like dreamers do

di Beatlesvoice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 17: *** capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


 
Seduto sulla solita vecchia poltrona in salotto, perso nei suoi pensieri, Paul stava fumando lentamente una delle ultime sigarette rimaste nel pacchetto prima di andare a dormire.
Ormai era tardi, sapeva che se non fosse andato a letto in poco tempo suo padre si sarebbe arrabbiato, ma non riusciva ad interrompere il flusso dei pensieri che gli inondavano la mente mentre il fumo leggero della sigaretta riempiva piano piano la stanza.
La scuola, la musica, gli amici, gli impegni e, ormai come quasi in tutti i minuti della sua giornata, John.
"Maledetto John"
pensava Paul, mentre inspirava quel poco che ormai rimaneva dalla sua sigaretta tenendola stretta tra le labbra.
Lui e John si conoscevano ormai da qualche anno, erano diventati grandi amici da subito ed ora erano ,senza esagerazioni, inseparabili.
Certo, erano molto diversi l'uno dall'altro. John così spavaldo, sempre pronto ad affrontare una rissa o a mettere zizzania, mentre lui era un ragazzo tranquillo, riservato, che cercava di imitare l'amico più grande ma con scarso successo, lui non era così.
Ma proprio grazie a queste differenze erano amici per la pelle, si completavano.
Questo pensiero fece sorridere Paul
"Ci completiamo"
Già, che pensieri da checca. Chissà cosa avrebbe detto John se avesse saputo quello che Paul pensava di loro due.
Forse si sarebbe messo a ridere e lo avrebbe schernito, o forse anche lui pensava le stesse cose...
No, impossibile. Stava parlando di John, John Lennon, e John Lennon non faceva pensieri del genere.
Anche se a Paul sarebbe piaciuto, sinceramente.
Sapeva benissimo che John in realtà non era duro come voleva dimostrare, quella era solo una facciata per non lasciare che gli altri scoprissero chi era realmente.
Paul era riuscito a guardargli dentro e a scoprire che ragazzo meraviglioso, pieno di insicurezze e dolce fosse in realtà.
E Paul si era innamorato di questo ragazzo dal primo giorno in cui l'aveva visto.


Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse del padre che lo osservava con aria scocciata.
"Paul! Lo vedi che ore sono? Diamine figliolo, come pensi di svegliarti domani eh? Dai forza, ora vai a dormire"
Paul guardò il padre per qualche secondo, poi si alzò e andò in camera sua.
In effetti la giornata seguente sarebbe stata piena di impegni e Paul doveva riposare.
Arrivò in camera, mise il pigiama e si accovacciò sotto le coperte attento a non disfarle troppo.
Spense le luci e si addormentò quasi subito, ma con il solito pensiero in testa, John.

~~

John era seduto sul letto, con la sua chitarra sulle ginocchia intento a suonare qualcosa.
Sapeva che era tardi e che di sicuro Mimi si sarebbe lamentata, ma a lui non importava.
Doveva buttare giù un abbozzo di canzone per il gruppo entro il giorno seguente e ovviamente se n'era ricordato troppo tardi, quindi ora era costretto a provare nonostante l'orario.
Di sicuro scrivere una canzone in fretta e con una gran stanchezza addosso non era il massimo, ma lo aveva promesso a Paul quindi lo doveva fare, non voleva deludere l'amico.
Ora serviva solo un po' di concentrazione e un soggetto a cui ispirarsi.
"Dai John, la prima cosa che ti viene in mente andrà bene, basta che cominci a scrivere questa cazzo di canzone"
Aveva il vuoto in testa quella sera, non riusciva a concentrarsi.
"Ce la devo fare, lo devo fare per Paul. Lo deluderei se non lo facessi"
E di sicuro John non voleva deludere Paul, il suo amato Paul.
Lui che per Paul avrebbe fatto di tutto.
"Bene, allora scriverò questa dannata canzone pensando a Paul"
Non era difficile, John pensava a Paul molto spesso ultimamente, ma non lo diceva a nessuno, non sia mai che fosse preso per una checca!
Pensava a loro due, a come stavano bene insieme e a come i momenti migliori li passasse solo con Paul.
Certo tutto ciò non doveva affatto essere rivelato, l'unico posto in cui ciò poteva essere libero di manifestarsi era la mente di John.
Preso da questi pensieri cominciò a scrivere, bastava mettere tutto ciò nero su bianco.
Quando finì rilesse le prime righe:
"C'è un posto
Dove posso andare
Quando sono giù di corda
Quando mi sento triste
Ed è la mia mente
E non esiste il tempo
Quando sono da solo
Io penso a te
E alle cose che fai
Mi girano nella testa
Le cose che hai detto
Come io amo solo te"

Ok, forse si era lasciato andare troppo con quell'ultima riga, ma andava bene così.
Nessuno sarebbe venuto a sapere che ciò era nato pensando a Paul, no? Poteva stare tranquillo.
Soddisfatto del suo lavoro e stanco morto si diresse all'armadio per prendere una maglietta bianca da indossare come pigiama e si stese sotto le coperte. Si chiuse gli occhi e calò in un sonno profondo, ma con il solito pensiero in testa, Paul.



note dell'autrice:
salve ragazzi! 
Allora, questo è il primo capitolo della mia prima ff, waa che emozione! Spero vi sia piaciuto!

Ringrazio Nowheregirl64, che collabora con me per scivere la storia.
Il prossimo aggiornamento va a venerdì con il secondo capitolo.
a presto, un bacio.
betlesvoice

 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Mimi bussò alla porta della camera insistentemente.
"John, alzati disgraziato! Sei in ritardo! Sempre a dormire tu, non combini mai nulla di buono"
John ancora mezzo addormentato scese dal letto, turbato dal risveglio poco piacevole. In effetti era in ritardo, le prove del gruppo sarebbero iniziate tra un quarto d'ora e John era ancora in boxer e maglietta con una faccia non affatto riposata.
Prese un paio di jeans a caso dal cassetto, mise le scarpe, prese il foglio con scritta la canzone e con ancora i capelli arruffati andò in salotto a prendere la giacca.
"Dove vai? Non fai colazione prima?"
"No Mimi, devo andare! I ragazzi mi stanno aspettando da Paul"
"Tu perdi troppo tempo dietro a quel gruppo ragazzo mio! Potresti impiegare il tuo tempo in modo più redditizio!"
John sputò un secco "Sta zitta Mimi!", prese la giacca e uscì.
Faceva molto freddo nelle mattinate di Liverpool, il vento secco colpiva John in pieno volto facendogli arrossire le guance.
Camminò con passo veloce verso casa dei McCartney tenendo il naso ben coperto nella sciarpa a righe rosse e bianche e il cappello in modo che coprisse bene le orecchie.
Sapeva che sarebbe stato l'ultimo ad arrivare da Paul, ma ormai i ragazzi erano abituati ai suoi ritardi.

Quando suonò il campanello gli venne ad aprire Paul.
Alla vista dell'amico tutto imbacuccato, Paul scoppio in una fragorosa risata.
"Dio santo John sembra che tu sia arrivato dall'Antartide! Dai forza entra"
Dopo aver guardato male Paul per qualche secondo John entrò e posò la giacca sull'attaccapanni all'entrata.
I due andarono in cucina dove li aspettavano George, Stu e Pete davanti ad una tazza di te.
"Ciao John!" Lo salutò George
"Buon giorno ritardatario!" Disse Pete in tono scherzoso.
"Dai John siediti, ti preparo un po' di the. Scommetto che non hai fatto nemmeno colazione sta mattina"
Diamine, come lo conosceva bene Paul non lo conosceva nessuno.
"Allora John, hai portato la canzone?" Chiese Stu.
"Certo" rispose John mangiando un biscotto.
"Wow! Attenzione, John Lennon ha portato a termine un compito in tempo!" Esclamò il più piccolo di tutti.
"Fai poco lo spiritoso George! La prossima volta la scrivi tu la canzone così vediamo!"
"Sai mi piacerebbe visto che qui fate tutto voi due!"
Rispose George guardando prima Paul e poi John corrugando la fronte.
"Ok ragazzi, calmatevi! John, facci vedere questa benedetta canzone!"
John tirò fuori dalla tasca dei jeans il foglio spiegazzato che aveva messo li dentro in fretta e furia prima di uscire.
Porse il foglio a Paul e lo guardò mentre sulle sue labbra compariva un sorriso sempre più grande man mano che leggeva il testo.
John sentì una stretta allo stomaco, il ragazzo che era fonte di ispirazione del suo lavoro ne era entusiasta.
"È bellissima John! Sinceramente non pensavo riuscissi a fare una cosa così bella in così poco tempo!"
Disse Paul guardando il più grande con ammirazione.
"Grazie mille Paul" rispose John sorridendo di rimando allo sguardo dell'amico.
"Va bene che è bellissima Paul, ma la vorremmo vedere anche noi se premetti"
disse Pete intento a prendere resti di zucchero rimasti sul fondo della sua tazza con il cucchiaino.
"Oh si certo, prego"
Pete, Stuart e George si avvicinarono e diedero un'occhiata al foglio.
"Complimenti John, è davvero bella"
"Già, bravo! Come hai trovato l'ispirazione in così poco tempo?" Chiese Stu.
John guardò prima il foglio e poi Paul.
"È venuta da sola. Sai, avendo il soggetto sempre vicino mi è venuto facile"
L'aveva detto per davvero? Ora avrebbero potuto capire o insospettirsi.
"Ah! Ti sei ispirato a Cyn eh? La ragazza che ti viene dietro da un po'! E bravo il nostro John!"
Disse Pete ridendo.
"Sisi certo, a Cyn" si affrettò a dire John, tirando un sospiro di sollievo.
Grazie a dio non avevano capito, il suo segreto era salvo.
"Va bene allora proviamo ragazzi? Forza, andiamo in garage"
I quattro seguirono Paul ed arrivarono al garage in cortile.
Presero posto ai rispettivi strumenti e cominciarono.
Suonarono per più di due ore, poi all'ora di pranzo si fermarono e George e gli altri due tornarono a casa.

John rimase a pranzo da Paul, cosa che ormai era ordinaria.
Paul preparò da mangiare per tutti e due.
"Per fortuna che ci sei tu Paul, altrimenti morirei di fame" disse John.
"Oh beh di sicuro se tu dovessi preparare da mangiare come minimo andremmo a fuoco" disse Paul ridendo divertito.
Certo che Paul aveva proprio una bella risata, John lo doveva ammettere.
E poi i suoi occhi quando rideva diventavano ancora più belli, se questo era possibile.
I due mangiarono e parlarono, e quando ebbero finito tornarono in garage per suonare ancora un po'.
"Allora, cosa vuoi provare Paul?" Chiese John accordando la chitarra.
"Non so John, facciamo la canzone nuova?"
"Mh va bene, ho buttato giù una melodia. Tu seguimi ok?"
Così cominciarono a suonare e John si sentiva stranamente agitato.
Cantare guancia a guancia con Paul una canzone che aveva scritto per lui gli provocava una grossa stretta allo stomaco.
Paul si accorse dello stato d'animo dell'amico.
"Cosa c'è John? Non stai bene?"
"Eh? Nono sto benissimo Paul, non ti preoccupare. Andiamo avanti dai, stavamo andando bene"
"Ok allora, ma se hai qualcosa devi dirmelo va bene?"
"Certo Paul, non ti preoccupare"
Finirono la canzone e la provarono altre 2/3 volte, ne erano entrambi molto soddisfatti.
"Il testo è bellissimo John! Allora ti sei ispirato a Cyn?"
"Ehm si... Si a Cyn"
Paul guardò John con un'espressione interrogativa per qualche secondo, capiva che c'era qualcosa i strano nel comportamento dell'amico.
"Sei sicuro John di stare bene?"
"Si Paul, ti ho detto di si. Ora devo andare a casa o Mimi non mi lascerà uscire questa sera. Ci vediamo dopo, no?"
"Sisi certo John, a dopo. Ti passo a prendere io"
John uscì velocemente da casa McCartney.
Paul non capiva cosa stava succedendo all'amico, ma conoscendolo sarebbe stata una cosa passeggera e la sera sarebbe tornato il solito John.

~~

John camminò per un bel pezzo, aveva bisogno di calmarsi e schiarirsi le idee.
Non gli era mai successo prima di sentirsi così con Paul, o con nessun ragazzo in generale.
Non è che per caso... No, lui non era così. John Lennon non poteva essere una checca!
Eppure quello che sentiva per Paul, ne era ormai certo, era amore.
Amore quello vero, profondo, che ti svuota la mente e ti riempie di farfalle lo stomaco.
Ma tutto ciò ai suoi occhi pareva strano, troppo strano.
Affrettò il passo per arrivare a casa il prima possibile.
Quando entrò non salutò nemmeno Mimi, che stava leggendo un libro in salotto e andò diretto in camera sua.
Si tolse jeans e scarpe e si sdraiò sul letto.
Doveva solo riposare, la sera poi sarebbe uscito con i ragazzi e avrebbero sicuramente fatto tardi.
Si gettò sul letto e si addormentò profondamente.



note dell'autrice:
Salve! 
Ho aggiornato un giorno prima avendone l'opportunità, credo che non vi dispiaccia ;)
Allora, John è agitato e confuso... cosa succederà alla festa? 
Lo lascio scoprire a voi domenica con il capitolo 3.
Come sempre ringrazio nowheregirl62
A presto, un bacio a tutti 
Beatlesvoice


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Note dell'autrice1: vorrei precisare che questa è una storia di fantasia, perciò capiterà che i luoghi non siano completamente rispettati, ma verranno adattati secondo le esigenze della trama.





Paul uscì di casa pronto per la serata.
Doveva andare a prendere John e poi insieme sarebbero andati ad un noto locale di Liverpool,il Cavern, per una serata tra amici con gli altri.
Mentre camminava nelle ormai buie e vuote strade di Liverpool pensava al comportamento di John.
Sapeva che sarebbe passato presto, ma non capiva perché il suo amico, il suo migliore amico, non ne parlava con lui. Si erano sempre detti tutto loro due e questo faceva pensare a Paul che forse questa volta era qualcosa di serio e questo lo faceva preoccupare.
Va beh, ora non era il momento di pensarci, doveva occuparsi solo di divertirsi quella sera.

Svoltò l'angolo e dopo qualche passo 
arrivò a casa di John.
Suonò il campanello ed aprì Mimi.
"Buona sera signora, sono passato a prendere John per uscire."
"Buona sera Paul. John non è ancora pronto, anzi penso che non si sia ancora svegliato. È da quando è tornato da casa tua che dorme quello scansafatiche! Puoi cortesemente andare a svegliarlo tu? Sto preparando la cena e non vorrei che si bruci"
Mimi fece entrare Paul che salì velocemente le scale rendendosi conto che se John doveva ancora prepararsi erano decisamente in ritardo.
Entrò in camera e trovò l'amico arrotolato tra le coperte ancora profondamente addormentato.
Lo guardò per qualche secondo; aveva tutti i capelli arruffati, ma era sempre bellissimo. Si, perché John era bellissimo per Paul, lo aveva sempre considerato molto affascinante con quei suoi capelli ramati e quello sguardo furbo e penetrante.
Gli andò vicino e lo scosse un po'.
"John. John svegliati dai! Siamo in ritardo per la serata! Dai John svegliati."
L'altro come risposta grugnì e si buttò giù dal letto.
Si diresse verso il bagno e chiese a Paul di preparargli i vestiti perché secondo lui "aveva più gusto in queste cose" e poi ci avrebbe messo meno a prepararsi.
Così quando chiuse la porta Paul andò in cerca di vestiti puliti nel suo armadio.    Aprì le ante e rimase un po' a guardare le magliette spiegazzate e buttate casualmente nei cassetti. Amava il profumo di John che usciva da quell'armadio, sarebbe rimasto lì davanti per ore. 
Scelse dei vestiti adatti alla serata e il appoggiò sul letto. 
Quando John uscì dal bagno gli chiese "allora, cosa ne pensi?"
Il più grande sfoggiò un sorriso a mezza bocca che Paul amava tanto e rispose "perfetto. Il tuo gusto in fatto di vestiti è insuperabile, lo devo ammettere principessa"
Paul rise e quando John fu pronto scesero le scale di fretta, salutarono Mimi e uscirono.
~~
Eccoli, tutto il gruppo al completo, all'entrata del famoso pub.
Nessuno osava muovere un passo, così John esclamó, abbastanza spazientito: "allora, vogliamo rimanere qua fuori come degli stoccafissi per tutta la serata?"
"C-certo che no" balbettó il piccolo George. Quel ragazzino provava sempre una sorta di agitazione quando il grande John cominciava ad alzare la voce.
Questa cosa faceva sempre spuntare un sorrisino furbo sul bel viso del più grande.
"Allora entriamo" esclamo sicuro Paul.
Appena varcata la soglia del locale, John capí la ragione per cui il Cavern era tanto ambito.
Il Cavern era come tutti gli altri pub: sporco, chiuso, chiassoso, Ma era il doppio, anzi no, il triplo più sporco, chiuso e chiassoso.
Il locale era pieno, i cinque ragazzi erano appiccicati, c'era un'atmosfera quasi insostenibile, si poteva a malapena prendere il respiro.
Stavano suonando i Rory Storm and the Hurracanes, la band più famosa di Liverpool. 
Appena li sentì George esclamò "cavoli! Avete sentito come suonano bene? Sono davvero fantastici!"
Anche Pete si unì a lui "già! Il batterista poi è davvero bravo! Si chiama Richard Starkey, ma si fa chiamare Ringo Starr. È davvero un tipo in gamba!"
John e Paul annuirono. 
In effetti era proprio vero che suonavano benissimo, non per niente erano la più famosa band di Liverpool.
Insieme andarono al bancone e Stu ordinò dei dei drink per tutti.
Quando la barista li servì Paul annusò il bicchiere e con tono non molto convinto chiese a Stu "cosa c'è dentro? Mi sembra molto forte!" 
Stu lo guardò con aria beffarda e gli rispose "cosa c'è principessa? Non reggi un po' di rum?"
Paul odiava quando Stu lo chiamava principessa, lo odiava profondamente perché lui, a differenza di John, lo faceva per prenderlo in giro.
Sapeva che Stuart era solo un cretino, ma non voleva apparire debole davanti a lui. 
"Figurati! Era solo per chiedere" 
E bevve un sorso dal bicchiere posto sul bancone davanti a lui.
John lanciò un'occhiata fulminante a Stuart, sapeva che non doveva fare così con Paul e che a lui non piaceva per niente.
Pete intuì che John era seccato e per evitare di creare confusione chiamò Stu e George e si allontanarono.

John si guardó intorno, affascinanto dalla gigantesca massa di ragazzi che ballava sotto il palco. Ad un certo punto sentì un qualcosa aggrapparsi al suo braccio, porse il suo sguardo su quest'ultimo e vide Paul sul punto di cadere a terra, aveva il bellissimo viso grondante di sudore.
John lo sollevó e velocemente lo portó fuori dal locale ad una piccola panchina dietro l'angolo, e lo fece sedere.
Paul, con lo sguardo basso, mormorò: "s-scusami", John lo guardò perplesso, di cosa doveva scusarsi? Forse del solo fatto che ogni volta che lo sguardo del più grande si posava sul viso di Paul, il suo cuore si stringeva in una morsa a volte fin troppo stretta.
"Di cosa stai parlando Paul? Scusarti per cosa?"
Il più piccolo mantenne la testa bassa "si sai... Ti ho costretto ad uscire dal locale... Magari non volevi e per colpa mia sei dovuto uscire"
"Scherzi Paul? Sai che io per te farei di tutto, ho il dovere di aiutarti"
A quelle parole Paul alzò il viso. John si perse in quegli occhi verdi da cerbiatto, Paul si perse negli occhi nocciola di John. 
In un secondo la folla di persone che aspettava fuori dal locale scomparve.
C'erano solo Paul e John.

Da dietro l'angolo spuntò correndo George, che appena vide i due seduti sulla panchina gridò "eccovi!" Facendo sobbalzare i ragazzi che distolsero immediatamente lo sguardo l'uno dall'altro.
"Dio santo è un'ora che vi cerco! Cosa ci fate qua fuori?"
"Paul si è sentito male dentro al locale e l'ho portato fuori a prendere un po' d'aria" rispose John.
"Ma ora sto bene" si affrettò a dire Paul.
"Bene bene! Allora veloci, venite subito dentro. C'è una persona che vuole conoscervi, vedrete che vi piacerà."








note dell'autrice2: salve lettori! Siamo arrivati al capitolo 3, da qui comincia la vera e propria storia. In questo capitolo vediamo un piccolo momento mclennon, cosa ne scaturirà? E poi, chi sarà la persona che vuole tanto conoscere Paul e John? Lo scoprirete mercoledì nel capitolo 4.
Come sempre ringrazio nowheregirl62 per la collaborazione.
A presto, 
Beatlesvoice

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



George li portò al bancone, dove Stu e Pete stavano parlando con un ragazzo mai visto prima.
Era alto, molto più alto dei due ragazzi ed era vestito con giacca e pantaloni di pelle.
Aveva capelli biondissimi e occhi di un azzurro simile al ghiaccio.
Stava bevendo un bicchiere di gin tenendo il gomito appoggiato al bancone.
Quando arrivarono da lui George li presentò "Eccoci. Loro sono John e Paul, i leader del nostro gruppo"
Si strinsero la mano e il ragazzo si presentò. 
"Piacere, sono Hans Bhöm."
Aveva un forte accento tedesco.
"Hans è qui a Liverpool per una vacanza, lui viene da Amburgo!" Disse Pete guardando Paul e John con gli occhi spalancati dall'eccitazione.
"Infatti è proprio di questo che stavamo parlando. I vostri amici mi hanno chiesto qualcosa di Amburgo, città perfetta per le band esordienti come voi" 
"E con questo?" Chiese John con fare altezzoso, come suo solito.
“E con questo" rispose Stuart lanciando una sguardo gelido all'amico "questo gentile ragazzo ci ha invitato a passare del tempo ad Amburgo e nei suoi locali, a suonare ovviamente."
 "Se accettiamo abbiamo alloggio e lavoro assicurati" aggiunse Pete cercando di convincere John.
"Sarebbe molto utile per voi, e anche molto divertente" disse il ragazzo strizzando l'occhio a Paul.
Pete, Stu e George avevano un'espressione di eccitazione stampata sui loro volti.
"Cosa ne sai tu di cosa può essere divertente per noi?" chiese John.
Hans si avvicinó al ragazzo, con uno sguardo fiero e malizioso 
"Non dirmi che non ti diverte avere sesso e rock 'n' roll...?"
Mandò giù l'ultimo sorso di gin e se ne andò via, attirando a se gli sguardi dei  cinque ragazzi.
Stuart lanciò a John uno sguardo fulminante.
"Cristo santo John! Perché fai sempre così? Perché devi sempre rovinare tutto con la tua aria da stronzo altezzoso? Era una grande opportunità per noi che ora tu probabilmente ci hai fatto perdere!"
Questa volta Stu aveva ragione e anche gli altri lo appoggiarono.
John guardò Paul, il suo parere sull'argomento era l'unico che contava per il ragazzo.
Paul lo guardò e storse la bocca e John capì che anche Paul era d'accordo con gli altri, riuscivano a comunicare semplicemente guardandosi loro due.
Allora John, sbuffando e alzando gli occhi al cielo, si diresse verso Hans, che stava uscendo dal locale, e lo fermò.
"Ehm... Scusami per prima. È un po' il mio carattere, sai... Ma in realtà sono, siamo molto interessati alla cosa."
Hans lo guardò qualche secondo, prese una sigaretta dal suo pacchetto e l'accese portandola velocemente alla bocca. "Bene, allora facciamo così. Tu e i tuoi amici potete venire dove alloggio ora. Così almeno ne possiamo parlare tranquillamente. Chiamali e andiamo."
John annuì e andò a chiamare i ragazzi che senza farsi pregare lo seguirono.
Uscirono tutti dal locale e seguirono Hans che si dirigeva verso il centro della città.
~~
Entrarono nella stanza in cui alloggiava il ragazzo dopo che lui accese la luce.
Non era male, era una piccola stanzetta dipinta di cremisi con un letto matrimoniale al centro e due poltrone agli angoli.
"Sedetevi pure ragazzi"
Si sistemarono sulle poltrone e sul letto, mentre John rimase in piedi appoggiandosi al lato della piccola finestra che dava su una piccola vietta del centro di Liverpool.
Quando tutti si furono accomodati Hans iniziò a esporre i dati più importanti.
" Allora, vi ho sentiti suonare di recente. Siete davvero bravi ragazzi, sareste perfetti per l'Indra, uno dei più famosi locali di Amburgo. La paga è molto buona, e vi permetterebbe di vivere piuttosto discretamente".
"Quant'è?" Chiese John.
"Ehm, precisamente ora non lo so... Ma non vi preoccupate, l'alloggio vi sarà fornito dal club. Avete qualcosa da dire o da chiedere?"
John e Paul si guardavano, sembrava tutto chiaro. Di sicuro sarebbe stata una bella esperienza e una buona occasione per il gruppo.
Nessuno disse niente. 
"Cosa ne dite?" Chiese Hans cercando di incalzare i ragazzi.
I cinque si scambiarono sguardi di consenso, anche se in alcuni occhi si celava un velo di dubbio.
"io ci sto" disse John, "Anche io" aggiunse Paul, seguito da Pete e Stuart, non si sentì però la risposta di George, che era intento a mangiare un pacchetto di noccioline.
"George?" Paul cercó di richiamare l'attenzione del più piccolo "hm..si si va bene".
"Verremo in questi giorni a confermare, la ringraziamo" disse galantemente Paul 
"Grazie a voi" rispose Hans, sempre con un velo di malizia nel tono di voce.
~~
I ragazzi uscirono dall'hotel, ormai era davvero tardi. Si diedero appuntamento per l'indomani e si separarono. John e Paul ovviamente tornarono a casa insieme.
Tutto attorno a loro c'era un gran silenzio, si sentiva solo il rumore dei tacchetti dei loro stivali che battevano sull'asfalto  rovinato della stradina che stavano percorrendo.
Nonostante la meravigliosa serata, qualcosa turbava ancora la mente di Paul: cosa aveva John quella mattina?
"John, posso chiederti una cosa?" Finalmente si ruppe quell'insolito silenzio tra loro due.
"Certo Paul, dimmi pure"
"Sai John, questa mattina ti ho visto particolarmente turbato. Ho cercato di capire cosa avessi, ma questa volta non ci sono riuscito. E visto che non ne avevi ancora parlato con me beh... Ho pensato che potesse essere qualcosa di grave"
I due si guardarono a lungo; nonostante non potesse vedere bene il viso di Paul a causa della scarsa illuminazione, John sapeva perfettamente che espressione aveva. I suoi occhi grandi color nocciola avevano preso quella piega che Paul gli faceva assumere solo quando qualcosa lo preoccupava veramente. 
"Oh... Paul non ti preoccupare, non è niente. Non mi è successo nulla di grave, stai tranquillo."
Il più piccolo storse la bocca, non ancora del tutto convinto.
"E allora se non è niente di grave perché non me ne parli?"
John non sapeva più cosa rispondere; di certo non poteva continuare così, ma nemmeno rivelare il vero motivo che lo turbava in modo così evidente. 
"Non te ne parlo perché è una cosa di davvero poca importanza Paul, davvero."
John ci aveva provato, ma il più piccolo non si arrese.
"John lo voglio sapere. Lo devo sapere! Sono o non sono il tuo migliore amico?"
John non vide altra soluzione all'infuori del dire la verità a Paul, ma doveva trovare le parole giuste.
"Vedi Paul... Ehm ecco io... Io credo di essere interessato a qualcuno."
"E questa la chiami cosa da poco? E perché dovresti nascondermi una cosa così?"
"Beh... Perché è un sentimento particolare... Un sentimento che può sembrare sbagliato, ma per me è il più giusto che esista"
Ormai si era spinto troppo il la, non poteva tornare indietro.
Si avvicinò al più piccolo, lo guardò dritto negli occhi e si fermò. 
Un brivido percorse la schiena di Paul è un'idea gli balenò nella mente. Forse quello strano sentimento era per lui. Forse John stava per dichiararsi. Forse finalmente quel momento soggetto di tanti suoi sogni stava per arrivare. Forse...
"Paul, ora non prendermi per pazzo, non prendermi per malato o per depravato o qualsiasi cosa. Ti conosco ormai da anni e da subito ho capito che tra noi c'era qualcosa di grande, di molto grande. Non ho subito saputo come definirla, questa cosa tra noi, ma ora lo so. Paul io..."
John non terminò la frase, non ce n'era bisogno, i suoi occhi comunicarono tutto a Paul.
Il più piccolo gli prese la mano, sempre guardandolo dritto negli occhi. Lo attirò  a se portandolo tanto vicino al suo volto da poter sentire il suo respiro sulla pelle. Dopo qualche attimo di incertezza le labbra di John si incontrarono con quelle di Paul, creando un bacio pieno d'amore e di significato.
Quando si staccarono si guardarono per qualche secondo, poi un sorriso pieno di dolcezza comparve sui volti di entrambi. 
Continuarono la loro passeggiata verso casa mano nella mano, in silenzio. 
Nulla avrebbe potuto rovinare un momento così perfetto. 
Quando arrivarono a casa di John si salutarono con un altro piccolo e veloce bacio. 
Quella notte andarono a dormire entrambi con il sorriso sulle labbra e un peso in meno sul cuore








Nota dell'autrice: 
salve a tutti!
Allora, quante cose in questo capitolo! L'incontro con Hans, la proposta di andare ad Amburgo, il bacio mclennon... Spero vi sia piaciuto! 
Come sempre ringrazio nowheregirl62 per la collaborazione.
Il prossimo appuntamento sarà sabato con il capitolo 5 
Un bacio. 
Beatlesvoice 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Ora che John aveva dichiarato i suoi sentimenti per Paul, ci avrebbe dedicato tutte le sue forze. 
È per questo che quella mattina John si svegliò presto, molto presto rispetto agli altri giorni.
Voleva fare una sorpresa a Paul andandolo a prendere per andare da George per le prove. 
Scese dal letto e, dopo essersi stropicciato gli occhi per qualche secondo, mise le ciabatte e andò in bagno. Si guardò allo specchio; di sicuro doveva farsi la barba, così non andava bene, gli dava un'aria un po' sciupata. E doveva anche sistemarsi i capelli che erano tutti arruffati e gli stavano dritti in testa. Prese il pettine e un po' di gel e cominciò a pettinare la massa ramata; forse era anche il caso di tagliarli un po', ma per quello era necessario andare dal parrucchiere perché da solo avrebbe fatto di sicuro un macello. 
Si guardò allo specchio ad opera finita e soddisfatto prese il rasoio e la schiuma da barba che si cosparse sul volto. Finita anche questa operazione si lavò i denti ed uscì dal bagno. Si mise la solita maglietta bianca e la solita giacca di pelle, si mise pure gli occhiali quella mattina. 
Scese in salotto, Mimi non si era ancora svegliata.
Infilò le scarpe e uscì cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare la zia che di sicuro lo avrebbe trattenuto tempestandolo di domande sul perché usciva così presto.

Si incamminò verso casa di Paul, sapeva che li vicino c'era una buonissima pasticceria e voleva fermarsi per prendere la colazione, anche se avrebbe dovuto cambiare e allungare un po' il suo percorso.
Entrò nella pasticceria aperta da poco, c'erano dolci di ogni tipo appena sfornati, il profumo che aleggiava nel negozietto era irresistibile e per John fu difficile scegliere. 
Decise in fine di andare sul classico, prese due brioches ancora fumanti.
Ringraziò la commessa e uscì con il pacchetto in mano che emanava un meraviglioso profumo.
Sapeva che a Paul sarebbe piaciuta la sorpresa e si meravigliò del fatto che una cosa così romantica fosse una sua idea.

Dopo poco arrivò a casa di Paul.
Guardò dentro le finestre che davano sul salotto e non vide nessuno, stavano ancora dormendo tutti. 
Non voleva svegliare anche il signor McCartney e Mike, così dovette pensare a un modo poco rumoroso per svegliare Paul. 
Fortunatamente la camera del ragazzo dava sulla strada, così John prese dei sassolini e cominciò a lanciarli sulla finestra. 
Dopo qualche minuto Paul si affacciò per vedere cosa stesse succedendo e quando vide John gli sorrise e gli brillarono gli occhi.
"John! Cosa ci fai qui? E soprattutto, cosa ci fai qui a quest'ora?"
John sventolò il pacchetto con la colazione e disse "volevo farti una sorpresa. Ora apri che ho qui due brioches ancora calde appena comprate."
Paul chiuse la finestra e dopo qualche secondo arrivò alla porta e la aprì. 
John si avvicinò a lui, Paul era alto come lui quando stava sullo scalino dell'entrata di casa sua.
Si guardarono negli occhi, Paul aveva un'espressione di sorpresa e felicità che gli faceva brillare gli occhi. 
John non resistette e lo strinse a se baciandolo dolcemente. 
"Che bel risveglio" disse Paul ridendo quando si staccarono. 
Entrarono facendo il meno rumore possibile. 
Paul preparò due tazze di the e John mise su un piattino le brioches.
Si sedettero uno a capo tavola e l'altro nel posto accanto come sempre, in modo che potessero essere vicini e guardarsi negli occhi.
Ad un certo punto John chiese "Paul, da quanto pensi a me in questo modo? Cioè... Non mi aspettavo che tu reagissi così ieri sera."
Al più piccolo scappò una risatina.
"Oh John" disse accarezzando con un dito la mano del più grande appoggiata sul tavolo. "Praticamente da quando ti conosco. Ti ho sempre ammirato, ti ho sempre visto come... Come dire? ecco, come la persona perfetta con cui avrei voluto passare la mia vita."
John arrossì, nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere prima d'ora. 
"E tu invece? Quando ti sei accorto di questo sentimento?"
John ci penso su, diede un morso alla brioche.
"Sai, penso di averlo sempre saputo, ma di non averlo mai realizzato. Ne ho preso piena coscienza l'altra sera. Dovevo scrivere la canzone per il gruppo e... Beh l'ho scritta pensando a te. Così me ne sono accorto."
Paul sgranò gli occhi. Cosa? John aveva scritto quella meravigliosa canzone d'amore per lui? 
"Ma... Non era per Cyn?"
"Ma che Cyn! L'ho detto solo per non creare sospetti con gli altri."
Paul gli strinse la mano e lo guardò con quegli occhioni che avrebbero fatto sciogliere anche il più duro dei cuori. 
"Grazie John", quasi lo sussurrò.
Finirono la colazione, si vestirono, presero gli strumenti ed uscirono tenendosi per mano.
~~
Pete e Stu stavano camminando nella via della casa di George. Da quando Paul era entrato nel gruppo, John non faceva più la strada con loro, e quindi i due ragazzi erano rimasti soli.
Stavano chiacchierando di Amburgo, di quanto la cosa sarebbe stata emozionante e di quanto si sarebbero divertiti tutti insieme.
"Certo, se Paul non venisse sarebbe molto meglio" disse Stu con tono acido.
Tra Stuart e Paul c'era sempre stata una rivalità e una gelosia reciproca, suonavano entrambi il basso ed erano entrambi grandi amici di John.
Pete guardò Stuart sbuffando, ormai aveva sentito discorsi del genere mille volte.
"Dai Stu, ormai è uno di noi! Siamo tutti amici, dovresti smetterla con questo atteggiamento da bambino e accettarlo come uno del gruppo."
Ma l'orgoglio di Stuart non glielo permetteva, doveva primeggiare e Paul non glielo rendeva possibile.
"Si Pete, lo so ok? Non sai quante volte me lo ha detto John e ora non ho bisogno di sentirmelo ripetere anche da te. Quel Paul non mi andrà mai a genio, e io non andrò mai a genio a lui."
Fecero il breve tragitto rimanente fino a casa di George in silenzio, camminando l'uno accanto all'altro e fumando una sigaretta. 
~~
Si trovarono tutti e quattro davanti alla porta della casa di George.
Dopo essersi scambiati i soliti convenevoli, John suonò il campanello.
Aprì la signora Harrison, che come sempre era molto contenta di vedere i ragazzi e lo dimostrava schioccando grossi baci sulle guance di ognuno di loro.
Li fece entrare e come sempre offrì loro dei biscotti con gocce di cioccolato appena sfornati dopo aver gridato "George! Scendi, ci sono i ragazzi!" verso le scale che portavano alla camera del più piccolo. 
Casa Harrison era sempre piena di gente.
George aveva due fratelli, Peter e Harry, e una sorella, Louise, ed erano tutti sempre indaffarati a fare qualcosa gironzolando per casa.
George arrivò in cucina dove gli amici stavano sgranocchiando i biscotti fatti da sua madre.
Ne prese uno anche lui e portò i ragazzi in garage.
Si prepararono per suonare un po'.
Pete si sistemò dietro alla vecchia batteria di Harry, che gliene aveva cortesemente concesso l'uso.
Quella mattina suonarono poche canzoni, ma tutte in modo molto soddisfacente perciò, secondo John, non c'era più bisogno di andare avanti.
Finite le prove si sedettero al tavolino in cortile per parlare un po', dovevano ancora chiarire bene la questione di Amburgo.
"Allora ragazzi" cominciò John "cosa facciamo per Amburgo? Accettiamo o no?"
I ragazzi si guardarono per qualche secondo.
"Io ci vorrei andare" disse George accendendosi una sigaretta."Sarebbe una bella esperienza per tutti e ci farebbe crescere come gruppo".
"Sono pienamente d'accordo con George, ci divertiremmo un sacco." Disse Stuart annuendo alle parole del più piccolo.
"Si anche io, non sarebbe furbo non cogliere questa opportunità" aggiunse Paul dondolandosi sulla sedia.
Anche Pete si dichiarò concorde con tutto quello che era stato detto.
"Allora è deciso, sta sera chiamo Hans per confermare. Questo vuol dire che dovete chiedere il permesso appena arrivate a casa e poi dovete chiamarmi subito, capito? Non dobbiamo perdere troppo tempo, o c'è il rischio che Hans ritiri la proposta." Disse John con uno sguardo che sottolineava l'importanza della cosa.
Tutti annuirono pensando già a che parole usare per convincere i genitori.
Parlarono ancora fino all'ora di pranzo; la signora Harrison insistette e quindi rimasero tutti a mangiare li.
Chiacchierarono con i fratelli di George, ma nessuno disse niente di Amburgo. 
Verso le due tornarono tutti a casa.
Salutarono George, al quale John ricordò cosa doveva fare con un cenno del capo prima di uscire.
~~
Casa McCartney, ore 16:00.
Jim McCartney aveva lasciato il figlio maggiore a casa, mente lui e Mike sarebbero andati a Blackpool.
"Non mi seno tanto bene papà" aveva detto Paul "resto a casa".
E quindi eccoli li, John e Paul, Lennon e McCartney, avvinghiati sul divano del salotto di Paul, fino a formare una figura indissolubile, impenetrabile.
John stava dolcemente accarezzando i capelli scuri del più piccolo, e il più piccolo stava dolcemente accarezzando la mano non impegnata del più grande.
"Allora, cosa ne dici amore?" Chiese John.
"Dico che mi piace" disse Paul sorridendo.
"Cosa ti piace?"
Paul alzandosi e rivolgendo il proprio sguardo agli occhi di John rispose "Mi piace quando mi chiami amore", dicendo questo porse un delicato bacio sulle labbra del ragazzo, "E a me piacciono questi tuoi baci improvvisi"
I due iniziarono a baciarsi appasionatamente, quando John interruppe, a dispiacere di Paul.
"Intendevo...cosa ne dici di Amburgo" 
"Mi piace come idea, sarà difficile, ma ce la faremo"
"Diventeremo più grandi di Elvis" disse John con tono convinto.
Paul scoppiò in una grossa risata. 
"John, ti stai comportando proprio come fanno i sognatori"
John di avvinghiò a Paul, Paul fece lo stesso.
Rimasero abbracciati per un po', con il lieve suono di un vinile che era stato regalato a Paul per natale come sottofondo. 
Era tutto perfetto.
Paul era contento di affrontare questo viaggio, ma la cosa importante era affrontarlo con John.



 



Note dell'autrice: allora, eccoci al capitolo 5! Che tenero il nostro John che porta la colazione a paul e che teneri i nostri Lennon/McCartney sul divano di casa di Paul! So che casa di George non era così grande da avere un garage, ma ho adattato i luoghi alla trama. Vi do appuntamento a giovedì con il capitolo 6.
Come sempre ringrazio nowheregirl62 per la collaborazione. 
A presto,
Beatlesvoice

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Appena dopo cena i ragazzi avevano già tutti chiamato John per confermare.
Per alcuni era stato più facile, per altri più difficile, ma alla fine tutti erano riusciti a convincere i loro genitori e ad ottenere il tanto ambito permesso per andare ad Amburgo.
John chiuse la telefonata con Pete, che era stato l'ultimo a chiamare.
La parte più difficile arriva ora. John doveva comunicare la notizia a zia Mimi, e di certo non sarebbe stato facile.

Scese le scale ed arrivò in cucina.
Prima di entrare si fermó per 10 minuti buoni davanti alla porta.
'John Lennon non ha paura' si disse mentalmente, ed entró.
Trovò zia Mimi che ricamava seduta su una delle sedie del tavolo da pranzo.
"Mimi...ti devo dire una cosa" esordí John, voleva togliersi il più velocemente possibile quel peso sullo stomaco.
"Non avrai combinato altri distastri, vero?" Chiese Mimi guardandolo con i piccoli occhiali tondi che usava per ricamare appoggiati sulla punta del naso.
"Vedi, io e la band partiremo per Amburgo, suoneremo e cominceremo a farci conoscere, posso andare?" Disse John.
Si sentiva un velo di timore nella sua voce. Come previsto Mimi sembrò piuttosto scettica
"ma sei matto John?" Chiese alzandosi dalla seggiola.
"No Mimi, è il mio sogno e ho intenzione di realizzarlo" disse John guardando negli occhi la zia, sfoggiando lo sguardo più sincero che potesse avere.
"Ricorda, la chitarra va bene, ma con lei non ti guadagnerai mai da vivere!"
"Cosa dovrei fare qui Mimi?Lavorare nel salone per capelli di Penny Lane?"
Mimi lo guardó dubbiosa, anche se infondo sapeva che il suo ragazzo aveva del talento.
"Eh va bene John, ti do il perm-".
Mimi non fece in tempo a completare la frase che John la strinse in un abbraccio.
"grazie mimi, grazie" disse John quasi commosso.
Finalmente il suo, il loro sogno poteva diventare realtà "si...ora però vai a lavare i piatti ragazzo" rispose Mimi.
~~
Verso le 21 John chiamò Hans per confermare la loro partenza.
"Perfetto John" disse il tedesco "partiremo tra due giorni.
Non portate troppa roba, avrete l'opportunità di comprare ciò che vi serve li.
Preparate tutto ciò che vi serve per suonare. Ci vediamo direttamente al porto di Liverpool alle 10 in punto.
Non fate tardi o c'è il rischio che il traghetto parta senza di noi" "
Certo Hans" di affrettò a rispondere John "non ti preoccupare, puoi fidarti di noi"
"Lo spero bene ragazzo" disse il più grande ridendo.
"Bene John, ci vediamo tra due giorni. Salutami tutti i ragazzi"
"Certo Hans, ciao" John riattaccò con un enorme sorriso stampato in volto, non poteva credere che tutto questo stesse accadendo davvero.
Subito riprese la cornetta e chiamò un numero per lui ormai molto noto.
"Pronto, casa McCartney"
"Paul! Ciao Paul, sono John"
"Ehi John! Cosa c'è? Hai un tono elettrizzato!"
"Paul ho appena chiamato Hans per confermare! Fra due giorni partiamo per Amburgo! Ci credi? Il nostro sogno si avvererà Paul!"
A Paul spuntò il sorriso più grande che gli fosse spuntato sulla faccia nella sua vita.
"Cristo santo John, non riesco a crederci!"
"Già, nemmeno io!"
"Dimmi bene cosa ti ha detto. A che ora partiamo? Dove ci troviamo?"
"Ah si giusto. Ha detto che ci troviamo al porto alle 10 in punto. Ha detto di non portare troppa roba perché potremo comprare ciò che ci serve li e di preparare tutto per suonare"
Paul fece mente locale per ricordare tutto ciò che doveva prendere.
"Ok perfetto John" rispose.
"Ehi, ma come hai fatto a convincere Mimi? Pensavo non ti avrebbe mai mandato!"
"Già, anche io. All'inizio pensavo davvero che non mi ci volesse mandare perché l'ho vista un po' scettica, ma alla fine ce l'ho fatta fortunatamente."
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi John ripeté
"non ci credo ancora, Paul"
"Nemmeno io John"
"Sai, sono molto contento di fare questo viaggio con te Paul, davvero"
"Anche io John, moltissimo"
"Ora devo andare Paul. Buona notte, a domani" "A domani John. Buona notte"
~~
John si era svegliato stranamente presto quella mattina, così per passare il tempo ascoltò un po' di musica.
Stava ascoltando alla radio una nuova canzone di Elvis, quando sentí qualcuno bussare alla porta.
Si alzó e andó a vedere chi fosse quello squilibrato che bussava a casa sua alle 8 di mattina, quando sua zia Mimi era ancora nella braccia di Morfeo.
Quando aprí la porta si trovó davanti Paul.
"Aiutante per il riempimento delle valigie a sua disposizione"disse facendo un inchino.
John guardò Paul e rise.
"Entra pure"
Paul ormai conosceva l'abitazione quasi meglio di John stesso, quindi si diresse verso la sua camera, seguito da John.
Il maggiore entró e tiró fuori la valigia e i vestiti, creando una gran confusione.
"Almeno cerca di non creare un manicomio, non ti aiuterò anche a sistemare la camera" disse Paul con tono severo.
Così dicendo stampó un veloce bacio sulle labbra del più grande.
"Vedi, devi piegarle bene" illustró Paul.
John stava per fare una prova con una semplice maglietta bianca, ma Paul ebbe la stessa idea, così le loro mani si sfiorarono, provocando in John una scossa di calore.
"Ma come cavolo fai?" Chiese.
"Guarda è facile, devi solo-"
"Non sto parlando delle maglietta idiota, sto parlando del fatto che ogni volta che ti vedo, che ti tocco, perfino se ti sfioro, prova una scossa di...di...di, cristo, non so nemmeno io cosa!"
Fece una pausa e guardó il più piccolo negli occhi
"Tu mi fai letteralmente impazzire."
Così dicendo baciò Paul, un bacio appassionato, un bacio che travolse entrambi.
"Fanculo la valigia" disse il più giovane.
Si sdraiarono sul letto e passarono il resto della mattinata così, ad abbracciarsi e baciarsi.
~~
Verso l'ora di pranzo scesero in cucina.
"Mimi, oggi a pranzo c'è anche Paul" disse John entrando.
La zia parve molto sorpresa e leggermente seccata della presenza del più giovane.
"Oh Paul. Quando sei arrivato? Non ti ho sentito entrare!"
"Salve signora. Sono arrivato questa mattina presto, probabilmente lei stava ancora dormendo."
"Si, probabile" disse la signora dopo averci pensato qualche secondo.
"questa mattina mi sono alzata tardi. Beh allora ti abbiamo con noi oggi"
"Si signora" rispose Paul con un piccolo sorriso imbarazzato.
Mimi preparò il pranzo e si sedettero tutti a tavola.
Chiacchierarono un po' di Amburgo, zia Mimi fece le solite raccomandazioni ai due ragazzi che annuirono ad ogni suo avviso.

Finito il pranzo John e Paul andarono in cortile portandosi una chitarra.
Si sedettero sull'erba, era una bella giornata per stare un po' fuori.
Paul imbracciò lo strumento, lo accordò per bene.
"Allora John, cosa vuoi che ti suoni?"
Il ragazzo ci pensò un po'.
"Non so Paul... Scegli tu qualcosa"
Allora il più piccolo cominciò a suonare e a cantare.
"Besame besame mucho
Each time I bring you a kiss
I hear music divine..
."
La sua voce cristallina si diffondeva nel piccolo cortiletto trasportata dal vento e John non poté fare altro che sdraiarsi accanto al ragazzo ad occhi chiusi ed assaporare ogni nota perfettamente eseguita.
Quando ebbe finito John esclamò "cazzo Paul, la tua voce è strepitosa"
Il giovane arrossì, adorava quando John gli faceva complimenti, soprattuto dal punto di vista musicale.
"Grazie mille John" gli disse accarezzandogli i capelli.
"No davvero Paul, è stupenda. Dovremmo inserire questa canzone nel repertorio! Sarà un successione."
Paul era colpito da questa decisione; John voleva inserire una canzone cantata solo da lui.
"Oh John, davvero io non..."
"Paul, ormai ho deciso. Deve assolutamente entrare nel nostro repertorio. È troppo bella cantata da te per non essere sentita da nessuno oltre che me"
Si guardarono, uno di quegli sguardi lunghi e pieni di significato.
Alla fine John si alzò e si mise a sedere accanto a Paul.
Si scambiarono qualche altro bacio, poi Paul dovette andare a casa per preparare anche lui la sua valigia.
Tutto doveva essere pronto, la mattina seguente sarebbero partiti per l'avventura più bella della loro vita.



note dell'autrice: allora, eccoci con il capitolo 5.
Come prima cosa chiedo scusa per il ritardo ma ieri proprio non sono riuscita ad aggiornare.
Bene, finalmente il viaggio per Amburgo divrnta una cosa concreta per i nostri cinque ragazzi. 
I nostri Paul e Jonh sono sempre teneri e lo diventeranno ogni giorno di più.
Vi diamo appuntamento a sabato prossimo con il capitolo 7, il capitolo della partenza.
A presto, un bacio
Beatlesvoice & Nowheregirl62
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



John si era svegliato già da un po’ , ma non era riuscito ad alzarsi, si sentiva le gambe come paralizzate, “L'emozione gioca brutti scherzi” pensò il ragazzo.
Quella mattina infatti ci sarebbe stata la partenza per Amburgo.
John non era quel genere di ragazzo che si emoziona per questo genere di cose.
Non gli era mai successo, mai.

Cosa avrà in serbo per la band la città di Amburgo?
Questo domanda continuava a  trapanargli il cervello dalla sera precedente.

Dopo 10 minuti John si sedette sul letto, prese il suo pacchetto di Woodbines, e con una bizzarra delicatezza estrasse la sigaretta; prese l’accendino e la accese.
Aspirò, e nella prima nuvola di fumo, per qualche ambigua ragione, John poté distinguere due figure alte, slanciate, vestite di nero da testa a piedi e con due chitarre sulla schiena.
Sorrise ‘l’emozione gioca brutti scherzi’ ripeté di nuovo.

Finalmente si alzò, indossò una maglietta nera e dei blue jeans, e scese giú in cucina, dove lo attendeva Mimi.

“Buongiorno John”, il ragazzo percepí un velo di tristezza e amerezza nel tono di voce della zia.
“Buongiorno Mimi”
“Allora, grande giorni oggi…”
“A propisto, mi serve il mio certificato di nascita”
“Per che cosa?”
“Ehm…non lo so “
“Sei sempre il solito Lennon, mai una certezza, una sicurezza” la voce si spezzo’ pronunciando l’ultima parola.
“Mimi…non fare la sciocca”, cosí dicendo i due si strinsero in un abbraccio.
Da quanto tempo non si abbracciavano lui e la zia? Da tanto, forse troppo tempo.
E’ proprio vero che la distanza unisce. 

“Ora devo proprio andare, sono gia’ in ritardo”
John si diresse verso la porta, facendo molta attenzione a nnon voltarsi.
Non voleva ammettere che sarebbe stato difficile vivere lontano dalla persona che, nonostante tutto, ti ha curato per tutta la tua esistenza.

“John, chiamami appena arrivi!”
Il ragazzo si giró, maledizione.
“Mi mancherai Mimi”
“Anche tu John”

Il ragazzo usci’ definitivamente dalla sua casa, la casa che è stata teatro di molte cose spiacevoli, certo, ma anche di cose piacevoli, molto piacevoli.
Quella casa aveva assistito alle prime strimpellate di John, alle prime strimpellate con Paul, alle prime canzoni composte.
Il flusso dei pensieri venne interrotto da un rumore proveniente dalla finestra. John vide la zia “ Gli occhiali John”, se fosse stato un giorno qualunque, non l’avrebbe ascoltata.
Ma quello non era un giorno qualunque.
Cosi’ se li mise, e si allontano’ dalla sua casa.
Facendo attenzione a non guardarsi indietro.
~~
L'aria del porto quella mattina era frizzante. Una lieve brezza passava tra i capelli perfettamente pettinati dei cinque ragazzi fermi vicino al punto di attracco delle navi.
Erano tutti in cerchio, ognuno con il proprio strumento a portata di mano e ben sorvegliato.
Tra di loro c'era un clima di eccitazione e di lieve paura, chissà cosa li avrebbe aspettati una volta presa quella nave.
In fin dei conti erano tutti dei giovani ragazzi che inseguivano un sogno, un grande sogno, e non sapevano se sarebbero riusciti a realizzarlo veramente.

Paul era davvero agitato, non aveva dormito la notte dall'agitazione e quella mattina era arrivato al porto con un ora di anticipo per paura di perdere la nave. 
Ora si guardava attorno freneticamente mordendosi le labbra, in attesa della arrivo di Hans. 
John si era accorto della sua agitazione.
Avrebbe tanto voluto stringerlo in un abbraccio rassicurante e infondergli sicurezza con un dolce bacio, ma non poteva li davanti a tutti.
Cercava un contatto visivo con lui per rassicurarlo con uno dei loro soliti sguardi, ma Paul non smetteva di far correre gli occhi da una parte all'altra del porto. 

Finalmente arrivò Hans, era vestito come sempre con giacca e pantaloni di pelle e indossava degli occhiali da sole neri. 
Camminava abbastanza lentamente fumando una sigaretta con molta calma.
Quando arrivò dai ragazzi gli sorrise, gettò la sigaretta e con un mezzo sorriso li salutò. "Buon giorno ragazzi, pronti a partire?" 
Notò il nervosismo di Paul, che nonostante il suo arrivo non si era comunque tranquillizzato. 
Scoppiò in una risata.
"Ragazzini" disse tra se e se "chissà cosa si aspettano".
~~
Finalmente i ragazzi poterono imbarcarsi. 
Hans distribuì ad ognuno il proprio biglietto che aveva comprato per loro il giorno prima.
Il piccolo George lo stringeva come se fosse stata la cosa più importante della sua vita, e molto probabilmente lo era. Aveva il terrore che gli cadesse e di perderlo e così di annullare la sua partenza. 
Portarono tutti i bagagli e gli strumenti all'interno della nave, diedero il biglietto al capitano e si accomodarono sulle seggioline che riempivano la parte coperta della barchetta.
Era una giornata stranamente soleggiata, così i ragazzi decisero di andare a godersi la partenza all'esterno 

Erano tutti e cinque sul pontile, fronteggiando la ormai lontana Liverpool. Dopo un’ora di viaggio era quasi impossibile scorgere i lineamenti della cittadina, la loro Liverpool, quella Liverpool che li aveva visti crescere.

Nessuno parlava, nessuno osava dire niente, troppo orgogliosi per salutare la loro città a voce, la voce che probabilmente sarebbe stata rotta dai singhiozzi, se fosse stata liberata.
Paul sospiró. Stuart  lo guardó e disse acido: “ Cosa c’è Paul? Senti già nostalgia della tua casetta? Vieni Pete, andiamo dentro, sto rischiando di vomitare”.
“Vengo anche io ragazzi!” “FORZA GEORGE! SBRIGATI!” urlarono Stu e Pete, che erano già a metà pontile.

E cosi’ Paul e John si ritrovarono soli,
di nuovo.

“Sai, comincio a pensare che George faccia apposta a lasciarci sempre soli” disse John.
“Cosa? Pensi abbia intuito qualcosa?”
“È praticamente impossibile non accorgersi delle occhiate che mi lanci piccolo Paul”rispose John pavoneggiandosi.
“Non dire balle Lennon, sei tu che mi guardi come una ragazzina innamorata”
“No, tesoro mio, sei tu!” si difese John, puntando il dito al petto di Paul.
Comiciarono cosi’ a lottare, a tirarsi piccole pacche  e schiaffi, a spingersi.
Paul perse l’equilibrio e quasi rischió di cadere in acqua, ma sentí le forti braccia di John afferrargli i fianchi e attirarlo a se.
Paul sorrise, e lascio’ che le sue mani arrivvassero ai capelli del piu grande, ai bellissimi capelli ramati del piu’ grande.
I loro occhi si incotrano e per l’ennesima volta si persero.
“Paul, non iniziare a guardarmi cosí , lo sai che se inizio a baciarti, poi non finisco piu’”, cosi’ dicendo prese le mani del piu’ piccolo, e con lui ando’ a sedersi su una piccola panchina.
Paul appoggió la sua testa sulla grande spalla forte del piu’ grande.
“Questa sarà una vera avventura John, pura, semplice ma anche fragile avventura”.
E cosi’ entrambi si assopirono.
Uno attaccato all’altro.

E cosi’ passarono il resto del viaggio fino all’arrivo in Francia.

Uno attaccato all’altro.








Note dell'autrice: ooooh finalmente sono partiti per Amburgo! Ovviamente sono tutti molto agitati poveri Ahahahah. Chissà come andrà il viaggio e come sarà la permanenza ad Amburgo... Lo scoprirete domenica con il capitolo 8.
Un bacio a tutti :)
Beatlesvoice & Nowheregirl62
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Note dell'autrice 1: allora, come primissima cosa volevo dire che questo capitolo è stato scritto interamente da Nowheregirl62, quindi è merito suo :) 




Il dolce sonno di Paul e John fu interrotto da una chiamata da parte di Häns.
“Sveglia belli addormentati! Siamo in Francia!”
John e Paul, ancora intontiti, si stropicciarono gli occhi.
“Siamo già arrivati?” chiese delicatamente Paul
“Si principessa addormentata” rispose seccamente, come al solito, Stuart, facendo roteare gli occhi di Paul e John, quasi all’unisono.
“Forza, vieni Paul” disse John, accompagnandolo fuori dall’imbarcazione “Lascia stare Stuart, è solo geloso”.

“Allora ragazzi, raggiungeremo Amburgo in furgoncino, non ci impiegheremo molto tranquilli”
“Non avevi parlato di un viaggio col massimo della comodità Häns?” reclamò con fare altezzoso John.
Häns sbuffò.
‘Per fortuna sanno suonare decentemente, altrimenti sarebbero una vera rottura’ pensò.
 
“Dai ragazzi, non dobbiamo essere così schizzinosi, alla fine ne sarà valsa la pena”
“e se lo dice Paul ci dobbiamo fidare” aggiunse John.
 
Fecero qualche passo e  trovarono un furgoncino bianco, proprio come descritto da Häns.

O meglio, non esattamente come descritto da Häns.
Certo, se lo immaginavano piccolo e poco spazioso, ma non così tanto.

Entrarono tutti e si ritrovarono uno appiccicato all’altro.
“Sembra quasi il Cavern in miniatura” esclamò Pete.
“E a noi non dispiace, vero?” sussurrò John a Paul il quale replicò con un segno di consenso.

Erano tutti veramente molto stanchi, anche John e Paul, sebbene avessero dormito già nel viaggio precedente, così si sdraiarono su una coperta trovata nel furgoncino.

Dormirono appiccicati, sembravano un sandwich.

E a John e Paul non dispiaceva affatto, avevano una scusa in più per abbracciarsi.
Insomma, qualche volta disturbavano gli altri tre componenti della band, ma nessuno ci faceva veramente caso.
~~
Dopo un po’ di ore di viaggio, finalmente  arrivarono a destinazione.
Scesero dal furgoncino un po’ intorpiditi e cominciarono a guardarsi intorno.
 Si resero conto che non erano in un quartiere normale.
Erano nel famoso quartiere a luci rosse di Amburgo, pieni di ubriaconi, drogati e donne di facili costumi.
Una di queste passò di fianco a John “Ehi bel maschione”.
John non la guardò quando si girò vide uno sguardo non proprio felice di Paul.
“Sta tranquillo tesoro, nulla potrà distogliermi da te” disse John.
“Dovresti stare attenta che nulla possa distogliere me da te, caro Lennon” aggiunse Paul con un sorriso malizioso.
Ci fu un breve scambio di sguardi tra i due, interrotto da Häns: “Tra pochissimo vi porterò nel vostro alloggio, non è nulla di che, ma ve lo farete andare bene ne sono certo”

Pochi metri e arrivarono davanti a quello che a George sembrò una specie di cinema “S-sarebbe questo il nostro alloggio?”
In effetti non era uno dei soliti cinema che erano abituati a vedere a Liverpool.
Era un cinema a luci rosse, proprio come il resto del quartiere.

Alla domanda di George non ci fu risposta, era evidente.

Entrarono nel cinema ed arrivarono in una sorta di sgabuzzino, con quattro letti ed un water.

Rimasero molto delusi, non era quello che si aspettavano.
Si voltarono per dire qualcosa ad Häns, ma quel furfantello se ne era già andato.
Pete si guardò intorno “E così questo sarebbe il comodo alloggio, ci sono solo quattro letti, quindi due di noi dovranno dormire insieme” 
“Io mi tiro fuori, non sono una checca” disse  immediatamente Stuart, seguito da Pete.
“Bene, rimanete solo voi tre quindi” aggiunse.

George, Paul e John si guardarono perplessi, anche se quest’ultimi non erano per nietne preoccupati.
Tirarono a sorte,
Paul e John si ritrovarono a condividere lo stesso letto.

Erano già andati tutti a dormire.
Ma Paul e John erano ancora svegli.
“Sarà una coincidenza forse?” chiese Paul a bassa voce.
“Non credo nelle coincidenze Paul”
“Sono preoccupato, e se non ci riusciremo?”
“Andrà tutto bene Paul” disse John poggiando un delicato bacio sulla fronte di Paul
“Andrà tutto bene”






note dell'autrice 2: allora, eccolo finalmente ad Amburgo! Il viaggio è stato lungo, ma alla fine non è stato così male, specialmente per John e Paul ;) 
Spero che vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me, la nostra Nowheregirl62 è proprio brava e la voglio ringraziare per avermi aiutato scrivendo il capitolo da sola.
Purtroppo ultimamente non ho mai tempo libero a causa dello studio che è già pesante nonostante la scusa Lia appena iniziata, quindi vi chiedo scusa per eventuali ritardi nella pubblicazione dei capitoli.
Spero di riuscire ad aggiornare martedì prossimo con il capitolo 9 :) 
A presto,
Beatlesvoices & Nowheregirl62
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Note dell'autrice 1: anche questa volta i crediti vanno alla fantastica Nowheregirl62 che ha scritto il capitolo da sola 




“Paul!”
“…”
“Paul! Svegliati”
“mhm…”
“Paul, staccati da me un attimo!”
“Dai John, torna a dormire”
“E’ ora di alzarsi idiota, e ti ripeto, staccati, non ci possiamo permettere di farci vedere come due fidanzatini innamorati”
“Ma noi siamo due fidanzatini innamorati, John”
“Va bene, l’hai voluto tu…” così dicendo versò in testa al povero Paul una bottiglia d’acqua gelata, facendo nascere in lui un grido quasi agonizzante e facendo arrivare davanti al loro letto i componenti restanti della band.
“Andiamo Paul, non comportarti come una femminuccia”.
Grazie a questo piccolo scherzo, John riuscì a liberarsi dalla presa insistente di Paul.
“Non si voleva svegliare” disse John, giustificandosi.
Paul non disse nulla, semplicemente si alzò dal letto e prima di entrare nel ‘bagno’.
Lanciò un “Se mi ammalo è per l’ennesima volta solo colpa tua, Lennon”.


“Cosa facciamo oggi?” chiese George impaziente.
“Allora, per prima cosa dobbiamo andare dal titolare di quel pub, quello di cui ci ha parlato Häns”
“Per quanto mi riguarda il “pub di cui ci ha parlato Häns” potrebbe anche non esistere”
sbottò John “quell’uomo non mi convince, affatto”
“Andiamo John, non comportarti come una femminuccia solo perché’ non hai una bella vasca e un letto tutto tuo” lo canzonò Paul.

A quanto pareva al ragazzo non era piaciuto per niente lo scherzo del maggiore.

“Ci dobbiamo trovare in un bar qui vicino con Häns, per discuterne seriamente” continuò Pete.
“Dai, prepariamoci, non voglio arrivare in ritardo”
“Paul, sei sempre il solito perfettino” rispose Stuart, che si guadagnò un segno d’approvazione da parte di John.
Paul lo notò e si rabbuiò.
Nonostante quella ‘relazione segreta’ che lui e John avevano intrapreso, non aveva ancora superato la gelosia nei confronti di Stuart, che sembrava essere sempre il prediletto di John, quando erano con la band.

Uscirono tutti e cinque per andare incontro a quello che potremmo chiamare ‘appuntamento col destino’.

Incontrarono Hans dopo pochi minuti.
Era seduto su una panchina, le lunghe gambe accavallate, le lunghe dita che impugnavano un sigaretta che il ragazzo lentamente fumava, un cappello che rendeva impossibile scorgere i suoi occhi color ghiaccio.

Li aveva raggiunti dal momento che, giustamente, pensava che i ragazzi non sapessero ancora ben orientarsi in quello città nuova, oppure pensava non fossero abbastanza intelligenti; non aveva una grande considerazione per quei cinque ragazzi.

Stuart lo riconobbe.
“Ciao Häns!” disse ricambiando la sua attenzione.
Egli si alzò e strinse la mano ad ognuno.
“Oggi vi porterò a vedere il locale, parleremo della paga-“
“Che ovviamente sarà alta, come ci hai detto, vero?” chiese John.
Häns non rispose.

I ragazzi gli puntarono gli occhi addosso e non sentendo una risposta sbuffarono, John scrutò Paul, cercando il suo sguardo in modo da capire cosa ne pensasse il più piccolo, ma invece di trovarsi grandi occhi verdi che lo guardavano, vide solo Paul con lo sguardo basso, intendo a prendere a calci una lattina di qualche bevanda tedesca.
Ovviamente si chiese perché e per un momento gli passò per la mente quella che era la risposta giusta, cioè che Paul si era offeso al suo cenno d'approvazione di fronte alla battuta di Stuart, ma dopo poco si staccò completamente da questa idea.
Certo, Paul era un tipo sensibile, ma non così tanto.
Vero?
Dopo minuti di autoconvincimento la sua testa tornò ad affrontare i discorsi che gli altri ragazzi stavano affrontando in quel momento.
Häns stava loro illustrando la strada per arrivare al pub dove avrebbero suonato.
“- allora questa è la strada per arrivare all’Indra Club,tutto chiaro?”.
I ragazzi annuirono incerti.
Häns, vedendo la loro insicurezza cerco di infondere loro un pochino di calma: “Per oggi e stasera vi accompagnerò io”.

Così, senza sentire un’eventuale loro risposta cominciò a percorrere la strada che li divideva dal locale.

Non era tanto lontano.

Arrivati davanti all’entrata c’era un uomo ad aspettarli.
Non era molto alto, e neanche molto magro, era stempiato con grandi occhiali sul viso e un grosso naso.
Quest’uomo, vedendo Häns, lo salutò: “Questi sono i ragazzi di cui mi hai parlato, eh?”
“Si, esattamente: Paul, John, George, Stuart e Pete, vengono da Liverpool” rispose.
Il buffo uomo passo in rassega i componenti della band e , rivolgendosi  a  John disse: “Prego ragazzi, entrate”e gli fece segno di seguirlo.

Li fece accomodare ad un tavolo.
“Bene, allora…mhm, da dove cominciare” disse l’uomo grattandosi la testa ormai pelata “ah si, le ore di lavoro: lavorerete 8 ore a notte-” Sentendo questo numero i ragazzi sbarrarono gli occhi, sorpresi “- è necessaria la puntualità, altrimenti vedrete un me non molto felice, vi pagherò 17 sterline al giorno ”
“A testa?” chiese sorpreso George
“no,stupido ragazzo, insieme. Ulteriori domande?”.
 Dopo un veloce scambio di sguardi i ragazzi fecero segno di no.
“Vedrete, sarà un’esperienza a dir poco indimenticabile” disse l’uomo, quasi con un ghigno.
Stava a loro capire se quell’indimenticabile sarebbe stato in nota positiva, o negativa.
Beh, fra non molto lo avrebbero scoperto.




note dell'autrice 2: eccoci ad Amburgo con il primo ingaggio, chissà cosa aspetterà i ragazzi. E poi la gelosia di Paul verso Stuart, a cosa porterà? Succederà qualcosa tra i due? Lo scoprirete nei prossimi capitoli. 
Ringrazio ancora Nowheregirl62 perché è super <3
Il prossimo capitolo sarà pubblicato giovedì prossimo.
A presto, un bacio a tutti :) 
Beatlesvoice & Nowheregirl62

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Sembrava quasi una promessa.
E forse, forse lo era davvero.
Questa sera avrebbero avuto il loro primo spettacolo ad Amburgo, quell’Amburgo che sarebbe diventata loro, prima o poi.
Usciti dal locale, dall’Indra Club, si diressero in quella che doveva essere una specie di drogheria, si sarebbero presi qualcosa da mangiare, prima di andare in scena.
Erano tutti molto affamati, specialmente il piccolo George, fatto che ancora destava scalpore. Insomma, era impossibile credere che un corpicino così piccolo potesse contenere una quantità di cibo così immensa.
Entrarono in quella drogheria e subito si diressero alla ricerca dei loro cibi preferiti.
John si diresse da Paul, che era davanti ad un mini frigo con del latte, la sua bevanda preferita.
‘Certe volte sembra proprio un bambinone’, pensò John.

Voleva assolutamente scoprire la ragione per cui Paul era così incredibilmente triste e sovrappensiero.
Non poteva e non doveva permettere che Paul fosse afflitto da qualsiasi tipo di malessere.
Lì, ad Amburgo, una città di prede e predatori, una città dalla quale si rischia di essere divorati lentamente.
Aveva a cuore la salute del più piccolo, certamente, ma aveva a cuore anche la sua.

Il trovarsi incontro a quegli occhi da cerbiatto verdi, ma non di un verde allegro e vispo, come erano la maggior parte delle volte, ma di un verde increspato di gocce d’amarezza,  aveva il potere di renderlo incredibilmente vulnerabile e turbato.
Avevano il potere di distruggere le sue barriere in mezzo secondo.
E John non poteva, non poteva permettersi di far cedere quelle barriere che aveva costruito con così tanta fatica.
Quelle barriere che aveva abbassato con così tanta fatica per Paul, solo e semplicemente per Paul.


Le mani di Paul vagavano incerte tra i cartoni di latte e furono percorse da un brivido quando John lo sfiorò.
“Ehi” disse richiamando la sua attenzione.
“Ehi”
“Come stai?”
“Bene”
“Cos’hai?” chiese John, per niente convinto dalle affermazioni di Paul.
“Niente” disse spostandosi dallo scaffale di latte al retro di un mini distributore trasparente di caramelle.
“Non mi mentire McCartney” disse il più grande spinse Paul contro il distributore, gesto che attirò l’attenzione di Stu e Pete, i quali guardarono in quella direzione curiosi.
John appena se ne accorse allungò le distanze in un secondo.
“Non mi mentire Paul, lo sai, posso leggerti nell’animo, se voglio”.
Un animo che ora era incredibilmente turbato da un qualcosa di davvero insignificante.
Ma Paul era così, era proprio a quelle piccole cose, gesti insignificanti che poneva la sua attenzione.
E si odiava, si odiava incredibilmente tanto per questo.
Lui, al contrario di John, quelle barriere non le aveva mai avute, mai costruite.
Le sue barriere di fronte a John non si azzeravano.
Proprio perché non erano mai esistite.


“ Niente, solo problemi da ragazzino perfettino”
E in quel momento, in quel momento John capì.
Come ha potuto essere cosi’ stupido?
Come non ha potuto accorgersi della ragione del malessere di Paul dopo anni, anni che si conoscevano, e dopo anni passati a volersi bene.

Perso nei suoi pensieri quasi non si accorse che gli altri erano ormai usciti e si dirigevano nella loro ‘abitazione’.

Corse e li raggiunse, e si mise a passeggiare di fianco a Paul.
“Paul…” disse quel nome quasi sussurrando, quasi come se pronunciarlo fosse peccato.
“Paul…” ripeté una seconda volta, leggermente piu’ forte.
Niente, nessun segno da parte del ragazzo.
“Paul…” provò una terza volta ma, come pensava, non ebbe una risposta, di nuovo.

Così se ne stette zitto per tutto il tragitto, rimuginando i suoi errori.

Arrivarono nella loro piccola stanza.
John si tormentava, era davvero nervoso e arrabbiato con se stesso, ma anche con Paul.
A volte, molte volte a dir la verità, il ragazzo se la prendeva per le più stupide cose, forse era l’unico aspetto che non gli piaceva di Paul.
Ma non era tanto sicuro.
E non gli importava più di tanto, voleva solo sistemare questa stupida faccenda il più velocemente possibile.

“Ma cristo santo Stuart! Ci sono le tue cazzo di cose già in giro! Viviamo in una stanza che è piccola come il tuo cervello quindi mantieni i tuoi spazi e non i vedere quelli altrui.”
Paul urlò con tutto il fiato che aveva in gola, quando era arrabbiato la più piccola cose che potesse mettere in disordine una sua parte del suo mondo lo mandava in bestia, non riusciva a controllarsi.

E poi, poi Stuart si mise a ridere.
Di nuovo.
Si burlò di lui.
Di nuovo.

Contò fino a dieci.
1, 2, 3, 4, 5.
“Andiamo Paul, non comportarti come una casalinga disperta”
6, 7, 8, 9, 10.
Ecco ce l’aveva fatta.
Ma poi di nuovo, Stuart si mise a ridere guardando John.
“Chiudi la tua bocca di merda Sturt, non mi hai mai visto incazzato, è vero, ma ho due pugni formati da due mani da chitarrista, sicuramente migliore di te, e non ho paura di usarle!”

E poi ci fu John.
John non riuscì a trattenersi.
“Paul ascoltami e smettila cazzo!”








Note dell'autrice: scusatemi tantissimo per il ritardo, ma come ho già detto sono abbastanza occupata ultimamente. 
Allora, Paul è geloso di Stu  e devo dire che mi piace molto questo Paul gelosone. 
Vedremo come andrà a finire tra i due. 
Finalmente hanno il primo ingaggio ad Amburgo, ora il sogno sembra sempre più realtà.
Come sempre ringrazio Nowheregirl62 che sta scrivendo tutti gli ultimi capitoli compreso questo ed è bravissima :) 
Prossimo aggiornamento spero domenica prossima con il capitolo 11.
Un bacio a tutti
Beatlesvoice & Nowheregirl62

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Paul era quasi scioccato dal tono di voce usato dal più grande. Lo scrutò tremando, quasi spaventato, pensava John avesse vari poteri, ma quello che più lo metteva a disagio era il fatto di poter fare delle persone qualsiasi cosa volesse con uno sguardo. Solo un potente, fulminante, influente sguardo, e Paul, Paul si perdeva in quello sguardo, continuava a perdersi, a fissarlo. Se avrebbe potuto, lo avrebbe fissato all’infinito. Così come quei capelli ramati, spesso in disordine, che facevano venire voglia a Paul di accarezzarli, così come il suo naso aquilino che era tanto odiato.


Paul si destò dai suoi pensieri quando sentì il cigolio di una porta che si apriva e vide Pete, George e Stu uscire.
“Forza ragazzi, uscite, io e Paul dobbiamo fare un discorso”, pronunciò John, uscì un suono minaccioso ma incredibilmente dolce, Paul cominciò a tremare spaventato, incosciente del fatto che la stessa cosa stesse accadendo a John

John aveva riflettuto molto su cosa dire a Paul, ma alla fine si arrese, sapeva benissimo che se lo sarebbe dimenticato, ci aveva provato tante, troppe volte. Paul aveva quello straordinario potere, pensò John per la centesima volta in quella giornata. La cosa divertente, è che qualche volta pensava veramente che il minorel fosse qualcosa di sovrumano. Stava ore a pensare all’incredibile mondo chiamato Paul.
“Perché ti comporti in questo modo?”
“Cosa c’è John? Non mi comporto come tu vorresti? Come Stuart?” rispose Paul con gli occhi pieni di rabbia e frustrazione, diventate ancora più grandi dalla consapevolezza del ragazzo che tutto’ ciò che stava accadendo era colpa del suo maledetto carattere, troppo sensibile.
“Cosa cavolo stai dicendo? Me lo spieghi? Devi sempre ingigantire tutto e invece ad ascoltare le mie scuse o quello che ho da dire non ci pensi mai” Paul non disse nulla. Infondo sapeva John avesse ragione, sapeva che le scuse ci sarebbero dovute essere solo da parte sua, sapeva che John aveva ragione quando disse che ingigantiva sempre tutto. Sorrise al pensiero di quanto bene lo conoscesse John. “
"Cosa ridi? Trovi tutto divertente?”
“Ma figurati…”
“Sai, a volte proprio non ti capisco, sei una cosa impossibile, Paul”
“La verità viene fuori eh”
“Non incominciare di nuovo” così dicendo spinse Paul sul materasso e si sedette di fianco a lui, improvvisamente si chiuse quasi a uovo, stava per chiedere scusa, e per John Lennon, chiedere scusa era una cosa più unica che rara.

“Paul, guardami, ti prego” sussurrò prendendo il mento di Paul tra le dita, fissandolo acutamente. Non vedendo segni di risposta proseguì.
“Ti conosco, ti conosco molto bene, so che la minima cosa ti può scombussolare in maniera non proprio piacevole, è una tua debolezza e non pensare che io non l’accetti, perché l’accetto eccome, è solo che mi ci vuole tempo per comprenderti a fondo, capisci?” Incredibile, stranamente stava riuscendo a parlare. Paul annuì e John proseguì, alzandosi e camminando avanti e indietro nervosamente. “Io so come tu sei fatto e sono certo che tu sai benissimo come sono fatto io, ho i miei tempi per comprendere le cose e ora ho finalmente capito la ragione del tuo comportamento, mi rendo conto di non essermi comportato nel migliore dei modi, mi rendo conto di essere stato un vero stronzo, mi rendo conto che però ce ne metti del tuo eh, mi rendo conto che ti devo chiedere scusa e mi rendo conto che sto continuando a parlare e parlare senza neanche capire perché-“
“John, John, ti prego fermati” John si fermò, era stupito dal tono di voce usato dal più piccolo.
“Ti vorrei prendere a pugni, mi vorrei prendere a pugni, so come sono fatto e non è colpa mia, però a volte penso veramente tu ti prenda gioco di me…”
“Paul, è vero, a volte lo faccio, spesso lo faccio, sia perché capita che ti trovi davvero buffo, a volte, spesso in questo ultimo periodo, per nascondere la cosa che provo per te”
“Hai paura, John” “Io, n-no…” Paul alzò un sopracciglio, rise, era tutto apposto,l o aveva già perdonato.
“John…”
“Sì, ho paura, scusami”
“Non devi chiedermi scusa, provo la stessa cosa anche io, ho paura che gli altri non possono capire, ci vorrà nel tempo, ma ne abbiamo, stai tranquillo.”
“Paul, io voglio stare con te”
“John, anche io”. John sorrise maliziosamente e si avvicinò a Paul, sfiorò le sue labbra color ciliegia e il più piccolo disse: “Sara una relazione segreta eh, dobbiamo stare attenti”
“Mi piacciono i rischi, caro Paul”
 




 

Nota dell'autore: Ciao a tutti e a tutte, vi ringraziamo per seguire la storia con molta costanza e di lasciarci sempre qualche recensione. Il capitolo é stato scritto nuovamente da Nowheregirl62, scusate se é arrivato un po' in ritardo ma la scuola impegna sempre molto. Allor, abbiamo John e Paul che finalmente parlano, capiscono i loro errori e fanno pace, che due teneroni. Ma ad Amburgo non possono mai sentirsi al sicuro, cosa succederà? Quindi aspettiamo il prossimo capitolo, che dovrebbe arrivare domenica prossima.

Alla prossima e nuovamente grazie.
Beatlesvoice e Nowheregirl62
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


A John erano mancate le morbide labbra di Paul e a Paul erano mancate quelle di John, ormai per entrambi era diventato un bisogno fisiologico.
Era un sollievo aver risolto la questione in modo veloce e indolore, anche perché sarebbe stato insostenibile suonare serbando ancora minimi rancori.

Sarebbe stato difficile, molto difficile, a volte avrebbero voluto mollare tutto, ma ce la avrebbero messa tutti tutta, non si sarebbero arresi, erano tipi tosti, loro due.
Insieme poi, ancora di più. 

“Oi, avete finito?” disse una voce proveniente da fuori la porta.
I due ragazzi subito si staccarono, si ricomposero e aprirono.

“Allora, il piccolo Paul è ancora arrabbiato?”  chiese Stuart, mettendo il broncio.
“No, il piccolo Paul non è più arrabbiato” rispose John, rivolgendo uno sguardo divertito al minore “quindi stasera andremo alla grande”.
Start sbuffò e alzò lo sguardo al cielo, infastidito, molto infastidito.
Avrebbe sicuramente preferito che la lite fra i due fosse durata di più, molto di più.
Spesso non sopportava la magica empatia che c’era fra John e Paul, non sopportava il fatto che Paul suonasse meglio di lui, e non sopportava che John lo notasse.
Il flusso di pensieri di Stu fu interrotto da una vocina proveniente da dietro il suo corpo e George che passò davanti.
“Allora, visto che avete risolto, ci conviene andare a provare”
“Hai perfettamente ragione George” disse Paul poggiandogli una mano sulla spalla “ci conviene muoverci, non vorrei fare tardi il primo giorno”.
“Dai, forza, ai suoi ordini McCartney” aggiunse scherzosamente John.
Paul lo guardò e scoppiò a ridere.

Paul tirò una pacca sulla testa a John e lo invitò ad uscire dalla camera.

Appena usciti tutti e cinque si accesero una sigarette e, dopo i primi tiri, videro comparire in mezzo alle nube di fumo Häns.

“Ciao, come mai qui?” chiese, stranamente, Pete.
“Volte dirmi che sareste stati in grado di raggiungere il locale da soli?” rispose con quel tono superiore Häns, dopo avere gettato fuori il fumo, alzando un sopracciglio.
I ragazzi si guardarono stupefatti, l’altezzosità di quel ragazzo non aveva fine.
“Allora, se ci tieni tanto, sbrigati ad accompagnarci e non perdiamoci in chiacchere inutili, stupido sapientone” replicò infastidito Paul, che non era solito mostrare antipatie alle persone, e gettò la sigaretta a terra e attirando a se lo sguardo stupito di John che accennò un sorriso, o meglio, un ghigno.

Ci fu uno scambio di sguardi piuttosto intenso tra Paul e Häns, che di certo non si aspettava che un ragazzo così fosse tanto coraggioso da rispondere co quel tono. 
Lo infastidiva ma allo stesso tempo incuriosiva molto, come lo incuriosivano gli sguardi amari che Stu riservava solo ed esclusivamente a Paul.
Stava balenando in lui una strana idea.

Tutti i componenti seguirono Paul, che sapeva la strada, ma Stu rimase fermo a fissarlo e poco dopo vide di fianco a lui Häns, e cominciarono a camminare insieme. 

Stu rimase a fissarlo per un paio di minuti, dubbioso, finché parlò: “Allora, cosa vuoi? Perché non sei in capo al branco?”
“Perché ti ho capito, caro Stuart, ti ho capito eccome”
“No, non hai capito proprio niente e non mi conosci, inoltre”
“Ho vissuto abbastanza da comprendere certe cose…”
Stuart roteò gli occhi, sbuffando.

“Secondo la matematica, non hai tanti anni in più di me”
“I pochi anni in più fanno la differenza, fidati”
Non rispose, non stava capendo dove il più grande volesse arrivare.

Stavano per raggiungere il locale, ma Häns doveva assolutamente avere la certezza che le sue intuizioni fossero esatte.
Stuart continuava a camminare non degnandolo di uno sguardo, fino a quando non sentì sul suo braccio una forte pressione che lo spinse a fermarsi.
“Cosa cavolo vuoi Häns?”
Egli lo guardò con uno sguardo freddo.
“Ho notato gli sguardi che riservi a Paul. Non sono sguardi di semplice fastidio, sono sguardi di un qualcosa che si avvicina fino a quasi sfiorare l’odio, con un pizzico di gelosia” disse accennando un sorriso malizioso.
Stuart comincio a guardarsi intorno, quasi tremando.
Qualcuno era riuscito veramente a notarlo?
“Non fingere con me, caro Stuart. Posso tenere il segreto, anche perché, beh, qualcosa in comune l’abbiamo”
Aveva ragione Häns, ormai l’aveva capito, era inutile nasconderlo.
“Anche tu sei geloso di Paul?”
“Non la chiamerei gelosia, più una sorta di fastidio, ma comunque le cose non cambiano molto”
“E quindi, cosa vuoi fare?”
“Quel piccolo ragazzino impertinente sembra sempre divertirsi più di noi…”
Stuart sorrise,aveva il presentimento che si sarebbe divertito anche lui questa volta.
“Cos’hai in mente di fare, Häns?”
Stava per rispondere ma fu interrotto da John: “Forza, voi due, sbrigatevi a entrare!”

Così i due chiusero il discorso come lo avevano iniziato, guardandosi.



Appena entrati all’Indra Club, iniziarono a sistemare gli strumenti.
Cominciarono a stilare la lista dei brani, avrebbero dovuto essere una ventina, ripetuti più e più volte.
John ebbe un’idea: “Io direi di inserire anche Ain’t she sweet, e suonarla verso notte fonda”
George aggiunse: “Io direi di abbassare l’altezza della melodia, per renderla piu’ forte, dobbiamo dimostrare che non siamo una band R&R qualunque”
Tutti annuirono, eccetto John, che aveva in mente un’ultima canzone.
“Facciamo cantare a Paul 'Besame Mucho'"
Paul arrossì e abbassò la testa ridendo imbarazzato, si ricordava dei complimenti che aveva ricevuto con quella canzone.
Anche qui, tutti furono d’accordo.
Stuart chiese conferma della scaletta, che cominciarono a provare, che comprendeva:

- Be-bop-a-lula
- Halleluja! I love her so
- Besame mucho
- Sweet little sixteen
- Kansas city, hey hey hey hey
- Roll over Beethoven 
- Money
- In spite of all the danger
- That'll be the day
- Three cool cats
- Searchin'
- Cayenne
- The sheik of araby
- I'm gonna sit right down and cry (over you)
- Lend me your comb
- Ain't she sweet


Ora tutto era pronto, lo spettacolo stava per cominciare.








Note dell'autrice: Salve! Questa volta abbiamo aggiornato in tempo finalmente ahahah.
Allora wow, siamo già al capitolo 12! Capitolo interessante, Paul e John fanno pace, la prima serata all'Indra Club... Ma Stuart e Hans? Cosa avranno in mente? 
Volevo precisare che la scaletta l'abbiamo creata io e nowheregirl62 cercando le canzoni che eseguivano nei concerti ad Amburgo scritte prima del '60.
Come sempre ringrazio tantissimo Nowheregirl62 che ha scritto il capitolo anche questa volta.
Il prossimo aggiornamento sarà, spero, domenica prossima con il capitolo 13.
Un bacio e a presto,
Beatlesvoice & Nowheregirl62
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


"Buona sera a tutti"
Una voce interruppe il brusio delle voci dei ragazzi nel locale.
"Questa sera vorrei presentarvi una nuova band che arriva da Liverpool. Questa è la loro prima esibizione qui ad Amburgo, quindi facciamoli sentire a casa. Un bell'applauso per i Beatles!"

Come sentì quel nome, il cuore di Paul si fermò per un secondo.
Sentì le ginocchia cedere e la gola diventare secca.
Andiamo, cosa gli stava succedendo ora?
Aveva suonato davanti ad un pubblico così tante volte che aveva perso il conto e non si era mai sentito così agitato.
E di certo quello non era il momento adatto per farsi prendere dall'ansia.

Stuart si era accorto del suo stato d'animo e lo guardava con uno sguardo che di sicuro non era intenzionato ad infondergli sicurezza.
Si ricordò ciò che gli aveva detto Hans e capì che quello era il momento adatto per agire.

Così, mentre stavano salendo gli scalini che portavano al palco, andò verso Paul e, facendo attenzione che nessuno lo notasse, gli si avvicinò all'orecchio.

"Non sei in grado di sopportare tutto ciò eh, femminuccia?"

Paul spalancò gli occhi e il suo stomaco si strinse in una morsa terribilmente dolorosa; se già prima era agitato, ora lo era ancora di più.

Notando che il suo piano era riuscito, Stuart si allontanò con un sorriso soddisfatto e si diresse verso il palco.
"Dai Paul muoviti, dobbiamo andare in scena!" Gridò John al ragazzo che era pietrificato ai piedi delle scalette.
Paul strinse il suo basso e cominciò ad incamminarsi.
Ogni passo era sempre più pesante e la gola diventava sempre più secca, ma non poteva mollare ora, doveva salire su quel palco.

Dopo essersi preparati per bene, John prese il microfono.
"Buona sera, noi siamo i Beatles. Siete pronti per un po' di sano Rock n'roll?"
Dopo un'ovazione del pubblico cominciarono a suonare.
Per fortuna la prima canzone la cantava tutta solo John perché Paul ancora non si sentiva bene.
Guardava John cantare e muoversi sul palco.
Lui era così perfettamente a suo agio, anche davanti a un pubblico nuovo in una città tanto diversa dalla vecchia Liverpool.
Questo da un lato lo rassicurò, facendogli capire che non era una cosa così difficile, ma dall'altro lo fece agitare ancora di più perché si rendeva conto di non essere all'altezza.

La canzone era finita, ora toccava a lui e John.
Attaccarono e John cantò la prima strofa.
Come al solito, quando dovevano cantare insieme, John lo guardò e capì, anche prima che Paul cantasse, che qualcosa non andava.
E il suo presentimento si dimostrò reale quando dalla gola di Paul non uscì la solita voce melodiosa e perfettamente intonata, ma un suono roco e spezzato.
Probabilmente non molti nel locale si accorsero di ciò, ma per Paul fu comunque umiliante.

John lo guardò, avrebbe tanto voluto stringerlo in quel momento, ma si limitò a lanciargli uno dei suoi sguardi rassicuranti e pieni d'amore.
Questo aiutò Paul che continuò tranquillamente la serata fino alla prima pausa.

Quando scesero dal palco si riunirono e ripassarono le canzoni da fare nella seconda fase.
"Allora ragazzi, ne mancano poche quindi facciamole bene ok?
Sono: halleluja! I love her so, in spite of all the danger, That'll be the day, besame mucho e twist and shout"

Cristo! Paul si era dimenticato di dover cantare da solo e di sicuro non ne era in grado quella sera.
"John..." Disse lievemente.
"Non me la sento di cantare besame mucho questa sera"
Il più grande lo guardò e non cercò di insistere, si leggeva dal suo sguardo che davvero non ce l'avrebbe fatta.
"Va bene Paul, la togliamo. Non c'e nessun problema, però non farti prendere dal panico ok?"
"Ok John"
La mano di John si allungò e accarezzò il braccio di Paul cercando di tranquillizzarlo.
"Ragazzi, 5 minuti e risalite"
Si prepararono tutti e si sistemarono nuovamente sul palco accompagnati da un applauso entusiasta del pubblico.
Da quel momento in poi tutto andò un po' meglio e fecero scatenare tutto il locale.

Finita l'ultima canzone stavano per scendere dal palco, quando Stuart prese velocemente un microfono e disse: "Ora c'è una canzone speciale, cantata dal nostro bassista. A te la scena Paul!"
A Paul si gelò il sangue.
Non riusciva a muoversi, non riusciva neanche ad aprire bocca.
Era letteralmente immobilizzato dalla paura.
"Forza Paul, sbrigati" urló dal palco Stuart "Il pubblico ti aspetta".
Paul guardó Stuart, poi rivolse lo sguardo al pubblico che urlava, applaudiva, poi rivolse di nuovo uno sguardo a Stu, uno sguardo che voleva quasi chiedere:" Perchè?".

Stuart scoppiò a ridere, un sorriso cattivo, perfido, vendicatore. 
Gli occhi, illuminati dai piccoli riflettori, erano l'espressione della realizzazione e fissavano soddisfatti Paul.

Le sue mani tremavano, come le sue gambe e la sua gola era incredibilmente secca.
Non ci sarebbe riuscito.
Non ce l'avrebbe fatta.
E lui, lui avrebbe vinto questa volta, una piccola vittoria certo, ma il  piccolo McCartney si sarebbe sentito incredibilmente umiliato, finalmente.

Paul, da un iniziale stato di shock, passò a uno stato di totale isteria.
Cominciò freneticamente a sbattere le palpebre, le lacrime di agitazione gli stavano facendo appannare la vista, il respiro era corto, ansioso, preoccupato, girava velocemente la testa, da destra a sinistra, da sinistra a destra, cercando disperatamente l'unica persone che lo avrebbe aiutato.

Eccolo, stava arrivando, stava salendo sul palco.
Per un momento Paul si tranquillizzò, ma poi qualcosa, o meglio, qualcuno, si interpose fra lui e John, bloccando il maggiore.

John cercó disperatamente il suo sguardo.





Note dell'autrice: buona sera! Oh, finalmente sono tornata a scrivere, che bellezza! Sono davvero contenta di aver trovato il tempo per scrivere parte di questo capitolo e sono molto contenta di come stia procedendo bene la collaborazione con Nowheregirl62 :)
Allora, prima esibizione ad Amburgo! Il nostro Paul non la prende molto bene però e con questo Stuart che gli rende la vita impossibile certo non è facile.
Per fortuna c'è sempre il nostro John ad aiutarlo :3
Come sempre ringrazio Nohweregirl62 perché non saprei come farei senza di lei :)
Prossimo aggiornamento a lunedì prossimo con il capitolo 14.
Un bacio,
Beatlesvoice & Nowheregirl62

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


"Levati di torno, idiota!” urlò, quasi disperato, John.
 
Lui sapeva, sapeva che Paul non ci sarebbe riuscito. Gli era bastato sfiorare le sue mani, per sentire che quel nervosismo lo avrebbe letteralmente bloccato.
Ma non sapeva, tuttavia, che era tutto architettato, tutto perfettamente progettato, ed era soltanto l’inizio.
 
“Oh no, non questa volta, stupido ragazzino.” Häns prese John per le spalle, lo sbatté al muro, facendogli male alla testa.
John, intontito, spalancò gli occhi, che passarono freneticamente dall’uomo che ora lo teneva in pugno, al ragazzo, alla persona, a cui teneva di più al mondo.
 
Lo vide in preda all’agitazione, immobile sul palco. I suoi occhi erano così occupati su Paul, che non si accorsero di una figura che, stando nella penombra, rideva, soddisfatto.
 
John cercò di liberarsi, ma non ci riuscì, la presa su di lui era troppo forte, incredibilmente forte. “Cristo Häns-.”
“Ora mi ascolti, ascoltami bene. Tu andrai su quel palco, ok? E farai cantare quella stupida, piccola checca-.”
A questo insulto John si irrigidi’, nessuno, nessuno poteva insultare Paul.
“Non provare a insultarlo!”
“Ho detto che devi ascoltarmi¨” Cosi’ dicendo gli tiro’ uno schiaffo, che tinse di rosso la sua guancia sinistra, che lo fece cadere a terra.
Velocemente, rozzamente lo aiuto’ a rialzarsi, e vide proprio quello che voleva vedere: paura, sorpresa, incapacità di reagire.
“Ho detto che tu salirai su quel fottuto palco, non impedirai di cantare a quel fottuto ragazzino, se non vuoi vedere i vostri fottuti sederi su una barca diretta alla vostra sporca Liverpool.”
 
Enfatizzo’ l’ordine con uno sguardo agghiacciante, sputando a terra. Lo spinse sul palco. John, a malincuore, decise di obbedire agli ordine. Non sarebbe piu’ riuscito a guardarsi allo specchio.
John Lennon, John Winston Lennon aveva paura.
Paura di tutto.
 
 
 
Salì sul palco, tremando. I suoi pensieri erano rivolti verso Paul,
L’avrebbe mai perdonato?
Fece segno ai restanti componenti della band di prendere posto. George lo guardò stupito, stava per prendere parola, ma John, leggendo i suoi pensieri, lo precedette.
“Non dirmi nulla George, siamo obbligati, maledettamente obbligati.”
Il piccolo si girò verso Pete, che alzò le spalle, non capendo la gravità della situazione.
 
 
Paul era su quel palco, la folla sotto di esso che ormai urlava spazientita. Cosa avrebbe dovuto fare? Vide John che guardava quella folla, con uno sguardo freddo, uno sguardo che conosceva bene.
 
Una delle paure più grandi di Paul era quella di deludere il suo compagno, così a malincuore, prese il suo basso, e facendo un segno di partenza agli altri, iniziò a suonare.
Ma il suono che nasse fu a dir poco agghiacciante.
Le tremanti mani di Paul correvano sullo strumento, cercando di afferrare le note giuste, ma la paura era cosi’ padrona di Paul, che non ne azzeccò neanche una.
La voce era, molte volte, spezzata dai singhiozzi.
La mente era troppo offuscata per ricordare la parole.
Il ragazzo era troppo nervoso per rendersi conto che la confusione in quel locale era cosi’ grande, da rendere impossibile accorgersi dei molti errori.
E Häns e Stuart lo sapevano molto bene.
 


 

Note dell'autore: eccoci, dopo tanto tempo, con un nuovo capitolo!
Troviamo Paul in difficoltà, Hans e Stuart che se la spassano mica poco, e John molto preoccupato, come andrà a finire?
Ci scusiamo veramente tanto per il ritardo, ma a volte con la scuola é quasi impossibile scrivere, ma non preoccupatevi, alla fine ce la faremo sempre!
Ci teniamo a ringrazire tutti quelli che seguono la storia, ne siamo molto felici!
Grazie e, si spera, a lunedi' prossimo!

Beatlesvoice&Nowheregirl62

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Grazie a dio finalmente arrivò il momento che Paul aspettava da tutta la serata, la fine dell'esibizione.
Il suo stomaco si alleggerì quando finalmente quella canzone eseguita orribilmente finì e sentì dietro di lui John ringraziare il pubblico.

Non aspettò neanche che Il ragazzo finisse i ringraziamenti.
Si precipitò giù dalla scaletta il più in fretta possibile, si tolse la tracolla che sorreggeva il basso sulla sua spalla e quasi gettò lo strumento nella sua custodia per poi frugare nella tasca, prendere una sigaretta e correre il più velocemente possibile fuori da quel posto infernale.

John si precipitò giù dal palco quasi più velocemente di Paul.

"Dov'è?" 

Pose la domanda quasi ansimando a Pete. Il ragazzo alzò le spalle e non rispose.

"Dove cazzo è andato? Pete tu non servi mai a nulla!"

Pete non ebbe nemmeno il tempo di dire qualcosa che lui era già corso in cerca del più giovane.
Scavalcò la gente nel locale che non gli permetteva di raggiungere il ragazzo, era come se il mondo volesse impedirgli di andare da Paul.

Era quasi arrivato all'uscita, quando una possente mano gli si posò sulla spalla e lo trattenne con uno strattone.

"John! John ragazzo mio, vieni qui"

John si voltò, era il proprietario del locale e accanto a lui c'era un uomo che lo salutava con una mano.

"Merda non ora!"

sussurrò John, non poteva trattenersi.

"Vieni qui figliolo! Ti devo far conoscere quest'uomo, gli è piaciuta molto la vostra esibizione!"

"Grazie mille ma ora dovrei..."

"Suvvia, non ci vorrà molto!" 

Lo interruppe il padrone, lanciandogli un'occhiata che non gli lasciava via di scampo.

"Piacere, John Lennon" 

Con un sorriso palesemente falso strinse la mano dell'uomo che non gli permetteva di raggiungere il suo Paul.

~~ 

Seduto sui gradini della porta sul retro del locale, Paul stava fumando la sua sigaretta con i gomiti appoggiati alle ginocchia.

Si sentiva distrutto, aveva la testa pesante e gli occhi velati da lacrime che tratteneva a stento.
Mai, mai aveva fatto un'esibizione così penosa, così orripilante, così scarsa.

Era spaventato, se non fosse più riuscito a suonare come prima? Se le sue esibizioni da quel giorno in poi sarebbero sempre andate così? Cosa avrebbe detto John? Che senso avrebbe avuto stare lì ancora? 

Mentre pensava a tutte queste cose sentì la porta aprirsi e si girò sussultando.
Vide Hans e Stuart e capì dal loro sguardo che non erano certamente venuti lì per consolarlo.

Si alzò di scatto e gettò la sigaretta ormai totalmente consumata sul marciapiede.

"Hans, Stuart"

Il suo tono non era molto convinto, sentiva che qualcosa non andava.
E il suo presentimento si dimostrò corretto quando i due gli si avvicinarono con aria alquanto minacciosa.

"Come mai qui fuori, stronzetto?"

Stuart gli porse la domanda con un sorrisetto malizioso.
Poi scoppiò a ridere 

"Che bella esibizione, complimenti! Come ci si sente ad essere un perdente, un incapace?"

Paul non rispose, non sapeva cosa dire.

"Che delusione McCartney"

 Hans sbucò da dietro di lui e si avvicinò a Paul un po' troppo per i suoi gusti.

"Eppure pensavo che fossi qualcosa di più di una vera e propria merda quando vi ho ingaggiato."

Prese il viso di Paul con una mano e lo strinse.
Paul si divincolò dalla presa e lanciò uno sguardo d'odio ad Hans seguito da un tetro 

"Che cazzo volete da me?".

"Che cazzo volete da me? Ti chiedi che cazzo vogliamo da te?" 

Stuart spinse Paul che quasi cadde, ma riuscì a mantenere l'equilibrio evitando un rovinoso scivolone sullo sporco e bagnato marciapiede dietro di lui.

"Vogliamo che tu capisca quanto fai schifo, quanto tu sia inutile. Non ti vergogni? Sei la feccia del gruppo! A causa della tua incapacità stai rovinando il sogno di tutti. Non faresti meglio a tornare alla sporca e schifosa Liverpool, luogo perfetto per gente fallita come te?".

Stuart finì il suo discorso lanciando uno sputo che cadde a pochi millimetri dalle scarpe di Paul. 
Il ragazzo non reagì, nella sua testa sapeva che quei due avevano perfettamente ragione.

Hans lo spinse nuovamente e lo fece cadere sugli scalini della porta del retro.

"Quindi cosa aspetti? Prendi tutto e vattene, sparisci. Permetti ai tuoi amici di vivere il loro sogno, cosa che non possono fare se un incapace come te rimane nel gruppo."

Quasi ringhiava, aveva uno sguardo folle e parlava con Paul a qualche centimetro dalla sua faccia costringendo il ragazzo quasi a sdraiarsi sulle scale.

"Sei inutile per loro, solo un peso. Dovresti solo..."

Ad un tratto la porta alle spalle di Paul si aprì, e chi l'aveva aperta esitò qualche secondo prima di gettarsi addosso ad Hans e buttarlo per terra.
Solo quando i due si alzarono Paul capì chi fosse il ragazzo, ed era John.

John prese Hans per il colletto della giacca e si avvicinò fino a far toccare i loro nasi.

"Cosa cazzo fai? Come cazzo ti permetti?"

Non aspettò neanche una risposta, scagliò Hans a terra e si rivolse verso Stuart.

"E tu, io di te mi fidavo! Ogni giorno però mi dimostri quanto sei stronzo."

Nemmeno Stuart, probabilmente perché colto di sorpresa, rispose. 

Poi John si diresse verso Paul e lo aiutò ad alzarsi, il ragazzo tremava.

"Giuro, giuro che se fate ancora una cosa del genere siete entrambi morti, chiaro?"

Guardò Paul e gli sussurrò 

"Andiamo" 

prima di prenderlo sotto braccio e di dirigersi verso un viottolo più luminoso.

~~

"Come stai?"

 Prese la faccia di Paul delicatamente tra le mani e la esaminò sotto la luce di un'insegna luminosa di un bar.

"Mh si... s-sto bene, grazie" 

Il più giovane rispose con un filo di voce.

"Come si sono permessi quei due bastardi? Come solo hanno osato pensare una cosa del genere? Ti giuro che io..."

"Va bene così John" 

Paul lo interruppe, guardando verso il basso.

"Va bene così? Cosa stai dicendo Paul? Scherzi?"

"No, davvero, va bene così. In fondo... In fondo hanno ragione, io non valgo niente."

John non sapeva più cosa rispondere, non poteva credere a quello che erano riusciti a fare quei due.

"No Paul, no" 

disse quasi con voce disperata prendendogli la mano 

"Tu sei fantastico, ok? Fantastico in qualsiasi cosa tu faccia o dica, sei la persona migliore che io conosca."

"Cristo John, non dire puttanate!"

Paul scoppiò, cominciò ad urlare e le lacrime che fino a quel momento aveva lottato duramente per trattenere sgorgarono in un pianto quasi isterico.

"Hai visto come è andata questa sera, ho fatto pena! Non mi merito di stare qui"

"No, no Paul, non dire queste cose neanche per scherzo. È umano sbagliare e tu hai sbagliato solo questa volta. Sei sempre stato perfetto in ogni nostra esibizione. Questo è un posto nuovo, in un altro paese e molto lontano da casa, è più che normale che ti sia agitato un po'."

"Smettila! Non trattarmi come un bambino John, non devi sempre difendermi! Sono negato, faccio schifo e vi sto solo ostacolando!"

John non rispose, semplicemente prese Paul e lo strinse a se. 
Inizialmente il ragazzo tentò di divincolarsi dalla presa, ma poi si arrese e si fece cullare da quell'abbraccio caldo e pieno d'amore e si lasciò completamente andare.
John gli mise una mano tra i capelli e lo accarezzò mentre sentiva il suo corpo scosso dai singhiozzi premuto contro di lui.

"Paul ti prego credimi, non puoi capire quanto tu sia fantastico. Io mi ritengo la persona più fortunata al mondo per averti conosciuto e per poterti stringere tra le mie braccia come sto facendo ora. Forse per te non vale molto, ma tu sei la cosa più bella che mi sia capitata e tengo a te come a nessun altro. Nessuno ha le tue capacità sia nella musica che in qualsiasi cosa tu faccia.
Credimi Paul, senza di te non saremmo nessuno, io non sarei nessuno."

Paul lo guardò con gli occhi ancora lucidi ma con un sorriso stampato in faccia.

"Grazie John" 

Sussurrò e i due si scambiarono un lungo bacio.

"Ora torniamo a casa, dobbiamo riposarci" 

John circondò i fianchi di Paul e si diresse verso la loro piccola stanza nel retro del cinema a luci rosse. 

~~

Arrivarono in stanza, nessuno dei ragazzi era ancora rientrato.
Si spogliarono velocemente e si misero in pigiama.
John fu il primo a gettarsi sotto le coperte e quando si fu sistemato guardò Paul con uno sguardo pieno di malizia.

La scena parve abbastanza comica al più giovane che alla vista di John con le coperte tirate fino al naso che lo guardava in quel modo non poté trattenere una sonora risata.
Anche John scoppiò a ridere, la risata di Paul era contagiosa.

Finalmente anche lui si decise ad entrare nel piccolo lettino che i due dovevano condividere.
John, quasi senza dargli il tempo di sdraiarsi, lo strinse a sé e cominciò a baciargli il collo fino ad arrivare alla mascella.
A Paul scappò qualche risolino prima di voltarsi e prendere il viso di John,  guardarlo con i suoi grandi occhi color nocciola e posargli tanti piccoli baci sulle morbide labbra.

Si coccolarono così per un po', amavano stare vicini l'uno all'altro e avrebbero voluto rimanere così per sempre. 
Ma il sonno prese il sopravvento su Paul che si addormentò con il viso appoggiato al petto di John.

Il più grande rimase a guardarlo per qualche minuto e ad accarezzargli i capelli pensando a quanto fosse fragile Paul e al fatto che avrebbe fatto di tutto pur di proteggere quel ragazzo così sensibile e delicato.

Immerse la faccia nei profumati capelli neri di Paul e sussurrò

"Ci sono io con te, sempre."

Poi stampò un bacio sulla sua testa e anche lui si addormentò dolcemente.











Note dell'autrice: saaaaalveee! Questa volta sono riuscita ad aggiornare prima fortunatamente :) 
Allora, capitolo importante. Povero Paul, Stuart e Hans sono stati proprio perfidi con lui.
Ma come sempre c'è il nostro John che lo aiuta e lo difende :3
Sono contenta di aver trovato il tempo per scrivere questo capitolo finalmente, quindi spero vi sia piaciuto.
Lasciateci una recensione, le leggiamo sempre e ascoltiamo tutti i vostri consigli che ci fa molto piacere ricevere!
Come sempre ringrazio la mia socia Nowheregirl62.
Prossimo aggiornamento, si spera, domenica prossima con il capitolo 16 :D
A presto, un bacio
Beatlesvoice 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Entrambi si recarono all’Indra Club, per le consuete prove, mano nella mano. I ragazzi notarono, con grande gioia, che nessuno dei passanti sembrava far caso al fatto che i due si tenessero per mano.
Non era un stringersi per mano qualsiasi, se la stringevano quasi come se la mano del compagno fosse il loro appiglio, la loro salvezza, e si notava soprattutto perché quella di John era diventata incredibilmente pallida da quanto Paul la stringesse.
Notando questo sorrise amorevolmente a minore, scompigliandoli i capelli mori. Il più piccolo abbassò lo sguardo e le sue guance si tinsero di rosso. “Sei bellissimo, come la luna, e le stelle, e il sole” disse John. Paul lo guardò intensamente, con quei suoi grandi occhi verdi da cerbiatto. Lo trascinò in uno di quei vicoli dimenticati da tutti, isolati, lo sbatté al muro, e avidamente gli baciò, o quasi torturò le labbra, si staccò solamente quando era evidente che a entrambi mancava il respiro. Si guardarono ansimando. Paul si allontanò dal maggiore.
“Scusami.”
“Scusami? Stai scherzando vero? Ci hai impiegato un po’ di anni per fare questo” disse John, sorridendo teneramente.
“E’ dal ’57 che aspetto, mio caro John” e così dicendo si baciarono, di nuovo.
Sarebbero andati avanti all’infinito, ma il tempo scorreva velocemente, ed era giunto il momento di provare.
Entrarono all’Indra Club, trovando già lì tutti i componenti, eccetto Stuart.
Il ragazzo infatti, era nel club adiacente, e stava conversando con Häns. L’uomo non era arrabbiato, alla fine erano riusciti nel loro intento.
“È una grande fortuna che John non ti abbia buttato fuori dal gruppo, Stuart.”
“Se quello la non si fosse intromesso avremmo potuto conciare ancora meglio quello schifoso ragazzo.”
“Ma siamo riusciti nel nostro intento, Stuart, svegliati, non volere tutto subito.”
“Vuoi dire che con McCartney non abbiamo concluso?” Häns si avvicinò al suo viso, glielo prese nelle mani, e non disse nulla, semplicemente sorrise maliziosamente. Si alzò, e sotto lo sguardo di Stuart, uscì.
 
 
 
“Allora, la scaletta è uguale all’altro spettacolo?” chiese George, mentre masticava una gomma.
“Mhm, sì, per me-“ le parole di John furono interrotte dal rumore di una porta che si apre, dalla quale entrò Stuart, che senza salutare prese posto al piccolo tavolo.
“Dicevo-“ riprese il discorso John, “- per me va benissimo, non ci sono problemi.”
 
Paul continuava a fissare Stuart, senza una particolare emozione sul viso, nessuna espressione di odio, né di paura.
“Vorrei iniziare la serata con Besame mucho, cantata da me.”
John lo guardò sorpreso, ma soddisfatto, e fece un piccolo sorriso, mentre Stuart sbuffò. 
“Hai qualche problema, Stuart?”
“Se non ti va bene che io apra lo spettacolo, puoi sempre farlo tu eh, perché sicuramente tu sei molto più bravo e talentuoso di me, quindi perché no John? Facciamo cantare a Stuart.”
Stuart alzò gli occhi, sbuffando una seconda volta.
“Non c’è alcun tipo di problema” disse stringendo i pugni sul tavolo.
“Non perdiamoci in chiacchere ragazzi, andiamo a provare allora” disse George.
 
Così tutti si alzarono, dirigendosi sul palco.
John si avvicinò a Paul, sussurrandogli: “Questa è la mia principessa” così dicendo gli scompigliò i capelli, di nuovo, mentre il più piccolo arrossiva, di nuovo.
 
Salirono tutti sul palco, e iniziarono a provare, proprio da Besame Mucho.
 
    Besame, besame mucho,
each time I bring you a kiss
I hear music devine
 
Paul iniziò a cantare, e le note della canzone si diffusero pian piano nel locale, accompagnata dagli sguardi di John e Paul.
So besame, besame mucho
Love you forever
Say that you’ll always be mine
 
John sorrise, e rispondendo alla richiesta che Paul gli cantava, disse a bassa voce: “Sarò tuo per sempre.”
Paul distolse lo sguardo dal ragazzo, sorridendo e soffiando cercando di spostare il ciuffo dai suoi occhi.
 
Dearest one, if you should leave me
Then each little dream will take wings
And my life would be trough
So besame, besame mucho
I love you forever
You make all my dreams come true
 
Cantò Paul, marcando l’ultima frase con un cenno della testa, ovviamente rivolto verso il compagno.
Ma John era troppo perso nelle parole della canzone, in quella canzone dove Paul gli chiedeva di baciarlo, di baciarlo più e più volte, lo avrebbe fatto in quello stesso momento, perché era troppo difficile per lui trattenersi.
 
This joy is something new
My arms they’re holding you
I never knew this thrill before
Who ever thought I’d be
Holding you close to me whispering, “It’s you I adore”
 
E a quel punto John non ce la fece più, pose la sua chitarra a terra, e avvicinandosi al microfono disse: “Per me questa va benissimo, facciamo una pausa e poi riprendiamo.”
Tutti scesero del palco, e si avvicinarono all’uscita.
George prima di uscire chiese a Paul e John se volessero uscire con gli altri tre, ma rifiutarono, dicendo che dovevano perfezionare un passaggio.
 
Appena il locale fu completamente vuoto, John si girò verso Paul, e prendendolo per la spalla, lo portò nel camerino, chiudendo la porta a chiave, e sbattendo Paul, con poca delicatezza, su di essa, avventandosi sulle sue labbra.
Terminato il bacio si avvicinò alle sue orecchie, mentre Paul lo fissava con le labbra ancora aperte:
 
It’s you I adore.”
 
 
Note dell’autore: eccoci qui di nuovo, finalmente!
Purtroppo non riusciamo a essere costanti con gli aggiornamenti, perché come potete immaginare la scuola ci occupa molto tempo.
Questo capitolo, scritto da Nowheregirl62, è all’insegna della dolcezza dei nostri McLennon e di uno Stuart che non accenna a farsi passare l’odio verso Paul, anzi…
Ci dobbiamo aspettare qualche sorpresa?
 Detto questo, grazie a tutti quello che seguono la storia, un bacio e ci sentiamo con il prossimo aggiornamento, spero il più presto possibile.
 
Beatlesvoice&Nowheregirl62

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Capitolo 17
*** capitolo 16 ***


John, quando sentì uno strano rumore del letto, si svegliò, non poco scocciato.
Si girò a destra, trovando George e Pete dormire profondamente, beati loro. Non vide Stuart però, ma non gli importò molto, non dopo quello che aveva cercato di fare a Paul, al suo Paul, tanto probabilmente era in un qualche vicolo con una di quelle facili ragazze di Amburgo.
Si girò alla sua sinistra, dove al suo fianco Paul stava lottando contro una forza invisibile.
“No! Non farmi del male, ti prego!” John, preoccupato, lo prese per le spalle, strattonandolo più volte.
“Paul! Paul, sono io! John!”
 “Lasciami, lasciami!” urlava Paul, tenendo gli occhi chiusi, spaventato. Vedendo che Paul ancora non si svegliava, prese un bicchiere d’acqua, e glielo versò addosso. Il più piccolo spalancò gli occhi, sorpreso, ma contento di essersene finalmente andato da quell’incubo. Riuscì soltanto a dire: “Grazie.”
John lo aiutò a mettersi seduto. Gli accarezzò dolcemente i capelli, impregnati di sudore. Fissò i suoi occhi, che fissavano il vuoto, che erano impregnati di terrore. John sapeva, sapeva benissimo cosa aveva sognato Paul. “Ehi, Paul, è tutto okay, ci sono io con te.” Paul, tremando, rivolse il suo sguardo a John, accovacciandosi su lui, stringendo la sua maglietta.
“Ho avuto paura John, ti prego, stringimi, e non lasciarmi mai.”
“Non lo farò Paul, non voglio, credimi.”
“Häns, Häns e Stu-”
“Non devi avere paura di loro, finché sarò con te.”
Così dicendo preso il viso del suo amante tra le mani, osservando prima le sue labbra, e poi tuffandosi su di esse, avidamente. E così si baciarono. E si addormentarono nuovamente, abbracciati.
 
 
Si svegliarono, abbracciati. Gli altri fortunatamente dormivano ancora, dal momento che era domenica mattina e avrebbero provato prima dello spettacolo, così decisero di uscire fuori per una passeggiata.
Nonostante fosse Agosto, una lieve brezza investii i loro volti, facendo tremare Paul. John, notandolo, si fermò a guardarlo, e pensò che non esistesse creatura più bella, anche se il suo viso aveva ancora tracce delle lacrime versate durante la notte, e le sua guance erano rosse, e i suoi capelli spettinati.
Ma a lui non fregava molto, tanto sotto tutto quel disordine c’era sempre il suo bellissimo McCartney.
Si avvicinò al compagno, cercò un contatto fisico.
Il minore lo guardò perplesso: “John? Ma sei impazzito?”
“Voglio tenerti per mano, voglio solo tenerti per mano, tanto nessuno ci vedrà, stai tranquillo piccolo.”
Così afferrò la mano del bassista, e pensò che non voleva lasciare quella mano per nulla al mondo.
 
Trovarono una panchina, e si sedettero. Paul posò la sua testa sulla forte spalla di John, che tanto lo rassicurava. Entrambi sorrisero, contemporaneamente. Si guardarono negli occhi, e ogni volta che si tuffavano negli occhi dell’altro, accadeva l’inevitabile. Le loro labbra, con una lentezza che distruggeva entrambi, che quasi corrodeva entrambi, si univano in un bacio, ed entrambi si chiudevano in quella bellissima bolla, dove era tutto perfetto e non c’era niente di cui preoccuparsi, perché tanto erano solo loro due.
Si staccarono, e tornarono nella posizione originaria.
“Paul, se questa sera non te la senti-”
“John, ce la devo fare, ce la voglio fare, capisci?” “Ma io non voglio che tu ti faccia del male per una cazzo di serata che deve andare bene, preferisco mille volte te, te e la tua felicità a dei cazzo di soldi, mettitelo in testa.”
“Facciamo un patto?” chiese Paul, alzandosi in piedi. “
Sentiamo.” disse John.
“Giuriamo che da oggi in poi, prima dopo e durante i concerti, nessuno di noi si allontanerà dall’altro.” continuò Paul, mettendosi una mano sul cuore. “Accetti?”
“Accetto.”
 “Lo giuri?”
“Lo giuro, sir. McCartney.”
 Si alzo’ in piedi, avvicinandosi a Paul, e sovrapponendo la sua mano a quella del minore, posizionata sul cuore. “Che ne dici di far valere questo patto per la vita?”
“Accetto.”
“Insieme, per sempre, nonostante tutto il pericolo?”
 “Insieme, per sempre, nonostante tutto il pericolo. Lo giuro.”
 “Chissà, magari grazie a questo patto, un giorno conquisteremo l’America…”
 
 
Note dell’autore: oh mio dio, ma da quanto tempo non aggiornavamo?
Ci scusiamo veramente tantissimo, la ragione è sempre la scuola, che occupa troppo ma troppo tempo!
Comunque, eccoci qua, con un capitolo quasi scritto dalla nostra Nowheregirl62 per chiedervi scusa, infatti è completamente dedicato ai nostri mclennon.
Ci tenevamo anche a pubblicarlo oggi, 6 Febbraio, perché come tutti sapete domani è il giorno in cui i fab toccarono il suolo americano, grazie al singolo I Want to hold your hand, infatti non a caso ci sono riferimenti nel capitolo.
Ora basta, vi ringraziamo per le recensioni e la costanza con cui seguite la nostra storia, ne siamo molto felici!
Alla prossima,
Nowheregirl62 e Beatlesvoice

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Si staccarono e si guardarono a lungo, intensamente, fino a quando uno dei due, Paul, parlò.
“Non riesco a credere che lo stiamo facendo veramente.”
“Neanche io, ma alla fine l’ho sempre saputo che noi due…beh insomma, se due persone sono legate nulla e nessuno li potrà mai dividere, io saro’ sempre tuo, e tu sarai sempre mio, anche se dovessimo cominciare a odiarci o a vivere a migliaia di chilometri di distanza, nulla cambierà ciò che ci lega.”
Cosi’ si sedettero sul piccolo divanetto, abbracciandosi.
“Non posso, non riesco a pensare che un giorno potremmo smettere di amarci, potremmo rincorrerci per anni e anni, ma alla fine io ritornerò sempre da te, Paul.”

“In spite of all the danger…Forza John, alziamoci e raggiungiamo gli altri.”
Cosi’, indossando nuovamente la facciata dei due amici, uscirono dal locale.


Appena usciti, trovarono George che, appoggiato al muro, fumava una sigaretta.
Entrambi sbiancarono, velocemente si guardarono, fino a quando il silenzio fu rotto dalla voce del più piccolo.

“Allora…avete sistemato quel passaggio?”
Paul, dopo aver deglutito abbastanza rumorosamente disse: “Ehm, sì sì, certo, tutto perfetto, tu invece, come mai sei qui?”

“Non ho voluto seguirli, Stuart non mi sta andando molto a genio, sempre con quella faccia da nullafacente, e scusa John, ma proprio non riesco a sopportarlo.”
John, che nel frattempo si era acceso una sigaretta, rispose, anche se di quello che aveva detto George, non aveva seguito nulla: “Sì sì, nessun problema, ora però andiamo a raggiungerli.”
Cosi’ inizio’ a incamminarsi, con accanto Paul.


George era subito dietro loro, li guardava curiosamente.
Non si era mai soffermato a riflettere sulla natura del loro rapporto, onestamente non gli era mai importato, alla fine erano anche amici suoi, quindi perché preoccuparsi?
Ma dall’inizio di quella vacanza, qualcosa lo aveva portata a pensarci, perché aveva notata che i due emanavano una strana aria.

Certo, da sempre John era stato particolarmente premuroso nei confronti di Paul, e viceversa, ma nella vacanza quei gesti li erano sembrati molto rilevanti.
John fissava costantemente Paul, Paul cercava in tutti i modi di stare da solo con lui, molto di più di quando erano a Liverpool.
“Che quella che fanno passare per semplice amicizia sia amore?” pensò George.
Tutti quegli sguardi, quelle risate, quei contatti fisici, quelle canzoni che sembrano parlare l’uno dell’altro, potevano essere simbolo di quel sentimento? Sentimento giudicato da molti sbagliato?
Ma George era un ragazzo che aveva imparato ad ampliare la mente e a non fossilizzarsi su idee ormai antiche, così decise che avrebbe osservato i due costantemente, per chiarirsi meglio le idee, e in seguito avrebbe agito.


Arrivarono a raggiungere gli altri due membri, insieme ad un ospite indesiderato: Häns.

L’uomo fece finta di niente, si comportò come al solito, e guardò Paul: “Lo spettacolo durerà tre ore, sei pronto, ragazzino?”

George vide John mettere un braccio intorno alle spalle di Paul, come se volesse avvolgerlo in un abbraccio.

“Prontissimo, grazie dell’interessamento.”
“Lo spettacolo è alle 6:30 per un’oretta, poi avrete una lunga pausa fino alle 9:30, per otto ore, tutto chiaro?”
“Tutto chiaro” risposero in coro.
Video Häns allontanarsi, col suo solito passo elegante.

“Ci conviene andare a pranzare” disse Paul.
“Sono d’accordo con te” rispose annuendo George.
“Quando mai non sei d’accordo su qualcosa riguardante il cibo” aggiunse John, facendo scoppiare a ridere tutti e tre, “andiamo dai…”
“Io e Pete non abbiamo fame, restiamo qui, vero?” disse Stu.

Il ragazzo rispose con un vago cenno della testa, raramente si sentiva parlare.
Gli altri non risposero, semplicemente se ne andarono, scrollando le spalle.
Quando videro che i ragazzi si erano allontanati, Stuart prese Pete per le spalle, cominciando a parlare.

“Allora Pete, come va?”
“Solito, tu piuttosto, ti vedo particolarmente irritato.”
“Beh, tu non lo sei? Insomma, non ti scoccia che John tenga sempre Paul sul piedistallo, sottovalutandoti, sai che anche lui sa suonare la batteria?”
“Sì, lo sapevo, ma onestamente non me ne frega nulla.”
“Dovrebbe, potrebbe benissimo cacciarti dalla band.”

Pete d’improvviso si fermò, fissando l’altro, con un leggero timore negli occhi.

“Potrebbe?”
“Apri gli occhi, stupido, è ovvio che potrebbe, George e lui alla chitarra, io al basso, e Paul alla batteria.”
“Paul odio suonare la batteria.”
“Paul dice quello che gli conviene.”
“Quindi, cosa dovrei fare?”

“Usa il cervello, caro Pete, usa il cervello.”

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Trovarono un locale abbastanza accettabile, e così entrarono. Certo, era comunque di un basso livello, ma era il meglio che si potesse trovare in quel quartiere.

Presero un tavolo, George approfittò del momento per osservare i due. Notò che John quasi corse per prendere posto di fianco a Paul, riflettendoci sopra e guardandoli attentamente da fuori sembravano quasi una coppietta, e al pensiero gli scappò una piccola risata, mentre i tre panini stavano arrivando.

“Ehi George, ma cosa ti ridi?” chiese divertito Paul. “Sai, il cibo gli mette allegria” e così dicendo il loro tavolo fu invasi da quelle lievi e allegre risate.

“Guardate il lato positivo, almeno non sono un musone come quei due”, questa volta nessuno rise, e George se ne accorse. “Ma è successo qualcosa con i due tenebrosi, di solito Stuart preferisce stare da solo.”

Paul e John si guardarono, e George giurò di aver letto sulle labbra del più grande un “andrà tutto bene, tesoro”.

“È meglio non fidarsi, capito Joj?” disse Paul.

Nessuno toccò più argomento, e il pranzo passò tranquillamente.

I tre giovani si divisero, John ritornò’ nella loro stanza, mentre Paul e George passeggiarono insieme per la città, decisero che si sarebbero trovati tutti quanti davanti al locale.

Camminarono fianco a fianco, in silenzio, fino a quando Paul non si fermò davanti a un negozio di vinili, bloccandosi davanti al singolo ‘Love me tender’, come se fosse attratto da esso.

Lo guardava con gli occhi spalancati e un piccolo sorrisino sulle labbra.

Quei sorrisini che hanno le persone innamorate, nati dal solo pensiero del proprio amato. George non era mai stato innamorato, ma era sempre stato dell’idea che una persona che lo è si riconosce, perché secondo lui c’è qualcosa di diverso in cui perfino si muovono e camminano.

“Come mai quel sorrisino?”
“Niente.”

Vaffanculo al suo essere il più piccolo, al suo essere il più timido, voleva sapere e avrebbe saputo.

“Te lo dico chiaramente, c’è qualcosa che non mi convince del rapporto tra te e il signorino Lennon, e ti conosco da troppo tempo per non capire quando sei follemente perso per una persona.”

Paul fu invaso da una scossa frenetica, così prese George per il colletto della camicia e con poca calma chiese: “Che cazzo stai dicendo? Mi stai forse dando del frocio?”

George puntò i suoi occhi scuri e profondi in quelli di Paul, dietro di loro si celava paura.
Aveva capito.

Aveva ragione.

“So tutto, e reagendo così non hai fatto altro che confermare le mie ipotesi.”

Paul cominciò a tremare. Aveva fallito, non era riuscito a mantenere il segreto.

Si sedette su una panchina vicina, ormai il gioco era fatto, tanto valeva spiegare tutti i dettagli, George avrebbe capito.

“Hai ragione. Io, Paul McCartney, che ha ai suoi piedi centinaia di ragazze, sono perdutamente innamorato di John Lennon.”
“Ti puoi fidare di me.”
“Lo so.”
“Non ti giudicherò mai perché semplicemente ami chi ti dice di amare il tuo cuore.”
“Devo spiegarti tutto?”
“Solo se vuoi.”

Prese un respiro profondo, si guardò intorno, pensò che John l’avrebbe ucciso, si sistemò la giacca di pelle e cominciò a parlare.

“Non ho mai creduto all’amore a prima vista, sai? Mai, fino a quel benedetto 6 luglio 1957. L’ho visto per la prima volta, ho ascoltato per la prima volta la sua voce, gli ho parlato per la prima volta, e fidati quando ti dico che nessuna emozione che io abbia provato in tutta la mia vita è minimamente paragonabile a quello da cui sono stato posseduto, possiamo dire così? Come quando completi l’ultimo verso della canzone, ecco, John è l’ultimo verso della mia canzone.”
Guardò George, che lo stava fissando senza aprire parola.
“E così è iniziato tutto. All’inizio nessuno dei due osava dichiararsi all’altro, ma poi abbiamo pensato che un sentimento così bello come l’amore non può essere giudicato sbagliato, mai e poi mai. Ci siamo detti tutto, lui ha aperto il suo cuore per me, e io ho fatto così con il mio. Stiamo vivendo una storia alla Romeo e Giulietta.

Il nostro è un amore strano, è frenetico, è ansioso, è instabile, è crudo, violento, senza scrupoli.

Ma è la cosa più meravigliosa che io abbia mai provato.”

George non disse niente, semplicemente abbracciò l’amico.

“Vi aiuterò.”

“Non ti ringrazierò mai abbastanza.”

Si strinsero in un abbraccio che tutti i migliori amici sognano.



Intanto John se ne stava sdraiato sul letto sfatto. Prese da sotto il cuscino la maglietta di Paul, e la strinse al petto, aspirando il suo profumo.

Dio, quanto amava il profumo di Paul.

Se qualche anno prima gli avessero detto che si sarebbe innamorato così tanto non ci avrebbe creduto, ci avrebbe riso sopra.

John Lennon non era tipo da storie serie, si era sempre detto.

Una storia turbolenta la loro, difficile come poche.

Quante volte sognava di prendere Paul e baciarlo davanti a tutti? Quante volte sognava di poterlo prendere per mano?

Un centinaio di volte al giorno almeno, forse di più, molte di più, non era certo di quante volte al giorno pensasse a Paul. Di una cosa era certo, lo voleva in tutto e per tutto, lo volevo solo per lui, voleva quelle labbra solo per lui, voleva poterle baciare solo lui, poterle mordicchiare solo vuoi, voleva i suoi occhi verdi solo per lui, quei capelli da scompigliare solo per lui.

Voleva Paul, lo amava con tutta la sua anima, con tutto il suo essere.

E Dio, anche Paul lo amava, e si sentiva incredibilmente fiero e fortunato.

Se era amato da Paul, allora non era una persona così fatta male.

Si alzò dal letto, uscì dalla stanza e velocemente si mise a correre, doveva arrivare in tempo per l’inizio dello spettacolo.

Corse velocemente, ma per qualche strana ragione sentiva il suo respiro bloccato da qualcosa, e sapeva cosa.

“IO, JOHN LENNON, AMO PAUL MCCARTNEY!”

Urlò, a pieni polmoni, e si sentì libero.



Dopo pochi secondi arrivò al locale, in ritardo, trovo gli altri pronti col loro strumento in mano.

Trovo Paul, il suo Paul che gli sorrideva.



“Allora, siete pronti per i Beatles?” chiese Häns dal palco alla folla del locale, che rispose con un sì.

John guardo'  la sua band e chiese: “Noi siamo pronti?”
“Prontissimi” rispose Paul, “che lo spettacolo abbia inizio.”









Buonasera a tutti quanti!
Cavolo, da quanto tempo.
Mi sembra inutile scusarci per il ritardo perché il motivo é prevedibile, ma non preoccupatevi, fra un po' riprendiamo ad aggionare regolarmente.
Insomma, un capitolo importante, George ha capito tutto, e bravo piccolo, cosa succederà? E lo spettacolo per Paul andrà bene?

Ci sentiamo nel prossimo capitolo, non so veramente quando

Tanti baci
Beatlesvoice&Nowheregirl62
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Salirono sul palco e furono subito investiti dalla luce dei riflettori.
 
“Eccoci qua mio carissimo pubblico, siete pronti a fare rock?!” urlò John, completamente invaso dall’entusiasmo.
Il pubblico gridò in risposta, e così cominciarono.
 
Iniziarono con Be-bop-a-lula, un brano carico di energia, un’energia che era presente anche nella band che stava sul palco a suonare.
 
La voce di John, una voce potente, graffiante, rock ‘n’ roll, risuonò in tutti il locale, facendo impazzire il pubblico.
 
Quei ragazzi avevano talento, tanto talento, e anche quelle persone lo avevano capito, non avrebbero scordato quel gruppo e chissà, un giorno magari avrebbero potuto vantarsi che quella band famosa aveva iniziato proprio in quei locali.
 
Arrivò il turno di George, il piccolo George, che avrebbe cantato Roll Over Beethoven, una delle sue preferite.
 
Era la prima volta che la cantava ad Amburgo.
E Amburgo non era la stessa cosa di Liverpool, il pubblico era molto più esigente e sfrenato rispetto a quella loro città.
 
Si avvicinò timidamente al microfono, prese un bel respiro e cominciò.
 
E non avrebbe potuto cantare e suonare meglio.
Quella gente sotto il palco gridava per lui, proprio per lui, per la sua voce, per la sua chitarra.
 
Quelle persone lo adoravano, e per quei minuti della sua canzone, anche George aveva iniziato ad adorarsi.
 
Alla fine sorrise soddisfatto, si girò verso John, visivamente sorpreso, poi verso Paul, che gli applaudì.
 
Lo spettacolo fu un successo straordinario, non avevano sbagliato una singola nota, ogni canzone sembrava prendere vita da quanto era suonata bene.
 
Arrivò l’ultima canzone, e insieme a quella arrivò il turno di Paul.
John, prima di introdurre Paul, guardò il ragazzo, i suoi grandi occhi verdi erano concentrati e rivolti verso il pubblico, e da essi non traspariva nessun minimo timore.
 
Iniziò a cantare, incantando il pubblico, iniettando nelle loro vene una carica di adrenalina sorprendente, mandandoli in estasi.
 
A ogni ritornello le ragazzine urlavano, immaginandosi che forse quel ‘besame mucho’ fosse dedicato a loro.
 
Paul aveva fascino, tanto fascino, un fascino che ammaliava chiunque si trovasse sulla strada, e lo sapeva usare per bene.
 
Quella sua bellezza mischiata al suo talento avrebbero prodotto a ogni performance un incredibile successo.
 
La sua voce con quelle parole era pura poesia, pura arte.
 
Finirono lo spettacolo in un bagno di applausi, e perfino Häns, che di solito non esprimeva il suo appoggio, si era sciolto a un piccolo cenno di approvazione.
 
 
Finirono tutti e cinque nel piccolo camerino, sudati, affaticati, con gli occhi gonfi ma incredibilmente fieri di loro stessi.
 
Non smettevano di sorridere, o di ripetere quanto fossero andati bene.
 
Avevano cinque lattine di birra, e John ebbe la brillante idea di fare un brindisi.
 
“Io, John Lennon, posso ufficialmente dire che spaccheremo ogni singolo culo tedesco!”
 
I compagni applaudirono estasiati e fermamente convinto di quell’affermazione.
Non avevano mica tutti i torti.
 
“Brino a noi, brindo a Amburgo, ma brindo soprattutto al signorino Paul McCartney, che questa sera ha scoccato milioni di frecce nei cuori di queste giovani pulzelle amburghesi!”
 
Il ragazzo dagli occhi verdi arrossì.
Quante cavolo di volte stava arrossendo in quel periodo?
 
Così brindarono tutti. 
Tutti eccetto Stuart Sutcliffe.
 
 
 
Non resse quell’elogio diretto all’odiato McCartney, così preso dalla rabbia scappò.
Nessuno se ne accorse, erano tutti troppo occupati, come al solito, gli occhi di John erano solo per Paul, come al solito, nessuna novità.
 
Uscì da locale, trovandosi immerso in una terribile tempesta, che sembrava riflettere il suo stato d’animo.
Non era pioggia, la pioggia era rilassante, tranquilla, pacata, la tempesta no, era impetuosa, senza limiti.
 
Si mise a correre, non gli importò di nulla, volle solo andarsene da quel luogo maledetto.
Non voleva neanche tornare.
Lui era il ragazzo tenebroso, apatico, senza sentimenti, non avrebbe sopportato l’idea di essere preso in giro da tutti per quel suo atto di debolezza.
 
Gli uomini non piangono.
 
 
Si mise gli occhiali da sole, benché piovesse, serrò le sue grandi mascelle e corse, continuò a correre senza fermarsi, se ne fregava se il suo cuore batteva all’impazzata, tanto quel cuore era già stato distrutto molte volte, se ne fregava se la pioggia appannava i suoi occhi talmente era fitta, se ne fregava di tutto.
 
Corse per rifugiarsi in un posto dove avrebbe potuto sfogare la sua rabbia.
 
O programmare come e su chi sfogare quella rabbia che non conosceva confini.
 


Buonasera!
Si, anche noi a volte aggiorniamo rispettando i tempi...
Quini, giunti al capitolo 20, arriva un'importante svolta, per coloro che l'aspettavano, Stuart scappa.
Cosa attenderà il nostro tenebroso?
Nel prossimo capitolo lo scopriremo.
Alla prossima,
Baci
 Beatlesvoice&Nowheregirl62

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Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


Lo spettacolo era stato un immenso successo, per tutti quanti.
 
Il camerino stava cominciando a diventare un po’ troppo stretto per quei ragazzi presi dalla foga di un grande trionfo, così si cambiarono i vestiti sudici e uscirono.
 
Appena fuori furono avvolti da una massa di ragazze e ragazzi letteralmente impazziti per loro.
Incontrarono il proprietario del locale, che fece grandissimi complimenti.
 
Con fatica arrivarono all’uscita, ancora sconvolti da tutte quelle attenzioni.
Respirarono l’aria notturna amburghese, fatta di fumo, alcool e probabilmente anche qualcosa di più pesante.
 
George girò il suo sguardo alla sua sinistra e vide un ragazzo che svergognatamente toccava tutte le parti toccabili di quella che Harrison sperava essere la sua ragazza e baciarla appassionatamente senza curarsi delle persone che passavano davanti a loro.
 
L’amor che move il sole e l’altre stelle.
 
Vide anche la ragazza che gli lanciò un occhiolino.
 
“Ehi Georgie, se vuoi te ne procuriamo una!” disse John, facendolo ridere.
 
“Tu invece? Non ne vuoi approfittare?”
 
“John è pienamente soddisfatto di quello che già ha, caro George” rispose Paul, ammiccando verso John e stringendogli la mano, “forza, andiamo a bere fino a quando non ci ricorderemo più i nostri nomi, ragazzi miei, seguitemi, conosco io un bel posto.”
 
“Ci conviene fidarci di Paul classe e eleganza McCartney, che dite?” scherzò John.
 
“Allora cominciamo a incamminarci, guidaci tu Paul” disse George.
 
 
 
Si sentiva i piedi pesanti come due macigni, anche se il vero macigno probabilmente era nel suo petto.
 
Stava camminando da quanto? Dieci o quindici minuti?
Gli sembrava di essere in cammino da ore.
 
Era ancora nel centro della vita notturna di Amburgo, poteva sentire la musica dei locali, quindi non si era allontanato molto, ma poco importava, l’importante era allontanarsi dal gruppo.
 
Probabilmente John e Paul ci stavano dando dentro, pensò, e George e Pete erano a farsi qualche birra, senza badare al fatto che lui non era con loro.
 
Non gli era mai importato di cosa potesse significare la sua presenza per gli altri,  finché a John importava, e lo aveva dimostrato quando l’aveva incitato a comprare un basso e a suonare con loro, anche se faceva letteralmente schifo con la musica.
 
Tutto quello era forse cambiato?
A John non importava più niente di lui?
 
L’aveva definitivamente sostituito con Paul?
Il solo pensiero gli fece venire la nausea, gli fece stringere i pugni e i denti come a fermare una rabbia quasi incontrollabile.
 
Con questi pensieri che ballavano nella sua testa giunse in questo locale cupo, buio, quasi claustrofobico, decise di entrare.
 
Si sedette al bancone, senza pensarci, ordinò da bere.
 
Un drink, due drink, tre drink, la sua gola cominciava a infiammarsi e la sua mente, finalmente, ad annebbiarsi.
 
 
 
I quattro ragazzi entrarono in questo locale abbastanza tranquillo, insomma, si capiva perché piaceva a Paul.
Non sembrava per niente un locale notturno amburghese.
 
Le pareti erano rivestite da un’elegante carta da parati a righe panna e nocciola, c’era un lieve odore di alcool che pizzicava le narici, ma nulla di esagerato, i tavoli erano di un legno scuro, ordinatamente posizionati accanto alla parete,  in modo da lasciare il centro del pub libero, il bancone era situato in fondo.
 
 
“Prendiamo un tavolo o ordiamo direttamente al bancone?” chiese Pete.
“Ordiniamo al bancone, sto praticamente dormendo in piedi quindi vorrei arrivare alla nostra stanza il più in fretta possibile” disse John, facendo un occhiolino a Paul.
 
Alla fine il loro rapporto era costituito per una buona parte da questi piccoli gesti, che visti dall’esterno non dicono nulla.
 
Arrivarono al bancone e ordinarono due shot, piuttosto alcolici, per uno.
Li bevvero tutti d’un sorso, sentendo la loro gola infiammarsi.
 
John ne ordinò un altro, e a quel punto era sicuramente quello messo peggio.
Lo trascinarono così fuori dal locale, mentre barcollava e a stento tratteneva il vomito.
 
Paul lo guardava preoccupato, molto preoccupato, e non aveva tutti i torti.
 
“Sai Paulie, i tuoi occhi sotto la luna splendente sono ancora più belli, sembrano due smeraldi” disse, avvicinando pericolosamente le labbra alla guancia di Paul, catturando lo sguardo stupito di Pete.
 
“Muoviamoci, prima che possa dire altre puttanate.”
 
Quando nessuno lo vide però sorrise per il complimento che John, anche se ubriaco, gli aveva fatto.
 
Arrivarono nella loro stanza, si sdraiarono sfiniti sul letto, fecero per spegnere le luci quando ad un tratto George disse:
 
“Ragazzi, ma Stuart dov’è?”


Ma buonasera, eccoci qui con questo nuovo capitolo.
Un capitolo semplice, di passaggio, ma speriamo vi piaccia molto, per questo vi invito a lasciare una recensione.
Stuart affoga il suo dispiacere nell'alcool mentre gli altri si divertono, e John rischia di combinare distrastri...

Cosa succederà nel prossimo capitolo?
Lo scoprirete tra massimo 10 giorni.
Baci,

Nowheregirl62&Beatlesvoice

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