After Life

di LucaGardo
(/viewuser.php?uid=857142)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


      
                                                                                                   Prologo
 
Quando capii quello di cui ero capace quasi non ci credevo, penso che senza dubbio fu il giorno più brutto della mia vita... Dopo l'incidente ovviamente. Era un sabato sera come gli altri e passai come di consueto a trovare il mio amico Ryan per parlare un po' del più e del meno, prima di uscire a fare un giro. Quella sera fu speciale, principalmente perchè per la prima volta da tempo arrivai a provare qualcosa di forte per una persona e anche per altri motivi molto meno piacevoli.
Conosco Ryan da quando abbiamo iniziato l'accademia e il destino ha voluto che fossimo compagni di banco. Non sono mai stato un tipo socievole ma con lui mi veniva facile aprirmi; invece, a differenza mia, non ha mai avuto problemi a relazionarsi con le altre persone, ma da quando ci siamo conosciuti ha deciso di lasciar perdere tutti i suoi amici per concentrarsi sullo studio.
Egli sostiene che tutte le persone che conosce non valgono la metà di quanto valgo io, ma io non gli credo.
Infondo è un buon attore, nonchè studente migliore del nostro corso. Entrambi studiamo alla Royal Scottish academy of Music and Drama seguendo il corso teatrale.
Siamo molto diversi anche sotto il punto di vista fisico dato che “Il Panzone” -come scherzosamente lo chiamo quando mi fa arrabbiare- é fuori forma rispetto a me che comunque sono nella media.
Lui porta occhiali da vista mentre io ci vedo benissimo, adoro giocare e guardare il calcio mentre lui lo odia; insomma potrei stare tutto il giorno a raccontare di quante cose non avevamo in comune... Eppure lui era il mio migliore amico.
Il momento stesso in cui l'ho capito, il momento in cui ho percepito qualcosa dentro di me che mi faceva capire quanto lui fosse importante ecco che si sono ripresentate.

Ryan dopo aver ricevuto il mio messaggio si era affrettato a scendere nel parcheggio davanti a casa sua dove lo stavo aspettando.
“Ehi Colin” disse Ryan mentre chiudeva la porta di casa “Tutto a posto? Sembra che tu abbia visto un fantasma” afferma il ragazzo guardandomi.
“Si tutto bene, ho solo visto una cosa che non vedevo da tempo” risposi mentendo.
Ryan era vestito come al solito un camicia sportiva verde, jeans e scarpe da ginnastica. Avevo voglia di scappare. Sentivo il dolore crescere dentro di me ma non volevo rivelare nulla a Ryan, perchè nel momento in cui avevo capito che lui sarebbe stato per sempre una persona importante per me avevo anche visto come sarebbe morto.
La visione che ebbi quella sera fu fin troppo dettagliata per i miei gusti; c'era Ryan che correva come se stesse inseguendo qualcosa, ad un certo punto mentre attraversava la strada senza guardare se arrivava qualcuno, un camion carico di legname lo investì.
La cosa che più mi lasciò a bocca aperta fu costatare che Ryan nella mia visione era vestito allo stesso modo di come lo avevo appena visto nella realtà.
Aveva una sorpresa per me dietro la schiena che non avevo notato per via dello shock della visione appena avvenuta.
Era una busta color giallo con all'interno probabilmente un oggetto sferico, sorridendomi tirò fuori dalla borsa un pallone da calcio e mi invitò a fare due passaggi.
“Dai insegnami come si gioca” mi disse ridendo. Lui odiava giocare a calcio ma nonostante questo voleva vedermi felice e cercava sempre di accontentarmi in ogni modo.
All'improvviso mi tirò una pallonata addosso che deviai con forza senza nemmeno curare la direzione poiché ero ancora molto scioccato.
Il pallone rotolò verso la strada con Ryan che si lanciò all'inseguimento. In quel momento mi ripresi e mi girai verso il mio amico, ma quando cercai di urlargli di fermarsi fu troppo tardi.
Ryan stava per attraversare la strada, proprio come avevo visto qualche istante prima, il camion non tardò nemmeno un secondo a passare.
Mi lasciai cadere a terra, il mio amico se ne era andato e cosa più grave io sapevo come avrei potuto evitare tutto questo.
Promisi a me stesso che non avrei più avuto amici, non volevo più affezionarmi a nessuno per poi vederlo andare via.






Nota autore: ciao a tutti :) Sono nuovo e questa è la prima storia che provo a scrivere. 
Su questo sito ci sono tante persone... E spero tantissimo di vedere tanti pareri e opinioni sia positivi che critici su questo primo capitolo. 
Oggi vi ho fatto soltanto una breve introduzione, sperando di attirare la vostra attenzione.
Sentitevi liberi di fare qualsiasi tipo di commento in modo che io possa correggere, migliorarmi ed eventualmente proseguire con la storia. 

Un saluto, 
Luca. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'inizio ***


                                                                                                   
                                                                                                        L’inizio 

*17 anni prima*

Era la solita giornata estiva inglese, o meglio scozzese, a Glasgow e come ogni giornata estiva che si rispetti pioveva a dirotto.
Quando non riuscivo a dormire i miei genitori mi portavano a fare dei giri in macchina per farmi addormentare, ma non sempre ci riuscivano. Mio padre e mia madre erano due persone fantastiche ho solo bei ricordi di loro, anche se pochi; ricordo i lunghi capelli biondi di mia madre e quegli occhi azzurri che mi catturavano ad ogni sguardo, riuscivo a percepire l’amore anche solo da un occhiata che mi lanciava di sfuggita. Era riuscita a passarmeli, quegli occhi.
Ricordo che tempo dopo quello che successe, in tanti mi dissero che assomigliavo più a mio padre tranne che per gli occhi; tutti sostenevano che avevo gli occhi di Clara, mia madre. Di mio padre invece ricordo molto meno, non che non provassi affetto per lui, solo che fatico a ricordare dei particolari momenti o anche solo com’era fisicamente.
“Dove lo portiamo questa volta?” chiese mio padre a mia madre in tono pacato. “Facciamo il solito giro per le campagne?”.
“Si certo, fai il giro lungo che oggi Colin mi sembra abbastanza irrequieto, sembra che senta il brutto tempo” rispose mia madre.
Ricordo che iniziammo il giro come di prima passando in strade di città, per poi proseguire su strade secondarie molto boschive più tranquille. Nel mentre il tempo non sembrava voler migliorare, anzi di colpo la pioggia si fece più insistente e la visibilità più scarsa. Mia madre continuava a controllare se mi decidessi a dormire, senza nutrire molte speranze.
Anche se ero molto piccolo ero diverso dai miei coetanei. Sentivo e provavo cose che generalmente un bambino della mia età non riesce a percepire, mi dicevano che ero speciale, che ero destinato a fare grandi cose, che ero diverso dagli altri ed avevano ragione.
Sentii i miei che parlavano di quando ero venuto al mondo, di come mia madre stava per pagare la propria vita per la mia  e di come sembrava non volessi nascere.
 In quell’istante mia madre si girò di nuovo verso di me sperando avessi almeno accennato a chiudere gli occhi, ma vedendomi sveglio e pimpante disse a mio padre di tornare a casa, mentre si sporse verso il sedile posteriore e mi baciò sulla fronte. L’aveva già fatto altre volte e sentivo che i miei genitori mi amavano per davvero, ma fu in quel giorno, anzi fu in quell’istante preciso che anche io riuscì a provare del vero amore per loro.
Rincuorato da quella calda sensazione che sentivo dentro di me nel tragitto di ritorno riuscì quasi ad addormentarmi, quando all’improvviso sentii un dolore lancinante alle tempie ed iniziai a piangere. Tutto intorno a me si fermò: la macchina, mia madre e mio padre erano immobili, non capivo cosa stava succedendo. Di colpo tutto iniziò a muoversi, ma non come al solito; io ero al di fuori della macchina e mi guardavo mentre ero all’interno, insieme a mio padre al volante che rideva parlando con mia madre. All’improvviso di fronte alla macchina sbucò un animale che attraversò la strada in fretta e furia per evitare l’impatto.
Vidi mio padre che sterzò bruscamente, ma a causa della pessima aderenza sull'asfalto la macchina si capottò rigirandosi due volte su se stessa, prima di fermare la sua corsa contro un albero".
Di colpo tornai in me, legato al seggiolino nel sedile dietro a quello di mia madre e vidi i miei genitori che parlavano ridendo proprio come li avevo appena visti. Piangevo perché in qualche modo avevo capito quello che stava per accadere. Non ebbi il tempo di muovere un muscolo che tutto quello che pochi istanti prima avevo visto dall’esterno si avverò. E poi il buio.
In ospedale mi dissero che ero stato molto fortunato ad aver riportato solo qualche contusione, eppure mi sentivo la persona più sfortunata ed inutile del mondo.
Dopo poco tempo fui affidato ad un orfanotrofio, c’erano tanti bambini di tutte le età ma io me ne stavo sempre da solo. Lì veniva data un istruzione di base soprattutto per i più piccoli. Andavo a scuola e me la cavavo ma in testa avevo solo quell’immagine dei miei genitori che sorridevano per l’ultima volta insieme. L’unica cosa che faceva si che interagissi un po’ con gli altri bambini erano i teatri. Adoravo recitare, perché potevo essere chiunque meno che me stesso, perche di fatto avrei cambiato la mia vita con quella di chiunque altro; potevo essere un uomo adulto con famiglia, un mago che si esibiva in teatri enormi, potevo essere qualunque cosa, ma quando le due ore settimanali dedicate al teatro terminavano dovevo tornare me stesso e ripiombavo nell’abisso della solitudine e della tristezza.
Gli anni passarono abbastanza in fretta, a scuola andavo bene ed ero il migliore del corso di teatro. Tante famiglie mi avevano cercato, ma io ho sempre rifiutato o comunque in un modo o nell’altro mandavo tutto all’aria. Poi un giorno arrivò una famiglia, i Foster dissero di chiamarsi, che volevano adottarmi perché vedevano in me il figlio che non sono mai riusciti ad avere; avevo già pensato al modo per sabotare la cosa, i corsi di teatro mi tornarono molto utili, ma quando vidi la donna rimasi pietrificato. Occhi azzurri come il ghiaccio mi fissavano con una delicatezza tale che non riuscì a muovere un muscolo o inventarmi qualche stupida sceneggiata; aveva lunghi capelli biondi che le scendevano delicati sulle spalle e aveva quel profumo, quel profumo che sa di casa. Era l’inizio di una nuova vita, avevo ormai passato 12 anni in quel posto e volevo cambiare, aspettavo solamente la famiglia giusta, aspettavo qualcuno con uno sguardo che mi ricordasse il suo.

 
Nota autore: ciao a tutti ! In questo secondo capitolo si scopre cosa è accaduto, anche se brevemente, durante l’infanzia di Colin. Il prossimo capitolo si concentrerà principalmente sul rapporto tra il protagonista e la famiglia Foster.Spero di avervi incuriosito e prometto che per un po’  non morirà più nessuno ahah. Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la mia storia tra le seguite, che hanno recensito o anche solo letto il Prologo. Spero di rivedervi in tanti poiché essendo alle prime armi ho bisogno di molti consigli e pareri. Cercherò di aggiornare la storia aggiungendo un capitolo alla settimana (anche se lavorando sarà impegnativo).
Ps: il banner della storia è stato realizzato dalla mia ragazza tienimiancora,che ringrazio per avermi aiutato leggendo in anteprima il capitolo e appunto creando per me questo banner. <3 

Un saluto, 
Luca. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3167732