Mimawarigumi vs Harusame

di Floryana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


                                                                      Mimawarigumi vs Harusame


Edo. Prima mattinata. Il sole stava  sorgendo sulla città rischiarando poco a poco i tetti delle case e le facciate degli imponenti grattacieli.
Alla baldoria notturna si sotituiva l'attività diurna.
Proprio nel centro nevralgico della metropoli sorgeva il quartier generale della Mimawarigumi, la polizia speciale formata esclusivamente dagli appartenenti alle famiglie più influenti del Bakufu. Il suo capo, Sasaki, aveva richiesto la sua costruzione in quel punto per poter essere - a suo dire - più vicino al palazzo dello Shogun e intervenire prontamente in caso di pericolo.
Non aveva certo badato a spese per la sua realizzazione: con i migliori sistemi di sicurezza e la sua mole esagerata, entrava di diritto tra le più moderne roccaforti dell'intera città.
Sasaki se ne stava sdraiato su una delle poltrone nella grande sala d'aspetto che dava al suo ufficio, intento come ogni giorno a messaggiare al cellulare.   
In tutta la struttura regnavano una calma e un silenzio innaturali, tanto da potersi tranquillamente credere di trovarsi in un qualche tempio sperduto sulle montagne anzichè in un edificio della polizia.
Il grande orologio posizionato sopra la porta dell'ufficio di Isaburo segnava lentamente i minuti e il ticchettìo della lancetta era interroto solo da quello del rumore dei tasti che venivano premuti. All'improvviso un urlo ruppe il silenzio e lo sguardo di Sasaki si sollevò svogliatamente dal display del cellulare.
Di malavoglia aprì la porta che dava sul corridoio per dare un'occhiata.
"Non potete arrestarmi!" si sentì urlare "Sono un pacifico attivista politico!"
"La smetta di gridare, Signor Katsura, interrompe la pace del luogo" disse Sasaki facendo capolino dalla porta e squadrando il samurai con i suoi soliti occhi da pesce lesso.
"I suoi uomini mi hanno arrestato!" gli gridò contro Zura.
"Lo vedo, altrimenti non sareste in manette e soprattutto non sareste qui a interrompere la calma ascetica del luogo"
Il samurai sbuffò e girò la testa, visibilmente irritato.
"Sasaki, lo posso fare a fettine?" chiese una giovane ragazza accostandosi al capo.
"Mia cara Nobume, prima bisogna interrogarlo e poi potrai anche scuoiarlo, basta che non rovini la tappezzeria, che mi è costata un occhio della testa"
"Tranquillo, non troverai neanche una goccia di sangue" disse con tono sicuro la ragazza.
"Quando avrete finito di discutere sul miglior modo per uccidermi, potreste gentilmente degnarmi di un po' d'attenzione?" chiese il samurai in tono stoico.
"Mi scuserà per la scortesia, Signor Katsura" poi, rivolgendosi ai suoi uomini "Portatelo nella stanza degli interrogatori, io arriverò tra qualche secondo..."
Una volta entrati nella piccola stanzetta gli agenti lo buttarono scortesemente su una sedia, come si farebbe con un panno vecchio, e se ne andarono facendo battutte sconce.
'Che posto!' pensò Katsura 'Alla Shinsengumi mi trattano sempre meglio...'
Dopo aver aspettato invano qualche minuto, perso così nei suoi pensieri, finalmente la porta dello stanzino stridette e fece la sua comparsa sulla soglia Sasaki; entrato con noncuranza, andò a sedersi svogliatamente sulla sedia davanti al samurai.
Rimase così per qualche minuto a guardarlo fisso negli occhi, poi finalmente prese parola rompendo l'inquietante silenzio instauratosi fra i due.
"Bene Signor Katsura" esordì Sasaki estraendo alcuni fogli da una cartelletta che aveva portato con se "A quanto sembra..."
"Voi non avete il diritto di arrestarmi!" lo interruppe Zura.
"Ah, e perchè di grazia?" chiese con falso interesse l'altro.
"Gli unici che hanno il diritto di arrestarmi sono la Shinsengumi!"
"Parlando così mi ferite..."
"Mi trattano anche meglio, come si addice a un samurai del mio lignaggio"
"Interessante... avete anche altre osservazioni o posso cominciare con l'interrogatorio?"
"Faccia pure, si vanta tanto di essere nell'élite ma di élite non ha niente..." non riuscì a finire la frase che venne interrotto da un concitato frastuono nei corridoi.
All'improvviso la porta della stanza si aprì e fece la sua comparsa un uomo bassino e rosso in faccia che tutto trafelato si scusò frettolosamente col comandante.
"Capo! Venite, presto!" lo richiamò l'agente.
"E ora cosa c'è?" chiese di malavoglia il capo dirigendosi verso la porta con aria infastidita.
"Signore, c'è una persona nel suo ufficio che desidera conferire con voi urgentemente!"
"Chi sarà ora?" chiese più a sè stesso, sbuffando per essere stato interrotto e massagiandosi una spalla con aria sofferente. Quindi si diresse annoiato nel suo ufficio, come se ogni passo fosse portatore di supplizio.
Aperta la porta si ritrovò davanti il suo non tanto gradito ospite: era in piedi al centro dell'ufficio e stava guardando sorridendo alcune foto posate su una libreria vicino all'elegante scrivania in mogano.
Al rumore della porta che si apriva girò la testa in direzione del samurai, non perdendo il suo gioviale sorriso.
Sasaki lo squadrò per bene: era ancora un ragazzino e poteva avere si e no diciasette anni, forse diciotto, indossava un changshan nero e aveva i capelli rossi raccolti in una treccia che gli scendeva sulla spalla.
"Posso aiutarla, Signor...?"
"Kamui" disse questi "Sono Kamui, senza 'signore', chiamatemi direttamente 'Ammiraglio'"
"Va bene..."
"Su, diamoci del 'tu'"
Il samurai fece spallucce e andò a sedersi alla sua scrivania.
"Allora Kamui, posso sapere perchè sei venuto? Sai, stavo conducendo un interrogatorio..."
"Porto un messaggio urgente dal nostro 'amico comune'" disse senza troppi preamboli il ragazzo, interrompendo il suo discorso sul nascere.
Sasaki inarcò un sopracciglio, facendo finta di non capire.
"Andiamo, sai bene di chi sto parlando: Takasugi!"
Il samurai incrociò le braccia sul petto, in attesa che Kamui continuasse.
"Mi manda per dirti una cosa urgente: 'Lei' sta arrivando, ed è davvero arrabbiata"
"A chi ti riferisci per l'esattezza?"
"Andiamo, ma è chiaro che mi riferisco agli Harusame, e per esser precisi al capitano della quarta flotta"
"Cosa?" chiese secco Sasaki,con una leggera punta di inquetudine nella voce e abbandonando il suo solito fare calmo.
"Non fare quella faccia sorpresa. Era chiaro che sarebbe successo un giorno di questi. Sia tu che la Shinsengumi avete messo troppe volte il vostro muso tra i suoi affari; non si è certo scordata di tutte le volte che avete interrotto i suoi traffici di droga!"
"Continuo a non capire..."
"Il fatto è - parole testuali di Takasugi - se non vi tutelate, allora si può dire addio a degli alleati preziosi. Che dire? Takasugi si preccupa per te e i tuoi uomini..."
"Semplice interesse, mio caro Kamui, solo questo"
"Sarà, intanto mi ha mandato ad avvertirvi per fare in modo che vi tutelaste"
"Come ho detto prima, semplice interesse, nè più nè meno"
"Fareste bene a seguire il suo consiglio" disse Kamui sporgendosi sulla scrivania per farsi più vicino "Interessato o no, nè più nè meno"
"Devo sapere altro?" chiese Sasaki, riprendendo il suo solito tono pacato e sporgendosi anche lui sulla scrivania.
"Si, Lei è intenzionata a distruggere sia la Shinsengumi che la Mimawarigumi, e quando arriverà sulla Terra ha intenzione di attaccare prima voi, poi i vostri amichetti in nero; si vede che le avrete creato più fastidio, o magari non le piace il vostro look..."
"E tu e Takasugi come fate a sapere tutto questo...?" chiese Sasaki leggermente sospettoso.
"Sappi che mentre a lui piace di più sparpagliare in giro per la Galassia le sue spie, io preferisco combattere e, preso il controllo della stazione spaziale e ammazzati tutti i capitani degli Harusame, li ho sostituiti con uomini di mia fiducia, tuttavia Lei mi è sfuggita..." disse con leggero rammarico kamui.
"E posso sapere di grazia come si chiama?"
"Boh?"
"Bel nome, non c'è che dire..."
"E' solo che nessuno osa pronunciare il suo nome, porta sfortuna e la si preferisce chiamare 'Imperatrice' poichè era la precedente amante di Housen prima che si trasferisse sulla Terra" disse Kamui facendo spallucce.
"Non credevo che fossi un tipo superstizioso..." commentò il samurai con troppa poca convinzione.
"E ti dirò di più: mi piace anche l'arte! Infatti fino a domani mi troverai nella galleria d'arte moderna vicino alla stazione, stanno esponendo le opere di un artista che mi piace davvero molto..."

Andato finalmente via il sempre non-tanto-gradito-ospite, Sasaki si sistemò ben bene sulla sedia, poi mise le mani dietro la testa e socchiuse gli occhi, perdendosi così nei suoi pensieri.
Rimase fermo in quella posizione qualche minuto, continuando a rimuginare alle parole di Kamui, quando sentì provenire dal corridoio un vociare fastidioso. Aperto di soppiatto un occhio rimase a fissare la porta, attendendo l'arrivo di un altro scocciatore; attesa che non durò a lungo poichè dopo poco la porta si spalancò e ricomparve lo stesso uomo di prima che, con la stessa aria trafelata, si scusò frettolosamente.
"Allora" esordì Sasaki non facendogli finire le scuse "Questa volta chi altri è venuto a trovarmi?"
"Comandante, è per il terrorista nella stanza degli interrogatori!"
"Non mi dire che Nobume lo sta già facendo a fettine?"
"No, però ha intenzione di farlo! Il prigioniero si è mangiato tutte le scorte di ciambelle del Vice Comandante e ora è andata su tutte le furie e ha intenzione di scuiarlo! Abbiamo provato a dirle di stare attenta alla tappezzeria ma non ne vuole sapere e ora la stiamo trattenendo ma non riusciremo per molto..."
"Ehi, stai calmo e respira! Rassicurala e dille che ora vado a prendere le ciambelle! E libera il prigioniero, che se la veda la Shinsengumi con lui! Non ho tempo per occuparmi di un altro mangia ciambelle a tradimento..." sbuffò irritato Sasaki.
Si - si ritrovò a pensare - decisamente quella giornata era iniziata col piede sbagliato.
E mentre il nostro capo si spremeva le meningi pensando alle parole di Kamui, all'esterno dell'edificio finalmente Zura veniva rilasciato, o per meglio dire, buttato via a calci.
"...e non farti mai più rivedere!" gli gridò contro uno degli uomini.
"Già, la prossima volta fatti catturare dalla Shinsengumi! Per un attimo avevo pensato che la tua presenza fastidiosa avrebbe impregnato la tappezzeria per gli anni a venire..."
"Che modi!" gli rinfacciò Katsura "Poliziotti da quattro soldi..." quindi se ne andò sbruffando e imprecando.
 
Nel frattempo ai confini del Sistema Solare, vicinanze di Nettuno.
Lo spazio iniziò a deformarsi, prima lentamente, con un movimento ondulatorio che ricordava vagamente quello delle onde, poi via via sempre più veloce, come la superficie frastagliata di un mare in tempesta; dopo qualche secondo di incessante movimento lo spazio iniziò a piegarsi e contorcersi fino a formare delle conche dalle quali scaturivano strane fasce di luce bianca. Poi, all'improvviso, l'intera area iniziò a collassare su sè stessa e la luce a raccogliersi in un agglomerato al centro infine il tutto esplose in un'ondata di luce bianca dalla quale ne uscì fuori un'imponente astronave.
Aveva uno sgradevole colorito grigiastro e la forma ricordava vagamente quella di un sottomarino se non fosse stato per delle lunghe strutture di metallo che si divergevano dai lati, andando via via restringendo più si allontanavano dalla base e muovendosi nello spazio circostante a intervalli regolari.
L'interno della nave era un dedalo di stanze e corridoi nei quali i membri dell'equipaggio, composto dalle più svariate razze della Galassia, correva imprecando e dando ordini, esercitandosi in vista di futuri abbordaggi o semplicemente ritirandosi in luoghi più appartati in buona compagnia.
Proprio al centro dell'astronave, in concomitanza col grande radar che svettava sullo scafo, era situata la sala di comando.
Seduta su una potrona bianca e circondata da uomini armata vi era la tanto temuta Imperatrice.
Il suo aspetto ricordava quello degli umani, anche se non era originaria ne della Terra ne del pianeta Yato. Indossava un lungo vestito blu che le arrivava fino alle caviglie arricchito al collo e alla cintura da pietre preziose, le maniche finivano in uno sbuffo che le copriva parte delle mani lasciando scoperte le dita affusolate e ricche di gioielli, le quali erano appoggiate pacatamente sui braccioli. I capelli, di un castano scuro, erano raccolti in un'elegante crocchia sulla nuca mentre alcune ciocche erano puntellate da perle bianche.
Al collo portava una preziosa collana di zaffiri che le ricadeva nella scollatura del vestito.
Osservava con aria sufficiente lo schermo di fronte ove passavano alcune immagini della Terra mentre con una mano cercava di aggiustarsi una ciocca ribelle che le ricadeva sugli occhi.
"Allora" esordì rivolgendosi a un uomo al suo fianco "E così siamo giunti nel Sistema Solare?"
"Si mia signora" le rispose questi "Ci stiamo dirigendo verso la Terra"
"Terra dici?" gli chiese con una punta di sarcasmo nella voce "Che nome stupido! Un po' di fantasia non avrebbe guastato. Ad ogni modo, quanto ci vuole ancora?"
"Considerate che siamo ai confini di questo Sistema e il pianeta è il terzo a partire dal Sole"
"E come l'hanno chiamato il loro Sole?"
"Semplicemente 'Sole', allo stesso modo anche l'unica luna che hanno viene indicata semplicemente con la dicitura 'Luna'"
"Accidenti, questi umani mi sorprendono sempre in fatto di originalità, non c'è che dire..."
"Capitano" la richiamò una voce robotica "L'arrivo è previsto fra due ore"
"Bene computer. Finalmente mi libererò di quegli impicci, hanno messo il muso nei miei affari per troppo tempo..."

E mentre l'Imperatrice viaggiava verso la Terra, in una delle sedi dei Joi a Edo vigeva il caos più assoluto: gente che andava, gente che usciva, gente che correva per i corridoi come ossessa, gente che se ne stava impalata in mezzo ai suddetti corridoi non sapendo cosa fare...
"Chiamate il capo!" urlò un tipo uscito da non si sa bene dove.
"Si giusto, che qualcuno lo chiami!" fece eco un altro.
"Qualcuno ha il suo numero di telefono?" chiese il primo.
"Io ce l'avevo tempo fa ma purtroppo in uno scontro contro uno Shinsengumi ho rotto il cellulare e ho perso tutti i numeri... maledetto piedi piatti, se mi capita a tiro mi compro un cellulare con i suoi soldi!" disse un altro.
"Io ti consiglio di prendere un iPear, sono ottimi!" gli rispose quello di prima.
"Ma che iPear!" si sentì dire da un altro "Meglio un Tony"
"No no, ve lo assicuro" disse un quinto aggiungendosi alla comitiva "Vi consiglio un Sungsam..."
E mentre gli Joi stavano discutendo delle sorti del Paese, un grande edificio vicino la stazione stava accogliendo la tanto agognata mostra d'arte di Kamui.
Lo Yato era seduto su una delle tante panchine all'interno della galleria, con le braccia appoggiate allo schienale e le gambe accavallate.
Stava guardando il quadro davanti a sè con aria sufficiente, come uno che se ne intende di queste cose: era un'enorme opera che occupava tutta la parete di fronte, composta prevalentemente da linee e vortici verdi e gialli.
L'opera era firmata da un certo 'Damned', come del resto tutti i quadri della galleria.
A fianco c'era una piccola targhetta che recitava: 'A Duny, con affetto'.
'Chi sarà questo Duny?' pensò Kamui, più interessato alla dedica che al quadro.
All'improvviso lo squillo di una suoneria lo strappò dai suoi pensieri e un uomo alle sue spalle rispose al cellulare.
Kamui si girò per vedere meglio chi era: aveva i capelli lunghi neri che gli arrivavano alle spalle, indossava un kimono azzurro e un haori del medesimo colore.
'Alle mostre dovrebbe esser vietato tenere accesse quelle diavolerie' pensò tra sè e sè l'alieno.
L'uomo stava annuendo pensieroso mentre continuava ad ascoltare, quando ad un tratto cambiò repentinamente atteggiamento e una faccia sorpresa si dipinse sul suo volto.
Qualche secondo dopo era già che correva verso l'uscita, spintonando e fecendo cadere i visitatori.
'Mi sembra di averlo già visto...' pensò Kamui.
Per qualche istante continuò a fissare l'uscita assorto nei suoi pensieri, poi all'improvviso ebbe come un'illuminazione.
"Ma certo!"gridò il ragazzo sbattendo il pugno della mano nel palmo dell'altra "Era in una delle foto che tiene Takasugi nel suo ufficio, quella insieme al samurai cui va dietro mia sorella e a quel tizio sorridente!"

"State attenti!" era questo quello che si sentiva dire da giorni, troppi per i suoi gusti.
Va bene credere nel suo socio in affari, va bene avvertirli sul pericolo imminente, ma non tutti i santi giorni!
Ok, Sasaki certe volte era peggio di una suocera ma ora era diventato una suocera con le sue cose.
Lui era adulto, tutti li erano adulti; lavoravano onestamente e poco importava se il loro capo aveva contatti con alcuni ribelli: pazienza, si ripeteva sempre, aveva una famiglia di cui prendersi cura.
Si chiamava Taka Ryozuke, aveva quarant'anni, una moglie bellissima che lo stava aspettando a casa insieme alle sue due bambine che avevano preso tutto dalla madre e solo gli occhi da lui.
'Un attimo!' pensò 'Ma ho due figlie o una sola?'
Ci pensò su qualche secondo. Niente, non riusciva a ricordare.
Buio. E freddo. Troppo freddo per i suoi gusti.
Sentiva delle voci ovattate ma non riusciva a capire bene le loro parole.
"Lascialo stare, è morto" disse una.
'Morto? Stanno parlando di me?' si chiese.
Ancora freddo. Intorno a lui solo buio, nient'altro che oscurità e quelle voci che continuavano a parlare.
Provò a muoversi. Niente, si sentiva vuoto, senza un corpo a cui dare comandi.
Esattamente cos'era successo quel giorno?
Dopo le consuete raccomandazioni di Sasaki, aveva telefonato al fratello e insieme alla sua squadra era andato in pattuglia per la città... o forse aveva chiamato la moglie?
Un attimo! Ma aveva davvero una moglie?
Non se lo ricordava.
Poi cos'era successo? Ah ecco, poi c'è stato un grido, loro che accorrevano, arrivavano nel piccolo vicolo dal quale provenivano le urla e allora c'era stato l'agguato: dieci uomini li avevano accerchiati, loro avevano combattutto, resistito finchè potevano ma erano morti tutti. Aveva visto i suoi compagni cadere uno dopo l'altro sotto i colpi degli uomini armati, aveva cercato di chiedere aiuto, chiamare il capo, ma niente. Anche lui era caduto. Erano stati uccisi tutti. Tutti, nessuno escluso. Tranne lui. Lui non era morto, ne era sicuro! Riusciva a sentire le loro voci, no?
Di nuovo cercò di comandare un corpo che non sentiva, di dire qualcosa, di fare qualcosa. Niente. E continuava a sentire freddo.
Due esseri dalla pelle verde e coperti da pesanti armature bianche giravano intorno al corpo inerme di uno della squadra della Mimawarigumi che avevano appena massacrato.
C'erano tanti corpi a terra, ad alcuni mancavano gli arti, ad altri ancora la testa, altri invece erano ridotti a dei semplici monconi.
Il sangue dei poliziotti imbarattava tutto il vicolo e tutta l'aria intorno era impregnata di una sgradevole puzza di polvere da sparo mista a sudore e sangue.
"Lascialo stare, è morto!" disse uno dei due uomini che stavano vicini a Taka.
"A me sembra che respiri..." rispose l'altro.
"Fa vedere" il primo avvicinò una mano al corpo inerme del poliziotto e, preso dal bavero, lo sollevò per osservarlo meglio.
"Hai ragione, respira ancora..." mormorò questi.
"Uomini, sull'attenti!" si senti gridare da uno dei soldati "L'imperatrice è arrivata!"
A quelle parole tutti abbandonarono ciò che stavano facendo - anche i due di prima che lasciarono cadere malamente il corpo a terra - e si misero l'uno di fronte all'altro, a formare due ali ai lati del vicolo.
L'imperatrice non si fece attendere a lungo: arrivò sul luogo seguita da una scorta di cinque uomini, vestita col medesimo abito azzurro di quando era giunta nel Sistema Solare e ingioiellata da capo a piedi.
Teneva nella mano destra un ventaglio dello stesso colore del vestito, intessuto con rubini e zaffiri.
L'uomo che aveva gridato prima, abbandonata una delle file, andò davanti a lei, si inginocchiò e le baciò la mano.
"Avete fatto in fretta..." disse la donna con noncuranza, guardandosi intorno con aria indifferente.
Il soldato non rispose e attese che l'Imperatrice continuasse il discorso.
"Voglio che tale fatto abbia il massimo clamore, voglio che attacchiate non una, non due, non tre, ma tutte le squadriglie della Mimawarigumi che trovate, anche di giorno, ogni giorno, ogni notte, in ogni luogo! Voglio che Sasaki e quel Kondo si facciano addosso non appena sentano il mio nome! Voglio anche che questa mia guerra personale abbia risalto in tutta la Galassia! Voglio che tutti, amici o nemici che siano, abbiano paura di me! Voglio che Kamui abbia paura di me! Voglio che Takasugi abbia paura di me! Voglio che il Tendoshu abbia paura di me! Voglio che capiscano CHI è la vera 'Massacratrice'! Io lo sono! Kamui e Takasugi mi hanno costretta a fuggire, quel samurai dai capelli bianchi ha ammazzatto Housen quando volevo ammazzarlo io, la Shinsengumi e la Mimawarigumi hanno bloccato i miei traffici a Edo... Ma ora farò vedere io di cosa sono capace! Mi vendicherò su tutti!" disse stringendo a pugno la mano libera e gridando come un'ossessa.
I soldati presenti rimasero fermi ad ascoltare tutto il monolgo senza osare interromperla in alcun modo poichè sapevano che, in quel caso, ci sarebbero state altre teste - oltre a quelle citate - che sarebbero cadute.
Finito il suo sfogo e data un'occhiata all'area della strage con un sorriso sinistro sulle labbra, se ne andò insieme alla sua scorta.
I soldati rimasti, accertatisi che fosse abbastanza lontana, tirarono un sospiro di sollievo e ruppero le fila, riprendendo le attività precedenti.
I due di prima quindi ritornarono da Taka.
"Che ne facciamo di lui? E' ancora vivo..." disse il primo.
"Direi di ammazzarlo!"
L'altro scrollò le spalle e, afferrato il coltello che aveva legato alla cintura, lo avvicinò al collo del poliziotto.
Ah, finalmente se la ricordava! Aveva una moglie e tre figli piccoli che lo spettavano a casa: due femminucce e un maschietto.
Doveva farcela per loro! Doveva vivere per ritornare!
All'improvviso sentì ancora più freddo di prima.
'Che strano pensò'
Poi smise di pensare.
I due se ne andarono fischiettando, lasciando altro sangue ad unirsi a quello già versato.

Nei giorni a seguire le morti aumentarono sempre di più.
Nonostante Sasaki mettesse nelle squadre più uomini, nonostante gli desse più armi, nonostante tutto, i suoi ragazzi morivano.
E in che modo! Dei veri e proprio massacri che avrebbero potuto metere a dura prova anche lo stomaco dei guerrieri più anziani.
Le sue spie erano sempre in allerta, sempre pronte ma mai a dirgli qualcosa di nuovo.
Il nemico era forte, troppo forte!
E se avesse chiesto aiuto alla Shinsegumi?
Niente da fare, gli avevano detto le sue spie: erano troppo intenti a preparsi e a proteggere lo Shogun.
Ma possibile che non sapessero chi fosse il vero responsabile?
Si, effettivamente era possibile, arrivò alla conclusione Sasaki.
Nessuno, a parte la Mimawarigumi, ne era a conoscenza.
Perso così nei suoi pensieri non si accorse dell'arrivo di Nobume.
Entrò nell'ufficio silenziosa, come un felino, e si posizionò davanti a lui non proferendo parola.
Quando Sasaki finalmente si accorse della sua presenza non riusciva a capacitarsi di quanto tempo fosse passato da quando lei era li.
Solitamente, quando era nel suo ufficio a pensare e non se ne stava nella sala d'aspetto a messaggiare, allora c'era di che preoccuparsi e, in quelle rare situazioni, era meglio tenersi alla larga dal comandante e dalle sue sfuriate.
Ma non Nobume. Il Vice Comandante della polizia d'élite. La ragazza mite e misteriosa che, per misteriosi motivi, stava vicino al loro comandante da... più o meno sempre!
Solo lei lo disturbava in quei rari momenti e solo a lei Sasaki non regalava le sue grida; si limitava a guardarla con la coda dell'occhio aspettando che lei dicesse qualcosa.
Ed effettivamente quella volta qualcosa disse.
"Oggi andrò anche io in pattuglia" disse con la sua solita voce monotona e il viso che non esprimeva alcuna emozione.
Sasaki inarcò un sopracciglio.
"Ho detto che voglio andare" ripetè la ragazza senza mutare voce o espressione.
"Perchè?" le chiese secco Sasaki.
"Perchè sono stanca di vedere i nostri uccisi, sono stanca di andare a parlare con le famiglie, sono stanca di sentire i pianti, le grida dei loro cari, sono stanca di sognare il loro volto la notte e sono stanca di aspettare un nemico che continua a massacrare senza pietà i nostri senza farsi vedere mentre noi ce ne stiamo qua ad aspettare!"
"E cosa credi di fare? Ucciderli? Magari arrivare al loro capo?"
"E' un'idea"
"Fa come credi, basta che poi non mi riportino il tuo corpo..."
"Non darmi raccomandazioni" disse in modo brusco Nobume, voltandoli le spalle e dirigendosi verso la porta "Quelle non hanno salvato nessuno fino ad ora"

                                                                                                                                      Continua...                                             

 

Allora, parto col dire che all'inizio avevo previsto un solo capitolo per questa storiella ma, vista l'eccessiva lunghezza, ho optato per suddividere il tutto in due parti.
In questa prima parte (che è anche abbastanza scialba) non succede quasi niente, quindi immagino che non piaccia più di tanto. Nella seconda parte invece inizieranno i combattimenti (che spero mi riescano perchè è la prima volta che li descrivo xD).
Comunque il secondo capitolo è già scritto, ma restano le ultime cose da sistemare e, visti gli impegni, credo di poterlo pubblicare fra domenica e lunedì.
Ad ogni modo ringrazio tutti i lettori che avranno il coraggio di arrivare alla fine di questo capitoletto xD
Quindi, alla prossima!
Baci, Flory <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


                                                                                         Capitolo 2

Nobume stava correndo per gli intricati vicoli del porto.
Il messaggio che aveva ricevuto dai suoi uomini pochi minuti prima l'avvertiva di una minaccia ed ella era corsa subito nella loro direzione, sperando di poterli salvare e magari poter anche affrontare il "massacratore" - così infatti era stato soprannominato dagli agenti sopravissuti l'uomo a capo della squadra di soldati che sistematicamente attaccavano i membri della Mimawarigumi.
Se fosse riuscita ad affrontarlo, magari sarebbe stata in grado di arrivare all'Imperatrice e vendicare tutti i suoi compagni morti!
Era così immersa nei suoi pensieri, che si accorse di essere arrivata alla fine del porto solo quando vide il bordo dalla banchina a pochi metri da se.
Si fermò quindi ansimando, piegando leggermente le gambe e mettendo le mani sulle ginocchia.
Rimase ferma in quella posizione qualche istante finchè non udì una risata sinistra che le fece raggelare il sangue.
"Ma guarda, una piccola principessina tutta sola..."
A quelle parole Nobume sobbalzò leggermente e si volse in direzione della voce.
Guardando attentamente nell'ombra del vicoletto riuscì a scorgere il suo interlocutore. Socchiuse gli occhi per osservarlo meglio e fu allora che notò a terra quelli che sembravano pezzi di cadavere.
"C-cosa...?" riuscì a dire soltanto.
"Bhe? Non riesci a comporre frasi articolate?" la schernì l'uomo misterioso "Ad ogni modo, se ti stai chiedendo cosa ho fatto, semplicemente ho ammazzato tutti gli uomini dell'ultima squadra della Mimawarigumi"
Parlando fece alcuni passi in avanti, uscendo dall'oscurità. Così rischiarato dalla luce di un lampione, Nobume potè finalamente distinguerne i lineamenti.
L'uomo aveva sembianze umani, anche se c'era un che in lui che dava l'impressione di non essere origninario della Terra, indossava una spessa armatura nera, i capelli neri erano raccolti in una coda e portava sulle spalle una katana.
A Nobume le morirono le parole in bocca.
"Tu sei il Massacratore" riuscì a dire, dopo qualche attimo di stupore.
"Ah, quindi è così che sono stato soprannominato?" domandò, portandosi una mano al mento dubbioso "Credo che l'Imperatrice non sarà molto contenta nel sapere che questo titolo è stato affibbiato a me e non a lei..."
A quelle parole la ragazza portò istintivamente la mano all'elsa della spada e si mise in posizione d'attacco, pronta a scattare in avanti.
"Ooooh, la principessina vuole battersi" disse l'alieno esibendo il più raccapricciante dei sorrisi.
Quindi portò anche lui una mano sull'elsa, ma non si mise in posizione, anzi, si limitò ad osservare la poliziotta con un ghigno divertito in volto.
Nobume scattò all'improvviso nella sua direzione e quando fu a pochi centimetri dal nemico, sfoderò la spada e cercò di colpirlo; questi si spostò con incredibile agilità su un fianco, sfoderò anch'egli la katana e assestò un colpo contro la poliziotta.
Nobume si accorse troppo tardi della sua presenza e fece in tempo solo a flettere le gambe per darsi una spinta indietro, cercando di schivare; in parte riuscì ad avitare che l'attacco le staccasse il braccio ma dall'altra si trovò con una profonda ferita che andava dalla spalla destra alla mano, percorrendo l'arto in tutta la sua lunghezza.
Il dolore la fece gemere e anche il solo tenere la katana in mano le venne difficile.
Portò la mano libera su una parte della ferita e continuò a fissare l'avversario con sguardo truce.
Questi continuava a sua volta a guardarla in modo pensieroso, ed aveva il viso in quel modo strano come quando c'è l'hanno le persone che sono sul punto di avere un'illuminazione sulle origini dell'Universo ma che per qualche motivo vengono interrotte da uno stimolo insopportabile nelle viscere che le fa correre al bagno.
"Ora ho capito!" disse l'uomo esibendo un largo sorriso, sgradevole come tutti gli altri precedenti "Sei il Vice comandante della Mimawarigumi! Eh si, avevo sentito che, nonostante l'usanza terrestre senza senso di non far entrare le donne in alcuni esercizi, Sasaki ha nominato suo vice una ragazzina..."
"Complimenti per lo spirito d'osservazione" disse a denti stretti Nobume "Dovresti fare il pirata spaziale..."
L'alieno si limitò a fare un altro di quei sorrisi raccapriccianti.  
Pochi istanti dopo era già scomparso dalla sua visuale e si era spostato alle sue spalle, preparandosi per un affondo. La ragazza si girò di scatto e parò il colpo.
L'avversario, allontanatosi qualche centimetro, calciò una pietra a terra: Nobume girò la testa di lato per evitarla e l'avversario sfruttò quell'istante di distrazione per tentare un altro affondo; ella riuscì a parare il colpo ma, a causa dell'eccessiva forza, fu sbalzata indietro, andando a sbattere contro un container.
Un rivolo di sangue le rigò le tempie e le guancie, sporcando il colletto del vestito.
Nobume stava ansimando, abbastanza provata dal combattimento.
'Si muove veloce...' pensò tra sè e sè.
Non ebbe il tempo di finire di pensare, che il nemico scattò verso di lei. I suoi riflessi furono abbastanza pronti per vedere il colpo, ma non per evitarlo completamente: la spada la colpì alla spalla, passandola da parte a parte; Nobume allora tentò un affondo che l'avversario schivò facendosi di lato. Tolse la katana dalla spalla di Nobume e colpì al collo. Ella tuttavia si ritrasse e il tentativo andò a vuoto; non ebbe neanche il tempo di contrattaccare che il nemico ritentò di nuovo, sferrando un attacco dall'alto verso il basso e colpendola al ventre.
Nobume scattò indietro, cercando di tenere le distanze con l'uomo.
Ansimando si portò una mano alla ferita, nel tentativo di fare pressione.
"Direi che sia ora di farla finita" disse il Massacratore "Ho degli impegni per questa notte... le donne terrestri sono davvero affascinanti..."
Nobume scattò subito in avanti ma, arrivata a pochi centimetri dall'avversario, si spostò di lato e tentò di colpirlo.
L'uomo schivò facilmente il colpo e, presa la lama della katana con la mano, la spinse verso la sua posseditrice, colpendo con l'elsa la ferita al ventre.
Nobume, col fiato smorzato dal colpo, si piegò leggermente su se stessa e la katana cadde a terra.
Il nemico sfruttò l'occasione colpendola con l'elsa sul mento. Per il forte urto cadde all' indietro, vicino al limite del molo.
Nobume cercò di alzarsi ma l'avversario era già dietro di lei: la colpì alle spalle, lasciandole una profonda ferita.
Allo stremo delle forze, non riuscì a mantenere l'equilibrio e si lasciò cadere in acqua.
L'ultima cosa che vide prima di svenire fu di nuovo quel sorriso sinistro.
Il Massacratore rimase intento a guardare la superficie frastagliata del mare. Pian piano divenne più calma e il punto ove la ragazza era caduta si colorò di rosso.
L'uomo se ne andò, voltandosi un'ultima volta ad osservare con profondo compiacimento il massacro compiuto sugli uomini della Mimawarigumi.
E mentre il Massacratore se ne stava andando, dalla parte opposta un uomo se ne stava tranquillamente sdraiato in cima a un container, con le mani dietro la nuca e gli occhi socchiusi.
Aveva i capelli lunghi neri e indossava un haori azzurro. Vicino a lui teneva una katana.
"Io non ho visto niente" disse con un sussurro "Io non ne so niente e poi la Mimawarigumi è anche mia nemica..."

La mattina dopo, palazzo della Mimawarigumi.
Sasaki stava tremando. Aveva gli occhi lucidi e cerchiati di nero; le mani, posate sulle ginocchia, erano contratte a pugno.
Sedeva in ginocchio, vicino a un fuuton, osservando con apprensione il viso della ragazza adagiata sul giaciglio.
Era un viso infantile, tranquillo, disteso. Si sarebbe potuto dire che stesse dormendo se non fosse stato per uno, anzi due particolari: la ragazza stava legermente ansimando e una fasciatura le circondava la testa.
Quando poche ore prima aveva cercato di contattarla e non c'era riuscito, si era preoccupato ma niente di che: in fin dei conti era stata addestrata dai Naraku, a otto anni era già uno dei membri più forti, il Tendoshu aveva grandi aspettative...
Ma mai, mai avrebbe pensato che...
Un groppo in gola lo strappò dai suoi pensieri. Cercò di tenersi calmo respirando profondamente e respingendo con forza le lacrime.
Continuò a guardare Nobume.
La sua Nobume, che aveva cresciuto come una figlia. Le voleva bene, anche se cercava di non darlo a vedere.
Tutti però lo sapevano: avevano notato come, anche se cercasse di fare il duro e il forte, continuava a trattarla come una bambina, la sua bambina.
Ora era davanti a lui, mezza morta, e la colpa era solo sua.
A causa della sua negligenza era quasi morta cercando di proteggere e far giustizia a tutti i membri della Mimawarigumi uccisi...
Lui invece che aveva fatto?
Niente!
Era rimasto sulla sua nave a coordinare le ricerche della flotta dell'Imperatrice, al sicuro, mentre mandava i suoi uomini a morire.
Ma che razza di capo era se non si prendeva le sue responsabilità?
Era convinto di essere diverso dall'Imperatrice, ma alla fin fine erano uguali; uguali perchè entrambi si nascondevano e lasciavano fare tutto ai propri uomini.
Si, ne era sicuro! Era questo quello che voleva fargli capire Nobume quella mattina: lei, a differenza sua, voleva fare la differenza!
"Maledizione!" disse ad alta voce.
A quell'esclamazione Nobume si agitò un po' nel letto. Sasaki con apprensione le risistemò meglio le coperte.
Doveva essere vicino a lei ad aiutarla, e invece era rimasto al sicuro, con la convinzione che niente le sarebbe successo.
E chi l'aveva aiutata, invece?
Un terrorista! Un patriota Joi che era suo nemico! Ma non un patriota qualsiasi, bensì uno dei capi Joi!
Quando si era presentato alla base con lei in braccio, il sangue aveva lasciato una scia alle sue spalle: profonde ferite si estendevano per il suo corpo e Katsura aveva affermato che era riuscito a salvarla per miracolo, che stava morendo.
Si maledì di nuovo, questa volta mentalmente per non disturbare il suo sonno, e continuò ad osservarla.
Stette in quella posizione per tanto tempo, così immerso nei suoi pensieri, che neanche sapeva quanto era passato.
Potevano tranquillamente essere trascorsi minuti, così come ore.
Alla fine si alzò, ma non per andare a dormire - non ci sarebbe riuscito di sicuro - ma per andare a ringraziare Katsura, che sicuramente lo stava aspettando nella sala d'attesa, ove lo aveva visto l'ultima volta.
Quindi a testa china iniziò ad andare da lui.
Al diavolo l'élite e la nobiltà, si disse, viste ora non avevano poi così tanto senso.
Uscito dalla stanza si incamminò con passo infermo per i corridoi.
Fece appena in tempo a fare qualche metro che qualcuno si schiarì la voce alle sue spalle.
Sasaki alzò sorpreso la testa e si girò per vedere chi fosse; appoggiato allo stipite della porta c'era Katsura che lo guardava con un misto di dispiacere e pietà.
"Hai finito di rammaricarti?" disse questi.
Sasaki rimase qualche secondo a fissarlo in silenzio, in cerca delle parole adatte. Alla fine disse un'unica parola: "Grazie", e chinò nuovamente la testa.
Katsura continuò a fissarlo.
"Se vuoi qualcosa, devi solo chiedere. Vuoi soldi? Ne ho a palate. Vuoi territori, case, l'immunità? Posso darti tutto. Posso anche garantire per te e far cadere tutte le accuse, così la Shinsengumi non ti darà più la caccia..." continuò Sasaki.
"Futili ricompense che non mi interessano per niente. Sai ciò che voglio? Semplicemente cacciare gli Amanto. Puoi garantirmi questo?"
Sasaki si limitò a stare in silenzio.
"Come pensavo..." disse infine con un sospiro "Ad ogni modo, cosa hai intenzione di fare ora?"
"Andare ad ammazzarli"
"Vuoi dire che andrai per le strade a cercare il Massacratore? E alla fine cosa hai intenzione di fare? Credi di riuscire a sopravvivere? Prima o poi ti ammazzeranno e non riuscirai neanche ad arrivare all'Imperatrice..."
"Come fai a sapere dell'Imperatrice? Oh, al diavolo! Non mi interessa... E poi quello che ho intenzione di fare è solo affar mio!"
"Queste cose le so, in fin dei conti le miei spie sono ovunque. Comunque, se non sai dove si è rifugiata, allora la tua sarà solo un'inutile crociata destinata a fallire in partenza..."
"E allora tu cosa mi consigli, visto che sembri sapere tutto?"
"Speravo che me lo chiedessi! Vedi, senza troppi termini, ti sto proponendo di attaccare insieme il covo dell'Imperatrice, perchè si da il caso che io sappia dov'è"
"Non mi stai prendendo in giro?"
"Non oserei mai"
Sasaki quindi si voltò e iniziò ad incamminarsi verso l'uscita, questa volta non più a testa china e con passo infermo, ma col suo solito modo di fare sprezzante e un ghigno diverito stampato in volto.
"E ora dove stai andando?" gli chiese Zura.
"Oh, da nessuna parte in particolare" gli rispose Sasaki "Solo a trovare un amico appassionato d'arte..."

Il museo che sorgeva vicino alla stazione ospitava le opere di un certo 'Damned', artista piuttosto riservato di cui non si conosceva niente.
Kamui ne era un grande estimatore, tanto che un giorno che si era svegliato di buon umore, era andato con tutta la sua flotta ad attaccare una nave-museo solo per rubare uno dei suoi quadri.
Sta di fatto che alla fine ricevette una bella sfuriata da Takasugi per il suo comportamento sconsiderato; naturalmente Kamui non prestò  la minima attenzione al discorso, con la testa fra le nebulose com'era! Le uniche cose che capì furono in quest'ordine: "imprudente", "soldi","pianeta" e "bagno".
Che poi, a distanza di mesi, non riusciva a capire cosa centrasse il bagno.
Va be', si disse, stravaganze terrestri, e non ci ripensò più.
Sasaki arrivò al museo e trovò Kamui seduto su una panchina - la stessa sulla quale sedeva da giorni - che stava osservando con attenzione uno strano quadro formato da strani ghirigori e affiancato da un'altrettanto strana dedica.
Dopo che Sasaki lo ebbe osservato un po' - il quadro, non Kamui - si sedette al suo fianco, aspettando che questi gli rivolgesse la parola.
"Stai aspettando che ti rivolga la parola?" chiese Kamui dopo circa dieci minuti.
"Avevi detto che te ne saresti andato in capo a pochi giorni" rispose invece Sasaki.
"La curiosità ha avuto la meglio" disse lo Yato con una scrollata di spalle.
Sasaki si limitò ad alzare un sopracciglio con fare dubbioso.
"Sto cercando di capire chi è questo Duny" gli rispose Kamui, indicando la targhetta vicino al quadro.
"Se rimani qui a fissare questo dipinto, non solo non capirai mai chi è Duny, ma ti rincretinerai per bene. Dovresti alzarti e andare personalmente a scoprire qualcosa di più..."
"Come te, che hai intenzione di affrontare l'Imperatrice assieme a quel samurai?"
"Sapevo che mi tenevi d'occhio, ma non credevo così bene" disse Sasaki con una punta d'ironia nella voce "Se sapevi tutto, perche non hai aiutato Nobume?"
"Per il semplice fatto che Takasugi mi ha chiesto di tenere d'occhio te e non il tuo Vice"
Rimasero così fermi ancora qualche minuto, uno ad osservare lo strano dipinto mentre l'altro la ancora più strana targhetta.
"Sai che ti dico?" esordì dopo un po' Sasaki "Secondo me questo Duny è semplicemente lo stesso autore"
"Tu dici?"
"Si e..." ma non riuscì a finire la frase che venne interrotto da dei strani suoni provenienti dalle panchine vicine.
Si girò per osservare meglio chi era ma vide soltanto un'intera scolaresca che giocava coi telefonini.
"Io li odio quei cosi infernali..." disse semplicemente Kamui.
Si appoggiarono di nuovo agli schienali delle panchine, continuando a guardare il quadro.
"Takasugi dov'è?" chiese Sasaki con falso interesse.
"L'ultima vota che l'ho sentito era atterrato su una luna da qualche parte nella Galassia... A proposito, ma non puoi chiedere l'aiuto di Shiroyasha? Sarebbe un ottimo alleato"
"Purtroppo l'ultima volta che l'ho sentito stava dirigendo una soap opera di infima qualità e non faceva altro che lamentarsi..."
"Beh, a proposito di soap opere, io ne sto seguendo una terrestre. Si chiama 'Sentieri Campestri', non so se l'hai mai sentita"
"Davvero?" chiese sorpreso Sasaki "Ma è proprio quella che sta dirigendo!"


Dopo essersi congedato da Kamui, Sasaki si diresse alla centrale per poter mettere a posto le ultime cose.
Aveva voglia di massacrare qualcuno, e quel qualcuno si chiamava solo "Imperatrice", senza nome perchè portava male.
Dall'altra parte della città anche Zura stava preparando i suoi uomini all'imminente scontro.
Aveva dato appuntamento a Sasaki all'inizio di una stradina che si inoltrava all'interno del bosco, all'estremo limite sud della città.
L'immensa nave da guerra era atterrata da qualche parte nel bosco intorno Edo, protetta da uno scudo d'invisibilità che ne impediva la localizzazione.
Katsura sapeva tutto ciò per il semplice motivo che ne aveva seguito i movimenti da quando era entrata nel Sistema Solare fino a quando era giunta sulla Terra.
L'assalto alla nave era previsto per quella notte, e sarebbe stato condotto in grande stile.
Non un attacco furtivo - anche se era molto da Zura e Sasaki - ma con un grosso manipolo di uomini, corazzate e mech da combattimento.
In parole povere, lo stile che tanto piaceva a Kamui e Takasugi.
 
Tarda notte, da qualche parte nel bosco di Edo.
"Secondo me ci siamo persi..." esordì Sasaki osservando l'arbusto dalla forma di un fallo per la decima volta in un'ora.
"Tranquillo, siamo sulla strada giusta, vero Elizabeth?" chiese Zura rivolgendosi al pinguino geneticamente modificato alle sue spalle.
Questi si limitò ad alzare un cartello con su scritto: "Inizia a pregare i Kami"
"Ah la mia Elizabeth" disse Katsura con un sorriso da ebete stampato in volto "Ha sempre voglia di scherzare..."
"Ma sei serio?!?" urlò Sasaki al limite della sopportazione.
Lui, Zura, i loro uomini e quel "coso" inquietante stavano girando per i boschi da più di due ore; erano tutti stanchi, i mech che si portavano dietro ben presto si sarebbero scaricati, la sua voglia di combattere era scemata in quelle ore a tal punto che adesso avrebbe voluto stare solo vicino a Nobume, quel pinguino gli metteva ansia e infine, guardando i loro uomini, aveva sempre di più l'impressione di essere regrediti a nomadi raccoglitori-cacciatori che stavano cercando un nuovo posto dove accamparsi.
Si immaginava già Zura come capo gruppo circondato da donne-Elizabeth mentre lui nei panni dello sceriffo...
Scosse energicamente la testa per cacciare dalla mente quegli orribili pensieri.
Ora il suo obbiettivo era quello di arrivare dall'Imperatrice!
O, per lo meno, credeva ancora che questa fosse la loro missione, anche se ora iniziava davvero a pensare di far parte di una carovana...
"Forza!" la voce di Zura lo risvegliò dai suoi pensieri "Ora so dove andare. Seguitemi!"
La carovana si rimise di nuovo in viaggio; per ultimi, in chiusura, vi erano Sasaki, con un'aria sconsolata dipinta in volto, ed Elizabeth che lo teneva a braccetto.
Dopo un altro quarto d'ora di vagabondaggio per i boschi, Katsura diede l'ordine al gruppo di fermarsi, sentendo degli strani fruscii provenire dal fitto della vegetazione; non dovette aspettare molto che iniziarono ad uscire dei strani esseri antropomorfi.
Ad alcuni di essi mancavano arti o lembi di pelle che lasciavano scoperte le ossa e davano a vedere forti segni di decomposizione.
"Che succede?" chiese Sasaki arrivando tutto trafelato, insieme a Elizabeth, vicino Zura.
"Zombie..." disse questi.
"Cosa?"
"Ho detto che sono zombie"
"Cosa?"
"Ho detto che sono zombie!" gridò Katsura.
"Capisco... cioè, no aspetta, non capisco"
"Avevo sentito che l'Imperatrice aveva sottratto al Tendoshu un virus con il quale poteva controllare i morti, ma non credevo che queste voci fossero vere..." disse Zura con fare pensieroso.
Sasaki si limitò ad osservare la massa informe di zombie che veniva verso di loro.
"Non abbatterti Sasaki!" lo rincuorò l'attivista mettendogli una mano sulla spalla "Se abbiamo incontrato gli zombie al suo comando, allora significa che siamo sulla strada giusta!"
"Bene, perchè sentivo giusto il bisogno di sgranchirmi e credo che anche i nostri uomini provino lo stesso" disse il poliziotto con un ghigno sadico stampato in volto.
A un loro comando, le due squadre attaccarono gli zombie.
"Ora si che mi sento motivato!" urlò Sasaki facendo saltare il cervello di uno dei mostri che gli era davanti.
"Vero che è rilassante?" chiese Zura mentre estraeva la katana dalla testa di un'altro.

Una volta terminato lo scontro e accertatisi che tutti i mostri fossero stati uccisi, Sasaki diede l'ordine di rimettersi in marcia.
Vedendo che Zura non si muoveva e continuava a guardare un punto fisso davanti a se, si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
"Signor Katsura, vuole rimare qui tutta la notte a contemplare il paesaggio?" chiese Sasaki, indicando la distesa di cadaveri davanti a loro.
Vedendo che questi non si muoveva, spostò anch'egli lo sguardo verso il punto che stava osservando. "Ma cosa..." riuscì a dire soltanto.
Davanti a loro, su una collina a circa trecento metri, era situata l'enorme nave da guerra dell'Imperatrice.
Le strane strutture che si divaricavano da essa affondavano le proprie punte nel terreno, tenendo la nave ben ancorata al suolo.
"Dopo tutte le ricerche, alla fine era qui, sotto i nostri occhi..." bonfochiò il poliziotto.
"Deve aver disattivato il campo d'invisibilità" replicò Zura con fare pensieroso.
"Allora? Restiamo qui a guardare o andiamo?" chiese il compagno con rinnovato vigore.
"E c'è da chiederlo?"
I due fecero un segno con la mano e tutto il gruppo cominciò a muoversi verso la nave.
"Credo che ormai l'attacco a sorpresa sia inutile..." disse pensieroso Sasaki.
"Perchè, ancora ci speravi?" replicò l'altro sorridendo.
Arrivati a pochi metri dalla nave, si dovettero fermare davanti all'esercito nemico che li stava aspettando.
Uno di loro si staccò dalla massa di soldati, si fece avanti e gli rivolse la parola.
"Immagino che voi siate Zura e Sasaki..." disse egli.
"Tu dovresti essere..." iniziò Katsura.
"Il Massacratore" completò la frase Sasaki.
"L'ho detto anche alla ragazza che ho affrontato l'altro giorno" disse il nemico portandosi una mano al mento, dubbioso "L'Imperatrice non ne sarà affatto contenta..."
"Sei stato tu a fare del male a Nobume!" disse Sasaki a denti stretti, portando istintivamente una mano sull'elsa della spada mentre l'altra alla pistola che teneva sotto la giacca.
"Calmo" gli sussurò Zura, mettendogli una mano davanti "Se non ti dispiace, a questo vorrei pensarci io..."
"Se non mi dispiace?!?" gli urlò contro Isaburo "Sono venuto qua per vendicare Nobume e tutti gli altri soldati uccisi, e tu mi dici che a questo ci vuoi pensare tu?"
"E' l'Imperatrice la vera responsabile, lui è solo una sua pedina. E' di lei che ti devi vendicare"
Sasaki continuò a guardarlo storto per qualche istante, poi levò le mani dalle armi.
"A questo penso io. Quando lo scontro sarà iniziato, tu entra da quel portello sulla sinistra. Mi raccomando, fai attenzione" dicendo questo, gli diede un piccolo foglio accartocciato "Tienila stretta, è la mappa della nave"
"Un giorno di questi mi devi dire come fai a sapere sempre tutto..."
"Avete finito di confabulare?" chiese il Massacratore, facendo alcuni passi avanti ed esibendo il più sgradevole dei sorrisi.
Zura si limitò a portare una mano alla katana e mettersi in posizione d'attacco.
Aspettò fermo così qualche secondo, chiudendo gli occhi e meditando sul da farsi; all'improvviso scattò in avanti, non lasciando al nemico neanche il tempo per preparsi, e lo colpì al ventre.
Le due fazioni scattarono l'una contro l'altra e incrociarono le loro armi.
Nel fragore della battaglia, Sasaki fece cenno a tre uomini di seguirlo e insieme si diressero all'interno della nave.
I quattro guerrieri si addentrarono per gli ingarbugliati meandri della struttura.
Dopo pochi minuti, la loro corsa fu bloccata da un manipolo di uomini che si frappose dinanzi a loro.
"Signore" disse uno dei uomini rivolto a Sasaki "Noi li teniamo occupati, voi andate avanti"
Il samurai rimase fermo qualche secondo, ansimando leggermente.  "State attenti" disse infine, stringendo la mano a pugno.
Continuò quindi la sua corsa per i corridoi, fino a quando giunse davanti a una grande porta di metallo.
'Dopo questa dovrebbe esserci la sala comando' pensò tra sè e sè, rallentando la sua andatura.
Con sua grande sorpresa la porta si aprì da sola.
Sasaki inpugnò la pistola e la katana ed entrò con circospezione nella sala.
"Finalmente ci incontriamo faccia a faccia, Signor Sasaki" si sentì dire da una voce una volta entrato.
Di spalle, davanti a lui, c'era una donna che osservava il grande schermo sulla parete di fronte. Idossava un lungo abito blu e aveva i capelli raccolti in un'elegante crocchia sulla nuca.
"E' un po' difficile dire che ci incontriamo faccia a faccia, visto che siete di spalle..." disse Sasaki, continuando a tenere puntata la pistola verso di lei.
Ella rise sommessamente e si voltò leggermente nella sua direzione.
"L'Imperatrice, immagino"
"Immaginate bene, Signor Sasaki" rispose la donna.
I due rimasero fermi ancora qualche istante a guardarsi negli occhi.
"Come sta il suo Vice?" gli chiese la donna, interrompendo il silenzio gelido che regnava nella stanza.
"Come?" replicò il samurai, stupito.
"Ho detto come sta il suo Vice, Nobume. Mi è arrivata voce che non è morta. Deve essere davvero resistente quella piccola stronzetta..."
Non riuscì a finire la frase, che si udì uno sparo.
Il proiettile andò a vuoto e colpì lo schermo, che si frantumò in tanti pezzi.
Sasaki si guardò in giro sorpreso, non riuscendo più a vedere la donna: questa si materializzò all'improvviso alle sue spalle e cercò di colpirlo con le lame che uscivano dal ventaglio; tuttavia Sasaki si spostò all'ultimo secondo, limitandosi a una ferita sulla guancia.
"Bei riflessi..." commentò la donna, sparendo nuovamente dalla vista del samurai.

All'esterno dell'astronave la battaglia infuriva da una buona mezz'ora.
Tutti i combattenti erano esausti ma nessuno di loro dava segno di volersi arrendere.
Zura stava lottando contro un gruppo di Amanto mentre, a pochi metri di distanza erano sparpagliati a terra, in un lago di sangue, i pezzi dell'ormai fu Massacratore.
All'improvviso uno dei portelloni si aprì e ne uscì fuori una figura imbrattata di sangue che teneva per i capelli una testa mozzata.
L'uomo non riusciva a reggersi in piedi e si teneva appoggiato alla parete, aveva ferite che si estendevano per tutto il corpo e il colore bianco del vestito era ormai scomparso per lasciar spazio a quello rosso del sangue.
Nonostante tutto, riuscì a rivolgersi ai guerrieri.
"La battaglia è finita! L'Imperatrice è morta!" urlò, portando in alto la testa della donna.
A quella vista, la maggior parte dei combattenti lasciò cadere a terra le armi mentre un grido di "Evviva" si levava dai due eserciti vincitori.
Zura si avvicinò sorridendo al samurai e, preso dal braccio, lo portò fuori dalla nave, fra gli uomini festanti.

Cinque giorni dopo, museo di arte moderna.
Kamui se ne stava seduto sulla stessa panchina, continuando ad osservare sempre lo stesso quadro dedicato a Duny.
Una persona si sedette al suo fianco.
"Anche questa volta devo essere io a iniziare il discorso?" chiese Kamui rivolgendosi al nuovo arrivato.
"Non mi dispiacerebbe..." rispose questi, continuando a guardare il quadro.
"Ho sentito che hai sconfitto l'Imperatrice"
"A quanto pare..."
"Non dovresti essere a letto a riposare?"
"Dovrei"
"Nobume come sta?"
"Meglio. Si è svegliata ieri e insieme al Signor Katsura si sono già mangiati tutte le scorte di ciambelle. Li ho lasciati che litigavano su chi doveva andarle a comprare"
"Quindi va tutto bene, no?"
Sasaki si limitò ad annuire.
"Sai una cosa?" continuò Kamui dopo qualche minuto.
"No, cosa?"
"Anche secondo me Duny è lo stesso autore"

                  
                                                                                                        FINE

Wow, questo capitolo devo dire che mi ha fatto impazzire xD le singole parti le avrò cancellate e riscritte un bel po' di volte...
Scusate se non sono riuscita a mantenere i tempi prestabiliti, ma purtroppo gli impegni si sono ammassati tutti in questi giorni.
A proposito, nella storia ci sono numerosi riferimenti a diverse opere e mi sento in dovere di elencarle:

                                                                                        Curiosità riguardo al capitolo

1)Il nome "Duny" è preso da uno dei personaggi della saga di libri "The Witcher"
2)Per il combattimento tra Nobume e il Massacratore ho preso spunto dal combattimento tra Gintoki e Jiraya (per quanto riguarda ambientazione e finale)
3)A un certo punto Sasaki dice che Gintoki è impegnato a dirigere una soap opera, l'informazione l'ho ripresa dall'altra mia storia "Ciak!"
4)Inizialmente il Massacratore non doveva esistere, poi però mi è venuto in mente Kai Leng, uno dei nemici presenti in Mass Effect 3, sul quale mi sono basata per creare tale personaggio
5)Neanche gli zombie dovevano essere presenti, solo che guardando "The Walking Dead" mi è venuto in mente che dovevo assolutamente inserirli da qualche parte
6)L'abilità di combattimento dell'Imperatrice (il ventaglio con le lame) mi è venuta in mente ricordandomi di Kada, la principessa pavone

Bene, allora ringrazio tutti coloro che hanno letto il capitolo, in special modo saku89 che ha lasciato una recensione e yato kamui per aver inserito la storia tra le preferite. Ringrazio anche tutti i lettori anonimi^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non abbia combinato un casino con i combattimenti xD
Allora, a presto con la prossima storia!
Baci, Flory <3

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