It's never as it seems

di loveisjustanillusion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I capitolo ***
Capitolo 2: *** II Capitolo. ***



Capitolo 1
*** I capitolo ***


《Ascolta! Ascolta le urla della donna! Come fai a rimanere impassibile? Disse, singhiozzando, la ragazza rannicchiata sul gelido pavimento della stanza. Sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che si era ritrovata in piedi a parlare normalmente come una di quelle persone che incontri per strada, la domenica mattina, nel bel mezzo di un mercato.
Le grida della ragazza aumentarono sempre più fin quando il ragazzo riuscì ad avere un attimo di quiete per riuscire a pronunciare 《Johanna smettila di dire assurdità. Qui dentro l'unica che sta urlando sei tu!》.Le urla nella sua testa potevano andare avanti per interi minuti.
Erano mesi che sentiva quest'agonia dentro di sè. La gente moriva e lei non poteva fare niente per evitarlo, provava costantemente dolore. Urlava, piangeva. Era inevitabile.
《Thomas non lasciarmi. Ti prego. Ho bisogno di aiuto》continuava a ripetere nella sua mente, ma tutto quello che riusciva a pronunciare era 《Brutto coglione non vedi che sto male? Aiutami e non stare lì impalato!》.Non riusciva a versare nemmeno una lacrima e nonostante il ragazzo di fronte a lei fosse l'unico che sia riuscito a colmare il vuoto che la morte del padre le aveva provocato, era in grado solo di insultarlo.
Era incapace di trasmettere i suoi veri sentimenti, non riusciva a lasciarsi trasportare dalle sue emozione. Sempre troppo rigida.
《Basta, ne ho abbastanza di te e delle tue assurdità!》erano mesi che Thomas assisteva a questo spasimo.
Poche settimane prima provarono a parlare del suo cambiamento, ma peggiorò solo la situazione, si metteva a piangere ancora prima di parlare. 
È terribile provare un sentimento talmente devastante che parlarne rischia solo di infliggere più dolore.
Johanna svenne.
La sua testa era china sul pavimento mentre una notevole quantità di sangue fuoriusciva dal suo addome.
Thomas era già sul davanzale della porta quando avvenne.
Se ne accorse solo quando Johanna non rispose alla sua affermazione con ulteriori insulti.
Si voltò e con tutta la frenesia immaginabile si lanciò verso la ragazza che aveva visto crescere. 
Anni pacifici con quella ragazza così dolce e poi questo.
Nulla aveva più senso, ormai. 
Afferrò il cellulare e chiamò l'ambulanza.
Scoppiò in un pianto isterico.
Non riusciva a sopportare l'idea di perdere anche lei.
La sua infanzia era stata piena di persone che per motivi ambigui l'avevano lasciato solo.
Subito dopo che i suoi genitori erano morti era stato costretto ad andare da un psicologo.
Molte volte non parlava, si chiudeva in sé stesso.
Era più facile tenersi tutto dentro. Nessuno che potesse fraintendere i suoi sentimenti o potesse giudicarli. Non aveva bisogno della compassione di nessuno.
L'unica necessità che aveva era la solitudine, per poter piangere indisturbato. 
Era solo un bambino, ma certe cose le capiva. 
Una calda mattina d'estate, Thomas si sedette sotto una quercia, nel parco di fronte a casa sua, abbastanza vicino da poter essere controllato.
Pianse silenziosamente sotto quell'imponente albero per minuti interi, fino a quando una dolce bambina dai capelli neri gli chiese il motivo delle sue numerose lacrime, lui la ignorò come era solito fare a questa domanda e convinto che se ne fosse andata riprese da dov'era stato interrotto.
Quest'ultima si sedette al suo fianco e lo strinse a sé.
Thomas si irrigidì immediatamente dopo quel gesto, ma non la mandò via.
Ripeterono quel medesimo abbraccio per giorni, senza mai parlarsi.
Le parole non servivano.
Lui aveva bisogno di affetto e quella bambina glielo stava dando.
Non importava nient'altro.
Solo in seguito venne a scoprire che erano vicini di casa e che il suo nome era Johanna.
Un nome che non poté più dimenticare.
Aveva solo 10 anni quando i suoi genitori morirono e la sparizione del suo padrino quando arrivó alla maggiore età, non aveva aiutato a fargli passare una vita tranquilla.
Aveva un costante pensiero in mente: che presto sarebbe rimasto solo.
Erano ormai passati anni dalla prematura morte dei suoi e lui sentiva ancora quel medesimo lancinante dolore che provò il giorno che i poliziotti si erano presentati a casa sua per avvisarlo dell'incidente.
Nonostante fosse solo un marmocchio fece come il padre gli aveva insegnato e non fece cadere una sola lacrima quando toccò a lui fare il riconoscimento dei corpi esanime.
Erano talmente malmessi che a stento riuscì a riconoscerli anche il sangue del loro sangue, ma probabilmente il vero motivo della sua esitazione era dovuto al trauma provato. Era incredibile che un pazzo ubriaco li avesse investiti proprio il giorno del suo compleanno.


L'ambulanza arrivò nel minor tempo possibile.
Caricarono Johanna su una barella per poi correre all'ospedale.
Tentarono, invano, di smuovere Thomas dalle sue preoccupazioni e convincerlo di accompagnarla in ospedale.
Quest'ultimo la raggiunse un'ora dopo, quando fu in grado di alzarsi e ragionare lucidamente.
Prese la macchina e arrivato all'ingresso chiese il numero della stanza dov'era situata la sua fidanzata.
Rimase a lungo sullo stipite della porta. Era incredibile come la ragazza che fino a poco prima urlava nella sua camera da letto fosse così tranquilla in quell'istante.
Erano mesi che non sentiva quella tranquillità.
Ormai il loro rapporto era basato sulle liti dovute al cambiamento di Johanna avvenuto quando lei compì diciott'anni.
Thomas amava il silenzio a differenza della sua amata.
Appena c'era un attimo di quiete quest'ultima doveva interromperlo.
Era straziante per lei poter vagare nella sua mente.
Un infermiere ruppe l'atmosfera creatasi chiedendo a Thomas se avesse bisogno di qualcosa, lui non rispose e si andò a sedere sulla sedia situata di fianco al letto.
La ragazza era assopita, di conseguenza Thomas andò a cercare il medico per avere maggiori informazioni sul suo stato.
Ci volle una mezz'ora abbondante, ma alla fine riuscì a trovarlo.
Disse a Thomas che non avevano riscontrato malori nelle ultime due ore e che quando erano arrivati in ospedale era avvenuto un fatto strano: non avevano notato ferite da dove fuoriuscisse il sangue, era tutto normale.
In seguito l'avevano sottoposta ad esami neurologici, che non avevano mostrato anomalie, e riportata a letto.
Il ragazzo era basito.
Come poteva non avere ferite, ma aver comunque una macchia di sangue sul vestito? 
Ne aveva abbastanza.
Era una vita che sopportava avvenimenti misteriosi, senza mai venirne a capo.
Thomas andò dalla ragazza con l'intento di lasciarla.
Fino a poche ore prima piangeva istericamente per paura di perderla e adesso era proprio lui che aveva l'intenzione di abbandonarla a sé stessa.
Le lasciò una lettera, precisamente sul comodino di fianco al letto.
Tentò di baciarla, ma, stranamente, non ci riuscì. 
Era come se Johanna fosse all'interno di una bolla con la funzione di proteggerla dal mondo esterno e una parete impercettibile aveva reso quel bacio irrealizzabile.
Lasciò l'ospedale, erano successe fin troppe cose strane quel giorno.
Si diresse verso il bosco e lì si sentì a casa.

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Capitolo 2
*** II Capitolo. ***


Fu una notte abbastanza movimentata, Johanna dormì a fatica, così alle prime luci dell'alba si era ritrovata in piedi a girovagare per la stanza.
Dopo aver urlato contro le infermiere, rotto il vaso con i fiori sul comodino e aver evitato i sedativi si era chiusa in bagno  e addormentata con la testa china sulla tavoletta del water.
Quando si svegliò decise che sarebbe stato meglio tornare a riposare sul materasso. Ancora intontita trascinò lei e il suo mal di testa fino a letto. Minuti che scorrevano tanto lentamente quanto l'avanzare delle lancette  parevano interminabili a parere di Johanna. Continuava  a domandarsi il motivo dell'assenza di Thomas.
Il giorno prima avevano avuto una litigata abbastanza brusca e lei era anche svenuta, ma Thomas non l'avrebbe mai abbandonata dopo averla vista inerme sul pavimento di quell'orrenda casa in cui si erano imbattuti cercando un posto lontano da occhi indiscreti.
Da mesi le persone li additavano e borbottavano pettegolezzi sulla loro relazione e sulla pazzia che poco a poco si stava impadronendo di Johanna.
Johanna si avvicinò al comodino e esattamente sotto i suoi piedi trovò la risposta ai suoi continui punti interrogativi.
C'era una lettera, era umida, si doveva essere bagnata quando poche ore prima aveva lanciato il vaso con rose scarlatte e l'acqua aveva formato varie pozze di dimensioni diverse fra loro.
Le aveva messe un'infermiera che aveva sentito la storia di questa giovane ragazza: impazzita col compimento dei diciott'anni e abbandonata dalle persone a lei più care - come fosse una novità - e per rendere più piacevole quella stanza così monotona le aveva regalato quel grazioso mazzo di fiori che non avevano intenerito minimamente il cuore di Johanna.
Non voleva essere compatita, però le lascio ugualmente sul comodino, come "segno di rispetto" diceva lei.
In ogni caso era uno dei pochi regali che riceveva da una persona vagamente simile alla figura materna prima del diverbio avuto mesi prima.
Si abbassò, la prese tra le mani e si mise a leggere.

Cara Johanna,
Innanzitutto vorrei chiederti di leggere fino in fondo e di non strappare questa lettera prima di averla terminata. 
Vorrei che tu capissi che sono veramente esausto. La mia sopportazione è arrivata all'apice e non posso rimanere un giorno di più circondato dalla tua follia, mi sta divorando vivo, proprio come sta succedendo a te.
La notte non riesco più a dormire, rimango sveglio e immagino di vederti piangere, come tuo solito fare ogni giorno.
Non sorridi più, neanche un accenno e sono stufo di tutta questa amarezza.
Ho provato a confortarti, ma più andiamo avanti e più il nostro rapporto si indebolisce.
Qualche settimana fa sono andato nel parco dove ci siamo conosciuti e mi è venuto in mente il modo in cui mi abbracciavi quand'ero triste, adesso non ti fai più toccare. 
Ho bisogno di amore e lo voglio da te, ma sono stanco di dover aspettare per toccare la tua pelle. 
Vorrei riavere la ragazza che amavo,
ma ho bisogno di tempo da dedicare a me stesso.
Mi dispiace Johanna.
Infinitamente tuo,
                                                Thomas.
Le gambe di Johanna iniziarono a tremare e pochi istanti dopo cedettero.
In quel preciso istante sperò che nessuno aprisse la porta della sua stanza perché l'esatta immagine riflessa negli occhi dello spettatore sarebbe stata quella di un ragazza con le mani nei capelli, la testa sulla lettera che aveva tenuto in mano poco prima, gli occhi gonfi nascosti da suoi lunghi capelli neri, vetri rotti coperti parzialmente da rose scarlatte e tutto questo completato da un profondo senso di agonia regnante in quella stanza.
Johanna si chiedeva se era veramente com'era stata descritta in quel pezzo di carta, se l'aveva realmente trascurato così come lui diceva, ma soprattutto, aveva veramente perso quel luccichio negli occhi per cui tutti le facevano i complimenti fin dalla sua giovane età?
Afferrò i vestiti sporchi di sangue di quando era arrivata in ospedale e iniziò a correre verso l'uscita stritolando la lettera che aveva appena finito di leggere. Non appena fuori dall'ospedale iniziò a correre ancora più velocemente verso una meta ignota. Non importava la destinazione, voleva solo andarsene da quel lurido posto.


Thomas era ormai nel bosco da ore e ancora ripensava alla parole incise nel manoscritto che aveva lasciato nella stanza della sua amata.
La verità era che Thomas non era completamente dispiaciuto, erano mesi che pensava di cambiare vita.
Era lei quel puntino nero su un foglio bianco. Lei era il problema per cui non ci riusciva. L'aveva amata per gran parte della sua vita e nonostante tutto era ancora innamorato di lei, ma da poche ore aveva deciso di allontanarsene e trovare la sua di pace. Decisione che può sembrare estremamente corretta, ma certe scelte, per quanto giuste siano, non rendono la felicità; possono appagare l'orgoglio, ma niente di più.
Era ormai immerso nel bosco da ore, non si era mai avventurato così a fondo e immerso nei suoi pensieri non faceva caso alla bellezza della natura.
Il tramonto risaltava gli alberi dal colorito rossiccio, segno che l'autunno era ormai vicino, ma significava anche che si era fatto tardi e che Thomas sarebbe dovuto tornare a casa entro il calar definitivo del sole.
Iniziò a tornare sui suoi passi, ma si rese conto che non conosceva bene quella zona del bosco e il buio incombeva ormai sulla foresta, così continuò a girovagare in quella fitta vegetazione senza sapere dove stesse mettendo i piedi.
Improvvisamente, evitò per un soffio un enorme tronco e il suo interesse fu catturato da una canzone, si ricordò di quando l'aveva sentita per la prima volta.
Era ancora un bambino e aveva sceso le scale per guardare la televisione quando vide i suoi genitori ballare, e occasionalmente darsi baci furtivi sulle labbra, accompagnati da quella dolce melodia.
Rimase immobile fino al termine di quella meravigliosa visione. 
Si avvicinò sempre più fin quando non vide una vecchia casa che sembrava fosse lì da anni. 
Ne aveva sentito parlare una sera che si era fermato al bar del paese con Johanna. Ripensandoci gli venne un tuffo al cuore. 
Un anziano signore stava raccontando la storia di questa casa che era appartenuta a una famiglia borghese durante la seconda guerra mondiale, ma stanco com'era aveva fatto caso solo a parole come "morte"e "povera donna".
Non aveva mai creduto alle leggende metropolitane, le considerava sciocche e prive di fondamenta, così si disse che quella vecchia casa sarebbe stata più che sufficiente per una notte.
Avanzò deciso e aprì la porta, che emise uno stridio che lo irritò parecchio.
La sua prima impressione fu di sentirsi soffocare, infatti la stanza risultava molto stretta.
Era ricoperta interamente di legno e al centro c'era una vecchia poltrona ricoperta di polvere, affiancata da una sedia con una spaccatura sulla gamba posteriore sinistra.
Dopo essersi guardato in torno decise di salire al piano superiore e lì notò la causa della sua improvvisa apparizione in quella casa.
Trovò un radio spenta e gli parve strano considerando che aveva trasmesso quella canzone, che aveva risvegliato il lui ricordi felici della sua famiglia, pochi minuti prima, ma data la stanchezza si rese conto che avrebbe potuto essersi immaginato tutto.
La radio era preceduta da un letto matrimoniale dove immaginò dormissero moglie e marito e vide che era imbottito di paglia che fuoriusciva da un buco al centro del letto.
A lato della stanza c'era un grosso armadio con ancora tutti i vestiti della coppia e notando vesti di misure ridotte immaginò avessero un figlio.
Vide una coperta, l'afferrò e scese in salotto, si posizionò sul divano malandato che aveva visto inizialmente e, circondato dal forte fruscio provocato dagli alberi, si addormentò.

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