Il marionettista della camera 613

di A i l a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 

 

La sera era così bella. Sì, bella. Non riusciva a trovare un aggettivo migliore per descriverla in tutta la sua magnificenza.

Il cielo si tingeva di colori ogni volta diversi, ma sempre splendidi. All'orizzonte si riscontravano tonalità calde, solitamente sull'arancione, mentre alzando lo sguardo al cielo, si ammirava un azzurro intenso.

Quando il sole tramontava e l'aria si faceva più fresca, i bambini correvano a casa, in attesa della cena. Si sentivano in lontananza, infatti, le voci delle mamme, che richiamavano i figli.

Fosse stato per quei marmocchi, sarebbero rimasti fuori a far baccano ancora un bel po'.
Eppure a lui non importava molto del fracasso che facevano i fanciulli.

Anche se di indole impaziente e rigida, Sasori riusciva ad andare abbastanza d'accordo coi bambini. Li guardava restando impassibile, talvolta facendo commenti acidi, eppure, sotto sotto, non gli dispiacevano. Spesso li osservava con aria nostalgica, come se quelle vocine gli schiarissero i ricordi ormai sbiaditi, di un'infanzia che c'era mai stata.
Una serie di pensieri investivano quel giovane dai capelli rossi, seduto sulla solita panchina sotto un albero di mele, quando ammirava il venir della sera in estate.
Ormai era affezionato a quel parco, gustava ogni singolo dettaglio che lo costituiva come solo un artista sapeva fare.

Vederlo cambiare ogni giorno, lo faceva stare tanto male quanto bene.
Era sempre stupendo ammirare il cambiamento, in modo tale da non cadere nella mediocrità e nella monotonia, eppure percepiva una nota di nostalgia verso il paesaggio precedente.
Era dell'idea che l'arte dovesse essere qualcosa di incantevole che rimanesse nel tempo, e vedere come la natura – protagonista di molte opere – cambiasse così velocemente, lo faceva sentire strano.
Non amava dipingere nature morte, non amava sentirsi un assassino.

Eppure, forse, era per davvero un carnefice, anche senza rendersene conto.

Sotto la panchina, accanto ai suoi piedi, si trovava una valigetta nera che portava sempre con sé. Al suo interno si trovavano le sue opere, le sue tanto amate marionette.
Tanti brutti ricordi si celavano dietro quelle bamboline. Non aveva il coraggio di sbarazzarsene e lasciare il suo passato nel passato, preferiva nascondersi dietro a delle maschere, anche se non era bravo a crearle, poiché mancavano di credibilità ed emozione.
Emozioni, ecco, erano queste che man mano distruggeva quando, grazie a all'utilizzo della bautta, fingeva un broncio o un sorriso, a seconda delle situazioni.
Smettere di essere un marionettista significava perdere la poca spontaneità che gli restava, uccidendo ciò che era veramente.
Mentre questi pensieri gli offuscavano la mente, il Sole aveva ormai lasciato spazio alla Luna; era sera inoltrata.

Le margherite che costellavano il prato si erano chiuse, anche loro in attesa della notte.
Mentre tutto calava nelle dolci grazie dell'oscurità, si accendeva qualche lampione dalla luce tremante.
Il mondo si era spento, e al ragazzo non restava che prendere la sua valigetta, chiudersi il cappotto e dirigersi verso casa, dietro l'angolo, secondo palazzo, quinto piano, stanza 613.

 

 

L'angolo dell'autrice

Salve a tutti! Finalmente sono tornata anche sul fandom di Naruto, dopo una lunga assenza. :)
Cos'è questo? Nulla di che, solo un piccolo esperimento... sono proprio curiosa di vedere se andrà, o no, a buon fine, dato che è la prima volta in assoluto che scrivo qualcosa su Sasori.
Spero vivamente che l'inizio vi sia piaciuto!
Come al solito, vi invito a lasciare una piccola recensione, per avere un vostro parere e per segnalarmi eventuali errori, di qualunque genere ;)
Ok, non mi dilungo troppo, altrimenti non mi stacco più dal computer ^^”
Un bacione,

Aila



 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***







Dopo una giornata straziante, era finalmente a casa, nel suo appartamento.
Una volta entrato, buttò le chiavi nel solito cestino e tastò il muro, alla ricerca dell'interruttore.
C'era un silenzio di tomba, finché il ragazzo non accese la luce del salotto. Questa continuava a fare un rumore fastidioso che, all'inizio, dava sui nervi, ma dopo un po' ci si faceva l'abitudine. Lui viveva lì da quasi tre anni, ormai non faceva neanche più caso a quel brusio.

A
ttraversò il salotto e si diresse verso un corto corridoio. Girò a destra, verso il suo laboratorio, ovvero dove dava vita alle sue opere, le famose marionette.
A prima vista poteva apparire una stanza piuttosto caotica, ma, dopo un'osservazione più accurata, si poteva notare che seguiva un certo ordine.
Le finestre erano chiuse, serrate, mentre sul soffitto si trovava una lampadina che emanava una luce fioca.
Sulle pareti della camera, si ammiravano i capolavori ormai terminati del ragazzo, invece sul tavolo che si trovava nel centro, c'erano le membra ancora da assemblare.
In un angolo, non molto lontano dalla finestra, si trovava la scrivania del ragazzo, imbandita di scartoffie e progetti molto particolari, studiati nel dettaglio.
Su una mensola, inoltre, si trovava una piantina appassita. Alla sua vista, veniva spontaneo chiedersi se Sasori non strappasse la vita a coloro che avevano il privilegio di possederne una, per infonderla nelle sue opere.

Quella stanza aveva davvero qualcosa di inquietante.
Sarà l'atmosfera tetra, l'aria abbastanza pesante che si respirava, i manichini appesi ai muri... Era tutt'altro che rasserenante, però il ragazzo non poteva permettersi nulla di più che un arredamento spartano.
L'arte non era ancora il mezzo con cui riusciva guadagnarsi il pane e, con ottime probabilità, non lo sarebbe mai stato.
Nessuno è interessato a spendere i propri guadagni nelle sue bamboline e, d'altro canto lui non era disposto a cederle a degli sconosciuti, indipendentemente dalla somma che erano disposti ad offrire – anche se, coi tempi che correvano, trovarsi in tasca qualche spicciolo in più gli avrebbe solo fatto comodo -.

Una parte di sé, il suo spirito, è sempre stata legata a quelle bamboline inanimate.
Non riusciva a staccarsene, per questo la sua carriera d'artista non fruttava alle sue finanze. Infatti, spesso le entrate erano impiegate esclusivamente per pagarsi gli studi, l'affitto e comprare il materiale necessario per creare le sue marionette.
Impegnando anima e corpo alla loro creazione, allontanarsene significava essere privato del soffio vitale che gli aveva generosamente donato.

Sarebbe rimasto bloccato a lavorare in quella bottega che vendeva pezzi d'antiquariato ancora per un po', almeno finché non avesse trovato un'occupazione migliore.
Dopotutto, quella vita non gli dispiaceva poi tanto.
Non poteva chiedere nulla di meglio che continuare a costruire marionette e arricchire la sua collezione, lasciandosi vivere; tutto il resto faceva solo da contorno.
La sua arte dava sfogo a una parte di sé che non riuscirebbe ad esprimere attraverso altre forme.
Non c'era nulla di più spettacolare, per lui, che creare emozioni e bellezza dal nulla.
Fino al momento in cui l'ispirazione non l'avesse definitivamente abbandonato, poteva ancora dirsi vivo.


 

L'angolo dell'autrice

Salve a tutti! :)
Che bello, qualcuno è arrivato a leggere fino a questo punto, ahahah ;)

L'aggiornamento è stato un po' sofferto - senza contare il ritardo -, ma eccomi qui, finalmente, col secondo capitolo dei questa storia.
Non so per quale motivo, mi sono sentita ispirata a scrivere questo pezzo mentre stavo ascoltando "Bohemian Rhapsody" dei Queen xD
Coerenza zero, però spero vivamente che il seguito del mio "esperimento" vi sia piaciuto.
Volevo ringraziare coloro che hanno recensito il capitolo precedente, aggiunto la storia nelle seguite/ricordate/preferite e, naturalmente, anche i lettori fantasma!
Anche questa volta, se vi va, vi invito a lasciare una piccola recensione per leggere il vostro parere, e farne tesoro.

Spero di poter aggiornare presto! ^^
Un abbraccio,

Aila







 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***





Rimase qualche minuto ad osservare la propria collezione, come al solito. Scrutava le marionette, una ad una, e più le guardava, più immaginava cosa avrebbero pensato i suoi genitori di quei lavori a cui era tanto legato.
Sasori era rimasto orfano quando era ancora bambino; nella sua memoria, non erano rimasti impressi molti momenti passati in loro compagnia, come una normale famiglia felice,
normale. Li conosceva solo grazie alle storie che sua nonna era solita raccontargli e a qualche ricordo frammentato.
Non amava parlare dei suoi genitori, non gli piaceva riesumare il passato, tanto meno far pesare le sue disgrazie su altri.

Lasciava che fosse la sua arte a parlare del suo passato.

Anche amando i suoi capolavori, il ragazzo dai capelli rossi non riusciva a non provare una nota di disgusto nell'osservare quei ricordi che aveva plasmato con le sue stesse mani.
Ogni manichino non solo portava con sé un bagaglio ricolmo di false speranze e vecchi rancori, ma anche l'immagine cristallina di una determinata situazione, accompagnata dal fantasma di quelli che erano i suoi sentimenti.

Rimembrava perfettamente quando, da bambino, osservava la nonna che lavorava nel suo studio, sognando di possedere le sue stesse abilità. Guardandola con occhi colmi di stima e sguardo indagatore, aveva imparato a maneggiare gli attrezzi e ad assemblare le componenti.

Una sera si recò nel suo laboratorio, inizialmente solo per curiosità. Frugando tra gli aggeggi e dando un'occhiata più da vicino ai fantocci costruiti della donna che lo teneva in custodia, si sentì invadere da un'ondata di emozioni. Nostalgia, angoscia, antiche gioie... tutto questo solo nel metter mano in quegli schizzi confusionari o rivolgendo lo sguardo verso ogni singola opera. Nessuna faceva eccezione.
Quel marasma di sensazioni, che gli aveva procurato un batticuore irrefrenabile, era la spintarella di cui Sasori aveva bisogno per trovare la propria strada.

Non ci pensò due volte: afferrò un foglio di carta e una matita, pescati a caso da quel mare di carte, e cominciò a disegnare il suo progetto, per poi renderlo materiale.
Lavorò tutta notte, riuscendo a dare una forma a quel pensiero che lo tormentava ormai da tempo: i burattini che aveva forgiato raffiguravano suo padre e sua madre.

Essendo le sue prime marionette, nonostante la tecnica fosse quasi eccellente, si notava che c'era lo zampino di un principiante. Da quei corpi curati nel dettaglio e dai tratti disegnati minuziosamente, si poteva scorgere l'alba di un grande talento.

Talento che in futuro sarebbe stato apprezzato solo da pochi.
L'arte delle marionette, in passato, aveva riscosso molto successo nella sua città natale, Suna, ma ora il numero di marionettisti stava diminuendo notevolmente e con loro anche i seguaci.

Ciononostante, Sasori è sempre stato supportato da sua nonna e spinto a proseguire il suo cammino per diventare un artista di successo.

Col tempo, però, si accorse che il suo sogno era quasi irrealizzabile.

Il ragazzo rimase immobile per qualche minuto, immerso nei propri pensieri. Essendo troppo legato al passato, non riusciva a proiettarsi nel futuro; si sentiva tremendamente insicuro riguardo all'avvenire e riguardo a ciò che ne sarebbe stato di lui. Questi timori, naturalmente, erano ben nascosti sotto la maschera che si ostinava a portare ventiquattro ore su ventiquattro. Ormai non se la toglieva neanche quando era da solo, per questo motivo, spesso, questa era sul punto di frantumarsi. Oh, quanto invidiava le marionette! Quegli affascinanti manichini potevano essere e restare una cosa sola, una soltanto, non un miscuglio di emozioni mal amalgamate e appiccicose come gli esseri umani.
Cercò di distrarsi da quei pensieri scuotendo un poco la testa.

Uscì dal proprio laboratorio, spegnendo la luce dietro di sé, e dirigendosi verso la camera da letto.
La quiete della sera era passata, ora c'erano le tenebre notturne ad aspettarlo. Non voleva affrontarle, o almeno non questa volta. Desiderava solo addormentarsi il prima possibile, mettendo la parola “fine” al termine di un altro giorno.

 



 

L'angolo dell'autrice

Buongiorno a tutti!
Finalmente sono riuscita ad aggiornare anche questa storia con... *ugh*, solo quattro mesi di ritardo! *vergogna alle stelle*
Mi scuso per avervi fatto aspettare così tanto, davvero! Sono stata molto irresponsabile ^^”
Eppure, chi mi conosce lo sa: Aila è sempre in ritardo.
Questa volta, però, mi hanno tenuta occupata delle cause di forza maggiore quali:

1.
scuola
2.
studio intensivo di matematica
3.
preparazione ad una certificazione di inglese
4.
ancora scuola

Adesso, con l'arrivo dell'estate, conto di aggiornare più frequentemente! :D
Ne approfitto per mandare un bacio alla cara Brave che mi supporta (sopporta?) sempre e che riesce addirittura a reggere una come me. :')
E naturalmente un grande ringraziamento è destinato anche a voi che leggete e recensite questa storia! Grazie di tutto cuore ♥
Spero di ricevere i vostri pareri riguardo la storia anche in questo capitolo ^^
Grazie ancora, un abbraccio, ♥

 

Aila




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