Il Segreto di Celebrían

di Lotiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo: Lend (Viaggio) ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo: Haradrim (Uomini di Harad) ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo: Curunír a prestaid (Stregone e preoccupazioni) ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo: Na Edoras (Verso Edoras) ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo: Lesbelin (Autunno) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nuova pagina 1

Note dell’Autrice: Eccomi ritornata a continuare una fan-fiction che pensavo si sarebbe fermata alla prima parte. Strano a dire il vero, avevo pensato che “Una ricerca per Celebrían” potesse bastare. A dire il vero avevo scritto la fan-fiction solo per accentuare il rapporto fraterno tra i due Gemelli e Aragorn, ma una piccola richiesta di cosa cercassero per Celebrían mi ha acceso la lampadina. È un’idea vecchia che è stata partorita solo adesso. Premetto che sarà molto più lunga della precedente, ma spero possa darvi le stesse sensazioni che la precedente vi ha dato (naturalmente a chi l’ha data).

Qui non troverete una fan-fiction sul presunto amore tra i Gemelli, posto quasi sempre come se fosse una cosa naturale, ma troverete un rapporto di lealtà e fraternità tra i due, molto legati tra loro.

Detto questo, spero che vi divertiate a leggerla, come io mi sono divertita a scriverla.

 

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di J.R.R. Tolkien che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Il signore degli Anelli, appartengono solo a me.

 

 

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Il Segreto di Celebrian

by Lotiel

 

Prologo

1-129 della Quarta Era

 

Erano passati più di cento anni da quando la guerra dell’Anello finì. La pace continuava a perdurare nella Terra di Mezzo, anche se la partenza degli elfi aveva segnato la fine del loro reame all’interno di queste terre. Pochi ormai erano rimasti, e solo coloro che continuavano ad essere fedeli ad Aragon non si mossero, rimanendo nelle terre natie. Purtroppo Aragon era venuto a mancare pochi anni prima, lasciando il regno al figlio primogenito. Eldarion.

Arwen invece si erano perse le tracce. Per il dolore era partita e mai più ritornata. Si dice che abbia trascorso l’ultimo anno della sua vita all’interno del bosco di LothLórien, morendo lì dove aveva giurato amore eterno al suo sposo umano. Il bosco stava morendo per la lontananza degli anelli degli Elfi, così come la maggior parte dei luoghi cari alle creature Immortali.

La ricerca che aveva spinto i due gemelli, Elladan ed Elrohir, non si era ancora conclusa. Vivevano ancora a Gran Burrone, dove cercavano un modo per rintracciare l’oggetto che Celebrían aveva perso, ma degli orchi si erano perse completamente le tracce.

Eldarion invece governava sulle terre Unite. Anche se aveva raggiunto da poco l’età matura, sembrava ancora inesperto per il ruolo che gli era stato dato. Trattenere anche le sorelle un po’ irruente e più piccole di lui rendevano il compito un po’ difficile.

Aveva sofferto per l’addio della madre, ma se ne fece più tardi una ragione. Anche perché sapeva bene quanto aveva amato Aragon e quanto soffriva per la sua morte; una morte che sapeva bene doveva accadere.

Legolas e Gimli era già partiti per Valinor e non appena raggiunsero quelle rive, il nano fu accettato, molto probabilmente per la grande influenza che aveva la Dama Bianca.

Coloro che fecero parte della compagnia morirono di vecchiaia o partirono. Degli Istari probabilmente l’unico che ancora rimaneva a vagare nella Terra di Mezzo, era Radagast. L’ultimo Stregone che ancora si aggirava nella Terra di Mezzo mentre i gemelli ripresero la loro ricerca.

La storia dei due fratelli riprende da anni dopo tutti gli accadimenti che si susseguirono dall’Ultima battaglia contro l’Oscuro Signore. Racconti che non sono annoverati nella storia, ma che molti si scopriranno curiosi nel sapere.

 

 

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo: Lend (Viaggio) ***


Ringraziamenti

Ringraziamenti:

Thilion: Ti ringrazio. Avevo voglia di continuarlo fin da quando ho finito di scrivere il prequel. Ma sai, a volte mi manca il tempo e vorrei averne molto di più per potermi dedicare a questo tipo di hobby. Soprattutto vorrei dedicare molto più tempo ai racconti di questo capolavoro. Spero di non averti delusa con questo nuovo capitolo e di aver acceso un po' la tua curiosità.

Ringrazio anche a chi ha solo letto e non commentato. Mi piacerebbe che esprimeste i vostri pareri e se magari ho sbagliato qualcosa di farmelo notare così da rimediare.

Annotazioni: Ogni capitolo è studiato in ogni particolare, per poter rimanere fedele sempre alla storia, anche se quasi nulla, che il Maestro Tolkien ha voluto ricordare dopo la fine e la morte di Aragorn. Spero davvero vi piaccia.
Se sbaglio in qualche traduzione, non esitate a farmelo notare. Ripeto, lo correggerò subito.
Infine dico che ci saranno dei personaggi inventati da me medesima, che saranno solo di contorno alla storia principale, mantenendo comunque sempre la mentalità di quel tempo. Infatti inserirò da questo capitolo, Nuovo personaggio. Non aspettatevi strani figuri o presunte fidanzate. Cercherò di trovare anche qualche informazione più dettagliata dell'Harad che mi servirà in seguito. Se magari volete aiutarmi, potete anche scrivermi. Grazie mille.

Ora vi lascio al racconto.

 

Il Segreto di Celebrian

 

 

by Lotiel

 

Primo Capitolo: Lend (Viaggio)

24 Ottobre 129 della Quarta Era

 Le foglie avevano cominciato da tempo la loro discesa. L’autunno era ormai inoltrato e le piante cominciavano ad assumere i tipici colori della stagione. Gli alberi rimanevano spogli o coperti da manti di foglie brune. Così si presentava anche Eryn Lasgalen, l’antico Bosco Atro.
Dopo l’attacco avuto dagli alleati di Sauron poco dopo la sua caduta, ci fu un incontro tra i due re elfici rimasti nella Terra di Mezzo. Celeborn e Thranduil eliminarono gli ultimi rappresentanti dell’alleanza dell’Oscuro Signore, decidendo infine di cambiare il nome del bosco, anche per rappresentare la caduta dell’Ombra.
Elrohir riposava sotto uno dei tanti alberi che la foresta offriva. Aveva chiuso gli occhi mentre stringeva un solo filo d’erba nella mano destra. Giocherellava con questo, i pensieri che scorrevano lenti nella sua mente. Sul viso c’era serenità, almeno per quel momento di riposo che si era concesso.
Solo alcuni raggi solari penetravano all’interno della trama fitta di foglie, ma era comunque un bel posto dove rimanere a riflettere, donava una particolare atmosfera al tutto. Un’atmosfera che venne turbata ben presto, poiché Elladan si stava avvicinando. Naturalmente Elrohir, completamente assorto, non si era nemmeno accorto che il fratello stava allungando una mano verso di lui.
Elrohir fece un profondo sospiro, riconoscendo dal tocco chi potesse essere a turbare quel ritaglio di giornata che aveva utilizzato per riprendere un po’ di pace.
-Dobbiamo andare.
Elrohir annuì e si sollevò dalla posizione seduta che aveva preso. Sapeva bene cosa doveva fare adesso. Guardò Elladan fissò negli occhi, ricercando l’uguale ostinazione che era nei suoi, sentimento che li avrebbe aiutati a sopravvivere a quell’ennesima prova.
Si recarono verso la dimora che un tempo fu anche di Legolas e dove ora dimorava solo Thranduil ed alcuni elfi che attendevano la partenza del loro sovrano per potersi avviare verso i Porti Grigi.
Attraversarono il percorso a ritroso. Non dissero una parola fin quando non raggiunsero la sala dove il re elfico li stava attendendo.
Quel reame, come tutti ormai dopo la scomparsa degli anelli elfici, aveva perso tutta la sua innaturale bellezza, ma conservava ancora l’affascinante architettura del popolo che lo abitava.
Elrohir ed Elladan chinarono il capo verso colui che stava innanzi a loro. La figura del re era di grande impatto, soprattutto dei viaggiatori che si avventuravano per quelle terre. Aveva un viso né giovane e né vecchio, conservava l’austerità degli secoli passati a governare il fu Bosco Atro. Capelli biondi e lunghi, occhi che esprimevano saggezza come pochi nella Terra di Mezzo ormai avevano. Portava una semplice corona che cingeva la fronte e andava a perdersi nei capelli. Semplici vesti adornavano il corpo del re, per quanto potessero essere semplici le vesti regali.
Alzarono il capo. Thranduil era alto, come tutti gli elfi che abitavano un tempo la Terra di Mezzo.
-Avete dunque deciso di partire nuovamente?
Thranduil ruppe il silenzio. Manteneva una compostezza da elfo qual’era. Mani accomodate davanti al ventre in un abbraccio.
-Sì, la vostra ospitalità è stata, come sempre, cortese, ma dobbiamo continuare. Sapete il motivo per cui non possiamo rimanere fermi.
Thranduil annuì solamente alle parole dei due mezzelfi, trasse un profondo respiro. La mano destra si alzò in un movimento lento ed elegante ed infine rivolse il palmo verso di loro.
- Che i Valar vi proteggano e veglino sui vostri passi.
Disse infine il re, non espresse più nulla e attese infine che i due fratelli uscissero dalla stanza. Non poteva non dirsi preoccupato, da quando Elrond era partito aveva notizie dei suoi figli così raramente. Le ere passate non gli permisero di esprimere ciò che davvero aveva nel cuore. Dopotutto anche sul figlio era partito per le Terre Immortali, ma non conosceva ciò che davvero ancora lo tratteneva lì. Forse perché aveva ormai governato per così tanto tempo che si era affezionato al bosco, cui molte volte aveva rischiato anche la vita a costo di proteggerlo.
Infine, quando Elrohir ed Elladan uscirono e la porta richiusa, Thranduil poté rilassarsi sopra lo scranno intarsiato. Guardando fisso davanti a lui, sapeva che ciò che si proponevano i due fratelli non era facile. Dopotutto gli orchi erano stati completamente distrutti.
I due fratelli proseguirono lungo il corridoio senza dire una parola. Sapevano quanto difficile poteva essere, ma dopotutto dovevano tentare.
Gli animali erano tornati a popolare il bosco. Si sentivano gli uccelli cantare, ogni minimo rumore provocato da piccoli animaletti all’interno dei cespugli. Riuscivano a percepire tutto questo mentre cercavano di dire addio a quel luogo, diretti verso sud. Verso le terre di Mordor.

28/29 Ottobre 129 della Quarta Era

Avevano quasi oltrepassato il bosco, solo qualche giorno era passato da quando avevano lasciato la casa di Thranduil, dopotutto era il destino a guidarli in quell’impresa che molto probabilmente, nelle migliori delle ipotesi, avrebbero fallito.
Raggiunsero Amon Lanc sul calare della sera. Si sarebbero fermati e avrebbero passato lì la notte. Capitale per alcuni anni del regno di Lórien, dove governò Celeborn, ora ridotta ad una semplice roccaforte abbandonata, poiché ormai nessuno del popolo elfico abitava lì. Somigliava molto alla foresta e dimora di Galadriel, ma Celeborn era ormai da tempo andato via, raggiungendo la moglie nelle Terre Immortali. Il paesaggio aveva perso tutta la bellezza di un tempo, anche perché i Tre Anelli avevano perso la loro potenza proprio nel momento in cui l’Unico fu distrutto. Era Nenya che manteneva le piante verdi e rigogliose, ormai abbandonate a se stesse.
Elladan ed Elrohir osservarono la fu Dol Guldur, ormai a pochi chilometri da loro. Si vedeva la torre che svettava verso il cielo, ormai abbandonata. Si vedevano le erosioni del tempo che avevano permesso che alcuni pezzi di questa cadessero e creare alcuni buchi nell’intera struttura.
Raggiunsero le pendici sul calare della sera. Il luogo abbandonato, strano vedere anche degli elfi come loro nei paraggi. Ormai la terra era stata lasciata agli uomini che non si preoccupavano di curare le foreste. Si curavano i confini, si curavano delle alleanze e di null’altro. Forse era meglio così, tutto era collegati agli elfi in quelle terre e adesso doveva rimanere tutto agli uomini, deboli e facilmente ingannabili.
I due gemelli non seguirono la strada per salire lungo i costoni di roccia che portavano alla fortezza, ma preferirono evitare, rimanendo così ai piedi del monte dov’era costruita. Non accesero fuochi, si limitarono soltanto a mangiare qualcosa e a conversare su ciò che l’aspettava.
Poche ore di riposo, queste gli bastarono per poter ricominciare a proseguire. Non avevano altri che i loro archi e le daghe elfiche assicurate sulla schiena e poche provviste per raggiungere Gondor, il grande regno degli uomini, il regno che ora era governato dal figlio di Estel, loro nipote.
Avevano bisogno di informazioni, qualcosa che l’avrebbe aiutati a trovare il luogo che stavano cercando.
-Elladan.
Elrohir richiamò l’attenzione del fratello, facendolo fermare poco prima di fuoriuscire dalle ultime file di alberi di Eryn Lasgalen. Aveva sentito un rumore ed Elladan l’aveva intuito, poiché, anche se cercava di essere circospetto, questo rumore era fin troppo palese per loro. Si acquattarono dietro il cespuglio che stavano attraversando. Gli occhi grigi dei due vagavano alla ricerca della figura, le mani che stringevano l’impugnatura dell’arco.
Improvvisamente il rumore cessò, sicuramente chiunque poteva essere, si era fermato e non riuscivano a capire bene se era stato solo un animale a provocarlo oppure qualcos’altro, ma bastò per farli mettere all’erta e di evitare di uscire allo scoperto. Stava sorgendo l’alba e le luci erano ancora troppo tenui per un semplice essere umano, ma abbastanza per un elfo cui la vista raggiungeva le rive dell’Anduin e ne sentiva, in lontananza, il gorgogliare lento.
Elladan posò il dito indice sulle labbra, intimando al fratello al silenzio. In poco tempo si portarono silenziosamente verso il rumore che ora era sparito. Respiri calmi i loro, altro respiro che si confondeva con i due. Elrohir riuscì a percepirlo, anche a molti metri di distanza avrebbe sentito un respiro così forte. Presero entrambi una freccia dalla faretra e la incoccarono, ma non tesero la corda ancora.
Elrohir, che era a soli pochi metri di distanza dal fratello, fece cenno ad Elladan di fermarsi e prepararsi ad attaccare. Ancora pochi secondi e avrebbero scoperto a chi apparteneva il respiro che avevano sentito.
L’elfo avanzò verso il cespuglio. I passi silenziosi e la freccia pronta a colpire. Occhi grigi che osservavano di fronte a sé, fermezza ciò che si leggeva dentro i suoi occhi. Elrohir, da acquattato che era, si alzò all’improvviso e puntò verso la cosa che avevano individuato pochi minuti prima.
Sgranò gli occhi quando, davanti a sé, si trovò un uomo spaventato e rannicchiato su se stesso che chiedeva pietà, coprendosi volto e testa con le proprie mani. Elrohir indicò ad Elladan di avvicinarsi e di abbassare l’arma, ma non riporla.
-Min Adan1?
Chiese Elladan nella sua lingua. Non voleva farsi capire da colui che gli stava innanzi. Non si fidava naturalmente, anche se sembrava indifeso e inoffensivo.
Elrohir si limitò solo ad annuire ed infine tornare a guardare l’uomo rannicchiato. Chino il capo su un lato, i capelli neri scivolarono lungo la spalla destra, l’impugnatura sempre salda e forte.
-Chi siete?
Lingua corrente, lingua degli uomini.
-N… n… non fatemi del male.
Continuava a coprirsi, la voce roca e bassa, come se non ne avesse nemmeno per poter parlare ancora. Tremava e questo lo si vedeva.
-Man cerim2?
Chiese nuovamente Elladan verso il fratello. Osservava con attenzione l’uomo; se solo lo avesse osservato negli occhi avrebbe capito che non c’era nulla di cui temere e che egli era in buona fede.
L’uomo dal canto suo non capiva cosa il mezzelfo diceva, anche perché quella lingua sicuramente non l’aveva mai imparata. Sembrò anche un po’ sorpreso di sentire quella lingua che ormai da tempo, da quando gli elfi avevano abbandonato la Terra di Mezzo, non era più stata parlata. Anche perché gli uomini non la conoscevano.
Sgranò gli occhi quando li guardò, sollevando il capo. Non credeva davvero di aver incontrato sulla propria strada due elfi. Due esseri ormai mitologici. Una volta l’aveva intravisti di sfuggita, ma gli era sembrata più una visione che un vero e proprio incontro.
Elrohir lo osservò, continuava a farlo ormai da tempo. Improvvisamente sul viso comparve un sorriso placido, quelli che si usano per mera cortesia e gli tese la mano.
- Avo tammo3!
Elrohir fece segno con il capo ad Elladan che ripose prontamente l’arco. Guardava il fratello mentre si avvicinò all’uomo, confermando ciò che l’altro mezzelfo aveva annuito, non c’era pericolo nell’uomo, solo profonda paura, terrore di ciò che i suoi occhi avevano visto.
Elladan porse una mano verso l’uomo. Respiro calmo. Notò che aveva dei segni sulle braccia proprio nel momento in cui l’uomo sollevò la mano e la stoffa della camicia ricadde verso il gomito. Tagli e segni evidenti di tortura.
-Taith erin flâd4!
Elladan l’aiutò ad alzarsi e lasciò subito la presa. Si rivolse verso il fratello adesso. L’uomo ancora li guardava stranito, come se fossero solo un’allucinazione. Non credeva ancora di trovarsi davvero davanti a loro. Quando gli rivolgevano la parola, gli sembrava come se fossero avvolti da un’aura particolare e la voce risultava rassicurante.
-Chi sei e chi ti ha fatto questo?
Disse Elrohir nella lingua degli uomini. L’uomo l’osservò, ripensando a ciò che gli era capitato. Solo alcuni ricordi che lo fecero rabbrividire nuovamente.
- Sono Gàel, Ambasciatore di Gondor. Coloro che mi hanno fatto questo non sono più qui.
- Parla, chi è stato?!
- Gli uomini di Harad.
I due mezzelfi rimasero per alcuni istanti turbati. L’unica volta che avevano visto quegli uomini era stato durante la guerra dell’anello, ma nient’altro. Sapevano che avevano ripreso le vie commerciali con Gondor.
-Haradrim5.
Forse l’alleanza era stata sciolta; forse alcuni di loro non sopportavano la sottomissione ai Regni Uniti. Il problema era uno soltanto, bisognava avvertire qualcuno.

 

 

Glossario: 

1 “Un Uomo?”
2 “Cosa succede?”
3 “Non colpire!”
4 “Segni sulla pelle”
5 “Popolo di Harad”

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo: Haradrim (Uomini di Harad) ***


Nuova pagina 1

Ed eccomi con un nuovo capitolo. Il tempo è passato prima di scriverlo e purtroppo ho avuto un po' di problemi che non mi permettevano di scrivere ancora per voi. L'attesa è stata lunga per chi attendeva il seguito e spero davvero che prossimamente non debba farvi aspettare così tanto. Se volete magari darmi un aiuto a cercare qualcosa di più dettagliato sull'Harad, contattatemi pure.

 

Ringraziamenti

 

Thilion: Ed eccoti accontentata. Ancora non si sa nulla di ciò che vogliono, ma Gaèl racconta un po' la storia. Per scoprire cosa vogliono ancora c'è ancora tempo, ma non ti farò aspettare molto.

 

Vi lascio adesso al capitolo. A presto.

 

 

Il Segreto di Celebrian

 

 

by Lotiel

 

Secondo Capitolo: Haradrim (Uomini di Harad)

 

 

02 Novembre 129 della Quarta Era

 

Erano rimasti, accampati in quel luogo qualche giorno in più, per assicurarsi che l’uomo non mentisse a proposito di ciò che aveva detto. Erano restii a credergli, anche se lo avevano trovato in quelle condizioni. Poteva tranquillamente essere un diversivo e non si erano fidati fin dal primo momento.

Dopo che si furono assicurati che l’uomo non mentisse e che recuperasse le forze necessarie, cominciarono ad avviarsi verso le rive dell’Anduin.

Mantenevano sempre un atteggiamento distaccato verso Gàel e cercavano di non perderlo mai d’occhio. Procedevano in fila, con l’ambasciatore tra loro in modo da poterlo controllare.

Lo scroscio lento del fiume riempì il cuore dei due gemelli che da tempo non vedevano quelle rive.

Tenui ricordi riaffiorarono nelle menti dei due fratelli. Ricordi di un tempo lontano, quando ancora la minaccia dell’Unico non era imminente; quando ricordavano di passeggiare per i prati di Loth-Lórien in compagnia della madre.

Ricordi che erano sbiaditi negli anni. Ricordi che ormai non appartenevano più a questo tempo. Infatti non impiegarono molto a riprendere possesso del presente e osservare ancora le rive del fiume.

Era mattina e l’aria era fredda e umida. Anche se i due gemelli non risentivano di questo clima, l’uomo tremava ad ogni folata di vento leggero che entrava all’interno della foresta. Si sentivano sibili sinistri provenire da Dol Guldur, ma anche se era stata sotto il dominio elfico per qualche tempo, non aveva perso quell’aria vile che aveva acquistato per tutti quegli anni sotto il potere dell’Oscuro Signore.

- Gwanur, tirin1!

Nuovamente quell’idioma raggiunse le orecchie dell’uomo che non sentiva ormai da tempo. Era una delizia per coloro che l’ascoltavano ed emanava tranquillità, quando veniva pronunciato. Gàel però non aveva capito ciò che significavano quelle due semplici parole.

Sulle rive, poco distante dalla loro posizione attuale, un’imbarcazione era ferma. Nessuno era nelle vicinanze di questa, il che sembrava tutto troppo strano.

Elladan fece segno a Gàel di rimanere fermo, di non fare il minimo rumore, poiché l’indice dell’elfo si andò a posare sulla bocca.

Sulla riva era posta un’imbarcazione leggera. Era di fattura umana, niente a che vedere con l’eleganza degli elfi. Di legno grezzo, tutta sgangherata, come se fosse stata costruita di fretta e furia.

Intorno a loro regnava solo in rumore del fiume, del vento tra gli alberi, del canto degli uccelli. Poi d’un tratto un rumore di passi. Elladan si mise subito all’erta, esortando Elrohir a sorvegliare l’uomo che iniziò a tremare.

Elladan mantenne l’arco con la mano sinistra e con la destra iniziò a sfilare una freccia dalla faretra. La incoccò e attese, gli occhi puntati verso l’origine del rumore che aveva sentito, verso quel rumore che si faceva via via sempre più forte.

Il mezzelfo accarezzò il piumaggio della freccia come se conferisse in quel momento una particolare forza a questa. Ben presto due uomini, abbigliati in modo molto strano, fecero la loro comparsa.

-Haradrim2!

Pronunciò Elladan. Quella sola parola fece scattare l’uomo in un eccesso di paura. Iniziò a tremare come una foglia e le mani nervose si muovevano sul braccio di Elrohir, fino a fargli male e obbligarlo a fargli lasciare la presa con la forza.

Gàel si accovacciò a terra, senza avere nemmeno la forza di dire qualcosa verso i suoi accompagnatori. Voleva solo allontanarsi da quel luogo, senza nemmeno pensare a ciò che i due fratelli si dicevano tra loro.

Elladan mosse solo qualche passo, celandosi perfettamente con il fogliame circostante, anche perché sulle sue spalle c’era un manto elfico, simile a quello che un tempo salvo Frodo e Sam dalla pattuglia dei Sudroni.

Il mezzelfo fece calare sulla sua testa anche il cappuccio e attese lì, fermo, rilassato. Tirò velocemente un’occhiata verso l’uomo e poi verso Elrohir che lo osservava. Davanti al padre Elladan sembrava sempre quello più insicuro, ma davanti alle avversità non si tirava mai indietro, cercando di proteggere chi gli era più caro.

I due uomini di Harad si stavano dirigendo verso la barca e recavano, di forza, un’altra figura che cercava di resistere alle loro esortazioni. Non riuscivano a distinguere se era uomo o donna, ma aveva i vestiti laceri e un pesante cappuccio che gli copriva il viso. Si dimenava, cercava di liberare le mani dalle corde che si stringevano intorno ai polsi.

Gàel improvvisamente si sollevò. Si sentivano delle grida provenire dalla figura e si comprese subito che fossero quelle di una donna.

-Milea!

L’uomo aveva sussurrato quel nome, dalla voce si sentiva che era stato preso da uno sconforto tale da farlo rimanere immobile, senza più rispondere. Elrohir si voltò verso di lui e si chinò alla sua altezza.

-Chi è?

Gàel volse lo sguardo solo pochi secondi dopo. Gli occhi sbarrati dalla paura.

-Mia figlia.

Elladan sgranò gli occhi quando l’uomo scattò verso i due Sudroni, rivelando così la loro posizione. Elrohir non fece neanche in tempo a fermarlo ed infatti prese solo ad incoccare la freccia, attendendo anche il segnale del fratello per poi nascondersi, così come fece l’altro.

-Stupido uomo.

Disse Elrohir contenendo a malapena la rabbia che gli aveva fatto scattare, complicando così tutte le cose. Non elaborarono un piano perfetto, ma l’idea di far morire l’uomo gli era sembrata una delle probabili possibilità. Ma non potevano, dovevano solo assicurarsi che non ci fossero altri Sudroni in giro e che non avrebbero dovuto rischiare la propria vita per un pazzo.

Nel giro di pochi secondi si svolse il tutto. Incoccarono le frecce e poco prima che l’uomo venisse colpito da un falcione degli uomini, questi caddero a terra senza vita, colpiti con estrema precisione dalle frecce dei due fratelli.

Non c’era stato un attimo di esitazione negli occhi grigi dei due, solo determinazione. Ancora tendevano l’arco, per assicurarsi che non si rialzassero più. Puntavano contro quei corpi ormai privi di vita, le armi così letali se in mano ad elfi esperti.

Elladan ed Elrohir si avvicinarono di gran lena accanto a Gàel chinato sulla figlia in protezione di questa. Atto che risultò utile a proteggere quel fragile corpo che sembrava stanco ed emaciato.

-Milea.

La mano di Gàel calò sul cappuccio per scostarlo dal capo della donna. Si rivelò una fanciulla dai lineamenti sottili, anche se non era bellissima esprimeva coraggio da quegli occhi castani uguali al padre. I capelli, di colore uguale agli occhi, erano completamente scarmigliati e l’acconciatura ormai era solamente un ricordo. Il corpo di lei, che i due fratelli videro quando si mise in piedi aiutata dal padre, era scarno, piccolo. Troppo delicata per aver sopportato tutto quello.

- Ristach i nordh3!

Pronunciò Elrohir verso Elladan, mentre quest’ultimo si apprestava alla richiesta del fratello. Non era un ordine, la voce era sempre dolce verso il proprio sangue, segno del profondo amore che legava i due.

Il pugnale elfico lacerò le corde che segavano i polsi feriti della donna. Tracce di sangue ormai rappreso macchiavano le maniche e la pelle stessa.

-Padre!

Solo questo riuscì a dire la giovane prima di svenire tra le braccia di Gàel che la sostenne prontamente.  I due gemelli si guardarono e non ci fu bisogno di parole. Dai due corpi dei Sudroni furono estratte le frecce riposte dopo nella faretra. Fu strappato da questi, un lembo di tessuto dove era raffigurato il simbolo di quegli uomini.

La barca sarebbe bastata per due persone ed, infatti, ci vollero due viaggi prima di riuscire a superare tutti quanti la riva dell’Anduin. Passò la mattina senza che se ne accorsero mentre la ragazza veniva curata dai due mezzelfi senza procurare ad ella alcun danno.

Si accamparono a Loeg Ningloron, i Campi Iridati, a poca distanza da Lórien, loro amata terra.

Non potevano far affrontare ancora a Milea un viaggio, anche perché ancora non sembrava volersi riprendere e senza mezzi, la medicina elfica bastava a ben poco, dopotutto era umana e aveva una guarigione lenta, come se lei stessa non volesse riprendersi.

Giunse la notte di quel giorno e i due gemelli non avevano chiesto nulla a Gàel se non lasciarlo in un profondo sconforto in cui era scivolato.

La luce della luna rischiarava quel campo dove un tempo Isildur aveva perso l’unico, venendo ucciso lui stesso e dove, nello stesso luogo, venne ucciso Déagol dallo stesso Sméagol per appropriarsi di quell’orribile fortuna.

Ormai solo le anime dei guerrieri riposavano in quel luogo, solo gli spifferi del vento si sentivano provenire dagli alberi che li circondavano.

-Perché tua figlia era in mano agli uomini di Harad?

Le parole di Elrohir ruppero il silenzio che si era creato. Gàel non alzò neanche il capo.

-Mi ha accompagnato nel mio viaggio verso l’Harad. Non siamo riusciti mai ad arrivare fin lì, perché siamo stati trasportati qui. Gli uomini della nostra scorta molto probabilmente sono rimasti uccisi.

-Cos’è successo?

Continuò Elrohir portando di tanto in tanto lo sguardo verso Elladan che si prendeva cura di Milea. Anche Gàel aveva bisogno di cure, ma nulla che potevano fare al momento i due fratelli.

-Siamo stati attaccati subito dopo aver attraversato il Sud dell’Ithilien. Sicuramente sono stato stordito per molti giorni,non ricordo nemmeno in quanto tempo sono stato trasportato a Dol Guldur.

Elrohir non pronunciò più nulla, lasciando che per qualche istante calasse il silenzio, si sentivano solo i placidi respiri della donna.

Gàel poi continuò.

-Sono stato relegato in una cella. Frustato se cercavo di oppormi, ma sono riuscito a scappare prima che la macchina delle torture venisse usata su di me. Non sapevo che mia figlia fosse ancora viva.

L’ambasciatore di Gondor concluse così il discorso, con amarezza negli occhi e tristezza sul volto ormai segnato da rughe che si facevano via via più profonde, come se la tristezza lo invecchiasse di molti anni.

Milea era stata salvata per pura fortuna, evidentemente i Valar avevano deciso che non doveva morire. Ora dovevano aspettare solo che lei fosse in grado di continuare il viaggio. Quando si fosse ripresa, avrebbero cercato di raggiungere Lórien e fermarsi lì. Sicuramente il luogo era più ospitale di quello in cui si trovavano.

 

04 Novembre 129 della Quarta Era

 

Erano passati due giorni da ciò che era successo e la ragazza si stava riprendendo bene, ma come il padre era debole e quindi costringevano a fermare la marcia. Erano arrivati alle porte del bosco un tempo casa elfica. Aveva perso tutta quella bellezza che la caratterizzava e di quella stirpe erano rimaste le case finemente decorare.

-Men derim4.

Disse Elladan al fratello. Aveva bisogno di rimanere per qualche tempo in quel bosco, aveva bisogno di respirare l’aria che aveva respirato Arwen prima di morire.

Elladan voleva restarci il meno possibile, ora che la presenza della sorella era più viva. Aveva sperato di tornare presto in quelle terre, ma il dolore era ancora troppo forte e, fino a quel momento, non si era reso conto di quanto fosse intenso.

Elrohir aveva capito lo stato d’animo di Elladan e cercò di lasciarlo da solo a rimuginare sul passato. Arwen mancava anche a lui, ma riusciva a contenere di più i propri sentimenti, riusciva a mostrare più freddezza rispetto al fratello, cosa che a volte sembrava dargli fastidio. Somigliava troppo a suo padre e a ciò che un elfo dovrebbe rappresentare.

Si accamparono in una delle tante case abbandonate all’autunno. L’aria era fredda, lo si vedeva da Gàel e Milea che non smettevano di tremare.

La giovane donna era rimasta sorpresa per aver visto due elfi e soprattutto per averli come compagni di viaggio. Cercava di osservarli da lontano quando loro si appartavano, quando parlavano in quella strana lingua. Per gli esseri umani quelle creature erano diventate mitiche.

Quella sera si strinse nel mantello lacero. A quell’altezza si sentiva in vento fischiare, ma la casa sugli alberi offriva un riparo abbastanza confortevole. Non passo molto tempo da quando lei aveva ascoltato nuovamente la voce dei due elfi conversare tra loro nella loro lingua, aveva un suono melodioso che le conciliò il sonno, così da addormentarsi seguita presto da Gàel.

Elladan ed Elrohir si accorsero della stanchezza che aveva colto i due sorrisero. Iniziarono ad intonare un antico canto elfico; canti che non si sentivano a Lórien ormai da secoli.

 

 

 

Glossario

 

1 “Fratello, guarda!”

2 “Uomini di Harad”

3 “Taglia le corde!”

4 “Ci fermiamo”

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo: Curunír a prestaid (Stregone e preoccupazioni) ***


bo

 

Nota dell'Autrice: Ed eccomi qui a continuare una storia che avevo dato per spacciata. Purtroppo per molti impegni e vari problemi non sono riuscita a continuarla e solo adesso mi sono accorta che avrei dovuta finirla. Tutto è già stampato nella mia mente e coloro che vogliono sapere come andrà a finire con i gemelli, non resterà deluso e si troverà un finale. Un lungo periodo mi ha tenuto lontana dal pc e dalle mie storie, ma adesso è tutto diverso e cercherò di aggiornare quando mi sarà possibile. Solo sappiate che non abbandonerò nessuna delle mie storie e che le finirò una per una, anche se l'aggiornamento sarà un po' lento. Ed ora vi lascio alla storia, sperand oche vi susciti un po' di curiosità.

 

Il Segreto di Celebrian

by

Lotiel

Terzo Capitolo: Curunir a Prestaid (Stregone e Preoccupazioni)

 

 

05 Novembre 129 della Quarta Era

Viaggiarono per alcune ora senza più dire una parola. I due gemelli mantenevano sempre quel distacco tipico degli elfi e gli occhi si spostavano verso i loro deboli compagni solo per asssicurarsi che li stessero seguendo.
Quando avevano lasciato il bosco di L
órien i loro cuori avevano tremato, volevano abbandonare quel luogo pieno di ricordi che facevano troppo male. La morte aleggiava tra quelle fronde un tempo rigogliose e fiorenti. Le case erano abbandonate da ormai troppo tempo, da quando Nenya aveva smesso di esercitare il potere che derivava dall’Unico.

Com’era spoglio quel luogo, lontano dalla maestosità dei tempi remoti.

 Non avevano chiesto più nulla a Gàel degli Haradrim, né avevano interrogato la figlia che ancora era in fase di ripresa. Viaggiavano di gran lena e cercavano di evitare tratti estenuanti per le povere membra della donna.

Elladan ed Elrohir sembravano non accusare la stanchezza che si accumulava dei corpi dei loro compagni, nenache quando sembrava che attraversare sterpaglie e piccoli gruppi di alberi risultava quasi impossibile.

I due fratelli dirigevano i loro passi leggeri verso la foresta che ancora molti temevano. Storie oscure aleggiavano nel mondo degli uomini, ma gli elfi non avevano paura di quella foresta, dove un tempo camminavano in serenità con il signore del bosco.

La chiamavano ancora la foresta di Fangorn ed egli era il signore incontrastato di chi vi dimorava. Elladan ed Elrohir ricordavano quando Mithrandir soleva loro raccontare di queste vecchie storie, dalla marcia contro Isengard, durante la guerra dell’Unico, non si erano più mossi, ora tranquilli che nulla avrebbe dato loro fastidio.

-Dove stiamo andando?

La voce di Gàel ruppe il silenzio che si era creato lungo quel tratto difficile che costituiva le valli del Reame di Galadriel. Elladan si fermò e si voltò verso il vecchio ambasciatore, guardandolo appena mentre cercava di ascoltare tutto ciò che lo circondava. Un’occhiata di intesa con Elrohir, prima di parlare.

-Verso la Foresta di Fangorn.

Gàel, seguito da Milea, sgranò gli occhi al sentire solo il nome di quel luogo. Portò le mani al petto e le mosse freneticamente, manifestando apertamente la paura nei confronti della foresta.

-Si narrano storie oscure su quel luogo.

Elladan sorrise appena, un sorriso che poteva rassicurare i cuori dei più pavidi. Osservò dapprima Gàel e poi Milea in modo da contenere la loro paura con soli quei singoli gesti donati raramente.

-Non temete, gli Elfi non temono ciò che conoscono.

Poi nuovamente la sua voce si spense in un sussurro rivolto al fratello. Portò nuovamente l’attenzione verso l’orizzonte, lasciando in dubbio Gàel per quella strana risposta. Eppure la paura non si placava, ma non aveva altra scelta, sapeva di doversi fidare di quelle creature, amiche del suo stimato re.

Li osservava di sottecchi per capire come ragionassero, come comportarsi per avere più informazioni sui loro modi. Stava acquistando sempre più stima nei loro confronti, anche se talvolta li disdegnava per quella loro indole solitaria e schiva.

Gàel era anche uno studioso di storia e cercava sempre informazioni sui tempi che furono e che sicuramente loro conoscevano.

Milea, invece, si stava ristabilendo pian piano, lasciando che la rifocillassero e che la sua pelle riprendesse un colorito sano. Gli occhi castani erano curiosi e si guardavano intorno con spiccata intelligenza. Le interessava la storia, proprio come suo padre e per questo tentò di chiedere ad Elrohir di raccontarle qualcosa del suo popolo, così da carpirne storie fantastiche e piene di magia.

Il mezzelfo rimase interdetto da quella domanda, ma si limitò a dirle che quando avrebbero raggiunto un luogo sicuro le avrebbe fatto dono di qualche leggenda antica.

 

06 Novembre 129 della Quarta Era

 

Lasciarono il campo aperto del Celebrant per avventurarsi nelle intricate ramificazioni della foresta di Fangorn. Avrebbero voluto vedere il Pastore della Foresta, ma non sapevano nemmeno se fosse ancora lì. Gli alberi erano addormentati e i due gemelli riuscivano a sentire il loro ronfare sommesso. Ne avvertivano la tranquillità e così che si rivolsero, dopo molte ore, verso Gàel e Milea.

-Gli alberi dormono, non mostrate alcuna ostilità.

I due umani si guardavano intorno e la fanciulla si stringeva più che poteva verso il padre che tentava di tranquillizzarla. Quelle antiche storie erano sempre finite male per i malvagi e sapevano che se non commettevano alcun atto meschino, gli alberi non avrebbero fatto loro alcun male.

Elladan scrutava il fitto della foresta ,ma stranamente quegli alberi non ramificavano in modo da creare buio all’interno, ma cercavano di far entrare i raggi del sole autunnale.

-I  eryn avo fîr.¹

La loro voce, pronunciando quelle semplici parole, riscaldò i cuori dei compagni che trovarono un barlume di serenità all’interno di se stessi per non vedere il bosco come un possibile nemico.

Gli alberi non erano neanche lontanamente minacciati dalla loro presenza e questo potevano ben notarlo da soli, ma qualcosa non riusciva a calmare i sensi di Elrohir. Guardò dapprima Elladan e poi intorno a lui, come se avvertisse una presenza a lui sconosciuta. Anche il fratello sentì ciò che premeva nel cuore di Elrohir e fece cenno a Gàel e Milea di stare fermi e non parlare.

Gli archi furono impugnati con più fervore e le frecce furono incoccate per dare modo ai due gemelli di essere pronti nel qual caso fossero stati minacciati.

I due gemelli sentirono un frusciare sommesso, un respiro misto a quelli di Gàel e Milea. Lo sguardo attento ad ogni movimento insolito all’interno dei cespugli, al di sopra delle fronde, ma l’unica cosa che non avvertivano era l’ostilità di questa presenza.

Come per Legolas durante la ricerca dei piccoli hobbit, Merry e Pipino, un tempo smarritisi all’interno della foresta, così fu per loro. Ascoltavano silenziosi e ogni angolo veniva accuratamente osservato fin quando quella presenza, dietro le loro spalle, non fece la sua comparsa.

-Fermi.

Una voce tonante fece sobbalzare i due umani mentre i due gemelli si voltarono di scatto, senza ancora scoccare. Non sentivano in questa presenza l’ostilità.

-Sono Radagast.

La voce si fece più lieve e il viso bonaccione, così da rassicurare gli animi dei due umani. Elladan ed Elrohir abbassarono le proprie armi e riposero la freccia nella faretra. Un sorriso appena accennato allietò il viso di Elrohir che chinò leggermente la testa.

-Il mio caro amico Barbalbero mi ha chiesto se potevo venire a prendervi. Adoro questa parte della foresta, è calma e gi animali sono felici.

Radagast, chiamato il Bruno, era amico di Mithrandir e un tempo anche di Saruman. Adorava la natura tanto da disinteressarsi della Terra di Mezzo e della sua sorte durante la guerra che fu dell’Unico. Aveva avvertito Mithrandir, un tempo, che Saruman lo cercava così da tendergli una trappola. Ma Radagast era all’oscuro delle macchinazioni del fu Bianco e con premura aveva cercato il Grigio.

Elladan ed Elrohir conoscevano quella storia, perchè fu Mithrandir stesso a raccontargliela, mentre attendevano l’arrivo del Portatore dell’Anello.

-Conosco il tuo nome. Mithrandir ci ha parlato molto di te.

Radagast sorrise e con un cenno della mano invitò i quattro a seguirlo, dove Fangorn li attendeva.

Con più tranquillità nel cuore seguirono il Bruno, chiedendosi soprattutto del perchè non fosse partito insieme a Mithrandir anziché restare in queste terre, ma ogni domanda a suo tempo.

Raggiunsero solo dopo poco cammino una radura, proprio quella in cui Merry e Pipino si ristorarono ai tempi della Guerra.

Barbalbero era lì. Sembrava seduto su qualcosa, su alcuni tronchi che avevano gentilmente prestato il loro appoggio al vecchio Pastore.

-Ristoratevi, miei cari amici. Ci sarà tempo per premervi con i problemi che vorrei voi conosceste.

Elladan ed Elrohir si guardarono per un solo breve istante, i loro volti si oscurarono per alcuni istanti. Accennarono un debole sì per poi accompagnare Milea e Gàel a riposare, sotto le fronte nodose di un salice piangente.

 

07 Novembre 129 della Quarta Era

 

Milea si alzò dal giaciglio che le era stato gentilmente offerto e trovò i due gemelli già ristorati e accomodati con Barbalbero. Stavano discutendo di qualcosa, ma non riusciva a capire ciò che dicevano, anche perché aveva ancora gli occhi impastati dal sonno e la mente non abbastanza lucida.

Elladan si accorse di lei e si voltò. Le sorrise gentilmente per poi vederla nuovamente scivolare nel sonno, infine l’attenzione nuovamente a Fangorn che continuava a rivelare, anche se con la sua estrema calma e la voce che sembrava stanca e flebile.

-Miei cari amici, ciò che mi raccontate mi preoccupa. Gli Haradrim hanno tentato di avvicinarsi alla mia foresta, ma non sapevo ancora le loro intenzioni. Ho lasciato i miei compagni a dormire, mentre li osservavo dal folto della boscaglia. Non conosco i loro propositi, ma difficilmente quegli umani si avvicinano al mio territorio e soprattutto di questi tempi.

I due gemelli ascoltavano con attenzione le parole di Fangorn, così da accrescere le loro preoccupazioni. Prima Gàel e poi Fangorn raccontavano quelle strane storie del popolo del Sud. Avevano sperato che quel tempo di pace che Estel aveva faticosamente costruito sarebbe durano per lungo tempo.

-Gli Haradrim sono sempre stati contro questa pace e il loro signore e sempre stato un fedele di Sauron.

Fu Elladan a parlare, lasciando che il suono del nome del Signore degli Anelli riempisse per qualche istante lo spazio intorno a loro.

-Ci stiamo dirigendo verso Minas Tirith, volevamo fare solo una visita a nostro nipote, ma a quanto possiamo sentire, non sarà solo di cortesia.

Lo sguardo affranto e le parole appena sussurrate di Elladan fecero trasalire Elrohir dalle sue riflessioni.

-Radagast mi ha aiutato a tenere lontani questi uomini dalle mie terre, ma sono sicuro che torneranno. Hanno la mente corrotta dall’odio e non si fermeranno facilmente se qualcuno non metterà un freno a questo rancore che covano verso gli uomini del Nord.

I due gemelli annuirono debolmente. Ancora non conoscevano il motivo per cui gli Haradrim avevano invaso segretamente le terre che non gli appartenevano. Dovevano andare più a fondo in quella storia, dovevano cercare di capire perché avevano catturato Gàel e sua figlia e soprattutto mantenere quella pace ancora a lungo. Nuovamente il loro pensiero andò a loro madre, cercando di capire perché, ogni qualvolta si mettevano alla ricerca di ciò che perse, succedeva qualcosa che li avrebbe fermati e preoccuparsi di altro.

Le preoccupazioni erano soltanto cominciate e i timori cominciavano a crescere nei cuori di tutti. Speravano che il conflitto si sarebbe evitato, purtroppo conoscevano gli uomini e i loro cuori si infiammano facilmente, fu questa la preoccupazione più grande.

 

 

Glossario

 

¹ “Il bosco non muore”

 

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo: Na Edoras (Verso Edoras) ***


no

Era da una marea di tempo che non scrivevo più questa storia. L'aqltro giorno l'ho riaperta e stranamente la storia mi è ricomparsa nuovamente nella mente, come se la stessi pensando ormai da una vita. Molto probabilmente andrà a rilento, dato che ho due storie da finire. Ma dato che sono quasi terminate, credo che mi dedicherò a questa prima di pubblicare qualcos'altro. La finirò anhe senza ricevere recensioni perché credo sia importante dal punto mio punto di vista. Ora vi lasciò, sperando sempre che ci sia ancora qualcuno che la legga.

 

Il Segreto di Celebrian

by

Lotiel

Quarto Capitolo: Na Edoras (Verso Edoras)

 

 

08 Novembre 129 della quarta Era

 

Era una mattina soleggiata, lo si poteva notare dai raggi splendenti che i rami folti facevano passare. Quando si erano svegliati non avevano trovato Fangorn, li aveva avvertiti che sarebbe andato a controllare i confini orientali della foresta. Lui non voleva svegliare i suoi compagni e voleva evitare loro altro dispiacere, proprio come quando avevano visto i loro fratelli bruciati per i folli piano di Saruman.

Elrohir ed Elladan sistemarono ciò che poterono ed infine si incamminarono, cercando di mantenere sempre una piccola distanza dai due umani. Non riuscivano ancora a fidarsi ed era per questo che molte volte si esprimevano anche nella loro lingua.

Attraversarono la foresta dalla parte meridionale, verso est e sapevano che il percorso era ancora lungo ed in salita, metaforicamente parlando. In cuor loro sapevano a cosa si poteva andare incontro, ma erano convinti che si sarebbe potuto evitare altro sangue. Poi Elladan parlò.

-Bedim na Edoras. Hain peditham o annam  in rych.¹

Elrohir non fece altro che annuire e infine guardò i due umani. Trasse un profondo sospiro prima di volgere nuovamente lo sguardo verso Elladan e avvicinarsi leggermente a lui.

-Hain darthar na Edoras?²

I due gemelli pensarono il da farsi. Portarsi dietro due umani non avrebbe giovato al fattore tempo e poi non erano abituati a portarsi dietro qualcuno. Raramente avevano accettato l’aiuto umano, ma quando succedeva erano dei valorosi guerrieri, proprio quando avevano raggiunto Estel fino all’accampamento e gli aveva portato il messaggio del padre. Sembrava fosse successo solo pochi anni prima, eppure era trascorso più di un secolo da quando era successo.

Annuirono entrambi semnza neanche esprimere il loro parere, ma si erano già compresi.

-Andiamo.

Disse ad alta voce Elrohir ed infine si avviarono verso l’uscita della foresta e verso la pianura dell’Ovest Emnet. Si sarebbero diretti verso la casa dei Rohirrim. Avevano mantenuti buoni rapporti con i signori dei cavalli, ma ultimamente erano andati a disfarsi poiché i capi di un tempo come Eomer ed Elfwine, erano andati via via indebolendosi e solo quella piccola alleanza manteneva ancora saldi i rapporti. Se Gondor fosse caduta, allora tutti i rapporti stabiliti con i Nani e con gli Umani sarebbero andati perduti. Anche se gli Elfi stavano abbandonando tutti la terra di mezzo verso le Terre Immortali.

Il loro passo era svelto e difficilmente l’uomo e la donna riuscivano a stargli dietro. Facevano fatica e a volte dovevano riposare più del dovuto. Avrebbero messo due giorni per arrivare, se fossero stati soli avrebbero impiegato anche meno.

Quando il tramonto arrivò, sentirono qualcosa nell’aria. I due fratelli si guardarono entrambi e strinsero il loro arco più forte che poterono. Non erano nervosi, ma si sarebbero aspettati di tutto. Anche incontrare ancora gli Haradrim.

La pianura era grande, ma con un passo un po’ più sostenuto si poteva tranquillamente raggiungere Edoras in poco tempo, solo una mezza giornata. Anche perché neanche il fosso di Helm distava molto dalla loro posizione. Ricordavano bene ciò che Legolas gli aveva raccontato e della battaglia epica che si era conclusa con la disfatta dell’esercito uruk-hai. Fangorn aveva dato il colpo di grazia a Saruman distruggendo il suo impero e l’alleanza con il Signore Oscuro.

Orthanc infine era ritornata una torre di osservazione e la sua magnificienza era ritornata a brillare. Il paesaggio era ritornato anche più verde di prima e Fangorn ne controllava le porte.

Ma credeva che nessun altro avrebbe potuto mai prenderla, Saruman ormai era morto e con lui la malvagità che vi aveva albergato.

Elrohir ed Elladan si fermarono per compiere una piccola pausa. Per far riposare i due umani. Milea sollevò lo sguardo verso Elladan. Tra i due elfi gli sembrava quello più propenso a parlare, anche se entrambi mantenevano una certa distanza da lei e suo padre.

La giovane donna aiutò il padre a sedersi, era molto provato e lei poteva ben rendersene conto. Anche se sapeva che costituivano un peso per i due fratelli, si ostinava a proseguire anche senza dimostrare la sua fatica.

Milea era una lontana parente della principessa Eowin e nella sua famiglia, anche se discendeva solo di madre dai signori dei cavalli, aveva ereditato lo spirito combattivo tipico delle donne di Rohan. Si alzò velocemente e poi si avvicinò ad Elladan.

-Vi ringrazio per questa ennesima pausa.

Chinò il capo in segno di ringraziamento. Elladan non fece altro che osservarla per qualche istante e poi ritornare a guardare l’orizzonte.

-Non preoccuparti. Per noi non è un peso.

La voce risultò priva di sentimento, mascherandolo per bene. Erano soliti fare così, dopotutto rispetto agli umani e agli elfi loro avevano una scelta. Potevano decidere se rimanere mortali o immortali e questo intaccava un po’ il carattere di tutti i mezzelfi. Sentirsi superiori a qualsiasi essere vivente.

-So che io e mio padre siamo un peso e per questo temo di non poter porre rimedio. Dov’è che siamo diretti?

Elladan trasse un profondo sospiro ed osservò per qualche istante Elrohir. Annuì brevemente e portò lo sguardo verso Milea. Attese per qualche istante prima di parlare, evitando di usare un modo brusco per informarli.

-Siamo diretti ad Edoras. Abbiamo deciso di lasciarvi lì in modo di riprendere le forze e continuare poi il viaggio come voi vorrete.

Milea osservò per qualche istante accigliata l’elfo e pose le mani sui fianchi. Sapeva che dovevano raggiungere Minas Tirith, anche perché il padre aveva bisogno di cure lì e in modo molto veloce. Non aveva mai ricevuto una risposta così schietta e decisiva.

-Noi invece dobbiamo venire con voi. Mio padre non sta bene e servono i medici di Minas Tirith.

Elladan sollevò un sopracciglio e guardò il fratello.

-Telich o câr bedi athan?³

Elrohir era risultato brusco. Gli dava fastidio quella presa di posizione e soprattutto se fatta da una donna che avevano dovuto salvare. Se non fosse stato per l’alleanza che legava quella gente alla sua, li avrebbe già lasciati in qualche villaggio a curare le proprie ferite.

Estel era diverso, era riuscito a conquistare l’amore della sorella e lei aveva fatto la sua scelta. Forse era proprio per il carattere diverso tra uomo e donna che quelle sottili differenze venivano al pettine come nodi molto folti. Ma Estel era sempre vissuto come un elfo e forse aveva intaccato molto sul suo carattere.

Elladan pose una mano sulla spalla del fratello per farlo calmare, sapeva che non sopportava la razza umana, ma doveva per forza farsela piacere.

-Muindor!4

Elladan scosse la testa e un leggero sorriso gli increspò le labbra. Fece cenno a Milea di allontanarssi di qualche metro più in là, in modo da lasciare Elrohir scrutare l’orizzonte e farsi un’idea della strada da seguire.

-Purtroppo temo non sia saggo portarvi con noi. Se vostro padre sta male, sarà in grado di cavalcare?

Chinò il capo verso di lei ed attese la sua risposta. Nel viso di lei leggeva chiaramente la determinazione, ma sapeva che solo le donne facente parte di una casata di Rohan potevano dimostrare qualcosa agli uomini.

-La verità è che a Rohan, molti, non possono vedere mio padre. Il motivo è perché ha portato via mia madre dalle terre di Rohan. Ma la storia non è così. Per i cavalli posso aiutarvi io, conosco qualcuno che può procurarveli senza problemi e il signore di Edoras acconsentirà a darveli. Vedi, lui e mio zio sono amici.

Elladan sembrò soppesare le parole della donna. Quando lei tentò di posargli una mano sulla sua in un gesto puramente di richiesta, si ritirò leggermente. Non voleva contatti con gli umani.

-Vedremo il da farsi appena giungeremo a Edoras.

Infine chinò il capo verso di lei e si allontano verso Elrohir con cui iniziò a discutere nella sua lingua natìa.

Non sapeva perché aveva raccontato una parte della sua storia al mezzelfo, ma sapeva che avrebbe fatto la cosa giusta. Dopotutto non era stata una cosa difficile. Non voleva rimanere ad Edoras, avrebbe solo visto nuova sofferenza negli occhi di suo padre. Lei voleva solo portarlo verso la sua casa e poi loro avrebbero preso le loro strade.

Ultimamente sulle colline e lungo la pianura non c’erano neanche più i controlli che esistevano molto tempo prima. I Rohirrim erano in pace e nulla turbava la loro serenità o almeno speravano fosse così per gli anni seguenti.

 

09 Novembre 129 della Quarta Era

 

Era passato un altro giorno ed Elrohir cercava di mantenere la calma verso la giovane donna che sembrava aspettarsi qualcosa dal fratello. Infatti volse lo sguardo verso di lui, in modo che si avvicinasse e che stesse alla larga dalla donna. Cercava in tutti i modi di essere irreprensibile quando doveva, ma quando si trattava di Elladan, tutto cambiava.

Elladan gli lasciò un’occhiata d’intesa e infine gli sorrise, facendogli capire che non doveva temere nulla. Chinò il capo verso la donna e riprese il passo con Elrohir, mentre in lontananza ora vedevano le mura di Edoras.

I due gemelli si fermarono e iniziarono a confabulare tra di loro. Non riuscivano a capire una sola parola di quello che dicevano, ma i due umani cercavano di tenersi sempre a distanza quando li vedevano parlare.

-Siamo giunti a Edoras!

Esclamò Elrohir con un tono che aveva eliminato qualsiasi dolcezza e sentimento. Purtroppo era così, stava diventando sempre più simile al padre e questo Elladan riusciva a scorgerlo. Almeno sul carattere erano sempre stati un po’ diversi.

Milea gli aveva offerto il proprio aiuto, ma entrambi credevano che non sarebbe stato difficile poter prendere in prestito due cavalli e chiederli direttamente al re di Rohan.

Quando arrivarono ai cancelli, però, li trovarono chiusi e due guardie poste di fronte ad esso ne ostruivano il passaggio.

Elrohir prese le redini di tutta la faccenda, sfruttando le arti oratorie che gli erano state insegnate fin da piccolo. Gli avevano insegnato che un grande guerriero è grande anche riuscendo ad evitare una guerra. E fu questo che tento di fare. La prima cosa che notò, fu l’indifferenza e il sospetto con cui venivano guardati e questo non gli piacque.

-Salve a voi, figli di Rohan.

Elrohir fece un cenno del capo e poi continuò.

-Siamo qui giunti per chiedere un favore al vostro re e per condurre questi due viaggiatori al sicuro.

Con un cenno della mano indicò Milea e Gàel che si avvicinarono lentamente, ma appena la ragazza scorse una delle guardie sotto il pesante elmo, sorrise apertamente.

-Ghadren?

Il giovane guerriero scrutò appena la donna e un largo sorriso gli si aprì in volto. Era giovane, dai lunghi capelli biondi. Aveva un po’ il naso storto, forse dovuto a qualche caduta.

-Milea. Che piacere rivedere voi e vostro padre.

Elladan prese un profondo respiro e poi posò la mano sulla spalla di Elrohir per invitarlo a continuare. Però Ghadren prese subito parola.

-Scusate, ma siamo in un periodo assai preoccupante e non ci fidiamo dei forestieri. Vedendo voi due, elfi per giunta, non abbiamo convenuto ad aprirvi subito.

-Sta succedendo qualcosa?

Esclamò Gàel preoccupato.

-Ebbene si, Ambasciatore. Abbiamo visto aggirarsi persone sospette all’interno delle nostre terre, ma purtroppo sembra che appena riusciamo a fermarli non abbiano nessun motivo per cui essere sospettati, poiché ciò che avevano confermato vendessero non sia in loro possesso, ma da quando sono arrivati stanno succedendo cose strane. Poi il re sembra essere ambiguo, ultimamente.

Elrohir guardò dubbioso prima Elladan e poi infine il resto della compagnia. Eppure questa scena si era già ripetuta. Sicuramente ascoltata dai racconti di Estel. Erano giunti ad un altro problema e questi sembravano non volessero finire più.

 

Glossario

 

¹ “Andiamo verso Edoras. Chiederemo loro di darci dei cavalli”

² “Loro restano ad Edoras?”

³ “Hai intenzione di farla andare oltre?”

4 “Fratello”

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Capitolo 6
*** Quinto Capitolo: Lesbelin (Autunno) ***


story

Note dell'Autrice: Ed eccomi rientrare con una storia che avevo data per persa. Forse per il poco tempo che ho, forse perché semplicemente non mi venivano idee, il classico "blocco dello scrittore" è finalmente terminato. So che vi ho fatto attendere un po' per sapere qualcosa, ma spero ci sia qualcuno che ancora segui la storia. Non lascio mai storie a metà, quindi completerò tutte quelle che ho nella pagina prima di postarne nuove. Vi lascio ora alla lettura.

 

 

Quando entrarono nella cittadella, i due gemelli ricostruirono ciò che non c’era più dai ricordi che Estel gli aveva lasciato. La casa in cima alla collina, quella dove risiedeva il re, aveva mantenuto gli emblemi di Rohan, ma tutti gli intarsi erano in sfacelo. Le case che avevano attraversato erano per lo più baracche di legno, di dubbia resistenza e, sulla strada, non avevano trovato nessuno che potesse loro dare un segno di vita all’interno di quella cittadina.

Elladan fece scivolare la mano verso la spada che aveva al fianco, ma non la estrasse. Si limitò a guardare Elrohir e dargli un cenno di assenso che subito fu contraccambiato.

L’autunno era calato sulla Terra di Mezzo, come una coltre pesante e così anche sulla cittadina di Edoras.  Troppe similitudini con i racconti che gli fecero Estel e Legolas. Ora che non avevano neanche la guida di qualcuno che era stato lì tempo fa, i due gemelli si chiedevano come potessero fronteggiare questa nuova minaccia, senza però distogliersi troppo dalla loro ricerca.

Davanti la porta della dimora del re, Gàel si fece avanti, lasciando Milea dietro e ben nascosta dietro i due elfi. Le guardie che erano lì poste gli sbarrarono la strada con le loro pesanti lance. Non avevano preveduto un’accoglienza così fredda verso i cittadini, ma dopo quello che stava succedendo era più che plausibile.

-Dovete lasciare le armi. Non si entra nella casa di re Theorl armati.

Elladan ed Elrohir si guardarono per qualche istante. Presero un profondo respiro e annuirono insieme. Avrebbero seguito le direttive, ma avrebbero tenuto gli occhi aperti. Non sapevano a cosa stavano andando incontro.

Milea non riconosceva le guardie che stavano alla porta, probabilmente dalla sua ultima visita l’avevano cambiate, poiché ricordava, oltre Ghadren, che ci fosse anche Thorden. Scosse la testa, stando attenta a ciò che poteva succedere, dato che la trattavano completamente come una ragazzina che aveva bisogno di protezione.

Alla seconda intimazione di deporre le armi, i due fratelli iniziarono a deporre le loro. Quando furono completamente spogli, Gàel depose il suo stiletto che aveva nella cintola. Niente di particolarmente pericoloso, ma comunque era sempre un’arma.

Milea era sprovvista di armi e le guardie si misero d’accordo a farli passare.

La stanza era buia e pochi raggi di sole entravano all’interno della struttura, per dargli un aspetto ancora più sinistro.

Elladan ed Elrohir cercavano di mantenere l’attenzione, non sulle parole dell’uomo che li accompagnava, ma su tutto ciò che li circondava. Su ogni movimento sospetto che poteva minare la loro posizione.

Il re, diretto parente di Eomér, morto ormai da molto tempo, sedeva sul trono intarsiato. Portava la corona del regno di Rohan e per qualche istante ai due fratelli somigliò ad un re dei tempi antichi.

Intorno a lui sedevano altri tre individui, cui i volti non ricordavano nulla a quella improvvisata compagnia.

Soldati erano posti in ogni angolo della stanza che osservavano i movimenti dei due gemelli e dei due umani. E di rimando Elrohir li guardava, non tanto sorpreso da quella accoglienza. Aveva ogni nervo teso e pronto a qualsiasi evenienza, invece Elladan era calmo, per quanto poteva esserlo, e rilassato rispetto al fratello. Si scambiarono sguardi per alcuni istanti, intendendosi velocemente.

Di fianco al re, in piedi, c’era un uomo. Alto, magro più del dovuto e portava abiti pesanti e di una foggia che non avevano mai visto. Il viso era affilato e il naso aquilino, la bocca era stirata in una muta risata e gli occhi erano incavati e attenti. I capelli erano lunghi e scuri, così come gli occhi che stavano attenti ad ogni movimento di coloro che erano giunti.

Improvvisamente Theorl si alzò, puntando il dito verso Gàel che non si chinò a riverirlo. Non c’era mai stato questa forma tra loro e Gàel era stato giudicato diversamente dal re in persona. Sua moglie era la figlia del re e lei stessa aveva spiegato ciò che le premeva in quel periodo, quando se andò.

Anche se Theorl non era stato d’accordo al tempo, aveva acconsentito al volere della figlia. E Gàel l’aveva ringraziato per questo, non portandogli alcun rancore.

-Neithon thia cenn o gwain? ¹

Elrohir era dubbioso e guardava Elladan con celato disgusto per il trattamento che stavano ricevendo. Gli aveva sussurrato quel dubbio nell’orecchio ed Elladan aveva solo confermato ciò che temeva. Ora Elrohir cercava di ricordare e attraverso i ricordi che Estel gli aveva dato all’epoca della guerra dell’Anello. A Rohan era già capitata una cosa simile e proprio ad Edoras.

-Aran Theòden! ²

Espresse Elladan a bassa voce e in modo che solo il fratello potesse sentire. Si continuava a guardare intorno, cercando di carpire ogni singolo movimento sospetto. Elrohir voleva andare via da quel posto poiché in esso sentiva una pressante forza malvagia che si animava intorno ai presenti ed era sicuro che Elladan aveva avvertito la stessa, identica cosa.

Elladan annuì allo sguardo del fratello mentre Gàel e Milea iniziavano a parlare con il re, ma questi sembrava non volerli neanche ascoltare. Eppure la donna era convinta di potergli chiedere ciò che a loro serviva. Infatti fece qualche passo indietro verso Elladan, tra i due gemelli era quello di cui si fidava di più.

Milea prese Elladan per il braccio, un tocco leggero di cui si accorse solo quando lo prese. Guardò Elrohir per alcuni istanti.

-Non ricordo questo suo comportamento. Vedo qualcosa di strano in lui.

Elladan si scostò dall’avvicinamento non voluto, anche per evitare di farla allarmare. Si accorse solo in quel momento di un’altra presenza che camminava lungo le piccole navate della casa. Aveva i tipici abiti degli Haradrim. Elladan corrugò leggermente la fronte e strinse le labbra. Si avvicinò all’orecchio del fratello.

-Bedim , Elrohir!³

Elladan aveva sussurrato verso il fratello. Aveva uno strano presentimento e il vedere l’uomo del Sud alla corte del re, non era una cosa alquanto positiva, almeno dagli ultimi risvolti che c’erano stati.

-Recuperiamo le armi e andiamocene.

I due gemelli presero un profondo respiro, vagando con lo sguardo alla ricerca di quell’uomo che avevano visto, non ritrovandolo in nessun viso al momento presente.

Gàel aveva chinato il capo verso il re ed egli aveva riso maligno. Una risata che sembrava innaturale.

-Altri incontri mi attendono, mio buon amico.

Il re era cambiato all’improvviso e sicuramente sotto l’influenza dell’uomo magro che gli sedeva accanto. Si era alzato in piedi e aveva aperto le braccia, in segno di accoglienza nella sua casa.

-Domani sera organizzerò un banchetto per il tuo ritorno. E per la mia adorata nipote.

Gli occhi di Theorl si posarono per qualche istante sul volto di Milea e lei, spaventata, aveva indietreggiato, nascondendosi alle spalle dei due gemelli.

Elladan aveva notato quello sguardo sinistro e aveva ricercato lo stesso sguardo nel sottoposto accanto al re. Il sovrano non era l’unico ad essere sotto controllo di qualche forza malvagia, qualcosa che era oltre le loro possibilità adesso.

10 Novembre 129 della Quarta Era

Li avevano condotti verso una delle stanze del palazzo di Edoras, ma le loro armi non gli erano state consegnate. Elladan ed Elrohir avevano confabulato per alcuni istanti nella loro lingua e Milea non era riuscita a stargli dietro, poiché non conosceva la lingua degli Elfi. Era notte fonda e a lei non riusciva a coglierla il sonno.

Aveva chinato il capo silenziosa e se ne era rimasta nel suo angolo di stanza con le gambe raccolte al petto. Il padre era stato accomodato nella stanza accanto a lei, ma delle guardie sorvegliavano gli ingressi delle camere.

In profonda solitudine aveva cercato di comprendere il comportamento di suo nonno e mille pensieri si era fatto circa lo strano tono di voce che le era stato rivolto, quando li avevano invitati a cenare con loro.

Milea scosse il capo, cercando di evitare brutti pensieri, ma erano gli unici che si affacciavano nella sua mente. Improvvisamente fu scossa da un battere incessante sulla porta. Corrugo la fronte e si alzò lentamente avvicinandosi ad uno dei battenti.

-Milea, aprimi.

La ragazza trasalì. Era la voce di Ghadren.

Felice di sentire un amico aprì senza pensarci due volte. Ghadren si infilò all’interno della camera e, chiusa la porta, prese le mani di Milea stringendole appena.

-Dovete andare via da qui, Milea.

Ghadren strinse le labbra e si guardò attorno. Non aveva gli abiti da soldato che gli aveva visto la mattina prima, ma degli abiti molto più comodi, forse gli stessi che indossava sotto l’armatura.

Gli occhi dell’uomo, però, erano preoccupati e vigili.

-Dovete andare via da qui. Subito!

Milea scosse il capo.

-Non capisco. Cosa sta succedendo.

Ghadren guardò la donna dritta negli occhi. Lei era visibilmente agitata e farle capire in fretta ciò che doveva fare gli avrebbe portato via molte energie.

-Ora ascoltami e non fare domande. Ho lasciato le armi dei tuoi compagni fuori le mura, sulla strada che conduce a sud. Andate verso Anorien, i Monti Bianchi, e da li i tuoi compagni sapranno sicuramente la strada.

Milea in un primo momento non rispose, ma ciò che le premeva sapere, in quel momento non poteva essere rivelato.

-Non ci sono guardie alle porte, ma solo lungo le mura. Siamo rimasti in pochi.

Le parole di Ghadren misere nel cuore di Milea una profonda tristezza. I tempi antichi erano ormai solo un ricordo per la gente di Rohan. L’autunno stava avvolgendo anche la storia di quei valorosi uomini che erano stati un tempo. Un paese che aveva dato la nascita a grandi eroi, era destinato a perire.

Ghadren uscì dalla porta con molta accortezza. Fra poche ore sarebbe stato il suo turno di guardia e non poteva tardare a raggiungere la sua posizione o si sarebbero insospettiti.

Milea sgattaiolò poco dopo l’uomo, guardandosi con sospetto intorno, in ogni angolo buio non illuminato dalle torce. Strinse le labbra e si chiuse le mani al petto. Si sentiva una ladra in un palazzo che l’aveva vista crescere.

Richiamata l’attenzione del padre, si diresse verso le stanze di Elladan ed Elrohir, introducendosi all’interno della stanza insieme al padre.

Milea aveva spiegato la situazione e i due fratelli stentavano quasi a credere alla versione dei fatti.

Ma se quella era l’unica possibilità per poter avvertire il nipote, Eldarion, di quello che stava succedendo.

-Thelim anno estel? 4

Elladan aveva guardato il fratello con uno sguardo fermo. Aveva corrucciato leggermente le sopracciglia, un’espressione che utilizzava raramente e solo in casi particolarmente pericolosi.

Elrohir di rimando fece un cenno di assenso.

-Boe! 5  

Elladan aveva preso un profondo respiro nel sentire la risposta del fratello e il suo solo pensiero fu il riuscire ad uscire vivi da quell’impresa. Si era avvicinato ad Elrohir e aveva posato una mano sulla sua spalla, ma rivolgendosi verso Gàel e Milea.

-Allora andiamo, non possiamo indugiare.

Milea fece un cenno di assenso e, aprendo la porta, fece cenno agli altri di affrettarsi ad uscire dalla stanza. Prese il padre dal braccio, forse un po’ frastornato da tutta quella situazione e un po’ rallentato dall’età.

Erano riusciti a superare la prima cinta muraria e discendere la collina quando videro alcune torce volgersi verso di loro. Trattennero tutti il respiro ed Elladan, il più impulsivo era già pronto a scattare, quando Elrohir con un cenno del capo lo fece desistere dal suo intento. Erano soldati, ma non erano di ronda, stavano accompagnando gli uomini che avevano visto quel giorno all’interno del palazzo e la cosa sembrava alquanto strana.

Tutti scattarono verso l’uscita, tra la palizzata ormai danneggiata dal tempo e raggiunsero le armi che Ghadren aveva nascosto per loro.
-La faccenda continua a complicarsi.

La voce di Elrohir ruppe il silenzio e tutti si voltarono a guardarlo, mentre sistemala la corda dell’arco. Il suo viso, quasi mai preoccupato, in quel momento mostrava alcuni segni di angoscia.

-Dobbiamo andare. Il nostro viaggi si è protratto troppo. Non metteranno molto ad accorgersi che siamo fuggiti.

Elladan fu il primo ad incamminarsi e a chiudere la coda fu Elrohir, attento ad ogni movimento alle sue spalle.
Il male si stava risvegliando, lo stava percependo.
Giungere da Eldarion, il Re dei Regni Uniti, sembrava l’unica priorità.

 

 

Glossario

¹ “Sbaglio o tutto questo si è già verificato?”

² “Re Theòden!”

³ “Andiamo via, Elrohir!”

4  “Vogliamo dar loro speranza?”

È necessario!”

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