White wings and black heart

di Parsy
(/viewuser.php?uid=688772)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Di nuovo quel sogno…
Sono io, lì, in una bara.
Sono vestita con un elegante abito bianco, circondata da bianchi fiori di Erica; significano solitudine.
I miei capelli color grano sono elegantemente disposti ai lati del mio viso e i miei occhi color smeraldo non emano più luce, ma sono chiusi per non riaprirsi più.
Una figura vestita di nero è al mio fianco.
Mi da un bacio, un ultimo bacio, sulla fronte, per poi scendere a sfiorare le mie labbra.
All’improvviso tutto torna scuro.
Mi sveglio. Sono ancora nel mio letto.
Perché un angelo sogna il proprio funerale?
 
 
 
Una colpa che non avevo. Una condanna ingiusta.
Una vita mortale.
Un angelo senza ali che vive sulla terra come un comune mortale.
Per cosa? Un altro angelo che è geloso di te?!
L’ingiustizia esiste ovunque. Io lo so. Io so tutto. D'altronde sono l’angelo della conoscenza.
O meglio: lo ero.
Anche adesso faccio quel sogno. Forse esso voleva avvisarmi di questo destino mortale.
 

Non è facile vivere come un essere umano. A volte trovo a stento del cibo, dell’acqua e un posto per dormire. Ho freddo, tanto freddo.
Non mi restano altro che i ricordi dei miei ultimi istanti da angelo...
“Sophia cercano te! Cosa hai fatto?”
“Niente Gabriele. Non so perché mi cercano.”
Mio fratello Gabriele mi manca, come il mio mondo e la mia casa.
Quando mi hanno tranciato le ali ha fatto male, molto male. Con il sangue gocciolante e vestita di stracci mi hanno mandata sulle terra.
Le ferite si riaprono ogni volta che ci penso. Ho paura che si sia creata un’infezione.
Ora basta pensare al passato. Cerchiamo di andare avanti con questa “nuova” vita.
Ma, chi è quella figura in nero che compare nel mio sogno?
 
 
 

 
Angolo dell’autrice: eccomi di nuovo con una fan fiction. Questa è dedicata ad uno dei miei manga preferiti (a dir la verità non ne conosco molti). La storia sarà intrecciata tra quella del manga e la vita di questo nuovo personaggio di nome Sophia (plasmato da me durante un momento di noia).
Spero che la fan fiction vi piaccia e che durante l’estate io riesca a farmi sentire di più.
Detto ciò… buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Era una giornata come tante nella residenza Phantomhive…
Sebastian preparava la colazione da servire al suo padroncino; la sbadata MayRin sbagliava ancora una volta i misurini di detersivo da mettere nel bucato; Baldroy aspettava con ansia una nuova arma in arrivo dall’America; Finnian tentava di nascondere l’ennesimo disastro combinato nel giardino; Ciel Phantomhive dormiva ancora nel suo letto, almeno fino a quando il suo fidato maggiordomo diabolico non sarebbe andato a svegliarlo.
 

Se in quella casa fuori Londra il piccolo conte trascorreva una vita normale, nella capitale dell’Inghilterra una ragazza dai capelli biondi, dagli occhi color smeraldo e vestita di stracci vagava nei bassifondi alla ricerca di qualcosa da mangiare e di un posto in cui riposare.
Una ragazza sola, che per consolarsi ripensava ai suoi momenti di gloria, quelli nei quali volava libera nel cielo; ripensava anche a Gabriele, suo fratello.
Ogni angelo prima di diventare tale era un essere umano; un essere umano considerato degno, dall’anima pura, al quale corpo sono state attaccate un paio di ali bianche.
Capita a volte che un angelo ha ambizioni troppo alte nei confronti dell’umanità o fa qualcosa di grave; a questi vengono tinte le ali di nero e vengono scaraventati negli Inferi. Così nasce un demone.
A lei, invece, le avevano tagliate e ora deve vivere come quando era un essere umano.
Sophia vagava tra le strade peggiori di Londra, sperando inutilmente che qualcuno la aiutasse…
 

“Ceylon oggi?” diceva il giovane conte mentre copriva uno sbadiglio con la mano.
“Non vi smentite mai padroncino” rispondeva il maggiordomo nero. Sebastian aiutava il giovane Ciel a vestirsi mentre elencava tutti gli impegni giornalieri.
Quel giorno il giovane Phantomhive non aveva niente da fare, così trascorreva la giornata a ideare nuovi giochi e prodotti per la Funtom Company.
 

Orami si è fatta sera e Sophia si accovaccia vicino ad un vialetto per riposarsi. Le palpebre iniziavano a diventare pesanti…

“Hitsugi kazaru ERICA no hana no                                                                     
Hanakotoba wa "kodoku"

The ericas adorning the coffins
mean "loneliness" in the flower language”


Di nuovo quel sogno… Era questo che significava? Che sarebbe morta di nuovo come un essere umano? Nessuno dei suoi amici alati l’avrebbe aiutata?
Le ferite si sono riaperte ancora una volta…. Sentiva freddo, tanto freddo….
Non avrebbe resistito a lungo in quelle condizioni e sapeva che non doveva addormentarsi di nuovo; aveva paura di non risvegliarsi.
Ma non poteva resistere, non ancora per molto.
L’ultima cosa che vide prima di chiudere gli occhi era una carrozza passarle davanti per ignorarla come tanti altri e sulle proprie labbra la giovane fanciulla non sentiva altro che il sapore della morte…
 
Quando riprese conoscenza era in un posto buio, al riparo. Si accorse che qualcuno le aveva medicato le ferite e le aveva fasciate a dovere. Il solo pensiero che uno sconosciuto l’aveva spogliata per farlo la faceva arrossire, ma in fondo gli era grata.
Subito dopo si accorse di essere in una bara ed era vestita con uno splendido abito color verde muschio con i ricami giallo oro.
“Hi Hi Hi! Quindi sei ancora viva?” Una figura vestita di nero, con i capelli color argento tanto lunghi che gli coprivano persino gli occhi apparve al suo fianco.
“T-Tu chi sei?” chiedeva Sophia spaventata.
“Io sono colui che ti ha trovato per strada, che ti ha medicato per poi crederti morta e metterti in una fantastica bara fatta da me. Puoi chiamarmi… Undertaker!”
 
 
 
Angolo dell’autrice: Salve a tutti ecco il primo capitolo della storia. La canzone che trovate in blu è presa dal secondo musical di Kuroshitsuji. L’inizio di questa storia è tranquillo, ma già dal secondo capitolo entreremo nel vivo della situazione. Spero continuiate a leggerla e alla prossima!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


“U-Undertaker dici?”
“Si. Hi hi. E qual è il tuo nome?”
“Perché dovrei dirtelo?”
“Io ti ho detto il mio. E poi ti ho salvata da morte. Hi hi”
“Perché ridi sempre?!” disse la giovane fanciulla spaventata.
“Bhè il mondo sarebbe più triste se la risata scomparisse per sempre, giusto?”
“Non hai tutti i torti”
“Ora vuoi dirmi il tuo nome?” questa volta il tono del becchino era caldo, intenso e serio, come se per un istante volesse smentire l’affermazione detta precedentemente.
“Sophia. Mi chiamo Sophia” la voce della ragazza era sicura, anche se ancora non sapeva se fidarsi ancora dell’uomo che l’aveva salvata.
“Sophia? Bel nome! Significa “conoscenza”, giusto?”
“Si, lo so. Non per niente io sono…. O meglio ero…. No, niente! Grazie per avermi salvata”
“Di niente mia cara” questa volta Undertaker non rise, ma sorrise senza mostrare i denti, come se volesse dare conforto alla povera fanciulla davanti a lui.
Sophia arrossì appena a quel sorriso e il suo istinto le suggeriva che in fondo poteva fidarsi dell’uomo davanti a lei, anche se sentiva che c’era qualcosa di strano in lui.
“Hai due belle cicatrici sulla schiena, come se ti avessero tagliato qualcosa” il becchino ruppe quel breve silenzio.
“Le cicatrici sono recenti, hanno usato un coltello per ferirmi” Sophia non poteva dirgli la verità, però mentire non era da lei. “Considerando che non so mentire la cosa migliore sarà omettere alcune verità, tipo quella delle ali” pensó.
“E chi sarebbe quel mostro che ha osato oltraggiare questa dolce fanciulla?”
“Una persona gelosa di me. Sai da dove vengo ero molto corteggiata… Bhe grazie per tutto quello che hai fatto per me e non voglio approfittare ancora della sua gentilezza. Credo proprio di togliere il disturbo”.
Sophia, che era rimasta ancora nella bara, tentò di alzarsi e di mettersi in piedi, ma era ancora debole e barcollava e Underteker agì d’istinto afferrandola per le braccia e mettendola a sedere sulla bara chiusa più vicina.
“Non sei ancora guarita del tutto, sei debole e considerando le condizioni nelle quali ti ho trovata sono più che sicuro che non hai un posto dove andare” il becchino le fece un sorriso di conforto “Che ne dici di restare qui ancora un po’? Guarisci e se poi vorrai andartene ti aiuterò a cercare un alloggio”.
“Grazie, ma perché fai questo? Per te sono una sconosciuta trovata per strada, ma appena mi hai visto mi hai medicato e preso con te”.
“Bhe… Diciamo che mi ricordi una persona che ho conosciuto molte lune fa e poiché qui sono tutto solo, mi farebbe comodo un’assistente. Ora che ne dici di mangiare qualcosa? Sembri affamata e poco fa ho sfornato dei biscotti. Andiamo?”
“Si grazie, volentieri!”
I due si diressero verso il retro del negozio; Undertaker teneva sotto braccio Sophia che si aggrappava a lui con l’altra mano tentando di reggersi in piedi. In fondo ella sapeva che si poteva fidare di lui perché anche lei aveva la strana sensazione di averlo già visto.
I due mangiarono biscotti e bevvero thè, ma due visitatori sarebbero presto giunti a far loro visita.
 


“Signorino, è arrivata una lettera dalla Regina” Sebastian reggeva un piccolo vassoio d’argento dove sopra aveva posato la lettera ancora chiusa con la ceralacca con sopra raffigurante lo stemma reale
“Leggila e fammi un riassunto!” Ciel ripose con un tono seccato in quanto si innervosiva ogni volta che qualcuno faceva irruzione mentre giocava a carte.
“La Regina vi informa di una serie di omicidi avvenuti al porto: molti marinai sono stati ritrovati fatti a pezzi da una strana lama sicuramente non appartenente al nostro paese. Scotland Yard ha già fatto alcune ricerche sull’arma del delitto e sul colpevole senza ottenere risultati. Pertanto affida a voi il caso”.
“Yard è inutile, ma in fondo sono felice che abbia fallito anche questa volta… Mi stavo annoiando” Ciel questa volta sorrise, guardando fuori dalla finestra “Sebastian è ora di recarsi a Londra! Prepara la carrozza!”
“Certamente! Ci dirigiamo al porto?”
“È inutile, non troveremo niente. Per prima cosa dobbiamo trovare informazioni sull’arma del delitto. Se ci informeremo di più sull’arma, sicuramente troveremo qualche indizio sull’etnia dell’assassino. Ciò che mi interessa in questo momento è ottenere maggiori informazioni sui cadaveri. La nostra destinazione è il negozio di Undertaker!”
“Yes, my Lord!”
 
 
 
Angolo dell’autrice: ecco qua il secondo capitolo! La mia intenzione è di farvene avere uno a settimana come minimo, ma spero anche di più (considerate che uscirà in contemporaneo un’altra storia e quindi avrò molto da lavorare). Detto ciò: Buona lettura e al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


“Ci sei, Undert…”
Il giovane conte non fece in tempo a finire la frase che la sua voce venne coperta da sonore risate provenire dal retro della bottega. Risate diverse, femminili e delicate, nonostante il volume.
Dal retro uscì il becchino, ancora ridendo, con il cappello tra le mani pronto per rimetterselo in testa, andando a schiacciare nuovamente la folta frangia sulla parte superiore del suo viso.
“Hi hi Saaaaalve hi hi cooooonte hi hi”
Ciel Phantomive non volle chiedere il motivo di quello stato, ma si limitò a dire: “Se hai finito posso anche dirti perché sono qui…”
“Sei pronto per riposare in una bara costruita su misura da me, conte? Hi hi”
“No… Sono qui perché mi servono informazioni sui cadaveri dei marinai. Te ne sei occupato tu, giusto?”
“Certamente… Scommetto che siete qui perché volete sapere di più sull’arma, vero? Hi hi”
“Si!” Ciel rispose con un tono autoritario, ma allo stesso tempo seccato in quanto sapeva già che doveva dare un compenso all’eccentrico becchino dietro la bara-bancone.
“Te lo dico volentieri, conte…”
“Come?!?! Non richiedi il tuo compenso?!”
“Non oggi giovane conte, ma questo è solo perché sono di buon umore. E come avete sentito all’entrata, oggi ho già ricevuto risate di prima qualità. Detto ciò…” la voce del becchino si alzò appena “…Sophia puoi portare il libro che si trova sulla scrivania, per favore?”
“Subito!” si sentì una voce provenire dal retro, la stessa che rideva all’entrata del conte e del suo fidato maggiordomo.
Per un attimo Sebastian balzò, con gli occhi spalancati e con il naso che parve notare un odore strano provenire dall’unica porta dalla quale sarebbe uscita la giovane.
Sophia varcò la soia sorridendo, non notando gli ospiti davanti a lei e posando un grosso libro dalla copertina verde muschio vicino le mani di Undertaker. Quest’ultimo sorrise appena la ragazza arrivò per poi finire dicendo un semplice: “Grazie!”
Fu dopo quella delicata, ma profonda, parola che Sophia si voltò verso gli ospiti e con un inchino augurò loro il buon pomeriggio. Quando alzò la testa per vedere i loro volti restò stupita dall’età del giovane conte e del perché si fosse recato proprio nel negozio di un becchino –aveva sentito la conversazione precedente-.
Fu quando si voltò verso la figura vestita di nero al suo fianco che sentì il sangue gelarsi nelle vene…
Sebastian e Sophia si guardarono con gli occhi spalancati mostrando solo una nota di incredulità reciproca, con la differenza che le iridi color smeraldo dell’ex angelo erano velate anche da un po’ di terrore.
I due non badarono agli altri che li osservavano domandandosi cosa fosse successo, ma pareva chiaro sia al conte, sia al becchino, che l’ex angelo e il demone si conoscessero.
“TU CHE CI FAI QUI?!” fu Sophia a rompere il silenzio avanzando verso il maggiordomo con i pugni serrati “TU! LURIDA BESTIA CHE NON SEI ALTRO…”
“Sophia…” Undertaker corse verso la ragazza afferrandole il polso “…che ne pensi di preparare del the per tutti?”
Sophia sbattè gli occhi, come se volesse tornare in se, e lanciando occhiate fulminee verso la figura accanto a Ciel si ridiresse verso il retro per fare ciò che il suo “salvatore” le aveva chiesto.
Sebastian rimase al suo posto con gli occhi scioccati, ma allo stesso tempo meravigliati.
“Scusate la mia assistente. Eh eh. Non so cose le sia successo”.
“Da quando hai un’assistente?” Sebastian disse le sue prime parole.
“Da stamattina, a dir la verità…” Undertaker non volle dire i dettagli della loro conoscenza.
“Comunque in questo libro troverete i dettagli su tutte le armi giapponesi…”
“Armi giapponesi?!”
“Sì! Ne sono state utilizzate sei diverse. I tagli sono molto chiari. Posso prestarvi il libro se volete.”
“D’accordo allora. Noi prendiamo il libro e lo restituiremo non appena finiranno le indagini. Ora togliamo il disturbo.”
“Ma come? Non rimante per il the?”
“Non abbiamo tempo. Arrivederci… Ah Undertaker, se ti dovesse capitare qualche donna interessata a fare da insegnante presso la mia magione fammi sapere. Siamo a corto di personale”
“Sicuramente Conte!”
Quando la porta si chiuse alle spalle dei due visitatori, Undertaker raggiunse la cucina sul retro dove trovò Sophia accanto al bollitore dell’acqua mentre fissava il pavimento.
“Perdonami per prima. Non so cosa mi sia successo!”
“Non preoccuparti cara. Piuttosto, perché hai reagito così?”
“Bhe è una lunga storia… Diciamo solo che quel maggiordomo è una mia vecchia conoscenza…”
Undertaker avvolse Sophia tra le sue braccia per rassicurarla, per poi dire: “Davvero? Interessante…”
 
“Sebastian, cosa è successo con quella ragazza? Vi conoscevate?”
“Sì, padroncino. Vedete… Ho conosciuto quella ragazza tanto tempo fa…”
“Dal tono della tua voce capisco che non è un essere come tanti. Di chi o di che cosa si tratta?”
“L’ultima volta che l’ho vista era un angelo, ma ora pare che sia umana, almeno dall’odore è così; probabilmente si tratta di un angelo caduto.”
“Un angelo caduto? Chissà perché si trova nella bottega di Undertaker…” Ciel accennò un sorriso divertito, mentre Sebastian aveva un’aria stranamente malinconica
 
“Sophia… Perché sei senza ali? Cosa ti è successo?” furono gli unici pensieri del diavolo maggiordomo.
 
“Avevi tutto! Perché ci hai traditi?” pensò l’angelo caduto tra le calde braccia di Undertaker.
 
 
Angolo dell’autrice: salve a tutti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Grazie a chi ha letto, ha recensito e a chi ha messo la storia tra le seguite e preferite. Detto ciò… Ci sentiamo la prossima settimana con un nuovo capitolo. Buon proseguimento e buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


ATTENZIONE: è qui presente uno SPOILER del capitolo 105 del manga! Vi avevo avvertiti anche all’inizio. Buona lettura!
 
“È da una settimana che ti vedo giù; proprio da quando il conte Phantomhive e il suo maggiordomo sono venuti a farci visita. Cosa ti è successo?”
Sophia aiutava il becchino a fare bare, “rendere belli” i cadaveri, puliva la bottega… Sempre con un’aria triste e malinconica.
“Quando ci siamo incontrati eri piena di gioia e di… Come dire… Vita! Ora ti guardo e sei spenta. Ci conosciamo da una settimana, ma hai capito che di me puoi fidarti.” Undertaker aveva un tono “diverso”, pacato, rassicurante e Sophia, in un certo senso, odiava quando faceva così, perché in qualche modo riusciva a farla distrarre dai suoi pensieri.
Pensieri cupi e bui. Pensieri che ritraevano il suo passato.
E anche quel maggiordomo. Maggiordomo? No… Per lei non era un maggiordomo.
Sophia conosceva Sebastian da prima che lui diventasse un demone; da prima che riposasse negli Inferi.
Egli e Sophia erano più che amici, quando il diavolo di maggiordomo vestiva di bianco e aveva un paio di splendide ali attaccate al corpo; quando volavano liberi nel cielo; prima che lui decidesse di tradire gli angeli e vestire di nero…
“Credi negli angeli, Undertaker?”
“Perché mi fai questa domanda?” Undertaker rimase sorpreso dalla domanda della giovane.
“Rispondi e basta…”
“Si, ci credo. E ti dirò di più non credo solo negli angeli, ma anche nei demoni e negli dei della morte. Credo nel paradiso e nell’inferno. E credo anche… Negli angeli caduti…”
“Angeli caduti?” Sophia rimase meravigliata da quelle parole e dal tono con cui vennero pronunciate.
“Si. Sai, quegli angeli che non hanno più le ali e sono condannati a vivere sulla terra come semplici essere umani. E tu, ci credi?” una volta visto che Sophia fece un sorrisetto consenziente, il becchino aggiunse “Credi anche negli dei della morte?”
“Dei della morte, dici…”
“Si, quelli che con le falci della morte decidono se una persona deve morire o vivere, il tutto guardando i ricordi di una persona. So che hai capito a chi mi sto riferendo, angelo caduto…”
Sophia sentì il sangue gelarsi nelle vene e in un attimo capì chi fosse l’uomo dai capelli argentati che l’aveva presa con sé… Un Dio della Morte!
Tutto combaciava: gli occhi che non mostrava a nessuno, la strana sensazione che aveva avuto la prima volta, cosa le disse riferendosi alle ferite sulla schiena… TUTTO!
“Sai chi sono, perché mi hai salvata?”
“Te lo ho detto: mi ricordi qualcuno, ma non ricordo chi. Di sicuro qualcuno a cui tenevo. Sai anche a noi dei della morte, quando diventiamo tali, cancellano i ricordi della loro vita precedente…”
“È buffo sai? Anche tu mi ricordi qualcuno della mia vita precedente. Forse ci siamo incontrati quando eravamo ancora vivi.”
“Chi lo sa?” Undertaker fece un sorriso per sdrammatizzare la situazione.
Sophia, per un attimo, riaccese quel sorriso che aveva tenuto spento per una settimana e non esitò a preparare del buon the da gustare con i biscotti del becchino.
 
“Sebastian, è pronto l’elenco?” Ciel si impegnava sempre più a risolvere il caso affidatogli dalla Regina.
“Ecco a voi tutte le armi usate dall’assassino, signorino. E grazie alle mie ricerche posso affermare che sono state comprate in un negozio situato nell’Est End di Londra e non sono state portate dal Giappone.”
“Significa che dobbiamo tornare a Londra?”
“Esattamente!”
 
“Ma tu perché ti ritrovi qui? Insomma, non sei Un Dio della Morte?”
“Vero, ma ho deciso di licenziarmi tempo fa. Mi ero annoiato di quella “vita” monotona e distaccata. E tu perché ti trovi qui?”
“Bhe, diciamo che una persona gelosa di me mi ha incolpata ingiustamente facendomi tagliare le ali.”
“Ha fatto male?”
“Preferisco non pensarci…” Sophia diventò cupa e Undertaker non esitò ad accarezzarle la guancia per tirarla su di morale.
La ragazza alzò lo sguardo sul volto mezzo coperto dell’uomo e si limitò a dire: “Sarebbe bello poterti guardare negli occhi! Tanto ora siamo usciti allo scoperto…”
“Allora guardami…”
Sophia avvicinò la mano al volto del becchino e, con la grazia che solo un angelo può possedere, scostò i capelli argentati dell’uomo dalla fronte per portarli dietro l’orecchio. Per un attimo, la ragazza restò incantata nel vedere totalmente la cicatrice che divideva in due la sua faccia, per poi perdersi negli occhi brillanti color giallo-verdi del Dio.
La doppia iride rendeva quello sguardo ancora più sovrannaturale e Sophia rimase in silenzio per scrutare ogni minimo particolare del volto dell’uomo a cui doveva la vita.
“Sono bellissimi…”
“Bellissimi, dici? Sono gli occhi della morte! Il prezzo che ho dovuto pagare per essermi suicidato… Sai che quelli come me nascono in questo modo, vero?”
“Si, so che voi non siete altro che uomini che hanno rifiutato la vita. Ma perché lo hai fatto?”
“Feci una cosa che non potevo perdonarmi: uccisi la ragazza che amavo!” Undertaker parlò a stento, cercando di nascondere quelle lacrime che volevano farsi vedere e che aveva tenuto per tanto, troppo tempo dentro di sé. “Questo è l’unica cosa che mi ricordo della mia vita da umano…”
Non aveva mai detto a nessuno il perché della sua morte e tentò di non farsi vedere debole davanti all’ex-angelo, sorridendo come sempre.
“Tu pensa che io sono morta uccisa dal ragazzo che amavo…” Sophia sorrise per far calmare il becchino.
Fu in quel momento che Undertaker fece la cosa più insospettata che potesse: abbracciò la ragazza e, non riuscendo più a trattenersi, pianse. Pianse lacrime di dolore.
Sophia rimase immobile, ma poi riuscì a sciogliersi e avvolse in un abbraccio il becchino.
Le lacrime da dolore si trasformarono in gioia insieme alle parole: “Non so perché lo faccio con te. So che mi posso fidare!”
La ragazza sussurrò nell’orecchio di Undertaker: “Anche io so che mi posso fidare di te!”
E tentando di consolare il becchino, cercava di ricordare a quale pezzo del suo passato egli appartenesse.
 
“A CHI HA VENDUTO LE ARMI!” Ciel era fuori di sé mentre Sebastian era calmo come al solito.
“Ve lo ho già detto: era un uomo incappucciato!”
“E LEI VENDE ARMI AD UN UOMO INCAPPUCCIATO!?! SA COSA È LEI?! UN ESSERE VISCIDO CHE PENSA SOLO AI SOLDI! DEGLI UOMINI SONO MORTI A CAUSA DELLE ARMI CHE HA VENDUTO!”
Ciel Phantomhive sbattette il pugno sul bancone per poi rimettersi il cappello e uscire dalla bottega sbattendo la porta.
“Andiamo alla Town House, Sebastian!”
“Come desiderate, ma che ne dite se prima passiamo dal Signor Undertaker per restituire il libro? Tanto non ci serve più…”
“Vuoi restituire il libro o far visita alla ragazza? Vabbè poco importa… Prima accompagnami a casa e poi vai dal becchino. Non voglio rivedere la sua faccia tanto presto…”
“Yes, my lord!”
 
“Anche se non lo do a vedere, so che Sebastian è un demone. Che rapporti avevi con lui? Se posso chiederlo…”
I due si erano seduti su una bara a bere del thè e a mangiare dei biscotti appena sfornati.
“Sai come nascono i demoni?”
“Si!”
“Lo conoscevo quando era un angelo. Diciamo che eravamo molto amici… Ma che dico: eravamo più che amici. Quando è diventato un demone e ci ha traditi non potei perdonarlo…”
“Ci tieni ancora a lui?”
“Preferisco non ricordare il passato, ma in un certo senso… Si, mi manca”
“Il conte Phantomhive mi ha detto che cercano una nuova insegnate. Perché non accetti? Così puoi stare con Sebastian, se vuoi…”
“Non mi vuoi più qui?”
“Certo che ti voglio qui! Mi sono affezionato a te, dopo tutto, ma ti vedo triste…”
“Non lo so, devo pensarci. Ora basta parlare e godiamoci questa tazza di the e questi deliziosi biscotti!”
Undertaker era rimasto con la fronte scoperta e si era tolto la lunga tunica, troppo larga per il suo corpo snello. Era felice per davvero; per la prima volta dopo la sua morte…
 
“Mio signore io sto andando. Vi lascio nelle mani del Signor Soma e del Signor Agni!”
“È proprio questo che mi preoccupa…” Ciel rispose con un tono seccato mentre i due custodi della Town House gli davano delle pacche sulla spalla
“Ci prenderemo cura di lui, khansama di Ciel!” urlò il principe del Bengala.
“Torni presto, Signor Sebastian” fece eco il maggiordomo dalla mano destra fasciata.
Sebastian si avviò verso il negozio pieno di bare, con un’aria malinconica e pensando all’ultima volta che vide Sophia, prima del processo che lo condannò a vivere all’Inferno, vestito di nero…
 
Angolo dell’autrice: scusate il ritardo, non lo farò più! Ecco il quarto capitolo di questa fanfiction. Grazie a chi ha recensito, a chi ha messo questo bizzarro lavoro fra i seguiti e i preferiti. Mi farò sentire presto, prometto! Ah, una precisazione: lo spoiler del capitolo riguarda solo la nascita degli Shinigami; il dettaglio dell’uccisione della ragazza è di mia creazione. Non vi dico altro, tranne buon proseguimento e buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


“Ci siete, Undertaker?”
Sebastian bussò due volte prima di entrare nella dimora del becchino che stranamente non era presente al bancone. Il maggiordomo si sedette avvicino ad una bara quando scorse le luci accese sul retro del negozio; avrebbe voluto andare direttamente sul luogo per vedere cosa o chi ci fosse lì, ma si limitò soltanto a ripetere ad alta voce la frase pronunciata precedentemente.
Solo allora il becchino si presentò, accompagnato da Sophia –la quale lanciò un’occhiata fulminea a Sebastian-, senza cappello e senza la lunga tunica, ma con gli occhi coperti come al solito.
“Salve maggiordomo Phantomhive! Come posso aiutarvi?”
“Sono venuto solo per restituirvi il libri con i ringraziamenti del conte”
“È un onore per me esservi d’aiuto Hi Hi!” il becchino riprese a emettere quelle risatine che riuscivano a far rabbrividire persino un demone e Sophia si meravigliò di quanto Undertaker fosse bravo a celare la sua identità sotto quelle mentite e ridicole spoglie.
Per quanto ella si sforzasse non riusciva a trattenersi dal desiderio di voler parlare con Sebastian, d’altronde erano stati così amici un tempo.
“Bene, allora io tolgo il disturbo. Buona giornata…” e il maggiordomo lanciò un’occhiata alla ragazza per poi voltarsi verso la porta.
“Aspetta!” Sophia allungò una mano verso la spalla del demone e girandosi verso Undertaker bisbigliò: “Puoi lasciarci soli un momento?”
Il becchino fece un cenno con la testa per poi dirigersi verso il retro del negozio.
“È buffo sai? Una settimana fa mi urli contro e ora mi dici di aspettare…”
“Scusa, ero solo arrabbiata… D’altronde quando eri un angelo hai venduto delle anime ai diavoli, per poi ricevere questa più che giusta punizione” Sophia era calma, stranamente.
“Ho commesso un errore lo ammetto, ma tu perché sei qui?”
“Ti ricordi Zelontia? Era gelosa di me e le è bastato fare gli occhi dolci al consiglio per addossarmi una condanna.”
“Ho sempre odiato quella serpe!” Sebastian sorrise e Sophia rispose con una risatina.
“Mi mancavano i tuoi sorrisi Sophia! Tu mi sei mancata e…”
“NON PROVARE A TENTARMI! So perfettamente cosa potresti fare con i tuoi poteri ad un’umana!”
“Segui le regole come sempre eh?”
“Ovviamente!” Sophia fece un sorrisetto malizioso.
“Sarebbe bello vederti più spesso!”
“Chissà, forse ci incontreremo ancora” e con queste parole della ragazza Sebastian si voltò verso la porta sorridendo, pronto per ritornare dal suo padrone.
Una volta chiusa la porta, Sophia tornò da Undertaker che aveva messo un grembiulino grigio da cameriere ornato sui bordi, raccolto i capelli in una coda alta, rimboccato le maniche e aveva preparato gli ingredienti per preparare un dolce.
“Ti dai da fare vedo…”
“Preparare dolci è uno dei miei passatempi preferiti. Oggi farò una torta con crema al cioccolato”
“Sarà deliziosa! A me piacciano tanto i dolci!”
“Ne sono felice…” i due iniziarono a ridere e Sophia si sedette di fronte al becchino che versava rapidamente gli ingredienti nella coppa.
I due passarono il tempo a ridere e scherzare e Undertaker raccontava una barzelletta dopo l’altra; sapeva che Sophia era di cattivo umore per colpa del maggiordomo, perciò voleva tirarle su il morale… In fondo, si era affezionato molto a lei…
 
Essere maggiordomo non è facile: bisogna andare oltre i problemi personali ed eseguire sempre gli ordini del proprio padrone. Sebastian lo sapeva bene.
Quel diavolo teneva a Sophia, quando stavano insieme… Sembravano essere fatti l’uno per l’altra.
“Signorino! Ci sono stati altri casi di omicidi…”
“Non mi meraviglio… Quali marinai sono stati uccisi stavolta?”
“Nessun marinaio: un mercante di spezie e il negoziante di questa mattina.”
“Quello delle armi, eh? Mi domando perché, non ha senso! Però mi sono stancato di questo caso; Sebastian risolvi la faccenda e andiamocene da Londra! Voglio tornare a casa…”
“Yes, my lord!”
 
“Questo va incastrato qui e quello va messo sopra così…”
Undertaker cercò di insegnare a Sophia come costruire delle bare, ma puntualmente la ragazza sbagliava ad unire i pezzi.
“Scusa Undertaker, sono proprio negata per i lavori manuali” la ragazza fece un’espressione dispiaciuta, ma fortunatamente il becchino sapeva come farle tornare su il morale: le accarezzava la guancia con la mano, le sorrideva, per poi dirle: “Non preoccuparti Sophia”.
Il becchino aveva un talento nel tirare su la ragazza e con il passare del tempo anche lei si affezionò a lui.
Quella sera, prima di andare a dormire, Sophia chiamò la cupa figura per comunicargli: “Undertaker io non smetterò mai di ringraziarti per quello che hai fatto per me, ma ora che ne ho la possibilità devo trovare la riposta ad alcune domande e…”
“Vuoi andare dal maggiordomo? Non ti fermerò…” Undertaker assunse un tono grigio, malinconico e non nascose minimamente i suoi sentimenti in quel momento.
“Ti prometto che verrò a trovarti e ti scriverò sempre. Giuro che questo non è un addio!”
Udite quelle parole, Undertaker si alzò dalla bara sulla quale si era seduto, quella che avevano costruito insieme, e si rivolse verso la ragazza; gli occhi e la fronte erano scoperti e il becchino avvicinò la mano verso i capelli dorati della ragazza per spostarli dalla guancia di lei. Undertaker le diede un bacio sulla guancia e poi si avvicinò all’orecchio per sussurrarle: “Buon viaggio e buona fortuna, Sophia…”
La ragazza sorrise a quel gesto; aprì le braccia e strinse il becchino a sé, cercando quel po’ di calore umano che lui riusciva a malapena ad emanare…
 
 
“Chi lo avrebbe mai detto che le sarebbe capitata una cosa del genere…”
Gabriele osservava la ragazza che ormai considerava sorella dall’alto; aveva provato a convincere il consiglio a ritirare la condanna, ma niente da fare…
“Prima le tagliano le ali e poi fanno in modo che si incontri con le due persone a cui ha tenuto di più in tutta la sua esistenza, da umana e non... Almeno dovrei fare in modo che ricordasse chi sia veramente l’uomo che l’ha salvata, quell’Undertaker… Chissà se dopo verrò sgridato…” e con queste parole Gabriele si diresse verso la biblioteca nella quale erano raccolti tutti i libri contenenti il passato e la vita precedente di ogni angelo.
 
 
Angolo dell’autrice: salve a tutti! Ecco il capitolo 5! Ringrazio di cuore chi ha recensito, chi ha messo la storia fra le preferite e le ricordate e soprattutto chi ha avuto la pazienza di aspettare tanto tempo per l’uscita di questo capitolo (ero in vacanza). Bene, appuntamento al prossimo capitolo nel quale finalmente ci sarà il faccia a faccia tra Sophia e Sebastian… Buon proseguimento e buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


La Town House dei Phantomhive sembrava un castello agli occhi di Sophia.
La ragazza si era alzata presto quella mattina, aveva preparato una sacca contenete dei vestiti che le aveva regalato Undertaker e si era incamminata verso quell’enorme villa.
“Se questa è la Town House, chissà come sarà quella dove il conte vive?!”
L’ex angelo rimase incantata dalle decorazioni dell’edificio, fino a quando non vide uscire dalla porta principale il maggiordomo dei Phantomhive trasportare delle valigie da sistemare su un carro.
Sebastian era seguito da quel piccolo conte che ella incontrò una settimana prima nella bottega del becchino ed egli, nonostante la benda su un occhio, riuscì a scorgere la nuova visitatrice.
“E tu chi saresti?” la voce del bambino tredicenne era forte e profonda quanto quella di un uomo adulto e Ciel non si scompose minimante nel guardare meglio chi fosse la ragazza alla sua destra, al contrario di Sebastian che quasi balzò nel vedere Sophia in quel posto… Strano da parte di un maggiordomo impeccabile come lui non notare un estraneo nella villa…
“Io sono Sophia. So che state cercando un’insegnate e vorrei propormi come tale”.
Fu solo allora che il piccolo conte riconobbe “l’assistente” di Undertaker e lanciò un’occhiata a Sebastian lasciando bene intendere quello che gli passasse per la testa: “E quindi l’angelo è venuto nella caverna del diavolo…”
“Perché no? Sali con noi sul carro e vieni alla magione con noi.”
Il diavolo si sorprese della decisione improvvisa del suo signorino, ma d'altronde era ancora impossibile per lui comprendere l’essenza dell’essere umano.
Ma Ciel sapeva benissimo che ci sarebbe stato da divertirsi con un’ex angelo e un diavolo in casa.
Il viaggio fu abbastanza noioso dal punto di vista di Sophia e il fatto di dover vedere Sebastian tutti i giorni la stressava molto, ma il desiderio di sapere cosa avesse provato, ma soprattutto cosa provava quel diavolo per lei, era troppo forte.
 
La magione dei Phantomhive superava ben oltre le sue aspettative: l’enorme giardino era pieno di verde, gli interni erano arredati come se si trattasse della dimora di un re, c’erano così tante stanze che a Sophia parve di perdersi mentre il maggiordomo le faceva visitare l’enorme edificio… Di certo sembrava molto più grande dentro che fuori…
Sebastian presentò alla ragazza i servitori del casato Phantomhive, è inutile dire che Sophia provò a pelle qualcosa di strano in loro, e subito dopo accompagnò il suo signorino negli alloggi personali.
MayRin accompagnò la nuova insegnante del piccolo conte negli alloggi destinati a lei, per poi lasciarla sola per farle esplorare la sua nuova camera, accompagnata dalla frase: “Il signol Sebastian ha detto che inizi a lavolale domani. Buona pelmanenza!”
Sophia trovò sul letto un’uniforme simile a quella della cameriera che aveva appena incontrato, ma con il grembiulino mancante. La stanza era abbastanza spoglia, ma accogliente: c’erano solo un letto con accanto un comodino, una finestra che dava sul giardino, un armadio, una cassettiera e uno specchio. Le pareti erano di un azzurro fin troppo spento secondo lei, ma con la luce del tramonto si coloravano di sfumature rosso-arancio che le piacevano tanto.
Sophia sistemò i pochi vestiti che aveva nell’armadio, accarezzandoli uno ad uno, ricordando ogni singolo momento nel quale Undertaker glieli aveva regalati; se avvicinava il naso poteva ancora sentire quello strano odore di cera di candele consumata che caratterizzavano la strana dimora del becchino.
Poco dopo il tramonto si presentò Sebastian con un vassoio contenente un pezzo di torta al cioccolato, una tazza, del miele e una caraffa piena di latte.
“Grazie, ma non ho fame…”
“Non hai fame, o non vuoi mangiare? Dal momento che il mio signore ti ha preso come membro della servitù sei anche sotto la mia responsabilità, di conseguenza devo garantire la tua salute… Detto ciò, se non vuoi mangiare, bevi almeno un po’ di latte e miele…”
Sebastian appoggiò il vassoio sul comodino, versò nella tazza il latte, caldo al punto giusto, e aggiunse un abbondate cucchiaino di miele; porse la dolce bevanda a Sophia che lo invitò a sedersi accanto a lei sul letto. La ragazza sapeva benissimo che i demoni non mangiano, d’altronde non lo fanno anche gli angeli, perciò non domandò nemmeno a Sebastian se volesse un po’ di quel tanto dolce quanto delizioso latte con il miele.
“Da quanto tempo stai con il conte?”
“Il piccolo Lord mi chiamò tre anni fa…”
“È facile indovinare che il simbolo del contratto sia sul suo occhio destro che tiene bendato”
“Non ti smentisci mai… Sei proprio l’angelo della conoscenza” e con queste parole il diavolo si avvicinò sempre più alla giovane, fino ha prendere la sua mano sinistra nella propria.
Ero l’angelo della conoscenza… Comunque quella era solo una banale deduzione” dicendo così, Sophia si liberò dalla stretta del diavolo maggiordomo e si allontanò leggermente.
“Dimmi cara, come mai eri finita dal becchino?”
“Mi ha trovata per strada e mi ha dato una casa.”
“Capisco… E come mai te ne sei andata?”
“Non potevo dargli fastidio per sempre… E poi non sono affari che ti riguardano…”
“Come vuoi tu” Sebastian fece uno dei suoi soliti sorrisi maliziosi alla ragazza, poi si alzò e sull’uscio della porta disse: “Domani il conte ti aspetta nella sala delle lezioni alle 8.30 in punto. Dolce notte mio piccolo angelo”
Sophia si mise a letto e tentò di dimenticare quel sorriso dannato che assaliva la sua mente.
E con gli occhi chiusi, cercò lo sguardo verde-giallo di quell’uomo che la aveva salvata…
 
“Bene Signorino Ciel! Il mio programma per oggi è di iniziare con storia, proseguire con matematica e concludere con economia del commercio. Le va bene come programma?”
Sebastian era in disparte ad osservare Sophia all’opera e sorrideva al pensiero di poter ri-avere un assaggio della conoscenza della ragazza.
“Scegli tu il programma. L’importante è che imparo qualcosa” e con queste parole il povero Ciel si avventurò in quella che sarebbe stata una lunga, ma interessante, mattinata di studio.
 
Nel primo pomeriggio, Sebastian tornò nella sala della lezione e trovò Sophia che stava ancora sistemando i libri usati per le spiegazioni.
Il diavolo le comparve da dietro, senza farsi vedere, e la ragazza, girata sullo sgabello, cadde per lo spavento; il maggiordomo riuscì a prenderla al volo in braccio, per poi metterla in piedi accanto a sé. Sophia stringeva ancora i libri da sistemare tra le braccia e Sebastian li prese, per poi poggiarli sulla scrivania.
Con una mano, egli spostò una ciocca di capelli che era uscita dallo chignon della ragazza sul lato del viso e inaspettatamente, prima che lei potesse dire parola, le serrò la bocca con la mano e la spinse al muro. Gli occhi rossi di lui e quelli verdi di lei si incrociarono e Sebastian non esitò, appena tolta la mano dalla bocca, a baciare quelle labbra che aveva desiderato di poter assaporare dal primo momento che l’aveva incontrata nella bottega del becchino. Sophia tentò di lasciare la presa, ma il diavolo le aveva bloccato il viso tra le mani.
Fu dopo qualche istante che Sophia cedette alla tentazione e abbracciò il collo di quel diavolo che un tempo rappresentava l’amore della sua vita.
In quel bacio, ella cercò di ritrovare quei ricordi perduti legati all’ex angelo che aveva davanti… Quei ricordi che lei si era tanto sforzata di cancellare dopo il tradimento del ragazzo.
Fu solo troppo tardi che lei vide apparire davanti a sé il volto del dio della morte che l’aveva salvata e a cui lei si era più che affezionata.
Il viso di Undertaker la riportò alla realtà.
Sophia puntò le mani sul petto di Sebastian e lo scaraventò a terra con una forza che lei non poteva immaginare di possedere; si pulì la bocca con il braccio e con gli occhi pieni di lacrime corse via dal maggiordomo diabolico.
 

 
“NON VA! NON VA!” era la terza bara che Undertaker aveva tentato di costruire ed era la terza volta in cui lui puntualmente sbagliava. Non gli era mai successa una cosa del genere…
Ogni volta che prendeva tra le mani il legno e gli attrezzi ripensava al dolce viso di Sophia e si domandava cosa stesse facendo la ragazza in quel momento.
 

Ma loro non sanno che dall’alto un piccolo aiuto sta giungendo per loro in un “batter d’ali”!



ATTENZIONE: a causa di problemi personali dell'autrice, la fanfiction si prende una pausa. Ci rivediamo al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


“Il consiglio è qui riunito per giudicare il presente Angelo Minore, accusato di aver donato illegalmente anime ai nostri acerrimi nemici, i diavoli! Imputato, cosa hai da dire in tua difesa?”
“Nulla! So quello che ho fatto…” sul viso del colpevole si intravedeva un sorriso compiaciuto.
“Giudici, quale condanna gli infliggete?”
“Demone! Demone! Demone!”
“Il consiglio ha parlato! Sei condannato all’inferno e alla dannazione eterna!”
Sophia era presente quando spogliarono l’angelo dai capelli corvini dalla veste bianca, per poi bruciargli le ali e scaraventarlo giù all’Inferno.
 
 
Sophia si svegliò nel mezzo della notte. Era da tanto tempo che ella non ricordava quell’avvenimento.
La ragazza si girò nel letto, sotto le coperte, e tentò di dormire di nuovo.
Stranamente fu un’impresa facile…
 
Era la prima volta che Undertaker trovava scomoda una bara, la sua per giunta. Non aveva chiuso occhi quella notte.
Solo dopo molti tentativi egli riuscì a farsi tentare dalla stanchezza…
 
 
Gabriele aveva fatto una cosa vietata quella notte: era entrato nella biblioteca dei ricordi angelici per prendere il volume con sopra inciso il nome di Sophia. In questo modo sarebbe riuscito a far ricordare alla ragazza quella parte del suo passato che ella non poteva ricordare.
 
 
“Non ti stanchi mai? A leggere?” un ragazzo dai capelli color argento, dalla pelle diafana e dagli occhi azzurro ghiaccio era steso accanto ad una fanciulla su un prato.
“Mi piace leggere! Nessuno lo fa e non capisco il perché…” la ragazza dai ricci biondi e dagli occhi color smeraldo aveva appena riposto il suo libro nella sua sacca, per poi stendersi sul petto del ragazzo accanto a lei. Le piaceva sentire il battito del cuore. I raggi del sole baciavano il viso candido e perfetto di lui e lei lo ammirava con tenerezza.
“Sei proprio una ragazza strana!”
“E allora?!”
“E allora… È questo che mi piace di te…”

I due si scambiarono uno sguardo e un sorriso e poi si sedettero uno accanto all’altro.
“Un giorno mi insegnerai tutto ciò che sai.”
“Certamente!” fu la risposta della ragazza che prese una ciocca di capelli di lui per fare una piccola treccia sul lato destro. Egli la amava, ma non glielo avrebbe mai detto.
 
“Dai, fatti anche tu un bicchierino!”
Il ragazzo albino aveva sempre rifiutato da bere; l’alcool gli faceva strani effetti, ma quella volta aveva ceduto alla tentazione e si era concesso più di un bicchiere.
Tornò a casa ubriaco, a mezzanotte inoltrata. Trovò sulla soglia della porta di casa una figura accovacciata sul pavimento. Era lei, la ragazza che aveva sempre amato. Barcollando le si avvicinò.
“Finalmente sei tornato! Ho litigato con mio padre e non ho un posto dove passare la notte. Così sono venuta subito da te… Ma, tu stai bene?”
“Si, certo…” era chiaro che lui fosse in pessime condizioni.
L’albino invitò la ragazza dentro casa e subito si accasciò sulla prima sedia a disposizione.
“Sei sicuro di stare bene?” la ragazza dai ricci dorata avvicinò la propria mano al viso dell’uomo, che subito gliela schiaffeggiò dicendo: “Sto bene! Non ho bisogno di aiuto!”
“S-sei ubriaco… Dovresti riposarti…” la voce era quasi un sussurro impaurito.
“Ho detto che sto bene!” questa volta egli le urlò contro e la afferrò per i polsi.
La ragazza gli urlò contro e le lacrime le incominciarono a rigare il volto; egli tentò di zittirla e la spinse accidentalmente contro il muro, facendole sbattere la testa contro un mobile.
La fanciulla smise improvvisamente di muoversi e gridare; il rosso cominciava a colorarle i capelli e a macchiare quel volto candido che incominciava a diventare freddo.
Il ragazzo si rese conto dell’orrore che aveva appena commesso; si sedette a terra, con il corpo della ragazza tra le braccia.
Egli rimase a fissarla con gli occhi rossi per le lacrime trattenute. In cerca di un’ultima speranza, l’albino posò il proprio orecchio sul petto della fanciulla tentando di sentire anche solo un battito del cuore; dopo la strinse a se’, bagnandole con le lacrime quella veste che era diventata rosso sangue.
 
Nessuno si domandò della scomparsa della ragazza dai ricci dorati.
L’albino rimase tutta la notte sul pavimento, con il corpo della ragazza tra le braccia. Il mattino seguente egli cercò delle assi di legno con le quali realizzò una bara fatta su misura per la ragazza. La sua prima bara.
Il ragazzo trasportò la giovane fino al cimitero del paese e lì costruì una piccola, ma accurata sepoltura.
“So che non potrai mai perdonarmi. Ho fatto una cosa orrenda. Eri la sola che mi è sempre stata accanto, la mia unica amica. Non ti ho mai meritata. E non merito neanche di continuare a vivere in questo mondo. Mia dolce amica, amore della mia inutile vita, perdonami! Perdonami! Io ho bisogno di te!” Dopo essersi inginocchiato davanti alla sepoltura, baciò la lapide e sussurrò: “Ti amo!”
L’albino si alzò e correndo si diresse verso una scogliera, ai confini del paese. Il vento gli scompigliava i lunghi capelli argentei.
Una lacrima rigò il suo viso e il ragazzo rivolse un ultimo sguardo verso il cielo colorato di arancio per colpa del sole che tramontava all’orizzonte.
Senza esitare, si lasciò abbracciare del vuoto sotto di lui.
 
I suoi vestiti erano stati lacerati, innumerevoli ferite erano disegnate sul suo corpo, ma lui era ancora vivo. Si risvegliò su di una spiaggia; accostò la mano sul petto per toccare una delle tante ferite, ma si rese conto che questo era vuoto: il suo cuore non batteva più…
Poco dopo si accorse che gli mancasse anche il respiro. I suoi ricordi erano svaniti.
L’albino si alzò in piedi e cominciò a camminare lungo quella spiaggia; dopo pochi passi trovò il frammento di uno specchio. Guardò il riflesso: la prima cosa che gli balzò agli occhi era la tremenda cicatrice che gli divideva quel viso un tempo tanto perfetto; poi posò lo sguardo sul colore dei suoi occhi.
Le iridi brillavano di un misto di verde e giallo tanto bello quanto vuoto; i colori parevano danzare in quei due piccoli cerchietti.
Prima che potesse fare altro, una figura totalmente vestita di nero e con quella che pareva una falce apparve dietro al ragazzo.
“Hai commesso una grosso errore pivellino! Ad ogni modo… Benvenuto nella tua nuova seconda vita!”
 
 
Undertaker aprì con forza il coperchio della bara. Ora si ricordava tutto. Non sapeva il perché, ma si ricordava ogni particolare.
Doveva andare da lei, ad ogni costo…
 
Sophia si svegliò di colpo, lanciando le coperte in aria.
La verità le era stata svelata e lei doveva andare da lui.
Si cambiò di corsa, prese una giacca e si diresse verso la porta della stanza.
Quando si avvicinò alla maniglia, questa si mosse da sola e subito la porta si aprì, rivelando Sebastian con in mano una candela.
“Dove credi di andare Sophia?”
“Non sono affari tuoi!”
“Tu credi!” la afferrò per il polso e chiudendo la porta dietro di lui le sussurrò vicino all’orecchio: “Non ci separeremo un’altra volta! Tu sei mia Sophia e di nessun altro…”
“Sebastian…”
 
 
 
Angolo dell’autrice:
SONO UN ESSERE IGNOBILE!
Sono scomparsa per tre mesi lasciando una storia a metà, lo so. Non posso essere perdonata… Detto ciò: grazie di cuore a chi ha letto (nonostante tutto), ha recensito e a chi ha messo la storia tra le preferite. Ci vediamo presto (spero) per il prossimo capitolo! Bye bye

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***



“Sebastian…”
Il demone la strattonò verso il muro per poi farla sbattere ad esso. Sophia fece un singhiozzo per il dolore e lo spavento. Nei suoi occhi si leggeva in modo chiaro che in quel momento temeva il demone più di qualsiasi altra cosa. Gli occhi di lui erano di un rosso accesso.
Sebastian la scrutava dalla testa ai piedi, con un sorriso malizioso; riusciva a sentire l’odore della paura che Sophia emanava e non poteva che godere per questo.
“Hai paura, angelo?”
“N-no…”
“I tuoi occhi e il tuo odore dicono il contrario.”
Sebastian afferrò entrambi i polsi di lei e li portò al di sopra della sua testa, per poi fissarli al muro.
Il demone si chinò sul collo della ragazza, lo annusò e iniziò a leccarlo, quasi a voler marchiare il décolleté con la sua saliva.
Sophia emise un gemito che Sebastian interpretò come un invito a continuare il suo lavoro. Quando egli lasciò il polso destro e con la sua mano iniziò ad accarezzare il seno di lei, la ragazza approfittò della mano libera per spingerlo con forza lontano da lei e tentare la fuga.
Il tentativo fu inutile…
Sebastian tirò Sophia a sé tramite il polso che aveva ancora tra le mani, la afferrò per il collo e la gettò a terra.
“Hai fatto una falsa mossa cara. Ti sei dimenticata che io sono un demone e tu attualmente sei un essere mortale?”
“S-s-sebas-tian…” un rantolo uscì dalla gola della ragazza, che veniva pressata verso il pavimento con le mani del demone alla gola.
“Non sarei voluto arrivare a questo. Saresti potuta diventare un demone come me e invece hai fatto la scelta sbagliata…”
Prima di chiudere gli occhi, Sophia incrociò un’ultima volta il suo sguardo con quello di Sebastian: gli occhi di lui erano sempre di colore rosso, ma poteva notare un luccichio nuovo nell’iride.
Una lacrima rigò il volto del demone…
 
 
Nel pieno della notte il becchino corse per le strade di Londra, diretto verso la magione dei Phantomhive. Undertaker si ricordava ogni cosa della sua vita passata e voleva rimediare a ciò che aveva fatto quando ancora era un essere umano.
I suoi piedi si muovevano così velocemente che egli quasi volava sul sentiero. Gli occhi del becchino erano lucidi. Undertaker si sentiva estremamente in colpa per le sue azioni; aveva commesso un atto imperdonabile e sapeva che Sophia non lo avrebbe mai perdonato. In cuor suo, però, egli sperava di sì; bramava il suo perdono più di qualsiasi altra cosa.
Se il suo vecchio amore lo avesse perdonato, forse egli avrebbe potuto finalmente passare il resto della sua vita accanto a lei.
In poco più di mezz’ora il becchino raggiunse la residenza del giovane Conte. Era da poco passata la mezzanotte quando Undertaker bussò all’enorme portone della magione.
Inaspettatamente Tanaka aprì la porta. Il suo sguardo era un incrocio tra tristezza e malessere, come se qualcosa fosse successo da poco tra quelle mura.
“Oh Undertaker, qual buon vento la porta qui a quest’ora della notte?”
“Scusate il disturbo, sono venuto qui per…”
“Lasciatelo entrare!” La voce del Conte lo interruppe.
Il maggiordomo anziano fece entrare il becchino che, con aria quasi spaesata, andò verso il conte.
“Conte Phantomhive.”
“Undertaker… Sei venuto giusto in tempo. Vedi, era nostra intenzione farti visita domani mattina?”
“Ah… Davvero. In realtà sono venuto qui per…”
“La nostra servitrice più recente purtroppo ha lasciato questo mondo circa un’ora fa.”
Un attimo di silenzio seguì le parole del giovane Conte. Undertaker sentì il sangue gelarsi nelle vene e per un attimo gli parve quasi di sentire un leggero battito al suo cuore ormai fermo da tempo.
“So che era la tua apprendista prima. Mi dispiace per la perdita.”
“Dove si trova?” aggiunse il becchino con un tono che pareva quasi un bisbiglio.
“Nella sua camera. Sebastian ha provveduto ad adagiare il corpo sul letto.”
Udite quelle parole, il maggiordomo diabolico fece la sua irruzione nella sala; mentre camminava, si sistemò i guanti e l’abito nero. “Se vuole l’accompagno personalmente” aggiunse.
Undertaker fece cenno di assenso e subito il maggiordomo fece come dichiarato. I due attraversarono un lungo corridoio, senza proferire parola l’uno con l’atro. L’unica luce che illuminava la loro via era quella delle candele poste lungo il corridoio della magione.
Il Dio della morte ripensò al tempo passato con Sophia, sia nella sua vita da vivo, che in quella da defunto; si incolpava per le sue azioni e cercava di prepararsi ad affrontare i fantasmi del suo passato una volta varcata la soglia della porta della camera.
I due camminavano a passo svelto. Undertaker teneva gli occhi puntati leggermente verso il basso e non si accorgeva che Sebastian cercava con i suoi di scrutare il viso del becchino. La frangia argentea non lasciava trapelare nulla al maggiordomo.
Presto i due arrivarono a destinazione. La porta era socchiusa, ma Undertaker già poteva sentire la presenza di un corpo senza vita. Fino all’ultimo secondo egli aveva sperato in una menzogna, di trovare Sophia viva e invece gli bastò mettere un piede appena dentro la camera per avere la conferma che quanto gli era stato detto fosse vero.
Sophia era sdraiata sul letto, immobile, pallida.
Undertaker le si avvicinò con passo lento.
“Devi essere davvero dispiaciuto per lei” sogghignò il demone.
“Tutti devono morire prima o poi. Giusto, Signor Maggiordomo?” C’era quasi dell’ironia nella frase del becchino, che venne colta appieno dall’uomo alle sue spalle.
Undertaker fece un cenno con la testa per invitare, o meglio obbligare, Sebastian ad uscire; poi chiuse la porta e si sedette al bordo del letto dove riposava Sophia.
“Perdonami, per tutto. Questa volta non dovevo lasciarti andare.”
Lacrime iniziarono a segnare la loro strada sul viso dello shinigami, ignaro del fatto che al di fuori della porta qualcuno stesse piangendo a sua volta…
Nel loro mondo, tutti sapevano che le lacrime di demone erano le più rare che si potessero trovare e quel giorno, per due volte, Sebastian pianse.
 
 
Note dell’autrice: a troppi anni di distanza, questa storia sta per giungere ad una conclusione. L’ho ritrovata per puro caso e ho voluto finirla. Per fortuna, avevo ancora gli appunti di quando la iniziai. Il prossimo capitolo sarà l’epilogo e finalmente potremo definire conclusa questa storia :)

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Epilogo ***


Il suono delle campane della chiesa echeggiava il tutte le case circostanti.

L’organista faceva le prove per i canti da suonare durante la celebrazione.

Tuttavia, nessuno popolava i banchi dell’edificio. Erano presenti solo il Sacerdote, l’organista, un becchino e un cadavere.

Sophia era stata delicatamente deposta in una bara, il suo corpo poggiava su un soffice velluto rosso; era vestita di bianco e il suo corpo profumava come i fiori di Erica che la circondavano.

Una figura vestita di nero è in piedi al suo fianco.

Le da un bacio, un ultimo bacio, sulla fronte, per poi scendere a sfiorare le sue labbra.

Le lacrime di lui caddero sul corpo freddo di lei.

“Perdonami Sophia. Per averti lasciata andare; perdonami per non esserti stato accanto; perdonami per non averti potuta amare…”

Undertaker accarezzò il volto della fanciulla per poi sentire un brivido lungo la schiena, un formicolio soprannaturale, un tocco etereo.

Lo shinigami non se ne accorse, ma il demone che sbirciava la scena vicino al portale della chiesa vide tutta la scena: una figura dalle fattezze umane fluttuava in equilibrio sopra il corpo del becchino. Una ragazza dalle candide ali avvolse con le braccia il corpo dell’uomo sottostante, stringendo la sua schiena al proprio petto; gli diede un bacio sulla testa, delicato come un leggero soffio di vento.

Sebastian non faticò a capire che Sophia era tornata alla sua forma angelica.

La pelle del suo corpo mortale iniziò a diventare delicata come porcellana, le sue labbra stranamente accennarono ad un sorriso.

Il becchino non comprese ciò che stesse succedendo solo fino quando un suono, trasportato dal soffio del vento, sussurrò al suo orecchio:

“Ti amo…”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3181384