Il Segreto di Celebrían di Lotiel (/viewuser.php?uid=15614)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo: Lend (Viaggio) ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo: Haradrim (Uomini di Harad) ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo: Curunír a prestaid (Stregone e preoccupazioni) ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo: Na Edoras (Verso Edoras) ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo: Lesbelin (Autunno) ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
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Note dell’Autrice: Eccomi ritornata a continuare una
fan-fiction che pensavo si sarebbe fermata alla prima parte. Strano a dire il
vero, avevo pensato che “Una ricerca per Celebrían” potesse bastare. A dire il
vero avevo scritto la fan-fiction solo per accentuare il rapporto fraterno tra i
due Gemelli e Aragorn, ma una piccola richiesta di cosa cercassero per Celebrían
mi ha acceso la lampadina. È un’idea vecchia che è stata partorita solo adesso.
Premetto che sarà molto più lunga della precedente, ma spero possa darvi le
stesse sensazioni che la precedente vi ha dato (naturalmente a chi l’ha data).
Qui non troverete una fan-fiction sul presunto amore tra i
Gemelli, posto quasi sempre come se fosse una cosa naturale, ma troverete un
rapporto di lealtà e fraternità tra i due, molto legati tra loro.
Detto questo, spero che vi divertiate a leggerla, come io
mi sono divertita a scriverla.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che
deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi
appartengono ma sono di proprietà di J.R.R. Tolkien che ne detiene tutti i
diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli
elementi di mia invenzione, non esistenti in Il signore degli Anelli,
appartengono solo a me.
Il Segreto di Celebrian
by Lotiel
Prologo
1-129 della Quarta Era
Erano passati più di cento anni da quando la guerra
dell’Anello finì. La pace continuava a perdurare nella Terra di Mezzo, anche se
la partenza degli elfi aveva segnato la fine del loro reame all’interno di
queste terre. Pochi ormai erano rimasti, e solo coloro che continuavano ad
essere fedeli ad Aragon non si mossero, rimanendo nelle terre natie. Purtroppo
Aragon era venuto a mancare pochi anni prima, lasciando il regno al figlio
primogenito. Eldarion.
Arwen invece si erano perse le tracce. Per il dolore era
partita e mai più ritornata. Si dice che abbia trascorso l’ultimo anno della sua
vita all’interno del bosco di LothLórien, morendo lì dove aveva giurato amore
eterno al suo sposo umano. Il bosco stava morendo per la lontananza degli anelli
degli Elfi, così come la maggior parte dei luoghi cari alle creature Immortali.
La ricerca che aveva spinto i due gemelli, Elladan ed
Elrohir, non si era ancora conclusa. Vivevano ancora a Gran Burrone, dove
cercavano un modo per rintracciare l’oggetto che Celebrían aveva perso, ma degli
orchi si erano perse completamente le tracce.
Eldarion invece governava sulle terre Unite. Anche se
aveva raggiunto da poco l’età matura, sembrava ancora inesperto per il ruolo che
gli era stato dato. Trattenere anche le sorelle un po’ irruente e più piccole di
lui rendevano il compito un po’ difficile.
Aveva sofferto per l’addio della madre, ma se ne fece
più tardi una ragione. Anche perché sapeva bene quanto aveva amato Aragon e
quanto soffriva per la sua morte; una morte che sapeva bene doveva accadere.
Legolas e Gimli era già partiti per Valinor e non appena
raggiunsero quelle rive, il nano fu accettato, molto probabilmente per la grande
influenza che aveva la Dama Bianca.
Coloro che fecero parte della compagnia morirono di
vecchiaia o partirono. Degli Istari probabilmente l’unico che ancora rimaneva a
vagare nella Terra di Mezzo, era Radagast. L’ultimo Stregone che ancora si
aggirava nella Terra di Mezzo mentre i gemelli ripresero la loro ricerca.
La storia dei due fratelli riprende da anni dopo tutti
gli accadimenti che si susseguirono dall’Ultima battaglia contro l’Oscuro
Signore. Racconti che non sono annoverati nella storia, ma che molti si
scopriranno curiosi nel sapere.
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Capitolo 2 *** Primo Capitolo: Lend (Viaggio) ***
Ringraziamenti
Ringraziamenti:
Thilion: Ti ringrazio. Avevo voglia di continuarlo fin da quando ho
finito di scrivere il prequel. Ma sai, a volte mi manca il tempo e vorrei averne
molto di più per potermi dedicare a questo tipo di hobby. Soprattutto vorrei
dedicare molto più tempo ai racconti di questo capolavoro. Spero di non averti
delusa con questo nuovo capitolo e di aver acceso un po' la tua curiosità.
Ringrazio anche a chi ha solo letto e non commentato. Mi piacerebbe che
esprimeste i vostri pareri e se magari ho sbagliato qualcosa di farmelo notare
così da rimediare.
Annotazioni: Ogni capitolo è studiato in ogni particolare, per poter
rimanere fedele sempre alla storia, anche se quasi nulla, che il Maestro Tolkien
ha voluto ricordare dopo la fine e la morte di Aragorn. Spero davvero vi
piaccia.
Se sbaglio in qualche traduzione, non esitate a farmelo notare. Ripeto, lo
correggerò subito.
Infine dico che ci saranno dei personaggi inventati da me medesima, che saranno
solo di contorno alla storia principale, mantenendo comunque sempre la mentalità
di quel tempo. Infatti inserirò da questo capitolo, Nuovo personaggio. Non
aspettatevi strani figuri o presunte fidanzate. Cercherò di trovare anche
qualche informazione più dettagliata dell'Harad che mi servirà in seguito. Se
magari volete aiutarmi, potete anche scrivermi. Grazie mille.
Ora vi lascio al racconto.
Il Segreto di Celebrian
by Lotiel
Primo Capitolo: Lend
(Viaggio)
24 Ottobre 129 della Quarta Era
Le foglie avevano cominciato da tempo la loro
discesa. L’autunno era ormai inoltrato e le piante cominciavano ad assumere i
tipici colori della stagione. Gli alberi rimanevano spogli o coperti da manti di
foglie brune. Così si presentava anche Eryn Lasgalen, l’antico Bosco Atro.
Dopo l’attacco avuto dagli alleati di Sauron poco dopo la sua caduta, ci fu un
incontro tra i due re elfici rimasti nella Terra di Mezzo. Celeborn e Thranduil
eliminarono gli ultimi rappresentanti dell’alleanza dell’Oscuro Signore,
decidendo infine di cambiare il nome del bosco, anche per rappresentare la
caduta dell’Ombra.
Elrohir riposava sotto uno dei tanti alberi che la foresta offriva. Aveva chiuso
gli occhi mentre stringeva un solo filo d’erba nella mano destra. Giocherellava
con questo, i pensieri che scorrevano lenti nella sua mente. Sul viso c’era
serenità, almeno per quel momento di riposo che si era concesso.
Solo alcuni raggi solari penetravano all’interno della trama fitta di foglie, ma
era comunque un bel posto dove rimanere a riflettere, donava una particolare
atmosfera al tutto. Un’atmosfera che venne turbata ben presto, poiché Elladan si
stava avvicinando. Naturalmente Elrohir, completamente assorto, non si era
nemmeno accorto che il fratello stava allungando una mano verso di lui.
Elrohir fece un profondo sospiro, riconoscendo dal tocco chi potesse essere a
turbare quel ritaglio di giornata che aveva utilizzato per riprendere un po’ di
pace.
-Dobbiamo andare.
Elrohir annuì e si sollevò dalla posizione seduta che aveva preso. Sapeva bene
cosa doveva fare adesso. Guardò Elladan fissò negli occhi, ricercando l’uguale
ostinazione che era nei suoi, sentimento che li avrebbe aiutati a sopravvivere a
quell’ennesima prova.
Si recarono verso la dimora che un tempo fu anche di Legolas e dove ora dimorava
solo Thranduil ed alcuni elfi che attendevano la partenza del loro sovrano per
potersi avviare verso i Porti Grigi.
Attraversarono il percorso a ritroso. Non dissero una parola fin quando non
raggiunsero la sala dove il re elfico li stava attendendo.
Quel reame, come tutti ormai dopo la scomparsa degli anelli elfici, aveva perso
tutta la sua innaturale bellezza, ma conservava ancora l’affascinante
architettura del popolo che lo abitava.
Elrohir ed Elladan chinarono il capo verso colui che stava innanzi a loro. La
figura del re era di grande impatto, soprattutto dei viaggiatori che si
avventuravano per quelle terre. Aveva un viso né giovane e né vecchio,
conservava l’austerità degli secoli passati a governare il fu Bosco Atro.
Capelli biondi e lunghi, occhi che esprimevano saggezza come pochi nella Terra
di Mezzo ormai avevano. Portava una semplice corona che cingeva la fronte e
andava a perdersi nei capelli. Semplici vesti adornavano il corpo del re, per
quanto potessero essere semplici le vesti regali.
Alzarono il capo. Thranduil era alto, come tutti gli elfi che abitavano un tempo
la Terra di Mezzo.
-Avete dunque deciso di partire nuovamente?
Thranduil ruppe il silenzio. Manteneva una compostezza da elfo qual’era. Mani
accomodate davanti al ventre in un abbraccio.
-Sì, la vostra ospitalità è stata, come sempre, cortese, ma dobbiamo continuare.
Sapete il motivo per cui non possiamo rimanere fermi.
Thranduil annuì solamente alle parole dei due mezzelfi, trasse un profondo
respiro. La mano destra si alzò in un movimento lento ed elegante ed infine
rivolse il palmo verso di loro.
- Che i Valar vi proteggano e veglino sui vostri passi.
Disse infine il re, non espresse più nulla e attese infine che i due fratelli
uscissero dalla stanza. Non poteva non dirsi preoccupato, da quando Elrond era
partito aveva notizie dei suoi figli così raramente. Le ere passate non gli
permisero di esprimere ciò che davvero aveva nel cuore. Dopotutto anche sul
figlio era partito per le Terre Immortali, ma non conosceva ciò che davvero
ancora lo tratteneva lì. Forse perché aveva ormai governato per così tanto tempo
che si era affezionato al bosco, cui molte volte aveva rischiato anche la vita a
costo di proteggerlo.
Infine, quando Elrohir ed Elladan uscirono e la porta richiusa, Thranduil poté
rilassarsi sopra lo scranno intarsiato. Guardando fisso davanti a lui, sapeva
che ciò che si proponevano i due fratelli non era facile. Dopotutto gli orchi
erano stati completamente distrutti.
I due fratelli proseguirono lungo il corridoio senza dire una parola. Sapevano
quanto difficile poteva essere, ma dopotutto dovevano tentare.
Gli animali erano tornati a popolare il bosco. Si sentivano gli uccelli cantare,
ogni minimo rumore provocato da piccoli animaletti all’interno dei cespugli.
Riuscivano a percepire tutto questo mentre cercavano di dire addio a quel luogo,
diretti verso sud. Verso le terre di Mordor.
28/29 Ottobre 129 della Quarta Era
Avevano quasi oltrepassato il bosco, solo qualche giorno
era passato da quando avevano lasciato la casa di Thranduil, dopotutto era il
destino a guidarli in quell’impresa che molto probabilmente, nelle migliori
delle ipotesi, avrebbero fallito.
Raggiunsero Amon Lanc sul calare della sera. Si sarebbero fermati e avrebbero
passato lì la notte. Capitale per alcuni anni del regno di Lórien, dove governò
Celeborn, ora ridotta ad una semplice roccaforte abbandonata, poiché ormai
nessuno del popolo elfico abitava lì. Somigliava molto alla foresta e dimora di
Galadriel, ma Celeborn era ormai da tempo andato via, raggiungendo la moglie
nelle Terre Immortali. Il paesaggio aveva perso tutta la bellezza di un tempo,
anche perché i Tre Anelli avevano perso la loro potenza proprio nel momento in
cui l’Unico fu distrutto. Era Nenya che manteneva le piante verdi e rigogliose,
ormai abbandonate a se stesse.
Elladan ed Elrohir osservarono la fu Dol Guldur, ormai a pochi chilometri da
loro. Si vedeva la torre che svettava verso il cielo, ormai abbandonata. Si
vedevano le erosioni del tempo che avevano permesso che alcuni pezzi di questa
cadessero e creare alcuni buchi nell’intera struttura.
Raggiunsero le pendici sul calare della sera. Il luogo abbandonato, strano
vedere anche degli elfi come loro nei paraggi. Ormai la terra era stata lasciata
agli uomini che non si preoccupavano di curare le foreste. Si curavano i
confini, si curavano delle alleanze e di null’altro. Forse era meglio così,
tutto era collegati agli elfi in quelle terre e adesso doveva rimanere tutto
agli uomini, deboli e facilmente ingannabili.
I due gemelli non seguirono la strada per salire lungo i costoni di roccia che
portavano alla fortezza, ma preferirono evitare, rimanendo così ai piedi del
monte dov’era costruita. Non accesero fuochi, si limitarono soltanto a mangiare
qualcosa e a conversare su ciò che l’aspettava.
Poche ore di riposo, queste gli bastarono per poter ricominciare a proseguire.
Non avevano altri che i loro archi e le daghe elfiche assicurate sulla schiena e
poche provviste per raggiungere Gondor, il grande regno degli uomini, il regno
che ora era governato dal figlio di Estel, loro nipote.
Avevano bisogno di informazioni, qualcosa che l’avrebbe aiutati a trovare il
luogo che stavano cercando.
-Elladan.
Elrohir richiamò l’attenzione del fratello, facendolo fermare poco prima di
fuoriuscire dalle ultime file di alberi di Eryn Lasgalen. Aveva sentito un
rumore ed Elladan l’aveva intuito, poiché, anche se cercava di essere
circospetto, questo rumore era fin troppo palese per loro. Si acquattarono
dietro il cespuglio che stavano attraversando. Gli occhi grigi dei due vagavano
alla ricerca della figura, le mani che stringevano l’impugnatura dell’arco.
Improvvisamente il rumore cessò, sicuramente chiunque poteva essere, si era
fermato e non riuscivano a capire bene se era stato solo un animale a provocarlo
oppure qualcos’altro, ma bastò per farli mettere all’erta e di evitare di uscire
allo scoperto. Stava sorgendo l’alba e le luci erano ancora troppo tenui per un
semplice essere umano, ma abbastanza per un elfo cui la vista raggiungeva le
rive dell’Anduin e ne sentiva, in lontananza, il gorgogliare lento.
Elladan posò il dito indice sulle labbra, intimando al fratello al silenzio. In
poco tempo si portarono silenziosamente verso il rumore che ora era sparito.
Respiri calmi i loro, altro respiro che si confondeva con i due. Elrohir riuscì
a percepirlo, anche a molti metri di distanza avrebbe sentito un respiro così
forte. Presero entrambi una freccia dalla faretra e la incoccarono, ma non
tesero la corda ancora.
Elrohir, che era a soli pochi metri di distanza dal fratello, fece cenno ad
Elladan di fermarsi e prepararsi ad attaccare. Ancora pochi secondi e avrebbero
scoperto a chi apparteneva il respiro che avevano sentito.
L’elfo avanzò verso il cespuglio. I passi silenziosi e la freccia pronta a
colpire. Occhi grigi che osservavano di fronte a sé, fermezza ciò che si leggeva
dentro i suoi occhi. Elrohir, da acquattato che era, si alzò all’improvviso e
puntò verso la cosa che avevano individuato pochi minuti prima.
Sgranò gli occhi quando, davanti a sé, si trovò un uomo spaventato e
rannicchiato su se stesso che chiedeva pietà, coprendosi volto e testa con le
proprie mani. Elrohir indicò ad Elladan di avvicinarsi e di abbassare l’arma, ma
non riporla.
-Min Adan1?
Chiese Elladan nella sua lingua. Non voleva farsi capire da colui che gli stava
innanzi. Non si fidava naturalmente, anche se sembrava indifeso e inoffensivo.
Elrohir si limitò solo ad annuire ed infine tornare a guardare l’uomo
rannicchiato. Chino il capo su un lato, i capelli neri scivolarono lungo la
spalla destra, l’impugnatura sempre salda e forte.
-Chi siete?
Lingua corrente, lingua degli uomini.
-N… n… non fatemi del male.
Continuava a coprirsi, la voce roca e bassa, come se non ne avesse nemmeno per
poter parlare ancora. Tremava e questo lo si vedeva.
-Man cerim2?
Chiese nuovamente Elladan verso il fratello. Osservava con attenzione l’uomo; se
solo lo avesse osservato negli occhi avrebbe capito che non c’era nulla di cui
temere e che egli era in buona fede.
L’uomo dal canto suo non capiva cosa il mezzelfo diceva, anche perché quella
lingua sicuramente non l’aveva mai imparata. Sembrò anche un po’ sorpreso di
sentire quella lingua che ormai da tempo, da quando gli elfi avevano abbandonato
la Terra di Mezzo, non era più stata parlata. Anche perché gli uomini non la
conoscevano.
Sgranò gli occhi quando li guardò, sollevando il capo. Non credeva davvero di
aver incontrato sulla propria strada due elfi. Due esseri ormai mitologici. Una
volta l’aveva intravisti di sfuggita, ma gli era sembrata più una visione che un
vero e proprio incontro.
Elrohir lo osservò, continuava a farlo ormai da tempo. Improvvisamente sul viso
comparve un sorriso placido, quelli che si usano per mera cortesia e gli tese la
mano.
- Avo tammo3!
Elrohir fece segno con il capo ad Elladan che ripose prontamente l’arco.
Guardava il fratello mentre si avvicinò all’uomo, confermando ciò che l’altro
mezzelfo aveva annuito, non c’era pericolo nell’uomo, solo profonda paura,
terrore di ciò che i suoi occhi avevano visto.
Elladan porse una mano verso l’uomo. Respiro calmo. Notò che aveva dei segni
sulle braccia proprio nel momento in cui l’uomo sollevò la mano e la stoffa
della camicia ricadde verso il gomito. Tagli e segni evidenti di tortura.
-Taith erin flâd4!
Elladan l’aiutò ad alzarsi e lasciò subito la presa. Si rivolse verso il
fratello adesso. L’uomo ancora li guardava stranito, come se fossero solo
un’allucinazione. Non credeva ancora di trovarsi davvero davanti a loro. Quando
gli rivolgevano la parola, gli sembrava come se fossero avvolti da un’aura
particolare e la voce risultava rassicurante.
-Chi sei e chi ti ha fatto questo?
Disse Elrohir nella lingua degli uomini. L’uomo l’osservò, ripensando a ciò che
gli era capitato. Solo alcuni ricordi che lo fecero rabbrividire nuovamente.
- Sono Gàel, Ambasciatore di Gondor. Coloro che mi hanno fatto questo non sono
più qui.
- Parla, chi è stato?!
- Gli uomini di Harad.
I due mezzelfi rimasero per alcuni istanti turbati. L’unica volta che avevano
visto quegli uomini era stato durante la guerra dell’anello, ma nient’altro.
Sapevano che avevano ripreso le vie commerciali con Gondor.
-Haradrim5.
Forse l’alleanza era stata sciolta; forse alcuni di loro non sopportavano la
sottomissione ai Regni Uniti. Il problema era uno soltanto, bisognava avvertire
qualcuno.
Glossario:
1 “Un Uomo?”
2 “Cosa succede?”
3 “Non colpire!”
4 “Segni sulla pelle”
5 “Popolo di Harad”
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Capitolo 3 *** Secondo Capitolo: Haradrim (Uomini di Harad) ***
Nuova pagina 1
Ed eccomi con un nuovo capitolo. Il tempo è passato prima
di scriverlo e purtroppo ho avuto un po' di problemi che non mi permettevano di
scrivere ancora per voi. L'attesa è stata lunga per chi attendeva il seguito e
spero davvero che prossimamente non debba farvi aspettare così tanto. Se volete
magari darmi un aiuto a cercare qualcosa di più dettagliato sull'Harad,
contattatemi pure.
Ringraziamenti
Thilion:
Ed eccoti accontentata. Ancora non si sa nulla di ciò che
vogliono, ma Gaèl racconta un po' la storia. Per scoprire cosa vogliono ancora
c'è ancora tempo, ma non ti farò aspettare molto.
Vi lascio
adesso al capitolo. A presto.
Il Segreto di Celebrian
by Lotiel
Secondo Capitolo: Haradrim (Uomini di Harad)
02 Novembre 129 della Quarta Era
Erano rimasti, accampati in quel luogo qualche giorno in
più, per assicurarsi che l’uomo non mentisse a proposito di ciò che aveva detto.
Erano restii a credergli, anche se lo avevano trovato in quelle condizioni.
Poteva tranquillamente essere un diversivo e non si erano fidati fin dal primo
momento.
Dopo che si furono assicurati che l’uomo non mentisse e che
recuperasse le forze necessarie, cominciarono ad avviarsi verso le rive dell’Anduin.
Mantenevano sempre un atteggiamento distaccato verso Gàel e
cercavano di non perderlo mai d’occhio. Procedevano in fila, con l’ambasciatore
tra loro in modo da poterlo controllare.
Lo scroscio lento del fiume riempì il cuore dei due gemelli
che da tempo non vedevano quelle rive.
Tenui ricordi riaffiorarono nelle menti dei due fratelli.
Ricordi di un tempo lontano, quando ancora la minaccia dell’Unico non era
imminente; quando ricordavano di passeggiare per i prati di Loth-Lórien in
compagnia della madre.
Ricordi che erano sbiaditi negli anni. Ricordi che ormai
non appartenevano più a questo tempo. Infatti non impiegarono molto a riprendere
possesso del presente e osservare ancora le rive del fiume.
Era mattina e l’aria era fredda e umida. Anche se i due
gemelli non risentivano di questo clima, l’uomo tremava ad ogni folata di vento
leggero che entrava all’interno della foresta. Si sentivano sibili sinistri
provenire da Dol Guldur, ma anche se era stata sotto il dominio elfico per
qualche tempo, non aveva perso quell’aria vile che aveva acquistato per tutti
quegli anni sotto il potere dell’Oscuro Signore.
- Gwanur, tirin1!
Nuovamente quell’idioma raggiunse le orecchie dell’uomo che
non sentiva ormai da tempo. Era una delizia per coloro che l’ascoltavano ed
emanava tranquillità, quando veniva pronunciato. Gàel però non aveva capito ciò
che significavano quelle due semplici parole.
Sulle rive, poco distante dalla loro posizione attuale,
un’imbarcazione era ferma. Nessuno era nelle vicinanze di questa, il che
sembrava tutto troppo strano.
Elladan fece segno a Gàel di rimanere fermo, di non fare il
minimo rumore, poiché l’indice dell’elfo si andò a posare sulla bocca.
Sulla riva era posta un’imbarcazione leggera. Era di
fattura umana, niente a che vedere con l’eleganza degli elfi. Di legno grezzo,
tutta sgangherata, come se fosse stata costruita di fretta e furia.
Intorno a loro regnava solo in rumore del fiume, del vento
tra gli alberi, del canto degli uccelli. Poi d’un tratto un rumore di passi.
Elladan si mise subito all’erta, esortando Elrohir a sorvegliare l’uomo che
iniziò a tremare.
Elladan mantenne l’arco con la mano sinistra e con la
destra iniziò a sfilare una freccia dalla faretra. La incoccò e attese, gli
occhi puntati verso l’origine del rumore che aveva sentito, verso quel rumore
che si faceva via via sempre più forte.
Il mezzelfo accarezzò il piumaggio della freccia come se
conferisse in quel momento una particolare forza a questa. Ben presto due
uomini, abbigliati in modo molto strano, fecero la loro comparsa.
-Haradrim2!
Pronunciò Elladan. Quella sola parola fece scattare l’uomo
in un eccesso di paura. Iniziò a tremare come una foglia e le mani nervose si
muovevano sul braccio di Elrohir, fino a fargli male e obbligarlo a fargli
lasciare la presa con la forza.
Gàel si accovacciò a terra, senza avere nemmeno la forza di
dire qualcosa verso i suoi accompagnatori. Voleva solo allontanarsi da quel
luogo, senza nemmeno pensare a ciò che i due fratelli si dicevano tra loro.
Elladan mosse solo qualche passo, celandosi perfettamente
con il fogliame circostante, anche perché sulle sue spalle c’era un manto elfico,
simile a quello che un tempo salvo Frodo e Sam dalla pattuglia dei Sudroni.
Il mezzelfo fece calare sulla sua testa anche il cappuccio
e attese lì, fermo, rilassato. Tirò velocemente un’occhiata verso l’uomo e poi
verso Elrohir che lo osservava. Davanti al padre Elladan sembrava sempre quello
più insicuro, ma davanti alle avversità non si tirava mai indietro, cercando di
proteggere chi gli era più caro.
I due uomini di Harad si stavano dirigendo verso la barca e
recavano, di forza, un’altra figura che cercava di resistere alle loro
esortazioni. Non riuscivano a distinguere se era uomo o donna, ma aveva i
vestiti laceri e un pesante cappuccio che gli copriva il viso. Si dimenava,
cercava di liberare le mani dalle corde che si stringevano intorno ai polsi.
Gàel improvvisamente si sollevò. Si sentivano delle grida
provenire dalla figura e si comprese subito che fossero quelle di una donna.
-Milea!
L’uomo aveva sussurrato quel nome, dalla voce si sentiva
che era stato preso da uno sconforto tale da farlo rimanere immobile, senza più
rispondere. Elrohir si voltò verso di lui e si chinò alla sua altezza.
-Chi è?
Gàel volse lo sguardo solo pochi secondi dopo. Gli occhi
sbarrati dalla paura.
-Mia figlia.
Elladan sgranò gli occhi quando l’uomo scattò verso i due
Sudroni, rivelando così la loro posizione. Elrohir non fece neanche in tempo a
fermarlo ed infatti prese solo ad incoccare la freccia, attendendo anche il
segnale del fratello per poi nascondersi, così come fece l’altro.
-Stupido uomo.
Disse Elrohir contenendo a malapena la rabbia che gli aveva
fatto scattare, complicando così tutte le cose. Non elaborarono un piano
perfetto, ma l’idea di far morire l’uomo gli era sembrata una delle probabili
possibilità. Ma non potevano, dovevano solo assicurarsi che non ci fossero altri
Sudroni in giro e che non avrebbero dovuto rischiare la propria vita per un
pazzo.
Nel giro di pochi secondi si svolse il tutto. Incoccarono
le frecce e poco prima che l’uomo venisse colpito da un falcione degli uomini,
questi caddero a terra senza vita, colpiti con estrema precisione dalle frecce
dei due fratelli.
Non c’era stato un attimo di esitazione negli occhi grigi
dei due, solo determinazione. Ancora tendevano l’arco, per assicurarsi che non
si rialzassero più. Puntavano contro quei corpi ormai privi di vita, le armi
così letali se in mano ad elfi esperti.
Elladan ed Elrohir si avvicinarono di gran lena accanto a
Gàel chinato sulla figlia in protezione di questa. Atto che risultò utile a
proteggere quel fragile corpo che sembrava stanco ed emaciato.
-Milea.
La mano di Gàel calò sul cappuccio per scostarlo dal capo
della donna. Si rivelò una fanciulla dai lineamenti sottili, anche se non era
bellissima esprimeva coraggio da quegli occhi castani uguali al padre. I
capelli, di colore uguale agli occhi, erano completamente scarmigliati e
l’acconciatura ormai era solamente un ricordo. Il corpo di lei, che i due
fratelli videro quando si mise in piedi aiutata dal padre, era scarno, piccolo.
Troppo delicata per aver sopportato tutto quello.
- Ristach i
nordh3!
Pronunciò
Elrohir verso Elladan, mentre quest’ultimo si apprestava alla richiesta del
fratello. Non era un ordine, la voce era sempre dolce verso il proprio sangue,
segno del profondo amore che legava i due.
Il pugnale elfico lacerò le corde che segavano i polsi
feriti della donna. Tracce di sangue ormai rappreso macchiavano le maniche e la
pelle stessa.
-Padre!
Solo questo riuscì a dire la giovane prima di svenire tra
le braccia di Gàel che la sostenne prontamente. I due gemelli si guardarono e
non ci fu bisogno di parole. Dai due corpi dei Sudroni furono estratte le frecce
riposte dopo nella faretra. Fu strappato da questi, un lembo di tessuto dove era
raffigurato il simbolo di quegli uomini.
La barca sarebbe bastata per due persone ed, infatti, ci
vollero due viaggi prima di riuscire a superare tutti quanti la riva
dell’Anduin. Passò la mattina senza che se ne accorsero mentre la ragazza veniva
curata dai due mezzelfi senza procurare ad ella alcun danno.
Si accamparono a Loeg Ningloron, i Campi Iridati, a poca
distanza da Lórien, loro amata terra.
Non potevano far affrontare ancora a Milea un viaggio,
anche perché ancora non sembrava volersi riprendere e senza mezzi, la medicina
elfica bastava a ben poco, dopotutto era umana e aveva una guarigione lenta,
come se lei stessa non volesse riprendersi.
Giunse la notte di quel giorno e i due gemelli non avevano
chiesto nulla a Gàel se non lasciarlo in un profondo sconforto in cui era
scivolato.
La luce della luna rischiarava quel campo dove un tempo
Isildur aveva perso l’unico, venendo ucciso lui stesso e dove, nello stesso
luogo, venne ucciso Déagol dallo stesso Sméagol per appropriarsi di quell’orribile
fortuna.
Ormai solo le anime dei guerrieri riposavano in quel luogo,
solo gli spifferi del vento si sentivano provenire dagli alberi che li
circondavano.
-Perché tua figlia era in mano agli uomini di Harad?
Le parole di Elrohir ruppero il silenzio che si era creato.
Gàel non alzò neanche il capo.
-Mi ha accompagnato nel mio viaggio verso l’Harad. Non
siamo riusciti mai ad arrivare fin lì, perché siamo stati trasportati qui. Gli
uomini della nostra scorta molto probabilmente sono rimasti uccisi.
-Cos’è successo?
Continuò Elrohir portando di tanto in tanto lo sguardo
verso Elladan che si prendeva cura di Milea. Anche Gàel aveva bisogno di cure,
ma nulla che potevano fare al momento i due fratelli.
-Siamo stati attaccati subito dopo aver attraversato il Sud
dell’Ithilien. Sicuramente sono stato stordito per molti giorni,non ricordo
nemmeno in quanto tempo sono stato trasportato a Dol Guldur.
Elrohir non pronunciò più nulla, lasciando che per qualche
istante calasse il silenzio, si sentivano solo i placidi respiri della donna.
Gàel poi continuò.
-Sono stato relegato in una cella. Frustato se cercavo di
oppormi, ma sono riuscito a scappare prima che la macchina delle torture venisse
usata su di me. Non sapevo che mia figlia fosse ancora viva.
L’ambasciatore di Gondor concluse così il discorso, con
amarezza negli occhi e tristezza sul volto ormai segnato da rughe che si
facevano via via più profonde, come se la tristezza lo invecchiasse di molti
anni.
Milea era stata salvata per pura fortuna, evidentemente i
Valar avevano deciso che non doveva morire. Ora dovevano aspettare solo che lei
fosse in grado di continuare il viaggio. Quando si fosse ripresa, avrebbero
cercato di raggiungere Lórien e fermarsi lì. Sicuramente il luogo era più
ospitale di quello in cui si trovavano.
04 Novembre 129 della Quarta Era
Erano passati due giorni da ciò che era successo e la
ragazza si stava riprendendo bene, ma come il padre era debole e quindi
costringevano a fermare la marcia. Erano arrivati alle porte del bosco un tempo
casa elfica. Aveva perso tutta quella bellezza che la caratterizzava e di quella
stirpe erano rimaste le case finemente decorare.
-Men derim4.
Disse Elladan al fratello. Aveva
bisogno di rimanere per qualche tempo in quel bosco, aveva
bisogno di respirare l’aria che aveva respirato Arwen prima di morire.
Elladan voleva restarci il meno possibile, ora che la
presenza della sorella era più viva. Aveva sperato di tornare presto in quelle
terre, ma il dolore era ancora troppo forte e, fino a quel momento, non si era
reso conto di quanto fosse intenso.
Elrohir aveva capito lo stato d’animo di Elladan e cercò di
lasciarlo da solo a rimuginare sul passato. Arwen mancava anche a lui, ma
riusciva a contenere di più i propri sentimenti, riusciva a mostrare più
freddezza rispetto al fratello, cosa che a volte sembrava dargli fastidio.
Somigliava troppo a suo padre e a ciò che un elfo dovrebbe rappresentare.
Si accamparono in una delle tante case abbandonate
all’autunno. L’aria era fredda, lo si vedeva da Gàel e Milea che non smettevano
di tremare.
La giovane donna era rimasta sorpresa per aver visto due
elfi e soprattutto per averli come compagni di viaggio. Cercava di osservarli da
lontano quando loro si appartavano, quando parlavano in quella strana lingua.
Per gli esseri umani quelle creature erano diventate mitiche.
Quella sera si strinse nel mantello lacero. A quell’altezza
si sentiva in vento fischiare, ma la casa sugli alberi offriva un riparo
abbastanza confortevole. Non passo molto tempo da quando lei aveva ascoltato
nuovamente la voce dei due elfi conversare tra loro nella loro lingua, aveva un
suono melodioso che le conciliò il sonno, così da addormentarsi seguita presto
da Gàel.
Elladan ed Elrohir si accorsero della stanchezza che aveva
colto i due sorrisero. Iniziarono ad intonare un antico canto elfico; canti che
non si sentivano a Lórien ormai da secoli.
Glossario
1 “Fratello, guarda!”
2 “Uomini di Harad”
3 “Taglia le corde!”
4 “Ci fermiamo”
|
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Capitolo 4 *** Terzo Capitolo: Curunír a prestaid (Stregone e preoccupazioni) ***
bo
Nota
dell'Autrice: Ed eccomi qui a continuare una storia che avevo dato per
spacciata. Purtroppo per molti impegni e vari problemi non sono riuscita a
continuarla e solo adesso mi sono accorta che avrei dovuta finirla. Tutto è già
stampato nella mia mente e coloro che vogliono sapere come andrà a finire con i
gemelli, non resterà deluso e si troverà un finale. Un lungo periodo mi ha
tenuto lontana dal pc e dalle mie storie, ma adesso è tutto diverso e cercherò
di aggiornare quando mi sarà possibile. Solo sappiate che non abbandonerò
nessuna delle mie storie e che le finirò una per una, anche se l'aggiornamento
sarà un po' lento. Ed ora vi lascio alla storia, sperand oche vi susciti un po'
di curiosità.
Il Segreto di Celebrian
by
Lotiel
Terzo Capitolo: Curunir a Prestaid (Stregone e
Preoccupazioni)
05
Novembre 129 della Quarta Era
Viaggiarono per
alcune ora senza più dire una parola. I due gemelli mantenevano sempre quel
distacco tipico degli elfi e gli occhi si spostavano verso i loro deboli
compagni solo per asssicurarsi che li stessero seguendo. Quando avevano
lasciato il bosco di Lórien
i loro cuori avevano tremato, volevano abbandonare quel luogo pieno di ricordi
che facevano troppo male. La morte aleggiava tra quelle fronde un tempo
rigogliose e fiorenti. Le case erano abbandonate da ormai troppo tempo, da
quando Nenya aveva smesso di esercitare il potere che derivava
dall’Unico.
Com’era
spoglio quel luogo, lontano dalla maestosità dei tempi
remoti.
Non avevano chiesto più nulla a Gàel
degli Haradrim, né avevano interrogato la figlia che ancora era in fase di
ripresa. Viaggiavano di gran lena e cercavano di evitare tratti estenuanti per
le povere membra della donna.
Elladan ed
Elrohir sembravano non accusare la stanchezza che si accumulava dei corpi dei
loro compagni, nenache quando sembrava che attraversare sterpaglie e piccoli
gruppi di alberi risultava quasi impossibile.
I due fratelli
dirigevano i loro passi leggeri verso la foresta che ancora molti temevano.
Storie oscure aleggiavano nel mondo degli uomini, ma gli elfi non avevano paura
di quella foresta, dove un tempo camminavano in serenità con il signore del
bosco.
La
chiamavano ancora la foresta di Fangorn ed egli era il signore incontrastato di
chi vi dimorava. Elladan ed Elrohir ricordavano quando Mithrandir soleva loro
raccontare di queste vecchie storie, dalla marcia contro Isengard, durante la
guerra dell’Unico, non si erano più mossi, ora tranquilli che nulla avrebbe dato
loro fastidio.
-Dove
stiamo andando?
La
voce di Gàel ruppe il silenzio che si era creato lungo quel tratto difficile che
costituiva le valli del Reame di Galadriel. Elladan si fermò e si voltò verso il
vecchio ambasciatore, guardandolo appena mentre cercava di ascoltare tutto ciò
che lo circondava. Un’occhiata di intesa con Elrohir, prima di
parlare.
-Verso
la Foresta di Fangorn.
Gàel,
seguito da Milea, sgranò gli occhi al sentire solo il nome di quel luogo. Portò
le mani al petto e le mosse freneticamente, manifestando apertamente la paura
nei confronti della foresta.
-Si
narrano storie oscure su quel luogo.
Elladan
sorrise appena, un sorriso che poteva rassicurare i cuori dei più pavidi.
Osservò dapprima Gàel e poi Milea in modo da contenere la loro paura con soli
quei singoli gesti donati raramente.
-Non
temete, gli Elfi non temono ciò che conoscono.
Poi
nuovamente la sua voce si spense in un sussurro rivolto al fratello. Portò
nuovamente l’attenzione verso l’orizzonte, lasciando in dubbio Gàel per quella
strana risposta. Eppure la paura non si placava, ma non aveva altra scelta,
sapeva di doversi fidare di quelle creature, amiche del suo stimato
re.
Li
osservava di sottecchi per capire come ragionassero, come comportarsi per avere
più informazioni sui loro modi. Stava acquistando sempre più stima nei loro
confronti, anche se talvolta li disdegnava per quella loro indole solitaria e
schiva.
Gàel
era anche uno studioso di storia e cercava sempre informazioni sui tempi che
furono e che sicuramente loro conoscevano.
Milea,
invece, si stava ristabilendo pian piano, lasciando che la rifocillassero e che
la sua pelle riprendesse un colorito sano. Gli occhi castani erano curiosi e si
guardavano intorno con spiccata intelligenza. Le interessava la storia, proprio
come suo padre e per questo tentò di chiedere ad Elrohir di raccontarle qualcosa
del suo popolo, così da carpirne storie fantastiche e piene di
magia.
Il
mezzelfo rimase interdetto da quella domanda, ma si limitò a dirle che quando
avrebbero raggiunto un luogo sicuro le avrebbe fatto dono di qualche leggenda
antica.
06
Novembre 129 della Quarta Era
Lasciarono
il campo aperto del Celebrant per avventurarsi nelle intricate ramificazioni
della foresta di Fangorn. Avrebbero voluto vedere il Pastore della Foresta, ma
non sapevano nemmeno se fosse ancora lì. Gli alberi erano addormentati e i due
gemelli riuscivano a sentire il loro ronfare sommesso. Ne avvertivano la
tranquillità e così che si rivolsero, dopo molte ore, verso Gàel e
Milea.
-Gli
alberi dormono, non mostrate alcuna ostilità.
I
due umani si guardavano intorno e la fanciulla si stringeva più che poteva verso
il padre che tentava di tranquillizzarla. Quelle antiche storie erano sempre
finite male per i malvagi e sapevano che se non commettevano alcun atto
meschino, gli alberi non avrebbero fatto loro alcun male.
Elladan
scrutava il fitto della foresta ,ma stranamente quegli alberi non ramificavano
in modo da creare buio all’interno, ma cercavano di far entrare i raggi del sole
autunnale.
-I eryn avo fîr.¹
La
loro voce, pronunciando quelle semplici parole, riscaldò i cuori dei compagni
che trovarono un barlume di serenità all’interno di se stessi per non vedere il
bosco come un possibile nemico.
Gli
alberi non erano neanche lontanamente minacciati dalla loro presenza e questo
potevano ben notarlo da soli, ma qualcosa non riusciva a calmare i sensi di
Elrohir. Guardò dapprima Elladan e poi intorno a lui, come se avvertisse una
presenza a lui sconosciuta. Anche il fratello sentì ciò che premeva nel cuore di
Elrohir e fece cenno a Gàel e Milea di stare fermi e non
parlare.
Gli
archi furono impugnati con più fervore e le frecce furono incoccate per dare
modo ai due gemelli di essere pronti nel qual caso fossero stati
minacciati.
I
due gemelli sentirono un frusciare sommesso, un respiro misto a quelli di Gàel e
Milea. Lo sguardo attento ad ogni movimento insolito all’interno dei cespugli,
al di sopra delle fronde, ma l’unica cosa che non avvertivano era l’ostilità di
questa presenza.
Come
per Legolas durante la ricerca dei piccoli hobbit, Merry e Pipino, un tempo
smarritisi all’interno della foresta, così fu per loro. Ascoltavano silenziosi e
ogni angolo veniva accuratamente osservato fin quando quella presenza, dietro le
loro spalle, non fece la sua comparsa.
-Fermi.
Una
voce tonante fece sobbalzare i due umani mentre i due gemelli si voltarono di
scatto, senza ancora scoccare. Non sentivano in questa presenza
l’ostilità.
-Sono
Radagast.
La
voce si fece più lieve e il viso bonaccione, così da rassicurare gli animi dei
due umani. Elladan ed Elrohir abbassarono le proprie armi e riposero la freccia
nella faretra. Un sorriso appena accennato allietò il viso di Elrohir che chinò
leggermente la testa.
-Il
mio caro amico Barbalbero mi ha chiesto se potevo venire a prendervi. Adoro
questa parte della foresta, è calma e gi animali sono
felici.
Radagast,
chiamato il Bruno, era amico di Mithrandir e un tempo anche di Saruman. Adorava
la natura tanto da disinteressarsi della Terra di Mezzo e della sua sorte
durante la guerra che fu dell’Unico. Aveva avvertito Mithrandir, un tempo, che
Saruman lo cercava così da tendergli una trappola. Ma Radagast era all’oscuro
delle macchinazioni del fu Bianco e con premura aveva cercato il Grigio.
Elladan
ed Elrohir conoscevano quella storia, perchè fu Mithrandir stesso a
raccontargliela, mentre attendevano l’arrivo del Portatore
dell’Anello.
-Conosco
il tuo nome. Mithrandir ci ha parlato molto di te.
Radagast
sorrise e con un cenno della mano invitò i quattro a seguirlo, dove Fangorn li
attendeva.
Con
più tranquillità nel cuore seguirono il Bruno, chiedendosi soprattutto del
perchè non fosse partito insieme a Mithrandir anziché restare in queste terre,
ma ogni domanda a suo tempo.
Raggiunsero
solo dopo poco cammino una radura, proprio quella in cui Merry e Pipino si
ristorarono ai tempi della Guerra.
Barbalbero
era lì. Sembrava seduto su qualcosa, su alcuni tronchi che avevano gentilmente
prestato il loro appoggio al vecchio Pastore.
-Ristoratevi,
miei cari amici. Ci sarà tempo per premervi con i problemi che vorrei voi
conosceste.
Elladan
ed Elrohir si guardarono per un solo breve istante, i loro volti si oscurarono
per alcuni istanti. Accennarono un debole sì per poi accompagnare Milea e Gàel a
riposare, sotto le fronte nodose di un salice piangente.
07
Novembre 129 della Quarta Era
Milea
si alzò dal giaciglio che le era stato gentilmente offerto e trovò i due gemelli
già ristorati e accomodati con Barbalbero. Stavano discutendo di qualcosa, ma
non riusciva a capire ciò che dicevano, anche perché aveva ancora gli occhi
impastati dal sonno e la mente non abbastanza lucida.
Elladan
si accorse di lei e si voltò. Le sorrise gentilmente per poi vederla nuovamente
scivolare nel sonno, infine l’attenzione nuovamente a Fangorn che continuava a
rivelare, anche se con la sua estrema calma e la voce che sembrava stanca e
flebile.
-Miei
cari amici, ciò che mi raccontate mi preoccupa. Gli Haradrim hanno tentato di
avvicinarsi alla mia foresta, ma non sapevo ancora le loro intenzioni. Ho
lasciato i miei compagni a dormire, mentre li osservavo dal folto della
boscaglia. Non conosco i loro propositi, ma difficilmente quegli umani si
avvicinano al mio territorio e soprattutto di questi
tempi.
I
due gemelli ascoltavano con attenzione le parole di Fangorn, così da accrescere
le loro preoccupazioni. Prima Gàel e poi Fangorn raccontavano quelle strane
storie del popolo del Sud. Avevano sperato che quel tempo di pace che Estel
aveva faticosamente costruito sarebbe durano per lungo
tempo.
-Gli
Haradrim sono sempre stati contro questa pace e il loro signore e sempre stato
un fedele di Sauron.
Fu
Elladan a parlare, lasciando che il suono del nome del Signore degli Anelli
riempisse per qualche istante lo spazio intorno a loro.
-Ci
stiamo dirigendo verso Minas Tirith, volevamo fare solo una visita a nostro
nipote, ma a quanto possiamo sentire, non sarà solo di
cortesia.
Lo
sguardo affranto e le parole appena sussurrate di Elladan fecero trasalire
Elrohir dalle sue riflessioni.
-Radagast
mi ha aiutato a tenere lontani questi uomini dalle mie terre, ma sono sicuro che
torneranno. Hanno la mente corrotta dall’odio e non si fermeranno facilmente se
qualcuno non metterà un freno a questo rancore che covano verso gli uomini del
Nord.
I
due gemelli annuirono debolmente. Ancora non conoscevano il motivo per cui gli
Haradrim avevano invaso segretamente le terre che non gli appartenevano.
Dovevano andare più a fondo in quella storia, dovevano cercare di capire perché
avevano catturato Gàel e sua figlia e soprattutto mantenere quella pace ancora a
lungo. Nuovamente il loro pensiero andò a loro madre, cercando di capire perché,
ogni qualvolta si mettevano alla ricerca di ciò che perse, succedeva qualcosa
che li avrebbe fermati e preoccuparsi di altro.
Le
preoccupazioni erano soltanto cominciate e i timori cominciavano a crescere nei
cuori di tutti. Speravano che il conflitto si sarebbe evitato, purtroppo
conoscevano gli uomini e i loro cuori si infiammano facilmente, fu questa la
preoccupazione più grande.
Glossario
¹
“Il
bosco non muore”
|
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Capitolo 5 *** Quarto Capitolo: Na Edoras (Verso Edoras) ***
no
Era da una marea
di tempo che non scrivevo più questa storia. L'aqltro giorno l'ho riaperta e
stranamente la storia mi è ricomparsa nuovamente nella mente, come se la stessi
pensando ormai da una vita. Molto probabilmente andrà a rilento, dato che ho due
storie da finire. Ma dato che sono quasi terminate, credo che mi dedicherò a
questa prima di pubblicare qualcos'altro. La finirò anhe senza ricevere
recensioni perché credo sia importante dal punto mio punto di vista. Ora vi
lasciò, sperando sempre che ci sia ancora qualcuno che la legga.
Il Segreto di Celebrian
by
Lotiel
Quarto Capitolo: Na Edoras (Verso
Edoras)
08
Novembre 129 della quarta Era
Era
una mattina soleggiata, lo si poteva notare dai raggi splendenti che i rami
folti facevano passare. Quando si erano svegliati non avevano trovato Fangorn,
li aveva avvertiti che sarebbe andato a controllare i confini orientali della
foresta. Lui non voleva svegliare i suoi compagni e voleva evitare loro altro
dispiacere, proprio come quando avevano visto i loro fratelli bruciati per i
folli piano di Saruman.
Elrohir
ed Elladan sistemarono ciò che poterono ed infine si incamminarono, cercando di
mantenere sempre una piccola distanza dai due umani. Non riuscivano ancora a
fidarsi ed era per questo che molte volte si esprimevano anche nella loro
lingua.
Attraversarono
la foresta dalla parte meridionale, verso est e sapevano che il percorso era
ancora lungo ed in salita, metaforicamente parlando. In cuor loro sapevano a
cosa si poteva andare incontro, ma erano convinti che si sarebbe potuto evitare
altro sangue. Poi Elladan parlò.
-Bedim na Edoras. Hain peditham o annam in rych.¹
Elrohir
non fece altro che annuire e infine guardò i due umani. Trasse un profondo
sospiro prima di volgere nuovamente lo sguardo verso Elladan e avvicinarsi
leggermente a lui.
-Hain darthar na Edoras?²
I
due gemelli pensarono il da farsi. Portarsi dietro due umani non avrebbe giovato
al fattore tempo e poi non erano abituati a portarsi dietro qualcuno. Raramente
avevano accettato l’aiuto umano, ma quando succedeva erano dei valorosi
guerrieri, proprio quando avevano raggiunto Estel fino all’accampamento e gli
aveva portato il messaggio del padre. Sembrava fosse successo solo pochi anni
prima, eppure era trascorso più di un secolo da quando era
successo.
Annuirono
entrambi semnza neanche esprimere il loro parere, ma si erano già
compresi.
-Andiamo.
Disse
ad alta voce Elrohir ed infine si avviarono verso l’uscita della foresta e verso
la pianura dell’Ovest Emnet. Si sarebbero diretti verso la casa dei Rohirrim.
Avevano mantenuti buoni rapporti con i signori dei cavalli, ma ultimamente erano
andati a disfarsi poiché i capi di un tempo come Eomer ed Elfwine, erano andati
via via indebolendosi e solo quella piccola alleanza manteneva ancora saldi i
rapporti. Se Gondor fosse caduta, allora tutti i rapporti stabiliti con i Nani e
con gli Umani sarebbero andati perduti. Anche se gli Elfi stavano abbandonando
tutti la terra di mezzo verso le Terre Immortali.
Il
loro passo era svelto e difficilmente l’uomo e la donna riuscivano a stargli
dietro. Facevano fatica e a volte dovevano riposare più del dovuto. Avrebbero
messo due giorni per arrivare, se fossero stati soli avrebbero impiegato anche
meno.
Quando
il tramonto arrivò, sentirono qualcosa nell’aria. I due fratelli si guardarono
entrambi e strinsero il loro arco più forte che poterono. Non erano nervosi, ma
si sarebbero aspettati di tutto. Anche incontrare ancora gli
Haradrim.
La
pianura era grande, ma con un passo un po’ più sostenuto si poteva
tranquillamente raggiungere Edoras in poco tempo, solo una mezza giornata. Anche
perché neanche il fosso di Helm distava molto dalla loro posizione. Ricordavano
bene ciò che Legolas gli aveva raccontato e della battaglia epica che si era
conclusa con la disfatta dell’esercito uruk-hai. Fangorn aveva dato il colpo di
grazia a Saruman distruggendo il suo impero e l’alleanza con il Signore Oscuro.
Orthanc
infine era ritornata una torre di osservazione e la sua magnificienza era
ritornata a brillare. Il paesaggio era ritornato anche più verde di prima e
Fangorn ne controllava le porte.
Ma
credeva che nessun altro avrebbe potuto mai prenderla, Saruman ormai era morto e
con lui la malvagità che vi aveva albergato.
Elrohir
ed Elladan si fermarono per compiere una piccola pausa. Per far riposare i due
umani. Milea sollevò lo sguardo verso Elladan. Tra i due elfi gli sembrava
quello più propenso a parlare, anche se entrambi mantenevano una certa distanza
da lei e suo padre.
La
giovane donna aiutò il padre a sedersi, era molto provato e lei poteva ben
rendersene conto. Anche se sapeva che costituivano un peso per i due fratelli,
si ostinava a proseguire anche senza dimostrare la sua fatica.
Milea
era una lontana parente della principessa Eowin e nella sua famiglia, anche se
discendeva solo di madre dai signori dei cavalli, aveva ereditato lo spirito
combattivo tipico delle donne di Rohan. Si alzò velocemente e poi si avvicinò ad
Elladan.
-Vi
ringrazio per questa ennesima pausa.
Chinò
il capo in segno di ringraziamento. Elladan non fece altro che osservarla per
qualche istante e poi ritornare a guardare l’orizzonte.
-Non
preoccuparti. Per noi non è un peso.
La
voce risultò priva di sentimento, mascherandolo per bene. Erano soliti fare
così, dopotutto rispetto agli umani e agli elfi loro avevano una scelta.
Potevano decidere se rimanere mortali o immortali e questo intaccava un po’ il
carattere di tutti i mezzelfi. Sentirsi superiori a qualsiasi essere
vivente.
-So
che io e mio padre siamo un peso e per questo temo di non poter porre rimedio.
Dov’è che siamo diretti?
Elladan
trasse un profondo sospiro ed osservò per qualche istante Elrohir. Annuì
brevemente e portò lo sguardo verso Milea. Attese per qualche istante prima di
parlare, evitando di usare un modo brusco per informarli.
-Siamo
diretti ad Edoras. Abbiamo deciso di lasciarvi lì in modo di riprendere le forze
e continuare poi il viaggio come voi vorrete.
Milea
osservò per qualche istante accigliata l’elfo e pose le mani sui fianchi. Sapeva
che dovevano raggiungere Minas Tirith, anche perché il padre aveva bisogno di
cure lì e in modo molto veloce. Non aveva mai ricevuto una risposta così
schietta e decisiva.
-Noi
invece dobbiamo venire con voi. Mio padre non sta bene e servono i medici di
Minas Tirith.
Elladan
sollevò un sopracciglio e guardò il fratello.
-Telich
o câr
bedi athan?³
Elrohir
era risultato brusco. Gli dava fastidio quella presa di posizione e soprattutto
se fatta da una donna che avevano dovuto salvare. Se non fosse stato per
l’alleanza che legava quella gente alla sua, li avrebbe già lasciati in qualche
villaggio a curare le proprie ferite.
Estel
era diverso, era riuscito a conquistare l’amore della sorella e lei aveva fatto
la sua scelta. Forse era proprio per il carattere diverso tra uomo e donna che
quelle sottili differenze venivano al pettine come nodi molto folti. Ma Estel
era sempre vissuto come un elfo e forse aveva intaccato molto sul suo
carattere.
Elladan
pose una mano sulla spalla del fratello per farlo calmare, sapeva che non
sopportava la razza umana, ma doveva per forza farsela
piacere.
-Muindor!4
Elladan
scosse la testa e un leggero sorriso gli increspò le labbra. Fece cenno a Milea
di allontanarssi di qualche metro più in là, in modo da lasciare Elrohir
scrutare l’orizzonte e farsi un’idea della strada da
seguire.
-Purtroppo
temo non sia saggo portarvi con noi. Se vostro padre sta male, sarà in grado di
cavalcare?
Chinò
il capo verso di lei ed attese la sua risposta. Nel viso di lei leggeva
chiaramente la determinazione, ma sapeva che solo le donne facente parte di una
casata di Rohan potevano dimostrare qualcosa agli uomini.
-La
verità è che a Rohan, molti, non possono vedere mio padre. Il motivo è perché ha
portato via mia madre dalle terre di Rohan. Ma la storia non è così. Per i
cavalli posso aiutarvi io, conosco qualcuno che può procurarveli senza problemi
e il signore di Edoras acconsentirà a darveli. Vedi, lui e mio zio sono
amici.
Elladan
sembrò soppesare le parole della donna. Quando lei tentò di posargli una mano
sulla sua in un gesto puramente di richiesta, si ritirò leggermente. Non voleva
contatti con gli umani.
-Vedremo
il da farsi appena giungeremo a Edoras.
Infine
chinò il capo verso di lei e si allontano verso Elrohir con cui iniziò a
discutere nella sua lingua natìa.
Non
sapeva perché aveva raccontato una parte della sua storia al mezzelfo, ma sapeva
che avrebbe fatto la cosa giusta. Dopotutto non era stata una cosa difficile.
Non voleva rimanere ad Edoras, avrebbe solo visto nuova sofferenza negli occhi
di suo padre. Lei voleva solo portarlo verso la sua casa e poi loro avrebbero
preso le loro strade.
Ultimamente
sulle colline e lungo la pianura non c’erano neanche più i controlli che
esistevano molto tempo prima. I Rohirrim erano in pace e nulla turbava la loro
serenità o almeno speravano fosse così per gli anni
seguenti.
09
Novembre 129 della Quarta Era
Era
passato un altro giorno ed Elrohir cercava di mantenere la calma verso la
giovane donna che sembrava aspettarsi qualcosa dal fratello. Infatti volse lo
sguardo verso di lui, in modo che si avvicinasse e che stesse alla larga dalla
donna. Cercava in tutti i modi di essere irreprensibile quando doveva, ma quando
si trattava di Elladan, tutto cambiava.
Elladan
gli lasciò un’occhiata d’intesa e infine gli sorrise, facendogli capire che non
doveva temere nulla. Chinò il capo verso la donna e riprese il passo con
Elrohir, mentre in lontananza ora vedevano le mura di
Edoras.
I
due gemelli si fermarono e iniziarono a confabulare tra di loro. Non riuscivano
a capire una sola parola di quello che dicevano, ma i due umani cercavano di
tenersi sempre a distanza quando li vedevano parlare.
-Siamo
giunti a Edoras!
Esclamò
Elrohir con un tono che aveva eliminato qualsiasi dolcezza e sentimento.
Purtroppo era così, stava diventando sempre più simile al padre e questo Elladan
riusciva a scorgerlo. Almeno sul carattere erano sempre stati un po’ diversi.
Milea
gli aveva offerto il proprio aiuto, ma entrambi credevano che non sarebbe stato
difficile poter prendere in prestito due cavalli e chiederli direttamente al re
di Rohan.
Quando
arrivarono ai cancelli, però, li trovarono chiusi e due guardie poste di fronte
ad esso ne ostruivano il passaggio.
Elrohir
prese le redini di tutta la faccenda, sfruttando le arti oratorie che gli erano
state insegnate fin da piccolo. Gli avevano insegnato che un grande guerriero è
grande anche riuscendo ad evitare una guerra. E fu questo che tento di fare. La
prima cosa che notò, fu l’indifferenza e il sospetto con cui venivano guardati e
questo non gli piacque.
-Salve
a voi, figli di Rohan.
Elrohir
fece un cenno del capo e poi continuò.
-Siamo
qui giunti per chiedere un favore al vostro re e per condurre questi due
viaggiatori al sicuro.
Con
un cenno della mano indicò Milea e Gàel che si avvicinarono lentamente, ma
appena la ragazza scorse una delle guardie sotto il pesante elmo, sorrise
apertamente.
-Ghadren?
Il
giovane guerriero scrutò appena la donna e un largo sorriso gli si aprì in
volto. Era giovane, dai lunghi capelli biondi. Aveva un po’ il naso storto,
forse dovuto a qualche caduta.
-Milea.
Che piacere rivedere voi e vostro padre.
Elladan
prese un profondo respiro e poi posò la mano sulla spalla di Elrohir per
invitarlo a continuare. Però Ghadren prese subito parola.
-Scusate,
ma siamo in un periodo assai preoccupante e non ci fidiamo dei forestieri.
Vedendo voi due, elfi per giunta, non abbiamo convenuto ad aprirvi
subito.
-Sta
succedendo qualcosa?
Esclamò
Gàel preoccupato.
-Ebbene
si, Ambasciatore. Abbiamo visto aggirarsi persone sospette all’interno delle
nostre terre, ma purtroppo sembra che appena riusciamo a fermarli non abbiano
nessun motivo per cui essere sospettati, poiché ciò che avevano confermato
vendessero non sia in loro possesso, ma da quando sono arrivati stanno
succedendo cose strane. Poi il re sembra essere ambiguo,
ultimamente.
Elrohir
guardò dubbioso prima Elladan e poi infine il resto della compagnia. Eppure
questa scena si era già ripetuta. Sicuramente ascoltata dai racconti di Estel.
Erano giunti ad un altro problema e questi sembravano non volessero finire
più.
Glossario
¹
“Andiamo
verso Edoras. Chiederemo loro di darci dei cavalli”
²
“Loro restano ad Edoras?”
³
“Hai intenzione di farla andare oltre?”
4
“Fratello”
|
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Capitolo 6 *** Quinto Capitolo: Lesbelin (Autunno) ***
story
Note dell'Autrice:
Ed eccomi rientrare con una storia che avevo data per persa. Forse per il poco
tempo che ho, forse perché semplicemente
non mi venivano idee, il classico "blocco dello scrittore" è finalmente terminato. So che
vi ho fatto attendere un po' per sapere qualcosa, ma spero ci
sia qualcuno che ancora segui la storia. Non lascio mai storie a metà,
quindi completerò tutte quelle che ho nella pagina prima di postarne nuove. Vi lascio ora
alla lettura.
Quando entrarono nella cittadella, i due gemelli
ricostruirono ciò che non c’era più dai ricordi che Estel gli aveva lasciato. La
casa in cima alla collina, quella dove risiedeva il re, aveva mantenuto gli
emblemi di Rohan, ma tutti gli intarsi erano in sfacelo. Le case che avevano
attraversato erano per lo più baracche di legno, di dubbia resistenza e, sulla
strada, non avevano trovato nessuno che potesse loro dare un segno di vita
all’interno di quella cittadina.
Elladan
fece scivolare la mano verso la spada che aveva al fianco, ma non la estrasse.
Si limitò a guardare Elrohir e dargli un cenno di assenso che subito fu
contraccambiato.
L’autunno
era calato sulla Terra di Mezzo, come una coltre pesante e così anche sulla
cittadina di Edoras. Troppe
similitudini con i racconti che gli fecero Estel e Legolas. Ora che non avevano
neanche la guida di qualcuno che era stato lì tempo fa, i due gemelli si
chiedevano come potessero fronteggiare questa nuova minaccia, senza però
distogliersi troppo dalla loro ricerca.
Davanti
la porta della dimora del re, Gàel si fece avanti, lasciando Milea dietro e ben
nascosta dietro i due elfi. Le guardie che erano lì poste gli sbarrarono la
strada con le loro pesanti lance. Non avevano preveduto un’accoglienza così
fredda verso i cittadini, ma dopo quello che stava succedendo era più che
plausibile.
-Dovete
lasciare le armi. Non si entra nella casa di re Theorl
armati.
Elladan
ed Elrohir si guardarono per qualche istante. Presero un profondo respiro e
annuirono insieme. Avrebbero seguito le direttive, ma avrebbero tenuto gli occhi
aperti. Non sapevano a cosa stavano andando incontro.
Milea
non riconosceva le guardie che stavano alla porta, probabilmente dalla sua
ultima visita l’avevano cambiate, poiché ricordava, oltre Ghadren, che ci fosse
anche Thorden. Scosse la testa, stando attenta a ciò che poteva succedere, dato
che la trattavano completamente come una ragazzina che aveva bisogno di
protezione.
Alla
seconda intimazione di deporre le armi, i due fratelli iniziarono a deporre le
loro. Quando furono completamente spogli, Gàel depose il suo stiletto che aveva
nella cintola. Niente di particolarmente pericoloso, ma comunque era sempre
un’arma.
Milea
era sprovvista di armi e le guardie si misero d’accordo a farli passare.
La
stanza era buia e pochi raggi di sole entravano all’interno della struttura, per
dargli un aspetto ancora più sinistro.
Elladan
ed Elrohir cercavano di mantenere l’attenzione, non sulle parole dell’uomo che
li accompagnava, ma su tutto ciò che li circondava. Su ogni movimento sospetto
che poteva minare la loro posizione.
Il
re, diretto parente di Eomér, morto ormai da molto tempo, sedeva sul trono
intarsiato. Portava la corona del regno di Rohan e per qualche istante ai due
fratelli somigliò ad un re dei tempi antichi.
Intorno
a lui sedevano altri tre individui, cui i volti non ricordavano nulla a quella
improvvisata compagnia.
Soldati
erano posti in ogni angolo della stanza che osservavano i movimenti dei due
gemelli e dei due umani. E di rimando Elrohir li guardava, non tanto sorpreso da
quella accoglienza. Aveva ogni nervo teso e pronto a qualsiasi evenienza, invece
Elladan era calmo, per quanto poteva esserlo, e rilassato rispetto al fratello.
Si scambiarono sguardi per alcuni istanti, intendendosi
velocemente.
Di
fianco al re, in piedi, c’era un uomo. Alto, magro più del dovuto e portava
abiti pesanti e di una foggia che non avevano mai visto. Il viso era affilato e
il naso aquilino, la bocca era stirata in una muta risata e gli occhi erano
incavati e attenti. I capelli erano lunghi e scuri, così come gli occhi che
stavano attenti ad ogni movimento di coloro che erano
giunti.
Improvvisamente
Theorl si alzò, puntando il dito verso Gàel che non si chinò a riverirlo. Non
c’era mai stato questa forma tra loro e Gàel era stato giudicato diversamente
dal re in persona. Sua moglie era la figlia del re e lei stessa aveva spiegato
ciò che le premeva in quel periodo, quando se andò.
Anche
se Theorl non era stato d’accordo al tempo, aveva acconsentito al volere della
figlia. E Gàel l’aveva ringraziato per questo, non portandogli alcun
rancore.
-Neithon
thia cenn o gwain?
¹
Elrohir
era dubbioso e guardava Elladan con celato disgusto per il trattamento che
stavano ricevendo. Gli aveva sussurrato quel dubbio nell’orecchio ed Elladan
aveva solo confermato ciò che temeva. Ora Elrohir cercava di ricordare e
attraverso i ricordi che Estel gli aveva dato all’epoca della guerra
dell’Anello. A Rohan era già capitata una cosa simile e proprio ad
Edoras.
-Aran
Theòden! ²
Espresse
Elladan a bassa voce e in modo che solo il fratello potesse sentire. Si
continuava a guardare intorno, cercando di carpire ogni singolo movimento
sospetto. Elrohir voleva andare via da quel posto poiché in esso sentiva una
pressante forza malvagia che si animava intorno ai presenti ed era sicuro che
Elladan aveva avvertito la stessa, identica cosa.
Elladan
annuì allo sguardo del fratello mentre Gàel e Milea iniziavano a parlare con il
re, ma questi sembrava non volerli neanche ascoltare. Eppure la donna era
convinta di potergli chiedere ciò che a loro serviva. Infatti fece qualche passo
indietro verso Elladan, tra i due gemelli era quello di cui si fidava di
più.
Milea
prese Elladan per il braccio, un tocco leggero di cui si accorse solo quando lo
prese. Guardò Elrohir per alcuni istanti.
-Non
ricordo questo suo comportamento. Vedo qualcosa di strano in
lui.
Elladan
si scostò dall’avvicinamento non voluto, anche per evitare di farla allarmare.
Si accorse solo in quel momento di un’altra presenza che camminava lungo le
piccole navate della casa. Aveva i tipici abiti degli Haradrim. Elladan corrugò
leggermente la fronte e strinse le labbra. Si avvicinò all’orecchio del
fratello.
-Bedim
, Elrohir!³
Elladan
aveva sussurrato verso il fratello. Aveva uno strano presentimento e il vedere
l’uomo del Sud alla corte del re, non era una cosa alquanto positiva, almeno
dagli ultimi risvolti che c’erano stati.
-Recuperiamo
le armi e andiamocene.
I
due gemelli presero un profondo respiro, vagando con lo sguardo alla ricerca di
quell’uomo che avevano visto, non ritrovandolo in nessun viso al momento
presente.
Gàel
aveva chinato il capo verso il re ed egli aveva riso maligno. Una risata che
sembrava innaturale.
-Altri
incontri mi attendono, mio buon amico.
Il
re era cambiato all’improvviso e sicuramente sotto l’influenza dell’uomo magro
che gli sedeva accanto. Si era alzato in piedi e aveva aperto le braccia, in
segno di accoglienza nella sua casa.
-Domani
sera organizzerò un banchetto per il tuo ritorno. E per la mia adorata
nipote.
Gli
occhi di Theorl si posarono per qualche istante sul volto di Milea e lei,
spaventata, aveva indietreggiato, nascondendosi alle spalle dei due
gemelli.
Elladan
aveva notato quello sguardo sinistro e aveva ricercato lo stesso sguardo nel
sottoposto accanto al re. Il sovrano non era l’unico ad essere sotto controllo
di qualche forza malvagia, qualcosa che era oltre le loro possibilità
adesso.
10
Novembre 129 della Quarta Era
Li
avevano condotti verso una delle stanze del palazzo di Edoras, ma le loro armi
non gli erano state consegnate. Elladan ed Elrohir avevano confabulato per
alcuni istanti nella loro lingua e Milea non era riuscita a stargli dietro,
poiché non conosceva la lingua degli Elfi. Era notte fonda e a lei non riusciva
a coglierla il sonno.
Aveva
chinato il capo silenziosa e se ne era rimasta nel suo angolo di stanza con le
gambe raccolte al petto. Il padre era stato accomodato nella stanza accanto a
lei, ma delle guardie sorvegliavano gli ingressi delle
camere.
In
profonda solitudine aveva cercato di comprendere il comportamento di suo nonno e
mille pensieri si era fatto circa lo strano tono di voce che le era stato
rivolto, quando li avevano invitati a cenare con loro.
Milea
scosse il capo, cercando di evitare brutti pensieri, ma erano gli unici che si
affacciavano nella sua mente. Improvvisamente fu scossa da un battere incessante
sulla porta. Corrugo la fronte e si alzò lentamente avvicinandosi ad uno dei
battenti.
-Milea,
aprimi.
La
ragazza trasalì. Era la voce di Ghadren.
Felice
di sentire un amico aprì senza pensarci due volte. Ghadren si infilò all’interno
della camera e, chiusa la porta, prese le mani di Milea stringendole
appena.
-Dovete
andare via da qui, Milea.
Ghadren
strinse le labbra e si guardò attorno. Non aveva gli abiti da soldato che gli
aveva visto la mattina prima, ma degli abiti molto più comodi, forse gli stessi
che indossava sotto l’armatura.
Gli
occhi dell’uomo, però, erano preoccupati e vigili.
-Dovete
andare via da qui. Subito!
Milea
scosse il capo.
-Non
capisco. Cosa sta succedendo.
Ghadren
guardò la donna dritta negli occhi. Lei era visibilmente agitata e farle capire
in fretta ciò che doveva fare gli avrebbe portato via molte
energie.
-Ora
ascoltami e non fare domande. Ho lasciato le armi dei tuoi compagni fuori le
mura, sulla strada che conduce a sud. Andate verso Anorien, i Monti Bianchi, e
da li i tuoi compagni sapranno sicuramente la strada.
Milea
in un primo momento non rispose, ma ciò che le premeva sapere, in quel momento
non poteva essere rivelato.
-Non
ci sono guardie alle porte, ma solo lungo le mura. Siamo rimasti in
pochi.
Le
parole di Ghadren misere nel cuore di Milea una profonda tristezza. I tempi
antichi erano ormai solo un ricordo per la gente di Rohan. L’autunno stava
avvolgendo anche la storia di quei valorosi uomini che erano stati un tempo. Un
paese che aveva dato la nascita a grandi eroi, era destinato a
perire.
Ghadren
uscì dalla porta con molta accortezza. Fra poche ore sarebbe stato il suo turno
di guardia e non poteva tardare a raggiungere la sua posizione o si sarebbero
insospettiti.
Milea
sgattaiolò poco dopo l’uomo, guardandosi con sospetto intorno, in ogni angolo
buio non illuminato dalle torce. Strinse le labbra e si chiuse le mani al petto.
Si sentiva una ladra in un palazzo che l’aveva vista
crescere.
Richiamata
l’attenzione del padre, si diresse verso le stanze di Elladan ed Elrohir,
introducendosi all’interno della stanza insieme al padre.
Milea
aveva spiegato la situazione e i due fratelli stentavano quasi a credere alla
versione dei fatti.
Ma
se quella era l’unica possibilità per poter avvertire il nipote, Eldarion, di
quello che stava succedendo.
-Thelim
anno estel?
4
Elladan
aveva guardato il fratello con uno sguardo fermo. Aveva corrucciato leggermente
le sopracciglia, un’espressione che utilizzava raramente e solo in casi
particolarmente pericolosi.
Elrohir
di rimando fece un cenno di assenso.
-Boe!
5
Elladan
aveva preso un profondo respiro nel sentire la risposta del fratello e il suo
solo pensiero fu il riuscire ad uscire vivi da quell’impresa. Si era avvicinato
ad Elrohir e aveva posato una mano sulla sua spalla, ma rivolgendosi verso Gàel
e Milea.
-Allora
andiamo, non possiamo indugiare.
Milea
fece un cenno di assenso e, aprendo la porta, fece cenno agli altri di
affrettarsi ad uscire dalla stanza. Prese il padre dal braccio, forse un po’
frastornato da tutta quella situazione e un po’ rallentato
dall’età.
Erano
riusciti a superare la prima cinta muraria e discendere la collina quando videro
alcune torce volgersi verso di loro. Trattennero tutti il respiro ed Elladan, il
più impulsivo era già pronto a scattare, quando Elrohir con un cenno del capo lo
fece desistere dal suo intento. Erano soldati, ma non erano di ronda, stavano
accompagnando gli uomini che avevano visto quel giorno all’interno del palazzo e
la cosa sembrava alquanto strana.
Tutti
scattarono verso l’uscita, tra la palizzata ormai danneggiata dal tempo e
raggiunsero le armi che Ghadren aveva nascosto per loro. -La faccenda
continua a complicarsi.
La
voce di Elrohir ruppe il silenzio e tutti si voltarono a guardarlo, mentre
sistemala la corda dell’arco. Il suo viso, quasi mai preoccupato, in quel
momento mostrava alcuni segni di angoscia.
-Dobbiamo
andare. Il nostro viaggi si è protratto troppo. Non metteranno molto ad
accorgersi che siamo fuggiti.
Elladan
fu il primo ad incamminarsi e a chiudere la coda fu Elrohir, attento ad ogni
movimento alle sue spalle. Il male si stava risvegliando, lo stava
percependo. Giungere da Eldarion, il Re dei Regni Uniti, sembrava l’unica
priorità.
Glossario
¹
“Sbaglio
o tutto questo si è già verificato?”
² “Re
Theòden!”
³ “Andiamo
via, Elrohir!”
4 “Vogliamo
dar loro speranza?”
5 “È
necessario!”
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