Rise and Fall

di Fiamma Erin Gaunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

 

Scarlett POV

 

 

 

 

 

I sedici anni sono da sempre un traguardo importante nella vita di un’adolescente, un passaggio tra l’età infantile e l’adolescenza vera e propria. E fanno schifo.
L’adolescenza in sé per sé fa schifo, a voler essere onesti, ma quando tuo padre é Diamante e tua madre é la leggendaria Rubino realizzi che la tua vita é ancora peggio di quella di una comune sedicenne. Tutti si aspettano grandi cose da te, devi tenere alto il nome di famiglia, devi essere una viaggiatrice. Il problema è che io non voglio esserlo.
Io voglio vivere una vita comune, in cui la massima preoccupazione è prendere un bel voto al compito in classe di matematica o dover scegliere l’abito adatto e trovare un cavaliere per il grande ballo studentesco.
E, soprattutto, non voglio essere costretta a passare il resto della mia vita saltando qua e là nel tempo in compagnia dell’essere più egocentrico che sia mai stato partorito su questa terra.
Damon Gabriel de Villiers.
Già il nome è tutto un programma.
Un metro e ottanta di chioma corvina, incredibili occhi verde azzurri e sorrisetto sfrontato e ammiccante perennemente dipinto su quel volto dagli zigomi fin troppo decisi.
Arrogante credo che sia l’aggettivo migliore per descriverlo, persino il suo aspetto è troppo perfetto per essere quello di un comune diciottenne.
Sofisticato ma con rilassatezza, mai un capello fuori posto, la battuta sempre pronta.
Mia madre dice che per molti versi le ricorda la cugina Charlotte nelle sembianze dello zio Richard.
Dovrebbe capire perché lo detesto, dal momento che lei e la cugina Charlotte non sono mai andate d’accordo, eppure non può fare a meno di trovarlo accattivante.
Deve gettare una specie d’incantesimo sulle persone, altrimenti è incomprensibile il motivo per cui una persona assolutamente sana di mente sia spinta a considerare la sua compagnia piacevole.  
Mia cugina Raven è assolutamente fuori di testa all’idea che la gene portatrice sia io e, sebbene noi due siamo terribilmente legate, ha più volte espresso la sua invidia all’idea che io passi tanto tempo con Damon.
Se non si fosse fatta ammaliare da quei suoi modi da dongiovanni probabilmente comprenderebbe la gravità della cosa.
Non l’ho detto a nessuno, ma ho sempre sperato di non essere io la gene portatrice. Damon e sua sorella gemella, Katherine, hanno entrambi saltato al compimento dei sedici anni e si sarebbe potuto pensare che due viaggiatori fossero abbastanza per questa generazione.
E invece no.
Il mio fantastico bagaglio genetico, comprendente ben due coppie di viaggiatori nel tempo, ha pensato bene di incastrare anche me.
Tanto perché, come si suol dire, non c’è due senza tre.
E così eccomi qui: Scarlett Montrose de Villiers, sedici anni appena compiuti saltando nel fantastico scenario della Londra vittoriana, lunghi capelli color fuoco e iridi blu violacee dello stesso colore dell’ametista, la mia pietra.

 

 

 

 

 

 

 

 

Katherine POV

 

 

 

Ravviai un’onda corvina sfuggita alla pesante acconciatura in cui madame Rossini aveva stretto la mia chioma solitamente selvaggia. Presi un sorso dalla tazza fumante di caffè macchiato che mia zia Lucy mi aveva preparato.
- Scarlett ha saltato ieri – annunciai.
La vidi sorridere, intenerita, e intuì ciò che doveva esserle passato per la mente: finalmente avrebbe conosciuto la sua nipotina.
Era stata una scelta dura la loro, rifugiarsi nel passato e rinunciare alla loro primogenita con tutto ciò che aveva comportato, ma nondimeno ammirevole.
- Credi che passerà molto prima che ci faccia visita? –
Sorrisi allo zio Paul.
Era sempre stato il fratello preferito di mio padre, non che a battere in simpatia lo zio Falk ci volesse molto in realtà.
- Io e Damon l’accompagneremo qui non appena la loggia ci darà il permesso – assicurai.
Sempre ammesso che Scarlett e Damon non finiscano per uccidersi a vicenda nel sonno, avrei voluto aggiungere, ma mi trattenni.
La loggia avrebbe avuto i suoi bei grattacapi per far andare d’accordo quei due, ma non c’era motivo che la dolce e sensibile Lucy si preoccupasse più del dovuto.
Dal canto suo, Paul sembrava sapere perfettamente cosa mi stesse passando per la testa perché soffocò nella sua tazza di bianca ceramica un sorrisetto ironico.
- Comunque non sono qui solo per una visita di piacere – ammisi, soffocando un gemito compiaciuto. Quel caffè era davvero delizioso: forte e scuro come piaceva a me. – La loggia ritiene di aver ragione di credere che un erede del Conte sia ancora in circolazione. –
Lucy sussultò leggermente, facendo rovesciare alcune gocce di nera bevanda sul tavolino in cristallo del salotto.
- Il Conte ha certamente seminato innumerevoli figli bastardi durante la sua vita –, concordò Paul, - ma c’è un motivo in particolare se la loggia ritiene di dover agire proprio ora? –
Quella era la domanda da un milione di sterline.
Avevo faticato non poco per far accettare la veridicità della mia fonte alla loggia e non dubitavo che Paul avrebbe sollevato le medesime considerazioni.
- Rackozy. –
- E tu fai affidamento sulla parola del leopardo nero, il fratello di sangue del Conte? –
- Sembra di sentire Falk – borbottai, consapevole di aver fatto un paragone ingiusto. Falk e Paul erano persone molto diverse.
- Miro non mi mentirebbe. –
Merda, mi morsi la lingua non appena ebbi terminato la frase.
- Miro? –
- Miroslaw – mi corressi, ma il danno era ormai fatto.
Come lo spieghi a tuo zio diciottenne e momentaneamente residente nel passato che sua nipote, nonché attualmente sua coetanea, durante i suoi viaggi nel passato ha stretto una certa confidenza con un barone traditore che ha quasi fatto ammazzare sua figlia?  
Fai finta di nulla e cerchi di riportare l’attenzione generale sul problema di fondo; in linea di massima sarebbe una buona idea, peccato solo che i de Villiers non siano facili da raggirare come le persone comuni.
Lucy venne inaspettatamente in mio aiuto. – Cosa ti ha detto il leopardo nero? –
- Che un discendente del Conte é alla ricerca della Coppa della vita per riportarlo indietro. Ritiene che Paul possa sapere in che epoca si trova esaminando gli scritti della Fratellanza Fiorentina. –
Paul estrasse il vecchio tomo dalla tasca interna della giacca e me lo porse.
- Lo porti sempre con te? –
Scosse la testa. – Solo quando so di star per ricevere visite da giovani parenti sconsiderati. –
Abbozzai un sorriso, mettendo al sicuro il libro foderato in pelle.
- Il caffè era eccellente e prometto che accompagnerò Scarlett qui il prima possibile, ha i nonni migliori che potrebbe mai desiderare. –
- Prima che tu vada, signorina, c’è una domanda a cui devi rispondere – mi fermò Paul.
Alzai gli occhi al cielo.
Figurarsi se se la lasciava scappare.
E io stupida che per un attimo avevo creduto di essere riuscita ad eludere la sua curiosità.
- Dimmi, zio Paul – cedetti.
- Come mai tra te e Miro -, calcò aspramente sul diminutivo, - C’è tanta complicità? –
- Ci vediamo una volta a settimana per delle lezioni di scherma. È molto più bravo di qualunque preparatore che la loggia possa mai chiamare. –
Non era neanche una bugia … non del tutto.
E di sicuro zio Paul non aveva bisogno di sapere che quando il leopardo mi sfiorava i battiti del mio cuore acceleravano.
Parve rassicurato dalla risposta e annuì.
Avvertii il familiare formicolio che preannunciava la trasmigrazione.
Feci appena in tempo a salutarli che mi ritrovai risucchiata nel presente.
Falk mi osservava e accanto a lui stavano Damon e Scarlett; non c’era bisogno di essere onniscienti per capire che quei due avevano nuovamente discusso.

 

 

 

 

 

 

 

Damon POV

 

 

 

 

- Finalmente sei tornata, magari tu riuscirai a far entrare in testa a questo impiastro quali sono i movimenti del minuetto – esordii.
Non ebbi bisogno di voltarmi per sapere che Scarlett mi aveva folgorato con un’occhiataccia.
- Damon! Più garbato. –
Roteai gli occhi davanti a quell’ennesimo sfoggio di galanteria immotivata di Falk. Cosa ci trovasse nelle Montrose era un vero e proprio mistero.
Grace era tutto sommato piuttosto piacevole, seppure tremendamente ostinata, Gwendolyn aveva perlomeno un coraggio invidiabile, ma Scarlett era una combina guai che con ogni probabilità avrebbe finito con il farsi ammazzare e portarsi dietro anche me e Katherine.
- Temo che il garbo non sia una mia qualità, zio. –
- Né l’intelligenza o la simpatia, a quanto ho potuto constatare – intervenne Scarlett.
- Riservo la simpatia e la gentilezza solo alle belle ragazze. –
- Devono essere ragazze molto sfortunate. –
Ignorai il commento della mia insopportabile cuginetta e mi limitai a tendere una mano verso il volume che Katherine teneva stretto tra le lunghe dita affusolate: dita da pianista, tipiche dei geni della nostra famiglia.
Lo sfogliai con lentezza, soffermandomi sulle scritte vergate da piuma e calamaio centinaia d’anni prima.
Falk me lo tolse dalle mani guadagnandosi un’occhiataccia.
- La loggia lo esaminerà e giungerà alle dovute conclusioni – disse a mo’ di spiegazione.
Sbuffai.
Quei vecchi parrucconi ci avrebbero messo giorni per prendere una decisione e fino a quel momento noi non avremmo dovuto fare altro che girarci i pollici e pregare che Rackozy si stesse semplicemente sbagliando.
Non era abbastanza.
No, non lo era neanche lontanamente.
Colsi l’occhiata di Katherine che m’invitava silenziosamente a non perdere la calma e non lasciarmi andare a scenate.
- Sapete dove trovarmi – conclusi, uscendo e sbattendomi dietro la porta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Torno a popolare questo fandom con una piccola long sulla nuova generazione. Vi faccio uno schemetto riassuntivo perché con i vari intrecci potreste esservi persi qualcosa.

Damon de Villiers = Ha 18 anni ed è il figlio di Charlotte Montrose e Richard de Villiers (l’OC della mia mini long “Insegnami ad amare”). A lui corrisponde lo zaffiro stellato e la tigre;

Katherine de Villiers = Ha 18 anni ed è la figlia di Charlotte Montrose e Richard de Villiers  (l’OC della mia mini long “Insegnami ad amare”) nonché sorella gemella di Damon. A lei corrisponde l’ossidiana e il gatto;

Scarlett Montrose de Villiers = Ha 16 anni ed è la figlia di Gwendolyn Montrose/de Villiers e Gideon de Villiers. A lei corrisponde l’ametista e la colomba;

Raven de Villiers = Ha 16 anni ed è la figlia di Leslie e Raphael de Villiers.

Detto ciò spero che questo prologo vi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito. Fatemi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

     Fiamma Erin Gaunt

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

 

 

 

Damon POV

 

 

 

Ero appoggiato alla parete in muratura del cortile principale della loggia, una Marlboro light stretta tra le labbra, quando Katherine mi raggiunse.
- Stai camminando in una direzione pericolosa, Dam – esordì, avvicinandosi a sfilarmi la sigaretta.
La portò alle labbra e prese un paio di profondi tiri.
Lasciò fuoriuscire il fumo in lente e ben delineate volute che si persero nella brezza invernale.
- Non abbiamo tempo da perdere e la loggia non lo capisce. Se Rackozy ha ragione ogni giorno che passa é uno in meno a nostra disposizione per trovare la Coppa. E Scarlett … per l’amor di Dio, dobbiamo seriamente portarcela dietro? –
Katherine mi lanciò un’occhiata di rimprovero.
- È emozionata e scombussolata per il suo primo salto. –
- È un impiastro. –
Ricevetti un buffetto dietro al collo.
- Ha solo bisogno di fare un po’ di pratica. –
Roteai gli occhi. – Questo é l’eufemismo del secolo. –
- Oh, andiamo, non fare il Golden Boy della situazione. –
Sbuffai, pescando dal pacchetto una nuova sigaretta. Aspirai il primo tiro con decisione e vidi brillare la brace rossastra.
- Ci farà ammazzare e, quando saremo nell’aldilà, ti rammenterò che “io te l’avevo detto.” –
Katherine sorrise malandrina.
Conoscevo quell’espressione e di solito non prometteva nulla di buono.
- Che c’è? –
Sgranò innocentemente gli occhioni verde azzurri. – Cosa? –
- Non provarci, Kat. Lo so che stavi pensando a qualcosa di tremendo o che finirà con il farci passare dei guai. –
Stavolta il sorriso si tramutò in un vero e proprio attacco di risate.
- Stavo solo pensando a quanto assomigli alla mamma quando dici certe cose. –
Indignato, le rivolsi uno sguardo piccato.
- Io non assomiglio alla mamma! –
- Sì, invece, sei proprio un’adorabile quarantenne sulla via della menopausa – continuò a ridere.
- Molto matura, Kat, sul serio – borbottai, cercando di scacciare dalla mia mente l’immagine di una mia versione quarantenne in gonnella.
Tossicchiai per nascondere l’attacco di risate che minacciava di sommergermi.
Katherine non aveva decisamente bisogno del mio incoraggiamento quando si trattava di fare ironia.
- Torniamo dentro, i miei piedi devono tornare a essere calpestati dall’impiastro – aggiunsi, lanciando lontano il mozzicone di sigaretta.
E no, non era una battuta.
Avevo perso il conto delle volte in cui Scarlett ci era finita sopra nel corso dell’ora precedente. A un certo punto avevo cominciato a pensare che lo facesse apposta e, conoscendola, non era un’ipotesi completamente da scartare.
Kat mimò un beffardo saluto militare con tanto di battito di tacchi. – Agli ordini, signor capitano. –
Percorremmo fianco a fianco il breve tratto di strada che ci separava dalla sala da ballo. Stavamo per entrare quando mi resi conto che la musica era accesa e che Scarlett era al centro della pista e provava ad eseguire i movimenti che le avevo spiegato precedentemente.
Ci metteva davvero molto impegno, non potevo negarlo, e il suo essere impacciata era decisamente più tenero quando non comportava il torturare i miei piedi.
Katherine mi diede di gomito, sorridendo con l’aria di chi sapeva bene cosa mi stesse passando per la testa.
La ignorai.
- Dille qualcosa di carino – mi esortò, spingendomi con forza all’interno della sala.
Preso in contropiede, non potei fare a meno di sbilanciarmi e trovarmi davanti a una Scarlett rossa per l’imbarazzo di essere stata scoperta a fare qualcosa di tanto inconsueto.
- Forza, dillo – mi esortò.
Perplesso, inarcai un sopracciglio. – Dire cosa? –
- Quanto sono ridicola e scoordinata, so che muori dalla voglia di ribadirlo per la centesima volta – chiarì la rossa.
Le iridi blu violacee si erano improvvisamente incupite e ricordavano lo sguardo che avrebbe avuto un cucciolo preso a calci.
Sapevo di non essere propriamente una persona cordiale e amorevole ma non immaginavo che i miei commenti l’avessero ferita tanto profondamente.
Avvertii il pungente senso di colpa all’altezza della bocca dello stomaco.
Detestavo quella sensazione, ma non riuscivo a ignorarla quando sapevo di essere dalla parte del torto.
- Okay, sono stato uno stronzo – cedetti.
- Un grandissimo stronzo – precisò Katherine, guadagnandosi un’occhiataccia.
- Un grandissimo stronzo, grazie mille per la precisazione – sibilai tra i denti.
- Sì, lo sei stato. –
- Magnifico, visto che siamo tutti d’accordo, possiamo andare avanti? Sto cercando di scusarmi e non mi riesce facile farlo. –
Scarlett annuì, incrociando le braccia al petto e predisponendosi all’ascolto.
- Tutta questa storia del Conte e del suo erede mi fa uscire di testa e dalla perfezione con cui esegui i movimenti del minuetto fino alla cosa più trascurabile come potrebbe essere … - tacqui, in cerca di ispirazione.
- Il modo in cui tengo in mano la reticule? –
Annuii. – Esatto. Tutto questo è di importanza assoluta e ci permetterà di tornare a casa tutti interi. La mia priorità è questa: riportare te e Kat indietro sane e salve. Se non dai il meglio di te il mio lavoro si complica enormemente. –
Scarlett annuì lentamente.
- Lo capisco, sul serio. Mi impegnerò per dare il meglio e alla fine riuscirò a ballare questo stupido minuetto a occhi chiusi. Anche se ammetto di averti pestato i piedi volutamente in un paio di occasioni – ammise con un luccichio malandrino negli occhi.
Ecco, lo sapevo.
Dio, dammi la pazienza.
  

  

 

 

 

 

 

Scarlett POV

 

 

 

Si era scusato.
Damon “pomposo” Gabriel de Villiers si era scusato con me e, come se ciò non bastasse, era sembrato assolutamente compito e sincero.
Roba da non crederci.
Dopo il suo discorso mi sentii quasi in colpa per avergli pestato i piedi con tanto impeto.

Quasi perché una parte di me non aveva ancora dimenticato quando mi aveva paragonato a un mulino a vento impazzito.
- Vogliamo riprovare, monsieur de Villiers? –
Lo vidi annuire, eseguire un inchino e sfoggiare quella classe da perfetto gentiluomo d’altri tempi che lo faceva sembrare tremendamente simile al mr Darcy di Orgoglio e Pregiudizio, il mio libro preferito.
- Con piacere, mademoiselle. –
Katherine fece ripartire la musica, sistemandosi nell’angolo più remoto della sala e osservandoci come avrebbe fatto il giudice di uno di quei programmi in stile “Ballando con le stelle”.
Appoggiai una mano sulla spalla di Damon e mi stupii una volta di più nell’appurare quanto il suo corpo fosse possente. Sembrava di toccare del marmo invece di carne e ossa. Eppure era rapido e si muoveva con una grazia assoluta.
Invidiavo la facilità con cui faceva certe cose e il modo in cui le faceva sembrare tanto semplici da replicare, dovevo ammetterlo.
Sentii la sua mano stringermi la vita, sfiorando il fianco lasciato leggermente scoperto dalla camicia della divisa scolastica.
Una scarica mi percorse la pelle e fu quasi come se avessi preso la scossa.
Sussultai, pregando silenziosamente che il gesto fosse passato inosservato.
Ovviamente non era stato così perché gli occhi verde azzurri di Damon si erano posati sui miei con sorpresa.
- Stringo troppo? –
- No, stringi abbastanza … Cioè, non hai una presa troppo forte – balbettai.
Perfetto, adesso dovevo sembrare un’idiota incapace di mettere in fila soggetto predicato e complemento.
Si è appena scusato per aver preso in giro la tua imbranataggine e tu dimostri nuovamente di essere un patetico caso umano.
Bel lavoro, Scar, davvero; mi complimentai silenziosamente tra me e me.
Ero talmente presa dai miei ragionamenti che non mi resi conto di aver quasi ultimato il minuetto e per giunta con notevole successo.
Perfetto, avevo trovato la risposta a ogni problema danzante: sarebbe bastato che disconnettessi il cervello e lasciassi fare tutto a Damon.
La musica terminò nel momento esatto in cui Damon mi lasciava andare e si inchinava nuovamente con eleganza sfiorandomi il dorso della mano in un lieve baciamano.
Qualunque altro ragazzo sarebbe parso un perfetto idiota nel compiere gesti tanto all’antica, ma lui risultava stranamente seducente.
Oh, in nome del cielo, dovevo davvero smetterla di pensare a Orgoglio e Pregiudizio.
Lui non era Darcy e io non ero sicuramente Elizabeth.
- Non era poi tanto difficile, no? –
Annuii, non sapendo bene come replicare.
- A Giordano sarebbe preso un attacco apoplettico se fosse stato presente. Avrebbe cominciato a sproloquiare con i suoi “C’est magnifique” e altre idiozie – rise Katherine, battendo le mani in un piccolo applauso.
Sorrisi, incoraggiata dal commento.
- Niente male, Scar, sul serio. –
Sgranai gli occhi, sorpresa.
In sedici anni di vita dubitavo seriamente di aver mai sentito Damon chiamarmi con quel soprannome.
Raven, Kat e i miei genitori lo facevano quotidianamente, ma lui … forse mi ci aveva chiamato qualche volta quando eravamo all’asilo. Dagli otto anni in poi, quando avevo cominciato a frequentare la loggia, ero diventata semplicemente “combina guai”, “impiastro” o “terremoto”. Insomma, niente vezzeggiativi amorevoli e femminili per me.
- Beh, grazie. –
Stupida carnagione alabastrina che mi impediva di non arrossire ogni due per tre!
Sul serio, perché non potevo fare a meno di sembrare un’imbranata patentata?
Che domande, evidentemente i geni di Rubino avevano surclassato quelli di Diamante e così mi ero ritrovata con un abbonamento no limit alle figuracce.
Grazie, mamma.

 

 

 

 

 

 

Erede di Saint Germain POV

 

 

 

Assottigliai lo sguardo sforzandomi di leggere i caratteri sfumati e quasi incomprensibili del documento redatto dai Templari secoli prima.
Quel latino imbastardito contribuiva ad aumentare sensibilmente il mio mal di testa.
Non ero mai stato versato nelle lingue morte, ma quel particolare paragrafo era tanto indispensabile alla buona riuscita della mia missione quanto terribilmente ostico.
Passai le dita sulle tempie in lenti movimenti rotatori nella speranza di placare quel fastidioso martellio.
Tentai una nuova traduzione.
Scarabocchiai i primi periodi, poi storsi il naso e accartocciai la carta.
Spinsi via calamaio e piuma con stizza, osservando la china riversarsi lentamente sul pavimento di marmo.
Ci sarebbero volute ore di duro lavoro per ripulirlo e riportarlo al consueto splendore, ma non sarebbe stato un mio problema.
In fin dei conti la servitù esisteva per un valido motivo.
Sbuffai, abbandonando lo scrittoio dello studio e avvicinandomi alla grande finestra che affacciava sulla grande e incantevole Piccadilly Circus.
C’era una quiete assoluta nell’ultimo periodo a causa di quell’assassino a sangue freddo che in molti ormai avevano soprannominato Jack lo Squartatore. Agiva nel degradato quartiere di Whitechapel e nei distretti adiacenti ma l’intera buona cittadinanza di Londra era terrorizzata indipendentemente dal fatto di vivere nella povera East End rispetto alla ricca e lussureggiante West End.
Ciò comportava che nessun uomo o donna saggi vagassero per le strade all’una di notte passata.
E la cosa mi piaceva.
Non amavo granchè feste ed eventi mondani tantomeno la vivace confusione londinese. Insomma, questo spietato assassino se non altro contribuiva a garantirmi pace e quiete.
Peccato solo che tutto ciò non fosse neanche lontanamente sufficiente a permettermi di tradurre quelle cruciali pagine.  
Ero a un passo dal portare a termine la mia missione e venivo ostacolato da dei ridicoli vecchi Templari che adottavano costruzioni sintattiche e lessico arcaico e incomprensibile.
Avrei dovuto chiedere l’aiuto di qualche vecchio scribano o docente di latino nella speranza che potesse giungere a una conclusione più sensata delle mie.
Ci sarebbe voluto un po’ più di tempo, ma nulla di irreparabile.
Sarei riuscito a portare a termine ciò che mi ero prefissato, di questo ero sicuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 

Eccoci qui con l’aggiornamento. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Ho volutamente omesso il nome dell’erede del Conte per creare un po’ di suspance, saprete la sua identità solo dopo che i nostri tre baldi viaggiatori l’avranno scoperta. Che dire, siate magnanimi e lasciate una recensioncina così ho un parere dalla critica xD.
Alla prossima.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

 

 

 

 

 

 

Katherine POV

 

 

 

 

Atterrai sul pavimento in marmo con un salto preciso, ravviando una ciocca di capelli scuri che mi era finita davanti agli occhi.
Miro era già lì, appoggiato a una delle colonne in stile dorico che adornavano il grande salone. Gli occhi verde pallido, lo stesso colore che avrebbero avuto quelli di un felino, facevano capolino sotto le scomposte ciocche corvine.
- Sei in ritardo rispetto al solito. –
Annuii, avvicinandomi lentamente alla sua figura snella e tonica.
Ogni volta mi sorprendeva il fatto che un uomo con quella corporatura potesse essere così forte fisicamente.
- Le lezioni alla Loggia hanno occupato più tempo del previsto. –
- La piccola Ametista é un’allieva difficile? – chiese, mentre si voltava ad armeggiare con le bottiglie sullo scrittoio e recuperava due calici puliti in cui versare del liquore ambrato. Me ne passò uno, facendomi segno di accomodarmi liberamente.
Puntai immediatamente la poltrona in pelle nera che nel corso di quegli incontri era diventata il mio posto preferito.
Mi acciambellai come un gatto, incrociando le gambe e sedendomici sopra.
Miro fece tintinnare il calice contro il mio e mi si sistemò di fronte, osservandomi con quel suo sguardo curioso e penetrante.
Era il genere di occhiata che aveva il potere di far cadere il mio corpo in preda a caldi brividi.
- Si sta impegnando, ma Damon non ha molta pazienza. –
Il barone ridacchiò.
- Tuo fratello é tutto fuorchè paziente, un vero de Villiers. –
- E io non lo sono? – ribattei, sfoderando una delle occhiate più maliziose del mio repertorio. Sguardo basso, ciglia che nascondevano vezzosamente le iridi verde azzurre e tono di voce misurato e sornione. Ravviai con un colpo studiato la ciocca di capelli più vicina e rimasi in attesa.
Damon la chiamava “la mossa” perché sosteneva che davanti a una combinazione come quella nessun uomo interamente eterosessuale avrebbe mai potuto resistere.
- Tu possiedi altri aspetti dei de Villiers, meu
pisică sălbatică – ribattè, passando al rumeno sul finire della frase.
Conoscevo abbastanza di quella lingua da sapere che le sue parole significavano
mia gatta selvatica”.
Mi piaceva quel soprannome ed era esattamente come mi sentivo: una gatta selvatica pronta a balzare all’attacco al minimo segnale di pericolo.
- Quali altri aspetti? –
- La testardaggine, l’orgoglio, il fascino ... –
Non mi resi conto di quanto ci fossimo avvicinati durante quello scambio di parole finchè non lo vidi in piedi davanti alla poltrona.
I muscoli del mio corpo erano pronti a scattare e quasi mi imploravano di agire.
Così li accontentai.
Balzai in piedi, annullando i centimetri che ci separavano, e posai le labbra sulle sue. Avvertii un momento di esitazione prima che Miro chiudesse le braccia intorno alla mia vita e ricambiasse il bacio con trasporto.
Quando ci separammo, ormai a corto di fiato, le sue labbra sottili erano piegate in un sorrisetto divertito.
- L’impulsività l’hai decisamente presa dai Montrose. –
Ricambiai il sorriso.
- La miglior combinazione possibile tra le due famiglie – ironizzai.

 

 

 

 

 

 

 

 

Scarlett POV

 

 

 

Stavo uscendo dalla Loggia, in attesa che mia madre o mio padre si facessero vivi, quando la voce di Damon attirò la mia attenzione.
- Ehy, terremoto, sali. –
La Harley Davidson rombava, ricordando le fusa di un grosso felino, e Damon appariva quasi come un moderno cavaliere in sella a un cavallo meccanico.
Una mano era poggiata sul manubrio, l’altra mi porgeva un casco.
- Non dovresti riportare Kat? –
Scosse la testa.
- Non é ancora tornata dal suo salto, ci penseranno i miei a riprenderla. Allora, ti sbrighi a portare quel sedere in sella o preferisci rimanere ad aspettare qui? –
Esitai.
Una parte di me non voleva proprio rimanere lì al freddo finchè i miei genitori non si fossero ricordati che erano troppo grandi per continuare a fare i piccioncini e che avevano degli obblighi nei riguardi della loro unica figlia, l’altra continuava a vedere immagini di se stessa spiaccicata sull’asfalto.
Non ero mai salita su una moto prima, anzi ne ero abbastanza terrorizzata, ma non l’avrei mai ammesso davanti a lui.
- Sei sicuro di saperla guidare, vero? –
- No. Pensavo di andarci a schiantare contro un albero, o magari un muro, tanto per fare qualcosa di diverso questo venerdì sera. –
Gli feci una linguaccia.
- Spiritoso. –
Accettai il casco e lo indossai. Scavalcai come se stessi per montare in sella a un cavallo e rimasi incerta su dove poggiare le mani.
Damon parve capirlo perchè le afferrò con gentilezza e le posizionò attorno alla sua vita.
- Se ti arriva troppo vento puoi appoggiare la testa sulla mia schiena, così sarai un po’ più riparata. –
Annuii, accorgendomi che stava spiando la mia reazione dallo specchietto retrovisore.
La moto partì con un rombo potente e non riuscii a impedire alle mie mani di serrarsi con forza sul suo giubbotto di pelle.
Persino sotto gli strati di abiti riuscivo a sentire i muscoli possenti che guizzavano per lo sforzo di mantenere in equilibrio la moto.
Strinsi le labbra per soffocare un’esclamazione colorita quando affrontammo la prima curva e mi accorsi di quanto poco la moto fosse distante dall’asfalto.
- Asseconda i miei movimenti. –
Chiusi gli occhi, sforzandomi di rilassarmi e fare affidamento su di lui.
Se potevo contare sulla sua protezione durante un viaggio nel passato potevo fare altrettanto per un semplice passaggio in moto, no?
La fredda aria invernale portò alle mie narici il profumo penetrante che indossava. Una qualche fragranza di Paco Rabane, una di quelle che sembravano capaci di far perdere la lucidità alle ragazze ogni volta che il loro naso registrava quell’odore.
Avevo persino cominciato a sospettare che fosse un qualche intruglio ormonale, perchè era l’unica motivazione che avrebbe potuto spiegare la mia reazione in quel momento.
Ero improvvisamente tremendamente consapevole dei nostri corpi premuti l’uno contro l’altro e la cosa era a dir poco ridicola visto che c’erano strati e strati di indumenti a separarci.
- Mi stai stritolando, Scar. E siamo arrivati a casa – annunciò.
Mollai la presa di scatto, avvampando per l’imbarazzo.
Tuttavia sembrava che quella volta Damon non avesse capito la vera motivazione che mi aveva spinta a spalmarmi su di lui.
- Ti spaventa proprio tanto Ivy, eh? –
- Ivy? – ripetei, perplessa.
- Ivy è il nome di questa bellezza – confermò, battendo affettuosamente sul serbatoio.
- Sì, mi terrorizza. Senza offesa, Ivy – conclusi, rivolgendo un’occhiata divertita al manubrio.
Damon rise, sistemando il casco sotto il sellino e stiracchiandosi pigramente.
- Ci vediamo domani alla loggia. –
Annuii osservandolo rimettere in moto Ivy e sparire lungo la strada illuminata dai lampioni.
Trovai le chiavi di casa al primo colpo e una volta aperta la porta realizzai quanto fossi effettivamente stanca.
La mamma fece capolino dalla cucina con un sorriso dolce dipinto sul viso.
- Tesoro, come é andata alla loggia? –
- Meglio del solito, sono riuscita a eseguire un minuetto quasi passabile – mormorai, sedendomi a tavola e mangiando la porzione di maccheroni al formaggio che mi avevano tenuto in caldo per la cena.
- Ah, quindi hai un talento per la danza superiore a quello catastrofico di tua madre. –
Soffocai una risata.
- Diciamo che abbiamo la stessa dote nell’andare fuori tempo. –
Gwendolyn lanciò a entrambi un’occhiata fintamente indispettita.
- Continuate così e la prossima cena dovrete ordinarla d’asporto. –
- É una promessa? – chiese mio padre, sorridendo sghembo.
Quello era il famoso sorriso alla de Villiers: papà, Richard, lo zio Raphael, Damon e persino Kat lo avevano. Io e Raven non eravamo state altrettanto fortunate.
- Gideon de Villiers! – esclamò.
Poi però scosse la testa e rise come se fossero impegnati in una sorta di flirt adolescenziale.
Bleah, assolutamente stomachevoli.
Finii di mangiare in fretta la pasta e annunciai che andavo a dormire.
- Raven ti passerà a prendere per andare a scuola per le otto – mi gridò dietro la mamma.
Alzai un pollice in alto per fare capire che avevo recepito il messaggio.
E ora il momento della giornata che preferivo: un viaggio di sola andata nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erede di Saint Germain POV

 

 

 

Arrivai nell’antica e signorile abitazione di Rackozy sfruttando l’esigenza della trasmigrazione giornaliera con quella di ottenere maggiori informazioni circa quella fastidiosa traduzione.
Eppure non si trovava nel suo studio privato come di consueto.
Vagabondai tra i corridoi diretto verso la grande sala d’allenamento per la scherma, certo che l’avrei trovato intento a provare nuove mosse contro un manichino.
Eppure quella volta le voci che pervenivano da dietro l’imponente porta in quercia erano due: l’inconfondibile accento rumeno del barone e una sottile e seducente voce femminile che doveva appartenere a una ragazza all’incirca mia coetanea.
Sbirciai all’interno, soffermandomi sulla figura che duellava con il barone anche se il loro più che un allenamento sembrava una sorta di corteggiamento vezzoso sul filo di spada.
Ci avevo visto giusto.
La bruna bellezza contro cui duellava Rackozy doveva avere meno di vent’anni; gli occhi verde azzurri si illuminavano mentre sorrideva all’indirizzo del suo sfidante e le onde corvine le ricadevano attorno al volto alabastrino dandole un’aria selvaggia e ribelle.
Indossava stretti pantaloni da schermidore che mettevano in risalto le gambe tornite e le curve femminili del suo corpo e che nessuna donna dell’epoca avrebbe mai avuto l’adire di indossare.
Seppi, ancora prima di posare lo sguardo sull’anello con l’ossidiana incastanata che sfoggiava al dito, di trovarmi davanti una viaggiatrice.
Ma da quale epoca?
Non ricordavo di aver mai visto una ragazza de Villiers gene portatrice, se si escludeva la profezia che riguardava Rubino, e quella lì non assomigliava affatto alla leggendaria viaggiatrice.
Neppure una Montrose, il cui gene dominante era il rosso dei capelli, sebbene il colore degli occhi fosse quello giusto.
Forse una viaggiatrice di una generazione successiva a quella di Diamante e Rubino.
Magari una loro figlia?
O l’erede dell’altro fastidioso viaggiatore, quello che chiamavano la pantera dagli occhi blu e che riusciva a viaggiare a suo piacimento nel passato e nel futuro?
Bussai leggermente alla porta, annunciando la mia presenza.
- Rackozy, sono arrivato. –
Lo vidi irrigidirsi, pronto all’attacco come il felino del quale portava il nome.
La ragazza assunse un’espressione sorpresa, ma doveva essere prossima al ritorno nella sua epoca perchè si portò una mano alla fronte e strinse gli occhi come se fosse sofferente.
- Alla prossima lezione, barone – la sentii asserire compitamente.
- Alla prossima, mademoiselle. –
Poi venne risucchiata nel vortice temporale.
Ormai certo di non essere visto da fastidiosi estranei, varcai l’ingresso con un sorriso sardonico dipinto sulle labbra.
- E così questo era il misterioso impegno che ti impediva di incontrarmi a un’ora più consona, Miroslaw? –
- Alla Loggia sarebbe parso strano se avessi annullato la lezione all’ultimo momento – commentò pacatamente.
Annuii.
- É ammirevole il modo in cui adempi al tuo lavoro di insegnante -, ironizzai, - Sei assolutamente certo che l’aspetto attraente della tua allieva non ti condizioni un po’ troppo? –
E non ci sarebbe certo stato nulla di strano in ciò.
Chiunque fosse quella ragazza, non poteva negare che fosse provvista di un fascino considerevole.
- É semplice lavoro. Mi hai detto tu di avvicinarmi nuovamente alla Loggia, rammenti giovane Conte? –
Annuii nuovamente.
- Bada di non lasciarti distrarre dalla missione finale. A proposito, il suo nome? –
Non sapevo perchè la sua identità avesse tanta importanza, ma non conoscerla mi disturbava più di quanto fosse lecito.
- Katherine. –
- Katherine ... e poi? –
- Katherine de Villiers – sibilò tra i denti.
Dunque quella era un componente del trio della nuova generazione, la prima volta in cui il gene si fosse risvegliato in ben tre eredi, coloro contro i quali secondo la profezia ero destinato a misurarmi.   
Gli passai il piccolo pezzo di pergamena sul quale avevo appuntato lo scritto per me intraducibile.
- Cerca qualcuno in grado di tradurlo in una lingua attuale, questo latino arcaico mi da il mal di testa. –
Rackozy annuì, ripiegandolo con cura e intascandolo.
- C’è altro? –
- Sì. Desidero partecipare alla lezione di domani, non disturbarti a informare la tua deliziosa allieva – conclusi, uscendo dal salone a passo deciso proprio mentre le vertigini cominciavano a farsi sentire.
Un guizzo nel buio ed eccomi nuovamente nel mio studio affacciato su
Piccadilly Circus.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 

Ce ne ho messo di tempo per aggiornare a causa di una serie di impegni che mi hanno tenuta occupata per un po’. Spero che il capitolo ne valga la pena e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Qualcuno vuole provare a indovinare il nome del misterioso erede del Conte? Vi anticipo che é collegato a un villain di una serie molto famosa. Alla prossima.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt

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