Dumbledore And Grindelwald, A Deathless Love.

di miiiiiao
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogni infranti. ***
Capitolo 2: *** Lacrime salate. ***



Capitolo 1
*** Sogni infranti. ***


Il giovane Albus Silente aveva appena terminato il suo corso di studi alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Il giovane ragazzo dagli occhi azzurri capaci di scrutare in profondità programmava un viaggio in giro per il mondo con l’amico conosciuto durante il primo anno Elphias Doge.
La notte prima della sua partenza un’orribile notizia rovinò tutti i suoi piani e lo gettò nella più profonda depressione, la madre Kendra era stata uccisa per mano della sorella minore Ariana, durante uno dei suoi frequenti scatti d’ira.
Albus aveva il compito di controllare la sorella, poiché era piccola e necessitava molte attenzioni rispetto alle streghe della sua età.
Lo sventurato mago passò una notte insonne; i suoi piani erano rovinati ed aveva deluso il suo più caro amico. Il mattino seguente con il cuore dolorante partì per Godric’s Hollow con il suo pesante baule. Arrivò a casa e trovò il salotto distrutto, la sorella non sapendo controllare la sua magia aveva provocato un’esplosione nella quale la mamma era rimase uccisa. All’indomani del funerale Albus sperava che esistesse un incantesimo riparatore per il suo cuore, continuava a lanciare l’incantesimo Reparo su tutti gli oggetti in silenzio, con gli occhi rossi ed una malinconia che assillava la sua mente. Si interrogava continuamente cosa fare, non voleva sprecare la sua brillante carriera da mago in questo modo.
I primi giorni passarono in silenzio, Albus ed Ariana non parlavano molto, si limitavano a pochi scambi di parole e soprattutto non uscivano mai dalla loro casa. In paese pochi sapevano dell’esistenza di Ariana, e chi lo sapeva faceva ipotesi molto fantasiose, come quella che Ariana fosse una maganò e la madre si vergognasse di lei, ma non sapevano che purtroppo il potere incontrollato di Ariana era molto grande.
Un giorno, stanco di quella situazione, Silente uscì ed andò a prendere un the in una locanda sciatta e desolata, non lontana da casa. Appena entrò i suoi occhi si scontrarono con quelli di un mago biondo e molto affascinante, con un’aria intrigante e misteriosa. I loro occhi si scrutarono per qualche secondo, ma poi Silente imbarazzato distolse lo sguardo ed ordinò un the nero aromatizzato alla peonia. Si sedette in fondo alla scura sala e sorseggiò il fumante the, lasciando che gli appannasse gli occhiali. Mentre beveva la calda bevanda pensava alla strana situazione di prima, ed alla condizione che aveva complicato la sua vita, la sua omosessualità. Mentre sfogliava distrattamente l’edizione mattutina della Gazzetta Del Profeta sentì dei passi avvicinarsi, e vide il ragazzo misterioso di prima sedersi vicino a lui, e porgendogli la mano disse con una voce quasi baritonale: ‘’Piacere, Geller Grindelwald’’.
Silente strabuzzò gli occhi e prima di porgergli la mano lo scrutò nei suoi profondi occhi azzurri come lui solo sapeva fare e ricambiò il gesto con un accenno di sorriso: ‘’Piacere, mi chiamo Albus Silente’’
Cominciarono a parlare e scoprirono di avere solo un anno di differenza, Albus era più grande, e Geller era ospite della zia Batilda Bath, per indagare sulla storia dei Doni Della Morte. Albus era affascinato dal ragazzo e lo interessava.  
Si diedero appuntamento il giorno seguente sempre alla stessa locanda ed alla stessa ora, con un the fumante davanti ed alcuni pasticcini, di cui Silente andava ghiotto. Geller gli rivelò che indagava insieme alla zia sul terzo fratello Peverell ed Albus era sempre più interessato alla faccenda, poiché possedere i tre Doni Della Morte significava avere un potere enorme, ed addirittura secondo Geller si poteva creare un nuovo ordine mondiale, comandato da saggi maghi.
I giorni passavano e Silente trovò in Geller un amico ambizioso ed una fuga dalla realtà, ed infatti la sorella Ariana si ritrovò a rimanere molto tempo a casa da sola.
Silente cominciava ad aprirsi con il suo nuovo amico, gli raccontò la tortuosa storia della sua famiglia, il padre rinchiuso ad Azkaban per aver difeso la figlia da tre babbani che avevano visto la figlia minore utilizzare involontariamente la magia a sei anni, e per questo picchiata violentemente lasciando su di lei un trauma psicologico che si sarebbe portata per sempre sulle spalle. Silente non amava badare alla sorella, ma gli era stato imposto dal fratello maggiore Aberforth. Geller gli rivelò che era stato espulso dalla scuola di Durmstrang, per la sua attitudine alla magia oscura.
Aprendosi l’un l’altro la loro amicizia si consolidò, ma Albus era sempre più affascinato dal mago e forse poteva trattarsi di un amore nascente…

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Capitolo 2
*** Lacrime salate. ***


Era una mattina uggiosa a Godric’s Hollow ed Albus era rinchiuso nell’unico posto in cui poteva lasciarsi dietro tutte le preoccupazioni, la sua piccola stanza. Era ricoperta da una carta da parati spenta, ed era contornata da tante librerie, con grandi tomi impolverati. Era stanco, tutta la notte la sorella era stata colpita da orripilanti incubi, ed il paziente fratello maggiore le aveva raccontato per calmarla alcune fiabe di Beda Il Bardo, un classico nel mondo magico. Raccontò per prima la storia dei tre fratelli che imbrogliarono la morte, era la storia che da piccolo l’aveva colpito di più, in contrapposizione al fratello Aberforth che preferiva Ghiozza, la capra zozza. L’aveva rassicurata con le sue lunghe e magre dita e consolata con la voce narrante quelle fiabe tanto amate. Chiunque poteva pensare che Albus avesse accettato la morte della madre, e che si doveva prendere cura della sorella, ma lui, mentre compiva tutte quelle azioni provava una grande frustrazione.
In quel momento, Albus era disteso sul caldo letto, faceva roteare la bacchetta creando strane scintille; ascoltava la musica da camera che tanto amava ma niente riusciva a farlo stare completamente bene.
Esausto uscì di casa, camminando senza molta lucidità, si ritrovò in un giardino cupo, con antiche panchine ed alcuni Gargoyle ricoperti di muschio ed edera. Lentamente lacrime salate cominciarono a sgorgargli dagli occhi, le gocce che all’inizio della caduta erano calde, e prima di cadere dal mento diventavano fredde, come a significare che il calore umano non è mai sufficiente. Le lacrime erano l’esplosione della sua frustrazione; era passato in pochi giorni dall’essere uno degli studenti più brillanti che la scuola avesse mai visto, ad essere una balia a tempo pieno, in un insulso paese.
Era lì, con le mani sulla faccia, ma con sempre la sua estrema compostezza, anche nel dolore. Sentì dei passi avvicinarsi, apri gli occhi rossi ridotti a fessure, e forse per le lacrime, ci mise un po’ a mettere a fuoco, e poi scorse quella figura dalla chioma bionda che tanto lo affascinava. Non voleva farsi vedere in quello stato ma non poteva fare altro. L’altro mago gli si sedette vicino, ma non disse nulla. Albus lo guardava, ma lui aveva lo sguardo fisso, perso chissà dove. Poi d’un tratto pronunciò delle parole, con la sua voce bassa e rauca, sembrava non parlasse da anni.
‘’Bel posto per piangere, vero Albus?’’
Più che una domanda sembrava un’affermazione detta con tono un po’ sprezzante, forse perché il mago, indurito da quella scuola, non era capace di lasciarsi andare e di provare determinati sentimenti. Albus tirò su con il naso, si diede un contegno e rispose con un’altra domanda.
‘’Vieni spesso qui?’’
Geller rimase confuso, forse perché a nessuno interessava mai quello che faceva e gli annuì semplicemente non sapendo come continuare. Dopo un po’ gli propose di andare a casa sua, per conoscere sua Zia, Bathilda Bath. Appena entrarono in casa Albus riconobbe la donna, ma non le aveva mai dato un nome. Era una donna particolare, sembrava scrivesse e nel paese non era apprezzata da nessuno, ma Albus ogni tanto la salutava, un rapporto senza vero interesse, confermato dal fatto che lo sventurato mago non conoscesse il suo nome.
La donna lo salutò sorridendogli e con voce dolce gli disse: ‘’Albus sono molto addolorata per tua madre, era una persona così a modo e mi dispiace per tuo padre, finito in quel postaccio, siete delle persone buone, e sono felice di accoglierti qui’’
Albus rimase a bocca aperta nel sentire quelle parole, come faceva a conoscere il suo nome, ed addirittura la sua famiglia, un brivido gli corse lungo la schiena, e a fatica sorrise, rispendendo con voce soppesata attentamente.
‘’La ringrazio, mi dispiace aver fatto irruzione in questa casa, ma suo nipote mi ha voluto portare qui perché…’’ e la sua voce tremò. ‘’Ero… in un brutto stato!’’
Geller allora con voce sicura disse ‘’Zia Bathilda perché non ci prepari un bel thè’’
Bathilda, ecco come si chiamava, ed allora un flashback lo portò indietro di un anno, quando appena tornato da Hogwarts aveva trovato quella signora, Bathilda, sorseggiare un the con sua madre Kendra, nel salotto futuro scenario della magia incontrollata della sorella. Sua madre non permetteva a nessuno di entrare in quella casa, per via della sorella, e Bathilda era l’unica eccezione. Quella donna doveva conoscere bene sua madre, e quindi Albus si trovò a disagio.
A riportarlo alla realtà fu quell’odore che tanto amava ed i passi della donna. Si ritrovò gli occhi di Geller e fissarlo, forse aveva tenuto lo sguardo perso per troppo, e si senti a disagio.
Bevvero il the silenziosamente e Bathilda guardando il nipote disse: ‘’Forse non lo sai, ma Albus, al contrario tuo, è un ottimo studente. Sua mamma me lo diceva sempre’’ ed ora la donna si voltò verso di lui, con voce più dolce disse: ‘’Era orgogliosa di te’’
Albus, scosso da quell’affermazione cambiò espressione, e nei suoi occhi lampeggiò il dolore, il dolore che solo la perdita della madre ti può dare. Gli occhi gli si inumidirono, era sempre stato un ragazzo forte ed astuto, ma in quel momento era molto debole.
Bathilda con un’aria di rammarico e gli occhi pentiti, pronunciò poche parole con dolore: ‘’Scusami, Albus, è passato troppo poco tempo, perdonami.’’
Geller quasi la fulminò con gli occhi e con un gesto disse ad Albus di venire con lui, come per proteggerlo. Quindi si congedarono in una camera al piano di sopra, quella di Geller. Albus si sentì in imbarazzo e appena chiusa la porta, Geller, toltosi la corazza da duro che ben portava, gli diede un abbraccio, di quelli forti che sembrano riattaccare tutti i tuoi pezzi. Albus avvampò visibilmente, ma non gli importava, si sentiva ristorato da tutto ciò.
E poi delle parole uscirono dalla bocca di Geller, la sua cassa toracica vibrò poderosamente, attaccandogli quelle parole sulla pelle, come un marchio, un morbo che una volta che ti attanaglia il cuore è finita.
‘’Mi dispiace tanto, ci sono io qui’’
Come poteva una persona che lo conosceva così poco alleggerirgli l’anima? Si sedettero sul letto e cominciarono a parlare delle solite cose, dei Doni Della Morte, ma diversamente; Albus in quel momento percepiva le parole diversamente, come se quell’abbraccio l’avesse cambiato.
Dopo ore passate li sfogliando libri e documentandosi, Albus disse con tono dispiaciuto: ‘’E’ tardi, devo andare…’’ si fermò un attimo, i loro occhi si incrociarono, rispecchiandosi. ‘’Grazie per tutto, davvero’’.
Arrivò a casa per la prima volta dopo tanto con il buon umore, e quell’abbraccio incastrato nelle costole che per lui significava molto. Ariana era triste quella sera, cominciava a sentire il fratello sempre più lontano, e gli si avvinghiò sul divano fino ad addormentarsi, più tranquilla.
Albus dopo un tempo, incalcolabile che stava lì, andò a preparare la cena, la svegliò più delicatamente possibile e mangiarono.
Albus fissava il piatto, e faceva girare quel broccolo da una parte all’altra del piatto ed Ariana con voce distaccata, tagliente e triste gli sibilò: ‘’Sei diverso, cos’hai?’’.
Lui, colto dalla sorpresa di sentire quelle parole ci mise un po’ a rispondere con un veloce e duro ‘’Niente’’.
Quella notte Ariana si addormentò senza dare problemi, ma Albus si girava nel letto, con quel caldo umido che gli faceva attaccare le lenzuola alle gambe e poi, improvvisamente, cadde in un sonno profondo.
Sognò di partire insieme a Geller, a cercare quegli oggetti che entrambi bramavano. Si sentiva finalmente libero, felice e protetto. Nel sonno sorrise, ma ben presto un urlo straziante lo riportò alla realtà…

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