo? Si, sembrava anche a me che fossero un tantino troppo corti, però avevo bisogno fossero così, almeno i primi due. Da adesso però saranno più lunghetti =) Si, si chiama Lena =) Dimmi che ne pensi anche di questo capitolo, ok? Mille grazie =) Baci

Amaya: Salve =) Sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo! Si.. effettivamente trovarsi Alexi attorno in libreria… mamma, non voglio pensare a come reagirei io =) Continua a seguire la storia e dirmi che ne pensi, ok? Danke =) Baci

Ginny: Ma ciauu!! =) Guarda chi si rivede =) Oh, mi spiace per gli errorini, controllerò meglio, I promise! Dimmi che pensi, please, spero che ti piaccia tanto =) Oh, ma grazie a te, tantissimo!! Ci si sente anche su msn, bacioni!

Recensite, please? Fa tanto piacere leggere i vostri commenti, siete adorable =) Grazie mille, a presto, kisses!

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Capitolo 4
*** 4. Phone exchange and some fun ***


4.  Phone exchange and some fun.

Svuotai la borsa sul letto, per cercare il cellulare che non riuscivo a trovare; infatti, invece del mio… ne trovai uno sconosciuto, molto più bello, in effetti. Immaginai chi fosse il proprietario! Allora, tanto per verificare, chiamai il numero del mio telefono. Parecchi squilli dopo, giusto in tempo perché la segreteria non entrasse in funzione e sentii la voce che mi aspettavo!

-“Ehi, ciao! Sono Leena, per sbaglio ci siamo scambiati i cellulari.”

-“Uhm, ciao! Infatti mi sembrava che la suoneria non fosse esattamente come la mia! Ed anche il colore… il modello! Già, io non avrei preso un telefono così.” – pensai se era il caso di arrabbiarmi perché aveva quasi insultato il mio oppure se prenderla sul ridere… alla fine scelsi la seconda opzione.

-“Si, beh… abbiamo gusti diversi in fatto di telefoni. Comunque io del mio ho bisogno… e suppongo che anche tu, con tutti gli impegni che avrai. Quindi stavo pensando se stasera hai da fare, magari domani mattina ci incontriamo da qualche parte, prima di andare al lavoro. Oppure puoi passare dalla libreria. Fai tu, insomma.” – in verità avevo la voce che mi tremava leggermente. Diciamo che avevo voglia di vederlo, ovviamente, ma nello stesso tempo non volevo. Ero completamente folle, credo! Chi non vorrebbe rivedere Alexi Laiho? Però d’altrocanto io non lo consideravo come tale. Per me lui era semplicemente Alexi.

-“Credo che passerò domattina da te. In-intendo in libreria.” – sbaglio o era un tantino agitato il ragazzo?

-“Si, d’accordo! Quando vuoi. Ci vediamo, allora! Grazie. Ciao!”- salutai molto velocemente e chiusi di scatto la conversazione.

Poco dopo aver concluso la nostra “chiacchieratina”, al telefono di Laiho arrivarono un paio di messaggi. Ovviamente m’imposi di non guardarli e decisi di spegnerlo, però esso cominciò a suonare e sul display comparve il nome Tuomas Holopainen… Ecco, chiederei a qualsiasi fan dei Nightwish cosa avrebbe fatto se fosse stato al mio posto. Sicuramente avrebbe risposto, no? Ed io l’ho fatto! Non potevo resistere, d’altronde erano uno dei miei gruppi preferiti!

-“Pronto?”- Ero estremamente nervosa e credo che si sentisse dall’altro capo.

-“Ehm ciao! Scusa, cercavo Alexi. Me lo passi?” – Tuomas, il grande tastierista, era molto tranquillo. Probabilmente era abituato a sentire ragazze rispondere al telefono del suo amico. Ma la mia era solo un’ipotesi.

-“Non c’è. In realtà per sbaglio ci siamo scambiati i telefoni!”

-“Oh, accidenti! E’ piuttosto urgente! Non è che sai come raggiungerlo?” – immaginai il suo volto deluso, quindi decisi alla fine di dargli il mio numero, con un po’ di eccitazione… in fondo era bello pensare che Tuomas l’avrebbe avuto, anche se probabilmente non l’avrebbe usato che per quella sera.

-“Ehi, grazie mille! Mi salvi la vita! Ciao!”

Accidenti, in pochi giorni avevo incontrato Laiho e parlato con Holopainen. Stentavo a crederci, però mi rendevo anche conto che probabilmente tutto sarebbe finito l’indomani mattina.

 

Stavo mettendo a posto dei nuovi arrivi, quando sentì il solito scampanellio della porta che veniva aperta. Era un suono dolce… Comunque alzai la testa dalla valanga di romanzi e mi trovai a guardare Alexi negli occhi. Infatti si era abbassato di fianco a me ed era pericolosamente vicino… troppo, veramente troppo. Mi sentì arrossire lievemente e mi sbrigai ad alzarmi e fare finta di dover tornare al computer dietro il banconcino.

-“Ehi! Ciao! Uhm… senti, non volevo rispondere al tuo telefono ieri sera, però prima che avessi il tempo di spegnerlo…” – mi bloccò subito, quindi probabilmente già sapeva quello che volevo dire.

-“Già, non preoccuparti! Tuomas mi ha raggiunto.” – fece un sorrisino che per qualche motivo mosse qualcosa dentro di me. Pensai di essere preda di una leggera cotta, stile adolescenziale.  –“Comunque ha detto che hai una voce carina. Credeva che stessimo insieme.”

-“Oh” – mi scappò detto, anche se in realtà non volevo dire nulla prima che lui avesse finito.

-“Gli ho detto di no. Però ho aggiunto anche che stasera ti portavo a una festa.”  - continuava a sorridere. M’incantai a guardarlo. Poi mi resi conto che mi stava invitando.

-“Oh… beh. Sei sicuro che accetterò. Uhm… non voglio distruggere le tue speranze, quindi, si, dai! Vengo!”

-“Bene. Ti passo a prendere stasera, se mi dai il tuo indirizzo.” – ci scambiammo telefoni, gli diedi il mio indirizzo e mi chiese anche il mio numero “in caso non trovasse il posto giusto.” . Sorridendo glielo diedi.

La giornata al lavoro era andata piuttosto bene, finchè Marko non mi disse che doveva diminuire il mio stipendio. Forse la libreria non andava bene come credevo.

-“E’ che ci sono state parecchie spese e poche entrate. Non so se sarà solo per qualche mese, o a tempo indeterminato, però mi vedo costretto a farlo. Mi dispiace Leena… spero che comunque continuerai a lavorare qui. Sei la mia dipendente preferita!” – lo disse sorridendo.

-“Uhm, si, si! Anche perché sono la tua unica dipendente! Comunque non potrei abbandonare te e questo posto nel momento del bisogno, anche se starò parecchio stretta col denaro. In fondo ci sono affezionata!”

Tornata a casa trovai altre brutte sorprese: bolletta dell’acqua, bolletta della luce e affitto da pagare. Ero in arretrato di circa due mesi ed il proprietario cominciava ad innervosirsi! E io non sapevo come cavarmela… mi sedetti o per meglio dire mi lasciai cadere sul divanetto nel soggiorno e tentai di calmarmi leggermente, respirando profondamente. Ero decisamente nei guai; cercando di trovare un modo per pagare tutte le spese, penna e foglio in mano, sentii il campanello suonare.

“No… non ora!” – pensai tra me e me, andando ad aprire la porta.

Mi trovai davanti Alexi, come avevo temuto, pronto ad andare. Probabilmente si aspettava che lo fossi anche io, ma il vedermi in magliettina e jeans quasi distrutti, con solo i calzini ai piedi ed i capelli tenuti insieme da una matita, credo che lo avesse deluso.

-“Ehm… ciao! Vieni così, per caso?”

-“Ciao! No, scusami, ho perso totalmente cognizione del tempo, stavo facendo alcuni conti e mi sono distratta parecchio. Però guarda, mi è passata anche la voglia di festeggiare.” – glielo dissi con una smorfia sul volto; avevo paura che si arrabbiasse. Invece mi dovetti ricredere!

-“Non fa nulla. Ma sei sicura di non voler staccare un po’ la spina? Dai, andiamo, beviamo qualcosa e se vuoi tornare a casa ti ci riporto! Almeno non pensi ai conti.” – l’ultima parola la pronunciò con leggero disgusto.

Mi faceva ridere anche quando non voleva. Però mi aveva convinta, quindi gli chiesi di aspettare nel salotto, mentre mi preparavo; anche se non sapevo assolutamente cosa mettermi. Alla fine, disfacendo mezzo armadio e facendo letteralmente esplodere l’altra metà, ero pronta: maglia nera abbastanza attillata, con un disegno strano sulla schiena, che non avevo mai capito, ma che mi piaceva, un paio di jeans a sigaretta grigio-neri ed una cintura nera con le borchie; come scarpe alla fine avevo scelto delle decolletè nere, che però avevano poco tacco e capelli “arruffati” ad arte completavano l’opera. In teoria ero total black, quindi prima di uscire scelsi un paio di orecchini a perla bianchi ed una collanina con un ciondolo bianco. Anche il trucco era davvero riuscito. E avevo fatto tutto in circa dieci minuti… Era stata una cosa piuttosto frenetica, perché mi stavo lavando i denti con una mano e con l’altra mi davo il mascara.

Uscendo dalla stanza vidi che Alexi stava guardando il foglio sul quale stavo lavorando poco prima. Mi fece innervosire un po’ questo fatto, ma lasciai perdere e chiusi la porta, facendolo tornare alla realtà.

-“Accidenti.” – sussurrò Alexi quando mi vide.

Non nego che mi fece piacere, però m’imbarazzò anche. Ero fatta così: mi imbarazzavo facilmente, anche se cercavo di fare la parte della menefreghista e della fredda. Semplicemente con alcune persone non ce la facevo a fingere. Purtroppo ero fatta così! Per molta parte della mia vita ero stata costretta a fingere: dicevo si, mentre pensavo no. E dicevo no mentre pensavo si. Tutto perché avevo paura di deludere le persone e perché avevo bisogno di mantenere i miei spazi e la mia vita sotto controllo. Si, finchè non ce la feci più e me ne andai.

-“Andiamo?” – chiesi, per distogliere la sua attenzione da me.

Ci incamminammo e per un po’ nessuno parlò. Ma credo che andasse bene anche a lui, non solo a me. Forse una di quelle persone con la quale si può stare anche in silenzio. E alla quale non pesi questo fatto. D’un tratto mi ricordai che non sapevo dove fossimo diretti, quindi glielo chiesi.

-“Oh, beh, un mio amico organizza questa cosa poco distante da qui, per festeggiare la riuscita del loro nuovo cd. Hanno appena vinto un premio e dato che ci sono stati parecchi cambiamenti nelle loro vite lavorative e non solo, hanno deciso di festeggiare.” – rimase vago con quella risposta.

Avevo pochi indizzi: l’amico faceva parte di una band, che ha cambiato qualche membro probabilmente ed avevano appena vinto un premio… un nome mi saltò immediatamente in mente, ma non mi feci nessun viaggio mentale malato come facevo solitamente, perché non volevo sperare una cosa, per poi venirmi a trovare davanti a tutta un’altra situazione. Aspettai di arrivare davanti alla porta d’ingresso, prima di cominciare anche a dubitare di un migliaio di cose, tipiche di me: vestiti, capelli, l’esserci proprio andata. D’un tratto vidi la porta aprirsi e mi dissi:

“Accidenti, ok, calma, calma!”

Infatti mi ero ritrovata davanti la stessa persona con la quale avevo scambiato qualche parola la sera prima, per telefono.

-“Ciao Tuomas! Te l’ho detto che venivamo!” – salutò Alexi.

-“Si, ho visto! Sono contento di vederti e tu sei Leena, giusto? Piacere!” – mi salutò lui e mi diede la mano. Per pochi istanti rimasi immobile, prima di decidermi a stringere la sua.

L’imbarazzo crebbe in me quando Tuomas si fece da parte per farci entrare nell’appartamento e vidi tutte le persone che erano presenti. Intanto vidi Jukka ed Emppu, sempre componenti dei Nightwish. Avrei voluto incontrare Anette per parlare con lei e principalmente conoscerla. Mi incuriosiva, non solo per la sua voce ma anche per come aveva preso posto nella band, dopo Tarja. Quando la vidi tra la folla chiesi ad Alexi se poteva farmela conoscere. Ok che mi stavo ambientando però ero ancora un tantino a disagio nella nuova situazione che stavo vivendo. Lui non si fece pregare e ci avvicinammo a lei.

Dopo aver parlato con lei ed essermi bevuta qualche alcolico che mi fecero sentire subito a mio agio, tornai a cercare Alexi e lo trovai che stava bevendo della birra con Tuomas ed un altro (forse) musicista che non avevo mai visto in vita mia. Guardando il tavolino davanti a loro, vidi che avevano bevuto abbastanza: c’erano parecchie bottiglie di birra, una vuota di Jack e qualche altra bottiglia di cui non compresi il nome. Pensai se era il caso di andare lì da loro o farmi un altro giro, conoscendo nuove persone. Alla fine fu proprio lui a scegliere per me, perché mi chiamò.

-“Vieni qui!” – disse un po’ biascicando, ma ancora prevalentemente lucido.

Io mi sedetti… anche se mi sentivo un po’ un cagnolino che obbedisce fedelmente al padrone. Lo so che non era la situazione, però anche se non volevo io gli rispondevo sempre di si e se mi chiedeva di fare qualcosa la facevo.

“Forse è il caso di staccare la spina al mio cervello” – pensai, sedendomi.

Non bisogna sempre studiare ogni minima situazione o cosa, delle volte bisogna solo lasciarsi andare. E non pensare. Quindi fu quello che feci.

Non pensai mentre mandavo giù robacce che nemmeno mi piacevano. Non pensai nemmeno quando Alexi mi prese per il polso e mi portò in un corridoio meno affollato. E non pensai nemmeno quando iniziammo a baciarci.

Sentivo le sue mani sui miei fianchi, un secondo ferme e l’altro che mi stringevano. Sentì anche il suo fiato caldo sul mio collo, sfiorarmi piano, poi salire fino alle mie labbra. Un bacio rude mi fermò il fiato. Fu forse in quel momento che ricominciai a ragionare.

-“Mh… aspetta…” – tentai di mormorare, però non mi lasciò finire. Dischiusi nuovamente le labbra e corrisposi al bacio, le nostre lingue che lottavano.

Finimmo addosso ad un muro e le sue mani risalirono la mia schiena, facendomi nascere un brivido piacevole. Sentivo il cuore che battere a mille, volevo ma non volevo. Quando si allontanò leggermente dal mio corpo mi resi conto che non ci eravamo appoggiati contro un muro, ma contro una porta. L’aprì e vidi una stanza da letto. Sapevo cosa sarebbe accaduto da lì a poco, se non avessi fatto nulla per impedirlo. E non sapevo nemmeno se volevo impedirlo. Guardando Alexi mordersi il labbro inferiore capì che volevo la stessa cosa che voleva lui.

Gli presi la mano sinistra e lo tirai dentro la stanza, verso di me. Con calma chiusi la porta e mi avvicinai a letto. Lui mi prese e mi fece sdraiare, mentre mi toglieva la maglietta, sbrigandosi, come se ne andasse delle nostre vite togliere quegli abiti ormai diventati inutili, superflui. I baci divennero sempre più intensi, le carezze meno delicate e sospiri riempirono la stanza. Si sentiva ancora la musica provenire dall’altra parte della casa, ma non ci facevamo realmente caso. Entrò in me, piano, come fosse premuroso quasi, ma poi tutto divenne sempre più intenso…  Quando raggiunsi il culmine intrecciò le sue dita con le mie. Sfiniti ci rilassammo entrambi sul letto caldo. Rimasi alcuni istanti in silenzio. Stavo per chiedermi se era stato tutto un errore, quando lui disse:

-“E’ stato bello…” – la sua voce era ancora un po’ incerta, sempre con il respiro corto, come il mio.

Mi ritrovai a sorridere, scioccamente forse. Però era stato bello anche per me.

-“Hai visto che hai fatto bene a venire?” – una risata profonda mi fece alzare gli occhi e lo guardai negli occhi. Vedendo il suo volto stanco ed allegro fece venire voglia anche a me di ridere.

-“Cretino” – sussurrai, invece.

Fine Chapter.

Chiedo perdono, in ginocchio, mi sto prostrando davanti a voi lettori, anche se non potere vedermi!!!
E' passato qualcosa come un anno dall'ultimo capitolo postato, quindi scusatemi, scusatemi, scusatemi!!!!!!!
Grazie alle fantastiche persone che hanno recensito! Vi adoro, all of you =)
LaTuM, Martiguns, Ginny, AnAngelFallenFromGrace, Amaya, saracanfly, AliDiPiume!
Piccolissima nota: saracanfly: grazie per la recensione, però devo assolutamente impedirti di considerare questa storia come un scusa ma ti chiamo amore. Nulla da togliere al film, libro, quello che è, ma davvero...mi dispiace, è tutt'altro! Grazie comunque, davvero!

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