Stupid Cupid

di aki_penn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Ispirazioni Inaspettate ***
Capitolo 3: *** Quando mi cacciai nei guai ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


                                

 

Stupid Cupid

 

Capitolo uno

La Prima grande opera

Coppia uno

[ovvero]

Come togliersi dai piedi due scocciatori

 

 

 

 

 

 

Ore 7.45 am

 

“Non posso davvero credere che mi abbia tradito con quel tipo? Santo cielo! Sembra un topo! Ma l’hai visto? E lei cosa fa? Va con lui!” sentenziò agitato un ragazzo slanciato, con gli occhi verdi infiammati di rabbia, mentre addentava una pasta, seduto al tavolino di un bar dall’aria liberty. Davanti a lui il suo interlocutore sembrava particolarmente interessato a un articolo sulla riproduzione dei coleotteri, pubblicato sul quotidiano di qualche giorno prima, che qualcuno aveva dimenticato al bancone e di cui lui si era prontamente impossessato.

“E poi tutti quei corsi? Sì, sì il corso di cucina , una come lei che non saprebbe nemmeno cucinare un uovo fritto di certo non poteva fare un corso di cucina! E io sciocco le andavo a credere…credo che mi sia stato quasi bene! Sono davvero così stupido… non mi sono accorto che mi tradiva finché… Alex? Alex mi stai ascoltando…?” chiese a un certo punto sentendosi decisamente ignorato.

Il ragazzo che aveva di fronte riapparve da dietro il giornale che aveva usato quasi come barriera, masticando la sua pasta.

“Certo che ti sto ascoltando…” rispose tranquillo il ragazzo biondo e pallido. Imperterrito rialzò il giornale e infilò il cornetto nel cappuccino. Il moro rabbrividì di rabbia e lo guardò con gli occhi ancora più infiammati di prima.

Allungò il braccio e gli strappò il giornale di mano per darci un’occhiata.

“Vedo che la riproduzione dei coleotteri è molto più interessante delle mie faccende” brontolò tirandosi su le maniche del maglioncino. Con tutto quell’agitarsi gli era venuto caldo.

“Su, su… non rammaricarti, ti stavo ascoltando, come potrei non ascoltarti sei il mio migliore amico e…” cominciò a sviolinare il biondo accavallando le gambe strafottente.

L’amico lo interruppe “risparmiami la scena Alex… dimmi che ti stavo raccontando?” lo interrogò deciso.

Alex ebbe un momento di indecisione prima di rispondere, ma quando lo fece il tono era lo steso di sempre “Beh, mi parlavi della tua ragazza..

“Ex ragazza” precisò l’interessato.

“Sì, Ivan, ci stavo arrivando, dicevo: mi stavi parlando della tua EX ragazza che ti ha fatto le corna…

“E come si chiama?” domandò Ivan impaziente di coglierlo in fallo.

“Calma, calma, ci arrivo anche lì, si chiama Loride… è la tua ragazza più carina che abbia mai baciato, è ovvio che me la ricordi!”  disse alludendo alla stravagante pratica secondo la quale, Alex doveva baciare tutte le ragazze dell’amico prima che le baciasse lui stesso.

Ivan si irrigidì un poco non avendo altre armi per dimostrare che non era stato ascoltato.

Alex lo guardò strafottente per un po’  puntando gli occhi cerulei dritti in quelli dell’amico, per il puro gusto di farlo, prima di parlare nuovamente. “E che ne diresti di chiudere la finestra Loride, per aprirne un’altra, magari con una ragazza più fedele?”. Ivan sbuffò.

“E’ mai possibile che tu sia così insensibile? Io amavo Loride!” esclamò lui scocciato incrociando le braccia.

“Sì, certo, certo…ma dovresti darti una svegliata…” brontolò con un sorrisetto che non prometteva niente di buono. Si alzò e si stiracchiò.

“Chi arriva ultimo alla cassa paga!” urlò lanciandosi verso il bancone.

“Ma…? Maledetto!!” sbraitò Ivan lanciandosi alla rincorsa dell’amico.

 

Ore 8.05

 

“Lui è così bello, così affascinante… con quegli occhi azzurri…e…e …” sproloquiava inascoltata una ragazza bassa inguaiata in abiti di cinque taglie più larghe del necessario, e una cresta dipinta di verde.

“Davvero stupendo…” soffiò sarcastica la ragazza che le camminava accanto, la quale sembrava decisamente sul punto di strangolarla.

“Ma io sono innamorata!”

“Amore platonico vedo…” bofonchiò infilando qualche moneta nella macchinetta delle merendine, la ragazza con la cresta strinse i denti fissando l’amica che invece non la degnava di uno sguardo, interessata al cibo.

Loride? È mai possibile che non te ne freghi mai niente dei miei sentimenti?” sbottò con la voce vagamente rotta.

“Non è che non me ne freghi nulla, è che so che con uno come lui non avresti mai neanche la minima possibilità…” sentenziò drastica e decisamente senza cuore, tracciando una ferita invisibile nel cuore dell’altra. Lo sapeva, ma non le importava che l’amica soffrisse. E poi? Era un’amica?

“E comunque quel tipo…come si chiama…? Beh secondo me non è questo granché…” disse raccogliendo le patatine che erano precipitate nel cassetto apribile della macchinetta automatica.

“Ma se non l’hai mai visto!” sbottò amareggiata Sara stringendo forte la borsa che portava a tracolla, dello stesso verde dei suoi capelli.

Loride alzò le spalle. “Me ne hai parlato così tanto che è come se già lo conoscessi… biondo , alto molto magro enigmatico, con degli occhi che incanterebbero chiunque , sempre vestito di bianco…insomma… un idiota pomposo!”

“MA COSA DICI!” urlò Sara dandole una gomitata, mentre lei rideva “Dai, dai, sto scherzando! Ti prendevo in giro!” ridacchiò gioviale mentre l’espressione dell’amica si allietava di nuovo.

“Oggi voglio confessargli il mio amore!” sputò fuori alla fine come se avesse del veleno in bocca. Rimasero per un secondo a guardarsi , la prima a parlare fu Loride “Ma non glielo avevi già confessato e lui aveva detto lasciami stare?” domandò aggrottando le sopracciglia.

Sara si ricompose “Oh, sì ma questa volta gli porterò una lettera…è una tecnica infallibile!” spiegò lei convinta complimentandosi da sola per il diabolico piano.

“Se lo dici tu…” concordò scettica Loride alzando le spalle ed entrando in classe.

 

Ore 14.45

 

Alex avrebbe voluto spararsi. Ma quella tipa era davvero una sanguisuga! Non lo lasciava in pace. Aveva cercato di rimorchiarlo otto volte, e tutte le volte si era beccata un perentorio no. dopo l’ottava imboscata tutte le volte che la vedeva cercava di nascondersi ed evitarla, ma quel giorno era spuntata a tradimento da dietro gli scaffali e gli aveva allungato una busta decorata con leziosi cuori rossi. tutto ciò accompagnato da una mielosa dichiarazione d’amore orale, che continuava all’infinito, mentre lui cercava di strascinarsi via da quella lagna con la cresta.

“Ma perché non ci vuoi neanche provare a stare con me Alex? Sono davvero così brutta per te?” domandava con le lacrime agli occhi aggrappandosi alla sua camicia candida.

“Non sei brutta, ma ti ho detto di No! e no, vuol dire NO!!” sbuffò ormai allo stremo delle forze riuscendo finalmente a uscire dalla biblioteca  traditrice.

La situazione non era però di molto migliorata dato che Sara continuava imperterrita a seguirlo e a parlargli del suo amore.

“Ma dammi un motivo! Un motivo!” chiedeva sull’orlo delle lacrime. Alex prese un volantino che pubblicizzava un’agenzia per cuori solitari, da un tipo ,che per poco non venne investito dalla ragazza che non aveva occhi che per lui.

Non era facile come ignorare Ivan, quella Sara sì, faceva sproloqui eterni, ma erano sproloqui interattivi, pieni di domande.

Per un secondo pensò ad Ivan , e lo vide uscire solo da un bar poco più avanti. Aggrottò le sopracciglia perso nei suoi pensieri, mentre la voce di Sara con le sue suppliche faceva da sottofondo.

O la và o la spacca.

Prese per mano Sara e si mise a correre “Vieni con me”, le guance della ragazza si imporporarono.

“IVAN!!” strillò con tutto il fiato che aveva in corpo, era più un richiamo d’aiuto che un semplice saluto. Il moro salutò con la mano facendo un sorriso all’amico “Ciao Al…” non fece in tempo a finire la frase perché per poco non gli venne scaraventata addosso una ragazza dall’aria punk. Che quando si ebbe riavuta dallo strattone alzò gli occhi su di lui e sorrise arrossendo.

“Ti presento la mia AMICA, Sara…lui è Ivan”. Ivan la guardò incerto, poi sorrise e arrossì prima di stringerle la mano.

Alex guardò il cielo e fece un sospiro di sollievo. Due piccioni con una fava. Decisamente.

 

 

 

 

 

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SO che è una follia cominciare una nuova fic, ma mi è balzata in mente così e volevo metterla su “carta”, questo non impedirà però alle altre di essere proseguite.

Spero vi possa piacere, storia nata dalla follia di un mio amico di voler accasare tutta la sua squadra e dalla meravigliosa allitterazione tra Stupid & Cupid

La storia è mia e i personaggi sono miei, perciò ogni analogia con persone reali è puramente casuale^_^

Grazie a tutti per aver letto fin qui… ^____^

Aki_Penn

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Ispirazioni Inaspettate ***


Salve a tutti, ecco il secondo capitolo di Stupid Cupid.

Allora prima di cominciare volevo specificare che questa storia parla espressamente di colpi di fulmine,e non di storie d’amore vere e proprie, anche per questo,infatti è intitolata stupid Cupid.

A parte questo mi sembra giusto ringraziare Cupidina 4ever e maryt2803 che hanno messo la storia tra i preferiti, _Luna_ per la sua e-mail e infine l’immancabile The Corpse Bride che ha commentato (grazie mille, non posso davvero credere di avere sempre il tuo sostegno! È davvero importante…!  Malvagia Loride lo è, Alex più che altro se ne frega ed è un po’ fuori, spero che questo capitolo ti possa piacere!)

Un’altra cosa, per quanto riguarda le occhiaie di Alex e il suo colorito pallido, non si tratta di un Edward venuto male, è solo uno che dorme poco!!

Infine comunicazione di servizio: la prossima storia ad essere aggiornata secondo logica dovrebbe essere I miei  venti metri quadrati a cui nell’ultimo periodo ho dato poca attenzione, ma ho una mezza idea per una nuova storia un po’ fuori dai miei soliti canoni, quindi credo proprio che non riuscirò a resistere alla tentazione e posterò anche questa nuova fic. Dovrebbe essere sistemata nella categoria Angeli e Demoni, e dovrebbe intitolarsi Sotto il sole; se qualcuno bazzica in quel campo mi farebbe piacere se ci passasse. Grazie ancora a tutti ed eccovi il nuovo capitolo!!!

Aki_Penn

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stupid Cupid

 

Capitolo due

Coppia due

Ispirazioni inaspettate

[ovvero]

Quando poi ti accorgi che la fava sei tu

 

 

 

 

 

 

 

Quando avevo visto Ivan in lontananza mi ero detto, siamo a cavallo. E invece no, se fossimo rimasti come eravamo all’inizio sarebbe stato molto meglio. Sara mi assillava da una parte dicendo di essere innamorata di me e che eravamo destinati a stare insieme e che dovevamo amarci e che se ci avessi provato almeno un po’ saremmo stati una coppia meravigliosa, dall’altra c’era un Ivan distrutto dal dolore per Loride, e decisamente propenso alla lamentela. Ebbene quando ebbi l’idea fulminante che quei due avrebbero potuto piacersi e quindi smetterla di rompermi le scatole non avevo esitato un secondo ad affrettare i tempi presentandoli. Due piccioni con una fava, mi ero detto. E due piccioni con una fava furono, l’unica cosa fu che non mi ero accorto del fatto che la fava fossi io.

E così mi ero ritrovato tristemente al tavolo di un bar squallido, cercando di bere un caffè squallido, con una coppia tutt’altro che poco appariscente, impegnata in manovre erotiche imbarazzanti.

Sbuffai rimescolando la mia schifida bevanda. Mi toccava partecipare a quell’imbarazzante triangolo ormai da una settimana, e quei due non accennavano ad aver voglia di vivere una relazione un pochino più distaccata.

Li guardai sbuffando, mentre il riflesso su una vetrata catturò la mia attenzione. Ero decisamente pallido con delle occhiaie da fare concorrenza al più ferrato tra i vampiri. Come se mi avesse letto nel pensiero Ivan si staccò dal bacio soffocante che lo legava a Sara per dirmi “Ehi Alex, è una mia impressione o ti stai strapazzando un po’ troppo ultimamente? Hai delle occhiaie che fanno paura”. Feci un sorriso stanco mentre pensavo di essere fortunato ad essere uno che non se la prende, anche lui era fortunato, se fossi stato un permaloso gli avrei assestato un giustissimo pugno alla mascella.

“Troppe donne, troppe feste!” esclamò Sara gioviale al di sotto della sua sgargiante cresta. Abbracciata ad Ivan si sentiva la padrona del mondo.

Inutile dirlo, quella coppia mi irritava parecchio, sembrava che fossero gli unici due innamorati al mondo. E invece no, ce ne erano tanti…di innamorati.

Si, si…donne” risposi sarcastico prima di affondare di nuovo il naso dentro alla tazzina del mio caffè imbevibile. Perfino la caffeina putrida era meglio di quel supplizio. Ma chi me lo aveva fatto fare di farli conoscere?

“Oh, sì, Alex ha sempre un sacco di donne intorno, ma sembra che non gli piaccia nessuna!” continuò imperterrito Ivan con un tono da Re del mondo “A volte penso che in realtà sia passato all’altra sponda!”continuò allegro, concludendo con una risata.

“Se, se” faccio io senza dargli peso. Va bene, gli avevo trovato una ragazza, e adesso stava con la suddetta ragazza, ma il fatto di essere innamorato non gli permetteva di essere così sgarlingino con me!

“Allora, avete finito di discutere voi due?” chiese Sara lanciando un’occhiata carica d’amore al suo ragazzo “Ho promesso a Marzia che saremmo andati a casa sua…” spiegò con aria pratica. Sbuffai e mi voltai a guardare gli avventori del locale, mi sembravano tutti piuttosto indaffarati e tesi, oppure troppo superficiali.

Mi dissi che non c’erano più i colpi di fulmine di una volta. Tornai a guardare la coppietta davanti a me che aveva ripreso a mangiarsi vicendevolmente la faccia. Sbuffai adocchiando una cameriera, aveva gli occhi allegri ed era vestita in modo bizzarro, se non fosse stato per i capelli neri – che ricadevano compostamente sulle spalle- avrebbe potuto competere con Sara. Credo che si possano capire molte cose dalla luce che emanano gli occhi di una persona.

Se è innamorato, se è contento, se è annoiato, credo si possa capire qualsiasi cosa.

La cameriera non era innamorata, era solo felice, per cose futili, forse una vincita alla lotteria, forse un viaggio in un paese caraibico in arrivo.

Ma per il resto lo squallido caffè era popolato da individui dagli occhi spenti e grigi, fu un sollievo dovermi alzare per uscire, diretto a casa dell’amica di Sara. Marzia, aveva detto.

Solo quando sentii il trillo dello scacciapensieri riuscii a respirare di nuovo senza l’oppressione di quel grigiore. Camminavo con le mani in tasca seguendo la coppietta sbaciucchiante.

Guardando il cielo mi ero depresso di nuovo, era ricoperto di una grigia coltre di nubi grigie, come gli occhi grigi degli avventori del bar. E tutta quella malinconia nell’aria non avrebbe migliorato il mio umore. Forse il rapimento di Sara avrebbe invece giovato. Diedi un’altra occhiata ai due aggranfiati tanto da non capire dove finiva l’uno e cominciava l’altra. No, non sarebbe servito nemmeno l’improvvisa sparizione di quella ragazza, perché Ivan avrebbe subito riempito la sua mancanza venendo a piangere sulla mia spalla.

“Alex, perché sei sempre così cupo. Su, un po’ di vita! Oggi c’è una così bell’arietta fresca, e poi ti presenterò la mia amica, magari ti piace!” cinguettò lei allegramente. Feci un sorrisetto beffardo. No che non mi sarebbe piaciuta. Non mi piaceva quasi mai nessuna. Le ragazze erano affascinanti per quello che portavano negli occhi, ma non mi interessavano. Non mi erano mai interessate. “Marzia è molto carina” continuò a cercare di vendermela, mentre per guardarmi in faccia camminava al contrario. Feci un sorriso sghembo e beffardo. “Non ne dubito Sara” convenni. Lei sembrò appagata dalla mia risposta e si rivoltò a guardare con occhi rapiti il suo ragazzo.

La famigerata Marzia abitava in un enorme condominio grigio. Sembrava che quel giorno quel maledetto colore facesse da padrone. Mi stavo davvero stufando, mi concentrai sull’intonaco scrostato in un punto nascosto. Anche l’atrio non era un granché, non seppi dire se quel giorno avevo beccato una zona malsana della città, o era la luce spenta che rendeva tutto squallido.

Il pianerottolo al quinto piano dove l’ascensore ci aveva lasciato era buio, e in un angolo spadroneggiava una pianta grassa morta. Avrei preferito prendere le scale, non amo molto gli ascensori ma quei due sfaticati non mi avevano permesso di usare le scale, causa: troppa fatica.

Sara suonò alla porta un paio di volte prima che qualcuno ci venisse ad aprire. Dopo un po’ sentimmo qualcuno che lambiccava tra i catenacci della serratura, l’uscio si aprì gracchiando come nei film dell’orrore. E da una fessura spuntò una testolina mora dotata di due enormi occhi spauriti. Fece un debole sorriso a Sara prima di spalancare la porta per farci entrare.

“Senti Marzy, non è che avresti qualche biscotto? Ho uno strano languorino!” esclamò la ragazza crestuta come se fosse a casa sua. Marzia annuì mesta “Certo, sono in cucina” rispose con gli occhi bassi.

“Ce li hai quelli ricoperti di cioccolato?” la sentimmo urlare da dentro alla dispensa.

“No, mia madre non ha avuto il tempo di fare la spesa…” spiegò come se si aspettasse di essere sgridata. “Che scatole…” sbuffò Sara chiudendo le ante del mobile.

Guardai ancora Marzia, sembrava una di quelle bamboline con la testa grossa, e gli occhi languidi.

Sara aveva ragione, mi piaceva quella ragazza, ma non nel senso che lei intendeva. Quegli occhi neri, erano la cosa più espressiva che avessi mai visto. Le sorrisi e lei rispose arrossendo e abbassando lo sguardo, mentre tutti e quattro ci abbandonavamo silenziosi sul divano di pelle bianca. Tutti silenziosi a parte Sara, che non aveva perso tempo per ricominciare a parlare a vanvera. Mi domandai se non ci fosse un modo per spegnerla, e cercai una spina che uscisse da qualche parte del corpo per staccarla e farla stare finalmente zitta, ma non trovai nulla di interessante.

“Di là c’è Loride” disse poi Marzia timidamente. Vidi Ivan irrigidirsi. Mi fece scappare un sorriso, non ti farà nulla rivedere Loride, pensai.

Sara scattò in piedi come se un cane le avesse morsicato il sedere e si diresse come in trance verso la camera da letto di Marzia dove evidentemente c’era Loride.  Tranquillamente ci avviammo anche noi.

La camera da letto di Marzia non era enorme, e nella penombra riuscii a vedere l’ordine quasi spartano che faceva da padrone nella stanza. Allora non avevo ancora del tutto deciso se l’ordine mi compiacesse o meno. Arricciai il naso nel vedere la famigerata Loride seduta stravaccata su una sedia con le rotelline, come quelle che si trovano in ufficio, completamente rapita dallo schermo del pc.

Mi ricordavo di aver conosciuto Loride. Le avevo anche dato un bacio, perché era la prassi. Ma con Sara ero riuscito a scavar via l’incombenza perché una volta, quando ancora ci provava con me mi era saltata addosso a tradimento e mi aveva dato un bacio a stampo.

“che fai?” chiese Sara tutta pimpante appoggiandosi alla sedia girevole dove stava stravaccata Loride.

“Nulla, sto guardando video divertenti su youtube, gente che si rende ridicola”.

 Sara rise di conseguenza, ma senza aver davvero capito cosa aveva detto l’amica. Ivan storse il naso, probabilmente chiedendosi che cosa ci trovava in quella stronza, prima di conoscere, la piccola, ottusa ed incostante Sara.

Marzia abbassò di nuovo la testa guardandosi le pantofole poi si schiarì la voce per dire “Qualcuno vuole del gelato al pistacchio?”

“Io no, lo sai che mi fa schifo quella roba” rispose subito Loride senza degnarla di uno sguardo.

Sara invece si fiondò in cucina seguita a ruota dagli altri due, decisamente meno entusiasti. Diversamente dalle aspettative la bella Loride aveva rovinato l’ambiente sereno, ma non sembrava interessata alla cosa. Anzi sembrava che nemmeno se ne fosse accorta.

Rimasi per un po’ a guardarla protetto dal buio, mentre la sua attenzione andava interamente al monitor.

“Che fai veramente?” domandai calmo e serio.

Lei sobbalzò, non mi aveva sentito arrivare, o semplicemente ignorava che fossi stato lì anche prima. Si ricompose subito, e fece un sorrisetto “Chatto… sto convincendo un idiota che una modella bellissima lo trova attraente…” ridacchiò lei.

“E chi sarebbe questa modella scusami?” chiesi tranquillamente.

Loride si aprì in una plateale risata. “non esiste, ovvio!” esclamò presa da un moto di ilarità.

Completamente assorta. “Ti diverti?” dissi dopo un po’ sedendomi sulla scrivania. “Sì, è divertente… questo tipo è davvero stupido. In chat si trova un sacco di gente che sembra essere lì apposta per farsi prendere in giro” spiegò con un ghigno. Rimasi serio. Probabilmente al tipo non avrebbe fatto particolarmente piacere sapere che lo stavano prendendo in giro. Rimasi un po’ in silenzio mentre lei continuava a battere risposte, domande e complimenti all’uomo dall’altra parte.

“Che gli hai detto? Spiegami” chiesi serio, probabilmente lei non fece caso al mio tono e alla mia espressione, perché cominciò allegramente a raccontarmi per filo e per segno della sua conversazione con l’uomo.

“Gli ho detto che faccio la modella. Che ho diciotto anni, e che sono single…poi vediamo… mi ha fatto vedere una sua foto, e gli ho detto che è carino…” a quel punto un’ incredibile risata scrosciò dalla sua bocca, mentre teneva gli occhi fissi sul monitor.

“che è successo?” esclamai come se avessi sentito l’esplosione di una bomba. Lei continuò a sghignazzare come una pazza e puntare l’indice inquisitorio contro il monitor. “Ma guarda che tatuaggio orrendo!” strillò soffocata da un altro attacco di risa. Mi sporsi per guardare e vidi un ragazzo mezzo nudo con un tatuaggio sulla spalla a forma di puma. Storsi il naso. “In effetti è davvero patetico…” concordai mentre lei continuava a tenersi la pancia, allora aggiunsi “Ma non mi sembra il caso di fare tutto questo baccano solo perché ha un tatuaggio brutto” ci guardammo nel buio, illuminati dalla luce fioca del monitor.

“Ci siamo già visti?” mi chiese con un sorrisetto. Sì, c’eravamo già visti, ma alzai le spalle e preso da un dubbio riguardai il ragazzo nella foto.

Non era magrissimo, aveva i capelli scuri e scompigliati, l’orrendo ed enorme tatuaggio troneggiava sulla spalla, e all’incirca doveva avere poco più di vent’anni.

Ma non era quello che mi interessava, cercai i guardare gli occhi, ma erano stati presi un po’ controluce e sembravano vuoti e spenti. Sbuffai, odiavo le foto, non veniva mai fuori niente, non esprimevano nulla, non emergeva nulla di quello che c’era in realtà. Ma cercai di accontentarmi. “Ti ha mandato un’altra foto dove si vedono gli occhi?” chiesi pratico, mentre lei mi guardava perplessa. “Sì” biascicò incerta. Cliccò in qua e in là col mouse e sullo schermo si aprì un’altra fotografia con un primo piano, non diedi peso all’aspetto, non mi interessava. E gli guardai le pupille avvicinandomi con la faccia tanto, da toccare quasi col naso lo schermo. Occhi negli occhi col tizio della foto. Lei fece un’altra risatina di scherno “Cosa sei? Un oculista?”. Non le diedi grande attenzione e in fretta scesi dalla scrivania su cui mi ero appollaiato, senza distogliere gli occhi dal ragazzo.

“Digli di venire qui” ordinai perentorio.  Lei fece un’espressione strana, decisamente pensava che fossi impazzito. “E digli di chiedere di Marzia” aggiunsi. Lei alzò un sopracciglio e fece un sorrisetto sarcastico.

“E di portare una torta di mele, Marzia le adora.” conclusi. 

Lei spalancò gli occhi nella penombra, non sembrava più divertita “Ma cosa stai dicendo? Non la conosci neanche!” disse piegando la testa da una parte.

Misi la bocca a cuore “E tu, sì?” la stuzzicai. Lei aprì la bocca per replicare, ma non disse niente.

“Fallo, che ti costa?”. Lei si rivoltò verso la scrivania con la sedia girevole e disse “Tu sei fuori dai coppi” prima di digitare qualche frase veloce sulla tastiera. Io ridacchiai compiaciuto.

L’uomo in questione, un certo Marcello, non ci mise molto a suonare alla porta della casa di Marzia chiedendo di lei, con una bellissima torta di mele appena sfornata.

Marzia lo guardò prima un po’ stupita, ma poi sorrise. Si sorrisero. E anche io sorrisi. Più che per l’azione ben riuscita, per la faccia affascinata di Loride.

Solo più tardi mi resi conto che quella non era ammirazione, ma molto peggio.

Non avevo ancora idea di, in che guaio mi fossi cacciato. E così mi godei quel momento di gloria su una stronza per tutto il giorno. Ignaro di quale sarebbero stati gli effetti nefasti.

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Capitolo 3
*** Quando mi cacciai nei guai ***


Eccomi ancora qui sono resuscitata, mi devo scusare per il mio incredibile ritardo, ma tra i tanti impegni anche lispirazione mancante ci ha messo del suo!

Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno messo la storia tra i preferiti(addirittura 11 in soli 2 capitoli, sono commossa!!ç_ç)e ovviamente chi ha commentato:Yellow_B( oh, su ammettiamolo, Sara non è nata per essere simpatica! Sono felice che ti sia piaciuta la mia storia ^_^),francesca27 (sono felice che tu abbia apprezzato, spero che tu possa accettare di seguirla nonostante questo enorme ritardo!!) & The Corpse Bride ( grazie come al solito per il tuo bellissimo commento, beh, sul fatto che Mei ha sofferto già per tutti hai ragione, perciò diciamo pure che Alex si metterà nei guai da solo, Loride non è poi così cattiva infondo ^_*)

Ebbene ultima informazione prima di lasciarvi al terzo capitolo che spero vi piaccia: Anita non è un personaggio molto importante, ma ci tornerà utile in seguito, quindi magari fateci un po’ caso,( all’inizio volevo chiamarla Arisa come un personaggio di Furuba, ma con l’avvento della cantante credo che a tutti sarebbe venuta in mente lei, allora le ho cambiato il nome^_^),poi per gli amanti delle storie con pochi personaggi vi avviso che questa è una delle poche cose che ho scritto che presenta solo 4 o pochi più personaggi da ricordare. Ho intenzione di trattare questa ff come un telefilm a episodi, con una coppia nuova per ogni capitolo, ma non sarà importante ricordarsele. Spero che come idea vi possa piacere. Grazie ancora a tutti vi lascio a Alex e Loride ^_^

 

 

 

Stupid Cupid

 

Capitolo tre

Inizio di un’attività commerciale

Coppia tre

[ovvero]

Quando mi cacciai nei guai

 

 

Quando mi piombò tra capo e collo Loride ero impegnato nella mia occupazione preferita, ovvero disegnare occhi.

Mi colse di sorpresa, ma io non sobbalzai, e alzai gli occhi per guardarla senza dire niente.

Lei scese i quattro gradini che la separavano da me sorridendo in modo vagamente beffardo.

Loride” scandii io privo di qualunque intonazione. Lei si bloccò poco lontano da me. “Ti ricordi il mio nome?” chiese felicemente stupita.  Alzai le spalle e feci un sorrisetto

“ Non è un nome che si dimentichi facilmente, e poi mi era particolarmente complicato scordarmelo con un innamorato cronico che mi parlava solo ed esclusivamente di te… e a volte anche Sara parla di te… insomma tutti parlano di te… mi sta venendo il vomito” non credo che fosse un complimento, ma lei rise lo stesso. Mi stupì, pensavo che si sarebbe arrabbiata, o che non l’avrebbe capita… alzai le sopracciglia e la guardai meravigliato, aspettando che mi desse udienza.

“Io invece non mi ricordo come ti chiami” disse lei tranquillamente sedendosi sui gradini come me. Nel giardino della scuola c’era una specie di anfiteatro di quattro gradini, in una posizione in ombra, non so cosa servisse, probabilmente a nulla; ma a me piaceva perché non ci andava mai nessuno e potevo disegnare in santa pace. Mi stupiva che Loride si fosse avventurata fin lì, per chiedermi come mi chiamavo.

“Alex…” risposi tornando al mio lavoro. Lei annuì quando le sovvenne come mi chiamavo. Non feci caso al fatto che rimase lì un po’ anche quando io non le diedi più udienza, indaffarato a disegnare l’occhio di una vecchietta che avevo visto al bar quella mattina.

 Gli anziani vengono sempre sottovalutati, io invece ho sempre pensato che avessero qualche cosa di magico negli occhi.

“Hai una strana ammirazione per i gelatai?” chiese guardandomi beffarda. Io alzai lentamente la testa per guardarla, quella volta mi prese davvero in contropiede. Quella ragazza che si era presentata da me la prima volta come un’ipotetica ragazza per Ivan, che aveva ricoperto il ruolo di malvagia famme fatal e che a quel punto era venuta a cercarmi vestita di una felpa a pois decisamente evidente era l’unica persona dopo tanto tempo capace di stupirmi.

“Gelatai?” ripetei sorpreso. Lei annuì “Gelatai. Te ne vai sempre in giro vestito di bianco, sembri un gelataio. Non ti sporchi mai a sederti per terra?” chiese alludendo al fatto che mi ero accomodato su un gradino decisamente poco pulito.

“No, non trovo che i gelatai abbiano delle facoltà particolari” risposi sbrigativo, e forse un po’ colpito sul vivo. Che quella tipa a pois trovasse altri svaghi invece di fare commenti sui miei vestiti. Le sue labbra si distesero in un sorriso un po’ stanco, mentre io aggiungevo nervosamente una pagliuzza all’occhio che stavo disegnando.

“Comunque…Alex” sembrò doverci pensare a come mi chiamavo, anche se glielo avevo ripetuto pochi secondi prima. “Non sono venuta qui per chiederti se sei figlio di un gelataio, ma per farti una proposta”scandì a un certo punto. Le diedi nuovamente udienza “No, comunque non sono figlio di un gelataio” ci tenni a precisare.

Vabbè, tanto non mi interessava, potevi anche essere figlio di un palombaro che…

“Non sono figlio nemmeno di un palomb…”

“E basta! Ho capito non me ne frega nulla!” sbotto a un certo punto. Mi resi conto che forse mi ero preso troppo a cuore la faccenda e la situazione era degenerata, mi capitava di attaccarmi alle frasi fatte in maniera morbosa.

Mi schiarii la voce un po’ imbarazzato “Dicevi scusa…?”

Loride fece un sospiro e sembrò recuperare tutte le facoltà mentali con un profondo respiro dall’aria yoga.

“Tu” cominciò “sei bravo a capire le affinità. Come cavolo fai?” concluse con un brillio, che mi avrebbe dovuto insospettire, che le si accendeva negli occhi.

Negli occhi di Loride non trovai nulla. O meglio,non ci trovai le solite cose, una strana luccicanza che non mi colpì. Insomma, non trovai nulla. Non riuscivo a vederli accostati a nessun altro quegli occhi. Erano occhi soli. Non occhi che soffrivano di solitudine. Solo, occhi soli. Alzai le spalle.

“Sono perspicace” la liquidai.

“Seriamente… sei geniale… hai mai pensato di sfruttare questa tua…propensione” marcò molto l’ultima parola , la pronuncia della P mi sembrò fortissima, come se mi avessero sfogliato un libro di fianco all’orecchio, e un campanello d’allarme si attivò nel mio cervello.

“Cosa vorresti dire?” domandai d’un tratto sospettoso, mentre lei mi guardava sottecchi.

“Dico: hai mai pensato che potresti farci dei soldi?”chiese melliflua.

“No” risposi secco. Lei increspò le labbra e mi guardò un po’ risentita raddrizzando la schiena. Io mi ero rimesso a disegnare con più foga di prima, come se volessi rompere il foglio pur di concentrarmi su quell’occhio, ma la mia testa era da tutta altra parte. “Non l’hai neanche preso in considerazione. Scommetto che non ci hai nemmeno pensato. Hai detto no e basta”  mi rimbeccò Loride sicura di sé, e per nulla persa d’animo.

Mi costrinse ad alzare di nuovo la testa per guardarla , mentre continuava a parlare.

“Perché non mi ascolti e vedi se la mia proposta può funzionare?”. La guardai male ma non dissi nulla in attesa che proseguisse con la sua spiegazione.

“Hai presente le agenzie matrimoniali? O quei programmi in internet fatti apposta per conoscere gente? Ecco. Sarebbe all’incirca così, solo che sarebbe più in piccolo… e esente da IVA, se lo facciamo all’interno della scuola… secondo me potrebbe funzionare…” spiegò terminando con un sorriso soddisfatto. Accavallò le gambe e si stese un po’ sui gradini , per stare più comoda. Arricciai le labbra e scandii un’altra volta “No”poi aggiunsi incupito “Hai visto? Sta volta ci ho pensato, ma è no, lo stesso” sbottai tornando al mio disegno, intenzionato questa volta a non essere più disturbato.

“Di che ti preoccupi?” tornò all’attacco lei con un mezzo sorriso.

“Cos’hai da perdere? E poi sono convinta che saresti bravissimo come agente matrimoniale. Hai messo insieme Ivan e Sara, e Marzia e.. e… quel tizio.. come si chiama? Vabbé, comunque , non è la prima volta che lo fai vero?” chiese poi imperterrita.

“Lo so che ci riuscirei” sbottai scocciato “Ma è immorale”. Dichiarai serio, mentre lei inarcava le sopracciglia come se stessi parlando arabo.

“Eh?” disse soltanto per far sgorgare dalla mia bocca un fiume di parole. “E’ immorale, approfittare delle persone che vogliono innamorarsi chiedendogli dei soldi! L’amore è amore, e deve nascere in modo naturale, non bisogna pagare nessuno per innamorarsi!” sproloquiai.

Loride ghignò “Sentimentalista?”

“No, moralista. E non mi convincerai mai, hai capito?” e con queste parole me ne tornai definitivamente al mio disegno.

*

Un quarto d’ora dopo camminavo a passo spedito per il corridoio della scuola affianco a Loride.

“Non so come cavolo hai fatto a convincermi”brontolai. Lei alzò le spalle e fece un sorrisetto “Sono Loride!posso fare tutto…”. Sbuffai.

“E sentiamo, quale sarebbe il tuo piano?” chiesi stancamente, e decisamente arreso.

“Hai presente i film americani? Dove c’è sempre il secchione che fa parte del club di scacchi a scuola?” chiese, ma più che altro sembrò una domanda retorica. “Sì, ma non ti seguo…”  brontolai lanciando un’occhiata schifata a un mezzo busto di pessimo gusto che se ne stava lungo il corridoio.

“Esistono anche qui i club, solo che nessuno vi bada…pensavo che potremmo chiedere alla preside la licenza per fondarne uno” continuò tranquilla camminando con la schiena dritta e la testa alta. Notai solo in quel momento il suo andamento austero, era un po’ come se camminasse sulle punte.

“La preside non ci darà mai il permesso… non puoi dirle che vuoi costituire una società per cuori solitari” sbraitai fermandomi a metà del corridoio.

Lei indisturbata si girò su sé stessa, continuando a camminare all’indietro per potermi guardare. “Perché no? La preside non guarda mai le proposte degli studenti, è sempre indaffarata con i suoi affari, non farà caso al piccolo modulo che le daremo da firmare . e firmerà a scatola chiusa senza leggere.” Concluse beffarda prima di rivoltarsi dalla parte giusta. Io la raggiunsi con una corsetta.

“Quale modulo?” domandai senza fiato. Non aveva parlato di nessun modulo!

“Questo!” esclamò tirando fuori un pacchetto di fogli dalla borsa a tracolla. “Non ti preoccupare per la firma, l’ho già fatta io per te!”  concluse allegramente , mentre apriva con baldanza la porta della presidenza.

Stavo perdendo la pazienza, le avrei urlato dietro, ma Loride mi prese per un braccio e in un baleno ci ritrovammo dentro una stanza luminosa dove lambiccava una donna grassoccia che non ci diede udienza. Mi ricomposi, stando in piedi compunto accanto a Loride, e mandandole occhiate di fuoco.

“Maledetta imbrogliona” mormorai trai denti facendo in modo che solo lei potesse sentirmi. Lei ghignò divertita, probabilmente non si rese conto di quanto davvero fossi arrabbiato.

“Buon giorno preside!” trillò facendo sobbalzare la signora di mezza età che probabilmente non ci aveva sentiti entrare.

“Oh..oh salve ragazzi”. Loride fece un sorriso nel quale mostrò tutti i denti. Fino ad allora non pensavo che si potessero avere così tanti denti.

“Preside”esordì allegra e professionale “Le ho portato un modulo da firmare”. Gli occhi della preside calarono lentamente sulla scrivania dove Loride aveva appoggiato i documenti. Li guardò per un po’ come se non li vedesse, tenendo la bocca leggermente aperta. Poi si chinò scuotendo la testa intenzionata a firmarli senza nemmeno interessarsi a cosa si trattasse. “Certo, certo ragazzi”.

Rimasi a guardarla stupito, mentre Loride le sorrideva benevola. Afferrò con un gesto deciso i moduli, la gratificò con un altro sorriso a trentadue denti che lei non notò nemmeno e mi trascinò fuori. Feci giusto in tempo a lanciare un’occhiata fugace ai suoi occhi che volavano sperduti per la stanza. Ebbi un brivido nel vederli così grigi. Chiusi i miei per non vedere e mi feci trascinare fuori da Loride che stava già esultando.

Rimasi immobile e ciondolante mentre lei mi saltellava attorno esaltata.

“Abbiamo il permesso , abbiamo il permesso!!” strillò improvvisando un balletto. Sospirai e alzai gli occhi al cielo.

“E quindi adesso?” domandai con voce strascicata , mentre lei ancora ballava come una forsennata.

Mi scoccò un sorrisetto contento “Adesso andiamo ad impalcare il banchetto” disse allegra. Mi incupii “Nel tuo accordo non c’era nessun impalco di un banchetto!” feci sospettoso.

“Beh, adesso c’è!” esclamò cominciando a correre per il corridoio.

Sospirai e la seguii rassegnato.

Più tardi stavo cercando di attaccare una stecca di legno dipinto di rosa confetto a un palo, a mo’ di insegna quando qualcuno mi interruppe attirando la mia attenzione, e la stecca mi cadde sulla testa.

“Che diamine combini?”

“Per la miseria, avvisami quando arrivi da dietro, lo sai che mi fai spaventare , TU” brontolai guardando la ragazza mora coi capelli lunghi e lisci, di bianco vestita che mi fissava dall’altra parte del tavolo.

“Spiegami cosa sarebbe questa cosa” disse puntellandosi le mani sui fianchi.

“Anita, hai rotto le scatole più tu in questi dieci secondi, che tutte le professoresse che ho avuto in tredici anni a scuola!”. Anita increspò le labbra aspettando una risposta. Sospirai e cedetti appoggiando la travetta di quell’imbarazzante colore.

“E’ una specie di società per cuori soli…”spiegai scocciato.

“A pagamento?” domandò sapendo già la risposta. “Sì” feci io in un sospiro, come quello di chi sa che lo aspetta una ramanzina.

“Ma sei impazzito?” sbraitò con voce stridula. “E’ una cosa assolutamente immorale!” mi sgridò. Sbuffai “Smettila di rompere le scatole, non sai fare altro…”.

Lei increspò le labbra e alzò il dito indice in aria come per dire qualche cosa, poi cambiò idea , soffio è girò i tacchi brontolando come una caffettiera. Sì, credo che la cosa che assomigliasse di più ad Anita in quel momento fosse una caffettiera.

“Chi era quella?” domandò Loride riemergendo da sotto il banchetto sotto il quale si era rifugiata per sfuggire al lavoro.

“Mia sorella…” sbuffai.

“Una palla eh?” fece comprensiva, annuii senza guardarla.

Non ci volle molto perché arrivasse qualcun altro ad interrompere la mia lotta con l’insegna.

La figura si schiarì la voce imbarazzata, e io mi volta sbuffando pronto a imprecare al suo indirizzo. Mi fermai quando gli vidi gli occhi. Sul momento non feci nemmeno caso a che sesso appartenesse, non me ne importava nulla, ero così esaltato che sarebbe potuto essere anche un macaco che non me ne sarei minimamente accorto.

“Ehm… devo consegnare un pacco … per…” il ragazzino sui vent’anni coi capelli mossi e l’aria impacciata si fermò a leggere quello che c’era scritto sul pacco. Loride cercò di attirare l’attenzione del ragazzo allungando una mano verso di lui e cominciando a dire “I pacchi vanno lasciati in portin…” non ebbe il tempo di finire la frase perché io l’avevo già preso per il braccio con suo sommo stupore per trascinarlo per il corridoio che avevo percorso poco prima.

“Alex” fece Loride aggrottando le sopracciglia e stringendo i pugni sui fianchi.

Mi voltai e le feci l’occhiolino mentre me ne andavo trascinando un contrariato postino per il corridoio.

Lei non ci mise molto a capire, e vidi la sua espressione divenire da stupita ad ancora più stupita “Ma è una pazzia!” strillò. Le feci un sorriso e scaraventai il ragazzo nell’ufficio del preside dicendo “un pacco per lei!”

*

“Io non posso davvero crederci… quanti anni avrà quel tipo?” domandò Loride con le sopracciglia aggrottate mentre guardava la preside che civettava allegramente con il postino.

Alzai le spalle “Che importa, poi…”

Poi lei si mise a ridere “Beh, direi che questo è un ottimo inizio per la nostra attività!” esclamò allegra saltando giù dal palchetto dove si era seduta. “Granita per festeggiare?” propose pimpante. Sbuffai girandole le spalle “Beh , direi di no” risposi mentre uscivo, avrei dovuto già sorbirmi le interminabili lamentele di mia sorella, e quindi forse era meglio non socializzare con il nemico, almeno per quel pomeriggio.

 

 

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