Sotto un sole di Fuoco (Part1)

di FairySweet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sono stanca di essere questo per te ***
Capitolo 2: *** I mostri mangiano i Ricordi ***
Capitolo 3: *** Non aver paura di Vivere ***
Capitolo 4: *** Mantengo sempre le mie Promesse ***
Capitolo 5: *** Disobbedire ***
Capitolo 6: *** Resto Qui ***
Capitolo 7: *** Ti Presto la Speranza ***
Capitolo 8: *** Mostrami la tua Forza ***
Capitolo 9: *** Sono la persona che sostituisce la tua Persona ***
Capitolo 10: *** È solo una donna ***
Capitolo 11: *** Filo d'Argento ***
Capitolo 12: *** L'Oriente nasconde Angeli ***
Capitolo 13: *** Briciole di Vita ***
Capitolo 14: *** Massacra te stessa per diventare più Forte ***
Capitolo 15: *** Lascia decidere a me se ne vale la Pena ***
Capitolo 16: *** Inciampare nei Ricordi ***
Capitolo 17: *** Carne Bruciata ***
Capitolo 18: *** Non sono decisioni Tue ***
Capitolo 19: *** È solo per qualche mese ***
Capitolo 20: *** Battito del Cuore ***
Capitolo 21: *** Sensazioni Amplificate ***
Capitolo 22: *** Smetterai di fare Incubi ***
Capitolo 23: *** Anche il deserto sa Colorare ***
Capitolo 24: *** Fredda come il Ghiaccio ***
Capitolo 25: *** Ostacoli ***
Capitolo 26: *** Dividi e Colpisci ***
Capitolo 27: *** Chiudi gli Occhi ***
Capitolo 28: *** La pazzia a volte fa Bene ***
Capitolo 29: *** Il Natale fa Magie ***
Capitolo 30: *** Vita e Speranza ***
Capitolo 31: *** Il mare racconta Segreti ***



Capitolo 1
*** Sono stanca di essere questo per te ***


                                                                     Non sono più questo per te






“Che diavolo hai fatto!” urlò sbattendo con violenza la porta di casa, Cristina trasalì sollevano per qualche secondo gli occhi dal borsone “Cosa stai ...” “Che cos'è?” sbottò gelido allungandole un foglio bianco “Spiegami come mai il comando centrale dell'esercito mi manda una copia della domanda di arruolamento di mia moglie” sorrise tornando a concentrarsi sui vestiti davanti a sé “Ti sei arruolata nell'esercito? Che diavolo ti è passato per la testa si può sapere?” urlava, era confuso e spaventato e a poco serviva ricordarsi di respirare “Hai firmato per andare in guerra! Non è una gita e non è un viaggio di pochi giorni! È la guerra Cristina e tu sei ...” “Sono grande, sono perfettamente in grado di prendere decisioni e fare scelte” “Sei dolce e delicata e sei ...” “Un piccolo fiorellino?” sbottò ironica piantando gli occhi nei suoi “Sono stanca di essere questo per te, sono stanca di dover continuamente misurare le parole, i pensieri, le azioni, sono stanca di essere guardata e spiata ...” un passo, un altro ancora, pochi centimetri a separarli “ ... non puoi trattarmi come la povera vittima dell'incidente aereo!” “Sei mia moglie!” esclamò afferrandola per le spalle “Sei mia moglie, la mia vita, non puoi fare queste scelte da sola! Non puoi tornare indietro dal mondo dei morti e poi firmare per la guerra!” “Non sono scelte tue!” sbottò gelida liberandosi dalla sua presa  poi il suono di un clacson a spaccare il silenzio “Devo andare” sollevò il borsone abbandonando sulla sedia quella collanina d'argento che tempo prima era stato il dono più prezioso che le aveva fatto.
“Cristina non ...” “Lasciami andare” ma la presa si rafforzò sempre di più attorno al suo polso
“ ... non puoi ...” di nuovo il suono del clacson, di nuovo quel dolore lancinante che violentemente saliva per lo stomaco fino al cervello “Lasciami” lentamente, quasi senza accorgersene lasciò la mano di sua  moglie mentre lo sguardo seguiva per l'ultima volta quel corpo e quel viso che tanto amava.

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Capitolo 2
*** I mostri mangiano i Ricordi ***


                                                                  I Mostri mangiano i Ricordi






I giorni passavano lenti, così lenti da colorare di noia tutto il resto. Che senso aveva tornare a casa ogni sera? Lì dentro era pieno di lei, del suo profumo, del suo sorriso.
Non riusciva a muoversi, non riusciva a respirare,  a malapena riusciva a controllare il cervello.
Sfilò la mascherina chiudendosi la porta della sala alle spalle ma un colpo improvviso lo costrinse ad indietreggiare di un passo “Scusa” mormorò confusa Meredith reggendosi alle sue braccia “Stavo leggendo questa cosa e non ti ho visto e ...” “Non preoccuparti, non è un problema, ti ho preso al volto vedi?” rispose divertito raccogliendo la rivista “I nomi preferiti delle mamme?” “Siamo un po’ indecisi” “Fai bene a prenderti del tempo, il nome è una cosa importante” annuì appena nascondendo quell’espressione imbarazzata dietro ad un enorme sorriso “Ora vado, la Bayle ha ...” “Lo sapevi?” chiuse gli occhi voltandosi lentamente verso di lui.
Quelle erano esattamente le due parole che non avrebbe mai voluto sentire, come faceva a parlare con lui? Come poteva spiegargli la realtà senza sconvolgerlo più di quanto non fosse già? Si passò una mano tra i capelli sospirando “Owen ...” “Voglio solo sapere se questa decisione folle e insensata l’ha presa da sola, se lo sapevi perché questo, la tua presenza accanto a lei mi tranquillizza e non ...” “Si” mormorò piantando gli occhi nei suoi “L’ha deciso la notte dopo aver ripreso il controllo di sé” lo vide sospirare, passarsi una mano in viso ringraziando silenziosamente il cielo perché almeno, quella stupida decisione, era figlia di qualche riflessione certo, una riflessione insensata e stupida ma pur sempre una riflessione “Ha deciso di andare lontano, di salvare vite e di ...” “È distrutta Meredith” gli occhi si sfiorarono qualche secondo “Non sa cosa vuole, non sa cosa fare della sua vita e questo sfidare continuamente la morte non le fa bene perché questa è la guerra” “Non è una decisione che devi prendere tu” “Cosa succederà quando tornerà a casa? Quando vedrà il dolore e la paura, quando proverà sulla propria pelle l’odio di quel mondo? Non è andata in vacanza ma ha firmato per andare a ...” “È forte, è forte e dannatamente brava. È razionale e fredda, prende decisioni e fa scelte alla velocità della luce, tornerà ad essere quella di un tempo e quando tornerà indietro reagiremo di conseguenza” gli sfiorò una spalla sospirando “Lasciala decidere da sola, lasciale il tempo di elaborare tutto. Tornerà indietro, non si lascerà andare, lotterà contro tutto perfino la morte per tornare da te e quando accadrà sarai pronto ad abbracciarla di nuovo” un altro sorriso poi solo il niente davanti agli occhi.
Sorrise scuotendo appena la testa “Tornerà così diversa da non riconoscere nemmeno sé stessa” già, sapeva bene cosa si provava, come quel mondo era capace di mangiare pezzo dopo pezzo tutta la luce del cuore.
Come un mostro affamato di vita l’odio e la paura stringevano violentemente l’anima massacrando la flebile speranza che batteva a fatica nella mente.
 
 
 
“Quanti ne stanno arrivando?” “Più o meno ventitre signore” l’uomo sbuffò sfiorandosi il mento “Abbiamo poco spazio, strumenti limitati e poca, pochissima morfina” chiuse gli occhi inspirando a fondo “D’accordo” si voltò di colpo avvicinandosi alla ragazza china su quella barella grondante di sangue “Bambina fai spazio” “Mi chiamo Yang signore” sbottò secca infilando una pinza nel petto del ragazzo “Sei un feto in confronto a me, ti chiamo come voglio soldato!” lo sguardo inchiodato al suo colorato di fierezza e sarcasmo “Dobbiamo fare spazio. Abbiamo bisogno di letti e di nuovi modi per curare senza cure” “È un gioco di parole?” “Mason!” urlò picchiando con forza la mano sulla scrivania lì accanto.
Un ragazzo alto dallo sguardo fiero e gli occhi scuri come la notte lo raggiunse reggendo tra le mani una cassa piena di strumenti sterili “Ha chiamato signore?” “Dove diavolo sono il resto degli ufficiali medici?” “Il tenente Hopkins e il tenente Nadir sono in missione con il capitano Harris” “Marvel?” “Con la terza di fanteria” “E quel ragazzo svampito bravo a cucire?” sbottò burbero firmando distrattamente un foglio “Il tenente Powell è stato mandato in prima fila con il battaglione dei marines arrivato ieri “Porca ...” si fermò di colpo sospirando “Abbiamo bisogno di più mani, siamo dieci per quasi quaranta ragazzi, ventitre sono in arrivo e non abbiamo più niente” il ragazzo sospirò lasciando tra le mani di un aiuto gli strumenti “La dottoressa è piuttosto brava signore” si voltarono appena verso la ragazza, ogni suo gesto, ogni movimento era veloce e preciso.
Calcolava ogni mossa ad una velocità impressionante senza mai staccare gli occhi dal suo paziente, sembrava una macchina creata apposta per quello e nemmeno le urla o l’odore violento e acre del sangue sembravano infastidirla più di tanto “È maledettamente brava signore, forse, se affidiamo a lei tutti i traumi al torace e ci occupiamo delle amputazioni possiamo liberare i letti d’urgenza” “Dici?” mormorò indeciso senza staccare gli occhi da lei “La spostiamo nella tenda della mensa, possiamo usare i tavoli come letti operatori, li separiamo con teli sterili e sistemiamo le brande lì dentro, avremo il centro trauma libero” “Dovrebbe occuparsi di un reparto intero” l’altro sorrise annuendo appena “È qui da due mesi appena” “E in due mesi ha salvato più vite di quante ne salvai io appena arrivato” “Non so cosa ...” “Signore lei sa quanto io sia restio ad affezionarmi alle persone ma questa ragazza mi piace, è forte e testarda. Sa il fatto suo signore, le dia la possibilità di mostrarlo” ci pensò qualche secondo poi alla fine un bel sorriso “Bambina!” “Yang” sussurrò gelida inspirando a fondo “Spostati nella mensa” “Cosa?” balbettò confusa sollevando per qualche secondo lo sguardo “Nella mensa? Signore cosa ...” “Chiuditi là dentro e salva vite” “In una mensa” ripeté ironica ma l’uomo sorrise incrociando le braccia sul petto “Si, in una mensa! Ti chiudi lì dentro e operi tutti i traumi che entrano da quelle porte” la vide sospirare, negli occhi un sorriso diverso, una smorfia carica di sfida e forza “Pensi di potercela fare?” “Sissignore” esclamò bloccando l’emorragia alla velocità della luce.
Pochi minuti per coprire il paziente e quel caos assordante a riempirgli le orecchie “Ti conviene salvare quelle vite bambina perché in caso contrario finirai in prima linea” sfilò dalle mani del suo ufficiale l’ennesima comunicazione cercando di allontanare la mente da quella scelta pazza e insensata.

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Capitolo 3
*** Non aver paura di Vivere ***


                                                                         Non aver paura di Vivere






“Lo sai, c'è una domanda che mi frulla in testa da un po'?” “Signore?” mormorò confusa risvegliandosi di colpo da quel dolce tepore “Mi chiedevo come mai, una ragazza come te sia finita in un inferno come questo” la luce tenue del fiammifero illuminò il viso del vecchio comandante.
Due occhi chiari come il cielo e rughe profonde, probabilmente dono del tempo o di qualche smorfia troppo a lungo mantenuta  “Sai, ci sono ragazzi che scelgono di arruolarsi per amore di patria altri che lo fanno per tradizione e poi, ci sono ragazzi che lo fanno per scappare da qualcosa” lo sguardo si perse nel cielo stellato lontano da quell'uomo capace di leggere nell'anima “Per l'esercito non fa differenza, sono sempre e solo forze nuove per aiutare i nostri al fronte ma per me no, io mi diverto a studiare le persone” “Ci sono tante stelle questa sera” mormorò giocherellando con una ciocca di capelli mentre il vento gelido della sera le sfiorava il corpo “Questa è una buona cosa bambina, vuol dire che lassù qualcuno ha deciso di tenerci compagnia” “Già” si voltò leggermente verso di lui socchiudendo gli occhi “Perché mi chiama così?” “Così come?” “Bambina. Perché lo fa?” “Forse perché ti vedo come una bambina o forse perché mi ricordi mia figlia ma non è questo il punto” “E qual’ è?” “Non mi hai risposto” “Sono una ragazza che scappa signore” “Perché?” alzò appena le spalle sorridendo “Non ne ho idea” “Hai una bella vita, hai un talento enorme, si vede, è lampante anche se provi a nasconderlo dietro ad una divisa” gli sguardi si fusero qualche secondo assieme come se quell'uomo che da quasi tre mesi la studiava,  fosse suo padre o un amico fidato “Ti ho osservato, ti ho osservato tanto. Le tue mani sono un dono di Dio, le stai usando per salvare donne e uomini che sacrificano la loro vita per la patria ma quelle mani sono destinate a qualcosa di grande” “Salvare chi lotta per i nostri fratelli non è forse qualcosa di grande?”  “Certo che lo è, forse è la cosa più grande del mondo e devi esserne fiera. Stai facendo un lavoro meraviglioso quaggiù e personalmente, non sono mai stato così felice di avere un medico nel mio squadrone però, credo anche che tu sia scappata per paura di tornare a vivere”  di nuovo una folata di vento gelido a mischiarle i pensieri, di nuovo quello sguardo fastidioso a colpirla con la forza di un uragano “Tuo marito cosa ne pensa di tutto questo?” “Cosa ... lei come ...” “Il maggiore Hunt è stato al mio servizio per tanto tempo, forse anche troppo. L’ultima volta che l’ho sentito mi disse di aver trovato l'amore della sua vita, di essersi sposato e immagina la mia sorpresa quando tra le domande di arruolamento, leggo il nome di una ragazza che portava assieme al suo anche quel cognome tanto familiare” “Il mio matrimonio non è proprio un matrimonio” l'uomo sorrise aspirando un'altra pipata di tabacco “Ci siamo sposati in fretta, io ero un bambolotto tremante e lui era solo ...” “Lo conosco bene, è una brava persona” ma lei non rispose, si limitò a sorridere abbassando lo sguardo.
“Hai fatto un ottimo lavoro” “Signore?” “Oggi, ti ho affidato un intero reparto, ti ho messo sotto pressione e hai resistito bene. Mason aveva ragione, sei davvero brava” la sirena invase improvvisamente il silenzio costringendoli a sobbalzare “Signore abbiamo dei feriti in entrata” “Alle due di notte?” sbottò gelido prendendo dalle mani del ragazzo un plico chiaro “Una camionetta è stata lanciata dentro al campo, la quinta compagnia Hammer era di riposo e quando è saltata per aria sono stati presi alla sprovvista” “Quante vittime?” “Dodici signore” “Porca puttana” Cristina si alzò avvicinandosi al comandante “Hanno sparato dagli elicotteri” “E sul radar non è apparso niente?” “No signore” “Com’è possibile?” si passò una mano tra i capelli sospirando “D'accordo, ragazzo tira giù dalle brande ogni uomo” “Sissignore” “Fai uscire il secondo battaglione, chiama il comando e chiedi rinforzi” riconsegnò i documenti al ragazzo maledicendo in silenzio il cielo per quell’attimo di riposo strappato via alla velocità della luce “D'accordo, Yang tu occupati della prima squadra di soccorso” annuì appena legando di capelli, la piastrina tentennò dolcemente ricadendole in petto “Non farti prendere dal panico, fai dei bei respiri profondi e segui il tuo cuore” “Signore è la prima volta che mi lascia il comando nel ...” “Lo so” un bel sorriso colorò il viso del vecchio militare “Vediamo se in qualche modo riesco a smuovere tutto quel ghiaccio. Se hai bisogno di qualcosa chiamami, sono all’ospedale centrale” la vide sorridere e poi correre assieme al ragazzo lontano da lui.
 

Ci aveva messo un mese e mezzo per abituarsi a quell'odore insistente e massacrante che entrava nei polmoni  ma ora, ora sembrava tutto naturale, gesti ritmici che si ripetevano quasi come un film a rallentatore.
Gli elicotteri continuavano ad atterrare senza tregua scaricando persone in fin di vita quasi come se scaricassero sacchi di carne avvolti da divise distrutte e bruciate “Ne abbiamo un altro signora” sollevò gli occhi dal paziente, sulla barella davanti a lei un corpo tremante che non faceva altro che chiederle aiuto.
Strinse più forte la pinza passando al medico davanti a lei il bisturi “Apri di cinque centimetri più o meno e inserisci il catetere” l’altro annuì appena concentrandosi sulle mani.
Era notte, era stanca e sfinita ma dove altro poteva essere? Se usciva da quella tenda tutti quei ragazzi sarebbero morti e non aveva voglia di incatenare alla coscienza anche quelle povere vite “Ferita al fianco e danno esteso al torace” “D’accordo” mormorò posando la mano sul telo, lo tirò dolcemente evitando di strappare eventuali residui di carne ma l’odore acre della pelle bruciata invase in pochi secondi tutta la tenda.
Il torace di quel poveretto era aperto a metà, le costole erano spezzate di netto e riusciva a vedere metà del cuore “Cavolo” sussurrò bloccandosi di colpo “Come fai ad essere ancora vivo” parlava con sé stessa o almeno ci provava poi la voce del tenente Mason ad interrompere ogni pensiero “Signora?” “Ok ... d'accordo ... prendimi delle garze, clamp e morfina, tanta morfina” l'altro annuì cercando sugli scaffali ogni cosa “D'accordo ... ok ascoltami ...” strinse la mano del soldato senza staccare un secondo gli occhi dai suoi “ ... hai passato l'inferno, so che fa male, so che stai soffrendo ma devi resistere ok? Puoi farlo per me?” “Ci sono signora” “Inizia a somministrare morfina” la siringa entrò velocemente nel braccio del militare “Ti farò del male, voglio che tu sappia che sto per fartene ma finirò presto te lo prometto” infilò la mano nella ferita, sentiva i tremiti violenti dell'uomo, le urla e la paura che velocemente colorava il suo sguardo mentre il sangue avvolgeva le dita  ... Respira ... non smettere di respirare ... “Passami la clamp” “Subito” un bel respiro profondo prima di infilare lo strumento nella carne viva “Tienilo fermo!” urlò cercando di bloccare il soldato, le mani dell'aiuto si strinsero attorno alle spalle del giovane mentre un altro stringeva le gambe bloccandolo sul lettino.
Doveva trovare il modo di salvare quel poveretto e doveva farlo in fretta.
Continuava a farsi largo nel sangue provando a distinguere ogni singolo stralcio di tessuto ma sentiva sotto le dita pezzi di osso e schegge di granata che non potevano di certo aiutarla.
Strinse lo strumento attorno al vaso bloccando di colpo quel fiume in piena, la mano tremò violentemente sotto gli spasmi del ragazzo mentre il cuore accelerava di colpo “Mason infila la mano qui dentro, prendi ago e filo e sutura il vaso lesionato” minuti lenti come ore intere “Ci sono quasi” “Riesci a vedere bene?” “C’è troppo sangue” “D’accordo, tu!” urlò inchiodando a terra un ragazzo alto e svampito “Vieni qui e infila la mano qui dentro” “Signora sono solo un sotto ufficiale di ...” “Metti la mano qui dentro e tira fuori quanto più sangue possibile!” la voce forte e chiara e gli occhi inchiodati ai suoi.
Il giovane ci mise qualche secondo a capire cosa fare ma si avvicinò lentamente a loro infilando tremante una mano nella ferita “Così, bravo, tira fuori quanto più sangue possibile” “Così?” “Mason riesci a vedere?” ma l'altro non rispose, si limitò a sorpirare mettendo l'ennesimo punto perfettamente allineato agli altri “Ancora pochi secondi, resisti ancora pochi secondi” gli occhi del militare si riempirono di lacrime senza staccarsi un secondo dai suoi “Fatto”  esclamò Mason sollevando l'ago “Passato, è passato Kevin ...” lesse velocemente la piastrina, forse, chiamarlo per nome l'avrebbe inchiodato alla vita o forse, avrebbe reso la sua voce un po' meno spaventosa “ ... Kevin è finita, ho finito” sfilò la mano cercando di sorridere “Infila le garze nella ferita, riempila tutta fino a quando non straripa e fascialo lento, dobbiamo portarlo al comando il prima possibile” l'altro annuì appena ma la mano di Kevin si chiuse attorno al suo polso, negli occhi solo lacrime e paura “Andrà tutto bene” mormorò avvicinandosi leggermente a lui “Andrà tutto bene e quando ti sveglierai domani non sentirai più nessun dolore, te lo prometto” ma era troppo debole per risponderle, chiuse gli occhi abbandonandosi alla follia convulsa di quegli attimi “Cavolo” sussurrò Hopkins affianco a lei “Gran bel salvataggio signora” annuì appena chiudendo qualche secondo gli occhi “D'accordo, dobbiamo spostarlo e richiudere tutto il più in fretta possibile  altrimenti rischiamo uno shock. Ho bloccato l’emorragia ma non reggerà per molto, c’è una scheggia piantata nel polmone destro e al cassa toracica  spaccata a metà. Come diavolo fa ad essere ancora vivo?” “Non abbiamo più posto” “Cosa?” il ragazzo sospirò, attorno a loro solo caos e nient'altro “Non possiamo lasciare un torace aperto troppo a lungo, non ho gli strumenti necessari e lui ha bisogno di un posto pulito e sicuro” ma l’altro non rispose “Lo spostiamo?” sussurrò chiudendo appena gli occhi “Dove andiamo?” “Signora credo ...” “Se ci muoviamo da qui diventiamo bersagli, se restiamo qui sembriamo bambocci in movimento che diavolo dobbiamo fare?” “Io ...” “Zitto sto pensando” il giovane annuì appena stringendosi più forte nelle spalle “Ci muoviamo, fai preparare la barella, riempilo di morfina e tienilo al caldo” “Il comandante?” “Al comandante penso io tu vai là fuori e cerca un modo per portarlo fino all’ospedale” un lieve cenno della testa a darle sicurezza poi di nuovo le mani ancorate a quelle del ragazzo “Stiamo andando via d'accordo? Respira ... così ... coraggio bravo respira”  continuava a tremare, sotto le dita il petto bollente di quel poveretto e la consapevolezza di avere tra le mani una vita che di colpe forse nemmeno ne aveva.

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Capitolo 4
*** Mantengo sempre le mie Promesse ***


                                              Mantengo sempre le mie Promesse






“Che diavolo ti avevo detto?” si voltò di colpo lasciando cadere la cartelletta  “Signore non ...” “Non ti avevo detto di restare là dentro? Immagina la mia sorpresa quando ti ho vista arrivare fino a qui su una stupida gip!” “Stava morendo!” esclamò decisa piantando gli occhi nei suoi “Era lì, con il petto completamente aperto! Ho infilato  una mano nella ferita, ho stretto tra le dita la sua aorta per bloccare l'emorragia, l'ho sentito urlare e tremare  e dopo tutto il lavoro che ho fatto per costringerlo a respirare non ho alcuna intenzione di vederlo morire per colpa di uno stupido problema di letti!” “Se sposti ogni ragazzo a cui ti affezioni come puoi pretendere di gestire un campo intero?” “Io non mi affeziono al primo che passa ma ...” riprese fiato passandosi una mano in viso “ ... ma ho stretto il suo cuore tra le mani, l'ho guardato negli occhi e gli ho promesso che sarebbe andato tutto bene” “L'unico che può fare promesse del genere è Dio e non l'ho mai visto prendere casco e fucile e andare là fuori a portare via i ragazzi dalla prima linea! Non puoi fare promesse se non sai di poterle mantenere!” “L'ho salvato! Ho salvato una vita oggi assieme ad altre venticinque e sono fiera di questo perché le promesse che faccio le mantengo! Gli ho promesso che avrebbe respirato bene! Da solo! Ho intenzione di mantenere quella promessa signore perché sono abbastanza certa di poter decidere da sola cosa sia meglio per i miei pazienti!” l'uomo sorrise appena scuotendo la testa “Me l'avevano detto” “Cosa?” “Sapevo che eri testarda e ostinata ma non immaginavo così tanto!” “Come lo sapeva?” “Beh ero ...” “No” puntualizzò decisa  “Come sapeva del mio carattere” “L'ho immaginato. Non è stato difficile anzi, a dirti la verità era lampante già dalla prima volta che ti ho visto” ma lo sguardo confuso della ragazza lo costrinse a sorridere “Non disobbedire mai più ai miei ordini o finirai a pulire i cessi dei ragazzi siamo intesi?” sbuffò alzando appena lo sguardo al cielo “Si signore, è stato chiaro”  prese il borsone sorridendo e senza aggiungere una parola uscì dalla tenda.
 
 
“Parlo con il dottor Hunt?”  “No signore, ma se vuole lasciare un messaggio sarà ...” “Sono il colonnello Darrell  e il dottor Hunt è ...”  “Non sono autorizzata a passare telefonate di alcun tipo. In questo momento è in riunione ma se non ...” “Senta, io non la conosco ma mi sembra una brava ragazza. La chiamo dal deserto, le comunicazioni non sono un granché , ho bisogno di parlare con il dottor Hunt perché ho qui sua moglie e mi serve un manuale per capirla quindi mi passi il capo!”  la ragazza trattenne il respiro “Che succede?” mormorò distratto Owen lasciando la busta tra le sue mani “Signore è ...” “Se non riguarda la riunione che inizia tra dieci minuti attacca il telefono”  “Chiamano dal deserto” sollevò lo sguardo dall'orologio sospirando “Dal deserto?”  prese il telefono dalle sue mani sbuffando “Chi parla?” “Che diavolo devo fare per parlare con te?  Smuovere il presidente in persona? Credi che abbia tutto il tempo del mondo?”  trattenne il respiro cercando di riordinare i pensieri “Non sono dietro l'angolo ragazzo! Non posso alzare il telefono ogni volta che ne ho voglia per chiamare il mondo intero ma l'ho fatto adesso perché c'è una persona qui che ha a che fare con te e che mi rende tutto più difficile”   si voltò di colpo verso la giovane “Annulla la riunione” “Ma signore lei ...” “Annulla la riunione, pianifica di nuovo le relazioni del consiglio e fissa una nuova data!” l'altra annuì appena scappando via.
 “Signore lei come ...” “Spiegami come diavolo è possibile avere quaggiù un talento come questo e non riuscire a controllarlo!”  “Di cosa parla?” balbettò confuso chiudendosi nello stanzino di riposo “Se ha bisogno di ...” “Ho bisogno di un manuale d'istruzione per capire  tua moglie!”  il cuore mancò un colpo costringendolo a chiudere gli occhi “Da quando è atterrata sulla costa ho visto in lei una luce diversa. È testarda e decisa e fin troppo ostinata nelle scelte ed immagina la mia sorpresa quando ho letto sul suo fascicolo il tuo cognome”  “Mi dispiace signore, avrei dovuto avvertirla prima ma ne sono venuto a conoscenza il giorno stesso della partenza”  si lasciò cadere sul letto, la testa posata contro il muro e il respiro leggermente accelerato “Probabilmente avrei dovuto chiamarti ma le ho lasciato il tempo di uscire dal guscio”  “Davvero?” “Evidentemente la spinta è stata  un po' troppo forte perché ha attraversato il venti chilometri di deserto con una pattuglia armata mentre attorno a lei bombardavano! E tutto per cosa? Per portare un ragazzo dalla prima linea al campo base! “  “Ma cosa ...”  l'uomo scoppiò a ridere bloccando ogni altra parola “Ho urlato, ho urlato tanto, le ho proibito di fare idiozie del genere ma lei mi ha riso in faccia. Punirla? Non credo risolverà la cosa perché in questo momento lei è l’unica che lavora ventiquattro ore su ventiquattro senza mai riposare”  “Signore non credo di poterla aiutare” “Sei o non sei suo marito?Come diavolo fai a imporle le cose?”  “Non ...” ci pensò qualche secondo ed un leggero sorriso colorò lo sguardo mentre il ricordo di sua moglie si prendeva gioco di ogni sua fottuta cellula “ ... non le impongo niente signore, non ci sono mai riuscito” “Lo sai perché mi prendo cura di lei quaggiù? Perché assomiglia in modo impressionante alla figlia che ho perso qualche anno fa. Sto combattendo una guerra per quella figlia che questi bastardi senza onore hanno trucidato! Lei è arrivata qui come un fulmine a ciel sereno, rivedo la mia bambina in lei e mi prendo cura di lei. Posso aiutarla a diventare grande ma non posso controllarla” “Come sta?” “Che diavolo ci fa lì?  Ecco l’unica domanda che potrei accettare ma non sei in grado di rispondermi e non hai il coraggio di parlarne! Dovrebbe essere lì a salvare bambini che hanno la possibilità di chiedere un chirurgo fantastico come lei e non qui a rischiare la vita ogni dannato minuto del giorno! Owen sta diventando più forte giorno dopo giorno. Sta inspessendo la corazza che la avvolge e questo è un bene per me ma tu, tu sei l’unica persona che ha e se lei ...”  “Capitano ha chiamato il comando”  trattenne il respiro mentre la voce di quel ricordo gli perforava l'anima “Ordini nuovi?” “La vogliono subito là” “Per fare cosa?” “Secondo lei ne parlano con me?” “Questo tono non mi piace” mormorò burbero il vecchio soldato  “Posso andare via di qui e avere la certezza che tu stia ferma immobile? Che non ti veda sparsa un pezzo qua e un pezzo là per questa stupida idea che hai di promettere cose?”  la sentì sorridere, ricordava il suo sorriso, perfino ora, dopo così tanti mesi di gelo assoluto riusciva a ricordarsi ogni più piccolo particolare di quel viso “Non sto scherzando. Se torno indietro e non sei qui ...” “Kevin ha bisogno di essere operato di nuovo” “Il ragazzo che hai trascinato per il deserto?” “Devo inserire uno shunt per ristabilire il flusso” “Puoi farlo qui?” “Mason è andato in cerca di un aiuto, abbiamo bisogno di qualcuno che gli ricostruisca parte del torace perché sei costole non ci sono più e ci servono chirurghi specializzati in più, non possiamo muoverlo, il che rende tutto ancora più difficile”  poi il fruscio leggero di carta e plastica e di nuovo la voce dell'uomo ad accompagnarlo nel silenzio “Ragazzo mio, mi sa che ...”  “Non resterà lì” “Cosa?”  borbottò confuso  “Se non trova quello che le serve uscirà dalla base per cercare ogni aiuto possibile. Non ama le imposizioni, adora oltrepassare i limiti ma lì non ...” “E secondo te non me ne sono accorto? Per questo farà strada ragazzo, perché è perfetta per l’esercito. Tranquillo, il sergente Mason è affiancato a lei con l’ordine preciso di riferire ogni idiozia che le viene in mente”  chiuse gli occhi nascondendo la faccia nel cuscino, il cellulare ormai silenzioso affianco a sé e la voce di sua moglie a rimbombargli nella testa.

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Capitolo 5
*** Disobbedire ***


                                                                Disobbedire





“Non possiamo farlo” “Beh, è l’unico modo che abbiamo” Mason sorrise scuotendo leggermente la testa “Lo sai vero che il colonnello Darrell aspetta solo un tuo errore?” “Già” rispose controllando per l’ennesima volta la fasciatura del paziente “E so anche che tu sei la spia che ha assoldato per rubare informazioni” “Non possiamo far arrivare dei chirurghi ortopedici”  “Potremo contattare gli ospedali, vediamo chi è così pazzo da accettare un viaggio premio nel deserto per ricostruire uno sterno” “Oddio” sussurrò Mason alzando gli occhi al cielo “Non posso credere a quello che sto per fare” sollevò il telefono sospirando “Comando?” “Hopkins sono Mason” “Ciao Jim che ti serve?”  lo sguardo fisso sul viso della ragazza “Il colonnello è in sede?” “No, sta parlando con il generale di stato maggiore, ne avrà ancora per qualche ora” “D’accordo fammi un favore, chiama la segreteria generale, chiedi del dottor Ross e quando  l’avrai in linea passami la chiamata” un leggero assenso per chiudere la conversazione “Avevi detto che era folle” “Già, ma per quanto folle e sbagliato Kevin è mio amico, vorrei rivederlo felice e soprattutto in piedi” il telefono squillò di colpo facendola sobbalzare “Dottor Ross?” “Che succede? Hopkins mi ha detto che era un urgenza e ...” “Ho bisogno che tu venga qui subito” “Sei impazzito per caso?”  ma Cristina sorrise sfilando il ricevitore dalle sue mani “Dottor Ross sono la dottoressa Yang, è un piacere conoscerla”“Il piacere è tutto mio signora ma non vedo come ...” “Abbiamo un soldato di trent’anni con sei costole distrutte e un torace completamente aperto da circa tre ore e mezzo. Non ho mai ricostruito ossa ma credo di poter imparare e se lei ...” “È impazzita?”  “Si” esclamò Mason riprendendosi il telefono “Ma resta comunque un grande chirurgo. Signore davvero non vorrei disturbarla per nessun motivo al mondo ma questa ragazzo ha davvero bisogno di aiuto” “Senza l’autorizzazione del comando non posso farlo lo sai bene. Ho bisogno che qualcuno dica un dannato si per salire su un aereo e arrivare lì il più in fretta possibile”  “Te l’avevo detto che era folle, non l’avevo fatto forse?” sbottò voltandosi verso di lei “E se usassimo la video conferenza?” “Ha sentito signore?” “Certo che ho sentito, potrebbe essere una valida alternativa ma ho bisogno di sapere tutto quello che avete fatto sul paziente e il suo stato attuale”  “Grazie signore” attaccò il viva voce avvicinandosi a lei “Ditemi esattamente come avete operato”  Cristina annuì appena cercando di riordinare tutti i pensieri “Il paziente è un ragazzo di trent’anni, è arrivato qui con una lesione aortica e un danno esteso al torace provocato dall’esplosione di una mina anticarro. Quando l’ho visto presentava evidenti emorragie e pressione instabile, ho infilato la mano nella ferita bloccando l’aorta con due dita permettendo al tenente Mason di ricucire l’altro vaso lesionato. Dopo aver pulito almeno in parte il tessuto ho posizionato la clamp sostituendo la pressione delle dita e ho ripulito ogni centimetro di pelle” “Le ossa sono state asportate?”  “No signore” esclamò Mason controllando il monitor “Sono spezzate ma attaccate ancora al loro posto, niente fratture dello sterno e la spalla destra non ha più un pezzo d’osso” “Sono presenti altre lesioni traumatiche intracavitarie?”  “No, l’unica cosa che ci preoccupava era la scheggia nel polmone ma la dottoressa l’ha estratta subito, il paziente fatica a respirare, abbiamo provato ad alleviare la pressione ma i valori non migliorano. È sedato e pieno di morfina ” sentirono l’uomo sospirare, scartabellare tra fogli e pagine sconosciute e lontane “Dottoressa Yang ora voglio che scopra il paziente”  “Cosa?” “Scopra il paziente e tolga le garze”  “Ok, ci sono” “Mi descriva i frammenti ossei nel torace” afferrò un divaricatore allargando un po’ i lembi di pelle, non faceva nessuna fatica  a vedere le ossa “Ora controllo anche l’altro lato” mormorò più a sé stessa che ad altri, infilò la mano nel torace di Kevin “Sono ... sono taglienti signore” mormorò ritirando di colpo la mano, il guanto era tranciato di netto “Ti sei tagliata?” esclamò preoccupato Mason raggiungendola “No, no sto bene” “Avete fratture scomposte con monconi taglienti, rischiate di lesionare i polmoni ogni volta che il ragazzo respira, dovete stabilizzare la cassa toracica o rischiate di perderla”  “Si, fino a qui c’ero arrivata signore,quello che non so è come si ricostruiscono le ossa!” esclamò ironica voltandosi verso il telefono “Preparate gli strumenti chirurgici, attrezzate una sala e portate uno schermo là dentro”  “Ma che ...” “No ha mai fatto ricostruito un osso vero?”  “Ho fatto decine di osteosintesi signore” “Ricostruiremo la spalla con quello che abbiamo dottoressa e utilizzeremo placche e tecniche nuove. L’ha mai fatto?” scosse leggermente la testa quasi come se quel gesto semplice potesse arrivare fino a lui “Deduco che sia un no, poco male, oggi vedremo quanto è brava”  il suono cupo del silenzio e lo sguardo inchiodato agli occhi di Mason “Cavolo” “Già” esclamò divertito coprendo di nuovo la ferita “Chiamo la sala operatoria, speriamo solo di avere abbastanza tempo” già, gran bella idea e ora? Che diavolo avrebbe fatto? Non era un chirurgo ortopedico, non sapeva come ricostruire ossa dal niente.
Era un chirurgo cardio toracico, era in grado di riparare lesioni toraciche alla velocità della luce ma Kevin aveva il torace aperto in più punti, doveva ricostruire in parte la spalla e non era in grado di farlo.
Fece un bel respiro cercando di calmare i battiti cardiaci “Ok, ok ce la puoi fare” il respiro tornò normale e le mani smisero di tremare “Ecco, così va decisamente meglio” sorrise agganciando la flebo e senza più pensare a niente tirò il letto fuori dalla stanza.
 
 
“Ehi” esclamò allegro entrando nell'ufficio “Hai due minuti di tempo?” “Cosa ti serve?” Derek sorrise sfilando dalla tasca il cellulare “I nuovi specializzando hanno appena combinato un casino” “Di nuovo” sbottò gelido stringendosi la testa tra le mani “Uao ... è un brutto momento?” annuì appena cercando di cacciare il più lontano possibile ogni stupido pensiero “Owen?” “Mia moglie ha firmato per andare in guerra” l'altro sorrise sedendosi di fronte a lui “Lo so, sta bene?” “Sta ... è viva, parla, respira, ride ma non ...” riprese fiato cercando di non sembrare un totale idiota incapace di mettere in fila due stupide parole “ ... ho sentito la sua voce, tre ore fa ho sentito la sua voce. Credevo di averlo superato, credevo di aver accettato la sua scelta ma è bastato sentirla al telefono per mandare tutto in frantumi” “Ti ha telefonato?” domandò stupito inclinandosi verso di lui “No, no è stato il mio vecchio colonnello  a cercare me” “Uao, abbiamo proprio un gran bel problema capo” “Già” chiuse il computer concentrandosi su un punto indefinito della scrivania “Sta diventando incontrollabile. È arrogante e ostinata, oltrepassa le regole e ...” “Questa è Cristina!” gli occhi di Derek a restituirgli un attimo di sollievo “Lei è sempre stata così, oltrepassa i limiti, diventa grande” “Mette a rischio la vita!” urlò lanciando all'aria le cartelle davanti a sé “L'esercito ti spinge a lottare, a costruire un guscio attorno ai sentimenti  e per indurire quella fottuta corazza ti sbattono là fuori  con l'ordine di sparare a chiunque! L'arroganza viene premiata così come l'ostinazione, l'intelligenza e la forza!” “Owen non ...” “Spingerà al limite mente e corpo! Arriverà ad un punto dove nemmeno i ricordi avranno più effetto! La conosco, la conosco bene Shepard ed è arrabbiata e confusa. È scappata da me, non vuole il mio aiuto ma se ne frega della propria vita perché non c'è più niente che può ferirla” “Cristina è una macchina perfetta Owen! È sempre stata addestrata per questo, lotta sempre, non si ferma mai e se qualcosa ostacola i suo piani aggira il problema con giochetti e inganni che funzionano sempre. Sai perché non gli interessa niente di sé stessa? Perché al momento non capisce nemmeno lei cos'ha fatto. È scappata da te ma in qualche modo resta ancora ancorata qui e l'esercito le da un modo per allontanare ogni pensiero da suo marito” “Mi sta uccidendo Derek” negli occhi un sorriso mesto carico di lacrime “Non so come sta, non posso vederla né toccarla. Non posso parlarle o scriverle perché so già che non risponderà mai. Mi sta trascinando in un inferno senza uscita” “Vai a casa, riposa e ...” “Non posso” “Non puoi?”  sospirò passandosi una mano in viso “Fai una pausa capo e riprendi fiato. Non ci servi stanco e pensieroso quindi ...” si alzò sorridendogli “ ... per qualche giorno te ne vai in ferie. Mi occupo io dell'ospedale tu prenditi del tempo per te stesso, ne hai bisogno” un altro sorriso e poi solo il silenzio ad avvolgerlo.
Forse non era tutto sbagliato, forse restare qualche giorno lontano da casa l'avrebbe aiutato a calmare i pensieri costringendo il cuore a battere seguendo il normale ritmo della vita.

 

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Capitolo 6
*** Resto Qui ***


Eccoci di  nuovo con un altro capitolo ... Chiedo scusa a tutti se ultimamente sono stata un po' assente dal sito ma il lavoro mi ha tenuta parecchio occupata. In ogni caso, è un piacere tornare a scrivere per tutti voi e condividere con ogni cuore qui sopra sentimenti, emozioni ed anche un po' di magia ... Un bacio enorme a tutti .... 


                                         Resto Qui



 

“Come sta?” “Ehm ...” si alzò di colpo nascondendo dietro alla schiena la cartella clinica di Kevin “ ... i valori sono stabili, abbiamo fatto un altro ciclo di antibiotici e risponde bene alla cura” “Ieri era molto più debole” annuì appena seguendo i movimenti del colonnello “Gli hai fatto la tac?” “Si signore” “La frattura toracica?” “Sistemata” ma lui sorrise voltandosi verso di lei “Come?” la vide sospirare, tentennare leggermente, forse era così concentrata sulla scusa da trovare da dimenticarsi completamente di mascherare le emozioni “Allora? Hai trovato una scusa valida?” “Sono un chirurgo cardio toracico signore, sono piuttosto brava a sistemare torace e relative fratture” “E questo nessuno lo mette in dubbio, quello che mi incuriosisce è sapere come può, una spalla mezza distrutta, tornare improvvisamente sana e funzionante” strinse le mani dietro alla schiena avvicinandosi a lei “Chi hai aggirato?” “Nessuno signore, ho semplicemente pensato che forse, chiamare qualcuno che fosse in grado di restituirgli la spalla fosse un bene” “E quel qualcuno ha per caso preso un aereo ed è arrivato fino a qui senza autorizzazione?” sorrise scuotendo la testa “Mi ha preso per pazza? Era in video conferenza diretta nella sala operatoria” Darrell sbuffò divertito alzando gli occhi al cielo “Sei sicura di aver fatto un buon lavoro?” “Lo spero signore” controllò di nuovo il monitor scrivendo sui fogli quei nuovi dati “Ho delle buone mani, quando abbiamo ricostruito le ossa ho provato la reattività dei nervi e tutto sembra intatto. Non ho altre risposte, almeno fino a quando non si sveglia” l’altro sospirò appoggiando le mani al ferro del letto “Ci sono un sacco di ragazzi là fuori che meriterebbero una cosa del genere” “Spero di poterne aiutare quanti più possibile signore” per qualche secondo gli sguardi si sfiorarono colorando di tenerezza quegli attimi folli rubati alla guerra.

Un’ora, un’altra ancora, erano seduti lì, gli occhi persi sul ragazzo e su quel monitor che non dava segni di miglioramento “Hai bisogno di riposare” “Sto bene” “Sei sveglia da quarantadue ore” ribatté Darrell sorseggiando il caffè bollente “Come pretendi di salvare vite se sei ridotta ad uno straccio?” “Vorrei chiederle il permesso di trasferirmi in prima linea” tossicchiò leggermente cercando di non sputacchiare ovunque “Scusi, pensavo avesse ingoiato ormai” “Cosa?” domandò confuso asciugandosi la bocca “Da dov’è uscita questa cosa?” “Beh ecco ...” si fermò qualche secondo giocherellando con la biro “ ... ogni giorno arrivano feriti in fin di vita, persone che stanno là davanti a lottare, a cercare di sopravvivere e la maggior parte delle volte, tutto quello che posso fare è sorridere, stringere loro la mano e accompagnarli all’altro mondo con dosi elevate di morfina ma se fossi là, se fossi vicino a loro forse avrei la possibilità di aiutarne di più” l’altro sorrise appena annuendo “Sarai continuamente sotto pressione bambina” “Pensa che non possa farcela?” “No al contrario, trovo sia una grande idea degna di onore. Andrai a supportare chi saluta la vita nella polvere solo perché non ci sono mani come le tue ad aiutare” posò la tazza concentrandosi sul suo viso “Posso mandarti là davanti quando vuoi, anche tra qualche ora ma voglio che tu ne sia convinta. Non tutti mi fanno domande del genere, la maggior parte delle volte finiscono là eseguendo degli ordini arrivati dall’alto ma tu ...” riprese fiato ridacchiando “ ... tu mi hai chiesto questa follia da sola. Oh non fraintendermi, sono orgoglioso di mandare un mio ufficiale medico là davanti, salverai vite, porterai speranza” “E allora cosa la blocca?” mormorò inclinando leggermente la testa di lato “Niente” esclamò burbero “Solo guardami negli occhi e dimmi che ne sei convinta” “Lo sono signore” ma la vide sorridere “Che c’è?” “Lei parla con mio marito non è vero?” “Ma come diavolo ...” “Non è colpa sua signore, nemmeno a Seattle riuscivano a nascondermi le cose” “E questo come dovrebbe confortarmi?” “Forse non è chiara la situazione. Non mi interessa niente delle decisioni che prende mi marito, delle sue parole o della sua preoccupazione. Sono qui, vivo qui, mangio e dormo con i miei compagni e sono più che certa di volere questa vita quindi la prego, la prego signore mi lasci andare là davanti” Darrell annuì deciso, lo sguardo colorato da una lieve nota di fierezza e le labbra arricciate in un tenero sorriso “Queste erano esattamente le parole che volevo sentire bambina”.

 

 

Un battito leggero, credeva di sognare, forse era davvero troppo stanca eppure l’aveva visto.
Si avvicinò al letto senza staccare gli occhi dal monitor “Sei sveglio?” la linea sullo schermo scuro diventava lentamente più forte, abbassò lo sguardo, il viso di Kevin si contrasse in deboli tremolii.
Rimase senza fiato pregando il cielo che quello fosse un si “Apri gli occhi” sussurrò sfiorandogli la spalla nuda, lo sentì tremare poi quel sospiro diverso da tutti gli altri, gli occhi si aprirono lentamente “Cazzo!” esclamò voltandosi di colpo “Mason!” il battito accelerò di colpo “No, ehi no!” spinse le mani sul suo petto inchiodandolo al letto.
Vedeva negli occhi del ragazzo paura e ansia, la stessa che gli aveva colorato lo sguardo la prima volta che arrivò da lei “Sei al sicuro! Guardami!” gli occhi si piantarono violentemente sul suo viso “Che succede?” sussurrò Mason sfilando lo stetoscopio “Da quanto è sveglio?” “Tre minuti più o meno” “Il battito è troppo veloce, prendo un sedativo” “Kevin!” esclamò violenta rafforzando la presa “Sei al sicuro! Avevo la mano stretta attorno al tuo cuore, ti ho operato e sei qui, sei vivo. Non puoi respirare da solo quindi, fino a quando non avremo la certezza che i tuoi polmoni stiano bene, il respiratore lo farà per te ma ora ...” si fermò qualche secondo cercando di sorridere “ ... ora ho bisogno che tu stia tranquillo. Ho bisogno che resti fermo perché ti ho operato la scorsa notte e se continui ad agitarti così strapperai i punti e non puoi farlo!” “Il sedativo è pronto” ma il respiro di Kevin rallentò di colpo e i battiti del cuore tornarono ad un livello accettabile “Ok” sussurrò sfinita “Ok, così va bene” sollevò le mani concentrandosi sullo sguardo intenso di Mason “È sveglio” “È sveglio” ripeté divertito riprendendo fiato “Ce l’hai fatta Kev, bentornato nel mondo dei vivi” ma Cristina sospirò sfilando la cartella dal letto.
Controllava e ricontrollava ogni stupida riga con il terrore folle di trovare un errore “Smettila di darti pena, hai fatto un buon lavoro” “E se non riuscisse a muoverla bene?” “Questo non è un problema perché riuscirà a farlo” sfiorò con lo sguardo il viso del giovane indecisa se sorridere o continuare a massacrarsi le labbra con i denti “L’ufficiale medico di guardia prenderà il tuo posto, vai di là e dormi un po’ ” chiuse gli occhi qualche secondo poi un bel respiro e un sorriso luminoso come il sole “Forse hai ragione” ma più provava ad allontanarsi da quel letto, più la stretta di quella mano attorno al polso diventava forte e decisa.
Lo sguardo di Mason si fuse con il suo, rimase immobile qualche secondo “Cosa sta ...” “Resto qui” “Sei impazzita?” sbottò ironico infilando un paio di guanti “Hai bisogno di dormire” ma gli occhi di Kevin piantati nei suoi erano un motivo più che valido per restare inchiodata a quel letto. 

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Capitolo 7
*** Ti Presto la Speranza ***


                                                                                           Ti Presto la Speranza






“Non posso accettarlo!” “Oh andiamo Richard!” “È una donna!” sbottò gelido l’uomo piantando gli occhi nei suoi “Il mio gruppo non ammette donne in squadra” “È il miglior chirurgo cardio toracico che abbia mai avuto con me. È brava, è veloce ed esegue gli ordini” aprì l’armadietto di metallo prendendo una bottiglia di Scotch e due bicchieri “È una donna Darrell!”  “Hai bisogno di qualcuno che rammendi i tuoi ragazzi alla velocità della luce tenendoli in vita. È davvero brava” “Ma è una donna!” “Si, questo l’hai già detto” sbottò ironico “Non la giudico per questo insomma, che mondo sarebbe senza le donne? Però qui parliamo di un gruppo che si lancia in azioni dirette! Siamo quelli che vi spianano la strada colonnello e una donna ci rallenterebbe e basta!” “Perché?” domandò spingendo verso l’amico un bicchiere colmo “Perché è una donna! Ha esigenze diverse dai miei ragazzi e fisiologicamente è ...” “Ascoltami bene ...” afferrò la sedia trascinandola verso di lui, un bel respiro prima di riordinare le parole poi quel sorriso fiero e orgoglioso “ ... è una donna è vero, ha un fisico diverso dai tuoi ragazzi è vero ma fidati di me quando ti dico che è davvero brava! Mi conosci Richard, quante volte mi hai sentito parlare così di un mio ragazzo?” l’altro sospirò scuotendo appena la testa “È un medico fenomenale, è testarda, ostinata, folle il che, a mio avviso, segue perfettamente i tuoi parametri” “Perché vuoi mandarla in prima linea? Se è così brava perché non la tieni qui a salvare i tuoi?” “Me l’ha chiesto lei” “Noi ammazziamo persone Darrell! Apriamo buchi nelle linee nemiche per permettervi di passare, per permettervi di finire il lavoro. Vuoi davvero mandarla a morire?” “Quanti ragazzi hai perso dall’inizio dell’anno?” l’uomo trasalì bloccandosi qualche secondo “Allora?” “Quarantacinque” il colonnello annuì mestamente posando il bicchiere sul tavolo “Ecco perché la mando lì Richard. Ecco perché ti do il mio chirurgo migliore, ho una squadra intera di medici in grado di occuparsi del campo anche in mia assenza ma se i tuoi ragazzi là fuori saltano sulle mine o vengono colpiti su chi possono contare?” “Non lo so Darrell, questa è una cosa davvero ...” “Strana?” domandò ironico ma l’altro sorrise scuotendo la testa “Non posso occuparmi anche di una ragazzina” “Non dovrai occuparti di lei anzi, ho idea che sarà piuttosto difficile evitare di seguirla o di parlarle” “Non mi stai prendendo per il culo vero? Non mi stai rifilando lo scarto che non ti piace vero?” “Da quanto mi conosci Richard!” “Più o meno quarant’anni” “Già, e in quarant’anni ti ho mai fregato?”  l’altro sorrise inclinandosi leggermente in avanti “Insomma, per le cose importanti!” “Se mi freghi giuro che ti spacco la faccia” afferrò il berretto dal tavolo ridendo “La voglio pronta ed equipaggiata entro sei giorni. Devo compilare i documenti necessari e autorizzare i trasferimenti  e soprattutto, devo convincere i miei ragazzi e se tutto andrà come previsto,  la porterò là davanti con me. Niente uniforme medica, niente armi” “Dovrei mandarla nuda?” sbottò secco alzandosi “Tra un’ ora avrai in comando la sua nuova divisa, armi, equipaggiamento e nuova piastrina” “Non la sto mandando via per sempre Richard” “Lo so, lo so, sei così buono di cuore da prestarmi il tuo medico migliore ma finché starà tra i miei ragazzi vestirà come loro e assomiglierà a loro in tutto e per tutto perché i medici sono i primi obbiettivi di quei figli di puttana e per di più, stiamo oltrepassando i limiti amico mio, insomma, stiamo infrangendo milioni di regole” “Lo so bene” un altro sorriso a rafforzare quel mutuo accordo  “Vivrà come loro e vestirà come loro, ovviamente saranno escluse preoccupazioni prettamente femminili” gli diede una pacca sulla spalla ridacchiando “Non temere, te la restituirò tutta intera” uscì dalla stanza lasciandolo lì a ridere nel silenzio “Oh amico mio, non sai nemmeno l’affare che hai fatto” si massaggiò il collo sospirando “Sarei curioso di vedere la tua faccia quando quel peperino travestito da ragazza ti sbatte in faccia la sua forza” un’altra fragorosa risata poi l’aria fresca della sera a colpirgli il viso.
 
“Come ti senti?”  sorrise aprendo leggermente gli occhi “Oggi ho fatto pipì da solo” “Uao” esclamò divertita controllando i battiti “Sono in debito con te” “Sono un medico, salvare vite è il mio lavoro” ma l'altro sorrise, due occhi chiari come il cielo a fondersi con i suoi togliendole per qualche secondo il respiro “Chi sei?” “Cosa cambierebbe saperlo?” “Beh ...” sussurrò divertito “ ... per prima cosa, darei un nome all'immagine sfocata che continua a tornarmi in sogno” sorrise scarabocchiando qualcosa sui fogli “Se conosco il tuo nome ... posso essere tuo amico ...” “Da quando io e te siamo amici?” domandò confusa voltandosi appena verso di lui, faticava a respirare ma era lì, sveglio, vigile.
Quella era la sua vittoria, quello era un ragazzo che lei aveva strappato dalle mani della morte  “Siamo amici da quando la tua mano ha stretto il mio cuore dottoressa”  continuò sorridendo “D'accordo ...” strinse più forte il laccio attorno al braccio dell'uomo cercando nel cassetto il farmaco adatto “ ... questo farà un po' male” “Ho passato l'inferno là fuori, ho una cassa toracica di metallo e acciaio,  una puntura non può fare di peggio” l'ago entrò nella carne togliendogli qualche secondo il respiro “Ti avevo detto che sarebbe stato fastidioso”  sfilò la siringa posando la mano sul petto di Kevin “Passerà tra qualche secondo” “Ancora non hai risposto alla mia domanda” “Quale?” buttò lì distratta tornando a concentrarsi sul monitor “Come ti chiami?” “Cristina” “È un piacere conoscerti” esclamò divertito allungando una mano verso di lei “Kevin Howard” rimase immobile qualche secondo prima di decidere che fare la conoscenza di quel giovane dagli occhi di cielo non poteva in alcun modo mettere in pericolo sé stessa.
Gli strinse la mano giocando con il suo sguardo “Posso chiederti cosa ci fa una ragazza come te in un posto come questo?” “È tanto strano?” domandò confusa sedendo sul letto accanto a lui “No, beh insomma, ci sono un sacco di ragazze che si arruolano ogni giorno ma tu non sembri una di loro” “Cioè sarei un pessimo soldato?” ma lui scosse la testa ridendo “Non ho mai detto niente del genere. Mi hai salvato la vita, sei un medico fantastico ma non riesco a capire come mai ...” “A volte la vita ci costringe a scelte no? Io ne ho fatte alcune, molte erano sbagliate, molte mi hanno portato lontano e una mi ha portato qui” legò i capelli sospirando “D'accordo” mormorò il giovane chiudendo appena gli occhi “D'accordo, niente più domande finché non vorrai parlarne” ma quel silenzio leggero durò solo pochi secondi “A dire la verità, una domanda ce l'ho ed è anche piuttosto urgente” “Quale?” “Quando posso alzarmi in piedi?” “Il cuore ha bisogno di tempo per riprendersi. Devi riposare” “Puoi quantificare questo tempo?” alzò leggermente gli occhi al cielo ridacchiando “Considerando i danni al torace direi più o meno tre mesi per riprendere a camminare e sei per tornare in servizio qui dentro e non là fuori” “Oh andiamo” esclamò ironico “Nemmeno se mi pompi di antibiotici?” ma lei scosse leggermente la testa alzandosi “Hai acciaio e metallo che ti protegge cuore, fegato e polmoni, il tuo corpo ha bisogno di tempo per abituarsi a questa nuova cosa e non è accelerando che lo aiuterai” sorrise alzandosi di nuovo “Torno a controllarti tra due ore circa ok? Riposa” Kevin sorrise mentre l'immagine di una ragazza bella come il sole scompariva velocemente dagli occhi.

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Capitolo 8
*** Mostrami la tua Forza ***


 
                                                                                               Mostrami la tua Forza





 
 
 
“Lei è la dottoressa?” sollevò gli occhi dalla ferita del ragazzo voltandosi di colpo “Riposo soldato, finisci pure di medicare quell’uomo” “Posso fare qualcosa per lei signore?” domandò incuriosita tornando a concentrarsi sulla fasciatura “Volevo solo vedere il mio futuro ufficiale tutto qui” sorrise appena tirando più forte la garza “Come la senti?” “Tira un po’ troppo Yale” “Aspetta solo un secondo” prese le forbici tagliando leggermente i bordi della fascia “Va meglio?” un bel sorriso come risposta “D’accordo allora, ti ho ricucito per bene, vai di là da Mason, ha un letto libero per te” “Ma devo ...” “Devi riposare e soprattutto tu e quegli altri idioti là fuori dovete trovare un modo migliore di passare il tempo” le diede un leggero buffetto in viso scendendo dal lettino “Grazie” “Non tornare a giocare con ferri e reti” ma Michael era già uscito dalla tenda.
“Allora ...” esclamò divertita voltandosi verso l’uomo  “ ... lei è?” “Richard Alvaro Gomez, colonnello del quinto gruppo forze speciali degli Stati Uniti” “È un piacere conoscerla signore” gli strinse la mano sorridendo “Risponderò a lei d’ora in avanti?” “Finché il colonnello Darrell deciderà di prestarmi la speranza si” ma lo sguardo confuso della ragazza lo costrinse a continuare “Non siamo soliti accettare donne, anzi, a dire la verità ci è vietato ma il colonnello dice che lei è piuttosto brava dottoressa” “Sono la migliore signore” “Tanto meglio per noi allora” annuì appena riponendo gli strumenti “La prima linea è dura. Non è un posto adatto a persone tenere e facilmente impressionabili” “C’è qualcosa di me che le fa pensare tutto questo?” socchiuse gli occhi studiando qualche secondo il viso dell’uomo “Ah giusto, sono una donna” “Molto perspicace” “Se vuole le mie referenze le basta chiedere in giro signore. Prima del corso alla Smith, Berkeley e  Stanford, miglior punteggio agli esami di abilitazione, tre dottorati e una ricerca alle spalle. Sono piuttosto brava signore” gli occhi non si scollavano un secondo dai suoi, sosteneva quello sguardo di ghiaccio senza dare il minimo segno di cedimento “Sai come si impugna un’arma?” la vide ridacchiare sistemandosi una ciocca ribelle, fili scuri come l’ebano che non amavano la costrizione di quella treccia forse troppo femminile “Sono piuttosto brava anche a sparare signore ma non sono un cecchino né un militare addestrato. Sono un medico, salvo vite, se per salvare una vita devo sparare allora si signore, so sparare” “Sei piuttosto carina” “Questo è un complimento?” domandò confusa ma Gomez borbottò qualcosa di incomprensibile “Signore non ...” “Sei carina, piuttosto delicata ed esile” “Ed è un male?” “Solo per il mondo comune. Là fuori se sei così ti scambiano per qualcosa da proteggere e amare ... ” trasalì qualche secondo mentre le parole di quell’uomo sbucato dal nulla le entravano nel cervello “ ... qui la bellezza non è premiata ma la forza si” “Signore tanto per essere chiara” sbottò picchiando con forza la mano sul ferro gelido della barella “Non sono qui a farmi prendere per il culo. Ho chiesto di andare là davanti per salvare delle vite e si, probabilmente non sono la persona più adatta ma sono brava, sono terribilmente brava e non me ne frega niente di tutte queste idiozie sulla bellezza o sulla dolcezza ...” riprese fiato senza staccare un secondo gli occhi dall’uomo “ ... sono in grado di fare questo lavoro signore, sono in grado di salvare i suoi ragazzi e il colonnello Darrell le ha regalato la possibilità di portare speranza. Sono io la sua speranza e non so quanto voglia abbandonarla in questo momento” di colpo il cervello bloccò quella cascata di parole uscite dal nulla “Con ... con tutto il rispetto signore” balbettò confusa ma lui scoppiò a ridere sfregandosi il mento “Sei carina e esile” Cristina sbuffò alzando gli occhi al cielo “E sei strafottente e orgogliosa. Hai un complesso d’onnipotenza che non voglio e non intendo risolvere perché è perfetto così com’è e sei arrogante, molto arrogante ma questo è un bene” “Lei non ...” “Sei brava con le parole ragazzina, vediamo quanto sei brava sul campo” riprese il cappello verde ridendo “Torno qui tra due giorni ragazzina, voglio trovarti pronta e armata” “Cos’ha che non va la mia divisa?” domandò confusa ma l’altro scoppiò a ridere “Sei una donna, parli come una donna, ti muovi come una donna e questo purtroppo non posso cambiarlo ma se farai parte delle mie unità, vestirai come loro, mangerai come loro e vivrai come loro” “Non chiedo di meglio” “Ehi!” esclamò deciso sollevando leggermente un dito “L’ironia è affare mio finché deciderò che non sei totalmente squilibrata” “Non vedo l’ora signore!” Gomez annuì orgoglioso uscendo a grandi passi dalla tenda “Cos’è appena successo?” domandò terrorizzata posando una mano sul seno “Cos’ho appena detto?” sentiva il respiro accelerato, i pensieri che lentamente si coloravano di consapevolezza, la stessa che urlava: “Hai urlato contro un ufficiale superiore. Sei stata fredda e tagliente con un colonnello pluridecorato delle forze speciali”  un altro bel respiro prima di nascondere di nuovo sé stessa dietro ad una maschera di ghiaccio.

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Capitolo 9
*** Sono la persona che sostituisce la tua Persona ***


                         Sono la persona che sostiuisce la tua Persona









“Andrai davvero là davanti?” “Ti sembra tanto strano?” domandò incuriosita sbucciando un’arancia “Perché?” “Vorrei solo vederti di nuovo tutto qui” esclamò Kevin cercando di alzarsi in piedi “Non avere fretta, appoggia il peso un po’ per volta se no mi tocca raccoglierti da terra ... Perché ti stai alzando? Ti ho tolto il respiratore stamattina, che diavolo ci fai già in piedi?” ma lui sorrise aggrappandosi con forza alle sbarre del letto “Quando partirai?” “Tra due giorni, sono assegnata alla sesta compagnia di terra, conosci il colonnello Gomez?” il ragazzo scoppiò a ridere cercando di trovare un equilibrio più o meno stabile “È uno stronzo. Un pazzo incantato dalla follia, fagli vedere la tua vena pazzoide e ti eleverà ai ranghi alti” “Cosa dovrei ...” “Sii rispettosa, annuisci sempre ed esegui gli ordini alla velocità della luce” “Perché non hanno altri ufficiali medici?” domandò allungando uno spicchio succoso verso di lui ma era troppo concentrato nel tentare di stare in piedi per accorgersi di quella tenerezza “Stai per entrare nel quinto gruppo delle forze speciali Yale” lo sguardo confuso della ragazza lo costrinse a sorridere “Non li hai mai incontrati?” “Ho la faccia di una che ha mai incontrato questi signori?” sbottò ironica accavallando le gambe “Sono uno dei gruppi più tosti dell’esercito” “Davvero?” “Hai mai visto Rambo?” annuì appena stringendogli una mano, la presa del ragazzo si fece più forte mentre un bel sorriso si prendeva le labbra “Ecco, loro sono Rambo” “Sto per partire in guerra assieme ad un branco di Rambo?” sussurrò più a sé stessa che a Kevin ma lui annuì deciso raddrizzando la schiena “Si occupano di guerra non convenzionale. Bonificano campi minati, si occupano di ricerca e salvataggio, liberano ostaggi . Sono i primi ad essere chiamati in azioni dirette assieme ai marines, credo sia perché sono pazzi uguali ma potrei anche sbagliarmi” si voltò appena verso di lei sospirando “Hanno davvero bisogno di un bravo medico e se non ne hanno tanti è semplicemente per evitare che vengano uccisi” la giovane socchiuse gli occhi portandosi una mano al petto “I ragazzi là dentro hanno imparato da tempo a ricucirsi da soli ma ci sono cose che non possono fare” “E io come posso cambiarlo?” domandò scivolando giù dal letto “Come posso aiutarli?” “Tu sei piccola, minuta e agile, certo sei una donna, questo è un bel casino e ...” “Da quando avere le ovaie è un insulto?” sbottò irritata “Da quando le forze speciali non ammettono donne nelle squadre d’azione ecco da quando!Se il colonnello Gomez ha accettato di portarti con sé qualcosa bolle in pentola. Te l’ho già detto, sei perfetta per loro, puoi seguire il ritmo delle loro azioni e sei anche piuttosto brava a sparare” “Già” esclamò divertita giocherellando con la piastrina “Non l’avrei mai detto insomma, fino ad ora mi divertivo a colpire Meredith con le palline di carta a distanze più o meno ...” “Sei davvero convinta di voler andare là fuori?” la mano di Kevin si posò dolcemente sulla sua spalla stringendosi appena “Il colonnello può sempre ...” “Stai cercando di farmi cambiare idea?” “No, no è solo ...” “Cosa!” esclamò gelida sottraendosi a quel tocco delicato “Secondo te non sono in grado di farlo?” “La smetti?” gli occhi piantati nei suoi, uno sguardo gelido carico di sfida “Puoi farlo, sei perfettamente in grado di farlo ma dovresti almeno chiamare ...” “Oh per favore” alzò gli occhi al cielo passeggiando nervosamente avanti e indietro “Smettila ok? Basta, non voglio parlare del passato! Lo sai perché ho chiesto questo trasferimento?”  il respirò accelerò di colpo costringendola ad annaspare “Perché mi sono detta: Ehi, la tua vita è stata una casino fino ad ora, forse puoi fare qualcosa di importante per qualcuno” “Va bene” “Non sono debole e indifesa! Non sono una povera bambina che ha bisogno di cure e protezione!” “Va bene” si bloccò di colpo cercando di calmare i battiti del cuore “Kev ti prego stai dalla mia parte. Ho bisogno che tu sia dalla mia parte perché sei l’unico che ...” riprese fiato avvicinandosi a lui  “ ... la mia persona è a Seattle, non posso parlare con lei e questo mi fa impazzire però posso farlo con te” “Sono la tua persona?” domandò stupito ricadendo a sedere sul letto “Sei la mia lei qui e ho bisogno che tu sia tranquillo e calmo perché io ...” “Va bene” ripeté afferrandola per le spalle “Va bene, sono dalla tua parte, sono la persona che sostituisce la tua persona” “Ok” “D’accordo, ora posso riavere la dottoressa folle e pazza di sempre?” la vide annuire debolmente inspirando a fondo “Ho fatto tre passi” un sorriso bello come il sole a colorarle lo sguardo “Ammetto che tutto questo metallo è un po’ pesante ma con il tempo credo di potercela fare” “Otto mesi Kevin” “Oh andiamo” “No” lo costrinse a sdraiarsi ridendo divertita per quell’espressione a metà tra la rabbia e la stanchezza “Vieni a salutarmi prima di andare via?” “Avevi qualche dubbio?” sorrise tirando la coperta più su “Ora riposa, ci vediamo più tardi” “Ehi Yale” si voltò di colpo scostandosi dagli occhi una ciocca di capelli “Starai bene con il basco verde” gli fece l’occhiolino chiudendosi la porta alle spalle.
Quella ragazza così esile e delicata racchiudeva in realtà qualcosa di molto più grande ed era certo che a breve, tutto sarebbe esploso mostrando la sua vera luce.

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Capitolo 10
*** È solo una donna ***


                                                    È solo una Donna




“Seduti, zitti e ascoltate!” gli sguardi si sollevarono di colpo dai quaderni ancorandosi al viso del vecchio colonnello “Abbiamo tutti del lavoro da fare, abbiamo degli ordini da eseguire e so quanto siete impazienti di andare là fuori a spaccare il culo a qualche guerriero improvvisato ma ho una questione importante da sottoporvi e vorrei la vostra massima attenzione” riprese fiato lasciando cadere sulle ginocchia di un militare un plico di fogli. Questa ...” iniziò spazientito sorseggiando il caffè “ ... è la dottoressa Yang” un fischio d’approvazione si alzò all’unisono mentre gli occhi dei ragazzi si posavano sulle foto che lentamente prendevano posto sui quadernetti “È graziosa signore” “Molto graziosa e aggiungerei sexy” Payne scoppiò a ridere inclinando leggermente la testa di lato “Uao, beh, potrei anche abituarmi a ricevere fotografie di ragazze orientali vestite da guerrieri, sembra l’introduzione di un calendario porno” “Sono lieto che vi piaccia” esclamò Gomez tossicchiando “È un regalo per aver sfondato le difese della guerriglia signore?” “No” un leggero sorriso carico di sfida si prese ogni centimetro delle labbra “Salutate il nuovo medico del nostro battaglione” un giovane dai capelli scuri scoppiò a ridere seguito a ruota da tutti i suoi compagni “Ci prende per il culo signore?” “Ho l’aria di uno che ha voglia di scherzare?” “È una donna colonnello!” “Non mi faccio toccare da una donna insomma, è pericoloso, sai da quanto non vedo una donna?” “Tenente Ryan sei affezionato alle tue gambe?” “Si signore” “E se una fosse maciullata per l’esplosione di una mina o tranciata di netto per colpa di una granata, non vorresti il meglio della medicina vicino a te?” il giovane ci pensò qualche secondo studiando la fotografia “Colonnello con tutto il rispetto, non credo che avere una donna in compagnia sia salutare” esclamò un altro alzandosi in piedi “È contro le regole e soprattutto ... insomma ... è una donna!” Gomez scoppiò a ridere posando la tazza “Oh vi capisco molto bene ragazzi miei. So cosa si crea in casi come questo e so anche perché avere una donna tra noi è difficile e soprattutto inutile. Le regole? Mai seguite alla lettera” i ragazzi scoppiarono a ridere “Mi conoscete bene, avete passato mesi sotto il mio comando e sapete quanto io sia restio a trattare con appartenenti all’altro sesso, soprattutto in guerra, soprattutto in missioni come queste. Siamo un gruppo addestrato ad uccidere, siamo i migliori e abbiamo una percentuale di completamento delle missioni terribilmente alta” strinse più forte le mani dietro alla schiena passeggiando avanti e indietro, lo sguardo sfiorava ritmicamente ogni viso, ogni espressione, ogni movimento “Siete stati addestrati per colpire duro e veloce, siamo stati addestrati a colpire duro e veloce ed è quello che facciamo, è quello per cui viviamo. Le donne, le famiglie, loro sono un mondo a parte che vive al di fuori di tutto questo ma quella donna, quella ragazza è un medico. Il migliore in circolazione proprio come noi, ha un tasso di sopravvivenza chirurgica altissima e riporta in vita anche i cadaveri se richiesto, proprio come noi! Quella donna è folle e testarda esattamente quanto lo siamo noi e soprattutto, non ha paura di correre da sola proprio come noi! Ora ...” riprese fiato posando le mani sul legno scheggiato della scrivania “ ... quello che vi chiedo è semplice e piuttosto banale. Accettate un medico che è anche donna?” “E se non dovesse farcela?” scoppiò a ridere divertito “Krell ho idea che quella ragazzina ci darà un gran bel da fare. Abbiamo perso troppi fratelli là fuori, il colonnello Darrell ci sta offrendo la speranza, ci sta prestando le mani di quella ragazza che fa miracoli. Abbiamo l’occasione di lottare per i nostri ideali e non temere di essere colpiti perché le mani di quel medico possono rimetterci in piedi” “Non lo so signore” mormorò Payne passandosi una mano in viso “Abbiamo bisogno di velocità, di rapidità nelle azioni e non di una bambolina orientale con la pelle d’avorio” “Ha ragione signore” “Oh certo, potremo vederla così” esclamò tornando a passeggiare avanti e indietro “Potremo vederla come una bella bambolina su cui fare sogni e fantasie notturne oppure, potremo vederla come un medico in grado di salvare le nostre vite, un medico bravo e capace anche con un bel culetto e due tette niente male” si fermò qualche secondo studiando ogni viso lì dentro “Allora?” “Beh sapete ...” mormorò Ryan ridacchiando “ ... l’idea di avere le sue mani addosso non è niente male” “Sei proprio un coglione” sbottò il compagno spingendolo di lato “Dico solo che si può fare insomma, se il nostro comandante ci ha visto giusto quella ragazza è brava, che male c’è nel darle una possibilità?” “Sapete, forse Ryan ha ragione” Gomez sorrise mentre uno dopo l’altro i suoi uomini prendevano la parola “Abbiamo davvero bisogno di qualcuno che ci raddrizzi, sono stanco di cucirmi pezzi di carne e di scorrazzare per il fronte con stralci di filo che pendono ovunque” “E poi, potrebbe essere divertente, magari le piace scherzare” “Allora questo è un si?” domandò burbero Gomez incrociando le braccia sul petto “Signore ho solo una domanda” “Parla ragazzo” “Se è davvero così brava come mai il colonnello Darrell la manda qua davanti?” l’altro scoppiò a ridere giocherellando con la barba “Non è stato lui a mandarla qui ma lei a chiedere di essere buttata qua davanti e noi, siamo il meglio del meglio” “Oh si, questa bambolina mi piace sempre di più” esclamò divertito Harris mordicchiando la biro “È un medico dell’esercito degli Stati Uniti fiorellini! Le mani non devono mai finire sul suo corpo se non per chiedere aiuto, niente incursioni nelle tende di primo soccorso a meno che non siate morenti o senza qualche arto e soprattutto ...” si fermò qualche secondo colorando lo sguardo di forza e severità “ ... il primo che becco a spiarla la notte o ad infastidirla per stupide idiozie come sentimenti nati per colpa del sole, voglie non contemplate nella mia visione di medico o pene d’amore folli, verrà sbattuto in prigione e mandato davanti alla corte suprema è chiaro?” i ragazzi annuirono decisi “La porterò a casa tra quarantotto ore, vige la regola del silenzio fiorellini. Se qualcuno al di fuori vi chiede del vostro medico o se soltanto lo nomina siete autorizzati a sparare o a picchiare chiaro?” “Davvero signore?” esclamò allegro Payne ma Gomez sbuffò scuotendo appena la testa “Niente chiacchiere, con nessuno! Il nostro medico vivrà esattamente come noi, non avrà stemmi o divise diverse, voi saprete chi è, io saprò chi è ma quei figli di puttana là fuori no e soprattutto, quei pomposi damerini dei piani alti saranno esclusi da ogni nostra nuova decisione” picchiò con forza la mano sul legno richiamando di colpo l’attenzione “Sono stato chiaro?” un coro di assensi si levò di colpo dalla stanza scatenando in lui un sorriso carico di fierezza. 

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Capitolo 11
*** Filo d'Argento ***


                                                                                 Filo d'Argento
 
 
 
 
“Passerai tutta la notte su di me?” sussurrò sfiorandole il viso “È ancora presto” ma Kevin sorrise soffermandosi qualche secondo sulle sue labbra.
Era così stanca da confondere le parole con i sogni, chiuse gli occhi mentre il peso delicato della testa sulla mano lo costrinse a sorridere “Sono le due e mezza, tra due ore circa partirai con il colonnello Gomez, forse passarle sdraiata su un letto e non accovacciata qui ti aiuterebbe” “Tu parli troppo” sussurrò colorando le parole di allegria “Mi hai salvato la vita” la vide annuire dolcemente stringendo più forte la mano attorno al suo braccio “Ricordo il rumore dei missili, ci avevano mandato come rinforzo ma l’elicottero deve aver sbagliato le misure andando un po’  troppo vicino. Ricordo l’esplosione di una mina e poi ricordo il tuo viso” la sentì sorridere, sospirare muovendosi appena “Eri calma, tranquilla, mi sorridevi e parlavi come se tutto quel casino fosse solo un sogno” “Ho sbagliato?” “Mi sono fidato di te e oggi sono qui e parlo, respiro” “Allora soldato direi che sono stata piuttosto brava” sussurrò aprendo dolcemente gli occhi “Mi hai fatto una promessa Yale e l’hai mantenuta quindi, forse questa cosa non sarà tanto male no? Insomma, sarai la salvezza di un sacco di ragazzi” ma lei socchiuse gli occhi alzandosi leggermente “Che vuol dire?” “Niente, stavo solo ...” “Ti fidi di me?” non rispose, si limitò a sorridere mascherando l’indecisione dietro a quella smorfia buffa e strana “Tornerò qui” “È una promessa?” tornò a posare la testa sulla sua mano senza smettere un secondo di sorridere “È una promessa” parole sussurrate al silenzio, parole che legavano due cuori con un filo  invisibile e delicato, due cuori appena incontrati che in quel deserto di fuoco si prendevano cura l’uno dell’altro e che forse, nemmeno quella distanza avrebbe mai distrutto perché quel giuramento regalava all’amicizia due nuove anime fresche e terribilmente tenaci.
 
 
Il rumore sordo della sveglia lo costrinse ad aprire gli occhi, guardò qualche secondo l’ora sul display sorridendo per quella stupida abitudine.
Ricadde sul cuscino sospirando, era a casa da tre giorni e già gli sembrava di impazzire.
Occupare le giornate era terribilmente difficile, era abituato ai ritmi serrati che l’ospedale regalava e ora, con tutto quel tempo libero, non sapeva proprio cosa fare.
Si rivestì in pochi minuti scendendo in cucina, sua madre sorrise porgendogli una tazza di caffè bollente “Allora? Come hai dormito?” “Come sempre” sussurrò sedendosi di fronte a lei “È colpa di tua moglie?” “Mamma!” “Sto solo cercando di capire Owen tutto qui. Insomma, sei arrivato all’improvviso, non fraintendermi, sono felicissima di averti attorno tutto il giorno ma ti vedo lottare contro qualcosa che non riesco a capire” “Passerà tutto non preoccuparti” la donna sorrise appoggiandosi allo schienale “L’hai sentita?” annuì appena senza scollare gli occhi dalla sua colazione “E?” “E credeva di sognare. Va bene così, non è un problema l’importante è che sia ...” “Viva?” trasalì inchiodando gli occhi ai suoi “So cosa provi, so cosa ti passa per la testa ogni ora di ogni dannato giorno perché è la stessa cosa che ho provato io quando tu eri laggiù” sfiorò la mano del figlio sorridendo “L’attesa distrugge bambino mio. Ho aspettato per mesi interi una tua telefonata, una tua lettera, a volte nemmeno riuscivi a scrivere e il motivo non era il ritardo delle poste ma i bombardamenti, le sparatorie. So cosa si prova e so quanto la sua decisione ti distrugga ma è una sua decisione” “E io non conto niente?” sbottò gelido sottraendosi a quel tocco delicato “Sono suo marito, si suppone che prenda decisioni sensate, si suppone che parli con me di queste stupidate e non ...” “Stupidate?” esclamò sorpresa “Owen ha firmato per la guerra! Non è una stupidata” “È scappata! È scappata per evitare di soffrire e quando tornerà indietro sarà così dannatamente distrutta da non riuscire più nemmeno a respirare” si passò una mano in viso cercando di riordinare i pensieri  “Lo so che è colpa mia insomma, le ho fatto così tanto male da costringerla a ... e ora lei ...” “Salverà delle vite” “E se dovesse morire?” il cuore accelerò di colpo mentre quel pensiero folle si prendeva ogni briciolo di razionalità “Ho rischiato di perderla già una volta non posso farlo di nuovo” “Non accadrà” “Come lo sai?” sorrise donandogli calma e tranquillità “Ho pregato tanto quando tu eri laggiù. Ho pregato per farti tornare a casa tutto intero, è tua moglie, mia nuora, prega per lei Owen” “Mamma” sussurrò scuotendo leggermente la testa “Che c’è?” domandò confusa “Non credi in Dio?” “Si ma questo non ...” “E allora cos’è che ti blocca” “Laggiù Dio non esiste” gli occhi si sfiorarono qualche secondo “Sei in mezzo al delirio e fatichi a pensare che lassù qualcuno si preoccupi di te” “Eppure sei qui” già, gran belle parole ma cosa avrebbe dovuto rispondere? Finì il caffè evitando accuratamente gli occhi di sua madre “Non funziona sai?” “Cosa?” mormorò confuso alzandosi “Lo fai fin da quando hai quattro anni. Quando non riesci a trovare le parole per rispondere abbassi lo sguardo ed eviti il discorso perché anche se mi dai ragione, in realtà non lo credi davvero”  era sua madre, credeva davvero di poterla fregare così? Sorrise posando un bacio sul suo viso “Vado a fare la doccia e torno in ospedale” ma lei non rispose, rimase immobile mentre quel bambino, il suo bambino, urlava disperato nel corpo di un uomo alto e forte.

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Capitolo 12
*** L'Oriente nasconde Angeli ***


                                                  L’Oriente nasconde Angeli

 
 

 
“Andrà tutto bene, devi solo ricordarti di respirare Yale, il resto verrà di conseguenza ... inspirò a fondo cercando di calmare i battiti del cuore ... sei troppo forte per, vedrai che se ne accorgeranno presto anche loro” “E tu come lo sai?” “Perché mi sono bastati cinque minuti per accorgermene, vai, quando starò meglio verrò là davanti con te promesso”  si mordicchiò leggermente le labbra mentre il ricordo di quel discorso leggerissimo e dolce tornava alla mente.
Era immobile fuori da quella tenda da dieci minuti buoni, sentiva le risate dei ragazzi, la voce tonante e severa del colonnello Gomez che riportava violentemente il silenzio poi la voce improvvisa del colonnello Darrell a sostituire quella di Kevin  ... “Sei forte bambina, mi hai chiesto un regalo e io te l’ho portato. Sono una specie di Babbo Natale in divisa. Vai e rendimi fiero!” ... sorrise annuendo appena “Andrà tutto bene” ripeté trovando di colpo sé stessa.
Tre secondi per decidere cosa fare, scostò il telo entrando nella stanza, sentiva lo sguardo di ogni dannato ragazzo addosso quasi come se fosse un alieno sceso d’improvviso tra loro “Ben arrivata dottoressa” esclamò Gomez avvicinandosi a lei “È un piacere rivederla signore”il braccio dell’uomo si strinse dolcemente attorno alle sue spalle lasciandola senza fiato “Questo è il nostro nuovo dottore fiorellini, conoscete bene le regole, ho passato gli ultimi due giorni a ripeterle e giuro su Dio che se non verranno rispettate, al posto delle munizioni lanceremo mani mozzate chiaro?” “Signore?” domandò ridacchiando Payne “E le sue di mani?” ma lo sguardo del colonnello si colorò di ironia “Sei invidioso?” “Diciamo che vorrei toccare altro” ma Cristina ridacchiò divertita “Scusi signore, pensavo a ...” “Oh no, coraggio, sei libera di parlare ragazzina” “Davvero?” un leggero cenno d’assenso, lasciò cadere lo zaino per terra concentrando lo sguardo sul ragazzo di fronte a sé “Sinceramente parlando ... Payne” esclamò tirando leggermente la medaglietta del ragazzo verso di sé, il nome brillò sotto la luce delle lampade costringendo il giovane a sorridere “Penso che il tuo originale modo di fare apprezzamenti sul mio culo o sulle mie tette sia sciatto e piuttosto banale, un bambino avrebbe fatto di meglio sai? Non ti conosco, tu non consoci me però, se questo può rassicurarti, quando verrai da me sanguinante e bisognoso di aiuto io penserò ad altro, desidererò avere le mani da tutt’altra parte!” Payne si voltò leggermente vero il comandante “Uao, è davvero forte signore” “Ricordate tutti le regole vero?” sbottò gelido piantando gli occhi su ognuno di loro “Harris, porta la dottoressa nella tenda del primo soccorso, il sottotenente Callaghan le mostrerà il nostro corredo medico” “Si signore!” esclamò deciso il ragazzo alzandosi di colpo “Complimenti ragazzina” sussurrò avvicinandosi leggermente a lei “Il battesimo del fuoco è passato con successo” un leggero sorriso le colorò le labbra, si chinò a raccogliere lo zaino sospirando “Chi diavolo me l’ha fatto fare?” già, proprio una gran bella domanda.
Seguì il giovane fuori dalla tenda poi la voce improvvisa di Gomez “Occhi via dal culo del medico fiorellini!” Callaghan affianco a lei sorrise “Devi solo darci il tempo di ...” “Lo so” gli sorrise scuotendo leggermente la testa.
Forse non tutto sarebbe stato poi così male.
 
“Una chiamata per lei signore” sollevò lo sguardo dai fogli, il viso di Mason si piegò in un bellissimo sorriso “Chi è?” “Il colonnello Gomez, direi che è piuttosto furioso, credo con lei ma non ne sono molto sicuro” scoppiò a ridere prendendo il telefono dalle mani del giovane “Che è successo? L’accampamento si è smontato di colpo?” “Quando avevi intenzione di dirmi che sotto a quel visetto orientale era nascosto l’angelo distruttore?”  “Ha ucciso qualcuno?” “È pazza! Sembra uscita dai racconti dell’apocalisse”  “Vuoi ridarmela indietro?” “Col cavolo vecchio mio” esclamò divertito “Sei proprio sicuro? Avrei proprio bisogno di ...” “Resta qui con me”  “Oh andiamo!” “Da quando l’oriente regala angeli distruttori?”  “Tua moglie non è vietnamita?” “Lascia mia moglie fuori dai nostri discorsi”  “Non vuoi restituirmela? Non  era solo una semplice e stupida donna?” “No, lei è il meglio delle semplici e stupide donne”  “Sta bene vero?” “Da quando ti preoccupi dei tuoi ufficiali?”  “Ehi” sbottò burbero accavallando le gambe sulla scrivania “Io mi preoccupo sempre dei miei ragazzi” “Si ma non così, non scrivi continuamente a nessuno di loro e non chiedi ogni tre giorni notizie della loro salute” “Mi sono solo abituato ad averla attorno tutto qui”  “Ti ricorda Abigail non è vero?” sospirò sfiorando leggermente la foto accanto a sé “È una cosa tanto brutta?” “No, no al contrario. Questa ragazza ti ha dato un’occasione per continuare a credere in quello che fai, è una cosa degna d’onore vecchio mio”  “Non strapazzarmela troppo” “E chi salva i miei ragazzi dai suoi sbalzi d’umore? A volte è gentile e delicata altre sembra un alieno sceso dalla navicella spaziale per radere al suolo ogni cosa” scoppiarono a ridere scordandosi per qualche secondo la realtà nuda e cruda“Hai ricevuto gli ordini del comando centrale?” una debole indecisione nella voce e la preoccupazione di chi vive una guerra senza fine “Potrebbero avere missili Stinger, le ultime scansioni rivelano basi contraeree scarse ma non possiamo saperne di più, almeno fino a quando non avremo dati più precisi” “Ce ne sono dappertutto, potrebbero essere solo falsi obbiettivi” “Signore il tenente Carmel vuole il via libera per decollare” “Quanti elicotteri?” “Sette signore” “Sette sono pochi”  sorrise annuendo appena “Sette sono tutto quello che abbiamo. Gli altri sono stati affidati alle compagnie Eagle e Butterfly,  non posso togliere nessun’altra forza dalle linee Richard” lasciò cadere le gambe di lato inspirando a fondo.
Quell’attimo di pausa concesso al cervello gli era bastato per riordinare i pensieri “Chiama il maggiore Lacy e chiedigli supporto aereo, le truppe di terra devono essere coperte durante lo spostamento e autorizza il decollo” si passò una mano sul viso sospirando “Che Dio ce la mandi buona” il giovane annuì appena correndo via  “Ho la prima divisione pronta, vuoi un po’ di confusione mentre sposti i tuoi ragazzi?”  “Se hanno davvero la contraerea siamo fregati”  chiuse la comunicazione cercando di ragionare, di trovare un motivo valido per mandare a morire cinquanta dei suoi uomini migliori ma in quella guerra tutto era sbagliato.

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Capitolo 13
*** Briciole di Vita ***


                                                                        Briciole di Vita
 
 
 

“Se tirate troppo il filo la pelle si lacera e rischiate di morire” “Uao” esclamò allegro Payne prendendo tra le mani l'ago “Quindi è solo un modo diverso di rammendare” “Idiota!” sbottò Harris “Aspetta, fammi rivedere quel punto” Cristina sospirò alzando gli occhi al cielo “Cos'ho fatto di male per finire qui?” “Niente” mormorò ironico Payne sollevando qualche secondo gli occhi dal pezzo di cuoio “Sei davvero così brava come dicono?” “Tu cosa pensi?” “Che hai un bellissimo viso e un sedere niente male. Penso che tu sia agile e veloce ma non so quanto in realtà tu sia brava” “Ho idea che dovrai aspettare” “Non necessariamente” sfilò il coltello ridacchiando mentre i suoi compagni non smettevano un secondo di urlare allegri  “Vediamo quanto sei veloce” la lama entrò nel braccio facendola sussultare.
Ci mise pochi secondi ad elaborare le cose, afferrò il manico del coltello sfilando la lama, il bisturi si mosse docilmente allargando ancora di più l'incisione poi la pinza stretta dolcemente attorno al vaso reciso e gli occhi piantati nei suoi “Ho vinto maggiore” “Però” esclamò stupito il ragazzo “Sei un portento bambolina” “Cavolo Mick, ha bloccato l'emorragia in ventiquattro secondi netti” “Forse non è così male” esclamò divertito Harris tornando a concentrarsi sul cuoio davanti a sé ma Cristina sorrise “Sei davvero brava” lo sguardo di Payne si soffermò qualche secondo sul suo viso, su quegli occhi scuri venuti dal niente che ora improvvisamente restituivano speranza “Una volta che avrò ricucito il braccio vai in infermeria, chiedi al tenente Callaghan di farti un'iniezione di antibiotici perché sei stato così idiota da piantarti un coltello nel braccio” “Però non ho urlato, questo non mi fa guadagnare punti?” sorrise tirando il filo “Sei solo un idiota coraggioso tutto qui” la vide sorridere, inclinare leggermente la testa di lato mentre la consapevolezza di avere un angelo tra loro diventava sempre più forte.
 
Era passato solo un mese dal suo arrivo lì e già il mondo sembrava diverso.
Non c'erano attimi di pausa, niente sciocchezze come le telefonate a casa o i ricordi, niente incubi o cattiverie.
Quel gruppo di ragazzi alti e grossi erano una famiglia, una famiglia meravigliosa che si prendeva cura di ogni componente, dal colonnello al sotto tenente senza lasciarne indietro nessuno e ora, ora lei era parte di quella famiglia.
Una sorellina minore da proteggere e custodire così, le passeggiate al mattino, diventavano attimi preziosi per condividere emozioni con loro.
Aveva imparato a conoscere ognuno di loro, amava la follia di Payne e la dolcezza di Harris, era in sintonia con la meraviglia di Callaghan nel vedere una nuvola e soprattutto, aveva trovato nel colonnello Gomez un modello, un padre forse molto più reale di quello che aveva a casa.
Anche se strampalato e rude si prendeva cura di lei, la teneva lontano dal casino, controllava che nessuno dei suoi ragazzi fosse troppo spericolato nell'avvicinarsi a lei e se aveva un attimo d'esitazione o anche solo un secondo di debolezza, se lo ritrovava accanto come una roccia potente  su cui fare affidamento mentre il mondo si sbriciola sotto i piedi.
Inspirò a fondo legando i capelli “Sei molto più carina quando li lasci sciolti sulle spalle “Lo dici tu al colonnello che il suo medico gira per il campo vestita da sgualdrina?” “Oh io non credo che farà molte storie” esclamò divertito Payne sedendosi sul tavolo di fronte a lei “Ti permette di fare ogni cosa” “Perché?” domandò confusa prendendo un pezzo di mela dalle sue mani “Perché è innamorato di te” “Oh andiamo” “No davvero dottoressa. Gli hai mostrato che una donna può essere anche qualcos’altro oltre che un bel paio di gambe e un bel sedere. Sei il suo medico, la nostra speranza, si prende cura di te anche se non te lo dimostra” “Solo … a volte è così difficile e lui sembra ...” “Testardo? Ostinato? Arrogante? Sai chi mi ricorda?” lo spinse leggermente di lato sorridendo “Sei pronta per domani?” “Certo che sono pronta” “Sai sparare ragazza” “Credevi davvero che il vostro medico sia totalmente inesperto? Se devo salvare il culo a voi fiorellini allora devo imparare come proteggervi quindi so sparare” “Payne!” urlò Gomez spalancando la porta “Che diavolo ci fai qui dentro?” gli occhi correvano da lei al viso del ragazzo sedutole accanto “Parlavo con il dottore signore” “Hai una gamba rotta?” “No signore” “Stai perdendo sangue da qualche taglio?” “Negativo” si alzò dal tavolo sostenendo lo sguardo del suo comandante “Allora se non sei morente o in fin di vita fuori di qui!” Cristina sorrise mentre il ragazzo scappava via alla velocità della luce “Hai qualcosa da dire ragazzina?” “Sono un medico, se i suoi uomini hanno bisogno di me perché dovrei negare loro il mio tempo?” ma l'uomo sorrise avvicinandosi a lei “Non ho tempo per curare mali d'amore e pretendo che il mio medico sia in forze e pronto ad ogni cosa chiaro?” “Cristallino signore” “Questo tono non mi piace” ma lei sorrise lasciandogli tra le mani la mela ancora fresca “Mi dispiace signore, ho dei pazienti da controllare” pochi secondi per abbandonarlo al silenzio della tenda “Quel feto di appena quarantacinque chili mi farà perdere la ragione” buttò la mela per terra sputacchiando “Io la uccido, la uccido e ne seppellisco i pezzi per il deserto, chi diavolo dovrebbe trovarla qui? Callaghan!” urlò abbandonando di colpo la tenda.

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Capitolo 14
*** Massacra te stessa per diventare più Forte ***


                       Massacra te stessa per diventare più Forte




“Tira su le gambe fiorellino! Questo è un ostacolo da passare in sei secondi netti!” “Signore” mormorò Harris appendendosi al ferro gelido “Con tutto il rispetto ...” “Una trazione per il colonnello!” sollevò le gambe spingendosi verso il cielo “ ... cosa importa alla milizia se ...” “Zitto e solleva quell’ammasso di pelle e peli verso il cielo!” un’altra trazione, l’ennesima nel tentativo folle di non mollare la presa.
Il sole cocente massacrava la pelle costringendo le dita a scivolare via “Sparisci dalla mia vista! Quando imparerai a controllare quel dannato corpo da femmina tornerai qui” il ragazzo cadde al suolo annaspando, pochi secondi per respirare e poi di nuovo via verso il prossimo ostacolo. “Andiamo ragazzina! Vediamo se Darrell ha ragione” Cristina sospirò afferrando la barra di ferro “Sei magrolina, sicura di riuscire a resistere?” ma lo sguardo si colorò di sfida, una trazione, un’altra, un’altra ancora “Così vuoi sfidarmi?” sbottò ironico “Credi davvero di fottermi?” “No signore” “Sei brava, me ne sono accorto dolcezza ma hai bisogno di rafforzare le tue delicate ossicina quindi tira su quell’esile corpicino da fata dei dentini!” l’aveva a pochi centimetri dalla faccia, riusciva a sentire ogni dannato respiro, ogni contrazione delle spalle, delle schiena “Coraggio ragazzina, un’altra per il tuo colonnello” inspirò a fondo cercando di concentrarsi sull’azzurro pieno del cielo “Hertman!” “Comandi signore!” “Porta queste signorine al prossimo turno! Muoversi!” l’ufficiale corse via seguito dai compagni “Credi di essere al sicuro solo perché sei una donna?” “No signore” “Pensi di poterti permettere pause speciali? Non ci sono differenze nella mia unità! Il tuo culo appartiene a me, la tua anima appartiene a me e finché io non dirò che sei libera di respirare, di mangiare o di dormire farai questi dannati esercizi e li farai correndo!” “Si signore” un’altra trazione a tagliarle il respiro mentre ogni muscolo si contraeva costringendo il dolore a lacerare il cervello “Diventerai tosta come tutti loro! Diventerai il meglio del meglio come ogni mio ragazzo quindi corri!” annuì debolmente lasciandosi cadere al suolo “Via via via! Di corsa!” sentiva ogni dannato muscolo bruciare mentre un unico pensiero le massacrava il cervello: era sola, aveva un obbiettivo e qualcuno che la spronava ogni dannato minuto e non poteva fallire.
Ore lunghe come anni interi, ostacoli fatti di pietra, legno, filo spinato che si attorcigliava alle gambe lacerando la pelle, massacrando le braccia e il volto.
Ore così dannatamente infinite da cancellare ogni altro pensiero “Come ti senti?” sorrise prendendo dalla mani di Payne una bottiglietta d’acqua “Sto bene” ma lui scoppiò a ridere studiandone il viso.
Aveva la pelle massacrata da linee rosse, graffi e tagli che correvano su ogni centimetro di pelle, scendevano sulle spalle quasi come fossero un disegno contorto e poi quel livido appena accennato appena sotto l’orecchio destro “Te la sei cavata bene” “Tu dici?” “Io lo faccio da mesi e ancora fatico a tenerne il ritmo e tu sei qui da qualche settimana e vai già più veloce di me” “Sono solo più leggera” “Sei più ostinata” bevve un altro sorso d’acqua restituendo refrigerio ai muscoli distrutti “Sono anche più graffiata di te” “Vero” esclamò divertito “Ma io sono pieno di lividi” “Oddio mi viene da vomitare” “È normale” la strinse per le spalle sollevandole il volto “Fai dei bei respiri profondi, così brava” la vide sospirare chiudendo qualche secondo gli occhi “Non preoccuparti, quando sarai abituata a tutto questo andrà maglio” bagnò una mano passandogliela sul viso, sul collo fino alle spalle “Va meglio?” annuì debolmente cercando di non svenire “Sicura?” “Si, si ora va meglio grazie” un debole sorriso e niente di più “Hai bisogno di una mano con le tue cose da dottore?” “Sei un medico?” domandò ironica stirando la schiena “No, no ma posso aiutarti a sollevare le pesantissime casse da medico” ma lei sorrise scuotendo leggermente la testa “Andiamo” sussurrò divertita posandogli tra le mani una scatola piena di bende.

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Capitolo 15
*** Lascia decidere a me se ne vale la Pena ***


                                  Lascia decidere a me se ne vale la Pena






“Resterai qui dentro ancora per molto?” “Sto finendo le cartelle signore” “Mi serve un medico in grado di salvare vite non un dottorino identico agli altri che finga di restare sveglio quando urlo!” sbuffò abbassando qualche secondo lo sguardo “Di cosa ha bisogno?” “Un carico di bende” “Un carico … signore abbiamo tre casse di farmaci e nessun sedativo, se dovesse succedere qualcosa come diavolo dovrei aiutare i suoi uomini? Con la forza del pensiero?” “Ti ho già detto che quel tono non mi piace?” “Si signore” “Ottimo, allora te lo ripeto di nuovo: il tuo tono è arrogante e presuntuoso. Sei ancora un feto, non puoi decidere da sola e non puoi scegliere da sola chi salvare e chi no” si avvicinò a lei ridendo “Voglio tutte le bende che  abbiamo qua dentro perché la compagnia Bravo ne ha bisogno” “E noi?” “Noi potremo sopravvivere senza per un po', nessuno dei ragazzi là fuori si farà male per un po'” scosse leggermente la testa sfilando dal mobile una cassa di legno “Ecco” un tonfo violento aprì il silenzio “Queste sono le nostre garze” “Tutto qui?” “Sono per caso un ospedale attrezzato?” ma Gomez tossicchiò sfilando un sigaro dalla tasca “Rispondimi ancora così e finirai a pulire i cessi dei ragazzi” “Ehi bambolina hai un minuto per ...” “Bambolina?” Payne trattenne il fiato nascondendo un sacchettino chiaro dietro alla schiena “Scusi signore, credevo fosse sola” “Speravi o pregavi che lo fosse?” “Un po' tutti e due” esclamò divertito allontanandosi da lui “Cosa ti serve da lei?” “Niente, devo solo controllare una cosa e ...” “Cosa? Riguarda per caso doloretti più bassi della cintura?” “Ok, d'accordo ora basta, via di qui” sbottò ironica spingendo il colonnello lontano da Payne “Fai portare le garze di là, Payne ricordi bene le regole vero?” “Le regole?” sussurrò confusa voltandosi verso di lui ma Payne scosse leggermente la testa “Si signore, sono incise a fuoco nella memoria” “Ottimo” esclamò uscendo dalla tenda “Che regole?” “Le mani sempre a posto, mai sul tuo culo, mai su qualsiasi altra parte del tuo corpo. Niente agguati in bagno o nelle tende mediche a meno che non sia necessario” “Uao, e per necessario cosa intende?” “Arti amputati, fori nel corpo e sangue che scende senza sosta in caso contrario, invece dei proiettili spareremo mani mozzate” “Allora meglio che tu mantenga le distanze” “Ti ho già detto che oggi sei molto carina?” sorrise annuendo leggermente “Almeno un paio di volte” “Oh ...” sfilò una busta chiara ridacchiando “ … questa è arrivata per te” “Da dove viene?” domandò incuriosita contando le garze “Seattle” “Cosa?” “Sono abbastanza sicuro che sia tuo marito” “Sei un'idiota” “Tu sei ancora sposata con lui nonostante il passato, facciamo a gara a chi è più idiota?” sfilò la busta dalle sue mani sospirando “Vuoi che ti lasci un po' di privacy?” “Puoi portare le bende al comandante? Se aspetta un altro po' diventa irascibile e scontroso” “D'accordo bambolina” si allontanò da lei chiudendola in un mondo fatto di ricordi e respiri ..
… Non so perché ti sto scrivendo, non so per quale stupido motivo lo faccio ma mi stai facendo impazzire.
Fai cose da pazzi amore mio, ti arruoli nell'esercito, vai in prima linea e non posso, non riesco a fare niente perché mi inchiodi qui ad aspettarti.
Non riesco ad andare avanti, non posso tornare indietro, sono bloccato tra due mondi e non riesco ad uscirne e ho la paura folle che tu possa morire o che ti possa allontanare così tanto dal ricordo che ho di te.
Dio quanto mi manchi … mi manchi la notte, mi manchi in ospedale, a casa, sei ovunque e non riesco a dimenticare niente di te, non voglio e se non …
 “Va tutto bene?” strinse il foglio tra le mani incontrando gli occhi di Payne “Mio marito” “Le lettere non sempre arrivano in orario” “Già, ma questa non … non sarebbe mai dovuta arrivare” il foglio scricchiolò tra le dita costringendola a respirare “Per caso è un brutto momento?” inclinò leggermente la testa di lato cercando nel viso sereno e bello di Payne qualsiasi segno di idiozia o dubbio ma lui era lì, immobile seduto accanto a lei “Diciamo solo che il brutto momento dura da qualche anno” “Non siete l'unica coppia insomma, il mondo è pieno di ...” “Mio marito era indeciso sull'amare me o una specie di barbie desert storm venuta dal passato. Ho operato il marito della mia migliore amica con una pistola puntata alla tempia, ho scoperto di essere incinta e ho abortito e mio marito ha deciso di punirmi per questo andando a letto con un'altra e come se non bastasse ...” riprese fiato concentrandosi sul movimento lento della tenda “ …  quel dannato aereo ha deciso di cadere lasciandoci sette giorni dispersi in un fottuto bosco” “Uao” mormorò il ragazzo “La mia vita fa schifo ma la tua mi batte” “Già” la mano di Payne si posò sulla sua spalla stringendosi dolcemente “Beh bambolina, ora hai una nuova famiglia” restarono in silenzio qualche secondo, gli occhi persi l'uno nell'altro fino a quel sospiro, parole mai nemmeno pensate che ora uscivano come un fiume “Puoi bruciarla per me?” l'altro sorrise “Posso anche prenderlo a calci in culo se vuoi” “No, per ora limitiamoci a bruciare questa” prese la lettera dalle sue mani ridacchiando “Ci vediamo qua fuori” “Grazie” già, grazie per aver allontanato di colpo gli occhi e il ricordo di un uomo che forse amava ancora.

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Capitolo 16
*** Inciampare nei Ricordi ***


Vi chiedo scusa per la lentezza negli aggiornamenti, gli ultimi giorni sono stati davvero folli ... Beh, per chi legge già da un po' la mia storia che dire?? Grazie, grazie davvero di cuore e per i nuovi arrivati buona lettura =) Non sentiatevi offesi in nessun modo, non discrimino religioni o credi, sto raccontando una storia che si intreccia con la guerra e cerco di essere il più coerente possibile con i fatti realmente accaduti. La mia storia intreccia la guerra d'Afghanistan e cerco di rapportare i personaggi alle sensazioni e alla paura che questa provoca quindi, non sentiatevi offesi in alcun modo ... Vi auguro una serata stupenda cuori e vi abbraccio tutti ...      





                                                                     Inciampare nei Ricordi



 


“Allora fiorellini ecco gli ordini” si voltarono di colpo inchiodando gli occhi al colonnello Gomez  “Avanzeremo fino a Mazar-i-Sharif. La gran parte delle difese si trova a Chesmay-e-Safa, una conca attraverso la quale si entra in città” sorrise passeggiando avanti e indietro “Alle 14 in punto inizieremo l’attacco, non voglio esitazioni, non voglio proteste e se tutto va come previsto, l'aeronautica avrà già raso al suolo le loro difese” “Che succede se non è così?” domandò un ragazzo mordicchiando leggermente la biro “Se qualcosa va storto pregate Dio e affidatevi alle mani del nostro dottore signori” il giovane annuì appena correndo con lo sguardo a quella ragazza silenziosa nascosta nell’angolo più scuro.
Era così concentrata sui fogli davanti  a sé da dimenticare tutto il resto “Yang avrai tre ufficiali medici di supporto contenta?” “Estasiata signore” rispose ma l’uomo si avvicinò a lei posando le mani sul tavolo “È mio desiderio che le tue mani restino intatte e sane e che salvino quante più persone possibili chiaro?” “Lampante signore” “Hai bisogno di altro?” ci pensò qualche secondo poi un bel sorriso e di nuovo un no ad uscirle dalle labbra.
 “Il colonnello Darrell mi ha informato poco fa di possibili missili Stinger puntanti verso il cielo” riprese tornando a passeggiare avanti e indietro “Niente aerei?” “Non fino a questo momento ma non è questo che ci interessa fiorellini. Quello che voglio è un attacco lampo. Avanziamo da sud seguendo la polizia afghana, entriamo in città, prendiamo la base e l’aeroporto e ce ne andiamo. Questo è il tenente Mohamed Kamir, l’ufficiale in capo della polizia che ci aiuterà” un uomo uscì dal buio avvicinandosi alla lavagna luminosa, era un bell’uomo, alto, forte, con la pelle color dell’ambra e gli occhi scuri come la notte “È un piacere conoscervi” parlava inglese, un inglese un po’ strano e a volte storpiato dall’accento di quel mondo diverso ma era pur sempre comprensibile.
Gomez sorrise posando una mano sulla spalla dell’uomo “Kamir condurrà il secondo plotone sul fianco destro dell’obbiettivo, gli ordini verranno eseguiti all’unisono. La base deve saltare e l’aeroporto dev’essere nostro in meno di due ore chiaro?” una mano scattò dritta verso l’aria “Parla ragazzo!”  “Come ci occupiamo della popolazione civile?” sospirò piantando gli occhi su quel viso fresco e giovane “Siamo per caso un centro di prima accoglienza per famiglie?” “No signore ma ...” “Siamo un gruppo di militari in grado di smontare un regime intero se lasciati liberi di agire ma abbiamo degli ordini tenente Khaill, dobbiamo eseguire gli ordini e lasciare che la polizia locale si occupi del resto. Una volta presa la città il futuro dei suoi abitanti è nelle mani delle autorità locali” “Ci saranno parecchi bambini, donne e anziani che non hanno colpe e ...” “Se avranno bisogno di un medico gli offriremo il nostro per qualche ora ma abbiamo una tabella di marcia da rispettare ed esigo che tutto sia fatto al meglio” il giovane annuì appena tornando a concentrarsi sui suoi appunti “Dottoressa per lei è un problema ricucire braccia e gambe a civili e bambini?” “No signore” rispose Cristina senza nemmeno sollevare gli occhi dai fogli “Perfetto, la questione è chiusa. Siamo in guerra ragazzi, siamo stati addestrati ad uccidere e a recuperare persone non a giocare per strada a pallone o a dare conforto, ci sono le forze dell’Onu per quello” picchiò con forza la mano sul tavolo richiamando di colpo tutti gli sguardi “Siamo militari, siamo gli unici in grado di dare respiro a questa terra e se per farlo dovremo radere al suolo ogni casa, ogni costruzione, ogni base allora lo faremo. Non sono un bastardo senza cuore, amo i bambini e vorrei per loro un futuro diverso da questo ma non possono averlo se ci fermiamo” vide la ragazza sorridere, scribacchiare velocemente qualcosa prima di alzare di nuovo lo sguardo verso di lui “Siamo addestrati a salvare vite e si, a volte per farlo siamo costretti ad uccidere, a lottare per il diritto alla speranza di tutti. Non possiamo indietreggiare, non possiamo fermarci, non possiamo rinunciare. Avete fatto un giuramento fiorellini, oggi è tempo di mantenere quel giuramento o avrò le vostre palle sulla scrivania prima di sera” una risata unanime si alzò dal gruppo poi quell’urlo violento, carico, un urlo unico di tutti i cuori presenti lì dentro perché il loro comandate non li avrebbe abbandonati, perché sarebbe uscito là fuori con loro senza esitare, perché difendere la vita non era poi così sbagliato.




“Credevo non avessi tempo di chiamare casa”  sorrise ignorando per qualche secondo l’ironia dell’amica “Dio quanto ti sto odiando” “Si, mi sei mancata anche tu” “Come stai?” “Bene, un po’ agitata ma bene” strinse più forte la cinghia attorno ai fianchi ricontrollando centimetro dopo centimetro la divisa “Cristina?”  “Come sta Zola?” “Oh lei sta bene, oggi ha imparato ad andare in bicicletta senza rotelle, è caduta tre volte ma alla fine ce l'abbiamo fatta” un debole sorriso le colorò le labbra mentre la pistola prendeva posto nel fodero “Perché non chiami mai?” “Cosa?” “Non va bene sai? Non puoi scomparire per troppo tempo insomma, non so se sei viva o morta, non so se stai bene, se ti manca qualcosa o se ...” “Meredith vuoi stare zitta per un secondo? Sto allacciando un giubbotto antiproiettile cercando di ricordare se ho tutto il necessario per amputare gambe e chiudere toraci, sai quanta voglia ho di risponderti?” “E tu sai quant’è stata stupida l’idea di arruolarti? Che bisogno avevi di andare fino lì? Non potevi semplicemente arruolarti nei boy scout? Fanno la stessa cosa! Aspetta ... perché ti serve ...”  sorrise alzando gli occhi al cielo “Stiamo per andare via, dovremo arrivare a ...” “E tu perché vai con loro? Dovresti stare al campo aspettando i feriti e non con loro”  “Il mio comandante ha bisogno di azioni veloci e rapide, se qualcuno viene ferito lo stabilizzo sul posto evitandogli di morire se è moribondo lo aiuto a morire. L’obbiettivo e tenere in vita quanti più ragazzi possibili, semplice e veloce, un piano senza una sola dannata pecca” ma il respiro della ragazza dall’altro lato del telefono era carico di preoccupazione e ansia “Starò bene Mer” “Cosa succede se qualcosa va storto?” “Niente andrà storto” ma non ne era convinta nemmeno lei come poteva convincere la sua persona? Sospirò infilando di nuovo la piastrina “Che devo dire a tuo marito?” “E questo che diavolo c’entra ora?” “Oh andiamo! Sta diventando matto Cristina! Da quant’è che non lo chiami? Otto mesi e mezzo? Hai idea di quello che sta passando?”  chiuse gli occhi scuotendo leggermente la testa “Lascia fuori dalla nostra litigata mio marito o la nostra storia” “Promettimi solo che starai attenta” “Ora devo andare” “Aspetta ... tu non ...”  chiuse la conversazione con la consapevolezza di aver chiuso fuori da sé stessa anche la sua persona.
 
“Le sale operatorie sono tutte piene signore” “Il dottor Webber ha una ferita d’arma da fuoco in arrivo, annulla qualche intervento e dagli la precedenza” April annuì correndo via di nuovo “Owen che diavolo è successo al mio specializzando?” “Chi?” domandò confuso voltandosi verso il chirurgo “Il mio specializzando, quello di colore con le mani piuttosto buone” “Ross?” “Si chiama così?” ribatté divertito Derek passandogli una cartella “Cos’è?” “Firma e basta” “Uao, hai intenzione di fare davvero quest’intervento?” “Se trovo il mio stupido specializzando forse ci riesco” quella era davvero una giornata frenetica, una di quelle che avrebbe voluto dimenticare alla velocità della luce.
Il pronto soccorso era invaso di traumi, le sale erano tutte occupate e gli specializzandi facevano stupide gare per capire chi di loro fosse più bravo “Owen?” “Non ho specializzandi liberi, non ci sono sale operatorie quindi se vuoi l’autorizzazione per un intervento passa più tardi e soprattutto ...” si fermò qualche secondo incontrando gli occhi di Meredith “ ... non ho tempo quindi se hai bisogno di qualcosa lasciami un messaggio e ...” “Cristina” si bloccò di colpo quasi come se quel nome fosse stato un colpo di pistola in pieno petto.
Si voltò verso di lei cercando di capire cosa ci fosse di sbagliato in quell’espressione strana e preoccupata “Cristina?” “Si, tua moglie, quella pazza che si è arruolata otto mesi e mezzo fa” aprì la porta dell’ufficio lì accanto invitandolo ad entrare.
Il silenzio gelido e niente di più, il silenzio era tutto quello che riusciva a sentire “Sapevi che ha cambiato reparto?” “Si lo ...” ma si bloccò di colpo fissandola confuso, provava a seguire le sue parole ma faticava perfino a respirare  “L’ho sentita venti minuti fa” “Sta bene?” “Stava allacciando il giubbotto antiproiettile mentre ripassava a memoria tutto il contenuto del suo stupido zaino!” “Ma cosa ...” “Stava per partire in missione!” “Ma non  ... dovrebbe stare al campo, seguire il plotone in movimento e non ...” “Davvero?” sbottò ironica “Ho provato a parlare! Ho provato davvero ma non mi ascolta nemmeno più” non rispose, non si mosse nemmeno “È come se non fosse più lei Owen! È così ... così ...” “Fredda?” si voltò di colpo, lo sguardo dell’uomo si colorò di un tenero sorriso “È così vero?” “Tu come ...” “Quel mondo ti fa diventare così. Sei costretto a chiuderti dentro ad una corazza di ghiaccio perché se ti fermi a pensare non ti muovi nemmeno più” “E la lasci fare?” alzò appena le spalle sospirando “Che altro posso fare? Non mi chiamerà mai, non mi scriverà mai e se per caso dovessi averla di fronte sono più che sicuro di vederla andare via. Tutto quello che posso fare è pregare ma niente di più” sistemò il camice ritrovando per qualche secondo il controllo di sé “So cosa stai provando Meredith, credimi, lo so davvero e vorrei non amarla, vorrei non essere così dannatamente legato a lei perché tutto sarebbe più facile ma non posso, non posso allontanarmi dal suo ricordo” aprì la porta sospirando “Continuo ad inciampare nel suo ricordo e questo mi sta uccidendo” il rumore secco della porta e niente di più.

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Capitolo 17
*** Carne Bruciata ***


                                                                     Carne Bruciata





Il rumore sordo dei bombardamenti invadeva ogni angolo del cervello.
Strinse più forte le mani attorno al mitra schiacciando la fronte per terra.
Sentiva il respiro del ragazzo accanto a sé, la sua paura, il sole bollente che spaccava a metà ogni dannato pensiero.
Respirare sembrava la cosa più difficile del mondo poi quell’esplosione violenta, urla indistinte e pezzi di corpi scagliati nell’aria.
Chiuse qualche secondo gli occhi cercando di ritrovare la calma, un battito leggero, un altro ancora “Via via via! Uscite fuori! Muoversi!” uno dopo l’altro i ragazzi eseguirono l’ordine “Porca puttana! Ci serve il medico!” aprì gli occhi di colpo alzandosi in piedi.
Non sapeva nemmeno lei da dove fosse uscita quella forza improvvisa ma era lì, stava correndo verso il tenente Flinn senza pensare al rumore violento dei colpi, senza pensare più a niente “Sei qui!” “Che diavolo è successo?” si inginocchiò accanto a quel corpo ansimante ai loro piedi “È stato colpito ... era accanto a me e d’improvviso è caduto per terra e non ...” “Ok calma” esclamò piantando gli occhi nei suoi “Andrà tutto bene ok?” sfilò dallo zaino le garze e senza smettere un secondo di sorridere schiacciò con forza sulla gamba del ragazzo “Lo so che fa male ma devi sopportarlo ok?” “Non ... non riesco a respirare e ...” “Ehi!” esclamò spingendo più a fondo “Sei stato addestrato per questo, stringi i denti e sopporta il dolore!” “Siamo in una brutta posizione” mormorò Flinn guardandosi attorno “Finché sentirai il suono degli aerei andrà tutto bene” ma il giovane scosse appena la testa stringendo più forte l’arma “Siamo bloccati vicino a questo pezzo di roccia, non abbiamo protezione e ...” “Smettila di agitarmi!” urlò piantando gli occhi nei suoi “Sto sfilando un proiettile dalla sua gamba, sono già abbastanza nervosa da sola non ho bisogno della tua preoccupazione” poi quell’urlo improvviso, Flinn cadde in ginocchio stringendosi con forza la gamba destra.
Per qualche secondo tutto attorno a lei smise di muoversi, lo sguardo inchiodato alle spalle del soldato.
Afferrò il mitra a pochi centimetri da lei, lo sollevò verso l’alto puntandolo contro quell’uomo armato che correva verso di loro e senza nemmeno fermarsi a riflettere fece fuoco.
Il corpo del soldato cadde al suolo trapassato da parte a parte, una scarica violenta di metallo che gli spaccò a metà il cranio senza pietà.
Si bloccò di colpo quasi come se d’improvviso il cervello avesse realizzato ogni dannato movimento.
Lasciò cadere l’arma cercando di respirare ma le mani tremavano ed era abbastanza certa che se fosse rimasta lì ancora cinque secondi, avrebbe vomitato nella ferita del giovane vicino a lei “Stai bene?” esclamò di colpo Mason raggiungendola “Cosa ... cosa ci fai qui?” “Sono il tuo chirurgo d’aiuto, non te l’hanno detto?” scosse appena la testa senza capirci molto “Io e Hopkins siamo stati scaricati poco più in là dei lancia razzi. L’elicottero è volato via subito per evitare punti di riferimento al nemico” la guardò qualche secondo cercando di capire cosa le passasse per la testa  “Yale va tutto bene?” le mani del ragazzo si posarono sulle sue aiutandola a comprimere la ferita.
Chiuse gli occhi qualche secondo ricacciando indietro le lacrime “Si, si va tutto bene, fai pressione qui io mi occupo di Flinn” annuì appena concentrandosi sul suo lavoro.
Forse aiutare Flinn a tenersi la gamba l’avrebbe aiutata ad andare avanti “Ok, d’accordo ora chiamo il supporto e vi portiamo via da qui” sfilò un rotolo di bende spingendo con forza sulla ferita.
Che senso aveva fermarsi a riflettere? Se l’avesse fatto avrebbe costretto le mani a paralizzarsi lì e quei due ragazzi avevano bisogno di lei.
“Allora? Come siamo messi?” si voltò appena, davanti agli occhi il viso del colonnello Gomez “Il tenente Flinn è fasciato signore, lo faccia portare via da qui” l’uomo annuì portandosi la radio vicino alle labbra “Parli pure signore” “Fai avanzare il plotone Thunder fino alla linea dei bombardamenti, chiedi supporto aereo, ci sono tre lanciarazzi sulla sporgenza a nord puntati verso il cielo e manda qui la squadra di recupero!” “Subito signore” .
Minuti lenti come ore intere poi finalmente il plotone di soccorso, i due feriti vennero caricati sull’elicottero “Andiamo?” mormorò Gomez sorridendo, Mason si voltò qualche secondo verso di lei “Sei pronta?” ci mise cinque secondi a scegliere la risposta.
Sistemò di nuovo il casco e stringendo le mani attorno all’arma seguì il suo comandante lungo la sporgenza di roccia.
 
 
Il vento gelido della notte spaccò a metà i pensieri, un brivido salì lungo la schiena costringendola a tremare “Va tutto bene?” si voltò di colpo spaventata dalla voce di Mason “Scusami” le mise tra le mani una tazza di caffè bollente sospirando “Bevi, hai bisogno di qualcosa di caldo” “Sto bene” “L’hai già detto, non ti ho creduto là in mezzo e non ti credo nemmeno ora” un debole sorriso a colorarle il viso “Era il primo?” si concentrò sul silenzio, unico prezioso regalo che la notte concedeva “Non hai fatto niente di male” “Sono un medico, dovrei salvare delle vite e invece oggi ...” la tazza tremò leggermente e la voce si colorò di lacrime troppo a lungo trattenute “Ehi” le sfiorò il viso costringendola a sollevare lo sguardo “Hai salvato due persone oggi. Sei un medico e hai salvato vite fino ad ora, quell’uomo era pronto a fare fuoco e tu hai solo difeso la vita di quei due ragazzi” le sorrise scostandole dagli occhi una ciocca di capelli “Io ho vomitato per tre ore dietro fila quando è successo a me, Kevin non è riuscito a mangiare per giorni interi e ora ...” si fermò qualche secondo cercando di trovare le parole giuste “ ... ora quando succede chiudiamo gli occhi e oltrepassiamo la paura perché se ci fermiamo, se smettiamo di fare il nostro lavoro le persone muoiono” “E se avesse avuto una famiglia?” una lacrima scese insolente dagli occhi mentre i singhiozzi spaccavano il respiro “Se avesse avuto dei figli?” la strinse tra le braccia nascondendola in un abbraccio caldo e rassicurante, lo stesso che a volte tornava a visitarla la notte e che ora, era lontano migliaia di chilometri “Starai bene Yale” la strinse più forte sospirando “Starai bene vedrai” chiuse gli occhi nascondendo il viso sul petto del ragazzo “Ehi, lo sai cosa mi ha detto Kevin?” la sentì sospirare, forse era un debole si o magari, solo un disperato tentativo di chiedere aiuto “Ha camminato per cinque minuti senza nessun aiuto” “Gli avevo detto di non correre” mormorò staccandosi dolcemente da lui “Lo conosci un po’ ? Ha detto che deve rimettersi in forze per venire qua a tirarti fuori dai casini” sorrise scuotendo appena la testa “Reagisce bene alla terapia, non ha alcun tipo di problemi con la spalla e il cuore è sempre più forte” “Bene, questo va bene” la spinse leggermente di lato ridacchiando “Che ne dici se andiamo a buttarci in branda per mezz’ora? Tra un po’ si riparte” non rispose, non protestò nemmeno, si lasciò guidare dalla mano di quel soldato che non la lasciava sola nemmeno un secondo.
                                    

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Capitolo 18
*** Non sono decisioni Tue ***


                                                                Non sono decisioni Tue





Sembrava un mondo lontano e sfocato, camminavano per quelle strade spiando ogni angolo, ogni finestra con il terrore folle che un’arma sbucasse all’improvviso.
Avevano preso Mazar-i Sharif nel giro di quattro ore, la milizia talebana si era ritirata verso sud abbandonando la città.
“Sembra un deserto” sussurrò cauta guardandosi attorno “Cosa ti aspettavi Yale? L'aeronautica ha raso al suolo tutto” si guardarono qualche secondo cercando di trovare quanti più punti strategici possibili “Il minareto della moschea è abbastanza alto” “Da lassù forse potremo vedere qualcosa” il colonnello Gomez annuì appena indicando l’entrata, un gruppo di ragazzi corse veloce su per le scale liberando velocemente ogni angolo.
C’era silenzio, un silenzio terrificante che gelava il sangue nelle vene, Kamir si voltò verso il suo plotone urlando qualcosa, qualcosa di incomprensibile e d’improvviso, gli uomini si dispersero trascinando fuori ogni persona che trovavano.
“Signore cosa ...” “Sono le uniche forze armate autorizzate a toccare i civili dottoressa, devono condurre le indagini e verificare che tra loro non si nascondano spie talebane, fino a quando non saremo autorizzati si tenga lontano da loro” ma lo sguardo continuava a restare inchiodato a quegli uomini inginocchiati nella sabbia con le mani alzate verso il cielo, urla confuse poi colpi di mitra secchi e violenti.
Uno dopo l’altro gli uomini caddero a terra macchiando di rosso la sabbia “Cazzo” sussurrò voltandosi di colpo dal lato opposto “Non ci pensare” “Stanno uccidendo persone Mason!” “Sono accusati di aver ospitato guerriglieri talebani” “E per questo meritano di morire?” sbottò gelida piantando gli occhi nei suoi “Non sono affari nostri Yale, non ti intromettere nelle questioni loro altrimenti passeremo bruttissimi momenti. Siamo una squadra addestrata a sparare e conquistare obbiettivi, non è compito nostro tornare indietro quindi ...” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ ... non tornare indietro e chiuditi fuori da tutto questo”  scosse la testa tornando a concentrarsi sul suo lavoro, provando in tutti i modi ad allontanare le urla e gli spari dal cervello.
Stavano controllando la città da ore ormai poi quell’ordine secco, la porta di un edificio venne fatta saltare “È sicuro?” domandò Gomez avvicinandosi al tenente Kamir “Le scansioni termiche ce lo mostrano chiaramente signore” allungò verso di lui i fogli “D’accordo, allora libereremo il campo” l’altro annuì tornando a concentrarsi sulla sua arma “Capitano Harris porta i tuoi uomini a destra, controllate se ci sono altre uscite e non muovetevi fino a nuovo ordine chiaro?” il giovane si portò una mano alla fronte correndo poi ad eseguire gli ordini ricevuti “Dottori non muovetevi da qui” “Che succede signore?” l’uomo sorrise avvicinandosi a loro “Le scansioni termiche dell’edificio ci hanno fornito una visuale completa sull’interno” “Cosa ...” “È pieno di persone signori” sbottò ridendo “È sicuro che le scansioni siano esatte?” domandò confuso Mason “Abbiamo distrutto tutto e non ...” “ Può attraversare i muri come l’ E3 Sentry dottore?” “No signore” “No” ribatté ironico passandosi una mano in viso “Ora entriamo lì dentro e li tiriamo fuori. Se ci sono donne o bambini verranno affidati temporaneamente a voi anzi, tenente Mason forse è meglio che lei venga con noi, se c’è qualcuno che ha bisogno di cure potrà prenderlo al volo” seguì il colonnello senza nemmeno voltarsi indietro.
Cinque minuti, cinque minuti lunghi come ore intere poi il frastuono secco dei mitra, tremò leggermente indietreggiando di un passo.
Rumore di spari, rumori secchi e violenti che le entravano nel cervello rimbalzando continuamente da un lato all’altro.
Mezz’ora di fuoco continuo poi di nuovo il silenzio a spaccare a metà tutto il resto, uno dopo l’altro i soldati uscivano dalla scuola senza fermarsi un secondo.
Restò immobile finché il viso di Mason non riapparve dalla polvere.
Tra le braccia reggeva una bambina terrorizzata “Che diavolo è successo?” ma lui non rispose, posò la ragazzina per terra guardandola negli occhi “Va tutto bene” ma era così spaventata da non riuscire nemmeno a muoversi “Ha bisogno di cure, di acqua e di sedativi, è terrorizzata” annuì appena inginocchiandosi davanti a lei “Ehi ... ciao ...” sorrise allungando una mano verso di lei ma la vide tremare cercando in tutti i modi di allontanarsi “ ... no aspetta ...” posò l’arma per terra sollevando le mani “ ... vedi? Non c’è niente di cui avere paura” sfilò un guanto senza smettere un secondo di sorridere “Andrà tutto bene” gli occhi della bambina continuavano a spostarsi freneticamente da Mason a lei, era spaventata, confusa da quel viso così tenero e buono in netto contrasto con tutto l’orrore che fino ad ora aveva vissuto “Andrà tutto bene” le sfiorò il viso cercando di trasmetterle quanta più tranquillità possibile, la sentì tremare ma questa volta la sua manina non l’allontanò più.
Si posò sulla sua stringendosi violentemente quasi come se quel semplice contatto fosse  la sua unica ancora di salvezza.
Mason sorrise annuendo leggermente “Sei forte Yale” “Davvero?” sussurrò ironica controllando il taglio sul mento della piccola “Dove saranno i suoi genitori?” “Non ne ho idea” si alzò in piedi guardandosi attorno ma la bambina fece la stessa cosa aggrappandosi con forza a lei.
Le braccina strette attorno alla vita e la testa posata sul suo ventre “Cavolo” “Che succede?” sbottò Gomez raggiungendoli “Da dove sbuca questa bambina?” “Era all’interno dell’edificio signore” “E cosa ci fa abbracciata a te?” alzò appena le spalle ridendo “Forse sono un ottimo cuscino” l’altro scoppiò a ridere “Medicatela e lasciatela qui, abbiamo otto ore per riposare e vi consiglio di farlo” buttò un’ultima occhiata alla bambina prima di allontanarsi da loro.
 
 
“Si chiama Nadira, ha sei anni. Si sarebbe sposata tra quattro giorni circa ma il suo sposo è morto oggi” “Ha solo sei anni”  Mason tossicchiò nascondendo quel commento carico di ribrezzo “Non sappiamo dove siano i genitori, probabilmente hanno incassato i soldi della dote e sono scappati per la guerra lasciandola qui con il suo futuro sposo” Kamir sorrise avvicinando alla bambina un bicchiere pieno d’acqua “Credo sia da molti giorni che non mangia niente”  “D’accordo, ci pensiamo noi” l’altro sorrise uscendo dalla tenda.
“Smettila di fare commenti chiaro?” sbottò di colpo voltandosi verso la ragazza ma lei sorrise avvicinandosi a Nadira “Perché? Perché penso che una bambina debba essere lasciata libera di vivere la propria infanzia? A sei anni dovrebbe preoccuparsi di scegliere quale vestito sta meglio alle sue bambole” “Ti sei guardata intorno? Non ci sono bambole né giocattoli colorati e puliti” “Non è importante!” sfilò una molletta dai capelli senza prestare molta attenzione all’espressione di Mason “Può anche usare pezzi di corda e copertoni per creare mondi nuovi e sarebbe comunque un suo diritto!” Nadira sobbalzò leggermente spaventata da quel tono così alto e carico di rabbia “Scusami” sussurrò scostandole dalla fronte i lunghi capelli neri.
Per la prima volta gli occhi di quella bambina si piegarono in un dolcissimo sorriso colorando quel verde brillante di tenerezza “Adesso leghiamo i capelli ok?” raggruppò ogni ciocca sollevandole una ad una sulla testolina, Mason sbuffò uscendo a grandi passi dalla tenda “È solo un po’ arrabbiato” mormorò divertita  “Ora disinfetterò quel taglietto” infilò i guanti prendendo dal vassoio un piccolo tampone “D’accordo ...” posò la garza sul mento della piccola, la sentì tremare chiudendo di colpo gli occhi “ ... no ehi” un bel sorriso a farla respirare di nuovo “Va tutto bene vedi? Passa tutto in pochi secondi” Nadira socchiuse gli occhi cercando di ignorare quel bruciore ormai lieve e lontano “Brava, sei stata brava” minuto dopo minuto quella piccola vita si attaccava a lei sorridendo, annuendo appena ogni volta che provava a farle capire qualcosa.
Era riuscita a farla mangiare, l’aveva cambiata e rivestita di nuovo e ora, immobile nel silenzio del niente se ne stava sdraiata con la sua testolina posata in grembo “Sei sveglia?” “E tu?” aprì dolcemente gli occhi concentrandosi sullo sguardo preoccupato del ragazzo “Hai finito di essere arrabbiato con me?” “Non puoi fare quello che vuoi, non quaggiù” “Ho curato una bambina, per caso ho perso tempo?” ma lui non rispose, si limitò a sospirare sedendosi di fronte a lei “Si è attaccata a te Yale! Ti segue ovunque, non si allontana un secondo e quando non ti vede diventa matta ... Hai creato un legame con lei, come farai a spiegarle che devi sparare alla sua gente?” abbassò qualche secondo lo sguardo sfiorando la guancia della bambina con le dita “Ho sempre e solo ricucito pezzi di corpi che forse resteranno mutilati a vita ma lei ... ” un debole sorriso a colorarle le labbra “ ... lei è la prima vita che posso toccare senza paura di sbagliare, senza il terrore di vederla morire di colpo e per cosa? Per una guerra che massacra l’anima?” “Deve lasciarti andare Yale, tu appartieni al tuo plotone, sei la sua salvezza e se ti fermi adesso li condanni tutti” “Non preoccuparti” spostò Nadira di lato coprendola “Non ho alcuna intenzione di abbandonare i miei compagni” un’ultima occhiata carica di stanchezza prima di uscire da lì a braccetto con quel ragazzo ora anche fratello.

 

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Capitolo 19
*** È solo per qualche mese ***



                                                                È solo per qualche Mese



 


“Andiamo fiorellini abbiamo riposato anche troppo!” si alzò di colpo allacciando il casco mentre Mason controllava ogni centimetro dello zaino “Vi informo ufficialmente che ieri, tredici novembre alle ore 16.00 la città di Kabul è stata liberata!” un coro di risate salì dalle truppe, urla di gioia miste a rabbia che esplodevano violente dando libero sfogo a tutti i sentimenti fin’ora trattenuti  “Stanno cadendo velocemente tutte le province lungo il confine  ed Herat è ormai dell’Alleanza” un giovane ufficiale si avvicinò all’uomo sussurrandogli qualcosa all’orecchio “Ci mandano verso Konduz fiorellini, siete pronti a rimandare indietro i loro colpi?” le armi si alzarono verso il cielo e ogni ragazzo si affrettò a raggiungere la propria camionetta “Dottori ho bisogno di parlarvi urgentemente” Cristina e Mason si guardarono qualche secondo prima di seguire il colonnello all’interno della tenda.
“C’è qualche problema signore?” domandò preoccupata togliendo di nuovo il casco “Il colonnello Darrell mi prega di rimandarti indietro per qualche mese” “Posso sapere perché signore?” l’altro sbuffò alzando gli occhi al cielo “Ha bisogno che ti prenda cura dell’ospedale militare finché i rinforzi non arrivino” “Signore non ci sono rinforzi” “No è vero, abbiamo bisogno che qualcuno ai piani alti muova il culo e prenda decisioni e invece, ci ritroviamo qui, a lottare per loro senza poterli nemmeno prendere a schiaffi!” Mason sorrise incrociando le braccia sul petto “Tenete hai qualche problema a restare qui?” “Ma cosa ...” “Il tenente Mason è l’unico di cui mi fidi dopo di te dottoressa. Ho bisogno di qualcuno qui che mi renda le cose più facili. Che ne dice tenente?” il ragazzo sorrise “Nessun problema signore” “Molto bene. Anche questa è risolta” gli diede una pacca sulla spalla avviandosi deciso verso l’uscita “Ah dottoressa” si voltò verso di lei mordicchiando un pezzo di tabacco “Porti con lei anche la bambina, forse le troveranno un posto sicuro” “Agli ordini signore” un altro sorriso e poi solo due ragazzi confusi nel mezzo di una tenda immensa.
“Cos’è appena successo?” domandò confusa voltandosi verso il compagno “Credo ti rimandi indietro per qualche giorno” “Perché?” l’altro la fissò stupito alzando le spalle “Forse Darrell ha davvero bisogno di te” Nadira corse dentro aggrappandosi con forza a lei “Da dove vieni?” “Mi scusi signora, la stavo aiutando a salire sulla gip e lei è scappata” “Riposo aiuto Flinn” esclamò Mason liberandolo da quella posizione rigida e contrita “Porta qui dentro le cose della bambina, la dottoressa Yang partirà tra venti minuti con lei” il giovane corse fuori senza nemmeno rispondere “Ehi piccola” Nadira sollevò lo sguardo incontrando gli occhi sorridenti della ragazza “Ora io e te andiamo a fare un giro ok?” la staccò leggermente da sé accarezzandole la testa “Mi raccomando Yale, non fare casini” “Nemmeno tu” “Non sto scherzando sai?” la strinse tra le braccia nascondendo il viso nell’incavo del suo collo “Promettimi solo che lì fuori sarai prudente, promettimi che tornerai indietro senza pezzi mancanti” Mason scoppiò a ridere stringendola più forte “Torna da Kevin e digli che la sua scommessa l’ho vinta io” “Quale?” “Ehi!” esclamò divertito separandosi da lei “Non sono affari tuoi” sollevò di nuovo lo zaino e fischiettando si allontanò da lei lasciandola sola con una bambina tra le braccia.
 
 
 
Erano le cinque e dieci di mattino e aveva già operato tre persone, controllato due volte il pronto soccorso e urlato addosso a tre matricole troppo petulanti.
Gran bella giornata, leggera, allegra, scosse la testa chiudendo di colpo il cellulare “Uao, è una brutta giornata?” “No, è solo un po’ strana tutto qui!” sbottò irritato “Hai bisogno di qualcosa?” “Vuoi un caffè?” “Shepard ho un politrauma in entrata, otto tac in fila e sei sale operatorie bloccate perché oggi sembra andare tutto a rilento, non mi chiedere cose idiote se non ...” “D’accordo, fai un bel respiro” esclamò divertito afferrandolo per le spalle “Bravo, un altro ancora” “Io uccido qualcuno” “Fallo dopo aver incontrato i nuovi finanziatori” “Oddio” alzò gli occhi al cielo sospirando “D’accordo, ora quel caffè mi ci vuole davvero” Derek sorrise seguendolo lungo il corridoio.
La mensa era affollata, così piena di voci e facce da colorare di vita quella giornata fin troppo grigia “Allora?” “Che c’è?” “Da quant’è che non esci dall’ospedale?” “Di nuovo Shepard?” “Ehi!” esclamò allegra Meredith sedendosi tra loro “Vi disturbo?” “No, no per niente” “Ottimo, perché ho bisogno di parlare con te capo, insomma, so che siamo ormai tutti una grande famiglia e so che gli errori di uno ricade sull’altro e so anche che ...” “Ferma!” esclamò secco sollevando una mano “Che hai fatto?” “Brooks ha appena ucciso una donna” Derek sospirò passandosi una mano in viso “Ma che inferno di giornata è questa?” “Chi c’è con lei?” “Il dottor Webber, gli avvocati hanno già parlato con lei ma stiamo aspettando anche la controparte” annuì appena cercando di respirare, cercando di ritrovare un filo logico nei pensieri “Forse dovrei ...” “No” esclamò la ragazza trattenendolo al tavolo “Il dottor Webber mi ha pregato di tenerti fuori da tutto questo” “Perché?” “Non ne ho idea” lo sguardo passò lentamente da lei a Shepard “Cosa mi nascondete?” domandò guardingo “Owen, Richard ha solo pensato che un po’ di aiuto ti avrebbe fatto comodo tutto qui. Resta seduto e bevi quel dannato caffè!”.
Restarono lì due ore intere, due ore passate a riposare il cervello, a concedere ai pensieri un attimo di pausa “L’hai sentita?” “Chi?” domandò confuso sollevando gli occhi dal bicchiere “Stai scherzando per caso?” ma Owen sospirò scuotendo leggermente la testa “Vedrai che prima o poi ti chiamerà” “La mia paura è che quando lo farà,quando si deciderà a venire verso di me la sentirò piangere o tremare. Non posso sopportarlo di nuovo” ma l’amico sorrise “Io e Meredith festeggiamo il compleanno di Zola, che ne dici di venire con noi?” “In mezzo ad un branco di bambini folli e senza limiti?” “No” puntualizzò divertito “In mezzo ad adulti e tate che si prenderanno cura di loro lasciandoci liberi di bere” ci pensò qualche secondo poi un debole sorriso e un si quasi sussurrato.

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Capitolo 20
*** Battito del Cuore ***


                                                                        Battito del Cuore
 
 
 


“Che diavolo fai?” “Signore, se non mi alzo da questo letto divento matto!” “Non ti avevo detto di riposare?” urlò Darrell picchiando con forza la mano sulla scrivania “Se continui così dovrò legartici su quel dannato letto!” “Signore sono passati quattro mesi e mezzo e ...” “E non ti avevo detto di restare lì per otto mesi?” si voltarono entrambi verso l’entrata, il viso della ragazza li costrinse a sorridere “Ehi Yale!” quattro passi, quattro stupidi passi per finire tra le sue braccia ritrovando di colpo quel calore che tutti quei mesi le avevano rubato “Non ti avevo promesso che sarei tornata indietro?” la strinse più forte ridendo mentre il colonnello Darrell batteva le mani “Ciao bambina!” “È un piacere rivederla signore” “Credevo che Richard non ti avrebbe mai più lasciata andare” “Ufficialmente resto di sua proprietà” “Davvero?” domandò confuso Kevin staccandosi leggermente da lei “Ho anche il marchio di fabbrica vedi? Ho il basco verde scuro e lo stemma” “Ma ... cosa ...” “Se indossavo la mia divisa mi sparavano in fronte Kev. Il colonnello Gomez mi ha espressamente vietato di mettere una divisa diversa così come erano banditi i simboli medici” “In pratica eri un maschiaccio?” Darrell tossicchiò leggermente “Era caricata come un uomo ma risultava comunque più bassa di tutti gli altri” “Sono armadi signore!” ribatté ironica ma lo sguardo dell’uomo si posò lentamente su quella manina ancora aggrappata alla sua cintura “Yale cosa ... perché c’è una bambina appiccicata a te?” sorrise tirandola leggermente in avanti “Lei è Nadira, è l’unica sopravvissuta dello scontro a Mazar” “Sei per caso un asilo d’infanzia?” ma lei non rispose, si inginocchiò accanto alla bambina toccando leggermente il ventre del ragazzo “Lui è Kevin” gli occhioni di Nadira si posarono timidamente su di lui “Non si stacca un secondo da me. Non posso muovermi, non posso uscire senza ritrovarmela aggrappata addosso” Kevin sospirò sedendosi di nuovo sul letto “Signore abbiamo un problemino” “Abbiamo un’enorme problema bambina” “Ma che ...” “Come diavolo è successo? Non ti avevo dato delle regole? Non ti avevo detto: non affezionarti a nessuno o non ne verrai più fuori?” “Signore non ...” “Hai portato qui questa bambina!” sospirò massaggiandosi il collo “Era sola, ferita ... Signore, ho visto ammazzare cinquecento guerriglieri, lei è l’unica sopravvissuta e di colpe non ne ha” ma l’uomo scosse la testa inginocchiandosi davanti alla bambina “Ismik e?” Kevin socchiuse gli occhi “Lei parla arabo?” “Credi che restare qui per tutto questo tempo ti insegni solo che il deserto è un posto molto caldo?” sbottò ironico concentrandosi sugli occhi della bambina “Ismi Nadira” la vocina flebile della piccola scatenò nel vecchio militare un debole sorriso “Enti betekallemi inglìsi?” “Shewaya” “Meno male” sospirò sollevato “Bambina portami una sedia” Cristina si allontanò di un passo ma la manina di Nadira si strinse più forte attorno alla cinta “Sei sua madre!” “È impazzito?” “Yale forse ...” “L’hai raccolta da terra, le hai dato qualcosa a cui aggrapparsi e ora ti considera una famiglia!” “Non mi prenda in giro signore, faccio schifo nei rapporti umani come posso ...” ma lui tornò a concentrarsi sul visetto della piccola “Man Hiya?” esclamò toccando la gamba della ragazza, una parola semplice, una parole che in tutte le lingue del mondo era identica “Mama”.
Kevin chiuse gli occhi ricadendo dolcemente sul cuscino “Ho bisogno di tradurti quello che ha detto oppure ci arrivi da sola?” “Cazzo!” “Già” sbottò divertito “Ora cosa facciamo? Non possiamo trascinarla con noi e non può stare qui dentro” “Potremo tenerla in ospedale” lo sguardo dell’uomo si piantò sul viso di Kevin “Signore ho solo proposto ...” “Un’idiozia? Perché i miei soldati fanno tutti cazzate oggi?” si passò una mano in viso cercando di riordinare i pensieri “D’accordo, va bene ecco quello che faremo” si voltò verso i ragazzi controllando la voglia matta di urlare e lanciare all’aria cose “Tu porterai quella bambina nella stanza qui accanto, la metterai a letto e verrai da me per farti urlare addosso perché ora non posso farlo. Chiameremo le autorità, cercheranno i suoi genitori e se sono morti provvederanno ad affidarla ad una famiglia e tu ...” il dito puntato verso di Kevin inchiodandolo al materasso “ ... tu non ti alzi da lì o l’ultima cosa che vedrai sarà il soffitto di questa stanza è chiaro?” “Cristallino signore” raccolse i fogli dal tavolo sbattendosi con forza la porta alle spalle.
“Hai fatto davvero un bel casino Yale” “Non ho fatto niente!” protestò avvicinandosi a lui “Non ho fatto niente e ora mi ritrovo inchiodata qui, con questa piccola umana che mi mostra ancora una volta quanto sia sconveniente avere piccoli umani” “Vedrai che troveremo una soluzione” inclinò leggermente la testa di lato stringendo quella mano tesa verso di lei “Troveremo una soluzione e lei starà bene” esclamò allegro sollevando da terra la bambina “Vero Nadira?” un bel sorriso forse il primo da mesi interi mentre quell’uomo grande e forte la teneva ben salda alla realtà.
 
 
“Che diavolo è successo?” sentì l’uomo ridere di gusto giocherellando con qualcosa di metallico “Almeno è una bella bambina, ha gli occhi verdi e ...”  “È un peso! Non posso prendermi cura di una bambina, ho un plotone di uomini, un ospedale medico non posso controllare anche lei!” “Dovevo forse portarla verso Kadun con noi?” “E invece abbandonarla da me come un cammello appena nato è meglio?” si lasciò cadere sulla sedia sospirando “Il generale di stato maggiore chiamerà ogni capo reparto, tutti, uno per uno” “Che cazzo combinano ai piani alti?”  la porta si aprì di colpo, il sergente Hopkins entrò posando una cartelletta scura davanti a lui “Cosa diavolo è?” “La quarta di fanteria signore” “E?” “E dovrebbe firmare per autorizzarli ad arrivare fino a qui” scarabocchiò qualcosa sui fogli senza nemmeno leggere “La vogliono sulla linea diretta signore” “Ma che diavolo di giornata è questa?” “Forza e coraggio vecchio amico mio. La mia è stata orribile tutto il giorno. Speriamo almeno che si decidano ad ascoltare la nostra voce”  ma non ebbe nemmeno il tempo rispondere.
Era quello il loro modo di fare no? Da quarant’anni lavoravano assieme, vivevano assieme e quei modi bruschi e violenti di attaccare le telefonate non poteva in nessun modo alterare la loro amicizia.

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Capitolo 21
*** Sensazioni Amplificate ***


                                                  Sensazioni Amplificate






Il rumore violento degli elicotteri spaccò a metà il silenzio facendola sobbalzare di colpo.
Sollevò la testa dal cuscino guardandosi attorno spaurita, Nadira si strinse ancora più forte a lei nascondendo il viso sul suo seno “Siamo sotto attacco signora” urlò Hopkins afferrando il mitra “Sotto attacco? È un ospedale! Non si attacca un ospedale” “Ad Allah non piacciono gli ospedali” sbottò Darrell avvicinandosi a lei “Qui dentro rimettiamo in piedi i diavoli stranieri, li rimettiamo a posto pezzo dopo pezzo ributtandoli in forze sul campo di battaglia” “Ci sono solo feriti qui dentro” esclamò alzandosi di colpo “Ehi tu!” esclamò gelida afferrando un giovane ufficiale per un polso “Prendi la bambina e nasconditi nell’ufficio del colonnello e non uscire da lì per nessun motivo” l’altro annuì appena afferrando la piccola ma lei scoppiò a piangere allungando le mani verso di lei.
Non amava le lacrime, non avrebbe mai voluto vederla piangere ma che altro poteva fare? Si alzò di colpo legando i capelli  “Hopkins trova la stazione mobile, abbiamo bisogno di copertura e non possiamo averla finché il comando non ci risponde” “Sissignore!” “Dove diavolo è il  maggiore Keaton?” urlò rovesciando un tavolo contro la finestra, un giovane dagli occhi di ghiaccio si avvicinò all'uomo, tra le mani un cellulare e un plico di carta “Il tenente Caster signore” “Come diavolo è possibile che bombe da cinquanta chili ci piombino addosso?” urlò afferrando il cellulare “Dobbiamo spostare i ragazzi” mormorò Cristina scoprendo un paziente.
In sottofondo le urla del colonnello Darrell, il rumore dei vetri rotti e il fragore delle bombe che a tratti cadevano sulla terra bollente.
Respirare, doveva solo respirare e tutto sarebbe andato per il meglio “D'accordo bambina vieni qui” la mano dell'uomo stretta con forza attorno al suo polso e gli occhi piantati nei suoi “Da adesso in avanti sei l'ufficiale in capo” “Cosa? Signore io ...” “Tu ti occuperai delle persone qui dentro mentre io andrò là fuori a prendere a calci in culo Allah” le sorrise lasciando cadere la mano nel vuoto “Non uscire da qui a meno che non sia strettamente necessario chiaro?” annuì appena mentre l'immagine di un uomo alto e forte scompariva dietro ad una porta metallica.
“Ordini signora?” si voltò di colpo, davanti agli occhi solo il viso di Hopkins e a pochi passi da loro il secondo ufficiale “Signora?” annuì appena cercando di riordinare i pensieri “Spostiamo tutti i pazienti” “Tutti signora?” “Tutti!” esclamò decisa piantando gli occhi nei suoi “Ma molti non possono essere ...” “Lo so! Lo so ma se per caso si affacciasse qualcuno da quelle dannate finestre ci vedrebbe in fila come tante paperelle di un fottuto tiro al bersaglio!” l’altro sospirò annuendo appena “Iniziate a somministrare morfina a tutti i pazienti ...” tirò una barella di lato allontanandola dalla finestra “ ... quelli che possono camminare aiuteranno gli altri, spostateli tutti contro il muro” “Abbiamo solo tre casse di morfina” urlò Hopkins aiutando un ragazzo a sdraiarsi sul pavimento “I rifornimenti sono quasi arrivati, non ci aspettavamo niente del genere oggi e gli elicotteri non possono ...” “Avvicinateli al muro, via, lontani dalla finestra!” “Yale?” sorrise sfilando dolcemente la mano, la testa di Kevin si posò sul lenzuolo gelido, un vano tentativo di separare il terreno da loro  “Ehi, ciao” “Cosa sta ... perché ...” “Non preoccuparti, abbiamo qualche problema ma è tutto sotto controllo” Hopkins le passò una siringa correndo poi accanto agli aiuti “Un problema? Che problema?” “Niente di cui tu debba preoccuparti” l'ago entrò delicatamente nella pelle costringendolo a trattenere il respiro “Ora voglio che tu stia qui, tranquillo a ...” “Stanno sparando Yale!” “Smettila di chiamarmi Yale, non ho fatto quell'università e non mi piace essere chiamata così” Kevin sorrise “E secondo te perché ... perché lo ...” le parole morirono lentamente tra le labbra mentre gli occhi si chiudevano “Riposa, stai tranquillo e riposa” sussurrò sfiorandogli il viso.
Un boato violento, la terra tremò di colpo mentre gli occhi dei due ufficiali cercavano i suoi.
Si chinò in avanti coprendo quasi istintivamente il corpo del ragazzo finché il silenzio assordante non invase ogni angolo dello stanzone.
Ci mise due minuti buoni a convincere le braccia e ancora di più a convincere ogni cellula del corpo ad obbedire.
Si alzò lentamente portandosi una mano dietro alla schiena, il ferro gelido della pistola tremò qualche secondo nelle mani prima di ritrovare quella posizione ferma e ferrea che imponeva continuamente a sé stessa.
Un passo verso l'entrata, un passo e niente di più, accanto a lei Keaton e Hopkins, le armi strette in mano e gli sguardi che si sfioravano ritmicamente chiedendosi continuamente se quella era la scelta giusta, se rischiare così la vita sarebbe servito a qualcosa.
Sentiva quel silenzio gelido e pesante cadere con violenza su ogni stupido pensiero accentuando ogni minimo rumore, la sabbia sotto gli stivali, il respiro di Hopkins accanto a sé, il suono della medaglietta metallica che le colpiva ritmicamente il petto.
La porta si spalancò di colpo, le armi scattarono in avanti poi la risata cristallina di quell'uomo alto e grosso, con il viso sporco di sabbia e sangue e le mani alzate verso il cielo in segno di resa  “Oddio” sussurrò alzando gli occhi al cielo “Ciao bambina” i ragazzi accanto a lei sorrisero lasciando uscire l'aria dai polmoni “Signore” mormorò riponendo l'arma “Quanti pazienti sono ricoverati qui dentro?” si voltò verso la sala dove gli aiuti stavano già iniziando a spostare i letti “Circa quarantacinque” “Stringili, abbiamo bisogno di spazio” sbottò gelido l'uomo sfilandosi il casco “Spazio?” “Almeno trenta letti” “Non abbiamo trenta letti in più, siamo già stretti così e i rifornimenti ...” “Keton prendi il telefono, tira giù dal letto chiunque sia in grado di spiegare come diavolo è stato possibile!” “Si signore” esclamò il soldato allontanandosi da loro “I rifornimenti non sono arrivati, tre ragazzi sono in condizioni critiche e ...” “Dobbiamo spostare l'ospedale” “Dove?” domandò confusa aiutando Mason a sollevare un corpo inerme pieno di ferite “Ce ne andiamo da qui, siamo un bersaglio facile ed estremamente invitante” sbottò irritato Darrell afferrando una cartina geografica “Signore è arrivato un messaggio dai piani alti” afferrò il foglio dalle mani di Keton sbuffando “Pomposi bambocci che giocano con le vite dei giovani” Cristina sorrise appena controllando la fasciatura di Kevin “Spostiamo l'ospedale!” urlò richiudendo di colpo la carta geografica.
Spostarsi? Gran bella idea ma dove? “Fascia e pulisci tutti i ragazzi” mormorò il vecchio comandante avvicinandosi leggermente a lei “Non preoccuparti di chiudere, lo faremo una volta allontanati da qui. Chi può camminare partirà subito assieme al terzo battaglione gli altri useranno gli elicotteri” “Non abbiamo abbastanza morfina signore” gli occhi si fusero nei suoi, sguardi lenti e pieni di malinconia che cancellavano ogni altra stupida paura.
Non poteva avere paura, non doveva avere paura perché lì dentro c'erano quaranta persone che contavano su di lei, sulla sua calma, sul coraggio che il suo rango imponeva.
“Dove ci manderanno?” “Dentro al deserto ragazza  mia, ottanta chilometri nell'entroterra dove tre squadre di marines stanno cercando di allontanare quei figli di puttana. Non hanno dottori, solo infermieri di campo e quindi, è inutile che ti rammenti che tu e Hopkins e il giovane Keton dovete arrivarci in forze e soprattutto vivi” “Non è mia intenzione morire signore” “Molto bene” un bel sorriso a colorargli il volto poi di nuovo il rumore delle eliche, eliche amiche che trasportavano vita e speranza.
 


“Ehi” sorrise aprendo di più la porta per lasciarla entrare “Che ci fai qui?” “Sono arrivate a casa mia” mormorò Meredith sfilando dalla borsa tre buste chiare “Credo siano di tua moglie,  due sono esami medici e una non lo so” annuì appena prendendo dalle mani della ragazza le carte “Esami per ...” “Credo siano controlli annuali” la invitò a sedere abbozzando un leggerissimo sorriso “Vuoi un caffè?” Meredith annuì appena legando i capelli e sistemandosi meglio sulla sedia mormorò “Le ho parlato” “Cosa?” “Ieri sera, mi ha telefonato in lacrime, era spaventata, confusa” si paralizzò di colpo, la tazza stretta nella mano destra vibrò appena costringendola a continuare “L'ospedale è stato distrutto per metà, ha salvato tutti i suoi pazienti e aiutato a morire ragazzi che non meritavano tutto quella cattiveria ma ieri sera è crollata. Stavo preparando la pappa di Zola e il telefono è ... ho sentito la sua voce, la sua paura, la conosco bene, troppo bene e so quanto abbia inspessito quelle dannate barriere che si costruisce attorno ma ieri ...” “È viva” rispose più a sé stesso che a lei quasi come a voler tranquillizzare i battiti del cuore ma la vide sorridere nascondendo l'ironia dietro ad una maschera di cera “Sta diventando fredda, lontana, un guscio vuoto che è solo l'immagine di una ragazza solare e piena di vita” “Lo so” si sedette davanti a lei posando la tazza sul tavolo “La guerra ti mangia pezzo dopo pezzo e non puoi ...” “Potevi fermarla” “No, no non potevo. Ha scelto da sola, sceglie sempre da sola e quando lo fa uccide una parte di me” sospirò passandosi una mano in viso “Vivo ogni giorno come se fosse l'ultimo, come se da un momento all'altro un dannato ufficiale bussasse alla mia porta lasciandomi tra le mani una bandiera, unico ricordo di mia moglie. Sono stanco Meredith! Sono stanco e ho paura perché l'unico modo che ho per sapere che respira, che è viva e cammina è ascoltare le tue parole o quelle del comandante Darrell perché lei non ha nessuna intenzione di parlare con me!” riprese fiato cercando di rallentare il respiro ma più ci provava e più il cervello urlava l'opposto “Mi manca, mi manca da morire e prego ogni notte affinché possa vivere un giorno ancora, affinché possa tornare tutta intera a casa sua, da me, dalla sua famiglia e non so ...” “Tornerà indietro vedrai” posò la mano sulla sua trascinandolo via da quel mondo di orrore “Tornerà indietro e tutto sarà come prima” “La vedo continuamente in sogno Meredith, la vedo sdraiata per terra in una pozza di sangue, la sento urlare, chiedere aiuto ma non posso ... non riesco ad avvicinarmi a lei e posso solo vederla morire. Conosco bene quell'inferno, ci ho vissuto per anni interi e lei è ...” “Andrà bene vedrai” mormorò la ragazza rafforzando la presa “Andrà tutto bene” già, gran belle parole ma come poteva pretendere che lui ci credesse quando in realtà nemmeno lei riusciva a crederci? Forse pregare poteva essere l'unica soluzione possibile, forse, da qualche parte lassù, quel Dio che molte volte aveva odiato poteva aiutarla a ritrovare la sua persona.

 

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Capitolo 22
*** Smetterai di fare Incubi ***


                                     Smetterai di fare Incubi







“Come ti senti?” “Un po' stordito” mormorò Kevin massaggiandosi la testa “Che diavolo mi hai dato?” “Oh niente di strano, solo un regalino per aiutarti a riposare” esclamò divertita guardando fuori dal vetro, sotto di loro solo il deserto e niente di più “Odio volare” chiuse gli occhi inspirando ma la mano del ragazzo si strinse attorno alla sua costringendola a sorridere “Ci spostano Yale, la situazione non è per niente buona” “Davvero?” domandò ridendo “Ho passato di peggio, posso sopportare anche uno spostamento in elicottero” “Peggio della guerra?” ci pensò qualche secondo mentre gli occhi del ragazzo studiavano ogni centimetro del suo viso “Mio marito è andato a letto con un'altra e il perché è semplice” ma l’altro socchiuse gli occhi “Non volevo figli, a dire la verità non ho mai pensato di volerli e a lui non andava bene. Sono andata via da Seattle per ricominciare a vivere e l'aereo su cui viaggiavo è caduto. Siamo rimasti dispersi per circa una settimana nei boschi, al freddo e senza alcun aiuto. Ho perso degli amici e quando mi hanno riportato a casa ...” “Sei sposata?” si voltò appena verso di lui, immobile sul lettino continuava a sorriderle senza allentare un secondo la presa “Sono ... beh ecco ... diciamo che sono sposata ma che questo non influisce sulle mie scelte” “Perché sai che lo ami e non vuoi farlo soffrire o c'è un altro motivo che non vuoi dirmi?” “Il primo” mormorò passandosi una mano tra i capelli “Siamo troppo diversi per restare assieme, desidero per lui solo una vita piena e bella e non può averla se resta con me quindi ...” “Quindi non ti importa della tua vita e hai firmato per entrare all'inferno” “Ma cosa ...” Kevin scoppiò a ridere “Non preoccuparti, ti capisco. La mia storia è per certi versi simile alla tua” “Davvero?” l'altro annuì tossicchiando “Sono scappato anche io, e anche io come te penso che la mia vita possa essere utilizzata per salvarne altre, ed esattamente come te non gli do il giusto valore. Io e te possiamo fare qualcosa di buono per noi stessi, possiamo prenderci cura l'uno dell'altra per evitare di morire perché quaggiù la vita è il bene più prezioso che possediamo. Non importa quanto e se la odi, non importa nemmeno se ne sei innamorato o deluso, importa solo la voglia matta che hai di rivedere le persone a te care, i tuoi amici, la tua famiglia” “Non ho più una famiglia” mormorò nascondendo gli occhi dal suo sguardo “Però hai un uomo che ti ama e che probabilmente piange la notte per questo” “E tu?” “Io cosa?” domandò confuso “Non hai nessuno che ti aspetta?” “No, non più ormai però ho una persona che per la prima volta si è presa cura di me” “Un angelo?” domandò divertita tornando a concentrarsi su di lui “Non so se sia un angelo ma di certo è molto bella” le fece l'occhiolino senza smettere un secondo di sorridere mentre il rumore assordante dei motori si portava via ogni cosa.
 
Era lì da undici mesi ormai, undici lunghissimi mesi passati a fingere che quel deserto fosse bello, diverso giorno dopo giorno, trasformato ora in una bella vallata verde ora in un mare azzurro come il cielo.
Forse iniziava davvero ad avere le allucinazioni, forse il caldo e l'afa costringevano il cervello a turni extra mandandola in confusione.
“Cosa ci fai qui fuori? Non hai freddo?” “E tu?” rispose voltandosi appena verso il ragazzo “Non ti avevo detto di lasciare le fasce al loro posto?” Kevin sorrise sedendosi accanto a lei “Vuoi un dattero?” “No grazie, sono settimane che non mangio altro, inizio ad avere voglia di hamburger e patatine” “A chi lo dici!” esclamò  addentando un piccolo frutto dolce e pastoso “Devi restare a riposo ancora un mese, riesci a camminare, riesci a correre ma non ... che fretta avevi di ...” “Sono stato sdraiato in quel letto per sei mesi e mezzo, sei lunghissimi mesi, non ho alcuna intenzione di passarci un minuto di più chiaro?” “Ehi” sbottò ironica appoggiandosi a lui “Ti ho dato l'ok no? Smettila di arrabbiarti con me” “Scusami Yale, è solo ...” “Smettila anche di chiamarmi così” “Allora ragazzi? Cosa si racconta da queste parti?” domandò d'improvviso il colonnello avvicinandosi a loro.
Aveva un’aria piuttosto allegra, un grosso sigaro stretto tra le labbra e un bel sorriso dipinto in viso “Sei pronto per tornare là fuori Howard?” “Si signore, a dire la verità non vedo l'ora signore” “Buon per te, abbiamo bisogno di persone forti e determinate” “Vuole dei datteri signore?” “No grazie” Cristina sorrise tornando a concentrarsi sul cielo scuro pieno di stelle “Sono in arrivo due nuovi medici bambina, due sbarbatelli appena usciti dalla facoltà” “Meraviglioso” sussurrò mentre il braccio di Kevin si strinse dolcemente attorno alle sue spalle “Stai tremando” “Non è vero” “Stai tremando Yale e continuare a ripetere che non è così non cambia comunque la realtà” non si era nemmeno accorta del calore che il suo corpo le donava, il suo respiro calmo e tranquillo, le sue braccia ad avvolgerla nascondendola dalla cattiveria di quel posto che ora sembrava più diverso che mai.
Kevin l'aiutava a superare i brutti momenti, gli incubi che qualche notte le invadevano i sogni, quel ragazzo così alto da sembrare un gigante era diventato importante per lei, per la sua nuova vita che diventava ogni giorno più difficile.
“Molto bene, vi lascio, vado a buttarmi in branda per qualche ora Howard ...” “Le mani sempre in vista signore” l'uomo annuì deciso mentre la risata di Cristina accompagnava ogni suo passo.
“Stai bene davvero?” domandò preoccupata posando la testa sulla sua spalla “Te l'ho già detto milioni di volte, sto bene, sei stata brava Yale e ora posso di nuovo parlare, ridere, prenderti in giro” “Non sto scherzando” “Nemmeno io” le sollevò appena il viso ridendo “Sto bene davvero. Non ho alcuna intenzione di morire là fuori” “Ritornerò dal colonnello Gomez entro qualche giorno” “E secondo te io dove sono stato mandato?” “Sei un cretino” “Si, ma non per questo ti lascerò laggiù da sola” la strinse tra le braccia nascondendo il viso nell'incavo del suo collo “Coraggio Yale, tra un po' torneremo a casa e smetterai di fare incubi” le mani si strinsero dolcemente sulla schiena del ragazzo, gli occhi chiusi  e la nostalgia di un ricordo a massacrarle il cuore.

 

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Capitolo 23
*** Anche il deserto sa Colorare ***



                                                  Anche il deserto sà Colorare







“Hai visto che bel gioco?” esclamò divertita sollevando un pezzo di ferro.
Non era una bambola né un pupazzo morbido e profumato ma era colorato ed era provvisto di otto facce.
Un cubo di metallo grosso come la manina di Nadira colorato con la vernice usata per i cannoni e le camionette.
Tre, quattro, cinque,tutti limati, tutti perfettamente colorati e in qualche modo anche divertenti “Guarda, questo si mette qui sopra e abbiamo fatto un muro” posò il cubo sull’altro sorridendole ma gli occhioni di Nadira non seguivano quella tenera smorfia “Che diavolo hai che non va?” “Non pensi che il fatto di avere sei anni è un’attenuante?” si voltò verso Kevin sospirando “Come faccio ad aiutarla?” “Forse ha solo bisogno di tempo” sfilò il pennello dal mucchietto di stracci davanti e lei “Dalle tempo di respirare di nuovo” rigirò quel cubetto nuovo tra le dita intingendo il pennello nello smalto “È spaventata e confusa e ...” “Sono un genio” esclamò strappandogli dalle mani il pezzetto di ferro “Ehi, nessuno ti ha mai insegnato un po’ di gentilezza?” ma lei non rispose.
Sfilò un altro pennello dagli stracci e sorridendo lo pose tra le manine di Nadira e lentamente guidò il pennello nel barattolo della vernice.
Gli occhi della piccola si soffermarono qualche secondo sul suo viso “Ecco così, sollevalo un po’ e ...” il colore cadde sul ferro costringendo Nadira a sorridere “ ... e abbiamo un bellissimo cubetto mezzo colorato” il pennello tornò nel colore e di nuovo sul ferro.
Per minuti interi ripeté la stessa operazione stupendosi ogni volta della forma strana delle gocce, ogni volta che cadevano sul ferro diventavano una macchia, una forma confusa e strana a volte perfino una farfalla “Chi ha detto che i bambini non ti adorano?” “Oh andiamo” raddrizzò la schiena tentando di allentare la pressione sui muscoli “Far colorare una bambina non è una gran cosa” “No, ma aiutarla a sorridere si, andiamo guardala Yale!” seguì lo sguardo di Kevin fino a quel visetto schizzato di viola e rosa decorato da un paio di occhi verdi così brillanti da oscurare perfino il sole “L’hai fatta sorridere” “Le ho solo dato del colore e ho concesso alla fantasia di una bambina di sei anni un attimo di tregua e ...” “Asfar!” esclamò allegra Nadira inchiodando gli occhi ai suoi “Alshms s'fray” “Ha parlato?” mormorò tremante inginocchiandosi davanti a lei “Nadira” “Asfar!” sollevò il pennello sorridendole “Credo voglia dire giallo Yale” “Davvero?” ribatté stupita scostandole dagli occhi una ciocca di capelli scuri “È giallo?” “G ... gial ...” Kevin trasalì scivolando giù dalla sedia “Andiamo Riri riesci a dirlo? Giallo!” “Giallo” scoppiarono a ridere scatenando l’allegria della piccola “Ha parlato inglese ragazza!” le diede il cinque senza staccare un secondo gli occhi dalla piccola “Si, quello è giallo” “Alshms s'fray” “Che diavolo vuol dire?” ma lei non rispose, si limitò a socchiudere gli occhi guardandosi attorno qualche secondo “Che c’è di giallo qui?” “Una banana, solo che non so come si dice banana” “Mowza” ma la bambina scosse leggermente la testa ridacchiando “Yale come diavolo fai a ...” “Shams!” esclamò vittoriosa alzando un pugno al cielo, Nadira scoppiò a ridere stringendo le manine attorno alla sua vita “Yale?” “È il sole” “Cosa?” “Il sole è giallo” “Come fai a sapere l’arabo?” “Beh ...” sorrise scostandosi dagli occhi una ciocca di capelli mentre il visino della piccola si sollevava verso di lei, aveva il mento posato sul suo ventre e le manine strette così forte attorno a lei da sembrare una cintura “ ... non mangia praticamente niente, per costringerla ad ingoiare un pochetto di frutta ho imparato i nomi” “Oh” esclamò ironico “Ora è tutto chiaro” sollevò da terra il pennello e il cubetto colorato sospirando “Sei davvero brava Yale” “Che diavolo stai combinando?” “S- Signore?” balbettò confusa, lo sguardo correva dal viso di Darrell a quello di Gomez senza mai fermarsi “Da quando balbetti?” “E lei perché è qui?” “Per caso sono affari tuoi?” “No non ... non ... è solo ...” “Perché balbetta?” domandò stizzito voltandosi verso Darrell “Te l’ho rimandata qui sana e salva, in forze, ben nutrita e anche piuttosto bella e ora balbetta! Perché balbetta?” “E tu perché diavolo urli! Che ti costava aspettare qualche giorno? Sta addestrando i miei ufficiali medici, che diavolo ti costava restartene buono ancora un po’?” Kevin si schiacciò di colpo contro lo schienale della sedia cercando di non ridere “Siamo in stallo! Non ho ordini da dare perché da qui non ne arrivano! Che diavolo state combinando?” “Ehm ... signore?” “Tu resta in silenzio, zitta, se parli balbetti e il cervello si infiamma quindi zitta” “Al non credi che ...” “D’accordo ora basta!” esclamò decisa posando una mano sulla testolina di Nadira.
I due ufficiali si voltarono stupiti verso di lei “Smettetela ok? Basta, basta urlare perché diventate paonazzi e insopportabili!” “Yale” sussurrò Kevin tirandola leggermente indietro ma più ci provava, più la caricava quasi come fosse una molla pronta a scattare “Si, sono stupita dal vederla perché tra meno di tre giorni verrò trasportata di nuovo da lei e ...” riprese fiato piantando gli occhi sul viso di Gomez “ ... io non balbetto chiaro?” “Ragazzina per caso hai una medaglia al valore?” scosse la testa sospirando “Credi che i gradi sulle nostre spalle servano a colorare la divisa?” “Ma che ...” “Smettila di darmi ordini, sei un feto appena concepito, non sei credibile” Darrell scoppiò a ridere dandogli una pacca sulla spalla “E quel tono non mi piace. Ma che diavolo ti è successo si può sapere?” si voltò stupita verso Kevin, lo vide sorridere, sollevare leggermente le spalle confuso da quella domanda nata dal nulla “Che hai fatto bambina? Sei colorata di giallo?” sorrise guardandosi qualche secondo le gambe.
Le manine di Nadira erano stampate ovunque sulla sua divisa “Scusi, stavamo colorando” “Perché?” “Beh ...” posò le mani sulle spalle di Nadira ridacchiando “ ... non ha mangiato molto, era triste e sola e così ho pensato di aiutarla e l’unico  modo era colorare” Gomez tossicchiò avvicinandosi a lei.
Le sollevò il viso studiando qualche secondo la sua espressione “Sei diventata debole ragazzina” “Cosa? No!” esclamò decisa allontanando la sua mano “Oh si, sei debole e tenera, devo dedurre che la colpa è di questa piccola umana o ...” si voltò verso Kevin colorando di ghiaccio lo sguardo “ ... è colpa di qualcuno che ha traslocato il cervello in una nuova residenza a sud dell’ombelico?” “Signore, con tutto il rispetto, credo che Yale sia ...” “Sono abbastanza grande per poter rispondere da sola e non balbetto! Lo faccio solo quando sono molto sorpresa o ...” “Quindi lo fai!” esclamò vittorioso puntandole un dito contro “Ammetti che balbetti?” “Andiamo Al, questo ora che diavolo c’entra?” “È importante Mike! Se la riporto indietro così sarà debole e tenera e balbuziente e ho bisogno che dia ordini secchi e precisi e non che si mascheri da pagliaccio colorato” “Almeno è divertente” “Già, ma è il mio ufficiale medico, il mio unico ufficiale quindi ...” tornò a concentrarsi su di lei tossicchiando “... torna ad essere fredda e testarda e impertinente e levati di dosso quei colori, sembri una paperella di gomma con la scritta: Sparate qui!” “Oh andiamo! Signore non ...” ma i due capitani si erano allontanati lasciandoli lì come due idioti.
“Ma cosa ...” “Perché è qui!” sbottò aiutando Nadira a ripulire il viso “Si, si l’ho visto, a dire la verità li ho visti tutti e due ma tu hai urlato” “Si? Beh, con il colonnello Gomez a volte serve solo quello” inumidì il pezzo di stoffa cancellando le macchie di colore da quella pelle color avorio “È testardo e ossessivo, ha manie di onnipotenza e non mi permette niente di ...” “Sai chi mi ricorda?” “Dai Kev!” ma lui sorrise tirando leggermente Nadira verso di sé “Mi ha sostituito con sua figlia! Sono diventata di colpo il suo piccolo fiore da proteggere contro i cactus cattivi del deserto” “Noi siamo i cactus?” domandò confuso ma vederla camminare avanti e indietro parlando con sé stessa era già divertente “Sono scappata da mio marito per questo e ora sono qui e trovo una persona uguale che mi protegge e si prende cura di me e non voglio!” “Ne hai bisogno” “Cosa?” Kevin sorrise annuendo leggermente “Tutti hanno bisogno di qualcuno” “Sei tu il mio qualcuno, non ho bisogno di altri” “Sei cresciuta da sola tutta la vita, non hai mai avuto nessuno che si prendesse cura di te e solo perché pensavi di potertela cavare da sola ma qui è diverso, qui non puoi fingere che avere qualcuno che tiene a te sia una cosa orribile” “Ho già un padre” “No” sussurrò afferrandola per una mano “Tu hai un patrigno e l’idea di un padre che hai perso troppo presto e il maggiore Gomez ti offre la possibilità di ricominciare a pensare che forse, avere un padre anche se acquisito non è poi così male” inspirò a fondo cacciando via la rabbia, la paura, l’idea folle di prenderlo a pugni.
Ogni cosa uscì dal corpo lasciando solo due occhi verdi come il mare a restituirle aria pura.

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Capitolo 24
*** Fredda come il Ghiaccio ***


                              Fredda come il Ghiaccio 





“Bentornata dottoressa” rafforzò la presa sul basco evitando che le pale dell’elicottero lo trascinassero via “È un piacere rivederla signore, di nuovo” urlò cercando di sovrastare il rumore delle pale “Quel tono non mi piace, lo sai, te l’ho ripetuto milioni di volte ragazzina!” sbuffò concentrandosi sul viso di Kevin “Maggiore Howard, benvenuto nella mia unità!” annuì deciso stringendo la mano al colonnello “Venite, abbiamo cinque minuti per chiarire bene i nuovi punti all’ordine del giorno” lo seguirono passando attraverso un campo base dalle dimensioni spropositate.
“Tra cinque giorni partiamo per Qandahar ...” posò sulla scrivania un plico di fogli, sopra il nome della ragazza “ ... a sud della città è stata costruita una base” “Da chi signore?” domandò confusa aprendo il fascicolo “Da mille ragazzi molto arrabbiati e folli” “Marines” sussurrò Kevin facendole l’occhiolino “Dobbiamo spostarci lì dentro e dare supporto ai commando. Siete a conoscenza della rivolta di Qala-i-Jangi?” “Si signore” esclamò il ragazzo posando lo zaino per terra “Ha perso la vita l’agente Spann” “La CIA è incazzata nera” sbottò irritato Gomez sorseggiando il suo caffè “Siamo attaccati da più fronti e il nostro paese se la prende con noi” “Il tenente Hopkins?” domandò preoccupata sollevando qualche secondo gli occhi dai fogli “È nella tenda quattro, sta cambiando delle fasciature” sorrise al suono dolce di quelle parole che aveva sempre sperato di sentire “Maggiore Howard lei è in grado di eseguire i normali incarichi richiesti?” “A volte mi fa un po’ male la spalla, capita raramente e sempre la notte ma sono abile signore” “Qual’è il tuo parere medico?” “Il maggiore è in grado di svolgere il suo lavoro signore” l’altro annuì deciso “Hai memorizzato tutto?” “Tutto fatto colonnello” “Io ci ho messo tre settimane a preparare quei dannati fascicoli e tutto per cosa?” sbottò burbero riprendendosi il plico “Per far si che il mio dottore sia ben informato su ogni ragazzo ferito e lei ci mette qualche minuto a leggere tutta questa roba” ma lei sorrise e senza aggiungere nient’altro uscì dalla tenda.



“Ti sono mancato” “Idiota” sbottò gelida tagliando il filo “Sei ancora sposata con un uomo che ami e che non può stare con te, chi dei due è più idiota?” gli occhi di Payne si piegarono in un dolcissimo sorriso “Oh andiamo!” “Come diavolo hai fatto a tagliarti con un pezzo di plastica?” “Stavo provando a farlo rimbalzare sul fianco destro della camionetta” “La plastica non taglia in questo modo” “Già, ma se ci aggiungi delle lame di ferro si” “E di chi è stata questa stupida idea?” esclamò coprendo la ferita “Di Flinn” “Perché continuo a chiederlo?” “Ancora non li conosci?” Payne scoppiò a ridere stringendo la mano di Kevin “Come diavolo fai a stare in piedi? Non sei simile a robocop o qualcosa del genere?” “Già, ma lei è stata maledettamente brava a rendere leggero tutto quel metallo” “Oh, lei è brava in tante cose” “Davvero?” domandò stupito voltandosi verso la ragazza “Cosa mi sono perso Yale?” “Da quando ti chiamano Yale?” sbuffò alzando gli occhi al cielo “Non mi chiamano Yale e non sono brava a cucinare contenti?” posò le pinze sul vassoio togliendo i guanti “Ti ho messo otto punti per questa bravata, smettila di giocare con la plastica e il ferro perché non ho più filo da sprecare e quello che mi rimane serve per quelli meno idioti di te” “Ehi bambolina” le teste si voltarono all’unisono verso l’entrata, Flinn sorrideva tenendosi schiacciato un pezzo di straccio sul collo “Ti disturbo o puoi dedicarmi cinque secondi del tuo tempo?” “Ha rimbalzato più di una volta?” gli occhi di Flinn si illuminarono di colpo mentre mimava con le mani il percorso di quell’oggetto pericoloso e così idiota “Oh amico mio avresti dovuto vederlo! Sembrava un razzo! Ha rimbalzato otto volte finendo sui sacchi di sabbia e ...” “E ora stai zitto e ti siedi qui” esclamò decisa tirandolo sullo sgabello “Kev mi passi i guanti?” l’altro annuì leggermente allungando una mano fino ad incontrare la scatola sterile “Non avevo idea che quaggiù fosse tutto così divertente” “Fatti trascinare anche tu in queste idiozie e ti lascio a sanguinare senza ricucirti lo giuro!” ma il ragazzo sorrise seguendo il racconto dei due di fronte a loro.

 

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Capitolo 25
*** Ostacoli ***


                                                            Ostacoli





“Tempo?” “Dieci e venti” scosse la testa cercando di controllare il fiatone “Yale va bene, è un ottimo tempo” “Oh andiamo! Sono ostacoli studiati per essere superati in due secondi!” sentiva il cuore scoppiare nel petto ma il sorriso di Kevin la contagiò costringendola a respirare “Tu lo sapevi!” “Cosa?” domandò distogliendo di colpo lo sguardo da lei “Ieri ho passato otto ore chiusa là dentro con il colonnello e per cosa? Per imparare il funzionamento di ogni dannata arma! Sono più che sicura che tu ne fossi a conoscenza ma ancora non so come fartelo ammettere” “Oh andiamo!” “No!” esclamò piantandogli un dito in petto “Ammettilo ora e la punizione sarà più lieve” ma lui scoppiò a ridere sollevandola da terra “No, ehi no!” “Allora Yale come si sta a testa in giù?” “Oddio mi viene da vomitare. Kevin mettimi giù!” picchiò le mani sulla sua schiena cercando di trattenere le risate ma il ragazzo continuava a correre reggendola con un braccio quasi come fosse una bambolina di porcellana o un sacco di piume “Allora? Ritiri le tue false accuse?” Mason lì accanto scoppiò a ridere cercando di non allentare la presa attorno alla trave “Kevin se non mi metti giù giuro che ti stacco pezzo dopo pezzo tutta la spalla e posso farlo perché te l’ho montata io!” “Che diavolo sta succedendo qui?” esclamò Gomez apparendo di colpo tra loro “Niente signore, c’è solo una lezione da imparare!” rispose voltandosi di lato per permettere al colonnello di vedere anche lei “Che ci fai appesa a testa in giù?” domandò divertito inclinandosi leggermente in avanti “Non è divertente signore” “Beh, vedi il tenente Mason laggiù? Lui sembra divertirsi un mondo e così anche il tenente Floyd e il sergente Finnigan credo pensi la stessa cosa” “La prossima volta che avrete bisogno di un medico vi spaccherò il ...” “Ok, ok , ok” esclamò Kevin voltandosi di colpo “Scusi signore, Yale è leggermente stizzita” la mise per terra stringendo un braccio attorno a lei “Purché non mi rovini le sue mani il resto è regalato” gli fece l’occhiolino allontanandosi fischiettando “Ma cosa ...” “Penso voglia dire: ti do il permesso di fare sesso con lei a patto che le mani restino intatte” “Maschi!” esclamò stizzita tornando ad osservare il percorso “È davvero un bel peperino amico mio” la mano di Mason si strinse con forza attorno alla sua spalla mentre gli sguardi erano concentrati su quella ragazza pazza e un po’ folle che si arrampicava di nuovo sul muro di legno “È un bel peperino e non ha alcuna intenzione di fallire” “Ha passato cose orribili, forse questo l’aiuta a rafforzare sé stessa” “Forse” asserì Mason “O forse lo fa per chiudere fuori da sé stessa ogni ricordo”.




“Dottor Hunt?” “Lei è?” “Dottoressa Karen Wilson, sono il nuovo chirurgo cardio toracico, mi ha assunta ieri ricorda?” annuì debolmente nascondendo l’imbarazzo dietro ad un’enorme sorriso “Allora? Come si trova al Seattle Grace?” la ragazza sorrise giocherellando con una ciocca di capelli dorata “La struttura è notevole e gli specializzandi molto preparati” “Ma?” “Non c’è nessun ma” “Sicura?” annuì decisa ridacchiando “Ha già conosciuto i colleghi?” “Quasi tutti, non credo di piacere molto alla Grey ma ...” “Meredith ha solo bisogno di un po’ di tempo” “Era la sua migliore amica vero?” si voltò confuso verso di lei, non si era accorto di quanto bella fosse quella ragazza.
Due occhi chiari come il cielo incorniciati da capelli color del grano e poi quel sorriso dolce e tenero che nascondeva un sacco di parole non dette “So che il mio predecessore era un cardiochirurgo dalle mani magiche” “La dottoressa Yang era il meglio della cardiochirurgia degli ultimi anni” “È morta?” trasalì paralizzandosi lì per qualche secondo “Nessuno parla mai di lei. Le infermiere di sala evitano accuratamente ogni cosa che riguardi lei, gli specializzandi non ne parlano così i primari” “Non è morta” o almeno era quello che sperava perché da otto mesi non sapeva più niente di sua moglie.
Passava le notti a pregare che potesse vivere ancora un giorno, che tornasse indietro, da loro, da lui e ogni notte si addormentava con la speranza di vedersela apparire davanti al mattino ma quei sogni delicati, quelle lievi speranze venivano massacrate dalla solita, stupida routine degli ultimi mesi “Non è morta” “E allora perché è andata via? Lo stipendio è buono, poteva fare tutto quello che voleva e non ...” “Si è arruolata nell’esercito” “Uao” esclamò stupita appoggiandosi al bancone “Già” “E tornerà?” sorrise cercando un modo per allontanarsi da quella donna perché per la prima volta da mesi interi non sentiva il bisogno di parlare di sua moglie “Non ne ho idea” buttò lì concentrandosi di nuovo sul monitor davanti a sé “Se tornerà indietro saremo più che felici di rivederla ma non sappiamo ancora niente quindi possiamo solo aspettare dottoressa Wilson” “Karen” si voltò verso di lei e la vide sorridere “Mi chiami Karen” un altro sguardo pieno di allegria e poi solo pensieri strani e contorti a fargli compagnia.

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Capitolo 26
*** Dividi e Colpisci ***


                                                 Dividi e Colpisci






Era arrabbiata, incazzata con il mondo, con sé stessa, con la sua persona per essere stata così dannatamente idiota da lasciarla lì, da sola, assieme ad una dottoressa stile barbie che prendeva decisioni insensate.
Chiuse gli occhi qualche secondo cercando di non picchiarla con la spillatrice “Se lo opero subito possiamo salvarlo” “Sa legare l’arteria polmonare con un solo punto?” sbottò gelida ma Owen sospirò passandosi una mano in viso “Perché se lei non è abbastanza veloce perderà troppo sangue e morirà!” “Se non lo facciamo nascere e non lo operiamo lo perderemo lo stesso e morirà anche sua madre” “Possiamo aspettare! Possiamo dargli steroidi per sviluppare ulteriormente i polmoni perché farlo nascere adesso vuol dire condannarlo. È pronta ad assumersi la responsabilità delle lacrime di quella ragazza dottoressa Wilson?” “Abbiamo ancora qualche ora” mormorò Owen intromettendosi tra loro “Chiami il dottor Karev, dovrebbe essere in sala tre. Gli esponga il suo piano” Meredith socchiuse gli occhi concentrandosi sulle espressioni della donna davanti a sé “Possiamo dargli steroidi, non faranno male no?” l’altra annuì incamminandosi verso il corridoio “D’accordo, problema risolto” “Che diavolo sta succedendo?” si voltò di colpo inchiodando gli occhi a lei “Meredith cosa ...” “Ti piace?” “Sei impazzita?” ma la vide tremare, indietreggiare di un passo cercando di mantenere la calma “Lei ti piace Owen!” “Non dire idiozie” sorrise provando a sfiorarle una spalla ma lei si sottrasse colorando lo sguardo di violenza “Credi che non me ne sia accorta? La guardi come guardavi tua moglie le prime volte che ...” “Oh andiamo! È carina, è molto carina ma niente di più” “Davvero?” sbottò ironica “Lei ti piace e tu nemmeno te ne accorgi. Hai una moglie! Hai una moglie che ...” “Ho una moglie di cui non so più niente Meredith!” “E questo è un buon motivo per guardare un’altra? Perché è già successo! Le hai già fatto questo ed è scappata per questo!” “È scappata perché non è in grado di affrontare la vita!” ma si bloccò di colpo quasi come se il cervello si fosse improvvisamente accorto di quelle stupide parole.
Meredith sorrise inchiodando lo sguardo al suo “È questo che pensi? Pensi che abbia paura della vita?” “Non volevo ...” “Sei suo marito e non sai niente della sua vita! Non sai come sta, non sai cosa sta facendo e non hai le palle per scoprirlo perché hai paura di sapere che è viva e lo sai come mai?” urlava, sapeva di farlo ma riusciva a malapena a trattenersi “Perché se lei muore laggiù hai un motivo per piangere ogni giorno di ogni dannato mese ma se lei torna indietro, se è viva ricorderai per sempre come mai è scappata!” “Ehi ehi” esclamò Derek bloccandola contro il muro “Che sta succedendo?” “Chiedilo all’uomo dell’anno” si liberò dalla presa del marito allontanandosi velocemente da loro “Owen cosa ...” “Niente, niente torna a lavoro Shepard!” se ne andò lasciandolo lì nel nulla a riflettere come un’idiota.




Il vento era più caldo del solito, qualche granello di sabbia la colpì in viso costringendola a chiudere gli occhi.
Si era data un obbiettivo, si era riproposta di riuscire a correre per quel percorso in otto minuti netti ma era sfinita, massacrata dalle ore di allenamento, dalle continue lezioni con il colonnello Gomez e poi i suoi pazienti, le ferite, le decine di amputazioni che ogni giorno era costretta ad eseguire.
Sbuffò passandosi una mano in viso “Ehi ragazzina hai due minuti?” si voltò di colpo spaventata dalla voce del colonnello Gomez “Cosa posso fare per lei signore?” “Puoi sistemarla?” sollevò la maglia staccando un cerotto dal fianco.
A pochi centimetri dall’ombelico un taglio di circa una spanna e mezzo si stava velocemente infettando riempiendosi di pus “Uao” mormorò tirando lo sgabello fino a lui “Cos’ha fatto signore?” “Stavamo cercando un modo per bloccare la mitragliatrice e quell’idiota del sottotenente Callaghan ha lasciato andare le cinghie. Quando abbiamo sparato la corda libera è schizzata di lato e mi ha preso appieno” infilò i guanti sfiorando con le dita i bordi del taglio “Si sta infettando signore. Perché non è venuto da me prima?” “Perché ho delle decisioni da prendere. Come pensi che vada avanti tutto il caos che regna in questo campo?” allontanò leggermente le mani sorridendo “Ha bisogno di punti signore, si levi la maglia e si sdrai sul lettino” l’altro sbuffò eseguendo per una volta i suoi ordini.
Prese il vassoio con gli strumenti posandolo a qualche centimetro da lui “Devo aprire leggermente la ferita per pulirla, farà male ma posso darle qualcosa per ...” “Sciocchezze ragazzina, inizia a pulire” per qualche secondo il ricordo di suo marito le apparve davanti agli occhi.
Pochi stupidi secondi di debolezza e un bel respiro per ricacciare indietro di tutto, tirò la lampada verso il letto aiutando la poca luce a chiarire il campo chirurgico “Tutto bene signore?” “Sai, questa forse è la prima volta da mesi che mi sdraio su qualcosa di diverso dal pavimento” “Allora si riposi un po’” mormorò prendendo il bisturi, un tocco leggero, il taglio si aprì dolcemente sotto la lama lasciando fuoriuscire il pus, con la mano libera sfilò il tampone iniziando a pulire tutto il taglio “Lo so che fa male ma non trattenga il respiro” “Non fa male” “La sento tremare” ribatté ironica sollevando qualche secondo lo sguardo dalla ferita “Sicuro che non vuole ...” “No” “Oh ... d’accordo, ma respiri normalmente perché se inizio a mettere i punti e lei trattiene il fiato, li tenderà troppo e finirà con il fare male anche durante i movimenti più stupidi” “Sei pallida” “Signore?” domandò confusa cambiando tampone “Sei pallida ragazzina” “Non dormo molto bene” “Hai legato bene con tutta la squadra” “Loro sono fantastici” “Sono innamorati di te” scoppiò a ridere divertita “Non dica sciocchezze” “Payne è incantato da te, credo sia un riflesso incondizionato, insomma, non vede una ragazza da mesi interi e tu sei esattamente l'opposto delle ragazze comuni” “Sono un mostro?” Gomez annuì deciso incrociando le braccia dietro alla testa “Sei a metà tra la normalità e la pazzia ma tendi a deviare sulla pazzia il che, a mio avviso, non è niente male” “Mi hanno sempre insegnato a chiuderla sotto chiave” “Scelte errate” “Davvero?” si fermò qualche secondo concentrandosi sul viso dell'uomo “Perché devi frenare quello che sei? Se hai un talento come il tuo dovresti essere lasciata libera di esplodere e non costretta a nasconderti continuamente” di nuovo la carezza delicata del vento, di nuovo quel profumo leggero di estate e tenerezza “Colpa degli incubi?” per qualche secondo i loro sguardi si sfiorarono “Lei come ...” “È una cosa normale, li ho avuti anche io ma ho imparato a soffocarli” “Come?” domandò sfinita prendendo ago e filo “Come riesce a non sentirli?” l’uomo ridacchiò incrociando le braccia dietro alla testa “Fingo che non esistano” “E funziona?” “No, non sempre però voltarsi dall’altro lato e continuare a dormire aiuta” tirò leggermente il filo, il primo punto prese posto sulla carne disinfettata “Non so darti un consiglio, le persone non sono tutte uguali e magari, quello che funziona per me non funziona per te. Devi solo trovare un modo tutto tuo per soffocarli” “Li prendo a randellate?” buttò lì continuando a suturare la ferita “Si, questa può essere un’idea oppure ...” riprese fiato inchiodando gli occhi ai suoi “ ... puoi considerare l’ipotesi di affrontarli” “Perché dovrei farlo?” “Se saprai trovare il loro punto debole riuscirai a sconfiggerli. Non ti ho insegnato niente fino ad ora? Dividi e attacca ragazzina!” tagliò il filo posando l’ago sul telino “Divido i miei incubi e attacco la causa, si, si ha senso” “Lo so” asserì deciso “D’accordo, ora le faccio una dose di antibiotici per prevenire eventuali infezioni più gravi” l’ago entrò nella carne togliendogli qualche secondo il respiro “Chissà come mai tutti i maschi hanno questa reazione alle siringhe” “Cosa?” “Oh niente, riflettevo tra me e me signore” coprì la ferita con un cerotto sterile e senza smettere un secondo di sorridere lo invitò ad alzarsi “Sei stata veloce” “E lei è stato bravo” esclamò divertita passandogli la maglia “Non si strapazzi per qualche ora, non tolga la medicazione e non giochi con armi o cinghie” “Ehi, sono un tuo superiore, porta rispetto ragazzina” “E infatti è quello che faccio signore ma qui dentro io do gli ordini. Sono il suo medico e ordino riposo fino a questa sera quando verrà qui e cambierà la medicazione chiaro?” Gomez sbuffò afferrando il cappello dal tavolo “D’accordo ma non prenderci gusto” scoppiò a ridere divertita da quell’esplosione di ilarità perché essere medico aveva i suoi lati belli soprattutto quando uno schieramento intero di soldati dipendeva solo ed unicamente dalle sue decisioni.

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Capitolo 27
*** Chiudi gli Occhi ***


                                                         Chiudi gli Occhi 




Chiudi gli occhi, respira, libera la mente, respira, ascolta il corpo della tua arma, rilassati, smetti di pensare, prendi la mira e spara ...
sempre quello, sempre lo stesso pensiero fisso ad allentare la pressione dei nervi.
Era per quello che il colonnello l’aveva preparata, era per quello che aveva passato gli ultimi cinque giorni a massacrare corpo e mente, per arrivare preparata a quel momento, in quel posto, con quelle persone.
Staccò il dito dal grilletto sfilando un nuovo caricatore. Quella vita fatta di sangue e metallo non aveva più alcun effetto su di lei.
Era un soldato, un militare con le palle addestrato a sparare, a uccidere, a difendere con le unghie e con i denti i principi della sua patria perché in quel plotone non potevi essere solo un medico.
Dovevi lottare continuamente con tutti, con tutto, perfino con te stesso per riuscire a restare ancorata alla vita, era diventata così ormai, fredda, insensibile, maschera di una ragazza tenera e delicata che aveva imparato ad usare rabbia e cattiveria per fare del male.
Obbediva agli ordini senza fiatare, correva in avanti quando le veniva ordinato ma tornava ad essere un medico quando nell’aria rimbombavano le parole “Uomo a terra”.
In quel momento, in quel preciso e determinato momento ogni pensiero cambiava, le armi cadevano per terra e il cuore del cardio chirurgo tornava a battere all’impazzata.
“Cazzo! Stiamo pisciando metallo da quanto? Tre ore?” sorrise agganciando il caricatore nuovo “Come va Yale? Senti ancora le braccia?” “Credo che quello destro si staccherà a breve”.
Erano sdraiati a terra da ore, a cosa era servito studiare il rinculo dei colpi di quel fottuto fucile? Gomez non le aveva detto che le spalle sarebbero state comunque massacrate.
Si voltò leggermente di lato cercando di schiacciarsi il più possibile contro quel leggerissimo rialzo di roccia, loro unica e debole protezione poi quell’urlo improvviso, un’esplosione violenta.
La polvere coprì in pochi secondi tutta la visuale “Yale!” si voltò di colpo cercando di capire da dove arrivasse la voce di Mason ma non aveva punti di riferimento “Dove diavolo sono?” “Non ne ho idea” mormorò Payne avvicinandosi a lei “Eccoli!” esclamò di colpo piantando le mani per terra ma il ragazzo la tirò indietro inchiodandola alla parete di roccia “Che stai facendo?” “Dovrei lasciare Floyd a morire lì per terra?” “Ci stanno sparando addosso!” “Sei un soldato anche tu maggiore” ribatté divertita sfilandosi dalla sua presa “Prendi il fucile e spara!” “Aspetta!” ma era già corsa fuori incurante del caos, dei colpi sordi che esplodevano nell’aria o delle sue stupide urla.
Correva, correva senza fermarsi nemmeno un secondo a pensare, scivolò nella polvere abbracciando il corpo del ragazzo “Ehi ... ehi dottoressa ...” “Ora ce ne andiamo d’accordo?” sfiorò il viso insanguinato di Floyd cercando di sorridere ma sentiva le urla del suo comandante, lo sentiva imprecare, cercare in ogni dannata soluzione a quel casino immenso “Hopkins! Trova un modo per contattare la compagnia di Madison!” “Signore abbiamo qualche problema e ...” “Non me ne frega un cazzo!” sbottò continuando a sparare “Ho un uomo a terra, un medico sotto fuoco nemico che cerca di tenerlo in vita, non ho bisogno delle tue stronzate ora! Chiamami Madison!” l’altro sospirò arretrando leggermente mentre la voce di Payne arrivò limpida dall'auricolare “Signore abbiamo un problema” “Sei sempre così simpatico Payne?” sbottò schiacciandosi l’auricolare contro l’orecchio “Se mi date copertura posso raggiungerla, l’aiuto a spostare Floyd e avrete via libera per ...” “Signore abbiamo problemi di comunicazione!” “Dammi quella dannata radio!” strappò il microfono dalle mani di un ragazzo sputando per terra “Dove diavolo siete finiti! Ho bisogno che piova metallo perché qui siamo nella merda!” “Siamo in volo signore” “Chiedo supporto aereo immediato! Ho due uomini bloccati sotto fuoco nemico. Ci sono tre mortai posizionati sul minareto e otto cannoni lungo tutto il raggio della difesa” Eagle one fuoco!” un sibilo improvviso, scie chiare di fumo colorarono il cielo.
Sulle loro teste sfrecciavano gli aerei del quarto squadrone, i missili colpirono violentemente la città sfondando muri, aprendo brecce nella pietra “Avanti!” l’urlo del colonnello liberò gli uomini dai blocchi “Colonnello gli infrarossi rivelano la presenza di uomini sull’altipiano alla vostra sinistra” “Cazzo!” sbottò schiacciandosi più forte l’auricolare vicino al viso.
“Che diavolo ti è saltato in mente!” esclamò Payne raggiungendola “Sei impazzita? Potevi morire!” “Oh andiamo! Smettila di preoccuparti per me e aiutami a portarlo via” avrebbe voluto prenderla a schiaffi per la paura che lo stava divorando ma forse, in quel momento, aiutare Floyd era l’unica cosa da fare.
Afferrò il ragazzo trascinandolo dietro al rialzo ghiaioso “Come sta?” domandò preoccupato Gomez raggiungendoli “Ha il respiro corto, il proiettile è ancora dentro ma ho bloccato l’emorragia. È fasciato e probabilmente svenuto, non ha tempo signore!” “Gran bel lavoro ragazzina” alzò una mano verso il cielo dandole il cinque “Gilligan fatti aiutare da quel ragazzino, portatelo nelle retrovie subito!” i soldati eseguirono gli ordini alla velocità della luce “Hai fatto un ottimo lavoro ragazzina ma se corri ancora in quel modo senza prima avvertirmi ti sparo io. È tutto chiaro?” ma per quanto provasse a sembrare severo e cattivo sapeva bene che l’orgoglio e l’ammirazione per quel gesto impulsivo tradiva il suo sguardo.
“Eagle one riuscite a vederli?” seguirono lo sguardo del loro comandante, era agitato, confuso, si guardava intorno senza tregua cercando qualcosa, qualcuno “Positivo signore! Ci dirigiamo sul bersaglio” “Eagle three, fuoco!” tre scie di fumo rigarono il cielo, la roccia schizzò ovunque costringendoli a cercare riparo “Avete conferma dell’impatto?” “Positivo signore!” “C’è qualcosa che non va” sussurrò Payne guardandosi attorno “C’è qualcosa che non va” “Ma cosa ...” “Signore stiamo entrando troppo facilmente” “Lo so” rispose scrutando guardingo gli altipiani attorno a loro poi quel luccichio lontano, un bagliore leggero così leggero da sembrare quasi inventato ma abbastanza preoccupante per urlare “Trovate un riparo!”.
Tre ragazzi si buttarono per terra coprendo la testa con le mani, un colpo improvviso, il secondo ufficiale si strinse la spalla cadendo in ginocchio “Sono cecchini! Sono cecchini sull’altipiano a nord ovest!” “Fox one seguite le coordinate, capisquadra sciogliere le formazioni!” il rombo dei caccia si fece più forte mentre lì sotto tutto diventava inferno “Andiamo Yale abbiamo dei feriti da aiutare!” urlò Mason afferrandola per un braccio.
Andava tutto a rilento, perfino respirare sembrava difficile, fasciò l’ennesima spalla cercando di concentrare ogni più piccola cellula di sé nel sorriso, nella voce calma e pacata perché se anche lei fosse andata giù di testa, quei ragazzi avrebbero perso la forza di lottare “Il tenente Floyd sta bene signora, è fuori pericolo e ...” ma il giovane non finì la frase, le cadde addosso schiacciandola per terra.
Sentiva l’odore del sangue, il tremito violento di quel corpo abbandonato sopra di lei.
Gli occhi del giovane inchiodati ai suoi mentre un rivolo di sangue scendeva dalle sue labbra macchiandole il collo, avrebbe voluto parlare, dirgli qualcosa ma tutto quello che riusciva a fare era smettere di pensare perché aveva un cadavere addosso ancora bollente, un giovane militare che aveva solo la colpa di aver portato in salvo un suo compagno.
Chiuse gli occhi cercando di respirare ma sentiva il cuore schizzare nel petto alla velocità della luce mentre uno dopo l’altro, i pensieri venivano ingoiati dall’orrore.

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Capitolo 28
*** La pazzia a volte fa Bene ***


                       La pazzia  a volte fa Bene






“Portala in patologia e fammi avere i risultati il prima possibile” la ragazza annuì correndo via “Oh, capo” un bel sorriso a colorarle lo sguardo “Cosa ci fa da queste parti?” “Stavo controllando il mio paziente” “Qui entrano solo gli dei di cardiochirurgia non lo sapeva?” trasalì cacciando lontano il viso di sua moglie apparso dal nulla “Che ne dice di bere un caffè?” “Non ha un intervento da fare?” “Non ti ho già detto di chiamarmi Karen?” domandò divertita sfilando la cuffietta “Andiamo, un caffè, quattro chiacchiere e niente di più. Almeno così allontaniamo questa giornata frenetica” ci pensò qualche secondo cercando anche solo un motivo valido per accettare quell’invito ma il suono del cellulare interruppe il contatto violento dei loro occhi.
Sorrise sfilando il telefono dalla tasca “Pronto?” continuava a guardare la ragazza di fronte a sé cercando di capire chi fosse ad interrompere quell’attimo di pace “Pronto?” un respiro spezzato, un attimo di esitazione poi una voce flebile e delicata “Owen” “Tu ... tu sei ...” trattenne il respiro mentre il cuore schizzò via dal petto “Va tutto bene?” domandò preoccupata Karen sfiorandogli una spalla ma lo sentì tremare, sottrarsi dolcemente a quel tocco delicato “Scusami” sussurrò allontanandosi velocemente da lei, dal mondo intero.
“Oddio ... tu sei ...”“Sono ancora viva” si chiuse nello stanzino di riposo pregando Dio che nessuno avesse bisogno di lui “Stai bene?” domandò tremante “Sto ... sto bene” “Cristina tu ...” “Avevo solo bisogno di sentire la tua voce tutto qui” “È successo qualcosa?” “Sto bene solo ... sono solo ...” ma come poteva pretendere di restare calmo quando dall'altro lato sua moglie piangeva come una bambina “Oddio” sussurrò passandosi una mano in viso “Amore mio tu sei ...” “Sei qui!” una voce improvvisa, il respiro di sua moglie soffocato nell’abbraccio di uno sconosciuto “È due ore che ti sto cercando e ... che è successo?” non sapeva cosa fare, come muoversi, era terrorizzato perché per la prima volta da mesi interi aveva la certezza che fosse ancora viva ma ora, ora tutto quello che riusciva a fare era restare lì, immobile come un’idiota mentre lei piangeva “Yale che diavolo è successo!” “Niente sto ... sto solo ...” “Stai piangendo” la sentì sospirare, mascherare il pianto dietro ad un semplice sorriso “Michael è morto?” “Sono tutti ... era venuto ad aiutarmi ma non ...” “Di chi stiamo parlando?” “Evans è ... mi è caduto addosso e non sono riuscita a ... è morto” “Cosa?” “È morto su di me e non ...” “Andiamo Yale fai un bel respiro, se ti agiti mi agito anche io e non capisco più niente!” “Ero … ero certa di aver … mi aveva appena detto che tutto sarebbe andato bene e non … mi è morto addosso!” “Ma che diavolo ... stai sanguinando?” il cuore mancò un colpo mentre la voce uscì da sola dalle labbra “Sei ferita?” la sentì sospirare, tentare di riportare i battiti del cuore ad un livello accettabile “Cristina!” urlò terrorizzato alzandosi in piedi di colpo, si sentiva male, perso in un mondo dove gli incubi e la paura gli massacravano l'anima “Non è niente di grave, solo una stupida ferita e ... non è stato importante, ero solo ... e … ha colpito prima lui e poi ha … e adesso ...” “Adesso esci di qui e vai da Mason, non è mai stupida una ferita d'arma da fuoco” “Non posso, devo andare assieme al terzo gruppo marines” “Anche io ma non ci vado sanguinante chiaro?” “Puoi darmi solo due minuti?” “Se non esci da qui entro due minuti ti trascino fuori lo giuro!” pochi secondi di silenzio e poi di nuovo la voce di sua moglie a riempire ogni stupido pensiero “Mi dispiace Owen, mi dispiace davvero, non volevo preoccuparti in nessun modo, è stata una giornata difficile, ho perso dei ragazzi e ora mi sembra tutto così stupido” “Non volevi? Cristina sei ... sei mia moglie e ogni volta che ...” strinse la testa tra le mani cercando di regolare il flusso dei pensieri “ ... sei ferita?” “Avevo solo bisogno di sentire la tua voce perché sono tre notti che torni continuamente negli incubi e non so come mandarti via e ora è ... è successa questa cosa e quando ero sdraiata lì sei tornato davanti agli occhi e io ...” “Ti amo” due parole che uscirono di colpo dalle labbra.
Quasi senza riflettere aveva riempito la distanza tra loro con due stupidissime parole appena sussurrate “Ti amo, ti amo e non posso fingere che non sia così. Ti amo ogni ora di ogni giorno e tu non ... ti prego torna da me e ...” il silenzio assordante lo costrinse a trattenere ogni dannato sentimento.
Immobile nel niente gelido della stanza mentre il suono cupo e vuoto del telefono lo uccideva secondo dopo secondo.



“Non farlo mai più” sbottò Kevin sdraiandosi accanto a lei “Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere chiaro?” “Ma che ...” “Come sta la spalla?” domandò preoccupato voltandosi su un fianco “Ti fa ancora male?” “Brucia un po’ ma è sopportabile” “Dio, non immagini nemmeno quanta voglia ho di prenderti a schiaffi” ma il respiro si bloccò di colpo, la mano della ragazza gli sfiorò il viso costringendolo a cercare il suo sguardo “Eri preoccupato per me?” “C’è qualcun’altro così folle da correre a perdifiato mentre sparano?” “Sarebbe morto” “Potevi morire anche tu!” pochi secondi di silenzio, le mani dolcemente intrecciate vicino al petto “Non amavi la pazzia?” domandò divertita stringendosi nelle spalle “Amo la pazzia perché non è mai banale né monotona ma tu ...” sospirò perdendosi di nuovo su quel viso di perla “ ... sei la mia persona Yale, mi hai costretto a volerti bene, mi hai dato una famiglia e sai quant’è difficile per me affezionarmi a qualcuno ma tu sei riuscita a rompere le barriere che avevo alzato e non puoi decidere da sola quando fare idiozie e quando no” la vide sorridere, voltare il viso verso di lui sfiorandolo con la fronte “Mi dispiace maggiore, prometto che non farò più idiozie” “Non ti credo” “Fai bene” Kevin sbuffò alzando gli occhi al cielo mentre le braccia si chiudevano attorno a lei “Ho solo tre ore per dormire, tre maledette ore e tremila pensieri!” “Kevin?” “Dimmi” “Non parlare” mormorò sfinita chiudendo gli occhi.
Il ragazzo sorrise seguendo il suo respiro dolce e delicato, chiuse gli occhi pregando il cielo che almeno per tre fottute ore, gli incubi e le paure restassero lontano da loro.


Colpi secchi sul pavimento, la voce forte e profonda del colonnello Gomez, sorrise continuando a scrivere.
L’aria calda del giorno entrò dalla finestra sfiorandole il collo, i capelli ormai costretti sempre e solo in quella treccia meravigliosa.
Tre grammi di morfina seguita da due iniezioni di ... “Dove diavolo eri sparita!” sbuffò abbandonando la biro sulla cartelletta “Ha chiamato signore?” lo sguardo dell’uomo si caricò di ironia costringendola a sorridere “Sei o non sei un medico?” borbottò irritato abbandonando l’arma accanto al lettino “Sollevi la maglia e si sieda lì sopra” “Sappi che il fatto che io abbia bisogno di te non vuol dire che tutto ti sia dovuto!” si voltò di colpo cercando di capire cosa stesse combinando quell’uomo strano e un po’ folle “Con chi ha litigato?” “Lasciamo perdere!” “Come va la ferita?” tolse la fasciatura controllando i punti “Niente infezioni, margini puliti, che ne dice se li togliamo?” l’altro sorrise cancellando per qualche minuto la rabbia e il gelo che si era portato con sé.
Infilò i guanti avvicinando le forbici alla pelle abbronzata “Sei stata brava là fuori ragazzina” “Ho disobbedito agli ordini” “Hai salvato una vita. Questo non è disobbedire ma prendere una decisione” sollevò per qualche secondo gli occhi incontrando il suo sguardo “Come sta la tua spalla?” “Sto bene signore, era solo una ferita di striscio e niente di più” ma Gomez socchiuse gli occhi sospirando “Hai trovato il modo per distruggere gli incubi?” quella domanda apparsa dal nulla la fece trasalire.
Nascose esitazione e paura dietro ad un bel sorriso luminoso pregando il cielo che lui non se ne accorgesse “Credo di si signore” “Davvero?” tagliò un altro punto sfilando il filo con le pinze “Quando sogno non vedo me stessa. Non sono preoccupata per la mia vita o per quella di Kevin ma per mio marito. Lo vedo morire o finire da qualche parte pieno di sangue o pieno di tagli” “Sei sposata?” domandò sbalordito ma lei non rispose, si limitò a sorridere annuendo appena “Sopporto bene la pressione, sono sempre stata allenata a controllare le emozioni tenendole fuori da quello che realmente sono ma quando dormo ...” riprese fiato cercando di non perdere il filo logico dei pensieri “ ... quando dormo le mie difese si abbassano e divento più debole” “Ottima deduzione” “Quindi, per eliminare la forza che hanno gli incubi devo eliminare la paura da cui attingono e l’unico mio rimorso, l’unica mia paura è Owen” posò le pinze disinfettando il taglio ormai ben rimarginato “Devo allontanarlo da me per allontanare anche gli incubi” “Vedi?” sospirò Gomez “Ti avevo detto che ci saresti arrivata” “Dividi e colpisci no?” “Esatto” esclamò l’uomo rialzandosi “Dividi e colpisci!”








 

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Capitolo 29
*** Il Natale fa Magie ***


                                               Il Natale fa Magie





Chiuse gli occhi cercando di respirare mentre stringeva tra le mani quei fogli maledetti: Richiesta di divorzio.
Non avrebbe mai firmato quelle carte, non l'avrebbe mai lasciata andare perché non era quello che urlava il suo cuore, poi i colpi secchi sulla porta e il viso sorridente e riposato di Karen “Posso?” “Che ... che ti serve?” mormorò nascondendo il fascicolo sotto ad un mare di carte “La tua firma qui sopra” “Cos’è?” gli occhi sfiorarono qualche secondo i fogli “Sei impazzita? Vuoi farlo resuscitare?” “No” puntualizzò divertita “Voglio farlo morire per qualche ora e poi farlo resuscitare” “Shepard che ne pensa?” “Veramente me l’ha suggerito lui” scosse appena la testa firmando “Cercate di non ucciderlo per favore, abbiamo già abbastanza casini così e non abbiamo cuori di scorta” “A questo proposito” gli occhi chiari della giovane si inchiodarono ai suoi “Volevo proporti una cosa” “Cosa?” domandò guardingo inclinandosi leggermente verso di lei “Vorrei eliminare il progetto sulle ...” “No” sbottò senza nemmeno pensarci due volte “Oh andiamo! È una perdita di tempo e soprattutto, un modo orribile per impiegare personale e soldi” “Ho già detto di no” “Era della dottoressa Altman ma lei è andata via. L’ha presa la Yang e poi è sparita e io non ...” “Wilson!” esclamò secco bloccandola “Ho già detto di no due volte, sentirmelo dire un’altra volta aiuterebbe?” “È solo una ricerca” “Non è solo una ricerca!” “D’accordo” sussurrò confusa alzando leggermente le mani “Non la toglieremo” si riprese biro e fogli e senza più dire una parola lo lasciò solo.




“Forse dovremo riposare un po’” “ A che scopo?” domandò divertita aggrappandosi di nuovo alla barra di ferro “Se mi fermo adesso non ne verremo più fuori” i muscoli si contrassero assieme sollevandola verso il cielo “Smettila di torturarti, non diventerai più forte così” “No” mormorò inspirando “Ma almeno ci posso provare” “A cosa ti serve?” domandò ironico riagganciando il caricatore “Insomma, sono seduto qui fuori, smonto e rimonto il mio fucile senza guardarlo e tu continui a fare trazioni e tutto per cosa? Per avere la possibilità di trascinare una persona? Sei troppo piccola per trasportare uno di noi” ma lei sorrise concentrandosi solo battito del proprio cuore “Avrai sempre una squadra di supporto e in ogni caso, oggi è Natale” “Sono ebrea, un bambino che nasce in una stalla con angeli e re magi non mi tocca più di tanto” il ragazzo sorrise alzando gli occhi al cielo.
Un’altra trazione, l’ennesima imposta a quei muscoli ormai distrutti dalle troppe ore di lavoro e allenamento.
Si lasciò cadere per terra ridendo “Ehi, potremo fare l’albero” esclamò Kevin passandole l’asciugamano “Oh certo, l’Afghanistan è famoso per le sue distese di abeti verdi” “Smettila di fare esercizi o non avrai bisogno del corso di mimetizzazione perché nessuno ti vedrà” “La smetti?” sbottò ironica “No, quando costringi il corpo a sforzi del genere perdi liquidi e diventi irritabile” “Cosa?” “Già e in più diventi più magra” “Te l’ho già detto una volta, se non ...” ma Kevin sbuffò alzandosi in piedi “Guarda ...” la tirò tra le braccia stringendo le mani attorno ai suoi fianchi “ ... mancano tre centimetri vedi? Tre centimetri per arrivare a toccarmi le dita” “Idiota” sussurrò divertita alzando lo sguardo.
Il respiro si bloccò di colpo, rapito dal colore violento che quegli occhi riversavano su di lei “Che c’è?” domandò confuso “Non ti senti bene?” “Stavo ... stavo pensando tutto qui” le mani del ragazzo allentarono la presa salendo dolcemente fino alle spalle “Sai, mi è venuta un’idea” le sorrise costringendola a sedere tra le sue gambe “Oggi io e te facciamo l’albero” “Ma che ...” “Zitta!”.
Sfilò dalla tasca un foglio di carta e con la matita iniziò a tracciare delicate linee scure che la fecero sorridere “Sei bravo a disegnare” “Lo so, vedi? Decorazioni colorate e stelle e questo ...” sussurrò aggiungendo un bel fiocco al regalo appena disegnato “ ... è il mio regalo per te” “Davvero?” domandò divertita appoggiandosi al suo petto “Ha una bella carta d’argento, brillante e lucida spezzata di tanto in tanto da questo fiocco verde scuro. Lo stesso colore che ti fa sorridere ogni volta che pensi a casa tua e sono abbastanza sicuro di aver scritto anche un biglietto” la sentì ridere, stringersi più forte tra le braccia cercando in lui quel sostegno e quella protezione che da troppo tempo non aveva.
In fondo stava bene, in quel posto dimenticato da Dio, seduto con la schiena appoggiata ai sacchi di sabbia e una ragazza bella come il sole tra le braccia “È un bel biglietto Yale, c’è scritto : Al soldato più bello che abbia mai visto. Non cambiare mai perché sei una forza della natura” allontanò leggermente il disegno inclinando la testa di lato “Allora? Che te ne pare?” “È bello” sussurrò allungando una mano verso il foglio “Ma ci manca qualcosa” “Davvero?” domandò confuso studiando ogni linea scura “A me sembra perfetto insomma, è un albero di tutto rispetto e ...” “Manca il tuo regalo” mormorò ridacchiando “Oh ... davvero?” “Un regalo avvolto da carta blu, scura come la notte e il nastro argento come le stelle che tutte le notti conti” avvolse le braccia attorno alle sue spalle ridendo “Buon Natale Yale” “Ci credi davvero?” “A cosa?” domandò confuso posando il mento sulla sua testa “Al Natale, ai doni di qualcuno nato per caso in una fredda notte d’inverno” “Credo alla magia di quella nascita. Credo che tutto il mondo sia un po’ più speciale quel giorno perché è sempre bello credere in qualcosa di magico” “Anche se non si ha niente per cui ringraziare?” sorrise stringendola più forte “È senso di colpa questo?” la sentì sospirare, nascondersi ancora di più tra le sue braccia allontanandosi dal resto del mondo “L’ho lasciato con una stupida lettera e i documenti già firmati per ...” “Era quello che volevi?” “Non lo so” mormorò sfinita “Credo di si” “Allora va bene così Yale, va bene in qualunque modo. Non l’hai lasciato per gioco ma per l’hai fatto per lui, so che fa male, ti vedo lottare, fingere che tutto vada bene ma ti conosco, ti conosco bene e so che non passerà mai” “Sono una scema vero?” la voltò dolcemente verso di sé sorridendo “Ho chiuso fuori dalla mia vita la mia sorellina Yale, l’ho lasciata sola fingendo di non avere un passato, di non avere più lei. È stata affidata ad una famiglia che probabilmente ne avrà cura più di quanto possa mai averne io e tutto questo per cosa? Avevo paura delle responsabilità, della vita di mia sorella che di colpo diventava la mia priorità. Io sono un’idiota Yale, tu sei solo molto coraggiosa e innamorata. Non hai niente di cui rimproverarti” “Non mi perdonerà mai” “E allora vorrà dire che troveremo un modo per tornare a vivere” la vide sorridere, sospirare appoggiandosi di nuovo a lui “Un modo per tornare a respirare” già, perché in fondo, era di quello che si trattava, tornare a respirare e niente di più.

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Capitolo 30
*** Vita e Speranza ***


                                  Vita e Speranza





“Ok, d’accordo ho messo il punto” gli occhi si incontrarono mentre un debolissimo sorriso spuntava dolcemente sul volto “È vivo?” domandò spaventato Hopkins “È vivo” posò l’ago lasciando l’aria libera di entrare nei polmoni.
Aveva passato dieci minuti buoni a tentare di cacciare via la morte, a lottare con le unghie e con i denti affinché quel ragazzo vivesse e ora, ora era lì, con le mani impegnate a ricucire il suo ventre, il viso schizzato di sangue e sabbia e gli occhi di Hopkins di fronte a lei a farla respirare.
Tre ore per spostare tutti i ragazzi dal campo base a Kabul poi di nuovo il sorriso di Kevin, le sue braccia a stringerla violentemente quasi come se quel distacco imposto dal comando gli avesse massacrato l’anima “Allora? Come sta la mia ragazza folle e un po’ petulante?” “Non capisco per quale stupido motivo devo restare indietro e tu ...” “Perché ...” iniziò divertito staccandola da sé “ ... il colonnello Gomez ha dato quest’ordine. Perché là davanti c’era Mason e perché ci serviva qualcuno qui, a medicare chi arrivava dalla prima linea” “Sciocchezze” “Smettila” schizzò di lato infastidita dal solletico improvviso “E Mason dove ...” ma Kevin non rispose, si limitò a sorridere indicando l’elicottero alle sue spalle.
Uno dopo l’altro gli uomini della squadra speciale scendevano dal portellone poi il viso di Mason, il suo sorriso e quella mano alta verso il cielo a salutarla “Grazie a Dio” sospirò chiudendo gli occhi qualche secondo “Ehi ragazzina!” la manona dell’uomo si posò sulla sua spalla costringendola a sorridere “Hai ucciso qualcuno in mia assenza?” “No signore” “E Darrell che continua a chiamarmi per riaverti indietro” sbottò indispettito sputacchiando a terra “Ragazzi miei ho un regalo per voi” “Davvero?” domandarono confusi voltandosi per qualche secondo l’uno verso l’altro “Questo pomeriggio partirete” “E per dove?” “Casa” “Oh andiamo” esclamò divertita sistemandosi una ciocca di capelli dietro all’orecchio “Credi davvero che stia scherzando?” “Non lo so me lo dica lei” “Ok” mormorò Kevin tirandola leggermente indietro “Basta così” “Ma lui ...” “Lui è un colonnello, noi no quindi ascolta e respira” sbuffò tornando a concentrarsi sul volto carico di allegria di Gomez “Sono più grande di te ragazzina, impara ad avere rispetto” “D’accordo signore, io la calmo ma se lei potesse evitare di aizzarla sarebbe ...” “Oh andiamo, ho vinto io ed è l’unico modo che ho per ridere di lei” borbottò appoggiando il fucile sulle casse lì accanto “Licenza premio ragazzi” “Uao, per quanto?” “Un mese circa” “Attenzione” mormorò ironica alzando gli occhi al cielo ma Gomez sorrise “Ti sembra poco?” “Sinceramente signore penso il contrario” “Molto bene, non ho nessuna intenzione di rinunciare a quelle mani quindi, va a casa per un po’, respira aria pulita e non fare niente che possa rompere ossa o tagliare pelle perché mi devi tornare indietro così come ti ho lasciata andare chiaro?” le fece l’occhiolino allontanandosi a grandi passi verso la tenda.
“Allora? Andiamo a casa Yale?” “Davvero?” “Hai sentito il colonnello!” “Si è solo ...” la vide sospirare, tremare leggermente stringendosi nelle spalle “Non devi rivederlo per forza sai? Insomma, non è più tuo marito” “Non gli ho nemmeno dato una spiegazione” “Yale sono passati tre mesi, potrebbe anche aver trovato un altro modo per smettere di pensare a te” “Già” sussurrò abbassando lo sguardo “Trova sempre un altro modo” ma il ragazzo sorrise alzandole dolcemente il viso “Hai paura di rivederlo?” “ Ho paura di essere così cambiata da non interessarmi Kev” “Beh, a questo ci penseremo una volta arrivati” “Noi?” domandò confusa “Credevi davvero che ti avrei lasciato andare da sola? Staremo a Seattle qualche giorno, qualche settimana o anche qualche ora decidi tu” “E poi dove andremo?” “In Texas” lo sguardo della ragazza lo fece sorridere “Ti avevo detto che ho un ranch no? Potrai divertirti a cavalcare cavalli e potrai prendere in giro il mondo intero per la sua stupida voglia del nulla” “Grazie” sussurrò sfiorandogli una mano “E di cosa? E poi, devo assolutamente conoscere la tua persona no?” ma lei scosse leggermente la testa ridacchiando “Che c’è?” “Sei tu la mia persona” cinque parole così dolci e cariche di emozione da costringerlo a respirare, a riflettere per qualche secondo sull’enormità che quel compito richiedeva “Sono la tua persona” mormorò sfiorandole il viso “Sono la tua persona” “Esatto maggiore” la mano scese sul collo fino alla spalla “È impegnativo” “Si, richiede una buona dose di pazzia, credi di esserne in grado?” domandò divertita “Credo sia meglio che tu mi cucia il braccio prima che litri e litri di sangue decidano di uscire dal mio bellissimo corpo” “Ma cosa ...” sollevò appena la manica mostrandole una fasciatura sporca e vecchia “Ferita di guerra ricucita con filo di ferro e coltellino, pensi di riuscire a renderla simile ad una cicatrice?” “Andiamo McGayver, ti sistemo il braccio” lo prese per mano tirandolo dolcemente verso la tenda di soccorso, forse non tutto era un male, forse, la vicinanza di Kevin l’avrebbe aiutata a comprendere meglio ogni dannato minuto della sua stupida vita.




Parlo con il maggiore Gomez?” “Signore, che piacere risentirla” esclamò deciso accavallando le gambe sul tavolo “A cosa devo il piacere della sua presenza quaggiù?” “Una donna!” “Non so come aiutarla” “Lei ha una donna tra i ranghi o sbaglio?” ridacchiò divertito prendendo dalle mani dell’ufficiale il bicchiere d’acqua “Mi chiama per questo?” “La chiamo per sapere che diavolo ci fa una donna nelle forze speciali! Quand’ho controllato l’ultima volta sono abbastanza certo di aver letto nel regolamento che l’accesso alle forze speciali nei ruoli operativi è precluso alle donne! Che diavolo le passava per la testa? Credeva di poterlo tenere nascosto ancora per quanto? Il generale di stato maggiore è sul piede di guerra colonnello! Abbiamo già troppi problemi così, non ci serve che una ragazzina si diverta scorrazzando per la prima linea” “È un medico signore” “Può anche essere la madonna in persona ma non può far parte delle sue unità! È una donna, non c’è bisogno che le spieghi il perché vero?” “Dovrei far morire i miei ragazzi?” urlò picchiando con violenza il bicchiere sul tavolo “Con tutto il rispetto signore, finché starà seduto dietro ad una scrivania con leccaculo che le portano avanti e indietro cibo e vino non può capire cosa si prova a veder morire giorno dopo giorni i tuoi ragazzi! Sono i miei figli signore, la mia famiglia e se per tenerli in vita, se per farli rialzare da quei letti devo usare le mani di una donna allora può stare certo che lo farò!” “Oh questo non lo metto in dubbio” sbottò gelido l’uomo “Ci risulta che la dottoressa è in forze al plotone del colonnello Darrell. Non ci ha ancora spigato come diavolo gli è venuta questa stupida idea ma reclama per sé tutta la colpa. È il suo medico e pretendo che entro qualche giorno torni al suo reggimento chiaro?” ma lui sorrise scuotendo appena la testa “La dottoressa Yang non se ne può andare” “Non può?” “Sta addestrando due reclute, finché non li avrà preparati a dovere non ho alcuna intenzione di farla partire da qui chiaro?” “Ma cosa ...” “Signore mi sta chiedendo di far partire la speranza dei miei ragazzi, deve concedermi tempo per permetterle di addestrare qualcun’altro al suo posto” “A che punto sono le nuove reclute?” “Appena all’inizio signore, è da qualche giorno che sentivo qualcosa di strano nell’aria e mi sono premunito, aspettavo la sua chiamata prima o poi anche se speravo che le passasse per la testa” “Le do quattro mesi colonnello, quattro mesi e non uno di più è chiaro?” “Cristallino signore!” “Durante questo tempo la ragazza non dovrà mai lasciare il campo base, si muoverà solo per tornare al reggimento e per andare in bagno, niente visitine ai feriti dei campi in prima linea, niente viaggetti su gip nel deserto chiaro?” “Perfetto signore” attacco il cellulare imprecando per quel colpo previsto che ora pesava più di un macigno. “Malooney!” urlò alzandosi in piedi “Comandi signore” “Ricordi ancora come si fa il dottore vero?” “Più o meno signore, non sono un vero e proprio medico e ...” “D’ora in avanti sei l’ufficiale medico in capo chiaro?” “Ma la dottoressa ...” “Ascoltami bene” sbottò gelido avvicinandosi al ragazzo “Abbiamo qualche problema di comunicazione, quei buffoni dei piani alti hanno controversie e scartoffie da rispettare, la dottoressa ritornerà dal colonnello Darrell tra quattro mesi più o meno e tu ...” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ ... tu dovrai imparare da lei quante più cose possibili chiaro?” “Si signore!” “Ora sparisci, chiamami Darrell e quando l’avrai in linea passamelo” l’altro annuì deciso correndo via.
Sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel momento, aveva provato in tutti i modi a mascherarla, a renderla il più possibile simile ai suoi ufficiali.
Aveva provato a tastare il terreno per capire cosa pensassero di lei i ragazzi ma era bastato un semplice sorriso per costringerli a buttare ogni briciolo di speranza tra le mani di quella ragazza un po’ pazza sbucata dal nulla e ora, ora avrebbero perso quella speranza e tutto per cosa? Per qualche decisione presa in un ufficio pomposo e lussuoso? No, non avrebbe permesso che quei damerini incotonati distruggessero anche l’unico tesoro del suo plotone perché in guerra, vita e speranza sono ori da proteggere avidamente e lei donava l’uno e l’altro.

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Capitolo 31
*** Il mare racconta Segreti ***


                            Il mare racconta Segreti





“Ehi!” esclamò allegra abbracciando la bambina “Come stai piccola?” Nadira sollevò lo sguardo senza staccare le braccia dai suoi fianchi “Hai fatto un buon viaggio?” le sorrise scostandole dagli occhi una ciocca di capelli scuri “Si” sussurrò la piccola abbozzando un leggerissimo sorriso “Si? Davvero?” Mason alle sue spalle scoppiò a ridere “Ha dormito un po’ ma il resto del viaggio l’ha passato a studiare le nuvole” abbracciò la ragazza ridacchiando “Come stai?” “Bene, l’aria di casa caccia via gli incubi” l’altro annuì deciso posando la borsa della bambina per terra “Come vanno le cose laggiù?” “Come sempre, il generale di stato maggiore ha scoperto il nostro infiltrato” “Ma che ...” “Ha scoperto che le forze speciali operative hanno un medico donna e ha chiesto di trasferirti di nuovo nella tua unità” “Cavolo” mormorò ironica, la bambina sospirò posando la testolina sul suo ventre, la strinse più forte sorridendo “Il colonnello come ...” “Male, a dire la verità era piuttosto incazzato, ha chiamato il colonnello Darrell, ci rimanderà nella sua unità ma credo stia studiando qualcosa” “Ehi!” esclamò Kevin interrompendo di colpo quel discorso “Ciao amico mio!” si abbracciarono ridendo come dei matti mentre lo sguardo di Cristina si riempiva di allegria “Com’è andato il viaggio?” “Tutto bene, almeno abbiamo dormito un po’” “Ciao bambolina” mormorò divertito inginocchiandosi di fianco alla bambina “Come stai?” Nadira socchiuse gli occhi cercando di ricordare il viso di Kevin, il suo sorriso, pochi secondi per rivedere nei ricordi il suo volto e poi le braccina strette attorno al suo collo “Brava piccola” sussurrò stringendola “Ora andrà tutto bene”  “Come facciamo con lei?” domandò preoccupata Cristina passandosi una mano tra i capelli “Il colonnello Darrell ha ottenuto il permesso per l’espatrio. È un’orfana, è senza genitori e in zona di guerra morirebbe. Mi ha dato l’ordine di portarla qui per darle la possibilità di avere una vita, dobbiamo solo aspettare gli ordini” “E quando arriveranno?” Mason sospirò alzando leggermente le spalle “Oggi pomeriggio o domani o tra qualche giorno” “La teniamo con noi” “Cosa?” domandarono confusi voltandosi verso Kevin “La teniamo con noi fino a quando il comando non ci dirà cosa fare” “È pericoloso Kev, ha passato tutto il viaggio a chiedermi quando arrivava dalla mamma. Se la teniamo qui non riusciremo più a staccarla da lei” Cristina sospirò giocherellando con la mano della piccola “È sola e senza mamma, chiunque avrebbe paura. Si è attaccata a me perché l’ho aiutata quando il caos si è trascinato via il suo mondo e ora non ha nessuno” “Questo è un si?” domandò confuso Kevin “Si maggiore, direi che è un si. La teniamo con noi finché non avremo degli ordini precisi. Il colonnello troverà sicuramente qualcuno in grado di prendersene cura” Mason scoppiò a ridere annuendo appena “D’accordo, va bene facciamo così, però ora andiamo a mangiare qualcosa perché sto morendo di fame” Nadira sorrise stringendosi più forte a Kevin mentre quel gruppetto folle si avviava lentamente verso una nuova vita.



Ci aveva provato, ci aveva provato con ogni dannata cellula del corpo a lasciarla andare ma più si allontanava da lei e più il cuore spingeva nella direzione opposta.
“Non siamo mai stati qui” sorrise chiudendo la portiera “Non ti piace il mare?” “Certo che mi piace il mare” esclamò indispettita Karen seguendolo.
Era una bella giornata, il sole donava all’acqua riflessi che fino ad ora aveva solo immaginato “È un bel posto” sussurrò Karen sorridendo al ragazzo dietro al bar “Come posso esservi d’aiuto?” “Puoi prepararci due cocktail e portarli laggiù?” il giovane annuì seguendo lo sguardo di Owen fino a quelle due sdraio bianche decorate da teli rossi e un tavolo pieno di dolcetti e frutta che un ragazzo sistemava con meticolosa attenzione “Bentornato dottore” sussurrò il giovane facendogli l’occhiolino.
Il calore di quei raggi dorati restituivano aria pura, sapeva perché era arrivato fino a lì, nell’intimo di sé stesso sapeva come mai il cervello l’aveva spinto ad essere lì e sapeva anche che la ragazza addormentata al suo fianco non aveva alcuna colpa.
Continuava a spiare il mare sorridendo di tanto in tanto perché un bambino disobbediente correva avanti e indietro trascinando un secchiello o scavando lunghi solchi nella sabbia.
Si portò il bicchiere alle labbra cercando di coprire gli occhi da quel sole accecante “Perché non mi hai svegliato?” domandò Karen sfregandosi dolcemente gli occhi “Dormivi così bene che non ho voluto ...” “Oh andiamo” i piedi scivolarono di lato incontrando la sabbia calda “Andiamo in acqua?” “Ti sei appena svegliata” “E allora? Non devo aspettare un’ora prima di entrare in acqua” esclamò divertita prendendolo per mano.
Sorrise lasciandosi guidare fino all’acqua fresca, a quel brivido piacevole e leggero che saliva lungo la schiena, Karen si strinse a lui nascondendosi dal dolcissimo tocco delle onde poi quegli schizzi improvvisi e il viso di un uomo sconosciuto davanti agli occhi “Scusi” esclamò divertito riprendendosi il pallone “Spero di non averla colpita” “Niente di grave, solo un po’ di schizzi” “Meno male” mormorò passandosi una mano tra i capelli bagnati poi un altro sorriso prima di tornare sui propri passi.
“Hai fatto centro Yale! Ancora due centimetri e le staccavi la testa” si paralizzò di colpo stringendo più forte la mano di Karen “Che c’è?” “Stai bene davvero? Non ... non ti ha colpita vero?” continuava a guardarsi intorno terrorizzato, massacrato da quella pericolosissima assonanza “No, non è successo niente” ma non era nemmeno sicuro di ascoltarla.
Si portò una mano davanti agli occhi cercando di distinguere qualcosa, qualcuno, poi una risata cristallina che conosceva fin troppo bene.
Trattenne il respiro mentre il corpo delicato e dannatamente perfetto di una ragazza si stagliava contro l’orizzonte nascondendosi dietro a quel rassicurante sprazzo di sole “Oh andiamo! Non riesci a prenderne nessuno!” “Stai giocando a pallavolo o prendendo la mira per farmi saltare la testa?” continuava ad osservarla, gli occhi socchiusi nel tentativo vano di distinguerne i lineamenti poi quel gesto improvviso, la testa leggermente inclinata di lato e dolcissimi boccoli scuri che disegnavano sulle spalle e sulla schiena disegni contorti e strani, disegni bagnati dall’acqua del mare che rendeva tutto più bello “Ho vinto io Yale!” “Cosa?” urlò avvicinandosi al ragazzo “Oh andiamo Kev!” “No” la tirò tra le braccia sollevandola di colpo dall’acqua “Ho vinto io e tu sei in debito ragazzina! Mi hai quasi staccato la testa!” “Owen?” si voltò di colpo incontrando lo sguardo confuso di Karen “Si può sapere cosa stai ...” “Credevo di aver visto una persona ma non ... mi sono sbagliato” sorrise cercando di mascherare ogni fottuto sentimento dietro ad una maschera di cera “Mettimi giù!” “Se ti lascio cadere finisci con la testa in acqua” “E per questo mi tieni così? A testa in giù?” “Se vuoi finire in acqua basta chiederlo, tanto sei già fradicia cosa ti cambierebbe sguazzare un altro po’?” di nuovo quello scoppio improvviso di risate.
Quel ragazzo alto e sorridente che camminava lentamente verso di loro era l’angelo custode per cui aveva pregato Dio.
Un angelo che in un inferno di sabbia e fuoco, aveva tenuto al sicuro il suo ricordo.
Ma ora, adesso, davanti agli occhi aveva qualcosa di terribilmente doloroso, il suo sorriso, la voce di una ragazza aggrappata a lui, incatenata alle sue spalle da un braccio muscoloso e abbronzato che impediva ogni stupido movimento, ogni caduta “Oh ti giuro che quando mi metterai giù io ...” “Ti voglio bene anche io” esclamò divertito passandogli accanto “Le chiedo scusa di nuovo, colpa della mia ragazza” per qualche secondo il cuore ritornò a battere.
L’aveva chiamata “mia ragazza” le aveva dato un nome, un posto accanto a sé allontanando di colpo il ricordo di sua moglie dal cuore “Gli incidenti capitano” “Si, ma lei l’ha fatto apposta” la ragazza sbuffò posando il gomito alla sua schiena nel tentativo folle di trovare un punto d’appoggio “Non fa niente” esclamò divertita Karen stringendosi nelle spalle “Non è un problema davvero, forse non è molto piacevole restare a testa in giù per ...” “Yale ha scelto la sua punizione” “Tu hai scelto la tua?” sbottò d’improvviso sollevando il volto “Ciao Owen” sussurrò gelida colorando l’espressione di ironia “Ma che ...” trasalì indietreggiando di un passo ma Kevin scoppiò a ridere aiutandola a scivolare giù dalla sua spalla “Potevi dirmelo Yale, sarei stato un po’ più educato” “E come facevo a saperlo? Me ne sono accorta due minuti fa, non sono nemmeno certa che lui respiri ancora” mormorò divertita appoggiando la schiena al suo petto “Lei è la dottoressa Wilson?” Karen annuì confusa cercando di ricordare chi fosse quella ragazza dal sorriso raggiante e gli occhi impreziositi dal taglio orientale “Oh non si sforzi di ricordare, non ci siamo mai conosciute” allungò una mano verso di lei sorridendo “Lei ha preso il mio posto in ospedale” “Oh” esclamò allegra “Lei è la dottoressa Yang vero?” annuì appena inchiodando gli occhi a Owen.
Sentiva il suo respiro accelerato e rapido, la sua paura, la sua rabbia e poi c’era Kevin, immobile, inchiodato lì dietro di lei a supportarla, a mostrarle che tutto il passato e i ricordi non avevano più alcun potere “Quando è tornata?” “Due settimane fa” “E resterà per ...” “No” mormorò Kevin avvolgendo la ragazza con le braccia “Partiremo di nuovo tra due settimane” “Ancora?” “È il nostro lavoro. Salviamo vite e siamo orgogliosi di farlo” “Personalmente sono grata al cielo perché esistono persone come voi. Tutti i nostri ragazzi al fronte non avrebbero alcuna speranza senza di voi” “E lei?” Owen trasalì riportato alla realtà dalla voce di un ricordo “Lei cosa ne pensa maggiore Hunt?” “Cosa?” balbettò confuso ma Cristina sorrise rendendo lo sguardo ancora più tagliente “Non è fiero dei suoi ragazzi al fronte?” “Vorrei che lavori come il vostro non esistessero”  “Il nostro lavoro permette a voi di dormire tranquilli dottore” “Si” esclamò allegra Karen prendendo per mano Owen “Direi che questo ha senso” “Direi proprio di si” ripeté sorridendo “È stato un piacere rivederla signore, spero che la sua vacanza continui nel migliore dei modi e ...” “Come stai?” le parole uscirono di colpo dalla bocca senza nemmeno dare al cervello il tempo di elaborare un piano preciso “Sto bene signore, parlo, respiro, mi faccio prendere il giro da lui” “Ehi!” mormorò Kevin “Come vede me la passo piuttosto bene” “Smettila di darmi del lei!” la mano di Karen lo riportò di colpo alla realtà “È un mio diretto superiore signore, mi hanno insegnato a portare il dovuto rispetto” “Che strano” sbottò Kevin voltandola di colpo “Credevo di essere un tuo diretto superiore anche io!” poi di colpo quel cambiamento improvviso.
Per qualche secondo rivide in quegli occhi la tenerezza e la dolcezza di sua moglie “Tu sei solo tu” ma il ragazzo scoppiò a ridere tirandola tra le braccia “Maggiore Hunt è un piacere averla conosciuta. Ci piacerebbe restare di più ma abbiamo degli impegni e una bambina da recuperare dal parco acquatico perché sono abbastanza sicuro che Mason sia impazzito” portò una mano alla fronte salutandolo quasi come se fossero uno di fronte all’altro in mezzo al deserto.
Pochi secondi per capire, per comprendere che quel ragazzo dagli occhi chiari si stava portando via la sua unica possibilità di rivivere il futuro.
Sapeva di sbagliare, sapeva che lasciarla andare era un errore di dimensioni colossali “Owen ma cosa ...” “Scusa” sussurrò passandosi una mano in viso “Va tutto bene?” “Lei è ...” “È la dottoressa Yang” sorrise annuendo appena mentre il cervello urlava solo “No! Lei è la mia vita!”.


“Non è divertente?” annuì allegra stringendosi nell’asciugamano “Hai visto che i cattivi pensieri se ne vanno?” “Ho rivisto il mio ex marito, forse è il mare che fa questi scherzi” ridacchiò passandogli un asciugamano pulito “Generalmente il mare parla, a volte canta però credo sia troppo stanco per farlo” “Davvero?” domandò confuso abbracciandola “E cosa canta?” “Quello che gli passa per la testa” “Come il colonnello Gomez?” ci pensò qualche secondo poi quella smorfia strana sul suo viso e la risata fresca di Kevin “Si, direi che è più o meno come il colonnello” sollevò lo sguardo trovando i suoi occhi.
Un azzurro violento che la stordiva lasciandola senza fiato, sentiva le mani del ragazzo suoi fianchi, il suo respiro e la pelle bagnata delle spalle sotto le dita.
Un respiro diverso, attimi lenti come ore intere, le labbra si sfiorarono dolcemente unendo i loro respiri.
Non era sicura di ragionare ancora, a malapena controllava il respiro poi d’improvviso un secondo di lucidità a stordirli entrambi “Aspetta” sussurrò Kevin staccandosi dolcemente da lei “Oddio” mormorò stringendosi la testa tra le mani, i capelli scuri le disegnavano sulle spalle e sul collo teneri riccioli, così belli da invogliare perfino gli angeli a giocarci “Yale cosa ... che è appena successo?” “Oddio” ripeté confusa cercando di riprendere fiato “Mi hai baciato” “Ti ho baciato” “Yale mi ... mi hai baciato” “Si, lo so, non hai bisogno di ripetermelo ancora, sono già abbastanza confusa così e non ... Oddio ... ti ho baciato, l’ho fatto e non so nemmeno se tu ... se sei ...” ma le mani del ragazzo la tirarono di nuovo verso di lui, verso le sue labbra e verso quel bacio bollente che sembrava la cosa più naturale del mondo “Sei una calamita per i baci ragazza” “La smetti?” sussurrò posando la fronte contro la sua “Ok, d’accordo, mi hai baciato e devo ammettere che sei anche piuttosto brava a ... insomma mi hai ...” ma Cristina scoppiò a ridere lasciando cadere le mani nel vuoto “Ti ho baciato maggiore, sono brava anzi, sono molto brava ma non so perché l’ho fatto e soprattutto ...” gli fece l’occhiolino sistemando i capelli “ ... non so quando mi è venuto in mente” “Beh, lo scopriremo” asserì divertito prendendo la borsa dalla sdraio “E nel frattempo, sentiti pure libera di baciarmi ogni volta che hai dei dubbi perché se non lo fai tu e siamo ancora a pochi centimetri uno dall’altra giuro che lo faccio io” ma lei scoppiò a ridere prendendolo per mano “Andiamo maggiore, smetta di fare pensieri folli su di me” pochi secondi di silenzio per comprendere, per capire che in realtà, quel gesto improvviso e carico di emozione era qualcosa che da tempo spingeva nell’intimo della propria anima e che ora, in quell’attimo di pace rubato all’inferno, aveva trovato un modo per fuggire dai vincoli che pesanti catene creavano senza tregua.


 

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