Vita di Coppia: come sopravvivere

di Lumos and Nox
(/viewuser.php?uid=202171)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Famiglia ***
Capitolo 2: *** Litigio ***
Capitolo 3: *** Romance ***



Capitolo 1
*** Famiglia ***


Vita di Coppia: come sopravvivere



1. Famiglia

Ade/Eris
Avere una famiglia, creare un'altra immortale seccatura completa di divine piccole pesti, in perenne contatto con le loro vite, non era mai stata la priorità di entrambi. Insomma, quel pensiero non era stato nemmeno al di sopra di tutti i grandi traguardi delle normali coppiette- che in questo caso comprendevano una casa a forma di teschio nelle profondità del Tartaro, gemiti di anime torturate, qualche accidentale calamità naturale e, cosa più importante di tutte, la vendetta e conseguente dolorosa, morte dei propri nemici.
E tutto sarebbe stato perfetto. Ma il "Fato" aveva ancora molto da ridire al riguardo.
«Hai intenzione di indirre una festa in suo onore come a suo tempo fece tuo fratello?» chiese Eris osservando con ben simulata noia il pancione.
«Tralasciando il fatto che era una festa degna delle loro scarse capacità mentali, effettivamente vorrei proprio vedere il grande e possente Zeusino qui nel Tartaro. Non credo abbia nemmeno mai visto il piccolo Cerby».
Eris prese con grazia il calice di ambrosia che Ade le porse. «Oh, credo che ci sarebbe qualcosa di ben più importante da vedere che non un cane a tre teste, non credi?»
Gli occhi del Dio dei Morti si illumirarono. Sorrise, teneramente perfido. «Sai, sinceramente credo che potrebbero anche venire, se non avessi tentato di spodestare tutto il loro patetico Olimpo. In compenso, potrei chiedere alle Parche di donare qualcosa alla peste, che ne dici, zuccherino?»
Eris ridacchiò. «Dico che mi sembra un'idea niente male, per una divinità del tuo calibro. Così debole rispetto a me».
«Uhm, i cambiamenti d'umore della gravidanza». Ade si avvicinò al volto della dea sino a sfiorare le sue labbra. «Interessante».
Nella pancia di Eris, la piccola Nemesi scalciò come a voler esprimere il suo desiderio di entrare a far parte della famiglia più malvagia degli dei.

Jafar/Malefica
«Temo di non aver compreso, Jafar». Malefica scese dal suo trono con una grazia innaturalmente fredda, che avrebbe fatto rabbrividire anche il più formidabile principe. «Per quale motivo non sei in grado di compiere il compito che avevamo pattuito?»
Jafar strinse le labbra. «Mi duole contraddirti, mia Signora, ma lo avevi deciso solo tu».
«E con questo cosa devo aspettarmi, Jafar? Una ribellione?»
Il Gran Visir perse la pazienza. «Almeno spiegami come si fa!»
Le labbra di Malefica si arricciarono in un sorrisetto. «Non credo proprio. Dopotutto, dovresti avere già esperienza al riguardo, con la Principessa Jasmine».
Jafar scosse la testa con una smorfia, benché dentro di sé non potesse far altro che continuare ad ammirare profondamente la Strega per il suo colpo basso.
«No?» si finse sorpresa Malefica. «Oh, che peccato».
«Devi soltanto mostrarmi come metterglielo, Malefica!»
La Regina di Tutti i Mali non sembrò sorpresa dalla supplica nel tono del Gran Visir.
«Per favore» sibilò quello infine, cercando quasi di non farsi sentire, chinando la testa.
Malefica ghignò, e finalmente acconsentì ad aiutarlo, seguendo Jafar al fasciatoio nell'altra stanza, dove il piccolo Dubra- pelle verde e occhi dorati- stava urlando a squarciagola nell'attesa di essere cambiato.
Possibile che essere una famiglia dovesse essere più complesso di organizzare un'ascesa al trono ad Agrabah?

Yzma/Facilier
«Darkia, hai intenzione di scendere?» strepitò Yzma con quanto fiato aveva in gola, mentre Facilier aiutava i tre gemelli demonietti- Shango, Agni e Te Reinga- che avevano adottato a prendere fuoco senza danneggiare troppo i vicini.
Avevano già ustionato Kronk, ed era difficile non avere in casa un servitore tutto muscoli- e niente cervello- disposto perfino a rifare il letto di ceneri ardenti dei tre gemelli.
Yzma, i denti stretti in un'imprecazione e le braccia rigide fissate lungo i fianchi, era sull'orlo di una crisi di nervi: sarebbero dovuti essere già da almeno dieci minuti al Palazzo delle Malvagità e se c'era una cosa che odiava era ritardare alle occasioni in cui loro potevano mostrarsi in tutta la loro magnificenza.
La voce di Darkia arrivò attutita dal piano superiore, in quello che sembrava un diniego. Yzma mollò un urlacchio esasperato e si gettò sul divanetto lì accanto. «Non può metterci sempre così tanto!»
«Non stressarti, mia cara» si inserì Facilier, spegnendo distrattamente il fuoco che, starnutendo, Agni aveva appiccato al tappeto. «Sono sicuro che Darkia ha quasi finito. D'altronde, non capita tutti i giorni di poter assistere alla presentazione ufficiale del sedicenne Principe di Tutti i Mali».
Il viso di Yzma si illuminò in un ghigno. «Credi che Darkia abbia...?»
«Non lo credo, ne sono sicuro» rispose Facilier sistemandosi la giacca. «Controllare un intero corredo di ombre può rivelarsi davvero utile a fini spionistici».
I due ebbero appena il tempo di scambiarsi un'occhiata complice, prima che una voce lugubre alle loro spalle li raggiungesse.
«Eccomi». Darkia, l'unica gravidanza che il corpo decrepito di Yzma avesse potuto sopportare, stava scendendo a fatica per via del lungo abito viola scuro che la faceva inciampare. La pelle grigiastra metteva parecchio in risalto il sorriso storto e i capelli neri arruffati.
«Sei splendida, piccola mia» si complimentò Facilier, mettendole un braccio sulle spalle, mentre la ragazzina sorrideva. «Ho usato il tessuto d'ombra e...»
Venne interrotta dalla voce stridula di Yzma. «Sei stupendamente cupa davvero, Darkia, ma a dopo gli elogi! Se siamo tutti pronti, andiamo! Te Reinga, guai a te se mandi a fuoco il vestito di Darkia! Lo potrai fare dopo! E Shango, Agni, smettetela di litigare e datevi la mano!»
Yzma si assicurò che tutti le avessero obbedito prima di gettare una pozione di trasporto nel camino del salotto. «E vedete di non farci sfigurare!»
Attenzione, Malvagi. La famiglia Yzmier stava arrivando.

Frollo/Gothel
«Credo di non aver sentito bene. Che cosa vorresti fare, Claude Frollo?»
Il giudice deglutì lentamente, pulendosi con eleganza le labbra con un tovagliolo. Si preparava alla risposta. I vari servitori si affrettarono chi ad uscire dalla stanza, chi a non sembrare troppo interessato.
«Se mi avessi fatto finire, lo sapresti, Gothel. Stavo soltanto proponendo una carriera che Lucifero potrebbe intraprend...»
«Ah! Ecco qui il tuo errore, caro: mio figlio non farà mai un lavoro tanto orribile come il tuo!»
«Quindi vorresti trascinarlo nella follia della tua Magia Nera?»
Mentre i suoi genitori battibeccavano, Lucifero, tratti appuntiti del volto, occhi castani e una zazzera di capelli neri sotto un berretto viola, sospirò. Sarebbe stato carino se in quella famiglia la sua opinione fosse contata qualcosa.

Crudelia/Madame Medusa
«Ora devi lanciarglielo, tesoro, così...» Medusa sventolò davanti agli occhi di Rubinia un enorme coscia di pollo, prima di tirarla ai due coccodrilli famelici nel canale. Mentre la bimba batteva felice le mani, si ritrovò a pensare quanto fosse ironica la vita. Lei, che aveva odiato come non mai i mocciosi e l'amore che non fosse per i soldi, si ritrovava ad essere sì ricca e a vivere nella villa De Mon, ma anche ad essere sposata con Crudelia e ad aver adottato una bambina. Passò la mano nei capelli mezzi bianchi e mezzi rossi di Rubinia- Crudelia e le sue maledette tinte. «Andiamo a comprare una nuova pelliccia come sorpresa per la Mamy?»
Rubinia spalancò gli occhi verdi, strillò per la gioia e, incapace di tenere un segreto, corse subito dentro la villa a rivelarlo a Crudelia.
Madame Medusa sospirò, non riuscendo a reprimere un sorrisetto. Sempre così finiva, in quella famiglia.

Helga Sinclair/Clayton
«Non perdere di vista il bersaglio, Cecil».
Il bambino non obbedì abbastanza in fretta: un piccolo schiaffo in testa e gli occhi erano di nuovo sul suo obiettivo.
«Non farmi perdere tempo» lo riprese imperscrutabile e seria Helga. «Stai imparando a sparare, non partecipando al festival internazionale delle mammolette».
Cecil sbuffò una ciocca dei suoi capelli biondi, sotto lo sguardo divertito di Clayton che, sotto una tenda poco più in là, era impegnato a intrattenere la piccola Alexandra. A cui non piaceva aspettare.
«Papaaaà!» strillò la piccola mora. «Finisci la storia! Alla fine hai ucciso l'uomo scimmia?»
«Certamente. Ma non è stata quella l'avventura più micidiale in cui mi sono imbattuto» rispose l'uomo, aspirando del fumo dalla sigaretta. Incrociò per un attimo lo sguardo di Helga. Si sorrisero.

Grimilde/Gaston
Gaston avrebbe voluto avere almeno una dozzina di figli, che lo avrebbero accompagnato a caccia e che avrebbero seguito le sue orme. Grimilde non aveva mai avuto intenzione di deturpare il suo corpo perfetto con qualsiasi attività fisica, figurarsi poi con una gravidanza, un patetico tentativo di creare una famiglia.
Dopo varie sfuriate, animali della foresta brutalizzati e sortilegi magici finiti ovunque, erano giunti ad un accordo.
Uno solo.
E ciò spiegava il bambinello che aveva il privilegio di stare accanto a Grimilde. Aveva un visetto pallido, labbra piccole e carnose, mento all'infuori, capelli neri e- cosa che sua madre adorava- un occhio azzurro e uno verde, come a dimostrare che, qualunque cosa Grimilde facesse, era perfetta.
Aingeal aveva solo tre anni, ma già sembrava aver capito come funzionava il mondo. Eccolo lì, a giocare con i filtri magici mentre Gaston cercava di fargli impugnare un rozzo fucile per bambini, inutilmente.
Era ormai evidente. Loro figlio sarebbe diventato uno stregone e l'avrebbe aiutata a riprendere il suo trono. Lo aveva deciso lei, ed era lei a capo di quella... famiglia. Era strano che la vecchia immagine del re e di Biancaneve che compariva a quella parola fosse stata sostituita da Gaston e da Aingeal. Era strana, ma... bella. La sua famiglia.

Merlino/Magò
Si erano sposati giovani, Merlino e Magò. Merlino aveva ancora i capelli neri e a malapena un accenno di barba, mentre Magò non si era ancora ingobbita dalla Magia Oscura, no, non c'era ancora stata nessuna macchia in lei, né nessuna magia in nessuno di loro.
Magò aveva i capelli lunghi color violetta, naso all'insù, begli occhi grandi e verdi e un corpo slanciato che l'abito da sposa fasciava benissimo, al contrario della tunica di Merlino.
Il bambino che era nato dopo un anno di matrimonio era bello come Magò, aveva pensato spesso Merlino. Aveva capelli violetti, occhi neroazzurri ma un fisico un poco gracile, con le caviglie magrissime. Nonostante questo, Merlino aveva sempre pensato che il suo Marrec fosse meraviglioso. E che avrebbe reso fieri sia lui, sia Magò, diventando un cavaliere.

Hans/Charlotte La Bouff
«Ooooh, non sono splendidi?» esclamò sognante Charlotte, aggrappata al braccio di Hans. Il principe diede un'occhiata distratta ai nuovi oggetti delle moine della ragazza ed impallidì quando il sguardo scivolò su due o tre bambini- rispettivamente i figli di suo fratello maggiore Wilhelm- che giocavano a palla, le vesti da parata ben in vista. Charlotte sospirò di invidia, stringendosi a lui. «La tua famiglia è così grande e bella, Hans».
«Lo sai che ne penso» scattò lui con tono freddo. L'espressione sul viso della ragazza si fece per un attimo colpevole prima di rivelare un sorriso. «Vedrai che con noi sarà diverso. Te lo prometto» assicurò tanto di sorriso e pollice alzato.
Hans emise uno sbuffo- forse speranzoso- mentre i suoi occhi scivolavano sulla pancia ancora piatta di Charlotte. Da un certo punto di vista, anche lui ne era certo: insieme ai piccoli Gerda e Kay, la sua vita sarebbe cambiata. Avrebbe avuto una nuova famiglia, una vera famiglia, non dodici fratelli disposti a tutto pur di distruggerlo.

Spugna/Nonna Fa
Un bambino tozzo, con gli occhi a mandorla stranamente azzurri, correva a perdifiato lungo le banchine del porto. Subito dietro di lui, un'altra bambina, uguale se non fosse stato per i capelli appena più lunghi. «Sbrigati, Bèiké!»
«Io sto arrivando, Féng! Sono mamma e papà che non si sbrigano!»
Alle loro spalle, Spugna e Hua Yun si avvicinavano saltellando tra le tavole. «Porta bene!» si giustificò la mamma, sorreggendo il marito che barcollava. «E poi il nostro Grillo ci porterà fortuna di sicuro al mercato!»
Un brontolio sordo si confuse con Féng che apriva la bocca per parlare. Spugna trasalì e si rizzò a sedere, ritrovandosi nella penombra della sottocoperta. Immagini confuse di Hua gli danzavano sotto le palpebre.
Era stato solo un sogno... di una famiglia che forse avrebbe potuto avere.



N.d.A.
Ebbene si, mi lancio in una nuova sfida: tre piccoli prompt su queste sei coppie. Che la mia morte abbia inizio.
Cercherò di aggiornare ogni due o tre giorni, come avete visto sono racconti molto brevi.
Passando ai nomi dei bambini (perché ogni cosa ha un suo significato):
Nemesi: è la Dea della Vendetta, e non c'entra una beata fava con Ade e Eris. Tecnicamente, nella mitologia greca, è figlia di Oceano e Notte ed è precisamente la dea della Distribuzione della Giustizia. Ma da Ade e Eris, come poteva non nascere la dea della Vendetta?
Dubra: significa "Ago" in arabo ed è un richiamo alla maledizione che Malefica aveva imposto ad Aurora.
Darkia: questo è a dire il vero l'unico nome su cui sono andata a puro intuito. Richiama un poco le ombre di Facilier e l'oscurità di Yzma, non trovate? Comunque, Darkia ha circa quattordici anni ed è l'unica figlia naturale degli Yziel.
Agni: nome di una divinità del fuoco atzeca.
Shaung: nome di uno spirito del fuoco voodoo.
Te Reinga: significa "Inferno" in lingua maori.
I tre gemelli sono stato adottati, ho immaginato fossero tre spiriti del fuoco simili per carattere ai tre fratellini di Merida.
Lucifero: niente, è solo il nome del diavolo.
Rubinia: nome che richiama la passione di Madame Medusa per le pietre preziose.
Cecil: secondo nome di Clayton (avevo finito le idee).
Alexandra: nome del padre di Helga traslato al femminile.
Aingeal: "Angelo" nella lingua della zona in cui si svolge Biancaneve e i Sette Nani. Considerando quanto Grimilde ai canoni di bellezza, chi è più bello di un angelo?
Marrec: è in celtico e significa "Cavaliere". Era ciò che all'inizio sia Magò, sia Merlino desideravano che loro figlio diventasse, prima che si ammalasse mortalmente nel tentativo di poter diventare uno scudiero. Da ciò deriva l'avversione di Merlino per questi mestieri e la rottura tra i due.
Probabilmente in seguito approfondirò tutta la loro storia.
Gerda: ammetto che qui non sono stata molto originale. È il nome della protagonista della fiaba originale de La Regina delle Nevi.
Kay: è il coprotagonista de La Regina delle Nevi. Scusate, non avevo molte idee...
Bèiké: significa "Conchiglia" in cinese (almeno secondo google traduttore).
Fèng: significa "Vento" in cinese, ma lo stesso discorso di sopra vale per questo nome.
E niente, spero vi piaccia e di non essere andata OOC. Ci tengo a sottolineare che questa storia non ha niente a che vedere con il ciclo di Promessi Rivali- avete idea della quantità di mocciosi che circolerebbero nel Black Realm, sennò?
Riguardo a PR, aggiornerò al più presto con la oneshot sul Principe Giovanni e poi con il nuovo capitolo. Ho una nuova shot su Spugna, migliore della scorsa, preferite che cancello la precedente o che pubblico entrambe?
Fatemi sapere anche se volete che aggiunga nuovi parings :)
Baci
Nox

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Litigio ***


Vita di Coppia: come sopravvivere



2. Litigio

Ade/Eris
«Cooooooooosa?!» si sgolò Ade. L'intera sala di quel cupo palazzo del Tartaro fu illuminata a giorno da un tripudio di fiamme, che Eris degnò a malapena di uno sguardo annoiato.
Quando Ade si accorse di Pena e Panico che correvano con le code pericolosamente troppo... a fuoco cercò di trovare una vaga "pace interiore". «Ok, ok, sono calmo», sospiro profondo. «Va tutto benissimo. Sono calmo».
«Perfetto» decretò Eris con una risatina angelica che stonò con il seguente tono glaciale. «Perché io non lo sono affatto!»
Pena e Panico, dopo una lunga occhiata eloquente, si gettarono precipitosamente fuori dalla stanza.
«Come hai osato permetterti di affermare un affronto del genere? Hai il cervello sottoridotto di un mortale? O forse sei una di quelle divinità tarocche che un tempo lo erano?»
Il volto di Ade si deformò in un sorrisetto falso, che mal nascondeva la sua rabbia. «A furia di portare discordia in giro, si perde la memoria, 'Ris? No, perché, sai com'è... sono uno dei Tre Pezzi Grossi!»
Altre fiamme.
Il dio fece comparire dal nulla una pergamena giallastra che lanciò ad Eris. «Controlla pure, mela d'oro, magari così la tua memoria ne uscirà migliorata».
Eris, inaspettatamente, ridacchiò, rilanciangogli l'albero genealogico. «Oh, Ade, forse faresti meglio a ricontrollare certe appunti prima di rifilarmeli».
Il dio degli Inferi srotolò la pergamena, impaziente. Il suo nome era circa a metà della pagina, cerchiato da uno scarabocchio che doveva essere un alone nero con delle fiamette blu. Lo seguivano i nomi di Poseidone e di Zeus, rispettivamente attorniati da ondine e fulmini piuttosto infantili.
«Ok, forse Nemesi non avrebbe dovuto iniziare la sua opera di pittura proprio qui, ma...»
«Guarda più su» lo interruppe Eris, le braccia incrociate e un sorriso che non prometteva nulla di buono.
Lo sguardo di Ade scivolò sulla quasi infinita lista di seccatur... parentele divine, finché non venne catturato da un confuso disegnetto. Il nome di Eris era attorniato da spiritelli argentati, gente morente a terra e- tanto per cambiare- un enorme mela d'oro. Ma la cosa peggiore era un'altra.
Eris rise deliziato. «Adoro poterlo dire: te lo avevo detto! Sono molto più primordiale di te!»
Sovrastando le confuse spiegazioni del perché Ade fosse comunque migliore, Eris si avvicinò al dio fino a poter mordicchiare il suo orecchio. «E, tanto perché per restare in tema di memoria, Discordia vince sempre i suoi litigi, dovresti saperlo. Stavolta ti va bene solo perché sei... carino».
E sparì in una nuvola violacea, portando con sé una risata e la pergamena.

Jafar/Malefica
I litigi al castello delle tenebre si propagavano spesso in una sorta di guerra fredda. Potevano durare settimane. E ovviamente, nessuno delle due parti sembrava mai avere intenzione di cedere, finché, ovviamente, non l'aveva vinta, in qualche modo un poco subdolo, Malefica.
Tuttavia, quel giorno le cose sembravano andare diversamente. E questo di certo non contribuiva ad un buon decente stato d'animo della Regina di tutti i Mali. «Se ti aspetti qualcosa» decretò infatti con voce glaciale, «non immagini nemmeno quando tu sia in errore».
Jafar non rispose, limitandosi a fissare Malefica con le labbra appena incurvate.
«È una cosa che non tollero!» proseguì la strega. Nonostante il suo atteggiamento distaccato, Jafar non poté non notare la sua crescente irritazione. «Se si ricevono delle ingiurie, o comunque degli insulti» proseguì Malefica, «è intollerabile non rispondere. Assolutamente indegno. E questo fa di te un effettivo mago senza valore: per farla breve, un'infima creatura del Male da due soldi, Jafar, addirittura peggio di quanto credevo».
Il Gran Visir dirignò i denti in una smorfia che ricordava vagamente un serpente, aumentando la presa sul suo scettro. Ma non demorse. Ancora una volta, non aprì bocca, aumentando la furia di Malefica.
Gli occhi gialli della strega si spalancarono, in un'occhiata che avrebbe fatto crollare anche il più ardito tra i principi. Fu solo un attimo, per poi ritornare al suo consueto distacco e gelo. «E dire che pensavo di aver toccato il fondo, con la cara principessa Aurora. Dovevo essere veramente sciocca, ora mi ritrovo di fronte una tale personalità che riesce addirittura a rendere interessanti le poche parole che quella piccola idiota riusciva a stento ad articolare. Ti porgo i miei più sentiti complimenti, Gran Visir di Agrabah. Credo che potresti perfino ambire al premio dell'anno per la loquacità, con questa tua squisita capacità di oratore».
Il discorso annunciato scivolava talmente nell'assurdo, che Jafar non poté trattenere un sorriso molto più sfacciato, né nascondere un lieve colpo di tosse, che però pareva più una risata soffocata.
Malefica strinse le labbra, non per la rabbia, ma per non farsi scappare un gesto impulsivo. Doveva ammettere, suo malgrado, che forse quel litigio avrebbe avuto come vincitore il Gran Visir.
Non che fosse minimamente al suo livello, si intende.

Yzma/Facilier
«Ah!» Yzma sfoderò una delle sue migliori smorfie altezzose. «Sbraita finché vuoi, tanto non ti sento!» dichiarò, le mani scheletriche ben piantate sopra quei due buchetti del cappello che dovevano essere le orecchie.
Facilier alzò esasperato gli occhi al cielo. «Non sarebbe delizioso, mia cara, se la smettessi?»
Lo stregone fece appena a tempo ad accucciarsi, che un incudine gli sfiorò sibilando il cappello, schiantandosi con un sonoro SDONG sul divano dietro di lui.
Facilier si rialzò, facendo leva sul suo bastone, per poi sistemarsi la giacca con una sorta di sorriso storto. «Chi è che non sentiva?»
«Di sicuro tu quando ti ho detto che solo io posso dire a Kronk che i suoi broccoli fanno schifo!»
Il reticolo di rughe che la strega si ritrovava per viso aveva assunto una sgradevole tonalità rossastra, che però Facilier sembrò trovare piacevole. «Spero che mi perdonerai» si scusò, facendole un'elegante baciamano. «Credevo solo che fossi stanca, dopo ore e ore di insulti».
Yzma piegò le labbra in un sorriso che sarebbe potuto sembrare bieco. Inutile, non riuscivano proprio a fare un litigio come si deve.

Frollo/Gothel
Gli occhi di Gothel sprizzavano vendetta in quel suo modo atrocemente normale, mentre mandava a monte un altro dei suoi piani.
Fu anche grazie a questo indizio che Frollo ritenne opportuno porre quella domanda- che più pareva un'affermazione. «Siete coinvolta nella fuga di quel barbaro giunto qui dalle terre oltre oceano?»
Gothel imbastì la sua migliore aria innocente, molto convincente a dire il vero. «Che barbaro, mio giudice? Intendete forse quello sciagurato che è misteriosamente fuggito dalle prigioni? Quello strano individuo che Cortéz aveva catturato nella sua campagna verso la fantomatica El Dorado e che Ratcliffe mi aveva concesso?»
«Quanti altri barbari avete avuto l'onore di conoscere in questi tempi, Gothel?» domandò Frollo a denti stretti, sorseggiando del vino.
La strega sorrise in modo dolce, quasi materno. «Devo escludere quello che ho davanti, mio caro?»
Frollo spalancò gli occhi, ritrovandosi quasi ad annegare nel vino. Osservò sconvolto la donna, che si avvicinò a lui tanto da far sfiorare i loro volti. «Ciò che faccio con i miei prigionieri è affar mio, caro Frollo» decretò, facendo scintillare tra le vesti un sinistro pugnale. «Cerca di tenerlo ben a mente, tesoro» concluse, dandogli un lieve schiaffo sulla guancia.
«Come ti permetti, strega? Io sono un ministro di Di...»
Prima che potesse concludere la frase, le labbra di Gothel si insinuarono nelle sue, passionali e prepotenti.
Era con un litigio, il primo di innumerevoli altri, che era iniziata la loro storia.

Crudelia/Madame Medusa
Medusa afferrò con uno scatto rabbioso della mano l'oggetto incriminato, tenendo nascosta nell'altro pugno la sua arma segreta.
«Crudelia!» strillò scendendo le scale con passo pesante.
Dalla sala da pranzo, Crudelia le rivolse un'occhiata innocente alzando gli occhi dalla rivista che stringeva tra le grinfie, il boccale della sigaretta in bilico tra il tavolo e il vuoto. «Cosa ti spinge ad urlare così, Medusa cara?»
La cara in questione le sbattè davanti il flacone, che tintinnò minacciando di rovinare a terra. «Ammettilo! L'hai finito apposta!»
La donna in pelliccia nascose malamente un sogghigno. «Oh, ma Medusa, tesoooro! Ma cosa vai cianciando?» si alzò, portando con sé la sigaretta e una vampata di fumo verdastro. «Come potrei riuscire a finirti un profumo così... schifoso? Se l'ho gettato via, l'ho fatto solo per te, cara».
Medusa scoprì i denti in un sorriso maligno, che giustificò appieno lo scintillio folle dei suoi occhi verdi. «Allora, amorino, non ti dispiacerà se faccio lo stesso... con il tuo smalto». Scoprì la sua arma, il flacone di smalto bordeaux che tanto odiava, e prima che Crudelia potesse fare alcunché, lo gettò a terra. Smalto e vetri si sparpagliarono ovunque. E Medusa, non contenta, si premurò anche di calpestare con il tacco il rimanente.
Crudelia sembrava parallizata, ma non tardò molto ad esplodere in un urlo disumano. «Domani avrò un vestito con la tua pelle, orribile megera!»
Medusa ridacchiò, prima di precipitarsi sulle scale per evitare le ire della sua compagna.

Helga Sinclair/Clayton
La sberla che Cecil Clayton ricevette era talmente forte che avrebbe mandato a terra almeno una decina di uomini.
Ma non lui, che si era fatto le ossa tra giungle e scimmioni.
«Brutto, lurido bastardo» ringhiò Helga, con un doppio calcio rotante che Clayton riuscì ad evitare per puro miracolo. La donna si scostò la lunga treccia dal viso con un gesto rabbioso e in quell'attimo, Clayton ne approfittò per tentare una difesa. «Se magari si permettesse di dirmi cosa le ho fatto, Miss...»
«Oh, hai il fegato di chiederlo. Complimenti» commentò il tenente Sinclair infilandosi una sigaretta in bocca. «A quanto pare, mettermi in ridicolo davanti all'intera spedizione ha causato danni a quel concentrato di idiozia che ti ritrovi per testa».
Clayton tralasciò gli insulti e spalancò le braccia per colpirsi il petto, facendo quasi cadere il fucile a terra. «Metterti in ridicolo? Io
«Mi hai dato della tua "fidanzata" in presenza degli uomini! Lo trovi tanto divertente?»
L'avventuriero fu talmente stupito da lasciarsi sfuggire un gemito che pareva divertito. «Ma credevo...»
«Credevi un bel niente!» urlò Helga, dando un tale pugno sul tavolo da far crollare metà delle cartine. «Non permetterti MAI più!» gridò prima di uscire a passo marziale dalla tenda, con una frustata della treccia, senza però riuscire ad evitare che Clayton notasse il rossore sulle guance.
Il cacciatore scosse piano la testa, chinandosi a raccogliere le cartine, con un vago sorriso che cominciava ad arricciargli le labbra. Non credeva di aver mai visto Helga Sinclair imbarazzata, tanto meno per un qualcosa riguardante lui. Non riusciva a capire se quel litigio fosse o meno negativo.

Grimilde/Gaston
«Io ho smesso di guardare altre donne, da quando ci sei tu. E potrei averne ancora tante, sai, tutte adorano Gaston. Ma ho smesso di guardare chiunque. Mi chiedo solo perché diamine tu non possa fare lo stesso».
La risposta di Grimilde era il motivo per cui non era ancora tornato al castello, il motivo per cui stava nel bosco a sparare ad ogni dannata bestia da almeno tre giorni.
«Perché io sono la più bella del reame. Non posso accontentarmi di un solo uomo».
Gaston incoccò una freccia sperando di scacciare quei pensieri e mirò ad una ghiandaia seminascosta tra le fronde dell'albero vicino.
Ma dei passi rumorosi alle sue spalle fecero scappare la sua preda. Gaston si voltò irritato: davanti a lui si trovava uno smilzo di un ragazzino, con dei vestitini gialli ridicoli e un naso enorme.
«Come ti sei permesso di interrompere la mia caccia, ragazzino?» domandò, per poi ammiccare a sorpresa. «Volevi assistere al mio lavoro da maestro, vero?»
«V-veramente sono qui come messaggero della regina» farfugliò il ragazzino. «E-ecco qui» disse consegnandogli una pergamena. «D-dice che dovete tornare subito al castello, e che... verrete accontentato in quello che chiedete, se venite subito».
Gaston diede una rapida letta alla missiva, un continuo fronzolo di una scrittura che non era sicuro di riuscire a leggere. Ma se il sigillo della pergamena era sigillato, come sapeva il messaggero del suo contenuto? Osservando gli occhi verdi del ragazzino, quella tonalità tanto particolare, capì che non era l'unico ad essere stato trasformato, in senso letterale, dall'amore.

Merlino/Magò
Erano sempre stati una coppia abbastanza litigiosa, su questo entrambi erano d'accordo. Ma i primi veri litigi, i furiosi litigi che prevedevano lanci di oggetti e di parole pesanti e di frecciatine, si erano sviluppati dopo.
Per la precisione, quando Marrec si era ammalato. L'aveva presa cercando di diventare uno scudiero, per poi essere nominato cavaliere ed era stata una brutta malattia, un'orrenda malattia lunga e dolorosa, che lo aveva trascinato in una tomba prima di compiere i quindici anni.
Avevano avuto litigi orrendi lei e Merlino, i primi tempi. Poi era stato Marrec e l'amore che provavano per lui a riavvicinarli e a separarli nuovamente, quando entrambi avevano deciso di ricorrere alle arti magiche per salvarlo.
Magò aveva fatto un patto con forze oscure e maligne, un patto che le aveva strappato di dosso la sua bellezza, per cercare di salvare Marrec. Ma nonostante tutto quello che aveva fatto, Merlino non era d'accordo, Merlino si ostinava a ripetere che se la Magia Bianca non prevedeva certe cose e non garantiva la salvezza per Marrec, allora nessun'altra cosa avrebbe potuto salvarlo da quella malattia.
Ma il litigio peggiore non era scaturito dal fatto che lui avesse forse ragione, che Marrec comunque se ne fosse andato. Era nato perché entrambi si accusavano l'un con l'altra della sua morte: era con quel litigio che si era insediato l'odio puro e nero tra loro.

Hans/Charlotte La Bouff
«Haaaaaans!» si stava lamentando Charlotte a gran voce, tanto che alcuni servi lanciavano loro occhiate strane, chi di rimprovero, chi di disgusto. L'ultimo principe delle Isole del Sud, colui che era costato il termine di qualsiasi attività o rapporto con Arendelle per una sua sciocca presunzione, marciava a passo spedito per i corridoi, trascinandosi dietro una capricciosa e viziata ragazza americana (e ricca). Hans sapeva perfettamente cosa pensavano di lui. E di lei. Si fermò di botto, tanto che la ragazza gli rovinò quasi addosso. «Smettila, Charlotte!» ringhiò a bassa voce. Ne aveva abbastanza di essere costantemente umiliato.
Charlotte mise su il suo miglior broncio. «Ma perché non vuoi, Haaaans? Non mi vuoi bene? Non sei il mio principe?»
«Charlotte, cerca di...»
La ragazza scoppiò in un pianto disperato. Ma soprattutto esagerato. «Arghhhh, Hans non è più il mio principe!!! Buahahhaah!!!!»
Il principe sospirò. Non sapeva se considerarsi irritato per sottolineare continuamente quel suo titolo- va bene, era il principe e Charlotte lo adorava per questo, ma non era comunque il re- o quasi esasperato dai piagnistei della ragazza. «Sono il tuo principe, ok...» mormorò, e Charlotte smise immediatamente di annegargli nella camicia per strangolarlo in un abbraccio. «Oh, ero certa che avresti capito!»
«... sono il tuo principe, ma non voglio comunque andare a quel dannato ballo».
«Ma Haaaans!» sbuffò petulante Charlotte, cambiando tattica. Con il trucco, che nonostante le lacrime era miracolosamente a posto, e con le mani sui fianchi sembrava molto battagliera. «Ma perché non vuoi che andiamo insieme a quel ballo? È un ballo di corte! È tipo... la miglior cosa del mondo dopo i dolcetti di Tia e un principe come te!»
Hans sentì un lieve calore bruciacchiargli dentro a quelle parole, ma si voltò ugualmente e riprese ad allontanarsi, cercando di ignorare Charlotte che lo inseguiva con la solita... discrezione.
Non era certo che sapesse cosa era successo ad Arendelle, né cosa pensavano di lui e di lei. E non voleva che lo scoprisse ad un ballo- al suo primo ballo- di corte. Anche se ciò comportava un litigio.

Spugna/Nonna Fa
«Perché te ne dovresti andare?»
Il vento di quella mattina era piuttosto forte, e i capelli di Hua Yun scivolavano fuori dal suo chignon per scendere in ciuffi disordinati sui suoi occhi scuri.
Spugna evitò di guardarla negli occhi, torcendosi tra le mani già piene di calli- e non aveva nemmeno venticinque anni- il berretto rosso che lei gli aveva regalato. «La nave... la nave parte tra tre giorni...»
Hua non aveva detto niente. Non aveva scherzato, non aveva urlato, non aveva fiatato.
Non avevano mai avuto dei veri e propri litigi, nemmeno quello lo era stato. Ma Spugna lo ricordava come tale, ricordava quella conversazione come il litigio.
Il litigio che li aveva separati.



N.d.A.
Buonciorno!
Colpita da una sorta di shipping conclusivo, sono riuscita finalmente a scrivere e a pubblicare il secondo e penultimo capitolo. Urrà per me [cit.]
Ci tengo poi ad informarvi che l'atteso sesto capitolo di PR è a buonissimo punto. Ho salutato con la mano metà del capitolo e presto (forse anche questo weekend, ma sapete che non sono molto attendibile e che i miei concetti di presto... ehm, sono piuttosto lontani dalla norma) vedrà anche quello la luce su efp.
Tornando a questo capitolo, come potete notare, è più incentrato sull'angst. Abbiamo l'aggiunta di una nuova coppia, Gaston/Grimilde, consigliatami in una recensione e forse in seguito verranno aggiunte anche Hans/Charlotte La Bouff e Merlino/Magò.
Spero di essere stata IC e non banale. Un litigio a volte può esserlo.
Vi invito a capire chi mai potrà essere il "barbaro" citato da Gothel e Frollo, un fuggitivo che sembra avvolto nel mistero (vero, Mitica?). Inoltre, ringrazio tutti coloro che hanno recensito il precedente capitolo e PR. Purtroppo sono diventata una ritarda cronica anche nelle risposte, scusatemi davvero. Mi sento una persona orrenda.
Spero che mi perdonerete.
Baci e a presto,
Nox

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Romance ***


Vita di Coppia: come sopravvivere



3. Romance

Ade/Eris
Eris non sopportava varie cose del mondo: gli umani, la pace, la felicità (altrui), i sorrisi, l'armonia, la pace (forse l'aveva già detto?)... le diabetiche, struggenti storie romantiche si trovavano in una buona posizione nella sua lista.
Però con una... storia con il dio dei morti credeva che non si sarebbe mai e poi mai dovuta preoccupare di questioni simili. Insomma, Ade ed Eris, Eris ed Ade, morte e discordia. Assimilare a figure del genere cioccolatini, cuoricini e quant'altro equivaleva ad un biglietto omaggio per un camice di forza per l'eternità.
Si era sempre mantenuta fedele alle sue convinzioni, Eris. E continuava ad esserlo.
Ma quando Ade era comparso, quel giorno, con un mazzo di chissà quali fiori giallastri e troppo profumati (inquietanti) solo per lei, Eris non aveva represso uno spasmo di pura gioia dentro di sé. Gioia... come poteva una come lei, una votata alla discordia provare un sentimento del genere per dei dannati fiori?
Fu quella notte, mentre osservava la schiena di Ade sollevarsi al ritmo del suo respiro regolare, che comprese (senza ammetterlo nemmeno completamente a sé stessa), che forse non erano stati quegli stupidi fiori a renderla tanto... felice.

Jafar/Malefica
La passione era qualcosa di molto poco visibile nel loro rapporto. Figurarsi poi... urgh, il lato romantico della faccenda.
Era inesistente nel loro rapporto, che poteva tranquillamente e probabilmente basarsi soltanto sul piacere carnale.
E ciò non spiegava per quale motivo Jafar raccogliesse, in quella mela rinsecchita che probabilmente era il suo cuore, quei piccoli gesti che, osservati uno dopo l'altro, potevano forse far presupporre un altro qualcosa tra loro.
«In quale sciocchezza Vi state perdendo, Gran Visir?» gli arrivò la voce gelida di Malefica, dall'alto del trono.
Le labbra di Jafar si arricciarono in un ghigno che pareva quasi sarcastico- forse per nascondere la sua sincerità. «Nei Vostri occhi, se mi è concesso, mia Signora».
L'espressione della Signora di Tutti i Mali si era fatta per un attimo sconcertata e, prima che riuscisse a ritrovare il suo completo contegno, un vaghissimo e impercettibile rossore aveva imporporato il viso scarno. «No, non Vi è concesso, Jafar».
Il Gran Visir aveva chinato il capo, il ghigno che ormai si poteva definire un sorriso. Non aveva mai udito il suo nome da quelle labbra.

Yzma/Facilier
Facilier aveva sempre pensato che sarebbero bastate qualche laghetto fosforescente e un bel po' di candele voodoo per far scoccare in loro la scintilla della passione.
Questo prima che si intromettesse Kronk: ora il tetro cimitero dove si sarebbe svolto il loro primo appuntamento era ridotto ad un festival delle ghirlande di fiori e di piume multicolour.
Nella migliore delle ipotesi, Yzma se ne sarebbe andata senza nemmeno rivolgergli la parola. Doveva cercare di rimediare e di creare un'atmosfera quantomeno decente prima che...
«Facilier?» La voce acuta ed indistinguibile di Yzma gli perforò la schiena proprio mentre si chinava a raccogliere un improbabile orsetto di pezza compreso di cuore morbidoso. Il Signore delle Ombre si voltò di scatto verso l'alchimista, cercando come meglio poteva di nascondere dietro di sé il peluche enorme e di sparpagliare con dei movimenti casuali dei piedi il restante ciarpame. «Yzma! Oh, ehm... che piacere, sei in anticipo!» tentò con un sorriso, mentre la sua ombra cercava disperatamente di aiutarlo con l'orsetto.
Yzma non gli badò, ma fece vagare lo sguardo su quello che doveva essere stato un cupo cimitero, ma che ora pareva soltanto un'infinita distesa rosa e rossa. «Che diamine hai fatto?»
«Ehm... ecco, in realtà... vedi, mia cara, è stata tutta un'idea di Kronk...»
Gli occhi di Yzma tornarono su di lui con uno scatto, spalancati. «Ti sei fatto aiutare da quell'idiota?»
Facilier si sistemò il cappello, in imbarazzo (non aveva nemmeno fatto il baciamano!) e il peluche rovinò a terra, ai piedi di Yzma, che gli diede un'occhiata disgustata prima di tirargli un calcio per spedirlo via. L'alchimista era sempre più vicina e il Signore delle Ombre sempre più in difficoltà.
«Il fatto è che... volevo creare una delle più tetre- la più tetra ambientazione per un appuntamento a cui tu avessi mai partecipato, mia cara, ma...»
«Bè, non avresti dovuto farti aiutare da quel mangia-broccoli!»
Facilier si aspettava come minimo uno scontro armato, ma sorprendentemente Yzma gli afferrò una mano e lo trascinò bruscamente via dal cimitero, con ombra, bastone e tutto. «Ora ci penso io!»
Quegli insopportabili rosa e rosso non gli erano mai sembrati così propizi.

Frollo/Gothel
Erano sempre state due persone piuttosto passionali sotto le apparenze, senza il bisogno di specifici vincoli per giustificare i loro rapporti. Frollo ne era sempre stato a conoscenza, la sua innata intelligenza si applicava pressoché facilmente e perciò non aveva mai tentato di cambiare la situazione tra lui e Gothel. D'altronde, perché avrebbe dovuto?
Se lo stava ancora domandato, appena dopo aver posto quella domanda alla donna- alla probabile strega, dato il maleficio con cui aveva intrappolato il suo cuore...
Gothel, quasi leggendo i suoi pensieri, lo fissò in viso, un sorriso malizioso ben dipinto sulle labbra carnose. «Che risposta Vi aspettate, giudice?»
I tratti duri del viso di Frollo si deformarono in una smorfia. «Se intendete umiliarmi, Vi comunico che...»
«Si».
Il Giudice spalancò gli occhi, osservando la donna come se mai prima di allora l'avesse vista. «Come?»
Gothel ridacchiò, passandosi seducente la lingua sulle labbra e intrecciando le dita nelle sue. «Si, giudice Claude Frollo. In via del tutto eccezionale, accetto la vostra proposta di matrimonio».
Fu una delle poche volte in cui Frollo rimase senza nulla da dire, né da pensare.

Crudelia/Madame Medusa
Il cafè su cui Madame Medusa aveva ripiegato dopo il fallimento della sua "Boutique" non incontrava il suo pieno appoggio. Certo, non era nemmeno un cafè, ma solo una copertura per un'attività di ricettazione, e il giro dei clienti stava cominciando ad allargarsi, eppure lei.. si annoiava. Sarebbe stato decisamente più semplice ottenere l'Occhio del Diavolo e diventare ricchi in quel modo.
Sospirò, sfogliando svogliata una rivista, e non si accorse nemmeno quando il campanellino d'entrata tintinnò indicando l'entrata di un cliente.
Si aspettava che Snoops accoresse a fare il suo lavoro, ma... «Scusi! Lei mi deve ascoltare!»
Medusa alzò la testa dall'interessantissimo articolo sulle nuove tendenze dei gioielli, infastidita e con già pronta una rispostaccia. Si ritrovò davanti un'elegante quanto anoressica Lady in pelliccia. L'originalità dei capelli- metà bianchi e metà neri- uniti al costoso abito rosso e all'anello grande quanto un orecchio le fecero facilmente intuire di trovarsi davanti ad una senz'altro ricca inglese. E di sicuro non era lì per una tazza di tè scadente.
Medusa ghignò e si passò gli artigli tra i fluenti capelli rossi. «In cosa posso esserle utile, miss?»
La donna si appoggiò al bancone, lieta che avesse capito. «Sono alla ricerca di qualche... oggetto che possa essermi utile per creare una pelliccia. Accetto solo bestie di ottima qualità».
«Oh, si è rivolta alla persona giusta, miss. Abbiamo contatti con un ottimo cacciatore, Sir Clayton, che ci ha già procurato tutto il necessario... ad il giusto prezzo, lei mi capisce».
La donna sorrise, rivelando una dentatura perfetta e completa di un dente d'oro. «Ma certamente».
Medusa la ricambiò, felice di aver trovato qualcuno a cui sbolognare quelle finte pelliccie (che alla fine si erano rivelate di mucca) che quell'idiota del suo compagno aveva ben pensato di comprare. A proposito... «Snoots!» strillò la rossa verso quella che sarebbe dovuta essere in teoria la cucina. «Muovi quel tuo corpo flaccido e porta subito qui le nostre splendide pellicce!»
Un fracasso di vetri infranti seguì il suo ordine. «S-subito!» rispose Snoots, probabilmente sepolto ora sotto una pila di bicchieri.
Medusa tornò a rivolgersi alla donna. Aveva davvero un suo fascino, doveva ammetterlo. «Deve scusarlo, ma sa, è davvero difficile ottenere sottoposti quantomeno decenti».
«Oh, mia cara, sono nella stessa situazione!» esclamò la cliente. «Pare che gran parte degli uomini che ho tra i piedi si riveli un'accozzaglia di idioti perditempo!»
Medusa le porse una mano. Era la prima volta che incontrava una donna così ricca- e così simile a lei- e magari sarebbe potuta diventare una cliente fissa. «Permette, cara? Madame Medusa».
La cliente sorrise, arricciando il naso e strinse la mano nella sua guantata. «Lady Crudelia de Mon. Ma puoi chiamarmi Crudelia, tesoro».
Quando le loro mani si toccarono, Medusa avvertì come una scossa e le balzò come in mente di esporre davvero a Crudelia le migliori pellicce contraffatte.

Helga Sinclair/Clayton
La vendita della merce illegalmente cacciata in Africa era andata a gonfie vele. Clayton sogghignava appena, contando le numerose banconote che stringeva tra le mani. Bastava poco per far riaffiorare il suo commercio: teste di animali, zampe, code, pelliccie...
«E quella pelliccia?» domandò ad un tratto Helga, indicando il prezioso manto di un leopardo abbandonato su una sedia.
Clayton alzò lo sguardo e il suo ghigno si rinforzò. «Quella, my Lady, l'ho tenuta da parte per una cliente speciale».
Il tenente Sinclair incrociò le braccia al petto. «Ma davvero?» chiese seguendo i movimenti di Clayton, che, dopo aver posto al sicuro i soldi, si era avvicinato alla pelliccia per afferrarla con un gesto elegante.
«Davvero» mormorò all'orecchio di Helga, posandola sulle sue spalle. Il giallo del manto del leopardo si confondeva con quello della sua lunga treccia. «La miglior pelliccia per la miglior guerriera».
Il tenente Sinclair si lasciò sfuggire più di un sorriso.

Grimilde/Gaston
Il letto a baldacchino era già occupato quando Grimilde, esauriti i suoi soliti incantesimi di controllo sul regno, si recò nelle sue stanze. Gaston dormiva beato, la bocca socchiusa in un'espressione beota e il petto nudo ricoperto di peli e un mazzo di rose (che Grimilde non aveva mai sopportato) accanto a sé.
Probabilmente, dopo una giornata passata a cacciare, aveva ben pensato di chiudere il tutto in bellezza. D'altronde, pur aspettandosi anche qualcosa di più, Grimilde non lo avrebbe di certo biasimato: era la donna più bella del reame, come resisterle?
Si avvicinò al letto quasi annoiata, indecisa se svegliarlo o meno, quando Gaston risolse il quesito, svegliandosi di colpo e rizzandosi a sedere. «Se-se-sei arrivata» sbadigliò stiracchiandosi.
«Il tuo spirito di osservazione colpisce ancora» replicò la regina, già pronta a sfilarsi via la corona.
«È la mia vicinanza che ti innervosisce, eh?» gongolò il cacciatore, sistemandosi i capelli. Grimilde, con una smorfia, stava già per ribattere quando Gaston si chinò a prendere le rose e gliele porse con un sorriso che forse lui reputava affascinante. «Comunque, buon compleanno!»
Grimilde osservò con gli occhi spalancati i fiori. Nessuno... nessuno si era mai...
Il bacio che le diede fu inaspettatamente dolce. «Le persone magnifiche come me hanno sempre un'ottima memoria!» garantì, battendosi una mano sul petto. «Specie per i propri simili».

Merlino/Magò
Un tempo, Magò era stata giovane. Lo era stato anche lui, anche Merlino. Ma lui era stato tante cose, oltre che arr-, no, non proprio arrogante, ma solo... determinato a riuscirci con le proprie forze, sempre.
Non voleva aver bisogno di aiuto, in quell'età. Proprio per quel motivo la gente si era stupita tanto quando era successo.
Magò, una bella ragazzina da lunghi capelli color violetta, si era avvicinata a lui e al carro con le sementi che stava portando a vendere al mercato. Le sementi cadevano in continuazione e lui ogni volta, con sempre meno pazienza, si chinava a raccogliere. «Serve aiuto?» aveva chiesto la ragazzina osservandolo a terra con un mezzo sorriso.
Merlino l'aveva guardata torvo, alimentando solo il sorriso sbarazzino della ragazzina, che rivelava uno o due denti mancanti. Forse si aspettava che la scacciasse con un borbottio, ma Merlino aveva sospirato e poi aveva annuito, accenando anche lui un sorriso. La ragazzina aveva riso e si era chinata a raccogliere le sementi.
Era in quei giorni che il violetto era diventato, gradualmente come i loro incontri, il colore preferito di Merlino.

Hans/Charlotte La Bouff
Se c'era qualcosa che Hans non sopportava, erano i suoi inutili doveri di tredicesimo principe delle Isole del Sud. Doveri, doveri, solo ed inutili doveri.
Era questo che significava essere l'ultimo nato nella famiglia reale. Non aveva possibilità di ottenere il potere, di sedersi sul trono di suo padre- e nemmeno su quello di Arendelle- ma in compenso lo aspettava una lista infinita di doveri.
A cui doveva rispondere con un sorriso cortese e un'aria amabile, un altro dovere.
E un altro ancora era incontrare e accogliere gli importanti visitatori che arrivavano ogni giorno a palazzo. Hans si passò una mano sul viso disgustato per ricomporlo in una maschera di cortesia per gli importanti (bah!) ospiti che lo attendevano nel salottino d'ingresso.
La prima cosa a colpirlo, una volta varcata la soglia, furono le espressioni dei presenti. Sfinite.
Le occhiaie abbondavano e quello che doveva essere il Granduca di Ollysword si poteva addirittura definire sull'orlo di un crollo nervoso.
La causa di tutto attirò l'attenzione di Hans con uno strillo entusiasta. Una specie di mongolfiera rosa- che poi riconobbe essere una dama- stava saltando per tutta la stanza, urlando emozionata per ogni singolo soprammobile che notava. «Iiiih, siamo in un palazzo reale! Oh cavoli, oh cavoli!»
«Hem, hem». Hans, sebbene sconvolto, attirò l'attenzione della ragazza- e del resto della stanza- con un educato colpo di tosse. La ragazza si voltò verso di lui, un'espressione confusa sul viso dai tratti infantili.
Il principe avanzò verso di lei. «Sono felice di poter conoscere un'ospite tanto entusiasta» mentì, facendole un baciamano. «Sono il Principe Hans, tredicesimo erede al trono delle Isole del Sud».
Un mormorio di disapprovazione serpeggiò negli ospiti e Hans strinse i denti. Tutti conoscevano i recenti avvenimenti di Arendelle. Poteva leggere il biasimo e il disonore nelle occhiate, talvolta mascherate dai sorrisi, che gli rifilavano.
La ragazza strillò ancora e sbattè i tacchi per terra in piccoli saltini, facendolo sobbalzare. «Un principe!» urlò abbracciandolo. Hans si irrigì e il resto della sala spalancò gli occhi.
La ragazza si scostò, imbarazzata non per aver abbracciato un principe derelitto, ma per non essersi comportata da principessa. «Non mi sono presentata» dichiarò, la voce che trasudava emozione da tutti i pori. «Charlotte La Bouff, Principe Hans».
«È... è un vero piacere, Charlotte» disse Hans, provocando altri strilli entusiasti.
Quella ragazza lo apprezzava. Nonostante non fosse un re, ma solo un dannato principe, nonostante tutto l'accaduto, nei suoi occhi c'era sincera ammirazione.
Hans... Hans non ci poteva quasi credere.Quando le sorrise di nuovo, fu davvero sincero.

Spugna/Nonna Fa
Era la prima volta che Hua andava in barca. Solitamente sua madre le diceva che costava sempre troppo per le loro tasche riassunto in un "è pericoloso". Era fantastico invece.
La barca scivolava lentamente sulla superficie dell'acqua mentre si allontanava dalla riva del fiume. I pesci scivolavano accanto allo scafo e di tanto in tanto fiori di ciliegio delle piantagioni vicine scorrevano accanto a lei, e a volte si attaccavano al remo del barcaiolo, che sorrideva.
Aveva un bel sorriso, il barcaiolo. Era basso e massiccio e la gente di solito lo evitava perché aveva la pelle più scura della loro e gli occhi non a mandorla, ma Hua lo trovava simpatico. Da quel poco che lui sapeva di cinese, aveva capito che era sbarcato settimane prima con una nave e che aveva trovato per un po' lavoro lì a traghettare la gente.
Si chiamava con un nome davvero lungo, che nessuno riusciva mai a pronunciare, ma si faceva chiamare con un soprannome, Spugna. Hua non sapeva bene che significasse, ma le dava l'idea di qualcosa di dolce e morbido.
Come il vento che in quel momento faceva sventolare le sue ciocche fuori dalla sua acconciatura. Quando le investirono in pieno il viso, Spugna rise e Hua lo guardò falsamente contrariata.
Il barcaiolo si strinse nelle spalle e si chinò a prendere un ramo fiorito trascinato dalla corrente. «Sch-usa» sorrise riuscendo quasi a dire la parola giusta. Le porse il ramo e Hua lo ringraziò con gli occhi, mettendosi il fiore più bello tra i capelli.
Nei giorni successivi, lasciò il ramo in ammollo, sviluppando le sue radici, e quando lo piantò, invitò anche Spugna a vedere.
Quando ora lo guarda, Hua è già diventata da un pezzo Nonna Fa. Abbozza sempre un sorriso mentre passa da quelle parti e si domanda se i baci di Spugna sappiano ancora di vento.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3001841