The snake's bite

di Saratrix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~ Prologo ~ ***
Capitolo 2: *** ~ Capitolo 1 ~ REMIND ***
Capitolo 3: *** ~ Capitolo 2 ~ NEW LIFE ***
Capitolo 4: *** ~Capitolo 3~ I’M DRACO MALFOY ***
Capitolo 5: *** ~Capitolo 4~ SEVERUS SNAPE ***
Capitolo 6: *** ~Capitolo 5~ ENVY ***
Capitolo 7: *** ~Capitolo 6~ THE TASK OF CONTROL ***
Capitolo 8: *** ~Capitolo 7~ SOMETHING DIFFERENT ***



Capitolo 1
*** ~ Prologo ~ ***


~Prologo~


Tap. Top. Tap. Top. Tap. Top. Tap. Top.

«Vuoi smetterla? È fastidioso.» domandò una voce alquanto irritata.

«Scusa Narcissa.» disse l’uomo appoggiando il bastone alla sedia.

«Sì può sapere cosa c’è scritto in quella benedetta lettera? È da quando l’hai ricevuta, ergo quindici minuti fa, che continui a rileggerla e a far rimbalzare a terra quel tuo dannatissimo bastone.»

Lucius piegò la lettera e se la mise in tasca con movimenti lenti, la fronte aggrottata. Per dirla tutta, quindici minuti erano ben pochi per riuscire a realizzare appieno ciò che era scritto su quel pezzo di pergamena a detta del padrone di casa. Già solo il fatto di ricevere una missiva con il sigillo del Ministero alle nove di Sabato mattina dal gufo personale di Cornelius Caramel non era cosa da tutti i giorni. Come se non bastasse, il contenuto della lettera era stato scritto di gran fretta e non era stata osservata nessuna regola d’impostazione: la data e il luogo non c’erano, così come il ‘Caro’ o il ‘Carissimo’ di commiato; l’unica cosa presente era la firma, un semplice ‘Cornelius’ alla fine.

Se a tutto ciò si aggiungeva il fatto che era il Ministro e – addirittura, signori e signore – il grandissimo Albus Silente lo aspettavano il prima possibile non al Ministero, nel Manor di Caramel, a Hogwarts o a casa del Vecchio Pazzo ma in una sudicia via periferica della Londra babbana, la cosa era davvero molto strana e sospetta!

Che avessero capito che non era mai stato sotto Imperius durante la Guerra, ma che in realtà aveva sempre deciso di seguire ed eseguire gli ordini del Signore Oscuro volontariamente? E che quindi ad aspettarlo ci fossero anche gli Auror al completo, pronti a sbatterlo ad Azkaban per il resto della vita?

Ma se così fosse, perché mai non gli avevano già abbattuto il portone di casa?

Insomma, per concludere i suoi ragionamenti e mettere un freno alla sua immaginazione, decise di andare all’incontro per scoprire cosa realmente stesse accadendo.

Senza dire una parola impugno il suo bastone, si alzò dalla poltrona della sua scrivania nello studio, sotto lo sguardo curioso della moglie, prese il mantello appoggiato su un mobile lì accanto e si avviò verso l’uscita della stanza.

«Lucius!» lo chiamò Narcissa alzandosi a sua volta «Dove stai andando?»

«Non so se torno per pranzo, in caso non aspettatemi.» disse semplicemente l’uomo senza girarsi poco prima di chiudersi la porta in legno di mogano alle spalle.

... … … …

Lucius uscì dal vicolo nel quale si era materializzato. Tutto in quel luogo odorava di marcio e di spazzatura, i bidoni erano stracolmi, scatoloni di cartone e  di plastica erano abbandonati qua e là e innumerevoli pozzanghere d’acqua mista a fango che riempivano i buchi sull’asfalto.

Storcendo il naso in una smorfia disgustata, Malfoy scoccò un’ultima occhiata a quel vicolo fatiscente prima di cercare con lo sguardo Caramel e Silente. Se una piccola patte di lui aveva sperato che una volta giunto in strada le condizioni igieniche e stilistiche sarebbero state migliori, be’ si dovette ricredere immediatamente: si poteva tranquillamente dire che la via sulla quale affacciava il vicolo era l’esatta coppia di quest’ultimo.

Lucius notò il Ministro e il Preside di Hogwarts all’inizio della via che parlottavano a bassa voce fra loro. Sospirando e deciso a capire una volta per tutte cosa stesse succedendo, l’uomo si avviò verso i due maghi. Mano a mano che si avvicinava loro notò che la conversazione tra i due era animata nonostante a chiunque sarebbe sembrata del tutto normale. Ma Lucius Abraxas Malfoy non era chiunque: per fuggire alla carcerazione ad Azkaban sei anni prima dovette fare, come si dice, ‘buon viso a cattivo gioco’ entrando nella ristretta cricchia degli uomini fidati di Cornelius Caramel, favorito per diventare il prossimo Ministro.

Infatti si accorse proprio dal frenetico tamburellare delle dita sul bordo della bombetta e dalla lieve sfumatura rossastra che le orecchie di quest’ultimo stavano prendendo che l’argomento della conversazione non era adatto al thè delle cinque.

«Signor Ministro, professor Silente, buongiorno.» salutò Malfoy per manifestare la sua presenza ai due che non si erano minimamente accorti della sua comparsa.

«Oh, Lucius, ti stavamo aspettando!» sorrise nervosamente Caramel, lanciando una rapida occhiata all’uomo alla sua destra.

«Signor Malfoy.» salutò lapidariamente il vecchio mago.

«Devo ammettere di esser stato… come dire… sorpreso di ricevere la sua lettera questa mattina, Ministro. Posso chiederle cosa l’ha costretta a volermi vedere così all’improvviso e in un posto così…» vece una smorfia di disgusto, facendo scorrere lo sguardo glaciale sulla strada «insolito, per così dire?»

Cornelius sospirò rimettendosi la bombetta verde smeraldo sul capo. Lanciò un’altra occhiata a Silente, come per assicurarsi che il vecchio mago non avesse intenzione di fermarlo, prima di iniziare a parlare. «Comprenderei pienamente la tua sorpresa in questo momento, Lucius, se mi trovassi al tuo posto. Ma recenti avvenimenti mi hanno portato a dover prendere un’importantissima decisione il prima possibile.»

Il mago lanciò un’occhiata all’edifico affacciato sulla strada che stava qualche metro più avanti. Era grigio, tetro, in stile gotico e sopra il cancello in ferro battuto si leggeva chiara la scritta ‘Orfanotrofio St. Luise’.

«So bene che ti sto chiedendo molto, so anche che ti ritroverai tra poco a dovermi dare una risposta difficile, Narcissa ne è all’oscuro ma dobbiamo agire in fretta prima che la situazione peggiori. Devi dirmi solo ‘sì’ oppure ‘no’. Lucius, amico mio, ti sto chiedendo di adottare e crescere come se fosse tuo figlio Harry Potter.»






***NOTE DI SARATRIX***

Buonsalve a tutti!

Inizio con il dire che avevo questa storia in mente già da un bel po' di tempo ma che purtroppo solo ora ho trovato il tempo per scriverla. Come prologo è un po' corto, ma volevo che questo spezzone desse solo un'idea generale dell'inizio della storia; in ogni caso il primo capitolo è già scritto e... è davvero molto ma molto lungo, quindi si recupera subito! :-)

Vi lascio fino a Venerdì  in suspance per scoprire se Lucius deciderà di adottare il nosro caro Harry, anche se credo che la risposta sia alquanto scontata ora che ci penso... xD

Spero che la storia vi piaccia e che decidiate di seguirla in tanti e, magari di lasciarmi anche una piccola recensione: mi farebbe davvero piaere sentire la vostra opinione! :-D

Un bacio e a presto

SARATRIX

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Capitolo 2
*** ~ Capitolo 1 ~ REMIND ***


~Capitolo 1~

REMIND



Il cancello in ferro battuto cigolò mentre veniva spinto da Silente per lasciarlo entrare nel cortile dell’orfanotrofio insieme agli altri due uomini.

Lucius era immerso nei propri pensieri, quasi non si accorse di star salendo le scale che conducevano al portone dell’edificio e che la segretaria – una signora un po’ bassotta, anziana e con i capelli grigi a caschetto – era andata loro incontro chiedendo come potesse aiutarli. Era come se stesse rivivendo per la centesima volta la discussione di poco prima tra lui e Caramell

… … … …

Malfoy sbatté ripetutamente le palpebre, lasciando che la sua maschera d’assoluta compostezza cadesse per terra ‘Ho capito bene? Mi sta seriamente chiedendo di adottare Harry Potter?’ «C-come scusi?»

Il Ministro sospirò, guardandosi nervosamente attorno, come per accertarsi che nessuno stesse spiando la loro conversazione «Dopo che Tu-sai-chi uccise i Potter e il piccolo Harry divenne orfano, Albus decise di affidarlo alle cure degli zii del bambino, la sorella di Lily Evans e suo marito, Petunia e Vernon Dursley.» scoccò un’occhiata a Silente prima di continuare «Essendo i parenti più stretti del bambino, toccava a loro averne la tutela, ma questi decisero di abbandonarlo e lo diedero alle cure dell’orfanotrofio St. Luise.»

Lucius aggrottò la fronte, facendo scorrere rapidamente lo sguardo sull’edificio infondo alla strada. «Sì, ma… non capisco perché abbiate scelto proprio me e Narcissa. Non potevate adottarlo lei, Ministro?»

Cornelius estrasse dalla tasca interna del mantello un pezzo di pergamena e lo porse a Malfoy. Questo la prese e l’aprì. Era indubbiamente un albero genealogico «È la famiglia del piccolo Harry. Guarda il cognome della madre di James Potter e credo che capirai.»

Malfoy alzò un sopracciglio e lo fece. Dorea Black. Rilesse più volte il nome, seguì velocemente il ramo che univa quel nome agli altri alla sua sinistra fino a trovarli. Il suo nome, quello di Narcissa e quello di Draco. ‘La nonna del Moccioso è una Black? Perché Narcissa non mi ha mai detto niente a riguardo? Questo significa che, anche se alla lontana siamo imparentati.’

«Io… non ne sapevo niente… Narcissa non mi ha mai accennato al fatto che la madre di James Potter fosse una Black.» sussurrò Lucius.

«Questo perché quando Dorea decise di sposare Charlus, venne rinnegata dalla sua famiglia; dopotutto Charlus era considerato un traditore del suo sangue.» disse Silente duramente, fissando negli occhi Malfoy.

Il biondo fece una lieve smorfia «Non capisco perché proprio la mia famiglia. Perché non avete scelto invece Andromeda, la sorella di Narcissa, e suo marito? Sono imparentati con il bambino tanto quanto noi.»

Cornelius rispose alla domanda velocemente, alzando appena il tono della voce e fissando Silente negli occhi «È stato quello che mi ha detto anche Albus. Purtroppo mi sono convinto fin da subito che affidare Harry a te sarebbe stata la scelta migliore: hai un figlio della sua stessa età con il quale potrebbe giocare, con le tue risorse economiche puoi fornirgli tutti gli stimoli necessari per la crescita -è solo Merlino sa cosa può aver bisogno quel bambino con tutto quello che ha dovuto passare…- e poi mi fido di te e sono sicuro che tratterai Harry come un secondo figlio.»

Ci fu un breve silenzio prima che il Ministro continuasse a parlare. Caramell si avvicinò di più a Lucius e abbassò la voce a tal punto da sussurrare.

«Ci sono stati anche episodi di magia. Sono iniziati circa due anni fa, inizialmente abbiamo pensato che fosse soltanto un vecchio Magonò – un certo Gregor Teskin – che abitava qui vicino, credevamo che stesse continuando a provare ad accendere la piccolissima fiaccola magica in lui e non abbiamo subito dato molto peso alla cosa. Con il tempo però questi episodi diventavano sempre più frequenti e quando alla morte di Teskin sei mesi fa questi non cessarono, anzi iniziarono a crescere anche di potenza, decidemmo di indagare. Mandai Kingsley Schacklebolt a indagare e gli chiesi di mandare il rapporto direttamente a me. Rimasi sbalordito nel leggere il contenuto della cartella che mi arrivò dopo una settimana: l’Auror affermava che si trattava di Magia Involontaria a opera di Harry Potter! Il problema è che non c’era niente di involontario negli incantesimi del piccolo, era come se Harry si fosse reso conto di ciò che è in grado di fare e avesse iniziato a usare il suo potere a sua piacimento. Non mi crederai, Lucius, ma Kingsley afferma che Potter è in grado di Obliviare le persone con il pensiero, quando e come vuole. E questo è solo il male minore.»

Lucius inarcò le sopracciglia verso l’alto in un’espressione sorpresa. ‘Quindi Harry Potter, il Prescelto ha un lato oscuro e misterioso? Ed è talmente potente da essere in grado a sette anni di controllare completamente la magia e di Obliviare le persone?’ Scoprire cosa si nascondesse veramente sotto la maschera il Mondo Magico aveva fatto indossare al suo Salvatore intrigava e spaventava l’uomo al tempo stesso, pensare di poter avere in futuro il ragazzo dalla sua parte gli trasmetteva un senso d’invincibilità e debolezza, immaginarsi lui e Narcissa che vanno a prendere Draco e Potter alla stazione di King’s Cross dopo il loro ultimo anno a Hogwarts gli suscitava sia orgoglio sia rammarico.

«Allora Lucius, accetti?» chiese impaziente Caramell.

Senza ragionarci, senza rendersi nemmeno conto che le parole gli uscivano dalla bocca, accorgendosi di quello che aveva fatto solo dopo aver visto l’ampio sorriso sul volto di Cornelius e il rabbuiarsi di quello di Silente, Malfoy rispose: «Sì, Ministro, adotterò Harry Potter.»

… … … …

«Devo ammettere che è strano. In tutti questi anni Harry non ha mai ricevuto visite, credevamo che gli unici parenti rimastigli fossero gli zii che l’hanno affidato alle nostre cure sei anni fa.» la voce roca e bassa di Roger Timber, direttore dell’orfanotrofio, risuonò tra le pareti dell’ufficio.

«I rapporti con quel ramo della famiglia si ruppero moltissimi anni addietro. Circa due anni fa io e mia moglie abbiamo deciso di comune accordo di provare a riallacciare i legami e dopo mesi di ricerche e indagini abbiamo scoperto che i genitori di Harry, Lily e James Potter, morirono sei anni fa in un incidente automobilistico. Così rintracciammo la sorella della madre del bambino per scoprire come stava il ragazzo e se potevamo fare qualcosa per aiutarli, ma dopo più di un anno di silenzio dei coniugi Dursley, abbiamo scoperto che avevano portato Harry in questo orfanotrofio. Da quel momento io e Narcissa decidemmo di accoglierlo nella nostra famiglia, dopotutto siamo parenti.»

Il tono di Lucius era calmo e tranquillo mentre rispondeva a una delle numerose domande dell’uomo di fronte a lui.

Timber annuì, accarezzandosi con il pollice il pizzetto ben curato «Capisco… Scusi la mia domanda, ma se posso permettermi, come mai non è venuta anche sua moglie e al contrario è stato accompagnato da questi due suoi amici, Signor Malfoy?»

«Io e Narcissa abbiamo un figlio piccolo, nato da quasi un mese e non ce la siamo sentiti di costringerlo a fare molte ore di viaggio visto che non abitiamo qui vicino.» disse semplicemente Lucius accompagnando le sue parole con i movimenti delle mani. «Mentre per quanto riguarda Cornelius e Albus, il primo è il notaio di famiglia che mi ha aiutato me e mia moglie a rintracciare Harry e a procurarci i dovuti documenti, mentre il secondo è un amico dei genitori del ragazzo.»

«Molto bene. Se le cose stanno così e con i fogli che mi avete portato, l’affido del piccolo Harry è vostro di diritto, Signor Malfoy. Devo ammetterlo comunque, tra tutti i bambini che ospitiamo all’istituto Harry è sempre stato il mio preferito: fin da subito si è dimostrato educato, gentile e disponibile verso i compagni, intelligente e veloce nell’apprendimento. Ha qualcosa di magico che fa in modo che sia benvoluto da chiunque abbia attorno.» disse Roger Timber sorridendo appena per poi alzarsi dalla sedia «Mentre preparo i documenti per l’adozione potreste andare a fare due chiacchiere e a conoscere Harry, a quest’ora credo proprio sia nella sua stanza. La Signora Furtely, vi accompagnerà.» concluse chiamando quest’ultima.

La donna che prima si era presentata loro come segretaria apparve nella stanza e accompagnò gentilmente i tre maghi nella stanza di Harry. I corridoi dell’orfanotrofio erano stretti e cupi, illuminati qua e là da piccole finestrelle che facevano entrare i tenui raggi solari d’Inverno. Salirono delle scale a chiocciola che li portarono nell’ala riservata al dormitorio maschile. Le pareti erano ricoperte da una vecchia carta da parati blu, il pavimento in legno scuro e coperto al centro da un lungo tappeto bianco sgualcito ai bordi e l’unica fonte d’illuminazione era costituita dalle lampade appese al soffitto.

Sulla sinistra a metà corridoio, vicino a una porta bianca come le altre, c’era una targhetta in ferro con sopra scritto in calligrafia elegante:

‘Harry James Potter

Nato il 31 Luglio 1980 – arrivato il 3 Novembre 1981

Luogo di nascita ignoto – probabile parto in casa’

La Signora Furtely bussò alla porta «Harry caro, hai delle visite.» disse dolcemente.

Dall’altra parte dell’uscio un bambino era seduto a gambe incrociate sul davanzale, la testa appoggiata alla finestra che dava sul cortile anteriore dell’orfanotrofio e lo sguardo perso chissà dove. Aveva un libro appoggiato sul ginocchio con la scritta ‘L’isola del tesoro di Robert Stevenson’ e due dita erano ancora tra le pagine, a tenere il segno su pagina 143. Quando sentì bussare si riscosse dai suoi pensieri e fissò lo sguardo sulla porta di legno.

«Avanti!» disse allegramente.

La segretaria abbassò la maniglia ed entrò nella stanza seguita da Lucius, Caramell e Silente «Buongiorno, Harry.»

«Buongiorno Signora Furtely, come sta?» chiese il bambino mentre scendeva dal davanzale e metteva il segnalibro tra le pagine.

«Molto bene, grazie piccolo. Ti volevo presentare il Signor Malfoy, il Signor Caramell e il Professor Silente.» disse la segretaria indicando di volta i volta chi presentava «Ti spiegheranno meglio loro chi sono e come mai sono venuti qui. Mi raccomando, educato come sempre.» concluse con un piccolo sorriso triste.

Potter corrugò appena la fronte ma tenendo sempre le labbra incurvate verso l’alto «Certamente Signora Furtely!»

La donna gli regalò un altro piccolo sorriso prima di uscire dalla stanza. Quando la porta si chiuse, l’espressione di Harry si trasformò subito diventando seria, gli occhi pieni d’allegria fino a poco prima si trasformarono in due profondi buchi neri che catturavano qualsiasi cosa tra le loro iridi smeraldine. ‘Sembra quasi che siano stati fatti con l’Anatema che Uccide dall’intensità di quel verde’, si ritrovò a pensare Lucius quasi inconsciamente; la sensazione che provava in quel momento era identica a quando si presentava per le udienze davanti al Wizengamot, era come se quel marmocchio gli stesse leggendo l’anima.

«Siete come me, non è vero? È per questo che siete qui.» il silenzio venne bruscamente interrotto dalla voce di Harry e solo in quel momento Malfoy si accorse che si era seduto nuovamente a gambe incrociate sul davanzale della finestra.

«Tu… come fai a-?» balbettò Caramell prima di venire interrotto.

«Come ho fatto a capire che siete dei maghi come me? L’ho percepito quando avete varcato il cancello dell’orfanotrofio, è stata la vostra aura magica ad attirarmi. È normale per uno come me riconoscere i propri ‘simili’, no?» chiese mimando le virgolette con le dita.

«Solo un mago incredibilmente potente o dotato è in grado di farlo…» sussurrò appena Silente.

Harry appoggiò i gomiti sulle ginocchio e il mento sulle mani, assumendo un’espressione pensierosa. «Capisco…» ci fu un breve silenzio «Anche quel signore è un mago non è vero? Quello che girava da queste parte circa una settimana fa, intendo. L’avete mandato voi per assicurarvi che fossi un mago anch’io?»

Cornelius spalancò gli occhi «Come hai fatto ad accorgerti della presenza di Kingsley Schacklebolt?» sbuffò stizzito «È praticamente il miglior Auror del Ministero è impossibile che si sia fatto beccare da un bambino!»

«Cornelius, forse faresti meglio a calmarti…» disse tranquillamente Albus mentre Harry alzava di scatto la chiedendo in continuazione che cosa fossero questi Auror, gettando quasi subito la spugna accorgendosi ben presto che Silente e Caramell erano troppo presi nella loro conversazione per rispondere a lui.

Potter incrociò le braccia al petto sbuffando e alzò lo sguardo, che si incontrò per la prima volta in quella mattina con uno argenteo. Il bambino pensò che quei due signori – il vecchio e il grassoccio – erano davvero divertenti da guardare mentre bisticciavano e che gli sarebbe piaciuto molto studiarli per conoscerli meglio; però la persona ad incuriosirlo maggiormente era quell’altro – si chiamava Malfoy se non errava – che, da quando era entrato, non aveva smesso un secondo di fissarlo rimanendo sempre vicino al muro dall’altra parte della stanza. Si capiva con un’occhiata che era una persona facoltosa gli alamari del mantello che indossava – e in quel momento Harry si appuntò mentalmente di chiedere anche come mai fossero tutti e tre vestiti in un modo tanto assurdo – erano indubbiamente d’argento, così come il manico a forma di serpente che aveva quel suo bastone. A confronto suo, Potter si sentiva un pezzente con quella vecchia camicia di quasi due taglie più grandi a quadrettoni blu e bianchi, dei vecchi jeans neri consumati sulle ginocchia e delle scarpe nere troppo piccole per lui. Arrossì involontariamente sentendosi a disagio e la cosa non fece che peggiorare quando Malfoy inarcò un sottile sopracciglio, costringendolo a distogliere lo sguardo trovando molto interessanti le sue mani appoggiate sul davanzale.

Il biondo si staccò dal muro e si avvicinò a quel moccioso, sedendosi lentamente sul bordo del letto le cui molle cigolarono sotto il suo peso «Un Auror è un funzionario del Ministero della Magia, si occupa di mantenere l’ordine nel Mondo Magico. E prima che tu possa chiederlo, sì il Mondo Magico esiste ed è separato e nascosto da quello babbano – i Babbani sono le persone senza poteri magici –, con proprie leggi e proprie magistrature.» aggiunse vedendo che Harry stava aprendo la bocca per chiedere qualcosa «Il qui presente Cornelius Caramell è il Ministro della Magia.»

Potter annuì «Anche il Signor Silente copre una carica in questo Ministero? E lei, Signore?»

«Il Professor Silente è il preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, tutti i maghi della Gran Bretagna hanno studiato lì e ci andrai anche tu quando compirai undici anni. Io invece lavoro al Ministero, e posso affermare di essere piuttosto in alto; poi sono anche a capo del Consiglio Studentesco di Hogwarts.»

Il bambino gli sorrise per ringraziarlo e si accorse che gli altri due uomini avevano interrotto la loro conversazione iniziando a guardarli, così decise di porre la domanda che più gli premeva. «Ma… come mai siete qui? E poi, cosa ci sarebbe di così speciale in me da far scomodare il Ministro il Sabato mattina?»

Lucius scambiò una veloce occhiata prima con Caramell poi con Silente e decise di prendere la parola «Harry, siamo venuti qui per portati via dall’orfanotrofio. Ti adotterò io stesso visto che sono una tua specie di… zio alla lontana. Verrai a vivere nella mia casa e io e Narcissa ti tratteremo come se fossi realmente un nostro secondo figlio, così come Draco si rivolgerà a te come se stesse parlando con suo fratello.» prese una piccola pausa per pensare a come andare avanti «Puoi chiamarmi Lucius e darmi dei ‘tu’, credo, se lo desideri.» concluse poi un po’ titubante.

Potter sbatté le palpebre un paio di volte «Lei- Tu, volevo dire, mi adotteresti? Anche se siamo due completi estrani l’uno per l’altro così come io per la tua famiglia e viceversa? E poi, mi sembra d’aver intuito, che questa cosa è nuova anche per te.» balbettò appena, trovandosi a disagio nel dare del ‘tu’ a quell’uomo.

«Sì, ho scoperto di essere tuo parente questa mattina e né Draco né Narcissa ne sono ancora a conoscenza… ma, prima la famiglia.» rispose un po’ titubante.

Harry gli rivolse un piccolo, timido, incerto sorriso che si andò a riempire di calore quado lo vide venir ricambiato allo stesso modo. «E per quanto riguarda la mia seconda domanda? Voglio dire, cosa ci può essere di così tanto speciale o importante in me da far scomodare un Ministro. Io sono Harry, solo Harry

Silente si scambiò un’occhiata con Caramell mentre Lucius continuava a tenere lo sguardo fisso sul bambino. Potter corrugò la fronte percependo quasi subito il cambio d’atmosfera e inizio a passare freneticamente lo sguardo sui tre maghi davanti a lui.

«Harry…» cominciò il Ministro.

«Cornelius, ne avevamo già parlato.»

«Non è più il neonato di un anno che tu hai lasciato sulla porta dei Dursley, Albus! Ha il diritto di sapere cos’è successo e come mai si ritrova quella cicatrice. Sta per entrare nel Mondo Magico ed è meglio che venga a conoscenza immediatamente della verità prima che questa gli venga urlata in faccia da uno stupido maghetto in crisi isterica perché ha appena visto il “Salvatore”.» quasi urlò Caramell.

«Molto bene, ma allora sarò io stesso a farlo.» concluse Silente con sguardo duro. Il vecchio mago si sedette sulla sedia davanti alla scrivania e si voltò per incontrare due occhi di smeraldo che continuava a fissarlo seri.

«Harry, devi sapere che fino a sei anni fa il Mondo Magico britannico era caduto in una guerra cosi devastante da esser definita Prima Guerra Magica. Si fronteggiavano due fazioni: da una parte gli Auror e l’Ordine della Fenice, una società segreta a cui ero a capo, e dall’altra i Mangiamorte guidati da-­»

«Tu-Sai-Chi, non usiamo il suo vero nome.»

«La paura del nome non fa altro che aumentare la paura stesse e io non permetterò a Lord Voldemort di continuare ad affliggere il nostro Mondo, Cornelius.» controbatté Silente mentre Potter era troppo impegnato a elaborare le informazione che mano a mano gli arrivavano per notare l’irrigidirsi della mascella di Lucius e il lieve sussulto che l’aveva colto nel sentire il nome del Signore Oscuro.

«Voldemort era così potente che sembrava impossibile riuscire a sconfiggerlo, ma c’erano persone che non intendevano arrendersi, persone come me e i tuoi genitori.» continuò Albus «Harry, i tuoi genitori non sono morti in un incidente d’auto; la sera del 31 Ottobre del 1981, Voldemort – o il Signore Oscuro – scoprì dove si nascondevano i tuoi genitori e si recò a Godric’s Hollow per ucciderli, Lily e James fecero il possibile per resistere ma senza alcun risultato. Mancavi solo tu, avevi appena un anno e nessun potere magico ancora sviluppato ma quando il Signore Oscuro provò a ucciderti con la più orribile delle magie, l’Anatema che Uccide, la maledizione gli si rivoltò contro e tu non ti feci alcun graffio se non quella cicatrice.» disse indicando il taglio a forma di saetta sulla fronte di Harry «Per questo sei famoso. Sei l’unico nella Storia della magia a esser sopravvissuto all’Anatema che Uccide, sei il Salvatore del Mondo Magico.»

«È morto?»

«Sì.» si affretto a rispondere Caramell.

«No, non credo. Secondo me è troppo stanco, troppo debole al momento per andare avanti ed è costretto a nascondersi. Ma una cosa è assolutamente certa: qualcosa di te l’ha spaventato quella notte.» disse invece il vecchio preside.

Potter abbassò lo sguardo sulle sue mani. ‘Perché io mi sono salvato e loro no? Come mai Voldemort voleva proprio uccidermi, insomma ero un neonato e non gli avrei dato grattacapi per più di dieci anni! Fatto sta che è colpa di quel mostro se i miei genitori sono morti, me li ha portati via quando ero ancora in fasce lasciandomi senza nessun ricordo di loro costringendomi a vivere in questo orfanotrofio.’

Silente infilò una mano nel borsellino che portava attaccato alla cintura e ne estrasse un album rilegato in cuoio rosso con decori dorati «Apparteneva ai tuoi genitori, è un album di fotografie magiche. È una delle poche cose che non è stata distrutta quella notte ed è giusto che l’abbia tu.» disse consegnandolo a Harry.

Il bambino lo aprì e nella prima pagine vide una foto raffigurante un uomo moro con gli occhiali, una donna con gli occhi verdi e i capelli rossi che tenevano in braccio un neonato mentre salutavano. Harry passò il pollice sul volto di quella che capì da subito essere sua madre «Grazie.» sussurrò senza riuscire a togliere lo sguardo dai volti dei suoi genitori.

«Che ne dici di iniziare a preparare le tue cose?» chiese Lucius.

Potter annuì scendendo dal davanzale per prendere lo zaino che teneva sotto al letto per poi aprirlo e appoggiarlo sulla scrivania. Prese i suoi vestiti dall’armadio – che a dirla tutta erano ben pochi e quasi tutti non della sua taglia – e li mise nella cartella subito seguiti dai libri e da alcuni giochi che gli avevano regalato nel corso degli anni per il compleanno. Dopo essersi assicurato dia ver preso tutto chiuse lo zaino con la zip e si voltò verso i tre uomini.

«Harry, che genere di incantesimi sei in grado di fare?» chiese Caramell interrompendo il silenzio.

Il bambino si voltò verso di loro corrugando la fronte «So far levitare gli oggetti e a volte farli scomparire e ricomparire, riesco a respirare sott’acqua e a volte a levitare qualche centimetro da terra.»

Silente puntò i suoi occhi celesti in quelli smeraldini di Potter «Non sai fare nient’altro

Lo sguardo di quest’ultimo s’indurì, diventando anormale per un bambino così piccolo. «No, ma del resto lo sa già, non è vero? Riesco a evocare le fiamme, sono in grado di leggere nel pensiero, di cancellare i ricordi delle persone o di modificarli se mi conviene, posso far fare agli animali ciò che voglio anche farli soffrire

In quel momento la Signore Furtely entrò nella stanza, comunicando che il direttore Timber aveva finito di preparare tutti i documenti necessari all’adozione e che mancava solo la firma del Signor Malfoy. Il Ministro fu il primo a seguire la segretaria uscendo dalla stanza mentre Harry si metteva lo zaino sulle spalle.

«So fare anche un’altra cosa.» disse Potter, catturando l’attenzione di Lucius e di Albus che stavano uscendo dalla stanza «Ve lo dico ora perché il Ministro, non so perché ma non m’ispira fiducia.»

«Che cosa Harry?» incitò il biondo notando che il bambino non si decideva a parlare ‘Be’, almeno ha capito che Caramell è un buono a nulla.’, pensò.

«So parlare con i serpenti. L’anno scorso siamo andati in gita allo zoo e ne ho liberato uno, ovviamente senza farmi scoprire. Posso anche sbagliarmi, ma non credo che sia una cosa buona e normale nel Mondo Magico, dopotutto il Serpente è il simbolo del Male da sempre.» parlò tranquillamente, come se fosse del tutto normale e senza la minima paura di questo suo oscuro potere.

«Hai ragione…» sussurrò Silente in modo appena udibile e nessuno degli altri occupanti di quella stanza poteva immaginare che il preside stesse pensando all’incontro che aveva avuto quasi cinquant’anni prima con un altro giovane mago.

… … … …

Tutte le cose per l’affidamento erano state sistemate ed Harry era diventato a tutti gli effetti il figlio adottivo di Lucius e Narcissa Malfoy e fratellastro di Draco Malfoy. I quattro maghi erano usciti dall’orfanotrofio e ora si trovavano in strada.

«Credo che io e te Lucius ci vedremo Lunedì al Ministero.» disse Caramell mentre estraeva il suo orologio da taschino per controllare l’ora.

«Senz’altro, Cornelius.»

«Spero di rivederti presto Harry, mi farebbe molto piacere!»

«Anche a me Signor Caramell, grazie di tutto!» rispose Potter sorridendo apertamente.

Il Ministro sorrise un’ultima volta prima di Smaterializzarsi girando su se stesso e lasciando che uno sconcertato Harry sbattesse più e più volte le palpebre.

«Bene, Harry, credo che noi ci rivedremo ai tuoi undici anni quando verrai a Hogwarts.» disse Silente e il bambino annuì freneticamente già eccitato all’idea di frequentare una scuola per soli maghi «Lucius.» concluse con un cenno del capo subito ricambiato prima di smaterializzarsi anch’egli.

«Si chiama Smaterializzazione. Permette a un mago di spostarsi in pochi secondi da un posto all’altro anche se lontani. Potrai farlo anche tu quando diventerai maggiorenne al compimento dei diciassette anni.» disse Malfoy intuendo i pensieri di Harry.

I due si misero a camminare allontanandosi dall’edificio fino a svoltare nel vicolo in cui poco più di un’ora fa era arrivato Lucius.

«Harry, come ti ho già detto prima, voglio che tu sappia che verrai trattato sia da me sia da Narcissa come se fossi a tutti gli effetti nostro figlio. Perciò qualsiasi cosa tu voglia hai solo da chiedere, vestiti, soldi, giocattoli, libri e distrazioni di ogni tipo.»

Potter annuì a disagio «La ringr- ti ringrazio molto, ma ecco… non vorrei approfittare di quello che tu e la tua famiglia mi state offrendo in questo momento.»

«Darti tutto ciò che desideri è una mia decisione, perciò non voglio che tu ti senta in imbarazzo per nessun motivo.» concluse Malfoy seriamente e colpendo per terra con il bastone «Dobby!» urlò.

Il bambino sobbalzò quado con un ‘pop’ comparve davanti a loro un esserino piccolo, appena più basso del moro, con due enormi orecchie e uno straccio come vestito.

«Dobby, questo è Harry Potter. D’ora in poi farà parte della nostra famiglia e mi aspetto che tu lo servirai come se fosse un mio secondo figlio.»

L’elfo strabuzzò i suoi grandi occhi e si voltò verso Harry esibendosi in un profondo inchino «Per Dobby è un grandissimo onore conoscerla, padron Potter!» esclamò con voce stridula.

Lucius fece una piccola smorfia e alzò leggermente gli occhi la cielo «Va’ al Manor e avvisa pressappoco la padrona degli avvenimenti dell’ultima ora. Dille che le spiegherò poi io tutto nel dettaglio.» ordinò con voce dura.

Dobby s’inchino ancora una volta e fece per andarsene, quando la voce di Potter lo fermò «Aspetta! Che cosa sei?»

«Dobby è un elfo domestico, l’elfo personale di padrone Malfoy, Signorino, Dobby vive per servire la famiglia Malfoy e farà tutto ciò che gli verrà ordinato di fare!»

Harry corrugò per un secondo la fronte prima di voltarsi verso Lucius «Hai detto che mi darai tutto ciò che voglio, giusto?»

«Esatto.» confermò l’uomo con un piccolo cenno del capo.

«Bene. Voglio lui.» disse fermamente Potter indicando Dobby, il quale fece scattare velocemente lo sguardo da un mago all’altro per captare anche la più piccola reazione.

«Certo, quando saremo a casa potrai sceglier-­» iniziò il biondo.

«No. Non hai capito, io voglio lui.» disse duramente il bambino, gli occhi smeraldini fissi in quelli argentei di Lucius. Voleva a tutti i costi quell’elfo, non ne sapeva nemmeno lui il motivo ma gli piaceva e poi voleva anche testare quanto quell’uomo fosse disposto ad assecondare le sue richieste.

Dal canto suo, Malfoy era affascinato e al tempo stesso intimorito da quel lato segreto di quel moccioso e sentiva che quegli occhi verdi lo stavano trascinando in un circolo vizioso che alla fine lo avrebbe portato ad accettare il volere di Potter, ma non riusciva ad uscirne anche volendo.

«Va bene.» disse a un certo punto, suscitando nell’elfo un susseguirsi d’innumerevoli inchini e un ghigno di vittoria sulle labbra di Harry che fecero dilatare quasi impercettibilmente gli occhi di Lucius.

Quando Dobby si smaterializzò diretto al Malfoy Manor insieme allo zaino del suo nuovo padroncino, il biondo allungò il braccio verso Potter «Ora ci smaterializzeremo. Afferrami il braccio e non lasciarlo per nessun motivo, probabilmente quando arriveremo avrai la nausea, succede quando lo si fa per la prima volta.»

Potter annuì e prese fermamente il braccio di Lucius. Il biondo mentre girava su se stesso con il bambino, non poté far a meno di pensare che in quegli anni si sarebbe davvero divertito un sacco scoprendo passo dopo passo il demone che si nascondeva dietro la patina dorata che il Mondo Magico aveva costruito sul suo Salvatore senza sapere niente di lui.





***ANGOLO DI SARATRIX***

Eh già già alla fine il nostro Lucius ha accettato di adottare Harry anche se Silente non era proprio d'accordo con la scelta di Caramell, dopotutto non sia mai che a un cattivone Mangiamorte come Malfoy venga affidato il suo caro Golden Boy! ;-)

Come avete notato questo capitolo è di gran lunga più lungo del prologo. Iniziamente avevo deciso di staccare la parte del flashback dal resto, magari inserendola direttamente nel prologo, ma poi ho pensato che per l'inizio della storia volevo più stare sul misterioso che sarà uno dei temi principali della ficcy che spero di riuscire a mantenere sempre senza sfociare nel noioso o nell'incoprensibile! Per quanto riguarda invece il titolo del capitolo "Remind" si riferisce al fatto che da quando Caramell chiede a Harry che genere di incantesimi è in grado di fare fino a quando escono dall'orfanotrofio, è più o meno una replica dell'incontro tra Silente e Tom Riddle avvenuto anni prima e appunto al primo di questi due sembra di riviverlo.

In ogni caso avrete benissimo notato che il nosto Prescelto non è esattamente come è stato descritto dalla nostra cara Zia Jo ma diciamo che gli ho voluto dare quella vena d'astuzia, mistero e Dark in generale che molto spesso gli do. Poi secondo me Harry, essendo il protagonista, deve essere bello figo e fotomodello, ma soprattutto altamente potente e con il fascino del cattivo angelo misterioso. e.e

Parlando della mia scelta di far che Lucius accetti di dare a Harry Dobby, non vi so dare molte spiegazioni: secondo me Dobby è di Harry. Stop. E poi il nostro piccolo amato elfo sarà molto utile andando più avanti.

Per questo capitolo è tutto e riordo a tutti che gli aggiornamenti saranno ogni tre giorni, quindi il prossimo sarà Lunedì! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che decidiate di lasciarmi una piccola recensione per farmi sapere che ne pensate. Ringrazio Yukikura che ha speso del suotempo per recensire lo scorso capitolo e spero che tu decida di lasciarmi un commento anche in questo per farmi sapere che ne pensi! :-D

Un bacio e a presto



SARATRIX

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Capitolo 3
*** ~ Capitolo 2 ~ NEW LIFE ***


~Capitolo 2~        

NEW LIFE


Harry non poté fare a meno di sgranare gli occhi. La nausea post-smaterializzazione svanì subito quando alzando lo sguardo notò l’immensa proprietà dei Malfoy, da fuori gli enormi cancelli in ferro battuto riusciva solo a notare un lunghissimo sentiero costeggiato da una fitta coltre di alberi e solo molto più in fondo riusciva a individuare le punte delle guglie e delle torri della dimora. Seguì Lucius e insieme oltrepassarono i battenti e iniziarono a percorrere il viale che conduceva al Malfoy Manor. Tra le foglie intravvedeva parchi immensi, aiuole fiorite, roseti e stagni.

Quando arrivarono alla fine del sentiero, quello che Potter si trovò davanti non una casa ma un castello vero e proprio! Sgranò gli occhi e la sua bocca prese la forma di una ‘O’ senza che lui nemmeno se ne accorgesse.

«Sì, fa sempre un certo effetto quando la si vede per la prima volta.» ghignò Lucius notando lo sguardo del bambino «Se hai paura di perderti possiamo sempre provvedere a procurarti una mappa.»

Harry si riscosse e fece una piccola smorfia «Senza esser modesto, posso tranquillamente affermare di avere un buonissimo senso dell’orientamento.» rispose stizzito ottenendo il sole effetto di veder intensificarsi il ghigno sulle labbra dell’uomo.

Malfoy fece un passo avanti e il portone d’ingresso si aprì lasciando che lui e il bambino potessero entrare. Se il moro era rimasto impressionato nel vedere il Malfoy Manor, allora nello scoprire com’era all’interno rimase per forza stupefatto anche se quello che vedeva era solo – si fa per dire viste le dimensioni – l’ingesso; il pavimento era in marmo scuro che faceva uno stupendo contrasto con le pareti bianche e luminose, il mobilio in avorio a ridosso delle pareti aveva attaccato al muro soprastante dei quadri – paesaggi ritratti di quelli che Harry pensava fossero antenati – e infondo al corridoio c’era un’enorme doppia scalinata con il corrimano in oro che si andava a unire in un unico ballatoio che conduceva al piano superiore.

In cima alla scalinata di destra che stava lentamente scendendo c’era una donna bionda con i capelli acconciati in un morbido chignon dietro la testa, aveva un paio di stupendi occhi azzurri e un lungo abito verde smeraldo. Trasudava eleganza da tutti i pori ogni volta che scendeva uno scalino e aveva un dolce e disarmante sorriso. ‘Quella deve essere la moglie di Lucius, Narcissa. Cavoli è bellissima…’, pensò Harry senza rendersene conto e arrossendo lievemente subito dopo.

Malfoy si tolse il mantello appoggiandolo su un comò lì vicino e dirigendosi ad ampie e controllate falcate verso la moglie, subito seguito dal bambino. Quando arrivarono in prossimità della scalinata, Narcissa era già scesa e dopo essersi scambiata una veloce occhiata con il marito sorrise dolcemente al moretto.

«Ciao Harry, io sono Narcissa.» disse dolcemente la donna.

«Buongiorno… In normali circostanze mi presenterei anch’io, ma dato che lei sa già chi sono…» balbettò.

«Dammi del ‘tu’ e chiamami Narcissa, capito ragazzino?» sibilò la donna assottigliando lo sguardo con il risultato di far annuire freneticamente «Il pranzo è pronto, venite?» concluse girandosi e avviandosi verso il corridoio a destra della scalinata.

Guidato dalla mano di Lucius sulla sua schiene che leggermente lo spingeva in avanti, Harry seguì la bionda e tutti e tre percorsero un lungo l’andito, molto simile all’ingresso, fino a entrare in una grande porta in legno d’ebano sulla sinistra. Quando entrò il bambino si ritrovò in una stanza ampia e luminosa grazie alle enormi vetrate che facevano passare la luce del Sole invernale, dalla parte opposta c’era un grande camino in roccia chiara e al centro c’era un lunghissimo tavolo in legno scuro con annesse le coordinate sedie – che per inciso superavano di gran lunga una centinaia e il moro non poté fare a meno di chiedersi quanta gente invitassero a pranzo; erano apparecchiati solo tre posti: una a capotavola e gli altri due a destra e a sinistra del primo.

Potter aspettò di vedere dove si sedessero Lucius e Narcissa, che si misero rispettivamente a capotavola e a destra, prima di sistemarsi anche lui. La prima cosa che notò fu il modo in cui era apparecchiato: troppe forchette, troppi coltelli e troppi piatti. Essendo abituato ai coperti dell’orfanotrofio che consistevano in due piatti massimo, un coltello, una forchetta, un bicchiere e un cucchiaio se c’era la zuppa o la minestra, Potter non poté far a meno di sentirsi un attimo disorientato da tutto questo galateo visto che sapeva solo che non si doveva mangiare con la bocca aperta, tenere i gomiti sopra al tavolo e pulirsi sempre la bocca prima e dopo aver bevuto.

L’uomo batté due volte il bastone a terra e dalla porta entrarono sei elfi – tra i quali il moretto notò con sollievo esserci anche Dobby – tre dei quali sorreggevano un vassoio d’argento mentre gli altri tre avevano in mano uno una bottiglia di vino rosso, l’altro una caraffa d’acqua e il rimanente una brocca d’argento. Quando il portavivande venne messo in tavola il bambino vide che conteneva un letto d’insalata con sopra un arrosto fumante dal profumo delizioso e delle patate al forno. Mentre gli altri elfi servivano i coniugi Malfoy, Dobby si occupò del suo nuovo padroncino mettendogli nel piatto principale tre fette d’arrosto con delle patate e in uno più piccolo dell’insalata e, notando le incertezze del moretto, gli indicò con la testa il primo a sinistra e la prima forchetta a destra mentre gli versava l’acqua ricevendo in cambio un sorriso grato.

«Dobby, versa a Harry anche del Succo di Zucca.» disse Lucius mentre si portava alla bocca il calice.

«Certamente, padron Lucius, Dobby fa subito come ordinato.» gracchiò la creaturina prendendo la brocca d’argento e versandone il contenuto nel secondo bicchiere del bambino.

Gli elfi s’inchinarono prima di smaterializzarsi lasciando i tre soli. Potter corrugò la fronte guardando lo strano contenuto arancione del bicchiere. ‘Succo di Zucca? Da quando in qua la zucca fa il succo?’, si chiese mentre afferrava il calice e lo portava alle labbra. Il liquido gli accarezzò la lingua andando subito dopo a scendere lungo la gola, era dolce, sapeva proprio di zucca e alla fine non era neanche poi così tanto male per essere una cosa talmente strana, ma era sempre meglio l’acqua. Posò il bicchiere al suo posto e si ripulì la bocca con il fazzoletto.

«Ti piace?» chiese Narcissa prima di mangiare un pezzo d’arrosto.

«È buono, ma non è un sapore a cui sono abituato per una bevanda; credo di preferire l’acqua.» rispose semplicemente Harry mentre iniziava a tagliarsi una fetta d’arrosto ripetendosi mentalmente per l’ennesima volta che il coltello va davanti alla forchetta.

La carne era morbida, succosa: semplicemente squisita! Nonostante adorasse la cucina della Signora Foschi – la cuoca dell’orfanotrofio – dovette ammettere a se stesso che probabilmente era una delle cose più buone che avesse mai mangiato e che superava di gran lunga le deliziose lasagne del Lunedì sera.

«Nostro figlio Draco ha la tua stessa età.» disse Lucius mentre inforcava una patata «Al momento purtroppo è a casa di un suo amico e non tornerà prima di sera.»

Potter annuì «Mi farebbe piacere conoscerlo.» disse sorridendo.

Il pranzo passò tranquillo, Lucius e Narcissa avevano chiesto al moro molte cose per capire cosa gli piacesse fare nel tempo libero, a che punto fosse la sua istruzione, i suoi cibi preferiti e quali luoghi avesse visitato e scoprirono con lieve sorpresa che il suo passatempo preferito era leggere – qualsiasi genere di libro andava bene, anche se aveva un amore particolare per l’avventura –, sapeva già scrivere, conosceva bene la Geografia, la Matematica e più che discretamente la Storia – quella babbana, ovviamente – e che non era mai uscito dall’orfanotrofio se non per l’annuale visita allo zoo di Londra – e Lucius colse l’occasione per informare Narcissa che il loro figlio adottivo era Rettilofono e la donna dovette far ricorso a tutto il suo controllo per non soffocarsi con l’insalata soprattutto quando Harry aggiunse che una volta aveva per sbaglio aizzato un pitone di dieci metri contro un suo compagno.

La parte più divertente però fu quando l’uomo chiese al bambino quale fosse il suo cibo preferito ricevendo una risposta immediata: la pizza. I coniugi Malfoy si scambiarono un’occhiata interrogativa non capendo proprio che cosa diamine fosse questa “pizza”, convincendosi alla fine che fosse solamente una diabolica cibaria babbana da assuefazione grazie al modo in cui Potter cercava di spiegare loro febbrilmente in che cosa consistesse.

Nonostante ciò, il moro scoprì l’esistenza al mondo di un altro cibo in grado di eguagliare la sua tanto amata pizza e non era altro che la torta di melassa, un dolce magico che gli piacque fin dal primo morso e, solo per imbarazzo, non ne chiese un’altra, grossa fetta.

Finito il pranzo, Lucius propose di far fare un giro a Harry del Maniero, almeno da mostrargli le stanze principali visto che per poterlo vedere tutto sarebbe servita un’abbondante giornata intera. Visitarono il salotto principale, lo studio di Lucius dal quale il padrone di casa fece notare in lontananza il campo da Quiddicth privato – che a quanto sembrava era uno strano sport a cavallo delle scope – e la biblioteca, senza dubbio la stanza preferita dal bambino: era enorme, con scaffali altissimi pieni zeppi di libri di ogni colore e dimensione illuminata da lampadari di cristallo e al centro c’erano tavoli in legno con comode poltrone dove rilassarsi a leggere.

«È incantata. La superficie si estende mano a mano che si aggiungono libri in modo da poter contenere infiniti volumi. Inoltre, ti basterà pronunciare il titolo di ciò che desideri e questo leviterà fino ad arrivare tra le tue mani.»

Ma Potter non lo stava ascoltando, troppo preso dalla contemplazione di tutti quei volumi che non vedeva l’ora di poter leggere «Devono essere milioni…» sussurrò in modo appena percettibile.

Lucius dietro di lui alzò le spalle «Non li ho mai contati a dire il vero, ma credo di sì.» rispose noncurante.

L’ultima stanza che rimaneva da visitare era la nuova camera di Harry. Salirono al secondo piano e percorsero un lungo corridoio illuminato da numerose finestre finché non si fermarono davanti a una grande porta in legno massiccio.

«Questa sarà la tua camera d’ora in poi.» disse Narcissa mentre apriva la porta.

Quando entrò Harry pensava fosse uno scherzo, ‘Questa sarebbe la mia camera? Ma è enorme!’, pensò. Il pavimento era in legno scuro, in netto contrasto con il bianco delle pareti, la maggior parte della parete opposta alla porta era occupata da un’enorme portafinestra che dava su un balcone e contribuiva a rendere luminosa la camera. La parte destra invece era un’enorme libreria con uno spazio al centro dedicato alla scrivania mentre a sinistra c’era un enorme armadio e una porta in legno bianco che probabilmente conduceva al bagno personale. Al centro della stanza era situato un grande letto a baldacchino con le coperte in seta verde scuro.

«Se non ti piace qualcosa hai solo da dirlo e provvederemo a cambiarlo immediatamente.» disse Lucius facendo vagare lo sguardo sulla stanza.

Ma al bambino piaceva così com’era, no avrebbe cambiato il minimo dettaglio: era perfetta per lui. «No, è stupenda…» disse appena per poi girarsi verso gli altri due «Grazie mille!» concluse sorridendo.

Narcissa ricambiò il sorriso «Adesso noi andiamo. Tu rilassati e fatti un bagno se vuoi, poi tra più o meno un’ora possiamo andare a Diagon Alley per prenderti qualche vestito.»

Harry annuì mentre il mago e la strega si apprestavano a uscire e quando la porta si fu chiusa, si buttò sul letto non potendo fare a meno di notare quanto fosse comodo. Incrociò le braccia dietro la testa e chiuse gli occhi sorridendo. Per una volta gli stava succedendo qualcosa di buono, la sua vita stava cambiando.

… … … …                                                                          

I tentativi di Lucius di scappare dalla moglie vennero stroncati sul nascere dalla presa ferrea di lei sul braccio appena l’uomo chiuse la porta della camera. Narcissa trascinò il marito fino allo studio di lui e chiuse la porta con la magia in modo che non potesse scappare. Era pur sempre una Black, in Malfoy o meno, e per Merlino se Lucius l’avrebbe capito questa volta!

«Narcissa, posso spiegare!» disse il mago sulla difensiva portando le mani in avanti per proteggersi dall’uragano che sarebbe arrivato da lì a poco.

«Sarà meglio per te.» sibilò lei mettendo le mani sui fianchi.

«Ti ricordi la lettere di questa mattina, no? Be’ era di Caramell e mi diceva che doveva parlarmi subito, ma non diceva altro, quindi non potevo dirtelo!» borbottò mentre indietreggiava.

«Mi avresti potuta portare con te.»

«Sì, ma non sapevo se tipo era una trappola, magari aveva capito che non ero esattamente sotto Imperius e c’erano gli Auror!» provò a dire incerto.

Narcissa sbuffò e incrociò le braccia al petto «Sappiamo benissimo entrambi che se ti avesse voluto sbattere ad Azkaban avrebbe sfondato il portone con gli Auror.» disse perdendo per un attimo lo spirito battagliero di poco prima. Faticava ancora a credere che Lucius non l’avesse abbandonata per sempre dopo la caduta dell’Oscuro come invece aveva fatto sua sorella, incarcerata a vita ad Azkaban insieme al marito, e non avrebbe mai smesso di ringraziare Merlino, Salazar o chicchessia per aver fatto in modo che restasse con lei e Draco.

«Comunque avresti potuto chiamarmi dopo aver scoperto cosa voleva veramente Caramell per decidere insieme, come normalmente fa una coppia!» esclamò dopo essersi ripresa dai suoi pensieri.

«Non ci ho pensato...» borbotto appena, preparandosi già mentalmente all’esplosione che sarebbe arrivata.

«Non ci avevi pensato?! Ma ovvio che non ci avevi pensato, stupido egocentrico che non sei altro!» urlò la donna dopo aver mandato al diavolo tutto il suo contegno. «Oltretutto gli hai anche regalato il tuo elfo domestico personale, perché giustamente il grande Lucius Malfoy fa quello che gli dice un marmocchio!»

Lucius era ben consapevole di questo lato nascosto della moglie, ma la cosa che non capiva era come avesse fatto a tenerglielo nascosto durante gli anni a Hogwarts e durante il fidanzamento, sì forse si sarebbe dovuto fare delle domande dalla reazione della compagna – un calcio proprio – quando al sesto anno le aveva rubato il reggiseno, oppure quando le aveva proposto di chiamare il bambino he aspettavano Zacarias e non Draco e quella volta aveva quasi rischiato di prendersi un vaso in testa.

Malfoy sapeva che doveva fare qualcosa prima che la situazione degenerasse ancora di più, così posò il suo bastone sulla scrivania e si avvicinò lentamente alla moglie mentre quella continuava a inveirgli contro urlandogli quanto fosse stupido, egoista, maschilista e bla bla bla.

La prese per la vita tirandosela addosso e fermando le sue parole con un bacio, e Narcissa non poté far a meno di posare la piccole mani sulle spalle possenti del marito mentre ricambiava.

«Sai, tesoro, non che mi lamenti, ma se a letto dimostrassi anche solo la metà del fuoco che hai quando mi urli contro di assicuro che non usciremmo più da quella stanza.» le disse ghignando.

La donna diventò rossa e questa volta non dalla rabbia, almeno non del tutto, ed esclamò mentre cercava di liberarsi dalla sua presa: «Sei un maiale, Malfoy!»

L’uomo ghignò «Non è forse une dei tanti motivi per cui mi ami, tesoro?» le rispose baciandola ancora una volta per mettere a tacere definitivamente tutte le sue proteste.

Perché alla fine aveva ragione, la strega aveva imparato ad amare con il tempo tutte le sfumature del carattere senza più poterne fare a meno. E così si ritrovò a ricambiare quel bacio e tutti gli altri che ne seguirono, beandosi del calore della sua stretta.

«Sai, stavo pensando a una cosa…» disse Lucius quando si furono staccati.

«Che cosa?» sospirò la donna con la testa appoggiata alla sua spalla.

«Pensavo di prendere dei pavoni.» continuò pensieroso.

«Dei… pavoni?» ripeté lei calcando bene l’ultima parola mentre alzava un sottile sopracciglio verso l’alto.

«Sì, dei pavoni da tenere in giardino. Mi piacciono molto, sono così eleganti e belli. Che ne pensi?» chiese ma in risposta non ricevette altro che un sonoro pugno sul petto.







***ANGOLO DI SARATRIX***

Buonsalve mie carissimi lettori di EFP!

Anche oggi sono riuscita ad aggiornare in tempo nonostante tutti gli imprevisti che mi sono successi in questi due giorni, quindi posso dire che per una volta la fortuna è dalla mia parte!

Pasando al capitolo, il titolo si riferisce all'enorme cambiamento che ha subito la vita del nosro Harry, in meglio o in peggio per il momento non si sa e non ve lo dico per farvi fangirlare e immaginare cosa succederà poi. u.u

Parlando della pizza, la pizza è la pizza quindi giustamente il mio Prescelto non poteva che esserne innamorato come la sottoscritta e poi andiamo, a chi non piace la pizza a questo mondo?

La parte più divertente del capitolo è sicuramente la piccola discussione tra Lucius e Narcissa e mi sono sbellicata dalle risate nello scriverla. Ho letto molte ficcy in cui la nostra Cissy è descritta come una donna molle che fa tutto come ordinato da Lucius e non si accorge che il marito la tradisce con chiunque - Zio Voldy, Zia Bella, Severus, Arthur, Hermione o chicchessia - ma, scuatemi, lei è pur sempre una Black e da mondo e mondo i componenti di quella famiglia sono dei veri combattenti. In sostanza la mia Narcissa è forte e in grado di tenere testa a Lucius in qualsiasi situazione.

Poi per quanto riguarda i pavoni ci stanno, bordello. xD

Ringazio Yukikura e LadyVaderFrancy che hanno sprecato un po' del loro tempo per recensire il capitolo precedente e spero che farete lo stesso anche con questo per farmi sapere che ne pensate! :-)

Mi auguro che questo capitolo vi piaccia e vi ricordo che tutte le recensioni mi fanno sempre molto piacere, quindi vi invito a lasciarmene!

Un bacio e a Giovedì con il prossimo aggiornamento



SARATRIX

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Capitolo 4
*** ~Capitolo 3~ I’M DRACO MALFOY ***


~Capitolo 3~        

I’M DRACO MALFOY




Harry rimirò la sua immagine nell’enorme specchio ancora una volta. Quando i Signori Malfoy se ne erano andati era rimasto qualche minuto sul letto a rilassarsi prima di decidere di seguire il consiglio di Narcissa e andare a rilassarsi nella vasca. Il bagno era sulle tonalità del verde, le piastrelle del pavimento smeraldine erano in netto contrasto con quelle bianche dei muri; la vasca incastonata a terra riprendeva il colore delle pareti e del lavabo doppio. Aveva trascorso più di un’ora a mollo, talmente tanto era rilassante l’aromi di miele del bagnoschiuma mischiato a quello di cannella dello shampoo che aveva usato, che si accorse del tempo passato solo quando una serie di brividi causati dal raffreddamento dell’acqua gli percorsero la spina dorsale.

Quando fu tornato in camera con l’intenzione di prendersi dallo zaino qualcosa di pulito da indossare, trovò Dobby che stava appoggiando dei vestiti – indubbiamente non di proprietà del moro – sul letto. «La Signora Malfoy avere chiesto a Dobby di portare al padroncino dei vestiti puliti.», squittì l’elfo in risposta alla sua muta domanda prima di inchinarsi e scomparire con un sonoro ‘pop’.

Potter guardò un’ultima volta la sua immagine riflessa nello specchio. La camicia verde smeraldo stava benissimo con i suoi occhi, così come i calzoni neri gli fasciavano incredibilmente bene facendo un netto contrasto con la sua pelle di perla. Prese il mantello che aveva appoggiato sulla sedia della scrivania e lo indossò allacciando con un lieve ‘click’ i due alamari d’argento appena sotto la spalla sinistra.

Si pettinò i capelli portando le ciocche corvine all’indietro, mentre una particolarmente dispettosa decise di ricadergli sulla fronte. Era felice di poter finalmente darsi una sistemata alla testa sempre in disordine fino a qualche ora fa. Quando era all’orfanotrofio tutti i bambini lo prendevano sempre in giro – oltre per il fatto di starsene sempre per conto suo, leggere ed essere il primo della classe – a causa della strana forma della sua cicatrice, non che facesse molto caso a quello che dicevano, ma con il tempo diventavano sempre più noiosi e allora si spettinava la chioma nera per coprire il più possibile lo sfregio. Non che questo avesse fatto smettere di colo tutte quelle stupide battutine, ma lievemente iniziarono a diminuire, come se gli altri bambini si dimenticassero della sua cicatrice se non la vedevano.

Si destò dai suoi pensieri solo quando sentì bussare alla porta «Avanti!» disse sorridente.

Narcissa fece capolino nella stanza e ricambiò il sorriso del bambino «Sei già pronto, bene. Vogliamo andare?»

Harry annuì e, insieme alla donna, uscì dalla stanza. Mentre camminavano per i corridoi l’uno di fianco all’altra, Lady Malfoy non poté far a meno di notare quanto il moro fosse cambiato in meno di un’ora. Senza quei vecchi vestiti di taglie completamente sbagliate e i capelli in ordine sembrava un forte, piccolo Angelo caduto dal cielo chissà per quale misterioso motivo. ‘Un Angelo Nero’, pensò lei ricordandosi le parole del marito mentre lanciava un rapido sguardo a quelle due iridi smeraldine.

Scesero nell’ingresso e un elfo domestico comparì porgendo un mantello alla sua padrona prima di scomparire con un inchino. Stavano per uscire dall’enorme portone d’ingresso quando un rumore di passi alle loro spalle li fece fermare e voltare. Si ritrovarono davanti Lucius, vestito di tutto punto con il mantello sulle spalle.

«Ho una commissione da fare, se non vi dispiace vi accompagno fino ai cancelli.» disse mentre affiancava i due. Uscirono insieme dal Maniero e iniziarono a percorrere il viale che conduceva verso il confine della proprietà.

«Ti trovi bene nella tua nuova stanza, Harry?» domandò Narcissa sorridendo al bambino.

«Sì, è stupenda! E grazie anche per i vestiti.» rispose ricambiando il sorriso.

«Non devi ringraziarci. Ti ho già spiegato che ci fa piacere farlo, fai parte della famiglia dopotutto.» disse l’uomo facendo vagare lo sguardo tra i rami degli alberi.

Quando superarono i cancelli del Manor, Lucius salutò la moglie e il figlio adottivo guardandoli smaterializzarsi a Diagon Alley. Sospirò e lo fece anch’egli, sarebbe stata dura adesso.

… … … …

Narcissa ed Harry comparirono pochi secondi dopo in un piccolo vicolo dai colori sgargianti che dava su una via, anch’essa molto colorata, piena di gente che parlava creando un gran casino.

«Adesso ascoltami bene, coma avrai capito tutti nel Mondo Magico sanno chi sei e quella cicatrice aiuta notevolmente a riconoscerti. Quindi se non vogliamo trovarci addosso mezza Diagon Alley, cerca di tenere lo sguardo basso e copriamola come meglio possiamo.» disse Lady Malfoy mentre spostava alcune ciocche corvine del bambino sulla fronte in modo che nascondessero la saetta alla bell’e meglio «Stammi vicino.»

Potter annuì ‘e io che fino a qualche minuto fa ero felice di non dovermi più coprire la cicatrice… Sta diventando la mia condanna.’, pensò amareggiato mentre si apprestava a seguire la donna verso la via principale. Le prime cose che notò furono la moltitudine di colori, alcuni abbinati anche in maniera davvero stramba, ma soprattutto gli oggetti esposti in ogni vetrina: alcuni negozi mostravano scope, strane palle, calderoni, telescopi ed erbe strane!

Narcissa condusse il moretto in un negozio ‘Madame McClane’ recitava il cartello affisso sulla porta, era indubbiamente una sartoria vista la moltitudine di stoffe, bottoni, metri, manichini e vestiti sparsi ovunque. Da una porta dietro al bancone uscì una signora anziana con un metro intorno al collo, delle forbici in una tasca e degli spilli appuntati sul bavero della camicia.

«Oh, buon pomeriggio Signora Malfoy!» trillò quella avvicinandosi a loro «Cosa posso fare quest’oggi per lei?» aggiunse lanciando un’occhiata curiosa al bambino.

«Harry è appena arrivato e ha bisogno di dei vestiti. Creo che per il momento un guardaroba completo per tutte le stagioni possa bastare.» rispose la donna, facendo sgranare gli occhi dalla sorpresa agli altri due. Il Prescelto aveva capito che andavano a comprargli degli indumenti ma non credeva davvero così tanti! ‘Ma quanti diamine di soldi hanno questi qua?’, si chiese sempre più scioccato per alcuni versi e meno per altri.

«Molto bene…» disse a un certo punto la sarta «Seguitemi, prego.» e li condusse oltre la porticina da cui era arrivata, in una piccola stanza piena con un grande banco da lavoro addossato a una parete sommerso di rotoli di stoffa, manichini – alcuni vuoti e altri no – sparsi per la stanza e un piccolo sgabello più o meno al centro sotto un lampadario.

«Mettiti pure lì sopra, piccolo.» comandò Madame McClane mentre si sfilava il metro da intorno al collo. Potter fece come gli era stato detto e si mise in piedi sul rialzo un po’ a disagio; gli unici vestiti che aveva mai posseduto non gli aveva mai scelti, all’orfanotrofio queste cose funzionavano in un modo molto semplice: quando un bambino cresceva e gli indumenti che aveva non gli entravano più prendeva quelli di uno più grande di lui a sua volta cresciuto e i suoi andavano a finire a uno più piccolo, poi se si strappavano qua e là la Signora Furtely diventava occasionalmente una sarta e metteva una toppa o riattaccava un bottone saltato. Poi per lui era sempre stato un problema trovare una taglia giusta: essendo alto per la sua età aveva sempre le caviglie e i polsi scoperti ma allo stesso tempo a causa della sua corporatura esile si ritrovava maglie larghissime e calzoni che scendevano immediatamente a terra se non si metteva la cintura.

Il metro prese magicamente vita e iniziò a misurare la vita, il tronco, le spalle, le braccia del moretto mentre la sarta si annotava di volta in volta le misure. Harry passò quasi un’ora e mezza a provare camicie, calzoni, giacche, maglie, cravatte sempre di colori e tessuti diversi; gli sfilavano un indumento e subito gli mettevano addosso qualcos’altro e oramai aveva perso il conto di quante cose aveva indossato e tolto dopo pochi secondi.

Poi accadde tutto in pochissimo tempo, lo stesso che una goccia d’acqua impiega a cadere da una foglia sull’erba. Mentre si toglieva l’ennesimo maglione, la chioma corvina di Harry venne tirata all’indietro esponendo alla luce della stanza la cicatrice che aveva sulla fronte e a quel punto fu impossibile per Madama McClane non notarla. Aprì e richiuse la bocca un paio di volte non credendo ai suoi occhi, perché non poteva crederci, insomma Harry Potter con Narcissa Malfoy a fare compere su compere? Quello doveva essere uno scherzo.

«Sicuramente la Gazzetta non perderà tempo e domani avrà l’articolo in prima pagina, Madama. Si potrà documentare allora se lo ritiene opportuno.» disse duramente la voce di Narcissa in piedi davanti a Harry mentre questo si risistemava i capelli sulla cicatrice.

«Certamente, Lady Malfoy…» sussurrò la sarta riprendendo a fare il suo lavoro.

Dopo un’altra abbondante mezz’ora Narcissa ed Harry uscirono dalla sartoria rimmergendosi nell’affollata via principale di Diagon Alley. Si erano accordati affinché venisse preparato tutto nel minor tempo possibile e mandato tutto direttamente al Manor via gufo, poi per il conto sarebbe passato a saldare il tutto come sempre Lucius a fine mese. Il bambino stentava ancora a credere che si potessero avere così tanti vestiti, figurarsi comprarli tutti in una sola volta!

Mentre si stavano avviando verso il vicolo in cui si erano materializzato al loro arrivo, Potter notò una libreria – ‘Il Ghirigoro’ diceva l’insegna – e si arrestò di colpo, costringendo la donna a fare lo stesso.

«Che succede?» chiese quella.

«Possiamo andarci?» domandò in risposta il moro indicando il negozio con un cenno del capo.

Quando la strega capì cosa intendesse un piccolo sorriso le increspò le labbra facendola annuire senza che se ne rendesse conto «Certo…»

I due entrarono nella libreria e subito un forte odore di carta – vecchia mista nuova – solleticò le narici del bambino facendolo fremere. Lì dentro c’erano davvero tantissimi libri, tantissimi su argomenti a lui pressoché sconosciuti, tantissimi che non aveva mai letto e quei pensieri bastarono a farlo scattare in mezzo agli scaffali dimenticandosi completamente della donna al suo fianco.

Lady Malfoy impiegò qualche secondo a rendersi conto che Harry si era volatilizzato in mezzo alle libreria alla ricerca di chissà quali volumi e così decise di cercarlo. Lo trovò appoggiato a un ripiano con cinque libri in braccio, finiva di leggere la trama di uno e iniziava con quella del successivo, magari alzando gli occhi scorgeva un titolo che gli interessava così si allungava per prendere anche quello e lo sfogliava. Guardandolo in quel momento, constatò che, seppur lo conosceva da poco, le differenze con Draco erano davvero molto evidenti. Al contrario di suo figlio, Potter non sembrava cercare di mettersi in mostra in ogni situazione essendo pienamente consapevole che ci riuscirebbe in ogni caso senza il minimo sforzo, forse a causa del suo passato ringraziava sempre per quello che otteneva ogni giorno, preferiva allenare la mente al contrario di Draco che sceglieva invece il Quiddicth nonostante trovasse anch’egli la lettura stimolante; non era vanitoso ma modesto nella sua fama, non aveva bisogno di fare il possibile per esser considerato e cercato da tutti in quanto era consapevole che l’intero Mondo Magico si sarebbe potuto inchinare ai suoi piedi se solo l’avesse chiesto.

«C’è qualcosa che ti piace?» chiese la donna avvicinandosi.

Potter era talmente preso da quei libri che sobbalzò non essendosi accorto della presenza di Narcissa. Appoggiò alcuni libri – ne tenne in mano solo tre – su un ripiano lì vicino e rispose: «Solo questi tre, ma sicuramente ci saranno già nella biblioteca.»

La strega guardò i titoli dei volumi che aveva tra le braccia ‘Le fiabe di Beda il Bardo’, ‘I maghi e le streghe più nominati degli ultimi due secoli’ e ‘De Potentissimis Potionibus’ a parte la prima le altre due erano letture strane per un bambino di appena sette anni, ma aveva capito da subito che non c’era niente di normale in Harry. «Questo l’abbiamo sicuramente,» disse indicando il primo «per gli altri due non so dirti non mi sembra di averli mai visti. Se vuoi comunque possiamo prenderli tutti e tre e puoi tenerli in camera tua.»

Il moro guardò la donna sorridendo a trentadue denti «Grazie mille!»

… … … …

Più che una commissione quello che Lucius stava andando a fare era un vero e proprio suicidio. Si smaterializzò davanti al Nott Manor, dove suo figlio Draco si trovava a giocare con il piccolo rampollo di casa Theodore. Lui e sua moglie – in realtà solamente Narcissa – avevano deciso che mentre lei sarebbe andata con Harry a Diagon Alley lui sarebbe andato da Draco per spiegarli cos’era successo. ‘Come so fosse colpa mia alla fine, tanto quello che si ritrova a dover dire al figlio viziato e scalmanato che avrà un fratellastro sono io!’, pensò mentre si avviava verso lo studio di Nocturnus. Entrò e salutò il padrone di casa.

«Lucius, a cosa devo questa tua visita anticipata?» chiese mentre si alzava dalla sedia e raggiungeva il mago biondo.

«Non posso dirti molto al momento, ma devo parlare immediatamente con Draco e portarlo a casa.» disse schietto.

L’altro mago decise di non fare domande e guidò l’amico su per le scale diretto alla camera del figlio Theodore. Trovarono i due bambini a discutere sul letto dell’ultima partita di Quiddicth. Quando vide suo padre, Draco corrugò la fronte e lanciò un’occhiata a Theo come per dire ‘Questa volta non ho fatto niente e non ne so niente’ prima di rivolgersi a Lucius «Papà, che succede?»

«Dobbiamo andare a casa e parlare. È importante.» disse semplicemente l’uomo, facendo cenno con la testa al figlio di seguirlo.

I due biondi salutarono i Nott e uscirono dal Manor e si incamminarono verso i cancelli della tenuta. Lucius guardava dritto davanti a sé, scandendo i passi con il suo bastone che colpiva regolarmente il terreno; invece Draco cercava continuamente il suo sguardo in modo da capire almeno qualcosa di ciò che succedeva.

Si smaterializzarono per comparire qualche secondo dopo appena al di fuori della loro proprietà. Entrarono nel grande giardino della villa e percorsero il sentiero fino all’entrata del palazzo, vennero accolti all’entrata da due elfi che presero i loro mantelli e Lucius condusse il figlio nel salone.

«Che succede? Dov’è la mamma?» chiese il bambino mentre si accomodava su un divanetto di fronte al padre.

Lucius sospirò ‘Se sopravvivo a questo divento il Sopravvissuto, altro che Potter!’, pensò mentre cercava un buon punto da cui iniziare anche se l’idea che la cosa migliore da fare in quel momento fosse dare un taglio netto alla cosa, buttare direttamente su un piatto d’argento la questione, mangiare subito il dolce. Appoggiò il bastone sul tavolino di cristallo tra loro, appoggiò i gomiti sui braccioli della poltrona e congiunse le mani appena sotto il mento.

«Da questa mattina Harry Potter è diventato il tuo fratellastro.» disse asciutto.

Draco sbatté un paio di volte le palpebre fissando sconvolto il padre. Sicuramente lo stava prendendo in giro, insomma non poteva dire sul serio! Ma ogni secondo che passava a fissare suo papà negli occhi – a sperare che scoppiasse a ridergli dicendo che è tutto uno scherzo – un senso d’orrore s’impadronì di lui confermando i suoi sospetti.

Era tutto vero.

«Non puoi averlo fatto veramente…» sussurrò nel panico.

«Draco, è tutto vero invece. Non avrei motivo di mentirti su una cosa del genere.»

«Perché non me lo hai mai detto? Cosa ne pensa la mamma?» chiese febbrilmente alzando lievemente il tono di voce.

«Perché è accaduto questa mattina.» ripeté in un sibilo «E poi anche Narcissa è d’accordo.» concluse.

Si alzò in piedi e in quel momento la rabbia repressa nel bambino scoppiò «Ma giusto, tanto è una cosa così da poco da decidere in una mattinata senza dire niente a tuo figlio! Cos’è, non vi bastavo più a tal punto da decidere di adottare qualcuno? E giustamente Lucius Malfoy deve fare le cose in grande quindi perché non adottare Harry Potter!» sputò in faccia al padre con quanto più veleno poteva in quel momento. Si sentiva tradito dai suoi genitori che non gli avevano mai accennato nulla a riguardo, facendolo ritrovarsi a essere il fratellastro di Harry Potter da un secondo all’altro.

Lucius serrò la mascella, alzandosi a sua volta torreggiando su Draco e guardandolo nel modo più freddo possibile. «Come puoi anche solo pensare di non essere abbastanza per me e tua madre? Sei sangue del nostro stesso sangue, carne della nostra stessa carne, sei il nostro unico vero figlio, in questi anni ti abbiamo dato tutto quello e continueremo a farlo per sempre.» sibilò stringendo i pugni «Non sapevo niente nemmeno io finché il ministro non mi ha mandato una stupidissima lettera chiedendomi di vederci e solo davanti a un sudicio orfanotrofio babbano ho scoperto che avrei dovuto adottare Harry Potter!»

Il biondino fece un passo all’indietro, non aveva mai visto il padre in questo stato e lo terrorizzava a morte. Non l’aveva praticamente mai sgridato, non gli aveva mai urlato in faccia. Ma quello non era un urlo, era un sibilo di rabbia che, se possibile, era ancora più tremendo e in grado di impaurire chiunque.

«Pretendo che tu lo tratti come se fosse tuo fratello di sangue.»

Draco strinse i pugni, tenendo lo sguardo basso.

«Sono stato chiaro?»

«Cristallino, padre. Come desiderate.» sputò.

«Vai in camera tua. Un elfo ti chiamerà quando tua madre ed Harry arriveranno, scenderai e ti presenterai a come di dovere a un giovane Lord del tuo calibro.» concluse.

Il bambino serrò la mascella e si avviò su per le scale a capo chino.

… … … …

Quando Harry e Narcissa tornarono al Malfoy Manor trovarono Dobby ad attenderli nell’ingresso, l’elfo disse loro che Lucius e Draco erano arrivati e che il primo li aspettava nel salone mentre il secondo era in camera sua e sarebbe andato a chiamarlo nel mentre avrebbe anche portato in camera del suo nuovo padroncino i libri che aveva acquistato.

I due andarono dal padrone di casa, trovandolo comodamente seduto sulla poltrona davanti al camino acceso, le gambe accavallate e un calice di vino rosso in mano. La donna si avvicinò al marito posandogli una mano sulla spalla e piegandosi per baciarlo «Com’è andata con Draco?» bisbigliò.

«Lasciamo stare…» sospirò in risposta mentre si portava il calice alle labbra.

Il moretto si avvicinò a loro  sedendosi sul divano davanti a Lucius, facendo dondolare le gambe mentre ricambiava il saluto del biondo e rispondeva alle sue domande riguardanti il pomeriggio trascorso a Diagon Alley.

Quella fu la scena che si presentò a Draco Malfoy quando entrò nel salone. Suo padre e suo padre che parlavano con Potty seduto al suo posto, senza averlo minimamente notato. La rabbia salì e strinse i bugni facendo sbiancare le sue già pallide nocche mentre si avvicinava silenziosamente a quella famigliola felice.

La prima a notarlo fu sua madre che gli rivolse un dolce sorriso «Draco, vieni qua forza.»

Il biondino si avvicinò senza ricambiare il sorriso di Narcissa e restando in piedi, non calcò minimamente suo padre – il quale non mancò di esibire una smorfia scocciata – mentre guardò intensamente negli occhi il su caro fratellastro. Dal canto suo Harry non si sentì minimamente a disagio nel ricambiare costantemente gli sguardi dell’altro, curioso di scoprire qualcosa su di lui.

Potter sfoderò il suo miglior sorriso e si alzò avvicinandosi al coetaneo – il quale non poté fare a meno di notare con non poca stizza che lo superava di qualche centimetro – tendendogli la mano. «Ciao, io sono Harry!»

Il piccolo Lord arricciò il naso «E io sono Draco Malfoy.» rispose asciutto mentre ricambiava per pochi secondi la stretta di mano per poi andare a sedersi dove poco prima era accomodato il moro. ‘Salazar, oltretutto questo è pure il mio posto!’

Il Prescelto si comportò come se tutto fosse andato a meraviglia nel tragitto che lo separava dall’altro divano in pelle, il più vicino al camino dove si sedette comodamente appoggiando un gomito sul bracciolo e sorreggendosi la testa con la mano. ‘Per il momento va bene così, capire in seguito chi sono veramente’, pensò mentre guardava le fiamme danzare.







***ANGOLO DI SARATRIX***

Buonsalve a tutti, miei cari lettori di fanfiction! :-)

Mi scuso se aggiorno solo ora, ma come avevo detto alla fine dello scorso capitolo ieri ho avuto la laurea di mia cugina e sono stata via tutto il giorno. Come se non bastasse diciamo che eri sera ho rischiato seriamente di sbronzarmi per la prima volta in vita mia, ritrovandomi questa mattina a Milano nell'appartamento dei miei zii ad alzarmi dal letto all'una. E solo poco più di mezz'ora fa sono riuscita a tornare a casa mia. Insomma, un inconveniente dietro l'altro.

Tanto per aggiungere altra brace al fuoco, vi informo che Domenica parto e vado in montagna fino a fine mese perciò gli aggiornamenti credo saranno davvero minimi. Io il computer lo porto, ho il Wi-Fi in albergo ma tra un'escursione e l'altra ho già notato l'anno scorso che il tempo è davvero misero, ma faro del mio meglio! ;-)

Passando al capitolo, all'inizio ho cercato di mantere lo stesso tono tranquillo del precedente, andato lievemente a scaldarsi con l'entrata in scena di Draco. Ed è proprio per quest'ultimo che voglio spendere un po' di paroline. Anche se moltissime delle amanti di questo personaggio non vogliono ammetterlo, lui è viziato, ma davvero tanto e per altro il Principino di casa non può certamente accettare in quattro e quattr'otto l'entrata di Harry Potter nella sua vita. Perciò ho voluto dargli questa sorta di lato da "bambino piccolo e offendone", non so se ho reso bene l'idea ma per descriverlo mi sono basata u mio fratello minore, quindi...

Spero che questo capitolo vi piaccia, ringrazio tutti i curiosi lettori anonimi che leggono di volta in volta, a tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate, quelli che decideranno di lasciarmi una piccola recensione e in particolar modo Yukikura e LadyVaderFrancy che mi strappano sempre un sorriso con i loro commenti.

Ci vediamo al prossimo aggiornamento che dovrebbe essere Lunedì in caso riesca a organizzarmi in montagna, altrimenti bho! xD




Un bacio e a presto

SARATRIX

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Capitolo 5
*** ~Capitolo 4~ SEVERUS SNAPE ***


~Capitolo 4~        

SEVERUS SNAPE





Il Natale era vicino, così come le vacanze per gli studenti e gli insegnanti di Hogwarts. Tra quest’ultimi c’era anche Severus Piton, docente di Pozioni e Capo della Casa di Serpeverde, probabilmente uno dei professori più severi e odiati – a eccezione degli alunni verde-argento – da quando se ne ha memoria. L’uomo era anche il migliore amico di – attenzione signori e signore – Lucius Abraxas Malfoy e padrino di suo figlio.

Quindi chiunque avrebbe potuto capire il suo stupore quando, la Domenica mattina, lesse il titolo a caratteri cubitali sulla prima pagina del Profeta.



“HARRY POTTER, IL NUOVO RAMPOLLO DEI MALFOY”

Nonostante sia appena accaduto e tutti abbiano taciuto, ieri pomeriggio non ho potuto non notare il Salvatore e Lady Malfoy fare acquisti insieme per le vie di Diagon Alley.

Così ho preso velocemente la mia penna e il mio taccuino e sono andata a investigare e sembrerebbe proprio che ieri mattina Lucius Malfoy sia stato accompagnato dal Ministro Caramell e da Albus Silente a incontrare e adottare il bambino in un orfanotrofio babbano di Londra. Il bambino non sapeva nulla sulla sua vera ‘natura’ prima d’allora né sulla sua fama e sicuramente sarà stata uno shock per lui venire a sapere tutto questo in una sola volta e forse nemmeno Merlino sa cosa ha dovuto passare a causa di Colui-che-non-deve-essere-nominato e a tutte le bugie che gli sono state raccontate…

Ma siamo sicuri che sia stata un decisione saggia quella di affidare il giovane Harry alle cure della famiglia Malfoy sapendo i precedenti del capostipite di quest’ultima? Che gli anni passati in orfanotrofio abbiano segnato profondamente e per sempre il nostro Salvatore?

Miei cari lettori, non so ancora cosa pensare, le informazioni a mia disposizioni sono troppo poche per il momento ma una cosa è certa: investigherò a fondo e presto o tardi saprò tutto sul caso.

 

Rita Skeeter



Quando finì di leggere il tutto, Severus Piton rimase per quasi un minuti a fissare quella pagina, la tazza colma di caffè alle labbra, nel tentativo di elaborare pienamente quello che c’era scritto. Quando ci riuscì però la cosa era talmente inconcepibile per la sua mente che rischiò di soffocarsi con quello che stava bevendo e a nulla valse la paca sulla schiena che gli assestò Hagrid se non a schiacciarlo quasi contro il tavolo.

Posò la tazza davanti a lui e si alzò per poi avviarsi fuori dalla stanza senza degnare niente e nessuno né di una parola né di un chiarimento al suo strano comportamento. ‘Che cosa è saltato in testa a Lucius? E a quel vecchio di Silente che non mi ha detto nulla?’ sbuffò mentre si avvolgeva nel suo mantello e percorreva i giardini innevati della scuola diretto ai cancelli.

Si sarebbe immediatamente materializzato al Malfoy Manor per chiedere spiegazioni al suo amico di ciò e poi, quando sarebbe tornato a Hogwarts, ne avrebbe dette quattro ad Albus! ‘Sì, farò proprio così.’, pensò mentre varcava i cancelli.

… … … …

Lucius Malfoy sbuffò mentre si allacciava meglio il nodo della vestaglia diretto verso il proprio studio. Evidentemente anche di Domenica mattina Merlino ce l’aveva con lui, possibile che Severus dovesse venire alle otto e mandargli un elfo petulante a svegliarlo? Nel suo Maniero come se non bastasse!

Entrò sbattendo la porta ritrovandosi un Severus Piton in piedi di fianco alla sua scrivania, un’espressione arcigna sul volto, le braccia incrociate al petto e una copia del Profeta in mano. ‘Per quale diamine di motivo ha questa faccia, poi? Sono io quello che è stato svegliato!’

«Severus! Si può sapere che cosa è successo?» iniziò burbero mentre raggiungeva l’amico «Non che m’infastidisca la tua presenza, ma sai stavo dormendo…» concluse sarcastico.

Il moro allungò il braccio sventolando all’altro la prima pagina del giornale. «Spiega. Ora.» sibilò.

Il biondo lesse velocemente le parole e sospirò «Quella casta donna della Skeeter evidentemente non ha perso tempo…» biascicò «In ogni caso non vedo cosa ci sia da spiegare: è scritto tutto lì. E prima che tu possa fare strane domande, il bambino è ancora vivo e in salute.»

Piton andò vicino alla finestra e perse lo sguardo per il giardino innevato. Il figlio di Lily, della sua Lily probabilmente era a cento metri di distanza da lui a dormire pacificamente. Come avrebbe fatto a guardarlo i faccia con quello che aveva fatto ai suoi genitori – a Lily – comunicando all’Oscuro la profezia?

‘Ma dopotutto è anche il figlio di quel maiale di Potter!’, pensò mentre stringeva i pugni.

Nel frattempo Malfoy si era diretto verso un piccolo bar che teneva in un angolo, gli faceva comodo quando lavorava fino a tardi e voleva rilassarsi bevendo qualcosa. Aprì una bottiglia di Idromele e se ne versò un bicchiere.

«Non fa bene bere a stomaco vuoto di primo mattino.»

«Credo non faccia bene bere in generale, Severus.» ribatté il padrone di casa dopo aver finito il liquido dorato.

«È normale per te decidere di adottare Prescelti così, di punto in bianco?»

Lucius fece una smorfia «Quanto per il Ministro e il tuo Preside prendere gente a caso e ordinare di adottare Prescelti, credo.» commentò sarcastico «Ti assicuro che quando ieri mattina ho letto la lettera di convocazione del Ministro l’ultima cosa che mi aspettassi era di adottare Harry Potter prima di ora di pranzo.»

Ci fu una lunga pausa in cui entrambi guardavano qualcosa di non identificato dentro o fuori la stanza.  Probabilmente il silenzio sarebbe continuato a lungo, cocciuti com’erano a vincere quell’improvvisata gara di mutismo decisa non si sa né quando né come, se non fosse comparso Dobby nella stanza preceduto da un sonoro ‘crack’.

«Padron Lucius per favore scusi Dobby per l’interruzione, ma il padroncino Harry avere chiesto a Dobby di riferirgli quando vi svegliavate per poter andare a fare colazione.» gracchiò l’elfo mentre si esibiva in un enorme inchino.

Il biondo sbatté le palpebre un paio di volte «È già sveglio?»

«Padron Harry sì è svegliato presto questa mattina, mancava poco alle sette quando Dobby è stato chiamato da lui!» rispose la creaturina.

«E si può sapere cosa ha fatto per tutto il tempo?» chiese Piton senza nascondere una nota scocciata. Cosa gliene importava poi era un mistero.

Dobby si voltò verso la voce del moro e solo in quel momento notò anche la sua presenza nella stanza «Padron Harry avere letto per tutto il tempo!» squittì mentre si inchinava «Padron Harry avere continuato a fare domande a Dobby su qualunque argomento, ma spesso Dobby non avere saputo cosa rispondere e quanto rispondere.»

Il padrone di casa si scambiò una veloce occhiata con l’amico. «Dì al ragazzo di presentarsi in sala da pranzo tra dieci minuti e aggiungi un posto a tavola, si ferma Severus.»

L’elfo si esibì in un ennesimo profondo inchino prima di smaterializzarsi lascando soli i due uomini. Lucius si diresse verso la porta senza dire una parola, avrebbe raggiunto la sua camera, si sarebbe vestito e avrebbe svegliato Narcissa per poi dirigersi a colazione. «Non giudicare Potter dall’apparenza, Severus. Te lo consiglio.» disse prima di chiudersi la porta alle spalle.

… … … …

Quello che dopo dieci minuti esatti entrò in sala da pranzo e si sedette davanti a Severus Piton fu un Harry Potter sorridente e vestito di tutto punto. La prima cosa che il pozionista pensò fu ‘Bene, ecco la copia sputata del Maiale!’, ma si dovette immediatamente ricredere quando puntò i suoi occhi d’ossidiana in quelli smeraldini del ragazzo. Gli occhi di Lily. Guardandolo meglio, il professore notò che l’unica vera somiglianza con il padre era solo quel paio di occhiali rotondi sul suo naso; i capelli erano lisci e pettinati, niente a che vedere con la disordinata massa castana di James Potter.

«Buongiorno!» esclamò fissando corrucciato Severus.

«Buongiorno Harry.» rispose Lucius mentre si serviva delle uova con il bacon «Ti presento Severus Piton. Oltre a essere il padrino di Draco è anche professore di Pozioni e Capo della Casa di Serpeverde a Hogwarts.»

«Probabilmente non saprai cos’è Serpeverde. Vedi–­» iniziò il moro.

«Invece lo so.» lo interruppe il bambino «Questa mattina ho chiesto a Dobby di portarmi un libro sulla scuola per conoscere un po’ di cose e mi ha dato ‘Storia di Hogwarts’. Serpeverde, insieme a Grifondoro, Corvonero e Tassorosso, è una delle quattro Case dell’istituto. Al loro arrivo gli studenti del primo anno vengono smistati dal Cappello Parlante, che si dice sia stato costruito da Godric Grifondoro, in una di queste casate nella qual rimarranno per tutti i sette anni in base al loro carattere. Salazar Serpeverde, il fondatore dell’omonima Casa, era astuto, ambizioso e brillante perciò richiede questo dai suoi studenti.» spiegò mentre si versava del succo d’arancia «Quindi lei insegna Pozioni?»

Piton annuì mentre si portava alle labbra una tazza di caffè e squadrava quel giovane mago davanti a lui, le parole di Lucius ancora gli rimbombavano nella testa.

«Questa mattina ho iniziato a leggere un libro di Pozioni che ho preso ieri a Diagon Alley, si chiama ‘De Potentissimis Potionibus’ e–»

«Non è un libro per bambini.»

«Ho trovato queste due pozioni: la Polisucco e il Distillato della Morte Vivente.» continuò ignorandolo, fermandosi solo per salutare Narcissa entrata nella stanza in quel momento «Ma mettessimo caso che io fossi un importante funzionario del Ministero che non avrebbe alcun problema a procurarsi un capello del Ministro, c’è qualche specie di magia di impedirmi di prendere le sembianze del Signor Caramel? Insomma, mi basterebbe un mese per preparare la pozione e con il Distillato della Morte Vivente potrei facilmente mettere il Ministro fuori gioco per un bel po’, ho letto che è un sonnifero molto potente.»

Severus scambiò due veloci occhiate con i padroni di casa prima di rispondere «Il Ministro prima di entrare al lavoro viene sottoposto a numerosi controlli di ogni tipo, è davvero folle pensare di riuscirci. Posso chiederti come mai ti è venuto in mente?»

Harry alzò le spalle mentre adocchiava un piatto contenente la torta di melassa a poca distanza da lui «Non so, mi è venuto istintivo pensarci.» rispose mentre si serviva una fetta di dolce «Volevo anche chiederle una cosa sulla preparazione del Distillato della Morte Vivente, posso?»

In quel momento entrò nella stanza Draco Malfoy, vestito di tutto punto e con i capelli tirati all’indietro. Il biondino arricciò il naso seccatamente, ogni giorno per sette anni i suoi genitori avevano aspettato lui per fare colazione e ora che era arrivato quel Potter tutti si inchinavano a leccargli i piedi, dimenticandosi di lui.

«Buongiorno.» biascicò mentre si sedeva a fianco del suo amato fratellastro.

Dal canto suo, in quel momento a Harry non poteva importargli di meno di un bambino viziato tant’era preso dalla sua conversazione con quell’uomo. Quando l’altro giorno al Ghirigoro aveva sfogliato quel libro, ne era immediatamente stato intrigato e quella mattina venne completamente catturato dal mistero che si celava dietro la distillazione delle pozioni, sperando di poterci provare il prima possibile.

«Se è proprio necessario…» disse Piton.

Potter si esibì in un enorme sorriso a trentadue denti «La ricetta dice di tagliare il fagiolo soporifero, ma se invece lo si schiacciasse?» fece una piccola pausa «Magari poi mi sbaglio io.»

Il pozionista sbatté ripetutamente le palpebre un paio di volte. Chi era realmente Harry Potter? Davanti a lui non aveva un bambino egocentrico interessato solo alla fama che il suo nome poteva offrirgli, ma un ragazzino incuriosita da tutto ciò che lo circondava, bramoso di conoscere il possibile su questo nuovo Mondo che alla fine era il suo, intuitivo e intelligente.

«È esatto, solo in questo modo si può ottenere un Distillato della Morte Vivente perfetto, purtroppo quasi tutti i testi a riguardo sono stati scritti da degli incompetenti che non ne erano a conoscenza. Posso chiederti come ci sei arrivato? Questa non è una pozione che s’impara il primo anno a scuola,  è complicatissima, perciò vorrei capire come ha fatto un bambino ad arrivare dove gli studenti dell’ultimo anno non ce la farebbero mai.»

Harry sbatté le palpebre un paio di volte prima di far vagare lo sguardo per la stanza «Onestamente non saprei… In quel momento è stato come se lo sapessi già.» rispose pensieroso, senza far conto a quello che diceva.

Il resto della colazione passò in silenzio, nessuno disse niente e gli unici rumori presenti erano il tintinnio che le stoviglie producevano quando si toccavano tra loro.

«Draco, perché non porti Harry al campo da Quiddicth e gli spieghi come funziona?» fu Lucius a interrompere il silenzio, prendendo in mano il suo bastone e facendolo girare sul posto mentre regalava al figlio un’occhiata severa, sottolineando che il suo era un ordine e non una richiesta.

«Certamente, padre.» sussurrò il biondino a denti stretti mentre scendeva dalla sua sedia e si allontanava dal tavolo seguito da Potter.

«Copritevi, fuori fa freddo.» raccomandò Narcissa mentre si portava alle labbra un bicchiere di succo d’arancia.

Quando i due bambini furono usciti dalla sala da pranzo, anche Severus decise di alzarsi dal suo posto «Lucius, Narcissa, grazie per l’ospitalità ma devo rientrare a Hogwarts. Per quanto riguarda la nostra discussione di prima, credo fermamente che alla fine quel ragazzino si rivelerà la coppia esatta di suo padre: un borioso egocentrico senza un minimo d’intelletto a cui darà alla testa la fame.»

«E poco fa allora?» chiese sarcastico il padrone di casa alzando un sopracciglio e lo sguardo in direzione dell’amico.

«Probabilmente avrà trovato scritto qualcosa un qualche tuo libro e avrà voluto fare la figura del sapientone…» disse agitando la mano scocciato mentre si avviava verso la porta.

Il biondo posò la forchetta «È un rettilofono, Severus.» disse con voce seria «E sappiamo tutti qui che lo era anche un’altra persona.»

Piton si bloccò, la mano sulla maniglia abbassato e lo sguardo fisso sui nodi del legno della porta. Non disse niente mentre usciva dalla stanza e subito dopo dal maniero. La sua mente elaborava molti pensieri tutti in una volta avendo come risultato solo un’enorme confusione.






*ANGOLO DI SARATRIX*

Inizio con lo scusarmi per il mio enorme ritardo, ma scaricando i bagagli dalla macchina dopo eser tornati dalla montagna il mio caro fratellino mi ha fatto cadere il compure e il risultato fu che la tastiera venne via. Così dovetti mandarlo a riparare e solo questa mattina mi è tornato. Mi sono messa giùe ho scritto il nuovo capitolo.

Passando al capitolo, posso affermare che è molto importante: come scoprirete più avanti, Severus avrà un ruolo fondamentale in tutta la vicenda. Ma non voglio anticiparvi nulla, solo vi consiglio di  prestare molta attenzione all'evolversi del rapporto tra Harry e il professore.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che decidiate di lasciarmi una piccola recensione per farmi sapere che ne pensate. Ringrazio come sempre tutti quelli che hanno inserito la mia storia tra le ricordate/seguite/preferite, i lettori silenziosi e in particolar modo Valda007, LadyVaderFrancy, Xavier7 e Yukikura che hanno recensito il capitolo precedente.

Mi auguro di riuscire ad aggiornare regolarmente da qui in poi, perciò vi lascio fino a Martedì.

Un bacio e a presto

SARATRIX

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Capitolo 6
*** ~Capitolo 5~ ENVY ***


~Capitolo 5~        

ENVY




Gli elfi posarono a terra le due scope e il baule, prima di scomparire con un sonoro ‘pop’ lasciando i due bambini soli nel campo da Quiddicth innevato.

«Ci sono due squadre composte da sette giocatori l’una, un portiere, due battitori, tre cacciatori e…»

«E un cercatore. Conosco le regole, stamattina ho letto un libro sul Quiddicth.» sbuffò Harry tra una nuvola di condensa e l’altra.

Faceva particolarmente freddo quella mattina, e i timidi raggi del sole invernale non riuscivano a scaldare nemmeno lievemente il terreno gelato. Quella notte aveva nevicato e ora tutti i giardini del Manor erano coperti da un morbido velo bianco che arrivava a stento alle caviglie di Harry.

Draco fece una smorfia seccata, un po’ per aver scoperto che l’altro sapeva già tutto e un po’ per l’esser stato interrotto, si piegò e fece scattare la serratura del baule aprendolo e facendo volare il Boccino per aria. Era piccolo e veloce, ma l’oro risaltava bene sullo sfondo del cielo e del terreno bianchi rendendolo facile da individuare e da seguire, pensò il moro mentre percorreva con gli occhi il percorso compiuto dalla pallina.

«Facciamo una sfida cercatore contro cercatore. Su!» disse il biondo mentre saliva a cavallo della sua scopa e l’altro si accorse che la gara era iniziata solo quando l’avversario gli sfrecciò a un centimetro dal volto, tanto era preso dalla sfera dorata.

Harry scrollò la testa, allungò la mano destra sul suo manico «Su!» disse e sorrise soddisfatto quando vide la scopa volare immediatamente nella sua mano, salì in sella e decollò velocemente all’inseguimento dell’avversario.

I due bambini sfrecciavano veloci nell’aria, all’inseguimento del Boccino d’oro che sembrava quasi prendersi gioco di loro con i suoi cambi di direzione improvvisi costringendoli a inchiodare e a girare bruscamente il manico di scopa. Era un testa a testa tra i due, volavano l’uno appiccicato all’altro con le mani tese in avanti per afferrare la sfera e aggiudicarsi la gara; se da un lato Draco aveva l’esperienza, dall’altro Harry riusciva a seguire ogni movimento dell’oggetto volante senza perderlo mai di vista, cosa che invece capitava al rivale costretto a fermarsi ogni tanto.

Il Boccino sfrecciò tra gli anelli e poi sotto il palco, volando tra le travi di legno che lo reggevano. I due bambini si scambiarono un’occhiata veloce prima di appiattirsi il più possibile sulla scopa per prendere velocità e inseguire la sfera dorata. Harry girò la testa indietro per controllare Draco, che volava a qualche metro di distanza da lui, e tornò a guardare avanti appena in tempo per sterzare bruscamente a destra evitando così di venir colpito in pieno volto da un asse di legno.

A quel punto fu molto semplice per il giovane Malfoy superare il moretto. Il biondo allungò la mano destra in avanti, era vicinissimo al Boccino tanto da sentire l’aria provocata dal suo sbattere d’ali sul palmo della mano: ancora poco e avrebbe vinto la sfida. ‘Ancora poco e dimostrerò a Potter di essere migliore di lui. Ancora poco e capirà di dover stare al suo posto’, pensò ghignando.

Ma si sa, molto spesso anche la più minima delle distrazioni può risultare fatale e rovinare completamente i nostri piani. Infatti Draco era così perso tra i suoi pensieri sulla sua prossima vittoria che non si accorse della trave di legno orizzontale in linea d’aria con il suo manico di scopa. Credo che a questo punto tutti possano facilmente immaginare quello che successe poco dopo: sfortunatamente per lui, Malfoy non vide in tempo il pericolo verso il quale stava velocemente avanzando e in un nanosecondo si ritrovò a volare per aria, senza la scopa tra le gambe, e ad atterrare in mezzo alla neve che ricopriva il campo.

Dal canto suo Harry non poté evitare di lasciarsi andare a un ghigno quando vide suo fratello finire a gambe all’aria, consegnandogli tra le mani una vittoria fin troppo facile.

Un paio di minuti dopo Potter mise i piedi per terra scendendo dalla scopa. Stringeva nel palmo della mano il Boccino d’Oro ed esibiva sul suo viso d’angelo un piccolo sorrisino di trionfo che continuava ad accentuarsi mano a mano si avvicinava al biondo.

«Credo di aver vinto io.» disse tenendo la sfera saldamente tra il pollice e l’indice per mostrarla all’altro.

Draco assottigliò le labbra mentre la rabbia tornava a impossessarsi di lui, sentendosi umiliato per l’esser stato sconfitto a Quiddicth da uno che non era mai salito su una scopa prima di allora. Strinse i pugni. «Ho notato.» sibilò.

… … … …

Appena i due bambini varcarono il portone del Manor, trovarono Lucius Malfoy ad aspettarli nell’androne d’ingresso facendo rimbalzare annoiato il suo bastone a terra. L’uomo domandò subito loro come fosse andata la partita di Quiddicth e non poté evitare di sorridere orgoglioso – con grande disappunto del figlio – alla notizia della vittoria del moretto.

«Harry, mi scuso ma questa mattina con la visita di Severus mi sono dimenticato d’informarti che quest’oggi avremo ospiti a pranzo ma sono sicuro che saprai come comportarti.» disse con un sorriso sghembo rivolto a Potter prima di iniziare a parlare con entrambi «Avete mezz’ora per prepararvi e presentarvi qui nell’ingresso per aiutare me e Narcissa ad accogliere i nostri invitati.» comunicò il biondo prima di salutarli e andarsene.

Draco non rivolse né un’occhiata né una parola all’altro bambino e salì a passo svelto le scale, diretto in camera sua intenzionato a mettere più distanza possibile tra lui e il fratellastro.

«Chi sono queste persone di cui parlava tuo padre?»

Il piccolo Malfoy si lasciò sfuggire un piccolo grugnito ­– “completamente inadatto a un futuro Lord”, avrebbe detto suo padre – nel notare che Harry l’aveva raggiunto e gli stava camminando tranquillamente al fianco.

«Degli amici della mia famiglia.» rispose calcando per bene l’aggettivo possessivo «Hanno tutti dei figli della nostra età e sono miei amici.»

Il moretto alzò gli occhi al cielo, iniziava a esasperalo quel bambino viziato con quel suo modo di fare da prima donna, come se tutte le attenzioni del mondo dovessero ricadere su di lui soltanto. Affrettò il passo superando così l’altro e dirigendosi velocemente nella sua stanza. Quando aprì la porta fu immediatamente investito dalla bianca luce invernale entrante delle finestre e un senso di pace lo pervase, se c’era una cosa che Harry adorava ancora più della lettura e quindi di conseguenza del sapere era il silenzio. Aveva sempre odiato i momenti di ricreazione all’oratorio, tutti i bambini si riversavano nel maltenuto cortile dell’istituto per giocare a rincorrersi a urlare e così il piccolo Potter se ne rimaneva sempre in disparte attirando così su di sé gli scherzi dei compagni più grandi, specialmente quando aveva quattro anni ancora incapace di difendersi pienamente. Si passò una mano tra la chioma corvina con l’intenzione di scacciare quei ricordi ormai lontani dalla mente mentre si avvicinava al grande letto a baldacchino.

«Dobby!»

Il piccolo elfo si materializzo al fianco del padron e si prostrò in un enorme inchino «Signorino Harry avere chiamato, cosa potere fare Dobby per aiutare?»

«Non conoscendo bene questi ospiti ho bisogno del completo giusto immediatamente, posso contare su di te, giusto?» disse mentre si sbottonava la camicia «Ora vado a darmi una rinfrescata, potresti gentilmente farmi trovare gli abiti puliti sul letto al mio ritorno? Grazie.»

La creaturina annuì freneticamente e obbedì mentre il bambino dopo essersi spogliato fino a rimanere solo in boxer si dirigeva verso il bagno della stanza. Aprì il rubinetto della vasca da bagno, si sarebbe solamente dato una sciacquata veloce, giusto il necessario per togliere quel poco sudore che gli imperlava la pelle dopo l’amichevole partita a Quiddicth contro Draco. Si sfilò anche l’ultimo indumento rimasto e s’immerse nell’acqua calda, attento a come si muoveva non volendo bagnarsi i capelli per para di non riuscire ad asciugarseli in tempo. Un quarto d’ora dopo uscì dalla vasca, si legò un soffice asciugamano in vita e tornò nella sua stanza a piedi nudi, lasciando impronte bagnate dei sui piedi sul pavimento. Inizialmente aveva pensato che sarebbe stato difficile per lui abituarsi a tutti quegli agi di cui ora poteva usufruire dopo aver passato buona parte della sua vita in orfanotrofio, ma si dovette ricredere quando mentre finiva di abbottonarsi la camicia sentì quei vestiti costosi suoi, come se lui fosse un principale al quale avessero finalmente consegnato la corna del suo regno.

Si guardò allo specchio per controllare che nulla nel suo aspetto fosse fuori posto. Dobby gli aveva preparato una camicia bordeaux da abbinare dei calzoni e a una giacca entrambi neri, facevano un incredibile contrasto con la sua pelle chiara e mettevano in rilevanza gli occhi smeraldi, in grado di conferire al suo viso un aspetto angelico ma che in realtà nascondevano solamente l’anima di un serpente.

Qualcuno bussò alla porta ed Harry non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che questa si aprì e Draco fece la sua comparsa.

«Mio padre mi aveva mandato a controllare se sapevi come vestirti adeguatamente.» iniziò il biondo con voce scocciata «Ma evidentemente hai già fatto.»

Il moretto non si prese il disturbo di voltarsi per guardare in faccia l’altro bambino preferendo invece sistemarsi davanti allo specchio la chioma corvina, tirò i capelli all’indietro lasciando scoperta la cicatrice. ‘Sono proprio curioso di scoprire cosa diranno questi ospiti nel vederla…’, pensò mentre rimirava un’ultima volta la sua immagine perfetta.

«Ho pensato che fosse il caso di chiedere a Dobby di prepararmi degli abiti giusti all’occasione, sai per sicurezza.» proferì mentre lisciava una piega immaginaria sulla manica mancina della giacca.

Draco sbatté le palpebre un paio di volte. «Per quale motivo avresti dovuto chiamare l’elfo personale di mio padre?» chiese non riuscendo a capire, o forse non volendo.

Solo in quel momento il giovane Potter si voltò verso l’altro, corrugò la fronte e piegò appena di lato il capo «Come, Lucius non te l’ha detto? Ora Dobby è il mio elfo domestico, gli ho chiesto se potevo averlo e lui me l’ha gentilmente concesso.» disse innocentemente «Dopotutto sicuramente avrà dato anche a te uno dei suoi servi personali.»

Malfoy inspirò pesantemente gonfiando il petto. Girò i tacchi e uscì dalla stanza senza vedere il sorriso di vittoria comparso sulle labbra di Harry. Odiava con tutto se stesso quello Sfregiato, odiava qualsiasi cosa di lui: chi si credeva di essere poi? Con quale autorità credeva di poter entrare nella sua vita da un giorno all’altro e stravolgerla completamente? Come poteva anche solo pretendere di attirare su di sé le attenzioni dei suoi genitori?

Anche se non l’avrebbe mai ammesso, Draco Malfoy ne era geloso. Geloso della sua fama, geloso del suo aspetto, geloso dei suoi occhi enigmatici, geloso della sua capacità nel Quiddicth. Mentre si apprestava a scendere la scalinata di marmo che conduceva all’ingresso non poté fare a meno di pensare a come fargliela pagare, immaginava nella sua mente mille modi per mettere in imbarazzo Potter in presenza degli amici della sua famiglia e si sarebbe preso la sua vendetta, magari vendendo Potty con le spalle al muro i suoi genitori si sarebbero finalmente accorti della piaga che in realtà era quel ragazzino, l’avrebbero rispedito in orfanotrofio e tutto sarebbe tornato come un tempo.





***ANGOLINO DI SARATRIX***

Eh già, no non sono morta e non Voldy non mi ha rapita per dare la cena a Nagini. Mi scuso incredibilmente tanto per la mia enorme assenza, ma con l'inizio della scuola mi è stato chiaro fin da subito che la quinta ginnasio richiede uno sforzo enorme soprattutto avendo cambiato la maggior parte dei professori. Per farvi capire come sono messa in questo periodo, il nuovo insegnate di Italiano e Latino interroga ininterrottamente dalla fine di Settembre (nelle sue materie ho circa sei voti di orale...). In più le minacce dei miei genitori non mancano e sono cose coe "Ti togliamo il cellulare per mesi se prendi un voto sotto il 6" oppure "Dì addio ai soldi per i libri se non prendi almeno 8 in questa verifica" e conoscendoli se lo dicono lo fanno.

Passando al capitolo, mi scuso se è breve, ma veramente ho pochissimo tempo a disposizione in questo periodo però uso le ore di Matematica e di Storia per pensare a come continuare la fanfiction: ho molte idee che mi frullano per la testa e la voglia di poterle scrivere cresce ogni giorno di più per questo nonostante abbia da preparare una verifica di Chimica per domani ho deciso di scrivere di getto questo capitolo.

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite, tutti quelli che sono arrivati fin qui e in particolar modo Fenice cremesi, milan94, Yukikura, Xavier7, GrattastinchiBlack e Tormenta che hanno speso un po' del loro tempo recensendo il capitolo precedente.

Spero che chi seguiva la storia continui a farlo anche se è passato davvero molto tempo dall'ultimo capitolo.

A presto (spero)

Saratrix

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Capitolo 7
*** ~Capitolo 6~ THE TASK OF CONTROL ***


~Capitolo 6~
       

THE TASK OF CONTROL



Harry arrivò nell’ingresso pochi minuti dopo e trovò già ad attenderlo i Signori Malfoy con loro figlio in piedi all’inizio della grande scalinata. Scese velocemente in gradini, quasi saltellando, ma sempre composto.

«Harry» iniziò Lucius quando il bambino gli si fu avvicinato «io e Narcissa abbiamo pensato che è meglio se tu e lei andiate direttamente in salone mentre io e Draco resteremo qui ad attendere i nostri ospiti.»

Potter corrugò la fronte per un secondo prima di annuire, ignorando il sorriso di trionfo nato sulle labbra del fratellastro nel sentire che sarebbe rimasto con il padre «Come mai c’è stato questo cambio di programma, se posso chiedere?»

«Sei famoso nel Mondo Magico, questo l’hai già capito, e dopo l’articolo di questa mattina della ‘Gazzetta del Profeta’ sulla tua adozione da parte nostra tutti i maghi e le streghe ne sono a conoscenza.» disse Narcissa mentre spostava alcune delle ciocche corvine del bambino in modo che coprissero la cicatrice.

«Allora è per questo che il Professor Piton è venuto a colazione.» constatò Harry facendo una piccola smorfia di concentrazione.
Il padrone di casa annuì, orgoglioso quasi che quel marmocchio avesse intuito la cosa «Essendo ora tutti a conoscenza della tua presenza qui, riteniamo quindi sia mio dovere comunicare ai nostri ospiti di non farti troppe domande rischiando di metterti a disagio. Sei entrato in contatto per la prima volta con il Mondo Magico da nemmeno un giorno e non vogliamo che tu ti senta messo subito sotto pressione.»

«Capisco.» rispose semplicemente Potter prima di apprestarsi a seguire Narcissa verso il salone. Il bambino dovette ammettere a se stesso che era quasi nobile da parte di Lucius Malfoy preoccuparsi per lui fino a quel punto, però non aveva fatto i conti con il desiderio del bambino di mettersi alla prova fin da subito in modo da far capire a tutti quanti chi era realmente.

L’uomo guardò la moglie ed Harry svoltare l’angolo, uscendo dalla sua vista «Non voglio né bisticci né provocazioni quest’oggi Draco, intesi?» disse senza muovere lo sguardo da dove i due erano spariti.

… … … …

Le prime due persone a varcare la soglia della stanza furono – come venne sussurrato da Narcissa in un orecchio ad Harry – la Signora Parkinson con la figlia Pansy, della stessa età di Potter. Le due donne si scambiarono cordiali saluti e dal loro breve discorso venne fuori che il Signor Parkinson era rimasto a casa dopo che quella stessa mattina si era svegliato con una forte emicrania e non se l’era sentito di venire. Per tutta la durata del discorso la bambina era rimasta dietro la madre a lanciare rapide occhiate a Harry, come se si nascondesse da lui temendo che la potesse attaccare da un momento all’altro.
«Quindi tu sei Harry Potter, è un piacere conoscerti.»

«Il piacere è mio, Signora.» rispose il bambino ricambiando il sorriso e stringendo la mano che la donna gli aveva porto.

In poco tempo la stanza si riempì di maghi e streghe con i loro figli, sicuramente tutti molto facoltosi visti i vestiti di fattura pregiata che indossavano. Draco e Lucius entrarono nella stanza per ultimi seguiti da un bambino e da quello che, dalla somiglianza, era sicuramente suo padre; avevano entrambi i capelli neri e lisci e gli occhi azzurri, l’uomo era un po’ più basso di Lucius mentre il figlio era alto come Draco o forse appena di più. Quando questi varcarono la soglia della stanza il chiacchiericcio presente sparì per lasciare la parola al padrone di casa.

«Buongiorno a tutti, amici miei, e benvenuti nella mia umile dimora.» iniziò Lucius con un sorriso beffardo sul volto e facendo alzare un sopracciglio ad Harry nel sentir definire “umile” quel castello «Il pranzo verrà servito a momenti, quindi dirigiamoci pure tutti in sala da pranzo.»

Mentre gli ospiti seguivano le indicazioni del padrone di casa, Narcissa poso una mano sulla schiena di Potter invitandolo a raggiungere insieme a lei il marito, il figlio e i due ospiti al loro fianco. Malfoy enior indirizzò loro un sorriso vedendoli avvicinarsi.

«Harry, ti presento Nocturnus Nott e suo figlio Theodore, ha la stessa età tua e di Draco.» disse Lucius indicando i due.

«Così tu sei Harry Potter…» iniziò il Signor Nott squadrando il bambino dall’alto «Devo ammettere di esser rimasto alquanto stupito questa mattina leggendo il Profeta e inizialmente credevo fosse soltanto l’ennesimo articolo infondato della Skeeter, utile solo per vendere copie ai creduloni; invece per una volta aveva ragione. In ogni caso, è un piacere fare la sua conoscenza, Signor Potter.»

«Anche per me, Signore.» rispose stringendogli la mano ed esibendosi in un enorme sorriso.

«Questo è mio figlio Theodore.» aggiunse l’uomo posando una mano sulla spalla del figlio, che fino a quel momento era rimasto al fianco di Draco, invitandolo così a farsi avanti.

Il giovane Nott si allontanò appena dall’amico avvicinandosi ad Harry regalandogli un piccolo sorriso di cortesia prima di tendergli la mano «Theodore Nott.»

«Harry Potter.» rispose l’altro ricambiando la stretta.

Il pranzo trascorse nella normalità – sempre se normali si possono definire le ingenti quantità di ottimo cibo che continuavano a essere servite dagli elfi – ed Harry ne approfittò per capire un po’ meglio come funzionavano le cose nel Mondo Magico. Gli uomini discutevano di politica, praticamente tutti tranne il Signor Greengrass il Signor Nott – che rispettivamente lavoravano alla Gringott, la banca dei maghi, e al San Mungo, l’ospedale magico i cui dottori prendevano il nome di medimaghi –, mentre le donne si dedicavano ai classici pettegolezzi e i bambini parlavano di Quiddicth; Potter se ne stava in disparte, rispondendo alle occasionali domande che gli venivano poste e preferendo così ascoltare quello che veniva detto senza darne l’impressione. Draco era seduto tra lui e Theodore e passò il pranzo a chiacchierare con quest’ultimo del campionato di Quiddicth in corso e dell’ultima vittoria delle Holyhead Herpies contro i Cannoni di Chudley dello scorso fine settimana – discussione alla quale ben presto si aggiunsero anche Vincent Tiger, Gregory Goyle e Blaze Zabini – e, da quello che capì Harry guardando il loro affiatamento, Draco e Theodore dovevano essere migliori amici. Non che la cosa lo disturbasse, ma si chiese quasi inconsciamente se prima o poi avrebbe trovato anche lui qualche essere umano da poter considerare un amico.

«Tu che squadra tifi?»

Potter alzò lo sguardo dal suo arrosto verso il suo interlocutore – Tiger se non errava. «Nessuna non avendo mai assistito a una partita, ma so come si gioca. Sono entrato in contatto con il Mondo Magico da un giorno scarso, credo ci siano cose più importanti a cui devo pensare e conoscere che il Quiddicth.» concluse con una certa vena stizzita nella voce «E comunque non mi è mai interessato più di tanto lo sport, neanche quando ero nel mondo babbano.» si apprestò ad aggiungere notando le facce stranite dei suoi coetanei.
«E sentiamo allora a cosa dovresti pensare?» gli chiese indispettito Tiger, evidentemente non contento della risposta ottenuta alla sua precedente domanda.

Harry esitò un attimo a rispondere pensando a cosa dire in modo da non sembrare troppo strano, insomma anche se avevano la sua stessa età non avevano passato quello che lui era stato costretto a subire, maturando così molto più velocemente dei suoi conscritti e per questo motivo non avrebbero mai potuto incontrarsi e stare bene assieme se loro pensavano al Quidditch e lui allo studio di qualsiasi settore della magia per poter esser pronto in qualsiasi occasione e soprattutto a capire come mai proprio lui era sopravissuto.

Il moro scrollò le spalle in un gesto noncurante «Voglio dire, voi siete nati e cresciuti nel Mondo Magico e per questo motivo lo conoscete; io non ne so nulla, ho passato praticamente tutta la vita in un orfanotrofio babbano e per il momento il mio principale desiderio è apprendere il più possibile dalla realtà da cui provengo.» disse mentre si tagliava una fetta di filetto «E poi odio non sapere.» aggiunse quasi in un sussurro udibile solo da se stesso.

«In ogni caso avete visto la nuova Tornado? Per il momento è la scopa più veloce ma chi l’ha provata dice che sterza troppo bruscamente: è inguidabile!» esclamò Theodore portando l’attenzione su di sé, distogliendola così da Potter il quale aveva attirato tutti gli sguardi sconcertati degli altri bambini.

Harry tirò un sospiro di sollievo, alla fine era riuscito a rimediare ma si appuntò di usare un po’ meno sarcasmo, in particolar modo con Tiger e Goyle: quei due sembravano più ottusi di un mulo. Alzò lo sguardo, sentendosi osservato e incontrò un paio d’occhi azzurri che lo fissavano davanti a lui: era il Signor Nott e Potter capì che aveva sicuramente prestato attenzione al discorso da lui fatto poco prima. L’uomo distolse velocemente lo sguardo tornando a prestare attenzione allo scambio di battute tra Lucius e il Signor Greengrass.
Oramai il pranzo stava giungendo al termine, mancava solamente il dolce e la portata stava arrivando proprio in quel momento, come sempre trasportata in tavola dagl’elfi. Dobby si era affiancato al giovane Potter con in mano un piato con sopra un’enorme fetta di torta fragole e cioccolato alla cui sola vista il bambino stava già morendo dalla voglia di mangiarla. Perché se c’era una cosa alla quale non riusciva mai a dire di no era una porzione di dessert: adorava tutti i dolci, ma con una particolare predilizione per quelli al cioccolato e alla frutta e, per quel poco che aveva potuto vedere durante i pasti fatti da quando era stato adottato dai Malfoy, nel Mondo Magico ne esistevano tantissimi tipi, molti dei quali squisiti come la torta di melassa che oramai era la sua preferita.

Il piccolo elfo stava posando il piatto davanti al padroncino quando venne colpito alla schiena da una gomitata che gli fece cadere il dolce dalle mani dritto dritto sulla camicia immacolato di Harry. Il moretto alzò furibondo lo sguardo sul suo adorato fratellastro che lo guardava tenendo un angolo della bocca sollevato in un’espressione strafottente di chi sapeva di aver vinto. Sì perché Draco credeva che facendogli fare una figuraccia del genere finalmente tutti si sarebbero resi conto che non valeva niente, che era destinato a essergli sempre inferiore. Il Prescelto dal canto suo stava pensando a una qualsiasi buona ragione per non incenerire all’istante il biondo, impresa alquanto ardua visto che in quel momento la sua mente non riuciva a fare a meno d’ideare più di mille modi per uccidere molto lentamente l’altro facendolo soffrire il più possibile.

Harry chiuse gli occhi per un secndo, rendendosi conto solo in quel momento delle urla e degli sguardi di fuoco di Lucius rivolti a Dobby che se ne stava rannicchiato, con lo sguardo basso al suo fianco e tremando come una foglia per paura che le terribili minacce del padrone di casa potessero avverarsi. Sospirò calmandosi, doveva rimandare la premeditazione dell’omicidio di Draco – che ancora stava sghignazando al suo fianco – e pensare a cosa fare se voleva uscire da quella situazione sconveniente e risparmiare al suo elfo una fine molto dolorosa.

Si concentrò, chiudendo fuori dalla sua testa le maledizioni del Signor Malfoy e il ghigno del figlio, e accostò la mano alla macchia di cioccolato sulla sua camicia mentre sussurrava parole a lui sconosciute, come se fosse una mantra di cui non conosceva il significato ma necessaria in qualche modo per compiere il suo intento. Come se lo sapesse senza mai averlo appreso. Si accorse solo quando rialzo gli occhi dalla sua camicia – ora linda e pulita come se non fosse mai successo nulla – del silenzio tombale che era caduto sulla stanza, tutti lo guardavano stupefatti, increduli quasi nel vedere la pradonanza con cui Potter era in grado di usare la magia. Senza esser cresciuto nel Mondo Magico, senza aver aperto prima d’allora un libro d’incantesimi, senza bacchetta; ma con una sicurezza e una semplicità caratteristiche di uno studente di Hogwarts.

Harry si voltò verso Dobby, ignorando gli altri commensali e dando nuovamente prova della grande sicurezza di se stesso che possedeva «Vai a prendermene un’altra fetta.»

Il pranzo finì in un silenzio assoluto – quasi imbarazzante in alcuni momenti – e in tutta onestà il piccolo Potter non ci avrebbe mai sperato, non che ciò non gli dispiacesse ma avrebbe messo la mano sul fuoco che chiunque in quella stanza avrebbe iniziato a riempirlo di domande su come e dove avesse imparato a farlo. Non aveva voglia di spiegare a persone che non aveva mai visto prima in vita sua e di cui non si fidava minimamente che aveva scoperto di esser speciale quando in giorno uno dei bulli dell’istituto aveva esagerato e lui aveva perso la pazienza, scaraventato contro il muro con la sola forza del pensiero. Lo avrebbe probabilmente strozzato se solo un serpente non gli si fosse accembellato vicino alle gambe, distraendolo e convincendolo a mollare la presa; non aveva voglia di spiegare come avesse iniziato ad aver paura di se stesso dopo quell’episodio e di come avesse iniziato a odiarsi, un odio marcio che una volta lo costrinse a salire sul tetto dell’orfanotrofio. Si sarebbe buttato di sotto per mettere fine a tutto quello se sempre lo stesso serpeti di prima non lo avesse fermato; non aveva voglia di spiegare che in un pomeriggio primaverile aveva provato a parlare con quel serpente, scoprendo così la sua capacità di comunicare con questi animali quando lui gli aveva risposto: quel serpente si chiamava Nagini ed era stato il suo primo vero amico.

‘Chissà dove sarà adesso quel serpente…’, si chiese con un velo di malinconia Harry mentre si portava alle labbra l’ultimo pezzo della sua fetta di dolce.

… … … …

Gli ospiti lasciarono il Manor a pomeriggio inoltrato, il sole stava per tramontare dietro le alte fronde degli alberi che circondavano il giardino di villa Malfoy. Durante il pomeriggio – passato a chiacchierare tranquillamente in uno dei grandi saloni davanti al camino acceso – gli adulti iniziarono a rivolgersi a Harry non solo con la curiosità iniziale, dovuta dall’aver davanti a loro una celebrità, ma anche con una sorta di dipendenza, come se fossero stati amaliati dal loro stesso desiderio di scoprire quanto quel piccolo maghetto fosse in grado di fare.

Dal canto suo, Potter non poté che essere riconoscente a Draco. Dopotutto l’altro gli aveva servito su un piatto d’argento l’opportunità di mettere il re avversario sotto scacco matto in quella loro prima battaglia di quella loro piccola e assurda guerra. In quel momento il moro avrebbe scommesso che sarebbe passato un be po’ di tempo prima che il biondo gli si ripresentasse davanti con in mente un piano per prendersi la sua rivincita.

Appena anche gli ultimi ospiti – Theodore Nott e suo padre – si furono chiusi alle spalle il grande portone d’entrata del Manor, Draco si congedò e rapidamente salì la scalinata arrivando sul ballatoio che conduceva al primo piano. In quel momento aveva bisogno di un bel bagno caldo per distendere i nervi, poi si sarebbe coricato a letto e avrebbe pensato a come attuare la sua vendetta.
‘Se quel Potter pensa di poter comparire in casa mia dall’oggi al domani, diventare il cocchino dei miei genitori e del mio padrino e farsi vedere bello con le sue magie da quattro soldi davanti ai miei amici e ai loro genitori, be’ allora si sbaglia di grosso!’, pensava mentre percorreva il corridoio a passo svelto, volendo raggiungere la sua stanza.

Non si accorse di un paio di passi alle sue spalle finché non venne afferrato per una spalla e sbattuto malamente contro il muro alla sua destra, una mano premuta sulla sua bocca a soffocare i suoi strilli spaventati e un corpo appena sul suo per impedirgli di muoversi.
«Urla e te ne pentirai amaramente

Quella voce. Un moto di rabbia investì Draco che alzò di scatto lo sguardo e si ritrovò davanti un paio di smeraldi che lo fissavano calmi. Ma c’era un qualcosa d’inquietante in quella calma quasi surreale, un qualcosa che fece capire immediatamente a Malfoy che sì, se avesse urlato se ne sarebbe pentito amaramente.

Quando fu sicuro che il biondo non avrebbe chiamato qualcuno, Harry gli tolse la mano da davanti la bocca, allontanandosi anche di un paio di centimetri ma senza lasciargli ugualmente nessuna possibilità di andarsene.

«Sì può sapere che fai, per Merlino?!» lo attaccò subito Draco, mentre le orecchie gli stavano diventando rosse per la rabbia crescente.
«Quello che faccio io non ti deve interessare.» rispose secco Potter e aggiunse prima che l’altro aprisse bocca per ribattere: «Non ho intenzione di chiederti come mai a pranzo hai inscenato quello stupido spettacolino, credo che il motivo sia abbastanza ovvio: sei un piccolo principino viziato che si arrabbia e punta i piedi perché mamma e papà non gli rivolgono più tutte le attenzioni che vuole lui, preferendo darle al nuovo arrivato; sei patetico. Ti do un consiglio: smettila perché oggi non ho reagito, ma la mia pazienza ha un limite e presto ti pentirai di aver tirato troppo la corda.» si allontanò ancora un po’ dall’altro che ora la guardava ancora più in cagnesco di prima.
«Be’, almeno io ce li ho una mamma e un papà.» sputò acido Draco.

Si accorse di quello che aveva detto quando oramai era troppo tardi, quando oramai Harry lo aveva afferrato per il colletto della camicia e sbattuto nuovamente contro il muro, quando oramai le iridi di Harry erano diventate rosse seppur per una frazione di secondo. Ma comunque il giovane Malfoy aveva visto quei due occhi verdi colorarsi di quella tonalità così innaturale quanto terribile. Deglutì a vuoto, mentre un grande brivido di terrore gli percorreva la spina dorsale perché forse, quella volta, aveva capito di aver fatto il passo più lungo della gamba.

Ma come tutto inizia, del resto tutto finisce. Harry lasciò la prese e Draco inspirò pesantemente per recuperare l’aria persa in quella frazione di secondo. Il moro si allontanò, tornando al centro del corridoio mentre abbassava appena la testa e la scrollava appena prima di lasciarsi andare a una bassa risatina di scherno.

«Patetico.» ripeté.

Non aggiunse altro. Si voltò e s’incamminò nella direzione opposta a quella in cui era diretto il biondo, scomparendo alla fine del corridoio e diretto alla sua camera.





***ANGOLINO DI SARATRIX***
Eheheheh e come sempre aggiorno con ritardi epocali anche se credo di essermi superata questa volta e per questo motivo vi chiedo scusa con questo capitolo molto... bello... (?) Ma in questo periodo ho avuto un po' di problemi familiari e la voglia di scrivere, quelle rare volte che c'era, era davero pochissima e non me la sentivo di scriverequalcosa in modo forzato. Spero possiate capire e perdonarmi, soprattutto perché è un periodo molto stressante per me causa scuola e io, giustamente, quando sono stressata durante le ore di Latino e Greco scrivo. :')
Btw questo capitolo in tutta onestà non mi convince molto, ma dopo averlo riletto per due settimane ho capito che se non lo pubblico ora non lo pubblicherò mai più. Quindi amen ed eccolo qua. c:
Come sempre ringrazio tantissimo tutti quelli che seguono, recensiscono o anche leggono soltanto la storia e vi ricordo che le recensioni anche se brevi o negative aiutano sempre e mi rendono ogni volta felice.
Spero soltanto che qualcuno continui a seguire la storia nonostante i miei continui ritardi e che non smetta ora. Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto.
Ah, vi lascio anche il link della mia pagina Instagram https://www.instagram.com/the.camp.half.blood/ dove ogni tanto posto immagini e video a tema fandom e tengo un po' aggiornati tutti su quello che faccio in generale.

Un bacio e a presto, si spera

SARATRIX

 

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Capitolo 8
*** ~Capitolo 7~ SOMETHING DIFFERENT ***


~Capitolo 7~       
SOMETHING DIFFERENT

Lucius ripiegò la copia del Profeta di quella mattina e la appoggiò alla sua destra sul tavolo. Era passato quasi un mese da quando Harry Potter era entrato nella sua vita e in quella della sua famiglia. Inizialmente si era aspettato uno stravolgimento completo di tutte le sue abitudini e invece non era cambiato pressochè nulla e stranamente si stava trovando quasi a suo agio nel trovarsi quel marmocchio a gironzolargli per casa. Sì, Draco non era ancora riuscito ad accettare la realtà di avere un fratello ma alla fine avrebbe capito che l’unica cosa da fare era scendere a patti con l’evidenza, riuscendo così a instaurare una qualche sorta di convivenza pacifica con l’altro.

L’uomo si portò alle labbra la tazza e con un sorso finì il poco caffè rimasto al suo interno, spostando poi lo sguardo su Harry seduto al fianco di Narcissa. Quando quella mattina lui e sua moglie erano scesi a fare colazione lo avevano trovato già seduto al suo posto con un libro di Erbologia in grembo ad aspettarli per iniziare a mangiare. Si era rivelato una sorpresa con quel suo modo di fare così educato ed elegante, insolito per un bambino cresciuto in orfanotrofio, e per quella sua maturità e quel suo intelletto entrambi così sopra la media che lo rendevano in grado di apprendere al volo la maggior parte dei campi della magia completamente irraggiungibili per quasi tutti i suoi coetanei.

In quel momento si ricordò della chiacchierata avvenuta tra lui e Severus solo qualche giorno prima e di colpo qualcosa nel suo stomaco si contorse, portandolo a serrare le labbra in una smorfia stizzita. Piton gli aveva suggerito – ordinato – di raccontare a Potter tutto sulla Prima Guerra Magica. Sosteneva che prima lui e Narcissa avessero affrontato quel discorso con Harry più lieve sarebbe stata la sua reazione, sempre se “lieve” si può definire la reazione di una persona che scopre di essere stato adottato dai seguaci di chi ha assassinato i suoi genitori quando era ancora in fasce; sosteneva che se non glielo avesse detto lui, presto o tardi il bambino avrebbe scoperto da solo l’atroce verità e in quel momento allo sconvolgimento che la notizia porterà in lui si aggiungerà anche la rabbia causata da una verità celata per troppo tempo. Lucius aveva risposto che sì, gliel’avrebbe detto ma dopo, quando Harry sarebbe stato pronto, come se si potesse mai essere pronti a una rivelazione del genere.

In tutto quello Potter era completamente all’oscuro dei pensieri che in quel momento frullavano nella testa di Lucius Malfoy. Dal canto suo, solo un mese fa avrebbe facilmente scommesso che sarebbe rimasto in quell’orfanotrofio fino al compimento della maggiore età: di solito le famiglie tendono ad adottare i neonati o comunque bambini ancora piccoli, lui a sette anni aeva superato da un bel pezzo “l’età per l’adozione”. Non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto appartenere a un mondo completamente diverso da quello in cui era vissuto fino ad allora e dove quelli come lui erano normali e, soprattutto, che sarebbe finito per essere il figlio adottativo di una famiglia così ricca, passando dal non aver nulla all’aver quasi tutto. Alzò lo sguardo dalle uova  con il bacon che aveva nel piatto, spostandolo fuori dalla finestra dove alcuni fiocchi di neve iniziavano a danzare nell’aria fredda di quella mattina di Dicembre così vicina al giorno di Natale.

«Harry.»

Sentendosi chiamato, Potter si voltò e incrociò gli occhi del padrone di casa «Sì?»

L’uomo impugnò il bastone con la mano destra e iniziò a farlo tamburellare appena sul pavimento «Come ben saprai, tra poco è Natale.» fece una breve pausa, aspettando che l’altro annuisse, per poi proseguire «Siamo soliti dare una festa, un ballo di gala la sera della Vigilia qua al Manor. Saranno presenti moltissimi maghi e streghe importanti e influenti e per questo mi aspetto da te un comportamento esemplare, degno di un principe, ma so che saprai esattamente cosa. Questo pomeriggio tu e Draco vi recherete con la Metropolvere a Diagon Alley per farvi confezionare degli abiti su misura da Madama McClane per l’occasione; io e Narcissa abbiamo va svolgere delle commissioni questo pomeriggio e non potremo essere con voi. Capito?»

Harry annuì, non facendo trapelare quanto gli scocciasse dover rimanere solo per un pomeriggio intero con l’altro: non aveva voglia di fare da balia a un bambino che vuole giocare a fare il rancoroso.

«Entrambi?» chiese Lucius rivolgendosi al figlio, marcando la parola per intendere che, nel caso qualcosa andasse storto, sarebbe stato lui a passare dei guai seri.

«Sì, padre

… … … …

Draco era a braccia conserte davanti al camino nel salone principale e picchiettava sul pavimento con la punta del piede, attendendo l’arrivo di Harry, sbuffando anche di tanto in tanto. Era lì ad aspettarlo oramai da una buona decina di minuti e sì era arrivato in anticipo ma non per quello doveva attendere l’altro così tanto. Ancora non capiva come mai suo padre gli aveva affidato l’altro per quel pomeriggio, l’ultima cosa che voleva fare in quel momento era badare allo Sfregiato per le vie di Diagon Alley; se Potter era così convinto di essere tanto più bravo e responsabile di lui, tanto meglio: sarebbe benissimo potuto andare per conto suo e lasciarlo in pace.

La porta del salone si aprì e fece capolino Harry, vestito di tutto punto e con già il mantello sulle spalle, un’espressione sicura e spavalda al tempo stesso sul volto. Malfoy contrasse appena la mascella nel vederlo, gli dava fastidio come l’altro si fosse già integrato nel suo Mondo, nella sua famiglia e nella sua vita. Nonostante fisicamente non avesse nulla dei Malfoy – capelli corvini invece che biondissimi e occhi smeraldini al posto di un paio in grado di racchiudere dentro di sé tutte le gradazioni del cielo –, dal punto di vista caratteriale poteva benissimo esser scambiato per uno di loro: il suo perfetto autocontrollo in ogni situazione, il gentile sorriso di circostanza presente sul suo volto che accompagava i suoi modi educati e la sua parlantina sciolta.

Alla fine, come Theodore non aveva mancato di fargli notare un paio di volte con una punta d’ironia nella voce per stuzzicarlo, a volte Harry sembrava essere il Malfoy tra loro due mentre lui, Draco, pareva il figlio adottato e cresciuto in un orfanotrofio con quegli attacchi di gelosia e invidia.

«Sei arrivato finalmente!» disse aspramente il biondo arricciando il labbro in una smorfia infastidita.

Potter diede una rapida occhiata all’orologio, quasi annoiato come se dovesse controllare per l’ennesima volta qualcosa che già sapeva essere giusto «Sono le quattro in questo preciso istante Draco, guarda caso l’ora in cui tu mi avevi dato appuntamento.» rispose mestamente, come se stesse spiegando a un bambino che il cielo è blu.

Malfoy digrignò i denti, voltandosi di scatto verso il camino per prendere un’urna di vetro nero decorata con dei bassorilievi d’argento contenente la metropolvere. «Come ha detto mio padre questa mattina, per andare a Diagon Alley useremo la Metropolvere. Sicuramente non saprai come–­»

«Ho letto qualcosa sulla Metropolvere questa mattina, so come funziona.» lo interruppe l’altro con un gesto annoiato della mano mentre gli si avvicinava.

Draco nel sentire quelle parole non poté far a meno di scimmiottarlo appena, sicuro che l’altro non potesse vederlo poiché gli dava le spalle, per sbollire la frustrazione dell’esser stato interrotto. Prese una manciata di polvere e passò di malagrazia il contenitore a Harry, spingendoglielo contro il petto con un gesto secco.

Il moro stirò appea le labbra, esasperato dai continui comportamenti infantili dell’altro «Credevo sapessi che non è buona educazione fare i versi alle spalle delle persone.» disse semplicemente, con tutta la calma del mondo, mentre prendeva anche lui una manciata di cenere e riponeva l’urna al suo posto.

Malfoy divenne rosso fin sulla punta delle orecchie, un colorito talmente simile a quello del cappello indossato dalla prozia Susan nel ritratto alla fine del corridoio del terzo piano dell’ala destra del Manor, quello vicino alla porta di una vecchia camera riservata agli ospiti inutilizzata da anni. Non disse nulla, s’infilò nel camino con il mento all’insù e le spalle salde in una postura rigidissima; pronunciò “Diagon Alley” a voce alta prima di buttare la cenere a terra e sparire tra magiche fiamme verdi.

Harry roteò gli occhi, a volte proprio non lo capiva e in momenti come quello doveva seriamente pregare Merlino affinché gli desse la forza di sopportarlo senza dir nulla e sopprimere l’impulso di tirargli un pugno in pieno volto. Si strinse meglio nel suo mantello ed entrò anche lui nel camino. In quel momento una parte di sé avrebbe voluto che Lucius fosse dietro di lui: nonostante fosse sicuro di se stesso e si fosse informato su come funzionasse, non aveva mai viaggiato prima d’allora con la Metropolvere e pian piano il dubbio – sì, perché non era paura era una possibilità – di poter sbagliare gli si stava creando nella mente.

Prese un profondo respiro, della polvere gli finì su per le narici, costringendolo a tossire. «D-Diagon Ally!» pronunciò tra un colpo di tosse e l’altro per poi lanciare a terra la cenere e sparire anche lui nelle medesime fiamme verdi.

… … … …

Tossì un paio di volte mentre con una mano smuoveva appena l’aria davanti a sé per scacciare la polvere che riempiva la stanza, si mise in piedi traballando appena, ancora il vuoto nello stomaco causato dalla Metropolvere. Avanzò a tentoni, appoggiandosi a un tavolo di legno, marcio e usurato dal tempo, per aspettare che la vista appanata si abituasse al buio che lo circondava. Non passò nemmeno un minuto che lentamente iniziava a distinguere i contorni dei mobili attorno a lui; ‘Sicuramente non sono a Diagon Alley’ pensò amaramente e con un velo rabbia Potter, lanciando una veloce occhiata alle finestre, troppo impolverate per riuscire a vedere cosa ci fosse al di là di esse. Iniziò a compiere un paio di passi incerti nella stanza, pensando a cosa potesse fare per uscire da quella scomoda situazione nella quale si era cacciato.

Il problema principale, ora come ora, era riuscire a capire dove si trovasse. Almeno, era sicuramente ancora nel Mondo Magico a giudicare da tutti quegli strani oggetti – mani impagliate, teschi dentro a delle bottiglie, collane con pendenti azzuri e barattoli pieni di occhi – sparsi ovunque; si avvicinò a uno di essi e notò un cartellino con un prezzo: si trovava in un negozio, evidentemente chiuso dalla mancanza di personale e dalle luci spente.

Si avvicinò alla porta, pregando con tutto se stesso che non fosse chiusa, e posò la mano sulla sucida maniglia d’ottone – non senza una smorfia di disgusto. Girò il pomello, tirando appena. La porta non si mosse di un millimetro. Riprovò con più forza, ma tutto quello che ottenne fu un rumore chiassoso prodotto dal legno cigolante che riempì il silenzio dell’ambiente.

Una luce si accese alle sue spalle. Harry si voltò di scatto e vide una rampa di scale illuminate da un fascio di luce proveniente dal piano di sopra; un rumore di passi e poi una voce, gracchiante e roca come quella di un uomo anziano appena svegliato.

«Chi è? Non leggete i cartelli?! È chiuso!»

Un brivido percorse la schiena del bambino che riprese con forza a provare ad aprire la porta. ‘Giustamente il negoziante vive sopra il suo emporio…’ pensò sarcasticamente mentre la consapevolezza d’essere in trappola si faceva sempre più nitida nella sua mente mano a mano che i passi si avvicinavo, lentamente.

«Sto arrivando! Sto arrivando! E smettetela di tirare la porta prima che me la scardiniate!» la voce era sempre più vicina, così come i passi che lentamete si trascinavano sul pavimento scricchiolante. Aveva iniziato a scendere le scale ed Harry ruscì a vedere le sagome dei piedi dell’uomo riflessa nei vetri fare molto lentamente uno scalino dopo l’altro.

Harry aveva la fronte imperlata di fredde gocce di sudore mentre cercava con tutto se stesso di mettere da parte il panico che gli stava attanagliando le meningi per provare a rangionare, a pensare come potesse uscire da quel luogo e scappare il più velocemente possibile. Chiuse gli occhi, cercando, per quanto fosse possibile, di esternarsi completamente da quella situazione; sospirò e serrò maggiormente la presa sulla maniglia.

La serratura scattò, quello fu l’unico suono che le orecchie del bambino riuscirono a registrare ignorando completamente la voce del vecchio negoziante che, stupito, gli stava urlando dietro prendendolo per un ladro. Aprì di scatto la porta, facendola cigolare, prima di buttarsi in strada e iniziare a correre il più velocemente possibile.

Non si girò a guardare l’uomo che era riuscito a trascinarsi verso la porta inveirgli contro urlando ‘al ladro’ il più forte possibile nella speranza di veder qualcuno correre ad aiutarlo. Ma Harry non era un ladro, no quello era tutto uno stupido equivoco nato dalla troppa sicurezza che aveva di sé e ora si ritrovava in un posto che non conosceva, lontano da casa e senza alcun modo di chiamare qualcuno per chiedere aiuto.

Corse finché aveva fiato nei polmoni lungo quella via sporca e stretta, costeggiata da entrambi i lati da edifici mal ridotti e pericolandi che davano l’imressione di poter cadere da un momento all’altro. I muri dei palazzi erano incrostati di strane sostanze, o forse era solamento il poco intonaco che rimaneva a dare quell’effetto, le persiane erano rotte e pericolanti e molti vetri erano rotti oppure mancavano direttamente. La strada era una grossa buca unica, erano più i punt in cui il vecchio ciotolato era saltato via che quello in cui c’era ancora ed Harry dovette recuperare l’equilibrio diverse volte per non cadere dopo aver messo il piede dentro quelle aperture.

Svoltò un angolo, finendo in uno stretto vicolo malodorante i cui muri erano pieni di scritte e qua e la c’erano vecchi manifesti, strappati e sgualciti dal tempo. Potter appoggiò la nuca al muro alle sue spalle e chiuse gli occhi nella speranza di riuscire a regolare il respiro, il petto gli si alzava e abbassava velocemente all’interno della camica mentre alcune ciocche di capelli gli si erano attaccate alla nuca per il sudore. Teneva le labbra socchiuse cercando di far arrivare dell’aria ai polmoni e al cuore che in quel momento stava battendo talmente forte da poter rompergli la cassa toracica da un momento all’altro.

Si alzò appena gli occhiali sulla testa per massaggiarsi il naso con il pollice e l’indice cercando di far pulizia nella mente. Doveva riuscire a capire dove si trovava. Sentì in lontananza il rumore di un treno che frenava, un cane che litigava con un gatto e i loro versi, le sirene delle volanti della polizia e il rombo di un tuono in lontanza; stava tendendo spasmodicamente le orecchie nella speranza di captare un suono qualsiasi in grado di fornirgli indicazioni più precise sul luogo in cui si trovava. Pochi secondi dopo il rintocco potente di un orologio seguto a ruota da delle campane gli squarciò la mente come un fulmine a ciel sereno, alzò lo sguardo e gli smussati contorni della scura sagoma del Big Ben dietro le nuvole lo colpì. Era ancora a Londra.

Riuscì a malapena a formulare quel pensiero che si sentì afferrare per le spalle e sollevare da terra, la sua schiena sbattè contro il freddo umido muro alle sue spalle. Sgranò gli occhi e il volto di un uomo sulla cinquantina occupò totalmente il suo campo visivo, aveva una zazzera di unti brizzolati capelli color carota, la barba sfatta e il viso sporco così come i lorgori vestiti che indossava.

«Ti sei perso ragazzino?» chiese ridendo.

Il pesante puzzo di alcol che emanava il suo alito trapassò violentemente le narici di Harry, nauseandolo. Strinse i denti impedendo a un conato di vomito di formarsi dentro di lui. «Mi lasci andare.» sibilò, freddo e controllato puntando gli occhi smeraldini in quelli marroni dell’altro.

«Ma senti un po’ mocciosio, credi di potermi dare ordini?» l’uomo rovesciò la testa all’indietro mentre si lasciava andare a una bassa risata, una risata di gusto.

Harry iniziò a scalciare, senza riuscire a colpire quello sconosciuto «Le ho detto di lasciarmi andare!» quasi ringhiò, iniziando a perdere la pazienza mentre gli occhi sembravano essere in grado di sputare fuoco.

L’uomo non parve sentirlo, preso dall’osservare il mantello del bambino. Ne prese l’orlo tra le tozze dita osservandolo rapito, per poi finire a ridere quando Potter gli assestò una gomitata per fargl mollare la presa. «Dimmi un po’ moccioso…» iniziò facendosi più vicino, una luce pericolosa ad animargli gli occhi «Devi avere un sacco di soldi per permetterti degli abiti così fottutamente costosi… chi sono la tua mammina e il tuo papino?»

Il moretto impiegò una frazione di secondo per capire quale idea fosse nata nella mente di quell’individuo: voleva rapirlo e chiedere un riscatto nella speranza di venir assecondato. Digrignò i denti mentre ondate di rabbia sempre più forti e frequenti lo squotevano «Le ho detto di lasciarmi andare! E le conviene farlo se non vuole morire come i miei genitori!» quasi urlò, oramai aveva perso il controllo di sé.

L’altro si mise a ridere nuovamente, sbeffeggiandolo. «Ma chi ti credi di essere, eh marmocchio?» Talmente era preso da se stesso, dal suo ego e dal ridere che non si accorse di come gli occhi di Harry stavano lentamente acquisendo una sfumatura cresimi, così in netto contrasto con l’usuale verde.

«Mi sembra che il bambino sia stato chiaro. Lascialo.» una voce fredda, che non ammetteva repliche, risuonò alla spalle dell’uomo che solo in quel momento si acorse di avere la punta di una bacchetta premuta contro la nuca.

Harry ebbe un sussulto nel riconoscere quella voce, alzò lo sguardo, le tracce cremisi sparite dalle sue iridi, sulla nera figura. Severus Piton era lì in piedi in quel sudicio vicolo con la bacchetta tesa e un’espressione indecifrabile sul volto, non rivolse nemmeno una fugace occhiata al moretto, concentrato invece sull’uomo.

«Non sono solito ripetere quello che dico, ma questa volta farò un’eccezione: lascia il ragazzo, subito, sudicio magonò.» ringiò, ma era un ringhio controllato, volta solamente a intimorire con la sua freddezza e pacatezza così assoluti.

La mano che stringeva il colletto della giacca di Harry si aprì di scatto, lasciandolo libero di spostarsi con due falcate dietro il professore di Pozioni. In quel momento fu grato con tutto se stesso al caso che quel pomeriggio aveva condotto Severus Piton in quella sudicia via; il bambino era consepevole che in ogni caso aveva tutta la situazione sotto controllo e che in una manciata di secondi il magonò – come l’aveva chiamato Piton – l’avrebbe lasciato – del resto, Harry, era sempre stato un tipo molto persuasivo – ma poter contare sulla presenza del mago in un momento come quello, dove era sperduto in un posto che non conosceva, lo faceva incredibilmente sentir tranquillo.

Il professorenon aggiunse una parola, limitandosi a rinfoderare la bacchetta in una tasca interna del suo mantello, e così fece Potter mentre lo seguiva fuori dal vicolo. Appena misero piede nella via – così presumeva Harry – principale di quel posto, Severus poso una mano sulla spalla del bambino, stringendola appena come per assicurarsi che restasse al suo fianco. Camminarono in silenzio per quasi una decina di minuti, uno a fianco all’altro, con solo il rumore dei loro passi a fare da sottofondo.

«Si può sapere cosa ci fai a Nocturn Alley, Potter?» sbottò a un certo punto l’uomo, tenendo lo sguardo fisso sulla strada «Non è un posto per bambini e soprattutto non va bene che ti si veda da queste parti.»

Harry alzò lo sguardo su di lui, piegando appena la testa di lato mentre chiedeva: «Perché? Che cos’è Nocturn Alley?»

Piton arricciò appena le labbra in una smorfia infastidita per l’esser stato interrotto «Il quartiere più malfamato, oscuro e sudicio di tutto il Mondo Magico. Per questo non devi stare da queste parti, se quell’uomo ti avesse riconosciuto non si sarebbe fatto scappare l’occasione di prenderti e consegnarti a qualche seguace dell’Oscuro Signore ancora in circolazione.» si fermò per quasi un minuto prima di riprendere «Non sviare la domanda, Potter.»

Il moretto spostò lo sguardo dal mago, trovando stranamente interessanti i suoi piedi «Ho sbagliato a usare la Metropolvere, sarei dovuto andare con Draco a Diagon Alley ma invece sono finito qua…» disse mentre le sue gote si coloravano appena di rosa.

Severus sbuffò sonoramente, ignorando la domanda del piccolo su cosa ci facesse invece lui in quel posto. ‘Lucius è sempre il solito incosciente! Lasciare che un bambino appena entrato in contatto con il Mondo Magico usi la Metropolvere da solo è da pazzi! Chissà cosa sarebbe successo se non fossi dovuto venire a Nocturn Alley per prendere degli ingredienti per le pozioni…’.

«Seguimi.» disse semplicemente il professore mentre aumentava il passo, costringendo Harry ad accelerare per stargli dietro.

Il bambino osservò l’uomo camminare alla sua sinistra, il mantello nero che gli frusciava appena dietro dandogli un’aria misteriosa. Era molto alto, forse anche più di Lucius pensò, mentre osservava le sue lunghe gambe fasciate in un paio di pantaloni neri come la casacca e il mantello, neri come i suoi capelli e i suoi occhi. ‘Evidentemente è il suo colore preferito’ pensò ironicamente Harry mentre il suo sguardo veniva catturato dalle iridi dell’uomo, due profondi pozzi neri senza fine, misteriosi e intriganti, avvolgenti e pericolosi.
«Come mai si trova da queste parti?»

«Non ti interessa Potter. Zitto e cammina.»

Harry non fece altre domande, limitandosi a seguire silenziosamente l’uomo, come se ne fosse l’ombra. Si infilarono in un paio di vicoli, salendo poi alcune scalinate; ad Harry sembrava di girare in tondo, perdendo la cognizione di dove si trovasse ogni volta che girava a destra alla fine di un cunicolo per poi entrare immediatamente in una stretta trasversale sulla sinistra. Ogni mezzo minuto Severus lanciava delle veloci occhiate al bambino per controllare che fosse sempre al suo fianco, sempre a portata di mano e sempre abbastanza lontano da qualunque pericolo.

Quando iniziarono a salire una lunga scalinata, il vociare delle persone, la tipica confusione della via principale piena di negozi nel periodo natalizio si avvicinava sempre di più alle orecchie del giovane Potter. Spostò lo sguardo sulla destra dove un cartello, consumato dal tempo, indicava in grosse lettere Diagon Alley, sempre dritto. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo mentre seguiva Piton nella trafficata strada, i colori sgargianti lo abbagliarono di colpo e i toni allegri dei maghi e delle streghe presero possesso delle sue orecchie insieme alle felici risate, così diversi da quelli cupi di Nocturn Alley e dal silenzio interrotto di tanto in tanto solamente da urla e imprecazioni o vetri e cose che venivano buttate al suolo, rompendosi. Le persone s’incontravano e si fermavano per salutarsi e chiacchierare anche in mezzo alla strada, ostruendo il passaggio alle altre persone, troppo felici per l’arrivo delle feste per irritarsi a causa di qualcuno che decideva di fare salotto nel bel mezzo del corso. Maghi e streghe uscivano dai negozi con le braccia piene di pacchetti regalo tutti colorati e dalle più svariate dimensioni.

«Signore?»

Severus alzò gli occhi al cielo «Dimmi Potter.»

«Cosa potrei regalare a Lucius, Draco e Narcissa?» chiese genuinamente alzando lo sguardo su di lui.

«Non c’è bisogno che tu gliene faccia uno. E poi, quali soldi useresti?» concluse con una vena di sarcasmo nella voce.

Harry infilò la mano destra nella tasca dei calzoni e ne tirò fuori una sacchetta di cuoio, stretta in cima da un laccio verde di cauciù; l’aprì e ne mostrò il contenuto all’uomo: una dozzina di banconote e due manciate di monete babbane. «Sono miei. All’orfanotrofio per il compleanno e per Nataleerano soliti darci qualche sterlina a testa – non ho mai speso i soldi che mi davano perché non ho mai sentito il bisogno di comprarmi qualcosa – e quando me ne sono andato il direttore e la segretaria dell’orfanotrofio mi hanno dato venti sterline a testa; so che non è molto ma è tutto quello che ho e pensavo di andare a far cambiare tutto alla Gringott.» spiegò per poi continuare più impacciato «E poi voglio farglielo, nel senso, sono le prime persone di cui mi ricordo e di cui mi ricorderò che posso definire famiglia e…»

«Risparmiati i sentimentalisimi, Potter.» lo fermò il professore sbuffando e con un’espressione disgustata sul volto «A Draco puoi prendere qualcosa inerente al Quidditch, mentre a Narcissa un libro o un qualcosa per i capelli, per Lucius credo possa andar bene un libro o qualcosa per lo studio come una penna o un tagliacarte.»

Il bambino lasciò spazio sul suo volto a un largo luminoso sorriso «Grazie!»

… … … …

Harry entrò nel negozio di Madama McClane, chiudendosi la porta alle spalle dopo essersi pulito la suola delle scarpe sullo zerbino ai suoi piedi. Si tolse il mantello, piegandolo ordinatamente, quando la sarta fece capolino nella stanza dalla porta che Harry sapeva portava al camerino prova dove la donna prendeva le misure per gli abiti.

«Oh, Signor Potter, ben arrivato!»

«Buon pomeriggio Madama McClane.» salutò mentre seguiva la strega nella piccola stanzetta.

Draco era in piedi su uno sgabello al centro della saletta, le braccia aperte e un espressione annoiata sul volto mentre un metro magico finiva di prendergli le ultime misure per aggiustare il vestito che indossava in quel momento. Era un abito da sera classico composto da una camicia di seta argentea dello stesso colore della cravatta, il tutto pefettamente intonato con i calzoni e la giacca, appena più lunga sul dietro, colore del ghiaccio; quel completo faceva risaltare incredibilmente i suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondissimi.
Dopo esser uscito dal camino, il giovane erede di casa Malfoy si era ritrovato all’interno del Paiolo Magico e ben poca voglia di stare lì ad aspettare l’altro ma si disse che doveva farlo perché era un Purosangue e suo padre gli aveva detto di badare a Potter e un degno Purosangue segue sempre gli ordini del patriarca del suo casato. Attese per quelle che a lui parvero ore – mentre in realtà erano soltanto una decina di minuti stando a quello che segnava l’orologio a pendolo appoggiato al muro – prima di decidere di mandare Potter al Tartaro e avviarsi per conto suo da Madama McClane: l’ultima cosa di cui aveva voglia quel giorno era perdere il suo preziosissimo tempo, voleva tornare a casa il prima possibile per continuare a mettere in ordine la sua preziosissima collezione di Gobbiglie.

Insomma, del resto Potter si vantava tanto di essere un gran genio, no? Bene. Allora sarebbe potuto benissimo essere in grado di trovare la strada anche da solo e poi c’era già andato con sua madre. Arrivato quindi da Madama McClane non si preoccupò più di tanto, confidando che l’altrosarebbe comparso – imponendogli la sua odiosa presenza – di lì a pochi minuti. Mano a mano che il tempo passava e la sarta iniziava a chiedergli dove fosse finito Harry, qualcosa dentro di lui iniziò a fargli pensare che, magari, avrebbe dovuto aspettarlo e che se gli fosse successo qualcosa suo padre non gliel’avrebbe fatta certamente passare liscia.

Harry si sedette su uno sgabello libero in un angolo ella stanza, incrociando appena le caviglie, e Draco sospirò internamente di sollievo nel notare che l’altro sebrava non riportare su di sé alcun livido o taglio, solo un po’di polvere sull’orlo del mantello.

«Si può sapre dove eri finito?» chiese scocciato Draco mentre Madama McClane riprendeva da dove si era interrotta poco prima, accorciando una manica della giacca.

«Sapevo che tu saresti stato il primo così ho deciso di farmi un giro per ingannare il tempo.» rispose semplicemente, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra mentre alcuni fiocchi di neve iniziavano a scendere dal cielo. Non era esattamente una bugia quella che gli aveva appena raccontato, era una sorta di mezza verità, una verità celata dove lui aveva solamente taciuto come mai aveva fatto un giro. Non avrebbe mai detto a Draco di essersi perso, sarebbe stata come una piccola sconfitta per lui: un’ammissione del fatto che aveva bisogno del suo aiuto per usare la Metropolvere.

Seguirono minuti di silenzio, interrotto solamente ogni tanto dai tacchi della strega che risuonavano sul pavimento di legno, che Harry occupò facendo vagare lo sguardo sulla via principale di Diagon Alley, ora interamente ricoperta da candida neve. Quando Madama McClane annunciò di aver finito, Draco non disse nulla: scese dallo sgabello e si mise il mantello sulle spalle allacciando gli alamari d’argento.

«Io vado a casa. Ti aspetto là.» annunciò sempilcemente mentre apriva la porta del negozio e usciva sulla strada trafficata dove i maghi non si lasciavano intimorire dal maltempo, troppo impegnati nel riuscire ad acquistare tutti i regali per il Natale oramai alle porte.

Potter roteò gli occhi, prendendo il posto lasciato libero dal fratellastro sullo sgabello. Quando avrà finito con l’abito avrebbe fatto un giro per Diagon Alley alla ricerca di un buon regalo per Lucius, Narcissa, Severus – dopotutto lo aveva salvato poco prima, no? – e, sì, anche per Draco solo per ribadire quanto fosse maturo e quanto le sue continue frecciatine e i suoi scherzi stupidi non lo toccassero minimamente.

«So che non dovrei chiederlo, ma si comporta sempre così?» domandò la strega mentre gli si avvicinava dopo aver piegato e appeso al suo posto il vestito del giovane Malfoy.

Harry si limito a scrollare le spalle «A volte è difficile abituarsi alle novità.» rispose vago facendo scorrere lo sguardo sugli scaffali pieni di rotoli di stoffe di svariati tessuti e colori.

La sarta non aggiunse altro, con un veloce colpo di bacchetta fece apparire addosso a Potter un abito con lo stesso taglio di quello di Draco, solo i colori erano diversi: un chiaro verde smeraldo e un grigio perla. «Non avendo ricevuto particolari indicazioni dalla Signora Malfoy per il suo abito, Signor Potter, ho pensato di adottare lo stesso stile di quello del Signorino Malfoy, cambiando solamente i colori in modo che mettessero in risalto i suoi occhi.» spiegò mentre sistemava le maniche della giacca, accorciandole appena e segnando i punti con degli spilli «Allora, cosa ne pensa?» aggiunse notando che il bambino non diceva nulla.

Il moretto ammirava la sua figura riflessa nello specchio a figura intera davanti a lui. Quello era davvero un gran bell’abito, non c’erano obbiezioni, e anche la scelta dei colori gli calzava a pennello facendo risaltare l’avvolgente nero dei suoi capelli e il brillante verde dei suoi occhi. Però… C’era quel però che Harry non sapeva bene cosa fosse, a cosa si riferisse. Il taglio di quel completo era così diverso da quello a cui si era abituato a vedere nel Mondo Babbano: simboleggiava un ulteriore distacco da quella che era stata la sua vita prima d’allora, il centro del suo mondo e forse non era ancora pronto a separarsi da quella cultura. Voleva che quell’abito gli ricordasse da dove veniva, qual’era il luogo che lo aveva reso com’era in quel momento: forte, intelligente, astuto, ambizioso e pieno di risorse in qualsiasi momento; voleva che quella sera, durantequel ballo, chiunque lo guardasse si ricordasse dove era cresciuto e che una parte della sua vita era e sarebbe per sempre costituita da quello che c’era al di fuori della magia.

«I colori mi piacciono, sono perfetti.» disse Harry mentre controllava come il tessuto dei calzoni gli fasciava le gambe «Però… volevo chiederle, è possibile apportare delle modifiche?» domandò senza distogliere lo sguardo dalla sua immagine riflessa nello specchio.

«Delle modifiche?» ripeté con una nota incerta nella voce.

«Sì, delle modifiche, crede che si possano effettuare? Niente di grosso: solamente dei piccoli accorgimenti qua e là.» spiegò il bambino sorridendo.

«Non so se la signora Mlafoy–» iniziò la sarta.

«Narcissa mi ha datocarta bianca per questo abito, mi ha autorizzato ad apportare delle modifiche se lo ritenevo opportuno.» spiegò con un tono pragmatico l’altro, con un piccolo movimento della mano a sottolineare le sue parole.

«Molto bene, in questo caso allora… Mi dica a cosa aveva pensato, Signor Potter.»

Harry, sorrise e con un luccichio di trionfo negli occhi negli occhi smeraldini iniziava a spiegare alla sarta quello che aveva in mente. Narcissa non lo aveva autorizzato a decidere da solo quali modifiche e come effetturale, ma, ne era sicuro, né lei né Lucius avrebbero trovato qualcosa da obbiettare.






***ANGOLINO DI SARATRIX***
E anche questa volta sono in super ritardo, ma sono dovuta partire per il mare dove non ho potuto partarmi dietro il computer e non avevo nemmeno il Wi-Fi e, vi giuro, scrivere e pubblicare i cpitoli dal telefono è davvero difficilissimo e la connessione dove mi trovavo era devvero pessima e ogni due per tre mi ricaricava la pagina dell'editor per l'hatml.
In ogni caso, inizio con lo scusarmi per gli eventuali errori di battuta qua e là, ma non so come mai il correttore automatico di Word ha gentilmente deciso di smettere di funzionare e non riesco a farlo ripartire; digitando sulla tastiera molto velocemente, spesso mi lascio alle spalle alcuni errori di battitura e troppo spesso rileggendo il capitolo non me ne accorgo.

Detto ciò, spero che il capitolo vi piaccia e che mi lasciate presto delle recensioni per farmi sapere cosa ne pensate
Un bacio e a presto


Saratrix

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