Right Back Were We Started From

di Giada Pulina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1, Il Tetto. ***
Capitolo 3: *** Party. ***
Capitolo 4: *** Dylan's POV ***
Capitolo 5: *** Party pt 2. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


In lontananza sento il suono attutito di una sveglia. Apro un occhio, lo richiudo e mi pento della scelta fatta, appena mi rendo conto di che giorno è oggi. E’ esattamente il 5 agosto, e sono le 5.30 del mattino.
Improvvisamente vengo tolta dal paradiso, ovvero mi viene tolto il cuscino che mi copriva la testa.
“Sam Cristo alzati, altrimenti come ogni anno faremo tardi per colpa tua!”
Drake, il mio dolcissimo fratello venticinquenne, mi invade gli occhi con la luce della camera e mi tira via in malo modo il leggerissimo lenzuolo estivo.
Comunque, stavo dicendo, oggi è il 5 agosto, il giorno in cui partiremo per la California. Mi alzo trascinando i piedi e scendo le scale per andare in cucina, dato che la mia camera è sul soppalco, accanto a quella di Drake, che nel frattempo mi segue come una guardia del corpo per evitare che con uno scatto fulmineo me ne torni a letto.
La mamma è già in cucina, intenta a fare i preparativi per il viaggio. Le nostre tre valigie sono allineate vicino alla porta, già con il cartellino attaccato. Mi siedo e addento una brioche, riempiendomi la tazza di caffè.
“Dormito bene Sam?”
“Come al solito mamma.”
“Tra mezz’ora partiamo, quindi vedi di essere pronta.”
“Ovvio.”
Finisco, le do un bacio sulla guancia e risalgo le scale per andare a lavarmi e vestirmi. Entro in bagno, mi lavo velocemente il corpo riuscendo a schivare per miracolo i capelli, poi passo ai denti e torno in camera. Afferro i pantaloncini a vita alta e la maglia dei Paramore che infilo dentro, poi lego i capelli, un filo di matita, le mie Vans e sono pronta.
Scendo (per la prima volta nella mia vita in anticipo) e trovo gli altri due già pronti per partire. Prendo lo zaino dell’Eastpak e la valigia che carico in macchina, e partiamo per quel posto magnifico. Alloggeremo per due settimane in un hotel non proprio in centro, per prenderci una pausa dalla rumorosa Manatthan. Spero di divertirmi.


Spazio autrice
Ciao ragazzi :) Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia. Chiedo scusa in anticipo per li errori di scrittura e per il mio scrivere male. Ovviamente Dylan arriverà, anche se.... Vabbè, non dico altro :] I hope if you like it! Enjoy!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1, Il Tetto. ***


Improvvisamente (ma che magia) dopo qualche ora mi ritrovo in California, con un caldo incredibile e un sacco di posti fighissimi. Arriviamo all’Hotel, un edificio altissimo giallo ocra con le finestre e i balconi sul retro, e ci sistemiamo nella stanza che un omino smilzo ci assegna alla reception.
Stanza 126, terzo piano. La stanza è carinissima, un letto matrimoniale e un letto a castello per me e Drake, un armadio, una scrivania e un piccolo bagno. Sistemo tutte le mie cose nei vari cassetti e cassettini, compresi i mille libri che mi sono portata da casa perché avevo l’ansia di non trovare una libreria decente. Il nostro hotel ha una piscina sul tetto e la spiaggia di fronte.
Mia mamma e mio fratello si fiondano subito in spiaggia, prendendo i costumi e i teli senza nemmeno disfare la valigia (sfaticati) e mi promettono che torneranno per cena. Questo vuol dire che ho tutto il tempo di esplorare la stanza e l’hotel, senza andare in spiaggia (cosa che odio) usando la scusa che ero stanca dal viaggio.
La stanza non sembra preservare nessuna particolare sorpresa, quindi inizio a esplorare l’hotel, partendo dal “sotterraneo”, ovvero la sala da pranzo/cena/colazione. E’ una stanza ovale molto grande, con i tavoli di varie dimensioni e un lunghissimo tavolo da buffet. Nella reception c’è solo il bancone e qualche divanetto, quindi inizio coi piani. Sono tutti uguali, e alla fine di ogni piano c’è una piccola terrazza che affaccia sul mare. Entrando in una di queste vedo il magnifico tramonto, ma è talmente bello che preferisco salire sul tetto a guardarlo. Sono in ascensore e prego in ogni modo che il tetto sia vuoto, anche perché dovrebbero essere tutti a prepararsi per la cena. Una porticina bianca indica l’accesso al tetto. La spalanco e mi trovo davanti l’enorme piscina, ancora piena di bambini. Che palle, ma questi non mangiano?
Mi accorgo però che sto dando le spalle al tramonto, e mi guardo intorno. Alla mia destra c’è una mini scala a chiocciola che da verso un luogo rialzato dietro di me, ma c’è un cartello più alto di me con scritto: “Vietato oltrepassare”. Sarà mica questo a fermarmi? Stando attenta che nessuno mi veda passo abbassandomi sotto il cartello, salgo quei quattro scalini e improvvisamente mi ritrovo davanti il panorama più bello che ho mai visto.
Una terrazza grande quanto la mia camera d’hotel, con una ringhiera decorata e dipinta di bianco, si affaccia sulla spiaggia. Sono rimaste ormai poche famiglie in spiaggia, e mille colori come l’arancione, il giallo, il rosso e anche un po’ d blu che annuncia la sera che sta per arrivare incorniciano il mare perfetto. Mi siedo sulla terrazza e rimango incantata a guardare quel panorama.
Saranno circa cinque minuti che guardo quello spettacolo, quando sento dei passi dietro di me. Sono terrorizzata che possa essere qualcuno che lavora lì, ma preferisco non muovermi. I passi sono veloci come di qualcuno che sta correndo. Più si avvicina e più sento in quella persona una disperata volontà di fare dei respiri profondi, ma il suo cuore sembra andare più veloce della sua volontà. Ad un tratto i passi rallentano fino a fermarsi.
“Non pensavo ci fosse qualcuno scusami.”
La voce è di un ragazzo. Vorrebbe sembrare sicuro di sé, ma la voce trema e anche tanto. Mi giro per guardare chi ho davanti. Avrà circa la mia età, nonostante sia molto più alto di me. Ha i capelli castani, non ha la cresta come tutti i ragazzi, sono tenuti spettinati ma essendo corti gli donano molto. Gli occhi sono color nocciola, con una strana scintilla. Rabbia? Dolore? Ha un viso definito, con qualche neo che lo rende ancora più carino. Indossa una maglia blu e un paio di bermuda (un costume forse?) neri. Le sue mani tremano, e sembra che gli tremi anche il mento. E’ davvero bellissimo.
“Tranquillo, basta che non dici a nessuno che mi hai visto qui.”
“No no, non ci dovrei essere nemmeno io.” Mentre lo dice un piccolo sorriso gli compare sul volto, ma sparisce subito.
Si dirige verso la ringhiera a cui si appoggia con le mani, e giuro che non ho mai visto nessuno stringere così forte una ringhiera. Non vorrei essere idiota, ma sembra aver bisogno di parlare quindi provo ad avvicinarmi.
“Stai bene?” Che domanda idiota Sam, ovvio che no.
“Io..Bhe, non molto. Ma mi sa che si nota.”
“Non molto dai.” Gli faccio un mini sorriso, e ho un attimo un capogiro quando questo sorriso è corrisposto.
“Ho litigato con un mio amico, è un po’ un cazzone ma sistemeremo. Comunque piacere Dylan.”
“Piacere Sam.”
Dalle scale si sente un urlo
“Dylan torna giù, si lavora stasera idiota!”
“Scusa Sam ora devo andare, ci vediamo in giro.” Dice con un’espressione tra il dispiaciuto e il sollevato. Certo che è proprio strano.
“Ciao Dylan.”
Si allontana e mi sorride ancora. Cazzo quanto è bello. Eppure mi sembra di averlo già visto.

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Capitolo 3
*** Party. ***


Un’oretta dopo l’incontro con Dylan sto già scendendo per la cena. Quando lui è tornato giù dopo poco sono scesa anche io, mi sono fatta una doccia, messa una canottiera nera, dei pantaloncini e le Vans.
Sono in ascensore, mia mamma e mio fratello sono ancora in camera dato che sono tornati tardi dalla spiaggia, ho deciso di aspettarli al tavolo. Dalle cuffiette parte una delle mie canzoni preferite, I Can Wait Forever dei Simple Plan.
“You look so beautiful today, when your sitting there it's hard for me to look away.
So I try to find the words that I could say.
I know distance doesn't matter, but you feel so far away.”
Esco dall’ascensore, e trovo il mio tavolo nella stanza ovale. Ci sono un sacco di famiglie già sedute, mi siedo anche io senza togliere le cuffiette.
"Another day without you with me, is like a blade that cuts right through me,
but I can wait I can wait forever when you call my heart stops beating,
but when ur gone it wont stop bleeding I can wait I can wait forever”
Mi si avvcina il cameriere, un ragazzo alto, con i capelli talmente biondi da risultare quasi bianchi e un sorriso da tipico cameriere educato. La divisa da cameriere gli dona, non ce che dire.
“Scusi, sarà mica da sola una bella ragazza come lei?”
Ma guarda questo oh. Spazientita tolgo una cuffia.
“Intanto scusi lo dici a tua madre, abbassa le arie che avrai la mia età. Poi mia madre deve ancora scendere.” Il sorriso educato scompare e una strana smorfia tra lo stupito e il divertito prende posto sulle sue labbra.
“Cattiva la ragazza. Allora aspetterò tua madre tua madre per il menù.”
Si allontana con un mezzo sorriso, iniziando a parlare col tavolo di fronte al mio.
La cena passa abbastanza tranquilla, quando mia madre e mio fratello arrivano ci serve un altro cameriere, un ragazzo coi capelli neri corti e due occhi color mare. Uscita dalla sala i miei decidono di uscire a fare un giro, mentre io prendo l’ascensore per tornare in camera. Mentre si stà chiudendo vedo una mano afferrare le porte e riaprirle, per poi farsi spazio ed entrare. Oh merda, è il ragazzo coi capelli biondi. Mi guarda e mi sorride.
“Piano, signorina?” Chiede con quel sorriso strafottente.
“Terzo, cameriere.”
“Ma che fortunata coincidenza.”
“Oh non ci credo.” Mormoro a denti stretti.
Scendiamo dall’ascensore e vedo che viene dalla mia parte. Ci manca solo che abbiamo le camere vicine. Manco a dirlo, io infilo la chiave nella serratura, e lui in quella alla mia destra. Stò per entrare quando:
“Senti..”
“Sì?”
“Io sono qui in vacanza con qualche amico, e stasera c’è una festa in spiaggia, ti andrebbe di venire? Non è una grande cosa, ci divertiamo.”
Penso immediatamente alle diecimila ragioni per cui dovrei rifiutare ma, stupendo anche me stessa, accetto. Mi ha dato mezz’ora per prepararmi. Spero che non si aspetti che io sia il tipo da vestito, perché non è proprio così. Almeno una sistemata però gliela devo, mi metto i pantaloncini neri e una canotta bianca con il simbolo dei doni (Potterhead fino alla fine), mi ripasso il trucco e mi lego i capelli in uno chignon. Tanto le vans stanno bene con tutto no?
Sento bussare, quindi mando un messaggio a mia mamma con scritto dove vado e apro la porta. Mi trovo davanti tre ragazzi, vestiti più o meno simili. Il cameriere ha dei pantaloncini di jeans, una canotta nera con delle scritte bianche e un cappellino dell’Obey. Al suo fianco c’è il ragazzo che ci ha servito stasera, con dei jeans skinny lunghi con un buco sulle ginocchia e una maglietta a mezze maniche della HUF, mentre l’altro ragazzo è leggermente più alto di lui, ha i capelli medio/lunghi tra il moro e il biondo, delle carinissime fossette sulle guancie e porta dei pantaloncini di jeans e una semplice maglia bianca. Dopo che ci siamo presentati (il cameriere biondo si chiama Luca, è italiano, l’altro cameriere si chiama Logan e il ragazzo biondo, cameriere anche lui, si chiama Evan) vanno i camera a prendere gli skate ed usciamo.

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Capitolo 4
*** Dylan's POV ***


Lo odiavo. Non avevo mai odiato nessuno come lui, almeno non in quel momento. I peggiori insulti mi venivano in mente in quel momento, se solo ce l’avessi avuto sottomano. Invece lui era lì nello sgabuzzino, con lei. Per l’ennesima volta, con lui era valsa la regola “prima le ragazze degli amici” e l’aveva rifatto.
Salivo infuriato le scale che ormai conoscevo a memoria, tanto le avevo salite. Le scale che portavano al mio piccolo angolo di pace in questo posto di merda. Arrivo, passo sotto al cartello, salgo le scale e noto che c’è una figura seduta sulla “mia” terrazza.
“Non pensavo ci fosse qualcuno, scusami.” Mormoro, cercando di farla girare verso di me.
“Tranquillo, basta che non dci a nessuno che mi hai visto qui.”
Si è girata. Cazzo, è bellissima. Ha i capelli rossi/arancioni, ma si vede che non sono tinti. Gli occhi verdi, che brillano, le guance piene di lentiggini e la bocca abbastanza piccola. Ha una maglia dei Paramore e (udite udite) le Vans. Il suo viso assume un’espressione stranita, immagino di non avere la migliore delle espressioni
. “No no, non ci dovrei essere nemmeno io.”
Mi dirigo verso la ringhiera e inizio a stringerla forte, per sfogare la rabbia. Sento la ragazza che si avvicina.
“Stai bene?”Mi chiede, toccandomi per un attimo la spalla. Cazzo.
“Io..Bhe, non molto. Ma mi sa che si nota.”
“Non molto dai.” Mi sorride, e le sorrido di rimando. Ha un sorriso stupendo.
“Ho litigato con un mio amico, è un po’ un cazzone ma sistemeremo. Comunque piacere Dylan.”
“Piacere Sam.” Che bel nome.
Dalle scale sento la sua fottutissima voce.
“Dylan torna giù, si lavora stasera idiota!”
“Scusa Sam ora devo andare, ci vediamo in giro” Spero presto. Anzi no, meglio che stavolta non m’innamoro, tanto poi me la ruba.
“Ciao Dylan.” Mi allontano e le sorrido ancora.
Eppure strano, mi sembra di averla già vista.

Ciao ragazzi! Perdonatemi se è corto, ma volevo descrivere Sam e fare un attimo un Dylan's POV, nel capitolo dopo arriverà la seconda parte della festa.
Enjoy!

 

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Capitolo 5
*** Party pt 2. ***


Cammino sul lungo mare, pochi passi davanti a me ci sono i tre ragazzi appena conosciuti. Luca e Logan cazzeggiano con lo skate, mentre Evan ride ogni volta che spingendoli cadono.
La festa è in una piccola spiaggetta, con un gazebo aperto ai lati illuminato da piccole lucine, con al suo interno il bancone del barettino. Evan e Logan si dirigono verso un gruppo di ragazze che li chiamano schiamazzando.
“Oche” mormora Luca sogghignando.
“Ma figurati, te le sarai fatte tutte.” Esclamo io, guardandolo con un’espressione beffarda.
“Scommettiamo?” Ricambia l’espressione beffarda, poi esitando mi sfiora la mano e la prende.
Iniziamo a girare per questa festa, Luca ogni tanto saluta qualche ragazzo.
“Scusa ma come fai a conoscere tutta questa gente?”
“Vengo qui da quando sono piccolo, inizialmente con i miei poi da qualche anno vengo da solo.
“Ma Evan e Logan abitano dove abiti tu?”
“No, siamo di paesi diversi. Ogni anno ci troviamo qui e passiamo tre mesi insieme, per pagarci tutto lavoriamo qualche sera come camerieri oppure suoniamo in giro.” Dice, ma nella sua voce si sente una leggerissima nota di amarezza.
“Avete una band?”
“Si, ma siamo in quattro. In realtà siamo in quattro a fare tutto, ma ultimamente non tira una bella aria.”
“Oh, mi dispiace.”
“Vabbè, non parliamo di questo ora. Mi concedi questo ballo?” Fa un buffo inchino e mi porge la mano
“Si può fare” Gli porgo la mano e andiamo a ballare. La musica è fantastica, ci raggiungono anche Evan e Logan con due ragazze, che si presentano come Taissa e Alexandra. Balliamo tutti insieme, fino a quando non parte un pezzo lento, Logan e Evan prendono le loro rispettive ragazze (chissà se solo per stasera) e iniziano a ballare. Luca diventa per un impercettibile secondo rosso, poi mi guarda come chiedere “posso?”, in tutta risposta gli prendo la mano. Mi cinge la vita con le braccia, e io affondo la testa nella sua spalla. Ad un certo punto scosta la testa e mi guarda. I suoi occhi azzurri luccicano di felicità, rimaniamo per un tempo indefinito a fissarci sorridendo. Mi scappa per fortuna (o per sfortuna) l’occhio verso il cellulare, e vedo che sono le undici.
“Cazzo Luca devo essere in stanza alle undici e mezza!” Esclamo, vedendo la sua espressione felice tentennare.
“Allora andiamo dai.”
Saluto velocemente i ragazzi e ci incamminiamo verso l’hotel.
“Mi ha fatto piacere passare la serata con te” Dice con un piccolo sorriso.
“Anche a me, abbiamo iniziato col piede sbagliato ma no sei tanto male”
“Ah bhe grazie!” Ride, e giuro che è una delle risate migliori che abbia mai sentito. La hall è deserta, la ragazza al bancone ci sorride con un cenno della testa. Prendiamo l’ascensore e andiamo verso le nostre porte. Siamo una davanti all’altro, io accanto alla mia porta e lui accanto alla sua.
“Allora, bhe, grazie Sam.” Dice con un piccolo sorriso.
“Grazie a te.” Faccio per girarmi ed entrare in camera
“Aspetta” Mi affera il mano portandomi di fronte a lui. Le nostri fronti si toccano, e dopo avermi sorriso mi bacia. Le sue labbra sono morbide, mi perdo per un attimo in quel contatto. Ci stacchiamo lentamente, sorridendo.
“Notte Luca”
“Notte Sam” Entra in camera, e io rimango appoggiata alla mia porta sorridendo come un’ebete. Ad un certo punto la porta si spalanca, e cado letteralmente tra le braccia di mio fratello.
“Oh eccoti iniziavo a preoccuparmi”
“Eccomi”
Saluto anche mia mamma e mi fiondo a letto, ripensando alla serata.

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