The girl standing in the light of night.

di Nico_Tina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stronger. ***
Capitolo 2: *** Something new. ***
Capitolo 3: *** Power. Fear. Bravery. ***



Capitolo 1
*** Stronger. ***


Tendo la corda dell’arco con decisione, gomito alto, l’altro braccio teso e fermo, faccio un respiro, sfioro il polso con le labbra, prendo la mira, scocco la freccia.
 
Una, due, quattro, cinquanta, perdo il conto una decina di frecce successive, poi mi rassegno a contarle e mi limito solo a cercare di essere più precisa nel tiro, ad alzare meglio il gomito del braccio destro, a tenere fermo il sinistro senza tremare, come facevo le prime volte, a tenere il fiato sospeso dall’attimo in cui tendo la corda fino a quando la punta della freccia di conficca del legno. Ormai mi esercito ogni notte da quando ho cominciato questo viaggio, con la speranza di diventare più precisa, più stabile, più forte.

Sono giorni, settimane,che ogni notte, mentre continuo a scoccare frecce a destra e a manca  penso a ciò che è successo. A me, a mio padre, ad Hak, a mio cugino Soo Won. Ogni notte cerco di trovare una spiegazione al suo gesto estremo, a cosa lo abbia portato ad uccidere mio padre, a uccidere quasi me. Non avrei mai immaginato che riservasse rancore o odio nei nostri confronti, non immaginavo fosse capace di uccidere qualcuno con le sue mani. Colui che da bambino dormiva nel mio stesso letto per farmi compagnia perché avevo nostalgia del calore della mamma. Colui che insieme a me e ad Hak ha passato giornate a cavallo in giro per il parco intorno al castello Hiryuu, ha giocato con la neve per ore, finendo per ammalarsi, mangiando frutta mentre io imparavo a suonare il banjo, ma con scarsi risultati.
Lui e Hak mi prendevano sempre in giro per quanto io fossi negata nell’arte della musica, ma lui a differenza di Hak qualche minuto dopo mi invitava a suonare ancora e ancora per migliorare, mettendosi con il viso tra le mani ad ascoltare il lamento metallico che riuscivo a produrre.
Non riesco a capire come abbia avuto il coraggio di uccidere mio padre. Non capisco come abbia fatto a tradirci, a tradire me.
In cuor mio continuo a provare un languido sentimento, a volte mi soffermo a pensare a quanto mi piaceva guardarlo da lontano mentre combatteva con Hak per allenarsi e a rimanere sconfitto ogni volta.
Subito dopo però mi compare nella mente l’immagine di lui sporco di sangue davanti a mio padre, disteso a terra, senza vita, e lui che mi guarda, con un’espressione totale di pacatezza e con gli occhi vacui, freddi, senza il minimo timore. Occhi malvagi. Adesso provo solo rabbia. Non potrei amare qualcuno come lui, pronto ad uccidermi.
Scocco la freccia ma ho un attimo di esitazione e va a conficcarsi nel terreno, a dieci centimetri dal fusto dell’albero a cui stavo mirando. Mi guardo i piedi, gli occhi mi si appannano dalle lacrime, rimango un attimo ferma così, fino a quando le goccioline mi scorrono sul viso e toccano terra.

Qualcosa dentro di me si agita e mi fa infuriare, alzo la testa con uno scatto, impugno l’arco più decisa di prima, tendo la corda, scocco la freccia ed essa si conficca nel legno duro, proprio al centro della x che avevo intagliato. E’ quando sono più arrabbiata, addolorata e concentrata che riesco a dare il meglio di me. Sento un fruscio dietro di me e con uno scatto mi giro, tenendo la freccia puntata davanti a me.
Hak alza le mani, con espressione serena, ma colgo una piccola scintilla di sorpresa nei suoi occhi. Abbasso subito l’arco, interrompendo lo sguardo. –Scusami.. non volevo.- dico quasi sottovoce.
Hak abbassa le mani, fissandomi. Il suo sguardo su di me dura un po’ troppo, ma proprio quando sto per chiedergli il perché lui mi indica l’albero dietro di me, anzi, la freccia conficcata in esso.
-Stai migliorando molto- dice accennando un sorriso, ma a me sembra esserci di più. Lo conosco da così tanto tempo che so leggere le sue espressioni, il modo in cui cammina e quello con cui guarda qualcosa, con interesse o no. L’espressione che ha in questo momento tende allo stupore e devo ammettere che questa cosa mi lusinga alquanto.
-Ci provo.. solo che sono stanca..- lo guardo mentre si avvicina all’albero, poggia una mano sul legno quasi accarezzandolo. Un attimo dopo stacca la freccia dal legno con un gesto secco e veloce.
-Stai diventando forte- mi dice, porgendomi il bastoncino appuntito.
Lo guardo negli occhi e mi accorgo che al buio lievemente illuminato dalla luna i suoi occhi sembrano più brillanti, di un azzurro tendente al blu quasi luminoso. Anche lui mi fissa e per un attimo mi sembra che stia per dire qualcosa, ma come se non avesse il coraggio distoglie lo sguardo e si allontana da me.
-Non volevo disturbarti, continua- si appoggia all’albero dietro di me, con le braccia incrociate.
Mi giro, metto la freccia nell’arco e la scocco, ma come gli altri cento e più tiri di prima rimane un tiro anonimo, uno come tanti. Continuo così, finchè mi dimentico della presenza di Hak. E’ straordinario come sia abile a non fare il minimo rumore, con il corpo grande che ha. Scocco l’ultima freccia della faretra e mi giro di scatto verso Hak. Lo colgo con un’espressione concentrata e affascinata. In questo momento sembra quasi una persona normale, vulnerabile, e non la bestia del tuono di Kouka, colui sempre sull’attenti pronto a squarciare qualcosa con il suo spadone. Subito riprende l’espressione tranquilla di sempre. Io gli sorrido, qualcosa dentro di me mi ha sempre spinto a fidarmi di lui, la sua presenza è stata sempre come quella di un padre protettivo e caloroso, pronto a battersi per me. Solo adesso mi rendo conto che non l’ho mai ringraziato. Hak ha sempre fatto tanto per me, mi ha aiutata a scappare quando non ero cosciente nemmeno del fatto che avessi perso il mio ultimo genitore, mi ha sostenuta quando tutto ciò che sapevo fare era piangere e far nulla.
Hak si avvicina a me senza produrre il minimo suono. Ciò che riesco a sentire sono solo le foglie che si strofinano dolcemente le une alle altre a causa della lieve brezza.
Hak allunga le braccia e mi mette sulle spalle il piccolo mantello che mi porto sempre dietro. Rimango sorpresa e gli rivolgo un’occhiata interrogativa. Lui sorride, avvicinandosi sempre di più a me. Fa un nodo al laccetto del mantello e mi mette le mani sulle spalle. Anche se sono grandi e calde il suo tocco non è mai troppo pesante, anzi, è un tocco gentile e rassicurante.
-Ero venuto per portartelo, ma ti ho visto così concentrata che non ho voluto disturbarti- distoglie leggermente lo sguardo dagli occhi e li poggia più giù. Sembra fissarsi sulla mia guancia o quasi. Io continuo a guardarlo, quasi non me ne rendo conto quando lo faccio, ma riesco a percepire tutti i cambiamenti nelle sue espressioni. Con una mano mi sfiora la guancia e strofina il pollice all’angolo della mia bocca, arrivando fino alle labbra. Qualcosa dentro di me comincia a crescere, sento il battito del mio cuore diventare leggermente più veloce, me lo sento pulsare in gola.
-Ti sei graffiata con il retro della freccia- dice Hak con voce bassa, quasi come se non si volesse far sentire da nessun altro oltre me. Mi mostra il pollice macchiato da una striscetta di sangue e in quel preciso momento percepisco un lieve bruciore all’angolo della bocca, dove sento ancora la scia di calore che ha lasciato il dito di Hak. Non so perché mi sento come se fossi in una bolla, lontana da ciò che mi circonda, una bolla che condivido solo con Hak, in questo preciso momento, come se il tempo si fosse fermato, il vento avesse smesso di farsi spazio tra le foglie e il battito del mio cuore si fosse fermato. Uno spazio piccolissimo in cui posso sentire il calore di Hak su di me e il leggero profumo maschile che emana.
Lui sembra essersi accorto di qualcosa guardandomi, forse la mia espressione è troppo stanca o troppo confusa. Hak apre a bocca per dire qualcosa, da questa poca distanza tra noi riesco a vedere bene le ciglia sui suoi occhi che si aprono e chiudono velocemente adesso. –Yona.. tu.. sei..-
Per un attimo mi chiedo cosa volesse dire, ma poi mi circonda il viso con le sue mani grandi e calde e dopo un secondo si gira e si allontana lentamente da me. –Quando il sole sorgerà ci conviene partire, andremo in un bel posto, preparati a vedere qualcosa di davvero speciale. Vai a riposare se non vuoi svegliarti con quelle belle ombre scure che hai adesso sotto agli occhi. Buonanotte.- poi scompare tra gli alberi con la stessa velocità con cui scompare la sensazione e il calore del suo corpo accanto al mio.
 

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Capitolo 2
*** Something new. ***


-Hak.. sei sicuro che questa è la strada giusta?- chiedo mentre mi guardo intorno. Io, Hak, Yoon e i draghi abbiamo cominciato ad incamminarci, prima del sorgere del sole, verso un villaggio ai confini del regno di Kouka, a qualche chilometro dalla città di Suiko, zona della tribù dell’acqua. Per fortuna Hak ha viaggiato per tutto il regno nei periodi in cui andava con Mundok per lavoro e quindi conosce a memoria i posti che ha visitato. Spesso, da piccola, mi ritrovavo ad ascoltarlo trasognata mentre raccontava del viaggio appena fatto, di quante cose nuove avesse visto, di quante persone avesse conosciuto. Rimanevo affascinata ogni volta dalle sue storie e dentro di me qualcosa mi spingeva ad essere sempre più curiosa di conoscere il mondo al di fuori del castello in cui vivevo.
-Si principessa, è questa- risponde Hak indicandomi l’orizzonte con il dito. Stiamo camminando su un lungo percorso dritto, circondato a destra e a sinistra dall’acqua. Hak dice che è un lago, uno dei più grandi di Kouka. Da qualche minuto in acqua abbiamo visto spuntare una fitta vegetazione, simile a dei piccoli ciuffi di erba, ma che crescono nell’acqua bassa. Man mano che camminiamo il colore dell’acqua limpida lascia spazio al verde delle coltivazioni di riso, come ci ha spiegato Yoon. Io, Kija e Jaeha rimaniamo affascinati quando Yoon ci spiega che tutte le persone in acqua sono risicoltori e stanno raccogliendo le spighe di riso, stando in quella posizione accovacciata per ore e ore. Hak che già è stato qui ha sempre la stessa espressione rilassata, mentre Shinha e Zeno indicano delle persone in acqua.
Non avevo mai visto nulla di simile, quando ero al castello ero abituata a ricevere cibo già cucinato e non mi preoccupavo di come potesse essere arrivato fino a me. Chiudo gli occhi e nella mia testa ringrazio tutte le persone di questa terra.
Mentre camminiamo, qualche risicoltore alza la testa per guardarci, ma subito dopo ritorna in fretta al suo lavoro. Dopo qualche tempo ci inoltriamo in un fitto bosco. La luce fa fatica a penetrare tra le foglie dei lunghi e sottili alberi, ma si sente il suono debole di acqua che scorre e il piacevole canto di qualche uccellino. Hak ci ha assicurato che subito dopo questo piccolo bosco c’è il villaggio di cui ci parlava, ma non vuole dirci altro, sembra stia tenendo in serbo una sorpresa per noi. Ci fermiamo per riposare, ormai il sole dovrebbe essere alto nel cielo, infatti la fame di Zeno ci dice che è quasi ora di mangiare qualcosa. Mentre Yoon tira fuori dal suo zaino qualcosa da mangiare io mi allontano un po’ dal gruppo e mi avvicino ad un albero, ai cui piedi ci sono dei bellissimi fiori rossi che non avevo mai visto. Rimango affascinata dalle loro sfumature e dal colore brillante al centro delle foglie. Man mano che cammino non mi accorgo quasi della distanza tra me e i miei compagni.
Sento qualcosa dietro di me avvicinarsi ma subito penso ad Hak, che non mi toglie mai lo sguardo protettivo di dosso. Una mano mi copre la bocca e un braccio forte e rude mi blocca le braccia. Questo non è Hak. Vado nel panico e comincio a strattonarmi, mordo un dito, ricavando un attimo di libertà al viso e urlo il nome di Hak. Dopo qualche secondo comincio a sentire rumori strani, come di pugni e sospiro pesante. Vengo liberata dalla stretta violenta che mi circondava e cado con le ginocchia sul terreno, ma subito mi alzo e mi volto. Hak ha spinto un uomo basso e tarchiato contro un albero, un braccio sul collo dell’uomo e l’altro che forza la mano di quest’ultimo dietro la schiena. –Chi sei?!- dice urlando contro l’uomo, ma lui sembra spaventato e chiude gli occhi in una smorfia di dolore.
–Chiedo scusa, scusa!- lo prega l’uomo e Hak sembra allentare la presa su di lui in modo impercettibile, sempre rimanendo cauto e fermo. In questo momento capisco molto di più perché lo chiamino bestia del tuono. –Mi è stato ordinato! Dovevo solo spaventare!- continua a dire l’uomo.
-Dimmi perché!- Hak sembra implacabile, ho l’impressione che stia letteralmente per spezzare l’uomo che ha nella sua presa.
-Hak aspetta, fallo parlare- dico io con tono deciso. Hak gira il viso verso di me e io lo guardo chiedendogli per favore. Lui lascia andare l’uomo, ma rimane a distanza di sicurezza, nel caso voglia attaccare, ma sono sicura che il malcapitato non ne abbia alcuna voglia dopo aver visto la forza di Hak.
-Alcuni uomini mi hanno pagato per distrarre l’uomo con la lancia e allontanarlo dall’arma. Penso che già l’abbiano rubata- dice l’uomo massaggiandosi il collo. Hak si guarda intorno in cerca della sua lancia ma si rende conto che l’ha lasciata da qualche parte incustodita. Ci scambiamo uno sguardo e poi guardiamo l’uomo, ancora con il respiro affannoso. Lui ci guarda con occhi compassionevoli e poi se ne va quasi scappando.
Quando torniamo dagli altri tutti sembrano aver visto qualcosa di curioso e bizzarro allo stesso tempo.
-Shinha, non capita un po’ troppo spesso che la principessa e la bestiolina se ne vadano all’improvviso per poi ricomparire dopo un tempo indeterminato?- dice Jaeha a voce alta. Shinha si limita come sempre ad alzare e abbassare la testa, facendo dondolare la folta chioma di capelli attaccata alla sua maschera.
A fianco a me Hak assume un’espressione che dice palesemente “ti ammazzo”. Io non capisco cosa voglia dire Jaeha.
-Se proprio vuoi saperlo ero intento per l’ennesima volta a proteggere la principessa- dice Hak. Tutti ci fissano allibiti, come se non si fossero accorti di nulla. –E mi hanno rubato anche la lancia a quanto vedo- Hak indica un punto preciso dove ovviamente non c’è nulla, ma penso che quella fosse la postazione della lancia prima che venisse rubata. Uno ad uno i nostri compagni di viaggio dicono di non essersi accorti assolutamente di nulla. Hak sbuffa, come se tutta la sua forza fosse racchiusa in quell’unica arma che gli è stata portata via, ma tutti sappiamo bene che gli basta semplicemente il suo corpo per mettere qualcuno al tappeto.
Riprendiamo il nostro cammino per uscire dal bosco e ora riesco a percepire la distanza tra me e i miei compagni di viaggio in modo notevole. Sono totalmente circondata su tutti i lati, Hak dietro di me sembra quasi che allungando il collo possa appoggiare il mento sulla mia testa. Tutti pensano di dovermi proteggere, perchè mi vedono piccola e vulnerabile. Jaeha al mio fianco ogni tanto manda uno sguardo elettrico a Kija, come se volesse litigare e infatti ogni pochi minuti trovano un pretesto per discutere su come stare vicino a me nel modo più giusto, senza togliermi l’aria ma assicurando la mia sicurezza.
Finalmente quando rivedo la luce del sole splendere a piena luminosità riesco a prendere un po’ d’aria, i miei compagni si allontanano un po’ da me affascinati dal posto in cui siamo entrati. Hak al mio fianco ridacchia soddisfatto della sua sorpresa riuscita.
Intorno a noi ci sono una miriade di persone intente a camminare veloci, qualcuno porta sulle spalle dei secchi d’acqua, qualcuno invece è impegnato a trascinare un risciò, su cui siedono eleganti donne vestite con colori pastello e con i visi dipinti. Tante costruzioni simili al castello di Hiryuu in miniatura sono allineate a formare quasi delle mura al grande viale che stiamo attraversando. Mi guardo intorno con il naso all’insù e rimando affascinata dal minimo dettaglio che i miei occhi riescono a percepire: un paio di bacchette colorate nei capelli scuri di una donna, il dolce profumo che proviene da piccole bancarelle di cibo, lo zampillio dell’acqua in una fontana di pietra di un Buddha. Non ho mai visto nulla del genere, né ho mai visto tante persone in un posto così sontuoso. Il mio palazzo non è da meno, ma è molto più umile nella sua perfetta tranquillità. Qui percepisco qualcosa di nuovo, suoni e voci indistinte riempiono l’aria. Qualcuno mi urta quasi facendomi cadere, ma ad impedirmelo è la mano di Hak che mi fa mantenere l’equilibrio. Tutti noi del gruppo siamo estasiati.
-Mmmh quei dolcetti di riso sembrano deliziosi!- dice Zeno leccandosi la bocca e puntando una bancarella che vende dolci. Lui, Shinha e Yoon si avvicinano al venditore e lo riempiono di domande. Jaeha e Kija sembrano essere stati attratti da un’altra bancarella, ma non riesco a capire cose vende. Hak mi guarda sorridendo e mi dice che su questa strada ci sono bancarelle di ogni tipo di merce. –E ci sono sempre. Sembra un festival a tutte le ore del giorno e ogni sera c’è uno spettacolo diverso-. Mi sembra di scorgere una scintilla di eccitazione dei suoi occhi, come quando da bambini ci facevano vedere un gioco nuovo e magnifico. Era tanto che non lo vedevo così.
Camminiamo lentamente puntando gli occhi su qualsiasi cosa attiri la nostra attenzione. Man mano che ci allontaniamo dall’entrata del villaggio le persone sembrano diventare sempre meno e riusciamo a passeggiare con calma. La sua presenza al mio fianco mi rassicura sempre, ormai sono abituata a camminare seguita dalla sua ombra, senza mai essere troppo soffocante o troppo lontano.
Trovo una bancarella che vende kimono e mi incanto alla vista di meravigliosi colori e fantasie dei tessuti. Mi avvicino e accarezzo la stoffa morbida di uno splendido kimono di seta blu con fantasie azzurre e bianche. Per un attimo vengo catapultata nei ricordi della mia vita al castello, dove bastava solo scegliere tra i tanti kimono che avevo a disposizione, di qualsiasi colore e qualsiasi tessuto.
-Se ti piace puoi comprarlo- mi dice Hak.
Io lo guardo, ritornando alla realtà, dove sono solo Yona e non più una principessa viziata che ha a disposizione tutti gli ornamenti possibili e immaginabili. –Non ho nulla con cui comprarlo-. Lascio velocemente il tessuto e mi allontano da questo pezzo della mia vecchia vita. Ora non ho più bisogno di queste cose, adesso ho solo bisogno di crescere. Dentro di me però sento che c’è qualcosa che devo ricordare, qualcosa che era importante per me e subito mi ricordo che, cucita nel mio abito, c’è ancora il fermaglio di Soo Won.
Hak mi segue e camminiamo ancora per un po’, in silenzio, finchè lui si avvicina a un negozio di armi. Entriamo insieme e subito il suo sguardo viene rapito da un piccolo pugnale di osso intagliato. Lo prende tra le mani, lo gira e ne attesta il taglio. Ora che non ha più la sua lancia dovrà trovare qualcosa che appaghi il suo spirito esigente da generale. Chiede il prezzo ma dall’espressione che fa capisco che è troppo alto ed evidentemente non può permetterselo. Lo posa con cautela nel suo contenitore, e con la stessa mia espressione di prima alla bancarella dei kimono, Hak lascia il negozio.
Non appena ci incamminiamo sento che Hak si irrigidisce al mio fianco. Conosco questa mossa, è la conseguenza del fatto che ha percepito qualcosa da cui stare attenti, o qualcosa per cui combattere.
-Principessa aspettami un attimo qui, non ti muovere- dice deciso, seguendo con lo sguardo un gruppo di uomini vestiti di scuro che stanno correndo. Per un attimo mi sembra di scorgere una lunga arma avvolta in una striscia di tessuto scuro. Dopo un attimo vedo Hak cominciare a correre e non ho nemmeno il tempo di dire nulla che rimango sola.
 
-Quel ragazzo è un incosciente- dice Yoon a braccia incrociate.
-Mia cara principessa, sappiamo che gli uomini hanno le loro esigenze, magari sarà andato in uno di quei locali in cui si cerca compagnia, questo mi ricorda qualcosa..ahia!- Jaeha ha sempre la frase sfacciata per ogni occasione. Kija gli dà una manata con la mano del drago. –Sei un pervertito!- gli dice infuriandosi come sempre.
E’ già successo che Hak si fosse allontanato da noi, per qualche motivo o per altro, ma di solito lo fa per non mettermi in pericolo. O forse è vero quello che dice Jaeha? Una volta ci è capitato di vederlo in una situazione simile, anche se lui ha sempre negato..
All’improvviso una nuova sensazione si fa strada dentro di me. Già mi è capitato una volta, quando tutte le ragazze di un villaggio volevano essere abbracciate da lui. E’ una sensazione che provai anche allora. Come se mi desse fastidio pensare Hak che dà attenzioni ad altre donne, più grandi di me, meno deboli e… più attraenti. E’ una sensazione nuova per me, che ho provato solo qualche volta e in forma più lieve quando sentivo parlare mio padre delle proposte di matrimonio a Soo Won. In questo momento però ciò che provo è più fastidioso, più forte, come se fosse insopportabile.
Scaccio in fretta i miei pensieri. Io, Yoon e i draghi siamo fermi ad aspettare che arrivi Hak, ormai scomparso da ore. Una leggera brezza pomeridiana si sta alzando, il cielo sembra essere diventato quasi arancione e si rispecchia nelle ciotole d’acqua disposte in cerchio nel piccolo spazio dove donne e bambini sono impegnati a preparare uno spettacolo. Mi soffermo a guardare tre bambini, due maschietti e una bambina, giocare con dei bastoncini che producono tante piccole scintille. Subito mi viene in mente che proprio come quei tre bambini io, Hak e Soo Won abbiamo condiviso la nostra infanzia. E come una scintilla nella mia mente si accende un’idea. Sono decisa a lasciare alle spalle la mia vecchia vita, per cominciarne una nuova, una in cui so ringraziare per ciò che ho la fortuna di avere.
Mi allontano dai miei compagni senza dare troppo nell’occhio, so che non mi farebbero mai allontanare da sola. Ma so che posso farcela, so di essere sveglia abbastanza da riuscire a fare una singola cosa senza l’aiuto di qualcuno. Cerco di ricordare la strada che ho fatto qualche ora fa insieme ad Hak, quella dove ci sono la bancarella di kimono e il negozio di armi. Rimango sorpresa di me stessa quando mi rendo conto di essere riuscita a trovare la strada. Entro nel negozio, consapevole che sto per lasciare un oggetto ormai del passato per qualcosa per il futuro.
***
-Yonaaa!-
-Princip… Yonaaa!-
-Ma cosa ti viene in mente Kija? Urlarlo ai quattro venti così? Nessuno sa della principessa-
-Ancora una volta scompaiono entrambi nello stesso momento, qui sta succedendo qualcosa di strano-
-Yona ma sei qui!-
Yoon, Kija, Jaeha e Zeno corrono affannati verso di me. Sapevo che li avrei fatti preoccupare, ma ho bisogno che capiscano che non ho bisogno di un badante per ogni mia mossa.
-Non preoccupatevi, sto bene, sono andata a fare una cosa- cerco di rassicurarli. Vedo dietro di loro Hak con un’espressione preoccupata, tesa. Scorgo dietro di lui la sagoma della sua lancia avvolta in un tessuto nero, leggermente strappato. Lui mi guarda ma in un attimo distoglie lo sguardo, come se… come se fosse imbarazzato.
-Abbiamo trovato anche Raijuu. Yona non puoi allontanarti così senza dirci nulla!- Yoon mi sgrida.
-Scusate- è quello che mi limito a dire. –Hak.. ma la tua lancia?- chiedo rivolgendogli uno sguardo interrogativo.
-La bestiolina qui è riuscita a trovare i ladri che gli avevano rubato la lancia e li ha fatti fuori, ricavandone anche un bel bottino- mi spiega Jaeha indicando Hak. Lui invece se ne sta solo in silenzio. –Ha comprato addirittura qualcosa per una donna-. Hak gli salta addosso tappandogli la bocca con le mani, Jaeha si contorce nella sua presa e sembra quasi che Hak lo stia per soffocare. –Prima o poi ti ammazzo, occhi cadenti- dice Hak mentre gli mette le mani in faccia.
Sorrido alla vista di questa buffa scena, ma qualcosa dentro di me si sgonfia. Qualcosa per una donna? Cosa? Per chi? Riprovo quella fitta allo stomaco, ma cerco di nascondere la smorfia che sto per fare.
Yoon si avvicina a me e mi dice qualcosa nell’orecchio –Per favore Yona, almeno una volta, non deludere quel poverino-. Si allontana velocemente fischiando, con le mani dietro la testa, seguito da Shinha e Zeno. Strappa Jaeha dalla presa di Hak e mi sembra di sentire Yoon raccomandarsi con Hak.
Tutti si allontanano mischiandosi alla folla e solo Hak rimane con me, a qualche metro di distanza. Per un attimo restiamo immobili, poi lui si avvicina a me.
-Devo farti vedere una cosa, vieni- mi dice.
Ritorniamo insieme al punto dove prima di andare al negozio di armi ero con gli altri del gruppo, dove donne e bambini stavano preparando qualcosa. Si è radunata una piccola folla intorno a loro, e data la mia statura non riesco più a venere nulla. Guardo Hak con sguardo interrogativo. Tutta l’atmosfera mi ricorda uno dei tanti festival che si organizzavano nel mio castello. Bambini che ridono, adulti che parlano, il tintinnio di campanelli a vento e una leggera melodia del banjo.
-Hak.. prima devo darti una cosa- dico sottovoce, non pienamente sicura che ciò che sto per fare sia la cosa giusta. Magari Hak riderà di me e mi prenderà in giro per il resto della mia vita, ma non importa.
Prendo il pugnale che ho barattato prima al negozio di armi. L’ho preso in cambio della spilla che mi ha regalato Soo Won. Lasciarla non è stato difficile come pensavo. Volevo ringraziare Hak, e dargli qualcosa che desiderava mi sembrava il minimo.
Porgo il pugnale ad Hak, avvolto in un piccolo pezzo di stoffa e lui sgrana gli occhi, sorpreso. Quando lo vede la sua espressione cambia improvvisamente. –Ma come hai fatto?- mi chiede.
Sono indecisa se dirglielo o meno, ma forse dirgli che mi sono sbarazzata di quell’oggetto non è poi una cattiva idea. –L’ho barattato.. con il fermaglio che mi regalò Soo Won-
Lui sembra ancora più sorpreso. –Ma ci tenevi così tanto-. Adesso i suoi occhi sembrano chiarissimi, a differenza di ieri sera.
Io non riesco a trattenere lo sguardo e punto gli occhi a terra. –Tengo di più a te però- dico con un filo di voce che quasi non sono sicura che mi abbia sentito.
Lui estrae qualcosa dalla sua veste. –Prima ho visto che guardavi quei kimono e ho pensato che forse ti ricordavano re Il. Non ho potuto prendere quello che ti piaceva, ma spero che questo vada bene lo stesso- per la prima volta da quando lo conosco il suo tono sembra essere flebile, indeciso.
Rimango colpita, perché non ho mai ricevuto un regalo da Hak. Scopro che ciò che mi ha regalato è un kimono più leggero, uno yukata con dei fiori rossi, come il colore dei miei capelli.
Dentro di me sento per la prima volta che qualcosa sta nascendo, o meglio, sta venendo a galla.
Comincio a sentire dei piccoli fischi, ma non prodotti con la bocca, bensì più forti. Subito dopo una piccola esplosione, e poi un’altra e poi un’altra ancora. Il cielo ormai scuro si colora di piccole scintille dorate e rimango esterrefatta da ciò che vedo. Non li avevo mai visti prima. La melodia del banjo si fa più forte. Mi sento imbarazzata, non so cosa dire, non riesco a guardare Hak negli occhi, e mi sembra che sia lo stesso er lui. Non ci è mai successo prima, è un qualcosa di completamente nuovo.
Prendo coraggio e mi aggrappo al braccio di Hak. Lui sembra sussultare. Piano con la mano scendo sul suo braccio e gli prendo la mano, intrecciando le dita con le mie. Hak ricambia la stretta e forse sento anche io una stretta al cuore. Alzo il viso e lo guardo, lui se ne accorge e quando i suoi occhi incontrano i miei mi rendo conto di una cosa. Ho bisogno di lui.
Ma non come avevo bisogno prima, per protezione e per amicizia. Mi rendo conto di aver bisogno di lui in un modo più profondo, più intimo.
-Grazie- gli dico sottovoce, ma lui non riesce a sentirmi, il suono dei fuochi d’artificio misto alla musica del banjo è troppo forte. Allora gli prendo il viso con la mano libera e mi avvicino con la bocca al suo orecchio.
-Grazie. Grazie per esserci sempre-. Mi scappa un sorriso e quando mi allontano lui sembra avere un’espressione confusa, ammaliata. Lui mi stringe la mano e mi fa uscire da quel cerchio di confusione intorno a noi. Non dice nulla, ma so che dentro di lui è successo qualcosa, lo percepisco, forse per la prima volta. Camminiamo per le strade del villaggio mano nella mano, sento che ogni tanto lui me la stringe un po’ più forte, per accertarsi che io sono ancora qui, accanto a lui. E non mi lascia, non mi lascia la mano nemmeno una volta, nemmeno quando si ferma per toccare qualcosa.
E io per la prima volta in vita mia, da quando conosco Hak, mi chiedo che sensazione proverei a sfiorare le labbra di Hak con le mie.
 


*Spero vi sia piaciuta questa mia fanfiction di soli due capitoli. Grazie per averla letta :)
-Tina*
 

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Capitolo 3
*** Power. Fear. Bravery. ***


*Prima di iniziare a leggere dovete sapere che questo è "Stronger" il primo capitolo di "The girl standing in the light of night", scritto dal punto di vista di Hak. Buona lettura!*


Come ogni notte, da quando sono scappato con Yona dal castello Hiryuu, passo ore a guardare la principessa mentre si allena, nascosto, senza fare il minimo rumore. E’ in piedi al centro di un cerchio di alberi, sta usando l’arco, ed ogni notte si allena, con la speranza di diventare più brava. All’inizio era difficile per me accettare il pensiero che volesse imparare ad usare un’arma, re Il era fortemente contrario a qualsiasi tipo di oggetto che potesse essere dannoso se usato contro qualcuno. Pensare che sua figlia, la principessa, volesse imparare a difendersi, o per come la penso io a mettersi in pericolo, mi faceva sentire come se avessi tradito il sovrano. Lui mi ha affidato la vita di sua figlia, il mio compito è sempre stato quello di proteggerla ad ogni costo, anche se quel costo dovesse essere la mia vita. Lui si fidava di me come di nessun altro ed è mio dovere, anche adesso, mettere la vita di Yona davanti alla mia.
Tutto è cambiato, però, da quando siamo scomparsi dal castello. Ho visto la principessa sprofondare in un buio sempre più profondo e il solo pensiero di non poterla aiutare in alcun modo ad affrontare il dolore della sua perdita mi faceva sentire inutile, debole. Ho sempre pensato che dovessi proteggere Yona con la mia forza, con il mio corpo, e lei sarebbe stata sempre al sicuro da attacchi esterni verso di lei. Non avevo mai pensato alla possibilità che la minaccia potesse sorgere dall’interno, da sé stessa. Il mio primo istinto è sempre stato quello di metterla al sicuro, anche quando in cuor mio, lasciarla mi sembrava l’unico modo per salvarla.
Pian piano è riuscita a risalire a galla da quello che per lei era stato il grande vuoto del dolore che io potevo solo minimamente immaginare. Scappare dal luogo in cui era cresciuta, sapere di aver perso il suo unico genitore a causa dell’uomo che amava deve essere stato insopportabile per lei.
Poi l’ho vista prendere controllo di sé stessa, l’ho vista diventare coraggiosa, ho visto nei suoi occhi qualcosa che prima non aveva ed era la forza che stava nascendo in lei. Ciò che aveva sempre avuto con facilità da quel momento in poi era diventato solo un debole ricordo, ma lei si è adattata a ciò che da soli potevamo procurarci, ha accettato di viaggiare in incognito verso qualcosa di sconosciuto anche a lei stessa. In quel momento mi sono reso conto di quanto fosse cambiata rispetto alla delicata e viziata principessa Yona. In quel momento mi sono reso conto che quella era solo Yona, una ragazza determinata e coraggiosa che voleva fare di tutto per migliorare sé stessa e a me quella nuova parte di lei piaceva, forse di più rispetto a quella che già conoscevo. Le ho permesso di imparare ad usare l’arco perché ho voluto dare una possibilità a quella nuova Yona di potersi sentire utile nella sua battaglia, e non solo un oggetto prezioso da farsi proteggere da me.
Lei continua a tirare frecce, decisa, precisa, concentrata. A volte resto affascinato dalla sua espressione mentre tira, quasi come se nulla potesse farle distogliere lo sguardo dal suo obiettivo. Le prime volte era insicura, tremolante, ma c’era una cosa che mi sorprendeva: la determinazione, la voglia di fare sempre di meglio. Adesso è stabile, precisa, sicura di ciò che può fare da sola.
Il tempo passa e le frecce continuano a conficcarsi nel legno, una dietro l’altra. Appena la faretra si svuota, Yona va a raccogliere quelle già scoccate e ricomincia il ciclo senza sosta.
Ad un certo punto vedo la sua espressione cambiare, tende l’arco in un modo diverso e la freccia che scocca si va a conficcare nel terreno. Lei abbassa gli occhi e mi sembra di rivederla vuota, come tanto tempo fa. Qualcosa dentro di me si agita, ma quando la vedo scoccare con un solo gesto secco la freccia, veloce, convinta, mi rendo conto che la sua espressione è cambiata. Adesso sembra ardere di rabbia, con i denti stretti guarda davanti a sé. Mi alzo senza fare rumore e mi avvicino a lei che è di spalle. Lei inserisce un’altra freccia nell’arco e io volontariamente strofino i piedi sull’erba, producendo un lieve fruscio. Yona si gira di scatto verso di me, mi punta l’arco addosso, alzo le mani e lei si rende conto che sono io e subito lo abbassa, con gli occhi dispiaciuti e quell’espressione di sincere scuse che ogni volta mi provoca calore al cuore.
-Scusami, non volevo- dice quasi sottovoce. Io la guardo, in questo momento riesco a percepire qualcosa intorno a lei, un alone di “potere”, come se davanti a me non ci fosse solo una semplice ragazza, ma qualcosa di più. E’ stata proprio lei a pregarmi di continuare a chiamarla principessa, e forse questa fedeltà che provo nei suoi confronti a volte diventa qualcosa di più.
Mi rendo conto di fissarla troppo e dopo un po’ mi accorgo che lei se n’è accorta. Indico l’albero dietro di lei, o meglio, la freccia nella x intagliata. –Stai migliorando molto- le dico. Sono quasi sorpreso dalla sua precisione.
-Ci provo..solo che sono stanca- mi dice mentre io mi avvicino all’albero e libero la freccia dal legno.
-Stai diventando forte- le porgo la freccia e lei  mi guarda con i suoi grandi occhi luminosi che ancora ardono di rabbia. Vorrei dirle quanto lei sia diventata coraggiosa e forte, vorrei dirle che re Il sarebbe orgoglioso di vederla in questo nuovo modo, e vorrei dirle che mi affascina il modo in cui è cambiata. Sto quasi per farlo, ma qualcosa mi blocca, come sempre. Mi allontano velocemente da lei, consapevole che ogni attimo al suo fianco, da soli, per me sono come elettrici. Troppe volte ho dovuto negare i miei sentimenti per lei, troppe volte ho dovuto fermarmi con forza quando l’unica cosa che volevo era stringerla tra le mie braccia e non lasciarla più.
-Non volevo disturbarti, continua- dico appoggiandomi ad un albero.
Lei si gira e ricomincia il suo allenamento. Chissà se suo cugino Soo Won la riconoscerebbe adesso, vedendola combattere, pronta a mettersi in pericolo.
Ancora non mi capacito del gesto di Soo Won, quel ragazzo debole che non era in grado nemmeno di uccidere un cervo durante la caccia, colui che sembrava somigliare così tanto a re Il.
Quel debole ragazzo, il mio amico fin dall’infanzia, ha ucciso il re e privato Yona del suo affettuoso e pacifico padre, e io non glielo perdonerò mai.
Dopo un po’ Yona si gira, con un’espressione soddisfatta. Io prendo da terra il suo mantello che mi ero portato dietro qualche ora prima. Mi avvicino a lei, con i suoi occhi puntati su di me e le appoggio la stoffa leggera sulle spalle. Ogni volta che la sfioro devo sforzarmi di lasciarla andare, come se il mio corpo fosse attirato dal suo, come un magnete.
-Ero venuto per portartelo, ma ti ho visto così concentrata che non ho voluto disturbarti- le dico, consapevole di mentirle. Qualcosa dentro di me vuole mantenere il segreto delle notti passate a farle da guardia, come un cane da caccia pronto ad agire in caso di necessità, ma qualcos’altro, qualcosa di più profondo ammette che è solo un’abitudine che ho solo per sentirmi più vicina a lei.
A questa distanza riesco a vedere che al lato della bocca ha una linea di sangue, un graffio prodotto dal contatto con il retro delle frecce, probabilmente.
Mi avvicino ancora di più a lei, quasi senza pensarci, appoggio la mia mano sul suo viso e strofino il pollice sulla piccola ferita, prolungandomi e accarezzandole anche le labbra. Dentro di me si accende qualcosa, un fuoco che non riesco a spegnere, una fiamma viva che cerco di tenere a bada da troppo tempo, pronta a dare fuoco a tutto ciò che la circonda.
Yona mi guarda e io non posso fare a meno di ricambiare lo sguardo, perdendomi nel colore dei suoi occhi che sembrano risplendere di una scintilla di fuoco perenne.
-Ti sei graffiata con il retro della freccia- le dico mostrandole il pollice.
Per un attimo tutto ciò che avevo imbrigliato dentro di me sembra scappare al mio controllo, un’energia dentro di me mi spinge e fare ciò che ho sempre voluto, dirle che provo qualcosa per lei, da sempre, ma che non volevo,  né potevo accettare. La stessa energia che mi fa sentire avvolto in una bolla che condivido solo con lei, scioccamente mi incita a pensare quale possa essere la sua reazione se lo sapesse. Voglio dirle che per me è sempre stata il mio unico punto debole, ciò che ho sempre voluto proteggere non perché qualcuno me lo ordinava, ma perché non riuscivo a sopportare l’idea di doverla condividere con qualcun altro, voglio dirle che per me è bellissima, ma non solo nel suo aspetto, ma nella sua forza e nel suo fascino.
–Yona.. tu.. sei..- cerco di dire, ma anche se voglio con tutto me stesso, una parte di me mi ferma, imbrigliando di nuovo tutti quei pensieri che si erano scatenati in me solo guardandola negli occhi e standole così vicino. Questa piccola intimità che mi illudo di avere si rispecchia nella mia debolezza chiamandola per nome, anche non lo faccio mai. L’unica cosa che posso fare stasera è gustarmi il piacere di sentire dopo tanto tempo il suo nome sulle mie labbra.
Le metto le mani sul viso, velocemente, come se volessi scappare da lei, lontano da ciò che realmente vorrei fare, mi giro e posso per un attimo tirare un sospiro silenzioso, il fiato che stavo mantenendo in quell’unico momento in cui ho pensato di farlo davvero.
–Quando il sole sorgerà ci conviene partire, andremo in un bel posto, preparati a vedere qualcosa di davvero speciale. Vai a riposare se non vuoi svegliarti con quelle belle ombre scure che hai adesso sotto agli occhi. Buonanotte.- le dico cercando di togliermi da dosso la sensazione del suo corpo attaccato al mio. Con passo svelto mi allontano, ma è inevitabile per me non immaginare ancora una volta la sensazione delle sue labbra sulle mie.
 

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