The snake's bite di Saratrix (/viewuser.php?uid=412098)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~ Prologo ~ ***
Capitolo 2: *** ~ Capitolo 1 ~ REMIND ***
Capitolo 3: *** ~ Capitolo 2 ~ NEW LIFE ***
Capitolo 4: *** ~Capitolo 3~ I’M DRACO MALFOY ***
Capitolo 5: *** ~Capitolo 4~ SEVERUS SNAPE ***
Capitolo 6: *** ~Capitolo 5~ ENVY ***
Capitolo 7: *** ~Capitolo 6~ THE TASK OF CONTROL ***
Capitolo 8: *** ~Capitolo 7~ SOMETHING DIFFERENT ***
Capitolo 1 *** ~ Prologo ~ ***
~Prologo~
Tap. Top.
Tap. Top. Tap. Top. Tap. Top.
«Vuoi
smetterla? È fastidioso.» domandò una
voce alquanto irritata.
«Scusa
Narcissa.» disse l’uomo appoggiando il bastone alla
sedia.
«Sì
può sapere cosa c’è scritto in quella
benedetta lettera?
È da quando l’hai ricevuta, ergo quindici minuti
fa, che continui a rileggerla
e a far rimbalzare a terra quel tuo dannatissimo bastone.»
Lucius
piegò la lettera e se la mise in tasca con movimenti
lenti, la fronte aggrottata. Per dirla tutta, quindici minuti erano ben
pochi
per riuscire a realizzare appieno ciò che era scritto su
quel pezzo di pergamena
a detta del padrone di casa. Già solo il fatto di ricevere
una missiva con il
sigillo del Ministero alle nove di Sabato mattina dal gufo personale di
Cornelius Caramel non era cosa da tutti i giorni. Come se non bastasse,
il
contenuto della lettera era stato scritto di gran fretta e non era
stata
osservata nessuna regola d’impostazione: la data e il luogo
non c’erano, così
come il ‘Caro’
o il ‘Carissimo’
di commiato; l’unica cosa
presente era la firma, un semplice ‘Cornelius’
alla fine.
Se a
tutto ciò si aggiungeva il fatto che era il Ministro e
– addirittura, signori e signore – il grandissimo
Albus Silente lo aspettavano
il prima possibile non al Ministero, nel Manor di Caramel, a Hogwarts o
a casa
del Vecchio Pazzo ma in una sudicia via periferica della Londra
babbana, la
cosa era davvero molto strana e sospetta!
Che
avessero capito che non era mai stato sotto Imperius
durante la Guerra, ma che in realtà
aveva sempre deciso di seguire ed eseguire gli ordini del Signore
Oscuro
volontariamente? E che quindi ad aspettarlo ci fossero anche gli Auror
al
completo, pronti a sbatterlo ad Azkaban per il resto della vita?
Ma
se così fosse, perché mai non gli avevano
già abbattuto
il portone di casa?
Insomma,
per concludere i suoi ragionamenti e mettere un
freno alla sua immaginazione, decise di andare all’incontro
per scoprire cosa
realmente stesse accadendo.
Senza
dire una parola impugno il suo bastone, si alzò dalla
poltrona della sua scrivania nello studio, sotto lo sguardo curioso
della
moglie, prese il mantello appoggiato su un mobile lì accanto
e si avviò verso
l’uscita della stanza.
«Lucius!»
lo chiamò Narcissa alzandosi a sua volta «Dove
stai andando?»
«Non
so se torno per pranzo, in caso non aspettatemi.» disse
semplicemente l’uomo senza girarsi poco prima di chiudersi la
porta in legno di
mogano alle spalle.
...
… … …
Lucius
uscì dal vicolo nel quale si era materializzato.
Tutto in quel luogo odorava di marcio e di spazzatura, i bidoni erano
stracolmi, scatoloni di cartone e
di
plastica erano abbandonati qua e là e innumerevoli
pozzanghere d’acqua mista a
fango che riempivano i buchi sull’asfalto.
Storcendo
il naso in una smorfia disgustata, Malfoy scoccò
un’ultima occhiata a quel vicolo fatiscente prima di cercare
con lo sguardo
Caramel e Silente. Se una piccola patte di lui aveva sperato che una
volta
giunto in strada le condizioni igieniche e stilistiche sarebbero state
migliori, be’ si dovette ricredere immediatamente: si poteva
tranquillamente
dire che la via sulla quale affacciava il vicolo era l’esatta
coppia di
quest’ultimo.
Lucius
notò il Ministro e il Preside di Hogwarts
all’inizio
della via che parlottavano a bassa voce fra loro. Sospirando e deciso a
capire
una volta per tutte cosa stesse succedendo, l’uomo si
avviò verso i due maghi.
Mano a mano che si avvicinava loro notò che la conversazione
tra i due era animata nonostante a
chiunque sarebbe
sembrata del tutto normale. Ma Lucius Abraxas Malfoy non era chiunque: per fuggire alla carcerazione
ad Azkaban sei anni prima dovette fare, come si dice, ‘buon
viso a cattivo gioco’ entrando nella ristretta
cricchia degli
uomini fidati di Cornelius Caramel, favorito per diventare il prossimo
Ministro.
Infatti
si accorse proprio dal frenetico tamburellare delle
dita sul bordo della bombetta e dalla lieve sfumatura rossastra che le
orecchie
di quest’ultimo stavano prendendo che l’argomento
della conversazione non era
adatto al thè delle cinque.
«Signor
Ministro, professor Silente, buongiorno.» salutò
Malfoy per manifestare la sua presenza ai due che non si erano
minimamente
accorti della sua comparsa.
«Oh,
Lucius, ti stavamo aspettando!» sorrise nervosamente
Caramel, lanciando una rapida occhiata all’uomo alla sua
destra.
«Signor
Malfoy.» salutò lapidariamente il vecchio mago.
«Devo
ammettere di esser stato… come dire… sorpreso di ricevere la sua lettera
questa mattina, Ministro. Posso chiederle cosa l’ha costretta
a volermi vedere
così all’improvviso e in un posto
così…» vece una smorfia di disgusto,
facendo
scorrere lo sguardo glaciale sulla strada «insolito,
per così dire?»
Cornelius
sospirò rimettendosi la bombetta verde smeraldo
sul capo. Lanciò un’altra occhiata a Silente, come
per assicurarsi che il
vecchio mago non avesse intenzione di fermarlo, prima di iniziare a
parlare.
«Comprenderei pienamente la tua sorpresa in questo momento,
Lucius, se mi
trovassi al tuo posto. Ma recenti avvenimenti mi hanno portato a dover
prendere
un’importantissima decisione il prima possibile.»
Il
mago lanciò un’occhiata all’edifico
affacciato sulla
strada che stava qualche metro più avanti. Era grigio,
tetro, in stile gotico e
sopra il cancello in ferro battuto si leggeva chiara la scritta ‘Orfanotrofio St. Luise’.
«So
bene che ti sto chiedendo molto, so anche che ti
ritroverai tra poco a dovermi dare una risposta difficile, Narcissa ne
è
all’oscuro ma dobbiamo agire in fretta prima che la
situazione peggiori. Devi
dirmi solo ‘sì’
oppure ‘no’.
Lucius, amico mio, ti sto
chiedendo di adottare e crescere come se fosse tuo figlio Harry Potter.»
***NOTE DI SARATRIX***
Buonsalve a
tutti!
Inizio con il
dire che avevo questa storia in mente già da un bel po' di
tempo ma che purtroppo solo ora ho trovato il tempo per scriverla. Come
prologo è un po' corto, ma volevo che questo spezzone desse
solo un'idea generale dell'inizio della storia; in ogni caso il primo
capitolo è già scritto e... è davvero
molto ma molto lungo, quindi si recupera subito! :-)
Vi lascio fino
a Venerdì in suspance per scoprire se Lucius
deciderà di adottare il nosro caro Harry, anche se credo che
la risposta sia alquanto scontata ora che ci penso... xD
Spero che la
storia vi piaccia e che decidiate di seguirla in tanti e, magari di
lasciarmi anche una piccola recensione: mi farebbe davvero piaere
sentire la vostra opinione! :-D
Un bacio e a
presto
SARATRIX
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Capitolo 2 *** ~ Capitolo 1 ~ REMIND ***
~Capitolo
1~
REMIND
Il
cancello in ferro battuto cigolò mentre veniva spinto da
Silente per lasciarlo entrare nel cortile dell’orfanotrofio
insieme agli altri
due uomini.
Lucius
era immerso nei propri pensieri, quasi non si accorse
di star salendo le scale che conducevano al portone
dell’edificio e che la
segretaria – una signora un po’ bassotta, anziana e
con i capelli grigi a
caschetto – era andata loro incontro chiedendo come potesse
aiutarli. Era come
se stesse rivivendo per la centesima volta la discussione di poco prima
tra lui
e Caramell
…
… … …
Malfoy sbatté
ripetutamente le palpebre, lasciando che la sua maschera
d’assoluta compostezza
cadesse per terra ‘Ho capito bene? Mi sta
seriamente chiedendo di adottare
Harry Potter?’ «C-come
scusi?»
Il Ministro sospirò,
guardandosi nervosamente attorno, come per accertarsi che nessuno
stesse
spiando la loro conversazione «Dopo che Tu-sai-chi
uccise i Potter e il piccolo Harry divenne
orfano, Albus decise di
affidarlo alle cure degli zii del bambino, la sorella di Lily Evans e
suo
marito, Petunia e Vernon Dursley.» scoccò
un’occhiata a Silente prima di
continuare «Essendo i parenti più stretti del
bambino, toccava a loro averne la
tutela, ma questi decisero di abbandonarlo e lo diedero alle cure
dell’orfanotrofio St. Luise.»
Lucius aggrottò la
fronte, facendo scorrere rapidamente lo sguardo sull’edificio
infondo alla
strada. «Sì, ma… non capisco
perché abbiate scelto proprio me e Narcissa. Non potevate adottarlo lei, Ministro?»
Cornelius estrasse
dalla tasca interna del mantello un pezzo di pergamena e lo porse a
Malfoy.
Questo la prese e l’aprì. Era indubbiamente un
albero genealogico «È la
famiglia del piccolo Harry. Guarda il cognome della madre di James
Potter e credo
che capirai.»
Malfoy alzò un
sopracciglio e lo fece. Dorea Black. Rilesse
più volte il nome, seguì velocemente il ramo che
univa quel nome agli altri
alla sua sinistra fino a trovarli. Il suo nome, quello di Narcissa e
quello di
Draco. ‘La nonna del Moccioso è una
Black? Perché Narcissa non mi ha mai
detto niente a riguardo? Questo significa che, anche se alla lontana
siamo
imparentati.’
«Io… non ne sapevo
niente… Narcissa non mi ha mai accennato al fatto che la
madre di James Potter
fosse una Black.» sussurrò Lucius.
«Questo perché quando
Dorea decise di sposare Charlus, venne rinnegata dalla sua famiglia;
dopotutto
Charlus era considerato un traditore del suo sangue.» disse Silente duramente, fissando negli
occhi Malfoy.
Il biondo fece una
lieve smorfia «Non capisco perché proprio la mia
famiglia. Perché non avete scelto
invece Andromeda,
la sorella di Narcissa, e suo marito? Sono imparentati con il bambino
tanto
quanto noi.»
Cornelius rispose alla
domanda velocemente, alzando appena il tono della voce e fissando
Silente negli
occhi «È stato quello che mi ha detto anche Albus.
Purtroppo mi sono convinto
fin da subito che affidare Harry a te sarebbe stata la scelta migliore:
hai un
figlio della sua stessa età con il quale potrebbe giocare,
con le tue risorse
economiche puoi fornirgli tutti gli stimoli necessari per la crescita
-è solo
Merlino sa cosa può aver bisogno quel bambino con tutto
quello che ha dovuto
passare…- e poi mi fido di te e sono sicuro che tratterai
Harry come un secondo
figlio.»
Ci fu un breve
silenzio prima che il Ministro continuasse a parlare. Caramell si
avvicinò di
più a Lucius e abbassò la voce a tal punto da
sussurrare.
«Ci sono stati anche
episodi di magia. Sono iniziati circa due anni fa, inizialmente abbiamo
pensato
che fosse soltanto un vecchio Magonò – un certo
Gregor Teskin – che abitava qui
vicino, credevamo che stesse continuando a provare ad accendere la
piccolissima
fiaccola magica in lui e non abbiamo subito dato molto peso alla cosa.
Con il
tempo però questi episodi diventavano sempre più
frequenti e quando alla morte di
Teskin sei mesi fa questi non cessarono, anzi iniziarono a crescere
anche di
potenza, decidemmo di indagare. Mandai Kingsley Schacklebolt a indagare
e gli
chiesi di mandare il rapporto direttamente a me. Rimasi sbalordito nel
leggere
il contenuto della cartella che mi arrivò dopo una
settimana: l’Auror affermava
che si trattava di Magia Involontaria a opera di Harry Potter! Il problema è che non c’era niente di involontario negli incantesimi del
piccolo, era come se Harry si fosse reso conto di ciò che
è in grado di fare e
avesse iniziato a usare il suo potere a sua piacimento. Non mi
crederai,
Lucius, ma Kingsley afferma che Potter è in grado di Obliviare le persone con il pensiero, quando e come
vuole. E questo è solo il male minore.»
Lucius inarcò le sopracciglia
verso l’alto in un’espressione sorpresa. ‘Quindi
Harry Potter, il Prescelto
ha un lato oscuro e misterioso? Ed è talmente potente da
essere in grado a
sette anni di controllare completamente la magia e di Obliviare le
persone?’ Scoprire cosa si
nascondesse veramente sotto
la maschera il Mondo Magico aveva fatto indossare al suo Salvatore
intrigava e
spaventava l’uomo al tempo stesso, pensare di poter avere in
futuro il ragazzo
dalla sua parte gli trasmetteva un senso
d’invincibilità e debolezza, immaginarsi
lui e Narcissa che vanno a prendere Draco e Potter alla stazione di
King’s
Cross dopo il loro ultimo anno a Hogwarts gli suscitava sia orgoglio
sia
rammarico.
«Allora Lucius,
accetti?» chiese impaziente Caramell.
Senza ragionarci,
senza rendersi nemmeno conto che le parole gli uscivano dalla bocca,
accorgendosi di quello che aveva fatto solo dopo aver visto
l’ampio sorriso sul
volto di Cornelius e il rabbuiarsi di quello di Silente, Malfoy
rispose: «Sì,
Ministro, adotterò Harry Potter.»
…
… … …
«Devo
ammettere che è strano. In tutti questi anni Harry non
ha mai ricevuto visite, credevamo che gli unici parenti rimastigli
fossero gli
zii che l’hanno affidato alle nostre cure sei anni
fa.» la voce roca e bassa di
Roger Timber, direttore dell’orfanotrofio, risuonò
tra le pareti dell’ufficio.
«I
rapporti con quel ramo della famiglia si ruppero
moltissimi anni addietro. Circa due anni fa io e mia moglie abbiamo
deciso di
comune accordo di provare a riallacciare i legami e dopo mesi di
ricerche e
indagini abbiamo scoperto che i genitori di Harry, Lily e James Potter,
morirono sei anni fa in un incidente automobilistico. Così
rintracciammo la
sorella della madre del bambino per scoprire come stava il ragazzo e se
potevamo fare qualcosa per aiutarli, ma dopo più di un anno
di silenzio dei
coniugi Dursley, abbiamo scoperto che avevano portato Harry in questo
orfanotrofio. Da quel momento io e Narcissa decidemmo di accoglierlo
nella
nostra famiglia, dopotutto siamo parenti.»
Il
tono di Lucius era calmo e tranquillo mentre rispondeva a
una delle numerose domande dell’uomo di fronte a lui.
Timber
annuì, accarezzandosi con il pollice il pizzetto ben
curato «Capisco
Scusi la mia domanda, ma se posso
permettermi, come mai non è
venuta anche sua moglie e al contrario è stato accompagnato
da questi due suoi
amici, Signor Malfoy?»
«Io
e Narcissa abbiamo un figlio piccolo, nato da quasi un
mese e non ce la siamo sentiti di costringerlo a fare molte ore di
viaggio
visto che non abitiamo qui vicino.» disse semplicemente
Lucius accompagnando le
sue parole con i movimenti delle mani. «Mentre per quanto
riguarda Cornelius e
Albus, il primo è il notaio di famiglia che mi ha aiutato me
e mia moglie a
rintracciare Harry e a procurarci i dovuti documenti, mentre il secondo
è un
amico dei genitori del ragazzo.»
«Molto
bene. Se le cose stanno così e con i fogli che mi
avete portato, l’affido del piccolo Harry è vostro
di diritto, Signor Malfoy.
Devo ammetterlo comunque, tra tutti i bambini che ospitiamo
all’istituto Harry
è sempre stato il mio preferito: fin da subito si
è dimostrato educato, gentile
e disponibile verso i compagni, intelligente e veloce
nell’apprendimento. Ha
qualcosa di magico che fa in modo
che
sia benvoluto da chiunque abbia attorno.» disse Roger Timber
sorridendo appena
per poi alzarsi dalla sedia «Mentre preparo i documenti per
l’adozione potreste
andare a fare due chiacchiere e a conoscere Harry, a
quest’ora credo proprio
sia nella sua stanza. La Signora Furtely, vi
accompagnerà.» concluse chiamando
quest’ultima.
La
donna che prima si era presentata loro come segretaria
apparve nella stanza e accompagnò gentilmente i tre maghi
nella stanza di
Harry. I corridoi dell’orfanotrofio erano stretti e cupi,
illuminati qua e là
da piccole finestrelle che facevano entrare i tenui raggi solari
d’Inverno.
Salirono delle scale a chiocciola che li portarono nell’ala
riservata al
dormitorio maschile. Le pareti erano ricoperte da una vecchia carta da
parati
blu, il pavimento in legno scuro e coperto al centro da un lungo
tappeto bianco
sgualcito ai bordi e l’unica fonte d’illuminazione
era costituita dalle lampade
appese al soffitto.
Sulla
sinistra a metà corridoio, vicino a una porta bianca
come le altre, c’era una targhetta in ferro con sopra scritto
in calligrafia
elegante:
‘Harry James Potter
Nato il 31 Luglio 1980
– arrivato il 3 Novembre 1981
Luogo di nascita ignoto – probabile parto
in casa’
La
Signora Furtely bussò alla porta «Harry caro, hai
delle
visite.» disse dolcemente.
Dall’altra
parte dell’uscio un bambino era seduto a gambe
incrociate sul davanzale, la testa appoggiata alla finestra che dava
sul
cortile anteriore dell’orfanotrofio e lo sguardo perso
chissà dove. Aveva un
libro appoggiato sul ginocchio con la scritta ‘L’isola
del tesoro di Robert Stevenson’ e due dita erano
ancora
tra le pagine, a tenere il segno su pagina 143. Quando sentì
bussare si
riscosse dai suoi pensieri e fissò lo sguardo sulla porta di
legno.
«Avanti!»
disse allegramente.
La
segretaria abbassò la maniglia ed entrò nella
stanza
seguita da Lucius, Caramell e Silente «Buongiorno,
Harry.»
«Buongiorno
Signora Furtely, come sta?» chiese il bambino
mentre scendeva dal davanzale e metteva il segnalibro tra le pagine.
«Molto
bene, grazie piccolo. Ti volevo presentare il Signor
Malfoy, il Signor Caramell e il Professor Silente.» disse la
segretaria
indicando di volta i volta chi presentava «Ti spiegheranno
meglio loro chi sono
e come mai sono venuti qui. Mi raccomando, educato come
sempre.» concluse con
un piccolo sorriso triste.
Potter
corrugò appena la fronte ma tenendo sempre le labbra
incurvate verso l’alto «Certamente Signora
Furtely!»
La
donna gli regalò un altro piccolo sorriso prima di uscire
dalla stanza. Quando la porta si chiuse, l’espressione di
Harry si trasformò
subito diventando seria, gli occhi pieni d’allegria fino a
poco prima si
trasformarono in due profondi buchi neri che catturavano qualsiasi cosa
tra le
loro iridi smeraldine. ‘Sembra
quasi che
siano stati fatti con l’Anatema che Uccide
dall’intensità di quel verde’,
si ritrovò a pensare Lucius quasi inconsciamente; la
sensazione che provava in
quel momento era identica a quando si presentava per le udienze davanti
al
Wizengamot, era come se quel marmocchio
gli stesse leggendo l’anima.
«Siete
come me, non è vero? È per questo che siete
qui.» il
silenzio venne bruscamente interrotto dalla voce di Harry e solo in
quel
momento Malfoy si accorse che si era seduto nuovamente a gambe
incrociate sul
davanzale della finestra.
«Tu…
come fai a-?» balbettò Caramell prima di venire
interrotto.
«Come
ho fatto a capire che siete dei maghi come me? L’ho
percepito quando avete varcato il cancello dell’orfanotrofio,
è stata la vostra
aura magica ad attirarmi. È normale per uno come me
riconoscere i propri ‘simili’,
no?» chiese mimando le
virgolette con le dita.
«Solo
un mago incredibilmente potente o dotato è in grado di
farlo…» sussurrò appena Silente.
Harry
appoggiò i gomiti sulle ginocchio e il mento sulle
mani, assumendo un’espressione pensierosa.
«Capisco…» ci fu un breve silenzio
«Anche quel signore è un mago non è
vero? Quello che girava da queste parte
circa una settimana fa, intendo. L’avete mandato voi per
assicurarvi che fossi
un mago anch’io?»
Cornelius
spalancò gli occhi «Come hai fatto ad accorgerti
della presenza di Kingsley Schacklebolt?» sbuffò
stizzito «È praticamente il
miglior Auror del Ministero è impossibile che si sia fatto
beccare da un
bambino!»
«Cornelius,
forse faresti meglio a calmarti…» disse
tranquillamente Albus mentre Harry alzava di scatto la chiedendo in
continuazione che cosa fossero questi Auror,
gettando quasi subito la spugna accorgendosi ben presto che Silente e
Caramell
erano troppo presi nella loro conversazione per rispondere a lui.
Potter
incrociò le braccia al petto sbuffando e alzò lo
sguardo, che si incontrò per la prima volta in quella
mattina con uno argenteo.
Il bambino pensò che quei due signori – il vecchio
e il grassoccio – erano
davvero divertenti da guardare mentre bisticciavano e che gli sarebbe
piaciuto
molto studiarli per conoscerli meglio; però la persona ad
incuriosirlo
maggiormente era quell’altro – si chiamava Malfoy
se non errava – che, da
quando era entrato, non aveva smesso un secondo di fissarlo rimanendo
sempre
vicino al muro dall’altra parte della stanza. Si capiva con
un’occhiata che era
una persona facoltosa gli alamari del mantello che indossava
– e in quel
momento Harry si appuntò mentalmente di chiedere anche come
mai fossero tutti e
tre vestiti in un modo tanto assurdo – erano indubbiamente
d’argento, così come
il manico a forma di serpente che aveva quel suo bastone. A confronto
suo,
Potter si sentiva un pezzente con quella vecchia camicia di quasi due
taglie
più grandi a quadrettoni blu e bianchi, dei vecchi jeans
neri consumati sulle
ginocchia e delle scarpe nere troppo piccole per lui.
Arrossì involontariamente
sentendosi a disagio e la cosa non fece che peggiorare quando Malfoy
inarcò un
sottile sopracciglio, costringendolo a distogliere lo sguardo trovando
molto
interessanti le sue mani appoggiate sul davanzale.
Il
biondo si staccò dal muro e si avvicinò a quel
moccioso,
sedendosi lentamente sul bordo del letto le cui molle cigolarono sotto
il suo
peso «Un Auror è un funzionario del Ministero
della Magia, si occupa di
mantenere l’ordine nel Mondo Magico. E prima che tu possa
chiederlo, sì il Mondo Magico
esiste ed è separato e
nascosto da quello babbano – i Babbani sono le persone senza
poteri magici –,
con proprie leggi e proprie magistrature.» aggiunse vedendo
che Harry stava
aprendo la bocca per chiedere qualcosa «Il qui presente
Cornelius Caramell è il
Ministro della Magia.»
Potter
annuì «Anche il Signor Silente copre una carica in
questo Ministero? E lei, Signore?»
«Il
Professor Silente è il preside della Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts, tutti i maghi della Gran Bretagna hanno
studiato lì e
ci andrai anche tu quando compirai undici anni. Io invece lavoro al
Ministero,
e posso affermare di essere piuttosto in alto; poi sono anche a capo
del
Consiglio Studentesco di Hogwarts.»
Il
bambino gli sorrise per ringraziarlo e si accorse che gli
altri due uomini avevano interrotto la loro conversazione iniziando a
guardarli, così decise di porre la domanda che
più gli premeva. «Ma… come mai
siete qui? E poi, cosa ci sarebbe di così speciale in me da
far scomodare il
Ministro il Sabato mattina?»
Lucius
scambiò una veloce occhiata prima con Caramell poi
con Silente e decise di prendere la parola «Harry, siamo
venuti qui per portati
via dall’orfanotrofio. Ti adotterò io stesso visto
che sono una tua specie di…
zio alla lontana. Verrai a vivere nella mia casa e io e Narcissa ti
tratteremo
come se fossi realmente un nostro secondo figlio, così come
Draco si rivolgerà
a te come se stesse parlando con suo fratello.» prese una
piccola pausa per
pensare a come andare avanti «Puoi chiamarmi Lucius e darmi
dei ‘tu’,
credo, se lo desideri.» concluse
poi un po’ titubante.
Potter
sbatté le palpebre un paio di volte «Lei- Tu,
volevo
dire, mi adotteresti? Anche se siamo due completi estrani
l’uno per l’altro
così come io per la tua famiglia e viceversa? E poi, mi
sembra d’aver intuito,
che questa cosa è nuova
anche per
te.» balbettò appena, trovandosi a disagio nel
dare del ‘tu’ a quell’uomo.
«Sì,
ho scoperto di essere tuo parente questa mattina e né
Draco né Narcissa ne sono ancora a conoscenza…
ma, prima la famiglia.» rispose
un po’ titubante.
Harry
gli rivolse un piccolo, timido, incerto sorriso che si
andò a riempire di calore quado lo vide venir ricambiato
allo stesso modo. «E
per quanto riguarda la mia seconda domanda? Voglio dire, cosa ci
può essere di
così tanto speciale o importante in me da far scomodare un
Ministro. Io sono
Harry, solo Harry.»
Silente
si scambiò un’occhiata con Caramell mentre Lucius
continuava a tenere lo sguardo fisso sul bambino. Potter
corrugò la fronte percependo
quasi subito il cambio d’atmosfera e inizio a passare
freneticamente lo sguardo
sui tre maghi davanti a lui.
«Harry…»
cominciò il Ministro.
«Cornelius,
ne avevamo già parlato.»
«Non
è più il neonato di un anno che tu
hai lasciato sulla porta dei Dursley, Albus! Ha il diritto
di sapere cos’è successo e come
mai si ritrova quella cicatrice.
Sta
per entrare nel Mondo Magico ed è meglio che venga a
conoscenza immediatamente
della verità prima che questa gli venga urlata in faccia da
uno stupido
maghetto in crisi isterica perché ha appena visto il
“Salvatore”.» quasi urlò
Caramell.
«Molto
bene, ma allora sarò io stesso a farlo.» concluse
Silente con sguardo duro. Il vecchio mago si sedette sulla sedia
davanti alla
scrivania e si voltò per incontrare due occhi di smeraldo
che continuava a
fissarlo seri.
«Harry,
devi sapere che fino a sei anni fa il Mondo Magico
britannico era caduto in una guerra cosi devastante da esser definita Prima Guerra Magica. Si fronteggiavano
due fazioni: da una parte gli Auror e l’Ordine della Fenice,
una società
segreta a cui ero a capo, e dall’altra i Mangiamorte guidati
da-»
«Tu-Sai-Chi, non
usiamo il suo vero nome.»
«La
paura del nome non fa altro che aumentare la paura
stesse e io non permetterò a Lord
Voldemort di continuare ad affliggere il nostro Mondo,
Cornelius.»
controbatté Silente mentre Potter era troppo impegnato a
elaborare le
informazione che mano a mano gli arrivavano per notare
l’irrigidirsi della
mascella di Lucius e il lieve sussulto che l’aveva colto nel
sentire il nome
del Signore Oscuro.
«Voldemort
era così potente che sembrava impossibile
riuscire a sconfiggerlo, ma c’erano persone che non
intendevano arrendersi,
persone come me e i tuoi genitori.» continuò Albus
«Harry, i tuoi genitori non
sono morti in un incidente d’auto; la sera del 31 Ottobre del
1981, Voldemort –
o il Signore Oscuro – scoprì dove si nascondevano
i tuoi genitori e si recò a
Godric’s Hollow per ucciderli, Lily e James fecero il
possibile per resistere
ma senza alcun risultato. Mancavi solo tu, avevi appena un anno e
nessun potere
magico ancora sviluppato ma quando il Signore Oscuro provò a
ucciderti con la
più orribile delle magie, l’Anatema che Uccide, la
maledizione gli si rivoltò
contro e tu non ti feci alcun graffio se non quella
cicatrice.» disse indicando
il taglio a forma di saetta sulla fronte di Harry «Per questo
sei famoso. Sei
l’unico nella Storia della magia a esser sopravvissuto
all’Anatema che Uccide,
sei il Salvatore del Mondo
Magico.»
«È
morto?»
«Sì.» si affretto
a rispondere Caramell.
«No, non credo.
Secondo me è troppo stanco, troppo debole al momento per
andare avanti ed è
costretto a nascondersi. Ma una cosa è assolutamente certa:
qualcosa di te l’ha
spaventato quella notte.» disse invece il vecchio preside.
Potter
abbassò lo sguardo sulle sue mani. ‘Perché
io mi sono salvato e loro no? Come
mai Voldemort voleva proprio uccidermi, insomma ero un neonato e non
gli avrei
dato grattacapi per più di dieci anni! Fatto sta che
è colpa di quel mostro se
i miei genitori sono morti, me li ha portati via quando ero ancora in
fasce
lasciandomi senza nessun ricordo di loro costringendomi a vivere in
questo
orfanotrofio.’
Silente
infilò una mano nel borsellino che portava attaccato
alla cintura e ne estrasse un album rilegato in cuoio rosso con decori
dorati
«Apparteneva ai tuoi genitori, è un album di
fotografie magiche. È una delle
poche cose che non è stata distrutta quella notte ed
è giusto che l’abbia tu.»
disse consegnandolo a Harry.
Il
bambino lo aprì e nella prima pagine vide una foto
raffigurante un uomo moro con gli occhiali, una donna con gli occhi
verdi e i
capelli rossi che tenevano in braccio un neonato mentre salutavano.
Harry passò
il pollice sul volto di quella che capì da subito essere sua
madre «Grazie.» sussurrò
senza riuscire a togliere lo sguardo dai volti dei suoi genitori.
«Che
ne dici di iniziare a preparare le tue cose?» chiese
Lucius.
Potter
annuì scendendo dal davanzale per prendere lo zaino
che teneva sotto al letto per poi aprirlo e appoggiarlo sulla
scrivania. Prese
i suoi vestiti dall’armadio – che a dirla tutta
erano ben pochi e quasi tutti
non della sua taglia – e li mise nella cartella subito
seguiti dai libri e da
alcuni giochi che gli avevano regalato nel corso degli anni per il
compleanno. Dopo
essersi assicurato dia ver preso tutto chiuse lo zaino con la zip e si
voltò
verso i tre uomini.
«Harry,
che genere di incantesimi sei in grado di fare?»
chiese Caramell interrompendo il silenzio.
Il
bambino si voltò verso di loro corrugando la fronte
«So
far levitare gli oggetti e a volte farli scomparire e ricomparire,
riesco a
respirare sott’acqua e a volte a levitare qualche centimetro
da terra.»
Silente
puntò i suoi occhi celesti in quelli smeraldini di
Potter «Non sai fare nient’altro?»
Lo
sguardo di quest’ultimo s’indurì,
diventando anormale per
un bambino così piccolo. «No,
ma del
resto lo sa già, non è vero? Riesco a evocare le
fiamme, sono in grado di
leggere nel pensiero, di cancellare i ricordi delle persone o di
modificarli se
mi conviene, posso far fare agli animali ciò che voglio
anche farli soffrire.»
In
quel momento la Signore Furtely entrò nella stanza,
comunicando che il direttore Timber aveva finito di preparare tutti i
documenti
necessari all’adozione e che mancava solo la firma del Signor
Malfoy. Il
Ministro fu il primo a seguire la segretaria uscendo dalla stanza
mentre Harry
si metteva lo zaino sulle spalle.
«So
fare anche un’altra cosa.» disse Potter, catturando
l’attenzione di Lucius e di Albus che stavano uscendo dalla
stanza «Ve lo dico
ora perché il Ministro, non so perché ma non
m’ispira fiducia.»
«Che
cosa Harry?» incitò il biondo notando che il
bambino
non si decideva a parlare ‘Be’,
almeno ha
capito che Caramell è un buono a nulla.’,
pensò.
«So parlare con i
serpenti. L’anno scorso siamo andati in gita allo
zoo e ne ho liberato uno,
ovviamente senza farmi scoprire. Posso anche sbagliarmi, ma non credo
che sia
una cosa buona e normale nel Mondo Magico, dopotutto il Serpente
è il simbolo
del Male da sempre.»
parlò tranquillamente,
come se fosse del tutto normale e senza la minima paura di questo suo
oscuro
potere.
«Hai
ragione…» sussurrò Silente in modo
appena udibile e
nessuno degli altri occupanti di quella stanza poteva immaginare che il
preside
stesse pensando all’incontro che aveva avuto quasi
cinquant’anni prima con un
altro giovane mago.
…
… … …
Tutte
le cose per l’affidamento erano state sistemate ed
Harry era diventato a tutti gli effetti il figlio adottivo di Lucius e
Narcissa
Malfoy e fratellastro di Draco Malfoy. I quattro maghi erano usciti
dall’orfanotrofio e ora si trovavano in strada.
«Credo
che io e te Lucius ci vedremo Lunedì al
Ministero.»
disse Caramell mentre estraeva il suo orologio da taschino per
controllare
l’ora.
«Senz’altro,
Cornelius.»
«Spero
di rivederti presto Harry, mi farebbe molto piacere!»
«Anche
a me Signor Caramell, grazie di tutto!» rispose
Potter sorridendo apertamente.
Il
Ministro sorrise un’ultima volta prima di
Smaterializzarsi girando su se stesso e lasciando che uno sconcertato
Harry
sbattesse più e più volte le palpebre.
«Bene,
Harry, credo che noi ci rivedremo ai tuoi undici anni
quando verrai a Hogwarts.» disse Silente e il bambino
annuì freneticamente già
eccitato all’idea di frequentare una scuola per soli maghi
«Lucius.» concluse
con un cenno del capo subito ricambiato prima di smaterializzarsi
anch’egli.
«Si
chiama Smaterializzazione. Permette a un mago di
spostarsi in pochi secondi da un posto all’altro anche se
lontani. Potrai farlo
anche tu quando diventerai maggiorenne al compimento dei diciassette
anni.»
disse Malfoy intuendo i pensieri di Harry.
I
due si misero a camminare allontanandosi dall’edificio
fino a svoltare nel vicolo in cui poco più di
un’ora fa era arrivato Lucius.
«Harry,
come ti ho già detto prima, voglio che tu sappia che
verrai trattato sia da me sia da Narcissa come se fossi a tutti gli
effetti
nostro figlio. Perciò qualsiasi cosa tu voglia hai solo da
chiedere, vestiti,
soldi, giocattoli, libri e distrazioni di ogni tipo.»
Potter
annuì a disagio «La ringr- ti
ringrazio molto, ma ecco… non vorrei approfittare
di quello che tu e la tua famiglia mi state offrendo
in questo momento.»
«Darti
tutto ciò che desideri è una mia decisione,
perciò
non voglio che tu ti senta in imbarazzo per nessun motivo.»
concluse Malfoy
seriamente e colpendo per terra con il bastone «Dobby!»
urlò.
Il
bambino sobbalzò quado con un ‘pop’
comparve davanti a loro un esserino piccolo, appena più
basso
del moro, con due enormi orecchie e uno straccio come vestito.
«Dobby,
questo è Harry Potter. D’ora in poi
farà parte della
nostra famiglia e mi aspetto che tu lo servirai come se fosse un mio
secondo
figlio.»
L’elfo
strabuzzò i suoi grandi occhi e si voltò verso
Harry
esibendosi in un profondo inchino «Per Dobby è un
grandissimo onore conoscerla,
padron Potter!» esclamò con voce stridula.
Lucius
fece una piccola smorfia e alzò leggermente gli occhi
la cielo «Va’ al Manor e avvisa pressappoco la
padrona degli avvenimenti
dell’ultima ora. Dille che le spiegherò poi io
tutto nel dettaglio.» ordinò con
voce dura.
Dobby
s’inchino ancora una volta e fece per andarsene,
quando la voce di Potter lo fermò «Aspetta! Che
cosa sei?»
«Dobby
è un elfo domestico, l’elfo personale di padrone
Malfoy, Signorino, Dobby vive per servire la famiglia Malfoy e
farà tutto ciò
che gli verrà ordinato di fare!»
Harry
corrugò per un secondo la fronte prima di voltarsi
verso Lucius «Hai detto che mi darai tutto ciò che
voglio, giusto?»
«Esatto.»
confermò l’uomo con un piccolo cenno del capo.
«Bene.
Voglio lui.» disse fermamente Potter indicando Dobby,
il quale fece scattare velocemente lo sguardo da un mago
all’altro per captare
anche la più piccola reazione.
«Certo,
quando saremo a casa potrai sceglier-»
iniziò il
biondo.
«No. Non hai
capito, io voglio lui.»
disse
duramente il bambino, gli occhi smeraldini fissi in quelli argentei di
Lucius.
Voleva a tutti i costi quell’elfo, non ne sapeva nemmeno lui
il motivo ma gli
piaceva e poi voleva anche testare quanto quell’uomo fosse
disposto ad
assecondare le sue richieste.
Dal
canto suo, Malfoy era affascinato e al tempo stesso
intimorito da quel lato segreto di quel moccioso e sentiva che quegli
occhi
verdi lo stavano trascinando in un circolo vizioso che alla fine lo
avrebbe
portato ad accettare il volere di Potter, ma non riusciva ad uscirne
anche
volendo.
«Va
bene.» disse a un certo punto, suscitando nell’elfo
un
susseguirsi d’innumerevoli inchini e un ghigno di vittoria
sulle labbra di
Harry che fecero dilatare quasi impercettibilmente gli occhi di Lucius.
Quando
Dobby si smaterializzò diretto al Malfoy Manor
insieme allo zaino del suo nuovo padroncino, il biondo
allungò il braccio verso
Potter «Ora ci smaterializzeremo. Afferrami il braccio e non
lasciarlo per nessun
motivo, probabilmente quando arriveremo avrai la nausea, succede quando
lo si
fa per la prima volta.»
Potter
annuì e prese fermamente il braccio di Lucius. Il
biondo mentre girava su se stesso con il bambino, non poté
far a meno di
pensare che in quegli anni si sarebbe davvero divertito un sacco
scoprendo
passo dopo passo il demone che si nascondeva dietro la patina dorata
che il
Mondo Magico aveva costruito sul suo Salvatore senza sapere niente di
lui.
***ANGOLO DI SARATRIX***
Eh
già già alla fine il nostro Lucius ha accettato
di adottare Harry anche se Silente non era proprio d'accordo con la
scelta di Caramell, dopotutto non sia mai che a un cattivone
Mangiamorte come Malfoy venga affidato il suo caro Golden Boy! ;-)
Come
avete notato questo capitolo è di gran lunga più
lungo del prologo. Iniziamente avevo deciso di staccare la parte del flashback dal
resto, magari inserendola direttamente nel prologo, ma poi ho pensato
che per l'inizio della storia volevo più stare sul
misterioso che sarà uno dei temi principali della ficcy che
spero di riuscire a mantenere sempre senza sfociare nel noioso o
nell'incoprensibile! Per quanto riguarda invece il titolo del capitolo "Remind"
si riferisce al fatto che da quando Caramell chiede a Harry che genere
di incantesimi è in grado di fare fino a quando escono
dall'orfanotrofio, è più o meno una replica
dell'incontro tra Silente e Tom Riddle avvenuto anni prima e appunto al
primo di questi due sembra di riviverlo.
In
ogni caso avrete benissimo notato che il nosto Prescelto non
è esattamente come è stato descritto dalla nostra
cara Zia Jo ma diciamo che gli ho voluto dare quella vena d'astuzia,
mistero e Dark in generale che molto spesso gli do. Poi secondo me
Harry, essendo il protagonista, deve essere bello figo e fotomodello,
ma soprattutto altamente potente e con il fascino del cattivo angelo
misterioso. e.e
Parlando
della mia scelta di far che Lucius accetti di dare a Harry Dobby, non
vi so dare molte spiegazioni: secondo me Dobby è di Harry.
Stop. E poi il nostro piccolo amato elfo sarà molto utile
andando più avanti.
Per
questo capitolo è tutto e riordo a tutti che gli
aggiornamenti saranno ogni tre giorni, quindi il prossimo
sarà Lunedì! Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto e che decidiate di lasciarmi una piccola recensione per farmi
sapere che ne pensate. Ringrazio Yukikura che ha speso del suotempo
per recensire lo scorso capitolo e spero che tu decida di lasciarmi un
commento anche in questo per farmi sapere che ne pensi! :-D
Un
bacio e a presto
SARATRIX
|
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Capitolo 3 *** ~ Capitolo 2 ~ NEW LIFE ***
~Capitolo 2~
NEW
LIFE
Harry
non poté fare a meno di sgranare gli occhi. La nausea
post-smaterializzazione svanì subito quando alzando lo
sguardo notò l’immensa
proprietà dei Malfoy, da fuori gli enormi cancelli in ferro
battuto riusciva
solo a notare un lunghissimo sentiero costeggiato da una fitta coltre
di alberi
e solo molto più in fondo riusciva a individuare le punte
delle guglie e delle
torri della dimora. Seguì Lucius e insieme oltrepassarono i
battenti e
iniziarono a percorrere il viale che conduceva al Malfoy Manor. Tra le
foglie intravvedeva
parchi immensi, aiuole fiorite, roseti e stagni.
Quando
arrivarono alla fine del sentiero, quello che Potter
si trovò davanti non una casa ma un castello
vero e proprio! Sgranò gli occhi e la sua bocca prese la
forma di una ‘O’ senza
che lui nemmeno se ne accorgesse.
«Sì,
fa sempre un certo effetto quando la si vede per la
prima volta.» ghignò Lucius notando lo sguardo del
bambino «Se hai paura di
perderti possiamo sempre provvedere a procurarti una mappa.»
Harry
si riscosse e fece una piccola smorfia «Senza esser
modesto, posso tranquillamente affermare di avere un buonissimo senso
dell’orientamento.» rispose stizzito ottenendo il
sole effetto di veder
intensificarsi il ghigno sulle labbra dell’uomo.
Malfoy
fece un passo avanti e il portone d’ingresso si
aprì
lasciando che lui e il bambino potessero entrare. Se il moro era
rimasto
impressionato nel vedere il Malfoy Manor, allora nello scoprire
com’era
all’interno rimase per forza stupefatto anche se quello che
vedeva era solo – si
fa per dire viste le dimensioni – l’ingesso; il
pavimento era in marmo scuro
che faceva uno stupendo contrasto con le pareti bianche e luminose, il
mobilio
in avorio a ridosso delle pareti aveva attaccato al muro soprastante
dei quadri
– paesaggi ritratti di quelli che Harry pensava fossero
antenati – e infondo al
corridoio c’era un’enorme doppia scalinata con il
corrimano in oro che si
andava a unire in un unico ballatoio che conduceva al piano superiore.
In
cima alla scalinata di destra che stava lentamente
scendendo c’era una donna bionda con i capelli acconciati in
un morbido chignon
dietro la testa, aveva un paio di stupendi occhi azzurri e un lungo
abito verde
smeraldo. Trasudava eleganza da tutti i pori ogni volta che scendeva
uno
scalino e aveva un dolce e disarmante sorriso. ‘Quella
deve essere la moglie di Lucius, Narcissa. Cavoli è
bellissima…’, pensò Harry
senza rendersene conto e arrossendo lievemente
subito dopo.
Malfoy
si tolse il mantello appoggiandolo su un comò lì
vicino e dirigendosi ad ampie e controllate falcate verso la moglie,
subito
seguito dal bambino. Quando arrivarono in prossimità della
scalinata, Narcissa
era già scesa e dopo essersi scambiata una veloce occhiata
con il marito
sorrise dolcemente al moretto.
«Ciao
Harry, io sono Narcissa.» disse dolcemente la donna.
«Buongiorno…
In normali circostanze mi presenterei anch’io,
ma dato che lei sa già chi sono…»
balbettò.
«Dammi
del ‘tu’ e
chiamami Narcissa, capito ragazzino?» sibilò la
donna assottigliando lo sguardo
con il risultato di far annuire freneticamente «Il pranzo
è pronto, venite?»
concluse girandosi e avviandosi verso il corridoio a destra della
scalinata.
Guidato
dalla mano di Lucius sulla sua schiene che
leggermente lo spingeva in avanti, Harry seguì la bionda e
tutti e tre
percorsero un lungo l’andito, molto simile
all’ingresso, fino a entrare in una
grande porta in legno d’ebano sulla sinistra. Quando
entrò il bambino si ritrovò
in una stanza ampia e luminosa grazie alle enormi vetrate che facevano
passare
la luce del Sole invernale, dalla parte opposta c’era un
grande camino in
roccia chiara e al centro c’era un lunghissimo tavolo in
legno scuro con
annesse le coordinate sedie – che per inciso superavano di
gran lunga una
centinaia e il moro non poté fare a meno di chiedersi quanta
gente invitassero
a pranzo; erano apparecchiati solo tre posti: una a capotavola e gli
altri due
a destra e a sinistra del primo.
Potter
aspettò di vedere dove si sedessero Lucius e
Narcissa, che si misero rispettivamente a capotavola e a destra, prima
di
sistemarsi anche lui. La prima cosa che notò fu il modo in
cui era
apparecchiato: troppe forchette, troppi coltelli e troppi
piatti. Essendo abituato ai coperti dell’orfanotrofio che
consistevano in due piatti massimo, un coltello, una forchetta, un
bicchiere e
un cucchiaio se c’era la zuppa o la minestra, Potter non
poté far a meno di
sentirsi un attimo disorientato da tutto questo galateo visto che
sapeva solo
che non si doveva mangiare con la bocca aperta, tenere i gomiti sopra
al tavolo
e pulirsi sempre la bocca prima e dopo aver bevuto.
L’uomo
batté due volte il bastone a terra e dalla porta
entrarono sei elfi – tra i quali il moretto notò
con sollievo esserci anche
Dobby – tre dei quali sorreggevano un vassoio
d’argento mentre gli altri tre
avevano in mano uno una bottiglia di vino rosso, l’altro una
caraffa d’acqua e
il rimanente una brocca d’argento. Quando il portavivande
venne messo in tavola
il bambino vide che conteneva un letto d’insalata con sopra
un arrosto fumante
dal profumo delizioso e delle patate al forno. Mentre gli altri elfi
servivano
i coniugi Malfoy, Dobby si occupò del suo nuovo padroncino
mettendogli nel
piatto principale tre fette d’arrosto con delle patate e in
uno più piccolo
dell’insalata e, notando le incertezze del moretto, gli
indicò con la testa il
primo a sinistra e la prima forchetta a destra mentre gli versava
l’acqua
ricevendo in cambio un sorriso grato.
«Dobby,
versa a Harry anche del Succo di Zucca.» disse
Lucius mentre si portava alla bocca il calice.
«Certamente,
padron Lucius, Dobby fa subito come ordinato.»
gracchiò la creaturina prendendo la brocca
d’argento e versandone il contenuto
nel secondo bicchiere del bambino.
Gli
elfi s’inchinarono prima di smaterializzarsi lasciando i
tre soli. Potter corrugò la fronte guardando lo strano
contenuto arancione del
bicchiere. ‘Succo di Zucca? Da
quando in
qua la zucca fa il succo?’, si chiese mentre
afferrava il calice e lo
portava alle labbra. Il liquido gli accarezzò la lingua
andando subito dopo a
scendere lungo la gola, era dolce, sapeva proprio di zucca e alla fine
non era
neanche poi così tanto male per essere una cosa talmente
strana, ma era sempre
meglio l’acqua. Posò il bicchiere al suo posto e
si ripulì la bocca con il
fazzoletto.
«Ti
piace?» chiese Narcissa prima di mangiare un pezzo
d’arrosto.
«È
buono, ma non è un sapore a cui sono abituato per una
bevanda; credo di preferire l’acqua.» rispose
semplicemente Harry mentre
iniziava a tagliarsi una fetta d’arrosto ripetendosi
mentalmente per l’ennesima
volta che il coltello va davanti alla forchetta.
La
carne era morbida, succosa: semplicemente squisita!
Nonostante adorasse la cucina della Signora Foschi – la cuoca
dell’orfanotrofio
– dovette ammettere a se stesso che probabilmente era una
delle cose più buone
che avesse mai mangiato e che superava di gran lunga le deliziose
lasagne del
Lunedì sera.
«Nostro
figlio Draco ha la tua stessa età.» disse Lucius
mentre inforcava una patata «Al momento purtroppo
è a casa di un suo amico e
non tornerà prima di sera.»
Potter
annuì «Mi farebbe piacere conoscerlo.»
disse
sorridendo.
Il
pranzo passò tranquillo, Lucius e Narcissa avevano
chiesto al moro molte cose per capire cosa gli piacesse fare nel tempo
libero,
a che punto fosse la sua istruzione, i suoi cibi preferiti e quali
luoghi
avesse visitato e scoprirono con lieve sorpresa che il suo passatempo
preferito
era leggere – qualsiasi genere di libro andava bene, anche se
aveva un amore
particolare per l’avventura –, sapeva
già scrivere, conosceva bene la Geografia,
la Matematica e più che discretamente la Storia –
quella babbana, ovviamente –
e che non era mai uscito dall’orfanotrofio se non per
l’annuale visita allo zoo
di Londra – e Lucius colse l’occasione per
informare Narcissa che il loro figlio
adottivo era Rettilofono e la donna dovette far ricorso a tutto il suo
controllo per non soffocarsi con l’insalata soprattutto
quando Harry aggiunse
che una volta aveva per sbaglio aizzato un pitone di dieci metri contro
un suo
compagno.
La
parte più divertente però fu quando
l’uomo chiese al
bambino quale fosse il suo cibo preferito ricevendo una risposta
immediata: la pizza. I coniugi
Malfoy si scambiarono
un’occhiata interrogativa non capendo proprio che cosa
diamine fosse questa “pizza”,
convincendosi alla fine che fosse
solamente una diabolica cibaria babbana
da assuefazione grazie al modo in cui Potter cercava di
spiegare loro
febbrilmente in che cosa consistesse.
Nonostante
ciò, il moro scoprì l’esistenza al
mondo di un
altro cibo in grado di eguagliare la sua tanto amata pizza e non era
altro che
la torta di melassa, un dolce
magico
che gli piacque fin dal primo morso e, solo per imbarazzo, non ne
chiese
un’altra, grossa fetta.
Finito
il pranzo, Lucius propose di far fare un giro a Harry
del Maniero, almeno da mostrargli le stanze principali visto che per
poterlo
vedere tutto sarebbe servita un’abbondante giornata intera.
Visitarono il
salotto principale, lo studio di Lucius dal quale il padrone di casa
fece
notare in lontananza il campo da Quiddicth privato – che a
quanto sembrava era
uno strano sport a cavallo delle scope – e la biblioteca,
senza dubbio la
stanza preferita dal bambino: era enorme, con scaffali altissimi pieni
zeppi di
libri di ogni colore e dimensione illuminata da lampadari di cristallo
e al
centro c’erano tavoli in legno con comode poltrone dove
rilassarsi a leggere.
«È
incantata. La superficie si estende mano a mano che si
aggiungono libri in modo da poter contenere infiniti volumi. Inoltre,
ti
basterà pronunciare il titolo di ciò che desideri
e questo leviterà fino ad
arrivare tra le tue mani.»
Ma
Potter non lo stava ascoltando, troppo preso dalla
contemplazione di tutti quei volumi che non vedeva l’ora di
poter leggere
«Devono essere milioni…»
sussurrò in modo appena percettibile.
Lucius
dietro di lui alzò le spalle «Non li ho mai
contati a
dire il vero, ma credo di sì.» rispose noncurante.
L’ultima
stanza che rimaneva da visitare era la nuova camera
di Harry. Salirono al secondo piano e percorsero un lungo corridoio
illuminato
da numerose finestre finché non si fermarono davanti a una
grande porta in
legno massiccio.
«Questa
sarà la tua camera d’ora in poi.» disse
Narcissa
mentre apriva la porta.
Quando
entrò Harry pensava fosse uno scherzo, ‘Questa
sarebbe la mia camera? Ma è enorme!’,
pensò. Il pavimento era in legno scuro, in netto contrasto
con il bianco delle
pareti, la maggior parte della parete opposta alla porta era occupata
da un’enorme
portafinestra che dava su un balcone e contribuiva a rendere luminosa
la camera.
La parte destra invece era un’enorme libreria con uno spazio
al centro dedicato
alla scrivania mentre a sinistra c’era un enorme armadio e
una porta in legno
bianco che probabilmente conduceva al bagno personale. Al centro della
stanza
era situato un grande letto a baldacchino con le coperte in seta verde
scuro.
«Se
non ti piace qualcosa hai solo da dirlo e provvederemo a
cambiarlo immediatamente.» disse Lucius facendo vagare lo
sguardo sulla stanza.
Ma
al bambino piaceva così com’era, no avrebbe
cambiato il
minimo dettaglio: era perfetta per
lui. «No, è stupenda…» disse
appena per poi girarsi verso gli altri due «Grazie
mille!» concluse sorridendo.
Narcissa
ricambiò il sorriso «Adesso noi andiamo. Tu
rilassati e fatti un bagno se vuoi, poi tra più o meno
un’ora possiamo andare a
Diagon Alley per prenderti qualche vestito.»
Harry
annuì mentre il mago e la strega si apprestavano a
uscire e quando la porta si fu chiusa, si buttò sul letto
non potendo fare a
meno di notare quanto fosse comodo. Incrociò le braccia
dietro la testa e
chiuse gli occhi sorridendo. Per una volta gli stava succedendo
qualcosa di
buono, la sua vita stava cambiando.
…
… … …
I
tentativi di Lucius di scappare dalla moglie vennero
stroncati sul nascere dalla presa ferrea di lei sul braccio appena
l’uomo
chiuse la porta della camera. Narcissa trascinò il marito
fino allo studio di
lui e chiuse la porta con la magia in modo che non potesse scappare.
Era pur
sempre una Black, in Malfoy o meno, e per Merlino se Lucius
l’avrebbe capito
questa volta!
«Narcissa,
posso spiegare!» disse il mago sulla difensiva
portando le mani in avanti per proteggersi dall’uragano che
sarebbe arrivato da
lì a poco.
«Sarà
meglio per te.» sibilò lei mettendo le mani sui
fianchi.
«Ti
ricordi la lettere di questa mattina, no? Be’ era di
Caramell e mi diceva che doveva parlarmi subito, ma non diceva altro,
quindi
non potevo dirtelo!» borbottò mentre
indietreggiava.
«Mi
avresti potuta portare con te.»
«Sì,
ma non sapevo se tipo era una trappola, magari aveva
capito che non ero esattamente sotto
Imperius e c’erano gli Auror!»
provò a dire incerto.
Narcissa
sbuffò e incrociò le braccia al petto
«Sappiamo
benissimo entrambi che se ti avesse voluto sbattere ad Azkaban avrebbe
sfondato
il portone con gli Auror.» disse perdendo per un attimo lo
spirito battagliero
di poco prima. Faticava ancora a credere che Lucius non
l’avesse abbandonata per
sempre dopo la caduta dell’Oscuro come invece aveva fatto sua
sorella,
incarcerata a vita ad Azkaban insieme al marito, e non avrebbe mai
smesso di ringraziare
Merlino, Salazar o chicchessia per aver fatto in modo che restasse con
lei e
Draco.
«Comunque
avresti potuto chiamarmi dopo aver scoperto cosa
voleva veramente Caramell per decidere insieme,
come normalmente fa una coppia!»
esclamò dopo essersi ripresa dai suoi pensieri.
«Non
ci ho pensato...» borbotto appena, preparandosi
già
mentalmente all’esplosione che sarebbe arrivata.
«Non ci avevi
pensato?! Ma ovvio che non ci avevi pensato, stupido egocentrico che
non sei
altro!» urlò la donna dopo aver mandato
al diavolo tutto il suo contegno. «Oltretutto
gli hai anche regalato il tuo elfo
domestico personale, perché giustamente il grande Lucius
Malfoy fa quello che gli dice un marmocchio!»
Lucius
era ben consapevole di questo lato nascosto
della moglie, ma la cosa che non capiva era come
avesse fatto a tenerglielo nascosto durante gli anni a Hogwarts e
durante il
fidanzamento, sì forse si sarebbe dovuto fare delle domande
dalla reazione
della compagna – un calcio proprio lì
– quando al sesto anno le aveva rubato il reggiseno, oppure
quando le aveva
proposto di chiamare il bambino he aspettavano Zacarias
e non Draco e quella volta aveva quasi rischiato di
prendersi un vaso in testa.
Malfoy
sapeva che doveva fare qualcosa prima che la
situazione degenerasse ancora di più, così
posò il suo bastone sulla scrivania
e si avvicinò lentamente alla moglie mentre quella
continuava a inveirgli
contro urlandogli quanto fosse stupido,
egoista, maschilista e bla bla bla.
La
prese per la vita tirandosela addosso e fermando le sue
parole con un bacio, e Narcissa non poté far a meno di
posare la piccole mani
sulle spalle possenti del marito mentre ricambiava.
«Sai,
tesoro, non che mi lamenti, ma se a letto dimostrassi
anche solo la metà del fuoco che hai quando mi urli contro
di assicuro che non
usciremmo più da quella stanza.» le disse
ghignando.
La
donna diventò rossa e questa volta non dalla rabbia,
almeno non del tutto, ed esclamò mentre cercava di liberarsi
dalla sua presa:
«Sei un maiale, Malfoy!»
L’uomo
ghignò «Non è forse une dei tanti
motivi per cui mi
ami, tesoro?» le rispose
baciandola
ancora una volta per mettere a tacere definitivamente tutte le sue
proteste.
Perché
alla fine aveva ragione, la strega aveva imparato ad
amare con il tempo tutte le sfumature del carattere senza
più poterne fare a
meno. E così si ritrovò a ricambiare quel bacio e
tutti gli altri che ne
seguirono, beandosi del calore della sua stretta.
«Sai,
stavo pensando a una cosa…» disse Lucius quando si
furono staccati.
«Che
cosa?» sospirò la donna con la testa appoggiata
alla
sua spalla.
«Pensavo
di prendere dei pavoni.» continuò pensieroso.
«Dei…
pavoni?»
ripeté lei calcando bene l’ultima parola mentre
alzava un sottile sopracciglio
verso l’alto.
«Sì,
dei pavoni da tenere in giardino. Mi piacciono molto,
sono così eleganti e belli. Che ne pensi?» chiese
ma in risposta non ricevette
altro che un sonoro pugno sul petto.
***ANGOLO DI SARATRIX***
Buonsalve
mie carissimi lettori di EFP!
Anche
oggi sono riuscita ad aggiornare in tempo nonostante tutti gli
imprevisti che mi sono successi in questi due giorni, quindi posso dire
che per una volta la fortuna è dalla mia parte!
Pasando
al capitolo, il titolo si riferisce all'enorme cambiamento che ha
subito la vita del nosro Harry, in meglio o in peggio per il momento
non si sa e non ve lo dico per farvi fangirlare e immaginare cosa
succederà poi. u.u
Parlando
della pizza, la pizza è la pizza quindi giustamente il mio
Prescelto non poteva che esserne innamorato come la sottoscritta e poi
andiamo, a chi non piace la pizza a questo mondo?
La
parte più divertente del capitolo è sicuramente
la piccola discussione tra Lucius e Narcissa e mi sono sbellicata dalle
risate nello scriverla. Ho letto molte ficcy in cui la nostra Cissy
è descritta come una donna molle che fa tutto come ordinato
da Lucius e non si accorge che il marito la tradisce con chiunque - Zio
Voldy, Zia Bella, Severus, Arthur, Hermione o chicchessia - ma,
scuatemi, lei è pur sempre una Black e da mondo e mondo i
componenti di quella famiglia sono dei veri combattenti. In sostanza la
mia Narcissa è forte e in grado di tenere testa a Lucius in
qualsiasi situazione.
Poi
per quanto riguarda i pavoni ci stanno, bordello. xD
Ringazio
Yukikura e LadyVaderFrancy che hanno sprecato
un po' del loro tempo per recensire il capitolo precedente e spero che
farete lo stesso anche con questo per farmi sapere che ne pensate! :-)
Mi
auguro che questo capitolo vi piaccia e vi ricordo che tutte le
recensioni mi fanno sempre molto piacere, quindi vi invito a
lasciarmene!
Un
bacio e a Giovedì con il prossimo aggiornamento
SARATRIX
|
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Capitolo 4 *** ~Capitolo 3~ I’M DRACO MALFOY ***
~Capitolo
3~
I’M
DRACO MALFOY
Harry
rimirò la sua immagine nell’enorme specchio ancora
una
volta. Quando i Signori Malfoy se ne erano andati era rimasto qualche
minuto
sul letto a rilassarsi prima di decidere di seguire il consiglio di
Narcissa e
andare a rilassarsi nella vasca. Il bagno era sulle tonalità
del verde, le
piastrelle del pavimento smeraldine erano in netto contrasto con quelle
bianche
dei muri; la vasca incastonata a terra riprendeva il colore delle
pareti e del
lavabo doppio. Aveva trascorso più di un’ora a
mollo, talmente tanto era rilassante
l’aromi di miele del bagnoschiuma mischiato a quello di
cannella dello shampoo
che aveva usato, che si accorse del tempo passato solo quando una serie
di
brividi causati dal raffreddamento dell’acqua gli percorsero
la spina dorsale.
Quando
fu tornato in camera con l’intenzione di prendersi
dallo zaino qualcosa di pulito da indossare, trovò Dobby che
stava appoggiando
dei vestiti – indubbiamente non di proprietà del
moro – sul letto. «La Signora
Malfoy avere chiesto a Dobby di portare al padroncino dei vestiti
puliti.»,
squittì l’elfo in risposta alla sua muta domanda
prima di inchinarsi e
scomparire con un sonoro ‘pop’.
Potter
guardò un’ultima volta la sua immagine riflessa
nello
specchio. La camicia verde smeraldo stava benissimo con i suoi occhi,
così come
i calzoni neri gli fasciavano incredibilmente bene facendo un netto
contrasto
con la sua pelle di perla. Prese il mantello che aveva appoggiato sulla
sedia
della scrivania e lo indossò allacciando con un lieve ‘click’ i due alamari
d’argento appena sotto la spalla sinistra.
Si
pettinò i capelli portando le ciocche corvine
all’indietro, mentre una particolarmente dispettosa decise di
ricadergli sulla
fronte. Era felice di poter finalmente darsi una sistemata alla testa
sempre in
disordine fino a qualche ora fa. Quando era all’orfanotrofio
tutti i bambini lo
prendevano sempre in giro – oltre per il fatto di starsene
sempre per conto
suo, leggere ed essere il primo della classe – a causa della
strana forma della
sua cicatrice, non che facesse molto caso a quello che dicevano, ma con
il
tempo diventavano sempre più noiosi e allora si spettinava
la chioma nera per
coprire il più possibile lo sfregio. Non che questo avesse
fatto smettere di
colo tutte quelle stupide battutine, ma lievemente iniziarono a
diminuire, come
se gli altri bambini si dimenticassero della sua cicatrice se non la
vedevano.
Si
destò dai suoi pensieri solo quando sentì bussare
alla porta
«Avanti!» disse sorridente.
Narcissa
fece capolino nella stanza e ricambiò il sorriso
del bambino «Sei già pronto, bene. Vogliamo
andare?»
Harry
annuì e, insieme alla donna, uscì dalla stanza.
Mentre
camminavano per i corridoi l’uno di fianco
all’altra, Lady Malfoy non poté far
a meno di notare quanto il moro fosse cambiato
in meno di un’ora. Senza quei vecchi vestiti di taglie
completamente sbagliate
e i capelli in ordine sembrava un forte, piccolo Angelo caduto dal
cielo chissà
per quale misterioso motivo. ‘Un
Angelo
Nero’, pensò lei ricordandosi le parole
del marito mentre lanciava un
rapido sguardo a quelle due iridi smeraldine.
Scesero
nell’ingresso e un elfo domestico comparì porgendo
un mantello alla sua padrona prima di scomparire con un inchino.
Stavano per
uscire dall’enorme portone d’ingresso quando un
rumore di passi alle loro
spalle li fece fermare e voltare. Si ritrovarono davanti Lucius,
vestito di
tutto punto con il mantello sulle spalle.
«Ho
una commissione da fare, se non vi dispiace vi accompagno
fino ai cancelli.» disse mentre affiancava i due. Uscirono
insieme dal Maniero
e iniziarono a percorrere il viale che conduceva verso il confine della
proprietà.
«Ti
trovi bene nella tua nuova stanza, Harry?» domandò
Narcissa sorridendo al bambino.
«Sì,
è stupenda! E grazie anche per i vestiti.» rispose
ricambiando il sorriso.
«Non
devi ringraziarci. Ti ho già spiegato che ci fa piacere
farlo, fai parte della famiglia dopotutto.» disse
l’uomo facendo vagare lo
sguardo tra i rami degli alberi.
Quando
superarono i cancelli del Manor, Lucius salutò la
moglie e il figlio adottivo guardandoli smaterializzarsi a Diagon
Alley.
Sospirò e lo fece anch’egli, sarebbe
stata dura adesso.
…
… … …
Narcissa
ed Harry comparirono pochi secondi dopo in un
piccolo vicolo dai colori sgargianti che dava su una via,
anch’essa molto
colorata, piena di gente che parlava creando un gran casino.
«Adesso
ascoltami bene, coma avrai capito tutti
nel Mondo Magico sanno chi sei e
quella cicatrice aiuta notevolmente a riconoscerti. Quindi se non
vogliamo
trovarci addosso mezza Diagon Alley, cerca di tenere lo sguardo basso e
copriamola come meglio possiamo.» disse Lady Malfoy mentre
spostava alcune
ciocche corvine del bambino sulla fronte in modo che nascondessero la
saetta
alla bell’e meglio «Stammi vicino.»
Potter
annuì ‘e io che
fino a qualche minuto fa ero felice di non dovermi più
coprire la cicatrice…
Sta diventando la mia condanna.’, pensò
amareggiato mentre si apprestava a
seguire la donna verso la via principale. Le prime cose che
notò furono la
moltitudine di colori, alcuni abbinati anche in maniera davvero
stramba, ma
soprattutto gli oggetti esposti in ogni vetrina: alcuni negozi
mostravano
scope, strane palle, calderoni, telescopi ed erbe strane!
Narcissa
condusse il moretto in un negozio ‘Madame
McClane’ recitava il cartello
affisso sulla porta, era indubbiamente una sartoria vista la
moltitudine di
stoffe, bottoni, metri, manichini e vestiti sparsi ovunque. Da una
porta dietro
al bancone uscì una signora anziana con un metro intorno al
collo, delle
forbici in una tasca e degli spilli appuntati sul bavero della camicia.
«Oh,
buon pomeriggio Signora Malfoy!» trillò quella
avvicinandosi a loro «Cosa posso fare quest’oggi
per lei?» aggiunse lanciando
un’occhiata curiosa al bambino.
«Harry
è appena arrivato e ha bisogno di dei vestiti. Creo
che per il momento un guardaroba completo per tutte le stagioni possa
bastare.»
rispose la donna, facendo sgranare gli occhi dalla sorpresa agli altri
due. Il
Prescelto aveva capito che andavano a comprargli degli indumenti ma non
credeva
davvero così tanti! ‘Ma quanti diamine di soldi hanno questi
qua?’, si chiese sempre più scioccato
per alcuni versi e meno per altri.
«Molto
bene…» disse a un certo punto la sarta
«Seguitemi,
prego.» e li condusse oltre la porticina da cui era arrivata,
in una piccola
stanza piena con un grande banco da lavoro addossato a una parete
sommerso di
rotoli di stoffa, manichini – alcuni vuoti e altri no
– sparsi per la stanza e
un piccolo sgabello più o meno al centro sotto un lampadario.
«Mettiti
pure lì sopra, piccolo.» comandò Madame
McClane
mentre si sfilava il metro da intorno al collo. Potter fece come gli
era stato
detto e si mise in piedi sul rialzo un po’ a disagio; gli
unici vestiti che
aveva mai posseduto non gli aveva mai scelti,
all’orfanotrofio queste cose
funzionavano in un modo molto semplice: quando un bambino cresceva e
gli
indumenti che aveva non gli entravano più prendeva quelli di
uno più grande di
lui a sua volta cresciuto e i suoi andavano a finire a uno
più piccolo, poi se
si strappavano qua e là la Signora Furtely diventava
occasionalmente una sarta
e metteva una toppa o riattaccava un bottone saltato. Poi per lui era
sempre
stato un problema trovare una taglia giusta: essendo alto per la sua
età aveva
sempre le caviglie e i polsi scoperti ma allo stesso tempo a causa
della sua
corporatura esile si ritrovava maglie larghissime e calzoni che
scendevano
immediatamente a terra se non si metteva la cintura.
Il
metro prese magicamente vita e iniziò a misurare la vita,
il tronco, le spalle, le braccia del moretto mentre la sarta si
annotava di
volta in volta le misure. Harry passò quasi un’ora
e mezza a provare camicie,
calzoni, giacche, maglie, cravatte sempre di colori e tessuti diversi;
gli
sfilavano un indumento e subito gli mettevano addosso
qualcos’altro e oramai
aveva perso il conto di quante cose aveva indossato e tolto dopo pochi
secondi.
Poi
accadde tutto in pochissimo tempo, lo stesso che una
goccia d’acqua impiega a cadere da una foglia
sull’erba. Mentre si toglieva
l’ennesimo maglione, la chioma corvina di Harry venne tirata
all’indietro
esponendo alla luce della stanza la cicatrice che aveva sulla fronte e
a quel
punto fu impossibile per Madama McClane non notarla. Aprì e
richiuse la bocca
un paio di volte non credendo ai suoi occhi, perché non poteva crederci, insomma Harry
Potter con Narcissa Malfoy a fare compere su compere? Quello
doveva essere
uno scherzo.
«Sicuramente
la Gazzetta non perderà tempo e domani avrà
l’articolo in prima pagina, Madama. Si potrà
documentare allora se lo ritiene
opportuno.» disse duramente la voce di Narcissa in piedi
davanti a Harry mentre
questo si risistemava i capelli sulla cicatrice.
«Certamente,
Lady Malfoy…» sussurrò la sarta
riprendendo a
fare il suo lavoro.
Dopo
un’altra abbondante mezz’ora Narcissa ed Harry
uscirono
dalla sartoria rimmergendosi nell’affollata via principale di
Diagon Alley. Si
erano accordati affinché venisse preparato tutto nel minor
tempo possibile e
mandato tutto direttamente al Manor via gufo, poi per il conto sarebbe
passato
a saldare il tutto come sempre Lucius a fine mese. Il bambino stentava
ancora a
credere che si potessero avere così tanti
vestiti, figurarsi comprarli tutti in una sola volta!
Mentre
si stavano avviando verso il vicolo in cui si erano
materializzato al loro arrivo, Potter notò una libreria
– ‘Il Ghirigoro’
diceva l’insegna – e si arrestò di
colpo,
costringendo la donna a fare lo stesso.
«Che
succede?» chiese quella.
«Possiamo
andarci?» domandò in risposta il moro indicando il
negozio con un cenno del capo.
Quando
la strega capì cosa intendesse un piccolo sorriso le
increspò le labbra facendola annuire senza che se ne
rendesse conto «Certo…»
I
due entrarono nella libreria e subito un forte odore di
carta – vecchia mista nuova – solleticò
le narici del bambino facendolo
fremere. Lì dentro c’erano davvero tantissimi
libri, tantissimi su argomenti a lui
pressoché sconosciuti, tantissimi che non aveva mai letto e
quei pensieri
bastarono a farlo scattare in mezzo agli scaffali dimenticandosi
completamente
della donna al suo fianco.
Lady
Malfoy impiegò qualche secondo a rendersi conto che
Harry si era volatilizzato in mezzo alle libreria alla ricerca di
chissà quali
volumi e così decise di cercarlo. Lo trovò
appoggiato a un ripiano con cinque
libri in braccio, finiva di leggere la trama di uno e iniziava con
quella del
successivo, magari alzando gli occhi scorgeva un titolo che gli
interessava
così si allungava per prendere anche quello e lo sfogliava.
Guardandolo in quel
momento, constatò che, seppur lo conosceva da poco, le
differenze con Draco
erano davvero molto evidenti. Al contrario di suo figlio, Potter non
sembrava
cercare di mettersi in mostra in ogni situazione essendo pienamente
consapevole
che ci riuscirebbe in ogni caso senza il minimo sforzo, forse a causa
del suo
passato ringraziava sempre per quello che otteneva ogni giorno,
preferiva allenare
la mente al contrario di Draco che sceglieva invece il Quiddicth
nonostante
trovasse anch’egli la lettura stimolante; non era vanitoso ma
modesto nella sua
fama, non aveva bisogno di fare il possibile per esser considerato e
cercato da
tutti in quanto era consapevole che l’intero Mondo Magico si
sarebbe potuto
inchinare ai suoi piedi se solo l’avesse chiesto.
«C’è
qualcosa che ti piace?» chiese la donna avvicinandosi.
Potter
era talmente preso da quei libri che sobbalzò non essendosi
accorto della presenza di Narcissa. Appoggiò alcuni libri
– ne tenne in mano
solo tre – su un ripiano lì vicino e rispose:
«Solo questi tre, ma sicuramente ci
saranno già nella biblioteca.»
La
strega guardò i titoli dei volumi che aveva tra le
braccia ‘Le fiabe di Beda il
Bardo’, ‘I
maghi e le streghe più nominati degli
ultimi due secoli’ e ‘De
Potentissimis Potionibus’ a parte la prima le altre
due erano letture
strane per un bambino di appena sette anni, ma aveva capito da subito
che non c’era
niente di normale in Harry.
«Questo l’abbiamo
sicuramente,» disse indicando il primo «per gli
altri due non so dirti non mi
sembra di averli mai visti. Se vuoi comunque possiamo prenderli tutti e
tre e
puoi tenerli in camera tua.»
Il
moro guardò la donna sorridendo a trentadue denti
«Grazie
mille!»
…
… … …
Più
che una commissione quello che Lucius stava andando a
fare era un vero e proprio suicidio.
Si
smaterializzò davanti al Nott Manor, dove suo figlio Draco
si trovava a giocare
con il piccolo rampollo di casa Theodore. Lui e sua moglie –
in realtà
solamente Narcissa – avevano deciso che mentre lei sarebbe
andata con Harry a
Diagon Alley lui sarebbe andato da Draco per spiegarli
cos’era successo. ‘Come
so fosse colpa mia alla fine, tanto
quello che si ritrova a dover dire al figlio viziato e scalmanato che
avrà un
fratellastro sono io!’, pensò mentre si
avviava verso lo studio di Nocturnus.
Entrò e salutò il padrone di casa.
«Lucius,
a cosa devo questa tua visita anticipata?» chiese
mentre si alzava dalla sedia e raggiungeva il mago biondo.
«Non
posso dirti molto al momento, ma devo parlare
immediatamente con Draco e portarlo a casa.» disse schietto.
L’altro
mago decise di non fare domande e guidò l’amico su
per le scale diretto alla camera del figlio Theodore. Trovarono i due
bambini a
discutere sul letto dell’ultima partita di Quiddicth. Quando
vide suo padre,
Draco corrugò la fronte e lanciò
un’occhiata a Theo come per dire ‘Questa
volta non ho fatto niente e non ne
so niente’ prima di rivolgersi a Lucius
«Papà, che succede?»
«Dobbiamo
andare a casa e parlare. È importante.» disse
semplicemente l’uomo, facendo cenno con la testa al figlio di
seguirlo.
I
due biondi salutarono i Nott e uscirono dal Manor e si
incamminarono verso i cancelli della tenuta. Lucius guardava dritto
davanti a
sé, scandendo i passi con il suo bastone che colpiva
regolarmente il terreno;
invece Draco cercava continuamente il suo sguardo in modo da capire
almeno
qualcosa di ciò che succedeva.
Si
smaterializzarono per comparire qualche secondo dopo
appena al di fuori della loro proprietà. Entrarono nel
grande giardino della
villa e percorsero il sentiero fino all’entrata del palazzo,
vennero accolti
all’entrata da due elfi che presero i loro mantelli e Lucius
condusse il figlio
nel salone.
«Che
succede? Dov’è la mamma?» chiese il
bambino mentre si
accomodava su un divanetto di fronte al padre.
Lucius
sospirò ‘Se
sopravvivo a questo divento il Sopravvissuto,
altro che Potter!’, pensò mentre cercava
un buon punto da cui
iniziare anche se l’idea che la cosa migliore da fare in quel
momento fosse
dare un taglio netto alla cosa, buttare direttamente su un piatto
d’argento la
questione, mangiare subito il dolce. Appoggiò il bastone sul
tavolino di cristallo
tra loro, appoggiò i gomiti sui braccioli della poltrona e
congiunse le mani
appena sotto il mento.
«Da
questa mattina Harry Potter è diventato il tuo
fratellastro.»
disse asciutto.
Draco
sbatté un paio di volte le palpebre fissando sconvolto
il padre. Sicuramente lo stava prendendo in giro, insomma non poteva dire sul serio! Ma ogni
secondo che passava a fissare
suo papà negli occhi – a sperare
che
scoppiasse a ridergli dicendo che è tutto uno scherzo
– un senso d’orrore
s’impadronì
di lui confermando i suoi sospetti.
Era tutto vero.
«Non
puoi averlo fatto veramente…» sussurrò
nel panico.
«Draco,
è tutto vero invece. Non avrei motivo di mentirti su
una cosa del genere.»
«Perché
non me lo hai mai detto? Cosa ne pensa la mamma?» chiese
febbrilmente alzando lievemente il tono di voce.
«Perché è accaduto
questa mattina.» ripeté in un sibilo
«E poi anche Narcissa è
d’accordo.»
concluse.
Si
alzò in piedi e in quel momento la rabbia repressa nel
bambino scoppiò «Ma giusto, tanto è una
cosa così da poco da decidere in una
mattinata senza dire niente a tuo figlio!
Cos’è, non vi bastavo più a tal punto
da decidere di adottare qualcuno? E giustamente
Lucius Malfoy deve fare le cose in grande quindi perché non
adottare Harry Potter!»
sputò in faccia al padre
con quanto più veleno poteva in quel momento. Si sentiva
tradito dai suoi
genitori che non gli avevano mai accennato nulla a riguardo, facendolo
ritrovarsi a essere il fratellastro di Harry Potter da un secondo
all’altro.
Lucius
serrò la mascella, alzandosi a sua volta torreggiando
su Draco e guardandolo nel modo più freddo possibile.
«Come puoi anche solo pensare
di non essere abbastanza per me
e tua madre? Sei sangue del nostro stesso sangue, carne della nostra
stessa
carne, sei il nostro unico vero
figlio, in questi anni ti abbiamo dato tutto quello e continueremo a
farlo per
sempre.» sibilò stringendo i pugni «Non
sapevo niente nemmeno io
finché il ministro non mi ha mandato una stupidissima
lettera chiedendomi di vederci e solo davanti a un sudicio orfanotrofio
babbano
ho scoperto che avrei dovuto adottare Harry Potter!»
Il
biondino fece un passo all’indietro, non aveva mai visto
il padre in questo stato e lo terrorizzava a morte. Non
l’aveva praticamente
mai sgridato, non gli aveva mai urlato in faccia. Ma quello non era un
urlo,
era un sibilo di rabbia che, se possibile, era ancora più
tremendo e in grado
di impaurire chiunque.
«Pretendo
che tu lo tratti come se fosse tuo fratello di
sangue.»
Draco
strinse i pugni, tenendo lo sguardo basso.
«Sono stato chiaro?»
«Cristallino,
padre. Come
desiderate.» sputò.
«Vai
in camera tua. Un elfo ti chiamerà quando tua madre ed
Harry arriveranno, scenderai e ti presenterai a come di dovere a un
giovane
Lord del tuo calibro.» concluse.
Il
bambino serrò la mascella e si avviò su per le
scale a
capo chino.
…
… … …
Quando
Harry e Narcissa tornarono al Malfoy Manor trovarono
Dobby ad attenderli nell’ingresso, l’elfo disse
loro che Lucius e Draco erano
arrivati e che il primo li aspettava nel salone mentre il secondo era
in camera
sua e sarebbe andato a chiamarlo nel mentre avrebbe anche portato in
camera del
suo nuovo padroncino i libri che aveva acquistato.
I
due andarono dal padrone di casa, trovandolo comodamente
seduto sulla poltrona davanti al camino acceso, le gambe accavallate e
un
calice di vino rosso in mano. La donna si avvicinò al marito
posandogli una
mano sulla spalla e piegandosi per baciarlo
«Com’è andata con Draco?»
bisbigliò.
«Lasciamo
stare…» sospirò in risposta mentre si
portava il
calice alle labbra.
Il
moretto si avvicinò a loro sedendosi
sul divano davanti a Lucius, facendo
dondolare le gambe mentre ricambiava il saluto del biondo e rispondeva
alle sue
domande riguardanti il pomeriggio trascorso a Diagon Alley.
Quella
fu la scena che si presentò a Draco Malfoy quando
entrò nel salone. Suo padre e suo padre che parlavano con
Potty seduto al suo
posto, senza averlo minimamente notato.
La rabbia salì e strinse i bugni facendo sbiancare le sue
già pallide nocche
mentre si avvicinava silenziosamente a quella famigliola
felice.
La
prima a notarlo fu sua madre che gli rivolse un dolce
sorriso «Draco, vieni qua forza.»
Il
biondino si avvicinò senza ricambiare il sorriso di
Narcissa e restando in piedi, non calcò minimamente suo
padre – il quale non
mancò di esibire una smorfia scocciata – mentre
guardò intensamente negli occhi
il su caro fratellastro. Dal canto
suo Harry non si sentì minimamente a disagio nel ricambiare
costantemente gli
sguardi dell’altro, curioso di scoprire qualcosa su di lui.
Potter
sfoderò il suo miglior sorriso e si alzò
avvicinandosi al coetaneo – il quale non poté fare
a meno di notare con non poca
stizza che lo superava di qualche centimetro – tendendogli la
mano. «Ciao, io
sono Harry!»
Il
piccolo Lord arricciò il naso «E io sono Draco
Malfoy.»
rispose asciutto mentre ricambiava per pochi secondi la stretta di mano
per poi
andare a sedersi dove poco prima era accomodato il moro. ‘Salazar,
oltretutto questo è pure il mio
posto!’
Il
Prescelto si comportò come se tutto fosse andato a
meraviglia nel tragitto che lo separava dall’altro divano in
pelle, il più
vicino al camino dove si sedette comodamente appoggiando un gomito sul
bracciolo
e sorreggendosi la testa con la mano. ‘Per
il momento va bene così, capire in seguito chi sono
veramente’, pensò
mentre guardava le fiamme danzare.
***ANGOLO DI SARATRIX***
Buonsalve
a tutti, miei cari lettori di fanfiction! :-)
Mi
scuso se aggiorno solo ora, ma come avevo detto alla fine dello scorso
capitolo ieri ho avuto la laurea di mia cugina e sono stata via tutto
il giorno. Come se non bastasse diciamo che eri sera ho rischiato
seriamente di sbronzarmi per la prima volta in vita mia, ritrovandomi
questa mattina a Milano nell'appartamento dei miei zii ad alzarmi dal
letto all'una. E solo poco più di mezz'ora fa sono riuscita
a tornare a casa mia. Insomma, un inconveniente dietro l'altro.
Tanto
per aggiungere altra brace al fuoco, vi informo che Domenica parto e
vado in montagna fino a fine mese perciò gli aggiornamenti
credo saranno davvero minimi. Io il computer lo porto, ho il Wi-Fi in
albergo ma tra un'escursione e l'altra ho già notato l'anno
scorso che il tempo è davvero misero, ma faro del mio
meglio! ;-)
Passando
al capitolo, all'inizio ho cercato di mantere lo stesso tono tranquillo
del precedente, andato lievemente a scaldarsi con l'entrata in scena di
Draco. Ed è proprio per quest'ultimo che voglio spendere un
po' di paroline. Anche se moltissime delle amanti di questo personaggio
non vogliono ammetterlo, lui è viziato,
ma davvero tanto e per altro il Principino di casa non può
certamente accettare in quattro e quattr'otto l'entrata di Harry Potter
nella sua vita. Perciò ho voluto dargli questa sorta di lato
da "bambino piccolo e offendone", non so se ho reso bene l'idea ma per
descriverlo mi sono basata u mio fratello minore, quindi...
Spero
che questo capitolo vi piaccia, ringrazio tutti i curiosi lettori
anonimi che leggono di volta in volta, a tutti coloro che hanno
inserito la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate, quelli che
decideranno di lasciarmi una piccola recensione e in particolar modo Yukikura
e LadyVaderFrancy
che mi strappano sempre un sorriso con i loro commenti.
Ci
vediamo al prossimo aggiornamento che dovrebbe essere Lunedì
in caso riesca a organizzarmi in montagna, altrimenti bho! xD
Un
bacio e a presto
SARATRIX
|
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Capitolo 5 *** ~Capitolo 4~ SEVERUS SNAPE ***
~Capitolo
4~
SEVERUS
SNAPE
Il
Natale era vicino, così come le vacanze per gli studenti
e gli insegnanti di Hogwarts. Tra quest’ultimi
c’era anche Severus Piton,
docente di Pozioni e Capo della Casa di Serpeverde, probabilmente uno
dei
professori più severi e odiati – a eccezione degli
alunni verde-argento – da
quando se ne ha memoria. L’uomo era anche il migliore amico
di – attenzione
signori e signore – Lucius Abraxas
Malfoy
e padrino di suo figlio.
Quindi
chiunque avrebbe potuto capire il suo stupore quando,
la Domenica mattina, lesse il titolo a caratteri cubitali sulla prima
pagina
del Profeta.
“HARRY
POTTER, IL NUOVO
RAMPOLLO DEI MALFOY”
Nonostante sia appena
accaduto e tutti abbiano taciuto, ieri pomeriggio non ho potuto non
notare il
Salvatore e Lady Malfoy fare acquisti insieme per le vie di Diagon
Alley.
Così ho preso
velocemente la mia penna e il mio taccuino e sono andata a investigare
e
sembrerebbe proprio che ieri mattina Lucius Malfoy sia stato
accompagnato dal
Ministro Caramell e da Albus Silente a incontrare e adottare il bambino
in un
orfanotrofio babbano di Londra. Il bambino non sapeva nulla sulla sua
vera ‘natura’
prima d’allora né sulla sua fama e
sicuramente sarà stata uno shock per lui venire a sapere
tutto questo in una
sola volta e forse nemmeno Merlino sa cosa ha dovuto passare a causa di
Colui-che-non-deve-essere-nominato e a tutte le bugie che gli sono
state
raccontate…
Ma siamo sicuri che
sia stata un decisione saggia quella di affidare il giovane Harry alle
cure
della famiglia Malfoy sapendo i precedenti del capostipite di
quest’ultima? Che
gli anni passati in orfanotrofio abbiano segnato profondamente e per
sempre il
nostro Salvatore?
Miei cari lettori, non
so ancora cosa pensare, le informazioni a mia disposizioni sono troppo
poche
per il momento ma una cosa è certa: investigherò
a fondo e presto o tardi saprò
tutto sul caso.
Rita
Skeeter
Quando
finì di leggere il tutto, Severus Piton rimase per
quasi un minuti a fissare quella pagina, la tazza colma di
caffè alle labbra,
nel tentativo di elaborare
pienamente
quello che c’era scritto. Quando ci riuscì
però la cosa era talmente
inconcepibile per la sua mente che rischiò di soffocarsi con
quello che stava
bevendo e a nulla valse la paca sulla schiena che gli
assestò Hagrid se non a
schiacciarlo quasi contro il tavolo.
Posò
la tazza davanti a lui e si alzò per poi avviarsi fuori
dalla stanza senza degnare niente e nessuno né di una parola
né di un
chiarimento al suo strano comportamento. ‘Che
cosa è saltato in testa a Lucius? E a quel vecchio di
Silente che non mi ha
detto nulla?’ sbuffò mentre si avvolgeva
nel suo mantello e percorreva i
giardini innevati della scuola diretto ai cancelli.
Si
sarebbe immediatamente materializzato al Malfoy Manor per
chiedere spiegazioni al suo amico di ciò e poi, quando
sarebbe tornato a
Hogwarts, ne avrebbe dette quattro ad Albus! ‘Sì,
farò proprio così.’,
pensò mentre varcava i cancelli.
…
… … …
Lucius
Malfoy sbuffò mentre si allacciava meglio il nodo
della vestaglia diretto verso il proprio studio. Evidentemente anche di
Domenica mattina Merlino ce l’aveva con lui, possibile che
Severus dovesse
venire alle otto e mandargli un elfo petulante a svegliarlo? Nel suo
Maniero
come se non bastasse!
Entrò
sbattendo la porta ritrovandosi un Severus Piton in
piedi di fianco alla sua scrivania, un’espressione arcigna
sul volto, le
braccia incrociate al petto e una copia del Profeta in mano. ‘Per quale diamine di motivo ha questa
faccia, poi? Sono io quello che è stato svegliato!’
«Severus!
Si può sapere che cosa è successo?»
iniziò burbero
mentre raggiungeva l’amico «Non che
m’infastidisca la tua presenza, ma sai
stavo dormendo…» concluse sarcastico.
Il
moro allungò il braccio sventolando all’altro la
prima
pagina del giornale. «Spiega. Ora.»
sibilò.
Il
biondo lesse velocemente le parole e sospirò
«Quella casta donna
della Skeeter evidentemente
non ha perso tempo…» biascicò
«In ogni caso non vedo cosa ci sia da spiegare: è
scritto tutto lì. E prima che tu possa fare strane domande,
il bambino è ancora
vivo e in salute.»
Piton
andò vicino alla finestra e perse lo sguardo per il
giardino innevato. Il figlio di Lily, della sua
Lily probabilmente era a cento metri di distanza da lui a dormire
pacificamente. Come avrebbe fatto a guardarlo i faccia con quello che
aveva
fatto ai suoi genitori – a Lily
–
comunicando all’Oscuro la profezia?
‘Ma dopotutto è anche
il figlio di quel maiale di Potter!’,
pensò mentre stringeva i pugni.
Nel
frattempo Malfoy si era diretto verso un piccolo bar che
teneva in un angolo, gli faceva comodo quando lavorava fino a tardi e
voleva
rilassarsi bevendo qualcosa. Aprì una bottiglia di Idromele
e se ne versò un
bicchiere.
«Non
fa bene bere a stomaco vuoto di primo mattino.»
«Credo
non faccia bene bere in generale, Severus.»
ribatté
il padrone di casa dopo aver finito il liquido dorato.
«È
normale per te decidere di adottare Prescelti così, di
punto in bianco?»
Lucius
fece una smorfia «Quanto per il Ministro e il tuo
Preside prendere gente a caso e
ordinare di adottare Prescelti, credo.» commentò
sarcastico «Ti assicuro che
quando ieri mattina ho letto la lettera di convocazione del Ministro
l’ultima
cosa che mi aspettassi era di adottare Harry Potter prima di ora di
pranzo.»
Ci
fu una lunga pausa in cui entrambi guardavano qualcosa di
non identificato dentro o fuori la stanza. Probabilmente
il silenzio sarebbe continuato a
lungo, cocciuti com’erano a vincere
quell’improvvisata gara di mutismo decisa
non si sa né quando né come, se non fosse
comparso Dobby nella stanza preceduto
da un sonoro ‘crack’.
«Padron
Lucius per favore scusi Dobby per l’interruzione, ma
il padroncino Harry avere chiesto a Dobby di riferirgli quando vi
svegliavate per
poter andare a fare colazione.» gracchiò
l’elfo mentre si esibiva in un enorme
inchino.
Il
biondo sbatté le palpebre un paio di volte
«È già
sveglio?»
«Padron
Harry sì è svegliato presto questa mattina,
mancava
poco alle sette quando Dobby è stato chiamato da
lui!» rispose la creaturina.
«E
si può sapere cosa ha fatto per tutto il tempo?»
chiese
Piton senza nascondere una nota scocciata. Cosa gliene importava poi
era un
mistero.
Dobby
si voltò verso la voce del moro e solo in quel momento
notò anche la sua presenza nella stanza «Padron
Harry avere letto per tutto il
tempo!» squittì mentre si inchinava
«Padron Harry avere continuato a fare
domande a Dobby su qualunque argomento, ma spesso Dobby non avere
saputo cosa
rispondere e quanto
rispondere.»
Il
padrone di casa si scambiò una veloce occhiata con
l’amico. «Dì al ragazzo di presentarsi
in sala da pranzo tra dieci minuti e
aggiungi un posto a tavola, si ferma Severus.»
L’elfo
si esibì in un ennesimo profondo inchino prima di
smaterializzarsi lascando soli i due uomini. Lucius si diresse verso la
porta
senza dire una parola, avrebbe raggiunto la sua camera, si sarebbe
vestito e
avrebbe svegliato Narcissa per poi dirigersi a colazione.
«Non giudicare Potter
dall’apparenza, Severus. Te lo consiglio.» disse
prima di chiudersi la porta
alle spalle.
…
… … …
Quello
che dopo dieci minuti esatti entrò in sala da pranzo
e si sedette davanti a Severus Piton fu un Harry Potter sorridente e
vestito di
tutto punto. La prima cosa che il pozionista pensò fu ‘Bene, ecco la copia sputata del
Maiale!’, ma si dovette
immediatamente ricredere quando puntò i suoi occhi
d’ossidiana in quelli
smeraldini del ragazzo. Gli occhi di Lily.
Guardandolo meglio, il professore notò che l’unica
vera somiglianza con il padre era
solo quel paio di occhiali
rotondi sul suo naso; i capelli erano lisci e pettinati, niente a che
vedere
con la disordinata massa castana di James Potter.
«Buongiorno!»
esclamò fissando corrucciato Severus.
«Buongiorno
Harry.» rispose Lucius mentre si serviva delle
uova con il bacon «Ti presento Severus Piton. Oltre a essere
il padrino di
Draco è anche professore di Pozioni e Capo della Casa di
Serpeverde a
Hogwarts.»
«Probabilmente
non saprai cos’è Serpeverde.
Vedi–» iniziò
il moro.
«Invece
lo so.» lo interruppe il bambino «Questa mattina ho
chiesto a Dobby di portarmi un libro sulla scuola per conoscere un
po’ di cose
e mi ha dato ‘Storia di
Hogwarts’.
Serpeverde, insieme a Grifondoro, Corvonero e Tassorosso, è
una delle quattro
Case dell’istituto. Al loro arrivo gli studenti del primo
anno vengono smistati
dal Cappello Parlante, che si dice sia stato costruito da Godric
Grifondoro, in
una di queste casate nella qual rimarranno per tutti i sette anni in
base al
loro carattere. Salazar Serpeverde, il fondatore dell’omonima
Casa, era astuto,
ambizioso e brillante perciò richiede questo dai suoi
studenti.» spiegò mentre
si versava del succo d’arancia «Quindi lei insegna
Pozioni?»
Piton
annuì mentre si portava alle labbra una tazza di
caffè
e squadrava quel giovane mago davanti a lui, le parole di Lucius ancora
gli
rimbombavano nella testa.
«Questa
mattina ho iniziato a leggere un libro di Pozioni
che ho preso ieri a Diagon Alley, si chiama ‘De
Potentissimis Potionibus’ e–»
«Non
è un libro per bambini.»
«Ho
trovato queste due pozioni: la Polisucco e il Distillato
della Morte Vivente.» continuò ignorandolo,
fermandosi solo per salutare
Narcissa entrata nella stanza in quel momento «Ma mettessimo
caso che io fossi
un importante funzionario del Ministero che non avrebbe alcun problema
a
procurarsi un capello del Ministro, c’è qualche
specie di magia di impedirmi di
prendere le sembianze del Signor Caramel? Insomma, mi basterebbe un
mese per
preparare la pozione e con il Distillato della Morte Vivente potrei
facilmente mettere
il Ministro fuori gioco per un bel po’, ho letto che
è un sonnifero molto
potente.»
Severus
scambiò due veloci occhiate con i padroni di casa
prima di rispondere «Il Ministro prima di entrare al lavoro
viene sottoposto a
numerosi controlli di ogni tipo, è davvero folle pensare di
riuscirci. Posso
chiederti come mai ti è venuto in mente?»
Harry
alzò le spalle mentre adocchiava un piatto contenente
la torta di melassa a poca distanza da lui «Non so, mi
è venuto istintivo
pensarci.» rispose mentre si serviva una fetta di dolce
«Volevo anche chiederle
una cosa sulla preparazione del Distillato della Morte Vivente,
posso?»
In
quel momento entrò nella stanza Draco Malfoy, vestito di
tutto punto e con i capelli tirati all’indietro. Il biondino
arricciò il naso
seccatamente, ogni giorno per sette anni i suoi genitori avevano
aspettato lui per fare colazione e
ora che era
arrivato quel Potter tutti si inchinavano a leccargli i piedi,
dimenticandosi
di lui.
«Buongiorno.»
biascicò mentre si sedeva a fianco del suo amato
fratellastro.
Dal
canto suo, in quel momento a Harry non poteva
importargli di meno di un bambino viziato tant’era preso
dalla sua
conversazione con quell’uomo. Quando l’altro giorno
al Ghirigoro aveva
sfogliato quel libro, ne era immediatamente stato intrigato e quella
mattina
venne completamente catturato dal mistero che si celava dietro la
distillazione
delle pozioni, sperando di poterci provare il prima possibile.
«Se
è proprio necessario…» disse Piton.
Potter
si esibì in un enorme sorriso a trentadue denti
«La
ricetta dice di tagliare il fagiolo soporifero, ma se invece lo si
schiacciasse?» fece una piccola pausa «Magari poi
mi sbaglio io.»
Il
pozionista sbatté ripetutamente le palpebre un paio di
volte. Chi era realmente Harry Potter? Davanti a lui non aveva un
bambino
egocentrico interessato solo alla fama che il suo nome poteva
offrirgli, ma un
ragazzino incuriosita da tutto ciò che lo circondava,
bramoso di conoscere il
possibile su questo nuovo Mondo che alla fine era il suo, intuitivo e
intelligente.
«È
esatto, solo in questo modo si può ottenere un Distillato
della Morte Vivente perfetto, purtroppo quasi tutti i testi a riguardo
sono
stati scritti da degli incompetenti che non ne erano a conoscenza.
Posso chiederti
come ci sei arrivato? Questa non è una pozione che
s’impara il primo anno a
scuola, è
complicatissima, perciò vorrei
capire come ha fatto un bambino ad arrivare dove gli studenti
dell’ultimo anno
non ce la farebbero mai.»
Harry
sbatté le palpebre un paio di volte prima di far vagare
lo sguardo per la stanza «Onestamente non saprei…
In quel momento è stato come
se lo sapessi
già.» rispose
pensieroso, senza far conto a quello che diceva.
Il
resto della colazione passò in silenzio, nessuno disse
niente e gli unici rumori presenti erano il tintinnio che le stoviglie
producevano quando si toccavano tra loro.
«Draco,
perché non porti Harry al campo da Quiddicth e gli
spieghi come funziona?» fu Lucius a interrompere il silenzio,
prendendo in mano
il suo bastone e facendolo girare sul posto mentre regalava al figlio
un’occhiata severa, sottolineando che il suo era un ordine e
non una richiesta.
«Certamente,
padre.»
sussurrò il biondino a denti stretti mentre scendeva dalla
sua sedia e si
allontanava dal tavolo seguito da Potter.
«Copritevi,
fuori fa freddo.» raccomandò Narcissa mentre si
portava alle labbra un bicchiere di succo d’arancia.
Quando
i due bambini furono usciti dalla sala da pranzo,
anche Severus decise di alzarsi dal suo posto «Lucius,
Narcissa, grazie per
l’ospitalità ma devo rientrare a Hogwarts. Per
quanto riguarda la nostra
discussione di prima, credo fermamente che alla fine quel ragazzino si
rivelerà
la coppia esatta di suo padre: un borioso egocentrico senza un minimo
d’intelletto
a cui darà alla testa la fame.»
«E
poco fa allora?» chiese sarcastico il padrone di casa
alzando un sopracciglio e lo sguardo in direzione dell’amico.
«Probabilmente
avrà trovato scritto qualcosa un qualche tuo
libro e avrà voluto fare la figura del
sapientone…» disse agitando la mano
scocciato mentre si avviava verso la porta.
Il
biondo posò la forchetta «È un
rettilofono, Severus.»
disse con voce seria «E sappiamo tutti qui che lo era anche
un’altra persona.»
Piton
si bloccò, la mano sulla maniglia abbassato e lo
sguardo fisso sui nodi del legno della porta. Non disse niente mentre
usciva
dalla stanza e subito dopo dal maniero. La sua mente elaborava molti
pensieri
tutti in una volta avendo come risultato solo un’enorme
confusione.
*ANGOLO DI SARATRIX*
Inizio
con lo scusarmi per il mio enorme ritardo, ma scaricando i bagagli
dalla macchina dopo eser tornati dalla montagna il mio caro fratellino mi
ha fatto cadere il compure e il risultato fu che la tastiera venne via.
Così dovetti mandarlo a riparare e solo questa mattina mi
è tornato. Mi sono messa giùe ho scritto il nuovo
capitolo.
Passando
al capitolo, posso affermare che è molto importante: come
scoprirete più avanti, Severus avrà un ruolo
fondamentale in tutta la vicenda. Ma non voglio anticiparvi nulla, solo
vi consiglio di prestare molta attenzione all'evolversi del
rapporto tra Harry e il professore.
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto e che decidiate di lasciarmi una
piccola recensione per farmi sapere che ne pensate. Ringrazio come
sempre tutti quelli che hanno inserito la mia storia tra le
ricordate/seguite/preferite, i lettori silenziosi e in particolar
modo Valda007, LadyVaderFrancy, Xavier7 e Yukikura che hanno recensito il
capitolo precedente.
Mi
auguro di riuscire ad aggiornare regolarmente da qui in poi,
perciò vi lascio fino a Martedì.
Un
bacio e a presto
SARATRIX |
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Capitolo 6 *** ~Capitolo 5~ ENVY ***
~Capitolo
5~
ENVY
Gli
elfi posarono a terra le due scope e il baule, prima di
scomparire con un sonoro ‘pop’
lasciando i due bambini soli nel campo da Quiddicth innevato.
«Ci
sono due squadre composte da sette giocatori l’una, un
portiere, due battitori, tre cacciatori e…»
«E
un cercatore. Conosco le regole, stamattina ho letto un
libro sul Quiddicth.» sbuffò Harry tra una nuvola
di condensa e l’altra.
Faceva
particolarmente freddo quella mattina, e i timidi
raggi del sole invernale non riuscivano a scaldare nemmeno lievemente
il
terreno gelato. Quella notte aveva nevicato e ora tutti i giardini del
Manor
erano coperti da un morbido velo bianco che arrivava a stento alle
caviglie di
Harry.
Draco
fece una smorfia seccata, un po’ per aver scoperto che
l’altro sapeva già tutto e un po’ per
l’esser stato interrotto, si piegò e fece
scattare la serratura del baule aprendolo e facendo volare il Boccino
per aria.
Era piccolo e veloce, ma l’oro risaltava bene sullo sfondo
del cielo e del
terreno bianchi rendendolo facile da individuare e da seguire,
pensò il moro
mentre percorreva con gli occhi il percorso compiuto dalla pallina.
«Facciamo
una sfida cercatore contro cercatore. Su!»
disse il biondo mentre saliva a
cavallo della sua scopa e l’altro si accorse che la gara era
iniziata solo
quando l’avversario gli sfrecciò a un centimetro
dal volto, tanto era preso
dalla sfera dorata.
Harry
scrollò la testa, allungò la mano destra sul suo
manico «Su!»
disse e sorrise
soddisfatto quando vide la scopa volare immediatamente nella sua mano,
salì in
sella e decollò velocemente all’inseguimento
dell’avversario.
I
due bambini sfrecciavano veloci nell’aria,
all’inseguimento del Boccino d’oro che sembrava
quasi prendersi gioco di loro
con i suoi cambi di direzione improvvisi costringendoli a inchiodare e
a girare
bruscamente il manico di scopa. Era un testa a testa tra i due,
volavano l’uno
appiccicato all’altro con le mani tese in avanti per
afferrare la sfera e
aggiudicarsi la gara; se da un lato Draco aveva l’esperienza,
dall’altro Harry
riusciva a seguire ogni movimento dell’oggetto volante senza
perderlo mai di
vista, cosa che invece capitava al rivale costretto a fermarsi ogni
tanto.
Il
Boccino sfrecciò tra gli anelli e poi sotto il palco,
volando
tra le travi di legno che lo reggevano. I due bambini si scambiarono
un’occhiata veloce prima di appiattirsi il più
possibile sulla scopa per
prendere velocità e inseguire la sfera dorata. Harry
girò la testa indietro per
controllare Draco, che volava a qualche metro di distanza da lui, e
tornò a
guardare avanti appena in tempo per sterzare bruscamente a destra
evitando così
di venir colpito in pieno volto da un asse di legno.
A
quel punto fu molto semplice per il giovane Malfoy
superare il moretto. Il biondo allungò la mano destra in
avanti, era
vicinissimo al Boccino tanto da sentire l’aria provocata dal
suo sbattere d’ali
sul palmo della mano: ancora poco e avrebbe vinto la sfida. ‘Ancora poco e dimostrerò a
Potter di essere
migliore di lui. Ancora poco e capirà di dover stare al suo
posto’, pensò
ghignando.
Ma
si sa, molto spesso anche la più minima delle distrazioni
può risultare fatale e rovinare completamente i nostri
piani. Infatti Draco era
così perso tra i suoi pensieri sulla sua prossima vittoria
che non si accorse
della trave di legno orizzontale in linea d’aria con il suo
manico di scopa.
Credo che a questo punto tutti possano facilmente immaginare quello che
successe poco dopo: sfortunatamente per lui, Malfoy non vide in tempo
il
pericolo verso il quale stava velocemente avanzando e in un nanosecondo
si
ritrovò a volare per aria, senza la scopa tra le gambe, e ad
atterrare in mezzo
alla neve che ricopriva il campo.
Dal
canto suo Harry non poté evitare di lasciarsi andare a
un ghigno quando vide suo fratello
finire a gambe all’aria, consegnandogli tra le mani una
vittoria fin troppo
facile.
Un
paio di minuti dopo Potter mise i piedi per terra
scendendo dalla scopa. Stringeva nel palmo della mano il Boccino
d’Oro ed
esibiva sul suo viso d’angelo un piccolo sorrisino di trionfo
che continuava ad
accentuarsi mano a mano si avvicinava al biondo.
«Credo
di aver vinto io.» disse tenendo la sfera saldamente
tra il pollice e l’indice per mostrarla all’altro.
Draco
assottigliò le labbra mentre la rabbia tornava a
impossessarsi di lui, sentendosi umiliato per l’esser stato
sconfitto a
Quiddicth da uno che non era mai salito su una scopa prima di allora.
Strinse i
pugni. «Ho notato.» sibilò.
…
… … …
Appena
i due bambini varcarono il portone del Manor,
trovarono Lucius Malfoy ad aspettarli nell’androne
d’ingresso facendo
rimbalzare annoiato il suo bastone a terra. L’uomo
domandò subito loro come
fosse andata la partita di Quiddicth e non poté evitare di
sorridere orgoglioso
– con grande disappunto del figlio – alla notizia
della vittoria del moretto.
«Harry,
mi scuso ma questa mattina con la visita di Severus
mi sono dimenticato d’informarti che quest’oggi
avremo ospiti a pranzo ma sono
sicuro che saprai come comportarti.» disse con un sorriso
sghembo rivolto a
Potter prima di iniziare a parlare con entrambi «Avete
mezz’ora per prepararvi
e presentarvi qui nell’ingresso per aiutare me e Narcissa ad
accogliere i
nostri invitati.» comunicò il biondo prima di
salutarli e andarsene.
Draco
non rivolse né un’occhiata
né una parola all’altro bambino e salì
a passo svelto le scale, diretto in
camera sua intenzionato a mettere più distanza possibile tra
lui e il
fratellastro.
«Chi
sono queste persone di cui
parlava tuo padre?»
Il
piccolo Malfoy si lasciò
sfuggire un piccolo grugnito – “completamente
inadatto a un futuro Lord”, avrebbe detto suo padre
– nel notare che Harry
l’aveva raggiunto e gli stava camminando tranquillamente al
fianco.
«Degli
amici della mia
famiglia.» rispose calcando per bene
l’aggettivo possessivo «Hanno tutti dei figli della
nostra età e sono miei
amici.»
Il
moretto alzò gli occhi al
cielo, iniziava a esasperalo quel bambino viziato con quel suo modo di
fare da
prima donna, come se tutte le attenzioni del mondo dovessero ricadere
su di lui
soltanto. Affrettò il passo superando così
l’altro e dirigendosi velocemente
nella sua stanza. Quando aprì la porta fu immediatamente
investito dalla bianca
luce invernale entrante delle finestre e un senso di pace lo pervase,
se c’era
una cosa che Harry adorava ancora più della lettura e quindi
di conseguenza del
sapere era il silenzio. Aveva sempre odiato i momenti di ricreazione
all’oratorio, tutti i bambini si riversavano nel maltenuto
cortile
dell’istituto per giocare a rincorrersi a urlare
e così il piccolo Potter se ne rimaneva sempre in disparte
attirando così su di
sé gli scherzi dei compagni più grandi,
specialmente quando aveva quattro anni
ancora incapace di difendersi pienamente. Si passò una mano
tra la chioma
corvina con l’intenzione di scacciare quei ricordi ormai
lontani dalla mente
mentre si avvicinava al grande letto a baldacchino.
«Dobby!»
Il
piccolo elfo si materializzo
al fianco del padron e si prostrò in un enorme inchino
«Signorino Harry avere
chiamato, cosa potere fare Dobby per aiutare?»
«Non
conoscendo bene questi
ospiti ho bisogno del completo giusto immediatamente, posso contare su
di te,
giusto?» disse mentre si sbottonava la camicia «Ora
vado a darmi una
rinfrescata, potresti gentilmente farmi trovare gli abiti puliti sul
letto al
mio ritorno? Grazie.»
La
creaturina annuì
freneticamente e obbedì mentre il bambino dopo essersi
spogliato fino a
rimanere solo in boxer si dirigeva verso il bagno della stanza.
Aprì il
rubinetto della vasca da bagno, si sarebbe solamente dato una
sciacquata
veloce, giusto il necessario per togliere quel poco sudore che gli
imperlava la
pelle dopo l’amichevole
partita a
Quiddicth contro Draco. Si sfilò anche l’ultimo
indumento rimasto e s’immerse
nell’acqua calda, attento a come si muoveva non volendo
bagnarsi i capelli per
para di non riuscire ad asciugarseli in tempo. Un quarto
d’ora dopo uscì dalla
vasca, si legò un soffice asciugamano in vita e
tornò nella sua stanza a piedi
nudi, lasciando impronte bagnate dei sui piedi sul pavimento.
Inizialmente aveva
pensato che sarebbe stato difficile per lui abituarsi a tutti quegli
agi di cui
ora poteva usufruire dopo aver passato buona parte della sua vita in
orfanotrofio, ma si dovette ricredere quando mentre finiva di
abbottonarsi la
camicia sentì quei vestiti costosi suoi, come se lui fosse
un principale al
quale avessero finalmente consegnato la corna del suo regno.
Si
guardò allo specchio per controllare
che nulla nel suo aspetto fosse fuori posto. Dobby gli aveva preparato
una
camicia bordeaux da abbinare dei calzoni e a una giacca entrambi neri,
facevano
un incredibile contrasto con la sua pelle chiara e mettevano in
rilevanza gli
occhi smeraldi, in grado di conferire al suo viso un aspetto angelico
ma che in
realtà nascondevano solamente l’anima di un
serpente.
Qualcuno
bussò alla porta ed
Harry non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che questa si
aprì e Draco fece la
sua comparsa.
«Mio
padre mi aveva mandato a
controllare se sapevi come vestirti adeguatamente.»
iniziò il biondo con voce
scocciata «Ma evidentemente hai già
fatto.»
Il
moretto non si prese il
disturbo di voltarsi per guardare in faccia l’altro bambino
preferendo invece
sistemarsi davanti allo specchio la chioma corvina, tirò i
capelli all’indietro
lasciando scoperta la cicatrice. ‘Sono
proprio curioso di scoprire cosa diranno questi ospiti nel
vederla…’, pensò
mentre rimirava un’ultima volta la sua immagine perfetta.
«Ho
pensato che fosse il caso di
chiedere a Dobby di prepararmi degli abiti giusti
all’occasione, sai per
sicurezza.» proferì mentre lisciava una piega
immaginaria sulla manica mancina
della giacca.
Draco
sbatté le palpebre un paio
di volte. «Per quale motivo avresti dovuto chiamare
l’elfo personale di mio
padre?» chiese non riuscendo a
capire, o forse non volendo.
Solo
in quel momento il giovane
Potter si voltò verso l’altro, corrugò
la fronte e piegò appena di lato il capo
«Come, Lucius non te l’ha detto? Ora Dobby
è il mio elfo domestico, gli ho
chiesto se potevo averlo e lui me l’ha gentilmente
concesso.» disse
innocentemente «Dopotutto sicuramente avrà dato
anche a te uno dei suoi servi personali.»
Malfoy
inspirò pesantemente
gonfiando il petto. Girò i tacchi e uscì dalla
stanza senza vedere il sorriso
di vittoria comparso sulle labbra di Harry. Odiava con tutto se stesso
quello Sfregiato, odiava qualsiasi
cosa di lui:
chi si credeva di essere poi? Con quale autorità credeva di
poter entrare nella
sua vita da un giorno all’altro e stravolgerla completamente?
Come poteva anche
solo pretendere di attirare su di sé le attenzioni dei suoi genitori?
Anche
se non l’avrebbe mai
ammesso, Draco Malfoy ne era geloso. Geloso della sua fama, geloso del
suo
aspetto, geloso dei suoi occhi enigmatici, geloso della sua
capacità nel
Quiddicth. Mentre si apprestava a scendere la scalinata di marmo che
conduceva
all’ingresso non poté fare a meno di pensare a
come fargliela pagare,
immaginava nella sua mente mille modi per mettere in imbarazzo Potter
in
presenza degli amici della sua famiglia e si sarebbe preso la sua
vendetta, magari
vendendo Potty con le spalle al muro i suoi genitori si sarebbero
finalmente
accorti della piaga che in realtà era quel ragazzino,
l’avrebbero rispedito in
orfanotrofio e tutto sarebbe tornato come un tempo.
***ANGOLINO DI SARATRIX***
Eh
già, no non sono morta e non Voldy non mi ha rapita per dare
la cena a Nagini. Mi scuso incredibilmente tanto per la mia enorme
assenza, ma con l'inizio della scuola mi è stato chiaro fin
da subito che la quinta ginnasio richiede uno sforzo enorme soprattutto
avendo cambiato la maggior parte dei professori. Per farvi capire come
sono messa in questo periodo, il nuovo insegnate di Italiano e Latino
interroga ininterrottamente dalla fine di Settembre (nelle sue materie
ho circa sei voti di orale...). In più le minacce dei miei
genitori non mancano e sono cose coe "Ti togliamo il cellulare per mesi
se prendi un voto sotto il 6" oppure "Dì addio ai soldi per
i libri se non prendi almeno 8 in questa verifica" e conoscendoli se lo
dicono lo fanno.
Passando
al capitolo, mi scuso se è breve, ma veramente ho pochissimo
tempo a disposizione in questo periodo però uso le ore di
Matematica e di Storia per pensare a come continuare la fanfiction: ho
molte idee che mi frullano per la testa e la voglia di poterle scrivere
cresce ogni giorno di più per questo nonostante abbia da
preparare una verifica di Chimica per domani ho deciso di scrivere di
getto questo capitolo.
Ringrazio
tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite,
tutti quelli che sono arrivati fin qui e in particolar modo Fenice cremesi, milan94, Yukikura, Xavier7, GrattastinchiBlack e Tormenta che hanno speso un po'
del loro tempo recensendo il capitolo precedente.
Spero
che chi seguiva la storia continui a farlo anche se è
passato davvero molto tempo dall'ultimo capitolo.
A
presto (spero)
Saratrix
|
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Capitolo 7 *** ~Capitolo 6~ THE TASK OF CONTROL ***
~Capitolo 6~
THE TASK OF CONTROL
Harry arrivò nell’ingresso pochi minuti dopo e trovò già ad attenderlo i Signori Malfoy con loro figlio in piedi all’inizio della grande scalinata. Scese velocemente in gradini, quasi saltellando, ma sempre composto.
«Harry» iniziò Lucius quando il bambino gli si fu avvicinato «io e Narcissa abbiamo pensato che è meglio se tu e lei andiate direttamente in salone mentre io e Draco resteremo qui ad attendere i nostri ospiti.»
Potter corrugò la fronte per un secondo prima di annuire, ignorando il sorriso di trionfo nato sulle labbra del fratellastro nel sentire che sarebbe rimasto con il padre «Come mai c’è stato questo cambio di programma, se posso chiedere?»
«Sei famoso nel Mondo Magico, questo l’hai già capito, e dopo l’articolo di questa mattina della ‘Gazzetta del Profeta’ sulla tua adozione da parte nostra tutti i maghi e le streghe ne sono a conoscenza.» disse Narcissa mentre spostava alcune delle ciocche corvine del bambino in modo che coprissero la cicatrice.
«Allora è per questo che il Professor Piton è venuto a colazione.» constatò Harry facendo una piccola smorfia di concentrazione.
Il padrone di casa annuì, orgoglioso quasi che quel marmocchio avesse intuito la cosa «Essendo ora tutti a conoscenza della tua presenza qui, riteniamo quindi sia mio dovere comunicare ai nostri ospiti di non farti troppe domande rischiando di metterti a disagio. Sei entrato in contatto per la prima volta con il Mondo Magico da nemmeno un giorno e non vogliamo che tu ti senta messo subito sotto pressione.»
«Capisco.» rispose semplicemente Potter prima di apprestarsi a seguire Narcissa verso il salone. Il bambino dovette ammettere a se stesso che era quasi nobile da parte di Lucius Malfoy preoccuparsi per lui fino a quel punto, però non aveva fatto i conti con il desiderio del bambino di mettersi alla prova fin da subito in modo da far capire a tutti quanti chi era realmente.
L’uomo guardò la moglie ed Harry svoltare l’angolo, uscendo dalla sua vista «Non voglio né bisticci né provocazioni quest’oggi Draco, intesi?» disse senza muovere lo sguardo da dove i due erano spariti.
… … … …
Le prime due persone a varcare la soglia della stanza furono – come venne sussurrato da Narcissa in un orecchio ad Harry – la Signora Parkinson con la figlia Pansy, della stessa età di Potter. Le due donne si scambiarono cordiali saluti e dal loro breve discorso venne fuori che il Signor Parkinson era rimasto a casa dopo che quella stessa mattina si era svegliato con una forte emicrania e non se l’era sentito di venire. Per tutta la durata del discorso la bambina era rimasta dietro la madre a lanciare rapide occhiate a Harry, come se si nascondesse da lui temendo che la potesse attaccare da un momento all’altro.
«Quindi tu sei Harry Potter, è un piacere conoscerti.»
«Il piacere è mio, Signora.» rispose il bambino ricambiando il sorriso e stringendo la mano che la donna gli aveva porto.
In poco tempo la stanza si riempì di maghi e streghe con i loro figli, sicuramente tutti molto facoltosi visti i vestiti di fattura pregiata che indossavano. Draco e Lucius entrarono nella stanza per ultimi seguiti da un bambino e da quello che, dalla somiglianza, era sicuramente suo padre; avevano entrambi i capelli neri e lisci e gli occhi azzurri, l’uomo era un po’ più basso di Lucius mentre il figlio era alto come Draco o forse appena di più. Quando questi varcarono la soglia della stanza il chiacchiericcio presente sparì per lasciare la parola al padrone di casa.
«Buongiorno a tutti, amici miei, e benvenuti nella mia umile dimora.» iniziò Lucius con un sorriso beffardo sul volto e facendo alzare un sopracciglio ad Harry nel sentir definire “umile” quel castello «Il pranzo verrà servito a momenti, quindi dirigiamoci pure tutti in sala da pranzo.»
Mentre gli ospiti seguivano le indicazioni del padrone di casa, Narcissa poso una mano sulla schiena di Potter invitandolo a raggiungere insieme a lei il marito, il figlio e i due ospiti al loro fianco. Malfoy enior indirizzò loro un sorriso vedendoli avvicinarsi.
«Harry, ti presento Nocturnus Nott e suo figlio Theodore, ha la stessa età tua e di Draco.» disse Lucius indicando i due.
«Così tu sei Harry Potter…» iniziò il Signor Nott squadrando il bambino dall’alto «Devo ammettere di esser rimasto alquanto stupito questa mattina leggendo il Profeta e inizialmente credevo fosse soltanto l’ennesimo articolo infondato della Skeeter, utile solo per vendere copie ai creduloni; invece per una volta aveva ragione. In ogni caso, è un piacere fare la sua conoscenza, Signor Potter.»
«Anche per me, Signore.» rispose stringendogli la mano ed esibendosi in un enorme sorriso.
«Questo è mio figlio Theodore.» aggiunse l’uomo posando una mano sulla spalla del figlio, che fino a quel momento era rimasto al fianco di Draco, invitandolo così a farsi avanti.
Il giovane Nott si allontanò appena dall’amico avvicinandosi ad Harry regalandogli un piccolo sorriso di cortesia prima di tendergli la mano «Theodore Nott.»
«Harry Potter.» rispose l’altro ricambiando la stretta.
Il pranzo trascorse nella normalità – sempre se normali si possono definire le ingenti quantità di ottimo cibo che continuavano a essere servite dagli elfi – ed Harry ne approfittò per capire un po’ meglio come funzionavano le cose nel Mondo Magico. Gli uomini discutevano di politica, praticamente tutti tranne il Signor Greengrass il Signor Nott – che rispettivamente lavoravano alla Gringott, la banca dei maghi, e al San Mungo, l’ospedale magico i cui dottori prendevano il nome di medimaghi –, mentre le donne si dedicavano ai classici pettegolezzi e i bambini parlavano di Quiddicth; Potter se ne stava in disparte, rispondendo alle occasionali domande che gli venivano poste e preferendo così ascoltare quello che veniva detto senza darne l’impressione. Draco era seduto tra lui e Theodore e passò il pranzo a chiacchierare con quest’ultimo del campionato di Quiddicth in corso e dell’ultima vittoria delle Holyhead Herpies contro i Cannoni di Chudley dello scorso fine settimana – discussione alla quale ben presto si aggiunsero anche Vincent Tiger, Gregory Goyle e Blaze Zabini – e, da quello che capì Harry guardando il loro affiatamento, Draco e Theodore dovevano essere migliori amici. Non che la cosa lo disturbasse, ma si chiese quasi inconsciamente se prima o poi avrebbe trovato anche lui qualche essere umano da poter considerare un amico.
«Tu che squadra tifi?»
Potter alzò lo sguardo dal suo arrosto verso il suo interlocutore – Tiger se non errava. «Nessuna non avendo mai assistito a una partita, ma so come si gioca. Sono entrato in contatto con il Mondo Magico da un giorno scarso, credo ci siano cose più importanti a cui devo pensare e conoscere che il Quiddicth.» concluse con una certa vena stizzita nella voce «E comunque non mi è mai interessato più di tanto lo sport, neanche quando ero nel mondo babbano.» si apprestò ad aggiungere notando le facce stranite dei suoi coetanei.
«E sentiamo allora a cosa dovresti pensare?» gli chiese indispettito Tiger, evidentemente non contento della risposta ottenuta alla sua precedente domanda.
Harry esitò un attimo a rispondere pensando a cosa dire in modo da non sembrare troppo strano, insomma anche se avevano la sua stessa età non avevano passato quello che lui era stato costretto a subire, maturando così molto più velocemente dei suoi conscritti e per questo motivo non avrebbero mai potuto incontrarsi e stare bene assieme se loro pensavano al Quidditch e lui allo studio di qualsiasi settore della magia per poter esser pronto in qualsiasi occasione e soprattutto a capire come mai proprio lui era sopravissuto.
Il moro scrollò le spalle in un gesto noncurante «Voglio dire, voi siete nati e cresciuti nel Mondo Magico e per questo motivo lo conoscete; io non ne so nulla, ho passato praticamente tutta la vita in un orfanotrofio babbano e per il momento il mio principale desiderio è apprendere il più possibile dalla realtà da cui provengo.» disse mentre si tagliava una fetta di filetto «E poi odio non sapere.» aggiunse quasi in un sussurro udibile solo da se stesso.
«In ogni caso avete visto la nuova Tornado? Per il momento è la scopa più veloce ma chi l’ha provata dice che sterza troppo bruscamente: è inguidabile!» esclamò Theodore portando l’attenzione su di sé, distogliendola così da Potter il quale aveva attirato tutti gli sguardi sconcertati degli altri bambini.
Harry tirò un sospiro di sollievo, alla fine era riuscito a rimediare ma si appuntò di usare un po’ meno sarcasmo, in particolar modo con Tiger e Goyle: quei due sembravano più ottusi di un mulo. Alzò lo sguardo, sentendosi osservato e incontrò un paio d’occhi azzurri che lo fissavano davanti a lui: era il Signor Nott e Potter capì che aveva sicuramente prestato attenzione al discorso da lui fatto poco prima. L’uomo distolse velocemente lo sguardo tornando a prestare attenzione allo scambio di battute tra Lucius e il Signor Greengrass.
Oramai il pranzo stava giungendo al termine, mancava solamente il dolce e la portata stava arrivando proprio in quel momento, come sempre trasportata in tavola dagl’elfi. Dobby si era affiancato al giovane Potter con in mano un piato con sopra un’enorme fetta di torta fragole e cioccolato alla cui sola vista il bambino stava già morendo dalla voglia di mangiarla. Perché se c’era una cosa alla quale non riusciva mai a dire di no era una porzione di dessert: adorava tutti i dolci, ma con una particolare predilizione per quelli al cioccolato e alla frutta e, per quel poco che aveva potuto vedere durante i pasti fatti da quando era stato adottato dai Malfoy, nel Mondo Magico ne esistevano tantissimi tipi, molti dei quali squisiti come la torta di melassa che oramai era la sua preferita.
Il piccolo elfo stava posando il piatto davanti al padroncino quando venne colpito alla schiena da una gomitata che gli fece cadere il dolce dalle mani dritto dritto sulla camicia immacolato di Harry. Il moretto alzò furibondo lo sguardo sul suo adorato fratellastro che lo guardava tenendo un angolo della bocca sollevato in un’espressione strafottente di chi sapeva di aver vinto. Sì perché Draco credeva che facendogli fare una figuraccia del genere finalmente tutti si sarebbero resi conto che non valeva niente, che era destinato a essergli sempre inferiore. Il Prescelto dal canto suo stava pensando a una qualsiasi buona ragione per non incenerire all’istante il biondo, impresa alquanto ardua visto che in quel momento la sua mente non riuciva a fare a meno d’ideare più di mille modi per uccidere molto lentamente l’altro facendolo soffrire il più possibile.
Harry chiuse gli occhi per un secndo, rendendosi conto solo in quel momento delle urla e degli sguardi di fuoco di Lucius rivolti a Dobby che se ne stava rannicchiato, con lo sguardo basso al suo fianco e tremando come una foglia per paura che le terribili minacce del padrone di casa potessero avverarsi. Sospirò calmandosi, doveva rimandare la premeditazione dell’omicidio di Draco – che ancora stava sghignazando al suo fianco – e pensare a cosa fare se voleva uscire da quella situazione sconveniente e risparmiare al suo elfo una fine molto dolorosa.
Si concentrò, chiudendo fuori dalla sua testa le maledizioni del Signor Malfoy e il ghigno del figlio, e accostò la mano alla macchia di cioccolato sulla sua camicia mentre sussurrava parole a lui sconosciute, come se fosse una mantra di cui non conosceva il significato ma necessaria in qualche modo per compiere il suo intento. Come se lo sapesse senza mai averlo appreso. Si accorse solo quando rialzo gli occhi dalla sua camicia – ora linda e pulita come se non fosse mai successo nulla – del silenzio tombale che era caduto sulla stanza, tutti lo guardavano stupefatti, increduli quasi nel vedere la pradonanza con cui Potter era in grado di usare la magia. Senza esser cresciuto nel Mondo Magico, senza aver aperto prima d’allora un libro d’incantesimi, senza bacchetta; ma con una sicurezza e una semplicità caratteristiche di uno studente di Hogwarts.
Harry si voltò verso Dobby, ignorando gli altri commensali e dando nuovamente prova della grande sicurezza di se stesso che possedeva «Vai a prendermene un’altra fetta.»
Il pranzo finì in un silenzio assoluto – quasi imbarazzante in alcuni momenti – e in tutta onestà il piccolo Potter non ci avrebbe mai sperato, non che ciò non gli dispiacesse ma avrebbe messo la mano sul fuoco che chiunque in quella stanza avrebbe iniziato a riempirlo di domande su come e dove avesse imparato a farlo. Non aveva voglia di spiegare a persone che non aveva mai visto prima in vita sua e di cui non si fidava minimamente che aveva scoperto di esser speciale quando in giorno uno dei bulli dell’istituto aveva esagerato e lui aveva perso la pazienza, scaraventato contro il muro con la sola forza del pensiero. Lo avrebbe probabilmente strozzato se solo un serpente non gli si fosse accembellato vicino alle gambe, distraendolo e convincendolo a mollare la presa; non aveva voglia di spiegare come avesse iniziato ad aver paura di se stesso dopo quell’episodio e di come avesse iniziato a odiarsi, un odio marcio che una volta lo costrinse a salire sul tetto dell’orfanotrofio. Si sarebbe buttato di sotto per mettere fine a tutto quello se sempre lo stesso serpeti di prima non lo avesse fermato; non aveva voglia di spiegare che in un pomeriggio primaverile aveva provato a parlare con quel serpente, scoprendo così la sua capacità di comunicare con questi animali quando lui gli aveva risposto: quel serpente si chiamava Nagini ed era stato il suo primo vero amico.
‘Chissà dove sarà adesso quel serpente…’, si chiese con un velo di malinconia Harry mentre si portava alle labbra l’ultimo pezzo della sua fetta di dolce.
… … … …
Gli ospiti lasciarono il Manor a pomeriggio inoltrato, il sole stava per tramontare dietro le alte fronde degli alberi che circondavano il giardino di villa Malfoy. Durante il pomeriggio – passato a chiacchierare tranquillamente in uno dei grandi saloni davanti al camino acceso – gli adulti iniziarono a rivolgersi a Harry non solo con la curiosità iniziale, dovuta dall’aver davanti a loro una celebrità, ma anche con una sorta di dipendenza, come se fossero stati amaliati dal loro stesso desiderio di scoprire quanto quel piccolo maghetto fosse in grado di fare.
Dal canto suo, Potter non poté che essere riconoscente a Draco. Dopotutto l’altro gli aveva servito su un piatto d’argento l’opportunità di mettere il re avversario sotto scacco matto in quella loro prima battaglia di quella loro piccola e assurda guerra. In quel momento il moro avrebbe scommesso che sarebbe passato un be po’ di tempo prima che il biondo gli si ripresentasse davanti con in mente un piano per prendersi la sua rivincita.
Appena anche gli ultimi ospiti – Theodore Nott e suo padre – si furono chiusi alle spalle il grande portone d’entrata del Manor, Draco si congedò e rapidamente salì la scalinata arrivando sul ballatoio che conduceva al primo piano. In quel momento aveva bisogno di un bel bagno caldo per distendere i nervi, poi si sarebbe coricato a letto e avrebbe pensato a come attuare la sua vendetta.
‘Se quel Potter pensa di poter comparire in casa mia dall’oggi al domani, diventare il cocchino dei miei genitori e del mio padrino e farsi vedere bello con le sue magie da quattro soldi davanti ai miei amici e ai loro genitori, be’ allora si sbaglia di grosso!’, pensava mentre percorreva il corridoio a passo svelto, volendo raggiungere la sua stanza.
Non si accorse di un paio di passi alle sue spalle finché non venne afferrato per una spalla e sbattuto malamente contro il muro alla sua destra, una mano premuta sulla sua bocca a soffocare i suoi strilli spaventati e un corpo appena sul suo per impedirgli di muoversi.
«Urla e te ne pentirai amaramente.»
Quella voce. Un moto di rabbia investì Draco che alzò di scatto lo sguardo e si ritrovò davanti un paio di smeraldi che lo fissavano calmi. Ma c’era un qualcosa d’inquietante in quella calma quasi surreale, un qualcosa che fece capire immediatamente a Malfoy che sì, se avesse urlato se ne sarebbe pentito amaramente.
Quando fu sicuro che il biondo non avrebbe chiamato qualcuno, Harry gli tolse la mano da davanti la bocca, allontanandosi anche di un paio di centimetri ma senza lasciargli ugualmente nessuna possibilità di andarsene.
«Sì può sapere che fai, per Merlino?!» lo attaccò subito Draco, mentre le orecchie gli stavano diventando rosse per la rabbia crescente.
«Quello che faccio io non ti deve interessare.» rispose secco Potter e aggiunse prima che l’altro aprisse bocca per ribattere: «Non ho intenzione di chiederti come mai a pranzo hai inscenato quello stupido spettacolino, credo che il motivo sia abbastanza ovvio: sei un piccolo principino viziato che si arrabbia e punta i piedi perché mamma e papà non gli rivolgono più tutte le attenzioni che vuole lui, preferendo darle al nuovo arrivato; sei patetico. Ti do un consiglio: smettila perché oggi non ho reagito, ma la mia pazienza ha un limite e presto ti pentirai di aver tirato troppo la corda.» si allontanò ancora un po’ dall’altro che ora la guardava ancora più in cagnesco di prima.
«Be’, almeno io ce li ho una mamma e un papà.» sputò acido Draco.
Si accorse di quello che aveva detto quando oramai era troppo tardi, quando oramai Harry lo aveva afferrato per il colletto della camicia e sbattuto nuovamente contro il muro, quando oramai le iridi di Harry erano diventate rosse seppur per una frazione di secondo. Ma comunque il giovane Malfoy aveva visto quei due occhi verdi colorarsi di quella tonalità così innaturale quanto terribile. Deglutì a vuoto, mentre un grande brivido di terrore gli percorreva la spina dorsale perché forse, quella volta, aveva capito di aver fatto il passo più lungo della gamba.
Ma come tutto inizia, del resto tutto finisce. Harry lasciò la prese e Draco inspirò pesantemente per recuperare l’aria persa in quella frazione di secondo. Il moro si allontanò, tornando al centro del corridoio mentre abbassava appena la testa e la scrollava appena prima di lasciarsi andare a una bassa risatina di scherno.
«Patetico.» ripeté.
Non aggiunse altro. Si voltò e s’incamminò nella direzione opposta a quella in cui era diretto il biondo, scomparendo alla fine del corridoio e diretto alla sua camera.
***ANGOLINO DI SARATRIX***
Eheheheh e come sempre aggiorno con ritardi epocali anche se credo di essermi superata questa volta e per questo motivo vi chiedo scusa con questo capitolo molto... bello... (?) Ma in questo periodo ho avuto un po' di problemi familiari e la voglia di scrivere, quelle rare volte che c'era, era davero pochissima e non me la sentivo di scriverequalcosa in modo forzato. Spero possiate capire e perdonarmi, soprattutto perché è un periodo molto stressante per me causa scuola e io, giustamente, quando sono stressata durante le ore di Latino e Greco scrivo. :')
Btw questo capitolo in tutta onestà non mi convince molto, ma dopo averlo riletto per due settimane ho capito che se non lo pubblico ora non lo pubblicherò mai più. Quindi amen ed eccolo qua. c:
Come sempre ringrazio tantissimo tutti quelli che seguono, recensiscono o anche leggono soltanto la storia e vi ricordo che le recensioni anche se brevi o negative aiutano sempre e mi rendono ogni volta felice.
Spero soltanto che qualcuno continui a seguire la storia nonostante i miei continui ritardi e che non smetta ora. Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto.
Ah, vi lascio anche il link della mia pagina Instagram https://www.instagram.com/the.camp.half.blood/ dove ogni tanto posto immagini e video a tema fandom e tengo un po' aggiornati tutti su quello che faccio in generale.
Un bacio e a presto, si spera
SARATRIX
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Capitolo 8 *** ~Capitolo 7~ SOMETHING DIFFERENT ***
~Capitolo 7~
SOMETHING DIFFERENT
Lucius ripiegò la copia del Profeta di quella mattina e la appoggiò alla sua destra sul tavolo. Era passato quasi un mese da quando Harry Potter era entrato nella sua vita e in quella della sua famiglia. Inizialmente si era aspettato uno stravolgimento completo di tutte le sue abitudini e invece non era cambiato pressochè nulla e stranamente si stava trovando quasi a suo agio nel trovarsi quel marmocchio a gironzolargli per casa. Sì, Draco non era ancora riuscito ad accettare la realtà di avere un fratello ma alla fine avrebbe capito che l’unica cosa da fare era scendere a patti con l’evidenza, riuscendo così a instaurare una qualche sorta di convivenza pacifica con l’altro.
L’uomo si portò alle labbra la tazza e con un sorso finì il poco caffè rimasto al suo interno, spostando poi lo sguardo su Harry seduto al fianco di Narcissa. Quando quella mattina lui e sua moglie erano scesi a fare colazione lo avevano trovato già seduto al suo posto con un libro di Erbologia in grembo ad aspettarli per iniziare a mangiare. Si era rivelato una sorpresa con quel suo modo di fare così educato ed elegante, insolito per un bambino cresciuto in orfanotrofio, e per quella sua maturità e quel suo intelletto entrambi così sopra la media che lo rendevano in grado di apprendere al volo la maggior parte dei campi della magia completamente irraggiungibili per quasi tutti i suoi coetanei.
In quel momento si ricordò della chiacchierata avvenuta tra lui e Severus solo qualche giorno prima e di colpo qualcosa nel suo stomaco si contorse, portandolo a serrare le labbra in una smorfia stizzita. Piton gli aveva suggerito – ordinato – di raccontare a Potter tutto sulla Prima Guerra Magica. Sosteneva che prima lui e Narcissa avessero affrontato quel discorso con Harry più lieve sarebbe stata la sua reazione, sempre se “lieve” si può definire la reazione di una persona che scopre di essere stato adottato dai seguaci di chi ha assassinato i suoi genitori quando era ancora in fasce; sosteneva che se non glielo avesse detto lui, presto o tardi il bambino avrebbe scoperto da solo l’atroce verità e in quel momento allo sconvolgimento che la notizia porterà in lui si aggiungerà anche la rabbia causata da una verità celata per troppo tempo. Lucius aveva risposto che sì, gliel’avrebbe detto ma dopo, quando Harry sarebbe stato pronto, come se si potesse mai essere pronti a una rivelazione del genere.
In tutto quello Potter era completamente all’oscuro dei pensieri che in quel momento frullavano nella testa di Lucius Malfoy. Dal canto suo, solo un mese fa avrebbe facilmente scommesso che sarebbe rimasto in quell’orfanotrofio fino al compimento della maggiore età: di solito le famiglie tendono ad adottare i neonati o comunque bambini ancora piccoli, lui a sette anni aeva superato da un bel pezzo “l’età per l’adozione”. Non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto appartenere a un mondo completamente diverso da quello in cui era vissuto fino ad allora e dove quelli come lui erano normali e, soprattutto, che sarebbe finito per essere il figlio adottativo di una famiglia così ricca, passando dal non aver nulla all’aver quasi tutto. Alzò lo sguardo dalle uova con il bacon che aveva nel piatto, spostandolo fuori dalla finestra dove alcuni fiocchi di neve iniziavano a danzare nell’aria fredda di quella mattina di Dicembre così vicina al giorno di Natale.
«Harry.»
Sentendosi chiamato, Potter si voltò e incrociò gli occhi del padrone di casa «Sì?»
L’uomo impugnò il bastone con la mano destra e iniziò a farlo tamburellare appena sul pavimento «Come ben saprai, tra poco è Natale.» fece una breve pausa, aspettando che l’altro annuisse, per poi proseguire «Siamo soliti dare una festa, un ballo di gala la sera della Vigilia qua al Manor. Saranno presenti moltissimi maghi e streghe importanti e influenti e per questo mi aspetto da te un comportamento esemplare, degno di un principe, ma so che saprai esattamente cosa. Questo pomeriggio tu e Draco vi recherete con la Metropolvere a Diagon Alley per farvi confezionare degli abiti su misura da Madama McClane per l’occasione; io e Narcissa abbiamo va svolgere delle commissioni questo pomeriggio e non potremo essere con voi. Capito?»
Harry annuì, non facendo trapelare quanto gli scocciasse dover rimanere solo per un pomeriggio intero con l’altro: non aveva voglia di fare da balia a un bambino che vuole giocare a fare il rancoroso.
«Entrambi?» chiese Lucius rivolgendosi al figlio, marcando la parola per intendere che, nel caso qualcosa andasse storto, sarebbe stato lui a passare dei guai seri.
«Sì, padre.»
… … … …
Draco era a braccia conserte davanti al camino nel salone principale e picchiettava sul pavimento con la punta del piede, attendendo l’arrivo di Harry, sbuffando anche di tanto in tanto. Era lì ad aspettarlo oramai da una buona decina di minuti e sì era arrivato in anticipo ma non per quello doveva attendere l’altro così tanto. Ancora non capiva come mai suo padre gli aveva affidato l’altro per quel pomeriggio, l’ultima cosa che voleva fare in quel momento era badare allo Sfregiato per le vie di Diagon Alley; se Potter era così convinto di essere tanto più bravo e responsabile di lui, tanto meglio: sarebbe benissimo potuto andare per conto suo e lasciarlo in pace.
La porta del salone si aprì e fece capolino Harry, vestito di tutto punto e con già il mantello sulle spalle, un’espressione sicura e spavalda al tempo stesso sul volto. Malfoy contrasse appena la mascella nel vederlo, gli dava fastidio come l’altro si fosse già integrato nel suo Mondo, nella sua famiglia e nella sua vita. Nonostante fisicamente non avesse nulla dei Malfoy – capelli corvini invece che biondissimi e occhi smeraldini al posto di un paio in grado di racchiudere dentro di sé tutte le gradazioni del cielo –, dal punto di vista caratteriale poteva benissimo esser scambiato per uno di loro: il suo perfetto autocontrollo in ogni situazione, il gentile sorriso di circostanza presente sul suo volto che accompagava i suoi modi educati e la sua parlantina sciolta.
Alla fine, come Theodore non aveva mancato di fargli notare un paio di volte con una punta d’ironia nella voce per stuzzicarlo, a volte Harry sembrava essere il Malfoy tra loro due mentre lui, Draco, pareva il figlio adottato e cresciuto in un orfanotrofio con quegli attacchi di gelosia e invidia.
«Sei arrivato finalmente!» disse aspramente il biondo arricciando il labbro in una smorfia infastidita.
Potter diede una rapida occhiata all’orologio, quasi annoiato come se dovesse controllare per l’ennesima volta qualcosa che già sapeva essere giusto «Sono le quattro in questo preciso istante Draco, guarda caso l’ora in cui tu mi avevi dato appuntamento.» rispose mestamente, come se stesse spiegando a un bambino che il cielo è blu.
Malfoy digrignò i denti, voltandosi di scatto verso il camino per prendere un’urna di vetro nero decorata con dei bassorilievi d’argento contenente la metropolvere. «Come ha detto mio padre questa mattina, per andare a Diagon Alley useremo la Metropolvere. Sicuramente non saprai come–»
«Ho letto qualcosa sulla Metropolvere questa mattina, so come funziona.» lo interruppe l’altro con un gesto annoiato della mano mentre gli si avvicinava.
Draco nel sentire quelle parole non poté far a meno di scimmiottarlo appena, sicuro che l’altro non potesse vederlo poiché gli dava le spalle, per sbollire la frustrazione dell’esser stato interrotto. Prese una manciata di polvere e passò di malagrazia il contenitore a Harry, spingendoglielo contro il petto con un gesto secco.
Il moro stirò appea le labbra, esasperato dai continui comportamenti infantili dell’altro «Credevo sapessi che non è buona educazione fare i versi alle spalle delle persone.» disse semplicemente, con tutta la calma del mondo, mentre prendeva anche lui una manciata di cenere e riponeva l’urna al suo posto.
Malfoy divenne rosso fin sulla punta delle orecchie, un colorito talmente simile a quello del cappello indossato dalla prozia Susan nel ritratto alla fine del corridoio del terzo piano dell’ala destra del Manor, quello vicino alla porta di una vecchia camera riservata agli ospiti inutilizzata da anni. Non disse nulla, s’infilò nel camino con il mento all’insù e le spalle salde in una postura rigidissima; pronunciò “Diagon Alley” a voce alta prima di buttare la cenere a terra e sparire tra magiche fiamme verdi.
Harry roteò gli occhi, a volte proprio non lo capiva e in momenti come quello doveva seriamente pregare Merlino affinché gli desse la forza di sopportarlo senza dir nulla e sopprimere l’impulso di tirargli un pugno in pieno volto. Si strinse meglio nel suo mantello ed entrò anche lui nel camino. In quel momento una parte di sé avrebbe voluto che Lucius fosse dietro di lui: nonostante fosse sicuro di se stesso e si fosse informato su come funzionasse, non aveva mai viaggiato prima d’allora con la Metropolvere e pian piano il dubbio – sì, perché non era paura era una possibilità – di poter sbagliare gli si stava creando nella mente.
Prese un profondo respiro, della polvere gli finì su per le narici, costringendolo a tossire. «D-Diagon Ally!» pronunciò tra un colpo di tosse e l’altro per poi lanciare a terra la cenere e sparire anche lui nelle medesime fiamme verdi.
… … … …
Tossì un paio di volte mentre con una mano smuoveva appena l’aria davanti a sé per scacciare la polvere che riempiva la stanza, si mise in piedi traballando appena, ancora il vuoto nello stomaco causato dalla Metropolvere. Avanzò a tentoni, appoggiandosi a un tavolo di legno, marcio e usurato dal tempo, per aspettare che la vista appanata si abituasse al buio che lo circondava. Non passò nemmeno un minuto che lentamente iniziava a distinguere i contorni dei mobili attorno a lui; ‘Sicuramente non sono a Diagon Alley’ pensò amaramente e con un velo rabbia Potter, lanciando una veloce occhiata alle finestre, troppo impolverate per riuscire a vedere cosa ci fosse al di là di esse. Iniziò a compiere un paio di passi incerti nella stanza, pensando a cosa potesse fare per uscire da quella scomoda situazione nella quale si era cacciato.
Il problema principale, ora come ora, era riuscire a capire dove si trovasse. Almeno, era sicuramente ancora nel Mondo Magico a giudicare da tutti quegli strani oggetti – mani impagliate, teschi dentro a delle bottiglie, collane con pendenti azzuri e barattoli pieni di occhi – sparsi ovunque; si avvicinò a uno di essi e notò un cartellino con un prezzo: si trovava in un negozio, evidentemente chiuso dalla mancanza di personale e dalle luci spente.
Si avvicinò alla porta, pregando con tutto se stesso che non fosse chiusa, e posò la mano sulla sucida maniglia d’ottone – non senza una smorfia di disgusto. Girò il pomello, tirando appena. La porta non si mosse di un millimetro. Riprovò con più forza, ma tutto quello che ottenne fu un rumore chiassoso prodotto dal legno cigolante che riempì il silenzio dell’ambiente.
Una luce si accese alle sue spalle. Harry si voltò di scatto e vide una rampa di scale illuminate da un fascio di luce proveniente dal piano di sopra; un rumore di passi e poi una voce, gracchiante e roca come quella di un uomo anziano appena svegliato.
«Chi è? Non leggete i cartelli?! È chiuso!»
Un brivido percorse la schiena del bambino che riprese con forza a provare ad aprire la porta. ‘Giustamente il negoziante vive sopra il suo emporio…’ pensò sarcasticamente mentre la consapevolezza d’essere in trappola si faceva sempre più nitida nella sua mente mano a mano che i passi si avvicinavo, lentamente.
«Sto arrivando! Sto arrivando! E smettetela di tirare la porta prima che me la scardiniate!» la voce era sempre più vicina, così come i passi che lentamete si trascinavano sul pavimento scricchiolante. Aveva iniziato a scendere le scale ed Harry ruscì a vedere le sagome dei piedi dell’uomo riflessa nei vetri fare molto lentamente uno scalino dopo l’altro.
Harry aveva la fronte imperlata di fredde gocce di sudore mentre cercava con tutto se stesso di mettere da parte il panico che gli stava attanagliando le meningi per provare a rangionare, a pensare come potesse uscire da quel luogo e scappare il più velocemente possibile. Chiuse gli occhi, cercando, per quanto fosse possibile, di esternarsi completamente da quella situazione; sospirò e serrò maggiormente la presa sulla maniglia.
La serratura scattò, quello fu l’unico suono che le orecchie del bambino riuscirono a registrare ignorando completamente la voce del vecchio negoziante che, stupito, gli stava urlando dietro prendendolo per un ladro. Aprì di scatto la porta, facendola cigolare, prima di buttarsi in strada e iniziare a correre il più velocemente possibile.
Non si girò a guardare l’uomo che era riuscito a trascinarsi verso la porta inveirgli contro urlando ‘al ladro’ il più forte possibile nella speranza di veder qualcuno correre ad aiutarlo. Ma Harry non era un ladro, no quello era tutto uno stupido equivoco nato dalla troppa sicurezza che aveva di sé e ora si ritrovava in un posto che non conosceva, lontano da casa e senza alcun modo di chiamare qualcuno per chiedere aiuto.
Corse finché aveva fiato nei polmoni lungo quella via sporca e stretta, costeggiata da entrambi i lati da edifici mal ridotti e pericolandi che davano l’imressione di poter cadere da un momento all’altro. I muri dei palazzi erano incrostati di strane sostanze, o forse era solamento il poco intonaco che rimaneva a dare quell’effetto, le persiane erano rotte e pericolanti e molti vetri erano rotti oppure mancavano direttamente. La strada era una grossa buca unica, erano più i punt in cui il vecchio ciotolato era saltato via che quello in cui c’era ancora ed Harry dovette recuperare l’equilibrio diverse volte per non cadere dopo aver messo il piede dentro quelle aperture.
Svoltò un angolo, finendo in uno stretto vicolo malodorante i cui muri erano pieni di scritte e qua e la c’erano vecchi manifesti, strappati e sgualciti dal tempo. Potter appoggiò la nuca al muro alle sue spalle e chiuse gli occhi nella speranza di riuscire a regolare il respiro, il petto gli si alzava e abbassava velocemente all’interno della camica mentre alcune ciocche di capelli gli si erano attaccate alla nuca per il sudore. Teneva le labbra socchiuse cercando di far arrivare dell’aria ai polmoni e al cuore che in quel momento stava battendo talmente forte da poter rompergli la cassa toracica da un momento all’altro.
Si alzò appena gli occhiali sulla testa per massaggiarsi il naso con il pollice e l’indice cercando di far pulizia nella mente. Doveva riuscire a capire dove si trovava. Sentì in lontananza il rumore di un treno che frenava, un cane che litigava con un gatto e i loro versi, le sirene delle volanti della polizia e il rombo di un tuono in lontanza; stava tendendo spasmodicamente le orecchie nella speranza di captare un suono qualsiasi in grado di fornirgli indicazioni più precise sul luogo in cui si trovava. Pochi secondi dopo il rintocco potente di un orologio seguto a ruota da delle campane gli squarciò la mente come un fulmine a ciel sereno, alzò lo sguardo e gli smussati contorni della scura sagoma del Big Ben dietro le nuvole lo colpì. Era ancora a Londra.
Riuscì a malapena a formulare quel pensiero che si sentì afferrare per le spalle e sollevare da terra, la sua schiena sbattè contro il freddo umido muro alle sue spalle. Sgranò gli occhi e il volto di un uomo sulla cinquantina occupò totalmente il suo campo visivo, aveva una zazzera di unti brizzolati capelli color carota, la barba sfatta e il viso sporco così come i lorgori vestiti che indossava.
«Ti sei perso ragazzino?» chiese ridendo.
Il pesante puzzo di alcol che emanava il suo alito trapassò violentemente le narici di Harry, nauseandolo. Strinse i denti impedendo a un conato di vomito di formarsi dentro di lui. «Mi lasci andare.» sibilò, freddo e controllato puntando gli occhi smeraldini in quelli marroni dell’altro.
«Ma senti un po’ mocciosio, credi di potermi dare ordini?» l’uomo rovesciò la testa all’indietro mentre si lasciava andare a una bassa risata, una risata di gusto.
Harry iniziò a scalciare, senza riuscire a colpire quello sconosciuto «Le ho detto di lasciarmi andare!» quasi ringhiò, iniziando a perdere la pazienza mentre gli occhi sembravano essere in grado di sputare fuoco.
L’uomo non parve sentirlo, preso dall’osservare il mantello del bambino. Ne prese l’orlo tra le tozze dita osservandolo rapito, per poi finire a ridere quando Potter gli assestò una gomitata per fargl mollare la presa. «Dimmi un po’ moccioso…» iniziò facendosi più vicino, una luce pericolosa ad animargli gli occhi «Devi avere un sacco di soldi per permetterti degli abiti così fottutamente costosi… chi sono la tua mammina e il tuo papino?»
Il moretto impiegò una frazione di secondo per capire quale idea fosse nata nella mente di quell’individuo: voleva rapirlo e chiedere un riscatto nella speranza di venir assecondato. Digrignò i denti mentre ondate di rabbia sempre più forti e frequenti lo squotevano «Le ho detto di lasciarmi andare! E le conviene farlo se non vuole morire come i miei genitori!» quasi urlò, oramai aveva perso il controllo di sé.
L’altro si mise a ridere nuovamente, sbeffeggiandolo. «Ma chi ti credi di essere, eh marmocchio?» Talmente era preso da se stesso, dal suo ego e dal ridere che non si accorse di come gli occhi di Harry stavano lentamente acquisendo una sfumatura cresimi, così in netto contrasto con l’usuale verde.
«Mi sembra che il bambino sia stato chiaro. Lascialo.» una voce fredda, che non ammetteva repliche, risuonò alla spalle dell’uomo che solo in quel momento si acorse di avere la punta di una bacchetta premuta contro la nuca.
Harry ebbe un sussulto nel riconoscere quella voce, alzò lo sguardo, le tracce cremisi sparite dalle sue iridi, sulla nera figura. Severus Piton era lì in piedi in quel sudicio vicolo con la bacchetta tesa e un’espressione indecifrabile sul volto, non rivolse nemmeno una fugace occhiata al moretto, concentrato invece sull’uomo.
«Non sono solito ripetere quello che dico, ma questa volta farò un’eccezione: lascia il ragazzo, subito, sudicio magonò.» ringiò, ma era un ringhio controllato, volta solamente a intimorire con la sua freddezza e pacatezza così assoluti.
La mano che stringeva il colletto della giacca di Harry si aprì di scatto, lasciandolo libero di spostarsi con due falcate dietro il professore di Pozioni. In quel momento fu grato con tutto se stesso al caso che quel pomeriggio aveva condotto Severus Piton in quella sudicia via; il bambino era consepevole che in ogni caso aveva tutta la situazione sotto controllo e che in una manciata di secondi il magonò – come l’aveva chiamato Piton – l’avrebbe lasciato – del resto, Harry, era sempre stato un tipo molto persuasivo – ma poter contare sulla presenza del mago in un momento come quello, dove era sperduto in un posto che non conosceva, lo faceva incredibilmente sentir tranquillo.
Il professorenon aggiunse una parola, limitandosi a rinfoderare la bacchetta in una tasca interna del suo mantello, e così fece Potter mentre lo seguiva fuori dal vicolo. Appena misero piede nella via – così presumeva Harry – principale di quel posto, Severus poso una mano sulla spalla del bambino, stringendola appena come per assicurarsi che restasse al suo fianco. Camminarono in silenzio per quasi una decina di minuti, uno a fianco all’altro, con solo il rumore dei loro passi a fare da sottofondo.
«Si può sapere cosa ci fai a Nocturn Alley, Potter?» sbottò a un certo punto l’uomo, tenendo lo sguardo fisso sulla strada «Non è un posto per bambini e soprattutto non va bene che ti si veda da queste parti.»
Harry alzò lo sguardo su di lui, piegando appena la testa di lato mentre chiedeva: «Perché? Che cos’è Nocturn Alley?»
Piton arricciò appena le labbra in una smorfia infastidita per l’esser stato interrotto «Il quartiere più malfamato, oscuro e sudicio di tutto il Mondo Magico. Per questo non devi stare da queste parti, se quell’uomo ti avesse riconosciuto non si sarebbe fatto scappare l’occasione di prenderti e consegnarti a qualche seguace dell’Oscuro Signore ancora in circolazione.» si fermò per quasi un minuto prima di riprendere «Non sviare la domanda, Potter.»
Il moretto spostò lo sguardo dal mago, trovando stranamente interessanti i suoi piedi «Ho sbagliato a usare la Metropolvere, sarei dovuto andare con Draco a Diagon Alley ma invece sono finito qua…» disse mentre le sue gote si coloravano appena di rosa.
Severus sbuffò sonoramente, ignorando la domanda del piccolo su cosa ci facesse invece lui in quel posto. ‘Lucius è sempre il solito incosciente! Lasciare che un bambino appena entrato in contatto con il Mondo Magico usi la Metropolvere da solo è da pazzi! Chissà cosa sarebbe successo se non fossi dovuto venire a Nocturn Alley per prendere degli ingredienti per le pozioni…’.
«Seguimi.» disse semplicemente il professore mentre aumentava il passo, costringendo Harry ad accelerare per stargli dietro.
Il bambino osservò l’uomo camminare alla sua sinistra, il mantello nero che gli frusciava appena dietro dandogli un’aria misteriosa. Era molto alto, forse anche più di Lucius pensò, mentre osservava le sue lunghe gambe fasciate in un paio di pantaloni neri come la casacca e il mantello, neri come i suoi capelli e i suoi occhi. ‘Evidentemente è il suo colore preferito’ pensò ironicamente Harry mentre il suo sguardo veniva catturato dalle iridi dell’uomo, due profondi pozzi neri senza fine, misteriosi e intriganti, avvolgenti e pericolosi.
«Come mai si trova da queste parti?»
«Non ti interessa Potter. Zitto e cammina.»
Harry non fece altre domande, limitandosi a seguire silenziosamente l’uomo, come se ne fosse l’ombra. Si infilarono in un paio di vicoli, salendo poi alcune scalinate; ad Harry sembrava di girare in tondo, perdendo la cognizione di dove si trovasse ogni volta che girava a destra alla fine di un cunicolo per poi entrare immediatamente in una stretta trasversale sulla sinistra. Ogni mezzo minuto Severus lanciava delle veloci occhiate al bambino per controllare che fosse sempre al suo fianco, sempre a portata di mano e sempre abbastanza lontano da qualunque pericolo.
Quando iniziarono a salire una lunga scalinata, il vociare delle persone, la tipica confusione della via principale piena di negozi nel periodo natalizio si avvicinava sempre di più alle orecchie del giovane Potter. Spostò lo sguardo sulla destra dove un cartello, consumato dal tempo, indicava in grosse lettere Diagon Alley, sempre dritto. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo mentre seguiva Piton nella trafficata strada, i colori sgargianti lo abbagliarono di colpo e i toni allegri dei maghi e delle streghe presero possesso delle sue orecchie insieme alle felici risate, così diversi da quelli cupi di Nocturn Alley e dal silenzio interrotto di tanto in tanto solamente da urla e imprecazioni o vetri e cose che venivano buttate al suolo, rompendosi. Le persone s’incontravano e si fermavano per salutarsi e chiacchierare anche in mezzo alla strada, ostruendo il passaggio alle altre persone, troppo felici per l’arrivo delle feste per irritarsi a causa di qualcuno che decideva di fare salotto nel bel mezzo del corso. Maghi e streghe uscivano dai negozi con le braccia piene di pacchetti regalo tutti colorati e dalle più svariate dimensioni.
«Signore?»
Severus alzò gli occhi al cielo «Dimmi Potter.»
«Cosa potrei regalare a Lucius, Draco e Narcissa?» chiese genuinamente alzando lo sguardo su di lui.
«Non c’è bisogno che tu gliene faccia uno. E poi, quali soldi useresti?» concluse con una vena di sarcasmo nella voce.
Harry infilò la mano destra nella tasca dei calzoni e ne tirò fuori una sacchetta di cuoio, stretta in cima da un laccio verde di cauciù; l’aprì e ne mostrò il contenuto all’uomo: una dozzina di banconote e due manciate di monete babbane. «Sono miei. All’orfanotrofio per il compleanno e per Nataleerano soliti darci qualche sterlina a testa – non ho mai speso i soldi che mi davano perché non ho mai sentito il bisogno di comprarmi qualcosa – e quando me ne sono andato il direttore e la segretaria dell’orfanotrofio mi hanno dato venti sterline a testa; so che non è molto ma è tutto quello che ho e pensavo di andare a far cambiare tutto alla Gringott.» spiegò per poi continuare più impacciato «E poi voglio farglielo, nel senso, sono le prime persone di cui mi ricordo e di cui mi ricorderò che posso definire famiglia e…»
«Risparmiati i sentimentalisimi, Potter.» lo fermò il professore sbuffando e con un’espressione disgustata sul volto «A Draco puoi prendere qualcosa inerente al Quidditch, mentre a Narcissa un libro o un qualcosa per i capelli, per Lucius credo possa andar bene un libro o qualcosa per lo studio come una penna o un tagliacarte.»
Il bambino lasciò spazio sul suo volto a un largo luminoso sorriso «Grazie!»
… … … …
Harry entrò nel negozio di Madama McClane, chiudendosi la porta alle spalle dopo essersi pulito la suola delle scarpe sullo zerbino ai suoi piedi. Si tolse il mantello, piegandolo ordinatamente, quando la sarta fece capolino nella stanza dalla porta che Harry sapeva portava al camerino prova dove la donna prendeva le misure per gli abiti.
«Oh, Signor Potter, ben arrivato!»
«Buon pomeriggio Madama McClane.» salutò mentre seguiva la strega nella piccola stanzetta.
Draco era in piedi su uno sgabello al centro della saletta, le braccia aperte e un espressione annoiata sul volto mentre un metro magico finiva di prendergli le ultime misure per aggiustare il vestito che indossava in quel momento. Era un abito da sera classico composto da una camicia di seta argentea dello stesso colore della cravatta, il tutto pefettamente intonato con i calzoni e la giacca, appena più lunga sul dietro, colore del ghiaccio; quel completo faceva risaltare incredibilmente i suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondissimi.
Dopo esser uscito dal camino, il giovane erede di casa Malfoy si era ritrovato all’interno del Paiolo Magico e ben poca voglia di stare lì ad aspettare l’altro ma si disse che doveva farlo perché era un Purosangue e suo padre gli aveva detto di badare a Potter e un degno Purosangue segue sempre gli ordini del patriarca del suo casato. Attese per quelle che a lui parvero ore – mentre in realtà erano soltanto una decina di minuti stando a quello che segnava l’orologio a pendolo appoggiato al muro – prima di decidere di mandare Potter al Tartaro e avviarsi per conto suo da Madama McClane: l’ultima cosa di cui aveva voglia quel giorno era perdere il suo preziosissimo tempo, voleva tornare a casa il prima possibile per continuare a mettere in ordine la sua preziosissima collezione di Gobbiglie.
Insomma, del resto Potter si vantava tanto di essere un gran genio, no? Bene. Allora sarebbe potuto benissimo essere in grado di trovare la strada anche da solo e poi c’era già andato con sua madre. Arrivato quindi da Madama McClane non si preoccupò più di tanto, confidando che l’altrosarebbe comparso – imponendogli la sua odiosa presenza – di lì a pochi minuti. Mano a mano che il tempo passava e la sarta iniziava a chiedergli dove fosse finito Harry, qualcosa dentro di lui iniziò a fargli pensare che, magari, avrebbe dovuto aspettarlo e che se gli fosse successo qualcosa suo padre non gliel’avrebbe fatta certamente passare liscia.
Harry si sedette su uno sgabello libero in un angolo ella stanza, incrociando appena le caviglie, e Draco sospirò internamente di sollievo nel notare che l’altro sebrava non riportare su di sé alcun livido o taglio, solo un po’di polvere sull’orlo del mantello.
«Si può sapre dove eri finito?» chiese scocciato Draco mentre Madama McClane riprendeva da dove si era interrotta poco prima, accorciando una manica della giacca.
«Sapevo che tu saresti stato il primo così ho deciso di farmi un giro per ingannare il tempo.» rispose semplicemente, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra mentre alcuni fiocchi di neve iniziavano a scendere dal cielo. Non era esattamente una bugia quella che gli aveva appena raccontato, era una sorta di mezza verità, una verità celata dove lui aveva solamente taciuto come mai aveva fatto un giro. Non avrebbe mai detto a Draco di essersi perso, sarebbe stata come una piccola sconfitta per lui: un’ammissione del fatto che aveva bisogno del suo aiuto per usare la Metropolvere.
Seguirono minuti di silenzio, interrotto solamente ogni tanto dai tacchi della strega che risuonavano sul pavimento di legno, che Harry occupò facendo vagare lo sguardo sulla via principale di Diagon Alley, ora interamente ricoperta da candida neve. Quando Madama McClane annunciò di aver finito, Draco non disse nulla: scese dallo sgabello e si mise il mantello sulle spalle allacciando gli alamari d’argento.
«Io vado a casa. Ti aspetto là.» annunciò sempilcemente mentre apriva la porta del negozio e usciva sulla strada trafficata dove i maghi non si lasciavano intimorire dal maltempo, troppo impegnati nel riuscire ad acquistare tutti i regali per il Natale oramai alle porte.
Potter roteò gli occhi, prendendo il posto lasciato libero dal fratellastro sullo sgabello. Quando avrà finito con l’abito avrebbe fatto un giro per Diagon Alley alla ricerca di un buon regalo per Lucius, Narcissa, Severus – dopotutto lo aveva salvato poco prima, no? – e, sì, anche per Draco solo per ribadire quanto fosse maturo e quanto le sue continue frecciatine e i suoi scherzi stupidi non lo toccassero minimamente.
«So che non dovrei chiederlo, ma si comporta sempre così?» domandò la strega mentre gli si avvicinava dopo aver piegato e appeso al suo posto il vestito del giovane Malfoy.
Harry si limito a scrollare le spalle «A volte è difficile abituarsi alle novità.» rispose vago facendo scorrere lo sguardo sugli scaffali pieni di rotoli di stoffe di svariati tessuti e colori.
La sarta non aggiunse altro, con un veloce colpo di bacchetta fece apparire addosso a Potter un abito con lo stesso taglio di quello di Draco, solo i colori erano diversi: un chiaro verde smeraldo e un grigio perla. «Non avendo ricevuto particolari indicazioni dalla Signora Malfoy per il suo abito, Signor Potter, ho pensato di adottare lo stesso stile di quello del Signorino Malfoy, cambiando solamente i colori in modo che mettessero in risalto i suoi occhi.» spiegò mentre sistemava le maniche della giacca, accorciandole appena e segnando i punti con degli spilli «Allora, cosa ne pensa?» aggiunse notando che il bambino non diceva nulla.
Il moretto ammirava la sua figura riflessa nello specchio a figura intera davanti a lui. Quello era davvero un gran bell’abito, non c’erano obbiezioni, e anche la scelta dei colori gli calzava a pennello facendo risaltare l’avvolgente nero dei suoi capelli e il brillante verde dei suoi occhi. Però… C’era quel però che Harry non sapeva bene cosa fosse, a cosa si riferisse. Il taglio di quel completo era così diverso da quello a cui si era abituato a vedere nel Mondo Babbano: simboleggiava un ulteriore distacco da quella che era stata la sua vita prima d’allora, il centro del suo mondo e forse non era ancora pronto a separarsi da quella cultura. Voleva che quell’abito gli ricordasse da dove veniva, qual’era il luogo che lo aveva reso com’era in quel momento: forte, intelligente, astuto, ambizioso e pieno di risorse in qualsiasi momento; voleva che quella sera, durantequel ballo, chiunque lo guardasse si ricordasse dove era cresciuto e che una parte della sua vita era e sarebbe per sempre costituita da quello che c’era al di fuori della magia.
«I colori mi piacciono, sono perfetti.» disse Harry mentre controllava come il tessuto dei calzoni gli fasciava le gambe «Però… volevo chiederle, è possibile apportare delle modifiche?» domandò senza distogliere lo sguardo dalla sua immagine riflessa nello specchio.
«Delle modifiche?» ripeté con una nota incerta nella voce.
«Sì, delle modifiche, crede che si possano effettuare? Niente di grosso: solamente dei piccoli accorgimenti qua e là.» spiegò il bambino sorridendo.
«Non so se la signora Mlafoy–» iniziò la sarta.
«Narcissa mi ha datocarta bianca per questo abito, mi ha autorizzato ad apportare delle modifiche se lo ritenevo opportuno.» spiegò con un tono pragmatico l’altro, con un piccolo movimento della mano a sottolineare le sue parole.
«Molto bene, in questo caso allora… Mi dica a cosa aveva pensato, Signor Potter.»
Harry, sorrise e con un luccichio di trionfo negli occhi negli occhi smeraldini iniziava a spiegare alla sarta quello che aveva in mente. Narcissa non lo aveva autorizzato a decidere da solo quali modifiche e come effetturale, ma, ne era sicuro, né lei né Lucius avrebbero trovato qualcosa da obbiettare.
***ANGOLINO DI SARATRIX***
E anche questa volta sono in super ritardo, ma sono dovuta partire per il mare dove non ho potuto partarmi dietro il computer e non avevo nemmeno il Wi-Fi e, vi giuro, scrivere e pubblicare i cpitoli dal telefono è davvero difficilissimo e la connessione dove mi trovavo era devvero pessima e ogni due per tre mi ricaricava la pagina dell'editor per l'hatml.
In ogni caso, inizio con lo scusarmi per gli eventuali errori di battuta qua e là, ma non so come mai il correttore automatico di Word ha gentilmente deciso di smettere di funzionare e non riesco a farlo ripartire; digitando sulla tastiera molto velocemente, spesso mi lascio alle spalle alcuni errori di battitura e troppo spesso rileggendo il capitolo non me ne accorgo.
Detto ciò, spero che il capitolo vi piaccia e che mi lasciate presto delle recensioni per farmi sapere cosa ne pensate
Un bacio e a presto
Saratrix |
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