Unintended

di LullabyPotter
(/viewuser.php?uid=446667)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The majestic and impetuous river ***
Capitolo 2: *** Painful memories, unexpected hope - Every night, I dream you're still here, the ghost by my side, so perfectly clear. ***
Capitolo 3: *** I remember the face, but I can’t recall the name ***
Capitolo 4: *** I'm busy mending broken pieces of the life I had before ***
Capitolo 5: *** Water I will be, for I will extinguish one moment beside you flowing against the wind ***



Capitolo 1
*** The majestic and impetuous river ***




Prologo

The majestic and impetuous river
 

A Sick
cha manda i prompt quelli belli
e a Hev
perché senza di lei non l'avrei mai scritta.

 
 
 
 
 

Alessia sentì il rumore dello scalpello che batteva ritmicamente sulla pietra provenire dalla sua sinistra. Si affacciò: sotto di lei, in piedi su un’impalcatura di legno sospesa sotto il ponte, vi era Leonardo da Vinci che lavorava.
Sorrise appena e si voltò verso Giuliano, che la stava accompagnando alla ricerca dell’artista. «L’ho trovato.» disse, sorridendo, per poi voltarsi di nuovo verso il da Vinci. «Che cosa ci fai laggiù, Leonardo?»
Fu Giuliano a rispondere, mentre l’artista interrompeva il lavoro e alzava lo sguardo verso di loro, agitando lo scalpello in segno di saluto. «Lavora, una volta tanto.»
«Io lavoro di continuo» si difese Leonardo.
«Si, ma non finite mai una commissione. Quanto dovrà attendere ancora mio fratello Lorenzo per il ritratto di Madonna Donati?»
Alessia lanciò a Leonardo uno sguardo eloquente, ma l’artista decise di scuotere la testa e riprendere il martellare. «Se vuole un dipinto ben fatto, deve anche avere la pazienza necessaria perché venga completato. Non ho intenzione di ritrarla in modo approssimativo.»
Giuliano scosse la testa a sua volta, decidendo di chiudere lì la conversazione. Dopotutto, non l’aveva certo cercato per incitarlo a completare le commissioni affidategli da suo fratello Lorenzo.
Uno strano rumore giunse alle sue orecchie e a quelle di Alessia, che aggrottò appena la fronte. «Che cos’è questo suono?»
«È l’impalcatura» precisò Leonardo. «Si muove con un minimo soffio di vento. Ci farete l’abitudine.»
«Mh» mugugnò Giuliano. «Non mi piace granché.»
Alessia arricciò le labbra. «Perché non torni su, Leonardo? Sono appena arrivata, penso che tu possa concederti una pausa.»
L’artista avvicinò il viso alla decorazione su cui stava lavorando. «Devo solo finire questo particolare.»
Di nuovo lo scricchiolio di poco prima, leggermente più forte. Alessia e Giuliano si scambiarono un’occhiata, quindi la rossa si sporse di nuovo un poco per parlare con il da Vinci. «Leonardo, per favore, torna sulla terra ferma. Quella pedana mi sembra poco sicura.»
«Non devi preoccuparti, Alessia.» replicò l’artista, senza distogliere lo sguardo dalla sua creazione.
Sotto di lui, il fiume scorreva impetuoso. Alessia lo osservò: le piogge dei giorni trascorsi lo avevano reso gonfio e di un color marrone scuro che non faceva presagire nulla di buono. Sperò che Leonardo finisse presto: non le piaceva vederlo sospeso sopra quella massa d’acqua irrefrenabile.
Di nuovo lo scricchiolio. Giuliano non era molto sicuro che fosse davvero normale.
«Finito» Leonardo alzò lo sguardo verso i due che lo osservavano preoccupati. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma né Alessia né Giuliano seppero mai cosa volesse dire loro.
Fu come se il tempo avesse deciso di rallentare il suo corso. Davanti agli occhi sbigottiti del Principe della Gioventù e della giovane Augusti, l’impalcatura sulla quale il da Vinci stava lavorando si ruppe all’improvviso, ed egli, colto alla sprovvista, non poté aggrapparsi ad alcunché. Cadde nel fiume che ancora scorreva, impetuoso e irrefrenabile, e a nulla valse il suo nome che Alessia urlò con quanto fiato aveva in gola.
Così come Giuliano si rese conto che nulla poteva per aiutarlo, quando scese le scale che portavano al livello del fiume, perché l’acqua procedeva spedita verso la sua meta, trascinando con sé qualsiasi cosa vi fosse caduta dentro.
Di Leonardo già non v’era più traccia.


 



»Note dell'autrice

Ed eccomi ancora qua, di nuovo su questo fandom.
Sì, lo so che devo finire Bloody Truth. Lo so. Ma sta volta è colpa di Sick che manda i prompt pieni di angst e io non ce la faccio a resistere ç_ç
Prendetevela con lei (?)
Comunque. Come al solito non so quanto sarà lunga. So solo che piango al solo pensarci, quindi @.@
Enniente. La smetto di rompere va.

_Eagle ||

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Painful memories, unexpected hope - Every night, I dream you're still here, the ghost by my side, so perfectly clear. ***




Capitolo primo

Painful memories, unexpected hope - Every night, I dream you're still here, the ghost by my side, so perfectly clear.
 
 
 

 
Quattro mesi dopo


 
 
 
 
 
Quando Giuliano entrò in quello che era stato il laboratorio di Leonardo, non fu sorpreso di trovarlo già occupato.
Nonostante fossero passati quattro mesi, Verrocchio non aveva avuto la forza di farlo svuotare, quindi tutti i lavori del da Vinci erano ancora lì, forse solo un po’ impolverati.
Quel giorno, come quasi tutti negli ultimi mesi, al tavolo, di solito ingombro di fogli o cadaveri e che ora dava riposo solo a vecchi appunti, era seduta Alessia. La rossa sfiorava i disegni dell’artista con aria malinconica, e aveva tutta l’aria di aver dormito lì la notte precedente.
Giuliano la osservò per qualche istante, complice il fatto che ella non si era accorta del suo arrivo. Alessia non era tornata a Roma dal giorno dell’incidente. Riario era andato a trovarla diverse volte, ma non l’aveva mai convinta a lasciare Firenze per la Città Eterna. Le mancava ancora troppo l’artista. Oltretutto, Giuliano non era mai riuscito a consigliarle di tornare a casa: gli faceva piacere averla vicina.
«Buongiorno» il de’ Medici le si avvicinò, notando in quel momento che ella aveva in una mano un piccolo pezzo di carboncino e aveva scarabocchiato qualcosa su un foglio.
«Buongiorno» replicò Alessia, rivolgendogli un sorriso. Il più piccolo che Giuliano avesse mai visto. «Stavo cercando di disegnare, ma...» fece una smorfia.
«Non ne sei capace.»
«No, infatti.»
Giuliano abbozzò un sorriso. Negli ultimi mesi, lui e Alessia si erano ritrovati a frequentarsi più di quanto prima non facessero, e almeno quando erano soli avevano preso a usare un tono informale.
Il de’ Medici alzò la testa e diede un colpetto al prototipo di macchina volante appeso al muro. «Vorresti fare una passeggiata?»
Alessia gli lanciò uno sguardo di sottecchi. «Non hai degli incarichi da svolgere per tuo fratello?»
Giuliano scrollò le spalle. «Possono aspettare»
La rossa abbozzò un sorriso sghembo. «Va bene.» rispose, appoggiando il carboncino. «Ma evitiamo il ponte.»
 
~
 
Santa Maria Novella era come sempre splendida, eppure, quando Alessia la osservò quando vi giunsero, si ritrovò a pensare che non riusciva più a guardarla come prima.
Non c’era stato un funerale, dopo l’incidente. Dopotutto, non avevano nemmeno un corpo da seppellire. Alessia aveva provato ad andare a pregare, ma si era presto resa conto che non le serviva a nulla e aveva rinunciato. Ormai, come Giuliano, andava in chiesa solo per le celebrazioni e, soprattutto, solo per far piacere a Lorenzo.
C’era qualcosa che non andava, nella città. Mentre Giuliano prediligeva stare in mezzo alla gente, contornato dalla caoticità della vita quotidiana, Alessia non l’amava. Preferiva rinchiudersi nello studio di Leonardo a pensare, e parlare con quei pochi che ancora potevano capire come si sentisse.
Sapeva che doveva superarlo, ma il problema era che oltre a Girolamo Riario l’unica persona che avrebbe potuto aiutarla a sopportare il dolore era la stessa che aveva visto cadere nel fiume.
Dal canto suo, Giuliano aveva la necessità di stare in mezzo alla gente. Perlomeno lo aiutava a pensare di meno e sembrare normale.
Stavano ancora camminando, quando una voce famigliare che chiamava il nome di Alessia li fece voltare. Un ragazzetto biondo correva loro incontro, agitando in aria una mano.
«Nico!» esclamò la rossa, sorpresa. «Cosa succede?»
«Buongiorno, messer Giuliano» ansimò il biondo, fermandosi davanti a loro. «Vanessa mi ha chiesto di cercarvi per condurvi al mercato. Crede che uno dei mercanti abbia incontrato il Maestro.»
Alessia e Giuliano non se lo fecero ripetere due volte.
Quando giunsero alla bancarella, Vanessa stava parlando con un uomo corpulento, dalla voce profonda.
Ella si voltò verso i nuovi arrivati e, dopo averli salutati, indicò un quadro appeso poco distante.
Non particolarmente grande, era praticamente la bozza preparatoria del dipinto, che non era stato completato. Ma, come Alessia e Giuliano si ritrovarono a pensare, non v’era alcun dubbio di chi fosse l’autore: il tratto e la precisione con cui aveva riprodotto la campagna fiorentina potevano far pensare solo a Leonardo.
«Dove lo avete comprato?» domandò Giuliano, spostando lo sguardo sull’uomo.
«Fuori città» rispose il mercante, che nel frattempo stava mangiandosi una mela. «C’è una vecchia fattoria a mezza giornata dove soggiornava un ragazzo. Gli avevo commissionato il quadro, ma quando sono tornato a prenderlo aveva fatto solo questo. Non so come sia riuscito a convincermi a pagarlo comunque; sono tornato il giorno dopo per costringerlo a terminarlo ma era già andato via.»
«Potete...» Alessia spostò lo sguardo sul mercante, sebbene i suoi occhi fossero ancora attratti dal disegno. «potete descrivere il ragazzo?»
Il mercante sembrò pensarci su. «Trasandato, capelli e occhi scuri. Era di bell’aspetto, bisogna ammetterlo.» diede un altro morso alla mela. «Aveva continuamente in mano un quaderno rovinato su cui disegnava.»
«Vi ha detto il suo nome?» chiese ancora Giuliano.
Egli scosse la testa. «Non mi sembra, no. I fattori hanno detto che dice di non ricordare nulla e che nessuno sappia come si chiami. Sembra che tutti lo conoscano come l’Artista.»
Nessuno di loro poteva crederci. Giuliano aveva passato i primi due mesi dall’incidente indagando, cercandolo, e discutendo periodicamente con suo fratello Lorenzo che non capiva tutto l’attaccamento nel cercare il da Vinci. Due mesi in cui non aveva scoperto nulla, e ora Leonardo faceva di nuovo la sua comparsa inaspettata. Avrebbero dovuto immaginarlo che sarebbe tornato così, senza preavviso. Era tipico di Leonardo. Anche senza memoria.
Giuliano tornò a guardare il disegno, colto da una nuova speranza. «Quanto volete per il disegno?»

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I remember the face, but I can’t recall the name ***




Capitolo secondo

I remember the face, but I can’t recall the name
 
 





 
 
 
 
 
Giuliano era seduto allo scrittorio, nelle proprie stanze. Lanciò l’ennesima occhiata al disegno che aveva comprato dal mercante – che oltretutto aveva voluto una fortuna.
Spostò lo sguardo su uno dei cassetti, e lo fissò per diversi istanti. Poi lo aprì e ne estrasse qualcosa. Un quaderno nero, tutto rovinato; se lo si fosse aperto si sarebbe visto che era pieno di disegni e scritte incomprensibili. Ma il Principe non lo aveva preso per leggerlo.
Sciolse il cordino di cuoio e lo aprì, con delicatezza e rispetto. Come aveva fatto Alessia solo quel mattino, sfiorò i disegni, le scritte, che aveva già guardato e sfiorato più e più volte. Ormai conosceva a memoria ogni singolo tratto di quel quaderno, ogni lettera scritta al contrario, ogni disegno. Sospirò a fondo, sfogliando le pagine che aveva riguardato centinaia di volte, dopo che lo aveva preso dal laboratorio di Leonardo. Non se l’era sentita di dirlo a qualcuno, così lo aveva nascosto nelle sue stanze, dove sarebbe stato al sicuro.
Chiuse gli occhi e poggiò le pagine al viso, sospirando di nuovo. L’odore del carboncino, del cuoio e della carta lo invase, e Giuliano respirò a fondo più volte. Si ritrovò a sorridere, suo malgrado.
Ora non guardava più quel quaderno con nostalgia. Non del tutto almeno. C’era una speranza.
Un tocco lieve alla porta lo riportò alla realtà. Si chiese chi potesse essere: nessuno, a Palazzo Medici, bussava così.
«Chi è?» domandò.
«Alessia. Posso entrare?»
Giuliano sorrise appena, appoggiò il quaderno sullo scrittoio e annuì. «Certo, entra.»
La rossa aprì la porta e si affacciò, fece qualche passo e la richiuse dietro di sé. «Lorenzo mi ha spiegato la strada.»
Giuliano si appoggiò allo schienale della sedia. «Non ti impedirebbe mai di entrare a Palazzo» disse. «Vieni. Accomodati.»
Alessia si sedette sulla panca ai piedi del letto, e fu in quel momento che notò cosa sostava sullo scrittoio del de’ Medici. «Quello è uno dei suoi quaderni.»
Giuliano annuì. «L’ho preso il giorno dell’incidente.»
La rossa sorrise. «Sì, lo sospettavo.»
Lui la osservò, piegando appena la testa di lato. «Come mai sei venuta qui?» le chiese, con un leggero sorriso. Era ben felice che Alessia fosse finalmente uscita dal laboratorio di Leonardo di sua spontanea volontà.
Ella scrollò le spalle, appoggiando le mani sulle ginocchia. «Era il momento.» disse. Poi rise, la prima risata vera che Giuliano sentiva da mesi. «Beh, in realtà... avevo voglia di uscire. Per la prima volta e ho pensato che venire qui era la cosa migliore. E poi... credo che tu sia l’unico che può condividere la mia gioia.»
«Non è ancora tornato.» replicò Giuliano, con una smorfia.
«Lo so» Alessia annuì. «ma c’è speranza. E dopo quattro mesi così... beh, è qualcosa.»
Giuliano non disse nulla. Alessia aveva ragione, era una speranza rinata. Ma lui non riusciva a essere felice come lei. Finché non l’avesse visto con i suoi occhi non si sarebbe lasciato andare. Doveva vederlo per essere sicuro che Leonardo fosse davvero ancora vivo.
Alessia lo osservò per qualche istante. «So che è difficile» disse poi. «all’inizio non ci potevo credere nemmeno io. Ma, Giuliano...» si sporse appena verso di lui, osservando quegli occhi così uguali ai suoi. «abbiamo un indizio. Dopo tutto questo tempo abbiamo qualcosa in cui sperare. Francamente mi stupisce che tu non sia già partito.»
«Stavo cercando una buona scusa per Lorenzo.»
Alessia lo osservò di nuovo. Infine, con un balzo, si alzò e si avvicinò allo scrittoio, appoggiandovi le mani e sporgendosi verso Giuliano. «Bene. Sono io la tua scusa. Ti rapisco per un po’. Non sospetterà di nulla.»
Giuliano alzò appena un sopraciglio. «Non credo funzionerà»
La rossa gli porse una mano. «Perché non ci proviamo?»
Il Principe della Gioventù la guardò; infine, ridendo, prese la piccola mano di Alessia nella sua.
 
~
 
La prima tappa del de’ Medici e della giovane Augusti fu la fattoria dove il mercante aveva detto di aver incontrato Leonardo. Avevano supposto che i proprietari potessero sapere dove era diretto Leonardo, o almeno dove aveva intenzione di dirigersi.
Un uomo sulla cinquantina, con i capelli bianchi spettinati, stava lavorando nel campo. Alessia e Giuliano scesero da cavallo e si avvicinarono.
Il fattore alzò lo sguardo quando non erano troppo lontani. Aveva un volto gentile, che a Giuliano ricordò quello di suo nonno Cosimo. Li accolse con cortesia, e non sfociò nel reverenziale quando Giuliano si presentò. Ad Alessia quell’uomo piaceva e non si stupì che avesse dato rifugio a un Leonardo privo di memoria.
Fu Giuliano a porre la domanda. «Ci è stato detto che qui ha soggiornato un uomo. Trasandato, occhi e capelli scuri, disegna continuamente su un quaderno nero.»
«Ah, sì. Si faceva chiamare “Artista”, e non poteva trovare un soprannome più adatto. È andato via... un paio di giorni fa.»
«Sapete dove era diretto?» Alessia sembrava quasi ansiosa.
«Se ha seguito il mio consiglio, potete trovarlo da mia sorella. Ha una locanda sulla strada per Vinci. Si chiama il Gatto Impagliato.»
Giuliano estrasse un piccolo sacchetto tintinnante e lo porse al fattore. «Vi ringrazio, buon uomo. Siete stato di grande aiuto.»
Il Principe e Alessia si allontanarono, e nella mente del de’ Medici c’era già la figura del da Vinci. Non sapeva bene nemmeno come si sarebbe comportato: sapeva solo che voleva vederlo, anche a costo di litigare di nuovo con Lorenzo.
 
~
 
La locanda del Gatto Impagliato, nonostante il nome non facesse presagire nulla di allegro, era un posto piacevole. Non era molto grande, circondata da un piccolo giardino, e con una stalla che ospitava due o tre cavalli. Era un posto che sapeva mettere a proprio agio i clienti, e la donna che lo gestiva aveva un fare allegro e gioviale.
Quando le chiesero di Leonardo, disse che egli era uscito e che avrebbero potuto aspettarlo a uno dei tavoli. Comunque, non dovettero aspettare molto.
Si erano seduti da qualche minuto e la locandiera aveva portato del vino a Giuliano, quando Alessia si era illuminata per l’entrata di qualcuno.
Giuliano si voltò e quasi il bicchiere gli cadde di mano.
Leonardo da Vinci si stava dirigendo, con aria vagamente eccitata verso le scale che portavano al piano di sopra. Aveva le braccia cariche di fogli arrotolati, e non sembrava aver prestato attenzione agli astanti.
Almeno finché la locandiera non lo aveva fermato per dirgli qualcosa. A quel punto, l’artista aveva guardato nella direzione di Giuliano e Alessia e, mentre i suoi occhi erano scivolati sul volto della rossa senza emozione alcuna, quando si fermarono sul de’ Medici ebbe un fremito. Sembrò per un attimo preso dal panico, ma fu un’emozione fugace, che solo gli occhi attenti ed esperti di Alessia e Giuliano poterono notare.
Con le braccia ancora cariche, il da Vinci si avvicinò ai due, rivolgendo loro un sorriso di quelli che si disegnano sul volto quando si incontrano degli sconosciuti. «Mi è stato detto che mi cercavate»
Giuliano e Alessia sembravano a corto di parole. Erano talmente impazienti di ritrovarlo che non avevano pensato a cosa dirgli, oltretutto considerando il fatto che il da Vinci non ricordava nulla.
Ci furono diversi istanti di silenzio imbarazzante, in cui tutti e tre si guardarono l’un l’altro senza dire nulla. Finché la giovane Augusti, ben comprendendo cosa potesse passare nella mente di Giuliano, non decise di prendere in mano la situazione. Si alzò, fece una piccola riverenza e cominciò a parlare. «Buonasera, Artista. Io sono Alessia e lui è Giuliano. Veniamo dalla vicina Firenze. Vorremmo poter discorrere con voi di una questione di una certa importanza: c’è un luogo dove possiamo parlare senza essere disturbati?»
Leonardo lanciò alla giovane uno sguardo incuriosito, per poi annuire. «Ho pagato una camera per qualche giorno, possiamo parlare lì.»
Alessia sorrise. «Fateci strada.»
La camera non era molto grande, ma Leonardo l’aveva talmente riempita di fogli e disegni che le sue dimensioni risultavano alterate. Giuliano si guardò intorno: anche senza memoria, l’artista aveva mantenuto la sua passione per il volo. Non v’era un foglio che Leonardo non avesse occupato con qualche ritratto di volatili o studi sulle ali degli uccelli. Il da Vinci appoggiò ciò che aveva tra le braccia su un tavolo già ingombro e si voltò verso i due ospiti. «Qui potremo parlare senza essere disturbati.» li osservò, le mani sui fianchi e l’espressione da bambino dipinta in volto. Sembrava il solito Leonardo, se non fosse stato che non riusciva a riconoscerli.
Alessia respirò a fondo, cercando qualcosa con cui iniziare la conversazione, di nuovo. Non era facile e Giuliano non sembrava esser d’aiuto.
«Vostro fratello è muto?» Leonardo osservava Giuliano con una strana espressione, che Alessia non riuscì a decifrare.
«Cosa?» domandò, confusa. «Mio fratello?»
«Avete gli stessi occhi» replicò il da Vinci. «Ho dedotto che foste imparentati.»
«Oh, ehm...» Alessia non sapeva bene come rispondere. Il vero Leonardo conosceva tutta la storia ed era troppo complicata da spiegare. Soprattutto perché non era quello il loro problema.
«Ci è stato detto che avete perso la memoria.» Giuliano sembrava aver ritrovato la voce. «Che non ricordate nulla di chi siete. È così?»
Il volto di Leonardo si rabbuiò appena. Li scrutò, prima di rispondere. «Sì, è così. Perché vi interessa?»
«So che vi sembrerà strano, ma noi sappiamo cosa vi è successo e chi eravate prima di...» Alessia fece un respiro profondo prima di riprendere a parlare. «dell’incidente.»
Sul volto del da Vinci passarono diverse espressioni tutte insieme: dubbio, incredulità, e diverse altre che né la giovane Augusti, né il Principe riuscirono a cogliere. «Cosa?»
«Il vostro nome è Leonardo di ser Piero da Vinci.» rispose Giuliano. «Avete un laboratorio nella bottega di Andrea del Verrocchio, e lavorate per mio fratello Lorenzo. O almeno così era prima che spariste.»
Leonardo alzò le mani, come a fermare il racconto di Giuliano. «Un momento, un momento. Come posso sapere che quello che mi state dicendo è vero e che non siete altri che vogliono solo prendere i miei soldi.»
«Perché non ve ne abbiamo chiesti.» rispose Alessia, pacatamente. «Io vi conosco da quando avevo quindici anni. Ero al mercato con mia madre e mi avete chiesto di posare per voi.» dal borsello che teneva legato in vita estrasse un piccolo foglietto leggermente rovinato, piegato in quattro, e lo passò a Leonardo. «Mi avete regalato una delle bozze»
Il da Vinci la fissò. Effettivamente, lo riconosceva come un suo disegno. Con la differenza che non ricordava di averlo mai fatto. «E con voi, messer... Giuliano, giusto? Con voi che rapporti avevo?»
Seguirono di nuovo degli attimi di pesante silenzio. Il de’ Medici rimase a fissarlo, mentre sentiva anche lo sguardo di Alessia su di sé. Avrebbe dovuto aspettarsi una domanda del genere. Ma, come prima, non aveva preso in considerazione la cosa e quindi non sapeva come rispondere. «Erano... complicati.» era la risposta più vicina alla verità che riuscisse a dire.
Alessia sospirò. Il sole aveva cominciato a calare, dietro la finestra della stanza. «Forse è meglio se noi torniamo a Firenze. Vostro fratello vi starà aspettando a Palazzo Medici.» la rossa rivolse poi lo sguardo verso Leonardo, sorridendogli appena. «Pensate a quello che vi abbiamo detto, Leonardo. E se vorrete parlare di nuovo con noi, potrete trovarci alla bottega di Mastro Verrocchio.» lo salutò con una piccola riverenza e posò una mano sul braccio di Giuliano. «Andiamo, Giuliano.»
Il de’ Medici e l’artista si scambiarono un’occhiata, e di nuovo negli occhi del da Vinci passò qualcosa. Qualcosa che Giuliano aveva già visto prima, e capì che forse c’era ancora un ricordo nella mente di Leonardo. E al de’ Medici bastava. Per ora.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I'm busy mending broken pieces of the life I had before ***




Capitolo terzo

I'm busy mending broken pieces of the life I had before
 
 





 
 
 
 
 
 
Alessia aveva lasciato a Leonardo il ritratto che gli aveva mostrato, e ora il da Vinci se lo rigirava tra le mani da diversi minuti.
Avrebbe tanto voluto che quel disegno gli ricordasse qualcosa, ma la sua mente era ancora vuota. Riconosceva il suo modo di disegnare, in qualche modo sapeva di averlo fatto lui stesso. Eppure non ricordava quando, o perché. Poteva intuire il motivo per cui aveva voluto ritrarre quella giovane ragazza: aveva un viso fine, bello, delicato, e quegli occhi scuri spiccavano sulla pelle pallida e contrastavano con il rame dei capelli. Un viso come quello lo avrebbe ritratto anche in quel momento. Eppure, consapevole di tutto ciò, non riusciva a trovare nella sua mente un collegamento con lei. Non riusciva a ricordarla, e se c’era una cosa che non poteva sopportare era proprio questo. Perché poteva ricordare tutto quello che era successo da quando lo avevano trovato nel fiume, ma nulla di ciò che aveva vissuto prima?
Posò il foglietto sul tavolo al quale era seduto e guardò l’ultimo disegno che la sua mano aveva tracciato.
Erano solo un abbozzo, nulla che si potesse definire finito. Eppure, in quelle righe nere si poteva riconoscere un volto dai tratti marcati, duri ma al contempo eleganti, nascosti da uno strato di barba perfettamente curata. Un viso che fino a quel pomeriggio pensava di essersi inventato e che aveva, invece, acquisito un nome.
Giuliano de’ Medici.
La risposta d’egli alla sua domanda lo aveva lasciato perplesso: che tipo di rapporto poteva avere da essere definito “complicato”?
Leonardo si appoggiò allo schienale. Quel giorno aveva acquisito anche lui un nome: Leonardo da Vinci. Non aveva nemmeno bene idea di cosa significasse che “lavorava per Lorenzo de’ Medici”, o perlomeno di cosa facesse per il Magnifico, ma gli piaceva l’idea di avere un suo laboratorio in una bottega. Almeno non era costretto a spostarsi e pagare vitto e alloggio.
Sospirò e si passò le mani sul viso. Poi il suo sguardo cadde sulla pipa spenta ma pronta all’uso che teneva sul tavolo. Ci pensò su un momento: avrebbe dovuto ricordarsi di aprire la finestra l’indomani mattina. Ma, visto che aveva davvero troppi pensieri per la testa, decise che offuscarli un po’ non sarebbe poi stata una cattiva idea.
 
~
 
Forse l’oppio non era stata esattamente una buona idea. A meno che parlare con un gatto impagliato poteva considerarsi la normalità.
Leonardo non sapeva bene se quello che stava vivendo era un sogno o la realtà. La sua mente razionale gli diceva che doveva essere un sogno, anche se il gatto gli aveva detto che non lo era. Ma perché poi avrebbe dovuto credere a un gatto impagliato?
«Dubitate delle mie parole, Leonardo?» il gatto aveva una voce graffiante, antica. Come se fosse impolverata.
«Io dubito di tutto» replicò il da Vinci. «soprattutto di poter parlare con un gatto impagliato che, in quanto tale, dovrebbe essere morto.»
«Acuta osservazione» fece il felino. «quindi è per questo che non vi siete ancora diretto alla bottega di Mastro Verrocchio come vi è stato consigliato di fare?»
Leonardo lo guardò di sbieco. Non solo non era normale parlare con un gatto impagliato, ma si aggiungeva il fatto che egli usava un tono formale e ironico che gli dava quasi sui nervi.
Era così che la gente si sentiva quando lo stesso tono lo usava lui?
«Devo prima essere sicuro di ciò che mi è stato detto.»
«E come potete esserne sicuro, se non andate alla bottega?»
Il da Vinci incrociò le braccia al petto. Come era possibile che quel gatto avesse ragione? «Quindi dovrei recarmi alla bottega, secondo il vostro consiglio.»
«Mi chiedo perché non l’abbiate già fatto, Artista.» replicò il gatto, con uno strano sorriso. Inquietante, era la parola adatta. «La bottega può darvi le risposte che cercate. Soprattutto su quel giovane de’ Medici.»
Leonardo aggrottò la fronte. «C’è qualcosa che dovrei sapere?»
«Non da me.» il sorriso del gatto si allargò. «Ora svegliatevi, Leonardo. Il sole sta sorgendo.»
 
~
 
Giuliano camminava ininterrottamente davanti al tavolo, incapace di stare fermo. Alessia, dal canto suo, non faceva altro che cercare di scarabocchiare qualcosa – con scarso successo.
«Giuliano» lo chiamò con un sospiro. «calmati. Non aumenti le probabilità che lui arrivi facendo un solco nel suo laboratorio.»
Il Principe della Gioventù finalmente decise di porre fine alla sua passeggiata e si fermò davanti alla rossa. La osservò per qualche istante, cercando di vedere cosa la mano d’ella tracciava sul foglio. «Cosa stai disegnando?»
La giovane Augusti fece una smorfia, prima di alzare la bozza per permette al de’ Medici di guardare. «Io credo di non essere capace.»
I tratti neri sul foglio sembravano rappresentare una qualche forma umana, ma era difficile dire a chi somigliasse. «È... Leonardo?»
«Hai tirato a indovinare.»
«No, lo giuro! Si vede da... dagli occhi.»
Alessia gli lanciò uno sguardo di traverso. «Non sei bravo a mentire.»
Il de’ Medici fece un mezzo sorriso. «Va bene, scusa.» rispose, scuotendo la testa. «Ma tu hai altre qualità»
«Ad esempio?»
«Non sto più passeggiando, no?»
La rossa gli rivolse un sorriso.
Fu a quel punto che sentirono un chiacchiericcio diverso provenire dall’esterno dove gli artisti lavoravano sotto l’occhio attento del Verrocchio. Curiosi di sapere cosa avesse attirato la loro attenzione, e anche leggermente speranzosi, il de’ Medici e la giovane Augusti uscirono dal laboratorio.
Gli artisti avevano formato un capannello attorno a qualcuno, salutandolo e spostandosi per lasciarlo passare, il nome rimbalzava da una bocca all’altra. Alessia e Giuliano si avvicinarono a Verrocchio, che lo aspettava in disparte.
Il volto di Leonardo comparve davanti a loro dopo diversi istanti che sembrarono durare un’eternità. Verrocchio era stato informato della situazione dell’artista, così, quando si avvicinò a lui con gli occhi lucidi, si limitò a salutarlo poggiandogli le mani sulle spalle. «Bentornato, Leonardo.»
Il da Vinci gli rivolse un sorriso strano, quasi fosse in imbarazzo. C’era qualcosa di irreale, nel vedere un Leonardo imbarazzato, o almeno per Giuliano sembrava quasi impossibile vederlo. «Io... devo ancora abituarmi a questo nome.»
Verrocchio sorrise a sua volta, mentre si discostava di pochi passi. Giuliano e Alessia, invece, si fecero più vicini all’artista.
«È bello rivedervi.» Alessia non riusciva a non sorridere.
«Mi avete convinto.» replicò il da Vinci, lanciando poi un’occhiata verso gli altri artisti della bottega che lo avevano salutato – persino Botticelli si ritrovò a pensare Alessia -. «Immagino di aver riposto bene la mia fiducia.» Spostò poi lo sguardo verso Giuliano. «Mi avete detto che avevo un laboratorio.»
«Sarei ben lieto di mostrarvelo.» rispose il Principe della Gioventù.
Il da Vinci annuì e seguì il de’ Medici – il quale si ritrovò a pensare di essere in un sogno.
Alessia si avvicinò a Verrocchio e osservò l’artista tornare nel suo ambiente. Si sentiva stranamente leggera: sapeva che era solo l’inizio, ma ora Leonardo era lì e tutto sarebbe andato per il meglio.
 
~
 
Giuliano aprì la porta e si fece da parte, lasciando che Leonardo entrasse nel suo laboratorio.
Da parte sua, il da Vinci entrò nel locale e si fermò sulla soglia, osservandolo in ogni suo particolare. Si riconosceva, in quel luogo: il disordine, il prototipo di macchina volante (ne stava disegnando uno quando ancora non conosceva il suo nome, e gli piacque l’idea di averne già creato uno), i disegni sparsi. Si sentiva a suo agio, in qualche modo.
Il de’ Medici si limitò a rimanere sulla soglia, per dare il tempo all’artista di ambientarsi in quella che era casa sua. Si appoggiò alla porta, le braccia conserte e uno strano sorriso disegnato in volto. Ora che Leonardo era tornato non voleva perdersi un suo solo movimento. Ed era bello guardare il da Vinci muoversi per il locale, osservare i propri disegni, studiare la macchina volante. Lì dentro poteva recuperare la sua vita, i suoi ricordi. Giuliano ci sperava.
Nessuno dei due sapeva bene quanto tempo passò, ma ad un tratto Leonardo alzò lo sguardo e osservò il de’ Medici. «Quindi è qui che lavoravo.»
Giuliano annuì. «Vi passavate molto tempo.»
«Venivate spesso, immagino.»
«Abbastanza.»
Leonardo non disse nulla. Appoggiò la sacca che ancora aveva in spalla vicino al tavolo e continuò a frugare tra le sue cose. C’era qualcosa di strano, in tutto ciò: era come guardare tra le cose di un altro, ma che al contempo sapeva essere sue. Sì, si sentiva a suo agio in quel luogo, ma in qualche modo era anche estraneo.
Giuliano lo osservò, poi si staccò dalla porta. «Vi lascio solo.»
«No» Leonardo alzò lo sguardo sul de’ Medici, come se l’idea che si allontanasse fosse orribile. «No, restate.»
Giuliano tornò nella posizione di poco prima, cercando di trattenere un sorriso.
«Avete detto che i nostri rapporti erano complicati.» riprese a parlare Leonardo.
In realtà era molto più semplice di quello che si pensa avrebbe voluto dire Giuliano, ma si trattenne. «L’ho detto, infatti.»
«Spiegatevi.»
Giuliano avrebbe voluto dirgli tutto, e subito. C’era qualcosa che lo tratteneva però – una sorta di paura, come se temesse che Leonardo potesse respingerlo. Dopotutto, lo aveva ritrovato da un giorno. Doveva pensare a come essere più preciso. «Non credo sia il momento adatto per dirvelo.» Giuliano si dette dello stupido, perché sapeva che non era vero che doveva pensarci. Era quella stramaledetta paura a fermarlo.
«Per quale motivo?»
«Fidatevi di me. Ve ne parlerò al momento opportuno.» Giuliano giocò con la spada che teneva al fianco. «Ora avete pezzi più... importanti della vostra vita da recuperare.»
Leonardo non rispose, ma il nervosismo nella mano del de’ Medici non sfuggì al suo sguardo.

 
»Note dell'autrice

Ci sono delle precisazioni d'obbligo.
  1. i titoli del capitolo due e del capitolo tre sono citazioni, precisamente da Whatsername dei Green Day e Unintended dei Muse.
  2. devo ringraziare Hev e Sick: con voi passo delle serate bellissime. Grazie ♥
​_Eagle ||

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Water I will be, for I will extinguish one moment beside you flowing against the wind ***


 
Capitolo quarto
Water I will be, for I will extinguish one moment beside you flowing against the wind
 
 





 
 
 
 
 
 
 
Quando Alessia entrò a Palazzo Medici, Lorenzo si stava accomiatando da qualcuno.
Era un uomo un po’ avanti con l’età, dai capelli scuri e lo sguardo gentile. Alessia lo aveva già incontrato qualche volta, perché amico di Lorenzo da sempre: Giovanni Auditore. Si erano parlati un paio di volte; così come aveva già incontrato il figlio, Ezio: a modo suo, un ragazzo simpatico.
«Buongiorno» lo salutò con cortesia, un leggero sorriso gentile in volto. Il ragazzo la osservò, sorridendo a sua volta.
«Buongiorno, Alessia. Non credevo di trovarvi ancora qui. Pensavo foste tornata a Roma da diverso tempo.»
«Sono rimasta per... un amico.» la rossa si morse appena il labbro inferiore. C’era qualcosa, in quel ragazzo, che la metteva a disagio. Era come se la stesse costantemente corteggiando, e la giovane Augusti non sapeva bene se doveva esserne o meno lusingata.
Per sua fortuna, il padre di Ezio, Giovanni, si voltò dopo aver salutato Lorenzo e la notò. Le rivolse un sorriso gentile mentre scendeva le scale. «Buongiorno, Alessia.»
Lei gli rivolse una piccola riverenza. «Messer Auditore» al contrario di Ezio, Giovanni sapeva metterla a suo agio.
«Sono lieto di vedervi. Siete diventata bella quanto vostra madre.»
«Vi ringrazio.»
Lorenzo, che ancora aspettava in piedi sulla scalinata, richiamò la loro attenzione. «Giovanni! Non cercare di avere la sua attenzione tutta per te!»
Il padre di Ezio si voltò verso il Magnifico, sorridendo. «Perdonatemi, Lorenzo. Spero di rivedervi, Alessia.»
«Lo spero anche io» la rossa salutò Ezio con un cenno e si avviò sulle scale, raggiungendo Lorenzo che ancora l’aspettava.
Quando Alessia entrò nello studio di Lorenzo, si ritrovò a pensare all’ultima volta che vi aveva messo piede: diverso tempo prima, quando il Magnifico le aveva confermato di essere suo fratello e di averle salvato la vita per una promessa fatta a suo padre. Ormai nessuno si stupiva più della confidenza che ella aveva con i due fratelli de’ Medici, sebbene in pochi fossero a conoscenza del perché.
Lo studio non era cambiato da quella volta. Sebbene si fosse ormai abituata allo sfarzo del Palazzo, Alessia provava ancora una certa apprensione nell’entrare in quella particolare stanza. Lì dentro erano state discusse questioni molto più importanti della sua parentela con la famiglia Medici. Questioni di cui Alessia preferiva rimanere all’oscuro.
La giovane Augusti si sedette quando Lorenzo le disse di accomodarsi. Il Magnifico restò in piedi ancora diversi secondi, le mani posate sul ripiano di legno. Sembrava pensare a qualcosa.
Dal canto suo, Alessia lo osservava curiosa di sapere perché l’avesse convocata.
Finalmente, mentre prendeva posto dietro la scrivania, Lorenzo prese parola. «Sai dove posso trovare Giuliano?»
La giovane Augusti non poteva certo dire di non aspettarsi che sarebbe stato quello l’argomento. Lorenzo cercava di decifrare lo strano comportamento di Giuliano da quando Leonardo era scomparso. Però, Alessia non vedeva Giuliano dalla sera prima, quando egli si era allontanato dalla bottega per raggiungere il Palazzo. «Non ha l’abitudine di svegliarsi presto, quindi immagino sia ancora nelle sue stanze.»
Il Magnifico aveva intrecciato le dita, posate poi sul ripiano. Si lasciò scappare un sorriso. «Ma immagino che tu l’abbia visto, ieri.»
La rossa strinse appena le palpebre, piegando la testa di lato. «Qual è la vera domanda che volete pormi, Lorenzo?»
Il de’ Medici sospirò appena, appoggiandosi allo schienale. «Ho notato che Giuliano passa molto tempo alla bottega di da Vinci.»
Alessia scrollò le spalle. «Ci passo buona parte della mia giornata anche io.»
«Ma tu non hai dei doveri a cui adempire.» Lorenzo si alzò di nuovo. La giovane Augusti si ritrovò a pensare che in effetti in quel momento somigliava molto al fratello. «Giuliano... sembra ossessionato, da quella bottega. Passa tutto il suo tempo in compagnia dell’artista.»
«Leonardo è appena tornato» rispose Alessia, vaga. «Giuliano mi sta... aiutando a fargli recuperare la memoria.»
«Non penso ti stesse aiutando anche quando da Vinci era creduto da tutti morto.»
Alessia si morse il labbro. Maledetto lo spirito d’osservazione di Lorenzo. «In un certo senso...» sospirò appena. «Mi è stato vicino quando, beh...» lasciò la frase in sospeso, sperando che Lorenzo abboccasse. «Lorenzo, non vi preoccupate. Lasciate che mi aiuti a risolvere questa situazione. Sapete che quando si mette in testa una cosa è difficile rimuovergliela.» Lorenzo fece una smorfia di disappunto, ma concordò. «Lasciatelo fare. È molto più attento di quello che sembra.»
Sebbene non sembrasse molto convinto, il de’ Medici acconsentì.
 
~
 
Giuliano si era alzato prima del solito quel giorno. Per la prima volta in vita sua, il fatto di svegliarsi presto non era un problema. Prima si svegliava, prima poteva andare alla bottega di Leonardo.
Aveva appena superato l’ultimo gradino, quando la voce di suo fratello lo richiamò. «Buongiorno, Giuliano.»
Il più giovane dei Medici si voltò, osservando il fratello scendere le scale con un’allegra Alessia. «Buongiorno.»
«Sei mattiniero, questa mattina» Alessia sembrava osservare le mosse di Lorenzo, scrutando i due fratelli con occhio attento. La rossa constatò che Giuliano sembrava essersi alzato col piede sbagliato, come si usava dire.
«Ho delle commissioni da svolgere» fu la risposta del Principe.
«Insieme ad Alessia, immagino»
Giuliano annuì. «Insieme ad Alessia» non gli era sfuggita l’occhiata che la rossa aveva lanciato a Lorenzo.
«Ci rivedremo più tardi, allora»
Mentre Giuliano salutava il fratello e si avviava verso l’uscita, Alessia si alzò in punta di piedi e posò le labbra sulla guancia leggermente ruvida di Lorenzo. «Grazie» sussurrò solo, prima di raggiungere il Principe.
 
~
 
L’entrata di Leonardo nella locanda di Vanessa fu uno strano evento per tutti. Nel momento in cui l’artista mise piede nel locale, calò uno strano silenzio. Nemmeno i boccali venivano mossi. Era come se fosse entrato un fantasma, e in effetti non si era molto lontani dalla realtà.
Il primo a interrompere quel silenzio pesante fu Zoroastro che, superato il momento di stupore iniziale, fu più che felice di accogliere il da Vinci. «Non ci posso credere, Leonardo!» si era avvicinato e lo aveva abbracciato. L’artista aveva ricambiato un po’ titubante, mentre anche Nico e Vanessa raggiungevano l’amico.
Giuliano e Alessia si sedettero al tavolo dove poco prima erano seduti Zoroastro e l’apprendista di Leonardo, aspettando che li raggiungessero.
Dal canto suo, l’artista non sapeva bene come ricambiare quelle attenzioni. Alessia aveva avuto l’accortezza di avvisarli del fatto che non li ricordasse, ma nessuno di loro poteva contenersi nel vederlo vivo.
Leonardo si sedette dopo diverso tempo accanto a Giuliano, con Zoroastro e Nico che presero posto davanti a lui. Nessuno riusciva a togliersi il sorriso dal volto.
«Vi porto qualcosa» disse Vanessa, avviandosi verso il bancone. Quando tornò indietro, aveva un piatto di salsicce e diversi calici di vino su un vassoio. Persino Alessia si arrischiò a berlo, quel giorno.
«Dimmi, Leonardo» cominciò Zoroastro, addentando un salsicciotto. «non è che mangi carne adesso?»
L’artista scosse la testa. «Non mangio niente che abbia un cuore» replicò.
Zoroastro si voltò subito verso Nico, puntandogli il dito contro. «Non ti azzardare a chiedere dei carciofi.» Metà degli astanti li guardarono di sottecchi, ma il biondo liquidò la cosa con un gesto della mano.
Leonardo bevve un altro sorso. «Ditemi qualcosa di voi.» disse, guardando alternativamente i tre amici. «Qualcosa che dovrei ricordare.»
«Io sono Vanessa Moschella» cominciò la ragazza, indicandosi con una mano. «Mi hai affrancata dal convento di Sant’Antonio non molto tempo fa e grazie a te ho aperto la locanda» stava sorridendo, quando con un gesto della mano indicò Zoroastro, come se volesse passargli la parola.
«Presentati prima tu, Nico.» disse il mulatto, prendendo un’altra salsiccia dal piatto.
«State pensando a cosa dire?» chiese Giuliano, lanciandogli un’occhiata di traverso.
«Sono il più interessante» replicò Zoroastro.
Il Principe scosse la testa ma non replicò.
«Posso?» Nico spostava lo sguardo dall’amico al de’ Medici. «Io sono il vostro apprendista da diverso tempo. E quando non seguo voi seguo lui» aggiunse, indicando Zoroastro.
Il quale, sentendosi preso in causa, decise che era arrivato il momento di fare la propria presentazione. «Il mio nome è Zoroastro, e siamo amici da più tempo di quello che vorrei ammettere.» fece una specie di plateale inchino, seguito da una smorfia. «Il mio compito è quello di fare in modo che tu non sia mai a corto di materiale per i tuoi studi.»
«Che tipo di materiale?» Leonardo sembrava divertito.
Il mulatto sembrò pensarci su qualche istante, prima di rispondere. «Io ti procuro cadaveri»
«Vi rendete conto che avete appena ammesso davanti a me di essere un ladro di tombe?» Giuliano lanciò a Zoroastro uno sguardo di traverso.
«Siete tra noi, no?» replicò il mulatto, facendo un gesto eloquente con la mano. «Ormai fate parte del gruppo»
«Non stavi pensando davvero di riferire tutto questo a Lorenzo?» Alessia incrociò le braccia al petto, e a nessuno sfuggì il lieve colorito rosso che le tingeva le guance.
«Certo che no» rispose il Principe. «Sei per caso ubriaca, Alessia?»
«Certo che no» la rossa si rifugiò dietro al boccale.
Leonardo si ritrovò a ridere. Se quella era la sua normalità, non gli dispiaceva per nulla.
 
~
 
Quella sera, Giuliano aveva aiutato a riaccompagnare Alessia alla bottega. Non aveva bevuto più d’un boccale, eppure evidentemente il vino non faceva per lei.
Si era addormentata tra le braccia di Leonardo, mentre tornavano a casa, e dopo averla adagiata nel suo letto il da Vinci e il de’ Medici erano tornati nel laboratorio.
L’artista si era messo a disegnare qualcosa, così Giuliano si era appostato in disparte a guardarlo. Gli piaceva osservare il da Vinci all’opera, gli dava un senso di normalità. Per quanto tutta quella situazione fosse decisamente poco normale.
«Non volete tornare a Palazzo?» Leonardo alzò il volto dalla sua opera, qualunque essa fosse, per concentrarsi su Giuliano.
Egli scosse le spalle. «Sono un uomo libero. Posso tornare quando più mi aggrada.» fece una pausa. «Volete che me ne vada?»
Leonardo scosse appena la testa, abbassandola come se volesse rimettersi a disegnare. «No, restate quanto volete.»
Cadde di nuovo il silenzio, rotto solo dal grattare del carboncino sul foglio. Giuliano avrebbe voluto avvicinarsi e guardare, come faceva una volta, ma si trattenne: non era il momento. Non ancora. Avrebbe dovuto essere paziente, una virtù che non aveva mai imparato a coltivare e che ora lo stava mettendo alla prova.
Al Principe non sfuggì che la mano di Leonardo aveva cominciato a muoversi sempre più velocemente. Non grattava più veloce ma leggera come al solito: era diventata concitata, quasi nervosa. Anche il volto di Leonardo aveva preso un’espressione diversa dal solito esser concentrato. Sembrava cercare qualcosa che non riusciva a trovare.
«Cosa succede, da Vinci?» il tono di Giuliano si fece preoccupato. Si avvicinò al tavolo, dove vide, su uno dei fogli del quaderno, una serie di linee scarabocchiate. Leonardo aveva sempre disegnato senza alcun problema: in quel momento, invece, sembrava che non avesse mai preso in mano un carboncino in vita sua. Quei tratti non richiamavano nulla: erano solo grossolane linee che il da Vinci non riusciva a trasformare in qualcosa di concreto.
Giuliano agì d’istinto: posò una mano sulla mancina dell’artista. «Fermatevi, da Vinci» disse, incrociando lo sguardo dell’altro. Ritrasse immediatamente l’arto, e dopo un momento Leonardo scaraventò via il carboncino e si prese la testa tra le mani.
«Sto cercando di ricordare qualcosa, ma la mia testa è... è come...»
«Lo so» disse Giuliano, anche se non era vero. In realtà non sapeva come si sentisse l’artista, ma poteva vederlo e gli bastava. «Parlatemi, posso cercare di aiutarvi.»
«Io non ricordo nulla!» Leonardo si alzò, scaraventando lontano il quaderno che sbatté contro il muro e cadde a terra con un tonfo sordo. «Ogni volta che cerco di ricordare chi ero, vedo solo... il vuoto. Hanno già provato ad aiutarmi, come potete pensare di potermi aiutare voi?»
«Gli altri» rispose Giuliano. «non erano abbastanza incentivati.»
L’artista lo fissò. «Che cosa intendete dire?»
Il Principe non rispose subito. Come poteva spiegargli perché lui era più stimolato di altri ad aiutarlo a ritrovare la memoria? «Nessun altro ha la metà della mia motivazione, artista.» replicò, fissando quegli occhi scuri che ora chiedevano risposte. «Nessun altro più di me vuole che voi ritroviate la memoria.»
«Perché?» nel tono di Leonardo c’era qualcosa che Giuliano non aveva mai sentito e somigliava troppo alla disperazione.
Di nuovo, Giuliano non rispose. Si ritrovò a pensare che c’era un solo, maledetto tavolo a separarli, e lui avrebbe voluto avvicinarsi. Voleva di nuovo poter toccare quel corpo che gli era mancato per così tanto tempo.
«Perché io sono innamorato di voi, Leonardo.» rispose infine. «E, una volta, voi lo eravate di me.»

 
»Note dell'autrice

Ed eccomi qui. Ce l'ho fatta.
Innanzitutto, sappiate che questo capitolo è stato un patema bello grosso. Alla fine mi sentivo come se avessi corso la maratona e fatto una gara d'apnea. Tutto insieme. Giuro che è stata una sofferenza assurda.
Pooooi HABEMUS DATAM GENTE. FINALMENTE. Il 24 Ottobre torna Da Vinci's Demons, olè! E io ovviamente ho aggiornato anche per festeggiare, EH.
Vi lascio il link di questa splendida petizione da firmare perché LA TERZA STAGIONE NON DEVE ESSERE L'ULTIMA. Sto imprecando tantissimo per questo QUINDI firmate èè We can't go down without a fight - #SaveDaVincisDemons
In ultimo, le mie solite precisazioni.
  1. il titolo del capitolo è la traduzione in inglese di un verso della canzone Controvento di Arisa;
  2. voglio ringraziare Hev e Sick come sempre perché mi sopportano nei miei deliri e anche Chain of Memories che si è letta tutti i capitoli e anche qualche shot in pochissimo e per questo la ringrazio nemmeno lei sa quanto;
  3. ho scoperto che adoro fare Zoroastro, soprattutto perché è veramete scemo. Ma lo si ama per questo <3
_Eagle ||

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3178986