Il patto

di pensa_e_potrai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Camminava. Camminava e ripensava all'enorme cavolata che aveva fatto. Non voleva tirarsi indietro, ora che era a un passo dal realizzare ciò che voleva.

Hermione Jean Granger era una ragazza testarda, e nessuno avrebbe avuto da ridire su questo.

Ma i problemi si presentano sempre, a prescindere dalla tenacia della persona.

"Ci dispiace signorina Granger, lei sembra una ragazza a posto, ha un lavoro fisso e ben retribuito e un'abitazione. L'unico problema è che non possiamo affidarle un figlio a una persona senza essere sicuri che questo abbia una figura paterna oltre che una materna."

Dopo quella frase era rimasta interiormente schiacciata. Era da molto tempo che voleva avere un figlio, ma non riusciva a trovare nessuno che stesse con lei fino a quel punto. Così era apparsa nella sua testa l'idea dell'adozione.

Era andata in un centro adozioni e aveva sostenuto il colloquio. Era tutto a posto, ma c'era un ultimo ostacolo. Non voleva mollare a quel punto, e lo aveva detto.

"Non ho detto di non avere nessuno. Ho detto di non essere sposata."

Si era veramente messa in un casino più grande di lei. E la cosa peggiore era che non sapeva come cavarsela. Inizialmente aveva pensato a Harry, credeva l'avrebbe potuta aiutare, ma c'era il 'problema Ginny', e di certo non voleva sottrarre il fidanzato all'amica. Poi di Ron non se ne parlava, avevano litigato mesi prima e non si erano più parlati. Non aveva idea di come fare.

"Quindi convive stabilmente, da almeno tre anni con qualcuno?"

A un certo punto le venne in mente un'idea. Folle, pazza e stupida. Era anche insensata, ma sapeva che avrebbe funzionato. Il problema era prendere accordi con il 'finto fidanzato'.

"Sì, esatto."

"Allora in questo caso è tutto diverso. Ovviamente dovremo accertarci che il clima familiare sia idoneo per la crescita di un bambino. Dopodiché il gioco è fatto. Passeremo a breve a controllare, non appena ci fornirà l'indirizzo."

"Ve lo manderò domani."

E in quel momento stava marciando letteralmente verso il cancello nero di Villa Malfoy, in procinto di chiedere aiuto al suo peggior nemico.

Bussò e dopo poco venne ad aprirle un elfo domestico, che la invitò con un piccolo cenno ad entrare.

Si sedette nel soggiorno davanti al camino, e si mise a picchiettare sul bracciolo della poltrona.

Sentì dei passi dietro di sé. Sospirò e si voltò lentamente. Ormai non poteva andarsene.

"Qual buon vento Granger?" Chiese con sarcasmo Malfoy, apparso dietro di lei, alzando un sopracciglio.

Hermione prese fiato, cercando il modo giusto di formulare la frase.

"Ho bisogno di un favore."

Draco si sedette sul divano davanti a lei e appoggiò i gomiti alle gambe, fissandola con fare interrogativo.

"E come mai sei venuta proprio qui, a chiederlo proprio a me?"

Doveva trovare una motivazione valida, che non la facesse sembrare disperata. Ma di fatto lo era, oppure non sarebbe lì.

"Perché non c'è nessun altro a cui possa chiederlo."

"Ecco fatto. Sei proprio un genio Hermione. Adesso sembri veramente una disperata."

"Ti ascolto."

Stava sorridendo? No, era un ghigno. Ma sembrava funzionasse lo stesso.

Prese nuovamente fiato, più profondamente, e sputò fuori la verità.

"Voglio che mi aiuti ad adottare un bambino."

"Ma ti sei totalmente bevuta il cervello Granger?"

Draco la stava guardando come avesse detto la cosa peggiore al mondo.

"Innanzitutto non parlarmi così. E poi non ti ho chiesto di avere un figlio con me, ti ho chiesto solo di aiutarmi ad adottarlo, tu poi potrai tornare a fare la tua vita di sempre."

Spiegò precisa Hermione. Niente di più, niente di meno.

"E io cosa ci guadagno?"

Hermione fece spallucce, sapeva che lo avrebbe detto. Se c'era uno che non faceva mai nulla senza un proprio tornaconto era Malfoy.

"Quello che vuoi."

Draco sorrise con un lampo di malizia. Aveva già in mente cosa chiederle.

"Perfetto."

Hermione si alzò e parlò chiaramente.

"Ok. Allora ti aspetto domani da me. Ecco l'indirizzo." Scrisse su un foglio la via e il numero civico. "Porta tutto quello che ti serve."

"E perché dovrei andarmene da casa mia? Al limite potresti trasferirti tu."

Hermione sbuffò.

"Perché quelli del centro adozioni sono babbani, e poi credo che questa casa farebbe venire i brividi ad un bambino." Aggiunse con un risolino provocatorio.

"E va bene. Sarò da te domani per questa recita."

Senza aggiungere altro, Hermione uscì dalla villa e tornò a casa sua. Era fatta. Poteva considerare la cosa già conclusa. Peccato che prima avrebbe dovuto convivere con Malfoy.

Aveva superato di peggio. Poteva farcela.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Hermione era seduta sul divano rosso di stoffa nel suo soggiorno. Guardò l'orologio appeso sulla parete dietro di sé: le 17:30, Malfoy sarebbe dovuto arrivare a momenti. Hermione tendeva le orecchie, aspettando che il campanello suonasse. Ma quello non suonò. Draco si smaterializzò davanti ai suoi occhi con le valige in mano. Hermione sbuffò.

"Non sei contenta di vedermi?" Chiese Draco ironico.

"Vorrei poterti dire di no... ma non sono proprio al settimo cielo."

"Sono appena arrivato e già inizi a provocarmi?"

Hermione lo ignorò e si alzò dal divano.

"Perché questa cosa funzioni dobbiamo stabilire delle regole." Fece con tono severo lei.

"Regole?" Draco rispose incredulo. "Non mi avevi detto che sarei dovuto sottostare a delle regole"

"Beh è così." Gli disse semplicemente la Grifondoro. Doveva ammetterlo, si stava divertendo a dettar legge.  "Regola numero uno: non devi né smaterializzarti né usare la magia."

"Per quale motivo?"

"Allora non ci arrivi." Hermione scosse la testa. "Devi sembrare un Babbano."

"Sarà difficile Granger." Ammise lui.

"Ma devi farlo."

"E va bene. Dimmi dov'è camera mia e sistemo le mie cose."

"Di sopra, vicino al bagno. Metà dell'armadio è tua."

"Come mai solo metà?" Draco stava iniziando a intuire.

Ora arrivava la parte difficile. "Perché l'altra è la mia."

"Stai dicendo che dovrei dormire nelle tua stessa stanza?"

"Esattamente."

"Ma è assurdo. Non hai un'altra camera?" Sbottò Draco.

"Tecnicamente sì, ma non c'è nemmeno il letto. Quella sarà la stanza per il bambino."

"E va bene, allora andrò a sistemare le mie cose in camera nostra." Calcò le ultime parole con tono provocatorio.

Prese le sue cose e si avviò di sopra. Il corridoio era stretto e Draco andò a sbattere sul muro con le valigie, rigandolo.

La stanza vicino al bagno era molto più piccola di quello che si era aspettato, gli faceva venire la claustrofobia.

Vi entrò e aprì la finestra per cambiare aria, che prima sapeva di chiuso.

Mise i suoi vestiti nella metà libera dell'armadio e si sedette sul letto.

"Mi sono dimenticata di dirti che stasera verrà a cena l'assistente sociale per controllare che sia tutto a posto." Gli disse Hermione dal piano di sotto. "Ah sì, vengono anche Harry e Ginny."

Draco si diresse di sotto e raggiunse Hermione.

"E perché devono venire anche loro?" Le chiese, pentendosi già dell'accordo.

"Servono dei testimoni che garantiscano che viviamo insieme da almeno tre anni. Gli ho spiegato la situazione, staranno al gioco."

"Perfetto, una serata in compagnia di Potter e della Weasley."

Pensò Draco. Doveva solo resistere per un po'. Avrebbe guadagnato alla fine.

"Come vuoi tu Granger."

"Regola numero due." Hermione contò sulle dita. "Non dovrai chiamarmi Granger."

"E come ti dovrei chiamare?"

"Ma stai dormendo? Dobbiamo fingere di essere fidanzati, quindi dovrai chiamarmi o Hermione" La ragazza deglutì." O tesoro o come preferisci."

"Come vuoi tu, tesoro." Draco alzò e abbassò le sopracciglia con un sorrisetto.

Alla fine della farsa avrebbe avuto ciò che voleva, bastava stare al gioco.

~~~

Il momento in cui Harry e Ginny bussarono alla porta, Draco sbuffò rumorosamente.

Evitò di andare ad aprire e rimase rintanato in cucina.

Solo dopo molto si fece vivo.

"Dicci solo cosa dobbiamo dire." Stava dicendo la Weasley a Hermione.

"Semplicemente che stiamo insieme da tre anni e che lui vive qui."

"Va bene." Ginny arricciò il labbro.

"Non avrei mai pensato che vi sareste messi insieme, sai Hermione?" Rise Harry.

"Non fare il buffone Potter." Disse Draco stringendo i denti.

Harry stava per ribattere, ma Hermione interruppe la discussione che stava già per cominciare.

"Evitate di uccidervi sta sera. Ginny, puoi aiutarmi a finire di preparare la cena?"

"Certo." Ginny salutò i ragazzi con un cenno e si diresse in cucina con Hermione.

Per tutto il tempo Draco e Harry rimasero seduti sul divano, senza degnarsi di uno sguardo o una parola.

Il campanello suonò nel silenzio. Era l'ora della farsa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Sia Harry che Draco fissavano la porta, ma nessuno dei due si mosse minimamente.
Hermione uscì dalla cucina con indosso un grembiule azzurro unto e sporco. Guardò i due e gli rivolse un'occhiataccia, specialmente a Draco. Soffermò lo sguardo su di lui.

"Vorresti farmi la cortesia di andare ad aprire mentre mi cambio?" Disse con un tono severo che i tutti i presenti conoscevano particolarmente bene.

"Come vuoi, tesoro."

Hermione lo guardò arricciando il labbro e salì di sopra, leggermente soddisfatta, ma preoccupata. Un piccolo dettaglio fuori posto e le sue possibilità di adottare un bambino sarebbero state gettate al vento. Sperava vivamente che Malfoy avrebbe recitato la parte il meglio possibile, dopotutto alla fine gli sarebbe convenuto. Ma si chiedeva quale fosse il favore che avrebbe dovuto fargli; qualcosa di imbarazzante, credeva.

Intanto al piano inferiore Draco si alzò dal divano, si lisciò il completo nero che aveva indossato e andò alla porta. Roteò gli occhi al cielo e prese fiato, prima di aprire.
Si trovò davanti un ometto baffuto, sulla sessantina, poco più alto di un metro e sessanta, vestito in maniera stravagante: giacca e pantaloni viola, cravatta azzurro ghiaccio e cappello nero. Se non fosse stato sicuro del fatto che l'uomo era un Babbano, avrebbe creduto fosse un mago mal camuffato.

"Piacere, Hector Thomson." L'uomo si potreste in avanti e gli strinse la mano sorridendo in un modo che Draco identificò tra l'ebete e l'euforico. Si sforzò di sorridere. "E lei deve essere..."

"Draco Malfoy, il- tossì per darsi un contegno- fidanzato di Hermione Granger."

Tompson allargò il sorriso che lo faceva sembrare una iena ridens. Evidentemente se l'era bevuta.

"Bene, molto bene. Mi invita ad entrare?" Chiese retoricamente, non scalfendo l'aria da perfetto idiota che si era fissata nella mente di Draco.
Il biondo si spostò dall'uscio e fece un cenno di invito.
Hector entrò e appese il cappello di feltro all'attaccapanni. Andò in soggiorno, dove Harry e Ginny stavano immobili, cercando sembrare tranquilli.

"Facciamo le presentazioni?" Disse Hector guardando la coppia seduta sul divano. I due si alzarono.

"Harry Potter, piacere." Harry strinse la mano all'ometto. Ginny fece lo stesso.

"Ginny Weasley."

"Sono degli... ehm, amici." Draco cercò di sembrare il più naturale possibile.

"Bene, più si è meglio è." Asserì Hector.

I tre ragazzi si guardarono in un momento di imbarazzo. Silenzio.

"Oh buona sera." Hermione scese le scale velocemente. Si era vestita senza nulla di sfarzoso, camicetta bianca e gonna blu, i capelli acconciati in uno chignon.

"Piacere, Hermione Granger." Si precipitò a stringere la mano all'assistente sociale.

"Beh, siamo al completo." Continuò a sorridere Hector.
Hermione fece cenno ai presenti di accomodarsi, andò in cucina e portò a tavola la cena. Aveva preparato pollo arrosto con contorno di patate, un classico per fare colpo.

"Buon appetito." Si sedette anche lei.

Per metà della cena nessuno disse niente, si limitarono a mangiare. Harry tossì un paio di volte per rompere il silenzio imbarazzante, Ginny picchiettava con le unghie sul tavolo.

"Raccontatemi di voi." Disse a un certo punto Hector. Draco, che stava masticando, mandò giù il boccone velocemente, e quello gli andò di traverso. Bevve tutto il contenuto del bicchiere e si riprese.

"Per esempio, come vi siete conosciuti?" Continuò Hector.

"A scuola. Ci conosciamo da quando abbiamo undici anni." Rispose semplicemente Hermione. Dopotutto era la verità.

"Mmm interessate. E da quanto state insieme?" Continuò l'ometto.

"Da cinque anni." Draco stava per aprire bocca con fare di disappunto, ma Hermione gli sferrò un calcio da sotto il tavolo che lo fece tacere.

"Beh non è poco." Sorrise di più l'uomo.

"Ehm... sì, direi di sì." Annuì Hermione. Draco invece fissava il piatto reggendosi la testa con la mano, sguardo annoiato, ogni tanto sbuffava.

"Preparo un caffè. Draco, puoi aiutarmi?" Disse Hermione dopo poco, rompendo il nuovo silenzio che si era creato.

"Certamente tesoro." Il ragazzo arricciò il labbro e si alzò, andando in cucina con lei.
Quella chiuse la porta e lo guardò arrabbiata: era ufficiale, non aveva intenzione di preparare il caffè.

"Ma si può sapere a che gioco stai giocando?" Sussurrò lei, per evitare di alzare la voce.

"Qual'è il problema?" Draco incrociò le braccia sbuffando.

"Non rispondere a una domanda con un'altra domanda. Non hai detto una parola per tutta la cena, era come se non ci fossi." Lei tutto a un tratto sembrava furiosa. Teneva troppo a quella cosa per rovinarla, voleva che ogni dettaglio fosse impeccabile.

"Datti una calmata. Non sapevo nemmeno che avrei dovuto dire, sei tu la maestina qui." Lui sembrava sul punto di alzare la voce.

"Non mi dare della maestrina. Ora torniamo di là e farai esattamente come se non fossi un arrogante e spocchioso Malfoy." Calcò gli aggettivi riversandovi la collera per calmarsi.

"Evita di ribadire il passato, piccola mezzosangue."

Era da molto che non sentiva quell'appellativo. Se ne era quasi dimenticata. Detestava, odiava con tutta sé stessa quel modo di chiamarla che Malfoy le aveva riservato da sempre. Strinse i pugni e strizzò gli occhi, corrugando la fronte.

"Azzardati." Gli puntò l'indice alla gola. "Azzardati solo a farti sfuggire quella parola un'altra volta e ti giuro che ti prendo a schiaffi."

"Non ti conviene. Altrimenti non avrai nessuno che reciterà la parte del fidanzatino." Lui non sembrava intimorito nemmeno un po'. Si voltò e non la guardò più per tutto il tempo che rimasero in cucina. Hermione finì di preparare il caffè con le mani ancora tremanti di collera. Respirò a fondo fino a calmarsi. Mise le cinque tazzine su un vassoio e sorpassò Malfoy, ancora in collera.

"Fa attenzione." Gli lanciò un ultimo avvertimento.

Uscirono dalla cucina ed Hermione posò il vassoio sul tavolo.
Dopo il caffè Hector si alzò.

"È stata una cenetta gradevole, peccato sia finita. Piacere di avervi conosciuto. Se siete d'accordo- si rivolse a Hermione e a Draco- passerò a trovarvi altre volte prima di procedere con l'adozione."

"Certamente." Hermione si sforzò di sorridere mascherando la preoccupazione.

"Arrivederci." L'ometto salutò con un cenno, prese il cappello dall'attaccapanni e uscì.
Per quella volta era fatta.

~~~

Harry e Ginny se ne andarono poco dopo.
I due salirono di sopra per andare a dormire. Hermione si cambiò in bagno pur di non farsi vedere da Malfoy. Appena rientrò nella stanza dichiarò:
"Io dormo dalla parte della finestra."

"Perché tu?" Draco chiese la motivazione.

"Perché è il mio letto." Fece Hermione con tono di ovvietà.

"Per un po' sarà il nostro, tesoro." Lui rideva sotto i baffi per quella sorta di situazione, lei invece non si stava divertendo affatto.

"Comunque sto dalla parte della finestra." Concluse.

"Come preferisce la principessina."

Hermione trovò il lato positivo di quella provocazione: almeno non l'aveva chiamata mezzosangue.

"Spero di non avere gli incubi con te vicino." Gli disse dopo essersi messa sotto le coperte.

"Altrettanto." Draco fece lo stesso.

Era come una sorta di 'buonanotte', poiché poco dopo entrambi si addormentarono.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


L'atmosfera notturna era scura e spenta, il cielo di febbraio era nero, eccezione fatta per la luna che si vedeva per meno di un quarto e per qualche stella che si faceva strada nella densità delle nuvole. Erano le quattro quando Hermione fu colta dal solito pulsare delle tempie che la svegliava e le impediva di riaddormentardi fino a mattino inoltrato, quando oramai le era impossibile riposare per i troppi impegni. Si alzò dal leto e uscì dalla stanza facendo attenzione a non svegliare Malfoy, non desiderando che chiedesse alcunché.

Indossò il cappotto sopra il pigiama, mise le scarpe che aveva lasciato all'ingresso e uscì di casa, come faceva da mesi.

Camminò per il viale di periferia, costeggiato da case da una parte e da alberi dall'altra, raggiungendo la panchina in fondo alla strada. Si sedette e frugò nella tasca destra del cappotto, estraendo una scatola con all'interno una bottiglietta di sonnifero con il contagocce; era vuota. Usava quel rimedio per l'insonnia senza che però le facesse effetto, forse solo per autoconvincersi che le avrebbe fatto bene. Si sentiva patetica in quel momento, e ancora di più quando portò la mano alla tasca sinistra e toccò quel piccolo pacchetto dalla superficie liscia. Lo estrasse senza pensarci e si fermò a contemplarlo e a leggerne le scritte: il fumo uccide, il fumo danneggia te e chi ti sta intorno, fumare in gravidanza fa male a te e al bambino.

Il pacchetto era ancora sigillato dal giorno in cui lo aveva comprato, forse più per un desiderio di sfogarsi in qualche maniera che per una vera voglia di fumare veramente. Ma era stanca di quell'astio interiore, e voleva liberarsene, anche in quel modo; "Dopotutto una sola non uccide nessuno." si diceva.

Ruppe la pellicola trasparente all'esterno del pacchetto, lo aprì e ne estrasse una sigaretta. Frugò di nuovo in tasca e tirò fuori un'accendino. Accese la sigaretta e la portò alla bocca. Appena inspirò il fumo si mise a tossire come le fosse amndato di traverso, ma riprese come se niente fosse. Dopo pochi minuti vi si abituò tanto da trovarlo quasi accettabile.

Detestava, odiava con tutta sé stessa quella situazione. Non dormivada tre mesi; a giorni alterni rivedeva con novizie di particolari l'accaduto di quella sera, e le altre era svegliata dall'insonnia e dai dolori alle tempie.

Si trovava in un pub londinese poco conosciuto con Ron. Si erano dati appuntamento a quell'ora proprio per stare soli, infatti, ad eccezione dei camerieri e del barista, c'erano solo loro due. Avevano mangiato e stavano chiacchierando, le mani sul tavolo e le dita intrecciate con quelle dell'altro.

"Sai... devo confessarti una cosa." Disse Hermione a un certo punto, quasi timidamente, abbassando gli occhi un instante, rialzandioli subito dopo sentendo la voce di Ron che assentiva.

"Dimmi pure."

La ragazza era un po' imbarazzata a dirglielo, ma era sicura avrebbe reagito bene, quindi non si preoccupò di come formulare la frase nel migliore dei modi: l'avrebbe detta come usciva.

"Io... ci ho pensato a lungo, e non è stato facile decidere, ma... penso che potremo, insomma, pensare ad avere un figlio."

Tutto a un tratto lo sguardo amorevole di lui si sciolse, per fare posto a uno impassibile. Non le sembrava possibile un cambiamento così radicale di fronte a quella che credeva sarebbe stata una notizia apprezzata. Sperava che le avrebbe sorriso e avrebbe accolto con gioia quella piccola confessione, ma fu tutto il contrario.

"Che intendi dire?" Chiese brusco, allontanando immediatamente la mano dalla sua.

"Come che intendo dire? Quello che ho detto. Non sei contento?" Nella sua voce si poteva avvertire un leggero tremolio incerto, come se la sua più ferrea convinzione fosse stata insultata e screditata.

"Sinceramente no. Insomma... mi aspettavo altro, non di certo questo"

"Perchè no?"

"Perchè questo non è una cosa seria, o almeno non tanto per questo."

"Come sarebbe a dire che non è una cosa seria?"  Senza accorgersene, Hermione si era alzata dal tavolo scaraventando la sedia a terra.

"Non pensavo avresti creduto a progetti futuri. Era solo una cosa per divertimento, come un passatempo ecco."

Non era possibile che lo avesse detto. No, non lui, assolutamente no. Rimase a fissarlo a bocca aperta qualche istante, sentendo gli occhi che le bruciavano e che andavano via via a velarsi di lacrime ofuscandole la vista. Le ricacciò dentro con fare di sfida e rispose, mostrando la sua collera.

"E se in uno di questi mesi fossi veramente rimasta incinta? Cosa faresti?"

"Si vede che non lo riconoscerei come mio!" Ron strinse i pugni e digrignò i denti, come si stesse difendendo stenuamente da numerose accuse infondate.

"E come faresti? Sono stata solo con te!"

"Non ne ho la conferma!"

"Sai una cosa? Preferirei veramente che quello che stai dicendo sia vero, così almeno vedresti che non dipendo da te!"

Non lo degnò di un saluto o di un addio, uscì camminando a grandi falcate, e non appena il pub sparì dalla sua vista si mise a correre, il più lontano possibile, per non dargli nemmeno il modo di trovarla. Corse fino a casa sua, superando un semaforo lampeggiante prima che le auto passassero. Arrivò sull'uscio di casa sua bagnata dal sudore e dalle lacrime che, si accorse, quell'ultimo incontro le aveva provocato.
Appena entrata sbattè la porta così forte da far cadere dell'intonaco e far tremare i cardini, minacciando di sganciarsi. Si appoggiò al muro davanti all'ingresso e scivolò lungo ad esso, stanca di tutto. Lo odiava ora, avrebbe voluto tornare e dirgli in faccia che lo odiava, ma non ci riusciva, non riusciva neanche a muoversi da quella posizione. Sarebbe rimasta lì per sempre; ma allo stesso tempo voleva dimostrare anche a sé stessa di potercela fare anche da sola, di riuscire a cavarsela. Allora si alzò. Avrebbe fatto lo stesso, ma senza Ron, da sola. Come ogni donna indipendente deve fare.

Avrebbe voluto dirgli che era lui la causa del suo malessere, che era colpa sua. Ma non stava male pensandoci perché lo amava, infondo, ma più perché capendo le sue parole si era sentita usata. Avrebbe voluto sputargli in faccia tutti gli insulti che aveva macchinato in testa per quei tre mesi, ma allo stesso tempo non aveva intenzione né di andare da lui né di trovarselo davanti, perchè in entrambi i casi non lo avrebbe neanche guardato. E pensare che anni prima erano amici. Anni prima condividevano tutto, facevano tutto insieme e si divertivano tra loro, certamente litigavano, ma non durava di solito. E invece era successo ciò che temeva, ma d'altronde era ovvio che sarebbe capitato, anche se continuava a ingorarne l'ovvietà. Spense la sigaretta e guardò la cenere del mozzicone a terra mentre si disperdeva per il vento, poi rientrò, lasciando lì il pacchetto. 

~~~

Draco si svegliò circa quattro ore dopo, e non avvertì movimento accanto a sé. Si voltò e vide che Hermione era già scesa. Fece un dibattito con sé stesso per decidere se vedere dov'era o meno. Sbuffò, si vestì e scese le scale, sbirciando in cucina.

Hermione era seduta appoggiata al tavolo, le palpebre socchiuse che si aprivano e chiudevano come se dibattessero per decidere se dovesse restare sveglia o meno.

Appena quella notò la sua presenza, si scosse e cercò di sembrare sveglia.
"Dormito bene?" Le chiese Draco sarcastico, andando verso gli armadietti di ciliegio per cercare qualcosa da mangiare. Non trovò nulla però, ad eccezione di un barattolo di foglie di thè e dello zucchero.

"È passato un ladro e non me ne sono accorto?" Le disse con ironia, voltandosi verso di lei, che era nuovamente appoggiata alla mano e aveva riassunto l'espressione assonnata.

"No. Mi sono dimenticata di fare la spesa."

Hermione si alzò dal tavolo e si stropicciò gli occhi con le mani come una bambina.

"Potresti andarci tu? È proprio in fondo alla strada, giri a sinistra e trovi il supermercato. Sono stanca."

Lui memorizzò le informazioni e rifletté un secondo sul da farsi. Avrebbe solo dovuto comprare un paio di cose. Sarebbe mai potuto andare storto?
Assentì con un movimento della testa, ed Hermione parve sollevata in un qualche senso.

"Grazie. Puoi prendere il mio portafogli dalla giacca, la lista della spesa è sopra il microonde; si tratta solo di un paio di cose. Io vado di sopra a farmi una doccia."

Hermione sparì di sopra dopo avergli illustrato il compito. Sarebbe stato semplice anche per lui, non vedeva come avrebbe potuto combinare un guaio.

Draco prese la lista della spesa scritta su un post-it e la lesse; solo tre cose da comprare.
Indossò una giacca ed uscì di casa, la lista in mano, mentre ripeteva le indicazioni fornitegli.

"In fondo alla strada...
A sinistra..."

Vide l'insegna del negozio proprio difronte a sé. Vicino all'ingresso c'erano dei carrelli, e pensò che uno di quelli sarebbe potuto servirgli. Ma quando andò a prenderne uno notò che era legato da una catena a quello dietro, e che non accennava a venir via. Avrebbe giurato di aver visto delle persone usarli, ma si chiedeva come li avessero presi. Decise di attendere che qualcuno ne prendesse uno per capire come fare. Poco dopo una signora anziana si avvicinò zoppicando ai carrelli, Draco si spostò per permetterle di passare, e la vide infilare una moneta in una fessura sul manico del carrello.

Non appena quella si allontanò Draco tirò fuori il portafogli di Hermione e vi estrasse una moneta da una sterlina. Appena la inserì nella fessura udì uno scatto e la catena che legava il carrello a quello dietro si staccò, permettendo a Draco di prenderlo e spingerlo all'interno del negozio.

Entrò e si rimise a leggere la lista, soffermandosi sul primo ingrediente: salsa di pomodoro.
Il posto era grande e non sapeva dove iniziare a cercare.
Appese al soffitto si trovavano delle insegne di plastica, che illustravano i prodotti presenti nelle vari corsie.
Draco andò verso la terza e si mise  scorrere con lo sguardo i vari prodotti. Verso il fondo vide no scaffale quasi vuoto, con alcuni barattoli di vetro con un contenuto rossastro. Sull'etichetta era scritto in caratteri blu "salsa di pomodoro."

Senza pensarci prese uno dei barattoli dallo scaffale e lo mise nel carrello. Poi si concentrò sul secondo ingrediente: pasta. Se fosse stato così facile come con la salsa era già a casa.
Arrivò alla sesta corsia e camminò verso il fondo, non trovando però quello che si aspettava. Infatti davanti a sé c'erano almeno una ventina di tipi di pasta diversi, e Hermione non aveva specificato quale prendere.

"Per sicurezza li prendo tutti." Si disse. E infatti così fece. Prese uno per uno un pacco di pasta per ogni tipo che si trovava davanti, finendo per avere il carrello strapieno solo di pasta.
A quel punto implorò Salazar che l'ultimo oggetto della lista fosse facile da trovare. Ma non riuscì a capire nemmeno cosa fosse. Sul post-it era scritto, all'ultimo numero:assorbenti. E che roba era? Di sicuro non avrebbe chiesto aiuto a un commesso o a nessun altro. Si mise a cercare in tutte le corsie, ma tra i nomi più strani e i colori più sgargianti non c'era nulla con quel nome. Si fermò e decise di gettare la spugna, stanco di spingere quel carrello carico di pasta. Al limite le avrebbe detto che non c'erano.
Spinse il carrello fino alle casse e invitò la cassiera a non fare domande di fronte alla montagna di scatole di pasta che stava comprando.
Alla fine uscì dal negozio con uno scontrino enorme, il portafogli di Hermione vuoto e un carico di sette buste da trasportare.

~~~

Rientrò in casa con sette buste sella spesa sotto braccio, in mano o sulle spalle. Gettò tutto a terra in cucina e si diresse in camera.

Si buttò letteralmente sul letto, esausto. Aveva fatto tutto il tragitto a piedi carico come un mulo da soma, e francamente era stanco come uno di essi.

Socchiuse gli occhi e sentì dei rumori provenienti dal bagno, probabilmente la Granger, o Hermione, come era costretto a chiamarla, vincolato dal loro "contratto".

Quella poco dopo uscì dal bagno, ancora gocciolante e in asciugamano. Lei non sembrò accorgersi di lui, così Draco si godette il momento per studiare il suo corpo senza alcun pudore.

"Belle gambe, tesoro."

Hermione si voltò di scatto e si trattenne a stento dall'urlargli addosso. Arrossì visibilmente e cercò di coprirsi ulteriormente con le mani.

"Cosa ci fai qui?"

Draco non trattenne un sorrisetto che traspariva soddisfazione e furbizia.

"È anche camera mia cara." 

"Ok, potresti andare da un'altra parte così mi cambio o dobbiamo arrivare ad essere troppo in sintonia?"

Lui rise di nuovo, facendola irritare. Si avvicinò con passo lento e la squadrò nuovamente da capo a piedi.

"Beh dobbiamo fingere di stare insieme..."

Lei lo bloccò, mettendogli una mano sul petto.

"Fingere. E comunque esci?"

Draco assunse un'espressione pensierosa per qualche istante, alzò gli occhi al cielo e rispose con un semplice "No."

Hermione sbuffò, prese i suoi vestiti dall'armadio e uscì accennando un saluto sarcastico.

Draco ammise che quella situazione era divertente da quel lato, e non si deluse che se ne fosse andata. Ancora poco e l'avrebbe vista comunque.

Hermione uscì dal bagno senza un segno di ricordarsi del "coinquilino"

Dopo poco scese in soggiorno e Draco si rilasso, ma non poté neanche chiudere un occhio che sentì gridare dal piano di sotto.

"Mi spieghi cosa dovrei farci con centinaia pacchi di pasta?"

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Draco evitò di scendere al piano di sotto fino all'ora di pranzo, per non imbattersi in una Hermione probabilmente scontenta del suo "lavoro". Quando lei lo chiamò per il pranzo come fanno le madri con i figli, lui intuì cosa aveva cucinato, e infatti non sbagliava: pasta. Alcuni pacchi erano stati riposti negli scaffali, altri invece erano appoggiati sul ripiano della cucina o per terra, considerando l'eccessiva quantità. Quando Draco scese le scale, Hermione lo informò che aveva già mangiato e che sarebbe salita al piano di sopra a lavorare, e lui non disse nulla.

Passò metà del pomeriggio di sopra e Draco non la vide, fino a quando quella non scese le scale di corsa, infilandosi un maglione dalla testa e saltando i gradini per la fretta.

"Dove vai?" La chiamò lui.

"Perché ti importa?" Cercò di prendere tempo Hermione, mentre si metteva le scarpe e il giaccone.

"Non rispondere a una domanda con un'altra domanda."

"Vado a lavoro, torno tardi. Se hai fame scongela qualcosa dal frigo." Hermione raccolse la borsa e si precipitò all'ingresso, cercando di evitare altre possibili domande.

"A proposito... In cosa consiste il tuo lavoro?" Draco si spostò dalla cucina e la seguì sull'uscio, bloccandola proprio quando appoggiò la mano sulla maniglia.

"Uno come un altro. Ora lasciami andare o faccio tardi." Rispose lei sbrigativa, e uscì senza altre sentenze.

Controllò l'orologio che teneva al polso: era in ritardo.
A quell'ora non avrebbe neanche trovato un autobus, ne era sicura. Si mise a correre verso la fine della strada, svoltò a destra, di nuovo a destra, superò le strisce pedonali al semaforo rischiando di frasi investire, continuò percorrendo la strada, andando a sbattere contro le persone e gridando uno "scusa" mentre proseguiva, e alla fine raggiunse il bar. Non era affatto un luogo piacevole alla vista, anzi, ricordava l'atmosfera del Paiolo Magico, tanto era vecchio e malridotto. L'unica cosa curata era la proprietaria, che aveva ereditato il locale dai genitori e non si era preoccupata di risistemarlo. Hermione entrò e cercò di andare in cucina senza farsi vedere, sperando di poter passarla liscia, quando qualcuno si schiarì la voce e la fece voltare. Alta sul metro e cinquanta, tacchi a spillo, leggins neri, felpa rosa e sopracciglia disegnate a matita, la donna parlò con tono da insegnante puntigliosa.

"Hermione, arrivare in ritardo non è da te." Scosse la testa. La donna sembrava sulla trentina, se non si contavano i numerosi interventi chirurgici a cui si era sottoposta con l'eredità del padre.

"Sì, scusami Nicole."

"Non importa visto che è la prima volta. Vatti a preparare." Le indicò la porta della cucina con l'indice.

Hermione non si fece ripetere l'ordine, e subito andò in cucina. Indossò rapidamente la divisa che aveva riposto nella borsa (grazie a un incantesimo di Estensione Irriconoscibile), e si preparò per il alvoro.

 "Quando la smetterai con quei farmaci?"

Hermione sobbalzò. Dalla porta era apparsa una ragazza mora, dalla pelle scura e la pettinatura dread, molto più alta di Hermione, già vestita nell'uniforme del locale: maglia nera con il logo e pantaloni rossi.

"Oddio Rachel, mi hai spaventata."

"E' il mio lavoro." Rachel si avvicinò e concentrò lo sguardo sulle occhiaie di Hermione.  "Ora rispondi alla domanda."

"Ho smesso, e comunque sono solo piccoli sonniferi."

"Ti fanno male allo stesso modo. E poi... cosa sono queste?" Dalla borsa che Hermione aveva appoggiato sul tavolo, Rachel estrasse rapidamente il pacchetto di sigarette che la ragazza aveva ricomprato.

"Ehi ridammele." La rimproverò la riccia, seguendola per la cucina in un vano tentativo di recuperare il maltolto.

"Ancora peggio Hermione." Rachel scosse la testa e gettò il pacchetto sietro di sé, facendo poi cenno a Hermione di sedersi sul tavolo, cosa che lei fece senza ribattere. Continuò:

"Ora ti faccio la stessa proposta dell'altra volta: tu mi dici dove abita quel bastardo che ti ha ridotta così, io lo vado a trovare e lo faccio- schioccò le dita con un sorrisetto furbo.- sparire"

"Grazie Rachel, ma te l'ho detto, ho voltato pagina." Hermione rise leggermente, malinconica.

"Sicura?"

"Sì, tranquilla."

"Brava. Per quanto mi riguarda, credo che gli uomini siano utili, ma non indispensabili."

Rachel si era autoconvinta di quello e impressa nel cervello quella filosofia dopo che l'ex fidanzato, scoperta la gravidanza di lei, l'aveva abbandonata. E da quel giorno aveva tagliato i conti con ogni uomo, all'infuori di suo padre. Aveva cresciuto sua figlia da sola o con qualche aiuto dai parenti, e viveva da sola, come credeva fosse meglio. Tuttavia era sempre stata un'inguaribile romantica, e tendeva ad interessarsi troppo degli affari sentimentali altrui, e in quegli ultimi tempi i suoi preferiti erano quelli di Hermione.

"Allora... quindi non stai più con nessuno?" Continuò con sguardo indagatore, squadrandola da capo a piedi, come se potesse trovare qualche traccia visibile lasciata da una relazione.

"Esatto."

"Quindi non ti dispiace se vengo a cena da te, diciamo... domani?"

"No. Cioè, no non mi dispiace, ma... non posso." Tartagliò Hermione, cercando una scusa plausibile.

"Allora vedi che c'è qualcuno. Dai racconta." Sorrise Rachel, con fare da bambina.

"Sì, c'è qualcuno, ma non come pensi tu.- Hermione corresse subito i pensieri della romanticona.- E' una sorta di... coinquilino. Dividiamo l'affitto, unicamente quello."

"Ok... almeno questo coinquilino è carino?"

"Allora non ti arrendi." Con quella domanda, però, l'amica riuscì a strapparle un sorriso.

"Sono curiosa. Va bene... vuol dire che lo vedrò domani, e niente storie."

Hermione stava per ribattere, macchinando una scusa, ma il dialogo venne interrotto dalla voce di Nicole che gridava.

"Non vi pago per fare conversazione. Andate a lavoro!"

Le ragazze si guardarono un attimo, Rachel rivolse a Hermione un sorriso di trionfo, ed entrambe uscirono e si prepararono a servire i tavoli.

~~~

Intanto nella casa di periferia il silenzio aveva preso possesso dell'atmosfera, quello era però un silenzio rumoroso per Draco, che vi era talmente abituato da contestarlo, poiché in quello stato i pensieri si davano battaglia nel suo cervello, e rimbombavano tutti insieme facendogli pulsare le tempie.
Cercava in tutti i modi di sfuggirirvi, come aveva fatto in quei mesi di solitudine al Manor, dopo la morte della madre. Si sentiva in colpa per quello che era avvenuto a Narcissa, ma cercava di ignorare quella sensazione simile a un nodo gelido nello stomaco che quella idea gli portava. Dopo il litigio non l'aveva più vista, e quando si precipitò al San Mugo, ansante, Narcissa se n'era già andata. Chissà se suo padre ne era venuto a conoscenza...
Era lui la causa della litigata con la madre, l'ultima della sua vita.
Dopo la guerra aveva giurato di essersi sbarazzato di tutti i manufatti sicuri di cui era in possesso, aveva detto di essere cambiato. Ma mentiva, e quando sia Draco che Narcissa lo scoprirono gli Auror erano già in viaggio per il Manor. Sua madre lo aveva pregato di giustificarlo, aveva cercato ogni modo per giustificare ciò che aveva fatto Lucius, ma Draco si era rifiutato di accettare quelle misere motivazioni prive di fondamento. Il semplice dibattito si era trasformato in una lite troppo seria per fingere che non fosse mai avvenuta.
Draco aveva incolpato il padre per tutto ciò che non andava in sé, perché era fermamente convinto che fosse lui la prima causa dei suoi mali. Il ragazzo fede le valigie e andò via dal Major, per tornarvi solo dopo la morte di Narcissa.
Quei tre mesi li aveva passati in solitudine, ad eccezione di qualche elfo domestico che si faceva vedere il meno possibile.
E poi era arrivata la Granger con la sua assurda proposta, e riflettendoci capì che uno dei motivi per cui aveva accertato era la prospettiva di avere qualcuno accanto, anche se quel qualcuno doveva essere la persona con la quale andava meno d'accordo in assoluto, seconda solo a Harry Potter. Però in quei primi giorni si era dimostrata meno isterica di quanto ricordasse, e anche più attraente a pensarci.
Quando raggiunse quel punto scosse la testa e disse a sé stesso di darsi un freno con l'immaginazione.
Si mise a girare per il piano inferiore, fino a quando non si rese conto che stava solo girando a vuoto; fece una smorfia e si sedette nuovamente sul divano, picchiettando sul bracciolo con le dita della mano sinistra.
Si era guardato intorno molte volte in quei due giorni, ma non aveva mai osservato veramente la casa, e decise che forse sarebbe stato un buon modo per distrarsi, intanto che aspettava. Davanti al divano c'era un vecchio televisore piuttosto ingombrante, montato su un mobile grigio. Di fianco al divano, una poltrona nera che dava l'aria di aver vissuto giorni migliori. Sulle pareti erano incorniciate varie fotografie babbane, immobili, che ritraevano Hermione da bambina, con i genitori o con gli amici di Hogwarts.

 Si alzò per guardare più da vicino le foto, e solo allora si accorse dell'odore di vernice fresca che proveniva dal piano superiore. Salì le scale, percorse lo stetto corridoio e si fermò davanti alla porta dopo la sua stanza, l'unica che non aveva ancora visitato. Vi entò e ne rimase sbalordito.

Una camera con le pareti dipinte di azzurro chiaro, la porta e le ante delle finestre bianche, e un disegno fatto a pennello e ancora fresco su una parete, che ritraeva il cielo spruzzato di nuvole. Draco entrò dopo aver ammirato la stanza qualche istante, e osservò tutti i dettagli uno per uno, pensando che fossero veramente curati.

"Si è data da fare per questa cosa, allora."

 In effetti, diceva tra sé e sé, Hermione aveva fatto veramente un buon lavoro. Gli sembrava di capire che la ragazza tenesse a quel bambino più che ad ogni altra cosa, o di certo non sarebbe andata a chiedere aiuto a lui. Ma perché proprio lui? Da quello che ricordava aveva Weasley, o non era più cosi?

Draco si sedette per terra, facendo attenzione a non sporcarsi con la vernice, e vi rimase per unb po' di9 tempo, osservando le persone che passavano alla finestra, immaginando queli potessero essere le loro storie, le cose che li accomunavano e quelle che invece li rendevano diversi, quando sentì la porta aprirsi alle sue spalle.

"Ah, sei qui." Hermione scavalcò un barattolo vuoto di colore e lo raggiunse davanti alla finestra. Rimasero immobili qualche minuto.

"Perché non hai chiesto a Weasley?" Draco ruppe il silenzio con la domanda che si era posto precedentemente.

"Cosa...?" Lei sembrò fingere di non aver capito.

"Perché non hai chiesto a Wealey di fare questa cosa." Draco gesticolò sull'ultima parola, e lei parve capire, tuttavia scosse la testa e abbassò notevolmente la voce.

"Senti, non ho voglia di parlarne e comunque sono affari miei."

"Mh, così non va bene. Dai, sfogati pure."

"Come mai sei così disponibile ora?" Hermione era titubante all'idea di confidarsi con Malfoy, quando lei non sapeva nulla di lui.

"Sono rimasto chiuso qui dentro per ore senza nulla da fare. Mi annoio, tutto qui." Tagliò corto, cercando di non sembrare interessato dagli affari della ragazza.

"Ok."

"Ora però facciamo una cosa: ti siedi e mi dici cosa pensi ora di lui."

"E a cosa serve?" Hermione cercò di scartare la proposta con riluttanza.

"E' per sfogarsi. Se non ti va di raccontarmi nulla, almeno dimmi cosa pensi."

Hermione ubbidì e si sedette di fianco a Draco. Lui si mise a guardarla, ansioso di snetirla parlare, quando invece l'unica cosa che uscì dalla sua bocca fu un borbottio indistinto.

"E'... un po'..."

Draco stava cercando di cavarle le parole con le pinze, visto che lei non sembrava propensa a farle uscire.

"Aspetta, ti aiuto. Uno stronzo?"

"Sì, è uno stronzo. Un menefreghista... un deficente... un rompiscatole." Hermione sembrava prendere forza ogni parola di più, e mano a mano le sue labbra si allargavano in un sorriso.

"Puoi fare di meglio." La incitò, divertito.

"Un bastardo! Ecco, l'ho detto."

"Non era così difficile alla fine." Entrambi risero di gusto.

"Vero."

"Quindi ora dii che ho ragione." Lui ammiccò leggermente.

"Devo?"

"Oh, sì che devi."

"Aveviragionetu." Disse tutto di un fiato Hermione, incapace di ammetterlo.

"Scandisci bene."

"Avevi ragione tu, ok?"

"Ci vorrei più sentimento..." Provò a provocarla Draco.

"Accontentati di quello che hai."

"E va bene tesoro."

"Ti diverte chiamarmi così?"

"Abbastanza."

 Entrambi si alzarono e uscirono dalla stanza. Lei più leggera per essersi sfogata, lui più tranquillo non essendo più solo.

 

 Spazio autrice:

Saalve! Primo spazio autrice! Cosa ne pensate fin'ora della storia? Vi piace? Cerco di aggiornare più spesso perchè non sto nella pelle di continuare. Veramente, sono molto presa. Avete qualche consiglio? Richiesta? Suggerimento sull'andamento della storia? Ditelo in un commentino. Baci.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Nonostante il minuto di confidenza della sera precedente, tutto era tornato come prima. Hermione passava tutto il tempo nella stanza azzurra, e Draco in soggiorno, come fossero estranei, e per un certo verso lo erano. Cosa avevano da condividere? La casa e basta, per il resto entrambi avevano le loro vite, separate l'una dall'altra.
Draco però non sopportava quella situazione, per troppo tempo era stato in solitudine assoluta, senza nessuno, ma in quel momento non era solo. In teoria.
Doveva trovare un modo per svagarsi, svuotarsi la testa. Di uscire non se ne parlava, nella Londra Babbana poi! L'unica cosa che poteva fare era parlare con Hermione, e non era che loro due parlassero così tanto.
Una parte di lui voleva entrare nella stanza e provare ad iniziare una conversazione, ma l'altra era troppo orgogliosa. E mentre i due lati di Malfoy dibattevano fra loro, lui rimaneva immobile, seduto sul divano rosso, a fissare le fotografie e a giocare con la bacchetta, creando e facendo scomparire delle scintille.
Quella sera, però, il silenzio fu interrotto dal campanello dell'appartamento, che al posto di suonare emise un rumore elettrico agghiacciante. Draco sobbalzò dallo spavento.
"Ma chi diavolo è?" Draco sbuffò irritato, alzandosi dalla sedia e mettendosi davanti alle scale. Da esse, poco dopo, scese Hermione: aveva un aspetto veramente disordinato. I capelli, acconciati frettolosamente con una coda di cavallo, sfuggivano all'elastico e le ricadevano sulla faccia. La maglia bianca era sporca di vernice, così come molte parti del suo viso.
"Oh Merlino, mi ero scordata." Disse lei, scendendo velocemente i gradini.
"Chi è?" Draco ripeté la domanda, più seccato di prima.
"Rachel. Una mia amica." Spiegò Hermione, alla buona, mentre andava verso la porta.
"Dovrò recitare la parte del fidanzatino? Ancora?" Draco alzò gli occhi verso il soffitto. Quel giorno non era proprio in vena di tante pantomime.
"No. Lei pensa che siamo solo coinquilini." Hermione ricordava le cose da dirgli a pezzi.
"Menomale." Malfoy sospirò, e si sedette nuovamente sul divano.
"Zitto e comportati in modo naturale." Asserì a bassa voce lei, con un occhio che scrutava lo spioncino.
"Ai suoi ordini." Fece un ironico cenno di saluto militare.
Hermione aprì la porta, e Rachel si presentò sull'uscio. La ragazza era vestita molto colorata: indossava diverse calottiere gialle, verdi e arancioni, l'una indossata sopra l'altra. I pantaloni erano marroni, a zampa d'elefante.
Teneva per mano una bambina, che a occhio aveva sui tre anni, i corti capelli ricci e neri, sembravano tanti rametti intrecciati.
"Ciao Hermione." Salutò allegramente Rachel, la voce pimpante e un grosso sorriso sulle labbra, come sempre.
"Ciao Rachel. E qui c'è la piccola Melanie." Hermione si chinò per salutare la bambina, che le rispose ridendo.
"Possiamo entrare?" Chiese retoricamente l'amica.
"Certo, prego." Hermione si spostò per permettere loro di passare.
Raggiunsero il salotto, dove Draco osservava sottecchi la nuova arrivata. "Quindi questo è il famoso coinquilino." Il tono di Rachel era ironico, come se volesse sottintendere parecchi dettagli.
"Sì, Draco." Le rispose brevemente Hermione, che già si aspettava quarto grado.
"Nome interessante." Lanciò uno sguardo d'intesa non ricambiato alla riccia. "Piacere." Rachel andò per stringere la mano di Malfoy, il quale scoprì non proprio al settimo cielo che la ragazza aveva una stretta molto forte.
"Non ho ancora preparato nulla per cena. Vi va un thè?" Chiese Hermione in fretta, tanto per non dare tempo all'altra di chiedere nulla.
"Per me è ok." Rispose lei, mentre Draco annuiva con un cenno.
Hermione andò in cucina e mise a bollire l'acqua. Più si teneva lontana da Rachel e meglio era. Quella ragazza era un vero uragano vivente, capace di fare qualsiasi cosa, e di ottenere ogni informazione che desidera. Ma non poteva restare lì per tutta la sera, considerano che Rachel era in soggiorno con Draco, e lui non aveva avuto istruzioni dia alcun genere.
Dopo una buona decina di minuti Hermione mise il thè in tre tazze e lo portò in soggiorno, dove regnava un silenzio di tomba.
Per molti minuti tutti rimasero zitti e immobili, mentre la piccola Melanie correva per tutto il soggiorno, e ogni tanto cercava di arrampicarsi sulle gambe di Draco, che assisteva impassibile ai tentativi della bambina.
Fu solo dopo aver finito la sua tazza di thè, che Rachel proferì parola.
Avrebbe potuto chiedere di tutto: perché Hermione fosse sporca di vernice, come mai Draco sembrava sul punto di addormentarsi e molto altro; ma scelse solo ciò che più le premeva. "Allora... questa casa è molto piccola. Come fate a starci in due?"
Hermione rispose con il classico luogo comune: "Ci si arrangia."
"Quante stanze ci sono?" Ripartì all'attacco.
"Per dormire due, ma una è vuota." Hermione si lasciò sfuggire quel piccolo particolare che avrebbe dovuto tenere nascosto.
"E quindi o qualcuno dorme sul pavimento, o state nella stessa stanza, suppongo." Alzò un sopracciglio interrogativa, ma si capiva fin troppo bene dalla sua voce, che in lei ci fosse un pizzico di soddisfazione.
"Beh si è così, però..."
"Guarda che se state insieme non è un problema per nessuno." Alzò le braccia a mo' di resa, ridacchiando.
"No. No, non stiamo insieme." Chiarì Hermione alla svelta, come già aveva fatto. Ma ovviamente Rachel non si diede per vinta.
"Allora è una cosa in amicizia?" Sorrise ambigua, alludendo a qualcosa di particolare,
"Cosa...?" Hermione non capì dove volesse andare a parare.
"No no. Assolutamente no." Draco, invece sì, e si affrettò a mettere un freno a quelle fantasie.
"E quindi vivete insieme, dormite insieme e tutto, ma non state insieme?" Pensava di aver centrato il bersaglio, vedendo Hermione in seria difficoltà.
"Esatto. Perché... vedi..." Balbettava, in cerca di una spiegazione. Poteva dirle che era tutta una farsa per ottenere l'adozione? "Perché... Perché lui è gay."
Malfoy per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. "Cosa?!" Hermione gli diede una gomitata tra le costole, e Draco soffocò una bestemmia con un colpo di tosse.
"In effetti mi sembrava un po' effemminato."
"Io non sono..." Draco era sul punto di esplodere veramente.
"Draco, vieni ad aiutarmi con la cena." Lo interruppe Hermione, prendendolo per il braccio e trascinandolo in cucina.
Appena entrarono la mora praticò un incantesimo silenziatore alla porta, aspettandosi la rabbia di Malfoy.
"Attieniti a ciò che ho detto. "
"Dovrei fare il frocio?" Chiese sull'orlo dell'esaurimento.
"Esatto." Lei incrociò le braccia e rispose, provocandolo.
"Neanche per idea!" Lui si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, gesticolando ma non dicendo nulla.
"Solo per stasera. Quindi vai di là e fai il frocio... cioè il gay... l'omosessuale." E senza dire altro si voltò, prese un altro pacco di pasta e lo mise a bollire.
Per tutta la serata Hermione avvertì un forte desiderio di prendere a ceffoni Malfoy, cosa purtroppo impossibile da fare. Sfruttando il fatto che Rachel lo credesse omosessuale si era sentito libero di divertirsi con Hermione, mettendole un braccio attorno alla spalla o appoggiandole una mano sulla coscia. E ovviamente lei non poteva dire nulla.
Dopo cena, al termine della serata, Hermione aveva approfittato della momentanea assenza di Malfoy per fare una domanda a Rachel.
"Come mai sei così allegra?" In effetti quella sera era veramente raggiante, in una maniera non consueta nemmeno a lei.
"Non lo sono sempre?"
"Sì, ma oggi più del solito. Dai, dimmi pure. Ti ascolto." Fece un gesto da bimba che significava silenzio.
"È solo che ho conosciuto una persona." Disse velocemente e con semplicità, come se fosse una cosa di tutti i giorni. In un certo senso lo era, ma non per lei, che si era dichiarata essere asessuato.
"Cosa?" Hermione sgranò gli occhi.
"Un uomo." Chiarì, anche se già si capiva.
"Dove? Come si chiama?" Subito Hermione iniziò a domandare qualsiasi cosa le venisse in mente. Il fatto che Rachel uscisse con qualcuno era un evento più unico che raro.
"Ehi calmati Commissario Granger." L'amica rise nel vedere la riccia così curiosa. "Ti dico tutto a lavoro. Ora è meglio che vada." Si alzò dal divano e prese in braccio Melanie, che si era nascosta dietro al divano.
"Va bene. Ci vediamo." Hermione sorrise, un po' delusa per non aver scoperto granché, ma comunque contenta per lei, che finalmente aveva scordato del tutto l'ex.
"Ovviamente. È stato un piacere." Salutò con un cenno del capo il ragazzo che era appena sceso dalle scale. "Draco."
"Arrivederci." Rispose lui, formale e distaccato.
Appena l'allegra ragazza uscì dalla porta, Hermione si voltò verso Malfoy, assumendo un'espressione tra il deluso e lo scocciato.
Salì al piano superiore, senza aggiungere altro: a volte, uno sguardo vale più di mille parole.

Spazio autrice:
Eccomi qua! Prima di iniziare con i discorsi puntualizzo che non ho nulla contro gli omosessuali, e ho fatto questo capitolo solo per ridere.
Scusate se non ho aggiornato, ma ad Azkaban mi hanno riempita di verifiche. Scusatemi tantissimo veramente, tengo a questa storia e voglio solo continuarla al più presto. Cercherò di aggiornare presto.
Baci!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ovviamente, dopo quella sera i rapporti tra i due conviventi peggiorarono, proprio quando Hermione pensava che sarebbero riusciti a seppellire l'ascia di guerra. L'unica cosa che aveva capito da quella serata era che Draco, oltre ad essere razzista in fatto di sangue, era anche omofobo.
Offeso dalla scusa che aveva fabbricato, Malfoy evitava categoricamente di rivolgerle la parola, e tutte le volte che lei gli chiedeva anche la cosa più banale, lui le rispondeva con uno sbuffare rumoroso e un "ok tesoro" molto femminile.
Il solo dialogo normale che avevano avuto la settimana successiva alla cena con Rachel, era stato breve e interessato.

Draco andò su tutte le furie. -Insomma Granger!-
-Hermione.- Lo corresse la ragazza, sbuffando.
-Che palle... Hermione.- Sorrise sarcastico. -Sono quasi due settimane che sto ai tuoi ordini in questa specie di topaia Babbana. Voglio sapere quando diamine pensi di stare ai patti e rispettare anche la mia condizione.-
-Presto Draco, presto.- Lei sospirò stancamente. In quei giorni il ragazzo era intrattabile, neanche fosse stato morso da una tarantola. -Ma prima fammi il piacere di dirmi almeno quale sia.- In effetti, Malfoy non aveva nemmeno accennato a ciò che volesse in cambio del suo aiuto, ma a occhi e croce, sembrava qualcosa a cui tenesse.
-E la sorpresa dove sarebbe? Voglio lasciarti almeno un po' di suspense.- Rispose ambiguo, facendo uno strano gesto con la mano, muovendo le dita come se suonasse un pianoforte, ma più lentamente. Hermione lo guardò interrogativa.
-Vorrei sapere a cosa vado incontro.- Gli rispose.
-A nulla che ti dispiacerebbe, credimi.- Draco improvvisò un sorrisetto tutt'altro che rassicurante. Cosa voleva da lei?

Hermione stava pensando a quella conversazione da giorni. Non credeva che avesse qualcosa da cedere a Draco, qualcosa che gli importasse così. Fabbricò le ipotesi più assurde, da quella di scusarsi per tutto ciò che gli aveva detto in quegli anni (cosa troppo improbabile, considerando la poca importanza che Malfoy dava a ciò che gli diceva lei), a quella di un servizio che avrebbe potuto fargli. Ma lei, cosa aveva da offrirgli? Certo, conosceva molto bene una grande estensione di incantesimi e pozioni, ma anche lui era un mago capace, quindi quello era da scartare. Le avrebbe forse chiesto qualcosa che non aveva a che fare con la magia?
Hermione ripose quella domanda tra le altre che la tenevano occupata, cioè:
-Cosa facesse Ron in quel momento;
-Chi fosse la nuova fiamma di Rachel.
La prima, a pensarci, non le importava più di tanto, perché non avrebbe né voluto né dovuto sapere nulla su di lui, a meno che Rachel non lo avesse ucciso veramente, ma in quel caso sarebbe stata avvertita di sicuro, quindi non doveva preoccuparsi. Ciò che le interessava era la seconda delle domande.
Per quello, stava letteralmente interrogando l'amica Babbana da quando le aveva dato la notizia. Ma al telefono, non le dicev nulla, quindi Hermione si recò al bar in anticipo, un venerdì pomeriggio.
Nelle brevi pause tra un'ordinazione e l'altra, Hermione provò ad introdurre l'argomento del misterioso corteggiatore di Rachel, ma lei non rispose, e rinviò la conversazione alla fine del turno, nonostante le insistenze della riccia, che era impaziente di sapere.
Dopo la cena le due si erano invertite radicalmente i ruoli: Hermione aveva assunto quello di colei che interrogava altra, ma non era interessata all'amore, e Rachel quello dell'interrogata che si limitava a sbuffare e ridere.
-Allora, adesso non hai scampo. Raccontami tutto di questo fantomatico lui.- Hermione, dal retro del bancone, prese una bottiglia d'acqua per sé e una di birra per Rachel. Si accomodarono sulle sedie di legno meno malandate che trovarono, e cominciarono la conversazione.
L'altra le disse tutto ciò che sapeva, ed Hermione si stupì per le poche informazioni che Rachel seppe darle. Le raccontò semplicemente del suo aspetto, del fatto che fosse alto, gli occhi azzurri, la pelle chiara, un bel ragazzo a suo parere, ma non seppe dirle nulla della sua vita, solo il nome.
-Dice di chiamarsi Richard, ma non mi ha detto il cognome, ed io nemmeno. Vogliamo rimanere abbastanza anonimi.- La bocca di Hermione si allargò in un rosolino, leggermente perplesso, ma divertito.
-Tu hai letto troppi romanzi rosa.- Capì la strega.
-Se è per questo anche tu. Ma almeno ci vediamo di persona, e non ci scriviamo delle lettere.- Rachel rise di gusto, mentre sorseggiava la birra dalla bottiglia. Lei, diversamente da Hermione, reggeva qualsiasi tipo di alcolico, mentre la riccia non ne aveva mai bevuti, e temeva gli effetti che avrebbero avuto su di lei.
-Come in "Orgoglio e pregiudizio"?- Hermione si interessò maggiormente alla conversazione.
-Esatto.-
-A me una storia così non dispiacerebbe. Si capisce che chi credi di conoscere non è mai come appare.- Hermione si mise a fantasticare. Come si sarebbe comportata se avesse incontrato qualcuno di ambiguo, e se magari, avesse scoperto che era completamente diverso da come pensava? Dolce? Romantico? Sognatore?
-Stai pensando al bel biondino?- Rachel la tirò giù dalle nuvole, sbattendola nuovamente sulla terra.
-Ma dai Rachel. Se non lo hai ancora capito, è gay.- Hermione si complimentò con sé sessa per la sua idea. Quella scusa non solo l'aveva aiutata la sera della cena, ma l'avrebbe salvata da tutte le fantasticherie romantiche di Rachel.
-Lo so, ma magari non è come appare.- Fischiettò lei.
-Tu sei pazza.- Hermione scosse la testa.
-Però sarebbe una buona idea. Potrei addirittura scrivere un libro con questa trama.- Hermione si chiese se prenderla sul serio o meno. L'altra era talmente strana a volte, che non sapeva come riuscire a capirla.
-Io lo comprerei.- Sentenziò.
-Davvero?- Rachel apparve sorpresa.
-Sì, così scoprirei quante cose ti sei inventata.- Hermione scoppiò a ridere, seguita dall'altra.

~~~
Sia Hermione che Draco sedevano nel piccolo soggiorno: lei sulla poltrona e lui sul divano. Hermione stava leggendo, mentre Draco fissava il vuoto, senza parlarle.
Il suo sguardo venne catturato da un barbagianni dalle piume linde, che graffiava con le unghie contro il vetro della finestra, e reggeva una pergamena arrotolata e chiusa da un nastro nero.
Draco si alzò dal divano, Hermione, che gli chiese se sapesse chi gli avesse scritto. Quel gufo... lo conosceva bene. Ma non poteva essere che...
Prese la lettera dal becco del gufo e lo guardò volare via, prima di sciogliere il nastro e lasciarlo cadere, ansioso di scoprire l'oggetto della carta, e soprattutto il mittente.
Mentre gli occhi scorrevano lungo le righe della pergamena, essi si sgranavano sempre di più, per ridursi a due fessure alla fine della lettera, mentre fissavano la firma particolarmente elaborata.
Draco piegò la lettera in quattro parti e la strappò con un gesto secco e rabbioso, accartocciando i resti e buttandoli nel cestino della cucina.
-Cosa ti prende? Stai bene?- Hermione lo seguì, e formulò le domande con un filo di voce, sinceramente preoccupata.
-Zitta, taci.- Le rispose in malo modo, gli occhi che gli bruciavano e la sola voglia di ridurre in mille pezzi tutto ciò che trovava davanti a sé.
Uscì dall'appartamento sbattendo la porta, e si sedette sotto al porticato.
Si mise le mani tra i capelli, tirandoli anche, con la sola voglia di farsi del male. Sentiva il bisogno di gridare, di sfogarsi, anche di piangere.
Come aveva potuto scrivergli? Come faceva ad avere il coraggio di invitarlo, dopo quello che aveva fatto?
Sua madre era morta, solo per causa sua. Lo odiava, sia in profondo che in superficie.
Fin da quando era piccolo, provava solo una grande ammirazione nei suoi confronti, anche un profondo rispetto, e un pizzico di paura.
Ma non odio. Fino a quel momento. Durante la guerra, contrariamente a ciò che si pensava, non lo aveva odiato. Lui aveva voluto diventare un Mangiamorte, temuto da tutti e rispettato dall'interno Mondo Magico, se non di più.
Ma dopo quello che aveva fatto... Dopo che era stato sbattuto ad Azkaban, ancora...
Come aveva fatto ad uscire così presto?
Come aveva reagito, non trovandolo a casa? Non voleva saperlo.
Forse, aveva fatto bene a trasferirsi in quella specie di catapecchia. Lì, Lucius non lo avrebbe mai trovato, e lui non avrebbe dovuto più vederlo. Mai più.

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