Over the clouds, inside your eyes - Mericcup-

di The_red_Quinn_of_Darkness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** HICCUP ***
Capitolo 2: *** MERIDA ***
Capitolo 3: *** BITTERNESS AND UNFOCUSED MEMORIES ***
Capitolo 4: *** THE SHIP IN THE HORIZON ***
Capitolo 5: *** EYES ***
Capitolo 6: *** WHAT HAPPEND(?) ***
Capitolo 7: *** HEARING ***
Capitolo 8: *** COLD WIND AND WARM EMOTIONS ***
Capitolo 9: *** FISH AND APPLE ***
Capitolo 10: *** THE NIGHT ***
Capitolo 11: *** SCENT OF BAD LUCK? ***
Capitolo 12: *** SUNRISE OF FLUTES ***



Capitolo 1
*** HICCUP ***


∞HICCUP∞
 
“Di nuovo…”  
Hiccup si alzò dall’erba umida e si guardò attorno, confuso.
“Dove sei?”
Lo sapeva… lei era lì, da qualche parte… in quella foresta avvolta da una leggera foschìa, con qualche timido e pallido raggio di sole che penetrava tra le fronde.
Una foresta avvolta in un atmosfera surreale, dove a Hiccup pareva sempre di poter quasi sentire la fresca brina sulle proprie mani.
Mosse qualche passo incerto e claudicante verso quell’intricato labirinto di alberi, poi la sentì.
 
A naoidhean bhig, duinn mo guth
Mise ri d’thaobh, O mhaighdean bhan
Ar righinn oig, fa sas faic
Do thir, dileas fhein…

Quella voce… quelle parole… lo torturavano da notti.
Non smetteva di cantare e ripetere solo quella strofa, a singhiozzi, a tratti, sembrava non avesse un continuo.
Hiccup affrettò il passo, per cercarla, con il fiato corto e con gli occhi che cercavano da una parte all’altra, confusi ed agitati.
Poi la vide.
Vide quella folta e riccia chioma ardere di un rosso fuoco che quasi lo accecava…
E poi vide loro… quei due occhi color acquamarina che guizzavano insistentemente nei suoi.
Lei stava lì… ferma sull’orlo di un alto precipizio, attorniata da delicate fiammelle azzurre, che danzavano, mentre gli sorrideva dolcemente.
Quel sorriso estraneo eppure così familiare, che si apriva su un volto roseo e lentigginoso, mezzo coperto dai ricci che volavano accarezzati dal vento.
Hiccup deglutì, sapendo che se glielo avesse chiesto sarebbe successo di nuovo…
Ma non riuscì a fermare le parole, che gli uscirono a forza di bocca.
Chi sei?
Ed ecco che smette di cantare…
Un ultimo sguardo ed un sorriso rassegnato…
Le fiammelle spariscono improvvisamente, la terra sotto ai piedi di lei cede, si sbriciola come sabbia, facendola precipitare nel vuoto.
Hiccup lo sapeva e non voleva lasciarla cadere, perciò provò a correre verso di lei ma le proprie gambe furono imprigionate dalla terra.
No! No dannazione, no!!
Non poteva finire ancora così…
Lui voleva sapere.
Si dimenava, cercava di liberarsi, ma quella terra gli stringeva forte le gambe… e nel momento in cui guardò in avanti, vide che la terra continuava a franare verso di lui.
Precipitò, senza riuscire ad emettere nessun urlo, senza riuscire a contrarre nessun muscolo…
Ma precipitò sentendo di nuovo la voce della ragazza cantare.
 
Il ragazzo si tirò su dal letto, di scatto, ansimando e sudando con il cuore a mille.
Deglutì, passandosi una mano sulla faccia e fissando il vuoto.
-Dannazione…- sibilò.
Dalle persiane di legno scuro si intravedeva la luce dell’alba illuminare un pochino la stanza buia…
Si voltò e vide di fianco a lui Astrid che dormiva beatamente abbracciata al cuscino.
La guardò, poi scosse la testa rassegnato.
Tanto non sarebbe riuscito a riprendere sonno, e la compagnia non sarebbe stata delle migliori, quindi si alzò dal letto e si vestì cercando di fare il meno rumore possibile, col cuore che singhiozzava silenziosamente.
Qualche minuto dopo, Astrid si svegliò e guardò infastidita Hiccup che stava sul ciglio della porta.
­-Dove stai andando? – biascicò spostando i biondi capelli dalla faccia.
Il ragazzo si girò e la guardò.
-Non riuscivo più a dormire, perciò ho deciso di alzarmi.
-Lo avevo capito, ho chiesto dove stai andando infatti. –rispose lei seccata.
Hiccup si morse il labbro.
Le avrebbe voluto dire “Tanto che ti importa?”, ma si limitò a rigirarsi verso l’uscita e ad aprire la porta.
-Sto andando a fare una passeggiata con Sdentato.
Lei fece una smorfia e lo guardò.
-Certo certo, vai pure… è più importante stare col proprio drago che con la propria moglie… -sibilò.
Quella ragazza aveva la capacità di rigirare la verità a proprio favore, ed era un comportamento che ad Hiccup iniziava a stare stretto.
Senza contare l’orrido periodo in cui era entrato il loro matrimonio…
Scosse la testa e non avendo la minima intenzione di litigare di prima mattina, uscì richiudendo la porta alle sue spalle.
Si morse il labbro e trattenne un singhiozzo di delusione che gli stringeva il petto, forte.
Il venticello freddo autunnale lo schiaffeggiò, facendolo rabbrividire.
Non appena arrivò davanti alla stalla di Sdentato, il drago tirò su il testone enorme e lo guardò con i suoi occhi smeraldo, emettendo versetti di felicità.
Il ragazzo iniziò a sellare il drago immerso nei suoi pensieri.
-Scusa l’alzataccia amico mio… ma non sapevo su chi altro contare… -sussurrò appoggiando la testa sul collo del drago nero, sconfortato.
-Hiccup!
Il ragazzo si girò e si trovò davanti Valka, sua madre.
-Madre… che ci fai già alzata?
-Potrei chiederti la stessa cosa Hiccup… -disse lei facendo un sorriso dolce, come solo lei sapeva fare.
Lui annuì, con occhi bassi ed un sorriso sulle labbra.
Se non avesse ritrovato lei, dopo vent’anni, non avrebbe mai avuto la forza di superare la morte del padre ed intraprendere la forzata carriera di capo villaggio.
Le deve molto e oltre che essere sua madre, per Hiccup era anche una grande amica e consigliera.
-Hai litigato di nuovo con Astrid, tesoro? –disse lei sistemandogli i folti capelli castani.
Sapeva tutto, sapeva che il suo matrimonio stava andando a rotoli e che Hiccup non sapeva più come comportarsi con lei.
-Quasi… e di prima mattina per giunta…- bisbigliò lui.
-Non proprio un ottimo risveglio allora… - osservò Valka coccolando Sdentato.
-Già… affatto…
La donna guardò il figlio di sottecchi, vedendo i suoi occhi smeraldo contrastati da due occhiaie rosse e spesse.
-Ti vedo stanco in questi giorni Hicc… non dormi?
Lui si rizzò sulla schiena e sentì lo stomaco schiacciarsi.
-Ma no mamma, dormo abbastanza! Sono solo un po’ stressato… -disse lui sorridendole istericamente.
Mentiva, si vedeva lontano un miglio.
Però lui riteneva che quel sogno fosse un particolare futile, che non era necessario raccontare, nonostante lo stesse tormentando da notti.
Prima o poi sarebbe passato… ne era certo.
Valka scrollò le spalle.
-Se lo dici tu… l’importante è che tu sia in salute… -disse sorridendo.
Hiccup salì in sella a sdentato, che si tirò su e a quattro zampe camminò fuori dalla stalla, annusando l’aria fresca.
-Non ti preoccupare mamma… è solo un periodaccio, ma prima o poi tutti i problemi si risolvono, giusto?
La donna passò l’elmo a Hiccup e sorrise, guardando con occhi malinconici il ragazzo.
-Giusto… -sussurrò.
Il ragazzo si infilò l’elmo nero e lo sistemò per bene, poi afferrò saldamente le redini ed incastrò la protesi di ferro e legno della sua gamba sinistra nell’attacco della staffa scura.
-Ci vediamo dopo mamma, vado a fare un giro con lui e controllo la zona.
-Va bene Hiccup, sta attento…
Detto questo, Sdentato spiccò il volo e dopo poco, sparirono dietro l’altura che separava Berk dalle foreste.
Non appena fu nel cielo, immerso nelle nuvole e ammaliato dal panorama, Hiccup si sentì subito meglio.
Sapeva benissimo che l’unica cosa che lo faceva stare bene, oltre a sua madre, era volare con Sdentato.
Sentiva il bisogno costante di farlo…
Ripensò alla frase detta da Astrid prima che lui uscisse: “…è più importante stare col proprio drago che con la propria moglie!” .
Se avesse avuto al proprio fianco una persona differente, oltre che stare vicino a lei sarebbe stato più felice e sicuro di sé.
Credeva di aver sposato una persona valida, dolce, leale… credeva di aver sposato la persona che amava… ma a quanto pare, non era così.

 

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Capitolo 2
*** MERIDA ***


∞MERIDA∞
 
Era un freddo giorno di sole a Dunbroch.
Tutti i cittadini del regno erano impegnati a fare tante provviste per l’inverno, a coltivare campi e a cacciare nei boschi; il mercato era affollato, offriva viveri e stranezze e i bambini giocavano spensierati nelle strade con spade di legno e bambole di pezza.
Sembrava tutto normale, se non fosse stato per i volti preoccupati e sconvolti dei cittadini.
Il regno infatti era coinvolto in una guerra contro il regno di Macintosh.
Tre anni prima i giochi per la mano della principessa Merida furono mandati in fumo dalla principessa stessa, perché non voleva saperne di sposarsi così giovane e per giunta con ragazzi che non conosceva e di cui non era innamorata.
Per ciò lei combattè per la sua stessa mano, uscendo vittoriosa nell’intento e riuscendo a far instaurare una pace tra i regni.
Ma questo affronto oltraggioso non venne accettato dal sovrano del regno di Macintosh, né tantomeno dal figlio.
Perciò, dopo numerose pressioni e minacce fatte a Fergus, per riscattare la mano continuamente negata della principessa Merida, scoppiò un conflitto che durava ormai da un anno, vedendo i Macintosh in testa, con un esercito molto più numeroso di quello di Dun Broch.
Erano tempi duri per il regno e Merida, lo sapeva bene.
Era cresciuta tanto in tutto quel tempo e giorno dopo giorno diventava sempre più forte e decisa a combattere non solo per se stessa, ma anche per il suo popolo e la sua famiglia.
Era consapevole dei suoi doveri, certo, ed era consapevole che, come le ripeteva sua madre da mesi, “Una principessa non deve prendere parte alle guerre”.
Ma Merida, scelse la via opposta.
Oltre ad essere un’ottima arciera di natura, era diventata un’eccellente guerriera, e voleva convincere il padre a farla combattere al suo fianco nella guerra contro quegli insistenti, petulanti e maledetti Macintosh.
E non era mai stata più ferma e decisa di quel giorno.
Merida marciava verso il castello a passo pesante, con le sopracciglia rosse aggrottate sopra gli occhi cristallini e lo sguardo infuriato che penetrava qualsiasi cosa incontrasse.
Il suo fedele arco e le sue frecce erano ovviamente con lei, ma nella sua mano destra pendeva una spada di fattura Macintoshiana.
Non appena incontrò davanti a sé le porte del castello, ringhiò e con un colpo deciso le spalancò, facendo un fracasso tremendo.
La madre, Elinor trasalì seduta al lungo tavolo di legno mentre leggeva delle carte con il marito Fergus.
Subito voleva sgridare la figlia perché “Aprire le porte facendole sbattere” non era un comportamento da principessa, ma non appena vide lo sguardo indemoniato di Merida e il vestito bluastro rotto e sporco di sangue sbucare da sotto il pesante mantello nero, aprì la bocca spaventata.
Con un gesto deciso, Merida alzò la spada che impugnava e la conficcò nel tavolo davanti ai suoi genitori, con un rumore sordo, poi appoggiò entrambe le mani sopra il tavolo e puntò gli occhi acquamarina rossi di rabbia su suo padre.
Calò un pesante silenzio sui tre, che fu disturbato solo dall’incessante respiro rabbioso di Merida che diventava via via sempre più forte e nervoso.
Elinor rimase pietrificata, un po’ per lo spavento preso nel vedere la figlia in quelle condizioni e un po’ per la vista della spada Macintoshiana conficcata nel tavolo.
Sapeva cosa significava…
Il re Fergus fissò per un po’ la spada, poi rivolse gli occhi a Merida.
-Cosa significa?
-Cosa significa? – sibilò la figlia tremando dalla rabbia.
-ECCO COSA SIGNIFICA!!!- urlò poi lei facendo sobbalzare l’intera sala, mentre gettava in terra il pesante mantello con uno scatto di rabbia.
Il vestito era ridotto a brandelli lasciando intravedere il corpo nudo della ragazza, grosse chiazze di sangue lo ricoprivano interamente e alcuni tagli le si aprivano sulla pelle pallida.
Elinor dopo essersi messa le mani sulla bocca per tappare un grido, scattò in piedi e dopo aver raccolto il mantello di Merida la coprì, stringendola a sé con le lacrime agli occhi.
Ma la giovane non distolse lo sguardo dal padre nemmeno per un istante.
Fergus non aprì bocca ulteriormente, sentendo lo sconforto e la rabbia crescere dentro di lui come un fiume in piena.
-Un gruppo di soldati Machintosh ha attaccato me e il mio gruppo di cacciatori mentre eravamo nel bosco, ai piedi delle mura della città…- disse ringhiando.
Si bloccò un attimo e poi continuò imperterrita.
-Nessuno è sopravvissuto, a parte me. –sibilò colma di rancore.
A quelle parole Fergus si passò una mano sul volto, distogliendo lo sguardo da Merida.
In quel momento capì che i nemici ora non si limitavano ad accontentarsi di combattere ed uccidere i suoi soldati sul campo di battaglia, ma avevano deciso di puntare più in alto, ai suoi cittadini, al suo paese ed infine ci sarebbero stati il suo castello e la sua famiglia.
Capì che i Macintosh stavano iniziando a stringere la cinghia e in più, non poteva accettare che avessero attaccato direttamente la sua amata figlia, ferendola.
-Cosa vogliamo fare, eh?! Continuiamo a starcene con le mani in mano, perché il tuo orgoglio ti impedisce di chiedere aiuto ai regni vicini, oltre a quello di Dingwall e dei McGuffin?? Vuoi permettere a quei cani di fare quello che han fatto ai miei compagni, al popolo??- sbottò Merida tutt’in un tratto.
Lui ascoltava, ma non aveva il coraggio di guardarla, perché sapeva che aveva pienamente ragione.
E si sentiva debole e in colpa per ciò che era accaduto… tutto per colpa del suo maledetto orgoglio.
Già… perché non solo Dunbroch stava perdendo migliaia di uomini… ma anche i due regni che tre anni fa parteciparono ai giochi assieme ai Macintosh, stanno subendo gravissime perdite.
Se la guerra sarebbe andata avanti così, molto probabilmente Dingwall e McGuffin si sarebbero ritirati o, peggio, si sarebbero alleati con il regno nemico.
-Voglio combattere padre… fammi combattere al tuo fianco… - disse lei, e a quelle parole Fergus la guardò con sguardo severo, pronto a fare l’ennesima lite con la figlia, ma lei continuò inesorabile.
-Ho combattuto tre anni fa per la mia stessa mano… questa guerra è scoppiata perché si ostinano a volere me… e ora voglio combattere per la mia vita, per la vita del mio regno e della mia famiglia…- disse con gli occhi che ardevano di decisione.
-È anche questo il compito di una principessa. – affermò decisa, rivolgendo un fugace sguardo alla madre, che rimase in silenzio spiazzata da quelle parole.
Ci fu un intenso gioco di sguardi fra padre e figlia, che fu poi interrotto da Fergus che si alzò di scatto ed iniziò a sbraitare alla servitù.
-DOVE SONO GLI INDUMENTI PULITI?! DOVE SONO I MEDICAMENTI E LE BENDE??! DANNAZIONE MUOVETEVI, MERIDA HA BISOGNO DI AIUTO!
A quelle parole un ammasso di serve si calcò intorno a Merida, per aiutarla, impauriti dal tono rabbioso del re.
Ma quelle parole, oltre che ad incutere timore, scatenarono in Merida ancora più furia.
-NON PUOI CONTINUARE AD IGNORARMI PADRE!!!! DEVI PRENDERE DELLE DECISIONI!!! IO NON VOGLIO STARE CON LE MANI IN MANO COME FAI TU!!!- urlò isterica, trattenuta dalla servitù e dalla madre Elinor.
-Portatela nella sua stanza e chiamate un medico… -disse lui con tono autoritario ed affranto e detto questo si girò e si diresse verso il camino in fondo alla sala, ed osservò il fuoco ardere, continuando a sentire la figlia urlare mentre la portavano a viva forza nelle stanze al piano superiore.
-IO NON PERMETTO DI FAR AMMAZZARE DELLE PERSONE IN NOME DELLA MIA MANO!!!! IO NON LO PERMETTO!!!- le faceva male la gola…la testa le pulsava e le lacrime scendevano incessantemente.
Ogni volta era così: una domanda…una richiesta…una supplica… ignorata senza nemmeno avere uno straccio di risposta.
Fergus venne avvolto dal silenzio e dalla solitudine, che quasi lo stritolarono dal tanto che erano opprimenti.
Rimase lì… a fissare il fuoco e il legno che bruciava inerme sotto la sua potenza… mordendosi le labbra e pensando ad una soluzione.
Ma quella volta, non potè ignorare la richiesta di Merida…
Poteva trovare una soluzione per non coinvolgerla fisicamente nella lotta… ma lei oltre che essere la sua amata figlia, obiettivamente, poteva anche essere un ottimo asso nella manica.
Sapeva benissimo che serviva un piano…e serviva in quell’istante.

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Capitolo 3
*** BITTERNESS AND UNFOCUSED MEMORIES ***


∞BITTERNESS AND UNFOCUSED MEMORIES∞
 
Non appena il sole si levò alto nel cielo, Hiccup riuscì a contemplare la sua amata Berk svegliarsi lentamente, coccolata dai suoi tiepidi raggi.
Quei raggi che riscaldavano le ossa infreddolite dei suoi cittadini, che uscivano dalle proprie abitazioni sfregandosi le mani o rabbrividendo silenziosamente.
Quei raggi che facevano guizzare la rugiada sull’erba, donando un brillio esclusivamente piacevole agli occhi verde chiaro di Hiccup.
Il ragazzo era seduto su un altura, sopra la città, immerso nei suoi pensieri.
Sdentato invece era accoccolato dietro di lui e si godeva il sole emettendo versetti di soddisfatto rilassamento, noncurante dei mille pensieri che invece torturavano la mente di Hiccup.
Senza dire nulla, il ragazzo scosse la testa un paio di volte sconsolato, sospirando e fissando i draghi che pian piano distendevano le ali e iniziavano a volare nel cielo.
Non era certo quello il dovere di un capo.
Era consapevole che stare fermo a far nulla non avrebbe fruttato che il nulla stesso… e c’era tanto da fare in città, soprattutto in vista dell’inverno.
Lui sarebbe stato lì, non perché non aveva voglia di lavorare… ma perché non aveva voglia di rimettere piede in casa.
E prima o poi ci sarebbe dovuto tornare.
-Sdentato amico mio… sono cambiate troppe cose da quando mio padre è morto… - disse voltandosi verso il drago, che alzò il capo per guardarlo.
Hiccup sapeva che l’unica cosa che non poteva fare era parlare… ma sapeva anche che lo capiva benissimo… e che poteva confidarsi a cuore aperto.
Proprio perché era l’unico amico che sapeva che non avrebbe mai detto nulla.
Sorrise, con gli occhi lucidi.
-Sai… forse non dovevo accettare davvero questo compito… non ne sono all’altezza… non sarò mai all’altezza di mio padre…
Rimase un attimo zitto, giocherellando con un sasso, poi colto da una stretta di amarezza si girò di scatto lanciando il sasso con rabbia.
-E poi da quando sono capo e pure sposato non me ne va bene una!! –disse rabbioso, strangolando un singhiozzo in gola.
Sdentato mugugnò interrogativamente, guardando Hiccup con la testa piegata da un lato, ma poi qualcosa attirò la sua attenzione, facendogli alzare le lunghe orecchie nere.
Hiccup sentì un grosso spostamento d’aria, un tonfo e un grugnito fin troppo familiare.
Lo doveva immaginare: prima o poi lui doveva tornare a casa… ma prima o poi Astrid lo sarebbe venuto a cercare.
Trattenne il respiro, passandosi una mano sul volto.
Tempestosa grugnì felicemente alla vista di Sdentato mentre la padrona scese dal suo dorso, rossa in volto.
-Non pensi che è durata fin troppo questa “passeggiata”? –chiese lei isterica avvicinandosi a passo pesante.
Hiccup non rispose.
Voleva solo prendere Sdentato e volare via, il più lontano possibile da lei.
Astrid inspirò l’aria in modo nervoso alzando gli occhi al cielo.
-Hiccup lo sai che io ODIO quando non mi rispondi! –disse lei ringhiando la parola “odio”.
-Ci sono dei problemi giù in città? – rispose lui voltando leggermente il volto verso di lei.
La ragazza si scosse percorsa da un brivido di rabbia e, avvicinandosi al marito, lo voltò con uno strattone.
-NO MA CI SONO PROBLEMI FRA ME E TE!
-Astrid non urlare. – sibilò lui guardandola negli occhi.
Sdentato e Tempestosa rimasero a guardare perplessi i padroni mentre litigavano, senza capire cosa stava succedendo.
-Hiccup se io non urlo tu non mi ascolti! Te ne sei andato all’alba lasciandomi in casa da sola senza nemmeno darmi una spiegazione e ora ti trovo qui in panciolle immerso come al solito nei tuoi maledetti pensieri! Potevi rimanere nel letto con tua moglie, no?? –disse Astrid rossa in volto.
Hiccup rimase zitto e si scrollò di dosso la mano di Astrid.
-Tanto penso di averti fatto un piacere… -sibilò il ragazzo pieno di amarezza.
Lei rimase zitta e senza battere ciglio, alzò la mano che cercò di andarsi a schiantare sul volto del marito.
Ma Hiccup le bloccò il polso e la fissò negli occhi azzurri, mentre una grossa ferita nel petto ricominciò a sanguinare.
Sdentato andò dietro Hiccup ed emise un brontolio nervoso vedendo il suo padrone così scosso e la sua compagna così aggressiva.
Astrid lo fissò con gli occhi spalancati, cercando di liberarsi dalla stretta.
-Lasciami…- sussurrò.
Improvvisamente sentirono un altro forte battito d’ali.
Hiccup alzò gli occhi e vide il drago di suo padre, Spaccateschi, atterrare poco distante da loro.
Astrid si girò, ed ebbe un sussulto.
Dal dorso del drago scese Eret, scostandosi i ciuffi di capelli corvini che gli ricadevano sul viso.
-Hiccup ci sono un paio di problemi nei boschi, alcuni uomini sono stati travolti da un grosso albero che stavano tagliando e richiedono il tuo aiuto. - disse lui tutto d’un fiato, sorridendo in modo strano.
Poi si bloccò e dopo aver posato gli occhi scuri su Astrid, abbozzò un mezzo sorriso.
-Astrid…Hiccup… va tutto bene? Vi ho interrotti… per caso? - chiese lui innocentemente, accarezzando il muso di Spaccateschi.
-No assolutamente. –disse secco Hiccup.
 Non aspettava altro.
Senza perdere un secondo, mollò la presa sul polso di Astrid, raccolse il suo elmo e si diresse verso Sdentato.
-Hiccup- disse Astrid cercando di parlare, ma fu interrotta da un sorriso beffardo che si aprì sul volto del marito.
-Visto? Almeno non starò in panciolle.
Detto ciò, diede un ultima occhiata alla moglie e poi guardò Eret.
-Avanti, scortami.
-Si arrivo subito Hiccup. –disse lui risalendo sul drago.
Sdentato si levò alto nel cielo, sbattendo forte le ali e Hiccup scoppiò in un pianto nervoso mentre sentì le urla di Astrid allontanarsi pian piano, coperte dal forte rumore dell’aria.
Voleva allontanarsi.
Voleva allontanarsi e basta, immergendosi nell’azzurro.
Lassù nel cielo, l’unico posto dove si sentiva libero e tranquillo.
Ma in mezzo a tutta quella furia di partire, non vide nulla.
E non vide nemmeno gli sguardi…
 
˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜
La stanza di Merida era illuminata dalla luce del fuoco del camino e il silenzio era rotto solo dal vociare dei servi fuori dalla porta e dallo scoppiettio delle braci.
La principessa era seduta sul grosso letto a baldacchino, con i piedi a penzoloni che ondeggiavano avanti e indietro, avvolta da una calda coperta bianca.
Il suo fedele arco era appoggiato al baule ai piedi del letto, e il suo legno inciso danzava sotto la calda luce del fuoco; quella mattina, quell’arco aveva ucciso… e il ricordo delle sue frecce conficcate per la prima volta nella carne umana, faceva tremare Merida leggermente.
Era rivolta verso la finestra, con gli occhi ghiacciati che scrutavano la notte fuori dai vetri, con le stelle che luccicavano timidamente e la luna che era coperta da scuri nuvoloni che andavano e venivano trasportati dal vento.
Aveva trascorso l’intera giornata senza uscire da lì, non aveva più visto nessuno dalla sfuriata fatta al padre quella mattina, non aveva toccato cibo…
Le ferite le bruciavano tanto.
La ragazza aveva il morale a terra ed era soffocata dallo sconforto.
Non era solo per ciò che era accaduto a lei e ai compagni quella mattina, non era solo perché il padre non la ascoltava mai e non era solo perché al pensiero della lama Macintoshiana vicina al suo collo lei sentiva ancora lo stomaco contorcersi.
Di tanto in tanto… le accadeva.
Rivolse gli occhi tristi al fuoco, e scese di nuovo una lacrima trasparente sulle guance lentigginose.
Li vedeva anche lì, chiari e limpidi… quegli occhi verde smeraldo che guizzavano di felicità e di curiosità.
Li vedeva… non li aveva mai dimenticati…
Come non aveva mai dimenticato il sorriso su quel giovane viso sfocato.
L’unica cosa che aveva totalmente rimosso dalla sua mente era il nome e non era cosa da poco.
Si sforzava in ogni modo per riuscire a ricordare il suo nome… il nome del ragazzo che le aveva rubato il cuore e che non aveva mai più rivisto.
Il nome di lui, che le aveva dato la forza e il coraggio di mandare in fumo i giochi tra le contee tre anni prima, senza pentirsene.
Lei viveva sperando che un giorno lo avrebbe rivisto, sperava di riuscire a ricordare cosa successe quel giorno… e perché si fosse dimenticata tutto di lui.
Non si dava pace, non aveva nessuno a cui confidare questo enorme segreto che le mangiava lentamente l’anima e i ricordi e scalpitava per ottenere risposte… per ottenere un segno.
Si mise le mani sulle tempie e premette.
Il mal di testa si faceva sempre più intenso e ogni volta che provava ad immergersi in quei ricordi, piangeva… e oltre al fatto che non riusciva mai ad ottenere nessuna risposta, lei odiava piangere.
-Sei una sciocca Merida… -sussurrò asciugandosi le lacrime.
In quel preciso momento sentì bussare forte alla porta.
-Papà smettila di picchiare così forte ogni volta che bussi… -sbottò lei ritornando a nascondere il viso arrossato tra la coperta e i folti capelli rossi.
Fergus tentennò un secondo e poi aprì lentamente la porta.
-Scusa figliola… hai ragione…- borbottò imbarazzato entrando nella stanza della figlia.
Guardò la principessa rannicchiata su se stessa, senza nulla, sentendo la stretta allo stomaco farsi più forte.
Sospirando si avvicinò piano al letto, rompendo il silenzio con il ticchettio pesante della sua gamba di legno, fino ad arrivare a sedersi al fianco di Merida, che non alzò lo sguardo dal pavimento.
Fergus si sfregò il viso e poi si prese le mani, non sapendo come cominciare a parlare alla figlia.
-Come… stai? –biascicò guardandola di sottecchi.
-Brucia. –rispose secca la ragazza.
-Oh capisco… -borbottò il re sfregandosi le mani nervosamente.
Ci fu un altro pezzo di silenzio imbarazzante, poi Fergus tornò alla carica.
-Hai freddo? Hai fame? – chiese con la gola secca.
-Papà cosa vuoi? - chiese la rossa guardandolo ancora iraconda.
A quelle parole il padre si agitò ed iniziò a sudare freddo.
Non sapeva come intavolare il discorso e stava solo peggiorando l’umore della figlia.
-Io… ecco… vedi… *Coffgghghgbbll*... non voglio farti arrabbiare… *Aghacoffcoff*…Merida…io … tu… tua madre… santo Odino…OH ACCIDENTI!!!!!- dopo aver borbottato parole senza un nesso, dopo aver tossito e dopo essersi mezzo strozzato durante quello strano monologo, Fergus si alzò sbattendo un pugno contro il baldacchino, e poi si diresse verso il camino appoggiandosi al muro con la sua enorme mano, sotto lo sguardo serio e indifferente di Merida.
Rimase a fissare il fuoco, poi sospirò e trovò la forza per parlare.
-Merida… ho parlato a lungo con tua madre oggi… riguardo a quella… cosa… che continui a chiedermi da mesi. – sussurrò Fergus con tono malinconico.
La rossa non rispose, ma girò il volto verso il padre.
-Ecco… vedi… ho preso una decisione.
Merida si levò lentamente la coperta di dosso, incredula, e a quattro zampe si diresse verso il bordo del letto, con gli occhi spalancati e con il cuore che batteva forte.
-… Non prenderai parte alla guerra.
Merida sobbalzò, si mise le mani nei capelli ricci isterica e sentendosi presa in giro fu pronta a sfuriare contro di lui.
-OH MA CHE CA-
-MA…- continuò il padre alzando la voce, sapendo che la figlia si sarebbe scaldata subito.
Merida si zittì subito e fissò il padre dirigersi verso di lei, con gli occhi lucidi.
Questa volta… c’era un ma.
Fergus sospirò affranto, ma trovò la forza di sorridere.
-Merida… domani ti imbarcherai su una nave diretta a Berk
-Cosa significa? –sussurrò la principessa, trattenendo il respiro.
-Hai ragione… la colpa della morte di tutti quei soldati sul campo di battaglia è stata causata solo dal mio orgoglio. –affermò Fergus guardando fuori dalla finestra.
-Per questo… ho deciso di chiedere aiuto, prima che la situazione precipiti rovinosamente verso la disfatta di Dunbroch e la disfatta della mia famiglia...
Merida lo guardava senza respirare, aspettando che il padre arrivasse al punto…
-…per quanto io e Stoick l’Immenso, il capo di Berk, abbiamo un rapporto tumultuoso… ho comunque deciso di rivolgermi a lui… a lui e ai suoi Cavalieri dei Draghi. – disse solenne, guardando negli occhi la figlia.
Effettivamente, quella non era una brutta mossa.
Anche se suo padre e il suo vecchio amico non andavano più molto d’accordo, Merida trovò quell’idea geniale.
Loro erano ottimi alleati...loro avevano i draghi.
Fergus sospirò, pensando ancora se ciò che stava per dire, fosse stata la scelta giusta…
-Merida, sarai la mia messaggera… ti invierò a Berk per chiedere una pace provvisoria. –disse sorridendole.
Gli occhi della ragazza si illuminarono di felicità.
Non era certo la risposta alla richiesta che gli faceva da tanto ma… era sempre un modo per partecipare alla rimessa in sesto di Dunbroch e guidarla verso la libertà.
E magari quello era il tassello per condurre finalmente la guerra alla fine.
-Merida ho deciso di affidarti questo compito perché ho un enorme fiducia in te… hai sulle spalle una grossa responsabilità figlia mia…- disse Fergus accarezzandole i capelli ribelli.
-Padre non ti deluderò… te lo prometto. –disse Merida abbracciandolo forte, piangendo di gioia.
Il padre la guardò, sorridendo tristemente e sentendo lo stomaco contorcersi dalla paura.
Non voleva che le succedesse qualcosa… ma sapeva che lei aveva la capacità di convincere le persone… sapeva che con il suo carattere deciso e fermo sarebbe riuscita a convincere Stoick.
Era cresciuta tanto… sapeva che era ora di lasciare spazio alle sue decisioni.
E nella paura di farla combattere al suo fianco per poi vederla morta, preferì di gran lunga allontanarla dalla precaria sicurezza di Dunbroch ed inviarla a chiedere l’aiuto di cui avevano bisogno.
Merida guardò il padre piena di gioia e orgoglio nei suoi confronti, per aver capito che doveva chiedere aiuto e non continuare a fare di testa propria.
-Grazie… -sussurrò fissandolo negli occhi con le lacrime che scorrevano sulla guancia.
Fergus abbozzò un sorriso.
-Avanti… va a letto tesoro… domani partirai presto. –dopo aver detto ciò e dato un bacio sulla guancia alla figlia, il re sparì fuori dalla porta e si diresse nelle sue stanze, immerso nello sconforto e nei pensieri.
Merida con il cuore che batteva a mille, si accoccolò sotto le coperte e dopo un po’ si addormentò con il sorriso sulle labbra.
Fergus non appena entrò nella camera da letto incrociò gli occhi rossi e gonfi di lacrime di Elinor, che si girò cercando di ovattare i singhiozzi, premendosi un fazzoletto sulla bocca.
Lui le andò vicino e lasciandosi scappare una lacrima la abbracciò forte, stringendola.
-Ce la farà cara… nostra figlia tornerà con quella alleanza tra le mani.
Il fuoco ardeva insistentemente… luccicava e danzava frenetico… ma quella sera pareva non scaldare affatto…
 
 

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Capitolo 4
*** THE SHIP IN THE HORIZON ***


∞THE SHIP IN THE HORIZON∞
 
Il mattino dopo il sole su Dun Broch era pallido e spento, il cielo grigio e un forte vento rendevano il mare agitato e ancora più pericoloso da affrontare.
C’era un vociare nervoso, dell’equipaggio e di qualche curioso cittadino che era venuto per osservare la partenza della principessa.
La tensione era tangibile.
Ma a Merida non importava.
Scese sul pontile avvolta dal suo mantello nero che svolazzava colpito dalla forte brezza che si levava dal mare, con i capelli elegantemente raccolti in una morbida treccia che le ricadeva sulla spalla e con gli occhi ghiacciati e decisi che riflettevano la luce dell’orizzonte.
-Merida, hai dimenticato il sacco delle tue cose!! ­– urlò Elinor rincorrendo la ragazza giù dalle scale scivolose e scricchiolanti che conducevano al pontile.
Merida si fermò e si girò verso la madre, battendosi una mano sulla fronte.
-Perdonami mamma, nella fretta me lo sono dimenticata…- disse sorridendo innocentemente.
-Almeno non ti sei scordata l’arco… -disse lei con il fiatone mentre si sistemava la corona luccicante sui capelli castani scuro, spolverati di grigio.
Merida guardò il suo compagno e vi pose una mano.
-Questo mai… -bisbigliò sorridendo.
Elinor guardò la figlia con gli occhi lucidi, poi le sistemò i capelli e la accompagnò alla nave.
Proprio lì, trovò il suo equipaggio che si affrettava a salire e suo padre che parlava con il capitano della nave.
Fergus dopo aver fatto un cenno al capitano, si girò verso la figlia con un sorriso rassegnato.
-Merida… sei… splendente figlia mia. –disse il re posando le sue grandi mani sulle spalle, così piccole in confronto eppure molto più grandi delle sue.
La rossa abbozzò un timido sorriso e lo guardò emozionata.
-Padre… è tutto pronto? –chiese lei con il cuore che iniziava a battere ancora più forte di prima.
Fergus guardò Elinor, a cui subito diventarono gli occhi lucidi, poi guardò Merida e annuì.
-Si figlia mia… il tuo equipaggio è pronto, manchi solo tu.
A quelle parole, Merida diede uno sguardo all’enorme nave che la sovrastava maestosa e non poté non sentire le lacrime bagnarle gli occhi.
Inspirò profondamente, poi abbracciò i genitori, fortissimo.
-Merida sta attenta… abbi cura di te… - le ripeteva la madre, scoppiata ormai in un pianto dirotto.
Fergus la strinse forte e con voce tremante le disse –Il destino di Dun Broch è nelle tue mani… torna vittoriosa figlia mia…
A quelle parole il petto di Merida si gonfiò di onore e di una sensazione con non sapeva darle un nome…
Sentiva che era un misto tra la speranza e la paura… ma allo stesso tempo era decisa a portare a termine quell’importante incarico.
Costi quel che costi.
Dopo aver sorriso per un ultima volta ai genitori, rivolse gli occhi ghiacciati verso l’orizzonte che iniziava a tingersi di una luce talmente brillante che quasi le faceva male.
Il mare era agitato, le onde si iniziavano a fare sempre più evidenti, ma alla ragazza non importava.
Tenendo i lembi del vestito tra le mani pallide e tremanti, salì sul ponte che conduceva a bordo della nave con il cuore che scalpitava.
La nave pareva ancora più grande, ma molto accogliente e una volta a bordo Merida fu accolta da un profondo saluto dall’equipaggio.
-Benvenuta a bordo, mia principessa. –disse il capitano della nave avvicinandosi alla ragazza, sorridendo profondamente.
-Grazie… -disse lei un po’ smarrita.
Dopo di che, si diresse subito verso il parapetto, attorniata dalle urla dei marinai e del capitano che ordinava loro di levare l’ancora.
Si sporse e riuscì a vedere i suoi genitori, stretti l’un l’altro, che la guardavano mentre si preparava ad affrontare il suo primo viaggio fuori dal regno e non per avventurarsi come suo solito… ma per cercare di porre fine alla guerra che stava strangolando la sua terra.
La ragazza si sbilanciò improvvisamente di lato, poiché la nave iniziò a muoversi decisa verso il largo, e vide il pontile e i suoi genitori allontanarsi sempre di più.
Sua madre riuscì ad abbozzare un sorriso e un cenno con la mano, ma subito dopo ritornò a nascondere il volto arrossato e gonfio nell’abbraccio del marito e continuò a piangere.
Fergus alzò il braccio e la salutò, augurandole con tutto se stesso di fare buon viaggio.
Pochi minuti dopo la nave aveva già preso un ottimo ritmo e nonostante Merida si fosse addirittura sporta dal parapetto della poppa della nave per seguirli, straziata dalla visione dei suoi genitori che piangevano disperati, dopo un po’ non riuscì più a vederli.
Rimase un po’ perplessa, con i ciuffi di capelli ricci che le solleticavano il viso e con il cuore che smetteva piano piano di scalpitare, ferma a fissare Dun Broch che si allontanava sempre di più.
Poi rivolse lo sguardo verso l’orizzonte, a prua, e rimase incantata dalla vastità del mare che la circondava.
Tutto d’un tratto le ritornò il sorriso e l’eccitazione in corpo.
Alla fine era quello che voleva, no?
Mosse qualche passo, sempre più veloce… poi fece una corsa colma di felicità verso prua dove, sotto lo sguardo perplesso e spaventato dei marinai e del capitano, salì in piedi sul parapetto aggrappandosi alla maestosa polena scolpita perfettamente nel legno.
Fu investita dalla forte e frizzante brezza marina che le solleticava la pelle e si riempì gli occhi di quello splendido mare che la stava conducendo verso una svolta decisiva, sia per Dun Broch che per se stessa.
Ci sarebbe voluto all’incirca un giorno di navigazione per arrivare a destinazione, sarebbero arrivati la mattina dopo.
C’era tutto il tempo per programmare un piano e un discorso da fare al grande Stoick, e c’era tutto il tempo per rilassarsi un po’ girovagando sulla maestosa nave su cui aveva il privilegio di viaggiare.
Le onde e il vento spingevano senza sosta la nave verso l’isola, senza dare segni di difficoltà.
Sorrise emozionata, sentendo le farfalle nello stomaco svolazzare sempre più insistentemente.
-Sto arrivando, Berk!
 
˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜ ˜˜˜˜˜˜
 
Dopo aver trascorso il pomeriggio sgobbando nei boschi e la sera litigando con Astrid, Hiccup riuscì a trovare la forza di addormentarsi dopo alcune ore nello stesso letto della moglie, nonostante non si fossero chiariti per niente.
Si ritrovò come ogni notte in quel sogno, perso in quegli occhi ghiacciati e quei capelli di fuoco che ardevano intensi, accompagnato da quella nenia singhiozzata che rieccheggiava senza sosta in quel bosco.
Come ogni volta si svegliava di soprassalto senza essere riuscito a salvarla, né tantomeno essere riuscito ad ottenere risposta.
Ma ci fu un segno, forse, una frase percepita come un sussurro al momento del risveglio…
Nuair thainig
“Arrivo”.
Era tutta mattina che pensava a cosa volesse significare… a cosa si riferisse… non faceva altro che cercare un segno tangibile che gli dicesse qualcosa in più.
Ma nulla.
Hiccup quella mattina era occupato in una battuta di caccia nei boschi, lui e il suo gruppo avevano camminato tanto e si erano addentrati profondamente nella fitta vegetazione.
Nonostante i suoi compagni gli parlassero e chiacchierassero tra loro, il giovane capo era immerso nei suoi pensieri, frustrato fino al midollo.
Ricambiava con qualche sorriso e qualche parola biascicata buttata lì, ma non di più.
Era concentrato, era isolato, sentiva solo lo scricchiolio delle foglie secche e dei rametti sul manto erboso, sentiva il suo respiro lento e il suo cuore battere confuso.
Nel frattempo, a un’ora di distanza da lì, il villaggio si era mobilitato sotto l’allarme dato dalla vedetta.
Astrid uscì fuori dalla stalla di Tempestosa, seguita da Eret e la compagnia di Cavalieri dei Draghi; Valka subito si arrampicò abilmente nel posto di vedetta e scrutò l’orizzonte per riuscire a capire cosa stava succedendo.
Riducendo gli occhi quasi ad una fessura, ne distinse chiaramente la forma e socchiuse le labbra incredula:
Una nave.
Una nave all’orizzonte si stava avvicinando al mare di Berk.
Ma non tutti gli abitanti riuscirono a vedere l’avvenimento con un buon occhio e una certa calma, poiché le ultime navi che si avvicinarono a Berk furono quelle dell’esercito di Drago Bludvist, che quasi rase al suolo la città.
Tutti pensavano di essere sotto attacco di chissà chi, e Astrid non perse l’occasione di cercare di mobilitare il villaggio alla preventiva ed indifferente rivolta.
-AI DRAGHI, FORZA!!!! LI DISTRUGGEREMO PRIMA CHE ARRIVINO A BERK! – urlava isterica ai cittadini e ai Cavalieri.
Si stava per mettere a correre verso le stalle seguita da tutti i Cavalieri, ma nemmeno stavolta il suo tentativo andò in porto.
-FERMI!!! –urlò Valka dalla postazione di vedetta, facendo fermare tutto il vespaio e tirando un occhiataccia alla nuora.
Poi rivolse lo sguardo di nuovo all’orizzonte.
-È una nave, certo… ma non sta arrivando con cattive intenzioni. –disse solenne la donna, scendendo a terra.
-Non possiamo fidarci! Abbiamo già avuto un chiaro esempio di come possono trovare il modo di ingannarci, dannazione!! Berk è fragile, non riuscirebbe a reggere ad un attacco! –disse isterica Astrid, andando contro la madre del marito, che per tutta risposta puntò i verdi occhi infuriati nei suoi e le fece abbassare il tono di voce.
-Smettila Astrid. –disse ringhiando alla bionda.
Ci fu un pericoloso gioco di sguardi tra donne infuriate e forse ai cittadini di Berk faceva molto più paura quello che la nave in sé.
Dopo averle dato un ultima occhiata, Valka chiamò Saltanuvole e le saltò in groppa, senza nemmeno preoccuparsi di mettere un mantello contro l’aria fredda che l’avrebbe investita una volta in cielo.
-Vado a controllare… Skaracchio, cerca Hiccup e avvertilo! –urlò Valka all’amico che zoppicando goffamente sulla sua protesi di legno, raggiunse il suo drago all’interno dell’officina.
-Avanti Broncio, cerca di alzarti, dobbiamo andare! – ripeteva al grosso e panciuto drago che se ne stava a dormire beato vicino al fuoco.
Dopo di che, anche Skaracchio partì verso il bosco continuando a parlare al suo amicone alato, più che altro per farlo stare sveglio.
Astrid guardò Valka allontanarsi su Saltanuvole, con gli occhi iniettati di rabbia, poi si girò urlando isterica e tornò verso la stalla di Tempestosa.
-Maledizione!!! Maledizione!!! Giuro che se quella nave attacca Berk io me ne vado e lascio morire tutti quanti! –ringhiava la ragazza sistemando il pagliericcio del suo drago.
Eret entrò nella stalla, scostando le pesanti tende di pelliccia che Astrid fece mettere per proteggere la sua amica dal freddo, e si diresse verso la ragazza.
-Maledetto anche a quello stupido idiota di Hiccup, che tanto come sua madre si darà al buonismo!
-Calmati Astrid… vedrai che non succederà nulla di che. –disse il ragazzo sorridendo dolcemente alla bionda, che arrossì violentemente.
-Mi chiedo solo che cosa stanno venendo a fare qui a Berk… - sussurrò Eret accarezzando la pelle scagliosa di Tempestosa, che mugugnò di felicità.
Bastava poco per mettere l’isola in subbuglio… soprattutto un ammasso galleggiante di legna su cui viaggiavano perfetti sconosciuti…
Ma dal cielo, a Valka sembravano persone tranquille; badò bene a non farsi vedere, per capire al meglio le loro intenzioni, ma l’unica cosa, o meglio persona, che la incuriosì parecchio, fu quella minuta figura con folti e ribelli ricci rossi e un sorriso smagliante e felice che, spostandosi agilmente sulle sartie, riuscì ad arrampicarsi fino all’albero maestro per osservare Berk, saltando emozionata come una bambina.
 
 
-SPAZIO CHIACCHIERE :D –
Buongiorno a tutti!:)
Questo è il primo cross-over che scrivo e ho deciso di farlo incentrato su una MERICCUP fatta volando esclusivamente con la fantasia.
Come ho scritto nell’introduzione (smilzissima tra l’altro, perdonatemi), è stata mia sorella a spingermi a scrivere questa storia, poiché è letteralmente ossessionata da Dragon Trainer (i film e la serie) e Ribelle.
Ma chiaramente non è l’unica ad esserlo ;)
Girovagando su efp, youtube e internet ho notato che c’era questa sezione chiamata MERICCUP, e la cosa mi ha incuriosita parecchio.
Non avrei mai pensato di trovare una cosa simile, molto carina tra l’altro, e mi sono appassionata e buttata in questa avventura dalle sfumature dolci e avventurose.
Ho pensato ad un Sequel di Dragon Trainer e The Brave, però fatto in un'unica storia dove le storie dei due ragazzi si intrecciano…
È strano per me cimentarmi in una storia simile, poiché su efp ne ho pubblicate per ora 2 (Questo Cross-over e un'altra storia totalmente diversa X,D ) ma nella mia testa ne ho fatte almeno una dozzina XD
Una dozzina che però non comprendeva una Mericcup o una storia basata sui BIG FOUR (ora mi ammazzerete XD).
Ma mi farò perdonare! J
Sono nuova di questo genere, perciò ce la metterò tutta per riuscire a scrivere una storia carina che possa piacere a voi fan della MERICCUP (e chiaramente a mia sorella XD)
Un abbraccio e un bacio a tutte voi J
The_red_Quinn_of_Darkness
 

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Capitolo 5
*** EYES ***


∞EYES∞
 
Una freccia rapida e silenziosa trafisse la carne di un maestoso cervo poco distante dal gruppo di cacciatori, da cui si alzò un grande coro felice.
Hiccup annuì contento, osservando due dei suoi che andarono verso la preda più grossa della giornata per caricarla sul carro assieme alle altre.
-Ottimo lavoro ragazzi, davvero… -sussurrò il capo dando una pacca sulla spalla a un suo compagno.
-Merito tuo che conosci il bosco come le tue tasche, Hicc!
Gli altri schiamazzarono in coro, facendo grasse risate mentre il pesante cervo veniva caricato.
Il ragazzo alzò la testa e guardò la posizione del sole.
-Penso che sia ora di tornare indietro, abbiamo camminato tanto e ormai è quasi ora di pranzo… anche se arriveremo quando avranno tutti finito di mangiare.
Detto ciò, Hiccup si girò e aiutò i compagni a stringere le corde attorno alle prede per fare in modo che non cadano durante il tragitto.
Stringeva forte, annodava, tirava… fino a quando non fu tutto pronto per partire.
-Avanti ragazzi, si torna indietro! –urlò un uomo a capo della fila, e detto ciò prese le redini del drago a cui era attaccato il carro e iniziò a farlo muovere.
Hiccup rimase un attimo fermo, ad osservare la testa del cervo che penzolava senza vita fuori dal carro.
Sorrise, pensando che quella preda avrebbe garantito cibo per le bocche degli anziani, dei bambini, per i suoi amici e per sua madre, nonostante gli dispiacesse vedere una creatura così maestosa giacere morta su un carro di prede.
Poi gli occhi assenti e spalancati dell’animale, improvvisamente sembrarono muoversi.
Hiccup sobbalzò, rimanendo perplesso per un secondo, ma poi osservò meglio.
Non si stavano muovendo per niente… ma avevano uno splendido brilluccichio blu che guizzava sulla superfice.
-Ma che cosa…- sussurrò Hiccup avvicinandosi alla testa del cervo, ma nello stesso momento, qualcuno richiamò la sua attenzione.
-C…capo… che sta succedendo?? –chiese un ragazzo, tremando con gli occhi spalancati e indicando un punto dietro di lui.
Hiccup si girò e sentendosi colto alla sprovvista afferrò l’elsa della sua spada di fuoco, pronto a sfoderarla se ci fosse stato bisogno.
Ma quando si girò, poté solo che spalancare la bocca, incredulo, sentendo il cuore battere come un tamburo.
Davanti a lui c’era il fuoco blu del suo sogno, che ardeva sospeso nell’aria con la stessa intensità con cui ardeva attorno al corpo della ragazza.
-Non ci credo… -sussurrò.
Tutti i suoi compagni si allontanarono, schiacciandosi tutti quanti attorno al drago, terrorizzati.
-Cosa diavolo è??
-Spiriti maligni!
-Stregoneria!!
Veniva fuori qualsiasi tipo di avvenimento sovrannaturale o grottesco, ma nessuno pensò di ragionare con calma e non cadere nel panico.
Tranne Hiccup.
Il ragazzo, con mani tremanti, si avvicinò al delicato fuoco, sentendo la sua testa girare e il sudore freddo iniziare a scorrere lento sulla sua schiena.
-Hiccup!! Sta lontano!!
-Non avvicinarti!!!
-Cosa stai facendo, pazzo?? Allontanati!!
Non ascoltò nessuno, come al solito.
Non appena fu vicino a quella fiamma, dietro di quella ne apparse un'altra, emettendo uno strano e delicato versetto, come se stessero ridacchiando sommessamente.
Il ragazzo trattenne il respiro, e avanzò ancora.
Ne apparse un'altra, un'altra, e un'altra ancora!
Si bloccò, sentendo l’adrenalina scatenarsi dentro al suo corpo.
Non gli importava di tornare indietro per pranzo.
Non gli importava nulla in quel momento… se non scoprire a cosa conducevano quei fuochi… oppure… a chi conducevano quei fuochi….
-Nuair thainig…! –sussurrò e detto ciò iniziò a correre come un forsennato, seguendo la scia blu accesa che si diramava in una ordinata fila indiana nel bosco.
-HICCUP!!!! TORNA INDIETRO RAGAZZO, NON ANDARE!!!! FERMATI!!!! –gli urlavano, ma lui continuò a correre a perdifiato.
Ad un certo punto, non sentì più nulla, nessun grido dei suoi compagni; solo il suo incessante respiro e il suo battito del cuore.
Le fronde degli alberi lo schiaffeggiavano, i rami scricchiolavano sotto la sua corsa, il petto bruciava e respirava sempre più veloce.
La scia sembrava infinita, e pareva lo stesse conducendo verso la scogliera al di fuori del bosco.
Ormai le gambe correvano da sole e perse il controllo della corsa talmente tanto era concentrato a pensare “È il segno!!! È il segno che aspettavo!!!”.
-ARGH!!!!
Difatti inciampò con la protesi in una grossa radice esposta dal terreno e fece un volo assurdo prima di cadere rovinosamente a terra.
Rimase immobile per qualche secondo, ansimando e cercando di recuperare sensibilità agli arti, ma quando alzò la testa si accorse che le fiammelle erano sparite.
Si mise in ginocchio, guardandosi attorno con il viso arrossato e le lacrime agli occhi, e quando si rese conto che non c’era più traccia dei fuochi blu urlò, sbattendo i pugni a terra.
-NO!!!! NO, NO, NO!!!!
Aveva perso la possibilità di scoprire qualcosa… di ottenere risposte… e per colpa di quella maledetta caduta si era pure piegato la protesi di legno e ferro.
Capì inoltre di essersi allontanato troppo dal gruppo e di essersi perso.
-Accidenti a me… -sussurrò asciugandosi il sudore della fronte.
Poi zoppicando si diresse verso una pietra poco distante, si sedette e si mise le mani sulla faccia, in procinto di scoppiare in un pianto dirotto.
In lontananza sentiva il fragore delle onde del mare schiantarsi sugli scogli; il rumore del vento tra le fronde giocò timido con i suoi capelli castani e con la sua mente, turbata da tutto ciò che gli era accaduto, accarezzandola… cercando di farlo calmare.
Non poteva essere un ennesimo sogno… quelle fiammelle erano vere… le aveva appena viste… aveva sentito un calore strano mentre si avvicinava a loro.
Non poteva essere una bugia anche quella…
In preda allo sconforto, Hiccup non si accorse di essere entrato nel mirino di un grosso cinghiale…
Era entrato nel suo territorio e ora non poteva più uscirne.
Il ragazzo si girò, sentendo i rametti spezzarsi sotto il passo pesante dell’animale e scattò in piedi colto alla sprovvista, cercando di estrarre la spada, senza riuscirci.
Ma quel brusco movimento fece infuriare ancora di più il cinghiale, che senza pensarci due volte caricò Hiccup intenzionato a farlo fuori.
-Oh merda no!!!!! –urlò il giovane cercando di scappare, ma cadde di nuovo e la sensazione che lo assalì vedendo quell’ammasso di rabbia corrergli incontro, fu devastante.
Era spacciato.
Ma oltre il furioso grugnito della bestia, le sue orecchie riuscirono a percepire un sibilo.
Una lunga freccia trapassò il cranio del cinghiale, che cadde al suolo stramazzando ed emettendo versi sofferenti.
Poi smise di muoversi e celò l’ultimo respiro.
-Che cosa…? – bisbigliò il ragazzo con il cuore a mille, riprendendo a respirare.
Era una freccia che non aveva mai visto prima, con i pennacchi bianchi.
In quel preciso istante sentì un ennesimo scricchiolio di rami, e senza perdere tempo si tirò su in piedi ed estrasse la spada, la accese, liberando una fiamma ardente e alta e la ondeggiò, guardandosi attorno.
-Vieni fuori! Chiunque tu sia o… o qualsiasi cosa tu sia!! – disse cercando di darsi un tono, senza lasciare trasparire la voce tremante.
Da una zona d’ombra, una figura non tanto alta uscì con l’arco teso verso di lui.
Un grosso mantello nero ne copriva il viso e da sotto di esso Hiccup intravide un lungo vestito di raso color acquamarina.
Il ragazzo rimase in posizione di guardia, con la spada puntata su quell’ennesima figura incazzata sapendo che se per disgrazia lasciava andare le dita, sarebbe stato spacciato per davvero.
Nessuno dei due però osava muoversi, o spiccicare parola.
Fu il minuto più lungo e intenso della vita di Hiccup.
Poi il ragazzo vide le esili mani che stringevano con tanta decisione quell’arco tremare, togliere tensione sempre di più all’arma e abbassarla lentamente.
La figura poi tolse la freccia, rimettendola nella faretra appesa al suo fianco, poi tentennò un attimo e fissò il ragazzo, che non abbassò la guardia e teneva gli occhi fissi e minacciosi sul suo volto.
Quegli occhi
Con una mano che tremava vistosamente la figura si prese un lembo del cappuccio e dopo un attimo di esitazione, lo sfilò lentamente dalla testa, liberando una cascata di ricci rosso fuoco.
Il respiro si mozzò ad entrambi.
La spada di Hiccup cadde sul manto erboso, spegnendosi senza emettere un suono.
Il ragazzo spalancò gli occhi e socchiuse le labbra, sentendo stringersi lo stomaco sempre di più sotto lo sguardo altrettanto incredulo della ragazza che gli stava davanti.
In quel momento… gli occhi smeraldo di Hiccup erano immersi in quelli ghiacciati di Merida.
 
 
-SPAZIO CHIACCHIERE :D-
Ciao a tutti!! :3
Hiccup e Merida si sono incontrati  ‘v‘
Ho fatto un sacco di fatica per scrivere questo capitolo perché purtroppo ho il brutto difetto di dilungarmi troppo e dettagliare troppo, perciò ho dovuto stringere la cinghia D:
Volevo che fosse una scena… uhm… epica\megagalattica (o per lo meno, nella mia testa era nata così) ma alla fine Hiccup non fa altro che cadere ed è saltato fuori un cinghiale a caso XD
Eh va beh, ci sarà più ciccia per tutta Berk XD
Cosa ne pensate? :D
Fatemi sapere!!:3
Vi lascio al prossimo capitolo <3
Un bacio e un abbraccio
The_red_Quinn_of_Darkness

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Capitolo 6
*** WHAT HAPPEND(?) ***


∞WHAT HAPPEND(?)∞
 
I cuori battevano all’unisono, i respiri erano ridotti ad un sibilo, i corpi tremavano come delle foglie…
Gli occhi non ne volevano sapere di chiudersi.
Hiccup stava ancora cercando di realizzare che in quel momento non si trovava dentro al suo sogno, bensì nella realtà.
Merida cercava ancora di capire se quelli fossero o non fossero stati gli occhi impressi nella sua memoria da anni, magari era solo una sua impressione; ma solo quando a Hiccup scappò un sorriso incredulo e felice, lei capì che finalmente lo aveva ritrovato… ancora più bello di prima.
Il ragazzo si mise le mani sulla testa e cercando un equilibrio precario sulla protesi, le si avvicinò lentamente.
-Non ci credo… non può essere… -sussurrò Hiccup sorridendo alla rossa.
Lei alzò un sopracciglio senza capire cosa stesse dicendo, sentendo il cuore scoppiare nel petto che si alzava e si abbassava sempre più velocemente.
-Sei… sei tu! –disse il ragazzo, traballando.
Merida strabuzzò gli occhi ghiacciati.
Lui… si ricorda di me?
In quel momento si sentirono degli schiamazzi e degli urli provenire dal bosco alle spalle di Hiccup.
Il ragazzo si girò, richiamato dalle voci e nel momento in cui si rigirò verso Merida…
-Ehi ma…
Non c’era nessuno.
Era sparita.
Hiccup zoppicò verso il dirupo della scogliera e guardò giù, verso la spiaggia.
Ma non c’erano nemmeno orme.
Confuso e affranto, iniziò a cercare veloce con gli occhi verdi la figura ardente della ragazza, sentendo un nodo di lacrime in gola.
-Hiccup!!! –urlò Skaracchio “correndo” goffamente verso di lui.
Il giovane si girò per un secondo, ma poi tornò a cercare lei.
Se in quel momento avesse avuto sdentato, era sicuro che l’avrebbe ritrovata.
-Hiccup ragazzo mio, cosa succede? Stai bene??- chiese il vichingo girandolo verso di lui, poi notò l’enorme cinghiale steso a terra e sussultò.
-Oh per Odino, ma che cosa è successo qui?? Hai abbattuto questo gigante da solo? –chiese lui strabuzzando gli occhi e sputacchiando un po’ in giro per via dei suoi denti storti e mancanti.
Hiccup, senza ascoltare, annuì e Skaracchio, vedendolo particolarmente scosso e con la protesi piegata, lo aiutò a camminare verso Broncio.
-Forza ragazzo sali, torniamo a Berk! –disse lui aiutando Hiccup a salire e caricando il cinghiale sul dorso di Broncio.
Quando il drago spiccò il volo, il giovane ragazzo non fece altro che guardarsi indietro… attorno… sotto… ovunque, speranzoso di vedere in lontananza l’ardente chioma rossa.
Per la prima volta, avrebbe preferito rimanere a terra, più che salire in cielo.
Merida era ancora là, schiacciata contro la parete rocciosa della scogliera, con il fiatone e le lacrime agli occhi.
Non ce la fece.
La timidezza e l’emozione vinsero sul suo coraggio, facendola scappare via dal ragazzo che aveva aspettato per così tanto tempo.
Non riusciva a perdonarselo.
-Stupida Merida… Sciocca senza speranza… codarda… - ripeteva sibilando mentre le lacrime calde scorrevano sulle guance lentigginose.
Era strano.
Appena scesa dalla nave venne attirata da un fuoco fatuo che si affacciava timido dall’apertura del bosco, sopra la spiaggia.
Erano 3 anni che non vedeva più quelle graziose fiammelle blu e sapeva benissimo che quando apparivano, c’era un motivo.
Quindi trovando una scusa, si arrampicò sulla scogliera e le seguì.
Ma non avrebbe mai… mai pensato che quel motivo fosse stato…
-Hiccup...-sussurrò arrossendo.
Iniziò a correre verso la nave in lontananza, sempre più veloce.
HiccupHiccupHiccup
Quel nome le ricordava qualcosa.
Le scosse dei ricordi nella sua mente, ma nulla di chiaro.
Ciò di cui era certa, era che aveva appena ritrovato il giovane che aveva inconsapevolmente il suo cuore tra le mani.
 
Quando finalmente Hiccup e Skaracchio furono sopra Berk, il ragazzo intravide subito la grossa nave attraccata al piccolo pontile dell’isola.
La città non era adeguata a ricevere navi provenienti da altre città, poiché loro viaggiavano nel cielo, non via mare.
-Che succede? –chiese Hiccup sporgendosi per vedere bene la situazione sotto di lui.
-Ne so quanto te ragazzo… avevamo appena avvistato la nave e tua madre mi ha mandato a cercarti. –gracchiò il vichingo grattandosi il mento con la mano sana.
-Avanti andiamo a controllare, svelto Skaracchio! –disse il ragazzo con voce nervosa.
Quello era il giorno delle sorprese a quanto pareva…
-Oh ragazzo calmati, sarà una bagnarola di mercanti… non c’è fretta né tantomeno pericolo!
Broncio atterrò pesantemente nella piazza della città, attirando l’attenzione dei suoi amici riuniti fuori dalla locanda che osservavano tutto quell’agitarsi di gente.
-Toh guarda chi si vede! –disse Moccicoso facendo un sorriso arrogante.
-Cosa sta succedendo? –chiese Hiccup buttando uno sguardo alla folla.
-Bah… è appena atterrata una nave sulla nostra costa e già ci sono problemi… si è persa una persona…-disse con noncuranza Testaditufo.
-Già, e dire che Berk non è grande! – rise rocamente Testabruta.
-Diamine Hiccup, ma la tua protesi è tutta storta! –osservò Gambedipesce cercando di andare verso l’amico per aiutarlo a camminare.
Ma Hiccup senza ascoltare nessuno iniziò a dirigersi goffamente verso la folla, che piano piano al suo passaggio si aprì senza protestare.
Riuscì a scrutare la madre che parlava con un uomo pallido come un cencio sulla nave.
Non appena Valka vide il figlio zoppicare verso il pontile, fece un cenno all’uomo e gli corse incontro, scavalcando abilmente il parapetto di legno.
-Hiccup cosa ti è successo?? Dov’eri? Sei tutto graffiato… che hai fatto? –chiese lei tutta agitata, tastandogli il volto e le braccia.
-Mamma cosa sta succedendo qu- non riuscì a finire di dire la frase che subito sua madre lo interruppe.
-Accidenti quando ho visto tornare il tuo gruppo senza di te ho preso uno spavento enorme!
-Mi fa piacere mamma, cosa succe-
-Però avete fatto un ottimo lavoro, davvero!
-Grazie mamma, ora asc-
-Hiccup ma la tua protesi-
-Si mamma è storta! –urlacchiò Hiccup spazientito.
Valka lo prese per un braccio e lo iniziò a trascinare verso la sua casa.
-No non va affatto bene… Skaracchio, prepara gli strumenti per sistemare la protesi di Hiccup! - urlò la donna al vichingo, che si stava pregustando entusiasta l’enorme cinghiale, leccandosi i baffi.
Al sentire quelle parole Skaracchiò sbuffò sconsolato, dirigendosi verso l’officina con la pancia che gorgogliava.
Nel frattempo Hiccup, nonostante continuasse a chiedere spiegazioni alla madre, venne fatto sedere sul suo letto e dopo di che, lasciato solo.
Il ragazzo rimase seduto con un’espressione basita sul volto.
Ma che accidenti sta succedendo oggi????” pensò lui gettandosi di schiena sul letto, esasperato.
Merida nel frattempo tornò alla nave tutta accaldata e con la gola secca.
Non appena il capitano la vide, le corse incontro tirando un sospiro di sollievo.
-PRINCIPESSA!!! – le sbraitò nei denti, facendola sobbalzare.
-Principessa!! Meno male che sta bene!!- disse con il fiatone e riprendendo decisamente colore in volto.
-Si certo che sto bene, cosa doveva accadermi? –chiese lei sorridendo innocentemente.
-A lei nulla principessa… ma a me, il re Fergus avrebbe tagliato la testa… -balbettò lui rabbrividendo.
Detto ciò guardò la rossa da capo a piedi, storcendo il naso.
-Principessa forse sarebbe meglio che… si facesse un bagno e si cambiasse i vestiti prima di incontrare Stoik l’Immenso…che le è successo per sporcarsi così tanto? - disse lui accompagnandola negli alloggi della nave.
-Nulla di che, sono solo inciampata!
Bugie.
Si era solamente avventurata a scalare una scogliera, per poi camminare nel bosco e salvare un ragazzo da un cinghiale imbufalito, scoprendo che era colui che stava aspettando da anni…
E dopo tutto quel turbine di emozioni, ora che ci pensava, le ferite del giorno prima avevano ricominciato a bruciare.
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** HEARING ***


∞HEARING∞
 
Durante le prime ore del pomeriggio finalmente Hiccup si sedette sul trono di suo padre, nella Sala dei Consiglio di Berk affiancato da Valka e i Cavalieri dei Draghi, Astrid compresa.
Hiccup sentiva perfettamente gli occhi della moglie calcati addosso, ancora iracondi, ma faceva qualsiasi cosa pur di non incrociare lo sguardo con lei.
-Allora Hiccup? Sei pronto per il tuo primo ricevimento straniero ufficiale? –gli chiese la madre entusiasta.
-Beh si! Farò del mio meglio… -disse lui sorridendole dolcemente.
-Benissimo figlio mio… sei perfetto. –sussurrò lei facendogli l’occhiolino.
Lui si guardò la protesi ancora storta e sorrise imbarazzato.
-O quasi…
-Skaracchio finirà prima di stasera, ha avuto qualche problemino a gestire la fame… -ridacchiò Valka.
-Come biasimarlo…
Detto ciò la porta della Sala del Consiglio si spalancò.
Davanti a Merida apparve un’enorme sala in legno e pietra, poco decorata ma molto accogliente, illuminata da grosse braci di pietra che ardevano intense in tutta la stanza.
I Berkiani sono persone semplici e poco sfarzose, che non badano alle eccessive formalità ma che pretendono rispetto e quella sala agli occhi di Merida apparve così… semplice, ma decisamente solenne e maestosa.
Hiccup, dal canto suo, non sentì altro che il cuore fermarsi e non vide altro che la ragazza del suo sogno apparire da dietro quell’enorme porta.
Il ragazzo involontariamente scattò in piedi, ma perdendo l’equilibrio ricadde subito seduto, attirando gli sguardi interrogativi di sua madre e Astrid.
-Principessa Merida, ci siamo! –sibilò il capitano nell’orecchio della ragazza, che si sforzò di chiudere la bocca difronte a quello spettacolo insolito.
La rossa sentì il sudore iniziare a scendergli sulla schiena e subito, soffocata dall’emozione, non alzò gli occhi e avanzò con lo sguardo fisso al pavimento e con le gambe che tremavano come una foglia.
Ma non appena arrivò a metà sala, inspirò profondamente e facendosi coraggio alzò gli occhi verso il trono; il cuore le rimbalzò nel petto, socchiuse le labbra incredula e sentì tutto il corpo informicolarsi, non appena si rese conto che seduto su quel trono c’era Hiccup.
Non appena arrivò sotto al trono, si inchinò e sentì la bocca impastarsi tragicamente e le mani tremare.
Non aveva più il controllo della sua mente, stava cadendo nel panico più totale, poiché Merida in quel momento si trovava davanti ai suoi due più grossi “problemi”: cercare di stipulare l’alleanza e salvare il suo regno… e il ragazzo, appena ritrovato, di cui è segretamente innamorata e con cui non sa come comportarsi.
-Ehm… -biascicò involontariamente, arrossendo sotto lo sguardo di tutta la Sala, ma soprattutto sotto lo sguardo stupefatto di Hiccup.
Nella Sala si alzò un vociare incuriosito e sommesso, che assomigliava ad un brontolio di una pentola di fagioli.
Valka aggrottò le sopracciglia, scrutando la ragazza da capo a piedi, mentre si alzò lentamente.
Quella ragazza… le ricordava qualcosa…
Hiccup deglutì a vuoto due o tre volte, prima di trovare il coraggio di aprire bocca.
-Benvenuta a Berk, signorina…- disse con un leggero tremolio dopo essersi schiarito la voce.
Esitò un attimo, poi continuò con il cuore in gola, pronto a scoprire finalmente la verità.
-Chi siete?
Gli occhi dei due non si erano ancora staccati gli uni dagli altri, e Astrid lo aveva chiaramente notato, sentendo la rabbia nei confronti del marito scalciarle nel petto.
Merida raccolse il coraggio a due mani e inspirò profondamente.
-Sono Merida, principessa di Dunbroch, figlia del re Fergus e della regina Elinor… sono qui per chiedere un udienza con Stoick l’Immenso. –disse con voce solenne e con mani tremanti.
La Sala si zittì.
Valka, colta da un turbine di emozioni improvviso, si alzò e pronunciando un sommesso “Scusatemi, torno subito” uscì dalla Sala con gli occhi lucidi.
Merida si trastullò nervosamente le mani, non riuscendo a capire se aveva detto qualcosa di sbagliato.
Hiccup guardò la madre e si morse un labbro.
-Sono Hiccup Horrendous Haddock III, figlio di Stoick l’Immenso e di Valka… sono qui per ascoltarvi e ricevervi, poiché il mio compito è fare le veci di padre, deceduto ormai un anno fa. –disse il ragazzo sentendo la malinconia assalirlo.
-Oh Santo cielo… -sibilò il capitano della nave, mettendosi le mani sulla testa.
Merida sentì piombarle addosso una sensazione di panico.
-Perdonatemi… non lo sapevo… -balbettò lei.
-Tranquilla, non è colpa vostra, principessa Merida… - disse Hiccup sorridendole dolcemente.
Valka nel frattempo ritornò nella Sala sorridendo ai due stranieri.
-Ma ditemi… cosa vi porta qui a Berk? Come posso esservi d’aiuto?
Merida non si scoraggiò, nonostante le risultò più difficile del previsto trovare le parole adatte per spiegare la situazione.
-Dunbroch è coinvolta ormai da un anno in una guerra contro il regno di Machintosh e l’alleanza stretta con il regno di Dingwall e dei McGuffin sembra non bastare… il nostro esercito è stato decimato e solo dopo un attacco fatto da parte di un gruppo di soldati nemici a me e al mio gruppo mentre eravamo a caccia, mio padre ha capito che la situazione sta diventando critica; i Machintosh hanno rivolto la lama verso di me, ferendomi e uccidendo il mio gruppo, e ora la stanno volgendo alla mia famiglia e il mio popolo.- raccontò Merida nervosamente, ricordando l’episodio avvenuto il giorno prima.
Hiccup la ascoltava, senza battere ciglio.
-Perciò oggi sono qui di fronte a voi per chiedere un’alleanza provvisoria.
Alla parola “alleanza”, Astrid si infiammò subito e intervenne bruscamente, alzandosi in piedi.
-Non ci sarà nessuna alleanza! Stiamo cercando di rimetterci in piedi anche noi dopo uno scontro molto più rovinoso di quello che state raccontando e come ce l’ha fatta Berk in modo autonomo, ce la farà anche il vostro regno. –sibilò la bionda riducendo gli occhi a due fessure.
Merida la guardò basita, colpita da quell’improvvisa arroganza con cui la ragazza l’aggredì.
Avendo un carattere combattivo, se solo avesse potuto farlo, Merida si sarebbe rivoltata e le avrebbe risposto a tono.
Ma non era nelle condizioni più adatte per scatenare un litigio.
-Non è compito dei Cavalieri decidere… -intervenne Hiccup guardando la moglie negli occhi, facendola arrossire di rabbia ancora di più.
Quella frase, la bionda, se la legò stretta al dito e forse il ragazzo se lo doveva immaginare; ma ormai, litigio in più o litigio in meno, non faceva differenza e non gli importava nemmeno più.
-Principessa Merida… perdoni l’intervento inopportuno di Astrid Hofferson. –disse Valka sorridendole pazientemente.
La rossa fece un cenno comprensivo con la testa ed aspettò una risposta decente alla sua richiesta.
-Vede principessa… il suo regno un anno fa è entrato in guerra; Berk un anno fa è stata quasi distrutta da un attacco improvviso, dove mio padre perse la vita. La storia è molto lunga, ma deve sapere che la nostra città deve ancora rimettersi in piedi ed è difficile affrontare una guerra nelle nostre condizioni… purtroppo non abbiamo un esercito numeroso come altri regni. –disse Hiccup grattandosi il capo.
-Non sarete numerosi, signor Haddock, ma siete indiscutibilmente potenti. –affermò Merida abbozzando un sorriso.
-I draghi non sono solo da considerare armi da guerra, principessa… sono creature che abbiamo protetto da anni e con cui siamo riusciti a costruire un rapporto equilibrato e fiducioso solo convivendo in pace. –disse Valka mettendo una mano sulla spalla del figlio.
-Non vedo assolutamente i draghi solo come arma… nonostante io non ne abbia mai visto uno, sono consapevole che sono creature da rispettare come tutte quante. Solo che… ecco…- balbettò la rossa tirandosi nervosamente una ciocca riccioluta di capelli.
Hiccup e Valka la guardarono interrogativamente, mentre diventava sempre più rossa e imbarazzata.
-Ecco… questa guerra richiede forze molto più… grandi e potenti… di un semplice uomo con una spada in mano…- biascicò imbarazzata.
Hiccup e sua madre si guardarono un attimo indecisi sul da farsi, quando Merida, colta dal panico, scoppiò in una confessione che proveniva direttamente dal cuore e che non fu modificata dai paroloni formali.
-Signor Haddock… signora Valka… il mio regno è in pericolo e io non voglio che venga distrutto… che la mia famiglia venga distrutta. Se non fosse scoppiata questa guerra non sarei venuta qui a disturbarvi, a chiedere di levare alti i vostri draghi nel cielo della battaglia… ma è l’unica cosa che può salvare Dunbroch dalla distruzione. Per favore… il vostro sforzo verrà chiaramente ricompensato… in monete d’oro… in merci per l’inverno… in tutto quello che vorrete! Mio padre si è rivolto a voi… a vostro padre… poiché nonostante i rapporti si siano rotti o siano diventati difficili… sapeva di poter contare su un grande, vecchio amico. È una guerra…ovvio… non sarà facile affrontarla; ma uniti e con i vostri draghi che ci proteggeranno dal cielo, sono sicura che si potrà porre la parola “fine” a tutta questa follia. –concluse lei con le lacrime agli occhi.
Hiccup rimase stupefatto da tutte quelle parole, ma ne rimase turbato.
Suo padre e il re di Dunbroch… si conoscevano?
-Ok ok non si agiti principessa… quanto tempo abbiamo per decidere? –chiese Valka sorridendo dolcemente.
-Poco… purtroppo… -sussurrò la rossa.
-Dateci un giorno. –intervenne Hiccup guardando negli occhi la madre, che annuì con un cenno della testa, poi li ripuntò in quelli di Merida.
-Cercherò di fare tutto ciò che posso, principessa... – disse il ragazzo sorridendole dolcemente.
Merida arrossì e ricambiò quel sorriso con tutta se stessa.
Poco dopo si ritrovò ad annusare l’aria fredda dell’isola, passeggiando nelle strade del paese, assorta nei suoi pensieri; Hiccup invece, si ritirò nella Sala del Consiglio assieme a sua madre, ai Cavalieri e a tutte le autorità di Berk e rimase chiuso lì dentro fino al tramonto.
Il destino di Berk e la salvezza di Dunbroch, erano esclusivamente nelle sue mani.
 

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Capitolo 8
*** COLD WIND AND WARM EMOTIONS ***


∞COLD WIND AND WARM EMOTIONS ∞
 
Quella sera, Merida mangiò poco; più che altro giochicchiò col cibo mentre tutto l’equipaggio schiamazzava all’interno della cucina della nave.
Più e più volte il capitano le andò vicino per vedere se stava bene, ma la risposta era sempre “certo che sto bene! Sono solo stanca, ma ora mi metto a mangiare!”, ma ogni volta che tornava da lei, il piatto era sempre pieno e sempre più scompigliato.
Il suo stomaco era pieno di farfalle, altro che cibo.
Non faceva altro che pensare a Hiccup, ad arrossire e a sorridere al sol pensiero dei suoi occhi smeraldo che la guardavano curiosi.
Di solito la ragazza era molto socievole, ma quella sera l’ambiente chiassoso della nave la soffocava, la innervosiva… e da una parte un po’ le dispiaceva.
Voleva stare un po’ da sola, voleva riflettere… ma non chiusa nella nave.
Dopo un po’ riuscì a sgattaiolare fuori senza essere notata, attraversando tutti gli alloggi correndo rapida e silenziosa verso il ponte di coperta.
Una volta fuori, una fredda aria la investì, facendola rabbrividire; si era dimenticata il mantello ed era uscita sul ponte solo con il vestito azzurro di raso.
Si soffiò un paio di volte nelle mani e poi incrociò le braccia, poi schiacciandosi nelle spalle si guardò un po’ attorno.
Decise di dirigersi verso il ponte di poppa, salendo le scale e sentendo la fredda brezza marina assalirla sempre di più man mano che saliva, giocando tra i suoi ricci capelli rossi.
Non appena fu salita, stretta su se stessa, si trovò davanti ad uno spettacolo meraviglioso: la luna piena faceva brillare il mare nero come se fosse stato un enorme diamante, le onde sembravano prodotte dal dolce respiro addormentato della terra e le stelle luccicavano chiare e limpide nel cielo scuro.
Non si sentiva altro che il rumore del mare calmo, il rumore del vento, lo scricchiolio del legno della nave, lo sbattere incessante del tessuto della bandiera di Dunbroch alle sue spalle e qualche verso di drago in lontananza.
La ragazza sorrise emozionata e posò le mani sul parapetto della nave, inspirando profondamente.
Com’era bella quell’isola… era un panorama diverso da quello della sua terra… sembrava spruzzare libertà e bellezza da tutti gli angoli di terra e di mare.
Sarebbe partita ancora per esplorare, proprio in quel momento, se non fosse perché era lei in quel momento l’autorità della flotta di Dunbroch… non c’erano i suoi genitori a gestire tutto.
Doveva essere autonoma e rispettare per forza delle regole.
Per la prima volta doveva gestire e non essere tutelata; Merida trovava quell’aspetto del viaggio… noioso.
Chissà con che notizie tornerò a casa…” pensò la ragazza sospirando di nuovo.
Era preoccupata per i suoi genitori, rimasti in territorio di guerra… era preoccupata per la sua gente… era preoccupata per i suoi fratelli.
La notizia della morte di Stoick sicuramente avrebbe lasciato suo padre scosso…
Improvvisamente, Merida si sentì osservata.
Anzi, era già da un po’ che aveva quella sensazione, ma non ci aveva badato tanto… fino a quel momento.
Si girò lentamente e si rese conto che, appollaiato sul parapetto dietro alle sue spalle, la stava fissando un drago nero.
Un drago non tanto grosso, ma con un musetto curioso e con due occhi enormi e verdissimi.
Ma nonostante ciò, a Merida scappò un urletto di spavento e cadde in terra, inciampando nel lungo vestito.
Il drago subito sobbalzò vedendo quella strana ragazza agitarsi come un pesce, poi inclinò la testa di lato, emettendo un versetto interrogativo.
Merida annaspando per lo spavento, si rannicchiò tutta contro il parapetto del ponte, non sapendo come comportarsi con quella creatura e si limitò a fissarla e a trattenere il respiro.
Il drago nero rimase un po’ fermo, poi scese dal parapetto avvicinandosi lentamente alla ragazza, facendole emettere ancora un gridolino spaventato.
Non appena fu alla distanza giusta, la creatura avvicinò il muso al collo di Merida e la annusò attentamente; la ragazza si irrigidì tutta e chiuse gli occhi, sentendo le scaglie del drago sfiorarle la pelle.
Sentì un gorgoglio curioso e tranquillo e non appena riaprì gli occhi, si trovò davanti quelli verdissimi del drago che la osservavano attentamente.
Alla ragazza si mozzò il respiro in gola, impaurita ma anche incantata da quegli occhioni splendidi.
Il drago agitò la coda e con sorpresa, Merida notò una protesi di legno e stoffa rossa che completava una parte della coda del drago; le scaglie lucenti della creatura riflettevano la luce della luna e il forte respiro caldo le riscaldava la pelle.
-Sei… bellissimo… -sussurrò lei incantata, abbozzando un sorriso, rimanendo però immobile.
Il drago nero si sedette, sotto lo sguardo divertito della ragazza, poi mosse le grandi ali nere ed emise un deciso verso felice.
Allora quello era un drago.
Il drago che in tutti i libri di Dunbroch era descritto come una creatura potente, distruttiva e indomabile, oltre che perfida.
Il drago che, da piccola, ai suoi occhi assumeva un aspetto grottesco e spaventoso quando la madre Elinor le raccontava le storie; storie che persero pian piano tutto il loro fascino man mano che lei cresceva, rivelandosi fandonie o fantasticherie.
Ma quello che aveva davanti agli occhi non era né una fantasticheria né tantomeno era spaventoso o cattivo; certo, non era a suo agio, ma Merida capì che i draghi oltre che essere reali, erano creature stupende, curiose e intelligenti.
Rilassò un po’ di più i muscoli e sentì il cuore batterle forte nel petto, ma quando il drago le andò vicino di nuovo si irrigidì ancora.
Il muso della creatura cercò la mano di Merida, insistentemente, per poi strusciarcisi sopra con dolcezza; le scaglie erano dure ma estremamente lisce e la ragazza nel vedere quello strano comportamento, rimase stupita.
-Incredibile… -disse improvvisamente una voce che fece trasalire Merida.
Girò gli occhi verso le sartie dell’albero di mezzana e li scorse una figura seduta sulle corde, che ondeggiava lentamente e che guardava la scena con un’espressione incredula, con un quaderno aperto sulle ginocchia.
-Oh mi scusi principessa, non la volevo spaventare! –disse Hiccup arrossendo e abbozzando un sorriso.
Merida rimase un attimo impietrita, sia per il drago che per essersi trovata improvvisamente Hiccup nei paraggi, guardando il ragazzo con gli occhi spalancati.
-È solo che non lo avevo mai visto comportarsi così con un estraneo…-disse lui, indicando il drago, che per tutta risposta continuava tormentare la mano di Merida.
-Questo drago… lo conosce? –chiese la rossa stupefatta.
-Certo! Lui è Sdentato, e oltre ad essere il mio drago… è anche il mio migliore amico.
Merida socchiuse le labbra e guardò di nuovo il drago.
-Sdentato…? - ripetè lei un po’ confusa.
Il drago rizzò le scaglie sulla schiena ed emise un verso contento.
-Guardi… gli piace! –disse divertito il ragazzo, chiudendo il quaderno e riponendo la matita in un supporto apposito nell’armatura.
Detto ciò, con un abile salto scese dalle sartie ed atterrò vicino al drago, che lo guardò tutto contento, mugugnando.
La protesi nuova era stata un toccasana per Hiccup, che non oscillava più da una parte all’altra, ma era in un equilibrio perfetto.
-Su Sdentato, ora sta buono! Non devi importunare le principesse! – disse Hiccup cercando di far calmare il drago, tutto contento e scodinzolante.
Merida si tirò su in piedi, sistemando una ciocca riccioluta dietro l’orecchio.
-Signore… cosa ci fa qui? –chiese lei arrossendo come un peperone.
-Volevo venire a farle i miei ringraziamenti, visto che… lei oggi mi ha salvato nel bosco. –disse lui immergendosi negli occhi acquamarina della ragazza.
-Oh… Oh! Ma si figuri signore! Piuttosto dovrebbe perdonare me se le ho teso l’arco addosso…
-E io la spada. –disse lui sorridendo divertito, guardando la giovane principessa arrossire sempre di più.
-Ma no… non si deve scusare! Davvero! L’importante è che lei stia benETCIÙ!!! – Merida improvvisamente starnutì forte, facendo appena in tempo a coprirsi la bocca con la mano e facendo sobbalzare Sdentato.
-Mi scusi, mi perdoni, non volevo! –iniziò a ripetere Merida al culmine dell’agitazione e dell’imbarazzo, agitandosi come una foglia nel vento, girandosi verso il parapetto.
Stavolta non poteva scappare…
Non fece in tempo a dire altro che sentì qualcosa di pesante e morbido avvolgerle le spalle.
-Non dovrebbe uscire di sera senza mettersi qualcosa addosso, specialmente in questa stagione, principessa. – disse Hiccup sistemandole il suo mantello addosso.
Merida sentì un gran calore avvolgerle il corpo freddo e guardò gli occhi del ragazzo con imbarazzo.
-Ma signore e lei? Non può rimanere al freddo per me! Davvero, non si preoccupi! –disse lei cercando di ridare il mantello al giovane, che però glielo rimise abilmente sulle spalle, sorridendole.
-Sono un vichingo, certo, ma non sono così buzzurro da lasciare al freddo una principessa! Io sono abituato a stare al freddo, poi questa armatura tiene abbastanza caldo! – disse lui ridacchiando sommessamente.
Merida lo guardò per un attimo negli occhi e sorrise, arrossendo timidamente.
-Grazie signor Hiccup…- disse lei, rabbrividendo nel mantello.
Lui le sorrise dolcemente, coccolando Sdentato.
-Mi dica, principessa, come è arrivata nel bosco? Cioè… come è arrivata fin là?? –chiese Hiccup.
-Ecco io… - balbettò lei sentendo il panico salirle su per la schiena.
-HICCUP!!!! –chiamò improvvisamente una voce lontana.
Trasalirono tutti e tre, in particolar modo Hiccup in questione, che sospirò malinconicamente passandosi una mano sul volto.
Merida, dal canto suo, tirò un silenzioso sospiro di sollievo.
Le sembrava stupido raccontare dei fuochi fatui, aveva paura di apparire pazza o altro… specialmente ai suoi occhi.
-Mi dispiace principessa, ma purtroppo devo andare… mi dispiace davvero tanto. –disse lui sforzandosi di sorriderle dolcemente, per coprire la rabbia che gli stava salendo nel petto.
-Oh non si preoccupi signor Hiccup… se la stanno chiamando, sarà per una questione importante! –disse Merida ricambiando il sorriso.
Già… importante…
Astrid lo chiamò di nuovo.
Hiccup fece un inchino profondo, dando un ultima dolce occhiata a Merida, poi salì sul dorso di Sdentato facendo scattare l’attacco per la protesi.
La rossa spalancò la bocca e guardò entusiasta il ragazzo.
-Per Odino ma voi… cavalcate i draghi?? –chiese stupefatta.
Hiccup sorrise guardandola negli occhi.
-Lunga storia, principessa, domani se troveremo il tempo, le spiegherò tutto quanto. –disse afferrando le briglie sotto lo sguardo incredulo di Merida.
-Buonanotte, principessa Merida… a domani. – sussurrò Hiccup prima di gettarsi nel vuoto con Sdentato.
Merida si affacciò al parapetto e vide Sdentato prendere quota e levarsi alto nel cielo, sbattendo le enormi ali nere, sfidando le correnti; sentiva il cuore che batteva, emozionata da quell’ inaspettata sorpresa.
Dopo poco, Sdentato e Hiccup sparirono dalla sua visuale, lasciandola sola sul ponte di poppa, avvolta in quel caldo e morbido mantello, in cui Merida si strinse rabbrividendo di felicità, sentendo il profumo pungente e dolce della pelle del ragazzo.
-A domani, signor Hiccup…
 
 
-SPAZIO CHIACCHIERE :D –
Ciao a tutti! :)
Ho messo tanto impegno nel scrivere questi ultimi 3 capitoli, affaticata anche da questo caldo intollerabile che non mi lascia ossigenare bene il cervellino! @_@
Ma nonostante ciò, immergendomi nella fredda isola di Berk, sono riuscita a far incontrare per bene (si, all’incirca XD) i due protagonisti!
Devo dire che la parte più difficile da scrivere, oltre il capitolo “Hearing” (Udienza) per l’uso di paroloni epici\formali, è stato l’incontro sulla nave, poiché faccio un enorme fatica a descrivere in modo equilibrato le emozioni dei miei personaggi senza sottolineare più e più volte l’imbarazzo, o il batticuore, o il formicolio o tutte quelle cose che hanno a che fare con le farfalle nello stomaco! XD
Stavolta ho cercato di calibrarmi e devo dire che non sembra essere venuto male XD
Ok ragazzi sto decisamente sclerando, perdonate questa imbarazzante e insensata spiegazione XD
Vi lascio in sospeso con questo dolcissimo capitolo tutto a sfumature MERICCUP, per darvi appuntamento alle prossime puntate che pubblicherò a breve (Sperando di non morire prima essiccata come un baccalà ^-^’).
Fatemi sapere se vi piace la storia, sono ben lieta di ascoltare consigli o semplicemente di sapere un vostro parere! :D
Un bacio e un abbraccio,
The_red_Quinn_of_Darkness

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Capitolo 9
*** FISH AND APPLE ***


∞FISH AND HAPPLE∞
 
Quando Hiccup aprì gli occhi, vide il muso sfocato di Sdentato che lo guardava con le orecchie alzate.
-Oh… Sdentato… che ci fai qui in camera…? –mormorò Hiccup stropicciandosi gli occhi con le mani, poi sentì tutta la schiena indolenzita e mettendosi a sedere, si rese conto di essere sul pagliericcio della stalla del suo amico, con una sua ala distesa a modi coperta su di lui.
Rimase un attimo perplesso, sentendo il drago emettere suoni quasi come se stesse ridacchiando.
-O cosa ci faccio io qui... –borbottò innervosito, accecato dalla luce del mattino.
Ora ricordava: lui e Astrid avevano litigato anche quella sera, e il litigio finì con lui sbattuto fuori dalla porta della sua stessa casa.
-Ok, è ora di dire due paroline alla mogliettina isterica…- ringhiò lui, cercando di mettersi in piedi nel migliore dei modi, distendendo i muscoli della schiena.
Quella di ieri sera, fu in parte una scenata di gelosia… una delle peggiori.
Per prima cosa gli rinfacciò, come previsto, la frase detta all’udienza: “Come osi sminuire tua moglie durante un udienza??? Ti ricordo che fino a un anno fa anche tu eri un MISERO Cavaliere dei Draghi, quindi i miei interventi nelle udienze valgono tanto quanto i tuoi, a maggior ragione che sono tua moglie, dannazione!! Non liquidarmi mai più in un modo simile, se no giuro che la prossima volta ti riempio di botte Haddock!!!!”.
Poi, gli rinfacciò le occhiatine alla principessa: “Poi come ti permetti di scambiare sguardi languidi con quella?? Sarà anche una principessa, ma io sono tua moglie, capito?? Non ti devi concedere un lusso simile, specialmente davanti a me, che sono mesi che cerchi di evitarmi! Guai a te, Hiccup, se becco ancora tu e quella… PRINCIPESSA… a scambiarvi occhiatine fugaci, è la volta che ti faccio perdere anche la seconda gamba!!!”.
Ed infine gli rinfacciò “l’inutile buonismo”, a parer suo, di lui e sua madre: “Secondo la tua testa, Haddock, come potrebbe Berk affrontare una guerra ora, eh??? Non è stato già abbastanza difficile per te arrivare fino a qui??? Ti atteggi tanto da capo razionale, poi nel momento in cui arriva una … STRANIERA… da lontano, ti fa un paio di occhioni dolci e ti chiede un’alleanza provvisoria per una guerra in cui noi non centriamo, tu cosa fai? Ci pensi su!!! Tu e tua madre siete due inutili buonisti, dovreste più avere a cuore Berk che il vostro onore o il vostro senso di giustizia ed essere più rigidi con gli altri popoli, senza cercare di risolvere i problemi degli altri!!!!!”.
E tutto ciò bastò per lasciarlo fuori di casa.
Hiccup si sistemò i capelli castani alla bell’e meglio e poi, seguito da Sdentato, scostò la tenda della stalla con decisione.
Un cielo grigio e carico di pioggia si estendeva su Berk, un aria secca e fredda gli graffiava il viso, il mare era agitato e si sentivano grossi tuoni in lontananza; ma con stupore, notò che questa minaccia di incombente tempesta non turbava minimamente un gruppo di abitanti intenti a battere le mani e ad esultare poco più avanti, dove scorse sua madre Valka, Moccicoso e gli altri suoi amici.
Sdentato subito mormorò interrogativamente, poi la sua attenzione venne catturata da una decina di pesci freschi accatastati in un cesto fuori dalla sua stalla.
Hiccup poi mosse qualche passo verso la madre Valka, immerso nei suoi pensieri; quando la donna si girò e vide il figlio, sfoderò i denti bianchi in un sorriso dolcissimo e si distaccò dalla folla andandogli incontro.
-Hicc! Ben svegliato! – disse accarezzandogli una guancia.
-Fosse stato un bel risveglio… -bisbigliò sentendo ancora la schiena indolenzita.
-In che senso, tesoro? Che è successo?
-Ti spiegherò dopo mamma… oh, comunque grazie per aver portato il pesce a Sdentato stamattina! – disse il ragazzo sorridendole.
Dopo un sacco di ipotesi, aveva dedotto che non poteva essere stata che sua madre a fare un gesto così dolce; ma la donna lo guardò sorridendo e scosse la testa.
-Non sono stata io Hicc... –disse lei guardandolo negli occhi.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi e si grattò la testa pensieroso.
-Come no? Se non sei stata tu, allora chi può essere stato?
La donna gli sorrise e poi indicò in una direzione ben precisa; una direzione che, scavalcato tutto l’ammasso di gente davanti, indicava proprio una massa di riccioli rossi che rideva contenta al centro di quel cerchio esultante e curioso.
La principessa stava insegnando a tirare con l’arco ai bambini di Berk, con pazienza e bravura, sotto gli sguardi soddisfatti dei cittadini e dei suoi amici.
-Merida? –chiese lui socchiudendo le labbra stupito.
Valka annuì con occhi felici.
-L’ho vista scendere dalla nave all’alba, inoltrarsi nel bosco e dirigersi verso il lago e così l’ho seguita; è stata un ora intera con i piedi nell’acqua e la veste zuppa a catturare pesci.
Poi, vedendola in difficoltà a riportare indietro il cesto, ho deciso di aiutarla e così… abbiamo chiacchierato un po’. –disse lei sorridendo, poi mettendo un braccio sulla spalla del ragazzo, continuò.
-Sapessi come è arrossita quando ha detto che quei pesci erano per Sdentato! Mi ha chiesto di condurla alla stalla perché non sapeva quale fosse!
Hiccup non parlava.
Non aveva parole ed arrossiva sempre di più nel vedere il sorriso felice che si apriva sulle rosee labbra di Merida; pur semplice e gentile che sia stato quel gesto, Hiccup lo reputava stupendo.
Valka sorrise e si allontanò ridacchiando soddisfatta.
Gli occhi dei due si incontrarono, tra tutta quella gente, e Merida bloccò per un secondo tutto il suo entusiasmo, sistemando una ciocca rossa dietro l’orecchio, sorridendogli timidamente.
In quel momento, Hiccup sentì delle gocce bagnargli il viso e un ticchettio che stava diventando sempre più forte; il temporale era arrivato e tutte le persone presenti iniziarono a ritirarsi nelle loro case, salutando la principessa con un dolce sorriso.
Merida riprese il suo arco e si diresse verso Hiccup, noncurante della pioggia che le bagnava sempre di più i capelli.
-Signor Hiccup! Buongiorno! –disse lei sorridendo con un brillio felice negli occhi ghiacciati.
-Buongiorno a lei principessa! Le devo dei ringraziamenti… Sdentato è stato molto contento per la colazione... e io molto piacevolmente sorpreso per il gesto carino. –disse Hiccup grattandosi la testa bagnata imbarazzato.
Merida fece per parlare, ma Moccicoso la interruppe bruscamente sventolando una mela rossa in aria con aria di sfida.
-Ehi, principessa Merida! Vediamo se riesce a prendere questa! –urlò da lontano, prendendo la rincorsa e lanciando verso di lei la mela tondeggiante.
Con una rapidità impressionante Merida incoccò una freccia, prese velocemente la mira e quando ormai la mela era a raso terra, venne trafitta al centro dalla lunga freccia.
Hiccup non riuscì a focalizzare l’azione perché fu colto alla sprovvista e, girandosi, vide solamente la freccia conficcata nella mela e nel terreno dietro di lui, rimanendo a bocca aperta.
Ecco come probabilmente aveva catturato tutta la colazione di Sdentato.
Merida si voltò verso Moccicoso con un sorriso beffardo sulle labbra e un sopracciglio alzato, ammirando con malizia il volto traumatizzato dell’arrogante Cavaliere dei Draghi.
-Perdoni la sgarbatezza, principessa… passi una buona giornata!!! –disse poi lui scappando via, coprendosi frettolosamente con il mantello per evitare di bagnarsi.
Merida estrasse la freccia con la mela dal terreno e si lasciò scappare una risata soddisfatta.
-Hahahah, passi una buona giornata anche lei signor Moccicoso!! Alla prossima sfida!!! Hahaha!!! –disse lei ma non appena si girò verso Hiccup e si trovò sotto lo sguardo sbalordito del ragazzo, si ricompose arrossendo come un peperone e si schiarì la voce.
-Ehm… vuole una mela? –disse lei tendendogli la freccia con la mela, sorridendo imbarazzata.
Hiccup rimase un attimo zitto, poi scoppiò in una risata divertita e sfilò la mela.
-Grazie principessa! Effettivamente lo stomaco iniziava a brontolare un po’!
I due ragazzi risero, tutti bagnati, sotto la pioggia; stavano bene… erano felici.
Hiccup, oltre che essere finalmente riuscito a sapere l’identità della ragazza del suo sogno, stava iniziando a sentire un’enorme tepore scaldargli l’animo e il cuore, che iniziava pian piano a sciogliergli il ghiaccio che lo aveva congelato mano a mano che il rapporto con Astrid andava scemando.
Merida, invece, era la ragazza più cotta di qualsiasi altra cosa sulla faccia della terra, anche se sapeva benissimo che c’era un sacco di strada ancora da fare; non le importava… perché finalmente poteva guardarlo davvero in quegli occhi smeraldo, che l’avevano rattristata ed emozionata per anni…
-Principessa Merida!!! –urlò il capitano, andandole incontro con un mantello per coprirla.
La ragazza alzò gli occhi al cielo e guardò dispiaciuta Hiccup, che per tutta risposta le sorrise dolcemente.
-Un po’ per uno, che ne dice? –disse lui facendosi scappare una risatina.
-Oh santo cielo è tutta bagnata!! Se non sta attenta si prenderà un raffreddore, caspiterina… Oh salve signor Hiccup! Perdoni l’interruzione ma non vorrei che la principessa si prendesse un malanno…- balbettò il capitano, calcando il mantello sopra la testa della ragazza che si lamentava cercando di spostarlo per respirare almeno un pochino.
-Non si preoccupi signor capitano, capisco perfettamente! Sarebbe un guaio se la principessa si ammalasse… -disse lui guardando di sottecchi il viso rosso di Merida che spuntava da sotto il mantello.
Il ragazzo si passò una mano sul viso bagnato e poi tornò a sorridere alla ragazza.
-Allora, principessa, ci vediamo oggi nel tardo pomeriggio alla Sala del Consiglio! A dopo e… grazie ancora per tutto e per la mela! –disse lui sorridendo, poi si girò e si diresse verso casa dopo essersi gustato il timido sorriso di Merida.
-Andiamo principessa, il temporale sta peggiorando! Le ho fatto preparare un bagno caldo, sarà di suo gradimento, vedrete! – disse il capitano, trascinando la ragazza verso la nave.
Merida si continuava a girare, cercando con i suoi occhi lo sguardo di Hiccup; ma lui era già sparito… in compenso notò Valka accucciata vicino a Sdentato, coperta gentilmente da una sua ala nera, che le sorrideva dolcemente.
La ragazza rimase un attimo spiazzata, poi però ricambiò il sorriso facendole un saluto con la pallida mano.
Valka accarezzò dolcemente il muso del drago, che la guardò con gli occhioni attenti.
-Sdentato… penso proprio che quella ragazza stravolgerà finalmente la triste quotidianità del tuo padrone… ne sono sicura…- sussurrò guardando il drago negli occhi.

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Capitolo 10
*** THE NIGHT ***


∞THE NIGHT∞
 
Dopo quasi un’ora di udienza nella Sala del Consiglio, dopo essersi ormai consumata la pazienza a furia di sentire dibattiti su dibattiti nonostante il giorno prima si fosse parlato anche abbastanza, dopo essersi morsa più e più volte la lingua per non intervenire bruscamente nel discorso, finalmente arrivarono le fatidiche parole che tanto aspettava:
-Principessa Merida, Berk accoglie la sua richiesta di alleanza provvisoria. –disse Hiccup sorridendo alla vista degli occhi felici della ragazza, che si trattenne dall’esultare come una bambina in mezzo a tutta la Sala, diventando sempre più rossa dall’emozione.
-Oh grazie!! Grazie signor Haddock! Grazie signora Valka! Grazie a tutta Berk!! –disse Merida con gli occhi lucidi.
-Però… Berk e i Cavalieri dei Draghi richiedono qualche giorno di tempo per prepararsi al meglio. –intervenne Valka.
-Certo! Tutto il tempo che volete! Oh per Odino, non ci credo… -disse la principessa ormai al culmine della felicità, con le lacrime agli occhi.
Hiccup non faceva altro che sorriderle, guardandola mentre quasi saltellava sul posto senza degnare di uno sguardo il capitano che cercava di farle tenere un contegno.
Merida in quel momento si sentiva al settimo cielo.
C’era riuscita.
Era riuscita ad ottenere l’alleanza che, forse, avrebbe salvato Dunbroch dalla distruzione.
In quel momento avrebbe tanto voluto che i suoi genitori fossero lì, sia per festeggiare con lei ma anche per dimostrare a loro che ormai sapeva gestire determinate cose e che non era più una bambina, ma una principessa che era pronta a fare tutto per salvare il proprio paese.
Sentiva le mani fremere dall’emozione e l’adrenalina scorrerle nelle vene, elettrizzandola come non mai.
Nel frattempo, fuori imperversava una tempesta con i contro fiocchi: tuoni fortissimi, vento, lampi, fulmini, pioggia torrenziale.
Ma alla principessa non importava proprio.
Il capitano si scosse e si diresse verso la ragazza che continuava a sorridere compulsivamente a Hiccup e ai presenti nella Sala, mettendole una mano sulla spalla.
-Con permesso, signor Haddock, noi ci ritireremmo nella nave, poiché ormai si è fatto tardi ed è arrivata l’ora di cena per tutti quanti…- disse il capitano sorridendo al ragazzo.
Merida per tutta risposta roteò spazientita gli occhi azzurri, rabbuiandosi pericolosamente come il cielo di Berk.
-Certo signor capitano. Vi auguro una buona cena, principessa Merida. –disse Hiccup sorridendo dolcemente alla rossa, facendole scomparire immediatamente quel broncio.
La ragazza arrossì tutta, sotto gli occhi verdi e divertiti del ragazzo che le fece un cenno del capo per salutarla, mentre in tutta la Sala del Consiglio si levò un vociare agitato e confuso.
Quella sera, sulla nave di Dunbroch, quasi non si riuscì a mangiare.
Le onde e il mare agitatissimo permettevano un equilibrio tale per vedere piatti, cibo e persone sballottare da una parte all’altra dei tavoli, accompagnati da un sinistro scricchiolio proveniente dal legno della nave.
-Per Odino, che serata tremenda! –intervenne il capitano, aggrappandosi a una delle panche per non scivolare via, inciampando in un marinaio accovacciato a terra che era intento a non cedere alla nausea.
Merida sentiva lo stomaco in subbuglio e la testa non le smetteva di girare come una trottola, sentiva l’umidità entrarle nelle ossa e quella strana brodaglia che strabordava nel suo piatto non le sembrava poi così tanto invitante; il cuoco di quella nave era pessimo e per di più l’odore della cabina mensa era diventato insopportabile.
La ragazza si alzò e con quel suo strano portamento, regale ma non troppo, si sistemò l’arco sulla schiena e si avviò sbattendo da una parte all’altra verso le sue stanze.
“Ma chi diavolo me lo fa fare di rimanere qui dentro?”
Ma non appena arrivata nella sua stanza, Merida non seppe se fosse stato meglio rimanere in mensa o meno: oggetti che cadevano, sbattevano, volavano, rotolavano in un frastuono tremendo ed un movimento nauseabondo.
-Oh ma dai! –si lamentò la ragazza continuando a sgambettare sul legno scricchiolante.
Improvvisamente sentì un forte dolore alla testa, le ginocchia cedettero e sbatterono sulle assi e la sua guancia venne accarezzata dal ruvido e umido pavimento; piano piano vide tutta la stanza sfumare ed oscurarsi sempre di più, fino a che non sentì più nulla.
Quella tranquilla giornata di festeggiamenti, si concluse in modo inaspettato: le fiamme avevano sparso il panico in mezzo all’equipaggio e ormai avevano avvolto la parte superiore della poppa; erano alte, bollenti e il fumo era diventato fitto e soffocante, ma nonostante ciò il capitano della nave si buttò in una corsa frenetica contro il tempo verso la stanza di Merida.
Non l’aveva vista uscire, non aveva sentito la sua voce gridare, non aveva la certezza che la ragazza si fosse accorta di ciò che stava accadendo.
Mentre spalancò la porta della stanza con un forte calcio, il capitano sperò solo di non trovarla già morta soffocata o, peggio ancora, bruciata viva.
Nella Grande Cabina guizzavano lingue di fuoco e le fiammelle avevano iniziato a bruciare il letto a baldacchino, facendolo scricchiolare rumorosamente; il puzzo di stoffa e legno bruciati era intenso, ma non tanto da riuscire a svegliare Merida, stesa sul pavimento priva di sensi.
-PRINCIPESSA!!! – urlò il capitano sentendo lo stomaco stringersi in una morsa quasi glaciale, per la situazione in cui si ritrovava.
Si precipitò verso di lei e dopo essersi legato addosso l’arco della ragazza come meglio poteva, la prese in braccio e ritornò a sfidare le fiamme alte, attento che non accadesse nulla a Merida.
Gli occhi bruciavano e lacrimavano, il fumo gli grattava la gola con quelle unghiacce invisibili e affilate, le travi di legno bruciate del soffitto minacciavano di cadergli addosso da un momento all’altro, aprendogli un buco in testa; quella parte di nave, che con il tempo era arrivato a conoscere alla perfezione, gli parve un intricato labirinto rovente che gli scottava la pelle e gli bruciacchiava i capelli scuri.
Solo nel momento in cui fu arrivato fuori, il più lontano possibile dall’incendio, sul ponte di coperta, si lasciò cadere stremato in terra con le gambe intorpidite e con la tosse che gli squarciava il petto.
Ma non gli importava: la principessa era salva, a parte qualche scottatura, qualche graffio e qualche scheggia nelle mani.
In mezzo alla confusione e alle urla, sentì dei ruggiti provenire dal cielo e nel momento in cui alzò la testa, vide gli abitanti di Berk e i Cavalieri che collaboravano con gli altri marinai per spegnere l’incendio gettando su di esso grossi secchi d’acqua salata.
Tirò un sospiro di sollievo e strinse a sé la ragazza con ancora il fiatone e il cuore che correva come un cavallo impazzito: quella sera, l’albero di mezzana fu colpito da un fulmine, prendendo fuoco, e da lì le fiamme si diramarono velocemente in tutta la poppa della nave.
Il capitano ringraziò più volte il cielo che quel fulmine cadde mentre ancora quasi tutti erano svegli e non nel bel mezzo della notte, se no in quel momento ci sarebbe anche il puzzo di pelle bruciata e uomini dell’equipaggio in fiamme o intrappolati dentro.
Sentì un forte sbattere d’ali e un tonfo gli fece alzare gli occhi lucidi e arrossati.
-CAPITANO!!!- urlò Hiccup scendendo da Sdentato, seguito da Valka e Saltanuvole.
Il ragazzo gli corse incontro e si accucciò accanto a loro, allarmato dal corpo immobile e dal vestito bruciacchiato di Merida.
-Ha perso i sensi signor Haddock… portatela al sicuro, ve ne prego… -disse il capitano con voce roca e spezzettata da colpi di tosse.
Valka scese dal drago rosso e si diresse verso Hiccup che, con mani tremanti, prese in braccio Merida.
-Capitano il fumo l’ha intossicata… - sussurrò la donna osservando e sfiorando il volto rosso dell’uomo che riprese a tossire violentemente.
-Avanti Hiccup, occupati di lui e dell’equipaggio; io porto Merida a casa mia e appena l’ho sistemata, torno da te. - disse la donna con tono autoritario, coperto da un velo di agitazione.
Il ragazzo aiutò la madre a caricare la principessa su Saltanuvole, poi vide il grosso drago levarsi nel cielo e dirigersi verso il centro di Berk; la testa di Hiccup vorticava e il cuore riprese a battere nel momento in cui lasciò quel corpo così esile e fragile nelle mani di Valka.
Scosse la testa e aiutò il capitano a rialzarsi, mentre la pioggia torrenziale tornò a cadere fitta come poco prima dell’incendio.
Fra un colpo di tosse e l’altra, l’uomo aiutato dal giovane riuscì finalmente a toccare l’erba bagnata della terra, accasciandosi al suolo stremato.
-Capitano… l’incendio si sta iniziando a spegnere…- sussurrò Hiccup inginocchiandosi e mettendogli una mano sulla spalla, osservando le fiamme che si abbassavano sempre di più.
L’uomo volse uno sguardo al legno nero e bruciato della sua amata nave e sentì una cappa di tristezza piombargli addosso.
-Sa, signor Hiccup? – mormorò.
Il ragazzo lo guardò, cercando di asciugarsi le gocce di pioggia che gli colavano silenziose sul volto.
-Credo proprio che anche noi abbiamo bisogno di qualche giorno di tempo prima di partire…
Hiccup guardò le ultime fiamme smettere di mordere e mangiare con così tanta voracità il legno della nave e si passò una mano nei capelli bagnati, annuendo sommessamente.
-Già… penso che abbia ragione, signor Capitano…
 
 
-SPAZIO CHIACCHIERE :D
Buongiorno a tutti! ;)
Finalmente sono riuscita ad andare avanti con questa ff XD
Diciamo che per un po’ sono stata occupata con le mie vacanze (U_u) e non ho messo mano al pc se non per andare avanti un po’ a pezzetti.
Ma con grande gioia appena entrata su efp, ho visto che le visite e le letture sono salite e devo dire che è stata una bella sorpresa! *-*
Grazie, grazie a tutti voi che leggete e grazie a chi ha commentato, chi commenta e chi (spero) commenterà! J
Come sempre, consigli e pareri sono sempre ben accetti!!:)
Signori, vi lascio al prossimo capitolo ringraziandovi ancora una volta <3
Un bacio e un abbraccio,
The_red_Quinn_of_Darkness

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Capitolo 11
*** SCENT OF BAD LUCK? ***


∞SCENT OF BAD LUCK?∞
 
Ricordi sfocati… sussurri sommessi… voci lontane.
Ecco ciò che a malapena Merida vedeva nel suo inconscio; da quando aveva perso i sensi nella Grande Cabina, l’unica cosa che poteva dire di ricordare era solo un profumo…
Un profumo intenso, dolciastro e speziato confuso dall’odore di pioggia, cuoio e metallo.
Merida sbattè piano piano le palpebre e mosse una mano, sentendo delle lenzuola morbide accarezzarle le dita; cercò di tendere il più possibile i muscoli del suo corpo indolenzito inspirando profondamente deliziata da quel morbido tocco.
Non si ricordava che il letto della nave fosse così comodo…
Sentì una mano accarezzarle dolcemente la guancia e la ragazza si girò di scatto, colta alla sprovvista.
-Ben svegliata principessa. –disse Valka sorridendole dolcemente.
La ragazza provò ad alzarsi, ma una forte fitta di dolore alla nuca la fece tornare stesa sul letto.
-Non si sforzi principessa, non va bene! –disse Valka sistemandole le coperte.
-Cos’è successo? Dove sono? –chiese Merida frastornata, realizzando improvvisamente che quella non era la sua stanza.
Valka le sorrise con un velo di malinconia negli occhi.
-Ha preso una forte botta nella nuca… È mattina inoltrata e si trova nella camera da letto della mia casa, principessa…Non penso le farà piacere sapere cosa è successo… ma io sono qui per spiegarle tutto. –disse lei alzandosi dalla sedia ed andando verso un tavolo poco distante dal letto.
Merida aggrottò le sopracciglia rosse cercando di mettere in fila tutto quel turbine di parole; mentre la donna era intenta a versare una profumata zuppa di carne in una ciotola, la ragazza notò che qualche goccia cadde sul taccuino che vide nelle mani di Hiccup qualche sera prima.
-Signora Valka, quello- non fece in tempo a finire la frase che già la madre di Hiccup si agitò come un gatto.
-Oh per Odino, grazie principessa! Dannazione ma che ci fa questo qui? Molto probabilmente se l’è dimenticato qui Hiccup qualche ora fa… Sa, se sporco il suo quaderno di disegni, mi potrebbe uccidere! –disse ridacchiando, mentre ripuliva la copertina ruvida e marrone di quel quadernetto.
Merida sentì un tuffo al cuore e spalancò gli occhioni ghiacciati.
-Qualche ora fa? Il signor Hiccup è stato qui? –chiese quasi a bocca aperta.
-Si principessa, ha vegliato su di lei per tutta la notte… più o meno come anche io ho fatto col suo Capitano! –disse lei ridacchiando al ricordo della divertente nottata passata con quello strano uomo che non smetteva più di tossire ed agitarsi e della sua faccia schifata alla vista dello sciroppo balsamico di erbe.
Merida arrossì violentemente, prendendo tra le mani la ciotola fumante che la donna le stava porgendo, provando un certo imbarazzo nell’immaginarsi la situazione; Valka poi si sedette sulla sedia vicino al letto e sfogliando il taccuino del figlio, sorrise alla ragazza che la osservava seduta sul letto con gli occhioni.
-Mangi con calma quello che si sente e si rilassi… dopo le spiego tutto; sa non fa bene agitarsi mentre si mangia. –sussurrò lei dandole un occhiata furbetta.
Merida annuì e iniziò a mangiare quella profumata e calda zuppa di carne, che già dal primo boccone conquistò la principessa; non aveva mangiato tanto in quei giorni, sempre per il fatto che la cucina brodosa e unta del cuoco della nave molto probabilmente piaceva solamente all’equipaggio, perciò quella zuppa fumante sembrava proprio una manna dal cielo che gustò fino all’ultimo cucchiaio.
Valka sorrideva guardando i disegni accurati di Hiccup e accarezzando una pagina dopo l’altra, ad un certo punto Valka si bloccò e guardò di sottecchi Merida, intenta a leccarsi i baffi dopo aver finito di mangiare quella meraviglia.
-Mi… mi scusi signora Valka ma… era davvero deliziosa questa zuppa! –disse la principessa arrossendo, pensando che la donna fosse rimasta perplessa per quel comportamento.
-Oh non si preoccupi, non sono una persona che bada ai formalismi sa, principessa? A dire la verità mi fa strano anche quando mi dà del “lei”! Ero immersa nei miei pensieri! –disse la donna chiudendo il taccuino e tornando a guardare gli occhi ghiacciati della ragazza.
-Ma ora, Merida, è arrivato il momento di parlare di cose serie… -disse Valka inspirando profondamente.
La rossa si rizzò sulla schiena, nonostante la testa pulsasse di dolore.
Valka spiegò tutta la nottata alla principessa, gesticolando nervosa e notando gli occhi di Merida che diventavano silenziosamente sempre più lucidi; nonostante avesse sottolineato più volte che il capitano e l’equipaggio stavano abbastanza bene, qualcosa comunque non andava.
Raccontò del forte boato del tuono, delle urla dei marinai, delle fiamme alte che divoravano con grandi fauci la nave, dell’eroica azione del capitano mezzo intossicato, del popolo di Berk che corse fuori dalle proprie abitazioni con grandi secchi per l’acqua e dei draghi sellati di fretta e furia levati alti nel cielo per riuscire a domare meglio l’incendio, dei Cavalieri dei Draghi che scortarono l’equipaggio al sicuro e di Hiccup che rimase sveglio tutta la notte per aiutare i feriti e per vegliare su di lei.
Quando la donna finì di parlare notò il viso roseo di Merida diventare sempre più pallido, poi la ragazza si agitò per liberarsi dalle coperte.
-Principessa cosa sta cercando di fare? –chiese Valka , mentre cercò invano di tenerla ferma.
-Mi perdoni signora Valka… ma io voglio andare a vedere… non riesco a stare qui con le mani in mano. –disse Merida con una voce sforzatamente calma, ma palesemente tremolante.
La donna la guardò e vedendo chiaramente quegli occhi chiari ardere quasi come i capelli riccioluti, capì; Valka non era certo il tipo di donna a cui piaceva vedere persone passive e non le piaceva nemmeno creare intralcio a quelle attive.
-Va bene principessa, la accompagno. – disse Valka, prendendo un mantello accuratamente piegato da una grossa cassapanca a fianco del tavolo e porgendolo alla rossa.
Merida si sedette sul letto cercando di sistemare la lunga e larga camicia da notte bianca che era, molto probabilmente, di Valka, e toccò con i piedi nudi il freddo pavimento di pietra, rabbrividendo.
-I suoi vestiti erano laceri e bruciati, principessa… purtroppo è tutto quello che avevo per cercare di… -.
In quel momento, la porta della camera si aprì emettendo un cigolio secco e assordante che fece schiacciare la testa nelle spalle come tartarughe a Merida e Valka.
-Ops…- balbettò Hiccup affacciandosi dalla porta con un sorriso colpevole sulla bocca.
Merida lo guardò un attimo arrossendo violentemente e di istinto si tirò su le coperte, cercando di coprire il corpo mezzo scoperto dalla camicia da notte che continuava a scivolarle giù.
-Oh! Ehm… mi scusi principessa! Se vuole torno dopo! –urlacchiò il ragazzo imbarazzato fino al midollo, nascondendosi dietro la porta di legno.
-Non si preoccupi signor Hiccup! Ecco, mi sono sistemata! Può entrare, se vuole! –disse la principessa stringendosi nel mantello di Valka.
La porta emise un altro cigolio e l’alta e slanciata figura di Hiccup entrò nella stanza a capo chino.
Ci fu un attimo di silenzio fra i due, rotto solamente dall’impegnato frugare di Valka nel suo vecchio armadio; gli occhi di Hiccup continuavano a dare rapide e fugaci occhiate alla principessa, rannicchiata come un pulcino sotto al mantello.
-Ehm… come si sente? –chiese lui grattandosi imbarazzato la gamba destra, con la protesi.
-Meglio, grazie mille! –rispose Merida sorridendogli dolcemente.
Le labbra di Hiccup si socchiusero e per un attimo si perse dentro quegli occhi che per tanto tempo l’avevano guardato con la stessa dolcezza dentro un sogno…
Poi scosse la testa e le sorrise.
-Senta… sono venuto qui per dirle che… beh… penso che l’equipaggio abbia bisogno di lei…- sussurrò con un velo malinconico nella voce.
-È successo altro? –chiese Merida, allarmandosi.
-No principessa… ma il morale dei vostri uomini è decisamente a terra.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo e si alzò dal letto, barcollando.
-Stavo proprio per uscire… grazie per avermi avvisata signor Hiccup. –disse la rossa cercando di combattere silenziosamente contro il dolore alla nuca.
-Se vuole la accompagno! –disse di getto il ragazzo.
-Beh certo! –rispose altrettanto di getto la rossa.
Merida spalancò gli occhi imbarazzata e si coprì la bocca con una mano, poi sbattè un paio di volte le lunghe ciglia rosse sotto lo sguardo divertito del giovane capo.
-Perfetto! Signorina Merida, vada pure con Hic! Io nel frattempo cercherò di rimediare qualche vestito decente da poterle dare! Non può mica andare in giro in camicia da notte, eh no! Forza, forza! Andate pure! –esultò tutt’in un tratto Valka quasi spingendoli fuori dalla camera, con un sorriso a 32 denti sul volto.
-Oh giusto, i suoi stivaletti sono vicino alla porta d’ingresso principessa! E… Hiccup hai scordato qui questi! – disse la donna sventolando davanti al naso del ragazzo il taccuino e la matita con aria complice, facendogli l’occhiolino.
Hiccup sentì il cuore sobbalzargli nel petto e prese di scatto gli oggetti dalle mani della madre, affrettandosi a nasconderli.
-G… grazie mamma! A dopo!! –urlacchiò il ragazzo arrossendo come un peperone, accompagnato da una grassa risata della donna.
Merida nel frattempo si stava mettendo gli stivaletti di tutta fretta, ridacchiando sommessamente, poi guardò Hiccup con le lacrime agli occhi.
-Sua madre è proprio divertente signor Hiccup… oppure… Hic? –disse la principessa avvolgendosi stretta nel pesante mantello.
Il ragazzo giocherellò con una treccina e le sorrise.
-Beh, fin da quando ero piccolo abbreviano il mio nome così…
-È molto carino, come soprannome! –disse la principessa sorridendogli e aprendo la pesante porta di legno.
Poco dopo, con un passo claudicante e la nuca che lanciava fitte di dolore a ogni movimento, l’aria gelida di Berk punzecchiò la pelle del viso di Merida e l’odore di salsedine le invase la mente.
Hiccup la accompagnò verso la Sala del Consiglio e non appena aprì le porte, i due ragazzi si trovarono di fronte ai volti tristi e afflitti degli uomini dell’equipaggio, ammassati nei gradoni di pietra e negli angoli della sala; alcune donne di Berk si stavano occupando dei feriti, altre arrivarono dalle proprie abitazioni con cibo caldo e profumato, altre ancora si occupavano di portare coperte e mantelli per gli infreddoliti.
Alla vista della principessa alcuni abbassarono lo sguardo, altri scossero la testa sconsolati… nessuno aveva il coraggio di guardarla e calò un silenzio tombale nella Sala, rotto solo da forti colpi di tosse e flebili lamenti.
Hiccup invece, fu fulminato dagli occhi di Astrid, impegnata a portare assieme ad Eret una pila di pesanti pellicce; la ragazza rivolse uno sguardo anche alla rossa, uno sguardo ben poco amichevole e ben poco felice di vederla, poi si girò di scatto e tornò a confabulare con il robusto ragazzone a fianco a lei.
Merida aggrottò le sopracciglia di fronte a tutta quella desolazione e dopo aver riservato uno sguardo a tutti quanti scosse la testa; tutti si sentivano in colpa per ciò che era successo… nessuno riusciva a guardarla in faccia… nessuno aveva il coraggio di parlare.
Improvvisamente, un ragazzetto minuto con dei biondi capelli arruffati e profondi occhi blu si alzò da terra sotto lo sguardo incoraggiatore dei suoi compagni, ed avanzò con passo indeciso verso Merida.
-Principessa… ecco… -balbettò e deglutì a vuoto, trastullandosi le mani sporche e graffiate.
-Sono Joseph… e… chiedo scusa a nome di tutti quanti per questo orribile incidente. –disse tutt’in un fiato, sotto lo sguardo shockato della rossa.
La ragazza mosse qualche passo verso il biondo, con il respiro pesante e le mani tremanti, e quando fu a un metro da lui, si fermò.
-Joseph... cosa stai dicendo? –sussurrò flebilmente.
Il ragazzo si agitò vistosamente e aprì la bocca per parlare, ma ne uscì solo un rantolo impercettibile; Merida alzò gli occhi al cielo e inspirò profondamente.
-Ragazzo… guardami negli occhi…- disse lei assumendo un tono solenne e severo, facendo alzare gli occhi blu del biondo, tremante come una foglia.
-Ora dimmi perché l’unica cosa che siete in grado di fare, ora, è chiedermi scusa.
Joseph guardò Merida ed arrossì, senza sapere cosa rispondere; a quel punto la ragazza alzò la voce, guardando l’ammasso di uomini afflitti che aveva davanti.
-Vi rendete conto dell’assurdità che mi state dicendo? Vi state addossando la colpa per un’incidente che non è minimamente dipeso da voi! Perché siete tutti convinti che io sia arrabbiata?? Chiedermi scusa, per cosa?? Per un fulmine che è caduto casualmente dal cielo?! Nessuno ha appiccato quell’incendio, razza di… scemi che non siete altro!! –disse rabbiosa la principessa, gesticolando come una pazza da sotto il pesante mantello con gli occhi lucidi.
-Sapete cosa vi dico?! Mentre voi tutti state qui a rimpinzarvi la testa di colpe e problemi che non esistono, io ringrazio gli dei di avervi protetto tutti!!!
Tutti rimasero di sasso a guardare Merida che stava diventando sempre più rossa in volto; Hiccup invece, rimase piacevolmente meravigliato da quel dolce e gentile peperino di principessa che aveva di fronte a sé e rimase incantato ad ascoltare le parole della ragazza che rieccheggiavano in tutta la Sala.
-Chissene importa della nave, non è mica andata distrutta tutta quanta! Se avessi perso degli uomini… quello si che sarebbe stato grave, accidenti!! La vostra perdita sarebbe stata un enorme peso sulla mia coscienza, non il sedere bruciacchiato di una nave! –disse al culmine dell’isteria.
 Hiccup, nel sentire quelle parole dette con così tanta enfasi nel bel mezzo di una “materna” ramanzina, dovette soffocare a forza una risata divertita con tutte le sue forze.
Anche Astrid ascoltava quello sfogo e guardava la principessa con un sopracciglio alzato, che mascherava lo stupore che le fece socchiudere più volte le labbra sottili: quanta foga che stava esplodendo da quella ridicola principessa, imbozzolata come un bruco sotto quel mantello…
-Adagiarvi sugli allori della tristezza e della disperazione non serve a nulla, dannazione! Sarebbe un torto anche nei confronti del popolo di Berk, che vi ha aiutati con tutte le loro forze! Dobbiamo rimetterci in piedi e lavorare duramente per riuscire ad abbattere anche questo ostacolo… Arrivati a questo punto dopo tanta fatica, non lo permetterò, a costo di lavorare sola giorno e notte! È stata una sfortuna questa, certo, ma per gli dei, non sarà certo questo a fermare gli uomini di Dunbroch!
Merida bloccò quel turbine di parole e ansimando sorrise a tutti quegli uomini che, uno ad uno, si erano rincuorati e ammirando la loro principessa così carica e piena di determinazione, era ritornato in loro il coraggio.
-Allora… siete con me, o no??? –urlò Merida con tutto il fiato che aveva in corpo, dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte; si sentiva in imbarazzo… pensava che tutto ciò che aveva appena detto fosse sembrato patetico… pensava di non essere stata all’altezza…
Ma nel sentire le ultime parole, l’intero equipaggio si scosse in enorme un boato di felicità, un tripudio di voci che osannavano ed incitavano la loro amata principessa, rimasta a bocca aperta di fronte a tutti quegli uomini che alzavano le mani verso di lei.
In quel momento la ragazza sentì un’aria gelida afferrarle le caviglie, perciò si girò verso l’ingresso della Sala e li, scorse le figure di Valka e del capitano, che le sorridevano orgogliosi; sbattè un paio di volte le palpebre, poi ricambiò il sorriso, stringendosi nel caldo mantello con il cuore che batteva a mille.
Poi gli occhi ghiacciati si spostarono su Hiccup, che avanzava lentamente verso di lei con un mezzo sorriso sulle labbra e con lo sguardo che passava velocemente da lei al pavimento; quando si trovò il ragazzo ad un passo da lei sentì quel forte profumo intenso, dolciastro e speziato, confuso dall’odore cuoio e metallo.
Sentì il respiro mozzarsi in gola, di colpo, nel momento in cui si trovò gli occhi verdi di Hiccup che la guardavano dolcemente dall’alto, facendola sentire piccola ed indifesa ma, allo stesso tempo, incredibilmente protetta; lei sorrise timidamente, arrossendo e sentendo il cuore batterle forte forte nel petto.
Hiccup mosse le labbra per dire qualcosa, ma dalle sue labbra non uscì nulla se non un sospiro ovattato…
Dopo tutto quel turbine di emozioni e quella assordante confusione, si trovò immersa in un silenzio assordante, isolata da tutto il resto; lo scorrere del tempo si era improvvisamente bloccato, lasciandola in quell’atmosfera quasi surreale solo in compagnia del ragazzo.
Non servirono parole… non servirono gesti: quei sorrisi parlarono per tutti e due.
E solo in quel momento, Merida ed Hiccup si trovarono a pensare all’unisono se, quel fulmine, fosse stato effettivamente solo un’enorme sfortuna…
 
 
 
-SPAZIO CHIACCHIERE :D
Buongiorno a tutti!!! :3
Finalmente… questo lunghissimo capitolo è concluso.
È stato il più lungo poiché volevo fare una sorta di “conclusione” alla prima parte della storia senza fare un numero allucinante di capitoli, e la fine di questo capitolo è stata riscritta all’incirca 3 volte su tre scelte diverse DX
Dopo aver scritto il breve (ma intenso XD) sfogo di Merida mi sono detta “ok, accipicchia, posso già pubblicarlo! Devo solo trovare un buon finale!!! Ma si… tanto ce l’ho già in mente, che problema c’è??? ^-^” ….. BALLE, Quinn, BALLE!!!!! e.e
Mi sono resa conto, nel primo finale, di aver fatto un balzo più lungo della gamba nel rapporto Hiccup\Merida e che, probabilmente, avrebbe stonato su tutto il resto; insomma, non che succedesse chissà cosa tra i due, ma certi aspetti potevano renderli troppo “sdolcinati” quando ancora la storia è agli inizi.
Quindi per la seconda volta, cercando di entrare nel karma interiore, ho riscritto il finale… che stava sfociando in un MORTAL KOMBAT fra Merida e Astrid. Ò_ò
Sul punto di lanciarmi contro un muro dalla disperazione, ho chiesto aiuto alla mia dolce sorellina (si, la famosa sorellina XD ) che, facendo la gnorri mentre affondava il cucchiaino nel bicchiere di Nutella, mi ha risposto semplicemente con un “A volte il silenzio vale più di mille parole”.
Mi sono chiesta più e più volte se un finale del genere poteva star bene dopo un capitolo così, ma mi sono anche detta che era mille volte meglio di un inadeguato finale da diabete o di una fatality fuori luogo…
Perciò, pensando e rimuginando, è venuto fuori un finale che può aprire molti punti di vista diversi: tutto ciò che è successo, è stata solamente una sfortuna o può essere considerata anche fortuna??
Vi do appuntamento al prossimo capitolo, dove inizierà ad esserci la vera e propria storia, dove i formalismi spariranno, dove emozioni e sentimenti inizieranno a scalpitare come cavalli impazziti, dove il rapporto tra Hiccup e Merida inizierà a sbocciare pian piano, dove non mancheranno i colpi di scena e dove si inizierà anche a menar le mani ;)
Come sempre, lasciate commenti, consigli, pareri o semplicemente pensieri che fanno solamente che piacere!!! :D
Grazie a tutti voi che leggete, che recensite e che commentate!!! :3
Un forte abbraccio e un grosso bacio,
 
The_red_Quinn_of_Darkness

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Capitolo 12
*** SUNRISE OF FLUTES ***


∞SUNRISE OF FLUTES∞
 




Dalla notte del rogo, passò un mese.
Un mese intenso, in cui la giovane principessa riuscì a familiarizzare con il territorio di Berk e con i suoi abitanti; con la sua allegria e la sua spensieratezza, riuscì a farsi amare anche in quel piccolo paese cercando di rendersi utile come meglio poteva: aiutava sia il proprio equipaggio nella ricostruzione della nave sia chi aveva bisogno nel paese, passando dalle semplici cose come, per esempio, andare a consegnare il pane fresco alle vecchiette infreddolite che uscendo avrebbero rischiato di scivolare e farsi male, a cose più impegnative come tagliare la legna per alimentare le braci nelle case.
Quel piccolo terremoto rosso non stava fermo un minuto e nonostante l’esile corporatura, totalmente diversa da quella ben piazzata e robusta dei vichinghi, riuscì ad adattarsi perfettamente a quello stile di vita.
Anche i Cavalieri dei Draghi, dopo aver conosciuto la sua tenacia e il suo coraggio da vendere, la rivalutarono ed ora per ogni battuta di caccia era la prima ad essere chiamata; notarono le sue abilità nel combattimento, nell’utilizzo della spada, la sbalorditiva maestria nel maneggiare arco e frecce e rimasero piacevolmente stupiti nel vedere tutte queste cose racchiuse dentro una principessa… insomma, di solito una principessa non dovrebbe essere così “selvaggia” e tutti quanti si aspettavano una persona totalmente diversa.
Pian piano familiarizzò anche con i draghi del posto, sotto la saggia guida di Valka e Hiccup, specialmente con Sdentato che sembrava impazzire ogni volta che la vedeva; la Furia Buia non era mai diventato matto così tanto per un umano che non fosse Hiccup, giocava e si lasciava coccolare a più non posso dalla principessa che, nonostante il timore iniziale, imparò ad apprezzarlo e a volergli un sacco di bene.
Tra Hiccup e la rossa sparì anche il “voi”, che aveva legato loro le mani fino al giorno in cui Skaracchio spezzò il ghiaccio con un “Oh andiamo, voi due… ancora con tutti questi formalismi? Vi continuate a sforzare di parlare in modo elegante in mezzo ad una marmaglia di vichinghi?! Che baggianata è mai questa?? Perché non rendiamo le cose più facili e meno imbarazzanti addentando un buon cosciotto di capretto, davanti a un buon idromele chiacchierando amichevolmente??” detto sventagliando in aria oggetti da lavoro, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, sotto al loro sguardo perplesso e divertito.
E grazie a lui, tra loro tutto diventò più facile.
Quel sottile legame che li unì definitivamente quel giorno, nel bosco, andava via via rafforzandosi sempre di più, timidamente, silenziosamente…
Hiccup imparò a conoscere e ad apprezzare sempre di più Merida, con quel suo carattere così peperino e forte, con quella sua instancabile voglia di fare e di esplorare, con quella sua parlantina così strana accompagnato da un gesticolare frenetico e divertente, con quello sguardo che sapeva passare dalla felicità più sincera alla fierezza più pura… e con quel sorriso così bello che sapeva scaldargli il cuore anche quando i pensieri tornavano a vorticargli per la testa.
Merida, dal canto suo, non si era mai sentita così bene in tutta la sua vita e la vicinanza con Hiccup non faceva altro che farla sentire ancora meglio: quel ragazzo con un andatura un po’ goffa, ma sicura, con quella voce così profonda che le faceva battere sommessamente il cuore, con quei morbidi capelli castani che rilasciavano quel profumo che le inebriava la mente ogni volta che le passava sotto al naso, con quel sorriso dolce che contrastava con le sopracciglia aggrottate sugli occhi smeraldo quando era immerso nei suoi pensieri, quel suo timido balbettare e quella spiccata intelligenza; ma quel velo malinconico che era posato su di lui, su ogni sorriso e ogni sguardo, proprio non le piaceva… magari era solo una sua impressione, per questo decise di non dirgli nulla per non ficcanasare in cose che non la riguardavano.
Insomma, fu un mese ricco di scoperte, di nuove amicizie e di emozioni…
Un mese che lasciò sempre più spazio al gelido inverno che, con l’imminente avvenuta, rese difficoltosa la ricostruzione della nave; si lavorava dalle prime ore di luce fino alle ultime a pomeriggio inoltrato, con il freddo pungente che graffiava la pelle e i geloni alle mani, con i draghi che trasportando molte delle merci più pesanti risparmiavano almeno un po’ di fatica a tutti quegli uomini.
Ma nonostante tutti lavorassero fino allo stremo, ogni giorno, capitava sempre qualcosa che costringeva i lavori a fermarsi o ricominciare da qualche passo indietro: assi che si spezzavano, chiodi che sparivano, marinai che finivano inspiegabilmente nelle acque gelide del mare oppure si ferivano e non potevano continuare il lavoro, legna pronta per essere lavorata che prendeva fuoco…
-Ne mancano quindici…- sussurrò Valka osservando attentamente le scatole di chiodi vuote che gli uomini avevano usato quella mattina.
Strinse gli occhi e si tirò su il cappuccio di pelliccia per ripararsi da una gelida folata di vento, poi si rannicchiò sopra le scatole e iniziò a spostarle con una mano avvolta da una calda e morbida manopola.
Erano un enormità, ma lei era un abile osservatrice e controllando ogni giorno l’andamento dei lavori, non si faceva scappare nulla; quel giorno, a metà pomeriggio, quindici scatole di chiodi su cinquanta mancavano all’appello.
-Valka! Che stai facendo li impalata? Ti prenderai un malanno, accipicchia! –sputacchiò Skaracchio andandole incontro, seguito dal capitano.
-Nulla, stavo solo controllando che non fosse avanzato niente. –disse la donna alzandosi e rivolgendo un debole sorriso all’amico, poi rivolse gli occhi verdi al capitano.
-I vostri uomini sono al caldo? Oggi il tempo non permette di lavorare oltre…
-Ho notato, signora Valka! Ma non c’è da preoccuparsi, sono già tutti nei propri alloggi…- ridacchiò l’uomo sistemando il pesante tabarro che lo avvolgeva.
-Ciò è bene, signor capitano… questa settimana sei dei suoi uomini si sono feriti; almeno oggi non è successo nulla. –disse la donna guardando il capitano che, in quel momento, pareva non ascoltarla.
-A proposito, Valka… è sicura di voler continuare ad ospitare la principessa in casa vostra? Non vorrei creare troppo disturbo.
-Sono sicurissima, signor capitano, Merida non crea alcun disturbo! Mi tiene compagnia! –disse Valka, sorridendo dolcemente, poi guardò Skaracchio, intento a liberare il suo bel piedino di legno da una pozzanghera di fango.
-A proposito… dov’è Merida?
-Dovrebbe essere a caccia nel bosco, l’ho vista dirigersi verso il lago qualche ora fa. –disse il vichingo facendo ondeggiare un dente ballerino con un ampio sorriso.
 
Merida avanzava in mezzo al fitto bosco con una corsa veloce e leggera, facendo scricchiolare sommessamente le foglie ghiacciate sotto la suola dei suoi stivali.
Silenziosa e furtiva, stava pedinando una grossa cerbiatta da una decina di minuti e attendeva pazientemente il momento giusto per scoccare la freccia; paziente, certo, ma dentro di sé scalpitava come una furia e non vedeva l’ora che quel momento arrivasse, non vedeva l’ora di vedere quale freccia sarebbe arrivata per prima a trafiggere il morbido manto dell’animale.
Già, perché quella in cui si trovava Merida non era solo una battuta di caccia, ma una gara.
La rossa si chinò dietro ad un grosso masso, facendo frusciare leggermente il mantello nero, e socchiuse gli occhi ghiacciati per scrutare meglio la situazione davanti a sé.
Anche se non aveva mai indossato dei pantaloni in vita sua, Merida trovava quella sua nuova armatura molto comoda e confortevole, permissiva con i suoi movimenti, calda, leggera e… dannatamente stupenda; Valka era stata gentilissima a confezionarle quell’armatura riciclando i pezzi di alcune sue vecchie protezioni, senza contare che i suoi vestiti oltre che essere leggeri erano anche tutti bruciati.
Sentì uno scricchiolio sinistro a qualche metro di distanza dal masso e non poté fare altro che trattenere una risata, scuotendo la testa divertita.
-Sei ancora troppo rumoroso... –sussurrò facendo uscire una candida nuvoletta di vapore dalle labbra sottili, che si aprirono in un dolce sorriso sul volto lentigginoso.
Detto ciò, la ragazza riprese il suo inseguimento seguendo attentamente le orme della cerbiatta fino a che non si nascose improvvisamente dietro un grosso albero, con un movimento quasi impercettibile: l’aveva vista, era sulla riva del lago che cercava qualche ciuffo d’erba ancora morbido da mangiare.
Caricò silenziosamente l’arco, ma il rumore secco di un ramo spezzato fece allarmare l’animale, che alzò testa e orecchie e fece uno scatto per iniziare la sua fuga; ma la freccia di Merida si conficcò precisa nella sua nuca, facendolo cadere a peso morto nell’acqua gelata.
Solo a quel punto, la ragazza rilassò i nervi ed uscì allo scoperto.
-Ah… se non fosse stato per quel maledetto ramo… -disse Hiccup uscendo dal suo nascondiglio con Sdentato, rivolgendo un sorriso alla rossa.
Il drago nero trotterellò verso la ragazza, piegando le ali ed agitando la coda, cercando di elemosinare un po’ di coccole.
-Devi fare più attenzione, Hiccup… Sdentato invece, è perfetto. –disse lei inarcando un sopracciglio sorridendo beffardamente, seguita da un versetto contendo di Sdentato.
-Mi si è incastrato nella protesi… è una scusante? –disse lui alzando le mani al petto.
Merida rise, rabbrividendo, poi guardò il ragazzo, sorridendo.
-Sei migliorato molto, Hicc, dico davvero…
Il ragazzo rimase di sasso, di fronte a quello sguardo così bello, poi si scosse e si diresse verso di lei.
-Tutto merito tuo, Merida… tutto merito tuo. –disse lui, ricambiando il sorriso.
Merida stava per rispondere, quando furono interrotti da uno schiamazzare a loro molto familiare; i Cavalieri arrivarono in volo sui propri draghi e quando atterrarono, la ragazza sentì la terra tremare.
-Toh guarda chi c’è! Ciao ragazzi! –gracchiò Moccicoso in sella al suo fedele Zanna Curva, poi con un agile scatto scese dal drago e si diresse verso Merida.
-Buona sera, dolce principessa… -disse lui rivolgendo uno sguardo ammiccante alla rossa, che per tutta risposta sorrise imbarazzata.
-Guarda, guarda… che bel cervo!! –esclamò Testaditufo osservando il grosso animale riverso a terra, sporgendosi dal suo amato Rutto.
-È una cerbiatta, per la precisione. –intervenne Gambedipesce battendo i denti per il freddo, insalamato nel suo pesante mantello, che ondeggiava sul suo sgraziato Muscolone.
Testaditufo roteò gli occhi innervosito, accompagnato dalla grassa risata della sorella, Testabruta.
Sdentato osservava la scena con i grandi occhioni verdi, continuando a farsi grattare da Merida, poi girò la testa e alzò le orecchie nere richiamato da un familiare sbattere d’ali.
-A caccia anche voi? Che coincidenza! –intervenne bruscamente Astrid, atterrando pesantemente con Tempestosa; al suo seguito, poi, toccò terra anche l’immancabile Eret in sella a Spacca Teschi.
La bionda, dopo essersi sistemata il cappuccio di pelliccia, fulminò con lo sguardo Hiccup.
-Davvero una splendida coincidenza… -sibilò inviperita.
Poi roteò gli occhi nella direzione della rossa, che stava togliendo la freccia dal corpo della cerbiatta, e le sue labbra si aprirono in un sorriso acido.
-Principessa! Vedo che è riuscita ad ambientarsi bene, qui a Berk!
Merida, colta di sorpresa, si girò e le sorrise.
-Certo, Astrid, grazie all’aiuto di tutti mi trovo bene in questo paese.
Astrid era ancora l’unica persona che le dava del “lei” nelle poche volte che apriva bocca per rivolgerle parola, l’unica persona che mostrava diffidenza nei suoi confronti e che sembrava odiarla con tutta se stessa; Merida non capiva e cercava in tutti i modi di mantenere la calma di fronte a tutta quell’aggressività, per non creare tensioni all’interno dell’alleanza provvisoria… ma se avesse potuto, l’avrebbe già mandata al diavolo usando il suo stesso tono.
-Ho notato… -disse Astrid a denti stretti.
-Ragazzi si sta facendo buio… io direi di iniziare a tornare a Berk. –intervenne Hiccup per troncare quell’indesiderato dialogo, iniziando a caricare la cerbiatta sul dorso di Zanna Curva, aiutato da Moccicoso.
-Si, direi di si! –disse Gambedipesce tremando come una foglia, sfregandosi le mani.
-Ottima osservazione. –disse Astrid tirando le redini di Tempestosa.
La bionda fece per andarsene, ma poi girò il volto verso Merida.
-Ah, principessa? Le consiglio di coprirsi bene. Sa, qui a Berk l’inverno è molto rigido e ci si ammala facilmente! Non vorrei che dopo essere scampata alle fiamme della nave, un banale malanno le… stroncasse le ali. –disse con una smorfia.
Merida rimase a bocca aperta di fronte a quella frase inaspettata, guardando il sorriso malefico di Astrid farsi largo sul suo viso.
Hiccup guardò la moglie iracondo sentendo il respiro farsi sempre più pesante, trasformandosi quasi in un ringhio, mordendosi un labbro.
Poi la bionda, facendo un cenno al ragazzone che stava inespressivo al suo fianco seduto sul drago, si girò e spiccò nuovamente il volo.
Tutto il resto dei Cavalieri assistette alla scena con gli occhi sgranati, poi girò gli occhi su Merida; la rossa per tutta risposta si strinse a Sdentato, sentendo una morsa di nervosismo attanagliarle lo stomaco mentre strangolava con gli occhi Astrid.
*Mantieni la calma… Mantieni la calma, Merida…* continuava a pensare fra se e se.
Hiccup, infuriato, non sapeva come giustificare il comportamento di Astrid e rimase a guardare Merida senza sapere cosa dire, con le mani tremanti; ma grazie al cielo, Moccicoso lo salvò, facendo una grassa risata e mettendo una mano sulla spalla alla ragazza.
-Merida non prendertela… Astrid è un po’… come dire… ehm… strana! Stava scherzando! Sai, l’umorismo vichingo diventa particolarmente… grottesco quando viene usato da lei! Quindi… ecco… non farci caso, ok?? –disse il vichingo, con un sorriso isterico sul volto.
Merida abbozzò un sorriso, annuendo, e dopo aver salutato tutti, guardò i Cavalieri dirigersi verso Berk immergendosi nel freddo crepuscolo.
Hiccup le si avvicinò e, dopo aver deglutito un paio di volte, cercò il suo sguardo sollevandole il viso con un dito.
Quando gli occhioni di Merida puntarono i suoi seguiti da un dolce sorriso, si sentì subito meglio.
-Va tutto bene Hicc, davvero. Sono solo rimasta un po’ turbata, ma sto benissimo! –disse lei arrossendo e gesticolando imbarazzata per quel tocco così innocente e dolce.
Il ragazzo le sorrise, malinconico, poi tirò premurosamente su il cappuccio del mantello della ragazza e guardò il cielo.
-Merida, ormai è buio… vuoi provare a salire su Sdentato per tornare a Berk? –disse flebilmente.
-Grazie Hiccup ma… preferisco andare a piedi… ho bisogno di fare una corsetta. –ricambiò lei con un sorriso.
Come se non avesse già corso abbastanza… in realtà, quella corsetta serviva per calmare la “Merida selvaggia” che aveva provvisoriamente messo a dormire ed evitare di prendere a pugni in testa la bionda, una volta rincasati.
-Però mi riservo l’invito per un'altra volta! –disse lei sorridendo emozionata.
Il ragazzo sorrise ed annuì, si diresse verso il drago sistemandosi il mantello e salì in sella con un abile scatto.
-Volerò sopra di te, non ti lascio sola in mezzo al bosco. – disse lui facendole l’occhiolino.
Sapendo che se fosse rimasto li qualche secondo di più la rossa gli avrebbe sicuramente detto “Ma no Hicc, torna a Berk che fa freddo!”, spiccò velocemente il volo ridendo di gusto, facendole capire che la decisione era presa.
Merida socchiuse le labbra, arrossendo, poi scosse la testa e dopo aver preso un bel respiro iniziò la sua corsa verso Berk immersa nel silenzio del bosco.
 
 
 
-SPAZIO CHIACCHIERE :D
Buonasera a tutte! Spero abbiate passato delle buone vacanze ^^
Come sono contenta che abbiate letto anche questo capitolo… come sempre, per prima cosa vi ringrazio tantissimo per il vostro supporto, a tutte voi che leggete, che commentate e che recensite!!! :3
A queste ultime in particolar modo, un enorme grazie di cuore, perché con i vostri commenti e con le vostre parole mi aiutate sempre ad andare avanti <3
Allora…. Iniziamo con la novità di questo capitolo: l’immagine!
Ho realizzato questo fotomontaggio perché volevo rendere bene l’idea della nuova armatura di Merida (anche se non è sempre da tutti i giorni vedere Merida con addosso un armatura del genere, spero tanto che vi piaccia! ‘v‘ ) perciò, attraverso il buon caro Photoshop, ho appiccicato la testa di Merida sul collo di una poveraccia, che ho decapitato senza pietà XD
Ma questa poveraccia, aveva l’armatura che volevo io e_e è deceduta per una buona causa v.v
In tutti i modi… una volta finito di aggiustare luci, RICREARE GLI INFINITI CAPELLI RICCIOLUTI DI MERIDA (lo evidenzio bene perché è stata una delle mie esperienze più traumatiche da quando disegno e lavoro con Photosciocco < - - - Lol) e aggiunto l’arco, la piccola principessa sembrava così desolata sullo sfondo bianco…
Perciò ho aggiunto in un primo momento solo la firma e lo sfondo, che caratterizza bene anche il background di questa parte di Fic… poi sono saltati fuori Hiccup e Sdentato a caso che, grazie a Dio, un qualche Santo sceso in Terra aveva già scontornato quindi mi ha facilitato di gran lunga il lavoro (un particolare grazie anche a questo Santo Ignoto X,D) e mi son detta “uhm… dai non è male il piccolo Hiccup sorridente che fa compagnia alla incazzosa Merida… approvata!”…. ed infine, non c’è due senza tre, ho creato anche il logo del titolo della Fan Fiction.
Insomma, da un idea a parte e totalmente diversa, sono arrivata a realizzare l’intera copertina della storia XD
Ci ho messo tanto ammmore per farla, spero tanto vi piaccia çvç
E qui, un ringraziamento speciale va anche alla gentilissima MaJo_KiaChan_ che, dopo essersi trasformata in un perfetto GPS, mi ha pazientemente insegnato a mettere l’immagine nel capitolo! *w* Grazie mille, davvero!!!! *w*
Per quanto riguarda la storia, ho iniziato questa seconda parte raccontando l’episodio del bosco sia per dare un idea di ciò che Merida e Hiccup sono arrivati ad essere in un mese, sia per “accendere la miccia” tra lei e Astrid (che, in realtà, contavo di farla in un'altra occasione). Ho dovuto riservare la prima parte per un riassunto, per non far mancare nulla alla storia e per rendere bene l’idea su cosa è e non è successo, e dopo essermi resa conto che stava diventando l’intero capitolo, ho tagliato inserendo un piccolo episodio. XD
Questa volta, devo fare anche una piccola osservazione sul titolo.
Di solito, i titoli che scelgo sono basati su qualche avvenimento del capitolo, ma stavolta ho agito in maniera diversa; seguendo la mia logica “Sunrise of Flute” non c’entra una cippa con il capitolo perché ho menzionato tutto, meno che dei flauti e, davvero, il mio cervello non ha saputo pensare ad un titolo…
Quello che ho scelto, è il titolo di una canzone che mi ha aiutata a scrivere tutto quanto, sebbene sia relativamente cortaa… se vi va (e soprattutto vi interessa XD) potete andare ad ascoltarla! “Sunrise of Flute” The Elder Scroll IV Oblivion < - - - si signori, è tratta da un videogioco di cui vado pazza… Oblivion, il gioco che precede Skyrim <3
La colonna sonora delle saghe mi ispira un sacco, unita con quelle di “Dragon Trainer” e “The Brave” <3
Oddio ho scritto davvero troppo, scusate se mi sono dilungata troppo in questa mega chiacchiera DX
Però vado in vacanza contenta, sapendo di avervi lasciato un nuovo capitolo da leggere :3 Insomma non potevo andare via per una settimana facendo la gnorri D:
A questo punto, vi do appuntamento al prossimo capitolo!!!! *^*
Un enorme bacio e un fortissimo abbraccio,
 
The_red_Quinn_of_Darkness
 


 

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