Angels losing sleep

di LadyoftheSea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Pensieri ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni ***
Capitolo 4: *** Beyond ***
Capitolo 5: *** Phoenix ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


BBLmurdercases
Prologo


Beyond Birthday si guardò intorno. Perfetto. Finalmente un po' di pace. Ne aveva davvero bisogno.
Non aveva mai creduto che le cose potessero cambiare così radicalmente nel giro di poche settimane. Seattle. Portland. San Francisco. Las Vegas. Ed infine... Los Angeles.
Rise, per nulla divertito. Doveva compiere il delitto perfetto, che nessuno sarebbe stato mai in grado di svelare. Nessuno... nemmeno il più grande detective del mondo. Perciò aveva vagato irrequieto lungo tutta la costa occidentale degli USA, avvicinandosi sempre più verso la California, il perchè non lo sapeva nemmeno lui. Però nelle sitcom televisive sembrava il paradiso in terra, con quell'oceano limpido, quel clima da favola e pioggia quasi inesistente.
Ma Beyond Birthday non era un tipo californiano, decisamente no. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe odiato quello stato. Troppo sole, troppo America.
Però una cosa positiva era successa: era finalmente riuscito a portare a compimento l'idea per il suo piano. Doveva solo scegliere le vittime e quella era la parte più noiosa... sì, era davvero un piano brillante, anzi geniale, fin nei minimi particolari. Era sicuro che L non avrebbe chiuso occhio per tentare di risolverlo. Non che dormisse un granchè, gli avevano detto, ma lui era certo che lo avrebbe mandato in crisi per la prima volta nella sua vita.
Poi... prima che potesse commettere il primo omicidio... era rimasto fregato. Non aveva idea di come avesse fatto, ma lo aveva trovato. Aveva immaginato quel che stava per accadere? No, come avrebbe potuto... Era il più grande detective del mondo, d'accordo, ma non aveva poteri di preveggenza. E poi, se l'avesse immaginato, non lo avrebbe certamente voluto incontrare. Non lo avrebbe fatto portare presso di lui e insistito perchè vi rimanesse. Insistito era un eufemismo: L gli aveva proibito di andarsene e lo controllava continuamente, di solito tenendolo nella stessa stanza mentre lavorava ai suoi casi. Inizialmente lo aveva ammanettato ad un mobile, così che non potesse tentare alcuna mossa, ma poi sembrava aver deciso che non era necessario, pur pretendendo che rimanesse seduto di fronte a lui, a poca distanza.
Beyond Birthday però aveva bisogno del suo spazio e aveva chiesto a L di essere lasciato solo almeno per qualche ora. Ecco dove si trovava... Chiuso in una stanza al buio, una stanza completamente spoglia, a parte il letto. Si sentiva molto più rilassato senza la presenza di un altro individuo sempre intorno. Odiava avere sempre vicino qualcuno, era un altro dei motivi per cui se n'era andato molto tempo prima dall'orfanatrofio.
Non aveva bei ricordi di quel posto... non molti. Era cresciuto lì dopo che i suoi genitori erano morti a poca distanza l'uno dall'altro, ma non aveva mai legato con nessuno, non perchè fosse schivo o arrogante... erano gli altri che sembravano evitarlo. Dicevano che era strano... per via di un fatto accaduto poco dopo il suo arrivo alla Wammy's House.

"Ehi, venite a vedere!"
"Cosa succede?"
"Guardate cos'ha fatto B!"
Era circondato. Sentiva gli sguardi curiosi dei bambini su di sè anche senza alzare lo sguardo. E poi, era troppo impegnato...
"Cosa sta succedendo?" Una voce più profonda delle altre si levò sul gruppetto. "B! Che hai fatto?"
La voce sembrava preoccupata. No... intimorita.
B finalmente guardò il proprietario della voce, il signor Wammy. Watari, come si faceva chiamare da tutti, lo stava scrutando come se non l'avesse mai visto prima, come se fosse un vagabondo infiltratosi nel prezioso orfanatrofio deciso a rovinare tutto ciò che vi era all'interno. "Volevo solo vedere... cosa c'era sotto."
Il braccio sinistro di B sanguinava copiosamente, ma lui sembrava non sentire il dolore, o perlomeno appariva noncurante agli occhi di tutti gli altri. Sembrava non vederci niente fuori dall'ordinario in tutto quel sangue che colava sull'erba e sulle sue scarpe.
B sorrise a Watari. "Non ho fatto nulla di male."

Beyond Birthday ghignò al ricordo. Era vero, non aveva fatto nulla di male dopotutto... non aveva ferito uno degli altri bambini... il corpo era suo, poteva farne quello che voleva.
S'inginocchiò nella consueta posa che aveva iniziato ad adottare da quando aveva lasciato l'orfanatrofio, la posa di L, la posa che aveva potuto finalmente osservare di persona dieci giorni prima, quando era stato portato al suo cospetto.
Poi aprì il barattolo di marmellata di fragole che teneva stretto tra le mani e v'infilò dentro le dita. Ora che era solo, aveva bisogno di zuccheri per concentrarsi meglio. Doveva riflettere... a come sfuggire a L Lawliet.

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Capitolo 2
*** Pensieri ***


Grazie a chi ha recensito, in particolare a L-chan, sono contenta che ti sia piaciuto il flashback perchè è stato anche uno dei momenti preferiti da scrivere (finora)...
Ecco il primo capitolo!
Ah, ovviamente non possiedo Death Note nè i suoi personaggi altrimenti ora sarei a bere tè con L!


1 - Pensieri


L Lawliet sedeva nella sua consueta posa, ginocchia portate verso il petto, schiena piegata in avanti. Guardava il tavolo di fronte a lui, dove Watari aveva appena lasciato una fetta di torta e tè caldo.
Portò il pollice alle labbra. Doveva riflettere... su cosa fosse meglio per lui e per B. Sapeva che per il momento B doveva rimanere con lui, era la cosa migliore. Ma in futuro? Poteva fidarsi e lasciare libero Beyond Birthday?
Lentamente, prese la tazzina e bevve un sorso. Il tè non gli sembrava buono come al solito. Aggiunse cinque zollette di zucchero.
B era chiuso a chiave in una stanza a pochi metri da lui... probabilmente stava pensando a come riuscire a scappare e far perdere le sue tracce. C'era il 70% di possibilità. L era sicuro che per un po' di tempo non avrebbe tentato nulla, doveva prima raccogliere le idee e progettare alla perfezione un piano se voleva essere certo di non essere rintracciato nuovamente.
L aveva parlato con lui, dapprima riluttante a mostrarsi, ma poi certo che non avrebbe fatto molta differenza: B non avrebbe assoldato un sicario per ucciderlo e nella rarissima eventualità che lo facesse, certamente il killer non l'avrebbe mai trovato. L era troppo in gamba per farsi scovare da un criminale qualunque.
Erano passati solo dieci giorni dal loro primo incontro...

L entrò nella stanza fiocamente illuminata dalla luce della luna. Beyond Birthday era lì, ammanettato alla gamba di un pesante mobile, così che non potesse liberarsi in alcun modo, e inginocchiato in una posa molto simile alla sua. Indossava jeans e una t-shirt e i capelli erano scompigliati e in disordine quasi quanto i suoi.
Se L fosse stato una persona normale, avrebbe rabbrividito nel constatare quanto il ragazzo seduto a così poca distanza si sforzasse di somigliargli. Da quel che sapeva, B era solamente di un paio d'anni più giovane di lui, quindi doveva avere circa vent'anni.
"Io sono L." mormorò, con il suo solito tono strascicato. Funzionò. B alzò la testa e L potè finalmente vederlo in faccia.
La stanza era buia, dopo essere stato portato lì B aveva preferito rimanere nell'oscurità e L non vedeva perchè non accontentarlo. Però quando lo vide in volto fu tentato di accendere la luce, per esaminarlo e capire quanto davvero gli somigliava. Sì, perchè al momento pensava che avrebbe potuto passare per suo fratello, se non addirittura per il suo gemello.
"Io sono B." fu la semplice risposta che provenne dal giovane dai capelli scuri. Poi sorrise freddamente. Sembrava sapere qualcosa di cui L era ignaro.
"Beyond Birthday... suppongo che sia impossibile farti arrestare, poichè ti ho fermato prima che tu potessi compiere qualunque crimine." Cominciò a dire L, inginocchiandosi a sua volta a poca distanza da B. Era quasi come trovarsi di fronte ad uno specchio. L si portò il pollice alle labbra per mordicchiarlo.
"L... chi ti dice che io volessi commettere un crimine?"
L non rispose. Non aveva intenzione di spiegare nulla a B. Non aveva intenzione di dare modo a B di capire la sua logica. Chi dei due avesse capito come funzionava la mente dell'altro per primo avrebbe perso.
"Vorrei un po' di marmellata." Aggiunse B.
Effettivamente da quando era stato portato lì, quella mattina, B non aveva mangiato nulla ed erano ormai le nove di sera. Anche L aveva fame, perciò chiese a Watari di portare della marmellata e del gelato per sè.
B ignorò il pane e le posate e infilò le dita dentro al barattolo. L lo osservò fare una smorfia e commentare: "Marmellata di albicocca, non è proprio la mia preferita..."
Mangiarono in silenzio, ciascuno dei due impegnato a studiare l'altro, ciascuno dei due conscio dell'attenzione dell'altro tutta su di lui. Anche se L capì che B si sforzava di mostrarsi indifferente. "Beyond Birthday-"
"Mi chiamo B." lo interruppe lui.
"B. Vorrei sapere perchè..." stava per dire Perchè mi copi, ma cercò di addolcire la frase: "Perchè imiti il mio atteggiamento?"
B non rispose prima di aver finito la marmellata (si era lamentato del sapore, ma a quanto pareva non era così disgustosa, o forse era davvero affamato). Beyond Birthday rise freddamente. "Dovresti arrivarci da solo, grande detective."

Dopodichè non era riuscito a cavargli di bocca nient'altro. Da quel momento, Beyond Birthday aveva voluto essere chiamato solo 'B', si era nutrito esclusivamente di marmellata, era rimasto taciturno, limitandosi ad osservare L che lavorava ai suoi casi. L non era abituato ad avere persone vicino, se non Watari, quindi non era riuscito a concentrarsi come al solito e nei giorni appena trascorsi aveva risolto il 5% in meno di casi.
Poi, quel lunedì mattina, B aveva chiesto di essere lasciato solo ed L si era reso conto che, pur essendo nuovamente solo di fronte al suo pc, noon riusciva a concentrarsi, sapendo che l'altro era chiuso in una stanza a pochi metri, intento ad escogitare chissà quale trucco. Non che potesse mettere in pratica alcunchè...
L era arrivato a chiedersi se B non fosse un suo parente. La somiglianza fisica era impressionante. Stessa altezza, stessa costituzione fisica (e B pareva persino un po' più magro di lui, la cosa era preoccupante), stessi occhi grandi e scuri... lineamenti del viso pressochè identici. Era davvero difficile distinguerli. B aveva i capelli un po' più corti dei suoi ed occhiaie non altrettanto pronunciate, ma per il resto era come se L si trovasse al cospetto del suo gemello cattivo...
Che stupidaggine. L si alzò e si diresse verso la porta chiusa. Ascoltò, non sapeva nemmeno lui perchè... sicuramente B non si sarebbe messo a parlare da solo.
Indugiò sulla soglia per un paio di minuti prima di pescare la chiave dalla sua tasca destra ed aprire la porta.
La luce improvvisa colpì B come se gli avessero dato uno schiaffo. Lesse, per l'ennesima volta in quei giorni, il nome completo di L e la sua durata vitale. Ghignò. Nemmeno il grande detective poteva sfuggire alla morte.
L credette di aver visto uno strano bagliore negli occhi di B, ma pensò fosse stato uno scherzo giocato dalla luce. Poi, senza riflettere, quasi automaticamente, si sedette vicino a B e gli fece una domanda che lo colse completamente impreparato. "Credo sia giusto sfruttare la tua intelligenza mentre sei bloccato qui. Mi daresti la tua opinione su un caso?"
B rimase in silenzio mentre cercava di razionalizzare ciò che stava succedendo. L... il grande L... voleva sapere la sua opinione riguardo un caso? Voleva il suo... aiuto?
L insistette. "Dopotutto anche tu ti stai annoiando, no? Tutt'oggi, sei lo studente che ha totalizzato il punteggio più alto nei test svolti alla Wammy's House, dopo di me. Penso che guadagneremmo entrambi dal lavorare su questo caso assieme."
Dapprima B provò un moto di rabbia. Lo studente col punteggio più alto dopo di lui. Quindi subentrò l'orgoglio. Infine, la voglia di dimostrare che B poteva essere superiore. Poteva risolvere il caso che L gli avrebbe mostrato. "Ti aiuterò. Ma a una condizione."
L aspettò che continuasse.
"...Voglio altra marmellata."
L sgranò gli occhi ancora più del solito.
"...e questa volta alle fragole."

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Capitolo 3
*** Rivelazioni ***


Grazie a tutti per le recensioni! Sono contenta che questa storia vi piaccia, ci ho messo secoli a scrivere un capitolo che mi soddisfacesse e anche se non è venuto proprio come speravo, non mi lamento... il prossimo sarà pieno di avvenimenti!
La canzone che c'è in questo capitolo è "Angels losing sleep" degli Our Lady Peace, che da anche il titolo alla storia... a me piace molto, vi consiglio di ascoltarla se avete tempo! :)

2 - Rivelazioni



Looks like the holy ghost is gone
Now you're afraid of yourself
Over your shoulder you have to watch
Heaven fall into hell

L cercò di ignorare la canzone che fuoriusciva dallo stereo a tutto volume. Beyond Birthday aveva acceso la radio e sembrava perso in un altro mondo. Doveva conoscere quel brano, perchè canticchiava la melodia a bassa voce.

Looks like your boat's about to sink
So it's time to prepare
Even the angels are losing sleep
And the sidewalks are bare

Il più grande detective del mondo perdeva raramente la pazienza. Non avrebbe fatto eccezione nemmeno stavolta. "B, perchè non spegni lo stereo e dai un'occhiata a questi file?"
"Non mi va. Preferisco ascoltare questa canzone."
"D'accordo, allora quando finirà... ti dispiace spegnere?"
B lo ignorò e iniziò a cantare a squarciagola il ritornello. "Just like it's cold before it's warm, you'll get back here again... And I'll wait I'll wait I'll wait I'll wait..."
L si alzò e spense la radio. La sua quasi identica copia, di fronte a lui, sembrava pronta a saltargli addosso e strangolarlo.
"Non posso concentrarmi con quella roba... avevi detto che mi avresti dato la tua opinione sul caso." spiegò L con il suo solito tono strascicato.
B sorrise appena, freddamente. "Non posso concentrarmi con questo al polso." Lo prese in giro, indicando le manette che aveva ancora addosso e che lo incatenavano ad un mobile.
"Finchè rimarrai, non potrò togliertele. Lo sai già."
In tutta risposta ricevette un'occhiata sprezzante. "Non vedo perchè dovrei guardare quei file. Ho già capito chi è il responsabile degli omicidi di Boston."
L rimase imperturbabile e aspettò che il giovane continuasse. "Lo studio di avvocati Morris&Bateman si è ingrandito molto in fretta dal momento dell'apertura, senza contare che vi è un ricambio di avvocati sospetto, a giudicare dagli ultimi cinque anni. Suppongo che Trenton Morris e Jacob Bateman si siano accordati per manovrare i giovani avvocati per sfruttarli fino all'osso e poi sbarazzarsi di loro come più faceva loro comodo, tramite intimidazioni, facendo in modo che presentassero loro stessi le dimissioni... o per chi non si tirava indietro, omicidio. Infatti, se paragoniamo i dati degli ultimi anni, appare chiaro che solo gli avvocati tirocinanti e gli assunti da poco se ne sono andati, sono stati licenziati o... sono spariti."
L ascoltava attentamente il ragionamento del ragazzo seduto a pochi metri da lui, così somigliante, quasi una copia carbone. "Perchè avrebbero dovuto farli fuori? Sarebbe stato un grosso rischio..."
B allungò le braccia e si stirò come meglio poteva. Era un po' indolenzito. "Perchè alcuni di loro hanno scoperto che Morris e Bateman ricevono soldi dalla mafia di Boston. Per questo sono riusciti a ingrandire lo studio così in fretta quando hanno aperto, dieci anni fa. Per questo accettano in prevalenza casi relativamente poco impegnativi, come cause di divorzio. Per non attirare troppo l'attenzione sul loro studio. Ma in passato... ho controllato... hanno difeso due criminali, probabilmente appartenenti ad una cosca mafiosa."
Alla luce di tutti i documenti e tutto ciò che già sapeva L, il ragionamento di B era perfetto. Prese un cioccolatino e lo scartò, riflettendo.
 Sì... la conclusione a cui B era approdato non faceva una piega. "Devo controllare i nomi di quei due criminali."
"Non serve. Richard Connell, residente a Boston, 200 Stuart Street. Trevor Brady, residente a New York City, 77th Street." pronunciò i nomi e gli indirizzi  con noncuranza, come se fossero due amici di vecchia data. L lo guardò, sorpreso.
A Beyond Birthday non piaceva essere fissato con insistenza. "Ho una memoria eidetica." mormorò, quasi riluttante.
L Lawliet odiava essere superato da qualcuno. Ma in questo caso, non considerava la risoluzione del caso da parte di colui che lo imitava così tanto come una sconfitta. Non sapeva nemmeno lui perchè. Forse... se lo aspettava? Si era aspettato che Beyond Birthday risolvesse il caso anche senza discuterne prima con lui?
S'inginocchiò davanti al computer e mandò un paio di e-mail, masticando rumorosamente una caramella gommosa. "E' strano non esserci mai incontrati quando abitavamo entrambi all'orfanatrofio." esclamò improvvisamente, quasi come se stesse riflettendo a voce alta.
B lo osservò, irritato. L, all'orfanatrofio, non usciva mai dalla sua stanza, lo sapevano tutti, e comunque nemmeno un anno dopo l'arrivo di B alla Wammy's House, aveva iniziato a spostarsi insieme a Watari, risolvendo ogni genere di casi. "Strano." ripetè, secco.
"Avevi dieci anni quando sei stato portato lì e ci sei rimasto fino a che non ne hai compiuti sedici. Fino a quattro anni fa." osservò L. "Ce ne ho messo di tempo a rintracciarti... sei stato in gamba."
Non ebbe risposta. B scelse di ignorarlo e si protese verso il tavolinetto per prendere un cioccolatino.
"In genere, quando qualcuno lascia l'orfanatrofio di sua spontanea volontà, non li perdo mai di vista. In un modo o nell'altro, so sempre dove si trovino. Solo tu sei riuscito a sfuggire al mio controllo." Sembrò riflettere prima di concludere il discorso. "Tu e Phoenix." Si alzò e abbandonò la stanza, lasciando quel ragazzo così somigliante a lui solo con i suoi pensieri.

Beyond Birthday stette sveglio tutta la notte. Mentre L lavorava ad un altro caso, lui ripensava all'orfanatrofio. Aveva odiato quel luogo. Nessuno era mai stato gentile con lui... mai... tranne Phoenix.
"Cosa ti è successo?"
B non rispose. Era evidente. L'avevano picchiato.
La bambina lo guardò silenziosa per un attimo e poi gli offrì una caramella. "Mi è rimasta solo questa."
Lui la guardò sorpreso. "Perchè la dai a me?"
La bambina lo fissò con i suoi grandi occhi chiari e sorrise appena. "Non lo so. Forse perchè mi dispiace vedere come ti hanno trattato."
B mangiò la caramella in silenzio mentre lei aspettava. "Io sono Phoenix." disse poi. "E tu sei B, vero?"
Sembrò essere scocciato da questa rivelazione. "Se lo sai già, non chiederlo. Che razza di nome è Phoenix?" Fu tentato dal rivelarle che era inutile mentire con lui, che lui poteva vedere benissimo il suo vero nome. Ma poi lei avrebbe voluto sapere il motivo e non sarebbe stato in grado di spiegarglielo... perciò tacque, limitandosi a fissare i numeri rossi che vorticavano in alto, sopra alla sua testa. Un'altra durata vitale.
"Anche B è un nome strano." replicò lei, per nulla arrabbiata. Poi si sedette, prese il suo fazzoletto pulito e lo avvicinò al viso del bambino. "Sanguini."
B fece per scansarsi, ma per qualche motivo si fermò. Questa bambina... aveva lo stesso sguardo dolce di sua madre. No. Non farlo. Non pensare a lei.
"Perchè non reagisci mai quando se la prendono con te?" chiese lei improvvisamente.
Lui non sapeva se rispondere. Se darle corda. Ma dopotutto era innocua, se avesse voluto prenderlo in giro l'avrebbe già fatto. "Perchè sono troppi. Non sono forte come loro e se anche provassi a difendermi sarebbe inutile. Si arrabbierebbero solo di più e mi farebbero male sul serio."
"Potresti dirlo al signor Wammy."
"No. Li ha già sgridati una volta."
Phoenix guardò in basso. "Una volta hanno picchiato anche me. Però L mi ha difeso e non l'hanno più fatto."
B si girò di scatto a guardarla. "Tu hai visto L?"
"Solo quella volta." Capì che voleva saperne di più e continuò: "Stavo leggendo un libro sul Giappone... ero da sola appoggiata a quell'albero laggiù..." indicò una quercia dall'altra parte del giardino. "Alcuni bambini si sono avvicinati per vedere che libro stessi leggendo... hanno chiesto perchè m'interessasse un posto così lontano e così strambo... poi mi hanno preso il libro, ho cercato di farmelo ridare ma mi hanno preso in giro e mi hanno spintonato... uno di loro mi ha colpito con un pugno, mi ha fatto molto male e ho iniziato a piangere. Ed è arrivato un ragazzino alto, con i capelli neri, arruffati... gli occhi scuri... pallido, sembrava che non dormisse da giorni... ha picchiato quello che ha colpito me e si è arrabbiato con gli altri."
Senza rendersene conto, B si era avvicinato a Phoenix per ascoltare meglio. Anche lui avrebbe voluto conoscere L.
"Quando tutti se ne sono andati, L mi ha restituito il libro e mi ha chiesto se mi piacesse. Quando ho risposto che era uno dei più belli che avessi mai letto, mi ha sorriso e ha detto che lui era per un quarto giapponese." Phoenix si fece seria. "In realtà... ti ho detto una bugia... se sono venuta a parlare con te, è perchè tu mi hai ricordato lui. Gli somigli tanto."
B era incuriosito. "Come?"
"Ecco... non lo guardavo dritto in faccia perchè mi vergognavo un po'... era più grande di me e mi aveva difeso senza conoscermi... però quando ho alzato lo sguardo prima che se ne andasse, l'ho visto bene... e sembrate fratelli. Quasi gemelli. Tu sei più abbronzato di lui e hai i capelli più corti, e il vostro viso non è proprio identico... però... se non avessi saputo che eri B, ti avrei scambiato per lui."
Quel giorno, B decise che non avrebbe permesso mai più agli altri bambini di picchiarlo e prendersi gioco di lui.

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Capitolo 4
*** Beyond ***


3 - Beyond


Beyond Birthday si annoiava da morire. Non era ancora riuscito ad escogitare un piano per sfuggire a L. E come avrebbe potuto? Era sorvegliato a vista, anche quando si faceva una doccia le telecamere installate ovunque lo tenevano d'occhio, e quelle dannate manette non gli davano nemmeno più fastidio, si era abituato a portarle. Ma la mancanza di libertà era troppo, troppo opprimente. Rischiava di perdere il senno a furia di stare rinchiuso tra le mura di un hotel... o quello che era.
"Perchè non chiami qualche ragazza? Potremmo ammazzare un po' il tempo. O perlomeno io potrei. Tu sei troppo impegnato a fissare il tuo computer."
L non lo degnò di una risposta, ma B non si diede per vinto. "Almeno potremmo andare a farci un giro. La mancanza di sole provoca carenza di vitamina D. Tu, in particolare, sei così pallido che potresti essere scambiato per un vampiro."
Il detective continuò a ignorare il ragazzo che sedeva poco distante da lui. Era troppo concentrato a scavare nel passato di B. Sì, perchè da quando si erano incontrati, da quando era comparso al suo cospetto, il suo desiderio più impellente era divenuto quello di risalire alle origini di quella persona così fisicamente somigliante a lui. "B... i tuoi non sono morti." annunciò, con il suo solito tono impassibile.
Beyond Birthday rimase calmissimo. "Forse tutti quegli zuccheri che ingurgiti da mattina a sera ti hanno procurato seri danni al cervello, ma se ben ricordi io ho vissuto in un orfanatrofio, il tuo stesso orfanatrofio, da quando avevo dieci anni."
"Certo, ma non è stato perchè i tuoi famigliari erano tutti deceduti... in effetti, penso che anche tu sappia il motivo. Sai perchè sei stato portato lì."
B credeva di aver rimosso. Quella spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco, col passare degli anni, era sparita, e aveva dimenticato, aveva voluto dimenticare. Ma sebbene gli fosse stato detto che i suoi genitori erano periti in un incidente stradale, sapeva che non era così. Sapeva che avevano voluto sbarazzarsi di lui. Sapeva che, fin da quando era stato in grado di parlare, fin da quando aveva manifestato la sua diversità, i suoi genitori avevano atteso il giorno in cui se lo sarebbero tolto di torno. Avevano compilato pratiche, parlato con legali, fatto il possibile per accelerare il processo, probabilmente. E c'erano riusciti, e si era ritrovato in orfanatrofio proprio il giorno del suo decimo compleanno, e aveva cercato di giustificarli nel profondo di sè. Aveva finto... negato la verità. Dopotutto, era un bambino. I bambini non sono così intelligenti, non capiscono tutto quello che accade intorno a loro. O questo era quello che cercava di credere fermamente, dentro di sè, che si era ripetuto giorno dopo giorno.
"I tuoi ti hanno portato lì per un motivo. Perchè eri diverso. Li spaventavi. Eri un bambino fuori dal comune, diciamo pure che eri più intelligente di un adulto, e tua madre e tuo padre non riuscivano a gestire la situazione. Avevano paura."
"No." ribattè B, fiocamente. "Non è vero."
"Facevi cose strane. Una volta hai cercato di soffocare un bambino perchè volevi poi tentare di rianimarlo, volevi vedere la vita sfuggire dal suo corpo e riportargliela. Volevi capire cos'era la vita."
"No. I miei genitori non mi avrebbero mandato via." replicò B, pur sapendo che negare era inutile. Come diavolo faceva L a sapere tutte quelle cose?
"Tuo padre non ti voleva. Sospettava che tu non fossi suo. Tua madre credeva di amarti, ma più crescevi più era combattuta. Non voleva mandarti via, ma non voleva nemmeno tenerti con sè. Non sapeva cosa fare. Avrebbe tanto voluto che tu fossi normale, come gli altri bambini..." proseguì L, implacabile.
Aveva tre anni e mezzo quando, per la prima volta, i suoi genitori capirono realmente che il figlio aveva capacità incredibili. Aveva da poco imparato a leggere e sua madre lo portò al centro commerciale con sè, a far spese.
"Mamma, perchè hanno tutti quei nomi scritti in rosso sopra le loro teste?"
"Che dici, piccolo?" sua madre rise. Sapeva che il bimbo aveva una fervida immaginazione. Era da quando era in grado di parlare che ripeteva di vedere segni rossi sopra le teste delle persone, ma non sapeva cosa fossero.
"Tu hai il tuo nome scritto sopra di te!" esclamò il piccolo B. "E anche tutte queste persone hanno i loro nomi!"
"Fai il bravo, non abbiamo tempo per giocare ora."
"Ma è vero, mamma! Quella signora si chiama Christiane Campbell! Chiediglielo!" protestò, indicando una signora poco distante.
"Falla finita, ti ho detto che non abbiamo tempo!" sua madre lo strattonò perchè non rallentasse il passo, ma B si divincolò e chiamò a gran voce: "Signora Campbell! Christiane Campbell!"
La signora si girò e guardò il bambino con sorpresa. Non lo conosceva, nè conosceva la madre.
La madre di B rimase perplessa, ma pensò che la signora si fosse voltata per caso. Proseguendo il giro del centro commerciale, però, suo figlio iniziò a pronunciare i nomi di tutti quelli che incrociavano e tutti quanti si giravano a guardarlo. Possibile che... "Tesoro, sai dirmi il nome di questa persona?" la donna prese una foto dal portafoglio. Era la foto di suo fratello, viveva all'estero e non lo vedeva da anni. Non ne aveva mai parlato a suo figlio, era troppo piccolo, e lui non l'aveva mai visto prima in foto, ne era certa. "Si chiama Sebastian Searle."
La donna ebbe un sussulto. Come poteva saperlo? Una cosa era sicura... "Non devi mai dire a tuo padre che sei in grado di leggere i nomi delle persone vedendole, mi hai capito? E' molto, molto importante."
B annuì sorridendo. "E' il nostro segreto!"
Ma era pur sempre un bambino di nemmeno quattro anni e un giorno si era tradito. Il padre si era infuriato con la madre. L'aveva chiamato Quel mostriciattolo. L'aveva picchiato e gli aveva detto che non doveva leggere i nomi delle persone. Ma quando B aveva capito che quei numeri che fluttuavano sulle teste della gente corrispondevano alla loro durata vitale, era stato anche peggio. Suo padre l'aveva picchiato ancora di più, sua madre aveva pianto cercando di fermarlo, era solo un bambino, non era colpa sua, non era cattivo.
Ma suo padre non le aveva dato retta e aveva continuato a picchiarlo, e gli aveva rotto il naso, il sangue scorreva ovunque, a fiotti, e nonostante il dolore, B pensò che era bello. Era dello stesso colore dei numeri sulla testa di suo padre. I numeri che segnalavano la sua morte. Non gli restavano molti anni. B sorrise per un attimo, tra le lacrime. Ben gli stava.
"Tua madre non poteva lottare contro tuo padre, era stanca. Non voleva più vederti, voleva eliminare tutti i problemi dalla sua vita. Tu eri una seccatura."
"Chiudi quella bocca!" B scattò in piedi e fece per colpire L, ma si trattenne. Strinse i pugni fino a che le nocche diventarono talmente bianche da essere traslucenti. "Hai sbagliato persona!" L sapeva degli occhi? Sapeva della sua dote? Certamente no... l'avrebbe menzionata.
"No... io non credo. Certo, non capisco cosa abbia spaventato i tuoi talmente da allontanarti definitivamente da loro..." ragionò il detective, portandosi un pollice alla bocca. "Ma... sei fortunato. Tua madre è ancora in vita. Potresti rivederla."
"Prima hai detto che i miei erano vivi entrambi."
"Parlavo in generale della tua famiglia. E poi, tua madre ha parenti in vita. Hai uno zio."
"Io non ho nessuno." Beyond Birthday scandì le parole con cura. "Indaga sulla tua famiglia, invece di preoccuparti della mia."
L si alzò in piedi. "Credo che tu abbia dei segreti. Anzi, un solo segreto, molto grande. Forse ti verrà voglia di parlarmene." Il detective si allontanò e lasciò la stanza con calma. B, annebbiato dal flusso di sentimenti che minacciava di sopraffarlo, rimase fermo per qualche minuto, dopodichè afferrò la sedia più vicina e la scagliò contro il muro, salvo lasciarsi cadere a terra. Quella maledetta catena alla caviglia lo bloccava lì. Lo bloccava, solo coi suoi pensieri.

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Capitolo 5
*** Phoenix ***


4 - Phoenix


"25. 26. 27. 28. 29."
Beyond Birthday osservava le lancette dell'orologio sul muro di fronte a lui e contava a voce alta. Il tempo scorreva così inesorabile, lo sapeva meglio di chiunque altro. E ogni ticchettio sanciva la morte di qualcuno.
"37. 38."
Però L non sarebbe morto presto. Questo lo sapeva chiaramente. I numeri rossi erano impossibili da ignorare e lui non si era mai sbagliato prima.
"51. 52. 53."
Qualcuno entrò nella stanza, ma lui non vi fece caso.
"58. 59."
Fu interrotto dalla voce gentile di Quillsh Wammy, o come lo chiamava L, Watari. "B, ti ho portato un po' di cibo. Non mangi nulla da ieri mattina."
B non rispose e continuò a contare mentalmente.
"Dovresti davvero mangiare qualcosa." insistette Watari, col suo fare paterno.
"87. 88. 89."
Decise di lasciargli il vassoio e non pressarlo ulteriormente, non avrebbe portato a nulla. Gettò uno sguardo a L, nella stanza accanto, che continuava le sue indagini, davanti allo schermo del pc, e gettava di tanto in tanto un'occhiata al monitor che trasmetteva le immagini di B, chiuso a chiave nella camera accanto. "L..."
"Lo so, Watari. Ma non può fare nulla, al momento."
L'anziano inventore annuì. "Esco, sarò di ritorno tra qualche ora."
L tornò a concentrarsi sulle sue indagini. Aveva avuto una mezza idea di avvertire la madre di Beyond Birthday, in realtà, ma non era una scelta che spettava a lui. Se B non voleva vederla, non aveva il diritto di portarla lì. Di farglielo vedere in quella condizione.
Una mezz'ora più tardi, il detective inviò la soluzione di un caso all'FBI e alzò lo sguardo verso il monitor dove poteva vedere B. Se ne andava in giro per la stanza gattonando, ma non era una scena piacevole da vedere: non era un bambino e la postura che aveva assunto era così innaturale...
L si chiese cosa dovesse fare. Non poteva trattenere B per sempre. Non poteva nemmeno rilasciarlo e attendere che commettesse un crimine per catturarlo e mandarlo in prigione. Però forse una soluzione c'era... Rivolse nuovamente la sua attenzione al computer e rintracciò il numero che gli serviva.
In quel momento, a parecchi chilometri di distanza, Phoenix stava bevendo la sua seconda tazza di caffè nel giro di pochi minuti. Era mattina presto e lei era ancora mezza addormentata. Così addormentata che, rispondendo al cellulare, si chiese se non stesse ancora sognando. Il possessore della voce metallica che proveniva dall'altro capo si presentò come L. Ma era impossibile. Come poteva averla trovata? Certo, era il più grande detective del mondo, ma... aveva nascosto le sue tracce così bene... ne era certa...
"L?" la sua voce tremò leggermente. "Come faccio a sapere che sei davvero tu?"
L iniziò a snocciolare tutte le informazioni che aveva raccolto su di lei in quegli anni, fino al momento in cui aveva scoperto dove viveva. Phoenix sapeva che nessun altro avrebbe potuto essere al corrente di tutto ciò. "Ti credo. Perchè... perchè mi hai chiamata?"
"Ascoltami bene, Phoenix, perchè non ho molto tempo. B è qui con me e ho bisogno del tuo aiuto. Anzi, vorrei che aiutassi entrambi."
"B?" la ragazza sorrise involontariamente. Era da così tanto tempo che non vedeva B. Da quando lui se n'era andato dall'orfanatrofio. Poi quel luogo era diventato insopportabile senza di lui e lei aveva seguito il suo esempio, lasciandosi Wammy's House alle spalle. "Sta bene? Perchè è con te?"
"Ti spiegherò quando sarai qui. Prima devi venire a Los Angeles."
"Vuoi mostrarti in volto... a me?"
"Sì. Dopotutto mi hai già visto quand'ero un ragazzino, in orfanatrofio. E so tante cose su di te. So di potermi fidare."
Il tono che non ammetteva repliche spinse Phoenix a chiedersi come poteva esserne così sicuro, ma pensò a B. Se avesse potuto rivederlo... "Quando devo arrivare?"
"Prendi l'aereo delle 18.50 di stasera. C'è un biglietto riservato a nome di Stephanie Clarke." L le spiegò dove avrebbe incontrato uno dei suoi uomini che le avrebbe fornito i documenti falsi con quel nome, poi, dopo una raccomandazione a non perdere l'aereo, chiuse la comunicazione.
Phoenix si sedette. Le girava la testa. L non le aveva detto nulla su B, se non che si trovava con lui. Eppure lei aveva la terribile sensazione che B si fosse ficcato in un brutto guaio. Sperando di sbagliarsi, finì il caffè, prima di andare a preparare la valigia. Non sapeva quanto sarebbe stata via.

Watari si recò all'aeroporto di Los Angeles a prendere Phoenix. Tale fu la sorpresa della ragazza a rivederlo, che il nervosismo scomparve quasi del tutto.
Anche se non si era trovata sempre bene all'orfanatrofio, considerava il signor Wammy come il suo benefattore: l'aveva accolta, le aveva garantito un'istruzione, un tetto sopra la testa e cibo, e non le importava se c'era stato un secondo fine nel fare tutto questo. Non le importava se si era trattato di gareggiare con tanti altri bambini per succedere a L. Lei se n'era resa conto, crescendo... era intelligente, sì, più della media, ma non intelligente abbastanza per superarlo. O per uguagliarlo.
B invece... lui sì che era geniale. Aveva una memoria eccezionale, leggeva libri di filosofia come fossero stati fumetti, possedeva una logica impeccabile e già a dieci anni, arrivato in orfanatrofio da poco, correggeva i professori. Phoenix l'aveva sempre ammirato, come aveva sempre ammirato L. Ed ecco perchè, man mano che si avvicinava all'hotel con Watari, sentiva nuovamente il nervosismo affiorare.
Ma quando l'anziano inventore aprì la porta della suite per farla entrare e lei vide quella sagoma inginocchiata in fondo alla stanza, coi lunghi capelli scuri arruffati, e quel profilo così familiare... quando lui si alzò in piedi, lei attraversò la stanza in un baleno e lo abbracciò: "B!"
"Temo che ci sia un errore, io non sono B." disse pacatamente il ragazzo, mentre lei lo stringeva a sè.
Phoenix lo lasciò andare immediatamente: "Come?" Lo guardò attentamente, ora che erano così vicini... vedeva la differenza. "Oh... mi dispiace, scusami... L..."
"Non importa... Phoenix, mi sembri in forma. Vuoi riposarti un po'? Il volo deve averti stancata."
"No, io sto bene... ma vorrei vedere B!"
"Mi spiace, non posso fartelo incontrare. Non ancora. Ora ti racconterò tutto."
Dopo essersi sistemato sulla poltrona e invitato la ragazza a prendere posto in quella di fronte a lui, iniziò a esporle il suo piano.
"L... con tutto il rispetto, perchè dovrei fare come dici?" chiese infine lei.
"Tu vuoi bene a B, non è vero?"
Phoenix annuì. "Certo, siamo amici..."  O lo eravamo...
"Allora dovresti farlo per il suo bene. Sarei più tranquillo se, fuori di qui, ci fosse qualcuno vicino a lui a sorvegliarlo."
"Come fai a credere che B voglia... far del male a qualcuno?"
"Ho le mie buone ragioni. Se accetti, rimarrai a Los Angeles, verserò sul tuo conto in banca denaro ogni mese, così non dovrai preoccuparti di trovare un lavoro per un po' di tempo... e naturalmente dovremo sentirci spesso."
Phoenix si morse il labbro inferiore, come faceva spesso quando era indecisa. "Io... davvero non intendi fare del male a B?"
"Se avessi voluto l'avrei già fatto." rispose, imperturbabile, il detective.
Già, che domanda stupida. "D'accordo, ma a me sembra... che sia tu il responsabile di questa situazione... come credi che si sia sentito, crescendo, a sapere di essere destinato a diventare la tua copia? Tutti lo prendevano in giro dicendo che B stava per Backup, è cresciuto con quest'idea in testa, non si sentiva mai bravo abbastanza anche se era il più dotato tra quelli della nostra età e se ora è disposto a fare qualsiasi cosa per superarti... sì, è tutta colpa tua." Man mano che proseguiva a parlare, Phoenix si sentiva sempre più arrabbiata. "Non è mai stato trattato come un individuo, ma solo come un rimpiazzo, un tuo futuro rimpiazzo! Raccogli quello che hai seminato, non credi?"
L si portò il pollice alle labbra. "Oh. Non credevo che tu fossi..." non concluse la frase. "Ma va bene anche così. Anzi, forse è meglio."
"Di che parli?"
"Phoenix, conto su di te per i prossimi mesi. Non pensare che nascondermi qualcosa vada a giovamento di B... se vuoi aiutarlo, devi dirmi tutto."
Il detective mise fine alla conversazione, alzandosi. Phoenix si passò le mani tra i capelli, nervosa. Sperava che ciò che era in procinto di fare fosse la cosa giusta.

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