Lost Heart

di MadHatter96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Serpent ***
Capitolo 3: *** Lamb ***
Capitolo 4: *** Dosen't matter ***
Capitolo 5: *** Silly ***
Capitolo 6: *** Last melody ***
Capitolo 7: *** I don't know ***
Capitolo 8: *** Confidence ***
Capitolo 9: *** Pain ***
Capitolo 10: *** The voice inside ***
Capitolo 11: *** Hell and Heaven ***
Capitolo 12: *** Hey, look at me ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Introduzione

 
Era ancora molto presto.
Il sole doveva essere appena accennato sull’orizzonte, ma le nubi che incombevano sul cielo dell’impero Kou rendevano quasi impercettibile la distinzione tra quell’ora del mattino e la notte più profonda.
Nella stanza buia del palazzo una ragazza giaceva dormiente, la sua pelle scintillava alla debole e calda luce di una candela posta accanto a lei per permettere a due occhi cremisi di osservarla.
Quel luccichio era probabilmente causato dai cosmetici con cui era stata cosparsa, in occasione della festa della sera prima, ma secondo Judar quella pelle avrebbe comunque emanato una strana luce, una flebile e dolce luce.
Non era da lui intrufolarsi nella stanza di un qualcuno che, comunque la si voglia girare, era un prigioniero. Ma questa volta si sentiva tremendamente curioso.
Se doveva essere sincero, di quella ragazza non gli interessava assolutamente nulla. Come poteva?
Ma proprio per questo non riusciva a spiegarsi il perché si ritrovasse lì.
Le pupille del Magi squadrarono il corpo inerme di lei. L’aveva vista più volte, al fianco di Sinbad, e sapeva che lei era molto affezionata a quello stupido re.
Alla fine, in nome della pace, era giunta lì con le buone, ma di certo quello che aveva ricevuto da Kou non era stato un gentile invito, era più un ordine.
Il ragazzo chinò leggermente la testa di lato, osservando l’espressione rilassata della ragazza; probabilmente nel sonno non era cosciente della situazione, e tutto era accaduto così in fretta che la sua mente non lo aveva ancora assimilato.
Il giovane sospirò lievemente, ancora dubbioso sul perché la stesse ancora guardando.
La si poteva di certo definire carina, ma di sicuro non era una di quelle donne fatali e incantatrici (i cui occhi spesso e volentieri si posavano su Judar), né aveva un aspetto da grande combattente, sebbene l’avesse vista molto spesso con una scimitarra al fianco.
Si chiedeva come fosse stata in azione… ma non gli interessava più di tanto in fin dei conti.
Dalle nuvole scure, qualche particella luminosa iniziava a farsi coraggio, rischiarando leggermente l’atmosfera.
I Rukh bianchi della giovane danzavano quieti attorno al suo corpo immobile.
Il suo respiro era così tenue da essere quasi impercettibile.
“Bah… cosa può centrare questa con la famiglia Ren…” Aveva borbottato il ragazzo dai capelli corvini, ragionando su quali personali intenzioni avesse in testa il Primo Principe dell’impero.
Solo due tratti avevano invece catturato l’attenzione del sacerdote: il primo era una strana, sottile, impercettibile somiglianza con il principe Hakuryuu. Non sapeva da dove veniva quella che non era altro che una sensazione, dopotutto. Non era dall’aspetto fisico, e del carattere di lei non sapeva assolutamente nulla. Semplicemente, quando la guardava, glielo ricordava, e un tantino la cosa lo incuriosiva, anche se, giusto per ricordarlo, non aveva nessuna importanza, semplicemente al Magi piaceva avere ragione.
Il secondo invece riguardava proprio la pelle, quella pelle così chiara, che però non aveva niente a che vedere con il pallido. Aveva una dolce tonalità rosa tenue che a Judar ricordava incredibilmente le pesche.
Quel tipo di pesche più rosate, lisce al tocco, e dolcissime al gusto. Erano le sue preferite.
E quella pelle gliele ricordava davvero.
Sicuramente se quella giovane fosse stata una pesca sarebbe stato ben contento di mangiarla. Ma purtroppo la realtà era che più di guardarla non poteva fare altro, e siccome la vista non poteva riempirgli lo stomaco che a causa dei suoi pensieri sulla frutta si sentiva ancora più solo e vuoto del solito, il Magi decise di alzarsi, per andare a consolarlo.
Sapeva benissimo che nel palazzo c’erano sicuramente delle pesche succulente in attesa solo di lui, e capendo perfettamente che comunque non sarebbe riuscito a riaddormentarsi, per evitare almeno momentaneamente  la sua pericolosa noia, una colazione anticipata non era una cattiva idea.
Diede le spalle alla fanciulla addormentata senza degnarla di altri sguardi, uscendo dalla stanza, e percorrendo lentamente, con i suoi soliti piedi nudi i freddi e silenziosi corridoi.
“Ah…” Una domanda affiorò improvvisamente nella mente del ragazzo “… non so nemmeno come si chiama…”
Domanda prontamente liquidata da una scrollata di spalle, perché ovviamente non aveva alcuna importanza.





Salve a tutti :)
Era da tanto che volevo scrivere in questo fandom, ma fino ad ora non ne avevo mai trovato il tempo.
Quindi eccomi qui, vorrei ricordare che questa è appunto un' introduzione, fondamentalmente non c'è nulla da capire, prendetela come una specie di benvenuto alla storia che vi voglio raccontare. Perchè a me piace scrivere, e mentre scrivo mi sento in un certo senso accompagnata dai personaggi protagonisti, e quel che vorrei è che tenessero un po' compagnia anche a chi legge, in un modo alternativo, visto che comunque la maggior parte dei personaggi presenti in questa fanfiction sono tratti dall'opera di Shinobu Ohtaka.
E dopo questa noia scritta qui sopra (scusatemi, ma ci tengo sempre ad esternare i miei pensieri), mi auguro che questo breve testo (i capitoli saranno sicuramente più lunghi) vi sia piaciuto, e che vi abbia un minimo incuriositi u.u
Ricordatevi che i consigli sono sempre ben accetti! :)
A presto!


(Ah... un'ultima cosuccia, ho messo la nota "OOC", spero che sia possibile riferirla solo ad alcuni futuri capitoli)

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Capitolo 2
*** Serpent ***


Serpent


Se ne stava rilassata, immersa nell’acqua, tra le lucide bolle di sapone che si divertivano a danzarle intorno, sospinte dal suo soffio.
Quella sera il suo re avrebbe dato una grande festa a Sindria, e lei, che sarebbe stata seduta al suo fianco, non poteva rifiutarsi di essere impeccabile.
“Ma che significa impeccabile? È tutto soggettivo… no?” Mormorò la ragazza girando un poco le spalle e appoggiandosi al bordo della vasca.
Erano ormai più di nove anni che Rayenne abitava al palazzo di Sinbad, e questo stava a significare più della metà della propria vita vissuta fino ad allora.
Veniva volentieri chiamata con l’appellativo di “principessa”, anche se lei non lo era affatto, almeno in quel palazzo.
Chiuse gli occhi, cercando di ricordare quel terribile e fatidico giorno della sua esistenza. Eppure per quanto si sforzasse i ricordi erano pochi.
Aveva appena compiuto otto anni quando il palazzo in cui abitava venne distrutto, insieme a tutto il regno che fu raso al suolo.
Sentiva il dolore premerle forte, incancellabile, nel petto, ma oltre a questo era come se la mente avesse rifiutato di registrare ogni dettaglio.
Le uniche cose che aveva impresse erano le urla laceranti della gente che correva in ogni direzione, e gli occhi del fratello che la cercavano ansiosi.
Jasem aveva un aspetto molto simile al suo, anche se lei lo vedeva di una bellezza quasi divina.
Ricordava i suoi capelli castano chiaro che venivano percossi dal vento e baciati dal sole, quando la rincorreva lungo i campi facendola ridere come solo i bambini sanno fare.
Quei ciuffi ribelli le parevano quasi fatti di miele, come d’altronde lo erano quelli di sua madre, e tutti dicevano anche i suoi.
Ma lei non si era mai soffermata troppo sulla sua immagine.
Un’altra caratteristica di suo fratello che non l’aveva mai abbandonata era stata l’ultima cosa che aveva visto, e allo stesso tempo l’unico aspetto che davvero li differenziava.
Gli occhi di un intenso color verde.
Erano meravigliosi.
Li aveva ereditati dal loro padre, e lei glieli aveva sempre invidiati, a forza di ammirarli il verde era diventato il suo colore preferito.
Lei invece aveva gli occhi violacei, e sinceramente non l’avevano mai particolarmente attratta.
Ricordava perfettamente i momenti felici passati con la famiglia, ma di quel maledetto giorno, oltre a quei pochi particolari nulla si era fissato, se non la paura.
Avrebbe voluto ricordare almeno chi, o che cosa, aveva causato tutto quello, se non altro per capire il perché.
 Trattenne il respiro per un secondo, per poi lasciarlo andare facendo scivolare fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni.
Non poteva buttarsi giù proprio in quel momento, non poteva deludere Sinbad.
Si alzò dalla vasca e uscì dall’acqua calda con un leggero brivido per il cambio di temperatura.
Aveva a disposizione tutte le ancelle del palazzo, ma cercava sempre di evitare trattamenti speciali. In fondo era lei ad essere in debito, le era stata salvata la vita.
Aveva scelto da sola abiti di una tinta violetta, molto chiara, e aveva deciso di raccogliere i capelli in una lunga treccia che poi, sapeva, le serve avrebbero ornato con fiori colorati.
Sospirò lievemente sorridendo, per poi uscire dalla stanza e raggiungere la propria camera.
Stava camminando per i corridoi quando qualcosa, adagiato sul pavimento a lato, attirò la sua attenzione.
Si avvicinò e si chinò per osservare meglio.
Rimase interdetta quando notò che altro non era che un grosso serpente, probabilmente intrufolatosi nel palazzo attirato da un qualche cibo. Non era raro che capitasse.
Ma quel che di più l’ affascinava era la stranezza di quel serpente. Era molto scuro, quasi nero, e la sua pelle lucida sembrava quasi brillare sul freddo pavimento.
Rayenne non riusciva a smettere di guardarlo. Magari era velenoso, anzi, molto probabilmente lo era, ma lei non poteva distoglierne lo sguardo.
Ciò che trovava ancora più meraviglioso erano gli occhi dell’animale, che parevano rubini incastonati nella roccia nera.
Era davvero un esemplare molto grosso, il suo corpo possente se ne stava immobile in una sinuosa posizione rilassata.
La ragazza di sentiva quasi tentata di toccarlo, non le sembrava nemmeno vero, pareva un ornamento scolpito nell’ambra.
Nemmeno quando dei passi affrettati le giunsero alle spalle, e una voce femminile la chiamò, riuscì a smettere di fissare quella misteriosa creatura.
“Ah! Eccovi! Principessa Rayenne vi stiamo tutti aspetta…” Un grido acuto si levò dalla gola dell’ancella, alla vista della bestia.
“Che state facendo con quella…cosa?!” Chiese la donna con una voce mista tra il terrorizzato e lo schifato.
“Non è bellissimo?” Chiese la giovane ancora china sul serpente, guardando l’altra con occhi innocenti.
“Affatto! Allontanatevi! Può essere pericoloso!” Gridò esasperata la serva stringendosi contro il muro.
“Ma come… se ne sta lì tutto solo…” mormorò la principessa quasi mesta.
“Non è il momento per provare pena per un serpente!”
A Rayenne venne da ridere.
Asma per lei era una vera e propria amica. Le era stata assegnata come prima ancella perché aveva pressappoco la stessa età, solo uno o due anni in più.
Si era sempre chiesta perché il re Sinbad non avesse destinato anche lei a quel ruolo, un ruolo inferiore, ma invece l’avesse presa con sé, e cresciuta a corte come fosse una sorella minore.
“Principessa… vi prego… venite via. Il serpente può portare disgrazie sapete? Su… venite a prepararvi, chiederò a qualcuno di levarlo da lì.”
La ragazza sospirò rassegnata alle preghiere della dipendente e diede un’ultima occhiata all’animale: “Assicurati che non lo uccidano.”
Asma lasciò andare un lieve sussurro esasperato, ma poi cedette concedendo un “come volete” mormorato mentre riprendeva la strada verso la camera.
Rayenne si alzò per seguirla, ma prima di andarsene, quasi istintivamente, toccò la pelle liscia del rettile.
Questo, come se si fosse svegliato da un qualche sogno, mosse di scatto la testa verso la direzione di lei e la fissò.
Alla giovane per un attimo si gelò il respiro. Quegli occhi, di quel rosso intenso l’avevano come immobilizzata, ma lo stesso non riusciva a provare paura.
Dopo alcuni interminabili istanti, di nuovo l’animale si mosse, alzando piano il muso verso di lei, come per guardarla meglio.
Non ci fu nulla di repentino nei suoi movimenti, nulla di aggressivo.
Rayenne si trovò nuovamente incantata e attratta da quell’essere, ma consapevole di non poter ancora ritardare.  Gli sorrise semplicemente, per salutarlo.
Corse fino ad Asma, che ormai era giunta alla fine del corridoio.
“Ho sentito dire che i serpenti sono anche un simbolo positivo, lo sai?” Chiese allegramente, incrociando le dita dietro la schiena.
“Quello mi sembrava tutto tranne che di buon auspicio.” Rispose secca l’ancella.
La principessa sbuffò, capendo che non l’avrebbe mai avuta vinta, e si decise a lasciar perdere.
L’avrebbe raccontato ad Aladdin, non appena lo avesse visto;  era sicura che lui sarebbe stato a sentirla molto più volentieri di Asma.
Come al solito, lasciò che le ragazze che la circondavano dessero il meglio di loro per prepararla per bene.
La divertivano i loro discorsi quotidiani, e lei se ne stava in silenzio ad ascoltarli, almeno che non venisse interpellata.
“Siete bellissima principessa!” Le ripetevano sempre, e lei ringraziava sorridendo.
Non è che non le interessasse come appariva, solamente non era la sua priorità. Era convinta che le persone fossero molto più complicate di quanto dessero a vedere, e questo valeva anche per lei.
E per Sinbad.
Guardò il re, che la fissava con il suo gentile sorriso, mentre il principe Alibaba Saluja si concentrava ad osservare il cielo ormai stellato fuori dalla finestra.
Lo sapeva benissimo che anche quel sovrano nascondeva molto più di quanto sembrasse.
Sapeva che l’idea che aveva di lui era palesemente idealizzata, ma non le importava.
Corse verso di lui e, come una bambina giocosa, iniziò a danzargli attorno.
Lo faceva sempre, prima di una qualsiasi festa. Era un suo modo di ringraziarlo. Prima di danzare per tutti i sudditi che partecipavano agli eventi, danzava per lui ed esclusivamente per lui.
Anche Alibaba sorrise nel vederla.
A lei piaceva quando loro sorridevano, si sentiva felice e al suo posto.
Sinbad la prese per mano, e la tirò verso di sé: “Sei bellissima” le disse posandole un dolce bacio sulla tempia.
Lei arrossì, ma non c’era nessun tentativo di seduzione tra i due, era semplicemente un affetto puro e candido. Sapeva benissimo che a lui piaceva il bere e il divertimento, ma a lei questo non cambiava, anzi, era qualcosa che lo rendeva ciò che era.
Rayenne, guardando gli occhi dorati del re, vedeva perfettamente l’ombra che essi celavano, ma non gli avrebbe mai chiesto di scoprirla, se non lo avesse fatto volontariamente.
Lei, come sempre, si sarebbe limitata a volergli bene e a comportarsi normalmente, rispettando i suoi ideali, lottando per la pace di Sindria, e rimproverandolo per le sue frequenti bravate.
Nonostante tutto Rayenne non si era mai fatta sottomettere, le era bastato una volta.
Avrebbe sempre combattuto,  era una promessa che ha fatto a sé stessa e che aveva intenzione di mantenere.
“Come sei bella Ray-chan!”
La voce dolce e vivace si fece spazio nella stanza, accompagnata da un piccolo, allegro Magi dai capelli blu.
La ragazza rise, salutando il nuovo arrivato che fu presto seguito anche dalla giovane dai capelli magenta.
Anche Morgiana era ben preparata per la serata, e prima ancora che le due potessero salutarsi ci aveva già pensato Alibaba a cingere le spalle di entrambe con fare ruffiano commentando con un “Siete bellissime ragazze mie!”
Aladdin, Alibaba e Morgiana.
Bastava poco a quei tre per rallegrare l’atmosfera.
Rise con loro, fino a quando non le tornò in mente il fatto di prima.
“Ah! Aladdin!” Rayenne chiamò il giovane Magi entusiasta. Questi si voltò con un sorriso allegro: “Sì, Ray-chan?”
“Poco fa, mentre camminavo per il corridoio ho trovato un grosso…!” Prima che potesse terminare la frase si sentì spinta in avanti.
“Su, non possiamo far aspettare molto Sindria!” Aveva annunciato Sinbad, spingendo i due principi verso l’esterno, evidentemente impaziente di fare baldoria.
Lei non ne sapeva molto sulla politica del paese, aveva combattuto, qualche volta, ma il sovrano aveva sempre cercato di tenerla lontana da quel mondo. Aveva imparato a combattere solo grazie alla sua testardaggine.
Come al solito, non era rimasta per troppo tempo seduta accanto al suo re. Lo aveva lasciato in mezzo al divertimento, mentre lei aveva deciso di preoccuparsi all’intrattenimento della gente.
Le piaceva ballare tra il popolo, e adorava quando i bambini andavano da lei porgendole i fiori di campo che trovavano qua e là.
Sapeva perfettamente che di certo l’idea che le persone avevano di lei era completamente diversa dalla realtà, ma cercava in ogni modo di rispecchiare, almeno in parte, l’immagine che loro avevano in mente.
Stava cercando Aladdin quando di nuovo, qualcosa attirò la sua attenzione.
Era nascosto tra la folla, ma lo aveva visto, un  occhio color rubino che la guardava.
Si fece spazio per riuscire a raggiungere quello sguardo.
Si fermò, e si incantò. Non era tanto la visione che aveva davanti ad attrarla, quanto la sensazione che provava.
Per un attimo, nonostante la palese immagine che si presentava davanti a lei, aveva creduto di rivedere il serpente.
Ma si sbagliava.
Un ragazzo con una lunga, strana treccia corvina, se ne stava ritto davanti a lei.
Teneva le braccia incrociate sull’addome, e la schiena era appoggiata ad una colonna.
Ciò che più colpiva Rayenne, era quel nero travolgente che circondava quella persona. Era un nero che andava ben oltre gli abiti che indossava. Era più intenso, sebbene invisibile, come una forza magica che fuoriusciva dal suo corpo. Solo gli occhi scarlatti interrompevano quel flusso di oscurità.
La ragazza si sentiva divisa tra il desiderio di scappare via e quello invece di avvicinarsi e toccarlo, come per constatare se fosse reale.
Solo in quel momento si accorse che effettivamente la stava fissando. Il suo corpo era immobile, ma quegli occhi taglienti sembrava volessero perforarla.
Un brivido inaspettato le percorse la spina dorsale e la principessa fu davvero sul punto di fuggire se non fosse stato per la sua attrazione per il mistero.
Lei era da sempre una curiosa inguaribile, e il suo male era proprio di essere attratta da ciò che profumava di divieto e pericolo.
Si fece coraggio ed esaminò il giovane, il quale, continuava a guardarla in silenzio.
Rayenne iniziò a squadrarlo dai piedi, come se fosse una statua, poi passò al ventre ben scolpito (cosa che attirò non poco la sua attenzione), per poi fermarsi all’altezza del collo. Si sentiva quasi impreparata ad affrontare il viso.
Solo quando notò un leggero movimento, alzò lo sguardo.
Le labbra del ragazzo si erano incurvate in un sorriso malignamente compiaciuto, e lei pensò subito che dovesse essere dovuto all’interesse che aveva dimostrato.
Chi sei?
Era la domanda che la fanciulla avrebbe voluto porre, ma la voce le rimase bloccata in gola.
Dopo alcuni istanti fu lui a parlare, con voce bassa e incantevole: “Ti ho trovata.”
Le bastarono quelle parole per sbloccarsi. Perché la paura può fare anche questo.
“Chi sei?” Chiese finalmente lei con voce tesa.
Il ragazzo lasciò cadere un braccio lungo il corpo e puntò la mano dell’altro sul fianco guardando la giovane dall’alto in basso.
“Ti ho già vista.” Affermò lui con voce secca, provocando un sussulto da parte di Rayenne che cercò velocemente di ripercorrere le occasioni in cui avesse potuto incontrare una persona del genere. Eppure era sicura che mai avrebbe potuto scordarsi uno così.
Una lieve e beffarda risata si alzò. Il giovane uomo si diede una leggera spinta per recuperare completamente la posizione retta per poi tornare a guardarla: “Non sforzarti di ricordare, ho detto che io ti ho già vista.”
Lei scosse la testa confusa provocando nuovamente una risata da parte dello individuo, questa volta più sonora.
“Sono Judar. Sacerdote e  Magi dell’impero Kou.” Si presentò lui con fare altezzoso e con un sorriso poco rassicurante stampato in volto.
“Judar…hai detto?”
Qualcosa scattò nella mente di Rayenne. Lo aveva sentito fin troppe volte quel nome, anche se non lo aveva mai visto di persona.
“Non ci credo…” Mormorò senza riuscire a trattenersi dal fare un passo indietro.
“Ah, vedo che mi conosci!” Disse l’altro con fare soddisfatto.
“Perché sei qui?” Chiese la ragazza cercando di non cedere al suo sguardo.
“Ti sorprenderà la risposta.” Sibilò Judar scattando inaspettatamente in avanti e afferrandole brutalmente il polso. Lei si trattenne dal gridare.
“Per riassumere… sono venuto a prendere te.”
“Cosa…?!”
La ragazza cercò di divincolarsi in ogni modo, ma la presa era troppo salda.
“Ah, ma non fraintendere.” Continuò lui “Me lo hanno ordinato.”
Improvvisamente la stretta attorno al polso di Rayenne scomparve violentemente facendola lottare contro la forza di gravità per non cadere. Riuscì ad appoggiarsi ad una colonna, ma prima che potesse rimettersi in piedi il Magi era chino su di lei.
“Mi sto davvero chiedendo il perché… non sembri avere nulla di particolare… non mi sembri nemmeno tanto forte… dovrebbe essere divertente torturarti.”
La giovane si lascia scappare un sussulto e i suoi occhi si alzano, sfidando quelli del sacerdote.
Un breve sorriso appare sul volto di lui, ma prima che possa dire qualcosa venne interrotto.
“Judar…” Le pupille circondate d’oro di Sinbad fulminarono il ragazzo “Che ci fai qui?”
“Oh! Stupido Re! Sei arrivato! Sarei comunque passato a salutarti sai?” Rise il giovane Magi volgendosi verso l’uomo dai capelli viola.
“Non mi hai risposto.”
“Lo stavo giusto spiegando alla principessa!” Rise il ragazzo dai capelli neri “Sono venuto a prenderla!”
Gli occhi dorati si sgranarono leggermente: “Lei?”
“Che c’è? Sorpreso?” Chiese Judar, allargando le braccia divertito “O deluso di non essere tu al centro di tutto?”
Un rumore simile ad un ringhio uscì lacerato dai denti del re.
Rayenne colse l’occasione di rimettersi in piedi: “Davvero? Davvero questo è il Magi dell'Organizzazione, Sinbad?”
“Oh oh! Ma quante cose le hai raccontato Stupido Re? Per mandare a dormire la piccola raccontavi storielle su di me?”
Il Magi Nero non perdeva quella sua espressione di scherno che lo aveva caratterizzato da quando aveva aperto bocca.
“Non te la lascio toccare, sappilo.”
La voce di Sinbad era fredda e risoluta, abbastanza da agitare Rayenne più confusa che mai.
“Ah! Il nostro re torna all’attacco, ma non prendertela con me, io sto solo eseguendo gli ordini.” Il sorriso si ampliò “Tutto è voluto dal Primo Principe dell’impero Kou, e sai che significa, vero, Stupido Re?”
Il re di Sindria digrignò i denti, mentre anche nella mente della ragazza si faceva spazio l’idea di cosa sarebbe potuta significare una disobbedienza con un impero come Kou, dove ogni scusa era buona per dichiarare guerra.
D’altro canto, all’interno dell’impero era presente Al-Thamen, cosa ci si poteva aspettare?
Sinbad tenne la faccia di pietra mentre fissava il Magi decaduto che intanto lo osservava con maligna curiosità, ma ciò nonostante, il re esitava combattuto.
Rayenne guardava la scena, senza sapere bene cosa fare.
Sapeva, che in quello scenario che si presentava ai suoi occhi c’era in gioco molto di più di quel che si vedeva, e sapeva che questo avveniva ogni qual volta quelle due persone si parlavano faccia a faccia.
Serrò gli occhi, consapevole delle goccioline che avevano iniziato a depositarsi sulle ciglia.
Sì, le veniva da piangere, e, sebbene le costasse molto ammetterlo, non era molto brava a trattenere le lacrime.
Stava per piangere dalla paura. Avrebbe voluto gettarsi tra le braccia di Sinbad e implorarlo di non lasciare che la portassero via, pregandolo di non esitare, di tenerla con sé, di non farle perdere tutto di nuovo.
Ma non lo fece.
Fece un profondo respiro e fece un passo avanti: “Verrò con te, Judar-sama.”
Entrambe le paia d’occhi si posarono veloci su di lei, sprovvedute.
“Che stai dicendo Rayenne?” Chiese autoritario il suo re, mentre il Magi sghignazzava tranquillo.
“Ah, pare che l’agnellino qui sia più intelligente di te.”
“Non te la lascerò portar via.”
“Sinbad…” Li interruppe lei avvicinandosi al sovrano “…è…la cosa migliore. Sono sicura che non sarà per molto tempo… non ce ne sarebbe motivo, no? … Non c’è alcun bisogno di rischiare.”
La voce le uscì incredibilmente sicura e fiera, ma nel profondo si sentiva gelare.
Aveva paura.
Le sembrava quasi di soffocare da un momento all’altro. Ma non poteva scappare.
Doveva pensare prima di tutto a Sindria, a quella gente che si divertiva a pochi passi da lei, alla loro sicurezza.
Non poteva diventare un ostacolo per Sinbad, gli sarebbe stata fedele anche in quel momento.
“Mi fido di te.” Disse guardandolo negli occhi, cercando di trovarvi la sicurezza, che se l’avessero tenuta lontana per troppo tempo lui l’avrebbe ripresa.
Dal suo canto, il re era rimasto immobilizzato per quella decisione così repentina.
Era cresciuta, ormai. Non era più una bambina, era una donna. Una donna di Sindria.
“Un mese.” Fu la risposta dell’uomo che spostò lo sguardo dalla giovane a Judar che li osservava in silenzio.
“Ah?” Chiese il sacerdote, come se non avesse capito.
“Ve la concederò per un mese. Se entro il termine non sarà tornata a Sindria allora…”
“Aaah… fai il duro eh?” Lo canzonò il ragazzo corvino “E sia, riferirò.”
Le dita della ragazza strinsero il tessuto della veste del re, in cerca di coraggio.
“Andiamo, non voglio perdere altro tempo.”
Senza alcun tipo di riguardo, Judar prese il braccio della ragazza, trascinandola con sé.
Rayenne cercò in qualche modo di individuare altri sguardi familiari, oltre a quello di Sinbad, almeno per dar loro un fugace saluto che sperava tenessero ben stretto.
Ma nessuno pareva trovarsi nei dintorni.
Solo ad un certo punto scorse quel ragazzino.
Quel piccolo Magi, che li stava guardando, a qualche metro più indietro di Sinbad, ora la fissava con espressione decisa.
Con quegli occhi di bambino le stava infondendo la sicurezza di cui aveva bisogno, la certezza di non essere sola.
Verranno a riprendermi.” Si disse mentre si lasciava trascinare lontano.
“A presto!” Gridò a Sinbad e Aladdin, che la assicurarono con un deciso cenno del capo, non potendo salutarla diversamente.
Quando ormai le loro figure erano sparite dalla visuale, la ragazza si voltò, a testa bassa, cercando di nascondere le lacrime a quel ragazzo maligno.
Lui non la degnò di uno sguardo. Eseguiva semplicemente gli ordini. Non le chiese nulla, né nome, né età… la portò solo con sé, sul tappeto volante.
Per lui tutto ciò era solo una seccatura, quel che voleva era arrivare a casa il prima possibile.
Non gli interessava nulla di lei, né dello scopo per cui doveva essere portata a Kou.
Se l’era chiesto, ma non gli importava.
Purtroppo per lui, non era una vittima con cui poteva giocare. Quindi non c’era nulla in lei che potesse interessarlo.
Tutto quello che doveva fare era farla volare con lui, nel cuore della notte.
Guardando le stelle sopra di loro, fosche a causa del velo di lacrime, Rayenne si sentiva debole, più debole che mai. Desiderava solo svegliarsi da quell’incubo.
Sentiva il petto pesante, lo sentiva ferito, e bruciante, quasi da soffocarla.
Le faceva male tutto quello.
Non era pronta a ciò.
Le faceva male, come il morso di un serpente.
 
Ohayo Minna-san!
Sì, forse sono stata frettolosa a pubblicare questo primo capitolo, ma purtroppo presto vi saranno un po’ di impedimenti con la fine delle vacanze, per cui ho approfittato ora, di questi ultimi giorni di relax.
Oltretutto questo è il vero inizio; da qui partiamo noi, insieme a Rayenne e Judar, e spero che le svolte future non vi deludano J
Forse è un inizio un po’ banale, ma non avevo altro modo, e più avanti lo vedrete.  Spero solo che non vi sia dispiaciuto c.c
Ah… visto che ci sono… so che spesso il nostro caro Magi Nero è conosciuto come “Judal”, e so che a molti piace di più, ma io ho preferito attenermi al nome originale, ossia appunto “Judar”, preso dal racconto de Le mille e una notte con il titolo di Judar e i suoi fratelli. E con questo...beh, direi che posso salutarvi, vi ringrazio già da ora :)

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Capitolo 3
*** Lamb ***


Lamb


Judar camminava nel lungo corridoio, sbadigliando e sbuffando, lasciando che l’estremità della sua lunga treccia gli sfiorasse di tanto in tanto le caviglie.
Sentiva il pavimento freddo sotto i piedi nudi, ma ci era abituato.
Si sentiva abbastanza stanco, ma comunque non riusciva a dormire. Aveva dovuto vegliare, per andare a prendere quella ragazzina, e quando finalmente si era coricato nel suo comodo giaciglio, un sogno lo aveva fatto svegliare di soprassalto.
Non riusciva a ricordare cosa in quel pensiero onirico lo avesse così turbato.
O forse non voleva.
Mentre si divertiva a scagliare ghiaccio e fulmini sulle abitazioni sottostanti Judar aveva avuto la netta percezione di star sognando, ma la cosa non gli era importata. Almeno si sarebbe svegliato di buon umore.
Però poi qualcosa si era rotto, qualcosa aveva mandato in frantumi quella sensazione e Judar aveva spalancato gli occhi tirandosi seduto. Un brivido gli aveva percorso la schiena e il suo respiro era diventato più rapido del solito. Aveva sentito il cuore martellargli nel petto quasi volesse uscir fuori.
Se ne era stato immobile, e poi aveva urlato. Irritato.
Non poteva essersi davvero spaventato. Non poteva aver provato paura.
E come se non bastasse poi l’unica cosa che aveva trovato da fare era sgattaiolare ad osservare la ragazza che lo aveva fatto lavorare la sera prima.
Calciò il vuoto, cercando di sfogare quella rabbia che era costretto ogni volta a reprimere.
Avrebbe voluto infuriarsi, librarsi in aria e scatenarsi, distruggendo ogni cosa gli si fosse posta davanti.
Era come se dentro il suo corpo fosse rinchiusa una belva, che continuava a ruggire e graffiare, nel tentativo di liberarsi.
Cercava ogni possibilità di sfogo, ogni opportunità per divertirsi e lasciare che quella sensazione si manifestasse nella pratica.
Ma a quell’ora del mattino non c’era in circolazione nessuno con cui giocare.
Aveva deciso quindi di concentrarsi sul brontolio che il suo stomaco stava emettendo sempre più frequentemente, e dunque si diresse verso le cucine, sperando di trovare almeno una pesca.
Iniziò a fischiettare, non curandosi del sonno che ancora avvolgeva il palazzo. Aveva bisogno di tenere la mente occupata.
Giunto a destinazione non gli ci volle molto per trovare quello che cercava. Prese quattro pesche e qualche altro frutto dal gusto zuccherino, non curandosi del fatto che quel cibo sarebbe stato destinato anche alla colazione altrui.
Scelse di uscire, così da non essere coinvolto nell’ormai prossimo risveglio della corte, e si sedette su un alto ramo di un albero.
Guardò il cielo nuvoloso, chiedendosi quando sarebbe iniziato a piovere, e osservò un gruppetto di uccelli che già avevano iniziato a svolazzare e cinguettare in lontananza. Presto probabilmente sarebbero ritornati nei loro nidi per ripararsi dall’acqua.
Judar diede il primo morso, sovrappensiero.
Aveva ricominciato a pensare alla ragazza di prima. Non pensava fosse qualcuno di importante, in fondo non aveva mai saputo nemmeno il suo nome, e nessuno si era preoccupato di informarlo; che poi… neanche a una persona era venuto in mente che per lui questo avrebbe potuto creare un po’ di problemi? Se avesse dovuto chiedere di lei come avrebbe dovuto fare?
Si lasciò scappare un verso infastidito, mentre ingoiava un altro pezzo di frutta.
Quei principi sapevano essere proprio assurdi.
Spinse piano la spalla indietro, per farla scrocchiare, e poi ritornò nella posizione per lui più comoda.
A dire il vero non si era comunque fatto un’idea precisa su quella ragazzina. Gli sembrava dannatamente debole, e questo avrebbe dovuto far scivolare ogni interesse per lei, eppure qualcosa richiamava la sua attenzione.
In fondo anche Hakuryuu, il quarto principe imperiale, gli era inizialmente sembrato più debole rispetto agli altri, eppure lo aveva sempre attratto.
In effetti quella mocciosa glielo ricordava, in qualche modo.
Chiuse gli occhi incrociando le mani sul ventre e lasciandosi un po’ scivolare con la schiena.
Sentiva i primi movimenti all’interno del palazzo, ma non se ne curò.
Rimase lì, ad ascoltare il delicato vento.
Non aveva alcuna intenzione di faticare anche quel giorno. Avrebbe evitato qualunque dovere da sacerdote o da Magi che fosse.
Finalmente riuscì a svuotare la testa, e concedersi un po’ di pace.
Tutto intorno era calmo, e anche i rumori che stavano appena cominciando a prender vita presero subito a mitigarsi.
Anche il Magi decaduto aveva bisogno della sua quiete, e l’aveva trovata.
Finalmente.
Non poteva chiedere altro.
Le ciocche anteriori gli sfioravano delicatamente il naso mentre l’aria umida gli accarezzava la pelle.
I muscoli erano rilassati, e il respiro leggero quando una voce lo interruppe dal suo riposo.
“Judar-chaaaan!”
Ebbene sì, si era addormentato. Ma a quanto pare doveva essere proprio condannato all’eterno castigo, ed essendo Judar non poteva nemmeno chiedersi cosa aveva fatto di male.
Roteò stancamente gli occhi e guardò in basso.
Una giovane donna dai capelli magenta correva verso di lui attenta a non inciampare nel suo lungo abito.
“Ah? Che vuoi vecchia strega?” La salutò a modo suo il ragazzo.
La principessa Kougyoku gonfiò le guance, come una bambina offesa e lo guardò puntando i piedi. “Smettila Judar-chan!”
Lui la ignorò sbadigliando, per poi tornare a guardarla con fare assonnato: “Vuoi dirmi perché diavolo mi hai disturbato?”
Lei alzò il naso, con fare altezzoso: “Ma se stavi poltrendo!” Poi riprese un’espressione normale “Dov’è la principessa Rayenne? Il mio Nobile Fratello ha detto che devi occupartene tu. Lui non può ancora incontrarla, non ha tempo, dice. Per cui c’è bisogno di qualcuno che la custodisca, sarà anche spaventata non ti pare? Quindi ha detto di dire a te, vista la tua importanza qui…”
Il discorso della ragazza filava bene, peccato che Judar, ancora per metà immerso nel mondo di Morfeo, si fosse fermato a principessa Rayenne.
“Dov’è chi?” Chiese nel bel mezzo del monologo, facendo capire alla principessa che stava sprecando fiato per nulla.
Se avesse potuto Kougyoku avrebbe preso a testate quel tronco finché non si fosse spezzato, ma ovviamente dovette trattenersi.
Prese un respiro: “La principessa Rayenne, Judar-chan. La ragazza che tu hai portato qui ieri.”
Judar si riscosse finalmente dal suo torpore, e saltò giù dal ramo, incrociando le braccia al petto.
“Rayenne? Dunque è così che si chiama ah?”
“Non lo sapevi?”
“Come facevo a saperlo se nessuno mi dice nulla!” Sbraitò il moro.
La giovane lo guardò con una leggera alzata di spalle: “Sei il nostro Magi.”
“E con questo, scusa?” Judar sospirò senza continuare la cosa “Principessa? Davvero quella è una principessa?”
Kougyoku annuì: “Sì, ti stupisce?”
Il sacerdote scoppiò a ridere: “Non ci credo! È uno scherzo vero? Se l’ho vista alla festa che serviva! E poi come fa, è sempre con lo Stupido Re!”
La ragazza lo guardò perplessa. Non riusciva assolutamente a capire cosa diamine stesse dicendo.
“Lei è una principessa.” Ribadì allora decisa “E ti conviene obbedire a mio fratello.”
“Ah?...Aspetta… io? Perché devo starle dietro io?”
“Perché te lo chiede il Primo Principe Imperiale?”
“E con questo?” Judar scrollò le spalle camminando verso l’entrata, visto che alcune gocce avevano già bagnato i suoi indumenti neri.
“E con questo devi! Dai! Va a prenderla! La voglio conoscere!” Iniziò a piagnucolare la principessa.
“Va a cercartela da sola.” Cercò di liquidarla il ragazzo.
“Ma non posso…” Mormorò sconsolata “Ti prego… non sarà per molto.”
Il Magi sospirò. Forse per levarsi di torno quella Kougyoku in quel momento troppo inisistente, o forse perché aveva pensato che una nuova schiavetta non potesse andargli tanto male, cedette.
“E va bene, va bene Vecchia… ma ora lasciami andare.”
La giovane sorrise felice “Bravo Judar-chan!”
Il ragazzo si allontanò borbottando sommessamente. Perché proprio lui? Non potevano affibbiarla a qualcuno come il principe Kouha?
Digrignò i denti spingendo la pesante porta della stanza in cui aveva lasciato l’ospite. Era pronto per svegliarla, non proprio nel migliore dei modi, se ancora l’avesse trovata addormentata, ma ciò che racchiudeva la stanza era ben peggio.
Gli occhi scarlatti osservarono perplessi il giaciglio vuoto.
Ci vollero un po’ di secondi prima che le sinapsi di Judar gli lasciassero realizzare ciò che stava vedendo.
“Cheee?!”
Strinse i pugni lasciando uscire dalla bocca imprecazioni non troppo delicate.
Col cavolo che si sarebbe messo a cercarla per tutto l’impero Kou.
No no, ci sarebbero andati da soli quei reali da strapazzo. Non potevano mica sempre rifilare tutto a lui (poi, la parola “tutto” era un tantino riduttiva nell’ideale di Judar, ma non importava).
Iniziò a frugare attorno: dietro le tende, negli armadi, nei cesti  grandi o piccoli che fossero…”Aaaaahrg!!”
Non era assolutamente in vena di giocare a quel tipo di gioco.
“Mocciosa! Vieni fuori!”
Appena pronunciate quelle parole sentì un fruscio, proveniente dal balcone esterno.
Si voltò per vedere gli occhi violetti di lei guardarlo, mentre rimaneva ancora per metà nascosta da una colonna.
“Ah!” Esclamò il moro camminando spedito verso la ragazza “Dove diamine ti eri cacciata?” Chiese con non troppa delicatezza prendendole il polso.
La giovane non parlò.
Judar storse il naso, irritato: “Non sei nella condizione di potermi ignorare.”
Ancora non ci fu nessun suono.
Un ghigno apparve sul volto del ragazzo. Finalmente. Non era certo quello che poteva sperare ma era pur sempre meglio di nulla.
“Mi sto arrabbiando.” La ammonì, ma senza far scomparire quel malefico sorriso.
La mano del Magi si alzò rapidamente e altrettanto rapidamente si scagliò contro il viso di Rayenne che istintivamente chiuse gli occhi.
Il colpo fu rapido e secco, ma non indolore.
La forza di Judar era stata tale che le ginocchia della ragazza si piegarono facendola rannicchiare contro il muro.
Il ragazzo rise: “Che rammollita…”
Ma quando i suoi occhi cremisi incontrarono quelli lilla di lei, si ritrovò sorprendentemente muto.
Lo sguardo della ragazza era deciso, forte e stabile. La guardò rialzarsi in piedi, senza nessun lamento, senza nessuna lacrima o cose simili.
Continuava a guardarlo dignitosa, in posizione eretta, senza nessun tentativo di protezione.
Judar si sentì molto irritato, ma allo stesso tempo curioso.
Le tirò un altro schiaffo, più forte, per vedere cosa avrebbe fatto.
Si aspettava almeno un grido acuto, invece dalle labbra rosee della giovane non uscì altro che un lieve sussulto.
Non si era nemmeno lasciata cadere, questa volta. Dopo pochi secondi era di nuovo lì, che lo guardava.
Il sacerdote si lasciò scappare una sonora risata: “Allora almeno un po’ divertente lo sei! Eh, Rayenne?”
Continuò a ridere, la sua solita risata, che però si affievolì pian piano, quando si accorse che la ragazza non accennava a parlare.
“Che è? Sei muta? Eppure con lo Stupido Re mi pareva dialogassi per bene.”
Il viso del Magi si avvicinò rapidamente quello di lei, mentre le mani si puntavano ai fianchi.
I loro nasi si sfioravano, e lui la guardava dall’alto in basso con espressione infastidita.
“Guarda che posso fare di peggio se vuoi…” La minacciò, ma lei non si piegò, e rimase immobile.
“Tsk…” Judar le prese violentemente il collo, stringendolo alla gola, impedendole la corretta respirazione.
Rayenne annaspò afferrandogli il polso con entrambe le mani, ma senza fare pressione.
Non chiese aiuto, e anche i suoi tentativi di liberarsi furono pochi.
“Allora?!” Judar aumentò la pressione, e solo in quel momento si accorse di una cosa.
Sentiva l’arteria sotto la pelle di lei pulsare rapidamente, segno che il cuore stava pompando come non mai.
Era spaventata.
Sorrise e lasciò la presa.
Non lo stava sottovalutando dunque.
“Chissà, forse non sei così male.” Disse guardandola sempre da superiore.
Rayenne si appoggiò al muro, per riprendere fiato.
“Senti, ragazzina. Non so perché ti abbiano voluta qui, e non mi interessa.” Il ragazzo dai capelli neri grattò la nuca guardandosi attorno con fare annoiato “Ma a quanto pare devo tenerti d’occhio per un po’. Per cui farai ciò che voglio io, chiaro?”
Come volevasi dimostrare, non ci fu risposta.
“Bah…chi tace acconsente.” Commentò infine il Magi Nero “Seguimi.”
Detto ciò, si avviò verso l’esterno della stanza.
Sentì i passi leggeri della ragazza dietro di lui, volutamente più lenti, per non raggiungerlo.
Non ci badò. A lui bastava che lei obbedisse.
Aveva intenzione di portarla dalla principessa Kougyoku e di mollarla lì, ma qualcosa attirò la sua attenzione.
“Hakuryuu!” Esclamò vedendo il giovane principe avanzare verso di loro.
L’altro si limitò a guardare il Magi con una lieve nota di interrogazione, senza scomporsi.
Judar gli corse incontro e gli cinse allegramente le spalle con un braccio: “Cosa fai? Pensavo che stessi allenando per diventare più forte.”
“Lo stavo facendo.” Rispose semplicemente il più giovane.
Rayenne se ne era rimasta indietro, ferma e muta, solo quando lo sguardo di Hakuryuu la raggiunse sorrise gentilmente.
Gli occhi di Judar si sgranarono lievemente a quella visione.
Il principe rimase perplesso un secondo per poi ricambiare il sorriso: “Buongiorno” La salutò avvicinandosi “Come ti chiami? Non sei di Kou vero?”
Lei scosse la testa: “Sono Rayenne di Sindria.” Si presentò accennando ad un cordiale inchino.
“Sei la principessa Rayenne?” Chiese il ragazzo “L’amica di Alibaba?”
La giovane rise: “Vi ha parlato di me?”
Il principe sorrise, guardandola.
“ Beh, è un piacere conoscervi, principe Hakuryuu.”
Il giovane eseguì un inchino: “Il piacere è tutto mio.”
Judar ringhiò. Se lo erano dimenticato alle spalle, quei due. E per di più Rayenne non solo aveva parlato con il giovane reale, ma gli aveva pure sorriso, con uno di quei sorrisi che la gente ormai conosceva poco.
Invece a lui non aveva nemmeno detto il suo nome. Non che gli importasse davvero, ovvio, ma non gli piaceva essere ignorato così.
Scelse comunque di stare a guardare. Non poteva certo picchiarla ancora davanti ad Hakuryuu.
Avevano anche iniziato a parlare, come se lei non fosse una prigioniera.
“Volevo portarla dalla Vecchia…” Intervenne il Magi ad un certo punto con disinvoltura.
“Ah…” Mormorò il principe lanciando un’occhiata al sacerdote “Sarei lieto di accompagnarti, allora.” Disse riportando lo sguardo sulla principessa di Sindria.
Lei sorrise, di nuovo.  “Mi farebbe piacere.”
“Non ha tempo.” Li bloccò Judar, avvicinandosi. “Hakuryuu deve allenarsi ancora, e ancora…per diventare più forte.”
Il giovane nobile guardò il ragazzo vestito di nero con astio, senza però commentare altro.
“Non importa, ci vedremo comunque dopo.” Affermò sorridendo a Rayenne, che per tutta risposta annuì energicamente.
Il Magi lasciò che il principe si allontanasse, prima di parlare.
“Ah… con lui la faccia di pietra mica la fai, eh?” Provò a persuaderla, ma nuovamente sulla ragazza calò il silenzio.
“Fammi un sorriso.” Le ordinò “Ora.”
Le prese il viso con la mano destra, stringendolo.
“Avanti… sei così brava a farli.”
Questa volta la ragazza si dimenò; gli posò le mani sul petto e con tutta la forza che aveva lo spinse via.
Judar, colto di sorpresa, si lasciò arretrare di qualche passo.
La guardò iroso, mentre le riprendeva il polso tirandola verso di lui: “Non sei così preziosa, sai, principessa?”
Lei distolse semplicemente lo sguardo, e lui la lasciò.
Riprese a camminare, con passo veloce e violento.
Si sentiva preso in giro da quella mocciosa, e nessuno poteva prendere in giro lui.
Non capiva cosa diamine avesse in testa.
Si ritrovò persino a parlare ad alta voce, mentre lei lo seguiva avvolta nel silenzio.
Ora era curioso di vedere come si sarebbe comportata con l’ottava principessa.
Non osava rallentare, quasi voleva correre. Voleva farle perdere il passo, lasciarla sola in quella magione straniera. Ma non lo fece.
Cercò la principessa nelle sue stanze, ma non la trovò. Dunque iniziò a girovagare per il palazzo, seguito da Rayenne.
Il ragazzo stava per rinunciarci, quando intravide il suo obbiettivo in un corridoio esterno, con il naso all’insù concentrata sulla pioggia che aveva iniziato a scendere.
“Vecchia!” La chiamò il Magi senza preoccuparsi di disturbarla.
La ragazza si voltò.
Aveva circa la stessa età di Rayenne, ed era molto bella.
“Ti ho portato la ragazzina.” Le disse il mago accennando con la testa all’altra ragazza.
Kougyoku si illuminò: “Ma è carina!”
Judar alzò un sopracciglio mentre veniva superato dalla principessa di Kou.
“Sono Kougyoku, l’ottava principessa imperiale.” Si presentò la ragazza vestita di rosa.
Rayenne, di nuovo, sorrise: “Io sono Rayenne.”
La giovane dagli occhi rosati sembrò felice di quell’atteggiamento, e senza non troppi complimenti prese le mani dell’altra: “Dimmi, è vero che sei molto vicina a Re Sinbad?”
La giovane castana rimase un po’ perplessa, inizialmente, poi rise: “Sì, lo conosco molto da vicino.”
“E com’è?”
“Beh… molto forte.”
“E di carattere?”
“Di solito è gentile, e pensa sempre al suo regno…”
Gli occhi di Kougyoku si illuminarono: “Sembra una persona meravigliosa.”
Rayenne ridacchiò: “Ha anche molti difetti.”
“Tutti li abbiamo.” Rise l’altra “L’importante è che non si mostrino solo quelli… per esempio Judar…”
“Non mettermi in mezzo Vecchia! Soprattutto quando si tratta dello Stupido Re!”
“Vedi?” La giovane imperiale rise, mentre Judar ignorava annoiato.
Di nuovo la prigioniera aveva dimostrato una natura diversa, quasi come per segnalargli che era lui il problema.
Era pur vero che Judar era sempre causa di problemi per i suoi nemici, e gli piaceva anche…ma questa volta sentiva una strana sensazione dentro.
Gli sembrava come se fosse stato scartato, come se quei principi fossero in quella situazione decisamente superiori a lui.
Loro erano stati capaci di domarla, mentre lui non riusciva ad avere potere su di lei.
Sentì dei passi veloci dietro di sé, e non gli ci volle molto per capire di chi si trattasse.
Il terzo principe di Kou, Kouha Ren, si stava evidentemente dirigendo verso le sue stanze private, quando aveva sentito le voci delle due ragazze, e ovviamente non aveva potuto fare a meno di venire a sbirciare.
“Ehi, cos’è questo cinguettio?” Chiese il nuovo arrivato, facendo pressione sulla spalla di Judar per spostarlo.
Gli occhi di Kougyoku ruotarono verso il ragazzo che si era intromesso, ma ancora prima che potesse parlare fu lui a prendere la parola.
“Uh? E lei chi è?” Chiese indicando Rayenne “Una nuova schiava?”
Judar ghignò: “Una specie.”
L’ottava principessa si imbronciò: “Non è una schiava! Lei è una pricipessa! Ed è mia amica!”
“Amica?” Ripeté il principe avvicinandosi alla ragazza dagli occhi viola “Capisco. Sono il principe Kouha Ren.”
Rayenne si inchinò: “Sono Rayenne. Vengo da Sindria.”
“Sindria? Che ci fa una reale di Sindria qui?” Esclamò il giovane sorpreso.
“Non chiederlo a me.” Borbottò da dietro Judar.
“L’ha chiamata il nostro Nobile fratello Kouen.” Lo informò Kougyoku.
Rayenne sinceramente aveva smesso già da un po’ di cercare di capire.
“Kouen? E io non ne sapevo nulla? Cosa può volere Kouen da una principessa di Sindria? Che poi non sapevo nemmeno ci fossero principesse lì… che tipo di parentela ha con il re…”
“Nessuna.” Lo interruppe la ragazza straniera, giocherellando con le dita timidamente.
Le tre paia d’occhi presenti si fissarono improvvisamente tutte su di lei.
Quell’istantaneo silenzio che si era creato la costrinse a continuare.
“Io… io sono stata salvata da Re Sinbad quando il mio regno fu distrutto, ero ancora molto piccola. Non ho molti ricordi.”
“Oh…” Mormorò flebile Kougyoku, nascondendo le labbra dietro le grandi maniche dell’abito, con espressione triste.
Anche l’attenzione di Judar sembrava essersi risvegliata dopo quella affermazione.
“Davvero non ricordi?” Le chiese Kouha con aria curiosa.
Rayenne scosse la testa: “No… so solo che rimasi imprigionata tra le macerie del palazzo quando fui salvata dai soldati di Sindria.”
“Dunque eri una nobile comunque.” Annuì il principe. “Non importa, visto che ti vuole qui Kouen devi essere qualcuno di importante! Dirò a qualcuno di trovarti dei vestiti adatti.” Affermò il giovane con aria decisa.
“Ci penserò io!” Si entusiasmò la principessa Kougyoku.
“Bene!” Decretò il principe che doveva essere il terzo “Ora scusatemi, ma mi stanno aspettando…ah! Una cosa!”
Rayenne lo guardò notando che si stava rivolgendo a lei.
“Quando saluti un principe dell’impero Kou…” Strinse un pugno portandolo all’altezza delle clavicole e  lo afferrò con l’altra mano, tenendo i gomiti in linea con le spalle “Salutali così, chiaro?”
La ragazza si sentì leggermente in imbarazzo, senza un motivo in particolare, ma eseguì subito l’ordine: “Ho capito. Vi ringrazio principe Kouha.”
Il principe rise: “Non ce n’è bisogno con me! Sei carina, quindi ti posso perdonare!”
La principessa di Sindria distolse velocemente lo sguardo, arrossendo (purtroppo arrossiva molto facilmente): “Siete troppo gentile.”
Kouha rise: “Sei molto dolce, mi piaci!”
E con quelle parole si allontanò, agitando la mano in segno di saluto.
Kougyoko rise nel vedere la reazione di quella che aveva deciso essere una sua nuova amica, mentre Judar aveva voglia di disintegrare qualcuno con un fulmine.
Davvero, perché quelle persone erano in grado di renderla così docile mentre con lui non dava alcun segno di debolezza?
Sembrava un agnellino, con loro.
Anche ora, mentre veniva coccolata dalla Vecchia, gli sembrava un cucciolo, dolce e tenero.
Non che a lui piacesse ciò, ma lo stesso, voleva avere anche lui quel potere su di lei. Il potere di mutarle l’anima.
Non fermò le due ragazze quando Kougyoku trascinò via Rayenne per trovare degli abiti a sua detta “degni di una nobile di Kou.”
Si limitò a svolazzare fino alla stanza, ed aspettare fuori dalla porta, seduto a mezz’aria.
Iniziò a ragionare, per capire come avrebbe potuto fare per rendere quella ragazza un suo giocattolo.
Perché se lei gli rimaneva così indifferente, come avrebbe potuto farla piangere ed implorare pietà?
Ci pensò un po’, poi ghignò sommesso.
Proprio in quel momento dalla stanza uscì la principessa Kougyoku, e dietro di lei Rayenne.
La principessa di Kou aveva scelto per lei un lungo abito arancione chiaro, non stretto ma nemmeno eccessivamente largo, chiuso da una cintura rosa salmone con decorazioni floreali, che richiamava i profili delle maniche e della chiusura dell’abito.
Le aveva legato i capelli in una coda di cavallo non troppo alta, e li aveva adornati con fiori bianchi e rosa.
Sinceramente Judar sapeva che alla principessa piaceva questo genere di passatempo, ma non si aspettava che fosse davvero brava.
Perché in effetti, quella ragazzina dello Stupido Re ora come ora gli sembrava una degna principessa dell’impero Kou.
Rimase a guardarla, non gli dispiaceva affatto la visione.
Quando lei lo notò, voltò il viso, per non mostrarlo a lui.
“Aaaah!” Esclamò il Magi “A vederti così ora non ho nemmeno più voglia di picchiarti!”
La vide irrigidirsi a quelle parole.
“L’hai picchiata?!” Chiese subito l’ottava principessa, arrabbiata.
“Sì.” Ammise Judar “Ero arrabbiato e infastidito…ma le volevo chiedere perdono.”
Mentiva. Era un bravo attore, e questa era una delle sue doti migliori.
Rayenne alzò lo sguardo.
“Allora? Mi perdoni, principessa Rayenne?” Le chiese il ragazzo posando i piedi a terra e accennando ad un inchino mentre le tendeva la mano.
Non ci fu risposta.
Il sacerdote sospirò, per poi guardare fuori da una finestra. La pioggia si era fatta più impetuosa e nel palazzo la luce era calata.
“È ora di pranzo ma qui sembra ora di cena…” Mormorò tra sé e sé per poi alzare il tono “Sarà meglio andare, Rayenne. Ti divertirai dopo con la Vecchia.”
Kougyoku fulminò Judar, per poi salutare dolcemente la sua ospite.
Judar decise di portarla con sé nelle sue stanze. Non aveva intenzioni di adattarsi a quella di lei.
Camminarono in silenzio. Sembrava non esserci via di fuga da quello.
Il Magi avrebbe presto chiesto spiegazioni per quell’ingrato compito.
La ragazza si inginocchiò sul tappeto, per terra, ben distante dal ragazzo che invece se ne stava stravaccato tra i morbidi cuscini.
Judar la guardò con la coda dell’occhio, poi prese la bacchetta.
Non la colpì, né le fece alcun male.
Rayenne sentì improvvisamente uno strano scricchiolio, proprio davanti a sé.
Quando guardò vide una ninfea di ghiaccio, che si ingrandiva sempre di più, galleggiando in aria.
Sgranò leggermente gli occhi lasciando sfuggire un sussurro meravigliato.
Sembrava che quel fiore sbocciasse apposta per lei.
Lo toccò incantata, e il fiore si posò tra le sue mani.
Sorrise come una bambina mentre sognava, guardando le mutazioni di quella splendida opera.
“Ti piace agnellino?”
La voce del Magi la fece voltare di scatto.
Era davvero quel ragazzo che stava creando un simile spettacolo?
Sebbene non si fidasse di lui, non poté fare a meno di regalargli un dolce sorriso, che cercò di nascondere tornando a guardare il fiore.
Judar, osservandola in quel momento, provò un brivido.
Non quei soliti brividi freddi, era qualcosa di caldo, e si ritrovò stupito difronte a quel gesto cordiale rivolto a lui.
Represse immediatamente tutto ciò.
“Per ora mi accontento, agnellino.”

 
Salve minna-san!
Ecco qui il secondo capitolo, non ho molto da dire, spero sia di vostro gradimento.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il capitolo precedente, e quelli che leggeranno questo, vi sono davvero grata.
Alla prossima :)

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Capitolo 4
*** Dosen't matter ***


Dosen't matter


Kougyoku continuava a parlare di cose che a Judar non interessavano minimamente.
Era da un po’ ormai che si chiedeva quando quella ragazza avrebbe capito che aveva smesso di ascoltarla ormai da tempo.
Se ne stava ben comodo, steso su un davanzale, sbadigliando, grattandosi la nuca, la pancia, fischiettando… facendo tutto tranne che prestare attenzione alla principessa.
Fondamentalmente si stava annoiando, e stava meditando di uscire un po’, per infastidire chi gli capitava a tiro.
Doveva ammettere che gli piacevano le espressioni di terrore, lo facevano sentire potente, e per questo vivo.
Si alzò sulla schiena, interrompendo la parlantina della giovane.
“Judar-chan?” Chiese lei.
Il Magi si alzò in piedi stiracchiandosi: “Vado a fare un giro… torno più tardi.”
L’ottava principessa puntò in piedi: “Ma come? Non ho ancora finito!”
Il ragazzo la ignorò, e camminò verso l’uscita della stanza, quando all’improvviso qualcun altro apparve sull’uscio.
“Uh?”
Kouha entrò nella stanza con aria annoiata, sbuffò e si guardò attorno.
Il sacerdote alzò un sopracciglio: “Non eri con Rayenne?”
“L’ho mollata ad Hakuryuu.” Rispose l’altro con una scrollata di spalle “Ad un certo punto non riuscivo più a star dietro alle sue domande.”
Kougyoku rise: “Ma è curiosa!”
“Troppo!” Esclamò il terzo principe, mentre veniva raggiunto dalle sue tre devote servitrici.
Judar non si era scomposto più di tanto.
Con ogni probabilità il vero fastidio del giovane dai lunghi capelli rossi era quello del non saper rispondere a quelle domande, ma poco importava.
L’Oracolo aveva avuto modo di osservare la ragazza in quei giorni, e aveva notato subito quella sua strana curiosità. Aveva visto come lei spesso si concentrasse su dettagli piccoli, trascurando magari cose  più essenziali. In lei c’era anche una certa timidezza che la rendeva molto distante dall’essere una principessa modello, soprattutto quando si trattava di conversare con sconosciuti di genere maschile.
Aveva ritenuto questo come un fatto stupido e insensato.
Non dipendeva dal pudore, né da qualunque altra caratteristica femminile, era forse imbarazzo per troppa ammirazione, aveva pensato il Magi.
Kouha aveva decretato quegli atteggiamenti come “divertenti”, ma a lui risultavano solo irritanti, soprattutto pensando al fatto che qualunque comportamento si annullava quando erano solo loro due.
Scrollò le spalle. Se lei era con Hakuryuu non aveva alcun motivo per andare a riprenderla.
Oltrepassò senza altre parole il principe, deciso ad andarsene, quando quest’ultimo lo richiamò: “Dove vai?”
Judar si voltò con espressione seccata senza rispondere.
“Guarda che Kouen ti vuole.” Lo informò il giovane Ren.
“Proprio ora?” Chiese il corvino, ricevendo come risposta un’irritante affermazione.
Sbuffò e con passo nervoso si diresse verso la sua destinazione.
Non gli piaceva quando era chiamato dal Primo principe Imperiale, voleva dire lavoro, solitamente, e seccature. Gli piaceva soltanto quando gli dava carta bianca, ma in quel periodo questo era difficile.
Kouen era un uomo forte, e Judar lo sapeva. A lui piacevano le persone forti, ma nonostante questo il suo preferito rimaneva Hakuryuu, era chiaro. La verità era che Hakuryuu era quello che, tra i principi, gli assomigliava più di tutti.
Ma era debole, in confronto agli altri, e Judar voleva farlo diventare il più potente.
Scosse la testa, costringendosi alla realtà.
Spinse la pesante porta di legno e metallo ed entrò nella stanza.
La maestosa figura di Kouen era seduta con le mani incrociate sulle quali nocche si poggiava la fronte.
I suoi occhi si posarono sul Magi solo quando questi chiuse la porta alle sue spalle.
“Allora?” Chiese Judar puntando le mani ai fianchi.
“L’hai portata qui?”
Il corvino sospirò annoiato: “Sì sì, pensavo lo sapessi…”
“Ha armi con sé?”
“Nessun’arma.”
Il principe tornò in silenzio, quasi dimenticando la presenza del sacerdote.
Fu proprio quest’ultimo a richiamare su di sé l’attenzione, storcendo il naso: “Si può sapere che ha di speciale quella ragazza?”
“Nulla.” Rispose secco il principe, lasciando il Magi interdetto.
Dopo un attimo di riflessione, Judar parlò di nuovo: “E allora si può sapere perché l’hai chiamata qui?”
“Perché il suo paese è stato raso al suolo?” Lo interrogò Kouen.
Il più giovane alzò un sopracciglio: “E io dovrei saperlo?”
“Dovresti.” Rispose fermo il rosso “Credimi, dovresti.”
L’Oracolo scosse la testa, non avendo la ben che minima voglia di capire.
“In quella vicenda… è andato perso un oggetto… che probabilmente era lo scopo dell’attacco.”
A quelle parole, gli occhi scarlatti di Judar si sgranarono: “Un oggetto? Un Artefatto Geniesco?”
Il principe spostò il peso sullo schienale puntando il gomito sul poggiolo e reggendo la testa con la mano: “Chi lo sa.”
“Ma si può sapere chi ha attaccato quel regno? “ Chiese il Magi, risvegliato da un nuovo interesse.
Se Un oggetto, qualunque fosse, valeva la pena di una strage, doveva essere qualcosa di prezioso e potente.
L’uomo reale lo guardò per un attimo, prima di rispondere: “Ci furono molti attacchi, ma solo uno andò a segno… ma… non è ben chiaro chi ci riuscì… forse tu puoi capire qualcosa di più.”
Sul giovane volto del sacerdote si dipinse un sorriso di sfida: “Con piacere. E quell’oggetto che vuoi nelle tue mani… dove può essere finito?” Lo chiese, ma aveva già intuito la risposta.
“La ragazza è stata soccorsa da Sindria.” Non serviva che Kouen continuasse la frase.
“Lascia fare a me.” Concluse Judar.
Non si sarebbe lasciato sfuggire una tale occasione. Non gli interessava minimamente trovare quell’oggetto ,qualunque  esso fosse,  per l’impero Kou, né per Kouen. Quello che davvero aveva intenzione di fare era metterlo nelle mani di Hakuryuu, avrebbe reso quel principe come lui voleva.
Uscì dalla stanza senza aggiungere altro, con un semplice cenno della mano.
Era convinto che in realtà il Primo Principe non si fidasse ciecamente di lui, ma era comunque consapevole che ciò non aveva importanza in quel momento.
Uscì dal palazzo senza più soffermarsi con nessuno. Si alzò in volo, lasciandosi accarezzare dalla leggera brezza che gli avvolgeva il corpo.
Camminò sul vuoto, come se sotto i suoi piedi ci fosse un comune suolo, pensieroso, e allo stesso tempo eccitato.
Scese nel bel mezzo di un mercato. Non era amante di cose simili, ma erano i luoghi più comuni per la gente.
Camminava tra la folla, non troppo riconosciuto, visto che, chi era lì, non era gente che aveva a che fare con la Famiglia Reale.
Forse solo alcuni ricchi mercanti di pregiate stoffe o preziose essenze erano in grado di comprendere chi fosse, proprio perché entrati, per qualche colpo di fortuna, nelle stanze del palazzo imperiale.
Si spinse a forza più avanti, dove la folla iniziava a scemarsi e il suo corpo non era pressato da quelli altrui.
Camminava con disinvoltura, perso nei suoi pensieri, mentre si guardava attorno distrattamente.
Il filo dei suoi ragionamenti fu interrotto da qualcosa che cadde pochi metri più avanti di lui. Si avvicinò con fare stizzito, notando che altro non era che un pezzo di legno mal tagliato; lo calciò via, incurante del perché fosse piombato proprio lì, ma la sua attenzione fu di nuovo catturata da altro.
Si accorse di aver lanciato l’oggetto abbastanza lontano da lui e dal corso dei clienti del mercato, all’entrata di una via buia, e proprio da quella penombra sbucò fuori timidamente un’esile figura di bambino, che corse a riprendere quello scarto, per poter riprendere a giocare con il suo piccolo compagno nascosto ancora dietro ad un muro.
Judar alzò il naso con superbia, mentre guardava quei due piccoli riprendere la loro finta battaglia.
I loro abiti erano sporchi, come i loro visi, ed evidentemente gli unici giochi di cui potevano usufruire erano le immondizia della gente.
Avrebbe voluto ridere di quei semplicissimi esseri umani, in quello stato di degrado, che in quel momento si illudevano di essere chissà quanto potenti.
Voleva ridere della superiorità che aveva su di loro. Voleva mostrargliela, voleva vedere i loro volti terrorizzati e sentire le loro voci implorare pietà. Ma non fece nulla, si voltò e proseguì.
Pensò che in fondo anche lui era lì per giocare. Nemmeno lui aveva mai usato dei veri giocattoli; l’unico gioco che gli era concesso era quello della sua magia.
Aveva sempre seminato morte e distruzione, fin dai suoi primi anni. Si era da sempre sentito gridare contro le maledizioni peggiori, e ora si sentiva abituato.
Non gli facevano alcun effetto.
Era divertente passare il tempo in quel modo.
Eppure…ancora, in qualche attimo, davanti a certe espressioni nel suo cuore si ergeva ancora un grido: “Ero solo un bambino!
Grido che immediatamente Judar metteva a tacere, o qualcun altro?
Non riusciva a capire, e questo lo faceva imbestialire.
“Ehi…”
L’uomo sulla strada si voltò a guardarlo, era decisamente più grande di Judar.
Ma nulla aveva importanza per lui, perché era più potente, e furente.
“Perché non gridi?” Chiese il Magi con fare annoiato.
L’individuo lo guardò con la derisione sul volto: “Eh?”
“Ti ho detto di gridare.”
Lo scettro si alzò a mezz’aria e un fulmine violaceo si scagliò da esso.
Di nuovo la bestia aveva ripreso a ringhiare.
Il cielo si oscurò, minacciando pioggia, e mentre tutti correvano al riparo, il sacerdote dell’impero Kou insisteva nel rimanere fuori casa.
Non ne aveva davvero motivo, a dire il vero, ma non avrebbe saputo che fare al palazzo.
Gli occhi cremisi puntarono i nuvoloni che sovrastavano il territorio, e il suo corpo si avvicinò ad essi.
Se avesse voluto, con quelle, avrebbe potuto spazzare via tutte le terre circostanti; sarebbe stato divertente certo, ma una volta distrutto tutto… con cosa si sarebbe divertito?
Sorrise comunque, maligno e compiaciuto, nella consapevolezza del suo potere. Un potere che chiunque avrebbe voluto.
Sentiva il magoi dentro il suo corpo esaltarsi a quel pensiero.
Rise.
Rise della sua consapevolezza, dicendosi che in fondo era l’unico bambino che aveva giocato per davvero.
Scese nuovamente a terra, e si avviò verso il palazzo, mentre la pioggia aveva iniziato a percuotergli copiosa le spalle.
Camminava a piedi nudi nel fango, e sapeva che Kougyoku si sarebbe lamentata per almeno una settimana delle orme che avrebbe lasciato ovunque, come se avesse dovuto pulir lei poi.
Pensò ad Hakuryuu e all’astio che sapeva provare per lui, e sorrise anche a quello.
Lo capiva.
Avrebbe chiesto a Kouen il nome di quel villaggio, e sarebbe andato a vedere che cosa ne rimaneva, e poi avrebbe costretto il Quarto Principe a trovare quel tesoro che fu causa della morte di quel regno.
Tutto ciò che era macchiato di sangue per lui era potere.
Una volta a casa si pulì al meglio, facendo dannare qualche povero servitore, per poi stendersi ancora umido nel suo giaciglio.
Non aveva alcuna voglia di svolgere un qualche tipo di compito, per cui aveva fatto in modo che nessuno si accorgesse della sua presenza.
In fondo anche poltrire era una cosa che al Magi riusciva abbastanza bene.
Chiuse gli occhi, mentre con la punta delle dita sfiorava la sua lunga treccia.
Per un attimo nella mente gli passò l’immagine di quel ragazzino dai capelli blu e i suoi occhi si spalancarono.
Sì, Aladdin comportava sempre un simile effetto su di lui.
Il fatto era che non lo capiva.
Era un errore nella storia, quel piccolo Magi. Non avrebbe dovuto esistere. Eppure era lì, che lo sconfiggeva con poteri che mai si sarebbero immaginati in quel misero corpicino.
Le palpebre di Judar si riabbassarono, voleva dormire e risvegliarsi solamente a ora di cena.
Mentre si lasciava rapire dal sonno si ripromesse ancora una volta che non avrebbe più cambiato sé stesso. Era diventato così, e non c’erano altre scelte.
Non importavano i sogni, non erano mai importati.
Quelle fiamme che certe notti gli laceravano la pelle, quelle grida che riecheggiavano nella sua mente senza che lui potesse individuarne la provenienza, non avevano alcuna importanza.
Preferiva sognare il mondo sotto i suoi piedi, preferiva ricordare ogni volta che lui poteva fare ciò che voleva, o per lo meno convincersi.
Era quello l’unico motivo per cui era legato ad Al-Thamen.
Il ragazzo si svegliò a causa di una porta sbattuta, chissà dove nel palazzo.
Quando i suoi occhi si aprirono ancora velati dal sonno, la prima cosa che incontrarono fu il cielo notturno, ora limpido e stellato, che si estendeva fuori dalla finestra.
Aveva dormito più di quanto aveva pianificato, ma non era una cosa che aveva importanza.
Si alzò lentamente stiracchiandosi. Aveva fame.
Probabilmente avevano tutti già mangiato ormai, e qualcuno se n’era anche andato a dormire, e per lui era un vantaggio: meno confusione in giro.
Di certo non si sarebbe accontentato di rubacchiare qualcosa in cucina, avrebbe trovato degli sfortunati servitori e si sarebbe fatto preparare ciò che più gli andava.
Nonostante teoricamente  fosse comunque un sottoposto, il suo potere all’interno del palazzo era praticamente al pari di quello dei principi.
D’altro canto lui era il Sommo Sacerdote, e soprattutto il prezioso oracolo. Il Magi dell’impero.
Lui era assolutamente inestimabile, era speciale, non potevano rinunciare a lui.
Ghignò, mentre camminava a passo ritmato verso il luogo desiderato.
Le luci ormai erano soffuse, tipiche della sera.
Continuò ad avanzare senza incontrare nessuno, per la sua felicità.
Stava pensando di andare a infastidire la Vecchia, una volta cenato, quando un rumore lo fece immobilizzare sul posto.
Veniva dall’esterno, e probabilmente tutti lo avrebbero ignorato perché considerato provocato da un qualche animale, ma Judar rimase attento.
Si appoggiò con le mani sul davanzale e si sporse.
Era evidente che nascosta tra i cespugli in basso ci fosse una persona. A lui in qualità di Magi non ci voleva molto a capirlo.
Sorrise beffardo; non gli importava chi fosse a quell’ora nel giardino, lo avrebbe scoperto tranquillamente.
Senza alcuna fatica si mise in piedi sulla sporgenza, per poi calarsi, scivolando nell’aria.
Più si avvicinava, più poteva sentire dei passi leggeri camminare lenti sul terreno.
Si posò dietro una colonna, in attesa che la persona fosse abbastanza vicina.
Quando una figura umana iniziò a rivelarsi oltre la struttura, senza aspettare un attimo Judar vi piombò davanti: “Che ci fai qui?” Chiese ancor prima di notare chi fosse.
In quel preciso istante sentì un urletto femminile, e due grandi occhi violacei lo fissavano spaventati.
Rayenne aveva sbattuto la schiena contro il muro, presa di sorpresa.
Le mani le coprivano le labbra mentre il viso era ancora scomposto dalla paura.
Ci fu un attimo di silenzio, quel che serviva al sacerdote per capire quella scenetta.
La prima risata che uscì fu leggera, quasi un sibilo, poi scoppiò. Si avvolse la pancia tra le braccia per le risate ora troppo forti, tanto a fargli male. “Stupenda…” Riuscì a mormorare mentre gli occhi gli lacrimavano “…la tua faccia è stupenda!”.
Gli occhi della ragazza si sgranarono leggermente davanti a quella reazione. Continuava a guardare il ragazzo con espressione confusa e un po’ offesa.
Prima che il magi potesse parlare di nuovo la ragazza si voltò, alzando il naso e avviandosi verso la direzione opposta.
“Cosa… ehi! Ferma!” Le ordinò il sacerdote, ma lei non gli prestò ascolto.
Judar avrebbe voluto inseguirla, ma la voce di Kouha che richiamava la ragazza lo convinse a lasciar perdere.
Alzò le spalle borbottando un “smorfiosa” e si diresse nuovamente verso le cucine.
Sempre di più vedeva come Rayenne fosse completamente diversa da lui, quasi come un opposto.
Eppure, nel vederla, c’era sempre qualcosa che lo interessava, senza che capisse.
Ora che ci pensava, c’era un elemento che forse li accomunava. Rayenne si comportava esattamente come se ciò che aveva passato fosse stato solo un sogno, qualcosa di non reale. Era il suo modo per esorcizzare l’accaduto.
E lui, in fondo, non era diverso in questo.
Ma non gli importava, non gli sarebbe mai importato.
Rise e raggiunse la destinazione.
Si fece preparare la cena, e ordinò che fosse portata nelle sue stanze.
Certe volte si era chiesto chi fosse davvero Judar, ma alla fine si era sempre detto che non gli interessava. Non voleva chiedersi cosa pensava di sé stesso.
La porta si chiuse dietro le sue spalle, lasciando fuori tutto quello che lui odiava, perché non avrebbe subito il suo destino. Fin nelle profondità delle tenebre, sarebbe stato lui a camminare, nel male che aveva scelto.
Era questa la convinzione che continuamente si imponeva Judar.
 
Ho avuto un sogno...? Sto piangendo?
Queste sono memorie...? Tristi?
Non ha importanza! Io sono...!” *
 
 
Salve! Sta mattina sono a casa da scuola...e visto che non avevo nulla da fare...ho pubblicato :P
Ecco qui il nuovo capitolo. L’ho revisionato un po’ velocemente, anche se è venuto un po’ più breve,  spero non ci siano troppi errori.
* Vorrei specificare che le ultime frasi scritte in corsivo sono tratte dalla character song di Judar, Kuroi Taiyo, o in inglese, Black Sun.
E con questo, vi saluto.
Grazie infinite :)


 

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Capitolo 5
*** Silly ***


Silly


I loro passi picchiettavano il suolo ritmicamente, incuranti della polvere chiara che si depositava sulla pelle.
Judar era seguito da Rayenne per le strade della città.
Quella stessa sera l’avrebbe condotta da Kouen per la prima volta, ma per il momento gli era stato semplicemente ordinato di mostrarle quanto meno la capitale.
Oh, di certo non si era messo a perdere tempo in spiegazioni o cose simili, ci mancherebbe, semplicemente si limitava a gironzolare, dandole un’occhiata di tanto in tanto.
La ragazza si guardava attorno, osservando ciò che la circondava, ma il Magi non sapeva dire se fosse solo per non prestare attenzione a lui.
Scrollò le spalle e poi le fece scrocchiare. Avrebbe voluto divertirsi, ma non poteva perdere d’occhio la principessa.
La gente camminava accanto ai due giovani senza prestare loro importanza.
Rayenne, osservava anche quelle persone, osservava i loro modi e i loro abiti, e si chiese perché il sacerdote davanti a lei non indossasse abiti tipici di Kou, ma più tosto indumenti che erano più appropriati ai luoghi di Sindria.
Di certo poteva permetterselo, era un ragazzo senza dubbio attraente e con un corpo decisamente apprezzabile, forse era proprio quello il motivo?
Nonostante la piccola curiosità, mai glielo avrebbe chiesto.
Guardò verso il basso; per uscire le era stato concesso di utilizzare gli abiti di quando era arrivata, e con questo  si sentiva vagamente più a suo agio.
Certo…era tutto nuovo lì per lei.
Ad un certo punto vide Judar rallentare, fino a lasciarsi affiancare da lei.
Entrambi si guardarono: lui pareva abbastanza irritato, ma lei come al solito non osò parlare.
“A che pensi?” Chiese infine lui.
Non che gli interessasse davvero, ma quella situazione di indifferenza un tantino lo pungeva.
Lei in tutta risposta alzò le spalle.
Il Magi ringhiò a denti stretti: era senz’altro una smorfiosa irritante.
Le avrebbe insegnato lui come doveva comportarsi, ma doveva trovare un modo adeguato.
Annoiato da quella gentaglia definita “per bene”,  che percorreva quelle strade, scelse di svoltare in un vicolo secondario, riportandosi davanti alla ragazza.
Nonostante fosse una viuzza senza particolari attrazioni, l’atteggiamento osservativo della ragazza non cambiò.
Brontolò tra sé e sé. Perché le cose seccanti dovevano toccare sempre a lui?
Continuò ad infilarsi nei vicoli sempre più stretti e appartati, quelle stradine tra le misere abitazioni che sembrano tutte uguali. Beh, una principessa dovrebbe vedere anche dove vive la povera gente no?
Ghignò a quel pensiero così comune tra le persone, tanto radicato quanto astratto.
In realtà il mago voleva solo intimorirla, voleva che lei fosse costretta ad affidarsi a lui, eppure non sembrava ottenere l’effetto desiderato.
Principalmente il problema doveva essere la cocciutaggine della principessa, lo aveva etichettato e da lì non si smuoveva.
In un certo senso era naturale, anzi, lui aveva anche cercato di insinuare in lei quei pensieri negativi che lo potessero descrivere, ma voleva provocarle timore, non quello…sdegno?
Stupida principessina.
Gli occhi taglienti di Judar si oscurarono, mentre sul suo volto comparve un ghigno crudele.
Le avrebbe mostrato chi comandava.
In quei cunicoli stretti la luce era poca, nonostante fosse pomeriggio. Era perfetto.
Lei cercava in tutti i modi di ignorarlo? Bene, l’avrebbe fatta pentire.
La ragazza intanto si chiedeva quali idee avesse quel ragazzo. Le strade erano deserte, e questo la inquietava; a terra si trovavano spesso panni stesi davanti alle soglie a mo’ di tappeto, lungo le pareti ruvide vi era della legna accatastata e negli angoli più reconditi erano impilate casse vuote,  probabilmente appartenenti a qualche mercanzia destinata a ben altri luoghi.
Lì di certo non ci viveva la gente per bene, e forse per questo nessuno si faceva vedere in giro.
Dopo qualche valutazione decise che sarebbe stato meglio avvicinarsi un po’ al suo accompagnatore, ma quando guardò avanti per poterlo raggiungere non lo vide.
Sbatté le palpebre incerta. Nonostante il vicolo fosse troppo stretto perché Judar fosse rimasto indietro si voltò comunque a controllare. Nessuno.
Mosse qualche passo: “Judar?” Provò a chiamare con voce flebile.
Avanzò ancora un poco.
“Non scherzare…” Mormorò, ma non ottenne risposta, attorno a lei regnava il silenzio più assoluto.
L’aveva davvero lasciata da sola?
Sbuffò seccata per nascondere la paura. Che irresponsabile.
Fece un altro passo, ma il suo pessimo senso d’orientamento non l’avrebbe aiutata a tornare fuori.
Si guardò attorno nella speranza di vedere qualcuno, ma era tutto inutile.
Improvvisamente sentì uno strano rumore, come di vetri rotti, e un rantolo di chi era appena stato ferito.
Le si gelò il sangue nelle vene. Rimase immobile alcuni istanti per poi scattare: “Judar?!” Chiamò ancora con voce terrorizzata.
Aveva ancora gli occhi velati dal panico quando una debole risata la raggiunse. Puntò subito lo sguardo verso l’alto per poter notare il Magi svolazzare sopra di lei.
Quando Judar notò che la ragazza si era resa conto di quel suo scherzetto scoppiò.
Si sentiva soddisfatto, gli era piaciuto quel puro terrore dipinto sul giovane volto di lei, e continuò a ridere anche quando si riadagiò a terra, davanti ad una Rayenne che invece sembrava più irritata che mai.
“Che ti è saltato in mente?!” Gridò lei, senza però riuscire a interrompere quel fastidioso riso.
“Che c’è piccina?” Cantilenò lui soffocando appena le risate “Hai paura tutta da sola?”
Rayenne strinse i pugni lungo i fianchi come una bambina arrabbiata.
Sì, aveva avuto paura, ma non lo avrebbe mai ammesso difronte a lui.
In tutta risposta si voltò, e iniziò a camminare nella direzione opposta.
Il sacerdote la guardò perplesso: “Che stai combinando?”
Lei continuò ad avanzare.
“Fermati. Vieni qui.” Le ordinò lui senza ottenere risposta. Se si aspettava che la seguisse si sbagliava di grosso.
Ormai la distanza tra i due era abbastanza grande da nascondere in parte la figura di Rayenne tra le ombre delle pareti.
“E va bene… fa come vuoi! Voglio proprio vedere come te la caverai!”  Le urlò dietro il ragazzo mentre la principessa spariva tra le case.
Il Magi sbuffò e si sedette su una cassa aspettando che lei tornasse indietro.
Era più che sicuro che, dopo lo spavento di prima, quella ragazza non avrebbe resistito senza di lui.
Incrociò le gambe e puntò il gomito sul ginocchio.
Perché lo avevano cacciato in una situazione del genere non lo aveva capito.
Che poi, quella mocciosa era dalla parte di Sinbad. Quello Stupido di un Re.
L’unico motivo per cui Judar ora, in qualche modo, sopportava l’idea di quel suo nuovo ruolo da bambinaia era perché, sperava, che quella principessa gli fruttasse qualcosa di buono.
Ci aveva ben pensato alle parole di Kouen, e aveva deciso che, non appena la ragazza avesse preso un po’ di coscienza (ma non troppa), l’avrebbe manovrata a suo vantaggio.
A dire il vero si era già preparato un bel discorsetto convincente, per quanto riguardava la presunta falsità dell’affetto del re di Sindria per lei, e sapeva che l’avrebbe urtata abbastanza da far crollare le sue certezze (anche se in apparenza non lo avrebbe mai ammesso). Ma prima preferiva aspettare quello che le avrebbe detto Kouen.
Pensò che, se fosse riuscito a tirare la principessa dalla sua parte, sarebbe stato un bel divertimento vedere la reazione di Sinbad e ridacchiò all’idea.
Guardò la via lungo la quale era sparita quella ragazza.
Era ormai da un po’ di tempo che non si vedeva, doveva preoccuparsi?
Di certo non era riuscita ad uscire da sola, a prescindere.
“Sarà meglio cercarla… che seccatura…” Borbottò tra sé e sé mentre riappoggiava i piedi a terra.
Si avviò con fare annoiato.
Voleva tornare a casa. Voleva arrivare nella sua stanza, stendersi un po’ sul letto, far dannare qualche servitore con i suoi capricci e starsene comodo e beato.
Vagava tra le viuzze chiamando il nome di Rayenne di tanto in tanto. Avrebbe dovuto impegnarsi di più ma davvero non ne aveva voglia, era solo irritato da quello stupido comportamento che gli faceva perder tempo.
Sbuffò appoggiandosi con la spalla alla parete, seccato.
Era immerso nel silenzio quando, improvvisamente, un urlo di terrore si propagò nell’aria.
Il Magi scattò in posizione ritta. Era la voce di Rayenne, non c’era dubbio.
Digrignò i denti lasciandosi sfuggire un “dannazione” e più veloce che poté volò verso il punto d’origine del suono.
“Rayenne?!” La chiamò piombando rapidamente a terra.
Non appena toccò il suolo, sentì immediatamente una pressione contro la sua schiena. Voltandosi notò due occhioni viola impauriti, che lo guardavano quasi supplicanti, mentre la ragazza stringeva da dietro le sue forti braccia, nell’atto di proteggersi con il suo corpo.
Al Magi sfuggì un sorriso compiaciuto a quella visione: “Che succede?”
“Mandala via, ti prego.”
“Eh? Di che diavolo parli?”
Il braccio della giovane si allungò, e l’indice andò a puntare il suolo.
A pochi metri dai piedi di Judar, una grossa locusta se ne stava beata e tranquilla in mezzo alla strada. Il Magi per un attimo sperò di aver capito male, ma i tentennamenti della principessa gli fecero capire che non era così.
“Stai scherzando spero.”
“No che non scherzo! E non ridere! Mi fa impressione!”
“Tanto da urlare?” Il giovane inarcò un sopracciglio.
“Mi è saltata davanti all’improvviso.”
Il ragazzo non si impegnò a trattenere le risate: “E io che pensavo che tu fossi una combattente!”
“Lo sono! Più o meno… ma… ma quella cosa mi fa schifo! Non mi fanno paura gli insetti… ma quella sì! Ti prego! Falla spostare!”
Judar si avvolse il ventre con le braccia, nel tentativo di calmarsi.
La ragazza, nonostante il fastidio, si limitò ad arrossire e a colpirgli piano la schiena per intimarlo a procedere. Lo capiva benissimo anche lei che quelle risate erano ben giustificate.
“Ma non ucciderla eh…” Si permise di precisare con un filo di voce.
“Cara la mia principessa…” Iniziò il Magi scemando le risate “Finalmente mi parli.”
Se ne sarebbe ricordato: le cavallette, nel caso, sarebbero state un’arma ideale.
La giovane sbatté le palpebre più volte non ancora pronta a collegare il tutto: “Come?”
Un sorrisetto malizioso si tracciò sul volto del mago.
“Non perdiamo tempo.” Asserì lui, e senza troppi complimenti né buone maniere, afferrò la vita della ragazza, portandosela in spalla, come fosse una merce, e si alzò in volo.
Lei non ebbe nemmeno il tempo di ribattere. Per parecchi secondi fissò il terreno con gli occhi sgranati non ben cosciente del gesto del suo accompagnatore.
“Cos… mettimi giù!” Cercò di ribellarsi, ma il sorriso perfido del ragazzo la fece tacere.
“Ne sei sicura? Vuoi che ti molli da quest’altezza?” Le chiese lui, e lei, ovviamente, si limitò a tacere.
Ritornarono a terra solo dopo aver lasciato alle spalle quel labirinto di strade.
Rayenne sospirò. Non sapeva bene cosa pensare, ma sul volto di Judar era dipinta la soddisfazione. Lo scrutò camminandogli accanto, questa volta era il Magi che rimaneva avvolto nel silenzio.
“Cos’hai?” Chiese infine la ragazza, timidamente.
“Uhm?” Gli occhi color sangue del ragazzo la guardarono “Niente, pensavo.” Tagliò corto.
Questa volta la principessa si preoccupò di starsene ben vicino al giovane, per evitare scene come quella di prima.
Tutto sommato, doveva ammettere che in fondo non gli dispiaceva poi troppo la compagnia di Judar, anche se non riusciva ad ingoiare come l’aveva trattata all’inizio.
Forse, più che vero e proprio gradimento di quella compagnia era un fascino proibito che non poteva negare. Il nero, l’oscuro, il deviato, l’avevano sempre attratta, e Judar le sembrava esattamente l’incarnazione di tutto ciò, l’incarnazione del peccato. Il suo stesso aspetto richiamava il mistero e il vietato.
Eppure, in quella persona, nonostante si vedesse a distanza quanto fosse avvolta nella corruzione, erano distinguibili i suoi tratti umani, certe volte anche infantili.
Le aveva mostrato, un giorno, la sua magia, dal suo punto di vista senza un motivo preciso, e le era davvero piaciuto.
Sospirò piano; Rayenne era sempre stata molto brava a cacciarsi nei guai, ed era sicura che quei pensieri non l’avrebbero portata altrove. Il problema è che, davanti a quel Magi, forse neanche Sinbad avrebbe potuto salvarla.
“Che hai?” Ora fu il ragazzo a riscuoterla.
“Come?”
“Mi stai fissando.” Le fece notare inarcando un sopracciglio.
“Ah…” la ragazza non poté fare a meno di arrossire “Stavo cercando di capire cosa pensavi! Tutto qui!”
Judar si fermò per un attimo: “Vuoi sapere cosa penso?”
La principessa annuì timidamente.
Il Magi ghignò: “Prova a indovinarlo.” E la superò, avanzando.
“Cos…ehi! Aspetta!”
“Sbrigati, Kouen vuole vederti.”
La ragazza sbatté le palpebre: “Kouen?”
“Sì, Kouen Ren. Il primo principe imperiale.”
All’improvviso la giovane si sentì stranamente eccitata: “Davvero? Vuole vedermi?”
“Esattamente.” Affermò l’Oracolo con non curanza “Appena dopo cena.”
E così fu.
Quella sera, Judar tenne Rayenne nelle sue stanze, e cenarono insieme, o per meglio dire… lui cenò comodamente sistemato, mentre lei si tenne in un angolo della stanza.
Nonostante questo, Judar riuscì ad interloquire con la ragazza, sebbene non con troppo entusiasmo. Riuscì a farsi cedere anche il pezzo di carne di lei (non che la principessa potesse ribattere troppo), e Rayenne capì quanto lui odiasse le verdure.
Una volta finito, finalmente, Judar la accompagnò davanti a quel grande portone, che celava il Primo Principe dell’impero.
Kouha glielo aveva nominato spesso, e lei si era sentita curiosa, quasi impaziente.
Il Magi entrò senza troppi complimenti (di certo non rispettava troppo la gerarchia),  invece la principessa entrò quasi in punta di piedi, come per paura di cosa avrebbe trovato.
A dire il vero si aspettava una specie di tiranno, invece quello che vide la incantò.
Il giovane principe, seduto dietro un tavolo, se ne stava pacifico a srotolare una grossa pergamena. Quando i due entrarono alzò gli occhi, e Rayenne si sentì immobilizzata.
Aveva un aspetto molto gradevole ai suoi occhi. Era giovane e bello, ma allo stesso tempo possente; i suoi occhi e la sua espressione sembravano severi, ma al contempo fermi, trasmettendo una certa sicurezza.
Esattamente una figura di sovrano, di imperatore.
Rayenne si chinò a lui quasi istintivamente, ricordandosi del saluto che Kouha le aveva mostrato, e a quello, il nobile, accennò ad un sorriso.
C’era una certa regalità che insinuava un dovuto rispetto, similmente a Sinbad, ma allo stesso tempo in un modo ben differente, e questo la faceva sentire strana.
Judar, intanto, se ne stava in silenzio, concentrato sulla reazione della ragazza. Aveva notato una sorta di sottomissione improvvisa, e questo lo aveva percepito come una minaccia.
Dal canto suo, Kouen non sembrava serbare particolari attenzioni differenti da quelle che il ragazzo si aspettava.
“Te l’ho portata.” Affermò infine Judar sorridendo quasi entusiasta.
“Vedo. Puoi andare Judar.” Gli rispose con tono pacato e autoritario il principe.
A quelle parole, sia gli occhi di Rayenne che quelli dell’Oracolo si sgranarono.
“Cosa?!” Si inviperì quest’ultimo “Non puoi mandarmi via! Devo sentire anche io!”
“Non ne vedo il motivo.” Continuò il nobile con aria tranquilla.
I pugni del mago si strinsero: “Che vai dicendo?! Se tu…!”
“Judar.” Lo bloccò duro il principe “Non ti interesserebbe.”
Le palpebre coprirono più volte gli occhi cremisi del Magi: dunque quella discussione sarebbe stata solo una perdita di tempo? Non aveva intenzione di procedere con quella questione? Ora che era riuscito ad avvicinare quella ragazza, quel mezzo.
Imprecò e si voltò rapido, precipitandosi alla porta. “Stupido principe.” Mormorò mentre usciva.
Se Kouen aveva tempo per giocare, lui non voleva assecondarlo. Avrebbe fatto a modo suo.
Camminò per i corridoi, in ricerca.
Sapeva perfettamente che passo doveva fare, e lo avrebbe fatto subito, in quel preciso istante. Solo non voleva farlo da solo, possibilmente.
“Hakuryuu!” Chiamò non appena vide la giovane figura illuminata da una fiamma.
Non vi fu risposta, semplicemente il viso sfregiato del principe si alzò in sua direzione.
“Vieni con me.” Gli ordinò il Magi Decaduto, avvicinandosi.
“Ho da fare.” Tagliò corto il più piccolo.
“Andiamo, Hakuryuu! Voglio vedere un posto, e voglio che anche tu lo veda.”
Ci fu un lungo silenzio, in cui gli sguardi dei due ragazzi si incontrarono; uno sguardo di attesa, e l’altronde totale chiusura e sfiducia.
Eppure qualcosa si era animato.
Il quarto principe, sebbene non avesse la benché minima intenzione di seguire il sacerdote lo interrogò incuriosito: “Perché mai?”
“Te lo dirò lì.” Rispose repentino Judar.
“ E che posto sarebbe?”
Sulle labbra del Magi Nero si dipinse uno dei suoi sorrisi crudeli e sadici: “Pare si chiami… anzi, si chiamasse… Al ‘ayn”.

Buonasera :)
Sono in ritardo di tre giorni, lo so, e mi dispiace. Purtroppo ho avuto problemi di salute e non sono riuscita a pubblicare, spero che mi perdoniate e che questo capitolo possa piacervi.
Grazie infinite :)

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Capitolo 6
*** Last melody ***


Last melody


Intorno a loro non c’erano altro che macerie.
Gli occhi di Hakuryuu perlustrarono attenti e malinconici la zona, mentre la principessa Kougyoku, poco più indietro, si stringeva nelle spalle, coprendosi con le maniche la maggior parte del viso, lasciando intravedere solo gli occhioni inquieti.
Invece Judar se ne stava con un piede appoggiato ad un masso, che un tempo doveva essere stato una base di colonna, come un dominatore.
Il suo volto era annoiato e infastidito, probabilmente sotto sotto era semplicemente sconsolato.
“Qui non è rimasto niente di niente…” brontolò sotto voce.
“Non pensavo che ci fossero anche posti simili a Kou…” Borbottò l’ottava principessa attutita dal tessuto del suo abito.
Ad essere sincero il Magi non aveva avuto davvero intenzione di portare anche lei, ma gli era risultato utile per convincere il giovane principe.
“Questo non è un posto.” Asserì debolmente quest’ultimo.
“Hai ragione, qui c’è rimasto solo il nome.” Affermò Judar sollevandosi un po’ da terra.
Al ‘ayn…che strano nome…” osservò Hakuryuu, guardando il giovane oracolo fluttuare “Soprattutto per essere sotto il dominio del nostro impero…”
“Sei sicuro che davvero sia nato sotto il dominio di Kou?” Lo incalzò il più grande.
Il giovane nobile tacque.  Effettivamente era quasi impossibile che quella città fosse stata una provincia originaria di Kou, ma se era una conquista, si chiese come mai fosse stata rasa al suolo.
“Diamo un’occhiata attorno…” la voce del Magi si assottigliò “…anche se dubito troveremo qualcosa in questo bel nulla…”
Il ragazzo si chinò a raccogliere un ciottolo bianco, forse una volta componente di una qualche struttura, e lo lanciò più lontano che poté.
“Judar-chan…sei arrabbiato?” Borbottò timidamente Kougyoku, avvicinandosi al giovane che si era appena riadagiato al suolo.
“Mh?”
“Questo è il luogo dov’è nata la principessa Rayenne, volevi aiutarla, Judar-chan?”
A quelle parole l’interessato scoppiò in una fragorosa risata. Si dovette anche leggermente piegare per contenersi.
Le idee di quella Vecchia riuscivano a raggiungere tali livelli di ingenuità che davvero non credeva esistessero.
“No…no…” Riuscì a dire infine “Non è per lei che siamo qui.”
E con questo, lasciò dietro di sé la perplessa principessa, mentre avanzò tra le macerie.
“Che razza di esercito era…” Disse tra sé e sé “… hanno fatto proprio tavola rasa…dovevano essere dei Conquistatori di dungeon per lo meno…” E così dicendo si fermò.
Aveva perso i due principi senza nemmeno rendersene conto.
Guardò il paesaggio desolato e qualcosa lo smosse.
Doveva esser stato davvero uno spettacolo, tutto quel potere che si abbatteva su quella città.
Riprese ad avanzare, guardandosi attorno poco coinvolto, fino a quando non fu riacceso il suo interesse.
Su un’altura ancora delle mura bianche mal ridotte si stagliavano verso il cielo.
“Il palazzo reale…” Mormorò riaccendendo un sorriso, e senza troppi pensieri si inoltrò verso l’edificio.
“Judar-chan!” Lo chiamò la principessa ansimante, mentre cercava di raggiungerlo, ma lui non si fermò.
Le stanze erano a cielo aperto, spoglie, e solo quelle più interne conservavano almeno tre delle loro pareti.
In alcuni punti erano ben visibili segni nerastri di incendio, mentre altri parevano sfondati.
“Datemi una mano.” Ordinò Judar agli altri due che erano appena entrati nel perimetro, incurante di essere ascoltato o meno.
Il Magi superò il salone d’entrata avventurandosi nel cuore di quello che era stato il centro del potere di quel luogo, nella speranza di trovarci ancora qualcosa che non fossero schegge e detriti.
E in effetti, avanzando, si accorse che tutto ciò che il palazzo conteneva era ancora presente, persino la sala del trono conservava le regalità (seppur malmesse) che si addicevano ad un re.
Eppure, in tutto quello che era stato un lusso, non vi era nulla che potesse risultare utile alla ricerca del Sacerdote.
Entrò in un’altra stanza, sembrava che desse sul giardino, e ciò che lo colpì furono gli oggetti, sparpagliati a terra.
Sembravano dei piccoli animaletti, scolpiti nell’avorio. Il loro chiarore scintillava sotto i tenui raggi della luna.
Erano disposti in maniera disordinata, tranne due di essi, due piccoli felini che erano posti l’uno davanti all’altro, con i musetti che si sfioravano.
Accanto a quel gruppetto, era abbandonato a terra uno strumento a corda di medie dimensioni.
“Sembra ci fossero bambini…” Sentì la voce di Hakuryuu dietro di sé.
“Bambini?” Chiese il Magi voltandosi.
“Non lo vedi? Qualcuno stava giocando.”
Anche Kougyoku si aggiunse, nell’osservare l’ambiente.
L’atmosfera si riempì di silenzio. Il pensiero di quello che doveva essere stato quel posto, prima che venisse distrutto, fece scendere la malinconia sui due principi, mentre Judar era concentrato su altro.
Com’era possibile che il palazzo si fosse mantenuto in tale stato, per quanto mal ridotto, decisamente migliore rispetto al resto della città?
Che fosse stato l’aiuto di Sindria? In fondo era zona di confine.
Fece una smorfia osservando ancora i piccoli oggetti.
In qualche modo la sua mente immaginava chiaramente una piccola bambina intenta a muovere quelle statuette, con le labbra sorridenti mentre canticchiava.
Istintivamente calciò via le due figurine al centro, causando la rottura della coda di una.
“Cosa fai Judar-chan?!” Esclamò la principessa, venendo puntualmente ignorata.
“Qui non c’è nulla di nulla.” Commentò il Magi “Torniamocene a casa.”
Hakuryuu non se lo fece ripetere due volte, mentre la ragazza sembrava essere rimasta ancora avvolta dalla tristezza.
Judar osservò i due uscire, e fece per seguirli, prima che qualcosa lo richiamò a voltarsi.
Diede un ultimo sguardo allo strumento. Era una lira.
Senza sapere davvero il perché (probabilmente gli piaceva e basta) la raccolse, portandola con sé.
Quando arrivarono raccomandò di non dire nulla a Kouen, non per un motivo deciso, ma semplicemente perché in fondo il Sacerdote era un bambino dispettoso.
Aveva pensato di fare delle ricerche nella biblioteca del palazzo di Kou, ma di certo non sarebbe stato lui a farle.
Quella stessa notte ordinò che si trovasse tutto quello che si poteva su Al ‘ayn, senza però illudersi troppo per quanto riguardava il suo interesse.
Si ritirò nelle sue stanze, e una volta solo, decise di osservare il giocattolino musicale che aveva trovato.
Se lo rigirò tra le mani, e nonostante la sua inesperienza gli parve un’opera di alta qualità. Ne pizzicò le corde ed ascoltò il suono che si produsse.
Gli piaceva.
Però di certo lui non poteva saper suonare una lira, si chiese se qualcuno all’interno del palazzo ne fosse in grado, e se no qualcuno avrebbe imparato.
Si lasciò cadere nel suo giaciglio, alzando lo strumento musicale sopra il suo viso.
A dirla tutta era davvero deluso, non aveva trovato nulla di utile. Davvero Sindria non aveva lasciato alcun indizio?
Ad un certo punto uno scricchiolio gli fece voltare lo sguardo.
Sulla soglia se ne stava Rayenne, con le mani dietro la schiena, che lo fissava: “Posso entrate?”
“Eh? Che ci fai qui?” Le chiese il Magi mettendo da parte lo strumento e alzandosi sui gomiti “Chi ti ha dato il permesso di uscire dalla tua stanza?”
“Ero a fare una passeggiata con il principe Kouha.” Rispose naturalmente la ragazza.
“A quest’ora?” Sbuffò innervosito l’altro “ E che sei venuta a fare qui?”
“Prima ho parlato con Kouen…” Mormorò la principessa muovendo qualche passo nella stanza.
“Lo so, lo so.”
“Ecco… io… vorrei sapere qualcosa su di lui. È stato molto riservato… e…mi ha incuriosita.” Disse lei, mirando dritta al punto.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio corvino: “Cosa?”
L’aveva disturbato per una tale scemenza? Per di più imprecisa? E soprattutto, senza troppi complimenti?
“Beh…io…umh…” Rayenne si torturò i piedi, imbarazzata, mentre si stringeva nelle spalle.
Il Magi scoppiò a ridere: “Non ci credo! Sei squallida!”
“Ehi!” Cercò di farsi valere lei, senza però risultati.
“Non contare su di me, eri con Kouha no? Chiedi a lui, o a Kougyoku, lei prova una certa venerazione per Kouen.” Borbottò lasciandosi cadere di nuovo tra i cuscini e allargando le braccia.
“Sei proprio inutile…” Sbuffò la giovane, nel vano tentativo di non farsi sentire.
A quelle parole le tempie di Judar pulsarono, e una stretta gli pervase il petto. Si alzò di scatto, come se lo avessero spinto.
La miccia della rabbia di quella persona era davvero facile da accendere, e gli occhi già di color sanguigno, bruciati dalla rabbia e illuminati dalle lanterne sembravano usciti dall’inferno.
“Senti…” Sibilò Judar avvicinandosi a lei. La verità era che quella ragazza lo irritava più di chiunque altro, bastava una sua parola che lo mandava su tutte le furie.
Perché pareva che volesse calpestarlo come un insetto, almeno nella mente di lui.
Ma lei, invece, nel vederlo avvicinarsi con quell’aspetto, si preoccupò di prendere subito precauzioni: “Aspetta! Aspetta! Non arrabbiarti Judar-sama…”
“Allora sparisci subito da questa stanza!”
“Ma…Kouen mi ha detto…”
“Non mi interessa quello che ti ha detto quell’idiota! Via, smorfiosa!”
La ragazza mosse qualche passo indietro, intimorita, ma prima di uscire portò le mani avanti, rivelando un canestro di pesche nascoste dietro la schiena.
“Eh?” Judar le guardò, cercando di mantenere sufficienza.
“Questo me lo ha detto Kouha” Mormorò lei, lanciando uno sguardo ai frutti “Li ho portati per scusarmi del disturbo, so che ti piacciono”.
 Quel ragazzo era la persona che, su ordine del primo principe, doveva seguire, era il suo riferimento, e lei si sentiva costretta a tenerselo buono.
“Che ti prende sta sera?” Chiese diffidante il Sacerdote, tornandosene al suo posto.
La ragazza non rispose, si limitò ad avanzare e a posare il cesto accanto al Magi.
Fondamentalmente, si vergognava di rivelare il vero motivo.
Aveva tenuto sveglio il terzo principe fino ad allora solo perché aveva paura. Sì, aveva paura nel rimanere sola, nelle notti precedenti aveva fatto fatica a chiudere occhio.
Quando il corvino la guardò, lei semplicemente sorrise.
Si inginocchiò verso di lui, per invitarlo a mangiare, ma nel farlo qualcosa la immobilizzò.
Gli occhi viola si sgranarono, diventando vitrei, con lo sguardo immobile fisso su un punto.
Judar non se ne accorse subito, intento com’era a portarsi alle labbra il dolce frutto, ma quando si ricordò della lira che teneva accanto a sé, si volse curioso verso di lei.
“Quella… è la lira di Jasem.”
A parte le labbra che si muovevano nel dire quella frase, tutto il corpo di Rayenne sembrava pietrificato, sembrava quasi che anche il suo cuore avesse smesso di battere.
Ci fu un attimo di silenzio.
Lei allungò la mano, e con delicatezza sfiorò le corde dello strumento, e da lì fu un attimo.
La figura della giovane si ripiegò su sé stessa, rannicchiandosi a riccio mentre le mani strinsero con forza il capo e dalle labbra uscì un urlo lacerante.
E non fu il solo.
Lo ucciderò!
Continuò a gridare, come se fosse avvolta da un dolore di fiamme, mentre i suoi occhi umidi rimanevano sgranati verso l’oggetto.
Judar balzò in piedi, quasi inorridito dalla visione grottesca in cui si era trasformata la principessa, e per un attimo persino lui si dimenticò di esistere. Ma poi, convincendosi che quelle grida fossero semplicemente fastidiose, si avventò su di lei, tirandola per le spalle in posizione eretta, e senza lasciar percepire la reazione di lei la spinse contro il muro, bloccandole le spalle con un braccio e premendole con l’altra mano la bocca per impedirle di gridare.
L’unica risposta da parte della giovane fu la chiusura degli occhi, serrandoli.
Non si dimenò.
Rimasero così per lunghi istanti, con lui che quasi la soffocava e lei che invece pareva volesse dormire.
Quando le iridi viola riapparvero ancora lucide, sembravano perse. Rayenne guardò Judar spaesata, mentre lui lasciò in silenzio la presa, guardandola.
“Mi hai risposto, Judar-sama? Perché io non stavo ascoltando…”
“Risposto a cosa?” Chiese Judar confuso e un tantino alterato.
“Alla mia domanda sul principe Kouen…” Disse lei, avanzando verso la lira.
“Ti ho detto che non ho nulla da dirti!” Tuonò lui raggiungendola a passo svelto.
La giovane lo ignorò, chinandosi a raccogliere lo strumento: “Che bella...”
Il Magi stava seriamente per afferrarla e gettarla fuori, ma la reazione della ragazza glielo impedì.
Rigirava l’oggetto tra le mani, come se lo avesse notato solo in quel momento.
Lui non proferì parola, la osservò e basta.
“Mio fratello ne aveva una uguale sai?” Gli occhi violacei guardarono quelli cremisi “Ti piace la sua musica?”
“Tu sei malata.” Ringhiò a denti stretti il ragazzo, ottenendo solo un broncio da bambina da parte di lei.
Senza rispondergli, le dita affusolate della ragazza accarezzarono le corde della lira, producendo un dolce suono, e poi, con una certa ritmicità iniziarono a pizzicarle.
La musica che produceva era molto piacevole, sebbene non perfetta, ma a Judar, che non era abituato a quel genere di suoni, bastava.
“Jasem la suonava molto meglio…”
“Non ci vuole molto.” La incalzò il Magi voltandole le spalle e dirigendosi verso la porta.
“Dove vai?” Gli chiese la principessa.
“Da Kouen.”
E con questo, il corvino uscì, ignorando il fatto di dover svegliare il principe.
Dal canto suo, quest’ultimo, riuscì a nascondere abbastanza decentemente la stanchezza e il fastidio che gli aveva provocato il Sommo Sacerdote in così tarda ora; se ne stette seduto, con addosso una vestaglia di seta chiara, mentre guardava i grandi occhi del ragazzo più giovane, nella speranza che lo lasciasse in pace il prima possibile.
“Ti devo parlare.” Iniziò allora l’Oracolo.
“Prego, siamo qui per questo…” Gli rispose la nobile voce del giovane rosso, sebbene tradisse una nota di sonno.
Judar esitò per un momento, quasi per dare importanza alle sue parole, poi annunciò: “Quella è pazza.”
“Quella?”
“La principessina di Sindria. È pazza, fuori maniera.”
Kouen avrebbe avuto da dire riguardo alla condizione del soggetto che stava parlando, ma lo lasciò continuare.
“Qualche minuto fa se n’è venuta in camera mia…”
“Le ho detto io di fare riferimento a te…”
“Ho capito! Ma non è questo! O non solo… insomma! Ad un certo punto ha iniziato a gridare come una dannata! Lo ucciderò, lo ucciderò!” Le braccia di Judar si agitavano rapidamente, per enfatizzare il suo discorso “Insomma… Kouen, quella è una povera isterica, non ci servirà a nulla, è solo un peso, mandala via.”
Gli occhi taglienti di Kouen scrutarono un punto definito per qualche attimo, in silenzio… e poi finalmente parlò: “Che le hai fatto Judar?”
L’interessato lo guardò basito. Se avesse potuto avrebbe sbattuto la testa su una qualunque superficie abbastanza dura da causargli la perdita della memoria: “Cosa diavolo dici?! Nulla! Non ho fatto nulla!”
“Quindi è impazzita semplicemente guardandoti…” Lo incalzò il principe.
A quelle parole Judar tacque per mezzo minuto, poi sospirò e poi digrignò i denti, pestando il piede a terra come un bambino arrabbiato.
“E va bene… Sono andato con Hakuryuu e la Vecchia a dare un occhiata ad Al ‘ayn…” Le iridi cremisi roteavano in giro per la stanza, mentre le mani si muovevano, invitando a sorvolare sul fatto “… e non avendo trovato nulla di interessante mi sono comunque portato a casa un regalino. In una stanza del palazzo c’era una lira ancora in buone condizioni, e pare fosse la lira di suo fratello…e…”
“E allora di cosa ti stupisci…” Sbadigliò il primo principe.
Il Magi strinse i pugni. La sete di conoscenza di Kouen lo aveva portato a considerare naturali molte cose che per il giovane mago invece non lo erano affatto, o forse non voleva che lo fossero. Sta di fatto che il nobile si dimostrava superiore.
“Non è pazza… semplicemente esorcizza il suo passato. Tu dovresti capirlo.” Concluse Kouen, invitando l’intruso ad uscire dalla stanza con un gesto della mano.
Judar si impuntò: “Mi disturba, non la sopporto.”
“Se vuoi trovare quell’oggetto devi fartela piacere, non ti serve a nulla controllare la sua città, credi che Kou non l’abbia fatto?”
A quelle parole il mago avrebbe tanto voluto ricordargli che lui era un Magi, e sicuramente una sua perlustrazione non poteva essere ritenuta alla pari di quella di chiunque altro, ma, ricordandosi che in realtà non ne aveva cavato un ragno dal buco, tacque.
“Quello su cui ti devi concentrare, Judar, è su chi ha attaccato il paese…prima di tutto. E poi… tu lo sai.”
Un ghigno malevolo si propagò sulle labbra del ragazzo dalla lunga treccia: “Il mio caro Re Idiota.”
Kouen non commentò, osservando semplicemente Judar voltarsi e raggiungere l’uscita. Solo quando fu sulla soglia lo fermò: “Judar, come mai hai portato con te anche Kougyoku?”
Il Sacerdote lo guardò con la coda dell’occhio, senza voltare il corpo, sorridendo: “Tua sorella è forte Kouen.”
E così dicendo, se ne tornò nelle sue stanze.
Quando vi rientrò, immediatamente i suoi nervi ebbero un duro colpo; “Che ci fai ancora qui?!” Gridò nel vedere la figura di Rayenne rannicchiata tra i cuscini del suo letto, ma ella non si mosse.
Avvicinandosi Judar notò che il suo respiro era lento, e avanzando ancora si accorse che semplicemente dormiva.
Raccolse una pesca del cesto accanto a lei, e la morse osservando la ragazza.
Ora che ci pensava, quegli animaletti artificiali avrebbero potuto benissimo essere suoi. Chissà perché non ci aveva pensato prima.
Si chinò su di lei e la sua treccia andò a sfiorarle la guancia.
Quella ragazza davvero non aveva nulla di che, eppure gli serviva. Sembrava quasi ironico.
Ci girò attorno, per portarsi in direzione del suo viso, e nel farlo notò che stringeva al petto quella lira, come se fosse un’altra persona, un bambino da proteggere.
Si sedette a gambe incrociate davanti alla ragazza.
Facendo le somme, lui aveva perso più di lei. Quell’oggetto che stringeva, e quei giocattoli che erano rimasti prigionieri tra le poche mura di quello che era stato il palazzo in cui viveva, erano comunque delle prove, delle prove che qualcuno, un tempo, l’aveva generata, protetta e amata.
A lui invece non era stato concesso nemmeno il ricordo più remoto.
Ghignò maligno: in fondo era meglio così. Proprio quei ricordi facevano di lei quella squallida ragazzina isterica che si era dimostrata, mentre lui, era rimasto il grande Magi, e lui avrebbe vinto sul mondo, distruggendolo.
Si alzò nuovamente prendendo in braccio Rayenne in malo modo, senza preoccuparsi del rischio di svegliarla. La sua intenzione era quella di aprire la porta e gettarla fuori senza curarsene, ma quando l’ebbe tra le braccia a suo malgrado cambiò idea.
Camminò semplicemente verso un angolo della stanza, e lì la lasciò. Non ne capì il motivo. Forse semplicemente, nonostante tutto, per quanto continuasse a lamentarsi di lei, aveva in tutti i modi cercato di attirare la sua attenzione, e ora ci era riuscito. Lei era andata appositamente da lui.
E l’avrebbe tenuta con sé, l’avrebbe usata.
Sorrise, e con un gesto che non gli apparteneva, se non fosse stato per quel ghigno, le sistemò una ciocca dietro l’orecchio.
Sì, l’avrebbe sfruttata fino alla sua ultima goccia di vita,l’avrebbe ingannata e poi lasciata morire. Certo, principalmente, l’avrebbe utilizzata come chiave per raggiungere quel potere, ma ciò che gli interessava davvero era renderla sua schiava. Lo trovava un gioco divertente.
E non lo avrebbe mai ammesso, ma lui non sapeva davvero cosa volesse dire avere qualcuno al proprio fianco.





Eccomi qui con il nuovo capitolo. Questa volta ho fatto di tutto per essere puntuale, mi auguro sia gradito :)
L'immagine qui sopra è un disegno di Judar e Rayenne creato dalla mia illustratrice personale (sì, mi dispiace per lei ma ormai ha meritato il titolo) Mari-chan, una mia carissima amica davvero bravissima! Così avete anche modo di veder un po' com'è la piccola Rayenne.
E con questo vi lascio,
Grazie a tutti
;)

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Capitolo 7
*** I don't know ***


I don't know


“Ti decidi a rientrare? Che stai facendo là fuori?”
Judar si affacciò stizzito all’esterno, per vedere cosa mai stesse facendo la principessa Rayenne.
Lei era ancora lì, ferma, con le gambe strette al petto e il naso all’insù.
Indossava la veste che le aveva regalato Kougyoku, e questo doveva evidentemente proteggerla dall’aria fredda che quella sera aleggiava su Kou.
“Stai ancora guardando le stelle?” Chiese il ragazzo, con fare annoiato.
Lei mosse semplicemente il capo in segno di assenso.
Il Magi sospirò: “Vieni dentro.” Le ordinò, ma nel notare la sua disobbedienza decise di raggiungerla.
“A te non piacciono?” Chiese la ragazza all’improvviso, senza guardarlo.
“Cosa… le stelle?”
Rayenne annuì.
“Ah! Io non perdo tempo in queste cose!”
Le sopracciglia della ragazza si inarcarono lievemente: “Che peccato…”
Il suo sguardo non si allontanava dal cielo, e Judar era quasi tentato di chiederle cosa ci trovasse, e come faceva a non annoiarsi, ma quasi come se gli avesse letto nella mente la ragazza parlò: “Sai… mi chiedo se i miei genitori e mio fratello ora possono vedermi.”
“No.” Tagliò corto il Magi.
Non aveva voglia di discorsi melanconici come quello che si stava per aprire. Erano solo illusioni, e lui li odiava con tutta l’anima.
Le iridi violacei lo guardarono e la giovane inaspettatamente sorrise.
“Sarà vero, ma anche tu ora stai guardando il cielo.”
Gli occhi cremisi si allargarono leggermente, accorgendosi solo in quel momento di essere rivolti verso l’alto.
Che sciocchezze.
“Vieni dentro.” Le ordinò nuovamente, voltandosi repentino e tornando all’interno del palazzo.
Rayenne si limitò ad alzare le spalle sorridendo, e questa volta ubbidì.
Mentre il Magi se ne stava sdraiato con le mani incrociate dietro la nuca, lei si sedette nell’angolo più vicino alla finestra.
Il ragazzo la osservò con la coda dell’occhio. Era il momento di cogliere tutte le occasioni per attirarla a sé, e allontanarla da ciò che le aveva sempre dato sicurezza. Non c’era tempo da perdere. L’avrebbe usata e avrebbe trovato quello che cercava, e con ciò avrebbe avuto al suo fianco il giovane Hakuryuu.
“Anche i miei genitori sono stati uccisi.” Disse infine di punto in bianco.
La principessa si voltò verso di lui rapidamente, come allarmata, e lo guardò in silenzio, cercando di capire perché lo stesse dicendo ora.
“Ero appena nato quando è accaduto.” Continuò l’oracolo.
Sentì che Rayenne avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma sapeva che in quel contesto lei avrebbe trovato qualunque cosa inadeguata.
“Ma a differenza tua, io so perfettamente chi è stato e perché.”
“Sul serio?” Mormorò la giovane, strisciando più vicina al sacerdote.
Lui la guardò.
Non le avrebbe certo detto che era per colpa sua. Non le avrebbe certo detto che se lui non fosse nato i suoi genitori sarebbero stati ancora vivi e felici.
Lui era nato Magi, come altre tre persone a cui era stato assegnato lo stesso suo ruolo nel mondo.
Eppure Al-Thamen aveva scelto lui. La sfortuna aveva colpito soltanto lui.
Si era sempre tormentato chiedendosi il perché.
Non era altro che un bambino appena uscito dal ventre materno, ancora fragile e dipendente, cosa aveva fatto per meritarsi proprio lui quel destino?
Ma questi pensieri non li avrebbe mai detti a nessuno, mai.
Ma d’altro canto non avrebbe nemmeno detto a lei ciò che diceva a tutti, ossia che non gli interessava.
Non avrebbe mentito, e aveva bisogno che lei si sentisse in qualche modo vicina a lui.
Omise semplicemente le proprie considerazioni al riguardo.
“Rayenne, io posso aiutarti.”
Le palpebre della giovane sbatterono per un po’, per poi chiudersi in meditazione.
Judar continuò, determinato a convincerla: “Io so perché vi hanno attaccati, e posso aiutarti a capire chi è stato, e se lo vorrai ti aiuterò a vendicarti.” Si alzò in ginocchio, afferrando violentemente le spalle della principessa “Potrai vendicare i tuoi genitori, capisci? E tuo fratello!”
Si era impegnato a metterci più enfasi possibile, a mostrarsi coinvolto nella situazione anche se non lo era quasi affatto.
Ma Rayenne tentennò solo per un istante: “Io non ho mai pensato alla vendetta.”
Gli occhi sanguigni e quelli violetti si incontrarono.
Judar sapeva che non era vero.
Lei l’aveva pensata tante volte, la vendetta. Ma l’avevano sempre bloccata. Le avevano sempre detto che era un atto inutile e malvagio, e lei di buon cuore se ne era convinta.
Ma per quanto buoni si possa essere non lo si è mai completamente, il Magi lo sapeva.
Quest’ultimo si alzò in piedi di scatto e volò davanti alla porta della stanza: “Fammi indovinare, è stato quello Stupido re a convincerti non è vero?”
“Cosa dici?” Chiese debolmente la ragazza alzandosi in piedi e camminando lentamente verso di lui.
“Ti ha detto che è inutile pensare ad una simile azione vero? Ma intanto non ti ha mai detto cosa davvero è successo!”
Sul volto del ragazzo, illuminato dalle torce e dalla luce lunare, si dipinse un ghigno di sfida, mentre si sporgeva verso di lei.
A Rayenne parve davvero di rivedere quel serpente, che aveva scorto nel palazzo di Sindria, e come in quel caso si avvicinò.
“Te lo dirò io! E ti mostrerò il perché il caro Sinbad ti è così amico!” Una lieve risata maligna uscì dalle labbra del Magi, e come se si fosse alzato il vento le palpebre della principessa si serrarono, mentre lei cercava di allontanarsi da quelle parole.
Judar camminò con tutta calma, e si sedette sul suo giaciglio, guardando soddisfatto la ragazza che ora gli dava le spalle, pietrificata sul posto.
Era sicuro di aver toccato un tasto dolente, ed era pronto ad infierire quando si fosse voltata.
Ma non era pronto quando lei rapidamente si voltò e si inginocchiò davanti a lui, fissandolo.
Non lo fissava negli occhi, guardava più il suo corpo.
Ad un certo punto alzò la mano chiara, e con le dita andò ad accarezzargli appena un punto appena sotto il cuore, all’altezza dello stomaco.
Inspiegabilmente il corvino sentì un brivido a quel flebile e inspiegabile contatto.
Aprì la bocca per parlare e urlarle contro, ma non ci riuscì.
Richiuse le labbra mentre si sentiva preso da una sensazione che lo spaventava, che avrebbe voluto allontanare il più possibile.
Sentì il respiro diventargli affannoso, e non se ne capacitava.
Non riusciva a controllarsi e ciò lo faceva irritare.
Si sentiva debole, e non ne capiva il perché.
“Cosa stai facendo?” Chiese alla ragazza, ma si accorse che la sua voce era uscita sussurrata, e lei era troppo concentrata su qualcosa di non comprensibile per sentirlo.
“Cosa stai facendo?” Provò ancora. Con grande sollievo si accorse che sebbene non fosse il grido adirato che avrebbe voluto, la domanda era risultata piuttosto autoritaria.
La mano della principessa si allontanò dal corpo del Magi mentre lo sguardo si posò sul suo volto.
“Dimmi perché…perché sono tutti morti?”
Judar la guardò negli occhi, e quando incrociò la pupilla nera si sentì bloccato: “Te lo dirò domani, ora vattene a dormire.”
Le avrebbe parlato alla presenza di Kouen.  Non trovava un motivo preciso, forse semplicemente voleva evitare un’altra scena di pazzia.
La ragazza sospirò, ma sorrise. Si alzò e andò ad adagiarsi nell’angolo.
Lui la lasciò fare. Si distese e incrociò le mani in grembo chiudendo gli occhi.
Si rese conto di essersi comportato in maniera troppo strana, eppure non era dipeso da lui, ne era sicuro. Aveva quasi intenzione di andare dalla principessa e cacciarla in malo modo, solo per rimediare, ma poi si convinse che tutto era finalizzato al suo obbiettivo.
Riaprì un occhio, e come mosso dall’istinto andò a toccare il punto dove le dita di Rayenne lo avevano sfiorato, chiedendosi il motivo di quel gesto.
Lo premette leggermente, ma nel farlo allontanò velocemente le dita. Gli aveva fatto male.
Non un dolore acuto, simile ad un livido, ma era anormale.
Si alzò velocemente a sedere e si guardò il ventre. Non c’era nessun segno, era perfetto come sempre.
Provò a toccarlo di nuovo, questa volta premendo un po’ più forte e di nuovo fu punto dalla stessa sensazione.
“Cosa diavolo…?”
Si era forse ammalato? Forse avrebbe dovuto farsi visitare.
Eppure gli sembrava alquanto assurdo.
Decise di ignorare la cosa, nonostante nella sua testa ronzassero ancora dubbi, e si riadagiò per addormentarsi.
La mattina seguente il Magi si svegliò relativamente presto.
Aveva passato una notte abbastanza fastidiosa nonostante si fosse svegliato solo una volta per poi riaddormentarsi quasi subito.
Aveva avuto degli incubi che però ricordava solo con una certa dose di fantasia, e sinceramente non aveva nemmeno voglia di pensarci su.
“Svegliati…vammi a prendere la colazione.” Ordinò a Rayenne senza nemmeno voltarsi a guardarla.
Per lui era comunque una prigioniera, e aveva intenzione di sfruttarla il più possibile.
Comunque non ottenne risposta.
“Svegliati!” Gridò, ma non avendo ancora risultati si alzò adirato a sedere, per notare che la principessa non era nella stanza.
Che se ne fosse andata durante la notte?
Lo trovava alquanto improbabile.
Proprio quando stava per scattare e gridare il suo nome in giro per il palazzo delle risa femminili gli giunsero agli orecchi.
Guardò verso la finestra e riconobbe inconfondibili le voci della principessa di Sindria e di Kougyoku.
Si affacciò, per poi sollevarsi in volo e seguire il suono.
Vicino ad una fontana le due ragazze se la stavano passando, giocando con l’acqua (decisamente dimenticandosi del loro rango), mentre Koubun Ka correva a destra e a manca nel tentativo di contenerle.
L’oracolo storse il naso, adagiandosi su un ramo di un albero.
Era una scena alquanto ridicola, ma rimase a guardarla ancora per un po’.
Erano di solo un anno più giovani di lui, eppure sembravano bambine. Forse se avesse avuto il tempo di essere bambino sarebbe stato così anche lui.
Si lasciò scappare un ghigno, e poi si voltò, spiccando il volo.
Doveva assolutamente parlare con Kouen, senza sprecare un secondo.
Ma quando raggiunse il giovane imperiale, egli era in compagnia del secondo principe, Koumei Ren.
Davanti ai due giovani era spiegata una grande cartina geografica su cui erano concentrati fino all’arrivo di Judar.
“Oh…” Fu il semplice cenno annoiato di Koumei quando vide entrare il Magi, con la delicatezza di un rinoceronte.
“Ci mancava il brufoloso…” Borbottò il nuovo arrivato, ma avanzò comunque verso il primo principe.
“Devo parlarti.” Asserì con aria arrogante.
“…di nuovo.” Concluse Kouen appoggiando il viso al palmo della mano.
“Ah… la ragazza…non ho ancora avuto occasione di vederla.” Mormorò il secondo principe, più per essere in tema alla prossima conversazione che per interesse, infatti il suo sguardo era tornato al disegno difronte a lui.
“Sta facendo baldoria con la Vecchia in giardino se ti interessa.” Ringhiò Judar, invitando il ragazzo ad uscire. Peccato che lui lo stesse bellamente ignorando, tutto preso da una qualche strategia militare.
Kouen dal canto suo sospirò, e volendosi levare di torno ogni mosca, chiese al fratello di lasciarlo solo per un po’ con il sacerdote.
“Va bene…così vado a farmi un sonnellino.” Annuì Koumei, uscendo.
Una volta che le porte furono chiuse il principe dai capelli rossi tornò a guardare il Magi, in attesa.
E in quel momento Judar si rese conto che non sapeva che dirgli.
Non aveva intenzione di dirgli del dolore che provava toccando quella zona dell’addome, né di essersene accorto dopo che Rayenne lo aveva sfiorato, eppure era andato lì con quell’idea.
“Cosa c’è?” Chiese la voce forte di Kouen.
“Devi dire a Rayenne il perché è qui.” Concluse l’oracolo, infine.
“Mh?”
“Ieri ho iniziato a lavorarci, ma devi dirglielo tu,  devi spiegarglielo tu, che il suo regno è stato distrutto per quella cosa. Dev’essere qualcosa di ufficiale per lei.”
Il nobile tornò a guardare la cartina ancora aperta sotto il suo gomito: “Se avevi iniziato perché non hai continuato?”
“Perché se gliela dici tu la prenderà come certezza!” Esclamò Judar, sporgendosi verso il principe e posando le mani sul tavolo.
Odiava ammetterlo, ma a quanto pareva la ragazza aveva molta più soggezione di Kouen che di lui.
Il più vecchio si limitò a sospirare ed annuire: “Ma questo pomeriggio, ho altro da fare, ora.”
Judar incrociò le braccia e arricciò il naso. Insomma, comunque stava lasciando quel compito tutto su di lui.
“Ma sì, tanto ora sta giocando con la Vecchia.”
Gli occhi del rosso si alzarono appena, per vedere la figura del Magi.
“Sì, Kougyoku mi ha detto che sono amiche.”
“Kougyoku esagera sempre.” Tagliò corto il corvino.
“Comunque sia se si avvicina a lei sarà anche più vicina a noi, ed è un bene.” Di nuovo gli occhi regali si abbassarono “Kougyoku sarà molto utile.”
Il sacerdote spalancò la bocca, basito.
Stava dando meriti alla Vecchia che non faceva altro che ridere e saltellare qua e là, e che per di più non ne sapeva nulla di tutta quella faccenda?
Mentre lui che si dannava notte e giorno per lasciare viva quella dannata mocciosa doveva starsene zitto e tenersela buona?
Quindi stava dicendo che Kougyoku era più utile di lui?
Oh no, non lo avrebbe accettato.
“Sciocchezze!” Gridò stringendo i pugni e camminando a passo svelto verso la porta.
Non glielo avrebbe mai concesso.
Assolutamente.
Tornò alla fontana, ma non trovò nessuno.
Digrignò i denti per la rabbia e si mise a cercare Rayenne in lungo e in largo per il palazzo non ben deciso su quello che avrebbe fatto.
Quando la trovò rimase per un secondo perplesso dalla scena.
La principessa straniera, Kougyoku e Kouha se ne stavano inginocchiati, vicino ad una colonna, intenti ad osservare non si sa cosa sul terreno, mentre le spiegazione campate in aria da Koubun Ka erano coperte dai commenti dei tre ragazzi.
“Che facciamo?”
“Non possiamo mica lasciarlo qui.”
“Ma tanto muore.”
“Sei cattivo, Kouha!”
Il Magi alzò il sopracciglio, incuriosito, e si avvicinò ai tre chiacchieroni con fare disinvolto: “Cos’è tutto questo blaterare?”
Tre paia d’occhi lo puntarono, e lui stette lì a fissarli, perplesso.
Fece scorrere lo sguardo su ognuno dei tre, facendo oscillare la lunga treccia nera.
“C’è un uccellino.” Disse infine Rayenne.
La curiosità che prima aveva aleggiato nella mente del sacerdote si dissolse, ma comunque si avvicinò.
Per terra era adagiato un volatile di piccole dimensioni, forse non ancora del tutto adulto, dal piumaggio sgargiante e variopinto.
Se ne stava rannicchiato alla base della colonna, ed era evidentemente in pessime condizioni.
“Muore di sicuro.” Asserì Judar con noia.
“Anche tu! Judar-chan!” Lo rimproverò la principessa di Kou quasi sul punto di piangere.
“Io lo avevo detto…” Borbottò Kouha, alzandosi e dando le spalle alla scena, avviandosi nei giardini.
“Su principessa… non fate così.” Koubun Ka cercò di consolare la sua custodita, conducendola verso le sue stanze.
Il Magi osservò tutti quanti, per poi guardare la prigioniera: “Andiamo, questo pomeriggio Kouen ti vuole parlare.”
Ma Rayenne sembrava ancora tutta intenta a guardare la creaturina.
“Ehi…mi ascolti?”
“Tu sei un Magi…non puoi fare niente?” Chiese infine lei, di punto in bianco.
L’oracolo stette in silenzio per qualche secondo: “Eh?”
“Con la magia.”
“Per chi mi hai preso? Di certo non mi spreco per una cosa del genere!”
“Niente,  niente? Ha solo l’ala spezzata.”
“Per un uccello vuol dire la morte.”
“Judar…”
“Judar cosa! È un dannatissimo animale!” Ringhiò lui, ben deciso a non perdere ancora tempo sull’argomento.
“Ma è piccolo…” Insistette Rayenne.
Il ragazzo pestò i piedi a terra: “Brutta testarda…” Mormorò camminando nell’erba e chinandosi a raccogliere un rametto.
“Sei peggio di una bambina…” Brontolò e senza troppi complimenti prese la principessa per le maniche, e la strattono violentemente verso di sé.
“Cosa fai?!” Gridò lei spaventata, ma il Magi le bloccò le labbra con una mano e con l’altra strappò l’orlo di una manica del suo abito.
Lei sussultò e tentò di allontanarlo, ma lui la strinse ancora facendola gemere, dando un piccolo sfogo ai suoi nervi decisamente bollenti.
“Zitta. Lasciami fare e taci.”
Con quelle parole la lasciò. Si riavvicinò alla colonna, si chinò accanto all’uccellino ferito, e gli fasciò l’ala alla meglio, immobilizzandola.
Non gli interessava di certo quell’essere inutile, era solo per non sentire lagne (sapeva che si sarebbe aggiunta anche Kougyoku), o avrebbe rischiato di causare morti inopportune.
“Ecco.” Sbuffò raccogliendo il piccolo volatile e lasciandolo con poca grazia in mano a Rayenne “Dallo ad un qualche servitore, potrebbe anche sopravvivere.”
Judar continuava a ripetersi che era tutto per il potere.
Avrebbe fatto diventare Hakuryuu potente se avesse sopportato tutto ciò. Eppure se ne dimenticò per un attimo, quando vide gli occhi violacei di Rayenne illuminarsi, e sul suo viso tingersi un dolce sorriso, mentre le dita custodivano delicate la sfortunata creaturina azzurrina.
“Grazie Judar-sama!”
Egli si voltò rapidamente, senza rispondere.
Lo infastidiva, si disse.
Tutto lo infastidiva. Continuava a ripeterselo, convincendosi. Non c’era nulla che potesse portargli sollievo.
Sospirò e tornò a guardare Rayenne, ma prima che potesse dire qualcosa qualcun altro parlò.
“Davvero, molto gentile, mio caro Judar.”
Entrambi si voltarono di scatto, verso quella voce femminile che Rayenne non aveva ancora mai sentito, ma che Judar conosceva bene, decisamente molto bene.
 
Buonasera :)
Questo capitolo lo avevo pubblicato tre giorni fa, ma il mio caro pc non lo aveva copiato tutto, e non avendo ricontrollato me ne sono accorta soltanto ora. Chiedo umilmente perdono per la svista, spero di aver degnamente rimediato.

A presto ;)

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Confidence ***


Confidence


Il cielo era terso e l’aria tiepida.
Nel giardino si respiravano i profumi dei frutti tipici della stagione.
Sotto un grande portico dallo sfondo rosso e d’oro, una donna fece la sua apparizione.
Rayenne non l’aveva mai vista e ne rimase assolutamente incantata.
Era bella, troppo bella. Di una bellezza angelica.
I suoi occhi erano luminosi, chiari, come acqua limpida, simili a quelli di Hakuryuu.
Guardandola bene il suo aspetto in generale era paragonabile a quello del Quarto Principe, ma la ragazza era in quel momento talmente presa dall’ammirarla da non ragionarvici.
I capelli corvini erano raccolti in due trecce che si ripiegavano su sé stesse in maniera circolare, mentre gli abiti preziosi le conferivano ancor più regalità di quanto non ne esprimesse da sé.
Rayenne si trovò in difficoltà, non capendo chi fosse, e chi quella donna stesse guardando; vedeva semplicemente che sorrideva, con le mani incrociate in grembo.
L’uccellino che ancora la principessa teneva in mano cinguettò, e la giovane vide gli occhi della sconosciuta posarsi sull’animale.
Colse l’occasione per rivolgere lo sguardo a Judar, che però, guardava la terza figura, evidentemente scosso.
“Che carino.” Osservò quella donna per poi posare lo sguardo sulla principessa che si irrigidì.
Prima che l’altra potesse parlare Judar avanzò, piazzandosi davanti a lei e sorridendo: “Cosa ci fa l’imperatrice da queste parti?”
Gli occhi violetti di Rayenne si sgranarono, nel comprendere chi avesse difronte.
Gyokuen Ren, l’imperatrice dell’impero Kou, e se non errava la madre del principe Hakuryuu.
“Non sei felice di vedermi, Judar?” Sorrise la regnante, per poi sporgersi leggermente per osservare nuovamente la ragazza ora nascosta dietro il Magi.
“La principessa Rayenne?” Chiese con voce gentile e sguardo amorevole.
La principessa, di fronte a quella tenerezza, si vide costretta a fare un passo di lato, per mostrarsi, e si inchinò.
La donna rise leggera, invitandola subito ad alzarsi.
“Non hai bisogno di cerimonie con me, non sono io ad averti chiamata qui.” Disse “So che è stato il mio figliastro, quindi io non ho nulla a che fare con i suoi interessi, ma in quanto imperatrice conosco quello che è successo al tuo regno.”
“Cosa…?” Rayenne distolse istintivamente lo sguardo. Non le piaceva che una sconosciuta di punto in bianco le parlasse di queste cose.
Eppure non ebbe il coraggio di dirlo a quella persona, e tantomeno quando una dolce carezza le fece risollevare il viso.
“Non essere triste, sono certa che qui a Kou c’è chi può aiutarti.” Sorrise il bel viso, e con un cenno della mano chiamò a sé un servitore dal volto velato, che prima Rayenne non aveva notato.
Egli teneva in mano un lungo bastone di rame, verde dal tempo, che pareva spezzato ad un’estremità, mentre l’altra si chiudeva con un piccolo arco che andava a formare una biforcazione.
L’imperatrice lo prese, e lo porse alla giovane: “Ecco, è questo ciò che cercavano quella volta.”
A quelle parole qualcosa in Rayenne si ruppe. Boccheggiò cercando di dire qualcosa che però non voleva uscire.
Posò l’animaletto che ancora cinguettava nell’erba accanto a sé e prese piano quell’oggetto impotente difronte al disastro che aveva causato.
“Doveva essere molto potente, ma come vedi ora non ha più nulla, probabilmente da quando si è rotto, e la parte mancante… temo sia andata perduta.” Sorrise mesta la donna, mentre la ragazza stringeva tra le dita l’asta sottile, sconvolta.
Judar era rimasto a guardare, stupefatto.
Non capiva come mai ora Gyokuen Ren se n’era saltata fuori con quella storia, e non capiva come un oggetto potesse perdere così facilmente il suo potere.
Ma ciò che ora lo spaventava erano le mani della principessa che fremevano attorno al fino cilindro.
“Vattene via, Rayenne.” Le ordinò, raccogliendo l’uccellino da terra e riposandoglielo in mano, incurante della terza persona che li osservava.
La ragazza lo guardò con gli occhi lucidi, senza porsi il problema se obbedirgli o meno. Le bastò un suo cenno del capo per correre via, salutando la regnante con un leggero inchino.
Il sacerdote seguì la sua sottoposta con lo sguardo, per poi tornare a guardare l’altra donna.
“Oh, Judar” Disse questa sorridendo dietro una larga manica di seta “Ero convinta che avresti riso.”
Il Magi rispose puntellandosi una mano su un fianco, con una smorfia: “Al-Thamen non centra niente con questa storia.” Precisò, cercando di far intendere che non c’era nulla di cui immischiarsi, ma ciò fece solo ridere l’imperatrice.
“Ti sbagli.” Disse lei infine “Oh, quanto ti sbagli.”
“Cosa…?” Chiese il ragazzo, alzando un sopracciglio.
“Sei sicuro di volerlo sapere? Non hai paura dei tuoi sentimenti?” Chiese Gyokuen con un sorriso malsano, fino a prima celato.
Judar strinse i pugni e abbassò lo sguardo.
Lui non aveva paura dei suoi sentimenti, perché non li aveva.
“Judar…” Lo chiamò l’altra, con voce dolcemente pericolosa.
Gli si avvicinò, posandogli delicatamente una mano sulla guancia e l’altra sulla spalla, accarezzandolo.
“Judar…” Ripeté “Io non posso stare fuori da questa storia… sono pur sempre io che quando eri piccino ti ho preso in braccio, ricordi, piccolino?”
L’oracolo serrò gli occhi, desiderando più che mai di ucciderla seduta stante.
Li riaprì solo quando sentì la mano sinistra di quell’arpia scendere sul suo petto, e poi ancora più in giù, per accarezzargli quello stesso punto, sotto lo sterno, che gli aveva toccato Rayenne.
Ma questa volta il dolore lo fece gemere.
Appena le dita lo sfiorarono sentì come una fiamma ardente che si era accesa improvvisamente all’interno del suo corpo, minacciando di divorarlo.
Si allontanò con un balzo, sentendosi pervadere da conati di vomito. Istintivamente si piegò in avanti, avvolgendosi il ventre con le braccia.
La donna sorrise, posandogli una mano sulla schiena per superarlo: “ E poi… se coinvolgi il mio Hakuryuu non posso certo starne fuori. Quale madre…” Ridacchiò, allontanandosi con dei servitori.
Judar ringhiò, stringendo il suo stesso corpo.
Avrebbe distrutto tutto questo… un giorno. Ma per il momento non c’era nulla che potesse fare.
Nonostante il leggero malessere che continuava ad imprigionarlo si rimise ritto, e si avviò verso una meta indefinita.
Non sapeva se cercare subito Rayenne o parlare con Hakuryuu, di qualcosa che nemmeno lui sapeva.
Imprecò, considerando che quella strega gli aveva solo complicato le cose con quell’uscita.
Senza un motivo preciso si recò per l’ennesima volta da Kouen, e si complimentò con sé stesso per il suo sesto senso.
Il Primo Principe se ne stava seduto al suo posto, con un grande tomo tra le mani, e attorno a lui, Hakuryuu, Rayenne e Hakuei, la Prima Principessa imperiale(che probabilmente aveva finalmente fatto conoscenza con la principessa di Sindria), erano intenti ad analizzare una qualche scrittura; davanti a loro il bastone arrugginito.
All’estremo del tavolo, Kouha, in ginocchio su una sedia, osservava l’uccellino, ora medicato degnamente e posto comodo in una ciotola da cibo imbottita con un qualche tessuto.
Judar sospirò lievemente, non sentendosi ancora bene e non sapendo che fare.
Solo quando rialzò lo sguardo notò che, eccetto il Terzo Principe, tutti erano intenti a fissarlo, in quanto nuovo arrivato.
Rimasero in silenzio, mentre il principe Kouen, nonostante le apparenze, malediceva dentro si sé il sacerdote, per essere ancora in mezzo ai piedi.
Nessuno osava proferir parola, e Judar si sentiva piuttosto irritato, come se non fosse lui l’intruso.
“Judar-sama…stai male?” Chiese infine timida una voce femminile.
Rayenne lo guardava con un velo di preoccupazione, e il Magi si stupì di quell’accorgimento.
Effettivamente era la prima volta che qualcuno si preoccupava davvero della sua salute, eccetto Kougyoku che si allarmava anche quando se lo ritrovava a pisolare in un angolo dei giardini.
“Sto bene…” Disse alzando le spalle, e avvicinandosi “Cosa diavolo combinate?”
“Cercano di capire cos’è quell’affare.” Brontolò annoiato Kouha, ancora intento sull’esserino.
“Lo abbiamo già capito.” Lo corresse Kouen ritornando alla lettura del manoscritto.
“Ah sì? E cosa sarebbe?”
“Questo è uno scettro Was*.” Rispose Rayenne, prendendo in mano l’oggetto “In teoria doveva avere una testa canina in cima.” Mormorò osservando la parte spezzata.
“Ma come ti fai così esperta quando lo hai appena scoperto.” La prese in giro l’oracolo, e notò una smorfia da parte di Hakuei, ma la ignorò.
Girò attorno al tavolo, per prendere da dietro le spalle della principessa di Sindria: “Non dire a nessuno chi ti ha dato quell’affare.” Le soffiò nell’orecchio.
La sentì irrigidirsi e sperò che fosse solo per timidezza, e non perché il suo avviso le era arrivato troppo tardi.
Sapeva che se Hakuryuu avesse saputo che sua madre si era intromessa non avrebbe avuto speranza in un suo supporto.
“Vieni con me.” Ordinò alla ragazza, prendendola per un polso, intenzionato ad allontanarla da quelle persone, prima che combinasse guai.
Kouha cercò di ribattere, ma il Magi lo liquidò facilmente con una battuta.
Camminarono lungo un corridoio esterno dal piastrellato lucido.
Rayenne si tenne verso l’esterno, per ammirare il paesaggio del palazzo. Era da un po’ che le giornate non si presentavano così limpide e piacevoli, sembrava di stare in un altro luogo.
Notò che vi erano diversi tipi di fiori all’interno dei giardini, e tutti sembravano essere stati inseriti sotto un preciso calcolo, per risaltarne al meglio la bellezza.
Hakuryuu le aveva accennato che solitamente i principi non frequentavano molto quelle zone, eccetto la principessa Kougyoku che appena poteva andava a giocare lì fuori.
Vi erano anche delle fontane che portavano freschezza e brio all’ambiente, con i loro guizzi che saltellavano sulla pietra chiara.
In mezzo ai frutti e ai fiori anche le loro acque sembravano risultar profumate.
“Credo di non piacere al principe Koumei…” Mormorò tutto d’un tratto la principessa, con voce leggermente mortificata.
Judar, dal canto suo, si voltò verso di lei interrogativo.
“Se n’è andato appena mi ha visto…” Lo guardò lei, cercando una qualche spiegazione da parte sua.
Il Magi la scrutò, cercando una risposta. Lui non aveva mai cercato di capire i comportamenti altrui per cui era più che evidente che non poteva soddisfarla.
Tornò a guardare davanti a sé, alzando le spalle: “Lascialo stare…è tutto strano quello.”
“Mi stai consolando?” Sorrise la ragazza.
“No…sto dicendo la verità.” Brontolò lui, uscendo fuori, all’esterno.
Lei lo seguì, felice di poter stare libera in mezzo alla vegetazione.
A Judar sembrò che, ancora una volta, il cervello della ragazza avesse messo da parte il suo passato. Liquidò la cosa e si alzò in volo, andando a sdraiarsi alla meglio su un ramo basso, cercando di riposarsi un pochino.
Lei si sedette alla base del tronco scuro, osservando la nera treccia del Magi danzare sopra la propria testa, a ritmo della brezza.
“Davvero stai bene?”
“Sì…” Borbottò lui chiudendo gli occhi.
Rimasero in silenzio, e Rayenne non era in grado di capire se il Magi stesse dormendo o meno, per cui, per capirlo, osò fare una domanda forse un po’ troppo avventata.
“Il principe Kouen ha una donna?”
Il sacerdote fu colto così di sorpresa che per poco non cadde dall’albero.
Aprì gli occhi sporgendosi verso il basso per vedere la serietà della giovane.
Lei dal canto suo, davanti a quello sguardo così basito guardò altrove, mormorando un leggero “scherzavo” imbarazzato.
“No, tu non scherzavi!” La accusò il corvino rimanendo ancora su di giri. Era davvero sfacciata. Perché mai andava a chiederlo a lui? Non poteva chiederlo alla Vecchia o a una qualunque altra donna? Non poteva pensare che a lui quell’interesse lo infastidiva? Non che davvero fosse infastidito, sia chiaro.
E poi cosa aveva mai Kouen? Era ben più vecchio di lei!
Non che gli interessasse. Non fraintendiamo.
Solo che certe volte le ragazze davvero toccavano fondi irraggiungibili.
Si ricompose, appoggiandosi con la schiena alla corteccia: “No.” Le rispose “Ma non illuderti, a lui piacciono le donne intelligenti.”
Rayenne balzò subito in piedi, convinta nel ribattere, ma non trovando nessun’argomentazione degna si lasciò nuovamente cadere, a gambe incrociate, mettendo il broncio.
Il ragazzo si ritrovò a ridere, senza un motivo preciso, semplicemente l’espressione offesa di quella ragazza era abbastanza buffa da metterlo di buon umore.
Lei cercò di mantenere il suo stato d’animo irato, ma guardando il Magi in quella situazione, non poté far altro che sorridere.
Lo guardò a lungo, dicendosi che era davvero una creatura attraente, e si chiese istintivamente se invece lui fosse legato a qualcuno in quel senso.
Pensò che fosse improbabile, visto come passava le sue giornate, ma quel margine di dubbio un po’ la logorava.
Sebbene anche prima si fosse emozionata nell’avvicinarsi al Primo Principe, si sentiva in un certo senso lusingata anche in quel momento, mentre il sacerdote rideva davanti a lei.
Scosse il capo, imponendosi il pensiero che fosse suo nemico. Eppure, più stava a Kou, più sentiva che tutto stava diventando fragile, sentiva che ciò che l’aveva retta fino a quel momento stava diventando sabbia mobile.
E guardando Judar capì che erano state le sue parole a insinuarle questo presagio.
Pensò a Sinbad, e sentì la fiducia in lui affievolirsi. Non lo avrebbe ammesso a parole, eppure era come se il Magi le avesse tolto quel velo dagli occhi che lei aveva sempre evitato di perdere. Ma non era ancora abbastanza.
Pensò ad Aladdin sorridente, ed ad Alibaba. Pensò ad Asma e ai bambini di Sindria che alle feste le ornavano il capo con corone di fiori colorati. E pensò a Jasem.
Chiuse gli occhi per rivedere il volto giovane di suo fratello, per risentire la sua voce.
Non pensò a ciò che era giusto fare.
Non voleva pensare al futuro, ci avrebbe pensato dopo.
Riaprì gli occhi, e a poca distanza dal suo viso due iridi cremisi la fissavano.
Il volto del principe di Al’ayn cedette il passo a quello dell’oracolo dell’impero Kou.
“Cos’hai?” le chiese Judar.
“Nulla.” Sorrise Rayenne, alzandosi.
Il Magi la guardò camminare allegramente, per poi roteare su sé stessa e avvicinarsi ad una fontana.
Si chinò, e raccolse un po’ d’acqua cristallina, ponendo le mani a coppa.
Il ragazzo le si avvicinò, chiedendosi cosa diavolo le fosse passato per la testa, ma quando le fu accanto si ritrovò senza preavverto il viso fresco e grondante.
Spalancò la bocca, colto di sorpresa e spiazzato per essersi lasciato colpire in quel modo.
Lei rise, applaudendo vivace, e ignorando gli insulti che il mago le lanciava arrabbiato.
Judar digrignò i denti e pestò le piante dei piedi a terra. Estrasse il suo scettro e senza pensarci due volte lo usò: in pochi secondi una pioggia trasparente avvolse la principessa, bagnandola da testa a piedi.
Lei guardò perplessa il suo abito, non concependo ancora cosa davvero fosse successo. “Non siamo pari così…” Mormorò, ma poi riprese a ridere, gettando al vento i capelli bagnati.
Judar rimase a guardarla per un po’, mentre giocava, interrogativo.
“Non ti arrabbi?” Chiese alla fine, bloccando il suo divertimento.
La giovane si bloccò e lo guardò: “Perché? È solo un gioco.”
Il ragazzo sbuffò, incrociando le braccia davanti al torace: “Non sei più una bambina.”
Per lui una situazione simile, era inconcepibile. In lui non aveva mai conosciuto altro che ira.
Rayenne si accigliò, puntandosi sul posto: “Non sono più una bambina…” Alzò il naso “Ma non sono nemmeno vecchia!”
“E con questo?” La rimproverò l’altro, ma prima che potesse approfondire lei lo bloccò: “Guarda che anche Kougyoku e Kouha giocano!”
“Hakuryuu no! Ed è più giovane di voi!”
“Ma Hakuryuu è un caso a parte!” Gridò l’altra e per metterlo a tacere gli getto della nuova acqua in volto.
Il Magi ulteriormente irritato si preparò a controbattere e di tutta risposta gettò direttamente la principessa nella vasca della fontana, facendole mancare il respiro per alcuni secondi.
Ciò che non aveva calcolato era l’stinto di lei, che nel disperato tentativo di salvarsi si era aggrappata a lui, trascinandolo irrimediabilmente dentro.
Entrambi si ritrovarono seduti, con il fiato corto e gli occhi sgranati, incapaci di comprendere cosa stesse succedendo, mentre i guizzi della fontana ricadevano lievi sui loro capelli, e le goccioline chiare scendevano lungo le loro schiene.
Rayenne rise, mentre Judar ancora sembrava perso in un altro mondo. Si voltò lentamente verso di lei, e sentì la voglia di ridere anche lui, ma si trattenne.
Nonostante questo fu visibile un sorriso, quasi incosciente, che non riuscì a sparire prima che la ragazza se ne accorgesse. Lei dal canto suo avrebbe voluto farglielo notare, ma per chissà quale delicatezza evitò, osservandolo semplicemente.
“Guarda che hai combinato…” Brontolò il sacerdote alzandosi, e osservandosi il corpo fradicio “Tutta colpa tua.”
“Mia?!” Ribatté la principessa “Ma se sei stato tu…”
“Sbrigati a cambiarti, non voglio che te ne vada in giro grondante per la mia stanza.” La ammonì, e con quello uscì dalla fontana, dirigendosi verso il palazzo. Prima di entrare fermò una serva, ordinandole di procurare una veste pulita (e soprattutto asciutta) per l’ospite.
Rayenne si illuminò. Le sembrava che lui con quel semplice gesto avesse deciso di prendersi cura di lei, almeno un minimo, e senza troppi complimenti raggiunse la ragazza dai capelli scuri che la aspettava accanto ad una colonna.
Scelse un abito dai toni violetti e turchesi, e fu soddisfatta di non dover contare troppo sulla sua aiutante per indossarlo.
Si diresse subito verso la stanza del suo protettore, ormai sentendosi abbastanza in confidenza da domandargli ciò che più la interessava.
Se davvero quel luogo poteva essere una chiave per scoprire quello che era successo allora voleva rimanerci il più possibile. Inoltre era lusingata di poter restare ancora al cospetto di Kouen.
Ma quando entrò nella stanza di Judar tutti i suoi buoni propositi svanirono all’istante.
Il Magi era seduto a gambe incrociate tra i soffici cuscini; il torso nudo, asciutto e robusto al tempo stesso, la pelle liscia quasi da sembrar metallo.
Era intento a strizzarsi i capelli, ora sciolti, che ancora preda dell’umido tendevano ad attaccarglisi alla schiena e al torace.
Rayenne rimase letteralmente a bocca aperta, e si voltò rapidamente, per fuggire prima che lui si accorgesse di lei, ma prima che potesse farlo venne bloccata.
“Dove vai? Vieni ad aiutarmi.”
Evidentemente era un ordine indiscutibile. Si rigirò lentamente, e prima che potesse parlare un panno le fu gettato rozzamente in faccia.
Il ragazzo si stava asciugando il corpo, e non le chiarì cosa dovesse fare, per cui lei si avvicinò, aggirandolo.
Si inginocchiò dietro di lui, e con maniere quasi impercettibili gli posò l’asciugamano sul capo.
Ora, solitamente il Magi detestava che venissero toccati i suoi capelli, e gli era praticamente istintivo allontanare alla peggio chiunque fosse tentato dal farlo.
Ma si trattenne, provando piacere nei leggeri massaggi che le dita della sua schiavetta esercitavano.
Non le parlò, solo quando credette di essere sufficientemente diverso da un ranocchio appena uscito dalla pozzanghera si alzò, stiracchiandosi leggermente.
“Aiutami.” Disse, indicando a Rayenne una veste di seta piegata ordinatamente.
Lei la osservò per un po’, per capire solo dopo qualche secondo ciò che doveva fare.
Si sentiva più tosto curiosa nel vederlo vestito con abiti tipici di Kou, ma non poté esprimere questo suo fervore, legata da un inquietante imbarazzo, misto ad una lieve irritazione per dover essere messa in quella situazione.
Ma non ribatté, e raccolse delicatamente l’indumento.
Era ricamato con trame e disegni dorati e rossi, abbracciati in un morbido sfondo nero.
Era piacevole la sensazione di quel tessuto sotto le dita, ma non vi indugiò troppo, e silenziosamente si pose nuovamente dietro il sacerdote, tenendo il capo all’altezza delle spalle di quest’ultimo, mentre la stoffa scendeva come una tenda davanti a lei.
Solo quando il ragazzo fece scivolare le mani e le braccia nelle larghe maniche la principessa si accorse che la sua lunga treccia color carbone era tornata intatta.
Si chiese come avesse fatto, ma non si stupì poi tanto, considerando chi fosse Judar.
Si chinò nuovamente per cogliere una fascia che sapeva costituire la chiusura. Hakuryuu le aveva spiegato a grandi linee l’abbigliamento locale, e in qualche modo lei voleva dimostrare quanto si fosse impegnata ad imparare.
Si chinò davanti al giovane sacerdote, ormai diventato per lei simile ad un manichino di prova, e con pazienza armeggiò con la banda rossa, all’altezza del ventre del ragazzo, cercando di seguire più precisamente possibile il procedimento che le era stato reso noto.
L’oracolo la lasciò fare, sistemando di tanto in tanto dove errava, ma non si intromise troppo, guardandola serio e curioso allo stesso tempo.
Quando ella ebbe finito si alzò e si allontanò di qualche passo per ammirare l’operato, quasi fosse un’opera d’arte.
Solo quando vide il complesso si accorse dell’aspetto del ragazzo, e per un attimo rimase davvero senza parole.
Vedendola con un espressione molto simile a quella di un pesce lesso, Judar inarcò infastidito un sopraciglio, considerando offensivo qualunque cosa stesse passando per la testa di quella ragazzina, e subito uscì uno sgarbato “Cosa c’è?”
In risposta, Rayenne gli si avvicinò, e timidamente gli passò una mano dietro il collo, per portare avanti, sopra la spalla, la lunga treccia.
Restò ancora in silenzio a guardarlo per un po’, avendo lei stessa paura dei commenti che potevano uscirle.
“Sembri un principe.” Concluse alla fina, con un filo di voce.
A quelle parole Judar sorrise vittorioso: “Sono un Magi, sono pari ad un principe.”
E con questo la oltrepassò, senza accennare a null’altro.
D’altro canto, quale principe aveva per sé una principessa come schiava?

Salve a tutti minna-san!
Allora, pubblico questo capitolo un po' in anticipo per il semplice fatto che sarò un po' impegnata in futuro, per cui ho preferito anticipare.
Sinceramente sono curiosa di capire cosa coglierete da questo capitolo. Credetemi, anche io mi diverto ;)
Spero vi piaccia!

A presto :)

NOTE (prontamente dimenticate):
*Was: Nel mondo reale lo scettro Was è un oggetto caratteristico dell'antico Egitto, spesso associaro alle divinità maschili.

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Capitolo 9
*** Pain ***


Pain


Kougyoku continuava a danzare giocosa attorno al fratello maggiore, intento a leggere, parlando di questioni che, secondo il Magi, al Primo Principe non interessavano minimamente.
Nonostante questo Kouen sembrava non voler dispiacere la principessa, per cui cercava di accontentarla, dandole qualche cenno d’assenso di tanto in tanto, interrompendo la sua lettura.
Judar dal canto suo si limitava a rimanere appoggiato alla parete, sbadigliando annoiato.
Questa volta non era stato lui a recarsi di sua iniziativa al cospetto del più anziano dei principi, era stato chiamato, ma fino ad allora ciò che aveva fatto era starsene in silenzio, in attesa che il nobile proferisse parola.
Sospirò stirando i muscoli della schiena, per poi riprendere ad osservare i capelli vivaci della principessa che danzavano attorno a lei.
Di punto in bianco, ella si posò davanti al principe, allungandosi sul tavolo reggendo il proprio peso sulle braccia.
Inevitabilmente Kouen alzò lo sguardo interrogativo, per poter vedere il bel viso sorridente della giovane: “Credo che Rayenne sia interessata a te, fratello.”
Judar, per quanto distratto fosse, si rizzò nel sentire quelle parole, puntando il suo sguardo sui due principi.
“Ma davvero?” Chiese il rosso, indifferente, tornando a leggere ciò che gli interessava davvero.
“Sì!” Esclamò lei, riprendendo a girovagare per la stanza sognante “Perché non la sposi? Sarebbe un buon matrimonio non trovi?”
“Implicherebbe un’alleanza con Sindria…” Le rispose distrattamente il fratello.
“Sì…è così sbagliato?” Chiese timidamente la ragazza con occhi da cucciolo.
Il sacerdote sbuffò seccato, reputando quella conversazione ancora più ridicola delle precedenti. Ritrovò il sostegno della parete e incrociò le mani dietro la testa: “Tutte queste storie perché ti vorresti prendere il Re Idiota, non è così?”
La pelle chiara di Kougyoku si accese tutt’un tratto di un colore vivace, mentre stringeva i pugni nervosi davanti a sé. “Non è vero!” Ribatté, ma il suo volto lasciava intravedere tutt’altro.
“In fondo il cervello è lo stesso…” La schernì il ragazzo vestito di nero, chiudendo gli occhi come per dormire.
Dal canto suo l’Ottava Principessa era molto affezionata al Magi, ma quelle continue insinuazioni certe volte facevano perdere la bussola anche a lei, così che, quando le pupille dell’oracolo si scoprirono, notarono il visino gentile segnato dall’ira, e il fermaglio appuntito troppo vicino al suo corpo.
“Ferma! Non lì…!”
Prima che lui potesse difendersi in qualche modo, la punta metallica si era già piantata all’altezza dello stomaco, sotto il cuore. Proprio nella parte ormai divenuta più fragile.
Judar aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono.
La principessa arretrò spaventata, lasciandolo scivolare lungo la parete con le braccia che stringevano la fonte di dolore.
“C-Che ti prende, Judar-chan?” Gli chiese lei con voce tremante “Hai mangiato troppe pesche?” Sperò. Quel gesto lo aveva fatto tante volte con lui, e non poteva credere di avergli fatto così male, non si era mai lamentato.
L’oracolo avrebbe voluto ribattere, ma gli faceva troppo male. Gemette, rannicchiandosi su sé stesso, cercando il più possibile di calmare il bruciore.
Quel dolore in quel punto del corpo stava diventando una cosa seria.
Quando finalmente riprese il controllo di sè, davanti a lui non era presente solo la principessa; alzò lo sguardo, e il viso serio del Primo Principe lo guardava con aria grave.
“Cos’era?” Chiese duro.
Il più giovane sbuffò, alzandosi e massaggiandosi il ventre: “Non lo so.”
“Dovresti farti visitare da un medico.”
Un sibilo rabbioso uscì dalle labbra strette di Judar. Non ne aveva affatto intenzione, eppure anche a lui, ormai, sembrava l’unica scelta.
Ma anche dopo questo barlume di maturità, portare il Magi da uno dei medici del palazzo fu come trascinarvici un bambino di non più di otto anni.
Seduto sulla tavola marmorea dipinta di verde e blu, Judar si dimenò, rotolò e scalciò, pur di non essere toccato, mentre Kougyoku lo pregava di starsene tranquillo, per lasciare che l’addetto potesse fare il suo dovere.
Quest’ultimo ci mise tutta la sua buona volontà per far stendere il Magi, che però ogni volta si alzava con uno scatto fulmineo minacciando di morte i presenti.
Nonostante ciò il medico non si lasciò mai scomporre, se non per dei lievi sospiri rassegnati, che provenivano da sotto il velo che gli celava il viso.
L’oracolo, dal canto suo, aveva dato per scontato che egli facesse parte di Al-Thamen, ma rimase leggermente sconcertato quando al posto della veste tipica dell’Organizzazione, quella persona indossava indumenti molto più sfarzosi, dalle tonalità accese e decisamente poco riconducibili all’oscuro ruolo che avrebbe dovuto avere.
Anche il tessuto che gli celava il viso era più sottile, e pendeva da un copricapo ben diverso da quelli soliti.
Il giovane sacerdote ci pensò su per un attimo, ma poi si disse che, tutto sommato, era pur un sottoposto dell’impero, e non era così impossibile che gli venisse ordinato un altro vestiario.
Proprio mentre ragionava tra sé e sé, però, la figura davanti a lui sembrò prendere l’iniziativa finale, e con un rapido gesto costrinse Judar sulla fredda superfice, mentre le mani andavano a tastargli l’addome.
Il presunto paziente si limitò a spalancare gli occhi, scioccato, rendendosi conto di non essere riuscito a prevedere quel gesto.
Le mani dell’uomo misterioso erano molto chiare, quasi bianche, e lisce, come quelle di un morto.
Quando le dita affusolate si soffermarono sulla parte superiore della pancia  Judar trattenne il respiro, pronto a sopportare il dolore, ma inaspettatamente l’uomo si limitò ad allontanare la mano.
Quando il corpo del medico si allontanò un poco, subito il corvino balzò in piedi, ben deciso a non lasciarsi più sottomettere in quella maniera, a costo di fare strage.
Intanto il medico si voltò verso il Primo principe, quasi come se lo ritenesse l’unico adulto presente nella stanza, e dopo un attimo di silenzio che parve esitazione pronunciò con voce giovanile la sua diagnosi: “Non è nulla di preoccupante. Il Sommo Sacerdote accusa solo dolori dovuti alla stanchezza.”
“Stanchezza?”
Per un qualche improbabile motivo gli occhi di Judar e quelli di Kouen si incontrarono complici; di certo entrambi potevano capire da sé che un dolore simile era decisamente ben più che normale stanchezza.
Judar fece per ribattere a quella menzogna, ma il principe lo bloccò: “Se è così, mi assicurerò che non si sforzi troppo nei prossimi giorni. Ma tenetevi pronto nel caso non dovesse migliorare.”
Il tono era fermo e severo, come sempre, e il Magi si sentì nuovamente colto alla sprovvista.
“Stava mentendo!” Gridò il mago mentre seguiva svelto e pesante il rosso, una volta lasciata la sala.
“Tu non lo fai mai…” Ribatté con fredda ironia il più anziano con una nota leggermente più bassa, come se fosse stato un commento più rivolto a sé stesso che all’interlocutore.
Quest’ultimo ignorò semplicemente, e continuò a lamentarsi, sentendosi per una volta nel giusto, visto che ne andava della sua salute.
“E se è una malattia? Perché mai tenerla nascosta?”
“Non morirai tanto facilmente.” Disse neutrale il principe, sebbene lasciasse intendere quanto Judar fosse paragonabile ad un’erbaccia inestirpabile.
Con movimenti tranquilli aprì la pesante porta in legno prima che lo facesse un servitore, liberando quel tanto di spazio che bastava per lasciar entrare la propria possente figura. Il Magi, comprendendo il segnale si bloccò, osservandolo con aria adirata, mentre l’altro ragazzo gli rivolgeva un ultimo sguardo fugace: “Vai comunque a riposarti, non si può mai sapere.”
E con questo il grande portone si chiuse, lasciando il mago all’esterno.
“Accidenti…” Borbottò continuando il lungo corridoio.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentiva lievemente in ansia. Sebbene continuasse a ripetersi che non era nulla di temibile, il semplice fatto di non riuscire a capire cosa gli stesse succedendo lo spaventava.
Si gettò tra i suoi cuscini di seta, lasciando che il suo corpo sprofondasse tra di essi, e puntò lo sguardo al soffitto della stanza. Non aveva voglia di fare nulla, ma non per semplice pigrizia, semplicemente non sapeva cosa fare. Ultimamente gli sembrava di girare costantemente a vuoto, tutte le idee brillanti che gli venivano sfumavano facilmente, lasciandolo con la testa leggera.
Voleva far diventare Hakuryuu imperatore più di ogni altra cosa, ma non sapeva se questo in quel momento fosse davvero la sua priorità.
Inconsciamente si posò una mano sullo stomaco; inaspettatamente non fu il dolore ad attirarlo, ma la temperatura che quel punto del suo corpo manteneva. Era freddo, molto più freddo di tutto il resto della sua pelle, quasi come se fosse marmo.
Judar digrignò i denti, e si limitò a stringere il pugno, per contenere quella sensazione, senza abbandonarsi a dubbi o stupore.
Non era certo normale, qualcosa non andava, ma non era in grado di individuare nemmeno un’ipotesi.
Mentre osservava la superfice chiara del soffitto, illuminata dalla pallida luce, si disegnò nella sua mente il volto dell’imperatrice, Gyokuen Ren.
Imprecò lievemente, cercando di scacciare l’immagine che solitamente non era tra i suoi primi pensieri; eppure il suo cervello si ostinava a mantenere vivo quel pensiero, o ricordo.
Perché il viso della donna ora lo vedeva giovane e sorridente, mentre gli parlava tenendolo sulle ginocchia e accarezzandogli la testa ancora infante.
“Troia…” Ringhiò tra sé e sé.
In quel momento un debole bussare lo fece voltare e rantolare quando si rivelò insistente.
“Avanti! Cosa c’è?” Sbraitò infastidito, mentre la grande anta si apriva con uno scricchiolio.
Dopo un attimo di esitazione vide fare capolino due ragazzine di sua conoscenza.
Kougyoku avanzò piano nella stanza con le mani intrecciate in grembo e lo sguardo timido quanto angosciato: “Judar-chan…”
“Non sto morendo, Vecchia!” La bloccò subito il ragazzo, con uno sguardo annoiato e stanco.
Rayenne, dietro alla prima, indugiò qualche secondo in più, prima di entrare anch’ella nella stanza e lasciare in silenzio un vassoio di frutta accanto al Magi.
“Davvero?” Chiese sollevata l’Ottava principessa, ma gli occhi di Judar erano già stati attirati dalla seconda ospite che gli rimaneva accanto: “Ci sono le pesche?” chiese guardando prima lei e poi il cibo che gli era stato portato.
“Ovviamente…” Borbottò la ragazza, mentre il giovane si era già messo in posizione seduta e aveva iniziato a mangiucchiare ciò che più gli piaceva.
Kougyoku sospirò rassegnata alle pessime maniere del sacerdote.
Giocherellò un po’ con le proprie dita, comprendendo quanto la presenza delle due donne infastidisse il ragazzo, così, decise di affrettarsi ad esternare la proposta che si portava dietro da tempo.
“Judar-chan, credi che i miei nobili fratelli parteciperebbero ad una festa?”
Judar si costrinse a portare la mano davanti alla bocca per non sputare, mentre Rayenne si voltò di scatto verso l’ormai amica, comprendendo il collegamento con la discussione che stavano precedentemente affrontando.
“Ecco…” Arrossì la ragazza dagli occhi rosa, nonostante tutto decisa a continuare il suo intento “Rayenne tra poco andrà via… e…non abbiamo fatto neanche una festa con lei… a Sindria ne fanno tante…”
“Quando tornerà a Sindria andrà a tutte le feste che vuole, ti pare?” Ribatté l’oracolo lanciando una fugace occhiata all’altra principessa, che gli fece capire di essere estranea alle idee che passavano per la mente della nobile di Kou.
“Nessuno qui ha voglia di assecondare i tuo capricci Vecchia.” Riprese nuovamente, ingoiando una qualche bacca.
Kougyoku a quel punto si impuntò, quasi sull’orlo del pianto, e dopo un clamoroso “Stupido Judar-chan” si precipitò fuori dalla stanza.
“Principessa!” Cercò di richiamarla l’unica giovane rimasta nella stanza del Magi, ma egli la fece tacere con un gesto rapido, mentre tornava a sdraiarsi tra i morbidi tessuti profumati.
“Se l’è presa?” Chiese Rayenne leggermente intimorita.
“Le passa.” Asserì rapido il Magi chiudendo gli occhi e sbadigliando sfacciatamente.
La principessa si trovo in uno stato di incertezza ed imbarazzo. Gesticolò con la gonna del vestito per un po’senza sapere che fare, e poi, con una certa attenzione, si sedette sul pavimento accanto al giaciglio del giovane sacerdote, dove ormai aveva imparato ad essere il suo posto.
Bastarono i movimenti dell’aria per far rialzare le palpebre del proprietario della stanza, al che si alzò a sedere, osservando la figura inginocchiata accanto a lui, intenta a fissare la parete difronte.
“Allora…stai bene?” Chiese la voce femminile, cogliendo un attimo impreparato l’oracolo.
La mente di Judar dovette macinare un po’ prima di cogliere a cosa si riferisse.
“Ma certo!” Sbuffò irritato, facendo scrocchiare le spalle.
“Menomale…” mormorò lei flebile.
“Come?”
“Mi sarebbe dispiaciuto andarmene se tu non fossi stato in salute.”
A quelle sincere parole gli occhi di Judar si assottigliarono, predatori: “Perché, vuoi davvero tornare a Sindria?”
La ragazza lo guardò con gli occhi violetti attenti, ma non sorpresi.
“Perché vuoi andartene? Ti è stato offerto l’aiuto per vendicare la tua famiglia e il tuo paese, perché vuoi tornare da quello Stupido Re?”
Rayenne scosse la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli nocciola: “Non è solo questo, mi sta aspettando.”
“E tu lo stai aspettando?”
Sul volto del ragazzo si dipinse un sorriso maligno, mentre pronunciava quelle parole, concependo come la sua interlocutrice ne fosse rimasta dubbiosa.
“Vuoi vendicarti, non lo hai negato.” Affermò il Magi Nero, allargando le braccia “Ucciderò chiunque tu ritenga meritevole di essere giustiziato, potrai veder morire chi ha ucciso i tuoi genitori, e tuo fratello.”
“Ti ho già detto che non voglio…”
“Smettila di ripetere quello che ti dice Sinbad, e decidi da sola quello che vuoi.” Si piegò in avanti fino a sfiorarle l’orecchio con le labbra “Lo sai benissimo che quel re ha fin troppi segreti.”
Diede un’occhiata al Rukh dorato che volteggiava attorno alla ragazza. Lo aveva fatto vacillare.
Non l’avrebbe corrotta subito, sebbene non la ritenesse forte sapeva che ci sarebbe voluto tempo, ma lui avrebbe agito come il veleno di un serpente.
A ben pensarci, vi erano ormai diversi elementi che avrebbero favorito il raggiungimento del suo obbiettivo, primo fra tutti lo scettro spezzato.
Le iridi rosse si spostarono sulla ragazza inginocchiata, e Judar la vide tremare.
Ghignò sommessamente appoggiandosi al dorso della mano, mentre con l’altro arto e andò ad accarezzare il capo chino della giovane.
Lei alzò lo sguardo stranamente tranquillo, e Judar si chiese se fosse riuscito a toccare corde importanti.
Esitò un secondo, impegnandosi seriamente ad assumere un’espressione gentile: “Siediti qui, o prenderai freddo.” Disse infine facendole spazio accanto a sé.
Ebbe disgusto per sé stesso nell’avere così cura di una prigioniera, ma in fin dei conti, anche nella sua visuale, il fine giustificava i mezzi.
Lei gli scivolò accanto, e lui si sforzò di sorridere.
“Devo tornare a casa.” La voce quasi infantile scandì le parole, come se volesse imprimerle a fuoco nella mente dell’altro.
Il Magi si lasciò sfuggire un ringhio, e senza pensarci troppo le afferrò le braccia tirandola verso di sé: “Non essere così precipitosa, principessa, possono succedere molte cose, e in fin dei conti una prigioniera non ha diritto di veto, non ti pare?”
Detto questo la lasciò andare con una leggera spinta, invitandola a lasciare la stanza con uno sprezzante cenno del capo.
Rayenne non protestò, intuendo l’irritazione che era salita nel cuore di Judar, e si diresse lentamente verso l’uscita.
Si voltò solo un’ultima volta, per sussurrare parole che aveva voluto dirgli da tempo, parole che secondo lei non erano mai entrate nell’anima di quel mago in teoria così malvagio, ma che lei non era ancora riuscita davvero a conoscere.
Ai suoi occhi lui sembrava più un bimbo capriccioso bisognoso di attenzioni, che un distruttore come lo descriveva Sinbad.
“Io non ti odio.” Mormorò, quasi indecisa se lasciar sentire all’oracolo quelle parole.
Quest’ultimo si sentì sussultare dentro di sé, ma non lo ammise, anzi, si convinse di considerare ridicole quelle parole, quasi offensive.
“Io invece sì.” Le rispose secco mentre la porta si chiudeva in rassegnazione.
Quando fu di nuovo solo sospirò e si rigirò.
Doveva assolutamente tirare le fila, gli stava sfuggendo tutto dalle mani, aveva perso troppo tempo.
Doveva trovare il modo per rendere quella ragazzina completamente dipendente da lui, staccandola completamente dal suo amore per Sinbad. Non era davvero questo il problema, quanto il tenerla accanto abbastanza a lungo da consentire questo processo.
Sospirò e pensò al suo caro Hakuryuu, era più che sicuro che non lo avrebbe aiutato, e nemmeno Kougyoku nonostante tutto avrebbe seguito i suoi piani.
Avrebbe forse dovuto parlare con Kouen? Di certo non voleva essere così dipendente dal Primo Principe, anche perché era escluso che avrebbe seguito i suoi interessi.
Afferrò rabbioso un cuscino e lo scagliò contro la parete. Secondo il suo stato d’animo avrebbe distrutto l’intero palazzo, ma scelse di limitarsi a torturare un qualche nobile a caso, magari con lo stomaco fin troppo deformato per quel che riusciva ad ingerire.
Si alzò con l’intenzione appunto di distrarsi con qualche divertimento, quando un’illuminazione lo bloccò.
Sorrise maligno, mentre chiariva ciò che doveva fare.
Era così semplice, fin troppo, difronte a quell’ingenuità che doveva distruggere.
Lo ribadì ancora dentro di lui: Rayenne sarebbe rimasta con lui, a costo di distruggere l’intera Sindria. Ormai aveva già fatto i suoi conti.

Salve a tutti!
Chiedo scusa per il terribile ritardo, ma ho avuto diversi problemi che si sono dilungati più del previsto.
Comunque, questo capitolo temo sia più tosto noioso, e forse anche più corto e ripetitivo, ma vi prometto che nel prossimo ci saranno esplicitazioni non da poco, e mi serviva questo capitolo per presentarle.
Spero lo apprezziate lo stesso, grazie in anticipo!

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Capitolo 10
*** The voice inside ***


The voice insiede


“Principessa.” Una voce implorava.
Sembrava ormai esausta, come se da tempo stesse cercando di attirare l’attenzione, ma solo quel richiamo aveva destato dal sonno la piccola Rayenne, che aprì stancamente gli occhi, rannicchiandosi nella coperta per proteggersi dall’umidità che aleggiava nella stanza.
Era ancora buio, ma sentiva in lontananza dei rumori, probabilmente provocati da quei servitori che si erano già messi all’opera. Fortunatamente per lei, Judar non era solito importunarla a quell’ora, per cui si rigirò, dando il viso all’angolo di muro contro cui dormiva, e si riadagiò sul tappeto intenzionata a dormire ancora un po’.
“Principessa!”
La ragazza scattò non appena la udì di nuovo.  Stava forse sognando? Era talmente flebile che avrebbe potuto benissimo essere un soffio di vento.
Si guardò attorno, nell’atmosfera bluastra del primo mattino, ma nella stanza non scorse altri che il Magi, che dormiva in una posizione fetale nel suo morbido giaciglio.
Nonostante fosse da un po’ che il sacerdote la faceva giacere nella sua camera in quello scomodo angolo, ancora non si era abituata alla sua presenza; aveva il timore che le venisse impartito un ordine durante la notte, e lei, con il sonno pesante che si ritrovava, non si sarebbe certo svegliata.
Sospirò malinconica. Da qualche giorno a questa parte cominciava a pensare davvero come se fosse stata la schiava personale di quel ragazzo viziato.
“Principessa!”
La terza volta Rayenne balzò in piedi, afferrando il primo oggetto che le capitò a tiro e tenendolo stretto tra le dita con intenzione di difesa: “Chi è là?” chiese guardandosi attorno.
“Non abbiate paura, ve ne prego…” La voce si fece udire ancora.
La ragazza trattenne il respiro, un po’ per la paura, un po’ per capire cosa stesse dicendo; bastava un sussurro per sovrastare quel flebile suono.
“Dove sei?” Domandò ancora, non sapendo da che parte voltarsi.
“Si sta svegliando…”
“Come?” La giovane arretrò andando ad appoggiarsi con le spalle alla parete “Che stai dicendo?”
Ma prima che ci fosse risposta sentì un brusco movimento che la costrinse a voltare lo sguardo.
Con un brontolio Judar si mise a sedere, passandosi una mano tra i capelli disordinati.
Lei trattenne il respiro, credendo in un primo momento di essere stata lei a svegliarlo, ma poi si convinse che ciò non era possibile. “Hai avuto un incubo?” Chiese debolmente.
“Sì…” Rispose lui con la voce ancora impastata dal sonno. Solo dopo qualche secondo alzò lo sguardo per vedere nell’oscurità la figura ritta della principessa.
“Che ci fai sveglia?” la chiese con voce severa, “E come mai sei in piedi?” la squadrò da cima a fondo, per quel po’ che il buio gli permetteva  “ E soprattutto… perché stringi la brocca dell’acqua…vuota… come se fosse l’unica cosa che può tenerti in vita?”
“Ah…” l’interessata si affretta a riappoggiare la sua arma di difesa sul suo mobile, per poi allacciare le dita dietro la schiena e guardare l’oracolo con aria innocente.
“Volevi uccidermi con quella?”
“No! No…io…umh…”  la ragazza tentennò, indecisa sul cosa dire, ma poi si fece coraggio: “Io…ho sentito una voce.”
Dopotutto lui era un mago, avrebbe potuto benissimo comprendere no?
“Perfetto… ho qui una principessina con allucinazioni uditive…”
O forse lo avrebbe fatto se non avesse auto l’intelligenza di una carota.
“Per davvero…” Asserì la giovane incrociando le braccia.
Il Magi sospirò rigettandosi sul materasso: “D’accordo… ma ne parliamo al sorgere del sole.”
Rayenne sapeva benissimo che quello era il suo modo per liquidare l’argomento.
Sbuffò infastidita tornando al caldo e riadagiandosi anch’ella: “D’accordo, nessun problema, chiederò al principe Kouen nel pomeriggio.”
Ci fu un attimo di gelido silenzio, che però non durò a lungo: “Ti ho detto che ne parliamo all’alba.”
La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto, richiudendo gli occhi e lasciandosi scivolare nuovamente nel sonno, aspettando che la luce dilagasse nel palazzo.
Però, quando questo avvenne, la principessa rimase spiazzata nel notare che il bell’oracolo non era lì. Era insolito che si alzasse prima di lei, e questo le fece intendere che in realtà fosse solo per sfuggire a seccature.
Sospirò stiracchiandosi. Prima o poi sarebbe ritornato, ma visto che non era lì pronto a maltrattarla avrebbe cercato Kougyoku per distrarsi un po’ e far scivolare così più velocemente il tempo.
Stava camminando tranquilla lungo il lucido piastrellato quando una voce simile ad un latrato rabbioso la raggiunse attutita.
Non aveva bisogno di pensare per capire di chi fosse; sbuffò infastidita e cercò di raggiungere il posto da cui proveniva.
Certo, se avesse avuto un po’ di più intelligenza avrebbe proseguito nella direzione opposta, ma lei era particolarmente impedita ad evitare i guai.
Le mancò un battito quando sentì di nuovo gli sbraiti del Magi dietro un grande portone, dal quale sentì anche un fermo suono che riconobbe come un ordine del Primo principe.
Non pensò nemmeno a bussare, aprì la porta lentamente, trattenendo il respiro per la tensione e la curiosità.
Lo aveva fatto di proposito, eppure si trovò impreparata quando quattro paia d’occhi la fissarono, annullando ogni rumore presente nella sala.
Le calde iridi di Kouen la guardarono interrogative, mentre lei cercava una qualsiasi scusa per giustificarsi.
Arrossì abbassando lo sguardo al suolo e torturandosi le dita: “Scusatemi… non volevo disturbare…” Balbettò incerta dondolandosi leggermente.
Non sapeva se scappare oppure inventarsi qualcos’altro, anche se di fatto si sentiva bloccata dallo sguardo del più anziano.
“Mi cercavi?”
Sussultò sentendo la voce del Magi provenire dalla sua sinistra, mentre la guardava con aria di superiorità.
Rayenne storse il naso, infastidita, ricordandosi improvvisamente delle altre tre persone nella stanza.
Koumei Ren era immerso in una qualche lettura, e non la degnò più di uno sguardo. Di tanto in tanto alzava gli occhi per osservare il paesaggio esterno, ma poi tornava a concentrarsi sul suo studio.
Rayenne, quelle poche volte che aveva avuto l’opportunità vedere il Secondo principe, lo aveva osservato con attenzione.
Aveva qualcosa di diverso rispetto ai suoi fratelli, ma non riusciva davvero a mettere in chiaro cosa fosse. Sembrava, ai suoi occhi, in qualche modo meno regale dei suoi fratelli, ma questo non era un elemento negativo.
Ciò che la urtava era semplicemente il fatto che lui l’avesse presa in antipatia, e di questo ne era convinta.
“Ehi! Ci sei mocciosa?!” La richiamò alla realtà il Magi.
Quasi si spaventò nel sentire quel tono così adirato.
Ormai aveva capito quanto Judar fosse suscettibile, eppure questa volte sembrava proprio che qualcosa lo logorasse sul serio.
“Io…stavo cercando la principessa.” Disse lanciando un’occhiata a Kougyoku che le sorrise.
La ragazza dagli occhi rosati se ne stava in piedi accanto alla porta in silenzio. Evidentemente era entrata poco prima dell’ospite e ancora non aveva avuto l’opportunità di parlare con il fratello.
“Cosa c’è, Kougyoku?”  Domandò il Primo principe, rivolgendo lo sguardo alla sorellina.
Lei si illuminò avvicinandosi allegramente: “Volevo parlarti di quella questione!” Canticchiò battendo le mani felice.
Rayenne sentì Judar ringhiare seccato, e le venne naturale rivolgergli lo sguardo.
Solo in quel momento notò lo scettro di Was che giaceva tra le sue mani.
Lo stringeva con rabbia, un incomprensibile furore che si stava subdolamente sfogando.
“Vieni, principessa Rayenne?”
Prima che potesse dir nulla la nobile vestita di rosa l’aveva invitata ad uscire dalla stanza.
Rayenne obbedì, rivolgendo un ultimo sguardo all’oracolo di Kou prima di uscire.
Camminarono in giardino, anche se qualche nuvola minacciava pericolosamente l’azzurro cielo, e l’aria non era poi così calda.
La principessa di Sindria nascose le mani nelle larghe maniche di seta, mentre l’altra sembrava fantasticare in mondi sconosciuti.
“Devi aiutarmi per domani!” esclamò tutt’un tratto voltandosi radiosa verso di lei, facendo fluttuare i bei capelli.
La ragazza dagli occhi violetti si ritrovò perplessa: “Prego?” Riuscì a dire, cercando di capire dove e quando si era persa.
L’amica rise dolcemente, con un lieve e adorabile rossore sulle guance: “Il mio nobile fratello è molto più gentile di Judar-chan sai? Tra poco andrai via, e non possiamo non festeggiare questo periodo passato insieme a te!”
Rayenne sorrise di tenerezza; probabilmente era l’unica che voleva festeggiare, e questo la faceva quasi commuovere.
Non che fosse entusiasta per l’evento, dopotutto lei era comunque una prigioniera e si costringeva a voler tornare a casa, ma non aveva il coraggio di contraddire un così sincero altruismo.
Sorrise guardando la principessa vagare tra i cespugli fioriti, senza però seguirla.
Le tornò in mente la voce che aveva sentito quella mattina. Ora, con la luce del sole, le sembrò più plausibile che fosse stato solo un effetto del sonno, e questo le riportò alla mente Judar, che le era sembrato così strano.
Non ci aveva fatto davvero caso, ma pensando al suo viso e al suo tono le sembrava come se fosse stato turbato, cosa che sinceramente aveva creduto impossibile fino a poco prima.
Si immerse in questi suoi pensieri fino a che non fu l’ora di pranzo; si stava davvero preoccupando per lui?
Decise di sua spontanea volontà di portargli personalmente il pasto. Bussò alla stanza del Magi, ma nessuno rispose. Si chiese se davvero non ci fosse nessuno, o se semplicemente la stesse ignorando; d’altro canto solitamente a quell’ora era sempre nei suoi ambienti, per cui si insospettì.
Socchiuse piano la porta per sbirciare, sebbene sapesse benissimo che se lui fosse stato lì l’avrebbe di certo notata, ma davvero quella sala era vuota.
Sospirò e adagiò il cibo accanto al letto del sacerdote, per poi sedersi al suo angolo.
In effetti, anche quella mattina era uscito per andare dal Primo principe molto presto, che fosse successo qualcosa di grave?
Sospirò tirandosi le ginocchia al petto e aspettando.
Dovette farlo per circa un’ora, quando il Magi comparve dietro la porta ormai lei aveva quasi perso le speranze.
Balzò in piedi alla sua vista, con un espressione sollevata che lasciò basito il ragazzo vestito di nero.
“Che stai facendo?” Le chiese richiudendo la porta dietro di sé.
“Che stai facendo tu!” Esclamò lei con tono di rimprovero, ma poi si ricompose subito nel timore, ricordandosi la sua posizione “Ti comporti in modo strano… stai bene, Judar-sama?”
Si aspettò una risposta ironica e sgarbata, ma non arrivò.
Judar la guardò serio per qualche istante, per poi superarla e andare a sedersi sul materasso morbido osservando il pranzo del giorno.
“Ci sono verdure…che schifo…” Brontolò scostando l’odiato alimento dalla carne.
Rayenne si girò verso di lui spiazzata. Stava davvero ignorando la questione? Certo, non era strano che lo facesse, ma mai lo aveva fatto in quel modo.
“Stai bene…?” Provò a chiedere ancora, con una certa paura nella voce.
Ci fu un tagliente silenzio dilungato, in cui la principessa non capì se lui stesse pensando ad una risposta o se di nuovo facesse finta di non aver sentito.
“Hai imparato a suonare quell’affare?” Le chiese lui all’improvviso, accennando con la testa alla lira adagiata tra le coperte della sua schiava.
“Oh…” La ragazza seguì il suo sguardo, sempre più confusa.
“Dovresti farlo, mocciosa. Sarebbe uno spreco sennò.” Borbottò l’oracolo a bocca piena.
“Hai la febbre? Cos’hai?”
Judar nel sentire la voce allarmata si costrinse a guardarla.
“Cosa ti diceva quella voce questa mattina?”
“Come?”
“Non te ne sarai mica già dimenticata! Non servi proprio a niente!”
“Non me ne sono dimenticata!” Ribatté ferma stringendo i pugni “Solo…forse l’ho davvero immaginata.”
“Non mi hai risposto.” Ringhiò sibilino il sacerdote gelandola “Cosa ti diceva?”
Per un attimo le labbra di Rayenne si dischiusero senza emettere alcun suono.
“Mi chiamava…”
“Solo? Ti ha solamente chiamato?”
C’era qualcosa che non andava. La voce del ragazzo era incrinata e frettolosa, sembrava fosse sul punto di esplodere.
“…Mi ha detto di non aver paura…” Continuò lei meccanicamente, impaurita.
“E poi? Da dove veniva quella voce?”
“Non lo so.”
“E non glielo hai chiesto?!” Gridò il mago balzando in piedi “Può esistere un essere più inutile di te?!”
La ragazza scattò indietro, andando a sbattere con le spalle contro la massiccia porta dietro di lei: “L’ho fatto! Ma… ma ha detto che ti stavi per svegliare e…”
Non finì la frase, vedendo il corpo di Judar lasciarsi cadere di nuovo seduto, a peso morto.
“Judar-sama…?”
La principessa non riusciva a capire quell’espressione così strana dipinta su quel volto. Gli occhi cremisi fissavano un punto del pavimento e il suo respiro sembrava essersi bloccato. Il Magi nero sembrava un’altra persona.
“Dannazione…è un vero casino…” Ringhiò afferrandosi la testa e stringendosi i capelli ribelli tra le dita.
“Che cosa?” Chiese la giovane flebile, ma se ne pentì subito.
Venne afferrata con violenza, e scaraventata sul giaciglio del Magi di tutta forza.
“Perché tu sei ancora viva?!” Le gridò lui stringendole le spalle fino a bloccarle la circolazione “Perché non sei stata uccisa?!”
La ragazza serrò gli occhi, quasi faceva fatica a capire cosa stesse dicendo da quanto forte era il suono. Istintivamente cercò di spingerlo via usando mani e piedi, ma fu tutto inutile.
“Sei ancora viva!” Urlò di nuovo Judar, e senza alcun preavviso premette il braccio contro la gola della principessa mozzandole il respiro.
“Chiamalo.” Le ordinò tenendola bloccata.
Lei ansimò non riuscendo a comprendere nulla di quello che stava succedendo; continuava a divincolarsi graffiando la pelle liscia del suo aguzzino senza ottenere alcun risultato.
“Chiamalo!” Ripeté irato lui, stringendo il più possibile.
Non l’avrebbe mollata, Rayenne lo aveva capito, non era un gioco, la voleva veramente uccidere. Era un intenzione semplice e non fraintendibile.
Vedeva i suoi occhi scarlatti luminosi di fuoco sopra di lei, pieni di odio nei suoi confronti e di tutto ciò che lo circondava.
Avrebbe dovuto rassegnarsi da subito: l’odio era l’essenza di Judar.
E in quel momento desiderò di essere salvata, desiderò chiedere aiuto, desiderò essere presa in braccio e portata al sicuro, come in passato.
“Sinbad…” Riuscì a chiamare in preda alla disperazione tra i colpi di tosse e l’aria che sempre più mancava.
Le lacrime bagnavano le lenzuola e le dita del demone che ora ghignava.
“No Rayenne, hai sbagliato.” Rise il mago maligno, continuandola ad osservare “Non verrà a salvarti. E non ti ha salvato neanche quella volta!”
La sua presa continuava a torturarla, senza lasciarle scampo.
“Non sei viva grazie a lui! Non è lui che devi ringraziare stupida mocciosa!” Poi le grida si assottigliarono, diventando un sibilo velenoso all’orecchio della povera vittima: “E nemmeno ora, se ti salverai, non sarà grazie a lui. Non ti rimane molto tempo, avanti.”
La ragazza cercò di recuperare un po’ di ossigeno allungando il collo, non importa quanto lui parlasse, ormai la sua mente non riusciva più a ragionare, tutto ciò che voleva era che la smettesse.
“Judar…”
“Esatto! Ma non basta! Devi pregarmi! Implora il Magi Nero! Devi offrirti a me! Devi annullarti!” Gli occhi di sangue erano iniettati di malvagità e potere.
Era davvero potente.
Era davvero un sole nero. Aladdin lo aveva chiamato così.
Ma cosa voleva dire? Era perché Judar emanava oscurità oppure perché non riusciva a brillare?
Rayenne non era pronta per morire, c’erano tante cose che voleva capire, e tante cose che doveva proteggere.
Lo doveva a sé stessa e a tanti.
“Judar! Ti prego! Non voglio morire!” Gridò spingendo con tutta la forza che aveva, e lui la lasciò.
Riempì i polmoni d’aria come se stesse respirando per la prima volta, rilassò i muscoli e si lasciò supina sul letto.
Ora, che di nuovo il suo corpo aveva ripreso le sue condizioni normali le sembrava come di rinascere.
Sentì il peso del Magi spostarsi accanto a lei.
Non esitò a guardarlo; se ne stava sdraiato di lato, reggendosi il capo e sorridendole come un bambino che aveva appena ottenuto un nuovo giocattolo.
“Domani all’alba ti porterò ad Al ‘ayn.”
L’oracolo lo annunciò con voce soddisfatta, e Rayenne non rispose.
Non aveva il coraggio di contraddirlo, né se ne sentiva in grado. Gli occhi violetti si richiusero esausti mentre sentiva il respiro dell’altro più vicino al suo viso.
“Io ho molto più diritto su di te che lo Stupido Re, lo sai benissimo anche tu.”
In realtà lei non sapeva un bel niente, eppure immagini confuse la fecero stare zitta: fantasmi sfocati e voci sovrapposte che la riportavano ad un tempo ormai trascorso.
“Per cui dovresti rispettarmi.” Continuò il ragazzo “Non importa quanto quello possa cercare di proteggerti, anche se fosse davvero lì non avrebbe modo di fermarmi.”
“Di cosa stai parlando?” Mormorò alla fine la principessa, sentendosi sempre più persa.
Il sacerdote dell’impero si limitò a regalarle un sorriso maligno alzandosi dal letto.
“Riposati, hai davvero un aspetto orribile.” La derise allontanandosi da lei.
Accanto al corpo stremato di Rayenne giaceva lo scettro spezzato.
Judar uscì; Hakuryuu a quell’ora solitamente si allenava, sarebbe andato a vederlo, gli mancavano le solite cose.
Avrebbe voluto andare da Gyokuen e chiederle quella questione, ma non poteva insospettirla.
Non importava, poteva benissimo cavarsela da solo.
Principessa!
E avrebbe in qualche modo eliminato quel richiamo, che veniva da una qualche profondità del tempo.



Eccomi qui, ancora una volta in ritardo. Chiedo scusa, ma questo è davvero un periodo angosciante, e potrebbe finire tra dieci giorni, oppure quest'estate, è tutto da vedere.
Se mi libererò presto pubblicherò il prossimo capitolo in anticipo per farmi perdonare...altrimenti...perdonatemi.
Questo capitolo alla fine è incentrato su Rayenne, ma credo che si possano capire molte cose. Nel prossimo giuro che tornerà al centro Judar.

Grazie a chi leggerà e a chi rcensirà

A presto

 

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Capitolo 11
*** Hell and Heaven ***


Hell and Heaven

 
L’alba dorata era limpida all’orizzonte, mentre il cielo notturno si preparava ad essere spazzato via.
Judar se ne stava in piedi accanto alla principessa, così piccola rispetto a lui, mentre gli occhi violetti di lei guardavano velati le macerie candide che si estendevano davanti a loro.
“Perché siamo qui?” Chiese rotta la voce femminile, mentre l’altro si guardava attorno con disinvoltura.
“Volevo mostrarti a cosa sei sopravvissuta.” Rispose tranquillamente.
“Bene…ho visto…possiamo andarcene.”
Il Magi lo vedeva, Rayenne stava lottando con tutte le sue forze per non piangere, e dentro di lui apprezzò il fatto che ci stesse riuscendo, anche se, era sicuro non sarebbe durato a lungo.
“No, c’è un’altra cosa che vorrei che tu vedessi, o rivedessi.”
Sentì la ragazza deglutire, ma la ignorò brutalmente, non c’era tempo per lasciarla protestare.
Non c’era tempo per provare pietà, lui non poteva provare pietà.
Le punte dei cocci gli pizzicavano i piedi nudi mentre un forte alito di vento gli scompigliò i capelli, facendo volare la sua treccia color carbone.
La sentiva camminare esitante dietro di lui, forse soltanto per non essere lasciata sola in quella che era la tomba della sua infanzia.
Le mura del palazzo svettavano ancora sul luogo desolato, e la ragazza per un secondo fermò il passo.
Quando il Magi si voltò era pallida, più di quanto non lo era già di suo, e tremava come una foglia mossa dal vento.
Gli occhi rispecchiavano il terrore della sua anima mentre delle perle di freddo sudore scivolavano lievi lungo il suo collo.
Judar la prese per mano. Si disse che quello era l’unico modo per farla continuare, si disse che nonostante la sua stupida obbedienza da cagnolino, il timore di lui non sarebbe bastato a farle muovere dei passi.
Le fragili dita di lei vibrarono di tensione, e per un attimo tentarono di scivolare via, ma poi si arresero all’unica via di fuga che aveva in quel momento.
Perché, nonostante la costante paura che rappresentava per lei  quel Magi Nero, in quel momento sembrava essere l’unica certezza che la teneva al sicuro da un baratro di disperazione. Era come se lui, lì davanti a lei, fosse la barriera che la teneva ancora lontana dal suo passato, seppur motivi inspiegabili.
Dal canto suo l’oracolo sentì tremare qualcosa all’interno del suo corpo. Qualcosa di fisico, e freddo, ma lo ignorò, procedendo su quei pilastri distrutti.
La polvere bianca che aleggiava nel palazzo si depositava sulle loro pelli, mentre il ragazzo ripercorreva la via che a mente riconosceva.
Non era sicuro delle reazioni che avrebbe potuto avere lei, e non sapeva nemmeno di preciso cosa avrebbe potuto ottenere, ma tentare non costava nulla.
Sentì i battiti cardiaci della giovane aumentare quando con il dorso della mano le sfiorò il polso, e ne dedusse che fosse causa dell’ angoscia ormai incondizionata.
Quando giunsero a destinazione lui la lasciò lì, nel corridoio semidistrutto, subito davanti a quella stanza.
Non aveva intenzione di vederla avere un’altra crisi di nervi come alla vista di quella lira che aveva raccolto lui da quel luogo, perciò entrò da solo, in attesa che fosse lei a prendere l’iniziativa.
Muovendo qualche passo all’interno si accorse che tutto era rimasto come l’ultima volta; i giochi d’avorio sparpagliati sul pavimento, e le due statuine che aveva calciato lì a pochi passi dai suoi piedi, una senza la coda.
Guardando la stanza e i materiali con i quali erano costruiti i raffinati diletti, ora che era molto più informato rispetto alla prima volta che aveva messo piede in quel luogo, non gli sembrò poi così strano che, in quella sala tutto sommato ben mantenuta, quel giorno ci fosse stata proprio Rayenne.
Il sole che pian piano si alzava nel cielo illuminava la polvere deposta sugli oggetti, conferendone a ciascuno un’aura dorata.
Judar immaginò lei, piccola e paffutella, mentre spostava gli animaletti giocattolo imitandone i versi e di tanto in tanto canticchiando una melodia che proveniva dalla lira.
Al suo fianco, un ragazzo dagli occhi verdi e i capelli dello stesso colore di lei, raccolti in una sottile coda adagiata sulla spalla sinistra, la osservava giocare con un dolce sorriso, mentre le dita pizzicavano le corde dello strumento musicale.
Poi immaginò quel pavimento, un tempo lucido, cosparso da sangue scuro che si dilagava inzuppando le vesti pregiate della principessina, e gli occhi cuccioli terrorizzati sul volto color marmo.
Judar sbatté gli occhi, eliminando quella visione.
Ne aveva viste così tante di cose simili che anche l’immaginazione gli mostrava le cose troppo nel dettaglio.
E poi lui non aveva la più pallida idea di come fosse stato il principe di quel regno, se non da brevi e confusi accenni da parte della sorella di lui.
Si voltò a guardarla, ancora lì, immobile come una statua, con gli occhi che imploravano pietà.
“Avanti.” Le ordinò freddo il mago, e lei, debole davanti a lui, mosse un passo, che la fece accedere a quel che lei sapeva essere stata la sua sala dei giochi.
Ancora prima di entrare lo sapeva.
Ricordava i suoi animaletti selvatici bianchi come latte sistemati sulle mensole con rigore, mentre nella scatoletta sullo scaffale a destra vi erano tutte le statuette d’ambra.
Ricordava gli arazzi di porpora appesi alle pareti, e ricordava il soffice e caldo tappeto che la accoglieva nei suoi divertimenti.
Ricordava le braccia tenere di sua madre, quando entrava con quello sguardo giovane e pieno d’ amore e la prendeva in braccio trascinandola in storie meravigliose e inesplorate. E lei sentiva il suo profumo rassicurante, e vi ci si aggrappava accoccolandosi sotto il suo collo.
E poi c’era anche suo fratello, Jasem, che si sedeva accanto a lei e suonava quella canzone che a lei piaceva tanto, mentre lei si proponeva in danze infantili e buffe.
E poi la sera correva a sedersi sulle ginocchia del padre, ad accettare le carezze quotidiane, quando durante il giorno doveva invece mantenere un formale distacco.
Senza che lei se ne accorse la mano scivolò su una di quelle statuine, rappresentate un cervo, e senza che lei comandasse nulla la sua mente prense a ricordare tutto ciò che quella piccola opera aveva vissuto…fino a quel giorno.
Improvvisamente, come per uno strano incantesimo, nella sua testa riapparirono come in un flash tutte le immagini tremende di quella giornata che era iniziata così normalmente.
Ricordava il suo gioco, e Jasem che le sorrideva tranquillo. Ricordava che ad un certo punto si erano stupiti del rumore chiassoso che si era propagato nel palazzo, ma avevano continuato a divertirsi senza darci peso.
Poi, all’improvviso tutto tremò, qualcosa prese fuoco, lei si guardò attorno spaventata e il principe balzò in piedi.
“Rayenne!” L’aveva chiamata cercando di prenderla in braccio, ma prima che potesse farlo cadde lì, davanti ai suoi occhi di bambina, sporco di quel liquido rosso tanto terribile.
Lo chiamò, ma lui rimase lì, immobile.
Chiamò sua madre, suo padre, il consigliere, chiamò chiunque ci fosse nel palazzo, ma nessuno le rispose. Gli unici rumori che udiva erano le grida provenienti dall’esterno. E si trovò sola, da un momento all’altro, piccola e indifesa, davanti a quel fuoco che divampava e a quelle pareti che crollavano.
C’era qualcuno, davanti a lei. Ma chi? Non riusciva a vederlo. Eppure era lì, ad un passo. Era una figura piccola, eppure terribile allo stesso tempo. Ma chi era?  Non riusciva a vedergli il viso…eppure i suoi occhi lo guardavano…e ora…
Un grido squarciò il silenzio che era piombato nella struttura. Un grido tanto forte e straziato che anche Judar sussultò. Ma quando era pronto ad assistere ad una pazzia, vide soltanto Rayenne rannicchiarsi su sé stessa, coprendosi il capo con le mani, per protezione, mentre piangeva in silenzio, tremando come un agnellino.
Continuava a tremare piangendo di terrore, mentre implorava un qualche spirito di donarle pietà.
Era così piccola e impotente, come lo era sempre stata.
Non perse il senno, semplicemente ricordò un dolore troppo grande perché potesse essere dilungato nel tempo.
Ma ora lo aveva recuperato, e avrebbe potuto rievocarlo quando ella avrebbe voluto. Era questo che Judar voleva. Ma ora, persino lui capiva che non era il caso di indagare, sarebbe stato improduttivo.
E capiva che lei da lì non si sarebbe mossa, il dolore la stava già sfinendo, ancor prima che fosse compiuto.
Così, senza dir nulla, si chinò su di lei, e con più delicatezza che poteva la prese in braccio, desiderando di tornare a casa il prima possibile.
Perché lì, in quel luogo, anche lui non si sentiva affatto bene. La polvere fina gli infastidiva le narici e gli occhi, e il suo corpo sembrava ribellarsi, mentre il punto cruciale nel suo addome gli bruciava incandescente all’aria fresca della mattina.
Si alzò in volo ed uscì.
Sentì la ragazza stringersi a lui, ancora tutta tremante, e lui la tenne ancora più contro di sé, senza un motivo preciso.
Non che provasse pena o cose simili, solo che quei singhiozzi rompevano il suo equilibrio.
Si lasciò accarezzare dal vento, mentre saliva di quota, provando sempre più sollievo ad ogni metro di cielo. Ormai la luce riscaldava tutto il panorama, e Al ‘ayn era diventato un punto distante e ormai invisibile.
I raggi solari si stendevano sulla sua pelle nuda, regalandole una patina luminosa.
Ormai, la cerchia di chi poteva aver attaccato quel popolo si stava restringendo, e Judar era più che convinto che dietro a chiunque fosse stato Al Thamen si ergeva forte e dominante.
Ma Sindria? Cosa aveva ottenuto Sindria da tutta quella storia? Perché, ne era certo, Sinbad non si era mosso solo per pietà. E anche Rayenne lo sapeva.
Quando riatterrò, alle porte del palazzo, non si aspettò di trovare la principessa Kougyoku proprio lì, davanti All’ingresso.
Cosa stesse facendo lì non riuscì a dedurlo, ma un brivido nascosto gli percorse la spina dorsale quando vide i begli occhioni rosa sgranarsi alla vista della principessa di Sindria, inerme tra le sue braccia.
Le ci volle solo un secondo.
“Cosa le hai fatto Judar-chan?!” La vocina acuta fece voltare tutti i servitori lì attorno, intenti nei loro lavori quotidiani.
“Sta’ zitta Vecchia! Non sono stato io!” Le urlò contro con tutto il fiato che aveva in gola, facendole fare un passo indietro.
“A-allora chi…”
Prima che la ragazza potesse finire la frase il Magi l’aveva già superata, dirigendosi verso le proprie stanze.
Non lasciò Rayenne abbandonata al suo angolo, ma le concesse di giacere sul proprio letto profumato. Dopotutto, i cani quando fanno i bravi vanno premiati.
E per lo stesso motivo si stese lì accanto a lei, adagiato su in fianco, ad osservarla.
Provò una certa soddisfazione quando lei sembrò volersi avvicinare a lui, tra le lacrime silenziose e la stanchezza.
Chiuse gli occhi, e cercò di cancellare la voce di Kouen che parlava mentre osservava con sguardo attento lo scettro spezzato, che ora giaceva sopra il mobile poco distante.
Cercò anche di segregare come una fantasia il suo passato che ultimamente gli stava ricorrendo sempre più nei pensieri, fino a sognarlo la notte.
Era sempre quello il sogno: lui, avvolto nelle morbide vesti di seta che stava lì, in piedi, davanti al dolce sorriso di Gyokuen Ren, che in quel momento sembrava così grande rispetto a lui.
Ella aveva teso le braccia verso di lui, come faceva spesso con suo figlio Hakuryuu, e lui, per qualche ragione aveva voluto salirle in braccio.
L’aveva tenuto sulle ginocchia accarezzandogli delicatamente la testa, mentre gli occhioni rossi di lui la guardavano: “Sei stato bravissimo, Judar.” Gli aveva detto “Sei stato davvero bravo.”
Ma proprio in quel momento il sorriso della donna cambiò, e un dolore lancinante al ventre lo fece gridare.
Principessa!
Judar spalancò gli occhi illuminati dal rancore. Si era lasciato di nuovo dominare dai suoi sentimenti.
Strinse i denti facendoli stridere tra di loro, e d’impeto lanciò uno dei suoi soffici cuscini contro la parete dinanzi a lui, cercando di eliminare almeno parte della rabbia che gli stava crescendo nel petto.
“Sei arrabbiato…Judar-sama?” La voce flebile di Rayenne raggiunse debole l’orecchio del mago, che si voltò nuovamente a guardarla.
“Sta’ zitta.” Le ordinò con sguardo autoritario “Dovresti almeno riposarti, sei inutile se non riesci neanche a reggerti sulle tue gambe.” La provocò con una smorfia di disgusto.
Ci fu un attimo di silenzio dove tutto il mondo sembrò fermarsi, in una tagliente tranquillità.
Poi si spezzò.
“Hakuryuu… mi ha detto che tu odi le persone deboli…”
Dagli occhi violacei scorrevano ancora scie amare che inumidivano le guance candide.
“Ha ragione.”
“Quindi mi odi?”
“Sì.”
Di nuovo il silenzio calò pesante e duro nella stanza.
Il viso della principessa si nascose tra i tessuti, attutendo i singhiozzi già lievi.
Judar se ne sarebbe andato volentieri senza parlare, ma rimase lì, forse nella speranza che già ora lei gli desse qualche informazione utile.
Solo per ottenere ciò che voglio. Solo per dare ad Hakuryuu un potere in più degli altri. Solo per farlo diventare re.”
Questo era ciò che la sua mente ripeteva costantemente, ogni volta che si sforzava di non agire d’istinto.
“Non ricordo…” Di nuovo la ragazza parlò sconsolata, voltandosi a pancia in su “Non mi ricordo chi è stato…non ce la faccio… non riesco a darti quello che vuoi…”
“Non ti ho detto di stare zitta?” Le rispose lui. Kouen avrebbe sicuramente detto che era troppo presto, e per quanto a lui sembrasse assurdo cercò di seguire quel ragionamento senza perdere le speranze.
“Io lo so perché sono qui… l’ho capito.”
“Non è difficile capirlo.” La fulminò lui. Se davvero quell’oggetto era tanto ambito, ora come ora Rayenne poteva benissimo arrivarci al motivo della sua costrizione lì.
“Non ci riesco…”
“Taci! Fa silenzio una volta per tutte! Riposati, sta sera c’è quella dannata festa della Vecchia, e tu stai già crollando! Ed è appena sorto il sole! Vedi di rimetterti o quella inizierà a starnazzare come un’oca!” la rimproverò lui, ricordando il visino sconvolto della principessina rosa.
Sospirò nel vedere le iridi viola osservarlo ancora, affrante.
“Dormi.” Le ordinò freddo, e senza calcolare troppo il gesto si chinò su di lei, posando la sua bocca malvagia sulle labbra tremanti di lei.
Non per un gesto di amore, né di affetto. Semplicemente perché lo infastidiva il nome di Sinbad in quella gola, lo infastidivano quelle pupille che si posavano troppo spesso su Kouen, lo infastidiva il sorriso per Hakuryuu, la risata per Kouha o persino il timore per Koumei.
Perché doveva mostrare interesse per tutti gli uomini presenti in quel palazzo tranne che per lui?
Lui si era preso cura di lei, era a lui che doveva essere devota, lui la stava aiutando.
Nemmeno il re di Sindria doveva avere più diritto di lui su di lei.
Quel corpo e quell’anima dovevano essere suoi, di sua totale ubbidienza . Doveva essere un animale devoto, privo di ogni altro pensiero.
E Rayenne dal canto suo percepì quel bacio come un morso di serpente, velenoso e crudele.
Invece dell’affetto che di natura esso doveva rappresentare, lo sentiva trasmettere tutto l’odio e la rabbia verso l’intero mondo.
Eppure, a differenza di quanto anche lei si aspettava, si sentì mancare il respiro, e una strana sensazione le prese lo stomaco e la gola.
Sentiva il cuore nel petto batterle a mille, e le guance riscaldarsi tutt’un tratto.
Nonostante il dolore che tutto quello le stava provocando, la trovò incomprensibilmente una bellissima sensazione. Sentiva il suo caldo respiro riempirle la gola e anche quell’atto di puro egoismo materiale la affascinò a morte.
Non parlò quando lui si allontanò da lei, regalandole solo un ultimo sguardo prima di uscire.
Stette lì, con la mente solo immersa nel rosso più vivo del fuoco che si era appena acceso nel petto, inerme davanti a quella che sembrava una magnifica rovina.
La sua testa ormai era andata oltre il limite, e così si resettò per non esplodere, portandola in uno stato quasi di incoscienza, fino a farla scivolare in un sonno profondo e insperato.
Judar, intanto, si diresse verso il luogo in cui Hakuryuu era solito allenarsi.
Non diede peso a ciò che aveva fatto, non ne aveva motivo, aveva tutti i diritti su di lei, quindi era inutile continuare a pensarci sopra.
Si sentì comunque più leggero, però, quando vide il più giovane dei principi impegnarsi con la sua arma. In quel momento lo avrebbe paragonato ad un cucciolo. Era ancora debole, in confronto ai suoi fratelli.
Ma ciò non cambiava. Quel cucciolo era un cucciolo di tigre, e sarebbe cresciuto, diventando il re che il Magi desiderava.
Era comunque bello, pensò, mentre si destreggiava nello spazio, nobile e regale come un sovrano doveva essere, alla luce dei raggi mattutini. Aveva davvero tutte le caratteristiche, tutte le doti, solo ancora in potenza.
Ecco, il suo unico obbiettivo.
L’oracolo sorrise soddisfatto, mentre la sua giornata era appena iniziata.
 


Salve!
Ecco qui il nuovo capitolo! Ho cercato di non metterci troppo tempo ma sono ancora nei casini, mi dispiace.
Devo dire che sono un pochino (un pochino tanto) terrorizzata nel pubblicarlo perchè...ehm...ecco...sì, avete capito no? D'altro canto scene simili dovevo metterle, un po' la storia le premetteva a prescindere no? Ma...ecco...spero non risulti troppo troppo strano questo capitolo.
Spero lo gradiate comunque, a presto

MadHatter

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Capitolo 12
*** Hey, look at me ***


Hey, look at me

 
“Judar-chan, sei cattivo.” Era per lo meno la decima volta che la principessa Kougyoku ripeteva quella frase.
Hakuryuu se ne stava in silenzio, guardando le montagne, mentre Judar era più concentrato a sgranocchiare una pesca più tosto che prestare attenzione alla sua interlocutrice.
I suoi occhi erano concentrati sulla figura del giovane principe, così bello ai raggi del sole.
Quando gli occhi trasparenti del ragazzo si voltarono verso il Magi, questi si alzò, notando una determinazione in quelle pupille che lo fece sperare.
“Perché non mi hai avvisato?”
La sua voce era ferma e risoluta, e fece sorridere le labbra del corvino.
Non lo aveva portato ad Al ‘ayn perché non compromettesse nulla, ma questa sua curiosità orgogliosa lo compiaceva.
Evidentemente in lui c’era un qualche desiderio di potere.
“Non ne ho avuto il tempo.” Rispose l’oracolo con una scrollata di spalle.
“E Rayenne dov’è?” Chiese infine la principessa, intromettendosi tra i due giovani.
“Sta ancora dormendo.”
“Oh, ma…”
“Smettila di lamentarti!” La liquidò Judar sventolando nervosamente una mano e dando le spalle ai due reali.
Fondamentalmente  non c’era nulla di chiaro nella sua testa, eppure si sentiva stranamente soddisfatto; come quando dopo una fastidiosa fame si sentiva lo stomaco nuovamente pieno.
Il suo passo era deciso e orgoglioso, e il tonfo che provocava a terra lo dimostrava.
“Ohi…” Spalancò la porta senza chiedere alcun permesso, non era assolutamente in vena di inchinarsi o dilungarsi in regalità degradanti.
Kouen alzò semplicemente lo sguardo.
Il Primo principe era in piedi, e questa volta non sembrava essere intento in alcun studio.
Lo sguardo doveva essere pensoso, poco prima che il Magi facesse la sua irruzione. Ma quest’ultimo  dal canto suo di certo non si preoccupò di informarsi su quali pensieri offuscavano la mente dell’uomo.
“Ci siamo quasi! Me lo sento!” Esultò il Magi Nero con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“Te lo senti? Questa è davvero una grande certezza.” Lo stroncò il più grande con voce assolutamente tranquilla.
Per qualche secondo il sacerdote non seppe che dire. In quella storia più e più volte Judar era riuscito a farsi deridere da Kouen Ren, e non sapeva se la cosa lo facesse infuriare o semplicemente lo demoralizzasse.
“Taci…” Ringhiò di ricambio, mentre aggirava il grande tavolo con passo svelto, per portarsi davanti al nobile.
“Ricorda qualcosa…anzi, ricorda tutto! Lo so, l’ho visto!”
Il principe quasi si stupì che quel ragazzino (perché in fondo altro non era) fosse riuscito a capire sinceramente, almeno dalle apparenti situazioni, qualcuno che non fosse sé stesso.
“Ti ha detto qualcosa?” lo interrogò chinando leggermente il capo, per poi rivolgerlo verso una finestra poco distante.
“…no…ma lo farà presto!”
Nemmeno il contegno del Primo principe riuscì a trattenere un sospiro: “Non lo farà presto. È normale che abbia paura.”
Le iridi forti si posarono severe sul Magi: “Ci vorrà molto tempo, e se ci fermiamo ad aspettare lei sarà troppo tardi.”
Il Magi sbuffò alterato, pestando il piede a terra: “Troppo tardi per cosa? E poi qui l’unico che si sta occupando della questione sono io! Sono io che devo seguire quell’idiota ovunque, sono io che sto’ a farle da balia perché non si faccia male, o non si cacci nei guai, o non faccia le moine a quel servitore che sta sempre alle cucine…o…o…o non incontri cavallette per strada.” Concluse con un’espressione che pareva più il broncio di un bambino che quella di un demone adirato, quale doveva essere all’inizio.
“Cavallette…?” Chiese perplesso il principe alzando il fulvo sopracciglio.
Ci fu un momento di silenzio. Kouen ammise dentro di sé che sempre più i suoi ultimi incontri con il sacerdote tendevano a prendere una sfumatura comica e assurda, tanto più se per puro caso erano presenti anche Kouha o Kougyoku.
“Nessuno ti ha chiesto di tenerla lontana dai servitori, non ne vedo il motivo, per cui non serve che ti prendi anche questo disturbo.” Provò ad incalzarlo nuovamente il futuro sovrano, con naturalezza, nascondendo la curiosità che invece si celava dietro a quel viso serio e distaccato.
“Ma…!” Provò a protestare Judar, ma si bloccò subito.
Il nobile non riuscì a trattenere un lieve sorriso di divertimento, nel vedere la bocca aperta del mago rimasto senza parole.
Lo vide ritirarsi su sé stesso in nervosismo e imbarazzo, mentre cercava una scusa adeguata.
“Quel servitore…ha una brutta faccia! Davvero! Ma lo hai visto!? Ha un aspetto così… da servitore! Anzi! Secondo me dovresti tenerlo d’occhio eh…non si sa mai…”
Il naso del moro si alzò ostentando superiorità, mentre le braccia si incrociavano sul petto.
Le nobili pupille rimasero posate sulla figura, silenziose.
Quella situazione ora aveva ben oltrepassato il comico, e forse anche l’assurdo.
“Non mi sembra una cosa strana…” Concluse in risposta Kouen, ben nascondendo la sua perplessità davanti a quelle argomentazioni fantocce… anzi, a quelle non esistenti argomentazioni.
“E invece lo è!”
Tu sei strano.
“Judar…sei stanco…faresti bene ad andare a riposare.”
“Co…?” Gli occhi cremisi si sgranarono lievemente “Non sono stanco!”
“Sei stanco. Vai a riposarti.”
“No! Non è vero!”
Gli occhi severi di Kouen lo fissarono seri, quasi a sfidarlo: “E quel tuo problema? Ti sei più fatto visitare?”
Istintivamente il Magi si portò una mano sullo stomaco, rabbrividendo solo al pensiero di quel dolore. In effetti, ora che ci pensava, aveva sentito quel forte bruciore in quel sogno con Gyokuen Ren.
Sbatté le palpebre perplesso, fissando il muro davanti a sé.
“Judar?”
La voce del principe lo riscosse.
“No…” Scrollò le spalle l’oracolo, volgendosi con uno scatto verso la porta.
“Sei proprio inutile...” Mormorò prima di uscire, ma il giovane regnante non sentì…o fece finta di non sentire.
Judar si spinse fino ad un porticato; non aveva voglia di rimanere all’interno del palazzo, ma allo stesso tempo il sole lo infastidiva.
Si appoggiò al parapetto con le braccia chinando la testa in avanti. Le ciocche scure gli solleticavano la pelle rimasta scoperta dai bracciali.
Non c’era nessun rumore tutt’attorno, tranne quello del vento e il canto degli uccelli.
Sembrava tutto tranquillo, ma non era così.
“Judar…”
Il Magi sospirò a quella voce alla quale ancora non poteva ribellarsi, e si alzò dritto sulla schiena, per guardare il sorriso dell’imperatrice.
Si chiese perché doveva apparire sempre così nei suoi momenti più tranquilli.
Gettò un rapido sguardo ai servitori di Al Thamen dietro la donna, che si inchinavano a lui, e non poté non notare quello che riconobbe come il medico che lo aveva visitato poco tempo addietro.
Alzò il sopracciglio perplesso, e in tutti quegli incastri per un attimo si chiese se tutte quelle questioni non fossero in realtà più grandi di lui.
Scosse la testa con ribrezzo al dubbio per poi tornare a guardare la sovrana.
Sul volto chiaro non era ancora scomparso quel maligno, tenero sorriso.
“Cosa desidera l’imperatrice?” Chiese il sacerdote, senza trattenere uno sguardo sbieco.
“Dobbiamo parlare, Judar caro.” La mano delicata di lei si allungò per andare a sfiorare la guancia del ragazzo.
“A che proposito?” Chiese l’altro abbassando la voce, quasi ad un sibilo.
E nel mentre pronunciava quelle parole il medico dall’insolito abbigliamento si fece avanti, raggiungendo il fianco di Gyokuen.
“Della tua salute.” Concluse infine lei, lasciando Judar senza parole.
 
Nel mentre, Rayenne era addormentata nella sua stanza, ma non c’era segno di tranquillità.
Era in preda ad un sogno…o ad un incubo.
Si dimenava, correndo lungo una strada sassosa di montagna.
L’atmosfera era rossa e odorava di cenere, ferro e sangue. Un villaggio in lontananza bruciava impietoso tra le grida dei suoi abitanti, e per quanto angosciosa fosse la scena ciò che più turbava Rayenne era il fatto di non conoscere quel posto.
E come se non bastasse doveva correre, non sapeva per cosa, ma le sue gambe si muovevano frenetiche in cerca di fuggire, o di raggiungere.
Le fiamme la spaventavano a morte, eppure si accorse che era proprio tra di esse che si stava dirigendo.
Provò ad ordinare a sé stessa di fermarsi, ma fu inutile.
Corse tra le case di legno che ardevano come enormi falò funebri, e lì, davanti a lei qualcosa di nero prese forma, ma non fece in tempo a vederlo.
“Principessa Rayenne!!”
Il dolce grido la fece piombare troppo velocemente fuori da quel mondo parallelo.
Si sentì letteralmente cadere, e quando riatterrò nel suo corpo il respiro era veloce e straziato.
Gli occhi brucianti intravidero nella penombra della stanza una giovane figura che pareva turbata da qualcosa.
Quando finalmente riuscì ad avere abbastanza lucidità per guardare come si deve si accorse che altri non era che l’Ottava principessa.
“Principessa…?”
“Ti sei svegliata…” Sospirò sollevata la ragazza vestita di rosa.
Rayenne si guardò per un attimo attorno disorientata.
Si rese conto solo dopo parecchi secondi di dove si trovasse.
Le tende impedivano alla luce di penetrare nella stanza del Magi, perché il sonno della ragazza fosse più facile.
Rayenne sprofondò tra i soffici cuscini, nella vana speranza di nascondersi da una realtà troppo esasperata.
Quei tessuti pregiati erano impregnati del profumo di Judar, lo riconosceva bene, e dentro di sé sentì qualcosa di strano ed inspiegabile. Un disagio che però sentiva di riuscire a sopportare nonostante tutto.
E mentre ci pensava, si chiese quali fossero le effettive abitudini di quel ragazzo così ferino;  com’era abituato il sommo sacerdote, il Magi, a vivere senza di lei?
Era sicura che fosse costantemente circondato da servitori, e che mangiasse a capo di grandi tavole imbandite solamente per lui. Era così che si comportavano i nobili e i principi.
Eppure a causa sua lui si era costretto a cambiare.
Forse era cambiato più in apparenza, forse davvero lei non aveva mai visto nulla né di lui, né di quell’impero in cui ora si sentiva in fin dei conti a suo agio. E forse mai aveva conosciuto Sindria, e il re Sinbad, e tutta la sua storia e il suo passato.
Se avesse potuto avrebbe voluto dissolversi nel nulla, morire cancellando con sé tutta la sua intera esistenza.
“Hai fatto un incubo?” Di nuovo la voce di Kougyoku la riscosse. La ragazza le stava accarezzando innocentemente e timidamente i capelli, e Rayenne provò un’ondata di tenerezza per quella persona.
Possibile che anche qualcuno come lei fosse soltanto una finzione?
Si sentì sollevata nel fatto che in quella stanza ci fosse lei. Non Sinbad, non Judar, ma quella ragazza che pur essendo una principessa guerriera assomigliava di più a quei ragazzini vivaci che scorrazzavano per le strade di Sindria con spade di legno e corone di fiori.
“Sì, principessa Kougyoku…ho avuto un incubo.”
La giovane regale di Kou le sorrise: “Bene! Ho il modo perfetto per non pensarci! Devi prepararti!”
La principessa di Sindria la guardò perplessa, ricordandosi solo in quel momento della tanto nominata festa.
Evidentemente stava per far esperienza dei riti di bellezza di Kou.
 
Intanto, per i lussuosi corridoi del palazzo si aggirava un Judar non poco adirato.
Sentiva i nervi pronti ad esplodere mentre le nocche erano bianchi per i pugni stretti.
Avrebbe voluto gridare, distruggere, uccidere, ma questa volta era costretto al silenzio.
Perché non era solo arrabbiato, era sconcertato.
Gyokuen, e tutta l’organizzazione stessa si stava prendendo gioco di lui.
Non era un giocattolo, né un burattino. Eppure si era lasciato manipolare nella certezza di una vendetta futura. Ma se quelli volevano divertirsi usandolo come pretesto, semplicemente si sbagliavano di grosso.
“Ehi, Judar!”
La voce del Terzo principe lo fece voltare ancora con l’irritazione negli occhi.
“Che c’è?”
“Non ti sei ancora cambiato per sta sera?”
Il Magi inarcò un sopracciglio basito: “Non ne ho alcuna intenzione!”
“Cosa? Hai idea di presentarti così?”
“Perché no?!” Ribatté nuovamente il mago “Questa è solo una stupidaggine della Vecchia! Non ho alcuna intenzione di assecondarla!”
“Sarà…” Borbottò il giovane principe “Ma ci saranno un sacco di ragazze.”
“Non mi interessa affatto! E poi non mi sembra che Hakuryuu o Koumei siano cerimoniosi quanto te.”
Kouha rimase in silenzio per alcuni secondi, mentre un sorriso forse involontario nasceva sulle sue labbra: “Quantomeno loro non vestono come una prostituta…”
“Che cosa?!” Gridò spiazzato il ragazzo dai lunghi capelli color notte, con le gote improvvisamente arrossate dalla rabbia e dalla sorpresa di quell’affermazione sfrontata: “Ma senti chi parla!!”
“Su, su, scherzavo.” Si difese con disinvoltura l’altro, dando le spalle al sacerdote :“Sbrigati.” Concluse infine, incamminandosi sulle piastrelle lisce.
Di certo dell’ironia del principe Judar avrebbe fatto volentieri a meno… anzi, era proprio l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
Sarebbe andato a quella festa da idioti proprio com’era vestito in quel momento, tanto l’unica cosa che gli interessava era il cibo, e poi cosa non andava nel suo abbigliamento? Era certo che a Rayenne e Kougyoku piacesse, e con Rayenne e Kougyoku intendeva praticamente tutto il genere femminile. Evidentemente le ragazze erano accomunate tutte dalla stessa tendenza mentale, pensava, eccetto le donne di Al Thamen, che però risultavano forse anche più odiose delle altre.
Anche se a quanto pareva Rayenne e Kougyoku, e quindi tutte le altre donne, fanciulle, bimbe, o vecchie decrepite, cadevano in uno strano stato di adorazione di fronte al Primo principe imperiale Kouen Ren. Una volta la principessa di Sindria aveva borbottato in sovrappensiero qualcosa sui suoi pettorali. Davvero, cos’aveva quell’uomo in più di lui, eccetto una decina di anni in più?
Per non parlare poi di Sinbad! Quello stupido Re! Anche lui, aveva il mondo del gentil sesso steso ai suoi piedi, nonostante ciascuna sapesse bene quale fosse la natura del sovrano.
Oh, certo, bisogna precisare che lui non era affatto geloso. Semplicemente tutto ciò era un affronto alla sua comprensione.
Ma il peggio, la totale degenerazione, ciò che davvero toccava il fondo era un’altra persona ancora: il principe Kouha Ren.
Anche qui, avere attorno quella mosca di una principessa mocciosa gli aveva fatto notare cose che prima, nonostante gli stessero proprio sotto il naso, gli erano passate del tutto inosservate.
Infatti il giovane principe che (a parer del Magi) era stato bloccato allo stato corporeo di 13 anni, era abile a catturare i favori delle giovani tanto quanto il re sopracitato, se non di più! E non si parla solo di quelle sue irritanti servitrici!
E allora, si chiedeva, cosa ci fosse di sbagliato nel mondo, se persino Kouha batteva sul piano attrattivo il grande Judar.
Certo, di nuovo, semplicemente una questione di logica.
Una questione di logica che gli tenne la mente occupata anche per le ore seguenti, tanto da distoglierlo dalla sua iniziale arrabbiatura, e che però iniziò a logorarlo quando, nel grande giardino profumato del palazzo il sacerdote, steso sul tappeto morbido che era stato adagiato tra i fiori variopinti mutati dalla luce della notte, scovò una certa figura troppo vicina al principe Kouen.
Rayenne era avvolta in una morbida seta viola, con i lunghi capelli adornati da delicati fiori bianchi e indaco, e sedeva sorridente accanto al principe su un lungo tavolo imbandito, insieme a Kougyoku e la principessa Hakuei, e sembrava che in quel contesto anche il principe più anziano provasse un dignitoso piacere nel discorrere con quelle donne.
Ed erano davvero vicini. Molto vicini.
E non era per debolezza che non riusciva a non guardarli, era semplicemente che non riusciva a capacitarsi di come una donna che in fondo era appena stata baciata da un uomo potesse essere così adulante con un altro, tanto da avere le tenere gote arrossate.
La bocca di Judar sputò un suono infastidito.
Non gli interessava davvero la cosa… però lo aveva ribadito più volte che lei era una sua proprietà, il suo cagnolino, ma tutta quella situazione stava dicendo l’esatto contrario.
Addentò una fetta gialla di melone, e si concentrò sul gusto zuccherino del frutto, decidendo di ignorare completamente le tre persone. Anzi, decise di ignorare tutti i presenti, considerando quella la più grande stupidaggine esistita a Kou.
Avrebbe volentieri raggiunto Hakuryuu, ma il ragazzo si era ben presto affiancato alla sorella, e quindi il Magi si era ritrovato da solo, come se questa fosse stata una novità.
Certo, l’aria era piena di sapori e musiche, ma di certo quell’evento era molto distante dai tipici festeggiamenti di Sindria che Kougyoku voleva tanto imitare. Tutto era molto più rigido e privato, rispetto all’esuberanza che il Re idiota permetteva nel suo paese.
Anche quelle danzatrici che ora lo avevano circondato, sebbene volteggiassero tra ventagli e veli possedevano movenze fredde e nobili, che contrastavano molto con l’agitarsi delle giovani del regno di Sinbad.
E più le guardava, più se ne convinceva: quella festa era una perdita di tempo.
Ma mentre pensava così, qualcosa lo distrasse dalle sei ragazze che gli danzavano tutt’attorno.
Ora, Rayenne era ritta in piedi davanti a lui, e lo guardava con uno sguardo vuoto, che quasi stentò a riconoscere come suo.
“Cosa c’è?” Le chiese spontaneamente il Magi, guardandola con aria interrogativa.
Improvvisamente si dimenticò dei suoi ragionamenti attuali, tornando indietro nel tempo, alla presa in giro di Al Thamen e prima ancora alla sua crudele mattinata con lei.
Ma cosa le prendeva così, all’improvviso, nel bel mezzo di una festa? Kouen le aveva detto qualcosa?
“Magi…” Lo chiamò, e Judar sgranò leggermente gli occhi nel sentirsi chiamare così da lei.
Il volto della ragazza si levò lievemente verso l’alto mentre lanciava un occhiata sprezzante a qualcosa accanto a sé.
E poi, inaspettatamente richinò la testa verso l’avanti, simulando un leggero ma rispettoso inchino: “Io so danzare molto meglio, Magi.”


Eccomi qui!! Lo so sono in un dannato ritardo, ma prometto che per un po' mi impegnerò al massimo per rispettare i tempi perchè...ho finito gli esami!! Quindi è per questo che ho fatto così tardi, mi dispiace.
Comunque... alla fine questo capitolo è diventato tutto sommato leggero nell'ultima parte, e almeno all'inizio del prossimo questa cosa si manterrà... spero non sia una delusione.
Sono davvero felice di essere tornata, mi impegnerò al massimo!

A presto

MadHatter

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