Deuxième chance.

di Alice_ecila
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


-Okay. Calmati Alice. Respira. Non sarà così difficile orientarsi, infondo basta prendere il cellulare e usare Google maps.

Ed eccomi qui, nella piazza più grande d’Europa, quella di Padova, a cercare disperatamente di orientarmi. Mi chiamo Alice Relio e ho 22 anni, e ho un pessimo senso dell’ orientamento. Mi trovo a Padova in questa caldissima ultima settimana di settembre per iniziare i corsi di laurea magistrale in Economia e Finanza. Mi sono laureata a luglio, e ho deciso di cambiare decisamente aria per affrontare questi due anni spostandomi dalla Toscana a qui in Veneto, e spero di aver fatto davvero la scelta giusta.

Per 19 anni della mia vita ho abitato in un piccolo paesino campano, ho sempre odiato quel posto fin da bambina, non mi piaceva niente, dalla chiusura mentale della gente alla struttura architettonica del paese. Sembra strano agli occhi di tutti che io non straveda per il mio luogo di origine, ma ogni volta che ci torno nasce in me la voglia di scappare lontano da quel luogo che mi è sembrata una prigione per così tanto tempo. Così, quando fu il momento di scegliere quale università frequentare optai per la vicina Napoli, spinta soprattutto dal fatto che le mie amiche avrebbero frequentato lì l’università; ma grazie ai miei genitori (ancora oggi li ringrazio) e ai loro consigli optai per Siena, tranquillissima città toscana dove la facoltà di Economia è una delle più prestigiose d’Italia. Grazie alla borsa di studio offertami dalla Università ho passato tre anni studiando in assoluta serenità, risparmiando qualche soldino per qualche gita fuori porta.

E ora, eccomi qui a Padova, con due pesanti valigie e una cartina in mano. Ho la netta sensazione di sembrare una cretina agli occhi dei passanti, anzi, ne ho la certezza considerato gli sguardi divertiti che mi lanciano. Finalmente vedo un taxi avvicinarsi così alzo la mano cercando di attirare l’attenzione dell’autista, il signore brizzolato grazie al cielo si ferma e scende dall’auto per aiutarmi con i bagagli.

-Dove la porto signorina?-

-Via Marsala 31.- dico esausta mentre mi sistemo meglio nell’auto. Mio dio che caldo.

Dopo pochi minuti l’auto si ferma davanti a un bellissimo e imponente portone in legno scuro, mi affretto a pagare il tassista e scendo dal taxi prendendo le valigie che l’uomo mi porge.

-Grazie mille.- rispondo gentile.

-Grazie a lei signorina, buona giornata.-

Prese le mie valigie infinitamente pesanti e mi driggoi verso il portone della mia nuova casa, suono al campanello “Vatta Ilaria e Sinoni Elisa” e mi appoggio allo stipite dell’entrata.

-Chi è?- chiede una voce assonnata.

-Alice.-

-Oddio!-esclama la ragazza. -Aspettami che scendo e ti do una mano con le valigie.-

La ragazza si dimentica, però, di aprirmi il portone e così rimango nella mia posizione, sotto il sole a fissare il portone della palazzo di fronte. E’ ancora più bello di quello del mio palazzo, di legno scuro con due enormi maniglioni in ferro e all’ estremità superiore compariva una testa di leone. Mentre osservo ancora l’entrata dal palazzo davanti a me sento squillare il mio cellulare. “Porca miseria!”, ho dimenticato di chiamare mia madre.

-Mamma!- rispondo appena dopo essere riuscita a estrarre il cellulare dalla borsa.

-Tesoro!- esclama felice nel sentire la mia voce,-sei arrivata? Fa caldo? Hai l’acqua con te?-

Eccola che comincia! Mia madre è davvero apprensiva, nonostante vivo da sola da più di 3 anni, probabilmente non si rassegna  al fatto che sono diventata indipendente.

-Si mamma sono arrivata, sono sotto il portone di casa.- sorrido emozionata.

Tack.

Mi volto distrattamente verso il portone che stavo guardando fino a 5 minuti fa, e non sento quello che mia madre stava dicendo perché il cellulare mi cade dalle mani nel preciso istante in cui i miei occhi si incatenarono a un paio di occhi scuri che avrei riconosciuto fra mille. In un attimo non sento più la terra sotto ai piedi, il cuore prende a battermi così forte che sembra voler uscirmi dal petto, le mie orecchie sembrano in grado di sentire solo un fastidioso fischio.

-Eccomi Alice, scusa se ti ho fatto aspettare!- l’esclamazione di una voce alle mie spalle mi riporta improvvisamente nella dimensione reale.

-Ti senti bene?- mi chiede una ragazza bassina e paffutella mentre raccoglie il mio cellulare dal marciapiedi. Ha i capelli lunghi e liscissimi di un colore biondo miele e gli occhi verdi e grandi.

-Io…- cerco di rispondere, ma lo shock di qualche minuito fa prende il sopravvento e non riesco a pensare lucidamente. Alla fine riesco ad allungare la mano verso di lei e faccio in modo di darmi un contegno, insomma, è pur sempre la mia coinquilina e non voglio essere vista come una non molto stabile. –Piacere di conoscerti, sono Alice.- faccio il sorriso più tirato e finto che ho mai fatto nella mia breve vita.

-Piacere mio!-esclama lei sorridendo-io sono Ilaria.- continua porgendomi il mio cellulare.

Lo afferro imbarazzatissima, sicuramente al momento ho un’espressione da cretina. Complimenti Alice! Sei proprio una stupida!

-Avrai avuto un colpo di caldo.- mi dice lei osservandomi attentamente-sembri stremata e sconvolta.- ride dopo l’ultima affermazione.

-In effetti oggi fa davvero molto caldo.- affermo cercando di essere convincente.

-Tranquilla- Ilaria mi sorride-andiamo sopra che ti offro una bibita fresca.-
 
Quattro rampe di scale dopo, una piacevole chiacchierata con Ilaria e una sciacquata alla mia faccia, sono seduta sul letto della mia nuova camera. Non è grandissima, ma nemmeno piccola. Ha due finestre che danno sulla strada con delle graziose tendine gialle, un letto a una piazza e mezza con un comodino al centro della stanza, un armadio a 4 ante attaccato al muro, una libreria e di fianco una grande scrivania. Tutti i mobili sono di legno bianco e la stanza odora di nuovo. Le pareti sono anche esse tinte di bianco, danno un senso di pulito, ma la stanza sembra davvero anonima in questo modo. Non mi sono data tempo di pensare, ho cercato di occupare il tempo disfando le valigie, mettendo in ordine le mie cose e richiamando mia madre scusandomi  per il mio comportamento. Invento di aver avuto un colpo di calore, ma la rassicuro immediatamente sul mio stato di salute altrimenti me la trovo sotto casa fra meno di 12 ore. 
Dopo la chiamata con  mia mamma sospiro rassegnata e mi butto sul letto in cerca di un po’ di tranquillità. Forse lo avevo immaginato, insomma.. non poteva essere reale! Più ripensavo a quello che mi era successo più una strana sensazione mi attanagliava lo stomaco. Dovevo dirlo a qualcuno? A chi?
 No. Finquando non ne parlo con nessuno non può essere reale, ragionamento stupido ma giusto. Santissimo Dio! Ho la camera da letto che dà sul palazzo nel quale abita, forse addirittura le mie finestre sono di fronte a quelle della sua di camera. Mi tiro un attimo a sedere e mi passo le mani nei capelli cercando di calmare il mio respiro e il mio battito cardiaco, forse sto viaggiando troppo con  la mente, forse non è casa sua, ma di qualche amico o parente, forse non abita nemmeno a Padova, forse sta facendo un colloqui di lavoro! Ecco, sto impazzendo. E lui? Cosa aveva pensato in quel momento? Era scomparso non appena Ilaria mi aveva risvegliata dallo shock, ma infondo cosa avrei dovuto aspettarmi? Presi il cellulare dal comodino e composi il numero di Chiara.

-Proprio a te stavo pensando brutta str-Non la lascio finire.

-Taci-imperativa.

 Faccio un grosso respiro mentre lei smette immediatamente di aggredirmi. -Non immagini cosa mi è successo- sussurro piano.

-Oddio-il suo tono di voce è allarmato-Cosa ti è successo?- Chiede preoccupata. Sospiro, ancora.

-Alice ti prego parla! Mi sto preoccupando!- mi sprona lei.

E’ la mia migliore amica dai tempi del terzo liceo. Eravamo diventate inseparabili e ne avevamo passate così tante insieme. Chiara è la persona
migliore che conosco, una donna forte, con un carattere formidabile; non solo è simpatica, ma è davvero una persona ironica, capace di farti ridere anche nelle situazioni più tristi. Un’amica come lei è di quanto più bello si possa avere, nonostante è molto viziata e capricciosa, da quando avevamo legato durante quel terzo anno di liceo scientifico, ci eravamo trovate a diventare pappa e ciccia. L’ università ci aveva portato in due posti diversi, ma ci eravamo sentite ogni singolo giorno e continuiamo a farci un sacco di risate insieme, ma anche ad asciugare una le lacrime dell’altra. Chiara ha degli occhioni marroni grandissimi, contornati da delle ciglia lunghissime, le labbra a cuoricino e il viso regolare; è bassina e magra ed è davvero una gran gnocca. I suoi capelli neri le danno un tocco da rock star e ama la moda, aveva sempre avuto un guardaroba pazzesco. La nostra amicizia era cresciuta insieme a noi, giorno dopo giorno, in quei banchi di scuola così detestati. Alla mia laurea Chiara aveva fatto i salti mortali per esserci, e si era addirittura commossa quando ero uscita dall’aula in cui avevo discusso la tesi. Quattro giorni dopo quella memorabile data eravamo andate a Firenze, al concerto di Lorenzo Jovanotti, e ci eravamo divertite come non mai. Ora, ognuno è ritornato alla sua vita, lei a Napoli alle prese con ingegneria civile e io a Padova alle prese con un cuore che batteva all’impazzata.

-Io ho…- non riesco a finire la frase che bussano alla porta della mia stanza. –Ti richiamo.- senza aspettare risposta stacco la chiamata e lancio il cellulare sul letto come se scottasse.

-Avanti.- rispondo dopo aver preso un profondo respiro.

Una ragazza mora, con un seno decisamente abbondante apre la porta della mia camera. -Tu devi essere Alice- sorride avvicinandosi,-piacere di conoscerti, sono Elisa.- mi stringe la mano -l’altra coinquilina.-
Ha degli occhioni nerissimi ed è bassina, ma ha qualcosa nel complesso che la rende graziosa.

-Io e Ilaria stasera pensavamo di fare un giro, magari mangiare fuori qualcosina.- mi dice allegra –Ti va di unirti a noi?- .

Ero davvero molto tentata, ma la stanchezza del viaggio si  sta facendo sentire e inoltre devo ancora finire di sistemare le mie cose.

-Ti ringrazio di cuore, ma sono a pezzi.- rispondo mentre torno a sedermi sul letto. –Il viaggio e questo caldo mi hanno davvero sfinita, credo farò una doccia e poi andrò a letto.-

-Ti capisco benissimo, però una di queste sere ti faremo conoscere la movida Padovana, non ci dare buca eh.- si raccomanda facendomi l’occhiolino.

-Contaci!- esclamo ridendo.

-Ti lascio riposare allora, ci becchiamo in casa.- dice mentre la vedo sparire dietro la porta.

Nel momento in cui Elisa lascia la mia stanza il mio cellulare inizia a squillare, Chiara mi sta chiamando. Non rispondo con un “pronto”, non mi scuso con lei per avergli staccato il telefono in faccia, non le spiego niente della nuova casa o delle nuove coinquiline. Pronuncio tre sole lettere, un nome, e quello che segue è il silenzio più assordante della mia vita.

-Teo.-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Aspetto che Chiara risponda con gli occhi chiusi e il fiato sospeso.

-Non capisco- è un sussurro più a se stessa che a me.

-E’ uscito dal portone del palazzo di fronte mentre aspettavo che la mia coinquilina aprisse il mio.-

-Dio mio.- sospira. –Non riesco a crederci! Ma lui ti ha vista?-

-Si- mi mordo il labbro inferiore. –Ci siamo guardati per un secondo.-

-Questo è il karma!- un’esclamazione dal tono un po’ troppo festoso.

-Chiara- la ammonisco –non capisco questa tua felicità.-

-Non è felicità- dice tranquilla –è solo che era destino, non poteva finire tutto in quel modo- fa una pausa mentre io mi sento morire –capisci?-

-No!- esclamo leggermente irritata –non capisco e non voglio capire.-

-Ma..-cerca di ribattere lei.

-No Chiara- la rimprovero seppur con un filo di voce. –Le nostre strade non dovevano incontrarsi mai più.- affermo maggiormente decisa.

-Sai che non hai aspettato altro per tre anni, vero?-

-Non osare.- stavolta sono davvero irritata. –Fino a sei mesi fa ero fidanzata e sono ancora innamorata di Kevin, ci ho sofferto moltissimo.- ci mancava solo che la mia
mente cominciasse a pensare a Kevin, che bella giornata di merda!

-Scusami Alice- sembra davvero pentita. –E’ solo che non me lo aspettavo e, ecco, penso che la vita ti abbia messo davanti l’opportunità di toglierti parecchi dubbi.- 

In fondo io so che ha ragione. So che le situazioni lasciate in sospeso non portano a nulla di buono. Tre anni, erano passati tre anni e io ancora mi logoravo, ancora aspettavo qualche sua scusa, ancora aspettavo che si inventasse un addio per qualcosa che forse per lui non c’era mai stata.

-Ch…che stiamo facendo?- chiedo con voce tremante.
-Stiamo facendo quello che avremmo dovuto fare da sempre- la sua voce roca mi scuote tutta. Sento la sua bocca scendere dalla mia bocca verso l’incavo del mio collo. Le sue mani vagano sotto il mio vestito, sulle cosce in una carezza di fuoco che mi fa andare in fiamme.
-Mmmm- mugolo quando le sue mani arrivano all’orlo delle calze. Cosa aspetta a togliermele?
La sua bocca continua una scia infuocata di baci fino alla mia clavicola e io porto le mani al colletto della sua camicia e inizio a sbottonargliela. In quel momento si ferma e mi guarda negli occhi, si legge chiaramente la sua espressione famelica e priva di controllo. C’e solo la luna che illumina questa stanza di albergo, un letto matrimoniale e un lettino singolo, le valigie mezze piene sulla moquette bordò e i vestiti lasciati un po’ ovunque. Poi ci siamo noi, appoggiati al muro che ci baciamo famelici, noi che siamo sbagliati, noi entrambi fidanzati, noi che stiamo finalmente facendo quello che avremmo dovuto fare da tempo, davvero.
Teo porta una mano nei miei capelli e spinge il mio viso verso il suo, le nostre labbra si incontrano e le nostre lingue si intrecciano nel bacio più passionale che abbia mai ricevuto. Butta a terra la sua camicia e io intanto mi sfilo gli stivaletti, mi prende per mano e mi fa stendere sul letto. Nemmeno un secondo e le sue labbra sono ancora sulle mie, le sue mani mi accarezzano i fianchi e il suo corpo mi sovrasta. Lo bacio, lo bacio come se quei baci fossero acqua e io non bevessi da anni, gli mordo il lobo dell’orecchio e lo sento fremere sopra di me.
-Mi stai facendo impazzire.- mi sussurra all’orecchio prima di afferrare l’orlo delle mie calze e toglierle in un’unica mossa. Sento la mia pelle bruciare sotto il tocco delle sue mani, il mio cervello è completamente disconnesso. Continuiamo a baciarci ancora, ci stacchiamo solo per riprendere fiato e guardarci negli occhi.
-Che mi stai facendo?- sussurro mantenendo lo sguardo nel suo. Non mi risponde, si inginocchia fra le mie gambe e mi attira a se. Sento la sua bocca sulla mia mascella e poi di nuovo sul mio collo, butto la testa indietro per facilitargli il lavoro e intanto le sue mani mi tirano su il vestito fino a sfilarmelo con delicatezza. Ora sono qui, in reggiseno e mutandine davanti a lui, che mi guarda come se davvero fossi la cosa più bella che abbia mai visto.

-Alice!- la voce di Chiara mi riporta al presente. –Alice ci sei?-

Oddio.

-..Si..scusami- farfuglio – sono molto stanca per il viaggio.- Era una bugia solo in parte.

-Forse dovrei spegnere il cervello per un po’ e riposare per un paio di ore.- ipotizzo passandomi una mano fra i capelli.

-Ah quindi il tuo cervello è acceso? Quindi funziona? Wow!- ironizza Chiara ridendo.

-Sei proprio una stronza!- le dico ridendo.

-Dai, vai a riposare- mi incoraggia –vedrai che quando ti sveglierai ti sentirai come nuova.- afferma decisa.

Ci salutiamo e mi stendo sul letto, sono davvero stanca, ma non è stato solo il viaggio, incontrare Teo mi ha abbastanza destabilizzata. Guardo l’ orologio sconsolata,
sono ancora le diciotto, riposerò per un paio di ore e poi continuerò a mettere ordine nella mia nuova stanza, neanche il tempo di pensarci che già sento le palpebre diventare pesanti.
 
Mi sono svegliata da appena qualche minuto e sono ancora sul letto a guardare il soffitto. Ora mi sento molto più riposata, mi giro su di un fianco e guardo verso la porta. Alla fine mi rendo conto che gran parte della roba è già sistemata, forse uscire un po’, conoscere la mia nuova città mi farebbe bene. Non rimango a pensarci più di tanto e mi diriggo tutta contenta verso la cucina, dove Elisa e Ilaria sono sedute al tavolo a guardare delle riviste.

-Ehi!. Mi sorride Ilaria.

-Vuoi unirti a noi?- mi chiede Elisa –stiamo guardando riviste di moda.-
 
 -Oh, magari! Grazie.- sorrido mentre osservo la nostra cucina colorata. Le pareti della stanza sono bianchissime, il soffitto è alto ed è davvero luminosa. Al centro della sala c’è un tavolo quadrato di legno chiaro e attaccato alla parete c’è un divano blu di pelle; forse strona un po’ con la cucina rosso fuoco, con i pensili lucidi. Io la trovo adorabile, è nuova ed ha anche la lavastoviglie! Ci sono tantissimi utensili a vista e una bellissima macchinetta per il caffè.

-Allora Alice- Ilaria interrompe il silenzio.- dicci qualcosa di te.- mi sorride.

-Infatti!- esclama elisa afferrando un biscotto al cioccolato. -sappiamo solo che inizierai a breve la magistrale di economia.-

-In realtà non c’è molto da dire- faccio spallucce.- cosa volete sapere?-

-Che so, fai sport? Cantanti preferiti, fidanzato, roba così- sorride Elisa continuando a mangiare biscotti.

-Io e lo sport siamo due mondi a parte-dico ridendo-quindi no, niente sport. Cantanti preferiti ne ho molti, forse troppi.- scoppio a ridere.

-Fidanzato?- chiede curiosa Ilaria.

-Beh, no- cerco di sembrare serena-ci siamo lasciati qualche mese fa, prima della mia laurea.- sento che anche se non voglio, il mio sguardo si incupisce.

-Ilaria è sempre la solita, devi scusarla.- mi dice Elisa passandomi un biscotto.

-Macchè, state tranquille.- le rassicuro sorridendo –ormai è acqua passata.-

Bugia. Enorme bugia. La mia vita era stata sempre costruita su bugie.

-E voi?- chiedo- vi frequentate con qualcuno?-

-Il mio unico amore è il cibo.- dice seria Elisa abbracciandosi il pacco dei Frollini al Cioccolato.

Io e Ilaria scoppiamo a ridere contemporaneamente.

-Io mi sto vedendo con Pedro, un ragazzo spagnolo che è qui in erasmus.- afferma la bionda.

Il tardo pomeriggio lo passo in compagnia delle mie nuove coinquiline a raccontarci un po’ di noi, a cercare di conoscerci meglio. Sono davvero simpatiche e con loro mi sento a mio agio, nonostante siano in casa insieme da anni. Così, dopo aver fatto una lunga doccia, indossato il pigiama e mangiato un toast al  formaggio, decido di andare a dormire sperando in un domani decisamente migliore e abbandanando l’idea di uscire e visitare la città.
 
 
 
 
Sono qui solo da un giorno ma ho capito già che Padova è una città TROPPO rumorosa per il mio povero sonno. Do, infatti, un’occhiata alla sveglia, sono appena le 8:35 del mattino, di domenica mattina tra l’altro. Mi trascino fuori dal mio letto fino in cucina, dove cercando di non fare rumore mi preparo un cappuccino extra zuccherato con dei biscottini alla nocciola.
Alla fine è una bella giornata, il sole splende nel cielo e l’aria sembra particolarmente limpida. Il pensiero di fare una passeggiata esplorativa si sta appropriando del mio cervello, quando guardando fuori dalla finestra lo vedo.

Teo.

Proprio lui, in tutto il suo splendore. Pantaloni blu e t-shirt grigio chiaro, la barba incolta e i capelli morbidi e disordinati. E’ appena uscito dal palazzo mentre discute animatamente con qualcuno al telefono.  Continua a camminare avanti e dietro freneticamente mentre si gratta il capo e sembra esausto. Rimango lì a fissarlo come una cretina per tanto, troppo tempo. Basterebbe scendere le scale e precipitarmi in strada, basterebbe guardarlo negli occhi per azzerare completamente quei tre anni che ci hanno separati. Non faccio in tempo a pensarci, le mie gambe stanno già scendendo le scale con il cuore che mi batte a mille. Sono in pigiama, con le ciabatte, con i capelli arruffati e senza un filo di trucco, ma sto andando da lui.

Il portone si apre con un rumoroso suono metallico sotto le mie mani, lo spingo un po’ e ..
Niente. Lui è lì, che mi guarda stupefatto.
Sento il mio cuore accelerare ancora di più e il mio respiro farsi corto. Siamo entrambi immobili, ci separa la strada piena di gente che passeggia sui marciapiedi e macchine che sembrano impazzite. All’improvviso allontana il cellulare dal suo orecchio e lo mette in tasca, mentre  attraversa la strada con andatura lenta. Sembra tranquillo, perfino quando con una calma disarmante mi si para davanti. Il suo maledetto profumo-non lo ha mai cambiato?- mi invade le narici e per qualche secondo mi sembra di avere un mancamento.

-Alice.-

A questo punto io dovrei svenire, giusto?

-C…ciao.-

Niente, a quanto pare non svengo. Anzi, rispondo anche, ma lo faccio così piano che non so se mi sente.

-Come stai?- la sua voce trema per un attimo, come se la calma e la sicurezza mostrate stessero andando in pezzi.

Non ci parlavamo da tre anni, o forse di più. Al mio povero cuore però la sua voce continuava a fare lo stesso effetto. Non mi aspettavo certo che mi chiedesse “come
stai?” , non sapevo cosa rispondere a quella domanda. Come sto? La verità è che non lo so nemmeno io. Ma poi, a lui interessa davvero sapere come sto?

-Io..io devo andare- farfuglio confusa indietreggiando.

Vedo la sua espressione farsi confusa, mentre le mie spalle si avvicinano al massiccio portone. Ci guardiamo negli occhi e sento le gambe non reggermi prima di appoggiarmi alla grande maniglia e spingere. E così, in un attimo, sono dentro. Al sicuro. Lontana da lui.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Salii le scale così velocemente che rischiai più volte di inciampare. Che diavolo mi era saltato in mente? Dio mio quanto ero stupida. Il mio cuore batteva ancora a mille quando mi  buttai sul letto mentre qualche lacrima mi rigava il viso. Mi faceva ancora questo effetto? Come poteva, dopo così tanto tempo? Era una consapevolezza disarmante, tagliente come non mai; mi ero lasciata da sei mesi con Kevin, eravamo stati insieme 2 anni e quattro mesi. Non ero mai stata sicura di amarlo, ma mi attaccavo a lui come lo si fa con un ancora di salvezza. Lui mi aveva salvata, mi aveva salvata da quella delusione amara che Teo aveva saputo darmi.

 Ci conoscemmo il primo giorno di corsi all’università, fu un colpo di fulmine da parte sua. Kevin era davvero un bel ragazzo, magro, alto, occhi azzurri  e capelli neri, faceva tantissimi tipi di sport e amava stare all’aria aperta. Era un anno più grande di me e veniva dalla Sicilia, ricordo che mi abbordò proprio chiedendomi da dove venissi. Da lì un continuo punzecchiarci, mi piaceva stare con lui, era adorabile in tutto, perfino quando si accendeva 10 sigarette di seguito. Gli parlai di Teo una fredda domenica di Novembre, eravamo andati a prendere una cioccolata calda insieme per festeggiare il suo primo tatuaggio. Si era tatuato una croce romana sul polso della mano sinistra, dalla parte interna del braccio; niente di che se paragonato al suo piercing alla lingua.
-Chiunque sia questo Teo- fece una pausa penetrandomi con l’intensità del suo sguardo-deve essere un grandissimo coglione per essersi lasciato scappare una come te.- concluse facendomi l’occhiolino.
Arrossii violentemente ed abbassai lo sguardo. Poche ore più tardi, mi riaccompagnò a casa e mi diede un bacio. Fu un momento dolcissimo perché mi sembrò molto imbarazzato, e lui non lo era mai. Ricambiai, anche se con incertezza e lasciai che la mia lingua toccasse il suo piercing. Dopo poche settimane inciampammo nelle lenzuola e ci trovammo a fare l’amore nel suo letto. Fu … divertente. Ecco, divertente è il termine più adatto. Aveva un fisico stupendo e ci sapeva davvero fare, io mi sentivo così imbarazzata e incapace; ma fu bellissimo e appagante e altre mille cose insieme. Eppure io sentivo che qualcosa in me non si scioglieva, che una parte di me non vedeva Kevin come avrebbe dovuto vederlo una ragazza innamorata. Presto la notizia del nostro fidanzamento fece il giro della facoltà, portandoci sulla bocca di tutte le pettegole dei nostri corsi.
Dormivamo spesso insieme a casa sua, aveva un monolocale tutto per sé. Uscivamo con gli amici, organizzavamo cene, faceva l’amore spessissimo, ma sentivo sempre questo vuoto, questa convinzione che non stessi andando da nessuna parte in realtà. Così, due anni e quattro mesi più tardi, Kevin mi lasciò. Mi spiegò che un’altra ragazza gli aveva riservato attenzioni in quegli ultimi tempi, che lui aveva provato a farmelo capire ma io ero stata davvero cieca e troppo concentrata su me stessa e sulla mia tesi di laurea; queste attenzioni si  erano fatte man mano sempre più intense e lui aveva visto in lei tutto quello che io non gli avevo dato nella nostra storia. Aveva visto la differenza fra me e quella ragazza e aveva deciso che io non meritavo una persona come lui. Aveva ragione su tutto, purtroppo io non lo avevo mai davvero amato, non lo avevo mai sentito davvero mio e non mi ero mai sentita davvero sua. Avevo perso una persona fondamentale della mia vita, ma non volevo essere egoista così gli dissi che aveva ragione. Gli dissi che ultimamente non provavo più quello che provavo all’inizio della nostra relazione, che non meritavo un fidanzato come lui.
-Ti amo Alice.- mi prese le mani. -Ti amo così tanto, e continuerò a farlo probabilmente ,ma non così.-
Ad ogni parola mi sentivo morire.
-Tu non provi lo stesso per me e io me ne farò una ragione- sul suo viso comparve un sorriso amareggiato  -Non mi metterò con Elena, non voglio stare con lei. Ma non voglio stare nemmeno con te, non con questa te che non sa che cosa vuole- si passò una mano nei capelli –per me la nostra storia ha un’importanza, non ho più 16 anni- fece una pausa–ed è per questo che ti lascio, perché non posso sperare che le cose migliorino, perché non sono migliorate neanche un po’ e peggioreranno man mano.-
Fu straziante sentirsi dire quelle cose, confrontarsi con la realtà e capire di essere stata una stronza. Da quel giorno io e Kevin ci ignorammo, il giorno della mia laurea mi mandò dei fiori e sul biglietto scrisse solo “da Kevin”. Soffrivo a non averlo con me, a vederlo sempre con una ragazza diversa, soffrivo tanto, ma me lo ero meritato e non avevo alcun diritto di distruggere la sua serenità.
 
Avevo passato il resto della mattinata chiusa nella mia camera, con la faccia nel cuscino a pensare a quanto fossi stupida. La mia vita era stata sempre così, un continuo rimorso o un continuo rimpianto. Al diavolo!
Mi alzai dal letto e guardai schifata il mio riflesso allo specchio. Pelle bianchissima, le labbra carnose e gli occhioni verdi. Nel complesso non ero male, ma c’era qualcosa del mio aspetto che non mi convinceva, tanto da non farmi sentire sicura di me stessa.
Legai i miei lunghi capelli castano chiari in una coda alta e mi infilai un pantaloncino e una t-shirt bianca con delle grandi scritte nere. Passai un filo di matita nera sulla linea superiore dell’occhio  e abbondai con il mascara. Pochi minuti dopo decisi di riemergere dalle ceneri della mia stanza e fare il mio ingresso in cucina, dove Elisa e Ilaria chiacchieravano tra loro ancora avvolte nei loro pigiamini simpatici.

-Buongiorno- esclamai cercando di sembrare il più rilassata e tranquilla possibile.

-Hey!- mi sorrise Elisa mentre mangiava un biscotto.

-Ali, stasera c’è una festa.- intervenne prontamente Ilaria –non è ammesso un no come risposta quindi ora ti chiederò se verrai con noi.- sorrise felice battendo le mani.

-C’è cibo?- chiese Elisa mentre si versava un bicchiere di succo di frutta.

-Oddio santo!- Ilaria alzò le braccia spazientita –smettila di pensare sempre al cibo!- sbottò divertita.

-Uffa-Elisa fece la faccia colpevole, da cucciola bastonata-ho solo chiesto un’informazione.- precisò sorridendo.

-Allora Ali, verrai?- chiese la bionda speranzosa.

-Mmh- commentai pensierosa.- credo di si, infondo non ho ancora visto niente di Padova.- feci spallucce.

-Ottimo!- esclamò un po’ troppo entusiasta Ilaria –tre coinquiline alla riscossa!-

Fra le risate e i commenti sulla serata che ci aspettava preparammo il pranzo e ci sedemmo a tavola. A quanto avevo capito, il locale dove ci sarebbe stata la festa era il Greenwich ed era una sorta di pub/discoteca. Ci saremmo spostate a piedi perché il locale era parecchio vicino a casa nostra. Mi sentivo tremendamente in fermento per quella serata, sentivo che era l’occasione per cancellare dalla mia mente ciò che solo poche ore prima mi aveva attanagliato lo stomaco e mandato in pappetta il cervello. Alla fine un po’ di svago mi avrebbe sicuramente fatto bene, ero stanca di essere sottopressione e i primi corsi sarebbero cominciati solo giovedì, quindi potevo tranquillamente godermi quella serata tra coinquiline.
 
 
Esattamente verso le 21, dopo un’estenuante chiacchierata con chiara (no, non gli avevo raccontato nulla dell’inconveniente di quella mattina) incominciai a prepararmi. Non avevo la più pallida idea di cosa indossare, non volevo apparire sofisticata, né volgare, ma nemmeno una sempliciotta. Così, aprii l’armadio ed optai per dei jeans vintage a vita alta, una fascia che copriva il seno nera e degli stivaletti neri, con un po’ di tacco e aperti dai lati. Sciolsi i capelli e feci qualche boccolo con la piastra, li lasciai cadere morbidi sulle spalle e coprirmi il seno. Abbinai una collana che mi decorava abbondantemente il collo e qualche bracciale in acciaio, il mio immancabile orologio e un anello. Mi diressi in bagno e mi passai una linea di eyeliner nero e il rossetto porpora scuro che amavo tanto. La visione che ebbi di me stessa allo specchio mi piacque un sacco, forse era una delle poche volte che pensai di essere carina. Persa tra i miei pensieri non avevo notato Elisa e Ilaria già fuori dalle loro stanze. La bionda aveva un vestitino nero svasato sui fianchi con le maniche a tre quarti e un profondissimo scollo sul davanti, i capelli erano raccolti in una treccia laterale e avevo truccato gli occhi con molta cura. Elisa aveva, invece, un tubino rosso scuro molto semplice e grazioso e aveva arricciato i capelli in stile “leonessa”. Ci facemmo i complimenti a vicenda e dopo esserci scattate qualche foto uscimmo di casa.

-I ragazzi ci aspettano all’entrata.- disse Elisa mentre camminavamo.

-Ragazzi?- chiesi un tantino allarmata.

-Pedro e dei suoi amici, non ti preoccupare sono tipi a posto- mi rassicurò Ilaria.

DI fatti, quando arrivammo davanti al locale, quello che notai oltre la grande insegna luminosa, fu tutta la gente che era in fila per entrare.

-Oddio- esclamai preoccupata.

-Ehh- sussurrò Elisa –mi dispiace Alice ma dobbiamo metterci in fila.-

-Ma quanto sei cretina!- l’ammonì Ilaria disorientandomi –i ragazzi hanno preso un tavolo quindi abbiamo la priorità.-

Sorrisi vittoriosa e ci dirigemmo verso l’entrata tra le occhiatacce di chi era in fila.

-Uhm- mormorai – ci stanno amando.- scoppiai a ridere divertita.

-Non immagini quanto!- rise Elisa.

Entrate nel locale, rimasi veramente colpita. Non era enorme, ma era bello davvero, moderno, sofisticato. La musica era già bella alta. Le pareti del locale erano tutte nere, lucide con delle incisioni in corsivo, sembravano frasi filosofiche sulla gioventù e sull’amore. Il soffitto era a specchio e delle grandi lampade scendevano dritte dal soffitto verso una zona del locale dove c’erano vari tavoli e divanetti. Davanti a me invece si estendeva quella che doveva essere una pista, era piuttosto piccola, rettangolare con un paio di scalini che conducevano al dj e alla sua console. Quella zona era decisamente più “oscura”, si intravedevano solo le classiche luci colorate da discoteca.

-Dolci donzelle vi siete per caso perse?- una voce attirò la nostra attenzione. Proveniva da un ragazzo alto e magro, un sorriso luminoso, i capelli ricci e gli occhiali tondi.

-Quanto sei scemo Mirko! Sempre più simpatico!- esclamò Elisa dandogli una pacca sul braccio.

Ilaria rise e lo salutò con due baci sulle guance.

-Lei è la nostra nuova coinquilina, Alice.- disse guardando verso di me. Il ragazzo mi sorrise e mi porse la mano.

-Piacere di conoscerti, sono Mirko-

-Mirko non dirmi che hai trovato una povera sfortunata con cui passare la serata- lo canzonò un ragazzo un po’ più basso e massiccio di lui.

-Idiota!- sorrise lui-stavo solo conoscendo la nuova coinquilina delle ragazze.- disse sorridendomi.

-Oddio perdonami!- esclamò il ragazzo notando la mia espressione divertita –non volevo prendere in giro te, ma solo questo energumeno.-

Sorrisi e allungai la mia mano verso di lui –Piacere, Alice.-

-Piacere mio, Luca.-

-Che ne dite di accomodarci? Pedro e gli altri ci aspettano al tavolo.- disse Mirko con due boccali di birra in mano. Li seguimmo fino ad un tavolo, dove sui divanetti c’erano altri quattro ragazzi. Paolo, Pedro, Antonio e Daniele. Alla loro destra c’erano due ragazze Michela e Eleonora. Dopo aver stretto la mano a tutti e memorizzato i nomi iniziai a rilassarmi e chiacchierare con loro. Mi raccontarono un sacco di cose sulle mie coinquiline, aneddoti divertenti sulle loro colossali sbornie ai festini privati e alle feste dell’università. A quanto pareva, era stato proprio ad una festa che Ilaria aveva conosciuto Pedro e da subito c’erano state scintille.

-Allora cosa prendi da bere? – mi chiese Daniele sorridendomi. Era un bel ragazzo, il più bello in quel gruppo. Aveva un sorriso pazzesco, capelli biondi e ribelli e un piercing al sopracciglio.

-Va bene una birra piccola, grazie.- sorrisi di rimando.

Dopo diversi discorsi e prese in giro, mi sentivo leggermente spaesata. Per fortuna il dj aveva già cominciato a fare sul serio e la gente era quasi tutta in pista.

-Andiamo a ballare?- chiese Elisa emozionata.

-Sii yuhuuu-
Ilaria doveva essere già brilla per dare quelle risposte così entusiaste. Scoppiammo a ridere tutti e andammo verso la pista.

All’inizio ero in imbarazzo, ma dopo che Daniele mi aveva passato la seconda birra mi sciolsi completamente e mi feci trascinare. Ballai con lui per un tempo che mi parse infinito, non era invadente per niente e mi faceva divertire un sacco. All’improvviso il dj cambiò la musica e propose qualcosa di clssico retrò: la macarena. Erano anni che non la sentivo, e soprattutto non la ballavo.
Un ricordo cercò di affiorare, ma non lo permisi. Quella sera era per me la mia rivincita, non volevo pensare alle cazzate fatte, al mio cuore infranto e a quanti ne avevo causati. Ma la vita, ogni giorno, ti ricorda di non abbassare mai la guardia.

-Prendo un’altra birra- mi sussurrò Daniele all’orecchio. –Mi accompagni?-

Annuii con la testa. –Però io non bevo più- affermai sorridente.

-Come desideri.- disse lui ammiccando prima di farsi strada tra la folla. 

Il locale si era gremito di gente, ragazzi e ragazze che ballavano, si strusciavano, conversavano e ridevano. Mi persi un attimo a guardare verso Elisa che ballava con un ragazzo dai capelli rossicci, erano così buffi, ma quando ritornai a guardare davanti a me purtroppo mi resi conto di aver perso Daniele.
-Che palle.- mi uscì dalle labbra senza che me ne rendessi conto. Ero in un locale sconosciuto, in una città sconosciuta e avevo perso lo sconosciuto amico delle mie coinquiline con cui stavo ballando.  Mi alzai sulle punte frustrata cercando di intravedere Daniele, ma c’erano troppi ragazzi. Dannazione!

-Non dovresti ballare con tipi di cui non sai niente.-

Un sussurro tra i miei capelli. Qualcuno aveva poggiato il suo mento sulla mia testa e mi aveva cinto i fianchi. Avrei riconosciuto quella voce fra mille, l’alcool che avevo ingerito non poteva cancellare quel suono. Il cuore prese a battermi all’impazzata e sentii lo stomaco aggrovigliarsi. Probabilmente, in un’altra occasione, con un’altra persona avrei risposto “Fatti i cazzi tuoi.” Ma il mio lato spavaldo e coraggioso crollava, spariva, si nascondeva davanti a lui.
Mi voltai e un paio di occhi marrone scuro mi perforarono da parte a parte. Erano lucidi, probabilmente per l’alcool, erano intensi e seri, paurosamente seri. Le sue mani erano ancora ancorate ai miei fianchi, emanavano calore; piegò leggermente la testa di lato e mi guardò meglio mentre io continuavo a non respirare. Non sentivo la musica, non sentivo il vociare della gente, niente di niente, sentivo solo i suoi occhi liquidi su di me e le sue mani salde sui miei fianchi.

-T…Teo.-
 
 
 
Note d’autrice.
Salve a tutti. Chiedo venia per non essermi presentata fin ora, ma sono un tantino timida. Colgo l’occasione per ringraziare chi segue la storia, chi la legge soltanto, chi l’ha messa tra i preferiti, nelle storie da ricordare ecc. Mi farebbe piacere avere una vostra opinione su tutto. Il mio stile di scrittura, gli errori, la trama, i personaggi. Io cercherò di avere una certa costanza negli aggiornamenti, visto che la storia ha già un filo conduttore nella mia mente. Detto questo, vi mando un forte bacio. Al prossimo capitolo! J

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


-Ti avevo pers..oh.- Daniele arrivò all’improvviso rompendo quell’atmosfera così strana che si era creata fra me e Teo, che continuava a guardarmi e a tenere le sue manacce sui miei fianchi.  –Scusami, pensavo ti eri persa e mi ero preoccupato- continuò il biondo squadrando Teo.
Mi allontanai immediatamente dalla presa di Teo e lo guardai imbarazzata –Si, mi ero persa e mentre ti cercavo ho incontrato …-
Incontrato chi? Cosa dovevo dire? Come dovevo definirlo? Poi, nonl’avevo incontrato, mi era piombato addosso con fare prepotente dicendomi di stare lontana da Daniele.

-Sono un suo compagno di classe del liceo, piacere.- esordì Teo togliendomi dall’imbarazzo e allungando una mano a Daniele.
Un compagno di classe del liceo. Certo. Cos’altro se no?
I due si strinsero la mano guardandosi con poca simpatia.

-Ho bisogno di prendere un po’ d’aria- mormorai accaldata e in imbarazzo.

-Oh.. ti aspetto al tavolo con gli altri allora, ok?- mi chiese Daniele con uno sguardo indagatore.

-Certo, arrivo subito.- mi sforzai di sorridere, ma ero ancora intontita per la situazione surreale. Con uno scatto fulmineo mi diressi verso l’uscita del locale, cercando di non incrociare lo sguardo di Teo, che se ne stava lì fermo a squadrarmi.
Appena fui fuori, l’impatto con l’aria fresca di settembre mi fece rinvenire.  Mi appoggiai al muro accanto all’uscita e emisi un sospiro di sollievo. Un compagno di classe del liceo. Aveva detto così. Eravamo passati da nemici ad amici inseparabili, eravamo diventati amanti e poi.. compagni di classe del liceo.


Mi guarda come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Non provo vergogna, quando si avventa di nuovo su di me e lascia una scia infuocata di baci sul mio collo. Continua spostandosi sulla mia spalla tirando giù la bretellina del reggiseno, mi morde e io gemo e sorrido. Continua a scendere verso il mio seno e io mi irrigidisco appena arriva al bordo della coppa. Mi accarezza la pelle e poi solleva leggermente la mia schiena fino ad arrivare al gancetto del reggiseno, lo sgancia e me lo strappa via lanciandolo chissà dove.
Dio mio.
Mi tira a sé, siamo pelle contro pelle, entrambi bollenti di desiderio. Mi guarda in un modo che mi fa sciogliere completamente e si avvicina al mio seno. Stuzzica i miei capezzoli prima con le mani e poi con la lingua. Li succhia e li morde mentre dalla mia bocca escono gemiti e mugulii di piacere. Porto le mani alle sue spalle per cercare di allontanarlo, non riesco a non gemere vergognosamente e so che non posso. Mi afferra le mani e in uno scatto me le porta sopra la testa, prima che io possa protestare la sua bocca e sulla mia.
-shh- mi sussurra all’orecchio –sta buona- Mi morde il collo e io sento davvero il cervello scollegarsi.
Continua con la sua scia di baci bollenti mentre mi tiene ancora ferme le mani sopra alla testa, è di nuovo sul mio seno e io mi mordo un labro violentemente pur di non urlare. Alza la testa e mi sorride soddisfatto, sa quello che mi sta facendo, vede l’effetto che ha su di me. Mi bacia ancora sulle labbra, stavolta approfondendo e io gli circondo le spalle con le braccia. Dopo interminabili minuti si stacca.
-Non ce la faccio più- mi sussurra roco.
-Anche io- gli rispondo affannata.
Si inginocchia tra le mie gambe e mi accarezza una coscia guardandomi negli occhi. Cosa mi fa questo ragazzo? Si abbassa sulla mia pancia e mi bacia. Passa poi all’interno coscia e io sgrano gli occhi per il piacere. Infila le mani nelle mie mutandine e le porta sui miei fianchi, in un secondo sono nuda.
Lo osservo sbottonarsi i pantaloni grigi e sfilarseli insieme ai boxer. Guardo sorpresa la sua erezione, ed ho un sussulto. Si porta di nuovo su di me e mi bacia con una passione che tocca ogni punto del mio corpo e arriva dritta al cuore. Lo guardo intensamente negli occhi quando si stacca da me, ha i capelli stravolti,gli occhi felici e le labbra gonfie per i baci. Gli accarezzo una guancia e gli sorrido. Lui si inginocchia di nuovo davanti a me aprendomi le gambe in una mossa talmente sexy che rischio di venire ora. Avvicina il suo membro a me e mi irrigidisco un po’, la voglia che ho di lui però è troppa e appena mi guarda gli faccio un cenno con la testa, dandogli una sorta di permesso.
Lo sento spingere sulla mia apertura e entrare in me in un colpo solo.
Sussulto leggermente e immediatamente mi rilasso. E’ la scena più erotica a cui abbia mai assistito, erotica, sexy, passionale, tutto quello che si può desiderare.
Inizia a muoversi dentro di me guardandomi negli  occhi mentre si morde un labbro.
-Dio, sei strettissima- dice tra i gemiti.
Lo tiro su di me e lo bacio mentre le sue stoccate aumentano di intensità. Mani nelle mani, sospiri, gemiti, morsi baci, diventa sempre più intenso, sempre più vero. Sento qualcosa scuotermi e farmi provare un piacere inaudito, la mia mente si svuota e le mie gambe diventano molli. Pochi istanti dopo con un roco sospiro Teo esce da me e viene sulla mia pancia.


-Che fai scappi?- la sua voce mi riportò al presente strappandomi dal quel ricordo così intenso, seppur doloroso. Teo mi guardò divertito ad un passo da me. Ma quella volta no, quella volta non avrei permesso che facesse  lo stronzo.

-Dovremmo parlare io e te- dissi mettendomi dritta e guardandolo negli occhi –ma non stasera. Mi stavo divertendo e stavo passando una bella serata- mi avvicinai a lui- ma poi sei arrivato tu con quella faccia di cazzo che hai.- conclusi superandolo e fiera di me stessa. Nella  mia testa partì anche l’applauso di un pubblico immaginario.

-Sei tu che sei venuta da me stamattina- disse incrociando le braccia al petto dopo essersi girato.

Porca troia.

-Stavo scendendo per controllare la temperatura e capire come vestirmi- ribattei entusiasta della scusa  inventata su due piedi.

-Allora scusa se ti ho rovinato la serata con quello- disse sprezzante riferendosi a Daniele continuando  a guardarmi negli occhi con aria di sfida.

-Si può sapere cosa vuoi da me?!- alzai la voce esasperata.

- Niente Alice, non voglio niente da te- si avvicinò a me serio. Il suo sguardo scavava dentro di me come alla ricerca di qualcosa. –E tu invece?- mi guardò severo –cosa vuoi da me?- mi prese il polso e mi strattonò –vuoi che ti dica perché l’ho fatto? Vuoi che risponda a tutti i tuoi messaggi che ho ignorato?-

Sgranai gli occhi sorpresa. Quelle parole furono come una pugnalata al cuore. Avevo smesso di pensare a tutto il male che mi aveva fatto nel momento in cui lo avevo visto uscire da quel maledetto portone, avevo smesso di immaginare dove fosse, con chi e a fare cosa molto tempo prima. Avevo sempre immaginato come sarebbe stato se lui fosse rimasto nella mia vita, avevo sempre immaginato di chiamarlo una sera in cui avevo esagerato con l’alcol, e di chiedergli che cazzo gli avevo fatto di male e di perché mi meritavo la condanna di pensarlo in continuazione. Era stato la delusione più grande della mia vita, mi aveva spezzato il cuore e lo aveva fatto senza darmi alcuna motivazione.

-Vaffanculo- mormorai abbassando la testa e divincolandomi dalla sua presa.

Mi allontanai come se avessi davanti a me un mostro e rientrai nel locale. C’era ancora più gente di prima e mi ci volle un’eternità a raggiungere il tavolo dei ragazzi, mi sforzai di mantenere un’espressione quanto più serena possibile prima di raggiungerli.

-Rieccoti- mi salutò Daniele facendomi un cenno – Tutto ok?-
Annuii sicura e afferrai un bicchiere di qualcosa che se ne stava sul tavolo tutto solo. Lo bevvi tutto di un sorso sentendo l’alcol bruciarmi nella gola.
Brutto stronzo.

-Ti va di ballare ancora?- mi chiese una delle due ragazze di cui avevo dimenticato i nomi. Ero sempre stata una frana nel memorizzare i nomi delle persone, nel momento in cui gli stringevo la mano dimenticavo immediatamente i loro nomi.

-Non mi va molto, credo che resterò qui seduta a guardarvi- le sorrisi e mi sedetti sul divanetto rimasto vuoto. Rimasi da sola seduta a quel tavolo mentre un mare di ricordi mi assaliva.
 
 
-Scusami io..- mormora ancora affannato –noi non abbiamo …- sembra in imbarazzo –non volevo sporcarti ma ho perso il controllo- conclude pensieroso.
Sono ancora affannata anche io, guardo la mia pancia “sporca” e poi guardo lui crollare al mio fianco. Mi da un bacio casto sulla fronte e afferra i fazzoletti sul comodino. Ne estrae uno mentre ancora mi guarda corrucciato, io osservo ogni suo movimento senza quasi respirare. Il mio cervello sta ancora memorizzando il fatto che io sia nuda accanto a lui e che abbiamo appena fatto…sesso.
Teo apre il fazzoletto e lo appoggia sulla mia pancia. Mi si mozza il respiro mentre i suoi occhi mi scrutano.
-Stai bene?- mi chiede mentre passa il fazzoletto si muove sul mio ventre con movimenti circolari pulendomi dai suoi “residui”.
-Uhm- mormoro distogliendo lo sguardo dal suo-credo di si-
Il mio cervello però sta correndo verso tutt’altra parte. Io, fidanzata, ho fatto sesso con un ragazzo fidanzato. Scosto immediatamente le sue mani da me appena la consapevolezza di aver tradito Mirko mi attraversa da parte a parte e tiro il lenzuolo su di me cercando di coprirmi alla meno peggio. Lui resta a guardarmi con un espressione interrogativa, prima di sbruffare e alzarsi dal letto .Lo guardo raccogliere le sue cose e vestirsi in un tempo brevissimo. Io ho lo sguardo basso e cerco di cancellare dalla mia mente quello che c’è appena stato, ma la verità è che non voglio. Non voglio cancellare niente, mi è piaciuto maledettamente e mi sono sentita bellissima e preziosa fra le sue mani, cosa che con Mirko non era mai successa.
-Alice guardami- il suo tono serio mi distrae dai miei pensieri. È in piedi vicino al letto completamente vestito anche se i capelli sono ancora in disordine. All’ improvviso si sente un vociare caotico venire dalla finestra che affaccia sull’entrata dell’hotel. Vedo Teo scattare verso di essa e scostare la tenda bianca per guardare fuori.
-Merda!- esclama ritornando verso il letto. Si abbassa su di me e mi dà un bacio casto sulle labbra. –Ci vediamo dopo ok?- mi sussurra.
Riesco soltanto ad annuire mentre vedo la porta della mia camera chiudersi dietro di lui.
 

La serata finì quando Ilaria, talmente ubriaca da non reggersi in piedi, decise di collassare sul divanetto accanto al mio. Mi feci delle grassissime risate quando i ragazzi tentarono in tutti i modi di farla alzare di lì, ma alla fine furono costretti a caricarsela sulle spalle. Fu Pedro a portarla a casa nostra, in camera sua e a rimanere con lei per tutta la notte. Io andai a letto cercando di non pensare a Teo, a quanto fosse stronzo, a quanto mi avesse stravolta. Sognai di quella volta che facemmo l’amore in macchina, quella volta che fu l’ultima in cui fu mio, quella volta che fu l’ultima in cui le nostre mani, labbra e corpi si toccarono.
 
 
Note d’autrice.
Ciao a tuti, eccomi qui con il nuovo capitolo. Mi dispiace di aver aggiornato così tardi e con un capitolo così breve, mi farò perdonare visto che ho già pronto il successivo (: . La storia inizia a delinearsi proprio in questi capitoli, spero vi piaccia la trama e spero anche di leggere qualche recensione così da capire cosa ne pensate. Sono bene accette anche le critiche, ovviamente.
Penso di aver detto tutto, alla prossima allora.

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