Dimmi che libreria hai e ti dirò chi sei di Hika_chan (/viewuser.php?uid=53168)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Edward Low - Elogio della Follia ***
Capitolo 2: *** Abigail Ashe - Alice nel paese delle Meraviglie ***
Capitolo 3: *** Mrs Mapleton - La signora delle Camelie ***
Capitolo 4: *** Jack Rackham - Il Principe ***
Capitolo 5: *** Anne Bonny - Diario di un killer sentimentale ***
Capitolo 1 *** Edward Low - Elogio della Follia ***
Tempo fa, nemmeno troppo in realtà, su facebook girava un articolo che consigliava di capire la personalità delle donne che si stavano frequentando tramite le loro librerie. Girando lo sguardo sulla mia ho riso, ed ho cominciato a pensare quanto/i di quei volumi raccontassero di me. Un pensiero dopo l'altro, vi risparmio tutto l'iter, sono arrivata a pensare a questa raccolta in cui accosterò un libro ad un personaggio.
Naturalmente, con tutta la letteratura esistente, ci saranno libri più adatti di quelli che sceglierò io; spero comunque che questa raccolta piaccia e che le mie decisioni saranno condivise. Accetterò ovviamente suggerimenti, critiche ed opinioni differenti dalle mie; ritengo sia un bel modo per vedere le cose da altri punti di vista.
Ho deciso “Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam per Edward Low per varie ragioni.
È innegabile che un tratto caratteristico di questo personaggio sia la sua “truce onestà”(?), ma ho voluto concentrarmi sulla sua ferocia nei confronti di Eleanor – e diciamo che ho voluto dargli una sfumatura rosa.
Credo che il capitano Low sia effettivamente un po' folle, ma non per il massacro della Good Fortune o per la sua ferocia – anzi, il tutto è ragionevolmente giustificato come mezzi per i suoi fini (il non lasciare testimoni, l'ingraziarsi Charles...) - ma per questo suo essere insensibile alle atrocità che commette.
Al capitolo 17 del libro, “La pazzia rende amabile le donne”, si tratta del genere femminile – il sesso folle – che viene affiancato da Giove agli uomini – il sesso ragionevole.
Inoltre in quelle righe vi è una frase - “Infatti chi si vuole mascherare con una virtù contraria alla propria natura raddoppia il suo difetto, distorcendo la propria indole.” - che penso si possa collegare al non mentire ed essere onesti con chi si è di cui parla Low.
Infine la Follia, che parla in prima persona di se stessa, viene allegoricamente rappresentata come una dea in vesti di donna ed ho voluto associarla alla figura di Eleanor.
Nota a margine: “Lof der Zotheid” è il titolo del libro in olandese, patria di Erasmo.
Ringrazio lettori e commentatori!
Buona lettura!
***
Edward Low
Lof der Zotheid
*Elogio della Follia*
*Erasmo da Rotterdam*
“La verità è che non sono un capitano particolarmente abile. La navigazione mi è estranea.
Non sono portato per la politica, quindi in cosa sono bravo?
Questo sembrerà assurdo, ma faccio sentire bene gli uomini riguardo loro stessi.
Vedi, qui tutti hanno servito un capitano che usa la violenza per raggiungere uno scopo;
per terrorizzare, per mettersi in mostra.
Quando gli uomini lo vedono, riescono a riconoscere la menzogna.
Sanno che quel capitano è, da qualche parte nella sua anima, inorridito dalle proprie azioni.
E la menzogna infetta chiunque la veda.
Ma con me...
quando mi vedono massacrare l'equipaggio della Good Fortune,
quando mi vedono tagliare la lingua di un uomo perchè ha mentito,
mi vedono bruciare vivo un ragazzo davanti agli occhi del padre,
lo sanno.
Me lo possono leggere negli occhi.
Non c'è nessuna menzogna lì.
Non c'è nessun rimorso nascosto.
Semplicemente non c'è in me.”
[Edward Low ad Eleanor Guthrie]
Poteva ancora vederla; con i capelli soffici e le labbra piene. Edward Low si passò frustrato le mani tra i capelli. Camminava avanti e indietro, come un animale braccato, nella sua cabina, imprecando per quei pensieri che gli affollavano la mente. Eleanor Guthrie, quella sera alla taverna, lo aveva stregato; era rimasto vittima del suo sguardo sotto le ciglia lunghe e della follia che la spingeva a comportarsi da regina.
Strinse forte tra le dita i bordi del tavolo a cui si era avvicinato e guardò il suo riflesso nel piccolo specchio appeso alla parete. La luna illuminava la cicatrice che attraversava l'occhio e spiccava rossa sul volto esangue e riconobbe nel proprio riflesso un uomo tormentato, ma non ancora sconfitto. Era il momento di reagire.
Aggirò il tavolo dove spiccavano mappe e diari di bordo; sedette sulla propria sedia versandosi un bicchiere di rhum che sorseggiò tenendo lo sguardo fisso sulla porta.
Lasciò cadere una ciocca di capelli chiari sul volto, troppo occupato a pensare alla situazione; sapeva che era una ragazza che gestiva il commercio a Nassau, ma dicevano fosse dispotica e tiranna, non che fosse una creatura deliziosamente spassosa con i suoi tentativi di ergersi al di sopra di tutti.
Il bruciore del liquore si confondeva con quello che scaturiva pensando a quella testolina bionda ed alla pelle chiara sicuramente liscia e morbida sotto le sue mani grandi e rese dure dal lavoro in mare.
Istintivamente strinse il bicchiere; Miss Eleanor Guthrie, con la sua arroganza, il portamento orgoglioso e lo sguardo fiero, lo aveva affascinato e le sue reazioni invece di irritarlo lo aveva incuriosito. Quella sciocca credeva che lui non vedesse cosa c'era dietro il suo tono di comando, credeva fosse come tutti gli altri smidollati che le strisciavano ai piedi.
Quei pensieri lo portarono al nome che veniva sussurrato accanto a quello della ragazza: Charles Vane. Anche quello sarebbe stato un rischio da tenere bene in mente; era il primo nome riferito quando si chiedeva chi fosse l'uomo più pericoloso dell'isola e non aveva dovuto fare nulla per sapere i pettegolezzi che correvano su di lui. A quanto pareva era legato a doppio filo con Queen Eleanor per quanto lui volesse tenere nascosta la cosa. Una smorfia di disgusto si dipinse sulle sue labbra al pensiero di quel corpo animale sfiorare intimamente quella che pian piano cominciava a considerare una dea.
Storse la bocca dopo un sorso troppo lungo e battè il bicchiere sul tavolo producendo un suono sordo. Doveva risolvere la questione, doveva sconfiggere l'incantesimo che la dea gli aveva gettato, rendendolo folle quanto lo era lei. Perchè era folle pensare di distruggerla senza che ci fossero conseguenze, ed era altrettanto folle pensare di possederla così da affermare la sua forza.
Edward Low non poteva essere sconfitto da una femmina, non importava quanto folle fosse.
In un impeto di rabbia scagliò la bottiglia vuota di fronte a sé mandandola in frantumi, poi chiamò:
<< Meeks!>> Dopo qualche passo pesante ed affrettato la porta venne aperta. Sulla soglia il quartiermastro della Fancy fissava il proprio capitano in attesa di ordini. << Prepara la scialuppa, scendiamo a terra. È tempo di guerra, bisogna festeggiare.>>
<< Guerra, Capitano? >> chiese sconcertato il ragazzo. Un lampo di preoccupazione passò fulmineo nei suoi occhi azzurri. << E contro chi? >> chiese chiudendo la porta alle proprie spalle.
<< Contro quella strega di Eleanor Guthrie.>> ribattè deciso.
<< Ma, Capitano... abbiamo già lady Ashe di cui occuparci. E Miss Guthrie può deporre i capitani, lo ha già fatto, questa è follia!>>
Meeks si ritrasse spaventato quando il capitano a quelle parole balzò in piedi facendo cadere la sedia a terra. Per un lungo momento l'unico suono era quello del mare che accarezzava la goletta. Edward trasse un lungo respiro.
<< Follia, Meeks? Quella stronza è solo una ragazzina che gioca a fare la regina. La sua unica preoccupazione sono i soldi; non le interessa cosa accade alla ciurma che protegge il carico o a quella che lo ruba. Lei vede solo profitti! Sono sicuro che ha già dei nemici, solo che non hanno le palle di farsi avanti. Basterà spargere la voce e vedrai quanti si faranno dalla nostra parte. >> si fermò quando vide il ragazzo con le labbra strette e lo sguardo duro. Era chiaramente contrario alla cosa ed infatti fece notare il suo punto di vista:
<< C'è qualcosa di più folle che intraprendere per non si sa quali ragioni un simile scontro, nel quale entrambe le parti ritraggono sempre più danno che guadagno?*>> domandò preoccupato. Era stato uno sbaglio diventare il quartiermastro di un uomo con così pochi scrupoli, ora doveva rimediare cercando di arginare le azioni del proprio capitano; lo doveva alla ciurma che si fidava del suo giudizio.
D'altro canto Edward lo ignorò, aggirò prima il tavolo poi lui ed arrivato alla porta si girò a guardarlo.
<< Prepara la scialluppa, Meeks. Stasera si va al bordello.>>
* Erasmo da Rotterdam – Elogio della Follia
La one-shot è collocata alla sera dopo l'incontro tra Edward Low ed Eleanor Guthrie nella 2x01 - quindi prima che lui vada da Charles e poi alla taverna dove Meeks la stava avvertendo delle sue intenzioni bellicose.
Scriverò sicuramente altro su di lui - qualcosa con delle vicende ed una trama insomma -, ma questa volta ho voluto essere un po' più introspettiva proprio perchè, come già detto, volevo incentrarmi sulla sua relazione con Eleanor.
Spero davvero sia piaciuta, non so bene cosa pensare di questa one-shot.
Bye bye!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Abigail Ashe - Alice nel paese delle Meraviglie ***
Eccomi col secondo capitolo!
Scusate il tempo d'attesa; in realtà sapevo già
su chi scrivere e
quale libro accostare – poiché stilare una lista
è la prima cosa
che ho fatto; molto divertente tra l'altro-, ma è stato un
lungo
periodo pieno ed incasinato!
Questa volta ho deciso “Le Avventure di Alice nel
Paese delle
Meraviglie” di Lewis Carrol per Abigail Ashe.
Era un po' che volevo scrivere su Abigail – con Billy Bones
–
così in questa one-shot ho deciso di avvicinarli.
La scelta di questo personaggio per il secondo capitolo è
avvenuta
anche perchè sono mesi che vedo ovunque riferimenti e
quant'altro a
questo libro quindi alla fine mi sono detta/chiesta “Il mondo
mi
sta inviando un messaggio?”
Ho trovato simpatico accostare Abigail ad Alice.
L'ho fatto sia perchè anche lei è stata
catapultata in un mondo
estraneo e folle, sia perchè credo che le due abbiano tratti
comuni;
come ad esempio la vita tranquilla che conducevano prima della loro
avventura.
Ho voluto accostarmi più al libro che alla versione Disney
–
considerando che è partito tutto dalla letteratura -, ma non
ho
voluto inserire elementi fantasy cercando di restare fedele al
telefilm.
Mi sono divertita ad accostare anche gli altri personaggi.
Randall-Stregatto: Io adroro Randall. E a lui piace Betsy –
la
gatta.
Flint-Lepre Marzolina: In realtà la scelta si è
basata sul fatto
che la scena del tè si svolge a casa della lepre e la
one-shot è
ambientata nella Warlus - perchè in “Attraverso lo
specchio e
quel che Alice vi trovò” c'è Il
Tricheco – The Warlus.
Miranda-Cappellaio Matto: Il Cappellaio sta prendendo il tè
con la
Lepre Marzolina ed il ghiro ed ha un orologio. Ora; chi ha visto
tutta la seconda stagione ha già intuito che la parola
chiave per la
scelta che ho fatto è “orologio”.
Billy-Ghiro: Non c'è una ragione precisa; un po'
perchè il ghiro
viene strapazzato dal Cappellaio e dalla lepre come Billy con Flint
–
in particolar modo all'inizio della prima stagione.
Come spiegato sopra le scelte che ho fatto sono state molto semplici
e secondo gusti personali.
Ringrazio lettori e commentatori!
Buona lettura!
***
Abigail Ashe
Alice's
Adventures in Wonderland
* Le avventure
di Alice nel Paese delle Meraviglie *
* Lewis Carroll *
“Al di
là dell'oceano, è difficile capire quale sia il
Nuovo Mondo.
Tutto ciò
che sapevo, erano le storie che mi avevano raccontato
di mostri
e uomini valorosi che avevano giurato di ucciderli.
Ma ora che
ho quasi attraversato l'oceano, che separa il Nuovo mondo dal
vecchio...
ho paura
che le storie che ho sentito possano avere offuscato la
realtà,
invece di averla chiarita.
Sembrerebbe
che questi mostri
siano
uomini, figli, fratelli, padri.
E
sembrerebbe che questi uomini abbiano paura dei loro stessi mostri,
un impero,
una flotta, un re.
Mio padre.
Mi sono
lasciata così tanto alle spalle
Londra, la
mia giovinezza, e le storie rassicuranti.
Ci aspetta
così tanto in Charles Town
un
futuro... e dure verità.
Sento di
doverla affrontare con onestà e con coraggio.
Devo
affrontarla come la figlia di mio padre.
E credo
che per essere in grado di farlo,
devo dire
a questa gente ciò che gli ho nascosto.
Devo
dirgli quello che so.
[Abigail
Ashe]
Abigail Ashe trasse un respiro
e, liberati i polmoni, ne fece uno più profondo.
Raddrizzò le
spalle e con la mano poggiata alla parete lignea voltò
l'angolo.
Procedeva lentamente, guardandosi intorno, cercando di capire da
quale parte della Warlus fosse finita. Arricciò il naso,
notando il
cambiamento di odori nell'aria: la salsedine del mare che le riempiva
le narici sul ponte era mutata in un
miscuglio di odori
sgradevoli e non ben identificati, tranne per una piccola traccia di
quello che aveva imparato a chiamare “cibo” - non
che
disprezzasse; sempre meglio di pane-e-vermi, gentilmente offertole da
chi l'aveva trascinata in quel folle viaggio.
Procedette, un po' a tentoni per la scarsa illuminazione, seguendo
l'odore delle pietanze – avrebbe potuto
chiedere al cuoco come arrivare allo spazio dedicato al rancio, dal
momento che avvertiva un certo brontolio, sintomo che l'ora della
cena era ormai prossima.
Quando
si
affacciò alla porta della cucina dovette abbassare lo
sguardo per
scorgere un uomo chino a terra; stava porgendo una ciotola ad un
gatto bianco e grigio grattandogli il collo e pronunciando una nenia
in tono affettuoso. Lo scricchiolio di un asse sotto il piccolo tacco
della sua scarpa lo fece voltare guardingo
– e molto
più velocemente di quanto la ragazza si potesse aspettare.
Accortosi
che ad essere arrivata non era altro che la piccola Lady, gli occhi
dell'uomo si aprirono a rivelare l'azzurro del cielo e la
bocca si stirò in un ghigno che scopriva il sorprendente
numero di
denti ancora presenti. Abigail esitò un po' prima di
avvicinarsi e,
anche se una parte di sé aveva timore di quell'uomo
dall'aspetto
trasandato e dallo sguardo vigile, strinse i
pugni tra
le pieghe della gonna per farsi coraggio ed entrò.
<< Signor cuoco... >>
salutò con una certa timidezza. Non
sapeva come rivolgersi a dei pirati – mostri, le avevano
insegnato,
bruti e sanguinari,
nonché animali con le donzelle.
A
quelle
parole l'uomo si alzò da terra, mostrando così
attenzione per la
sua ospite e il suo ghigno, se possibile, crebbe sin quasi a sembrare
una bocca aperta, sospesa in un muto urlo di
gioia.
Interpretando la reazione dell'uomo come buon segno, Abigail
completò
la sua richiesta.
<<Per favore, potresti indicarmi la strada per
uscire di
qui?>>.
La risposta fu un prolungato silenzio che l'uomo dai capelli bianchi
sfruttò per portarsi alla sua postazione di pela-patate.
Alzò lo
sguardo, volgendo gli occhi a quelli castani
della
ragazza, studiandola attentamente. Aveva notato il suo nervosismo
dai piccoli pugni chiusi che aveva tentato di nascondere, ma dopo
averle sorriso si era rilassata; la vedeva adocchiare Betsy, la gatta
che aveva deciso di adottare come acchiappa-topi. I suoi occhi da
cerbiatta ed il viso a cuore le conferivano un'aria gentile e lui,
decise, sarebbe stato gentile con lei.
<<Tutto dipende da dove vuoi andare.>>
Afferrò
con le lunghe unghie un tubero e cominciò a togliere la
buccia,
in maniera decisa.
Abigail
si
avvicinò piano al gatto, riuscendo a catturarlo in un
abbraccio. Gli
occhi chiari del felino la guardavano dalle palpebre
semichiuse e cominciò a far le fusa, rumorosamente.
<< Devo raggiungere il Capitano Flint e Mrs Miranda per
la
cena. >> Spiegò, dandosi mentalmente della
stupida, ovvio che
l'uomo non avesse potuto darle informazioni giuste se lei stessa non
gliene forniva.
<< Da questa parte >> indicò la
destra con la punta del
coltello << c'è la donna nella cabina del
capitano. Dall'altra
>> spostando il coltello verso sinistra <<
c'è il
Capitano Flint al timone.>>
Abigail ringraziò, poggiò a terra l'animale che
aveva lasciato
tracce di pelo sul suo vestito e si voltò per andarsene. Le
parole
che seguirono alle indicazioni fornitole quasi non la raggiunsero,
pronunciate così piano da essere sovrastate dal rumore delle
onde
che si frangevano sullo scafo.
<<Vai a trovare chi più ti piace:
sono tutti e due matti.>>
Indignata per l'affermazione,
almeno per quanto riguardava la parte riferita a Miranda, Abigail si
voltò presa da un momento di rabbia, ma si spense
subito quando vide che l'uomo era tornato a carezzare il gatto.
Probabilmente quell'animale era l'unica fonte d'amore ed interazione
di quello strano individuo e, a giudicare da come guardava
ciò che
lo circondava, doveva considerare tutti dei matti.
<<Ma io non voglio stare in mezzo a gente matta>>
mormorò, pensando alla propria situazione. Strappata dal suo
mondo
avvolto in una patina d'oro, Abigail si era risvegliata prigioniera
per passare, poi, da un capitano all'altro come merce di scambio e
valore; ora stava percorrendo la strada che l'avrebbe riportata a
casa, ma sapeva che ormai non era più la stessa –
la patina era
stata brutalmente lacerata dalla realtà – e
guardandosi intorno
non avrebbe potuto fare a meno di considerarsi matta o di vivere
tra tali.
<<Oh, non potresti fare altrimenti!>>
la consolò
l'uomo, tornando a fissarla con la smorfia di un sorriso a
distorcergli le labbra. << siamo tutti matti
qui. Io sono
matto e anche tu sei matta.>>
<<Come sai che io sono matta?>> chiese
Abigail,
sconcertata. Quegli occhi azzurri non potevano certo leggerle nella
mente e non le sembrava di essersi comportata da matta –
anche se
la sua condotta in mezzo a quella dei pirati la faceva sentire un po'
tale.
<< Devi esserlo o altrimenti non saresti venuta
qui. >>
<< In realtà ci sono stata portata...
>> resasi conto di
cosa stava rivelando – non che fosse una sorpresa che la sua
presenza lì era la semplice conseguenza di un rapimento
– si fermò
bruscamente. Salutò con un piccolo cenno del capo e
scappò, prima
che la sua loquacità la portasse ad instaurare rapporti con
coloro che persino Mrs Miranda considerava
pericolosi.
Non la stava forse sentendo rivolgersi al capitano con tono
accorato per la sua lunga assenza? Abigail non arrivò
né alla
cabina né al timone; venne fermata prima dalla coppia che
doveva
raggiungere ferma in uno degli angusti corridoi. Miranda appoggiava i
pugni al petto del Capitano Flint e le sopracciglia corrucciate
rivelavano la sua preoccupazione.
<< So che sotto il tuo comando la ciurma è
rispettosa delle
regole, ma Abigail è una facile preda! James
,>> fece una pausa
per trarre conforto dal nome dell'uomo che amava
<< doveva
allontanarsi solo un momento ed invece è scomparsa.
>>
Il Capitano James Flint, abituato a mostrare calma anche nei momenti
più difficili, teneva le mani a stringere le braccia della
sua
compagna con fare tranquillizzante. Notò immediatamente la
presenza
della piccola protetta, intenta a voler scomparire davvero questa
volta, ma per l'imbarazzo. Scostò Miranda quel poco che lo
spazio
permetteva e la esortò a voltarsi. Quando gli occhi della
donna si
posarono su Abigail, apparentemente incolume, il colorito della pelle
da cinereo tornò al suo rosato naturale e le rughe comparse
attorno
agli occhi scomparvero col rilassarsi dell'espressione.
<< Abigail! È ora di cena! Si può
sapere dove sei stata? >>
si avvicinò preceduta da Flint che
la superò
ed attese che lo seguissero.
Fin
quando
non si sedettero al tavolo Abigail
spiegò di essersi
persa, evitando di raccontare l'incontro avuto in cucina –
dove,
tra l'altro, aveva cominciato a nutrire il sospetto che non fossero
né loro né gli altri pirati ad essere matti, ma
solo l'uomo dai
capelli bianchi.
Erano
in
quattro a sedere al tavolo, ma nonostante lo spazio angusto si
sarebbero potute sedere altre persone. Abigail poggiava la schiena
alla parete – avere una visuale su ciò che la
circondava la
rendeva più tranquilla. Di fronte a sé, Miranda
sorrideva; con
occhi commossi rievocava lontani ricordi, la osservava come se fosse
sua figlia e la ragazza, lusingata,
iniziò a rimestare
il cucchiaio nella zuppa.
Sentiva il Capitano Flint, accanto a
lei, lanciarle occhiate preoccupate – quasi come
se potesse frantumarsi –, così si affrettò
a
prendere un boccone ed il suo sguardo si posò sul quarto
commensale.
Abigail fu colpita immediatamente dal suo aspetto: gli occhi chiari e
buoni ed i capelli biondi contrastavano con la pelle abbronzata dal
sole, la camicia lasciava scoperte le braccia muscolose e mentre
parlava le labbra si muovevano sensuali. Ci fu un fugace scambio di
sguardi, prontamente interrotto, che non passò inosservato
agli occhi di Miranda e Flint; mentre la
prima era
rimasta intenerita dal rossore sulle gote di Abigail, il secondo
aveva visto l'opportunità di far capire alla ragazza che i
pirati
erano persone che avevano fatto scelte diverse e Billy Bones faceva
proprio al caso suo.
<<Perchè non cambiamo argomento?>>
ordinò –
più che chiedere – finito il resoconto del
ragazzo. << Billy,
raccontaci una storia! >>
Il ragazzo guardò stupito il capitano, richiusa la bocca
spostò
velocemente lo sguardo su Mrs Miranda e su Lady Ashe.
Indirizzò nuovamente lo sguardo
sul primo e chiese,
sperando di aver capito male:
<< Una storia? >>
<< Sì,
di quando eri ragazzo. >>
precisò Flint.
Billy non aveva problemi né a parlare del proprio passato
né di
farlo di fronte ad altri, ma per qualche strano motivo non voleva
rattristare Lady Ashe con storie che l'avevano portato a condurre una
vita bruta. La ragazza, però, lo guardava con occhi
supplicanti e la
scoprì osare:
<<Sì, per favore, raccontala!>>
Fece un respiro, prendendo tempo per inventarsi qualcosa e
cominciò:
<< Ho tre piccole sorelle: Elsie, Lacie, e Tille.
>>
mentre parlava faceva vagare lo sguardo, evitando quello del capitano
e cercando di ricordare le tre bambine che abitavano nella casa
accanto alla sua.
<< Erano golose
di melassa. La mettevano su ogni cosa mangiavano. >>
<<È impossibile, si sarebbero
ammalate.>>
interruppe Abigail con fare gentile e preoccupato.
<<E infatti lo erano, molto malate!>>
rispose
Billy, lasciando intendere che stava scherzando. Ritornò
subito
serio, in fondo il capitano era
presente e
Mrs Miranda vegliava su di lei, conquistarla non era certo una mossa
furba.
<<Bevi più tè>>
disse Flint ad Abigail –
dimenticatosi che da offrire aveva solo birra, vino e rhum.
<<Non ne ho ancora bevuto, quindi non ne posso
bere di
più.>> fece notare, divertita, la
ragazza.
<<Vuol dire che non ne puoi bere di meno,
è molto più
facile berne di più che non berne affatto.>>
s'intromise
Miranda per tenere la situazione sotto controllo; almeno a quel
tavolo sentiva di poterlo fare.
La paura che qualcosa andasse per
il verso sbagliato la terrorizzava – non poteva perdere anche
James, non poteva sopportarlo.
Con la scodella vuota era finito anche il tempo delle chiacchiere ed
i commensali si alzarono. Ci fu un momento di confusione, la fine del
rancio segnava i cambi di turno dei pirati, ed il ricambio di persone
costrinse ad adottare un'andatura più lenta.
Mentre Abigail
seguiva Miranda verso la cabina che il capitano aveva ceduto loro per
la durata della tratta, si voltò per guardare
il ragazzo: Billy stava parlando con l'uomo della cucina, il quale
indicava in tono accusatorio il ragazzo dai
capelli
ricci intento a discolparsi, con le mani in segno di resa accanto a
lui.
Si diede mentalmente della stupida – invaghirsi di un pirata!
La
sua governante sarebbe morta d'infarto se glielo avesse raccontato
una volta tornata a casa!
Non si accorse, voltandosi, che Billy aveva sollevato lo sguardo da
quegli uomini che gli creavano sempre grattacapi, per incontrare
ancora una volta il suo – magari accompagnato da un bel
sorriso –,
così da
conservare il ricordo e, in tal maniera, quella
notte
avrebbe avuto qualcosa di piacevole a cui pensare mentre guardava le
stelle.
________________________________________________________________________________
I dialoghi in corsivo ripresi dal libro “Alice nel Paese
delle
meraviglie” di Lewis Carroll, così come la storia
raccontata da Billy delle tre sorelle amanti della melassa (che
è la storia raccontata dal ghiro).
Sinceramente quello che avevo in mente era totalmente diverso da
quello che ho scritto! Volevo si incentrarlo mentre mangiavano, ma
avrei voluto inserire Silver e Randall mentre litigavano
perchè il
primo aveva rubato qualcosa dalla cucina (come il Fante di cuori che
ruba le tartine pepate). Invece ho reso un Billy un po' meno serio e
carico di responsabilità cercando di accostarlo ad un
ragazzo
“normale” della sua età –
quando pensavo di scrivere un
momento serio/romantico in cui si trovava solo con Abigail.
Ho deciso comunque di tenere questa versione - senza riscriverla
aggiungendo personaggi o dando più spazio a quelli presenti,
cambiando toni o sfumature – perchè è
spontanea e visto che la
stesura è iniziata come un “messaggio”
dal mondo prendo come
tale anche il modo in cui si è sviluppata.
Ringrazio KikiWhiteFly per la revisione e correzione :)
Spero sia piaciuta.
Grazie!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Mrs Mapleton - La signora delle Camelie ***
Ciao a
tutti!
Questo
terzo capitolo è
su Mrs Mapleton (la Madam del bordello tenuto da Noonan) accostata al
libro “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas
(figlio).
Nel
capitolo precedente ho
scritto che la lista personaggi-libro è già
stilata; in realtà è
una bozza che muta continuamente. Nella lista Mrs Mapleton era tra
gli ultimi personaggi scelti – tra i forse per intenderci
– ma
questa shot mi è balenata in mente come un lampo ed eccoci
qui.
L'accostamento
de “La
signora delle camelie” con la Madame è nato sia,
da come si può
immaginare, per via della loro “condotta”(?), sia
perchè volevo
spaziare un po' in tutte le letterature invece di incentrarmi in una
sola fascia – questo discorso è approfondito in
una nota a fine
pagine perchè non inerente alla one-shot -.
Un'ulteriore
nota –
questa volta sulla storia – è a fine racconto.
Ringrazio
lettori e
commentatori!
Buona
lettura a tutti!
***
Mrs Mapleton
La Dame aux
camélias
* La
signora delle camelie *
*
Alexandre Dumas *
“Voglio la Nassau che stai cercando di costruire.
Ma se quella Nassau esisterà mai,
devi fermarla.”
[Mrs Mapleton ad Eleanor Guthrie]
Seduta
su di un piccolo
letto dall'aria cenciosa, Mrs Mapleton era rivolta verso la piccola
finestra ad occhi chiusi. I raggi del sole le illuminavano il volto
dall'espressione rilassata. Era fasciata in un abito viola, un colore
che etichettava come ironico in quel momento della sua vita. Aveva
osservato, finchè le circostanze lo avevano permesso, il
divieto di
indossare quel particolare colore nei teatri – usanza
più degli
attori in realtà – ed ora che era caduta in
disgrazia quel vestito
le sembrava appropriato.
Poteva
ancora sentire,
nella sua memoria, la voce angelica che riempiva l'aria dei grandi
teatri di Parigi. Ondeggiava al ritmo della musica e gesticolava con
le mani rivivendo le emozioni che aveva provato in passato. Aveva di
nuovo vent'anni; con l'odore delle camelie ad avvolgerla,
l'occhialino in una mano ed un sacchetto di dolci posato in grembo.
Era proprio al momento culmine dell'atto, quando il bussare allo
stipite della porta infranse i suoi sogni.
Si
voltò calma – di
nuovo vecchia – e trovò Eleanor Guthrie ad
attendere il permesso
per entrare.
<<
Mrs Mapleton. >>
salutò la ragazza, con un cenno del capo i due ricci biondi
al lato
del volto le sfiorarono le gote.
Tornata
alla realtà la
donna si alzò lisciandosi le gonne, e con un gesto di
benvenuto
rispose:
<<
Ma'am. Prego,
sedetevi. >>
Eleanor
si diresse verso
il letto e si accomodò su un'estremità,
così da lasciare spazio
per l'altra. Mentre studiava la camera presa in affitto da Mrs
Mapleton, si accorse della condizione di povertà in cui la
Madame
era caduta. La camera aveva un arredamento spartano, le dimensioni
non consentivano altro, ed era un miracolo che fosse una singola!
Invece di farsi prendere da scomodi sentimentalismi, Eleanor fece
emergere il suo lato pratico; dov'erano finiti i risparmi della
donna? E come poteva la cosa andare a suo vantaggio? La vide
avvicinarsi ad una cassettiera, il secondo ed ultimo mobile presente
nella stanza, ed aprire il primo cassetto.
<<
Ho sempre del
buon rhum per gli ospiti >> disse Mrs Mapleton mentre
tirava
fuori una bottiglia e due bicchieri. Tornò, con le gonne che
ondeggiavano, dalla ragazza e, datele il bicchiere, dette un colpetto
ai propri capelli per assicurarsi fossero in ordine.
Finalmente
sistemate, con
una sedia come tavolino, le due presero a guardarsi negli occhi.
Eleanor si stupì di come il volto della Madame fosse ancora
quello
di una giovane donna, nonostante i capelli grigi e qualche ruga.
Immersa nell'azzurro intenso del suo sguardo, era consapevole che
quella era una prova d'orgoglio che si interruppe quando Mrs Mapleton
sorrise piacente.
<<
Bevete, ma'am. >>
la incitò con un gesto della mano. Sempre con le labbra
stirate in
un sorriso astuto, mentre Eleanor beveva, continuò.
<< Un
tempo vi avrei accolta tra sfarzi e lusso... >>
<<
Sono qui per
affari, Mrs. >> la interruppe la ragazza.
<<
Oh, ma certo! >>
replicò, mal celando l'offesa. << Una ragazza
impegnata come
te non ha tempo di ascoltare le vecchie storie di una Madame!
>>
marcò con enfasi alzandosi in piedi. << The
“Queen of
Nassau”!
>> Esclamò
tonante.
<<
Sedetevi, Mrs
Mapleton. Non intendevo offendervi. >> asserì
Eleanor sorpresa
dell'atteggiamento teatrale dell'altra. << Dicevate?
>>
la esortò a continuare dopo che si fu rimessa a sedere.
<<
Non fingete che
v'interessi, ma'am. So benissimo che siete qui con uno scopo preciso,
ma sono convinta che davanti alla donna alla quale
l'educazione
non ha insegnato il bene, Dio apre quasi sempre due sentieri che ve
la guideranno: il dolore e l'amore.*
E con quell'interruzione non sono sicura di quale sia la vostra
educazione. >> avrebbe accompagnato quell'affermazione
con un
colpetto del ventaglio sotto il mento della ragazza se ancora si
fosse trovata in una situazione influente. Atteggiò un
sorriso di
condiscendenza << Scusate, devo sembrarvi pazza, ma un
tempo
anch'io sognavo una Nassau sicura ed il ricordo di quei giorni mi
tormenta. >>
Quella
frase aveva riscosso Eleanor dall'arroganza che spesso l'accecava;
giunto il suo momento aveva trasformato l'isola, usando quello che
c'era e non pensando a come tutto fosse arrivato lì. Non
aveva avuto
occasioni di frequentare Mrs Mapleton, escluse le trattative per Max,
e non si era mai chiesta chi fosse prima di conoscerla. Il rimprovero
pungente che aveva ricevuto l'infastidiva ancora, ma facendo buon
viso le chiese:
<<
E a voi quale strada ha fatto percorrere Dio? >> il tono
non
poteva definirsi innocente, era chiaro come quella domanda fosse un
“rigirare la frittata”, ma la Madame non perse
l'occasione per
accendere i riflettori su di sé.
<<
Entrambe, mia
cara, entrambe... >> sfumò la voce mentre lo
sguardo si posava
sul suo riflesso nello specchio dietro la ragazza. <<
Vengo dal
continente, lo sapevate? >>
<<
Mi è stato
accennato... >> rispose Eleanor pur avvertendo il tono
retorico.
<<
Quel furfante del
Capitano Hornigold! Deve avertelo detto lui! >> Mrs
Mapleton
ridacchiò nel pronunciare il nome, poi sospirò.
<< Siamo
pietre miliari, io e lui. Ormai non più giocatori, siamo
troppo
vecchi. >> portò il bicchiere alle labbra,
pronta per il
monologo della sua solitudine. << Non credo fu il tenore
della
vita che conducevo ad avvelenarmi il sangue, svolgevo lo stesso
mestiere che intrapresi qui, ma ogni respiro era un'agonia ed ogni
colpo di tosse scatenava fuochi nei miei polmoni!>>
Eleanor
si era arresa alla
possibilità di concludere presto i propri affari, ma sapeva
che quel
momento sarebbe arrivato; poggiò dunque il bicchiere vuoto
sul
tavolo improvvisato – decisa che quell'unica dose d'alcool
era
sufficiente - e si preparò ad ascoltare la storia.
<<
Le mie lenzuola
erano di seta, ed ogni giorno indossavo splendidi gioielli... Se mi
guardo allo specchio posso vedere ancora i regali che gli uomini mi
facevano solo per un sorriso. Bhè, per un sorriso e
qualcos'altro!
>> aggiunse, allusiva. << Ce n'era uno che
mi amava,
ma'am, di quell'amore che alle fanciulle piace tanto! Struggente,
poiché impossibile da vivere, ma anche intenso,
perchè quelle sono
le storie più ardue da realizzare! >>
Mrs
Mapleton si fermò dal
narrare, era troppo occupata a non perdersi tra i ricordi. Si vedeva
immersa in vestiti di chiffon e taffettà con l'uomo che
giurava
d'amarla chinato ai suoi piedi. Ma lei non poteva essere di nessuno,
tanto meno di un uomo che poteva offrirle solo se stesso.
<< La
tisi fu il motivo del mio arrivo qui, necessitavo di un clima caldo.
Fui sciocca a pensare che mi avrebbe seguita.>> concluse
decisa, assaporando il sapore amaro della fine di quella storia che
doveva cambiarle la vita.
Eleanor
osservò il
silenzio, il dolore di quei ricordi che non le appartenevano
riuscivano comunque a sfiorarla, ed ascoltò il consiglio che
la
Madame volle darle.
<<
Dolore ed amore,
ma'am, non sono due compagne sconosciute. Ma del dolore è
più dolce
il ricordo che il vissuto. >> Le battè due
colpetti sul dorso
della mano. << Ed ora, ditemi dei vostri affari, sono
tutta
orecchi. >>
________________________________________________________________________________
*
Aforisma tratto dal
libro, per esigenze di copione ho messo “convinta”
al femminile.
Grazie
a KikiWhiteFly per
il betaggio!
Grazie
a Funny Jumping
Sparrow e Fauna96
per i commenti!
Nota
sulla one-shot:
questa
storia si può collocare come prequel dell'incontro tra Mrs
Mapleton
ed Eleanor Guthrie nella 2x08.
Ho
lavorato d'immaginazione sul carattere di Mrs Mapleton – la
vita di
una donna abituata ad avere un'attività tra le mani ed un
conseguente giro di soldi improvvisamente privata di tutto –.
Non
me l'immaginavo pentita e sconfitta, piuttosto in agguato aspettando
l'occasione giusta. Non vorrei essere andata OOC dandole un
atteggiamento un po' egocentrico ed altezzoso – a tratti
gonfiandoli – ed ho cercato di non alterare il rapporto sia
di
schiettezza che di “deferenza” con quale le due si
parlano
durante la scena.
Nota
sconnessa al
contenuto della one-shot [versione estesa, vedi anche
“chiacchiere”].
Riprendendo
il discorso di
spaziare nella letteratura: volevo restare “fedele”
all'idea
grezza da cui è nata questa raccolta, ovvero
“Dimmi che libreria
hai e ti dirò chi sei”.
Così
come sta crescendo
questa raccolta con l'aggiunta di capitoli, anche l'idea di base si
sta evolvendo. Volevo divertirmi un po' stilando la lista -
comparando personaggi a libri- ed ispirarmi a quei volumi.
Andando
avanti sono
successe due cose: la prima è una recensione ricevuta da Funny
Jumping Sparrow
– sempre
gentilissima - che mi ha suggerito un accostamento prontamente
accolto. C'è stata quindi una sostituzione che ha portato al
secondo
accaduto: ho notato che i volumi scelti inizialmente spaziavano in
più fasce (da geografiche a fasce di genere).
Di
conseguenza, ora, non solo mi piacerebbe pubblicare one-shot ispirate
a libri che tutti possiamo avere e che io ho nella mia libreria
– e
così restare fedele all'idea di base – ma anche
cercare di
scegliere libri che possono andare da trattati a narrativa
provenienti da diversi Paesi, epoche e culture –
così, tanto per
-.
Chiudo
qui il mio sproloquio!
A
presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Jack Rackham - Il Principe ***
Ciao a tutti!
Questo capitolo lo dedico a Funny Jumping Sparrow che ha proposto di accostare Jack Rackham a “Il Principe” di Niccolò Machiavelli.
Non ho voluto indagare troppo sul perché di questa sua scelta, nonostante la curiosità, per non influenzare quella che è diventata la one-shot qui pubblicata.
* chiacchiere *
Ho deciso di non voler comparare questa mia “visione” del trattato in correlazione al personaggio di Jack Rackham con Funny Jumping Sparrow perché volevo scrivere qualcosa frutto della mia immaginazione, per dedicarle qualcosa che fosse “farina del mio sacco” insomma. Sono curiosa di sapere il suo parere, sperando di aver trattato bene quest'accoppiata.
Da canto mio ho trvato appropriato il trattato con la figura di Jack perché credo che i princìpi descritti bene si accostino con questo particolare pirata.
Mentre leggevo il libro ho pensato anche al Captain Flint, e per un paio di capitoli a Charles Vane, ma due delle qualità che Machiavelli attribuisce al Principe sono astuzia e violenza; la prima accostata alla figura della volpe e la seconda al leone.
Questo particolare ha messo in moto la fangirl shippatrice che è in me; insomma l'astuzia:violenza=Jack:Anne.
La one-shot sarà ripartita in tre capitoli, per cui al momento c'è un solo accenno al trattato scritto da Machiavelli.
Spero di essere riuscita a raggiungere gli obbiettivi che mi ero posta e che la storia piaccia.
Grazie a Lely1441 per il betaggio! :)
Grazie e buna lettura!
***
Jack Rackham
* Il Principe *
* Niccolò Machiavelli *
“L'esperienza mi ha insegnato che più è elusivo l'enigma,
più la sua soluzione è terribilmente ovvia.
Bisogna solo essere disposti a vederla.
Prendiamo la nostra situazione, per esempio.
Tu hai un sacco di informazioni, ma non hai i mezzi per sfruttarle,
puoi solo venderle in cambio di una commissione
e facendolo rischi una rappresaglia dalla signora Guthrie.
Io, d'altro canto, ho un'attitudine impareggiabile per gestire una ciurma,
ma mi vedo negata ogni opportunità di sfruttare questa abilità.
Ed eccola, la soluzione, così ovvia.
Tutte le informazioni che otterrai da questo posto, le darai a me.
Io deciderò quali sfrutteremo e quali potrebbero provocare l'ira della signora Guthrie.
Io e Anne prenderemo quelle informazioni, ci procureremo una nave, recluteremo uomini,
e metteremo insieme, dal nulla, una nuova ciurma, che farà capo a noi tre.
Avevi chiesto capitani migliori.
Ecco a voi il Capitano Jack Rackham.”
[Jack Rackham to Max]
Immerso nella vasca da bagno, Jack Rackham teneva la testa reclinata indietro così da avere la visuale sul soffitto; non che il soggetto fosse interessante, ma perdersi tra quelle trame lignee lo aiutava a concentrarsi. Il vapore saliva dall'acqua calda con piccole spirali che sembravano danzare mosse dalla brezza che entrava dalla finestra aperta. I mugolii soddisfatti dei clienti, insieme a quelli recitati dalle puttane durante il loro lavoro, sfondavano la barriera creata dalle sottili pareti riempendo l'aria. Annoiato si strofinò il petto con un pezzo di stoffa insaponato mentre i capelli castani gli ricadevano bagnati sugli occhi.
Jack immerse il piccolo asciugamano nell'acqua e lo portò a coprirsi il volto cercando di estraniarsi dall'ambiente che lo circondava. Così escluse le luci e l'olezzo proveniente dalla strada, si accomodò meglio intenzionato a dedicarsi ad una delle sue occupazioni preferite: immaginarsi nelle vesti di capitano rispettato con una ciurma che lo seguisse fedelmente e lealmente.
Picchiettava un dito sul bordo della vasca con fare assorto quando una mano affusolata gli strappò l'asciugamano dal viso. Stropicciò gli occhi mentre con una mano afferrava la spada, resa scivolosa dall'acqua insaponata caduta a terra. Si alzò in fretta schizzando acqua da tutte le parti e scavalcò impacciato la vasca pronto a gettarsi nella mischia. Scorse Anne, intenta a sfilare il pugnale dal polmone del suo avversario, e si buttò senza indugi sull'energumeno che tentava di afferrarlo. Reso scivoloso dal sapone, Jack riuscì a liberare un braccio dalla morsa in cui era stretto tanto da fargli mancare il fiato e tirò un pugno sul mento del suo avversario. Sentì le nocche bruciare contro l'osso duro e tirò il braccio indietro per prepararsi a tirare un secondo colpo. Si stupì quando il rivale sgranò gli occhi, un uomo di quella stazza e dalla mascella possente non poteva essere battuto con un singolo pugno. Chiuse la bocca quando lo sconosciuto gli tossì addosso, ma ciò non evitò che un grumo di sangue lo colpisse alla guancia impregnandogli la basetta. Venne trascinato dal peso di quel corpo che ancora non si decideva a lasciarlo andare, a terra sgusciò da quel contatto indesiderato e vide la compagna pulire la propria lama sull'asciugamano che aveva lanciato a terra poco prima.
Con le spalle dritte ed i capelli in disordine, Anne Bonny guardava il compagno con gli occhi socchiusi. La linea dura della bocca non nascondeva la preoccupazione per quel che sarebbe potuto accadere se non ci fosse stata lei a risolvere tutto. Guardò i due corpi stesi a terra, circondati dal loro sangue che sgorgava sempre più debole dalle ferite mortali.
<< A quest'ora saresti un fottuto cadavere. >> masticò tra i denti.
Muoversi silenziosamente era diventata un'abitudine per lei, resa necessaria dai vari “incarichi” che era solita svolgere. Quando doveva passare inosservata, come in situazioni simili, quella sua qualità le tornava molto utile. Continuava a stringere il piccolo asciugamano a contatto con la pelle accaldata, liberando così l'acqua che stava scivolava lungo le sue bianche gambe fino a terra.
Coperta solo dall'abituale blusa color notte, troppo grande per il suo corpo esile, la ragazza restava in piedi a guardare il compagno.
<< Fortuna che ci sei tu, tesoro, che mi guardi le spalle. >> Le rispose Jack, con un tono lievemente amareggiato, alzandosi. Non potè evitare di notare le gote arrossate di lei, non certo per quella piccola baruffa e nemmeno per quella battuta pungente. Sapeva benissimo da dove veniva, portava ancora l'odore della brunetta sulla sua pelle: un profumo d'incenso che male le si addiceva.
Con un passo il pirata colmò la distanza che li separava e, tenendole una mano sotto il mento la costrinse a guardarlo. Non trovò in quelle iridi azzurre il lampo di sfida che erano solite emanare, ma acque burrascose pericolose da esplorare. Il loro rapporto era sempre stato particolare, ed il momento che stavano passando – un momento che aveva un nome, due labbra sensuali e due occhi profondi – non rendeva le cose più semplici, ma sapeva che non era intenzione della compagna ferirlo e che la sua preoccupazione era sincera. Sospirò, rifiutandosi di lasciarsi andare a quei pensieri.
Anne si liberò stizzita e lanciandogli il ritaglio di stoffa che ancora stringeva lo apostrofò:
<< Che cazzo stavi facendo, eh Jack? Chi diavolo hai fatto incazzare per mandare qualcuno a farti il culo? >>
<< Calmati, cara, non ho fatto incazzare nessuno. Questi gentiluomini erano sicuramente qui per un altro motivo. >> tentò di rabbonirla mentre strofinava la guancia intenzionato ad eliminare qualsiasi traccia di sangue vi fosse impressa.
<< Col cazzo che erano qui per un altro motivo! Quelli sono venuti per fotterti, Jack! E se non fossero passati davanti a quella cazzo di camera ti avrei trovato con le budella attorno al collo! >> inveì lei additando un punto che doveva corrispondere alla stanza da cui era uscita per proteggere il compagno.
<< Darling, non intendevo che non volessero farmi fuori, ma che per una volta non sono io ad aver fatto incazzare qualcuno. >> Proseguì chinandosi sopra i corpi degli aggressori senza sentire il bisogno di coprirsi. Le diede le spalle, evitando così di posare gli occhi sul corpo semivestito di Anne che lo portavano a pensare alle attività che aveva abbandonato per accorrere in suo aiuto. Non aveva nemmeno bisogno di immaginare le gambe delle ragazze intrecciarsi, od i gemiti di piacere confondersi; aveva toccato tutto con mano, se poteva permettersi quella battuta.
Frugò in tutte le tasche e borselli, finché non tastò un sacchetto con quella che doveva essere la caparra del lavoro che prevedeva la sua morte. << O forse no… chissà chi è il mandante… >> mormorò soppesandola.
<< Cazzo Jack, vedi di metterti dei fottuti vestiti e andiamo ad ammazzare chi voleva farti la pelle. >> ordinò la ragazza prima di chiudersi la porta alle spalle.
Rimasto solo, Jack sfilò il foglio ripiegato che aveva trovato nella tasca del gilè dell'uomo ucciso da Anne. Era per lo più illeggibile, impregnato del sangue fresco del messaggero.
“...se non che bisogna ad uno principe sapere usare l'una e l'altra natura: e l'una senza l'altra non è durabile. Sendo dunque necessitato uno principe sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la volpe et lione: perché el lione non si difende da' lacci, la volpe non si difende da' lupi; bisogna adunque essere volpe a conoscere e lacci, e lione a sbigottire i lupi: coloro che...”
Jack rigirò il foglio tra le mani, cercando di capire la provenienza di quell'unica prova. Il foglio era leggero, una carta stampata di bassa qualità, con l'inchiostro sbafato su tutte le “a” e – decise – di qualcuno molto vecchio a giudicare dal modo di parlare.
<< Chi cazzo ha un libro su un principe a Nassau? >> mormorò pensieroso.
Tornò a concentrarsi sulle poche parole salvate dalle macchie di sangue. Sull'altra facciata del foglio una seconda frase poteva distinguersi.
“E senza quella, a fare quello effetto, l'altre sua virtù non bastavano: e li scriptori, in questo, poco considerati da l'una parte admirano questa sua actione. Dall'altra dannano la principale cagione di epsa.”
Anche questa volta nulla d'importante.
Continuò per un po' ad osservare quello stralcio di parole, cercando di porsi domande utili più che curiose come lo portava invece a fare la sua indole. Rassegnato distolse lo sguardo e notò il cranio calvo dell'uomo; una forma oltremodo buffa così schiacciata da assomigliare ad un'incudine, una forma difficile da dimenticare. Forse questo tratto distintivo lo avrebbe aiutato nello scoprire almeno chi fosse.
<< Che cosa ci fai ancora nudo come un fottuto verme, Jack? >> ringhiò Anne con i canini che spuntavano dalle labbra fine.
Non le era servito troppo tempo per indossare i suoi abituali vestiti, un altro discorso era stato il tempo impiegato per dare una spiegazione a Max per quella spiacevole interruzione.
Teneva i palmi delle mani poggiate sull'elsa dei pugnali e la falda dell'inseparabile cappello malcelava la scintilla di ferocia dei suoi occhi.
In quel momento, pensò Jack, sembrava davvero una leonessa.
Riportò lo sguardo al foglio che ancora teneva in mano; se Anne era il leone, lui era senza dubbio la volpe ragionò. Poteva quasi sentire i piccoli ingranaggi della sua mente muoversi ad una velocità superiore al normale con l'ausilio dell'adrenalina che pervadeva il suo corpo.
<< … Jack! Jack! Cazzo, ma ci senti? Che cazzo è quello? >> lo scrollò la voce rauca della compagna dai suoi ragionamenti.
<< Un indizio, cara. >> spiegò mentre si alzava e stirava le gambe anchilosate per esser stato chino a lungo. << Ora liberiamoci dei nostri ospiti e fammi finire di pensare, ti spiegherò di fronte una bella bottiglia di rhum. >> concluse mentre si allacciava le braghe.
[Fine Prima Parte]
*************************************************************************************************************************
La prima frase in corsivo è ripresa dal capitolo XVIII mentre la seconda dal capitolo XVII de “Il Principe” di Machiavelli.
È la prima volta che mi cimento in qualcosa con tematiche gialle, come “semi-battaglie”, indizi da seguire ed il resto che emergerà da questa one-shot. Spero che alla fine dei tre capitoli uscirà una cosa per lo meno decente!
Il prossimo capitolo sarà Anne Bonny con “Diario di un killer sentimentale” di Luis Sepùlveda.
Grazie per aver letto!
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Anne Bonny - Diario di un killer sentimentale ***
Ciao a tutti!
Dedico questo capitolo a Fauna96 come regalo per il suo compleanno!
Questo capitolo sarà incentrato su Anne Bonny.
In realtà il libro che ho scelto per lei - “Diario di un killer sentimentale” di Luis Sepùlveda - non è stato il primo, bensì il terzo.
* chiacchiere *
Il personaggio di Anne ha molte sfaccettature ed inizialmente pensavo di incentrarmi sul periodo di confusione avuto riguardo se stessa dalla S02e06 – da qui il primo libro – e quindi su lei sola.
Ho pensato poi di spostarmi sul suo rapporto con Jack ambientato in un prequel della serie – ed ecco che ho cambiato la prima scelta di un volume con un secondo.
Alla fine è stato il libro a scegliere me – era da un po' che spuntava fuori per farsi vedere – e l'ho trovato perfetto per l'unione dei primi due punti sopraelencati – e così è venuta anche la decisione di legare tre capitoli.
Grazie a tutti e buona lettura!
***
Anne Bonny
Diario de un killer sentimental
* Diario di un killer sentimentale *
* Luis Sepùlveda *
“- Mentre ero lì, in piedi sul molo a Port Royal,
ho realizzato che era la prima volta che io e te eravamo separati
da così tanta acqua da quando eravamo solo mocciosi del cazzo.
Stare tanto lontano ti fa vedere le cose in modo diverso.
Mi ha aiutato a vedere ciò che siamo.
Forse anche quello che non siamo.
Tu mi hai salvata da qualcosa di orribile, Jack.
E ti devo la vita pr questo.
Ma forse c'è una piccola parte di me che non può essere in debito con te.
- Ma quella parte può essere in debito con Max?
- Non è questo che provo per lei.
Sono stata in ogni taverna di quella città nel tentativo di procurarci delle spie...
per dare forma a quello che avevamo iniziato.
Ed ogni volta che dicevo il mio nome…
loro lo conoscevano.
La prima cosa che mi chiedevano,
ogni volta, era il tuo nome.
Come se fossimo due metà di una stessa cosa.
Non posso essere tua moglie, Jack.
Ma io e te saremo compagni finché non ci metteranno sottoterra, cazzo.
Finchè proverai lo stesso.
[Anne Bonny to Jack Rackham]
La luna illuminava pallida i volti matidi di sudore di due figure che scavavano. Anne Bonny, con la giacca appallottolata a terra ed i pugnali sempre vicini, guardava torva la sabbia riversarsi nella buca - presto una delle tante tombe che aveva scavato nella sua vita. Asciugò col braccio il sudore che le scendeva sugli occhi mentre in silenzio, e con qualche calcio ben assestato, sistemava i cadaveri nella loro nuova casa.
Ogni tanto si voltava a guardare di sottecchi Jack, con la camicia bagnata che aderiva ai muscoli guizzanti. Le piaceva osservarlo; le dava un senso di pace anche ora che le cose tra loro erano più confuse che mai. Si ritrovava spesso a chiedersi quanto profonda fosse la ferita che gli aveva inflitto facendo entrare Max nel loro rapporto, ed anche in qualcos'altro - non potè fare a meno di dirsi.
L'aria salmastra le riempiva le narici ed i polmoni, un odore che scisso da quello umano le piaceva inspirare e portare con sé. Un odore che non riusciva a tenere impresso sulla pelle, sapientemente tolto dalla lingua della sua amante per essere poi impregnata del suo profumo esotico.
Si diressero alla taverna in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri, fin quando seduti e col boccale pieno Anne decise di intervenire:
<< Che cazzo sta succedendo, Jack? >> chiese andando dritta al punto. Ancora non era tranquilla da lasciare l'elsa delle lame che portava con sé e lanciava chiari sguardi d'ammonimento alle puttane che giravano con la bocca stretta secondo la moda francese.
<< Cara, credo che chi voglia la mia morte abiti lontano e non aspiri solo a quello. >> Iniziò, osservandola insistentemente.
<< Vuoi dire che qualche fottuto stronzo vuole anche la mia, di pelle? Cazzo, deve solo provarci… >> Ringhiò sfoderando uno dei pugnali e piantandolo accanto a sé nel tavolo con mossa secca.
<< Calmati, darling. >> la frenò Jack posando una mano su quella di lei. << Rinfodera la spada, non sembra essere una scaramuccia quella in cui ci siamo imbattuti. >> e con fare sospettoso lanciò un'occhiata intorno.
Fecero passare qualche minuto mentre intingevano le labbra nei boccali.
Il sapore del vino acido fece stringere la bocca ad Anne che storse il piccolo naso in un'espressione di disgusto. Non posò comunque il bicchiere, il suo stomaco era abituato a cose ben peggiori si ricordò, e fece vorticare i pensieri annegandoli nel liquido rosso scuro. Si trovò a desiderare succhi ben più dolci da assaporare, una pelle liscia da accarezzare ed il tepore di un corpo che si modellasse come creta tra le sue mani. Guardò Jack con noncuranza; sapeva che senza lui sarebbe stata incompleta, ma voleva anche lei le sue esperienze e prendere le sue decisioni.
Voleva anche lei la possibilità di sbagliare, di legarsi a qualcuno che avesse scelto - e non il contrario. Voleva vedere cosa le avrebbe riservato la vita se Jack non le avesse donato una libertà non intenzionalmente condizionale, una libertà in cui sentiva il bisogno di sdebitarsi.
Certi che nessuno fosse interessato ai loro discorsi, o alla loro testa su una picca, il pirata tornò ad illustrare la situazione. Tirò fuori il foglio spiegazzato dalla tasca e lo lisciò con le mani.
<< Questo l'ho trovato addosso al primo che hai ammazzato; parla di un principe, un leone ed una volpe. Ora, è chiaro che tu sei il leone ed io la volpe. Tu sei il corpo ed io la mente diciamo. Quello che ci resta da scoprire è chi sia questo principe. >>
<< Chi cazzo scrive così in un'isola di analfabeti? >> sbottò assorta Anne con il foglio tra le mani mentre seguiva il ragionamento del compagno. Jack sorrise a quella domanda che egli stesso si era posto e trasse un lungo sorso prima di continuare ad esporre la sua teoria.
<< Secondo me qualcuno crede che siamo ancora al soldo di Chaz. Ascolta; finché la sua relazione con Queen Eleanor durava lui era praticamente re dell'isola! Miss Guthrie gli passava informazioni sulle prede ed i bottini che ne ricavavamo erano soddisfacenti. Ma da quando hanno cominciato con i loro stupidi giochetti, lui non è più stato un re; solo un “principe”. >>
<< Non dire stronzate Jack. Hai fatto incazzare qualcuno e questo è quanto. Cazzo, abbiamo passato la vita a difenderci dai tipi che volevano farti la pelle! >> replicò scettica Anne prima di sputare a terra un grumo di saliva.
<< Pensaci, qualcuno non al corrente dei recenti cambiamenti vuole togliere di mezzo Chaz, quale modo migliore se non iniziare da noi, i suoi secondi? Magari è qualcuno da Port Royal, si spiegherebbe così la pagina trovata nelle tasche dell'uomo. Qua quasi nessuno sa leggere, figuriamoci possedere un libro! >>
Anne socchiuse gli occhi riflettendo su ciò che aveva sentito. Attraverso le lunghe ciglia vedeva Jack guardarla con convinzione. La sua era una teoria plausibile. Quando era stata a Port Royal non aveva sentito pettegolezzi girare su Nassau; l'oro dell'Urca de Lima era ancora sconosciuto, la conquista del forte da parte di Vane non interessava a nessuno e la sua reputazione non era macchiata dalla nomea di “ammazzaciurme”.
<< Resta ancora da scoprire perché cazzo vogliono fare fuori Charles e noi con lui… >> biascicò esponendo così la sua decisione di credere a Jack.
Questo sorrise, certo di avere l'appoggio della compagna come era stato sempre.
<< Per questo ho un piano, mia cara. >> disse mentre svuotava il contenuto della bottiglia nei boccali. << Hai notato la forma insolitamente curiosa della testa del nostro defunto amico? Qualcuno sceso da una delle navi di Port Royal deve averlo contattato per assoldarlo. Troviamo l'uomo, poi decideremo la mossa successiva. >> concluse bevendo il contenuto del bicchiere in un sol sorso.
Si diressero decisi verso il porto, alla ricerca della nave con a bordo l'uomo che aveva dato l'incarico della loro morte. Le urla si levavano alte nel cielo stellato, dove la luna piena ancora non voleva cedere il suo posto al sole. I piccoli falò segnavano i diversi accampamenti ed illuminavano gli uomini che dopo una serata di baldoria tornavano alla loro nave ed alle loro amache.
Jack le fece cenno di fermarsi posandole il palmo sulla bocca dello stomaco.
<< Aspetta qui, darling. Guardami le spalle mentre cerco informazioni sul nostro amico. >>
A malincuore Anne seguì l'ordine e vide la figura del pirata sparire. Si guardò intorno inqueta, al riparo di una tenda messa insieme con pezzi laceri di stoffa. Affondò il tacco dello stivale nella sabbia, pronta a scattare in caso ci fosse stato bisogno della sua abilità con i pugnali. Respirava piano, con l'udito fino pronto a cogliere ogni minimo rumore e le spalle tese mentre aspettava il compagno. Sperava, guardando il punto dove Jack era scomparso, che quando questi sarebbe tornato portasse al massimo il naso ammaccato e qualche strappo ai suoi preziosi vestiti. O forse quest'ultima cosa avrebbe preferito evitarla, come avrebbe preferito evitare le lamentele che sarebbero poi scaturite dal dispiacere del tessuto rovinato e da rammendare – cosa che lei odiava profondamente fare. Solo il naso sanguinante – decise - sarebbe andato bene.
Mentre era intenta a pensare quale sarebbe stato il modo migliore di consolarlo – magari rotolando insieme tra le lenzuola – lo vide tornare tutto intero.
Tirò un sospiro di sollievo. Mentre si avvicinava lo scrutò: nessun naso rotto e nessuno strappo ai vestiti – il tutto era andato decisamente bene -, ma l'espressione amareggiata del pirata le fece intuire come si fosse concluso il colloquio.
“Il volto umano” - pensò - “non mente mai: è l'unica cartina che segna tutti i territori in cui abbiamo vissuto.”
<< Andiamocene di qui. >> disse superandola. << Da quando sei tornata nessuna nave è approdata da Port Royal. Siamo di nuovo al punto di partenza. >>
[Fine Seconda Parte]
*******************************************************************************
La frase in corsivo è ripresa dal libro “Diario di un killer sentimentale” di Luis Sepùlveda.
Nota a margine:
Nella citazione scelta per Anne dalla S02e10 ho preferito lasciare “Non posso essere tua moglie” come nella versione in inglese – anche perché ammetto di non aver mai visto la serie in italiano e non so come è stata tradotta- e “Finchè sentirai lo stesso” tradotti dai ragazzi che fanno i sub come “Non posso essere la tua donna” e “Se tu sei d'accordo”. Per la parola “Partner” ho scelto di tradurlo come “compagni” invece di “soci” - ma tutto questo l'ho fatto solo per esigenza di copione.
Nota a margine:
Luis Sepùlveda – scrittore cileno - è l'autore di “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, pietra miliare della mia infanzia!
Grazie mille per la lettura!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3181250
|