Lettere da Hogwarts

di Isidar Mithrim
(/viewuser.php?uid=4502)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di missive, felini e promesse ***
Capitolo 2: *** Di Fichi, abbracci e rospi ***
Capitolo 3: *** Di Matilde, Guerra e Pace – Prima parte ***
Capitolo 4: *** Di Matilde, Guerra e Pace – Seconda parte ***
Capitolo 5: *** Di Mollicci, Gobbiglie e cipresso ***



Capitolo 1
*** Di missive, felini e promesse ***


{Partecipa al contest ‘Ciò che non ci han detto’ indetto da visbs88 sul forum. Pacchetto Aria.
Obbligo: il protagonista della storia deve avere età compresa tra i dieci e i vent'anni.
Divieto: il protagonista della storia non deve perdere qualcuno che ama.}


Il primo l’ho scelto perché ha vissuto per troppi anni nell’illusione di essere un mago.


Di missive, felini e promesse



Stava addentando un delizioso biscotto alla nocciola quando il vecchio gufo planò incerto dentro la loro cucina e si fermò sul tavolo, proprio davanti a lui.
Gus gioì entusiasta e si apprestò a liberare la lettera dalla zampa del gufo, che approfittò subito del biscotto abbandonato sul tavolo.
In altre circostante Gus si sarebbe molto risentito, ma la voglia di aprire la lettera era tale che nemmeno se ne rese conto.


Cannoni del Chudley
Corso estivo di Quidditch per giovani principianti

La scopa continua a disarcionarti, ma sogni di diventare il Capitano della squadra di Quidditch della tua Casa?
Non hai mai avvistato un Boccino, ma vorresti battere il record di cattura più veloce?
Hai fallito ogni tentativo di centrare o difendere i due anelli, dimenticandoti che ne esistesse un terzo?
Sei un eccellente battitore, ma i tuoi compagni di squadra continuano a perdere denti?
Allora hai scelto il corso che fa per te! Vola con noi e diventerai un campione!

Comet centoventi in dotazione. Sul retro le indicazioni su orari e luoghi degli allenamenti.


Gus posò mestamente la pergamena senza nemmeno girarla, la gioia che sfumava repentina.
Dopo l’ennesima umiliazione sul campo da Quidditch, la madre gli aveva suggerito di iscriversi a quello stupido corso pubblicizzato alla radio. Vedrai che la scopa comincerà a darti retta, con un po’ di esercizio, gli aveva garantito. Lui era rimasto scettico, prima che lei aggiungesse una promessa troppo bella per essere ignorata. A Hogwarts farai un figurone.
Aveva mandato la lettera carico di ottimismo e buoni propositi, eppure non riuscì a rallegrarsi per la notizia.

§

“Guardate! La lettera di Hogwarts!” aveva urlato Mike estasiato una settimana prima, correndo incontro agli amici e sventolandola fiero. Avevano passato il pomeriggio a chiedersi in che Casa sarebbero stati smistati e a fantasticare sui nuclei delle loro future bacchette, scommettendo su quante ne avrebbero dovute provare prima di trovare quella giusta. La mattina dopo erano stati John e suo cugino Rick a festeggiare, quindi era toccato ad Alan.
“E la tua lettera?” aveva chiesto Micheal il giorno seguente, senza malizia nella voce.
“Mia madre dice che arriverà presto” inventò Gus, usando un tono di sfida per mascherare la subdola angoscia che cresceva dentro di lui giorno dopo giorno.

“Quando arriverà?” aveva domandato a casa, durante il pranzo.
“Presto, tesoro.”
La madre gli aveva sorriso incerta, prima di tornare a chinarsi sul piatto.

§

Il ragazzo trasalì quando la madre entrò in cucina.
“Gus, sappi che non uscirai fino a quando non avrai messo in ordine la tua…”
Le parole le morirono in bocca, appena notò la lettera nelle mani del figlio.
“Merlino… è arrivata! È arrivata!” esclamò entusiasta, correndo a stritolare il figlio in un abbraccio.
“Oh, Gus, sono così fiera di te! Vedrai che a Hogwarts sapranno insegnarti le magie più incredibili!”
Solo quando si staccò dall’abbraccio notò l’espressione tetra del figlio.
“Amore, non devi preoccuparti” gli sorrise dolce, carezzandogli una guancia. “È  normale avere paura.”
“Non è la lettera di Hogwarts” mormorò Gus con voce incrinata.
“Cosa?”
“Non è la lettera di Hogwarts!” gridò il ragazzo con disperata frustrazione.
Agatha si irrigidì. Lo guardò per un secondo, quindi prese la lettera e la scorse rapidamente con gli occhi. Il suo entusiasmo si volatilizzò in un attimo.
“È solo lo stupido corso di Quidditch a cui hai voluto farmi iscrivere!” le rinfacciò Gus prima di scappare in camera per gettarsi sul letto.


“Vattene via!” le urlò quando lei si affacciò alla porta.
La madre ignorò la sua protesta e gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui.
Gus si girò ostinato verso il muro e strofinò il naso contro la maglietta per asciugarlo.
Quando lei prese a carezzargli dolcemente il capo, però, la rabbia cominciò a sfumare, lasciando il posto a una profonda tristezza.
Silenziose lacrime ripresero a scorrere sulle guance di Gus, che alla fine si ritrovò a soffocare i singhiozzi cullato tra le braccia della madre.
“Vedrai che arriverà” gli promise lei.
Per Gus fu fin troppo semplice illudersi che fosse vero.


“Sabato Rick va a comprare i libri e tutto il resto” buttò là durante il pranzo. “Possiamo andare anche noi?”
Agatha esitò, prima di rispondere.
“Perché io e te non andiamo venerdì, invece?”
“Ma io volevo andare con Rick!”
“Sabato c’è sempre così tanta gente…” insisté la madre.
“Ma io non ho la lista.”
“Chiederò a zia Agnes di farmene avere una copia” sorrise Agatha.
“E va bene…” concesse Gus sbuffando.

*

Gus uscì dal Ghirigoro con il calderone in peltro nuovo di zecca colmo di libri.
“Ora manca solo la bacchetta” esclamò con entusiasmo.
Il sorriso tirato che aleggiava incerto sulle labbra di Agatha svanì, mentre il figlio trotterellava allegro verso il negozio di Olivander.
Gus posò le mani sulla vetrina e guardò ammaliato gli scaffali colmi di piccole, impolverate scatole.
“Guarda quante, mamma! Dai, entriamo!”
Stava per aprire la porta quando Agatha lo trattenne.
“Non… Non sarebbe meglio aspettare che ti arrivi la lettera, prima di comprarla?”
“Perché?”domandò lui, stranito.
La madre deglutì.
“Be’, nessuno compra mai la bacchetta prima di ricevere la lettera.”
“Ma io ho undici anni! Voglio cominciare a fare degli incantesimi!”
“Lo sai che i minorenni non possono compiere magie fuori dalla Scuola, Gus.”
“Tutti i miei amici le hanno fatte! Alan è caduto dalla scopa ed è rimbalzato, John una volta ha rovesciato l’aranciata addosso a Rick, ma lui non si è bagnato. Mike ha fatto sparire le macchie di fango dai pantaloni nuovi perché aveva paura che la mamma lo sgridasse, e –”
“Questi non sono veri incantesimi, Gus. È normale che da bambini ogni tanto capiti di fare delle magie accidentali… Il Ministero chiude sempre un occhio, in queste circostanze, ma è molto severo quando i maghi minorenni usano la bacchetta fuori da Hogwarts.”
“Non è vero che è normale” commentò Gus amareggiato. “A me non è mai successo.”
“Gus… Tutti i maghi fanno delle magie senza volerlo, quando sono piccoli. Alcuni cominciano quando non hanno ancora un anno, altri a due, quelli che iniziano più tardi perfino a sette. Ma prima o poi a tutti i maghi capita, anche ai Nati Babbani.”
“Ma a me non è mai capitato!” insisté Gus, testardo.
“No.” Agatha fece un respiro profondo, gli occhi che si inumidivano. “Perché tu… tu non sei un mago.”
Gus la guardò come se l’avesse appena pugnalato alle spalle.
“Io… certo che sono un mago…” sussurrò.
La madre scosse la testa.
“Mi dispiace così tanto, Gus…”
“Io sono un mago!” esclamò lui, piangendo lacrime di rabbia.
Agatha lo prese per le spalle, ma lui si divincolò e scappò via di corsa, mentre il mondo gli sembrava crollare a pezzi.

*

Gus piangeva rannicchiato in un vicolo quando sentì qualcosa di umido sfiorarlo.
Alzò gli occhi, sorpreso, e vide un tenero micio strusciare il nasino sul dorso della sua mano.
Quando Gus lo accarezzò, il gattino miagolò piano e sollevò il muso per guardarlo, strappandogli un sorriso.
“E tu da dove spunti?” gli chiese il ragazzo, grattandolo dietro le orecchie.
Il miagolio di risposta fu coperto dal rumore di passi affrettati.
Una ragazza con i capelli biondo cenere spuntò all’ingresso della stradina, correndo trafelata.
“Eccoti, Pallino!” gridò sollevata quando vide il gatto, prima di fermarsi con una mano premuta sulla milza.
“Ero al Serraglio Stregato e un gattaccio è sfuggito dalle mani della proprietaria e l’ha aggredito” spiegò quando ebbe ripreso fiato. “Se proverà ancora a toccarlo gliele faccio vedere io!”
Gus prese in braccio il gattino e si alzò per darlo alla ragazza.
“Tieni.”
“Grazie” disse lei con riconoscenza, calmandosi un po’. “Per fortuna che l’hai trovato! Mascherina mi avrebbe uccisa se fossi tornata a casa senza di lui.”
“Non sono stato io a trovarlo...” confessò Gus. “È stato lui a trovare me.”
“Strano, di solito non si avvicina agli estranei” disse la ragazza con sospetto. “Comunque ora devo tornare al Serraglio. Se vuoi puoi venire con me.”
Lui si limitò ad annuire e la seguì, strofinandosi gli occhi per cancellare le tracce del pianto, appena lei si distrasse un attimo.
Senza che le chiedesse niente, la ragazza prese a raccontargli dei suoi innumerevoli gatti e non si zittì per l’intero tragitto. Gus la trovò piuttosto fastidiosa e smise presto di ascoltarla, ma continuò a camminare con lei in silenzio, annuendo di tanto in tanto.
Quando entrarono nel Serraglio Stregato la proprietaria lanciò un grido di sollievo, vedendola rientrare sana e salva con il suo micio in braccio.
“Arabella! L’hai trovato, per fortuna!”
“Sì, grazie a questo ragazzo” commentò lei. “A proposito, come ti chiami?”
“Sono Gus.”
“Ma allora sei il bambino che stanno cercando! Tua madre è stata qui poco fa, era preoccupatissima!” esclamò la proprietaria.
Gus si rabbuiò.
“Ben le sta” commentò aspramente.
“Suvvia, giovanotto!” lo rimproverò lei. “Vado subito a chiamarla. Arabella, dovrai pazientare ancora. Appena torno ti farò vedere gli ultimi cuccioli che mi sono arrivati.”
“Non c’è problema” rispose la ragazza.
Gus provò a filarsela appena la signora uscì, ma scoprì con rabbia che aveva sigillato la porta.
“Perché stai scappando da tua mamma?” gli domandò Arabella.
“Perché sì” rispose lui, burbero. “E tu perché conosci la proprietaria?” aggiunse con più gentilezza.
“Ma non mi ascoltavi?” si irritò lei. “Te l’ho detto, ho preso qua tutti i miei gatti. Oggi ero venuta a comprare il settimo.”
“Ma che te ne fai di tutti questi gatti, se a Hogwarts ne puoi portare solo uno?”
Arabella rimase per la prima volta a corto di parole.
“Ecco, io… io non sono mai stata a Hogwarts.”
“E perché?” esclamò Gus sbalordito.
“Perché sono una Maganò, va bene?” lo aggredì lei. “Sono nata senza poteri magici” spiegò davanti alla sua espressione perplessa. “Non ne hai mai sentito parlare o mi stai solo prendendo in giro?”
Gus la fissò in silenzio. Magonò. Dunque era così che si chiamavano quelli come lui…
“Lo sono anche io” mormorò, ammettendolo per la prima volta.
“Oh, scusami. Be’, allora si spiega perché sei subito piaciuto a Pallino, i gatti amano i Magonò.”
“Davvero?”
“Sì, me l’ha detto Albus Silente, i miei genitori lo conoscono. È il Vicedirettore di Hogwarts.”
“So chi è Silente” si offese Gus, che aveva ben cinque copie della sua figurina.
La risposta piccata di Arabella si perse quando la proprietaria rientrò con Agatha al seguito.
“Gus!” esclamò la madre, correndo ad abbracciarlo. “Ero così preoccupata, non ti trovavo da nessuna parte!
Lui assunse un’espressione arrabbiata e non le rispose. Agatha lo guardò costernata.
“Giovanotto, perché non fai compagnia ad Arabella mentre guarda i gattini?” tentò la proprietaria del negozio, a disagio.
Gus la guardò stupito e fece un cenno di assenso con la testa.
La signora portò lui e la ragazza dietro al bancone, facendogli prendere in braccio i cuccioli uno per uno.
“E questo?” domandò Gus sorpreso quando lei saltò una delle gabbiette.
“Questa” lo corresse Arabella. “È lei che ha fatto scappare Pallino” aggiunse irritata.
“Posso vederla?”
La proprietaria fissò Gus sbalordita.
“Ma… ma certo” si affrettò a dire dopo un attimo.
Quando aprì la gabbietta, la gattina mostrò i denti e mosse una zampa con cattiveria, cercando di graffiarla.
“Stupida gatta!” esclamò la signora, ritraendo le mani.
Gus si avvicinò curioso e ignorando lo spaventato ‘No!’ di sua madre si allungò per prendere la micia, che si accucciò docile tra le sue braccia. Presto cominciò a fare le fusa, davanti agli occhi sbalorditi delle tre donne.
“Posso tenerla, mamma?” chiese Gus. “Mamma?” domandò ancora, dopo un lungo istante di silenzio.
“Ma certo, Gus” si riscosse lei. “Certo che puoi tenerla.”

*

La testa di sua madre fece capolino attraverso la porta socchiusa.
“È Rick” disse. “Perché non scendi a salutarlo?”
“Digli che non ci sono.”
“Non… non pensi che ti farebbe bene uscire un po’ con i tuoi amici?” domandò Agatha, titubante.
“Non voglio vederli” rispose Gus ostinato, continuando a carezzare il pelo della sua micia.
“Gus! Vedrai che capiranno. Se solo ci andassi a parlare… Loro ti vogliono bene.”
“Nessuno può voler bene a un Magonò” affermò il ragazzo con freddezza. Poi parve ripensarci. “Tranne i gatti.”
“Gus…”
“Digli che non ci sono” ripeté lui con decisione.
Agatha annuì dispiaciuta, arrendendosi.
 

Gus si rifiutò di vedere gli amici per il resto dell’estate, pur di non ammettere davanti a loro che non avrebbe mai frequentato Hogwarts, che non sarebbe mai riuscito a usare una bacchetta.
Aveva preso l’abitudine di guardarli giocare appollaiato dietro alla finestra, la gatta sempre al suo fianco. Quasi non si era reso conto di aver cominciato a odiarli, così agili sui manici di scopa, così spensierati e allegri, così bravi a ricordargli quanto fosse diverso.
“Un giorno anche noi andremo a Hogwarts” giurò alla sua gatta uno di quei pomeriggi. “E ti prometto che nessuno studente oserà prendersi gioco di Argus Gazza e Mrs Purr.”

***********


Eccomi qui con la mia ennesima raccolta di Missing Moment! =)
Questa volta si parla dell’estate prima dell’ingresso a Hogwarts. Ho in mente altri quattro personaggi, ma aggiornerò senza alcuna fretta.

Venendo alla storia, ho immaginato che la madre abbia tenuto Gus maniacalmente all’oscuro della sua natura, rimandando di giorno in giorno l’occasione di dirgli la verità fino a quando non è diventato indispensabile (almeno ha l’accortezza di non fargli fare questa figura davanti al cugino). Sono convinta che Gus sotto sotto sapesse come stavano le cose, ed è anche per questo che si preoccupa tanto quando non vede arrivare la lettera.
Arabella, se non si fosse intuito, è la mitica signora Figg, la vicina di Harry fissata con i gatti. Ci tenevo a specificare che è da sola perché la madre è andata a sbrigare altre commissioni (ormai sa di poter lasciare la figlia con la proprietaria).
Comunque, lei e Gazza hanno troppe cose in comune per non farli incontrare almeno una volta: entrambi Magonò, entrambi con un certo feeling per i gatti, entrambi – in futuro – assunti/cooptati da Silente, che come sempre ha un occhio di riguardo per gli ‘scarti’ della società^^
Ho pensato che i suoi genitori conoscessero Silente per giustificare il suo contributo per l’Ordine.
Ho immaginato che Argus fosse scarso a Quidditch perché nella lezione di Madama Bumb descritta da JKR si evince che serve un pizzico di magia per volare (‘dite su!’). Ora, un Magonò è comunque più di un Babbano (Gazza vede Hogwarts normale e Arabella vede il Dissennatore), quindi non è che non riesca a volare per niente… ma neanche riesce a farlo bene.
Ho immaginato che Mrs Purr – un po’ come Grattastinchi, che in realtà non è un gatto – avesse qualche caratteristica/sensibilità particolare (d’altronde, non viene mai escluso che possa vedere attraverso il Mantello dell’Invisibilità) e che per questo sia sopravvissuta più del normale; in fondo aveva anche accesso a cure magiche, no? ☺
Per il resto, spero di aver caratterizzato decentemente i personaggi (che essendo molto più piccoli di quando li conosciamo noi per alcuni aspetti sono degli OC…). So che avrei potuto optare per un’infanzia più travagliata (anche perché Gazza è fissato con le punizioni), ma alla fine ho deciso che il dolore della rinuncia al sogno di essere un mago e uno studente di Hogwarts (e la conseguente invidia per chi lo è) basti a spiegare perché è tanto infame nei confronti degli studenti.
Spezzo una lancia in favore dei suoi amici: mi piace pensare che sarebbero rimasti tali, se lui avesse dato loro una chance.

In conclusione, presumo che questa non sia una storia sui cui ‘fangirlare’ o struggersi, ecco, ma spero che risulti comunque piacevole e originale^^

Isidar

Ps ho scelto di inserire il personaggio sorpresa perché mi piaceva l’idea che si scoprisse piano piano chi fosse il personaggio. La mia idea è che si cominci a intuire quando si capisce che è un Magonò, anche se non mi dispiacerebbe se per qualcuno la rivelazione arrivasse proprio sul finale^^


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Di Fichi, abbracci e rospi ***


Il secondo, invece, perché ha vissuto per troppi anni nella convinzione di non esserlo.


Di Fichi, abbracci e rospi

Neville era in giardino a potare il suo Fico Avvizzito dell’Abissinia quando un gufo reale planò verso di lui e lasciò cadere una lettera sulla sua testa, prima di volare via.
Il cuore del ragazzo cominciò a palpitare, mentre fissava la busta in pergamena gialla che era scivolata a terra davanti a lui.
Posò tremante le cesoie e l’afferrò senza nemmeno togliersi i vecchi guanti protettivi, leggendo incredulo il proprio nome e l’indirizzo della casa di sua nonna, scritti in inchiostro verde.
Esitante, girò la spessa busta. Vedere il simbolo di Hogwarts impresso nella ceralacca color porpora fece galoppare il suo cuore ancor di più.
Neville provò goffamente ad aprirla, ma tra la tensione e i guanti in pelle di drago l’impresa si rivelò più ardua del previsto. Alla fine fu costretto a posarla per togliersi i guanti, quindi riuscì finalmente a staccare la ceralacca.
Estrasse il foglio di pergamena e cominciò a leggere.

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Albus Silente

(Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Esorcista, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed. Internaz. dei Maghi)


                  Caro Mr Paciock,
                  siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Neville, le guance rigate dalle lacrime, lasciò che la lettera gli scivolasse via dalle mani, mentre nella testa gli rimbombava una frase che non credeva avrebbe mai sentito in vita sua.
Mr Paciock, ha diritto a frequentare Hogwarts.


Entrò in casa a passi malfermi, la lettera in una mano e la busta nell’altra.
Augusta Paciock leggeva assorta sul divano e non si rese conto del suo arrivo.
“Nonna?” chiamò esitante.
Lei si girò subito verso di lui, vedendolo inzaccherato di terra e con gli occhi gonfi di pianto.
“Cosa hai combinato, questa volta?!” lo rimproverò, alzandosi con un’agilità che stupì Neville, come sempre.
Lui si limitò ad alzare il braccio per porgerle la lettera.
Augusta l’afferrò con decisione e presto anche lei si ritrovò a versare lacrime commosse, avvolgendo Neville tra le sue braccia.
Il ragazzo non poté fare a meno di pensare che essere abbracciato dalla nonna era quasi bello come essere stato ammesso a Hogwarts.

“Dobbiamo festeggiare a dovere!” gli disse Augusta emozionata, quando lo ebbe lasciato andare. “Potremmo invitare tutti lunedì prossimo, il giorno del tuo compleanno!”
Neville annuì, incapace di parlare per la felicità. Non capitava spesso che ci si riunisse per lui, in casa Paciock.
“Bene! Dobbiamo scrivere subito allo zio Algie, sarà entusiasta. E poi dobbiamo mandare un gufo di conferma alla professoressa McGranitt.”

**

La settimana che lo separava dal suo compleanno volò agli occhi del giovane Neville, ancora incredulo per essere stato ammesso a Hogwarts.
Anche se gli ospiti erano per la maggior parte vecchi quasi quanto sua nonna, il ragazzo trovò la serata bellissima, complice il tramonto e il tepore estivo del giardino. Era da quando lo zio Algie non lo aveva fatto cadere dalla finestra e lui era rimbalzato fino in strada, che non sentiva tanti complimenti e incoraggiamenti tutti insieme. Per una volta, si ritrovò a essere al centro dell’attenzione per qualcosa di bello. La sensazione era stupenda e Neville assaporò ogni istante di quel compleanno così felice, tanto che nemmeno la tirata della Signora Marchbanks su quanto avrebbe dovuto studiare per passare i G.U.F.O. lo spaventò. Non tanto, almeno.
Infine giunse l’ora di aprire i regali e la serata prese, se possibile, una piega ancora più bella. Neville ricevette dolci di Mielandia, Inchiostro Invisibile, un set di Gobbiglie, un mazzo di Carte Autorimestanti e molto altro ancora, ma il regalo più bello fu senza dubbio quello dell’elettrizzato zio Algie.
“Un rospo!” esclamò Neville entusiasta, quando ebbe aperto la scatola forata.
“Così ti farà compagnia a Hogwarts” gli spiegò il prozio, dandogli una pacca sulla spalla. “Ti farà bene imparare a prenderti cura di lui!”
“Lo chiamerò Oscar” decise Neville, provando a prendere in mano il suo primo animaletto domestico.
Passarono la mezz’ora successiva a cercarlo.


Quando anche zio Algie e zia Enid salutarono, rimasero solo Augusta e Neville, che ebbe l’impressione che un po’ della sua felicità fosse andata via con gli ultimi ospiti.
Per occupare la mente il ragazzo si mise a riordinare il giardino, ma aveva appena cominciato quando rovesciò sul terreno tutto il succo di zucca avanzato.
“Forse è meglio che tu vada a letto, Neville” disse Augusta, scocciata. “Qua ci penserò io.”
Lui si rabbuiò un po’ per quel rimprovero, ma non osò contraddirla e si diresse mogio verso l’ingresso.
“Aspetta” si ricredette la nonna un istante dopo.
Neville si girò verso di lei, sorpreso.
“Vieni con me” gli disse seria Augusta.
Il ragazzo la seguì fino alla stanza patronale, esitando sulla porta. La nonna non gradiva affatto che lui girasse nella sua camera.
“Su, cosa aspetti a entrare?” gli chiese lei un po’ spazientita. Quando lui obbedì, gli indicò il letto, intimandogli di sedersi.
“Devo ancora darti il mio regalo” spiegò lei, con un accenno di dolcezza nella voce.
Neville non poté credere alle sue orecchie.
“Il mio regalo?” chiese stupito. “Pensavo… la festa… e poi tutte le cose per Hogwarts…”
Augusta gli sorrise per un istante, prima di aprire l’ultimo cassetto del suo portagioie e di estrarre una bacchetta magica.
“Sono certa che tuo padre avrebbe voluto che tu la usassi.”


Neville si rigirò la bacchetta tra le mani per quelle che gli sembrarono ore, prima di riuscire a prendere sonno. Quando sentì finalmente le palpebre farsi pesanti, aprì il cassetto del comodino e la ripose su un tappeto di involucri di gomme Bolle Bollenti.


***************

Eccomi qua con il secondo capitolo^^
Tutti i prossimi personaggi saranno molto più conosciuti di Gazza, ma spero comunque di riuscire a metterci qualcosa di mio ☺
Neville è probabilmente il mio personaggio preferito e non potevo non dedicargli questo Missing Moment!

Un po’ di note:
-    La lettera è ripresa testualmente (tranne per Paciock al posto di Potter) da Harry Potter e la Pietra Filosofale
-    zio (anzi, prozio) Algie e zia Enid esistono davvero. Zio Algie lo ha fatto davvero cadere dalla finestra e gli ha davvero regalato Oscar (oltre alla Mimbulus Mimbletonia, se non erro) [Harry Potter e la Pietra Filosofale]
-    Neville è nato il 30 luglio 1980, che quell’anno cadeva di lunedì (chiedere a Dudley e ai suoi cartoni animati  per conferma). Ho immaginato che la lettera gli sia arrivata lo stesso giorno di Harry, ovvero il martedì prima.
-    La Signora Marchbanks è una degli esaminatori dei G.U.F.O. e in quell’occasione Neville commenta che è amica di sua nonna
-    Il Fico Avvizzito dell’Abissinia esiste davvero (nella saga)  e si pota davvero. Mi piace pensare che gliel’abbia portato lo zio, come la Mimbulus (che Algie ha comprato in Assiria, se non erro)

Concludo con i più sentiti ringraziamenti a tutti quelli che seguono e commentano la raccolta, spero di non avervi delusi! ☺

Isidar





Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Di Matilde, Guerra e Pace – Prima parte ***


La terza, perché ha avuto abbastanza senno da accorgersi di essere speciale, ma troppo senno per ammetterlo.


Di Matilde, Guerra e Pace
Prima parte

°1985°

“Scusi, è lei il bibliotecario?”
“Sono proprio io” confermò l’uomo con la barba bianca al bancone, accogliendola con un largo sorriso e un piccolo inchino. “Al tuo servizio, signorina.”
“Sto cercando un libro, signore.”
“Sei nel posto giusto, allora” le disse il bibliotecario con un occhiolino. “Ti ricordi come s’intitola?”
“Oh, non un libro in particolare. Ne vorrei solo uno con una storia vera, non di quelli per bambini piccoli con le filastrocche e i disegni.”
Il signore ridacchiò divertito.
“Tu devi essere una bambina molto intelligente, eh?”
“E anche molto esigente” aggiunse la mamma con un sorriso, passandole una mano tra i capelli. “A quanto pare Elmer l’elefante variopinto è una lettura troppo banale per lei.”
“L’ho finito in tredici minuti!” protestò Hermione. Era ovvio che l’avesse trovato banale.
“Be’, sono certo che riusciremo a trovare un libro vero che vada bene per te” garantì il bibliotecario. “Venite, vi faccio vedere il reparto ragazzi”
Hermione annuì soddisfatta e lo seguì, sforzandosi di non restare indietro lungo le scale.
“Dimmi un po’, signorina, quanti anni hai?”
“Cinque e mezzo” rispose subito Hermione. Non era come quei bambini che neanche sanno contare, lei.
“Cinque e mezzo? E già leggi? Allora sei ancora più intelligente di quello che pensavo!”
“Sono l’unica della mia classe che sa leggere” commentò Hermione, certa che così avrebbe chiarito tutto. “Le altre bambine giocano ancora con le Barbie.”
“Ogni tanto potresti giocare anche tu, Hermione. Non c’è niente di male nel farlo, i libri non scappano mica” disse la madre.
“Oh, be’, a volte quelli della biblioteca scappano eccome! Un giorno scompaiono e non tornano più!”
“Scompaiono?” domandò Hermione, mentre il cuore cominciava a batterle forte. “Intende… nel nulla?”
Hermione sentì la mano della madre stringersi forte sulla sua spalla, ma il bibliotecario si limitò a ridacchiare.
“Più che altro, a casa di qualcuno. Purtroppo non tutti si ricordano di riportare i libri presi in prestito, ma sono certo che non sarà il tuo caso” aggiunse con un sorriso. Il cuore di Hermione cominciò a rallentare di nuovo, fino a tornare silenzioso. Non c’era alcun bisogno di preoccuparsi: i libri non potevano semplicemente sparire nel nulla. Niente poteva sparire nel nulla, la maestra l’aveva detto chiaramente quando Julia si era inventata che la sua Barbie era scomparsa all’improvviso mentre ci giocava.
“Ed eccoci qua, questo è il reparto ragazzi!”
Hermione annuì compiaciuta: solo il cartello all’inizio del corridoio lo distingueva dal resto della biblioteca. Anche qui c’erano scaffali su scaffali pieni di libri, libri veri.
“Dammi un attimo per scegliere qualcosa da proporti, poi mi dirai quale storia ti ispira di più, va bene?”
Hermione guardò rapita il bibliotecario passare di ripiano in ripiano sfiorando i libri con le dita, alla ricerca del titolo giusto. Ogni tanto si fermava e tirava fuori un libro per guardarlo meglio: a volte annuiva soddisfatto e lo infilava sotto il braccio libero, altre volte lo rimetteva a posto, scuotendo la testa.
Le sembrò molto contento quando finalmente tornò da lei, quattro libri di colore giallo chiaro stretti nella mano destra.
“Et voilà!”
Il signore prese il primo libro con la mano libera e le fece vedere la copertina, una foto di una ragazza bellissima in un vestito verde acqua.
L’incantesimo del lago. Racconta di una principessa che viene maledetta da uno stregone crudele e – ”
“Ho già visto il cartone” lo interruppe subito Hermione. “E poi non voglio una storia con una principessa.”
“Niente principesse? Sul serio?” esclamò lui sorpreso.
Hermione scosse la testa, facendo danzare i suoi riccioli disordinati.
“Be’, suppongo che avrei potuto immaginarlo! Ora capisco perché ha detto che ha una figlia esigente” disse il bibliotecario a sua mamma, strappandole un sorriso.
Il bibliotecario sgranò gli occhi dalla sorpresa. “Niente principesse? Sul serio?” Hermione scosse la testa, facendo danzare i suoi riccioli disordinati.
Lui ridacchiò compiaciuto. “Be’, suppongo che avrei dovuto immaginarlo!” esclamò poi, facendo un occhiolino a sua mamma. “Ora capisco perché ha detto che ha una figlia esigente.”
“Oh, ero certa che se ne sarebbe accorto presto” sorrise lei di rimando. “Avrei dovuto avvisarla che non avrebbe apprezzato le principesse.”
Hermione sbuffò spazientita. “Non è colpa mia se le principesse sono noiose” disse irritata. Quante volte doveva spiegare a sua mamma che a lei quelle cose non piacevano?
“Assolutamente nulla di male, ma questo allora non te lo faccio neanche vedere” sorrise il bibliotecario, spostando il secondo libro in fondo alla pila. “Il terzo è Il Giardino Segreto. È la storia di una bambina che un giorno scopre come entrare di nascosto in un giardino e comincia a esplorarlo insieme al suo amico Colin. Che ne dici, potrebbe andare?”
Hermione studiò con attenzione il disegno in copertina. In mezzo alla pagina una bambina con dei ricci capelli biondi e un cappottino rosso sbirciava attraverso una siepe.
“Forse” concesse con una punta di curiosità. Prima di decidere, però, voleva vedere anche l’ultimo libro.
“Esigente e anche prudente! E secondo me fai bene, perché è arrivato il momento di vedere la mia quarta proposta.... e ti assicuro che non è un caso che l’abbia tenuta per ultima” le confidò, mostrandole la copertina.
Una bambina dai capelli lisci sedeva su un rettangolo di legno e guardava assorta davanti a sé, un grosso volume aperto sulle gambe. Dal pavimento si alzavano attorno a lei pile e pile di libri di tutti i colori. Nel momento esatto in cui vide il disegno, Hermione capì.
“Racconta di –”
“Prendo questo.”
Il bibliotecario le fece un gran sorriso. “Sapevo che avresti scelto Matilde. O forse dovrei dire che è stato il libro a scegliere te…”


°1991°

Giugno

“… Parla di una strega che si innamora di un vampiro, e ci sono anche i lupi mannari. È bellissimo!”
“Grazie, Fardly” disse la professoressa, appuntando il titolo alla lavagna. “Granger?”
“Be’, io credo che passare l’estate a leggere di fantasie per bambini come maghi, unicorni e vampiri sarebbe una vera perdita di tempo, visto che queste cose non esistono” affermò Hermione, le sopracciglia sollevate a darsi un’aria di superiorità. “Piuttosto, consiglierei di provare Guerra e pace. Una lettura leggera, io l’ho finito in sei giorni.”
La professoressa sembrò esitare, ma alla fine segnò il titolo sotto a Notte in Transilvania, per poi tornare a girarsi verso la classe.
“Mitchell, tu invece cosa ci consigli?”


*

“Allora, quanti votano per Notte in Transilvania? Cinque… dieci… Castark, è una mano alzata quella? Allora tredici… quindici… ventuno! A quanto pare sei stata molto convincente, Fardly” sorrise la professoressa, appuntando il numero accanto al titolo.
Hermione sbuffò rumorosamente, cercando al tempo stesso di far trapelare tutto il suo disappunto e di ignorare i gridolini eccitati delle sue compagne di classe.
Fu senz’altro più difficile Restare indifferente alle risatine di scherno che si diffusero quando lei alzò la mano, ma Hermione tenne il braccio sollevato fino a quando la professoressa non ebbe finito di scrivere un uno accanto a Guerra e pace.

Quando l’ultima campanella dell’anno risuonò per i corridoi, i suoi compagni strillarono come bambinetti delle elementari e si precipitarono festanti verso la porta, spintonandosi per uscire.
Hermione distolse lo sguardo da quella marmaglia e si ritrovò a fissare la frase che aveva appena scritto.
Compiti di inglese per le vacanze: leggere ‘Notte in Transilvania’ di Stacey Moore.
Con uno scatto rabbioso della mano chiuse il diario e lo infilò nella cartella, quindi si alzò, si mise lo zaino sulle spalle e sistemò i legacci per sopportarne meglio il peso.
“Buone vacanze, professoressa Stendeer” disse con fredda cortesia.
“Grazie, Granger.” L’insegnante fece un respiro profondo, dandole l’impressione che volesse dirle qualcosa di importante. Evidentemente si sbagliava. “Buone vacanze anche a te” fu tutto ciò che la Stendeer si degnò di aggiungere.
Hermione salutò educatamente con la mano e si avviò verso la porta.



*

Jayne aveva dodici anni, lunghi capelli neri, intensi occhi azzurri e un fisico minuto. Insomma, all’apparenza era una ragazza come tante altre, se non fosse stato per un piccolo dettaglio…
Jayne era una strega.
Mentre le altre mamme insegnavano alle sue amiche a cucinare, la sua le faceva preparare delle pozioni magiche; mentre le proprie compagne imparavano a danzare, lei studiava gli incantesimi per far muovere gli oggetti. Mentre le ragazze normali si preoccupavano solo di non sporcarsi i vestiti, lei veniva addestrata a cacciare vampiri.

Hermione chiuse il libro con un colpo secco. Non aveva ancora finito la prima pagina e già lo odiava.
Che idiozia, pensò con rabbia. Nessuno può muovere gli oggetti senza usare le mani. Nessuno. Né con il pensiero, né con la magia.
“La magia non esiste” ribadì a denti stretti.
Perché di una cosa era convinta: la magia esisteva solo nei libri… I libri per bambini stupidi.

*

Erano passati otto giorni dall’ultima volta che Hermione aveva aperto Notte in Transilvania, ma ora che aveva finito I Miserabili non aveva più scuse per rimandare la lettura assegnata per le vacanze.
Recuperò il libro dal comodino e sedette alla scrivania. Di solito leggeva sul letto, ma quella robaccia non era degna di essere considerata una ‘lettura’.
È solo un compito, si ripeté Hermione. E i compiti non si fanno a letto.
Cercò il segno, fece un sospiro rassegnato e riprese a leggere.

Perché era proprio quella la specialità della sua famiglia. Cacciare vampiri era un’arte che si tramandavano di madre in figlia da generazioni e così sarebbe stato fino a quando i vampiri della Transilvania non si fossero definitivamente estinti.
La madre le assomigliava molto: aveva i suoi stessi capelli castani e crespi, gli stessi occhi nocciola e perfino gli stessi denti sporgenti.

Hermione rimase paralizzata per un attimo, il cuore che le martellava feroce nel petto. I suoi occhi ripercorsero febbrili quell’ultima la frase e poi risalirono fino a posarsi sulle prime righe.

Hermione aveva undici anni, crespi capelli castani, intensi occhi nocciola e i denti davanti un po’ sporgenti. Insomma, all’apparenza era una ragazza come tante altre, se non fosse stato per un piccolo dettaglio…
Hermione era una strega.

Lasciò cadere il libro d’istinto, come se fosse improvvisamente diventato rovente, e scattò in piedi terrorizzata mentre prendeva davvero fuoco.
“Ti prego, spegniti, spegniti, spegniti!” squittì, fissandolo con orrore. “Ti prego, per favore, spegniti!”
Un attimo dopo, sulla scrivania intonsa restava solo un mucchietto di cenere.
Hermione lo fissò sconcertata, il respiro ancora affannato.
Come per magia il piccolo incendio si era spento, ancora più rapidamente di quanto fosse divampato.
No, non per magia, si corresse Hermione, imponendosi di calmarsi. L’incendio si è spento solo dopo aver consumato tutto il libro. Oppure deve essere stato il vento.
Tuttavia la finestra era chiusa, si rese conto Hermione. Si avvicinò e la spalancò, anche se stranamente non si sentiva odore di bruciato. Poi tornò verso la scrivania, rialzò la sedia e prese in mano il cestino, avvicinando al bordo del tavolo. Con mani tremanti ci riversò dentro la cenere, tentando di ignorare il bisogno di asciugarsi le lacrime.
Questa volta sarebbe stato molto più difficile convincersi che fosse tutto un sogno.


°1985°

A diciotto mesi parlava correntemente e conosceva altrettante parole della maggior parte degli adulti. Ma i suoi genitori, invece di lodarla, le dicevano che era una fastidiosa chiacchierona e aggiunsero seccamente che le brave bambine non dovrebbero farsi né vedere né sentire.
A tre anni, Matilde aveva imparato a leggere da sola, grazie ai giornali e alle riviste sparsi per casa. A quattro anni leggeva speditamente e cominciava ad avere una gran voglia di libri perché, in quella casa geniale, di libri ce n’era uno solo, intitolato Cucinare è facile, che apparteneva a sua madre.

Hermione fu subito conquistata dalle incredibili capacità di Matilde.
Vorrei essere intelligente come lei, pensò con una punta di invidia. Un attimo dopo, però, si sentì terribilmente in colpa riflettendo su quanto doveva essere brutto avere dei genitori così.
Una pagina e mezza dopo, Hermione aveva capito due cose. Uno, che il prossimo libro da leggere era Il Giardino Segreto. Due, che non ci teneva più a essere Matilde.
Averla come amica sarebbe stato molto, molto più bello.

Il giorno in cui suo padre rifiutò di comprarle un libro, Matilde andò a piedi sino alla biblioteca pubblica del paese, da sola. Appena arrivata si rivolse alla bibliotecaria, la signora Felpa, e chiese se poteva sedersi un po’ a leggere. La signora Felpa, piuttosto stupita di vedere una bambina così piccola non accompagnata da un genitore, le rispose che era la benvenuta.
“Per favore, dove sono i libri per bambini?” chiese Matilde.
“Lì, sugli scaffali più bassi. Vuoi che ti aiuti a trovare un bel libro con tante illustrazioni?”
“No grazie” disse Matilde. “Posso fare da sola.”
Da quel giorno, appena sua madre usciva, Matilde faceva una passeggiatina fino alla biblioteca. Ci metteva solo dieci minuti e poi, tranquillamente seduta, trascorreva due ore meravigliose in un angolo accogliente e quieto, divorando un libro dopo l’altro. Dopo aver letto tutti i libri per bambini, cominciò a guardarsi intorno in cerca di qualcosa di diverso.
La signora Felpa, che in quelle poche settimane l’aveva osservata incuriosita, lasciò la sua scrivania e le si avvicinò. “Posso aiutarti, Matilde?”
“Mi chiedevo che cosa potrei leggere adesso. Ho finito i libri per bambini.”
“Vuoi dire che hai guardato tutte le figure?
Certo, ma ho anche letto le storie.”
La signora Felpa, alta e imponente, abbassò lo sguardo su Matilde, che a sua volta alzò gli occhi.
“Certi non valevano niente” disse Matilde. “Altri invece erano bellissimi. Più di tutti mi è piaciuto ‘Il giardino segreto’. Era pieno di misteri: quello della stanza dietro la porta chiusa, e quello del giardino dietro il muro.”
La signora Felpa era sbalordita. “Ma quanti anni hai, esattamente?”
“Quattro anni e tre mesi.”
Anche se la bibliotecaria era stupefatta, non lo diede a vedere. “E adesso che tipo di libro vorresti?”
“Uno veramente bello, di quelli che leggono i grandi.”

*

Quel pomeriggio Hermione continuò a divorare le pagine senza mai fermarsi, tranne che per segnarsi i libri suggeriti dalla signora Felpa. Insieme a Matilde rimase sconvolta per la disonestà del padre, sorrise per la gentilezza della signorina Dolcemiele, si infuriò per il lancio del martello della Spezzindue e tifò per Bruno Mangiapatate, così quando arrivò l’ora di cena nemmeno si era accorta di avere fame. Mangiò in fretta e furia e poi si infilò sotto le coperte e riprese a leggere.
Era sdraiata a pancia sotto con il libro sul cuscino quando la storia prese una piega del tutto inaspettata.

Matilde si sedette lentamente. Che cosa orribile, che ingiustizia! Come potevano espellerla per qualcosa che non aveva fatto?
Sentiva la sua rabbia crescere, crescere... Era così furiosa che le pareva di stare per esplodere.
Il tritone continuava a dimenarsi nel bicchiere. Sembrava che si sentisse terribilmente scomodo: il recipiente non era abbastanza grande. Matilde fissò la Spezzindue. Quanto la odiava! Poi fissò il bicchiere con il tritone. Avrebbe avuto una gran voglia di avvicinarsi, prendere il bicchiere e vuotarlo in testa alla direttrice, tritone e tutto. Tremava al solo pensiero di quello che avrebbe fatto la Spezzindue, in un caso del genere.
La direttrice era ancora seduta e continuava a fissare, inorridita e affascinata, il tritone nel bicchiere. Anche Matilde lo guardava. A poco a poco, cominciò a provare una sensazione stranissima. Sembrava quasi che una misteriosa elettricità le si stesse concentrando negli occhi: come un senso di forza, di potere che covava nel profondo del suo sguardo. Ma provava anche qualcos’altro, una sensazione del tutto differente e indefinibile. Pareva quasi che minuscoli lampi, impercettibili onde di calore le scaturissero dagli occhi, come se al loro interno si accumulasse un’energia sconosciuta. Era una sensazione stupenda.

La descrizione era scritta così bene che a Hermione parve di sentire anche lei quella strana sensazione agli occhi, un misto di calore ed elettricità. Ricominciò subito a leggere, gli occhi spalancati dalla curiosità.

Continuò a fissare il bicchiere, mentre il potere del suo sguardo cresceva; le sembrava che i suoi occhi proiettassero milioni di piccolissime braccia invisibili verso il bicchiere.
“Rovesciati!” sussurrò Matilde. “Rovesciati!”
Il bicchiere vacillò all’indietro per una frazione di centimetro, poi si raddrizzò. Matilde continuò a spingerlo con le piccole braccia e mani invisibili proiettate dai suoi occhi, sentendo che il potere le scaturiva direttamente dalle pupille.
“Rovesciati!” mormorò di nuovo. “Rovesciati!”
Il bicchiere tremò, e lei comandò ai suoi occhi di sprigionare tutto il loro potere. E lentamente, così lentamente che era quasi impossibile accorgersene, il bicchiere prese a inclinarsi all’indietro, fino a rovesciarsi sulla scrivania con un acuto tintinnio. L’acqua schizzò sull’

Gli occhi di Hermione si posarono sulla parola successiva, ma in quell’istante una chiazza d’acqua cominciò ad allargarsi sulla pagina e tutte le lettere cominciarono a sfocarsi.
Hermione la fissò inorridita. Il libro della biblioteca! pensò disperata, cominciando a soffiare sulla carta nella vana speranza di migliorare la situazione.
Asciugati, asciugati, ti prego, asciugati!
Fu allora che il libro prese fuoco.
Hermione squittì terrorizzata e lo gettò a terra, quindi afferrò una scarpa e cominciò a batterla sul libro. Spegniti, spegniti!
Un ultimo colpo di scarpa e le fiamme svanirono. Hermione appoggiò la schiena contro il letto per riprendere fiato, ma l’agitazione tornò a impossessarsi di lei quando vide come si era ridotto il libro. Come lo spiegherò al bibliotecario? si chiese disperata.
Un attimo dopo Hermione sentì la porta socchiudersi, e con un rapido gesto fece sparire il libro sotto al letto mentre sua mamma entrava nella stanza.

Con un rapido gesto della mano Hermione fece sparire il libro sotto al letto.
“Tesoro!” esclamò preoccupata la madre, avvicinandosi per aiutarla a rimettersi in piedi. “Che cosa è successo?”
“Solo… solo un brutto sogno” disse Hermione, con la voce che tremava un po’ sia per quello che era successo, sia perché stava dicendo una bugia.
“Sei caduta dal letto?”
“Io… credo di sì…”
“Non preoccuparti, ora è tutto a posto, tesoro. Mettiti giù, così ti si sistemo le coperte.”
Hermione si sdraiò su un fianco e abbracciò il cuscino, lasciando che la mamma la coprisse. Sentiva ancora l’agitazione in corpo e si sforzò di respirare piano per calmarsi, anche se i suoi pensieri continuavano a correre al libro bruciato sotto al letto.
La mamma le lasciò un bacio tra i capelli e si drizzò in piedi.
“E questo cos’è?” domandò un istante dopo, chinandosi per raccogliere qualcosa ai propri piedi.
Il cuore di Hermione riprese a martellare: non aveva nascosto il libro bene quanto credeva.
Quando lo vide, però, rimase di stucco.
“Ti eri addormentata leggendo, non è vero?” sorrise la mamma, lanciando un’occhiata alla lucetta accesa e posando Matilde sul comodino. “Vuoi che te ne legga un pezzo finché non ti viene di nuovo sonno?”
Hermione scosse la testa, incapace di parlare.
“Buona notte, allora” le augurò la mamma, prima di spegnere la lucetta e uscire dalla stanza, accostando piano la porta.
Hermione attese che il rumore dei passi si fu allontanato, quindi accese di nuovo la luce, ansiosa di capire come diavolo era possibile che il libro fosse di nuovo intatto.
Lo afferrò, lo rigirò tra le mani, sfogliò le pagine: non una chiazza d’acqua, non una lettera sbiadita, non un angolo annerito dal fuoco. Era come se non fosse successo assolutamente niente.
Si immobilizzò per un attimo quando riconobbe se stessa nella ragazza della copertina, ma strizzò forte gli occhi e appena li riaprì c’era di nuovo Matilde, assorta nei suoi pensieri.
Evidentemente, era stato davvero solo un brutto sogno… In fondo, solo nei libri le bambine potevano essere così intelligenti da far succedere le cose con il pensiero.
In quell’istante decise che per il prossimo libro avrebbe dato al bibliotecario istruzioni ancora più precise.
Niente principesse e, soprattutto, niente magia.



************


Ciao!!
Ritorno dopo una lunga pausa e lo faccio con una storia che mi sta molto a cuore, perché mi ha fatto fare un gigantesco tuffo nella mia infanzia.
Spero che sia stato così anche per voi <3
Ho davvero molte note, spero di non tediarvi troppo ^^
Per chi non volesse leggerle tutte (inammissibile!! :P) vi ringrazio direttamente qua per la lettura, sarò felice di sapere cosa ne pensiate e se vi abbia riportato un po’ indietro nel passato ^^
Sono anche curiosa di sapere quale capitolo della raccolta preferiate fino ad ora ^^
Ah, ho scritto un piccolo spin off con protagonista la professoressa di Hermione, Kate Stendeer ^^ C’è la scena della scelta del libro dal suo pov e un altro pezzo ;) Eccolo qui: Notte in Transilvania

Cominciamo con le note d’obbligo:
- Elmer l’elefante variopinto è un libro per bambini, di quelli con i disegni a pagina intera e tre righe per pagina. Lo adoravo a tal punto da averlo imparato a memoria. Insieme a un libro su un trenino è l’unico libro ‘non vero’ che ricordo di aver letto.
- L’incantesimo del lago è un titolo rubato all’omonimo cartone animato. Onestamente non so se esista anche una versione cartacea. Cercavo solo una storia con una principessa che non fosse un grande classico.
- Il Giardino segreto è un romanzo per ragazzi di Frances Hodgson Burnett, questa è la copertina.
- Guerra e pace: nella mia ignoranza confesso di non averlo mai letto. Non se se l’Hermione undicenne possa averlo fatto e dubito fortemente che sia una lettura leggera, ma per lei che leggeva di Flamel nel tempo libero tutto è possibile ;) Stesso discorso per I Miserabili e Anna Karenina (citati nel prossimo capitolo). Comunque non mi sorprenderebbe se Hermione avesse scelto di leggerli proprio per ‘darsi un’aria’, prima ancora che per gusto personale.
- Matilde: opera meravigliosa di Roald Dahl, il mio autore preferito da bambina, insieme alla Pitzorno. In realtà in inglese è Matilda, l’ho scoperto solo ora. Tutte le citazioni riportate sono prefe fedelmente dal libro e non sono di mia invenzione né mi appartengono. Ps: Io ricordavo dal film che la Preside si chiamasse ‘Trinciabue’, ma nell’edizione cartacea che ho io a disposizione è chiamata ‘Spezzindue’. Non so se successivamente sia stato cambiato il nome. Ecco la copertina (di Quentin Blake):
- Notte in Transilvania: opera stupenda di… No, scherzo, questa l’ho inventata io di sana pianta, con tanto di incipite autrice :P

Veniamo ad altre piccole noticine:
- Il titolo: per le altre due storie della raccolta ho usato un elenco di tre punti, mentre in questo caso ce ne sono solo due… Volevo un po’ giocare sul fatto che ‘guerra’ e ‘pace’ insieme fanno un libro solo, ma separati sono un po’ il rapporto di Hermione con la magia prima e dopo… Insomma, è voluto che venga istintivo leggerlo come se fossero tre parti ^^ Ed è anche voluto che ‘Pace’ sia scritto con la maiuscola, proprio perché nell’ambito del titolo della storia possa essere considerato come un terzo punto (anche) indipendente da ‘Guerra’.
- Il bibliotecario: come penso abbiate intuito, non vuole richiamare solo la signora Felpa di Matilde (tant’è che ancora non avevo riletto quel pezzo di Roald Dahl quando l’ho scritto), ma anche Mr Olivander. - Ho immaginato la scena a scuola ambientata in un equivalente di una nostra prima media, visto che Hermione è un anno più grande di Harry, il quale doveva cambiare scuola proprio l’anno in cui gli spetta di andare a Hogwarts; ecco perché definisce i suoi compagni ‘bambinetti delle elementari >
- Ho immaginato la scena a scuola ambientata in un equivalente di una nostra <>prima media, visto che Hermione è un anno più grande di Harry, il quale doveva cambiare scuola proprio l’anno in cui gli spetta di andare a Hogwarts; ecco perché definisce i suoi compagni ‘bambinetti delle elementari’
- La porta della stanza di Hermione: non credo che chiuderei la porta di un bambino così piccolo, a meno che io non sia ancora sveglia a guardare la tv, come nel caso dei signori Granger ^^
Questo non significa che non la voglia chiudere Hermione: quante volte abbiamo letto di nascosto fino a notte fonda? ;)
- Inizialmente non ci avevo fatto mente locale (è stata proprio una coincidenza!), ma accendere fuochi è una delle future specialità di Hermione, quindi potremmo dire che già da piccola ha dimostrato la sua affinità per le fiamme magiche ;)
- Lo stile: è volutamente molto semplice, specialmente nella parte in cui Hermione ha quattro anni. Non volevo scandere in una cosa troppo infantile, ma volevo che si adattasse bene al personaggio. Ho volutamente limitato i congiuntivi ed evitato l’uso di sinonimi poco ‘da bambini’ (tipo ‘volumi’ al posto di ‘libri’), quindi ci saranno delle ripetizioni. Ovvimente non potevo renderlo proprio elementare, spero però di aver trovato una buona via di mezzo.

Veniamo infine alla parte più complessa delle note… Come ho fatto a immaginare questa Hermione? Sarà IC? Sarà realistico che leggesse a quell’età?
Personalmente immagino che ogni Nato Babbano abbia il suo modo di reagire alle magie accidentali: c’è Harry che le nota, ma le etichetta banalmente come ‘cose strane accadute attorno a lui’ (non cito letteralmente) e non sospetta di avere poteri magici e di essere lui stesso a provocarle; c’è Lily che è cosciente di avere qualche sorta di potere e appena scopre di essere una strega si diletta nel provare magie, senza esserne minimamente spaventata; Tom Riddle ancora di più. Poi io mi immagino Colin tutto eccitato che fa ‘Hai visto, mamma?! Hai visto cosa ho fatto? Credo di essere un mago!! Papà, vieni a vedere!”
Quanto a Hermione… La razionale, intelligente Hermione… Be’, ho immaginato che lei in un certo senso si sia rifiutata di vedere quello che era veramente, limitando le magie accidentali e costringendo in qualche modo il suo inconscio a trovare delle vie alternative per dirle una verità che sotto sotto già conosceva. Comunque sull’Espresso di Hogwarts dice a Harry e Ron che per lei è stata una ‘tale sorpresa’ ricevere la lettera, anche se le ha fatto molto piacere per via della fama di Hogwarts. Se all’epoca avesse già sospettato di essere una strega sicuramente se ne sarebbe vantata (‘naturalmente l’avevo già capito’).
Ma, tornando a noi, perché si sarebbe rifiutata di vedere? Be’, anche da strega lei è molto scettica nel confronto delle cose fuori dall’ordinario (vedi i Nargilli o la Divinazione, oppure quando dice a Harry che non è un buon segno sentire le voci), quindi mi è venuto naturale pensare che cercasse di trovare delle spiegazioni logiche a cose illogiche, piuttosto che ammettere che la magia esiste (un po’ come i Babbani, che ‘si rifiutano’ di vedere la magia). Credo che potesse essere spaventata sia dall’idea in sé, sia dal fatto che la cosa si scoprisse e che tutti cominciassero a crederla una pazza. È proprio la paura di dover spiegare alla mamma come il suo libro abbia preso fuoco a far tornare integro il volume; [nel secondo caso non le riesce perché non ha la necessità di nascondere la cosa alla mamma – solo a se stessa – e perché il libro meritava il rogo xD]
Una nota sul ruolo dei genitori: secondo me quando era più piccola devono aver notato qualcosa di strano (essendo una strega così talentuosa, è plausibile che abbia fatto magie fin da piccolissima), però ho immaginato che crescendo – per i motivi di cui sopra – Hermione abbia evitato di raccontare loro di ‘strani episodi’ (d’altronde, se voleva negare l’evidenza perfino a se stessa non poteva certo mettersi a spiattellarli) e che in generale ne siano capitati meno in loro presenza. La vedo più che altro come una scelta di Hermione, non come una limitazione mentale dei genitori. Comunque nella mia idea dall’episodio di ‘Matilde’ (il primo episodio inequivocabilmente magico che l’Hermione ‘Babbana’ ricordi – perché in fondo sa benissimo che non era un sogno), Hermione ha inconsciamente un po’ inibito la sua magia, anche se questa ha cercato degli spiragli.
Sul fatto che legga ‘Matilde’ a quell’età non mi sembra assurdo, io ho imparato a leggere due anni prima delle elementari e leggevo libri ‘veri’ credo dall’anno prima. Comunque all’inizio avevo calcato di più la mano anticipando tutto di un anno, poi sono tornata sui miei passi. Ho invece volutamente calcato la mano su ‘Guerra e pace’ (non so voi, ma io alle medie leggevo Harry Potter xD E anche adesso xD).

Grazie a tutti della pazienza!!! Alla seconda parte :*




Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Di Matilde, Guerra e Pace – Seconda parte ***


Di Matilde, Guerra e Pace
Seconda parte

°1991°

Luglio

Erano da poco passate le sei quando il campanello suonò.
Hermione alzò gli occhi da Anna Karenina e ascoltò attenta per accertarsi che la madre fosse andata ad aprire.
“Sì?” la sentì chiedere.
“Signora Granger? Sono la professoressa Stendeer.”
Hermione spalancò la bocca per la sorpresa.
“Che ci fa qui la tua professoressa?” le domandò stupito il padre, sollevando lo sguardo dalla sua rivista di odontoiatria.
Lei si limitò a sollevare le spalle, mentre la madre apriva la porta e invitava l’insegnante a entrare.
“So che la mia è una visita inaspettata, ma avrei bisogno di parlarvi” le sentì dire Hermione mentre la porta d’ingresso si chiudeva. La sua mente volò al freddo congedo che aveva riservato alla Stendeer l’ultimo giorno di scuola, e lo stomaco le si attorcigliò per l’angoscia.
“Ma certo, non c’è problema. Venga, l’accompagno in salotto” disse la madre con tono cordiale, e questo non fece che accrescere la sua ansia. E se la Stendeer fosse venuta a raccontare di quell’episodio? E se – peggio ancora – la Stendeer avesse deciso di prendere dei provvedimenti disciplinari nei suoi confronti?
Hermione sentì il tintinnare ritmico di un paio di tacchi avvicinarsi sempre di più, e il suo cuore cominciò a battere più forte.
“Professoressa, c’è forse qualcosa di cui dobbiamo preoccuparci?” chiese la madre, una nota d’ansia nella voce. Hermione trattenne il respiro e strinse il libro tra le dita: cosa avrebbe pensato sua madre di lei, scoprendo che era stata così maleducata con un insegnante? Quanto sarebbero rimasti delusi i suoi genitori, se la scuola avesse deciso di sospenderla?
“Oh, no, niente di cui preoccuparsi” rispose la Stendeer, entrando finalmente in salotto con un sorriso stampato in volto. “Oserei direi il contrario, in realtà.”
Suo padre si alzò subito in piedi per i convenevoli, ma Hermione si concesse di chiudere gli occhi per un istante, tirando un lungo sospiro di sollievo. Non è nulla di cui preoccuparsi, si ripetè nella mente. Nulla di cui preoccuparsi.
“Hermione?”
Il richiamo perplesso della madre la riportò alla realtà. Hermione scattò in piedi e porse prontamente la mano all’insegnante. “Buonasera, professoressa Stendeer.”
Si sentiva un po’ a disagio, ma si assicurò di sorridere con molto più calore dell’ultima volta.
“Buonasera, Hermione. È un piacere vederti.”
“Tesoro, perché non continui a leggere un po’ in camera tua?” le domandò allora il padre. Hermione capì subito di essere stata congedata; nonostante la curiosità l’attanagliava, assentì con un cenno del capo, sperando che la Stendeer apprezzasse la sua obbedienza.
Aveva già mosso il primo passo quando la professoressa parlò.
“Preferirei se rimanessi, in realtà.”
Hermione si girò verso di lei con occhi sgranati, stupita non solo dalla richiesta in sé, ma anche dal fatto che l’avesse rivolta proprio a lei. Moriva dalla voglia di restare, ma cercò lo sguardo dei genitori per avere la loro approvazione. Sua madre fu la prima a riprendersi dalla sorpresa.
“Ma certo, non c’è problema” disse con un sorriso, facendo un cenno verso i divani. “Accomodiamoci, allora”
“Posso offrirle un tè?” aggiunse suo padre.
Mentre si accomodava, la professoressa diede un’occhiata all’orologio e scosse la testa.
“No, grazie, signor Granger. Preferisco arrivare subito al dunque. Mi hanno da poco comunicato che vostra figlia è stata ammessa alla prestigiosa scuola di Hogwarts.”
Hermione rimase a bocca spalancata per un attimo, prima di spostare lo sguardo dal padre alla madre alla ricerca di una spiegazione. L’avevano forse iscritta a sua insaputa? Eppure, loro sembravano sorpresi quanto lei.
“Hogwarts?” domandò la madre, esitante. “Non l’ho mai sentita nominare…”
Lanciò un’occhiata interrogativa al marito, ma lui scosse la testa.
“Non la conosco neanche io, e poi non abbiamo fatto nessuna domanda.”
“Oh, questo è assolutamente normale. Nessuno fa richiesta per entrare a Hogwarts: è la scuola che sceglie i suoi studenti.”
A quelle parole Hermione provò un profondo moto d’orgoglio e il suo cuore ricominciò a battere forte. Davvero era stata scelta per una scuola così prestigiosa senza nemmeno fare richiesta?
“Se questa scuola è rinomata come dice, perché non ne abbiamo mai sentito parlare?” indagò il padre con sospetto. “Sappiamo bene che l’intelligenza di Hermione è superiore alla media, ma –”
“Non è per la sua intelligenza che è stata scelta.”
Hermione aggrottò le sopracciglia, perplessa. Per cos’altro poteva essere?
La Stendeer si girò e la fissò negli occhi con determinazione.
“Sei stata ammessa a Hogwarts perché sei una strega.”
Scusi?”
“Una strega, Hermione. Una ragazza dotata di poteri magici.”
Il cuore sembrò impazzirle nel petto.
“Io non…”
“Vorresti dirmi che non ti è mai capitato di far accadere strane cose?” la incalzò l’insegnante. “O davvero credi di non essere stata tu a far sparire la Barbie di Julia e a ridurre in cenere Notte in Transilvania?”
Hermione avvampò. Come faceva la Stendeer a sapere del libro?
“Io… io ne comprerò un altro e lo leggerò, professoressa, e –”
“Ha fatto riapparire il suo ciuccio, una volta” la interruppe la madre, gli occhi sgranati. “L’avevo buttato perché era caduto nel fango e la sera l’aveva di nuovo in bocca, come nuovo. E ogni tanto la tv si accendeva da sola sui canali dei cartoni…”
Hermione la guardò allibita. Ma cosa diavolo stava dicendo?
“No, non è possibile…” disse il padre, scuotendo la testa incredulo. “Non può essere vero…”
Certo che no! avrebbe voluto gridare Hermione. Eppure, solo la mattina prima le parole del suo libro erano cambiate… come per magia. E quando Matilde aveva rovesciato il bicchiere…
Hermione fece un profondo respiro. “Questa Hogwarts, quindi…”
“È una scuola di magia e stregoneria, sì. La più –”
“Senta, non so cosa ci trovi di tanto divertente in questo scherzo, professoressa, ma non sono disposto ad ascoltare oltre” disse il padre con dura fermezza. “Se ne vada adesso e non chiamerò la polizia.”
Con un gesto fluido e veloce, la Stendeer estrasse un bastoncino dalla tasca della borsa e lo puntò contro il telefono. Un attimo dopo, il telefono non c’era più.
“Nessuno scherzo, signor Granger.”
“Quello era un incantesimo” intuì Hermione, gli occhi spalancati dalla sorpresa. “Non è vero, professoressa Stendeer?”
“Sì, Hermione. E questa è la mia bacchetta” disse lei, mostrandole quel bastoncino levigato. “Ogni mago ne ha una. Anche tu potrai averla, se deciderai di frequentare Hogwarts.”
“È davvero così prestigiosa, questa scuola?”
“La più prestigiosa al mondo.”
Finalmente, le labbra di Hermione si distesero in un sorriso raggiante.

*

“Bene, è tutto chiaro?” domandò la Stendeer.
“Sì” confermò Hermione. Aveva preso tre pagine di appunti mentre l’insegnante le spiegava come funzionava la scuola e come accedere a Diagon Alley e al binario nove e tre quarti, ed era piuttosto convinta di non essersi fatta sfuggire nulla.
“Ottimo. Questa è la tua lettera per Hogwarts. Avviserò io la vicepreside dell’adesione.” La Stendeer le porse una pesante busta di pergamena con una scritta in inchiostro verde. “Vi troverai anche l’elenco dell’occorrente.”
Hermione prese la lettera con trepidazione: l’insegnante aveva già accennato alla necessità di acquistare dei libri e lei non vedeva l’ora di scoprire quali fossero. Ovviamente anche l’idea di avere una bacchetta l’elettrizzava, ma a quanto pareva non le era concesso utilizzarla fuori da Hogwarts. Nessuno le aveva vietato di leggere tutti i libri che voleva, però.
“Grazie mille” esclamò suo padre con entusiasmo. Hermione sospettò che stava ancora cercando di rimediare alla minaccia fatta nemmeno un’ora prima.
La Stendeer gettò uno sguardo all’orologio. “Ora, ci sarebbe un ultimo punto da chiarire prima che io vada. Probabilmente vi sarete chiesti perché non vi abbia rivelato niente, prima d’oggi.”
Tutti e tre i Granger annuirono.
“Vedete, da anni abbiamo capito che far apparire uno sconosciuto alla porta di una famiglia babbana per spiegare che la magia esiste non è una strategia molto efficace. Per questo, i rappresentati del Ministero della Magia assumono le sembianze di qualcuno che la famiglia sarebbe disposto ad ascoltare. Certo, potremmo ottenere lo stesso risultato con la forza, ma non sarebbe una buona presentazione, non credete? Preferiamo di gran lunga usare un po’ di Pozione Polis –”
“Aspetti un attimo, sta dicendo che lei non è la professoressa Stendeer?”
“In effetti no, signor Granger. Sono Elizabeth Jonson, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia.” La donna diede un’altra occhiata all’orologio e scattò in piedi. “È meglio che vada, prima che svanisca l’effetto della pozione. Questi vestiti sono decisamente troppo stretti per me, preferisco risparmiarvi lo spettacolo. È stato un piacere, signori Granger” disse, stringendo loro la mano. “Hermione, ovviamente non occorre che tu legga quel libro pieno di fesserie, la tua professoressa non lo saprà mai. Goditi pure le tue vacanze!”
Detto ciò, la Jonson fece una piroetta su se stessa e scomparve con un sonoro pop.

Hermione non si preoccupò più del mucchietto di ceneri nel suo cestino, ma il giorno dopo andò a prendere in biblioteca il suo primo, vero libro, l’unico che in vita sua aveva abbandonato prima di concluderlo. Ignorando Anna Karenina, appena tornata a casa aprì Matilde e cominciò a leggere, continuando fino a notte fonda. Chiuse il libro solo quando fu arrivata all’ultima pagina, troppo emozionata per prendere sonno. Dopotutto, sembrava che anche lei fosse abbastanza intelligente per fare magie.
Così, Hermione si addormentò con una dolce certezza: finalmente avrebbe avuto dei compagni alla sua altezza.

*

“È questo” disse il padre, indicando un’insegna rovinata dal tempo. “Olivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.”
“È l’anno in cui nacque Filippo II di Macedonia” commentò Hermione, cercando di ignorare la morsa d’ansia che le strinse lo stomaco. “Non mi sorprende che la professoressa Stend – cioè, che la signora Jonson l’abbia definito il miglior fabbricante in circolazione.”
Hermione rimase per un attimo a fissare una bacchetta solitaria posata su un cuscino color magenta, quindi fece un respiro profondo e spinse la porta, provocando un lieve scampanellio dentro al negozio.
Era un locale piccolo e polveroso, con le pareti interamente ricoperte da scaffali su scaffali pieni di strette scatoline impilate ordinatamente l’una sull’altra. Un rumore improvviso attirò l’attenzione di Hermione: in alto, sulla destra, una scatolina aveva cominciato ad agitarsi senza tregua.
“Buongiorno” disse una voce sommessa.
Hermione si girò verso il bancone, dove era spuntato un vecchio mago dagli occhi sporgenti.
“Buongiorno. Lei deve essere il signor Olivander, il fabbricante di bacchette. Ho sentito dire che è il migliore in circolazione, ma sembrerebbe che una delle sue bacchette abbia qualche problema” commentò Hermione, un vago accenno di rimprovero nella voce.
L’anziano mago guardò sorpreso la scatolina in agitazione, poi i suoi occhi tornarono a posarsi su Hermione.
“A quanto pare, abbiamo una bacchetta ansiosa di conoscerla, signorina…?”
“Granger. Hermione Granger. Scusi, cosa intende esattamente con ‘ansiosa di conoscermi’?”
Olivander la scrutò con profondo interesse per svariati secondi. Quando la madre le strinse una spalla, Hermione capì di non essere l’unica a sentirsi un po’ a disagio.
“Deve sapere,” esordì finalmente Olivander, “che a tutti coloro che padroneggiano l’arte del fabbricare bacchette appare chiaro che è la bacchetta a scegliere il mago, signorina. Mai il contrario.”
Olivander agitò pigramente la propria bacchetta e la scatolina ribelle uscì finalmente dal suo piccolo anfratto, continuando a muoversi anche quando atterrò sul bancone.
“Le bacchette di vite sono tra le meno comuni e i loro proprietari sono quasi sempre streghe e maghi che perseguono uno scopo più alto, che hanno un intuito fuori dal comune e che… stupiscono spesso chi crede di saperla più lunga. Pare che le bacchette di vite siano fortemente attratte da persone dotate di una profondità nascosta” continuò Olivander, senza staccare gli occhi da Hermione. “Inoltre, sono le più sensibili di tutte quando si tratta di riconoscere all’istante il proprio futuro padrone. Quando ero giovane si diceva che per suscitare una reazione magica in questo tipo di bacchette fosse sufficiente che il proprietario adatto entrasse nella stanza. Ebbene, questa è la seconda volta che osservo tale fenomeno nel mio negozio. Credo proprio che abbiamo già trovato la sua compagna, signorina Granger.”
Olivander estrasse la bacchetta dalla scatola, che finalmente tornò immobile, e la porse a Hermione.
“Vite, corde del cuore di drago, dieci pollici e tre quarti, molto flessibile. Perfetta per molti tipi d’incantesimo. Avanti, la provi.”
“Scusi, mi è stato detto che ai maghi minorenni è severamente vietato fare magie fuori dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts” obiettò Hermione, scettica.
“Oh, non ha nulla di cui preoccuparsi, signorina. Nel mio negozio i giovani studenti hanno il permesso di provare tutte le bacchette che vogliono.”
“Ne è proprio certo?” domandò lei. Non aveva nessuna intenzione di infrangere le regole alla sua prima apparizione nel mondo magico, anche se moriva dalla voglia di impugnare quella bacchetta.
“Sicurissimo” sorrise Olivander.
“Proviamola, allora” concesse Hermione, cercando di non far trapelare l’emozione. “Allora, quale incantesimo dovrei fare?”
“Oh, non occorre che faccia nessun incantesimo, signorina. Basta che la agiti.”
Hermione sentì un’improvvisa fitta di dispiacere a quelle parole, e si diede della stupida per aver anche solo pensato che le avrebbe fatto provare un vero incantesimo.
“Ma certo” disse con tono convinto; cercando di nascondere la delusione, tese la mano e impugnò la bacchetta.
Un tepore meraviglioso si diffuse dalle sue dita fino al braccio, lasciandola a bocca aperta. Agitò la bacchetta d’istinto e una cascata di scintille blu e oro si riversò nell’aria, illuminando tutto l’ambiente e strappando dei gridolini sorpresi ai suoi genitori.
Hermione non aveva mai provato nulla di così bello in tutta la sua vita.
“La prendo” mormorò incantata.
“Senza dubbio” sorrise lui. “Sono sette galeoni, signori Granger.”
Quando ebbe finito di contare le monete, Olivander si rivolse di nuovo a Hermione.
“Sa, è una fortuna che avessi una bacchetta di vite nel negozio, signorina Granger. Sospetto che altrimenti lei sarebbe stata una cliente molto difficile da accontentare. Sì, credo proprio che un giorno sentiremo parlare di lei…”


Agosto

Mentre i genitori si guardavano intorno affascinati, Hermione si mise in fila dietro a un’anziana signora con un’enorme borsa rossa e un orribile avvoltoio impagliato sul cappello.
Accanto alla donna c’era un ragazzo pienotto dai capelli castani, che a giudicare dall’altezza doveva avere più o meno la sua età.
“Tirati su” gli intimò la strega, dandogli un colpetto sulla schiena. Il ragazzo si raddrizzò all’istante.
“Il prossimo!”
“Faresti bene a tirare fuori la lista, Neville, dopo quest’uomo toccherà a noi.”
Hermione sentì distintamente il verso terrorizzato del ragazzo, che frugava disperato nelle tasche del mantello. “Io… credo di averla persa…” pigolò.
“Comincio a pensare che tu sia ancora troppo immaturo per andare a Hogwarts!” si adirò la vecchia signora. “Non resterò qui a fare brutta figura con il libraio insieme a te. Andrò a cercare il libro che mi ha suggerito Griselda!”
Detto ciò, la strega si addentrò ne Il Ghirigoro in un turbine di verde, mentre il ragazzo chinava il capo, abbattuto.
“Scusami, se ho capito bene anche per te sarà il primo anno a Hogwarts, non è vero?” gli domandò Hermione, non riuscendo a trattenersi.
“Sì” mormorò lui con tono mesto. Dopo un istante, però, sgranò gli occhi, colpito da un’illuminazione improvvisa. “Se anche tu sei del primo anno, potrei usare la tua lista!”
“Sono spiacente, purtroppo non la ho qui con me, però so quali libri ti occorrono.”
In quel momento l’uomo davanti a loro si allontanò con un libro sotto braccio, quindi Hermione si rivolse direttamente al libraio. “Buongiorno, a questo ragazzo servirebbero: Manuale degli Incantesimi, Volume primo, di Miranda Gadula; Storia della Magia, di Bathilda Bath; Teoria della Magia, Adalbert Incant; Guida pratica alla trasfigurazione per principianti, di Emeric Zott; Mille erbe e funghi magici, di Phyllida Spore; Infusi e pozioni magiche, di Arsenius Brodus; Gli animali fantastici: dove trovarli, di Newt Scamandro e infine Le Forze Oscure: guida all’autoprotezione, di Dante Tremante. Grazie.”
Il ragazzo la stava fissava sconcertato almeno quanto il libraio.
I libri per il primo anno a Hogwarts andava bene lo stesso” commentò l’uomo quando si riebbe dalla sorpresa. “Devo prenderne una copia anche per te?”
“No, grazie.”
Il libraio annuì e si allontanò dal bancone.
“Cosa ci fai qui, se non ti servono i libri?” le domandò il ragazzo con uno sguardo perplesso.
“Oh, quelli io li ho già comprati. Li ho studiati tutti, naturalmente, anche se è un vero peccato che non si possa fare pratica fuori da Hogwarts. Sono venuta per prendere qualche libro facoltativo per fare delle letture preparatorie. Sai, non vengo da una famiglia di maghi, quindi sento il bisogno di colmare alcune inevitabili lacune. Insomma, sarebbe ridicolo conoscere tutto delle rivolte dei Goblin e non avere qualche conoscenza di storia della magia più recente, non trovi? Vorrei comprare Storia moderna della magia, Ascesa e declino delle Arti Oscure, Grandi eventi magici del Ventesimo Secolo, Storia di Hogwarts e Trasporti e comunicazione nel mondo magico.
Il ragazzo riprese a fissarla ad occhi sgranati. “Davvero vuoi leggere tutti questi libri?”
“Naturalmente. Trovo che sia fondamentale avere –”
“Ecco qui” la interruppe il libraio, facendo un respiro di sollievo quando scaricò tutti i libri sul bancone. “Sono ventitré galeoni e dodici falci, prego.”
Il ragazzo impallidì. “Ecco, io… mia nonna è andata di là a prendere un libro… Può… potrebbe per caso tenermeli da parte, mentre vado a cercarla?”
Il libraio sospirò, ma acconsentì. “Fai in fretta, però, o ti toccherà rifare la fila!”
“Certo, signore!” rispose subito il ragazzo, quindi si rivolse a Hermione. “Grazie dell’aiuto. Ah, io sono Neville. Ci vediamo a settembre!”
Neville corse via goffamente prima ancora che lei avesse il tempo di presentarsi.
Contrariamente alle aspettative, non sembrava affatto più intelligente dei suoi vecchi compagni, ma Hermione non poté fare a meno di pensare che forse a Hogwarts avrebbe finalmente avuto un amico.





*************


Ciao!

Eccomi con la seconda parte… Alla fine mi piace più di quanto non avessi ipotizzato, perché scrivendo mi sono arrivate due nuove ideuzze ;)
La scena al Ghirigoro è la prima che mi è venuta in mente di scrivere per questa storia (contando anche la prima parte), ma solo all’ultimo istante (quando avevo appena deciso di tagliarla, anche perché ancora non c’era Olivander e mi piaceva concludere con Hermione che si illude di avere tutti compagni secchioni e geniacci xD) mi è venuto in mente di aggiungerci il mio adorato Neville ☺ D’altronde, quando noi incontriamo Hermione per la prima volta lei ha già fatto ‘amicizia’ con lui, quindi perché non ipotizzare che abbiano avuto un incontro precedente? ^^
Comunque, è stata questa scena a farmi ideare quella in biblioteca della prima parte e quindi a farmi pensare al parallelismo con Matilde!

Ah, se volete rivedere la vera professoressa Stendeer, potete provare con lo spin off Notte in Transilvania ;)

E adesso un po’ di note ‘tecniche’ :P
-    Hermione non si muove quando suona la porta non per pigrizia, perché i genitori non vogliono che sia lei ad aprire
-    La Row ha detto che ai Nati Babbani viene mandato qualcuno dal Ministero, il resto è di mia invenzione.
-    Ovviamente senza bacchetta non si può entrare a Diagon Alley, quindi le istruzioni per entrarci includono anche un consiglio preliminare: la prima volta, chiedere aiuto a Tom del Paiolo Magico.
-    La bacchetta di Hermione non è una mia invenzione, né lo è la modalità con cui viene individuata. Le info sul legno di vite sono fornite da Pottermore. Potete trovarle qua: http://it.harrypotter.wikia.com/wiki/Legni_delle_bacchette
Per la descrizione del negozio mi sono rifatta a ‘HP e la Pietra Filosofale’. All’inizio avevo trovato tutta una serie di legni da molto poco a molto adatti a Hermione per inscenare vari tentativi (che avevo già scritto xD), ma arrivata a ‘vite’ ho dovuto (e voluto!) cambiare programma ^^
Voglio comunque lasciarvi uno stralcio del vecchio tentativo, perché mi sono divertita molto a scriverlo:
– Quindi alzò la bacchetta in aria e l’agitò, prima con calma e poi più spazientita.
    Non accadde assolutamente nulla.
“Deve avermi dato una bacchetta difettosa, signore. Mi sembra ovvio che non funzioni.”
-    Tutti i titoli potteriani citati sono veri (e sono stati davvero letti da Hermione prima di arrivare a  Hogwarts) tranne Trasporti e comunicazione nel mondo magico.
-    Ho fatto sparire la nonna solo perché al San Mungo si capisce che non ha mai visto Hermione prima… In realtà non penso avrebbe abbandonato Neville così… Ho valutato se tagliarla del tutto con un altro espediente, ma ci tenevo a inserirla ;)
-    Griselda è Griselda Marchbanks, professoressa esaminatrice ai G.U.F.O. che Neville dice essere un’amica di sua nonna

-    JK ha detto che Neville è biondo, ma non viene mai scritto nei libri, e personalmente l’ho sempre immaginato castano, prima ancora dell’uscita dei film; per questo mi sono coscientemente presa la concessione di definirlo castano.

-    È voluto che Neville non si presenti col cognome, un po’ perché non mi sembra da lui, un po’ perché Hermione usa solo ‘Neville’ quando dice a Ron e Harry che ha perso il rospo, mentre lei si presenta con nome e cognome


Baci e grazie per aver letto!!! <3
Alla prossima :*

Isidar




Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Di Mollicci, Gobbiglie e cipresso ***


Il quarto, perché era già cambiato a cinque anni e non credeva di avere una seconda opportunità.


Di Mollicci, Gobbiglie e cipresso

6 marzo 1971, sabato

“Allora, ricordi cosa abbiamo detto dei Mollicci, la settimana scorsa?”
“Il Molliccio è uno Spirito Non Umano capace di assumere le sembianze della cosa che ci spaventa di più al mondo. Per sconfiggerlo dobbiamo pensare a un modo per rendere buffa la nostra paura e poi dobbiamo trasformare il Molliccio con un incantesimo, così ci verrà da ridere e lui sparirà.”
“Non avrei potuto spiegarlo meglio” sorrise Lyall.
In altre circostanze quel complimento avrebbe fatto sentire Remus molto orgoglioso, ma questa volta si limitò ad abbassare lo sguardo, a disagio.
“Ehy, che succede?”
“Papà…” chiese infine Remus, il cuore che batteva forte, “qual è la cosa di cui tu hai più paura?”
Lyall si rabbuiò e fece un profondo respiro. “Che succeda qualcosa di brutto a te o alla mamma… e che succeda a causa mia.”
Qualcosa come un Lupo Mannaro che attacca suo figlio durante la notte, pensò Remus, tornando con la mente a qualche mese prima, quando il padre gli aveva rivelato di sapere chi e perché l’aveva morso quando era bambino.
“E la tua?” gli domandò il padre, distogliendolo da quei pensieri.
“Di non avere mai degli amici” mormorò Remus, che ci aveva pensato tutta la settimana. “Ma non ho ancora capito come renderlo buffo.”
Il padre lo guardò rattristato. “Un giorno anche tu avrai degli amici” gli disse infine, ma Remus sapeva che stava mentendo. “Ne sono certo. Ora, ti ricordi qual è l’incantesimo per trasformare un Molliccio?”
Riddikulus?” azzardò Remus.
“Esattamente” si complimentò Lyall, ma anche questa volta il ragazzo non riuscì a rallegrarsi per aver dato la risposta corretta.
“Papà… quando potrò imparare a farlo? Quando comincerò a fare degli incantesimi?”
“È ancora presto, Remus…”
“Ma tra quattro giorni compierò undici anni” sottolineò lui. “E lo so che a me non arriverà la lettera di Hogwarts, ma anche se devo studiare a casa mi servirà una bacchetta. Pensi…” – Lyall gli fece un gesto d’incoraggiamento – “pensi che potrei chiederla come regalo di compleanno?” buttò là, cercando di suonare indifferente.
“Remus…”
Il padre strinse forte una mano sulla sua e il ragazzo capì che questo non prometteva nulla di buono.
“Vedi, fuori da Hogwarts non è concesso fare magie intenzionali fino ai diciassette anni…”
“E chi non va a Hogwarts?” chiese Remus, stringendo forte i pugni per l’ansia.
Lyall sospirò, abbattuto.
“Se i genitori hanno una ragione valida per non mandare il figlio a scuola, possono chiedere di fare un’eccezione, dando le dovute garanzie.”
“Allora voi potete chiederlo per me!” esclamò Remus, entusiasta. Il fatto che il padre non condividesse la sua gioia gli spense il sorriso, però. “Ma per farlo dovreste dichiarare che sono un Lupo Mannaro” intuì, mentre una morsa dolorosa gli stringeva il petto. “Qual è il prossimo argomento?” domandò con voce piatta, cercando di trattenere le lacrime.

Era passata meno di un’ora quando un allegro scampanellare distolse la loro attenzione dai draghi.
Lyall si alzò in piedi e scoccò a Remus uno sguardo agitato, prima di dirigersi alla porta.
Al figlio non sfuggì l’ansia di Lyall, così lo seguì in silenzio e si nascose dietro l’armadio dell’ingresso per sbriciare.
“Dall’aspetto direi proprio che è un mago” sussurrò sua madre, l’occhio incollato allo spioncino fino a quando il marito non le chiese di fargli spazio.
Albus Silente!” esclamò Lyall, sorpreso e impaurito.
“Proprio io!” commentò una voce divertita da dietro la porta. Il cuore di Remus cominciò a battere all’impazzata. Cosa ci faceva Silente a casa sua? “Mi chiedevo se foste così gentili da farmi accomodare” proseguì Silente. “Ho portato dell’ottimo sorbetto al limone!”
“Perché è qui?” domandò Lyall, ignorando la richiesta. Fu paura quella che Remus percepì nella sua voce. “Cosa vuole da noi?”
“Oh, temo di essere stato frainteso. Non voglio nulla da voi. È con vostro figlio Remus che sono venuto a parlare. Ora, sareste così gentili da lasciarmi entrare? Fa piuttosto freddo, qua fuori.”
“Perché vuole parlare con Remus?” insisté Hope, spaventata.
“Credo sia giunta l’ora di discorrere con lui della sua futura educazione. Non vorrei si convincesse che essere un Lupo Mannaro gli precluda la possibilità di istruirsi come tutti gli altri maghi della sua età.”
Lyall e Hope si guardarono terrorizzati, ma Remus cominciò a sentire un’ingiustificata, irrazionale eccitazione.
“Sì, so che è un Lupo Mannaro” riprese Silente, con il tono di chi sta liquidando un banale pettegolezzo. “Lo sa da anni, in effetti, e se avessi avuto intenzione di denunciarlo alle autorità avrei già provveduto da tempo. Ora che ci penso, se non fossi qui perché animato dalle migliori intenzioni avrei già divelto questa porta, quindi cosa ne direste di aprire e lasciarmi entrare?”
Mentre suo padre apriva al grande Albus Silente, Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Remus non poté resistere alla tentazione di sporgere la testa per sbirciare meglio.
Silente era un mago anziano, con lunghi capelli bianchi e una barba altrettanto lunga, che sembrava ancor più candida per via del contrasto con la veste viola.
Remus si ritrasse subito quando i propri occhi incrociarono quelli azzurri e penetranti di Silente.
“Ciao, Remus. È un vero piacere conoscerti” commentò il mago, divertito. Il ragazzo fu costretto a uscire allo scoperto, per la sorpresa dei suoi genitori. “Perché non mi accompagni in salotto, così che possa offrirti uno dei miei sorbetti?”

Quando entrarono in salone, Lyall puntò la bacchetta contro il caminetto, alimentando le flebili fiamme.
Gli occhi di Silente, però, erano rimasti incantati dalla scatolina poggiata sul tavolino davanti al divano.
“Gobbiglie!” esclamò eccitato. “È così tanto che non ne tocco una da aver quasi dimenticato come si utilizzano!”
“Se vuole… ecco, potrei insegnarle” disse Remus, incerto.
“Magnifico!” esclamò il Preside, lasciando padre e figlio di stucco. Si sedette a terra con un’agilità inattesa e mosse la bacchetta per creare una pista di sabbia compatta. Remus, abituato a giocare direttamente sul pavimento, fissò il circuito affascinato.
Aveva appena finito di ripetere a Silente le regole del gioco, quando sua madre servì loro i suoi fantastici crumpet*.

Solo quando Remus ebbe finito di stracciare Silente e tutte le focaccine furono terminate, Hope si azzardò a chiedere di nuovo come mai l’anziano mago volesse parlare con Remus.
“So cosa è successo a vostro figlio” spiegò Silente, serio. “A quanto pare, Greyback non ha perso occasioni per vantarsi dell’accaduto nel suo ambiente, e io ho le mie spie tra le creature oscure. Remus,” aggiunse poi, rivolgendosi direttamente a lui, “sono certo che deve essere terribilmente difficile per un ragazzo così giovane convivere con questa maledizione e, soprattutto, con le sue conseguenze.”
Lui si limitò ad annuire, perché il groppo che aveva alla gola gli impedì di parlare.
“Non oso immaginare quanto debba essere stata dura per te stare alla larga dagli altri ragazzi tutto questo tempo… eppure, io non vedo ragione per cui impedire a un mago maturo e intelligente come te di frequentare la mia scuola.”
“Intende… Hogwarts?” chiese Remus, incredulo.
“Sì, se la memoria non m’inganna il nome è proprio questo” commentò Silente con un occhiolino.
“Ma, professore, come farebbe con le trasformazioni?” domandò Hope, stringendo la mano sul polso del marito per la tensione.
“A Hogsmeade c’è una vecchia catapecchia in vendita a un prezzo stracciato ed è mia intenzione acquistarla. Con i dovuti incantesimi diventerà il luogo perfetto per le trasformazioni di Remus. Nessuno potrà entrarvi, tranne chi conosce l’unico modo per farlo: realizzerò io stesso un passaggio segreto che la colleghi con Hogwarts e all’imbocco del passaggio la professoressa Sprite, docente di Erbologia, provvederà a piantare un Platano Picchiatore per tenere lontani i curiosi.”
“Un Platano Picchiatore?” chiese Lyall, perplesso.
“Un albero incredibilmente bello e incredibilmente raro, dotato dell’innata capacità di scacciare con i propri rami tutti coloro che provano ad avvicinarsi, a meno che non premano su di un certo nodo.”
“Ma… se è tanto raro, come farà a ottenerlo?” domandò Remus, ancora restio a illudersi che il suo sogno più grande potesse diventare realtà.
“Oh, un vecchio amico mi deve un grosso favore” rispose Silente con un occhiolino.
“Professore, Remus sta diventando più forte ogni anno che passa” intervenne Lyall, lanciando al figlio un’occhiata preoccupata. “È certo che non abbia modo di uscire dalla casa, quando sarà trasformato?”
“Mi assicurerò di persona che questo non possa accadere. Da lupo non sarà mai in grado di lasciare la casa. Solo qualcuno dotato di intelligenza umana potrebbe condurlo fuori, ma oserei dire che chiunque sia dotato di tale intelligenza si terrebbe alla larga dal luogo” ridacchiò Silente. “Ora, avete altre domande?”
“Professore...” esitò Remus, “dovrò dire a tutti che cosa sono?”
“No!” esclamò Hope, prima di riuscire a trattenersi. “No, professore, non ammetterò che –”
La donna smise subito di parlare quando Silente alzò una mano per interromperla.
“Il corpo docenti dovrà necessariamente essere informato. Per il resto, la scelta è unicamente vostra: non potrei mai imporre a Remus di mentire contro la propria volontà. Tuttavia, temo che nella mia scuola esistano ancora molti pregiudizi nei confronti dei Lupi Mannari, pertanto credo che Remus vivrebbe anni più tranquilli se la sua condizione non venisse divulgata.” Il ragazzo sentì un’ondata di sollievo investirlo. Poi Silente si rivolse direttamente a lui. “Tu cosa ne pensi?”
“Io non sono cattivo,” mormorò Remus, “ma tutti pensano che i Lupi Mannari vogliono fare male alle persone. Io… io non voglio che i miei compagni pensino questo di me. Io… vorrei tanto avere degli amici.”

10 marzo 1971, mercoledì

“Tanti auguri, amore mio.”
Fu la voce dolce di sua madre a svegliarlo da un sonno agitato.
“Su, su, ora alzati, oggi abbiamo una cosa importantissima da fare!” aggiunse suo padre, allegro come era raro vederlo.
“Che cosa?” chiese Remus, ancora intontito dal sonno.
“Un uccellino mi ha detto che un undicenne di mia conoscenza vorrebbe una bacchetta in regalo…” spiegò Hope con un sorriso complice.
“Andiamo a comprare una bacchetta?!” esclamò Remus, all’improvviso sveglissimo.
Quando i genitori annuirono, gli morirono le parole in bocca per l’emozione, così si limitò a stringerli forte in un abbraccio grato. Poi realizzò che c’era qualcosa che non tornava.
“Papà, ma oggi non devi andare a lavoro?”
“Visto che la prossima trasformazione sarà venerdì notte, non occorre che io chieda un permesso per la mattina dopo, così ho pensato di sfruttarlo oggi.”
Mentre lo abbracciava di nuovo, Remus pensò che il padre non gli avrebbe potuto fare regalo più bello.

*

“Oh, Signor Lupin. Che piacere rivederla. Pero, crine di unicorno, undici pollici, flessibile. Immagino che la sua bacchetta sia ancora come nuova.”
“Sì” confermò Lyall con un sorriso.
“Già, le bacchette di pero hanno questa tendenza. Ma deduco che siate venuti qua per comprare una bacchetta a questo giovanotto, non è vero?” chiese, guardando Remus con i suoi occhi sporgenti e un po’ inquietanti. Il ragazzo si limitò ad annuire.
“Allora, con che mano usa la bacchetta?”
“La destra, Signore.”
“Bene. Stia dritto, mentre le prendo le misure” si raccomandò Olivander, cominciando a volteggiare tra gli scaffali ricolmi di scatoline.
Remus rimase immobile mentre il metro sulla scrivania si alzava in aria e cominciava a misurare le distanze tra le punta delle dita e la spalla, la spalla e terra e perfino la circonferenza della sua testa e la distanza tra le narici.
“Va bene così” disse infine Olivander. Il metro si riavvolse e cadde a terra.
“Proviamo con questa. Faggio, corda del cuore di drago, dieci pollici e mezzo, rigida. Avanti, la agiti.”
Remus mosse la bacchetta nell’aria, ma non accadde nulla.
“No, no, no” disse Olivander, strappandogliela di mano. “Eppure il faggio è adatto a quei giovani più maturi della loro età… Mi era sembrata la scelta perfetta. Be’, evidentemente mi sbagliavo. Provi questa: Cedro, piuma di fenice, dodici pollici, molto flessibile. La bacchetta perfetta per un mago con un senso della lealtà fuori dal comune e un grande intuito.”
Anche questa volta non accadde assolutamente nulla.
“Allora proviamo con ontano, corda del cuore di drago, dieci pollici, inflessibile. Sa, nonostante l’ontano sia noto per la sua inflessibilità, tende a preferire maghi disponibili, rispettosi e talentuosi. Suvvia, la agiti!”
Remus cominciò a preoccuparsi, perché per la terza volta non successe niente.
Olivander dovette leggerglielo in faccia.
“Oh, non si abbatta, troveremo la bacchetta giusta per lei! O meglio, sarà la bacchetta a trovarla. Proviamo con… cipresso, crine di unicorno, dieci pollici e un quarto, flessibile.”
Quando Remus afferrò la bacchetta, un improvviso, piacevole calore si diffuse in tutto il suo braccio destro. Sorpreso, l’agitò nell’aria, generando una cascata di scintille dorate.
“Oh, bene, molto bene!” si entusiasmò Olivander. “È un vero onore per me venderle questa bacchetta.”
“Un onore?” domandò Hope, perplessa. Forse era convinta che le sfuggisse qualcosa in quanto Babbana, pensò Remus, ma in realtà anche lui non aveva idea di cosa volesse dire.
“Vedete, questo legno è associato alla nobiltà d’animo. Il mio antenato Geraint Olivander, il grande fabbricante di bacchette medievale, era convinto che chi era in possesso di una simile bacchetta fosse destinato a morire in circostanze eroiche.” Hope trasalì. “Fortunatamente, ora viviamo in tempi meno sanguinari, così coloro che possiedono una bacchetta di cipresso sono chiamati raramente a sacrificare la propria vita, ma senza dubbio molti di loro lo farebbero, se fosse necessario. Le bacchette di cipresso trovano la loro anima gemella tra i coraggiosi, gli audaci e chi è pronto a sacrificarsi. Ed ecco perché è un onore trovare un mago degno di essa, e perché per quel mago deve essere un onore possederla.”
“Lo è, Signore” garantì Remus, che si era quasi commosso a quelle parole.
In fondo sapeva bene che, se mai a Hogwarts avesse trovato dei veri amici, per loro sarebbe stato disposto a tutto.

**************


Ciao a tutti!
Eccomi con il quarto capitolo della raccolta, quello un po’ più scontato perché ‘obbligato’… ma spero risulti comunque piacevole!
Come al solito ho una valanga di note, ma prima mi concedo due piccoli spam:
-    volete sapere cosa accadde nell’altra occasione in cui Silente offrì a Remus di andare a Hogwarts? → Il cacciatore di taglie
-    volete sapere come i Malandrini scoprirono il segreto di Remus? → Di una Stamberga, due baristi e un problema peloso

Veniamo alle note vere e proprie!
-    Remus è nato il 10 marzo 1960 e la sua bacchetta è proprio cipresso, crine di unicorno e dieci pollici e un quarto [la flessibilità è una mia aggunta] (fonte: Wiki). La bacchetta del padre è invece di mia invenzione.
-    Tutte le info sui genitori di Remus e i dettagli di questo episodio sono presi dalla biografia di Remus su Pottermore.
In particolare, il padre è esperto di Spiriti Non Umani (come i Mollicci, i Poltergeist e i Dissennatori) e la madre è Babbana.
Vi riporto il tratto più saliente sull’argomento: “For many years, Lyall kept the truth about the attack, including the identity of the attacker, from his son, fearing Remus’s recriminations.
[…]Lyall educated Remus at home, certain that he would never be able to set foot in school.
Shortly before Remus’s eleventh birthday, no less a person than Albus Dumbledore, Headmaster of Hogwarts, arrived uninvited on the Lupins’ doorstep. Flustered and frightened, Lyall and Hope tried to block his entrance, but somehow, five minutes later, Dumbledore was sitting at the fireside, eating crumpets* and playing Gobstones with Remus.”
*Non avevo idea di cosa fossero i crumpet, pare una specie di piccola focaccia/muffin, comunque mi risulta che non abbia una vera traduzione in italiano… Se avete un suggerimento è ben accetto! ☺
-    I giorni della settimana sono veri (il 6 marzo era davvero un sabato), e la luna piena era davvero il 12 marzo.
-    Remus vive un po’ in isolamento e la famiglia Lupin si trafserisce spesso, ma ho immaginato che comunque sapesse di Hogwarts, pur non conoscendo dettagli come l’età per l’uso libero della magia; mi sono sempre chiesta se gli autodidatti potessero ricevere un’autorizzazione a compiere magie fuori da Hogwarts e quella nella storia è la risposta che ho immaginato (della serie: se hai un buon motivo per rifiutare un’istruzione gratis e di livello, allora ti concedo di usare la magia al di fuori, se no peggio per te).
-     I dettagli sui legni delle bacchette non sono di mia invenzione, io ho solo scelto quelli secondo me più adatti. Trovate qui tutte le info.
-    So che la scena di Olivander sa un po’ un deja vu, ma mi diverte troppo scrivere di questo momento (e scegliere i legni più adatti al personaggio *.*) e penso sia una tappa fondamentale – quanto e più della lettera – per ogni mago in odore di Hogwarts. Penso potrei fare un’intera raccolta di personaggi che comprano la loro bacchetta xD Fino all’ultimo ho pensato di toglierla, poi mi è venuta in mente la frase conclusiva e ho pensato che avesse il suo fascino… Spero sia scelta gradita ^^

Grazie a tutti e alla prossima!!




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3164054