I sette peccati capitali

di LadySissi
(/viewuser.php?uid=93631)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Invidia ***
Capitolo 2: *** Accidia ***
Capitolo 3: *** Gola ***
Capitolo 4: *** Ira ***
Capitolo 5: *** Superbia ***
Capitolo 6: *** Avarizia ***
Capitolo 7: *** Lussuria ***



Capitolo 1
*** Invidia ***


 

(Voce narrante: Ninfadora Tonks)

 

Poi ho visto gli occhi suoi

Come grano in mano al vento

Son ciliegie del mio pianto

Così tanto io ti sento sai

Ho visto te con lui

Quando scende la tristezza dentro al cuore…”

(Zucchero,Occhi)

 

E’ un pomeriggio come tanti, alla Tana. L’ambiente caldo ed accogliente è quello di sempre e nell’aria si sparge il consueto, gradevole odore di torta di mele appena fatta. È una calda giornata di fine agosto ed in questa stagione la campagna inglese è quanto mai piacevole: un vento dolce porta con sé i primi sentori dell’autunno ed avvolge tutti i colori in una splendida armonia.

Ma oggi è come se io non vedessi niente. Sorseggio con ben poca voglia il mio tè e ascolto i discorsi di Molly cercando di concentrarmi su quello che mi sta dicendo. So che vuole distrarmi: so che pensa che io stia ancora soffrendo per la morte di Sirius, mio cugino, avvenuta due mesi fa in modo tragico e improvviso.

E allora pensa di recarmi conforto parlandomi della sua situazione familiare che, in questo momento, sembra proprio uscita da una di quelle buffe commedie babbane…avete presente? Quelle storie in cui due giovani ragazzi si sono innamorati e vogliono sposarsi e c’è qualche genitore che si oppone fieramente alla loro unione. In casa Weasley questo copione è recitato alla perfezione: Bill, il primogenito, ha appena annunciato di essersi fidanzato con una giovane collega francese, Fleur, e, non contento, se l’è portata alla Tana a conoscere tutta la famiglia. Senza interpellarla, come Molly mi ha fatto notare.

“…e poi, è una tale oca! La classica bellezza senza cervello! Oh, certo, avrà pure partecipato al torneo Tremaghi, avrà delle qualità se è stata assunta alla Gringott…ma ha un pessimo modo di dimostrarlo!” va avanti, imperterrita. Senza accorgersi che continua a girare il dito in una piaga che mi fa soffrire.

Proprio in quel momento, come se fossero stati evocati da Molly stessa, arrivano Bill e Fleur, di ritorno dalla loro passeggiata a Diagon Alley. Il mio sguardo non si perde nulla della loro entrata: lo sguardo allegro e rilassato che ci rivolgono, le loro risate, l’attenzione con cui lui aiuta lei ad avviarsi su per le scale…

“Bill, tesoro! Guarda chi c’è! La cara Tonks è venuta a trovarci!” sviolina Molly senza minimamente curarsi della futura nuora. Non creda che non l’abbia capito: c’è sempre un angolino della sua testa che vorrebbe che Bill si innamorasse di me. Bill, figuriamoci! Lui e suo fratello Charlie sono quasi dei fratelli per me, ci conosciamo da molto ormai e abbiamo caratteri fin troppo simili. Non c’è mai stato nulla tra noi. Ma, si sa, se le madri si mettono in testa una cosa, beh, c’è poco da fare: è quella.

In tutta sincerità, non capisco perché Molly preferirebbe così nettamente me a Fleur. Se sapesse che in realtà noi due siamo fin troppo simili!!

Stiamo combattendo entrambe per la realizzazione di un amore, ed io la invidio, oh sì, la invidio come non mai, perché è riuscita a farsi accettare dal suo uomo nonostante tutti gli ostacoli che avrebbero potuto dividerli.

In fondo, anch’io sto lottando contro gli stessi nemici: disapprovazione da parte di alcuni genitori (i miei, stavolta), alcuni anni di differenza, due condizioni e due stili di vita molto diversi. E la mia incredibile tristezza è dovuta al fatto che lui mi rifiuta.

 

L’ho incontrato, ieri sera. “Cosa ci fai qui, Dora? Potrebbe essere pericoloso!” Pericoloso, dannazione! Come se non sapesse che sono un’Auror. Che sono la pupilla del leggendario Malocchio Moody, il più grande cacciatore di maghi oscuri degli ultimi anni. Che di creature come quelle che aveva paura incontrassi ne ho già affrontata più di una. E allora, perché vuole proteggermi?

Solo perché io ho 24 anni, lui 36 e sono la “piccola” da proteggere? Solo perché per lui sono ancora la “cuginetta” del suo amico Sirius, che ormai ci ha lasciato? O forse perché ha paura dei suoi sentimenti?

“Ne abbiamo già parlato, Dora…quello giusto per te è un altro!” Oh, certo, senz’altro! Perché dubita dei miei sentimenti? È vero, sono ingenua, pasticciona, comunemente ritenuta da tutti un soggetto pieno di allegria e voglia di vivere (anche se ultimamente non l’ho dimostrato molto)…ma perché non dovrei volere uno come lui? Lo amo e l’ho sempre amato, fin da quando il mio ribelle cugino Sirius me l’ha fatto conoscere, da ragazzina. Ed ora non sono più l’adolescente rockettara di un tempo, anche se i vestiti sono rimasti gli stessi. Sono cresciuta e so cosa voglio.

 

E mentre guardo Fleur che, con una risatina ed un mulinare dei suoi biondi capelli, dice al futuro marito di volersi fare una doccia e si avvia al piano superiore, non riesco a capire quale differenza ci sia fra me e lei che abbia consentito a lei di riuscire nell’intento ed a me di continuare a fallire. Forse il fatto che è così bella. Forse perché riesce ad imporre la sua volontà, a differenza di me, che sul lavoro potrei affrontare un troll a mani nude e davanti a lui mi sento del tutto incapace di esprimermi. Qualunque cosa sia, la invidio per questo.

Oh, Remus, perché non capisci che noi e loro siamo così simili, abbiamo la stessa storia? E se loro sono felici, perché non possiamo esserlo anche noi, per sempre?

Chissà se riuscirò mai a dirtelo.

 

NOTA AUTORE: Cari lettori, ecco a voi il primo capitolo della mia nuova raccolta. Si tratta di sette racconti, narrati da sette diversi personaggi appartenenti al mondo di Harry Potter. Il tema scelto è quello dei sette peccati capitali, ed il primo capitolo è dedicato all'invidia.
Qualsiasi genere di recensione è ovviamente ben accetta. Nel caso in cui vi abbia incuriosito il mio modo di scrivere, vi informo che sulla mia pagina ci sono una long fiction completa ed una one-shot a tema Harry Potter, più diverse storie originali.
Vi ringrazio ancora per la lettura e l'attenzione. A presto :-)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Accidia ***


(Voce narrante: Horace Lumacorno)

 

La sua anima si assopiva lentamente mentre sentiva la neve cadere pallidamente nell’universo e cadere pallidamente, come la discesa della loro ultima fine, sopra tutti i viventi ed i morti.”

(James Joyce, The dead)

 

La neve scende a larghe falde, imbiancando i balconi, le guglie del castello, il prato e la foresta. È sera tardi e ben poche luci sono ancora accese nelle due torri più alte. Probabilmente gli studenti sono andati a letto. Dalla mia sfarzosa quanto cupa camera dei sotterranei guardo con occhio vigile lo spettacolo che mi si presenta davanti. Non c’è più nessuno che passi accanto al Lago Nero, che di solito, a quest’ora, diventa sinistro e spettrale. Non per niente la mia Casa è alloggiata lì accanto: questi paesaggio si addice perfettamente a noi Serpeverde.

Così ci hanno sempre definiti: freddi, calcolatori, ambiziosi. Ma per me si sono davvero impegnati: mi hanno definito, a più riprese, una sorta di ambiguo mecenate, pronto a “collezionare” tra le mie file studenti celebri, parenti di maghi famosi o anche semplicemente molto dotati.

Dicono anche che mi piace il lusso e la vita sedentaria, e, diamine, non posso loro dar torto: i soldi mi scivolano dalle mani, li spendo quasi tutti per liquori pregiati, vestaglie da camera in seta e ananas candito, il mio dolce preferito. La mia camera ed il mio studio sono un tripudio di tende, poltrone, cuscini, ed io amo restare per ore seduto nel mio piccolo regno, senza fare nulla. Anzi, non è esatto. Spesso e volentieri ritorno con la mente a quando ero più giovane, a quando non era ancora scoppiata la Prima Guerra Magica e non c’era quell’ombra di paura che ultimamente aleggia su tutti noi. È il mio primo inverno da quando sono tornato a Hogwarts dopo tanti anni, e stasera un ricordo ben preciso sta continuando ad insinuarsi nella mente.

 

“Buonasera, professore, la disturbo?” Alzo gli occhi da una serie di compiti di Pozioni. Ma non è necessario, so benissimo chi ha parlato. E, come previsto, mi trovo davanti una cravatta rosso-oro, una cascata di capelli rossi e due penetranti occhi verdi. “No, Lily, certo che no…non disturbi mai! Come mai qua?”

“Devo dirle che mi dispiace molto ma non posso presenziare alla sua festa di Natale, la sera prima della partenza.”

Avrei anche dovuto aspettarmelo. Gli altri miei protetti cercano di tenersi stretti i miei favori: non mancano mai alle mie cenette che organizzo con tanta cura, mi portano dolcetti e regali. Ma lei no, non l’ha mai fatto. È stata individuata subito da me perché è una giovane donna piena di classe, talento e buon gusto, ed ogni volta che mi parla dimostra di esserlo. Tuttavia sono dispiaciuto: non avere con me il mio fiore all’occhiello proprio per Natale!

“Davvero, Lily? E come mai?”
“Io e James abbiamo deciso di anticipare la partenza di mezza giornata per raggiungere i suoi genitori in tempo per la Vigilia. Sa, passiamo le feste insieme.”
Già, dovevo immaginare. Lei e quel simpatico giovanotto fanno coppia fissa da un po’ ormai. Chi l’avrebbe mai detto, del resto: fino all’anno precedente lei affermava di odiarlo! Ma alla sua età l’amore nasce in modo improvviso quanto bello.
“Capisco, Lily…non ti preoccupare! Vorrà dire che a tutte le mie cenette del secondo semestre sarai invitata insieme al tuo James!”
“Grazie, professore. Lei allora resta qua? Non raggiunge la sua famiglia?”
La famiglia… per me è come se non ci fosse mai stata. Sono figlio unico, ho perso i miei genitori da un po’ ormai, e non mi sono mai sposato. I miei studenti sono la mia famiglia, e lei più di tutti. Ma forse è troppo giovane per capirlo.

“No, Lily, resto.”
“Immaginavo! Le piace restarsene al castello al calduccio a guardare la neve cadere? Scommetto che la sua serata di festa ideale è sulla sua poltrona preferita con il suo liquore! La conosco bene ormai! Ma non creda, la capisco. Anche io preferirei questo programma, piuttosto che tornare da mia sorella e litigare tutto il tempo. Sono così felice che James mi abbia invitato! Allora passi delle piacevoli settimane qui al castello, e buon Natale!”
“Buon Natale, Lily”
Il tempo di dirlo e lei è già uscita, veloce e leggera com’è entrata.

 

Sono passati quasi vent’anni da quel giorno lontano, i miei capelli sono diventati grigi, ma per me non è cambiato quasi nulla. Stessa poltrona, stesso ananas candito, stesso gruppetto di studenti favoriti.

Tu, invece, Lily…tu che eri così piena di energia e voglia di vivere…sei morta a ventun anni per salvare tuo figlio. Quello stesso figlio che ora è davanti a me ogni giorno, con i suoi 16 anni e quello sguardo che assomiglia tanto dolorosamente al tuo. Il tuo amore, il tuo sacrificio, la tua scelta estrema l’hanno salvato da Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.

Non sono così ipocrita da dire che al tuo posto l’avrei fatto anch’io, che non c’è una parte di me che pensa che tu non avresti dovuto farlo: eri tu la Grifondoro, non io, e so riconoscere bene i miei limiti. Ma sono ugualmente orgoglioso di te, Lily, come quel padre che non sono mai stato per nessuno, tranne che per te.

E mi si stringe il cuore al pensiero che avrei tanto voluto parlare con te di persona del figlio che tanto hai amato, invece che ritrovarmi per l’ennesima volta immobile, a cercare un riflesso dei tuoi occhi verdi nella neve che turbina vorticosa.

NOTA AUTORE: ecco a voi il secondo capitolo di questa raccolta, dedicato al tema dell'accidia! Voglio innanzitutto ringraziare tutti voi lettori, perché il primo capitolo ha avuto più di 100 visite, e non ci posso credere!! :-) Un grazie speciale, ovviamente, a chi ha recensito.
Questa volta affrontiamo un personaggio, Lumacorno, non sempre così trattato e forse neanche tra i più amati, ma che, secondo me, ha un suo "fascino" e delle sue particolarità. Io lo trovo letterariamente interessante, un po' decadente, ecco! Ci tengo molto a sapere che cosa ne pensate, quindi sentitevi liberi di commentare. Un abbraccio <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Gola ***


(Voce narrante: Albus Silente)

 

“…Quando un giorno da un mal chiuso portone

Tra gli alberi di una corte

Ci si mostrano i gialli dei limoni;

e il gelo del cuore si sfa,

e in petto ci scrosciano

le loro canzoni

le trombe d’oro della solarità”

(Eugenio Montale, I limoni)

 

“Albus, ancora con quelle curiose parole d’ordine? Comincio a pensare che lo fai per divertirti, sai?!?” mi dice Minerva scuotendo la testa rassegnata.

“Oh, hai tutto il diritto di pensarlo, mia cara. A un vecchio come me sono rimasti ben pochi divertimenti.” Rispondo con uno dei miei soliti sorrisi enigmatici, che, lo ammetto, sono un altro mezzo che uso per stupire ed esasperare gli altri.

“Beh, Albus, sono passata solamente per consegnarti queste lettere che sono riuscita a strappare dalle grinfie di Dolores…mio Dio, quella donna mette seriamente alla prova la mia pazienza!”
“Sono d’accordo, Minerva”
“Comunque è il tuo vecchio amico Elphias Doge, credo voglia sapere come va qui da quando quella vecchia megera è diventata Inquisitore Supremo.”
“Si? Beh, immagino che sappia già benissimo come va, ma è carino da parte sua.”
“Sì, è vero. Beh, io vado, Albus, e…è una bella serata, non trovi? Anche non troppo fredda! Fossi in te mi gusterei una delle tue parole d’ordine!” dice con una risata, poi si chiude il portone alle spalle.

Io stesso sorrido. Ghiacciolo al limone. In perfetta linea con le mie solite parole d’ordine. Ho sempre amato tutti i dolci, ma per il gusto del limone ho sempre avuto una predilezione particolare.

 

Estate, una casa ormai troppo lontana nel tempo e nello spazio. Il cottage di campagna è circondato da un piccolo pergolato, sul retro c’è un orto ed un ampio prato. Mio padre e mio fratello sono all’aperto; mia madre, con i capelli neri legati in una stretta crocchia ed un grembiule bianco, è davanti ai fornelli. Una voce mi riscuote all’improvviso dai miei studi: “Al!!”
“Ari!! Dove sei stata? Lo sai che mamma sta preparando per te la torta al cioccolato!”
“Si, si, Al!! Torta al cioccolato! Dolci, dolci, dolci!!” Mia sorella è proprio incontenibile. Ha cinque anni, capelli molto chiari e sottili, i miei stessi occhi azzurri. Sta saltellando come una matta per la cucina e solo in quel momento mi accorgo che tiene qualcosa di nascosto dietro la schiena.
“Ari, cosa nascondi? Hai preso qualcosa dal giardino?”
Lei mi guarda e, con un sorriso trionfante, tira fuori un grosso limone giallo.
“Hai visto, Al?!? Così mamma ci prepara anche i dolcetti al limone! Ma dici che posso mangiarne uno così, appena colto?”
“No Ari, non ti piacerebbe. Vedi, il limone è un frutto difficile. È bello, giallo, solare, ma il sapore è acido. Va spremuto, gustato solo in certi modi…va cucinato con pazienza e amore…un po’ come se curassimo le persone a cui teniamo!”
Non sono sicuro che Ari abbia capito. Infatti cambia argomento quasi subito:
“Oh, Al! È vero che il primo di settembre parti?!? Ma perché? Voglio venire anch’io!”
“Ci andrai presto, Ari. Vado a studiare magia in una grande scuola. Fra qualche anno mi raggiungerai.”
“Sicuro, Al?”
“Ma certo, Ari! E scommetto che sarai anche più brava di me!” E lo pensavo davvero.

Ma chi avrebbe mai potuto prevedere che di lì a poche settimane quei tre bastardi avrebbero rovinato la tua innocenza ed il tuo equilibrio mentale, per sempre. Che mio padre sarebbe finito in prigione per aver tentato di punirli. Che da quel momento alla nostra famiglia, anche per la mia leggerezza ed ingenuità, sarebbero state riservate solo pene e dolori.

 

Il sole è tramontato dietro gli ultimi bastioni del castello. Con fare pensieroso, afferro uno dei miei ghiaccioli al limone dal ripiano tenuto freddo con la magia, dove ne ho una buona scorta, e lo scarto.

Forse non mi sono occupato abbastanza di te, Ari. Tantomeno di mio fratello. Dopo quegli ultimi istanti felici, mi sono fatto accecare dal potere e dall’ambizione. Ed ho pagato un prezzo fin troppo salato. Ma ora insegnerò ai miei studenti a non ripetere lo stesso errore. Non ho la presunzione di essere meglio di loro: so già che alcuni di loro hanno compiuto scelte molto più giuste ed umili di me alla loro età. Come Neville, che va sempre a trovare i suoi genitori malati. Come Harry Potter.

E mentre assaporo quel gusto aspro e dolce al tempo stesso, mi sembra di essere tornato a quel tempo lontano e ormai perduto. Insieme ai miei cari.

 

(dedico questo capitolo alla memoria del magnifico Eugenio Montale, che mi ha insegnato a trovare la vita e l’amore nei dettagli che a volte non vediamo neanche.)

NOTA AUTORE: Bentornati, cari lettori! Ecco il terzo capitolo della raccolta, dedicato alla gola! Inizio subito col dirvi che ho sempre adorato il personaggio di Silente con tutta me stessa, che quasi tutte le mie citazioni preferite dei libri della Saga riguardano i dialoghi tra lui ed Harry e che la sua morte (insieme a quella assurda di Fred) è stata un brutto colpo per me. Non potevo non dedicargli un capitolo, non credete?
Grazie infinite a tutti coloro che hanno letto e recensito, ed a chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. Mi rendete felice! A presto :-)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ira ***


(Voce narrante: Molly Weasley)

“…finché tutto brucia

Mentre ognuno grida

Bruciando le loro bugie, bruciando i miei sogni

Tutto quest’odio,e tutto questo dolore

Farò bruciare tutto

Mentre regna la mia rabbia…”

(Anastacia, Everything burns)

 

Sono nascosta in uno dei bui corridoi del castello. Rumori di urla, porte sbattute, tavoli rovesciati entrano nelle mie orecchie e mi dilaniano il cuore. Quando ho messo piede in questa scuola per la prima volta, non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei trovata qui di nuovo, all’alba dei cinquant’anni, con mio marito ed i nostri sette figli. E no, non per rievocare i miei undici anni, ma per combattere contro Lord Voldemort. La bramosia di quell’uomo, la sua sete di potere, la sua tremenda follia non hanno limiti: non si preoccupa nemmeno di uccidere decine di ragazzini innocenti.

Il cuore mi sta esplodendo contro il petto, con una mano tengo salda la bacchetta, con l’altra mi reggo al muro, come se me lo volessi tirare addosso. Un solo pensiero ovatta ogni rumore, ogni lampo, ogni gemito sordo: ho perso Fred. Uno dei miei figli, lui, che era così allegro e spensierato, è rimasto coinvolto in un’esplosione. È morto con il sorriso sulle labbra, proprio lui che non ha fatto altro che ridere e far ridere gli altri per tutta la vita. Il mio è un dolore troppo forte da descrivere, anche e soprattutto perché è già noto.

Il mio cuore non ci mette molto a correre ad altri due gemelli, altrettanto scanzonati e coraggiosi. I miei fratelli maggiori, assassinati in uno scontro diretto con cinque Mangiamorte, vent’anni fa.

E non è tutto: un trionfante messaggio di Lord Voldemort ci ha appena annunciato che Harry Potter, il salvatore del mondo magico, la speranza di tutti, ci ha lasciato. Si è sacrificato per noi. Ma io non posso crederci. Non voglio crederci. Harry è il mio ottavo figlio. Noi siamo la sua famiglia. E la sua scelta coraggiosa deve illuminare tutti noi.

Ma adesso basta. Adesso chi mi ha fatto del male la pagherà. Se davvero tutto è perduto, se davvero Harry non ce l’ha fatta, allora l’unica speranza che ci è rimasta è quella di vendicarlo. Anche se dovessi morire stanotte, gli assassini della mia famiglia non resteranno impuniti. C’è della lucidità e della follia nel mio sguardo, ne sono consapevole, anche se non mi vedo.

Non so come, mi stacco dal muro e con rinnovata energia corro verso il centro della battaglia. Odo subito un grido, poi voci di persone che si rincorrono, si chiamano, si fronteggiano.

Al centro della sala scorgo un enorme cerchio di fiamme, e non mi ci vuole molto per capire che lì dentro infuria un duello. Vedo subito lei: Bellatrix, la Mangiamorte più spietata, l’amante di Lord Voldemort. Ha ucciso Sirius, il padrino di Harry. Ha torturato fino alla pazzia Frank e Alice, due miei carissimi amici che ora sono in ospedale. Ha ucciso la povera Dora, che aveva appena avuto un figlio dal suo Remus. E poco prima l’ho vista ridere sprezzante della disperazione della professoressa McGranitt, mia guida da sempre.

Decisamente un’avversaria troppo pericolosa. Faccio per allontanarmi, quando scorgo le persone con cui sta duellando: Hermione, Luna e…Ginny. La mia Ginny!

Adesso basta. Non mia figlia. Non lei.

Come una furia mi avvento su quella cagna rognosa, salto nel cerchio delle fiamme, grido alle ragazze di andare via e urlo che nessuno, nessuno, si azzardi a toccarla tranne me.

Lei ride malignamente, come suo solito, e mi guarda come se fossi un moscerino particolarmente fastidioso. Scuote la testa agitando sul petto marmoreo i suoi ricci neri e sputa veleno ad ogni parola: “Che ci fai qui? Desideri provocare un altro lutto alla famiglia Weasley?”
“Taci!”
Non rispondo. Non mi interessa. Nulla ha più importanza ormai. Tutto quello che vedo è solo fuoco.

Il fuoco che ci circonda. I tizzoni ardenti al posto degli occhi della mia avversaria. Le fiamme che lambiscono il castello, ormai prostrato dalla battaglia.

E la collera che divampa in me, che mi fa sentire come un incendio all’altezza del cuore ed annebbia qualsiasi pensiero razionale.

Colpi su colpi, maledizioni ed anatemi si susseguono. È davvero forte, ma non mi importa. Io posso essere più forte di lei. Fosse anche lultima cosa che faccio.

Intuisco con la coda dell’occhio che qualcuno sta cercando di aiutarmi, ma li allontano bruscamente. Lei è mia.

Perché non può vincere lei. Non può vincere la Morte.

Non so come, recupero un ultimo barlume di lucidità e mi accorgo che si è distratta. Sta pensando ad innervosirmi con altre parole al veleno, me lo sento. Ma io sono più veloce di lei, e le scaglio l’Anatema che Uccide.

Il lampo verde la colpisce in pieno petto. Sto uccidendo la Morte?

Si accascia al suolo senza alcun lamento, e solo in quel momento comincio a capire davvero che cosa ho fatto. Le fiamme scompaiono, era un incantesimo legato a lei.

E proprio al mio fianco, un’altra ira divampa. Lord Voldemort ha completamente perso la ragione ed è desideroso di sfogare la sua rabbia per la morte della sua migliore allieva ed unica amante. Ma proprio mentre sta per avanzare verso di me, un improvviso richiamo lo ferma. Non c’è bisogno che ci voltiamo per sapere chi è. Harry Potter è dietro di noi. Sopravvissuto, per la seconda volta, e pronto a combattere.

E dalle ceneri della mia ira è nata una nuova speranza.

 

NOTA AUTORE: ecco a voi il quarto capitolo di questa raccolta! Per il tema dell'ira, chi scegliere, se non Molly?!? Questa parte è stata particolarmente emozionante per me da scrivere, e per diversi motivi. Innanzitutto, non credo che "digerirò" mai del tutto la morte - secondo me - assurda ed inutile di Fred, ma, in questo contesto, ho ritenuto necessario parlarne. Poi, la verità è che, per quanto adori Molly... beh, amo anche Bella, in un certo senso. L'ho sempre trovata un personaggio fantastico, almeno nei libri (i film, secondo me, l'hanno un po' snaturata).
Pareri personali a parte... fatemi sapere che cosa ne pensate VOI!
Grazie di cuore per l'attenzione, come sempre, e... a presto!! :-)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Superbia ***


(Voce narrante: Pansy Parkinson)

 

“Ti ho mandato via

Sento l’odore della città

Non faccio niente, resto chiusa qua

Ecco un altro dei miei limiti

Io non sapevo dirti che

Solo pensarti mi dà i brividi

Anche una stronza come me

Come me”

(Laura Pausini, Spaccacuore)

 

La torre di Astronomia è una delle più alte del castello, ed è molto poco frequentata tranne che nelle ore serali. È un rifugio perfetto per me. Anzi, pensandoci bene, forse è un luogo che rispecchia un po’ il mio animo. Io sono come lei: fredda, solitaria, innalzata al di sopra di tutti.

Sono sempre stata così. La mia educazione è stata molto rigida e basata su un solo, fondamentale principio: quelli come me, i Purosangue, la nobiltà magica, sono superiori a tutti. Noi abbiamo soldi, ricchezza, benessere, ed a noi spetta il primato della magia. Tutto il resto è feccia.

Ma non posso negare che non è solo per questo che sono stata definita superba ed altezzosa: non sono stati solo i miei genitori, io ci ho messo del mio…e molto, anche. Sono sempre stata chiusa, schiva. Una ragazza all’apparenza timida ma che dentro aveva una forza e una determinazione pari alla durezza dell’acciaio.

Ho sempre coltivato pochi rapporti d’amicizia e mi sono premurata che queste persone meritassero la mia fiducia. Se qualcuno non mi voleva o per qualche inspiegabile ragione mi rifiutava, io di certo non andavo ad elemosinare la sua compagnia o la sua comprensione. Se soffrivo, non lo davo a vedere. Ho sempre pensato che, in fondo, chi mi aveva abbandonato non era all’altezza del mio mondo così complesso, della mia sensibilità troppo spiccata. Quante volte li ho additati come “indegni, meschini, ottusi”. Incapaci di guardare al di là del proprio naso. Senza capire che anch’io, in fondo, parlando così mi chiudevo ancora di più. Ma non ho un’altra strada, non ho una soluzione alternativa. Non mi è mai stata insegnata.

E poi, i ragazzi…beh! Per loro sono e resterò sempre un completo mistero, lo so. I casi sono due. Possono infrangere la mia cortina d’acciaio e introdursi con semplicità, diventando i miei migliori amici, quasi dei fratelli, da cui vado quando ho bisogno di far cadere il muro che mi sono costruita ed essere un po’ coccolata. Sono così alcuni dei miei compagni di Casa, che per me ormai sono parte della famiglia. Oppure ci sono quelli che non si accontentano, che pensano (illusi!) che ci possa essere qualcosa di più. Inutile dire che vanno incontro ad una delusione o ad un clamoroso fallimento.

Sapete qual è la verità? I ragazzi si avvicinano a me, dicono di essere attratti, ma poi guardano davvero dentro di me e fuggono terrorizzati.
Non sono alla mia altezza, mi ripeto io.
Non mi lascio andare, non do loro le conferme che cercano…li spavento, dicono loro.
Io vado bene per fare le battutine allusive, per un’uscita occasionale, per fare ingelosire qualcun’altra. E poi basta. Nessuno è mai riuscito a donarmi quel di più di cui prima tanto si vantava. Non che io abbia bisogno di persone così, intendiamoci. Ne faccio volentieri a meno. Mi chiedo solo: è così difficile, per me e per gli altri, avere il coraggio di uscire allo scoperto?

 

Tu però ci stavi riuscendo. Tu stavi portando fuori il meglio di me. E quando la mia migliore amica Daphne è venuta in camera mia ad avvisarmi del fatto che eri giù nella nostra Sala Comune, ho fatto tanto d’occhi. Certo, ti avevo notato, ti trovavo carino, ma…che significava quell’improvvisata?
E ti ho trovato lì, con quei capelli rossi, quell’assurdo maglione sformato e quel sorriso smagliante che ti poneva così in contrasto con i miei amici della Casa di Serpeverde. Quel tuo inspiegabile atto di coraggio testimoniava la tua natura Grifondoro, casomai ce ne fosse stato bisogno.
“Che diavolo vuoi?”
“Invitarti al ballo di Halloween.”

Ho accettato senza troppi problemi: ero già uscita con persone della tua Casa ed ero sicura che tu saresti stato una loro banale ripetizione: troppo concentrato su te stesso ed i tuoi eroismi per badare ad una piccola e insignificante fanciulla verde argento come me.

E invece non è stato così. Ed a quella sera ne è seguita un’altra, ed un’altra ancora. Ma io ero sempre più arrabbiata con me stessa.

Oh, come poteva una come me, una principessina ricca, abituata ai lussi ed alle serate chic, studentessa impeccabile, fredda come un ghiacciolo in pubblico, innamorarsi di uno come te, traditore della causa della nobiltà magica, senza un soldo in tasca, sempre in punizione e la cui occupazione principale era mettersi in ridicolo ogni giorno con stupidi scherzi?!?

Ed ho cominciato a pretendere che ci vedessimo di nascosto. A trattarti male, ad allontanarti. Non ne avevi colpa, ti giuro.

Io con te ho conosciuto la dolcezza, la sincerità, la bellezza di un vero sentimento. E anche se ieri sera ti ho insultato nel mezzo della Sala Grande, chiamandoti pezzente e inutile perdente, e ti ho gridato “è finita”, solo Dio sa quanto avrei voluto dirti che ti desideravo accanto per sempre. Che niente è comparabile al calore del tuo abbraccio.

Ma non avrò mai il coraggio di farlo.

 

“Sei qui!”. Mi volto. Non ci credo. Tu.

“George?!?” Sei venuto da me. Ancora una volta, hai fatto un passo per me.

“Sì…” Provo ancora a difendermi. Ho uno strano bisogno di allontanarti, di scappare.

“Ma che diav…”
“No, zitta, per favore. Non lascerò che mi insulti ancora. Non lascerò che tu dica ancora qualcosa che non pensi.”

“E allora cosa sei venuto a fare?”

“Sono venuto a riprenderti.”
Un sorriso.

Mi basta. E corro fra le sue braccia, sentendo la mia superbia che cade giù dalle mie spalle come un vecchio mantello che non voglio più.

NOTA AUTORE: ed ecco a voi la superbia, quinto capitolo della storia!
Solo una breve spiegazione per chi di voi non ha letto altre mie storie. Pansy e George provengono da una mia long-fiction ormai terminata, "Il cielo ha una porta sola". Mi sono innamorata di questa coppia così stramba ed inusuale ed ho deciso di fare un'altra breve one-shot dedicata a loro. Non sono mai riuscita a vedere Pansy come la semplice servetta di Draco: visto che quest'ultimo ha poi deciso, secondo la Rowling, di sposare un'altra persona, sono dell'idea che Pansy, crescendo, sia riuscita a maturare ed a prendere un'altra strada. E chi meglio di un gemello Weasley potrebbe tenerle testa senza avere paura della sua indole Serpeverde?
Ovviamente questo capitolo è dedicato con grande affetto a quanti hanno letto e recensito "Il cielo ha una porta sola".
Un enorme grazie anche a tutti voi lettori di questa raccolta!!
A presto :-) :-)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Avarizia ***


(Voce narrante: Ron Weasley)

 

“…Tutto ciò che gli rimaneva era il suo lavoro. Così lavorava tutto il giorno, ogni giorno, senza scopo, come un ragno che tesse la sua tela. I suoi clienti lo pagavano in monete d’oro ed argento ed egli le teneva in una pentola di ferro. Man mano che il tempo passava, Silas cominciò ad amare quelle monete. Ogni giorno lavorava per 16 ore, ma la notte tirava fuori le monete dalla pentola e le contava. Le loro forme e colori divennero familiari per lui. Amava guardarle e toccarle.”
(George Eliot, "Silas Marner")

 

“Ron! Ancora a giocare con le monete?!?” una voce familiare mi raggiunge. È mio padre. “Sì, papà” rispondo distrattamente io, con la classica nonchalance dei bambini. “Mi piacciono molto, sai?” “Cosa intendi, Ronnie?”

“Sono belle, papà! Sono colorate! Ormai conosco a memoria le loro forme! E guarda quante costruzioni posso fare!” continuo, imperterrito.

Papà mi sorride e mi passa una mano sulla testa, ma poi un’ombra si dipinge sul suo viso. Sembra stanco.

“Ricorda, Ronnie” mi dice “anche se ti piacciono, è meglio non esagerare”
“E perché?”
“Perché desiderare troppo il denaro porta a scelte sbagliate, sai?”
 

No, non lo so. Non so davvero di cosa stia parlando. Ma una cosa la so: che a casa nostra c’è sempre bisogno di monete. Ne girano per casa sempre poche e nei momenti in cui c’è da fare qualche grossa spesa di famiglia, come quelle per la scuola, spariscono subito. Un galeone rotola giù dal tavolo ed io rapido lo raccolgo.
“Papà, è vero che siamo poveri?” non gli lascio il tempo di rispondere e proseguo: “è vero che siamo dei pezzenti e noi sette siamo troppi per essere mantenuti da voi?”
“Chi ti ha detto queste cose?” risponde papà preoccupato.

“Il figlio dei Rosier, quelli che abitano in quella grande villa di campagna… hai presente, papà? Quello vicino al campetto dove io e Ginny andiamo sempre a giocare a Quidditch. Beh, l’altro giorno ci è venuto vicino quel bambino e ci ha detto queste cose.”
Papà sospira. È infuriato, lo sento. Conosce bene i Rosier, sono degli arroganti nobilotti sospettati di una collusione con i Mangiamorte. Ma io non posso ancora sapere questo, sono solo un bambino.

“Figliolo, devi credermi: queste cose non sono vere. Devi cercare di farti coraggio ed affrontare la cattiveria di questi bulletti, che non sanno quello che dicono. Stai tranquillo, Ronnie!”

Ma io non lo sono affatto. E se un giorno finissero i soldi? E se mamma e papà fossero costretti a mandarci via? Oh, io non voglio, non ho nessuna intenzione di andarmene da casa nostra. E scoppio a piangere, come il bambino che sono, come il piccolo bisognoso d’affetto che si rifugia sulle ginocchia del suo papà.

....

Ora non ho più questo genere di paure. Ma ne ho altre. Non ho mai più dimenticato gli insulti che sono stati rivolti a mio padre nel corso degli anni a causa delle sue scelte e del suo status sociale. Se chiudo gli occhi, li sento ancora.

“Sudicio Babbanofilo…”
“Traditore del tuo sangue…”
“Lei disonora il nome stesso di mago…” e via di questo passo.

Persino Percy ha fatto una tremenda litigata con papà, qualche mese fa. Gli ha detto che non ha ambizioni, è privo di interessi a parte quelle sue stravaganti abitudini, e che per questo siamo senza un soldo. Se n’è andato di casa, dicendo che, a differenza nostra, lui non aveva nessuna intenzione di mettersi contro il Ministero.

È sempre stata una persona difficile, dal carattere presuntuoso e spigoloso. Ma io non riesco a sentirmi migliore di lui… non lo sono. Sono l’ultimo di sei figli maschi (la settima è Ginny che è ovviamente super coccolata) e sono sempre stato considerato lo scricciolo di casa, quello un po’ più da seguire, da incoraggiare… quello che non conta niente, dico io.

Ed avere come mio migliore amico il grande Harry Potter non mi ha certo aiutato, anzi. Certe volte vorrei essere come lui, sempre al centro dell’attenzione, costantemente in mezzo ai guai, anche se gli piovono sulla testa, perché tanto poi sa sempre come uscirne, lui.
È stato lui a salvare mia sorella, al secondo anno.
È stato lui ad aiutare Fred e George con i soldi del torneo Tremaghi.
Insomma, ha aiutato più lui la mia famiglia di quanto io abbia mai potuto fare.

Ed io? Come faccio anche solo minimamente a sentirmi all’altezza delle persone che amo? Mi sento sempre sciocco, inutile, un passo indietro.

Quando la tristezza del mio cuore è particolarmente forte, quando non mi serve a nulla l’aiuto di Harry ed Hermione, ritorno al mio vecchio passatempo. Aspetto di essere solo, tiro fuori i galeoni dalla mia sacchetta in pelle di drago e comincio a giocarci. Li conto, li rigiro, faccio delle forme e delle costruzioni.

Mi spiace, papà. Tu hai delle pretese quasi eroiche nei confronti di ognuno di noi, come ogni Grifondoro che si rispetti, del resto. Ma io non sono un eroe, non ancora, forse. Sono solo un ragazzo come tanti, ed il mio unico eroismo è quello di volere aiutare la mia famiglia, anche se ancora non so come. Forse è un’utopia attaccarsi ai soldi, alle cose materiali, ma chi può dirlo.

Sorrido e continuo ad agitare tra le mani le mie monete.

NOTA AUTORE: ecco a voi il sesto e penultimo capitolo, dedicato all'avarizia! Ron è un personaggio di primissimo piano e molto popolare, perciò sono veramente curiosa di sentire le vostre opinioni in proposito. Personalmente, non è mai stato tra i miei preferiti in assoluto, perché spesso l'ho trovato un ragazzo insicuro ed un po' infantile. Tuttavia, ho deciso di riservare a lui la parte del protagonista in questo capitolo, perché non è un segreto che Ron si sia sempre sentito "l'ultima ruota del carro" in una famiglia piena di persone brillanti e di talento, e, inoltre, la sua attrazione per la Bacchetta di Sambuco nel settimo libro testimonia un suo desiderio di potere (e denaro uguale potere, no?). Spero tanto che questa scelta vi piaccia.
Ci risentiamo presto per il settimo ed ultimo peccato, la lussuria, con dei personaggi che... spero vi stupiranno!! Grazie ancora a tutti voi :-) :-)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Lussuria ***


(Voci narranti: Lucius Malfoy/Hermione Granger)

 

“Onde più volte bestemmiava la vanitade de li occhi miei, e dicea loro nel mio pensero: "Or voi solavate fare piangere chi vedea la vostra dolorosa condizione, e ora pare che vogliate dimenticarlo per questa donna che vi mira; che non mira voi, se non in quanto le pesa de la gloriosa donna di cui piangere solete; ma quanto potete fate, ché io la vi pur rimembrerò molto spesso, maladetti occhi!” (Dante, Vita Nova)

 

[a D.

In fondo me l’hai ispirata tu.]

 

La notte è incantata, maledetta, pericolosa. Una minaccia incombe sull’atmosfera circostante ed avvolge gli alberi, i cespugli, le creature maligne che vi si nascondono, come un alito caldo che rende insopportabile ogni movimento e difficoltoso ogni respiro. È l’ombra di Lord Voldemort, lo so. Quell’uomo che ha quasi distrutto la mia vita, quella di mia moglie e di mio figlio.

Questo è il modo di ripagarmi di tanti anni di servizio?

Io sono stato uno dei primi a schierarmi dalla sua parte, durante la prima guerra magica.

Io l’ho aiutato a ritornare tramite l’Horcrux del suo diario segreto, cinque anni fa.

Io ho condotto la missione per il recupero della Profezia, nell’Ufficio Misteri.

Ed ora? Ora che la nostra posizione è quanto mai delicata, che la vittoria della guerra è ad un passo da noi, che lui stesso avrebbe bisogno di tutti noi, che fa? Rifiuta di accontentarmi nella richiesta più semplice e naturale che ci sia: lasciarmi andare a cercare mio figlio. Sapevo che Lord Voldemort fosse un essere senza cuore e che tutti noi, anche i suoi più fidati sottoposti, non siamo altro che strumenti, anzi, ostacoli alla sua realizzazione personale. Ma credevo che almeno uno spiraglio di umanità si sarebbe potuto aprire anche in lui, in un momento tanto complesso.

Umanità, bah! Ma senti come parlo. Davvero non sono più la stessa persona di un tempo. In passato non avrei esitato a vendere me stesso per la gloria, il potere, l’ambizione. E più volte l’ho fatto.

E sono stato abile a fiutare il pericolo, a fuggire da una nave che stava per affondare, a cambiare ed a dissimulare abiti, atteggiamenti e parole come conveniva di più. È stato così che molti mi hanno ritenuto per anni un rispettabile esponente della nobiltà magica, impegnato in Ministero presso i conservatori, artefice di numerose donazioni di beneficenza nei confronti dell’Ospedale San Mungo, nonché ammirevole padre di famiglia. Ben pochi hanno capito che dietro di me si celava l’essenza di uno dei Mangiamorte più pericolosi. D’altra parte, il mio nome è lo stesso di Nerone e Silla. Qualcosa vorrà pur dire.

Fino a quando, due anni fa, non sono stato catturato anch’io. Ed anch’io, come i miei compagni, ho pagato con la galera. Solo un anno, prima di riuscire ad evadere: ma Dio solo sa quante umiliazioni hanno subito mia moglie Cissy e mio figlio. Non importa quello che pensa quel mostro: ha già fatto abbastanza male a me ed a molti altri che gli sono stati fedeli. Io cerco mio figlio.

 

Corro a perdifiato nella foresta. Oh, Harry, Harry, dove sei? Non posso sopportare l’idea che tu stia andando da solo da quel maledetto. Nessuno mi ha ascoltato, come sempre. Io sono sempre nell’angolo, quella che non viene ascoltata, ma poi, come il perfetto grillo parlante, si rivela essere la voce della ragione.

Ed anche stavolta, io sola ho intuito che cosa stai per fare: stai per consegnarti! Oh no Harry, non farlo! Sei il fratello che non ho mai avuto, e perderti sarebbe come perdere metà della mia anima. La foresta ha un aspetto spettrale, le ombre assumono contorni sfocati, mi sembra di essermi persa in un inferno di follia e disperazione. Guardo il cielo: le stelle sono quasi offuscate dalle fiamme, dalle strisce colorate, dalle continue esplosioni, segno che la battaglia infuria anche al di fuori di Hogwarts, ormai.

Ma non vedo una radice sporgente, e, prima che me ne accorga, sono rotolata a terra. Impugno saldamente la mia bacchetta e mi rialzo,senza curarmi della tunica ormai strappata e lacera. Sollevo lo sguardo, pronta ad affrontare qualsiasi mostruosa creatura che si sia avvicinata nel frattempo e…oh mio Dio. No,ti prego, no.

 

…ma guarda chi si rivede. L’amichetta di Potter. La nata babbana. Cosa ci fa tutta sola in questa foresta? Oh, non so, ma una cosa è sicura. Se la consegno a Lord Voldemort, forse mi ricompenserà come merito.

La guardo e posso vedere chiaramente il terrore che riempie le sue iridi dorate. “Che ci fai qui, Mezzosangue?Sei venuta a consegnarti a Lord Voldemort?”

 

e se gli dicessi di sì? Mi porterebbe da Harry. Potrei trovarlo. Salvarlo, forse. Ma no, che cosa vado a pensare. Ci ucciderebbe entrambi. Non ho scelta. Devo combattere. Mi pongo in posizione di difesa ed aspetto una sua replica.

 

Come mai non mi risponde? Non fa altro che fissarmi, questa ragazza. E sì che me l’avevano descritta come intelligente e pronta di spirito. Ma è solo un attimo. All’improvviso vedo un fulmine percorrere quegli occhi e intuisco: il suo spirito di eroina si è risvegliato. Sta per combattere. Presto dovrò difendermi. Ma ciò non significa che non mi possa concedere il piacere di insultarla un po’.

 

Oh certo, tranquilla…sfodera la tua bacchetta, Mezzosangue. Insudicia con le tue false convinzioni quella magia che dovrebbe essere solo dei miei pari. Sei davvero pietosa.”
Le sue parole sono macigni, per me. Inaspettatamente lo sono. Che cosa mi dovrei aspettare da lui? È un folle, è crudele e pieno di pregiudizi. È un Mangiamorte! Che mi importa se mi guarda con quegli occhi così… così intensi. Non l’ho mai fissato così da vicino.

Dannazione, non devo distrarmi. E proprio in quel momento tiro fuori la bacchetta. Il momento del duello è arrivato.

 

…la bacchetta. Oh, la ragazzina vuole davvero duellare contro di me. Ne ha di coraggio. Tendenza al sacrificio tipica dei Grifondoro. Ma in questo momento non suscita in me molta ilarità questo pensiero.

Come di consueto, frugo nella tasca della mia tunica di Mangiamorte e…mi sento morire.

 

come ho potuto non ricordarlo prima?!? Non ha la sua bacchetta con sé. Ha dovuto cederla a Voldemort mesi fa. Ed ora?

 

…ed ora è giunto il mio momento. La mia bacchetta era così parte di me che ho scordato di non averla. Come ho potuto dimenticare una cosa del genere? Possibile che lo sguardo di una Mezzosangue abbia sortito un tale effetto su di me? No, no. È l’ansia per mio figlio. Che ora, so per certo, non rivedrò più. Senza bacchetta non ho i poteri. È finita. Nella mia superbia sono riuscito a consegnarmi io stesso al carnefice. Ah, ma che meraviglioso carnefice!,  penso, guardando quei boccoli castani e quello sguardo incerto.

 

si è accorto di essere caduto in trappola. Ma che fa? Oh, perché continua a fissarmi? Non capisce che in questo modo mi dà il tormento? Com’è cattivo e sadico! Ricorda ancora quando sono arrossita sotto le sue iridi grigio tempesta, alla Coppa del mondo del Quiddich?!?

 

No, mi correggo. Non è affatto incerto quello sguardo. È interrogativo. Ma a cosa sta pensando? Ricorda ancora quando anni fa ci siamo conosciuti e scontrati al Ghirigoro, prima che io fossi mio malgrado costretto a fare a botte con Arthur Weasley? Che anche lei non l’abbia dimenticato?

Follia, follia pura. Devo fuggire, è l’unica via di scampo.

 

perché non scappa? Oh, ti prego, liberami da questa tortura! Se non ti consegno, verrò considerata una traditrice. Ma se ti consegno… oh Dio! Mando al macello il mio segreto più intimo, l’ossessione che ormai da anni ritorna nei miei incubi e si presenta all’improvviso nel cuore, rendendolo un macigno. Come potrei?

 

E forse tutto sommato è giusto che io mi consegni a te, sai? Dopotutto, è a te che ho donato qualcosa di me, già molto tempo prima. Me ne rendo conto ora, fissando quei tuoi occhi tanto diversi dai miei, ma senza i quali io in questo momento non potrei stare. È un momento. Un passo verso di me, ed io che faccio un passo verso di te.

 

Sfioro quei tuoi capelli biondi, mentre tu mi accarezzi la guancia. Ma che diamine sto facendo?

 

Ho quarantatre anni, mio figlio ha la tua età.

 

Ho diciott’anni, potresti essere mio padre.

 

Sono un Mangiamorte.

 

Sono la migliore amica del salvatore del mondo magico.

 

Sono un Purosangue nobile.

 

Sono una nata babbana di umili origini.

 

…ma come?!? Io ho sempre amato mia moglie! Perché ho continuato a nutrire questa inspiegabile attrazione per te?!?

 

ed io che ho pensato di essere innamorata solo e soltanto di Ron. Ora capisco che ho sempre avuto un angolo del cuore che era disperatamente, irrimediabilmente tuo.

 

Qualunque cosa tu abbia deciso di fare, falla, Hermione. Consegnami. Uccidimi, se vuoi. In un certo senso, lo stai già facendo.

 

Scappa.” Quell’unica parola mi esce dalle labbra, quando ormai siamo alla distanza di un respiro.

Scappa”. Gli ripeto. Lui mi guarda stupito, come se non credesse alle mie parole.

Ti prego!” Dico in un sussurro. Finalmente esaudisce il mio desiderio.

Prima che io me ne renda conto è già sparito nella foresta.

Lo so che ho tradito tutti, perfino Harry, che fino a poco prima invocavo così disperatamente.

Lo so che sicuramente non ricambierà il favore.

Ma non ho paura di questo.

Ho paura della brama che ho letto nei suoi occhi. Ne ho paura perché anch’io l’ho provata…perché so che quel che c’era nel suo sguardo era un riflesso del mio.

Ancora una volta, ho avuto paura di essere emotiva, libera, donna.

 

Riprendo a correre per la foresta più veloce di prima, cercando di convincermi che non sia successo nulla. È stato solo un incidente, devo dimenticarlo.

Maledetti occhi, che diavolo pensavate di fare?

Non mi traviate.


NOTA AUTORE: Cari lettori, ecco a voi il settimo ed ultimo capitolo della raccolta, dedicato alla lussuria. Come forse avete già intuito, si tratta di un esperimento, in quanto, in questa volta, le voci narranti sono due. Il pairing è inusuale, lo ammetto, ma devo ammettere che l'idea mi ha intrigato, perché tra i due personaggi ci sono tutti i presupposti per un sentimento conturbante... per un peccato di lussuria, ecco. La differenza d'età, il matrimonio di lui, i due opposti schieramenti in guerra e la diversità di origini potrebbero costituire un muro; tuttavia, entrambi i personaggi sono scaltri ed intelligenti, di indole razionale, ma anche disposti a proteggere i propri cari. Personalmente ho deciso che non potevo non sceglierli! Ovviamente sono super curiosa di ascoltare i vostri pareri.

Siamo arrivati alla fine di questa raccolta di one-shot, e non posso fare a meno di dire GRAZIE!!
Grazie a tutti voi, lettori silenziosi: se volete farvi avanti con un minuscolo commento, siete sempre in tempo!

Grazie a chi ha recensito:
_apefrizzola_ (mia fedelissima lettrice! *_*)
BlackDream99 (grazie per la presenza continua!)
EcateCallisto (mia lettrice super presente)
HP_dream (Che ne pensi di quest'altro pairing del tutto NON canon?!?)
Lorelie Black Lestrange (Spero di aver reso giustizia ai personaggi "oscuri" che ti piacciono tanto)
NonTiScordarDiMe4 (Allora, avevi avuto ragione a spaventarti?!?)

Grazie a chi ha inserito questa storia tra le preferite:
fred_mione98 (Sempre fedelissima! Fammi sapere che cosa pensi della raccolta, se ti va <3)
LadyIce9
Lorelie Black Lestrange
_apefrizzola_

Alle ricordate:
Charlotte Prince

Ed alle seguite:
BlackDream99
Cornelia_Serpeverde
DaphneBS
EcateCallisto
finlin91
f_r_e_d
HP_dream
lilymalandrinaginny42
metamorfomagus_tonks
NonTiScordarDiMe4
Pussapapussa
tribute_potterhead
Voglio che sappiate che per me siete tutti quanti speciali e preziosi, e che vi ringrazio davvero di cuore.

Ho aggiornato oggi perché da domani mi "trasferirò" nella casetta al mare per un po' di sospirate ferie, dopo un anno di lavoro ahimé precario ma anche spesso soddisfacente. Ovviamente sarò presente sempre come lettrice e "recensitrice". Penso che farò un po' di pausa come scrittrice, anche se... magari sole e mare mi daranno nuove idee per altre storie!  Colgo l'occasione per augurare a tutti una buona estate e buone vacanze.
Non so se siate a casa da scuola/studiate/lavoriate, e come siate messi in questo periodo, ma... cercate il più possibile di godervelo!
A presto, ed un abbraccio enorme ad ognuno di voi. <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3167927