Nothing to say.

di Lady Atena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Tony ticchettò con l'indice sull'auricolare avanzando per le strade, il brusio delle persone in sottofondo gli faceva fischiare le orecchie e il suono delle macchine gli arrivava ovattato. Sogghignò spostandosi di lato per far passare un gruppo di operai e roteò gli occhi.
“Sì, Pep. I tubi sono tutti al loro posto, i fili sono perfettamente coperti, non c'è rischio di corto-circuito”.
Si passò una mani tra i capelli castano scuro scompigliati, sbuffò e allargò le braccia; girò su se stesso evitando una donna con il passeggino e arricciò le sopracciglia continuando a camminare, un rombo di motore più forte degli altri gli fece aggrottare la fronte grugnendo.
“Lo so. Senti, prendo un paio di ciambelle e poi torno per i materiali, così inizio il rivestimento”.
Rise, scosse il capo e incrociò le braccia nude; le maniche corte della canottiera con il logo dei Black Sabbath gli scivolarono lungo le spalle muscolose.
Scansafatiche? Tu stai lì a dirigere le operazioni seduta in poltrona e sarei io lo scansafatiche?” si lamentò con tono alto.
Accelerò l'andatura passando accanto ad una vetrina, svoltò l'angolo ed intravide il bar. Sorrise, premette l'auricolare.
“Vado. Ti porto delle ciambelle glassate alla frag ... cioccolata. Alla cioccolata”.
Cliccò sull'oggetto spegnendo la chiamata, superò il primo tavolo vuoto e vide la cameriera chinata in avanti verso un tavolo. La osservò sorridere, la vide annuire e rizzarsi. Tony spalancò gli occhi osservando Steve, il soldato era voltato verso il tavolo alle sue spalle con il capo rivolto verso un anziano. Tony si morse il labbro, si infilò dietro un tavolo occupato e si sedette. Sporse la testa, intravide Steve girarsi di nuovo e abbassare il capo. Tony strofinò le labbra tra loro, allargò le gambe poggiandosi allo schienale della sedia e guardò verso l'alto, sospirò sbuffando.
< Non sei un po' grande per giocare a nascondino, Tony? > si prese in giro mentalmente.
La donna al tavolo davanti al suo si piegò in avanti verso l'altra, iniziarono a parlare a bassa voce; le parole arrivavano ovattate a causa del brusio delle macchine. Tony sporse il capo all'indietro vedendo Steve piegato verso il tavolo, indietreggiò con la sedia osservando il braccio del sodato piegato.
< Ha appena preso le ordinazioni, ergo non sta mangiando né bevendo. Probabilmente non sa nemmeno come è fatto un giornalaio ai nostri tempi ed un giornale non gli servirebbe a colmare settant'anni di divario storico. Forse si sta appuntando dove si trovano le cose > ragionò.
Guardò la cameriera girare tra i tavoli, strofinò il piede in terra e grugnì.
< Nicky mi aveva detto che lo avevano tirato fuori dal congelatore e nominato leader ad onore degli Avengers, ma il progetto è stato scartato da mesi. Perché è ancora da queste parti? > si chiese.
Abbassò il capo socchiudendo gli occhi, li chiuse sentendo il brusio rimbombargli nelle orecchie e inspirò.
“Vuole ordinare qualcosa, Mr. Stark?”.
Tony aprì gli occhi, alzò il capo verso la cameriera bionda e sogghignò infilando la mano nella tasca dei pantaloni.
“Un caffè scuro forte senza zucchero e una ventina di ciambelle glassate diversamente. Me le incarti”.
Tirò fuori una banconota da cinquanta dollari e la mise in mano alla cameriera, le fece l'occhiolino.
“Il resto è mancia”.
La donna sgranò gli occhi, afferrò i soldi e tornò all'interno del negozio. Tony ridacchiò, scosse il capo e guardò nuovamente verso Steve. Lo vide osservare un punto davanti a sé, Tony aggrottò la fronte piegando il capo in avanti.
< Quella è la traiettoria della Tower. La sta fissando da oltre venti secondi, quindi o si è di nuovo surgelato, o sta proprio guardando quella >.
Notò la cameriera tornare verso di lui, la donna gli poggiò il piattino con il caffè davanti e gli porse una bustina.
“Ecco a lei”.
Tony vide le due donne al tavolo davanti a lui fare una serie di smorfie, storse il labbro e strinse la busta annuendo. La cameriera si allontanò ancheggiando, lui afferrò il caffè e si sporse vedendo Steve osservare nuovamente la Tower. Tony grugnì, bevve d'un sorso il caffè sentendolo bruciare sotto la lingua e si alzò stringendo la bustina. Fece il giro dei tavoli, camminò radente alla porta del bar e passò di fianco al tavolo degli anziani. Uno di questi alzò la testa, sgranò gli occhi e lo indicò. Tony si portò il dito alle labbra, fece l'occhiolino indicando con il capo Steve e l'anziano si piegò in avanti sulle carte. Tony arrivò alle spalle del soldato, si sporse vedendo un disegno della Tower tra gli altri edifici, spalancò gli occhi. Sogghignò, si sporse e batté una mano sul tavolo.
“Ed io che pensavo che ai tuoi tempi si disegnasse ancora usando i geroglifici” disse.
Steve sobbalzò, alzò il capo voltandosi e spalancò gli occhi.
< Assomiglia a ... > pensò.
Tony fece il giro del tavolo, afferrò la sedia da un altro e la tirò strofinandola in terra con uno stridio. Vi si sedette, sogghignò e piegò il capo.
“Sento il rumore dei tuoi ingranaggi da qui. Sono Tony Stark. Il figlio di Howard”.
Steve scosse il capo, rizzò la schiena e strinse la matita assottigliando le labbra.
“So chi sei” rispose, duro.
Annuì, chiuse il blocco note e lo infilò in tasca insieme alla matita.
“Steven Rogers. Anche se immagino tu lo sapessi”.
Tony poggiò la busta a lato del tavolo, ne tirò fuori il sacchettino e afferrò una ciambella glassata di rosa. La sventolò, inarcò un sopracciglio mordendone un pezzo e prese a masticare.
“Quel che non sapevo era la presenza della tua vena artistica” disse.
Steve corrugò la fronte, arricciò il labbro e storse il naso.
“Potresti non parlare mentre mangi?”.
Tony staccò un pezzo della ciambella, lo porse a Steve e deglutì, sogghignò.
“Perché invece non provi a mangiare senza pensare?”.
Steve guardò la ciambella, socchiuse gli occhi premendo la mano sulla tasca contenente il suo blocco. 
< Vivo da solo, mi alleno da solo, mi siedo da solo, mangio da solo. Faccio tutto da solo, solamente per poi farmi invadere il tavolo da un ragazzino arrogante? > si chiese.
Grugnì, scosse il capo e aderì maggiormente alla sedia.
“Cosa vuoi da me, Stark?”.
Tony sventolò la ciambella verso la tasca di Steve, se la mise in bocca e strinse l'ultimo pezzo in mano strofinando le dita sulla glassa.
“Sai che quell'affare che stai disegnando è mio?” chiese.
Steve roteò gli occhi, alzò il capo osservando la scritta in cima alla Tower e riabbassò la testa, inarcò le sopracciglia aggrottando la fronte e strinse le labbra rosate.
“Non vedo come non potrei. Per illuminare quella scritta deve servire almeno la metà dell'elettricità di New York”.
Tony sbuffò, allargò le gambe e roteò gli occhi sogghignando.
“Non per molto. A partire da 'sta sera, sarà alimentata da un reattore ARC. Perfettamente ecologico, eco-sostenibile e tutte quelle belle parole che piacciono agli ambientalisti”.
Steve inspirò, piegò il capo in avanti; un ciuffo di capelli biondo cenere strofinò contro la fronte contratta.
“Non pensavo che le Stark Industries s'interessassero dell'ambiente”.
Tony ingoiò l'ultimo pezzo di ciambella sentendo la gola secca, deglutì e dimenò le braccia in aria sogghignando.
“Se stai per dire ‘ai miei tempi fabbricavano armi’, sappi che lo facevamo fino a quattro anni fa”.
Steve accennò un sorriso, rilassò le spalle sentendo i bordi della giacca pizzicare contro la pelle del collo e lasciò ricadere le braccia ai lati della schiena.
“Almeno su questo non sono così indietro, allora”.
Tony rise, strofinò le dita sporche di glassa tra loro e scosse il capo.
“Solo sulla qualità delle costruzioni. Le Stark Industries agiscono in più settori già da prima che io chiudessi la sezione armi”.
Steve sgranò gli occhi, aprì la bocca piegandosi in avanti e aggrottò le sopracciglia.
“Hai chiuso la fabbrica d'armi?”.
Tony strinse le labbra socchiudendo gli occhi, sentì una fitta alla bocca dello stomaco e strinse il pugno attorno al sacchetto. Ascoltò i rumori di persone e macchine attorno a sé, percepì le tempie pulsare ed ispirò. Espirò, aprì gli occhi e annuì.
“Già. Continuiamo a collaborare con i militari costruendo altri materiali, dalle attrezzature di soccorso fino ai mezzi di locomozione”.
Strinse le braccia, chiuse le gambe rizzando la schiena e modulò il tono usandone uno calmo.
“È da tempo ormai che le Stark Industries, grazie al sottoscritto, hanno privatizzato con successo la pace nel mondo; diventando a tutti gli effetti le proprietarie del mercato bellico globale”.
Steve batté le palpebre, rise e scosse il capo scivolando sulla sedia.
“Sei davvero figlio di Howard!” esclamò.
Tony batté le palpebre, tossicchiò e rise a sua volta rilassando il corpo.
“Ogni tanto tutti siamo stati obbligati a fare i fenomeni da baraccone” rispose.
Steve roteò gli occhi azzurri, sorrise piegando la testa all'indietro.
“Non me ne parlare. Prima di riuscire a combattere una vera battaglia, ho dovuto fare degli spettacoli per tutta l'America”.
Tony sgranò gli occhi, scoppiò a ridere e scosse il capo piegandosi in avanti; si portò le mani al ventre ridendo più forte. Steve avvampò, vide due donne girarsi verso di loro, si sentì tirare una gomitata dall'anziano dietro di lui; il suono di una sgommata copri la risata di Tony e vide la cameriera bionda osservarli stringendo in mano un vassoio. Steve deglutì, si massaggiò la radice del naso e sospirò.
“Ti prego, contieniti” sussurrò.
Tony alzò il capo, sogghignò ed afferrò la bustina. Si alzò in piedi, indicò alle sue spalle con il capo e fece l'occhiolino.
“Vieni. Ti assicuro che il caffè è pessimo, l'ho appena preso. Te ne offro uno migliore nel mio bar”.
Steve si alzò, strofinò le labbra tra loro e scosse il capo.
“Non credo sia esattamente educato” si lamentò.
Tony mosse una mano in aria, fece l'occhiolino e piegò il capo di lato sogghignando.
“Non più dell'attesa di venti minuti” rispose.
Steve sospirò.
“Immagino tu abbia ragione”.
Tony sorrise, addolcì lo sguardo e strinse la bustina portandosela sulla spalla.
“Caffè decente, arriviamo!” esclamò.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Virginia fece tre passi indietro, sorrise indicando verso sinistra.
“L'ascensore per gli ultimi dieci piani è in quella direzione” disse.
Si voltò verso un gruppo di operai, si avvicinò e strinse la cartellina.
“Questi portateli ad ovest della torre” ordinò.
Si girò verso il camion, indicò nella sua direzione e camminò accanto al mezzo, si sporse sulle punte dei tacchi.
“Il parcheggio è dall'altro lato, deve fare il giro della via” spiegò.
“Sempre occupata, eh, Pep?” domandò la voce di Tony.
Virginia sospirò, si voltò e spalancò gli occhi vedendo l'uomo biondo alle spalle del fidanzato. Inarcò un sopracciglio, strinse la cartellina e avanzò.
“Pensavo fossi andato a prendere la colazione”.
Tony sollevò la bustina, la fece ondeggiare e sogghignò.
“Già. Ed ho portato un amico. Potrebbe perfino rendersi utile”.
Steve si voltò, strinse le labbra e arcuò la schiena in avanti.
“Non sono il tuo manovale, Stark, e ...”.
Alzò gli occhi, vide Pepper e si rizzò strofinando le labbra tra loro.
“Oh. Piacere, signorina, Steven Rogers”.
Tony strozzò una risata, roteò gli occhi e Virginia afferrò la bustina con le ciambelle. Sorrise, annuì e socchiuse gli occhi verde acqua.
“Virginia Potts, ma può chiamarmi Pepper”.
Si voltò verso Tony, strinse la cartellina sotto il braccio e gli indicò l'ingresso.
“Non occupare gli ultimi dieci piani, sta lontano dal lato ovest della torre e non intralciare i lavori” ordinò.
Tony unì i talloni, sogghignò socchiudendo le iridi scure.
“Non toccherò la rosa nella teca, promesso”.
Passò tra gli operai e i camion seguito da Steve, entrò nella torre e si diresse verso sinistra. Superò una porta da cui sporgevano dei cavi, scavalcò un tubo e raggiunse una porta chiusa. Sogghignò, la indicò e fece l'occhiolino.
“Prego, prima gli ospiti”.
Steve storse il labbro, roteò gli occhi espirando.
“Si faceva anche negli anni '40. Con le donne. Non prendermi in giro, per cortesia”.
Entrò, vide un bancone posto davanti ad una serie di scompartimenti su cui spiccavano delle bottiglie miste a macchine del caffè. Spostò il peso da un piede all'altro facendo scorrere lo sguardo sulle vetrate; al centro della stanza stava un vetro all'interno del quale scorreva dell'acqua che andava a convogliare nel pavimento, continuando a scorrere silenziosa sotto un rivestimento dello stesso materiale. Steve ne seguì il percorso fino alla porta, guardò il divano messo dietro un tavolino a C ed andò a sedersi. Tony avanzò, si accomodò dal lato opposto del divano ed allargò le braccia, divaricò le gambe scivolando verso il basso, voltò il capo.
“Sorpreso?”.
Steve si avvicinò al bracciolo sinistro del divano, sedendosi tra una decina di cuscini.
“Mi sembra un po' troppo per essere la casa di una sola persona”.
Tony scrollò le spalle.
“Jarvis, prepara due caffè” ordinò.
“Subito, signore” rispose l'A.I.
Tony buttò una gamba sul bracciolo destro del divano, allargò maggiormente le braccia e si sporse lateralmente.
“È un simbolo. Un po' come te”.
Steve guardò a destra e sinistra, strofinò le ginocchia tra loro incassando il capo tra le spalle larghe e osservò il piano bar; la macchina emetteva un lieve brusio. Dal mobile sotto la caffettiera emerse un robot con un braccio metallico, lo allungò fino alla credenza, la aprì e afferrò due tazzine; le mise sulla sporgenza che aveva a metà. Afferrò la caffettiera, versò la bevanda nelle tazzine e la ripose al suo posto. Si spostò di lato, allungò il braccio fino ad un altra credenza ed afferro la zuccheriera poggiandola tra le tazzine. Uscì da dietro il bancone, raggiunse i due e porse la tazzina a Tony. Tony la prese, se la mise accanto e il robot raggiunse Steve. Lui deglutì, prese il cucchiaio dalla zuccheriera mettendo due cucchiai della sostanza nel caffè, prese la tazzina e indietreggiò stringendosi sul divano nel guardare il robot tornare nello stipetto. Deglutì, strinse la tazza e si morse il labbro.
“E questo esibizionismo è proprio necessario?” chiese.
Tony roteò gli occhi, bevve due sorsi di caffè e si alzò.
“Si chiama tecnologia. Ma non mi aspetto che tu capisca”.
Steve grugnì, passò la tazza da una mano all'altra e strinse le labbra strofinandole tra loro fino a farle arrossare.
“C'era anche ai miei tempi, sai? Tuo padre era un vero pioniere dell'ingegneria”.
Tony sventolò una mano in aria, raggiunse il bancone e ci passò dietro; un sedile uscì fuori con un sibilo e lui sogghignò.
“Scommetto che Nicky ti ha fornito la cartella informativa con tutto ciò che serve sapere nel nuovo millennio”.
Steve sgranò gli occhi, deglutì e bevve il suo caffè. Espirò, poggiò la tazza sul tavolo e congiunse le mani.
“Se sai già che lavoro per lo S.H.I.E.L.D., non c'è bisogno di nasconderlo”.
Tony si sedette, afferrò la caraffa alle sue spalle versandosi un'altra tazza della bevanda e scrollò le spalle.
“Quel che mi chiedo è perché sei qui”.
Steve irrigidì la schiena tendendo le braccia, socchiuse gli occhi indurendo l'espressione.
“So, come tutti in questo millennio, della tua ... propensione a fungere da scappatoia in caso di guerra. Sono sicuro che tu sia informato sulla nuova minaccia”.
Tony finì la seconda tazzina e se ne versò una terza, inarcò un sopracciglio socchiudendo gli occhi.
“Si chiama proteggere il mondo, Capitano. Sono Iron Man, è quello che faccio”.
Sogghignò, bevve il caffè e se ne mise ancora.
“Ma per adesso sono impegnato con la guerra all'inquinamento, quindi i miei attuali interessi vanno al surriscaldamento globale ed altre cose del genere”.
Steve strinse gli occhi, le iridi azzurre brillarono di riflessi blu e si sporse in avanti.
“Hai i mezzi per difendere le persone. Dovresti usarli”.
Tony roteò gli occhi, agitò la mano che teneva la tazzina facendo ondeggiare il liquido scuro all'interno.
“Nessuno mi ha interpellato e io non ho voglia di essere coinvolto da un gruppo che ha scelto come leader una persona che mi ha appena definito implicitamente un codardo”.
Steve si alzò in piedi di scatto, fece un passo avanti e strinse i denti.
“Solo perché quello che fai è cercare facili scappatoie per te e gli altri” ringhiò.
Tony corrugò la fronte, si piegò in avanti e sogghignò socchiudendo gli occhi; che brillarono di riflessi neri.
“Quello che dovrei fare è affrontare la morte come un vero soldato?” chiese, sarcastico.
Sbuffò, bevve il caffè e scrollò le spalle.
“Perché, quando puoi semplicemente evitare il conflitto?”.
Steve girò attorno al tavolo, raggiunse il bancone e vi batté sopra una mano.
“Perché se inizi a scappare non ti fermi più, Stark” ringhiò con tono roco.
Tony alzò il capo dalla tazza vuota, inarcò un sopracciglio e allargò le braccia.
“Ma non causi la morte di nessuno, Captain”.
Steve strinse i pugni, espirò pesantemente.
“Vorrà dire che ce la caveremo senza di lei” disse, gelido.
Annuì, rizzò la schiena.
“È stato un piacere, Mr. Stark”.
Si voltò e si allontanò, Tony si versò l'ennesima tazza di caffè e sbuffò aria dal naso.
“Jarvis? Promemoria per me. Non dare mai più caffè a Cap. Lo rende nevrotico”.
“Pensa di rivederlo nuovamente, signore?”.
Tony bevve la tazza, sogghignò e si alzò.
“Devo pur fare il mio lavoro”.

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Capitolo 3
*** 3. ***


Personaggi: Tony/Steve.
Prompt: Mani.
Lanciato da: La Morte Fidanzata.

New York, pochi minuti dopo la partenza di Thor e Loki.

Steve strinse la mano di Tony, indurì lo sguardo abbassando il capo.
“Mi sbagliavo su di te, Stark” disse.
Tony ricambiò la stretta, sogghignò piegando il capo di lato.
“Solo perché io ho sempre ragione, Capitano”.
Steve roteò gli occhi, osservò Natasha e Clint partire in macchina imboccando una strada vuota; si voltò verso l'auto di Tony guardando Bruce seduto all'interno. Tony inarcò un sopracciglio, strinse la presa sulla mano di Steve.
“È a disagio, ma non scapperà”.
Steve ritirò il braccio, infilò la mano in tasca sentendola calda e si morse il labbro.
“Spero tu non voglia solo giocare a tenere la sua vita sul palmo delle mani”.
Tony sogghignò, allargò le braccia facendo un passo indietro e tirò indietro il capo sporgendo la schiena.
“Sei l'unico ad averle abbastanza grosse” rispose, sarcastico.
Steve alzò gli occhi al cielo, li roteò e si voltò avvicinandosi alla propria moto. Vi salì sopra togliendo il cavalletto, piegò il capo e accennò un sorriso.
“Questo non suona molto offensivo, Stark”.
Tony gli si avvicinò, il rombo del motore della moto gli riecheggiò nelle orecchie e socchiuse gli occhi incrociando le braccia.
“Dovrei offendere le tue mani?”.
Si chinò in avanti, lanciò un'occhiata alla propria macchina osservando Bruce guardarli e sogghignò avvicinando le labbra all'orecchio di Steve, socchiuse gli occhi castano scuro.
“Preferisci guardare le mie?” mormorò.
Steve avvampò, tirò indietro il capo e assottigliò le labbra carnose arricciando il naso.
“Tieni le tue mani lontano dalla mia persona, per cortesia” sibilò.
Tony rise, scosse il capo e poggiò la propria mano su quella di Steve, gli carezzò le nocche con i polpastrelli. 
“Vieni con noi” mormorò.
Steve deglutì, strinse il manubrio della moto e diede gas puntellando con i piedi in terra.
“La prossima volta” assicurò, sottovoce.
Tony sorrise, annuì e gli lasciò la mano.
“La prossima volta” ripeté.
Steve lo osservò raggiungere la macchina e partire, fece leva con i piedi e partì con la moto. Socchiuse gli occhi azzurri, strinse la presa sul manubrio; il vento gli scompigliava i capelli biondo cenere facendoli battere contro la pelle arrossata.
< Le sue mani sono calde > pensò.
Diede gas, cambiò corsia con un testacoda e accelerò piegando la schiena in avanti; seguendo la macchina di Tony.
< Ed io ci sono proprio in mezzo > si disse.

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Capitolo 4
*** 4. ***


Personaggi: Steve, Tony.
Prompt: Il mio inizio sei tu.
Lanciata da: La Morte Fidanzata.

Tony scese i gradini della Tower, saltò una serie di macerie e raggiunse l'uscita. Vide Steve osservare il cadavere di un Chitauro vicino la porta, sogghignò e avanzò.
“Sbaglio o avevi detto ‘la prossima volta’?”.
Steve sobbalzò, si voltò e spostò il peso da un piede all'altro.
“Le nostre esperienze passate insieme sono partite con il piede sbagliato. Volevo evitare di non vederci mai più”.
Tony inarcò un sopracciglio aggrottando la fronte, si voltò entrando.
“La nostra Sentinella della Libertà sentiva già la mia mancanza, eh?” ribatté, sardonico.
Steve roteò gli occhi, lo segui all'interno e lo guardò sedersi su una sporgenza metallica. Incrociò le braccia all'altezza dei pettorali sporgenti e socchiuse le iridi azzurre.
“Siamo stati accanto nella fine del mondo. Volevo esserti vicino anche nel nuovo inizio”.
Tony gli indicò la serie di gradini al suo fianco, piegò il capo di lato chinandosi in avanti.
“Hai visto qualche telenovela strappalacrime, ultimamente?”.
Steve sorrise appena, si poggiò al corrimano con la schiena e mise un piede sulla punta sollevando l'altra gamba.
“Sto cercando di abituarmi alla televisione a colori” ribatté.
Tony rise, allargò le braccia girandosi totalmente verso di lui e si chinò verso il basso; socchiuse le iridi castano scuro sogghignando.
“Allora questo è davvero un ottimo punto per iniziare!”.
Steve si guardò intorno osservando alcuni fili pendere dal soffitto, osservò l'esterno guardando alcuni cadaveri di Chitauri ammassati tra le macerie della strada e i residui di automobili. 
“Dovresti poter rendere concreti i sogni, per rimettere tutto insieme” disse, con voce dura.
Tony batté le mani sulla superficie metallica, piegò il capo di lato e arricciò il naso.
“Io fabbricò sogni. Solo un po' più moderni di quelli degli altri”.
Steve roteò gli occhi accennando un sorriso, poggiò un piede contro il proprio ginocchio e strinse le braccia incrociate.
“Tu non eri esattamente nei miei piani, Stark” rispose, con una nota ironica.
Tony gettò il capo all'indietro ridendo, scosse la testa e allargò le braccia; piegò il capo in avanti dilatando le iridi scure.
“Vedila come l'occasione di una nuova possibilità!” esclamò.
Steve arrossì, strofinò il piede sul ginocchio e sciolse le braccia incrociate muovendo il capo; i ciuffetti di capelli biondo cenere gli strofinarono sulla fronte.
“Non credo funzionerebbe” ribatté.
Tony si alzò, si sporse in avanti e socchiuse gli occhi aprendo appena le labbra.
“Funzionerà” mormorò.
Steve sentì le orecchie avvampare, annuì sentendo il battito accelerare e si leccò le labbra arrossate.
“Solo se riesci a mettere da parte il tuo ego” mormorò in risposta.
Tony sogghignò, indietreggiò e fece l'occhiolino.
“Solo se ci sono io!”.

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Capitolo 5
*** 5. ***


Personaggi: Bruce, Tony.
Prompt: Visione distorta.
Lanciata da: Claudia De Sessa.

Steve entrò in cucina, osservò Bruce sorridere poggiando una tazza fumante davanti a Tony. Tony mugolò, sbadigliò appoggiando le spalle contro lo schienale e accennò un sogghignò socchiudendo le iridi castano scuro.
“Grazie, mammina” disse, con tono strascicato.
Steve raggiunse il frigo, lo aprì e prese una bottiglia di latte.
“Di nuovo le ore piccole, Stark?” chiese.
Bruce si sedette, strinse la tazza di camomilla davanti a sé e sorrise alzando il capo.
“Buon giorno, Steve” salutò.
Tony bevve il caffè, tirò fuori la lingua sentendola bruciare e soffiò allargando le gambe.
“Non tutti vanno a dormire alle nove di sera, Cap”.
Steve roteò gli occhi, afferrò la caffettiera e la poggiò sul tavolo; si sedette afferrando uno dei biscotti dalla fruttiera al centro del mobile.
“Hai una visione distorta del concetto di sonno” borbottò.
Bruce ridacchiò, bevve due sorsi di camomilla e si tirò su gli occhiali premendoli contro il naso.
“Stavamo proprio parlando delle particolari concezioni di Tony” disse.
Tony grugnì, afferrò la caraffa di caffè e se ne versò una tazza.
“In realtà parlavamo di quanto Bruce fosse eccessivamente prudente e tu eccessivamente antiquato”.
Steve strinse le labbra, ingoiò il biscotto stringendo la presa sulla bottiglia di latte sentendola fresca sotto le dita.
“E non ti è venuto in mente di citare anche i tuoi difetti?” domandò.
Bruce sorrise, afferrò un biscotto e lo infilò nella tazza.
“Non credo che Tony li definirebbe così” rispose.
Tony inarcò un sopracciglio, agitò la mano con la caraffa di caffè in aria e scosse il capo.
“Avete tutti una visione distorta del concetto di difetti. Io non ho difetti, ho un carattere affascinante”.
Steve roteò gli occhi, allargò le gambe rilassando le spalle e sorrise.
“Avrei detto esasperante”.
Bruce si chinò in avanti, rigirò la tazza tra le mani.
“Inoltre una persona che ha come migliore amico l'Altro Tizio non dovrebbe parlare di visioni distorte” aggiunse.
Tony passò lo sguardo da uno all'altro, sbuffò e sogghignò scuotendo il capo.
“Non è giusto. Vi siete alleati contro di me” si lamentò.
Si alzò, lasciò la tazza e strinse la caffettiera.
“Me ne vado con il mio unico amico” aggiunse, con tono di stizza.
Steve inarcò un sopracciglio, Bruce scosse il capo scrollando le spalle. Tony si allontanò con il capo alzato, stringendo la caffettiera. Steve abbassò il capo, schioccò la lingua sul palato.
“È un tipo strano, eh?”.
Bruce tirò fuori il biscotto dalla camomilla, sorrise e alzò le spalle.
“Ha una visione distorta perfino dell'amicizia” rispose.
Steve annuì, si voltò osservando vicino al lavandino una tazza con il suo nome sopra; sorrise arrossendo e lasciò andare la bottiglia di latte.
“Eppure, per quanto distorta, è sincera” mormorò.

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Capitolo 6
*** 6. ***


Personaggi: Steve, Tony.
Prompt: http://shioxxxx.tumblr.com/post/78654504986/tony-cries-for-he-has-no-heart-steve-tries-to
Lanciata da: La Morte Fidanzata.

Steve si poggiò allo stipite della porta, osservò Tony poggiare gli occhiali di Bruce sul comodino. Banner emise un forte sospiro girandosi, Tony gli lanciò un'occhiata e sogghignò allontanandosi. Steve incrociò le braccia.
“Così riesci anche ad essere premuroso” disse.
Tony sobbalzò voltandosi, socchiuse gli occhi aggrottando la fronte e sbuffò sonoramente uscendo dalla stanza. Si girò allargando le braccia, sporse il collo.
“Sei autorizzato a deridermi solo a bassa voce” sibilò.
Steve scosse il capo allontanandosi dalla porta, l'uscio automatico si chiuse con un sibilo e il Capitano indurì lo sguardo.
“Non c'è niente da deridere in chi ha un grande cuore” disse duro.
Tony roteò gli occhi abbassando le braccia, sogghignò facendo due passi indietro.
“Non sei neanche capace di cogliere l'opportunità di sfottere uno che detesti, Capitano” lo derise.
Steve abbassò il capo sciogliendo le braccia incrociate, addolcì lo sguardo accennando un sorriso.
“Sei l'unico a pensare che ti detesti, Stark”.
Tony sbuffò, inarcò un sopracciglio corrucciando la fronte.
“Oh, andiamo. Scommetto che vivi ancora qui solo perché ti divertì a fare il boy scout aiutando con i lavori di casa”.
Steve irrigidì le spalle rizzando la schiena, gonfiò il petto facendo risaltare i muscoli sotto la canottiera bianca.
“Vivo ancora qui perché penso che tu abbia un cuore più grande di quel che vuoi far credere, e la devozione di Bruce me lo dimostra”.
Tony roteò gli occhi sporgendo il labbro, incrociò le braccia e strusciò i piedi nudi in terra.
“Quando si è soli, ci si attacca a chiunque potrebbe accettarti. Non serve avere cuore, solo il buon senso di scegliere gli alleati”.
Steve strinse le labbra fino a farle sbiancare.
“Non sei così pragmatico, Stark. Non fingere di esserlo”.
Tony sciolse le braccia incrociate, gli premette il dito sul petto e socchiuse gli occhi.
“E tu non fingere di conoscermi, Rogers” sibilò.
Si voltò e si allontanò. 

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Capitolo 7
*** 7. ***


Prompt: Fili
Lanciato da: Astra di Fluxopoli.

Steve si sedette sul divano, porse la tazza di caffè a Tony e sorrise a labbra strette. Tony inarcò un sopracciglio, afferrò la tazza e annussò il contenuto. Sogghignò, si fece di lato sul divano e poggiò la mano accanto a sé.
“Una richiesta di scuse ufficiali?” domandò.
Steve scosse il capo.
“Non ho detto niente per cui debba scusarmi”.
Poggiò la schiena contro il divano, socchiuse gli occhi azzurri.
“Non tutti fanno qualcosa per un doppio fine. E anche tu lo fai meno di quanto vuoi far credere”.
Tony sbuffò roteando gli occhi.
“Riecco l’esperto della mia vita privata” si lamentò.
Agitò la mano libera in aria stringendo a sé con l'altra la tazza.
“È semplice logica. Ad ogni azione equivale una reazione uguale e contraria”.
Steve aggrottò la fronte corrucciando le labbra, incrociò le braccia.
“Io penso sia più come un filo, Stark: siamo collegati agli altri, in qualche modo”.
Tony rise, scosse il capo e sorseggiò il caffè. Sogghignò, si piegò in avanti socchiudendo gli occhi.
“Prima il filo spinato, ora questo. Qui qualcuno si sente legato”.
Steve avvampò scattando in piedi, indietreggiò.
“Non dico questo. Un filo non è per forza una costrizione, può essere anche un legame. Uno positivo, intendo”.
Tony scrollò le spalle.
“Ma se stringi troppo i nodi, diventerrà comunque una gabbia”, disse, “Preferisco la sicurezza della logica all’incertezza di un filo troppo largo o troppo stretto”.
Steve assottigliò le labbra, scosse il capo.
“Per alcuni, il rischio vale il risultato”.
Tony posò la tazza di caffè, alzò le mani.
“Per alcuni”, ammise, “Ma non per me”.
Steve strinse i pugni, prese la tazza e si voltò uscendo dalla stanza. Tony sospirò, piegò il capo all'indietro affondando collo e spalle nei cuscini e chiuse gli occhi.
< Non vale mai la pena legarsi a qualcuno. Prima o poi, i fili si spezzano >.

 

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Capitolo 8
*** 8. ***


Prompt: Silenzio.
Lanciato da: Claudia Saini.

Steve strinse le mani dietro la schiena, camminò davanti al tavolo e sospirò.
“Quando Tony non mi parla, è peggio di quando mi insulta” si lamentò.
Bruce strinse tra le mani la tazza di the, soffiò un paio di volte e si tolse gli occhiali appannati dal fumo.
“Forse perché il suo silenzio vuol dire che è nei guai”.
Steve poggiò le mani guantata sul tavolo, piegò la testa verso Bruce socchiudendo gli occhi azzurri.
“È proprio in quel tipo di occasioni che bisogna parlare!” si lamentò.
Bruce alzò le spalle, si strofinò gli occhiali contro la maglia larga due volte lui ripetutamente.
“Lo sai com'è fatto. Se la situazione è seria, non otterrai niente”.
Steve sbatté il pugno sul tavolo.
“Se sapessi il perché del suo silenzio, non sarei così agitato”.
Bruce si infilò gli occhiali, bevve il the e sospirò.
“Non lo so, Steve. Era uscito per le sue solite conferenze stampa, quando è tornato si è chiuso subito in laboratorio. JARVIS non mi ha fatto entrare”.
Steve sospirò, si passò la mano tra i capelli biondi si sedette.
“Ho provato decine di volte, ma niente. Cosa può aver scoperto di così terribile nel giro di qualche ora?”.
Si alzò, afferrò lo scudo da terra e se lo mise sulle spalle.
“Basta con i silenzi. Scoprirò il problema”.
Bruce batté le palpebre, aggrottò la fronte e si alzò.
“E come?” chiese.
Steve indurì lo sguardo.
“Chiedendo all'ultima persona che l'ha visto”.

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Capitolo 9
*** 9. ***


Steve entrò nell'atrio delle Stark Indistries, si guardò intorno osservando gli impiegati fare avanti e indietro e avanzò fino all'ufficio centrale con su scritto ‘Hill’. Spalancò la porta, la sbatté alle proprie spalle e raggiunse la scrivania, battendo le mani sul legno.
“Voglio sapere cos'è successo a Stark” disse
Maria sfogliò i fascicoli, prese una penna mettendo tre firme e li ripose di lato su altre carte.
“Buongiorno anche a lei Capitano”, salutò, “Il signor Stark non è ancora rientrato?” chiese.
Steve le tolse i fascicoli dal tavolo, li sbatté sulla sedia, si rizzò e incrociò le braccia indurendo lo sguardo.
“Sì che è rientrato, Hill. È per questo che sono qui. Per capire perché è chiuso nel suo laboratorio” spiegò.
Maria aggrottò la fronte, sospirò roteando gli occhi e aprì degli schermi olografici osservando dei grafici.
“Suppongo sia per il rifiuto del Governo al progetto Fondazione Stark” disse.
Steve afferrò lo schermo, lo guardò osservando il titolo e i numeri, fece scorrere lo sguardo sui dati e arricciò il labbro.
“Fondazione Stark?” domandò.
Maria cliccò una serie di tasti olografici facendo comparire un edificio rotondo illuminato dal reattore arc, con delle frecce ad indicare ogni zona.
“Un centro pagamento danni. Voi rompete, Stark paga i funerali, la ricostruzione di edifici pubblico o privato e il risarcimento morale” spiegò.
Scrollò le spalle, chiuse la finestra.
“Vuole offrire anche sussidio ai piccoli criminali, in modo che non lo siano più. Assistenza sanitaria, sostegno psicologico, cose del genere”.
Steve sgranò gli occhi.
“E questo da quando?”.
Maria strinse le labbra, sospirò gettando i dati nel cestino olografico, si alzò e prese i fogli dalla sedia, li sfogliò socchiudendo gli occhi azzurro chiaro.
“Da mai, pare. Il Governo ha rifiutato a prosta. Hanno detto che non accetteranno di pagare per i danni di cosiddetti eroi” disse.
Steve scosse il capo, allargò le braccia e spostò il peso da un piede all'altro.
“Ma i soldi sarebbero stati di Stark! Perché rifiutare?”.
Maria si sedette, poggiò le carte e alzò il capo.
“Il Governo avrebbe dovuto pagare il 20%. E inoltre, facendolo, avrebbe ufficializzato la vostra autorità” disse.
Steve abbassò il capo, strinse i pugni lungo i fianchi irrigidendosi.
“Stark ha rinunciato?” chiese, ringhiando.
Maria prese la penna, scrollò le spalle.
“Questo non lo so”, disse, “Perché non lo va a chiedere a lui?”.

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Capitolo 10
*** 10. ***


Personaggi: Steve/Tony.
Prompt: Sangue.
Lanciato da: Claudia Saini.

Steve fece scattare la porta sul retro del laboratorio, entrò e sgranò gli occhi vedendo i tavoli rovesciati; gli oggetti elettronici mandavano una serie di scintille e frammenti di vetro misti a olio erano sparsi sul pavimento.
“Tony?”.
Avanzò, sporse il capo a destra e sinistra e vide Tony a gattoni, chinò davanti ad una cassetta del pronto soccorso. Tony alzò il capo, le iridi castano scuro erano arrossate e incavate; gocce di liquido ambrato gli sporcavano il pizzetto e la maglia.
“Mi sono tagliato” spiegò.
Steve si sedette, gli prese le mani vedendo il sangue coprire i muscoli delle braccia e le dita.
“Ho saputo che hanno rifiutato il tuo progetto”.
Afferrò del disinfettante dalla cassetta, lo mise sull'ovatta e tamponò le ferite.
“Perché non mi hai detto che avevi un progetto simile?”.
Tony ritirò le braccia, mosse il polso stringendo gli arti al petto e scosse il capo; grugnì incrociando le gambe.
“È solo un po' di sangue”, borbottò, “E non vedo perché dovrei parlarti dei miei progetti aziendali”.
Steve si passò la mano tra i capelli, prese nuovamente una mano di Tony e passò il pollice sul sangue incrostato sulle dita callose dell'altro.
“La prima volta che ti ho visto, pensavo tu fossi un arrogante che si divertiva a prendermi in giro. Quando ti ho visto a Stoccarda, ero convinto che volessi solo dimostrare quanto eri migliore di me”.
Tony sospirò, afferrò una bottiglia di alcool semi-vuota e finì di berla, deglutì scuotendo il capo e sogghignò socchiudendo gli occhi.
“Mi dispiace, non sei il centro della mia vita”.
Steve roteò gli occhi, passò il cotone sulle ferite, lo posò e osservò i lividi contornati di sangue coagulato chiazzare i muscoli tesi di Tony, si leccò le labbra e rimise il disinfettante nella cassetta.
“Poi ho capito che quello che hai te lo sei guadagnato. Anche con il sangue, se necessario”.
Tony strinse le labbra, abbassò il capo e guardò i residui di liquore nella bottiglia.
“Il sangue degli altri”.
Steve scosse la testa, si sfilò i guanti rossi e gli mostrò le mani.
“Io non ho segni. Ho combattuto, mi sono allenato, ho tenuto armi; ma le mie mani sono lisce”.
Indicò con il mento le mani callose di Tony, la pelle scura era coperta di piccole cicatrici più chiare.
“Tu hai i segni del tuo lavoro. Potrai mostrare le mani ai tuoi figli e dirgli che hai lavorato duro”.
Tony si guardò le mani, grugnì passandosele tra i capelli sudati e scompigliati.
“Non credo sia proprio quello il punto”.
Steve lo guardò negli occhi.
“Il punto è che ho sbagliato su di te, Tony. E chi ti ha negato aiuto anche sta sbagliando”.
Tony ricambiò lo sguardo, sorrise.
“Vuol dire che posso contare su di te?”.
Steve annuì, sorrise a sua volta.
“Lo faremo insieme”.

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