Odore Di Sangue e Asfalto.

di izetsukikun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Buondì a tutti!
Chi mi conosce già sa che ho 20mila ff sospese. Scusate davvero tanto ragazzi/e. Tra disegni ed eventi cos play e lavoro (-_-“) non ho mai tempo per scrivere. Mah , a voi non interessa una cippa della mia vita, quindi buona lettura carissimi e spero di ricevere qualche risposta a questo mio ultimo scritto che prometto sarà breve ! Spero di ricevere qualche vostro parere, Grazie !!
 

 
CAPITOLO 1

Correvo sotto la pioggia che non sembrava darmi tregua. Il cielo color plumbeo, così scuro da sembrar finto, mi ricopriva. Le nubi nere e ostili mi inseguivano lanciando ogni tanto dei lampi di luce come per avvertirmi, non ero la benvenuta. Non si vedeva una fine, nemmeno un inizio.
Faceva male.
Le gocce di pioggia battevano forti sul mio viso unendosi alle lacrime che scendevano incessantemente. Scendevano e senza fregarsene del mio male interiore solcavano con fare spavaldo le mie guancie, rigandole. Correvo ancora e ancora. Avevo il fiato ormai spezzato da quello sforzo. Le poche energie che mi restavano venivano consumate dai miei incessanti passi su quell’asfalto umido e silenzioso.
Stavo girando per le strade di quella città senza capire dove esse mi portassero. Ero in quella città da poco più di una settimana. Non conoscevo praticamente nulla. Giravo a vuoto, a destra, a sinistra, ancora a destra senza capire dove stessi andando. Non potevo chiedere informazioni, a causa della pioggia fuori non c’era anima viva. Uscendo dal mio corso serale poi mi ero addentrata in alcune strade a mio parere giuste, ma sicuramente sbagliate senza saperlo e mi ritrovai in una zona abbandonata, desolata e lasciata a se stessa. Una zona grigia, morta. Le mura degli edifici trasudavano di disperazione. Nessuna luce. Non c’era nemmeno un bar dove potessi ripararmi. Il braccio mi faceva ancora male. Dovevo assolutamente trovare qualcuno o sarei sicuramente finita i  altri guai.
La pioggia continuava a battere, il cielo diveniva sempre più scuro.
In fondo alla strada finalmente un uomo? Non capivo bene se fosse un ragazzo o un signore.

“E se fosse come quello di prima Aki?”

Si, l’uomo di prima.
Mi ero fermata a chiedergli indicazioni e questo con uno sguardo da morto, gli occhi neri come la notte pieni di desiderio e sangue, mi aveva attaccato il braccio. Mi aveva morso a fondo e strappato via della pelle. Avevo una ferita abbastanza profonda, e come mi bruciava. Al solo pensiero la mano che tenevo chiusa a morsa sulla ferita per no perdere ulteriore sangue si strinse.
Avevo paura ad avvicinarmi a quella sagoma così sconosciuta. Non potevo sapere se era un altro di quegli esseri. Volevo solo tornarmene a casa.
Quando mi avvicinai riuscii a definire l’uomo.
Avrà avuto 27 anni più o meno. Capelli neri come la pece, che scendevano dritti lasciando spazio a un lato rasato, finissime sopracciglia quasi inesistenti sbucavano da sopra i suoi occhiali, occhiali da sole.
“Occhiali da sole? Con la pioggia?” pensai io. “Che tipo strano”.
Era vestito in un modo molto casual, sembrava un’artista, una di quelle persone che vivono nel loro mondo e hanno una considerazione propria di ogni cosa. I vestiti erano tutti rigorosamente neri e bianchi, gli cadevano quasi addosso. Non capivo come potessero stargli su, lui era molto magro, sembrava “affamato” da quanto scarna era la sua corporatura. Potevo capirlo dalle vistose, scheletriche clavicole che sbucavano dallo scollo della canotta. Era alto, con delle braccia mingherline coperte da numerosi tatuaggi. Se ne stava fermo li, raccogliendo tutta la pioggia sui suoi abiti. Non aveva nemmeno lui l’ombrello. Forse come me non si aspettava che iniziasse a piovere.
Mi osservava, e io osservavo lui. Stavo tremando e non capivo se era paura, freddo oppure se le forze del mio corpo mi stavano abbandonando. La ferita bruciava sempre di più e io mi sentivo ogni secondo che passava più debole.
Lui iniziò ad avvicinarsi verso di me con passo lento. Io restavo immobile, avevo paura di ciò che poteva succedere. Alzò una mano e mi prese il braccio ferito. Lo osservò.
Osservò la mia pelle candida dilaniata, sgualcita. Le gocce di sangue che si univano alle gocce di pioggia. L’odore metallico del mio sangue non era più penetrante come all’inizio. Si era mescolato man mano con l’odore bagnato della pioggia e dell’asfalto umido. Odore di tristezza e sofferenza.

- Chi ti ha fatto tutto ciò ?- chiese lui in modo molto tranquillo aggrottando le minute sopracciglia .

- N-n-non lo so. Stavo camminando e un signore mi ha attaccata. Non ricordo altro.-

- Devi venire con me ragazzina.- disse lui con tono un po’ freddo. Abbondava di preoccupazione?

Si. Quella era preoccupazione.

 - Se non lo curi adeguatamente potrebbe peggiorare.-

- Mi può indicare la strada per l’ospedale ? P-preferirei andare la.- dissi io un po’ preoccupata.

La mia voce tremava in continuazione. Le forze mi stavano abbandonando definitivamente.

-  No! Devi venire con me. All’ospedale ti direbbero che stai bene e basta. Una fasciatura e dell’ottimo iposo signorina. Ma no! Non sanno quello che dicono quegli incapaci.-

- N-n-non sto bene? In che senso? Alla fine è solo una brutta ferita- tentennando chiesi spiegazioni ma arrivò il limite.

Caddi a terra sfinita e troppo stanca per capire veramente ciò che mi circondava. Mi lasciai scivolare verso quell’asfalto su cui si poggiavano le gocce tristi. Bramavano avare quell’asfalto.
Con il poco senno che mi restava sentii solo due braccia che mi raccolsero da quel tappeto di acqua. Il rumore di un’auto e poi un soffice e profumato ripiano.
Chiusi definitivamente ogni percezione e mi addormentai in un sonno sfinito e addolorante.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Quando mi svegliai mi ritrovai in una stanza dove non si scorgeva nulla. Non entrava molta luce dato che la tapparella era abbassata. Una flebile strisciolina riuscita a fuggire dalle grinfie plasticate illuminava la coperta che mi copriva. Nera.
Appena cercai di muovermi il braccio mi lanciò una scossa di dolore atroce. Mi ricordai allora di ciò che era successo. Mi tastai il braccio leggermente e sentii che sopra la ferita era stata posta una benda. Era ruvida. Ero stata medicata. Così mi ricordai del ragazzo dai capelli color pece che avevo incontrato. Che fosse opera sua?
La porta della stanza si aprì lasciandomi scorgere finalmente i dettagli a me ancora sconosciuti. Le pareti erano rosso carminio, coperte da svariati poster con disegni alquanto strani. Avete presente gli studi dei tatuatori ? Ecco, era simile. I fogli disegnati erano ovunque. Tappezzavano quella piccola stanza e ricoprivano pure la scrivania. Un’enorme tavolo nero pieno di carte e astucci vari. Matite un po’ sparse qua e la come se fossero state colpite con rabbia. Entrò il ragazzo che avevo incontrato sotto la pioggia. Ero sicura che fosse lui, stesso stile, stessi capelli e stessi occhiali da sole.
- Tieni.-  disse lui porgendomi una tazza di the caldo.
- Grazie.-
- Hai dormito parecchio, spero tu stia meglio ora.-
-  Oh si.- risposi un po’ imbarazzata. – La ferita non mi fa male ora.-
- Bene dai. Comunque io mi chiamo Uta, e tu ?-
- Io Aki, piacere.-
- Piacere Aki, posso farti alcune domande ?-
-Certo.- risposi io sorseggiando il the caldo.
- Non ti ho mai vista da queste parti, è da poco che sei qui?-
- Si, sono qui da una settimana, mi sono trasferita per studiare arte e architettura.-
- Interessante, quindi sei un’artista.-
- Si.-
- E che ci facevi per le strade di quel quartiere ieri pomeriggio?-
- Mi ero persa.-
- Immaginavo. Devi stare attenta qui, ma penso tu l’abbia capito. No?-
- Si.-
- Posso sapere un po’ di più riguardo quella ferita?-
- Non so come spiegarmelo, figuriamoci spiegarlo a te. Stavo camminando e a un certo punto un uomo mi ha attaccata.-
- Sapresti descriverlo?-
- Uh? Si.- risposi quasi sobbalzando. Il solo ricordo mi faceva tremare ancora. Quegli occhi erano il male.
Mi feci forza e gli dissi ogni ricordo con tutti i suoi particolari. Da quelli visivi a quelli uditivi. Descrissi la scena come se stessi leggendo un libro. Un libro per ragazzi, dove però alla fine qui si muore.
- Io non voglio allarmarti Aki, ma questa città è piena di persone come quell’uomo. Si chiamano Ghoul, ricordalo bene. Devi stare attenta perché sono esseri spietati, bramano il sangue e la carne umana senza lasciar spazio ai sentimenti. Il loro cuore è fonte di odio e crudeltà.-
Io lo ascoltavo terrorizzata. Non perché mi facessero paura certe cose, ma perché quella cosa l’avevo vissuta. Il braccio mi pulsava a ogni parola aggiunta dal ragazzo. La sua voce era sicura e rasserenante ma allo stesso tempo, per via di ciò di cui stava parlando, mi infondeva amarezza e mi fece venire i brividi su ogni centimetro del mio corpo.
- Ricorda però che non tutti i Ghoul sono persone spietate. Ci sono anche quelli che vivono di cadaveri, quindi umani già morti. Non si cibano di carne e odio. Non seguono il loro istinto animale, ma cercano di convivere umilmente e docilmente con le persone come te.-
- Davvero esistono persone come “quello” buone ?-
- Certo Aki, se no, non ti avrei portata qui e medicata.- concluse lui togliendosi gli occhiali.
Saltai quasi da far uscire tutto il liquido dalla tazza. Non me lo sarei mai aspettata, colui che mi aveva salvata portava gli stessi occhi pieni di morte del mio aggressore.
Iniziai a tremare e senza poterci fare nulla i miei occhi iniziarono a buttare fuori le lacrime. Grosse e calde gocce risolcavano il mio viso che per poco aveva goduto di tranquillità.
- Aki non devi avere paura, io non voglio farti del male. Devi credermi.-
- Come posso crederti se hai quegli occhi? Sei un mostro!-
Le parole mi uscivano senza ritegno. La mia mente si era scollegata totalmente dalla mia volontà e le parole così amare uscivano a bizzeffe. Sputavo acido addosso a qualcuno che nemmeno conoscevo.
Lui stava li, ad osservare quell’ira che cacciavo ad ogni singola A. Sparavo a raffica contro di lui.
Quando finii, sentii due calorose ma minute braccia intorno al mio corpo. Il suo profumo era davvero dolce.
- Aki smettila. Non devi preoccuparti. Ti ho già detto che io non voglio ferirti o mangiarti. Anzi, voglio aiutarti. Non conosci nulla di questa città. Dammi la possibilità di dimostrarti che non siamo tutti bestie all’inseguimento dell’istinto e del sangue.-
Lui mi stava accarezzando con quelle parole. Avevano un suono così soave se accompagnate dalla sua splendida voce. Infondeva sicurezza e forse un po’ di fiducia potevo anche dargliela. Alla fine mi aveva salvata.
Mi stringeva leggero per non farmi male, ma sentivo comunque il suo tocco attorno al mio corpo minuto. Si. Avevo deciso.
- Ok Uta, ti crederò.-
Quando si staccò da me vidi come una luce nei suoi occhi.
“Possibile che infondo a quelle due iridi rosso sangue si nascondesse una voglia di vivere e condividere così grande?”
- Allora Aki appena avrai fatto una colazione abbastanza nutriente mi mostrerai dove abiti. Recupereremo tutte le tue cose e ti trasferirai qui.-
“Cosa?”
Stavo per aprire bocca ma.
- Nessuna obbiezione cara, così piccola e carina come sei non sopravvivresti un giorno in più qui.-
Alla parola carina mi sentii presa da un’enorme calore. Non percepivo più nulla se non la secchezza della gola e il bollore della mia pelle. Stavo arrossendo.
- Ribadisco, carina, poi con quelle guanciotte così rosse.- disse lui con una risatina uscendo dalla stanza.
L’aria in quella stanza era passata dalla tensione più acuta che io avessi mai provato a una leggera spruzzata di complimenti e ghigni mattutini.
“Non sopravvivrò mai, davvero.”
 
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Ciao cari :)
Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento. La storia si conclude qui, ma se la mia cara e dolce mente trova ispirazione e decide di collaborare anche con un po’ di dolcezza e perversione, potrebbe uscirne benissimo un capitolo a parte dedicato a loro due.
Grazie ancora a chi l’ha letta, a chi la recensirà e anche a chi dirà “ma, che schifo”
Un bacio !!

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