Bad Blood

di ladymia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Misha Kallen ***
Capitolo 2: *** Monday problem ***
Capitolo 3: *** Page ***
Capitolo 4: *** Non-umano ***
Capitolo 5: *** You'are a badblood ***



Capitolo 1
*** Misha Kallen ***


 
 


Ci sono cose che nessuno ti dirà
ci sono cose che nessuno ti darà
sei nato e morto qua 
sei nato e morto qua 
nato nel paese delle mezza verità

 




Tutti ad Adelaide sapevano chi fossero i Bad Blood.
Magnacci? Errato.
Assassini? Riprova.
Ladri? Nemmeno questo.
Per i criminali, Dana e Luke avevano il sangue cattivo, maledetto.
Non c’era nessun caso, omicidio, rapina, rapimento, che non potesse essere risolto da loro due.
Essere fratelli gemelli era un vantaggio poiché erano connessi, le loro menti, assieme, potevano dare tutte le soluzioni anche nei casi più difficili.
Ad Adealide ci pensi due volte prima di uccidere, perché sai che, in qualche modo, loro due ti scopriranno. Non ci sono prove che puoi camuffare, testimoni che puoi comprare, perché loro scopriranno la verità, comunque. Dana e Luke sono nati ad Adelaide, figli di un detective privato, sono stati cresciuti come militari. Disconoscono ogni tipo di legame affettivo, se non quello fraterno, i sentimenti per loro sono solo una debolezza, per loro esiste solo il lavoro, non sanno cosa significa uscire il sabato sera con gli amici, non sanno cosa si prova ad un primo appuntamento, non sanno nemmeno come ci si senta a vivere una vita vera. Non sono mai andati in Chiesa, loro, in Dio, non ci credono per niente, ma è giusto così, hanno visto troppi corpi morti, uomini uccisi da altri uomini, bimbi innocenti pagare per le colpe dei genitori, sequestri di persona solo per guadagnare soldi, insomma, Dio, creare delle creature così imperfette non è stata la cosa migliore che tu abbia fatto.
Dei due, quella più danneggiata, è sicuramente Dana.
Dana è fredda, come il marmo, rigorosa, ossessionata dalle regole e dalla ragione e l’unica cosa che la spaventa davvero, oltre perdere Luke, è non trovare la verità, non avere una soluzione, una spiegazione.
Luke è Luke, meno freddo, ha un carattere abbastanza forte e deciso, sa cos’è piacere ma non cos’è l’amore, gli piacciono le donne, pure troppo, gli piace svagarsi dal lavoro ma, in realtà, non se ne stacca mai realmente.
Hanno vissuto per un po’ all’estero, in Inghilterra, doveva avevano aiutato un vecchio amico di famiglia a scovare una banda di ladri inglesi. Da qualche giorno, dopo due lunghi anni, erano tornati a casa e il capo della Polizia locale, non aveva perso tempo a chiamare.
Il posto era pieno, nonostante i poliziotti avessero messo i sigilli gialli, nessuno si voleva allontanare dalla scena del crimine.
«Cosa avete da guardare?» urlò Luke «Tornate a casa, cosa avete da guardare in una persona morta?»
Dana sorrise, Luke era anche conosciuto per la crudezza e la sua schiettezza.
I ragazzi superarono i sigilli e si avvicinarono al cadavere, coperto da un telo della scientifica.
L’ispettore, Peter Brown, era un tipo abbastanza grassottello, tanto grasso quanto stupido, tutta ciccia niente cervello, fosse stato per lui, tutti gli omicidi di Adelaide sarebbero stati archiviati, poiché, secondo lui, senza prove per accusare qualcuno. Ma le prove, ricordatevelo bene, ci sono sempre, nessun assassino fa tutto alla perfezione, si lascia sempre sfuggire qualcosa.
«I Bad Blood sono tornati a quanto vedo» Brown si credeva simpatico quando affidava loro questo nomignolo che era diffuso tra i criminali, in realtà, era di poco gusto.
«Chi abbiamo qui, Brown?» Dana ignorò la battuta fuori luogo dell’ispettore, volendo andare subito al sodo.
L’ispettore sorrise «Guardate voi stessi, sono sicuro che la riconoscerete»
Luke e Dana si guardarono, non preoccupati, loro due non avevano mai paura, non era spaventati del fatto che prima o poi una di quelle vittime potesse essere un membro della loro famiglia, perché se un criminale era abbastanza intelligente da architettare un omicidio, arrivava anche al fatto che uccidere una della famiglia dei Bad Blood, gli avrebbe portato tanti, troppi, mali.
Dana scoprì il volto e la riconobbe subito.
Misha Kallen.
Venticinque anni, proprio come loro, compagna di asilo ed elementari, poi, le loro strade si erano divise; Luke e Dana aveva preso l’accademia militare, e, per quanto ricordassero, l’ultima volta che si erano visti qualche anno prima aveva detto loro che si era iscritta a medicina.
«Com’è morta?» chiese Luke, leggermente scosso.
«Strozzamento, ma dobbiamo aspettare la scientifica»

Dana scoprì il corpo e notò dei segni violacei sul suo collo: La donna era stata strozzata con le mani, quindi, si trattava di strozzamento manuale. Quello che però non convinse Dana fu la forma e la posizione degli ematomi. Lo strozzamento manuale, di solito, lascia dei lividi ben precisi dovuti alla pressione dei polpastrelli sulla laringe, lasciando anche i segni delle unghie conficcate nella carne a causa della forza necessaria per lo strozzamento. Misha aveva ematomi blu, molto grandi, su tutto il collo, soprattutto nei laterali. Questo significava che la vittima non poteva essere stata uccisa con lo strozzamento manuale, bensì, sarebbe stata solleva dal collo per lungo tempo senza però essere uccisa. Essendo stata la vittima sospesa in aria, la forza peso l’avrebbe spinta verso il basso, il collo, quindi, che era l’unica parte appoggiata a qualcosa, ovvero le mani dell’assassino, ne aveva subito le conseguenze, doveva essere per forza così: Il collo aveva avuto una pressione maggiore sulla mano del carnefice, questo aveva portato la pelle della vittima a pestarsi in una maniera impressionante, soprattutto in quei punti, i laterali, dove il carnefice teneva le dita. Questo però non l’aveva portata alla morte, Dana, infatti, non capiva perché Misha fosse stata sospesa in aria, sicuramente da un uomo abbastanza robusto dato che non è semplice sollevare una persona da terra con le mani, soprattutto, come abbiamo spiegato prima, se tutto il suo peso si riversa nelle tue mani a causa della forza di gravità.
Non era sicura, ma a prima vista, non sembrava morta per strozzamento.
Ma allora perché? Perché innalzarla in aria?
 
Dana indicò i segni al fratello che subito capì «Brown fammi sapere se la donna aveva delle relazioni, controlla se andava in palestra e portami tutti gli uomini più alti e robusti»
«Non ti scordare i risultati dell’autopsia, abbiamo un assassino da scovare» aggiunse Dana.
, aggiunse Brown, questi sono proprio con il sangue cattivo.
 

***
 
 
Dana e Luke erano stati convocati in centrale prima del previsto, con un messaggio dell’ispettore, dove ci diceva, ci sono belle, ansi, bellissime notizie. Luke aveva fatto finta di non leggere l’enorme errore di ortografia che c’era, ed aveva svegliato Dana, che si era addormentata dopo avere letto il diario segreto della vittima che le era stato fornito dall’ispettore.
Luke guidava e con la coda dell’occhio osservava la sorella, sembrava pensierosa e scossa, per il pensierosa era una abbastanza normale, stava sicuramente cercando un soluzione al caso, che fosse scossa però, era strano. Non c’era niente che potesse scalfire Dana Hemmings.
«Tutto bene, sis?» le chiese Luke.
Lei scosse la testa «Il diario di Misha mi preoccupa un po’»
Lui le fece segno di continuare.
«Non ti sembra strano che Misha abbia scelto medicina? Insomma lei voleva fare la scrittrice, per quelle poche volte che le ho parlato, mi diceva sempre che le piaceva scrivere»
«Tutto ciò cosa c’entra con la sua morte e con il suo diario?»
«Nel suo diario non parla di se stessa, Luke»
Luke la guardò confuso, ok che erano gemelli, ma non era telepatici, onestamente poi, entrare nella testa di Dana era troppo complicato, persino per lui, che la conosceva da tutta la vita. Notando l’espressione da pesce lesso del fratello, Dana continuò a spiegare.
«Scrive di un mostro che la osserva durante notte, veloce, forte, bello»
Luke scoppiò a ridere «Andiamo! non le crederai vero?»
Dana sbuffò «No, solo che pensavo potesse aiutare questo diario»
***
«Abbiamo trovato il colpevole» aveva decretato Brown.
Dana e Luke lo aveva guardato male, era un po’ impossibile come cosa, soprattutto poi se questo colpevole era stato scovato da lui.
«Irwin» strillò il grassone «Portami i fascicoli»
Pochi minuti dopo entrò l’ufficiale, Dana e Luke si guardarono sorpresi.
Non poteva essere quell’Irwin, quell’Ashton Irwin. Lo stesso Irwin, che aveva incendiato i fiori della signora Hemmings, che aveva rotto giocando a pallone la finestra della camera di Luke, quel piccolo scapestrato non poteva essere diventato un poliziotto.
«Voi?» disse sconvolto Ashton.
«Irwin che stai lì impalato? Portami quei dannati fascicoli»
«Sì, ecco, sì»
Ashton li porse a Luke, che li prese e li avvicinò alla sorella, così da poterli leggere. Nel frattempo Ashton spiegava:
«La vittima aveva il collo rotto, lo strangolamento deve essere stato violento. L’ora del decesso risale sicuramente all’alba circa alle cinque»
Dana guarda le foto della ragazza e proprio non riusciva a capire. Oltre ad essere forzuto, l’assassino doveva essere anche molto preparato, perché, per quanto può sembrare semplice, non è facile rompere il collo della vittima con le mani nude, ci vuole una precisione assurda.
«La buona notizia è che ci sono impronte digitali ovunque» aggiunse l’ispettore.
«Con un colpa di fortuna prenderemo l’assassino» disse Ashton.
Dana e Luke non erano convinti.
«Di chi sono?» chiese Luke.
Ashton sospirò «Questa è la parte strana del fatto. Michael Clifford, diciannove anni, chitarrista, di Sydney»
 I gemelli si pietrificarono.
«Cosa vuol dire di Sydney? Come pensate l’abbia uccisa? Con il teletrasporto?» urlò Luke.

 






CAUSE BABE NOW WE'VE GOT BAB BLOOD.

Bene bene, qui abbiamo un mistero da svelare!
Mi sono cimentata nella mini-long. Che stramente è quasi completa.
Non saranno molti capitoli massimo cinque. All'inizio volevo fosse una long, però non credo, non so se riesco. Anche perchè è pure soprannaturale e ci vuole troppa fantasia ed io , in questi giorni, no  ne ho molta.
Fatemi sapere se vi piace, o aggiunte la storia tra le seguite o da recensire, basta che mi fate sapere.

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Capitolo 2
*** Monday problem ***


 
 
Scusate se questo capitolo è tutto in grassetto( ovvero solo dialoghi) ma è fondamentale per un giallo il dialogo, non mi posso concentrare sui pensieri di tutti, rimedierò nel prossimo!






Ashton sospirò «Questa è la parte strana del fatto. Michael Clifford, diciannove anni, chitarrista, di Sydney»
 I gemelli si pietrificarono.
 «Cosa vuol dire di Sydney? Come pensate l’abbia uccisa? Con il teletrasporto?» urlò Luke.
 
«Non lo sappiamo. Abbiamo mandato delle scorte in tutti gli hotel, motel, stanze affittate di Adelaide, ma di lui nessuna traccia, quindi deve essere tornato a Sydney subito dopo l’assassinio» spiegò Ashton «Perché sapete meglio di me che nessuno può incolpare qualcuno con delle impronte digitali, deve essere stato lui per forza»
 
«Hai ragione Irwin, non me lo sarei mai aspettato da te» confessò Luke.
Sì, ma per Dana, qualcosa non quadrava, doveva essere abbastanza stupido come assassino, eppure, non ci voleva un genio per capire che se non vuoi venire in gatta buia devi ripulire bene.

«O Clifford è un coglione o semplicemente vuole prendersi un po’ di fresco, pensateci un po’: Noi siamo arrivati circa elle otto e mezza e la polizia ha ricevuto una chiamata solo alle otto. L’ora del decesso è avvenuta intorno alle cinque, con tre ore, facciamo due dai, l’assassino avrebbe potuto benissimo pulire il corpo o nascondere il cadavere»
Luke la interruppe, pesando che la sorelle avesse ragione «In effetti è strano trovare il corpo in pieno centro storico per giunta con tanto di impronte.»
Dana annuì dando ragione al fratello «Cosa ci faceva poi una ragazza di venticinque anni, sola, all’alba, in pieno centro?» domandò poi.
Nessuno rispose.
Il caso era troppo confuso, mancavano dei pezzi, per non parlare poi della distanza.
La distanza tra Adelaide e Sydney è di quindici ore in macchina, nove se si prende il treno ad alta velocità, come aveva fatto Clifford ad uccidere la vittima e arrivare a casa?
Dana ebbe ci pensò su «A che ora avete chiamato il dipartimento di Sydney per rintracciare Clifford?»
Ashton ci pensò «Verso le tre»
Dana guardò l’orologio erano le tre e mezza, allora capì.
«Irwin, portami subito gli orari di tutti i treni dalla mezzanotte alla tarda mattinata»
Luke annuì, avendo, anche se non del tutto, capito le intenzioni della sorella.
Il caso era giunto alla soluzione.
 
***
Michael Clifford era arrivato ad Adelaide con il treno ad alta velocità esattamente alle due di notte.
Dieci ore spaccate.
Clifford ha avuto in tutto venti ore e qualche minuto: Dieci per andare, dieci per tornare, più cinque minuti per uccidere la vittima.
Erano stati interrogati per più di sette ore tutti i familiari della vittima.
Misha Kallen era un mistero pure per loro.
Dana aveva interrogato per due ore la madre di Misha, Taylor, ma più che non la madre, sembrava stesse parlando con una signora presa a casa in strada.
Mia figlia ha sempre avuto dei buoni voti a scuola, racconta la madre, non ha mai frequentato cattive amicizie o almeno credo.
Non passava molto tempo in casa, ma sapete, la sua università era parecchio impegnativa non ci voleva tra i piedi.
Quando Dana aveva chiesto se negli ultimi tempi aveva notato qualcosa di strano e lei aveva scosso la testa, se stesse frequentando qualcuno, se avesse un ragazzo o si stesse frequentando con qualcuno.
Palestra? I-io,sentite, non so rispondere a nessuna di queste domande. Mia figlia amava scrivere, non le interessa del mondo vegetale fuori, lei fantasticava.
Fu proprio questo verbo a far rabbrividire Dana, fantasticava, ma su chi? E su cosa?
Quando Dana arrivò nella sala degli interrogatori, seguita da Luke, Ashton e Brown, vide un Clifford principescamente seduto sul tavolo che giocherellava con le catene.
Michael Clifford era davvero un bellissimo ragazzo, aveva i capelli neri e gli occhi di un colore chiarissimo, forse verdi, forse bianchi, non erano ben definiti.
Era vestito di nero e aveva un cappello rosso indossato al contrario.
 «Accomodati, Clifford» ordinò Luke.
«Se me lo chiede quel bocconcino lo faccio» sorrise malizioso il presunto assassino.
Dana gli sorrise «Questo bocconcino è lo stesso bocconcino che ti sta per sbattere in galera»
 
Lui non sembrò scalfirsi, la sua espressione rimase immutata.
Michael pensò che Dana fosse una ragazza forte e testarda, ma non era l’unica che non poteva essere ferita lì dentro.
L’interrogatorio non iniziò con le solite domande ovvero dove si trovava intorno “tot ora del decesso” o ha bisogno di un avvocato.
Dana iniziò con la spiegazione del caso, sicura, al novantanove percento che la soluzione fosse così.
«Sai vero che abbiamo trovato le tue impronte sul collo della vittima?»
Lui annuì non parlando, dando spazio ,così, a Dana.
«Per la legge, quindi, hai già l’ergastolo. Io però, sono qui anche per far luce sull’andamento dei fatti»
«Sentiamo» sussurrò lui.
«Il tuo principale ha detto al dipartimento di Sydney che tu inizi al lavorare alle undici di sera dato che lavori in un night club, intrattieni i clienti con i tuoi canti, fino a quando non vanno via tutti, non in orari fissi e tu puoi chiudere il locale. Il lunedì però, ovvero l’altro ieri, tu hai il giorno libero»
«Fino a qui, giusto» ironizzò Clifford.
Dana lo ignorò e continuò la sua versione dei fatti  «Lunedì però »  gli porse questi tabulati  «C’è un treno che parte alle dieci del mattino, quindi, più o meno, dovresti essere arrivato qui per le otto le nove di sera. Tutto il tempo per sistemare il tutto alla perfezione, non lasciando tracce del tuo nome in nessun luogo. Questo ci fa intuire che tu sia uscito con la vittima, che era perfettamente sistemata, fino alle cinque del mattino. Adesso guarda i tabulati della stazione di Adelaide. L’ultimo treno è delle cinque e venti, o si prende questo o si aspettano le due del pomeriggio, ovviamente per quando riguarda i treni ad alata velocità»
 
«Grazie per gli orari, mi serviranno» disse lui, strafottente.
Luke lo guardò: o era innocente e quindi perfettamente pulito o aveva il sangue freddo, perché il suo volto non trapelava né ansia né paura.
 
 «Non essere spiritoso, tu non hai un futuro» sbottò Dana.
«Dicevo- riprese il discorso- Non avevi calcolato questo ritardo. Non potevi permetterti di perdere il treno delle cinque, perché il tuo alibi sarebbe saltato. Se avessi, appunto, preso quello delle due del pomeriggio saresti arrivato alle dodici di sera, sicuramente la polizia ti avrebbe scoperto. La polizia di Sydney afferma che, appunto, quando sono venuti a trovarti alle tre del pomeriggio tu eri a casa. Però non potendo permetterti di prendere quello delle due, ti sei sbrigato a fare tutto: La distanza tra il centro e la stazione di quindici minuti a piedi, quindi dopo aver ucciso la vittima rompendole il collo, sei scappato via senza ripulire»
Michael applaudì
«Complimenti bionda, perfetta, se non per un dettaglio. Io il lunedì faccio il barista in un altro locale, di un mio amico, non sempre, ma questo lunedì sì. Oltre i testimoni, lo possono confermare anche le telecamere»
Dana sbiancò.
Lei non poteva fallire.

 

Volete giocare con Dana?
aiaiaiai, mi sa che la nostra biondina abbia fatto un buco nell'acqua.O forse no?
E' stato o no Michael ad uccidere Misha Kallen?
Ma poi, chi è veramente Misha Kallen?
E Michael?

SEE YOU SOON!

 

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Capitolo 3
*** Page ***


 
 


A Michael,
bruciato, sfregiato, pelato, rosso, biondo, nero, verde, azzurro.
Ai miei occhi apparirai sempre bellissimo, non perfetto, perchè tu non sei perfetto, anzi, sono certa che sei una testa di cazzo quando vuoi, ma who cares?


Dana non era furiosa, di più.
Quando aveva esposto il suo piano all’ispettore, gli aveva chiaramente detto di controllare le telecamere della stazione, solo se i filmati avessero mostrato Clifford, lui, le avrebbe potuto dare l’avvio all’interrogatorio. Ma l’ispettore non li aveva visti quei filmati perché era sicuro di poter incastrare Clifford anche senza di questi, così aveva dato l’avvio. Guardando i filmati con Luke ed Ashton, non c’era nessuna traccia di Clifford e lei aveva fatto solo un buco nell’acqua.
Tutti i passeggieri del tratto Adelaide-Sydney ed i controllori erano stati interrogati da Dana e Luke, ma nessuno di loro sembrava riconoscere Clifford come presunto passeggero. Dana non ne poteva più dell’incompetenza del distretto di Adelaide, né era sicura che a Sydney qualcuno avessero fatto i controllori come si deve.
Il caso ad Adelaide era chiuso, si spostava a Sydney, lì Dana era sicura di trovare qualcosa.
Dovevano ricominciare da capo, perché avevano tralasciato qualcosa.
 
Luke,poi, era parecchio preoccupato per Dana.
Erano fratelli, certi dolori li avevano in comune. Dana non amava sbagliare la versione dei fatti, non amava fare brutta figura davanti a tutti, questo Luke lo sapeva, ecco perché era così preoccupato
Lui, infatti, non aveva molte paure, aveva imparato ad essere pronto a tutto, alle ferite, al dolore, alla nostalgia, all’angoscia, aveva imparato pure a non avere paura delle morte, ma, perdere Dana, non se parlava, perdere la sorella era la sua più grande paura. Perdere non solo nel senso di “morire”, ci sono tanti modi nei quali una perdona ne perde un’altra. Lui aveva paura che Dana si smarrisse, perché per quanto forte fosse, lei oltre Luke non poteva contare su niente e su nessuno
Luke la osservava, erano quasi arrivati a Sydney e non aveva ancora toccato cibo. Erano seduti in prima classe, nei posti climatizzati a quattro. L’ispettore Brown, dopo essere stato quasi picchiato da Dana, aveva deciso di rimanere ad Adelaide, lasciando il caso nelle mani di Dana e Luke ai quali però aveva affidato il suo più affidato ufficiale, Ashton Irwin. Ashton si era seduto accanto a Clifford che aveva insistito per essere liberato dalle catene, Dana di fronte Ashton e Luke di fronte Clifford.
Luke stava iniziando a perdere la pazienza. Odiava il fatto che Clifford si stesse divorando sua sorella come se fosse una bistecca di maiale. Dana non aveva mai avuto un ragazzo, poiché troppo presa dal lavoro, ma se avesse avuto tempo, avrebbe dovuto fare i conti con lui.
«Ehi bimba, tutto okay?» le sussurrò Luke all’orecchio.
Lei si girò ed annuì debolmente, tornando subito dopo concentrata sul diario della vittima.
«Smettila di lavorare e guardami» sbottò Luke, facendo girare Ashton verso di loro. Michael li guardava tranquillamente, lui li voleva guardare, perché mai avrebbe dovuto nasconderlo?
«Sto bene Luke, io sto sempre bene»
Michael sorrise alla riposta decisa della ragazza, era una tosta ed abbastanza furba, non l’aveva prevista, ma su una cosa era sicuro: Lei non avrebbe mai capito.
Perché, la verità alla quale lei era abituata , non era la verità del caso di Misha Kallen.
Perquisire le case altrui era la parte più divertente, allo stesso tempo complicata, del lavoro di un poliziotto. Sicuramente diventa tutto come una caccia al tesoro, cerchi possibili indizi, arme del delitto, fattori che possono rompere un alibi, ma è comunque difficile trovare tutto ciò, soprattutto in una casa che non è la tua.
Casa di Clifford era un vero disastro, c’erano vestiti e lattine di birra ovunque, per non parlare dei cartoni della pizza che erano pure nello sgabuzzino. Dana si chiese se fosse un uomo o una scimmia sotto sembianze umane, nemmeno suo fratello Luke, casinista fino alla punta dei piedi, era così disordinato.
«Vado in bagno» disse a Luke non dandogli il tempo di controbattere.
Dana si chiuse la porta alle spalle, accasciandosi a terra.
Non c’era niente a casa di Clifford che avrebbe potuto inchiodarlo, non c’era niente di interessante se non la sporcizia.
Guardandosi intorno però notò che sparse a terra c’erano molte scatole di tinte. Ne afferrò alcune; biondo, nero, rosa, verde, ma che problemi aveva questo ragazzo? Perché, parlando seriamente, quale ragazzo sano di mente si tingerebbe i capelli di verde?
Rimase per circa dieci o quindici minuti con lo sguardo perso rivolto ad una tinta qualunque fin quando Luke non bussò insistentemente alla porta.
«Stai bene, sis?»
Dana uscì di colpo, facendo, stranamente, sussultare Luke.
«Ho bisogno di stare sola, non mi cercare, mi farò vedere io»
Luke non si ribellò, quando Dana voleva isolarsi anche da lui, era perché aveva intuito qualcosa che la potesse aiutare, e poi, aveva fame, era l’ora di pranzo e non aveva ancora toccato cibo, un bel panino non gli avrebbe mica fatto male.
 
***
Leggeva.
Voltava pagina.
Ma tornava sempre indietro.
Dana non riusciva a collegare le pagine precedenti con quelle successive, era scollegate.
Quello non poteva essere un romanzo scritto dalla vittima, non c’erano dialoghi né trama né personaggi. L'unica figura che appariva era questo uomo misterioso, la presenza costante della morte, ma soprattutto, in ogni pagina, come premessa, scriveva frasi riguardando una certa cura.
A stupire Dana non fu la presenza di questa cura, Misha studiava medicina, è ambizione di tutti i medici trovare una cura per ogni malattia cronica che studiano, strano è la presenza di qualcosa di così razionale, come voler trovare una cura, in un contesto così soprannaturale.
Andò avanti nella lettura e rimase colpita da una particolare pagina.
La premessa era sempre quella: la cura, ma il contesto, era diverso, Misha scriveva di questo uomo da lontano come se lo spiasse, in questa pagina, sembrava ci avesse parlato, sembrava che lui l’avesse scoperta.


 
La cura è lontana.
Oggi per la prima volta ci ho parlato.
Era da un paio di giorni che non lo vedevo. I suoi occhi erano verde d’acqua ed i suoi capelli avevano un colore diverso rispetto a quelli che osservavo da lontano.
Osservare da lontano è la cosa più sbagliata che un uomo possa fare.
Osservare da lontano illude la gente, ha illuso me.
Lui non mi aiuterà, lui mi ha detto di andare via, mi ha detto che sono un’anima pulita, senza malizia, che devo correre via da tutta questa storia.
Io ci provo, ma più corro, più mi rendo conto di essere stanca di scappare, non scapperò questa volta. Nessuno morirà più.
Io salverò tutti.

Dana ebbe un lampo di genio, forse aveva capito perché era così ossessionata nel cercare una cura.

***

«Ehi Ash» Dana si fiondò su Ashton.
Ashton, Luke e Michael si trovavano nella Hall dell’albergo.
Michael avrebbe dovuto pernottare con loro, fino a quando non avrebbero visto, l’indomani mattina, i filmati che, teoricamente, avrebbero dovuto scagionarlo.
Luke sputò la red-bull che stava bevendo, Ashton Irwin aveva tre secondi per staccarsi da sua sorella.
Ashton, però, sembrava paralizzato, Dana era sempre stata la sua cotta nascosta, sin da quando aveva cinque anni, averla così vicino le faceva un certo effetto.
«Devi dirmi qualcosa?» chiese lui, balbettando.
Lei annuì e portò le labbra vicino al suo orecchio, gli spiegò la situazione e lui annuiva con veemenza.
«Dammi dieci minuti» così alzandosi era sparito dalla Hall.
Dana si girò verso i due, seduti sul divano di fronte al suo, non capì chi avesse lo sguardo più incazzato, se Clifford o Luke.
«Dovevi per forza dirgli ‘sta cosa saltandosi sopra?»
«Oddio,Luke, non iniziare so quello che faccio»
«No, no e no! Non ti avvicinare mai più a lui in modo così ambiguo»
Luke era tenero quando era geloso ma Dana non lo sopportava comunque, così, decise che si sarebbe divertita un po’.
«Cos’è ‘sta storia? Tu ti sei scopato tutto il distretto di Adelaide ed io non posso attaccare bottone con Ash?»
Luke sgranò gli occhi «Ash? Ora siete ai nomignoli?»
Ashton tornò e notando che la situazione si era surriscaldata chiese se tutto fosse okay.
La risposta di Luke non tardò ad arrivare «Avvicinati a mia sorella e giuro che la mia beretta calibro nove sarà l’ultima cosa che vedrai»
Tutto quello a cui pensò Michael fu: Ma perché a me?


 
Salve!
Come state tutte quante?
Sappiate che questo capitolo non è niente se lo mettiano a confronto con quello successivo!
Grazie alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, spero di non avervi deluso!

Nuovi personaggi si aggiungono alla storia.

Nel prossimo capitolo;
"Dana se la ricordava bene Julie Tompson, era una ragazza dolce e simpatica, inseparabile amica di Misha Kallen dall’asilo"

 
Mia.

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Capitolo 4
*** Non-umano ***


 
 
 


"The hell is empty,all the devils are here.
- William Shakespeare
"
 



Doveva proprio ricredersi su Ashton, non era più quel ragazzino che si divertiva a fare i dispetti, era un uomo ormai e sapeva fare benissimo il suo lavoro. Dana gli aveva chiesto gentilmente se potesse indagare ancora di più sul passato della vittima, visto che le conoscenze che avevano interrogato non sembravo soddisfare Dana. Così dopo un giro di chiamate Ashton aveva trovato qualcosa di veramente utile per Dana.
«Era come dicevi tu, quella sua amica di sempre, Julie Tompson, non si è presentata perché è morta»
Dana se la ricordava bene Julie Tompson, era una ragazza dolce e simpatica, inseparabile amica di Misha Kallen dall’asilo. Quando non l’aveva vista arrivare in centrale quel giorno, il giorno che si erano svolti gli interrogatori agli affetti della vittima, si era insospettita, ma non ci aveva dato pese più di tanto. Ma quando aveva letto quella pagina di diario aveva capito che qualcuno di importante era morto e per esclusione aveva pensato Julie Tompson.
Julie, secondo quello che diceva Ashton, era morta di morbo di Parkinson, all’età di ventidue anni, quindi, più o meno, era morta da poco più di due anni e mezzo.
E’ difficile che il morbo di Parkinson si abbia in un’età così giovanile, quasi puerile, ma quando capita, il morbo ha un avanzamento velocissimo, in poco più di un anno, sei morta.
Dopo anni ed anni buttati al vento per cercare una cura, si era arrivata alla conclusione che questa malattia non si può curare, tutto ciò che è stato scoperto, serve solo a regredire la malattia, ovvero posticipare la morte, ma prima o poi, arriverà.
Dana stava seriamente pensando che quell’uomo misterioso fosse Michael Clifford, anzi, ne era chiaramente convinta, ed era pure certa che Misha pensasse che Clifford avesse trovato questa cura, pensava pure che lei lo stesse perseguitando, questo spiegherebbe perché lui abbia deciso di eliminarla.
Quello che proprio non riusciva a spiegare è che l’uomo misterioso veniva esplicitamente descritto come non-umano. Che Michael non fosse umano?  No, non poteva essere.
Dana era rimasta in hotel per decifrare ancora quel diario, mentre Luke ed Ashton erano andati in centrale per vedere i filmati che raffiguravano Michael nel locale, doveva assolutamente parlare con Luke al suo rientro.
Non dovette aspettare molto visto che dopo un’oretta Ashton e Luke tornarono con una faccia afflitta.
Dana non chiese nemmeno spiegazione, era ovvio che Michael Clifford era stato scagionato da tutte le accuse, il suo alibi, purtroppo, era perfetto.
«Io continuo ad essere sicura: è stato lui»
Luke scosse la testa «Lo abbiamo visto con i nostri occhi, è stato al bancone tutto il tempo, tranne alle cinque meno dieci che ha preso dieci minuti di pausa»
Dana sgranò gli occhi, in dieci minuti è impossibile andare e tornare, visto che la distanza è di dieci ore, questo però se si esclude l’ipotesi soprannaturale, se, invece, ci si avvale di quella ipotesi, tutto è possibile, pure uccidere in meno di dieci minuti.
«Lui non è umano, Luke, ne sono sicura»
Luke la guardò un po’ serio, poi, scoppiò a ridere «Eddai sis, non scherzare»
«Non sta scherzando Luke, succedo cose strane in questa città» si intromise Ashton.
Ashton sapeva.
La sua ex fidanzata si era trasferita a Sydney per studiare, visto che le università ad Sydney erano di maggiore efficienza, lui la andava a trovare ogni fine settimane per due anni, fino a quando, un giorno, aveva capito che Sydney era una città troppo strana per lui.
Alcune cose non le riusciva mai a spiegare e non c’è peggior male per un poliziotto non riuscire a trovare le risposte a delle domande.
«Io non ne sono sicura, cazzo, ma questa situazione è impossibile da spiegare razionalmente»
Luke scosse la testa contrariato ed infuriato «Mi deludi Dana, credi davvero a queste sciocchezze?»
Dana annuì «Proprio per questo ti dico di credermi, io, proprio io, che non credo in niente, se non in me stessa, credo nel soprannaturale»
Ma Luke non voleva starla a sentire, lui a quelle cose non ci credeva, si rifiutava di credere a quelle che lui definiva “sciocchezze”, alla fine, finiva sempre con l’incazzarsi troppo.
«Io non ci credo okay? Sono solo cazzate per intrattenere i deficienti, non puoi chiedermi di credere a queste cose, secondo la tua teoria, quindi, Clifford ha il teletrasporto? Noi due, Dana, più di tutti, abbiamo visto quanto sia crudele l’essere umano, mi rifiuto di credere che esistono non-umani che commettono gli stessi crimini, mi dispiace, io me ne torno ad Adelaide»
 
Luke aveva mantenuto la sua promessa: era tornato ad Adelaide.
Dana ne era rimasta profondamente turbata, non aveva mai realizzato di non aver Luke dalla sua parte, di non averlo al suo fianco. Litigavano, non era sconvolta perché aveva discusso, ma per Luke l’aveva abbandonata, era andato via, non ne aveva voluto sapere, non avrebbe cambiato idea proprio perché non ci voleva provare, non aveva creduto in lei.
Dana era rimasta ed Ashton aveva insistito per rimanere, ma lei non era stata d’accordo. Non voleva metterlo in mezzo, poteva essere rischioso per lei, ma soprattutto, per lui.
Si era fatta una doccia veloce e si era sistemata abbastanza bene, non per Clifford, per lei stessa. Amava vestirsi e truccarsi bene anche se andava a fare la spesa, l’aspetto conta, sempre.
Erano le otto del mattino e sperava di trovare Michael in casa.
Sydney era molto bella, le sarebbe piaciuto moltissimo vivere lì, chissà magari ci avrebbe pure pensato, tanto Luke non se sbatteva molto oramai di lei, avrebbe volentieri continuato a fantasticare su Sydney, se l’appartamento di Michael non fosse stato proprio davanti a lei.
Sospirò pesantemente e suonò il campanello.
Nessuna risposta.
Continuò a suonare per bene dieci minuti fin quando qualcuno non rispose, urlando.
«Ma chi cazzo è?»
«Dana» sussurrò.
Un po’ se ne era pentita, non avrebbe dovuto andare da sola, poteva ucciderla, come aveva con Misha, ma allora perché era così sicura che non le sarebbe successo.
Al piano di sopra, invece, c’era un Michael sconvolto, tutto si aspettava, tranne che Dana Hemmings, sola, nel suo soggiorno.
Era così sconvolto che, adesso che le stava di fronte, non riusciva a rimproverarla per averlo svegliato così presto, dopo che era tornato alle cinque a casa.
«Non sei umano, cosa sei allora?» chiese schietta.
Michael sgranò gli occhi in un primo momento sorpreso, poi sorrise, sapeva che lei avrebbe capito, era troppo intelligente.
«Per te qualunque cosa» rispose lui molto fiero.
«Ti prego Michael, ho bisogno della verità»
La verità delle persone umane non uccide, fa solo male, ma tutto passa.
La verità di Michael poteva ucciderla, poteva metterla in pericolo, lui non voleva.
Michael non si affrettava a rispondere così continuò lei.
«Pensi che non ti abbia riconosciuto Michael? Quando ti ho visto per la prima volta non ci ho fatto molto caso, ma quando sono entrata in questa casa, ti ho guardato bene, mi sono ricordata tutto» Dana iniziò a piangere
«E’ da quando avevo tredici anni che ti cerco, non ti ho mai trovato, ma ti ho sempre sentito. Quella sera a Oxford street ad Adelaide, sei stato tu ad impedire che io e mio fratello finissimo con una pallottola in testa. Mi hai salvata e poi sei andato via, ma nonostante gli anni, notavo sempre la tua presenza»
Dana e Luke erano figli d’arte, loro padre ed, ancora prima di lui, il nonno e lo bisnonno avevano preso le armi, la loro vita era sempre sottoposta ad ostacoli, sicuramente diversi da quelli di un comune adolescente, Dana e Luke a tredici anni dovevano preoccuparsi di non avere, a fine giornata, una pallottola in testa procurata da qualche vecchio delinquente che servava rancore verso gli Hemmings.
Quel giorno Dana se lo ricordava bene, era stata la prima volta, forse l’unica, in cui aveva assaporato il sapore della paura.
Forte, bella, determinata quanto si vuole, ma una persona rimane sempre umana, è la paura è il sentimento più innocente ed umano che ci rimane.
Era una sera calda d’estate, Luke e Dana stavano uscendo proprio in quel momento dalla loro ultima lezione di muay thai, prima di entrare definitivamente nelle scuole superiori militari, la macchina del padre non era ancora arrivata, ma Dana e Luke non avevano paura, anche se la strada era buia ed il posto non era dei migliori, loro avevano l’un l’altro, nessuno avrebbe mai potuto fermarli.
Luke messaggiava con il suo telefono, un po’ più lontano da Dana, aveva da poco ottenuto il numero di Felicity Smoak, la ragazza forse più intelligente di tutta Adelaide, e non aveva intenzione di essere disturbato da Dana mentre chattavano.
Dana era rimasta nelle vicinanze di un vicolo, molto buio, dopo subito dopo era spuntato qualcuno.
Anzi, lei non si era nemmeno accorta della presenza di un uomo in quella stradina, ma quando aveva sentito il rumore della pistola e il tatto metallico di questa sulla testa, aveva capito che qualcuno si era nascosto.
Il caricatore era pronto, il grilletto semi premuto, gli occhi chiusi, si sentiva già il tanfo nella morte nell’aria, ma quello non era il giorno di morire.
Qualcuno alle spalle del sicario lo aveva scaraventato a terra e lo aveva pestato.
Luke non ricordava molto, visto che per lui era successo tutto così in fretta, sua sorella in lacrime, una pistola a terra, due uomini che se le davano di santa ragione, ma Dana se lo ricorda ancora bene lo sguardo del ragazzo che l’ha salvata, come si possono scordare degli occhi così?
Nonostante da quel giorno erano passati giorni, poi mesi, poi anni, Dana sapeva, di sicuro che quel ragazzo continuava a tenerla d’occhio.
Michael cercò di interromperla ma lei continuò «Io, all’inizio pensavo fossi uno stalker, quando ho fatto diciotto anni volevo affrontarti, ma riuscivo solo a vedere ombre. Un giorno c’ero quasi, ma tu sei scappato e non ti sei fatto vedere mai più» si asciugò qualche lacrima «E dopo sette anni dall’ultima volta che sentii la tua presenza, ti rivedo. Non ho mai pensato che tu fossi chissà quale creatura soprannaturale, io non ci credevo in quelle cose, pensavo fossi solo un ragazzo ossessionato da me, ma poi, sono diventata pazza leggendo il diario di Misha, ho realizzato che lei vedeva le mie stesse cose. Ma lei fantasticava, mi ha detto la madre, mi sono convinta di ciò anche io, fin quando non ho notato un particolare: Sei uguale a quella volta che mi hai salvato, ma non capisco, perché salvare me ed uccidere Misha? Cosa sei poi, un vampiro?»
 
Michael non sapeva da dove iniziare, probabilmente dall’inizio, come tutte le storie che si rispettino, ma lui proprio aveva paura.
«Devi andare via, Dana. Sì, è vero, sono stato io a salvarti, eh sì, sono un informe, ma questo è tutto quello che sentirai da me»
Dana lo guardò, non sembrava sgorbio o chissà cosa, anzi, di fisico, stava pure messo bene.
Poi sorrise, va bene, non voleva parlare, lo capiva, lo avrebbe aspettato.
Seduta nel suo divano.
Tranquilla.
Con le gambe sul tavolino.
Michael sospirò sconfitto.
«Ti ho salvato perché, nonostante, fossi una stronzetta del cazzo, eri una bambina» Dana lo uccise con lo sguardo «Un informe è una creatura destinata a non saper mai la propria origine, sono nato umano, sono cresciuto e poi mi sono fermato, appena ho smesso di invecchiare ho acquisito dei poteri, la super velocità e la super forza, niente di più, ma nella mia famiglia nessuno è così, ho incontrato altri come me e nessuno mi ha mai dato spiegazioni, so solo che sono incompleto»
Dana pensò che fosse una cosa triste, quella di non conoscere la vera natura, di non aver delle spiegazioni a quel che si è.
«Misha Kallen era convinta che io fossi un vampiro, diceva che il mio sangue poteva curare tutte le malattie, quelle dove la scienza aveva fallito, io sarei stato il suo giocattolino. Dana, quella era pazza, due o tre volte a settimana la trovavo qui, provava a parlarmi, ma io scappavo sempre»
Dana capì molte cose, come le ombre che vedeva Misha, la cura di cui era ossessionata, il fatto che non fosse mai a casa, altro che medicina, lei pedinava Michael.
«Un giorno mi sono avvicinato a lei, le ho detto di starmi lontano, credevo davvero fosse una brava ragazza. Ma lei è come impazzita, i post-it che mi lasciava prima erano aumentati, pieni minacce, so cosa sei, ucciderò il tuo migliore amico»
 
«Così martedì alle quattro e cinquanta sono andato in bagno, le ho dato appuntamento nella piazza, volevo farla spaventare, magari mi avrebbe lasciato in pace. L’ho presa dal collo, non con l’intenzione di ucciderla, ma lei» sussultò «Lei mi ha confessato; tanto il tuo amico è già morto, così con un colpo secco, le ho trotto il collo, ero così sconvolto che non ho nemmeno ripulito il corpo, sono scappato a Sydney di nuovo, la distanza mi avrebbe fatto da alibi»
Dana scosse la testa «Perché ucciderla? Dovevi denunciarla!»
«Non ero in me, okay? Calum era l’unico in città come me, era l’unico amico che avevo»
Dana si portò le mani fra i capelli «Sei sicuro che l’abbia ucciso?»
Michael scosse la testa «Io, io non lo so. Ma non si hanno più notizie di lui, oramai»
Dana si alzò e lo abbracciò «Devo tornare ad Adelaide Michael, grazie per avermi detto la verità»
Michael ricambiò l’abbracciò «Cos’è bambolina, non mi vuoi sbattere più in prigione?»
Dana si staccò e gli sorrise «Infatti io non ho detto che tu non vieni con me»
 
Michael sbiancò «Che vuol dire?»
«Non so, che se magari ti senti solo qui, puoi sempre venire con me, ti devo ancora la vita»
Michael abbassò lo sguardo «Non posso tornare in una città dove sono stato accusato di omicidio, ma tu puoi rimare qua»
Dana sorrise contenta, quella era la domanda che aspettava da tutta la vita.

 
 



Bene, questo è l’ultimo capitolo.
Si scopre tutto.
Era abbastanza semplice la cosa se si pensavo al soprannaturale.
Dana ha scelto di rimanere a Sydney, ma Luke?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
Un’altra cosa, volevo scrivere un’altra mini-long devo decidere su chi dei quattro, chi mi consigliate? Oppure potrei fare un sequel.
Penso che dovrei riprendere pure la mia long, quindi se a qualcuno interessa una storia su Calum passate qui.
Mia <3

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Capitolo 5
*** You'are a badblood ***


 




"E quando penso che sia finita,
è proprio allora che comincia la salita.
Che fantastica storia è la vita"
 
 
 
Tutto passa nella vita.
I momenti felici, quelli tristi, il dolore, la gioia.
Il tempo li porta con sé come se fossero detriti, è un mare in burrasca, nessuno lo può fermare.
Per Dana quei tre mesi a Sydney erano stati una rinascita, aveva scoperto tante cose nuove, cose che aveva sempre odiato. Non è vero che si nasce una volta sola, le persone rinascono e muoio ogni giorno. Quando una mattina ti svegli e realizzi che tutte le scelte che hai fatto nella tua vita sono state fatte solo per accontentare gli altri e non te stessa, capisci che è il momento di gettare via tutto quello che non ti permette risperare, allora è lì che rinasci, decidendo di resettare tutto ed iniziare un nuovo modo di essere te, se invece, decidi di continuare con tutto quello che ti fa male, muori ogni giorno, pezzo dopo pezzo.
Staccarsi da Luke non era stato facile, non rispondere più alle sue chiamate, non sentire la sua voce, non parlare più con lui, era stata la decisione più dura della sua vita. Dana quella decisione la riteneva inevitabile, aveva venticinque anni e doveva ancora imparare a vivere, aveva capito che nella vita sono le piccole cose che contano. Michael le aveva insegnato che bisognava mangiare la pizza con le mani e ruttare dopo aver bevuto la birra, non che fossero cose di cui andarne fiera, ma la facevano sentire finalmente una ragazza qualunque e non più una Badblood, non voleva più essere etichettata così, era brava nel suo lavoro e lo amava ancora, ma adesso, amava anche svegliarsi accanto a Michael la mattina, baciarlo e fare l’amore con lui.
Il primo mese si erano solo conosciuti, lui l’aveva portato al lavoro con sé, l’aveva portata al McDonald’s , in  discoteca, l’aveva portata al mare, le aveva fatto scoprire il mondo.
L’aveva portata pure in Nuova Zelanda, con la sua super velocità, proprio in Nuova Zelanda Michael si era accorto di essere, da sempre, innamorato di lei. Anche Dana se ne era accorta, ma aveva taciuto, perché uno come lui non si sarebbe mai messo con una come lei.
Dana era complicata, era fredda, non sarebbe mai riuscita a confessare i suoi sentimenti.
Ma Michael era forte, forte abbastanza per tenere in piedi entrambi. Lui sapeva che dietro quella corazza da militare c’era una ragazza un po’ persa, lui l’avrebbe tirata fuori, non aveva paura.
Quando Michael aveva confessato di amarla, quel pomeriggio tra una puntata di Teen Wolf e l’altra, non si aspettava per niente che lei gli dicesse anche io, anzi, si aspettava una scarpa in testa, come era solita tirargli ogni volta che le diceva di amarla per scherzo, ma Dana aveva abbassato la testa e gli aveva detto che non sarebbe stato facile amare una come lei, ma che nemmeno per lei sarebbe stato facile amare uno come lui. Poi lei lo aveva baciato ed avevano fatto l’amore tutta la notte.
Lei apparteneva a lui, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto lasciarlo, nonostante Michael avesse il doppio dei suoi anni, era nato nel ’63, aveva comunque l’aspetto di un ventenne, non ce l’avrebbe fatta a stare con lui per sempre, lei sarebbe invecchiata, sarebbe diventata brutta e Michael sarebbe sempre rimasto perfetto.
Ma Dana non era una di quelle ragazze spaventate dal futuro, non era di quelle avevano paura di fare qualcosa perché erano convinte che tanto durasse.
Dalla vita, Dana, aveva imparato soprattutto questo.  Bisogna sempre lottare, perché la vita non è gratis, nella vita tutto ha un prezzo, le cose non ti vengono dietro, devi alzarti e correre per acciuffarle, e non è detto che una volta prese saranno tue per sempre, devi lottare anche per mantenerle. Dana non avrebbe mollato Michael solo perché era spaventata di perderlo, tanto lo avrebbe perso comunque, non avrebbe avuto senso non averlo nemmeno un po’, meglio poco per niente.
Come tutte le mattine Dana stava sistemando casa, Michael dormiva, perché era arrivato da poco a casa dopo una notte di lavoro, quando il suono del computer la richiamò in soggiorno.
Una nuova email.
Luke Hemmings.

In realtà non avrei mai creduto che noi due finissimo così, io che ti mando messaggi e tu che non mi rispondi.
Sono cresciuto con la convinzione che niente ci avrebbe mai potuto spezzare ed, invece, guardaci.
Tu avevi me ed io avevo te, ma questo adesso non ti basta più?
Continuo a non capire, perché abbiamo litigato? Non so, lo abbiamo fatto? Perché io non riesco a capire, da un giorno all’altro hai smesso di rispondere ai messaggi, alle chiamate, ed io pensavo fossi presa dal caso, ma ieri sono a venuto a sapere, da Ashton, che stai con Michael.
Io non lo so Dana, cosa stai combinando? Ti stai drogando per caso? Stai con lo stesso ragazzo che avevi giurato di mettere in prigione ed io, io non ce la faccio Dana, ho troppe domande e tu non risponderai.
Se vuoi chiudere con me, va bene.
Ma tu sai quanto sia bella la verità, almeno rispetta la tua professione ed abbi le palle di dirmela!
E ci tengo a precisare che il DNA non si può cambiare, nemmeno il sangue , ed i ricordi, Dana, quelli non vanno via nemmeno se ci provi, non puoi cancellarmi dalla tua vita, perché siamo uguali ed abbiamo passato troppo assieme.
Michael ti avrà anche salvato la vita, sì, me ne sono ricordato, ma io sono il tuo cazzo di fratello gemello, ti ho aiutata così tante volte, come hai fatto tu con me, come hai potuto dimenticare tutto quello che abbiamo passato? Come hai potuto rinnegare il tuo stesso sangue!?
Sei una badblood, ficcatelo bene in quella cazzo di testa!
Hai reso la mia più grande paura realtà, perdere te è sempre stato così pauroso! Non posso credere di… averti persa.
 

Dana gettò un urlo di disperazione.
Sapeva che la decisione di vivere con Michael, le avrebbe fatto chiudere i conti con molte cose.
Ma chiudere con Luke non era nei suoi progetti, voleva solo allontanarsi un po’ da lui, perché doveva respirare di nuovo, doveva imparare a vivere anche senza di lui.
Ma Luke aveva ragione, lei lo aveva lasciato in asso, senza nessuna spiegazione, senza nessuna risposta, si era comportata esattamente come una di quelle persone che odiava tantissimo.
Doveva rimediare al danno commesso, ma era cosciente che doveva parlare anche con Michael, perché c’era in gioco anche la sua di verità.
 Non lo volle svegliare, avrebbe aspettato, due giorni in più o in meno non avrebbero cambiato le cose.
Quando Michael si svegliò erano le due e mezza del pomeriggio, presto, dato i suoi soliti orari. Quel giorno però si era puntato la sveglia, voleva passare un po’ di tempo con la sua ragazza. Entrando in soggiorno trovò la casa in perfetto ordine, segno che Dana aveva pulito, entrò in cucina dove la trovò concentrata nel sminuzzare attentamente la verdura, Michael sbuffò, nonostante fosse diventata un po’ come lui, non si era dimenticata il mangiare salutare.
«Buongiorno» le sussurrò all’orecchio.
Dana non si scompose, sapeva trattenere bene la sua paura, ma si trattenne anche perché era ancora troppo soprappensiero, la sua mente sarebbe esplosa a momenti.
«Va tutto bene?» chiese Michael, notando che Dana non la smetteva di sminuzzare quella maledetta carota.
 
Dana si girò «Luke mi ha mandato un email»
Il ragazzo non se lo fece ripetere un secondo in più e con la sua super velocità andò in soggiorno e in un altro secondo tornò, avendo già letto tutto. Dana non realizzava ancora l’utilità nel potere di Michael, era davvero spaventoso, ed ancora, dopo mesi, rimaneva sconvolta a fissare il vuoto.
«Saltami in collo Dana, andiamo ad Adelaide da tuo fratello»
Dana provò a ribattere ma fu interrotta «So che hai paura per me, ma lui è tuo fratello, non direbbe mai niente su di me, sapendo che mi vuoi bene»
Dana scosse la testa sorridendo «Io non ti voglio nessun bene! Ti amo, lo sai»
«Ti amo anche io, ma adesso andiamo»
 
***
 Michael era arrivato in cinque minuti ad Adelaide, precisamente davanti casa di Luke, fino a qualche mese prima anche di Dana.
Non era pronta per affrontarlo, si era fatta un discorso, ma seriamente, adesso aveva paura.
Guardò Michael e cercò la sua mano, assieme, si avvicinarono al campanello.
Luke urlò un “arrivo” e qualche secondo dopo aprì la porta.
La prima cosa che notò fu sua sorella, che lo guardava intensamente, poi notò la sua mano intrecciata ad un ragazzo, successivamente realizzò che quel ragazzo era Michael Clifford.
Non lo poteva accettare.
Non lo avrebbe mai accettato.
 Certi rapporti sono destinati a finire, si sa, soprattutto quando si è grandi, le promesse che si fanno da piccoli, non vengono rispettate. Il problema è che si cresce, quando siamo bambini non ci rendiamo conto del mondo in cui viviamo, promettiamo, come se le promesse fossero state fatte per essere mantenute, ma quando cresci ti rendi conto che le promesse sono fatte per essere spezzate, infrante, perché il mondo è fatto così.
Ma non era il caso di Luke e Dana.
Luke aveva proprio ragione in quella lettera; il sangue non si cancella.
Erano fratelli, tra di loro non poteva scorrere cattivo sangue, perché loro erano i “cattivo sangue”.
Separati, sì, ragazzi interessanti, uniti? Forze della natura.
Luke non aveva preso bene la vita soprannaturale di Michael, anche dopo averlo visto con i suoi stessi occhi, non poteva crederci, era dovuto giungere Ashton per convincerlo, Ashton che sapeva già tutto.
Alla fine, Luke ed Ashton si erano convinti, avrebbero chiesto il trasferimento a Sydney assieme a Dana ed avrebbero vissuto altre avventure, in tutto ciò, Michael avrebbe dato una mano illegalmente, anche se Luke continuava a non perdonargli di aver ucciso una ragazza, pazza o no, comunque umana ed indifesa.
Una nuova vita per i nostri protagonisti quindi.
Ma, una domanda, Calum Hood è vivo o è morto?
Il meglio deve ancora venire, o il peggio?

 
 
 

The END.

Sono in super ritardo lo so, ma ho avuto mille cose da fare, scusatemi.
Vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite, alle due ragazze che hanno recensito ogni singolo capitolo.
Vorrei fare un sequel, Dana e Michael ci saranno, ma vorrei dare spazio a Luke, oppure continuare con Dana e Mike.
Consigli?
 
Grazie, grazie, grazie <3

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