Due di Ayumi Yoshida (/viewuser.php?uid=34262)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima - Gli uomini non urlano al vento i propri sentimenti ***
Capitolo 2: *** Parte seconda – Men che meno Kushina Uzumaki ***
Capitolo 3: *** Parte terza - Battaglie intestine ***
Capitolo 1 *** Parte prima - Gli uomini non urlano al vento i propri sentimenti ***
Due
Parte
prima – gli uomini non urlano al vento i propri sentimenti
“Oggi faremo pratica per
l’utilizzo delle
bombe fumogene!”
Il sensei era entrato in classe
soltanto
da pochi minuti, ma il mormorio tra gli alunni era già
notevole: dovevano
essere entusiasti di poter uscire in cortile in quel giorno di sole,
perché di
solito non si risvegliavano che a metà mattinata.
Guardò alcune facce a caso e
le scoprì tutte contente e illuminate. Soltanto la solita
ragazzina se ne stava
con lo sguardo basso e imbronciata in un angolo, le braccia conserte
come a
voler tenere gli altri a distanza.
“Mettetevi in
coppia.” ordinò, e tutti
si alzarono vociando, avvicinandosi a chi desideravano. Soltanto lei
no. Se ne
restò seduta nel suo angolino a testa ancora più
bassa: sarebbe stato un bel
problema. La guardò sospirando e si lanciò alla
ricerca di qualcuno che potesse
essere appaiato con lei: c’era soltanto Minato,
l’alunno migliore del suo corso,
che forse tutti evitavano per non essere messi in cattiva luce. Almeno
per quel
giorno il problema Kushina Uzumaki era stato evitato: sin da quando era
arrivata a Konoha dal villaggio del Vortice, qualche settimana prima,
non
l’aveva mai vista muovere un dito per farsi accettare o per
fare amicizia con
gli altri.
“Kushina-chan,
c’è Minato-kun che è rimasto
da solo. Puoi fare coppia con lui!” suggerì in
tono fintamente bonario. La
bambina, però, non diede segno di averlo sentito,
perché non si mosse di un
millimetro. Aveva quasi deciso di costringerla ad alzarsi alzando la
voce,
quando vide che Minato si stava dirigendo verso di lei, e decise di
lasciarlo
fare. Avrebbe cominciato a far uscire gli altri bambini
dall’aula e sarebbe
stato a lui convincerla.
Minato si fermò a venti
centimetri dalla
sedia di Kushina, in attesa che lei lo degnasse di attenzione, cosa che
non
avvenne. Soltanto allora si schiarì la voce e sorrise.
“Mi chiamo Minato
Namikaze, sono
contento di fare coppia con te, oggi.”
Con una smorfia incredula,
finalmente la
bambina alzò la testa e lo guardò negli occhi. I
suoi erano sgranati
all’inverosimile: quel ragazzino non doveva essere normale.
Non si erano mai
parlati prima, e la salutava con quel fare tanto amichevole.
“Io sono Kushina Uzumaki,
ma lo sai già.
In classe non si fa che sparlare di me da quando sono
arrivata.” replicò,
piccata, sperando che lui scappasse a gambe levate. Il sorriso di
Minato, però,
si allargò senza diventare sarcastico o scherzoso.
Alzò le spalle, come a dire:
“Non ci pensare” e poi aggiunse:
“Vogliamo andare?”
Sbuffando, Kushina annuì
ed afferrò la
sua sciarpa, sistemandosela attorno alla vita mentre seguiva fuori
dall’aula il
suo compagno di classe.
Il sensei li aveva condotti tutti
nel
cortile sul retro della scuola e aveva già fatto sistemare i
suoi compagni uno
accanto all’altro in una lunga linea che arrivava fino alla
staccionata.
Dovettero raggiungerli sfilando davanti a tutti mentre i parlottii si
sollevavano e morivano nel momento in cui superava ognuno di loro.
Irritata, si
sistemò alla fine della fila, sorpassando anche Minato. Per
quel motivo non li
sopportava: non avevano neppure provato a fare amicizia con lei, quando
si era trasferita
a Konoha, l’avevano messa da parte e basta. Parlottavano
sempre alle sue
spalle, ridevano di lei quando credevano non guardasse nella loro
direzione,
guardavano con una smorfia i suoi capelli rossi. Era strano che Minato
Namikaze
l’avesse avvicinata con così tanta confidenza,
doveva fare attenzione.
Persa nei suoi pensieri, non
capì quasi
nulla della spiegazione che il sensei diede per
l’esercitazione: quando poi egli
passò a distribuire le bombe, si ritrovò con una
palla nera e dei bastoncini per
accendere il fuoco in mano senza sapere cosa fare. Lanciò
allora un’occhiata in
tralice a Minato: lui si era già accovacciato per terra e
stava trafficando con
la bomba, rimuovendo un pezzo di corda sottile
dall’involucro. Quando sollevò
la testa, i loro occhi si incontrarono a due diverse altezze, e lei
distolse
subito lo sguardo.
“Ho preparato la prima
bomba.” le spiegò
gentilmente, rialzandosi in piedi, e gliela mise tra le mani anche se
lei
fingeva di non prestargli attenzione. “Comincia pure per
prima.”
“Non se ne
parla!” Un po’ più concitata
di quanto avrebbe voluto sembrare, la sua copertura saltò e
Kushina allungò le
braccia verso Minato per restituirgli la bomba: non aveva sentito
neppure una
parola, non voleva cominciare per prima e mettersi, così, in
ridicolo.
“Comincia tu!”
“Come vuoi.”
Leggermente sorpreso,
Minato riprese la bomba tra le mani e si chinò di nuovo per
raccogliere i
bastoncini per azionarla. Sfregandone uno con cautela contro i vestiti
bruciò
la miccia della bomba e la lanciò nel punto in cui il sensei
aveva ordinato.
Anche altri bambini avevano già fatto lo stesso, infatti una
cortina sottile di
fumo prese ad alzarsi intorno a loro.
“Hai visto? È
facile!” Minato allungò di
nuovo una bomba verso di lei con il sorriso, e Kushina tossì
per prendere
tempo. Come faceva ad essere così tranquillo mentre
maneggiava qualcosa che
avrebbe potuto esplodergli in faccia da un momento all’altro?
La afferrò
saldamente e si chinò a raccogliere un bastoncino per
appiccare il fuoco alla
miccia. Con la mano destra, sfregò velocemente il bastoncino
sui vestiti come
aveva fatto Minato, ma esso non prese fuoco. Provò
nuovamente, ma nulla. Minato
la osservava in silenzio. Imbarazzata e irritata, sfregò
ancora più forte in un
impeto di rabbia, e, come per miracolo, la testa del
bastoncino si accese. Entusiasta, si voltò
verso la bomba che teneva nella mano sinistra, alla ricerca della
miccia. A
colpo d’occhio, non la vide, quindi prese a girare la bomba
per cercarla: se
non era sopra, doveva essere-
“Kushina-san!”
esclamò Minato,
allarmato, interrompendola.
“Che
vuoi?”
“La tua
sciarpa!”
Come se un kunai l’avesse
appena
trafitta proprio in quel punto, all’improvviso consapevole,
la bambina si voltò
di scatto verso il suo compagno, inorridendo: la sua sciarpa stava
bruciando,
polverizzandosi a vista d’occhio ad ogni respiro per colpa
del bastoncino
infuocato che aveva perso d’occhio.
“La
mia sciarpa!” ululò afferrandola
là dove l’aveva annodata sulla vita, ma
dovette subito allontanare le mani perché il tessuto
scottava. Non fece in
tempo a riordinare i pensieri che vide quelle più grandi di
Minato lanciarsi sul
nodo della sua sciarpa per sfilargliela di dosso.
“Scotta!”
riuscì soltanto a dire, ma lui si morse un labbro e
continuò ad armeggiare sul
suo fianco a testa bassa come se la seta fosse stata fredda. Quando
afferrò tra
le mani la sciarpa, però, le sue dita erano tutte rosse e
rigonfie.
“Ti sei
scottato!” esclamò
senza riuscire a smettere di
guardarlo, senza sapere cosa fare. Si sentiva i piedi pieni di piombo.
Il
bambino, però, scosse la testa mentre le porgeva la sciarpa.
“Se non
l’avessi fatto saresti stata tu
a scottarti.” Minato sorrise per dimostrarle che era tutto a
posto porgendole
la sciarpa. “È seta, giusto? La seta brucia
davvero velocemente, siamo stati
fortunati… Puoi prendere la sciarpa, adesso è
fredda, non preoccuparti!”
Spinse di nuovo la sciarpa verso di
lei,
che continuava a fissargli le dita in preda allo shock senza dire
nulla. Minato
Namikaze non aveva avuto paura di scottarsi per aiutarla, anche se non
si erano
mai parlati prima. Afferrò quello che restava della sciarpa
stringendola forte
nel pugno senza riuscire a guardarlo.
“Non voglio
più fare questa
esercitazione. Continua da solo.”
A testa bassa, gli rimise la bomba
non
scoppiata tra le mani, lo superò e si sedette a gambe
incrociate davanti al
tronco di un albero lì vicino, scura in volto. Minato
continuò a fissarla,
sorpreso: Kushina
gli sembrava molto
sola e non tanto a suo agio in classe, ma, per qualche motivo che non
riusciva
a capire, lei non sembrava aver voglia di integrarsi. Non faceva nulla
per
scambiare due chiacchiere con gli altri, a volte non li guardava mai
neppure
negli occhi, proprio come stava facendo in quel momento con lui. Non
riusciva a
spiegarsi il perché, ma non voleva che lei restasse sola. In
classe già avevano
cominciato a circolare strane voci sul suo conto. Raccogliendo tutto il
suo
coraggio, fece un respiro e la chiamò.
“Kushina-san!”
La bambina sollevò la
testa, sdegnata
per essere stata disturbata, e lo fulminò con lo sguardo,
facendo quasi
vacillare la sua sicurezza. Ma Minato si ripeté che non
doveva arrendersi e
azzardò: “Secondo me dovremmo continuare.
Non potremo mai essere dei buoni ninja se non impariamo ad usare le
bombe
fumogene come si deve… ” Vide che lei lo stava
ascoltando e continuò, più
convinto: “Se vuoi, posso mostrarti di nuovo come si fa!
Anch’io la prima volta
ho fatto quasi esplodere una bomba in faccia al mio compagno, non devi
preoccuparti! Se ci impegniamo e proviamo prima o poi-”
Si interruppe
all’improvviso, perché
Kushina aveva cominciato ad alzarsi in piedi. Quando gli fu di fronte e
si
guardarono negli occhi, Minato sentì una strana sensazione
al petto che gli
rese più difficoltoso respirare, ma durò un
attimo, perché, sorpreso, si lasciò
sfuggire: “Vuoi… continuare?”
Lei strinse le labbra, a disagio, e
replicò: “Voglio diventare il ninja più
forte del mondo. Dammi quella bomba.”
Piacevolmente colpito, il bambino
non
riuscì a fare a meno di sorridere. Si chinò per
raccogliere una delle bombe e
gliela porse con gentilezza. Voleva davvero diventare amico di Kushina
Uzumaki,
e sperò che quel gesto riuscisse farglielo capire.
“Spero che faremo di
nuovo coppia
insieme.” aggiunse timidamente, e lei arrossì
all’improvviso. Quel
ragazzino era
davvero strano: di solito gli
uomini non urlavano al vento in quel modo i loro sentimenti.
E
vorrei solo dirti ora che te ne vai
Se
è amore, amore vedrai di un amore vivrai
(Due – Raf)
Buonasera
a tutti! ^^
Erano secoli che non scrivevo su questa coppia che adoro,
perché può essere declinata davvero in ogni
contesto, e grazie al contest di Maiko_chan ho potuto farlo di nuovo,
ed è stato tutto casuale! XD
Come
avete letto, ho descritto un incontro diverso da quello descritto da
Kishimoto perché, come dicevo anche a Maiko, vorrei dare
unìimpronta di realismo a questa storia, anche se essa
comincerà a vedersi ancora di più dal prossimo
capitolo. Ebbene sì, sono in totale tre capitoli.
Mi state odiando, vero? XD
In
questo capitolo sono state gettate soltanto le basi della loro
relazione: c'è stato un avvicinamento, e Minato è
riuscito a superare la riluttanza di Kushina. Il meglio
verrà dopo. Spero davvero che questo primo capitolo via sia
piaciuto, e mi farebbe davvero piacere sapere cosa nel pensate! ^^
Alla
prossima! :)
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Capitolo 2 *** Parte seconda – Men che meno Kushina Uzumaki ***
Due
Parte
seconda – Men che meno Kushina Uzumaki
“Ti piace
Kushina-san?”
Il tono di voce di Jiraiya-sensei
era
chiaramente provocatorio, ma Minato non parve accorgersene,
perché alzò le
spalle e lo fissò, in tutta risposta, con gli occhioni
sgranati.
“Non saprei dirle,
sensei… Ho avuto
l’occasione di parlarle poche volte. Di solito se ne sta
sempre da sola e non
vuole partecipare a nessuna attività. Mi chiedo se ci sia
qualcosa che la
turba!”
“Ehi, ehi, non volevo
arrivare a tanto!”
Il maestro rise mentre lo guardava assottigliando gli occhi. Aveva
avuto sin
dall’inizio l’impressione che Minato Namikaze fosse
troppo maturo per la sua
età, e se ne stava convincendo sempre di più da
quando l’Hokage gli aveva dato
il permesso di allenarlo da solo dopo le lezioni
dell’Accademia. Quel bambino
aveva qualcosa che gli permetteva di leggere dentro gli altri soltanto
guardandoli negli occhi, e quella Kushina Uzumaki di segreti dolorosi
da
nascondere doveva averne molti, data la fretta e la riservatezza con
cui era
stata fatta arrivare dal villaggio del Vortice.
Però Minato aveva anche
un difetto, non si
rilassava mai, ed era un po’ dura stargli dietro e fargli
capire quando
scherzasse o meno, come in quel caso. Aveva quasi deciso di rivelargli
che lo
stava prendendo in giro per divertirsi un po’, ma poi si
disse che non ce n’era
bisogno, perché tanto lui non avrebbe capito: era
concentrato soltanto sul suo
allenamento, sui suoi studi e su quella pausa che stavano facendo prima
di terminare
l’affinamento di una nuova tecnica e rientrare a casa. Il
resto non gli
interessava, men che meno Kushina Uzumaki.
Quel pomeriggio, mentre si recava
al campo
di allenamento con Jiraiya, si erano imbattuti in Kushina, ed ella li
aveva
salutati con parecchia freddezza.
Minato
era stato sovrappensiero durante tutto l’allenamento, anche
se, guardandolo,
non si sarebbe detto: non sembrava distratto, né aveva mai
sbagliato un
movimento. Di solito Jiraiya invidiava questo suo lato,
perché lo avrebbe
aiutato ad andare lontano, ma quel giorno io suo allievo gli faceva un
po’ di tenerezza:
era completamente preso da Kushina e non riusciva a pensare ad altro,
lui che
lo conosceva bene poteva affermarlo con certezza. Mentre gli anni
passavano,
aveva visto il suo alunno e i suoi sentimenti verso quella strana
ragazza
crescere in intensità giorno dopo giorno, fino a svelarsi e
non poter più
restare nascosti, anche se non ne avevano più parlato. Con
Kushina stavano
sempre insieme, facevano praticamente tutto insieme, ma ormai aveva
diciotto
anni e aveva capito molte più cose rispetto a quando era un
bambino.
“Ti piace
Kushina-san?” gli chiese,
allora, mentre erano in pausa, facendo in modo che la stessa identica
scena
accaduta anni prima si ripetesse. Il tono di voce di Jiraiya-sensei era
provocatorio allo stesso modo, ma, questa volta, Minato
abbassò gli occhi
sommessamente e annuì.
“Non devi
vergognarti!” esclamò allora per
rassicurarlo, trattenendo un sorriso: non l’aveva mai visto
comportarsi in quel
modo. Il ragazzo sospirò tristemente e sollevò lo
sguardo.
“Non so cosa fare,
sensei.” confessò
controvoglia “Credo di aver fatto qualcosa che non dovevo. Ultimamente Kushina-san è molto fredda
con me.”
“Ah.” Jiraiya
lasciò che quelle parole si
perdessero nell’aria mentre cercava di riordinare i pezzi di
quella storia. Non
credeva che Minato avesse potuto combinare davvero qualcosa di grosso,
perché
era troppo ligio al dovere e rispettoso persino per pensarci. Era lei, il problema.
Non aveva creduto a ciò
che gli aveva
raccontato l’Hokage finché non vi aveva assistito
con i suoi occhi, e ne era
rimasto intimamente sconvolto. Kushina Uzumaki era violenta, iraconda e
non
temeva nessuno. Non si era fatta problemi a dargli un pugno sul viso
quando
l’aveva scoperto a fissarle il seno più a lungo
del dovuto, anche se lui era
uno dei ninja leggendari e se si trovavano al cospetto
dell’Hokage. Capiva bene
perché Minato temesse che lei fosse di cattivo umore: da
quella ragazza non si
sapeva mai cosa ci si doveva aspettare.
“Dai, magari ti ha
guardato male soltanto
perché eri con me.” tentò di
consolarlo, glissando, però, sul perché della sua
affermazione, ma il suo alunno non gli sembrò affatto
convinto da quelle
parole. Era un peccato, perché anche a Kushina lui piaceva:
gli occhi adoranti
e splendenti con cui l’aveva guardato quando lo avevano
appuntato Jonin la
settimana prima non potevano mentire, ma Minato non avrebbe mai potuto
accorgersene,
inesperto com’era su certi argomenti. Decise di farglielo
notare, sperando che
in quel modo almeno la situazione si sarebbe sbloccata.
“Perché non
glielo dici?” gli propose
improvvisamente, guardandolo con un sorriso bonario “Quanto tieni a lei. Sono certo che anche
a Kushina-chan tu piaci.”
“Lo pensi davvero,
sensei?” gli chiese
Minato, il tono di voce stranamente concitato. “Ho paura che
lei non mi creda
se glielo dico.”
“Ti crederà.
Fidati di me.”
Jiraiya non avrebbe saputo dire in
che
momento a Minato fosse esattamente cominciata a piacere Kushina
Uzumaki,
perché, quando se n’era accorto, lo aveva
già visto talmente assorto e sospeso
tra i pensieri che aveva immaginato fosse da tanto, tantissimo tempo.
Si
ripromise che doveva chiederglielo in qualche modo, magari con una
delle sue
solite battute, mentre a passi veloci si recava verso i campi di
allenamento.
Kushina Uzumaki non era stata
mandata in
missione, quindi doveva essere ad allenarsi con i suoi compagni di
squadra, a
quell’ora. Intravide i suoi lunghissimi capelli fiammanti da
lontano e prese ad
avvicinarsi con aria oziante fischiettando, le mani ben affondate nelle
tasche.
In un attimo, come se lo avesse fiutato, Kushina interruppe la sua
serie di
mosse e si voltò di scatto, fulminandolo con lo sguardo.
“Cosa ci fa lei qui?” urlò da una
parte all’altra del recinto che li divideva “Non sarà venuto per spiarci quando ci
cambiamo!”
“Kushina-chan!”
esclamò immediatamente la
sua sensei in tono disperato, mentre Jiraiya scoppiava in una fragorosa
risata.
“Scusala, Jiraiya-kun, la conosci ha un
caratteraccio…”
“Non preoccuparti,
Kurumi-chan, lo so
bene!”
La ragazza arrossì
leggermente,
guardandolo con gli occhi ridotti a fessure.
“Me la presteresti un
attimo?”
“Fai pure!”
“Assolutamente no! Non
voglio neanche
vedere uno sporcaccione come te! Non osa-”
“Ti piace
Minato?”
La bocca di Kushina si chiuse
improvvisamente
e la ragazza lo guardò, orripilata. Si voltò di
scatto a controllare la
reazione della sua sensei, ma la donna non c’era
già più. C’erano soltanto lei,
Jiraiya-sama e la sua domanda formulata in tono stranamente serio per
provenire
dalle sue labbra. Intimorita, la ragazza addirittura
balbettò.
“Cosa… Cosa
significa questa domanda?”
“Allora ti piace,
eh?” Jiraiya si lasciò
scappare quelle parole con un sorriso amaro, senza pensare al fatto che
avrebbe
potuto usare un altro approccio per farla parlare. In quel momento
pensava solo
che quei due ragazzi erano fortunati, perché i loro
sentimenti erano
ricambiati, non come per lui, che, nella sua vita, veniva costantemente
rifiutato. “Non devi vergognarti, è normale. Da
quando hai capito che ti
piaceva?”
Kushina strinse le labbra cambiando
espressione, preoccupata da quella del maestro: non l’aveva
mai visto così
abbattuto.
“Sensei, sta
bene?” gli chiese allora.
“Non cambiare argomento.
Ti prego,
rispondimi. Da quando ti piace Minato? Poi lo chiederò anche
a lui.”
“A…
A lui?” Gli occhi della ragazza si illuminarono,
pieni di una nuova
consapevolezza. “Intende forse dire” Sul suo volto
si aprì un sorriso largo,
così diverso dai suoi soliti. “che anche
io piaccio a Minato?”
Pronunciò quelle parole
con un filo di
voce, piena di speranza, e Jiraiya non se la sentì di
mantenere il riserbo
sulle parole del suo allievo.
“Certo!”
annuì con un sorrisetto, ma poi
ritornò subito serio: “Io, però, non ti
ho detto niente!”
“Sì!”
Stranamente piena di pudore, Kushina
gli sorrise timidamente e strinse le mani una nell’altra,
abbassando gli occhi.
“Da quando una sera mi ha sorriso.”
“Cosa?”
L’uomo la
fissò senza capire, e Kushina
alzò gli occhi, imbarazzata.
“Lui mi piace da quando
una sera mi ha
sorriso senza motivo.” urlò, nuovamente irritata,
e scappò verso i suoi
compagni senza avere il coraggio di dire altro.
“L’altro giorno
passeggiavo accanto ai
campi di allenamento e, per caso, ho incontrato Kushina
Uzumaki.” buttò lì
Jiraiya come se gli fosse venuto in mente all’improvviso. In
realtà ci stava
pensando da cinque lunghi giorni, ma non aveva mai trovato il modo
adatto per
dirglielo. Soltanto l’avvicinarsi dei quella data
così importante l’aveva
smosso dall’impasse. Povero Minato, non poteva immaginare
cosa lo aspettava.
“Davvero?” Il
suo allievo sembrò piuttosto
sorpreso dalla sua affermazione. “Non la vedevo da un
po’, credevo fosse in
missione. Stava bene?”
“Certo! La conosci,
è una roccia, nulla
potrebbe buttarla giù!” Il ragazzo sorrise
cercando di nascondersi alla sua
vista. “Piuttosto” Le labbra di Jiraiya si
strinsero, indugiando su di lui, ed
egli alzò lo sguardo, attento. “Da quando ti piace
Kushina Uzumaki?”
Minato si lasciò
prendere dal nervosismo
per via della sorpresa e ricambiò il suo sguardo leggermente
impacciato, ma la
sua voce era limpida quando gli rispose.
“Da quando, una volta
all’Accademia, due
dei nostri compagni l’hanno presa in giro e lei ha fatto
tutta da sola: si è
difesa, ha lottato, li ha messi a tacere. Ho pensato che fosse una
persona
splendida e che mi sarebbe piaciuta averla accanto.”
“Sei serioso anche in
questo tipo di
situazioni.” commentò Jiraiya con un sospiro,
alzando gli occhi al cielo. Il
sole stava cominciando a sparire, sostituito da una luna pallida e
lontana.
“Purtroppo devo darti una brutta notizia… Questa
notte Kushina lascerà il
villaggio per fare ritorno nel paese del Vortice.”
Minato spalancò gli
occhi, sorpreso.
“Per quale motivo? E come
mai di notte?”
Come al solito, il suo allevo aveva
capito
ogni cosa.
“Non ti si può
nascondere nulla. Ascoltami
bene, Minato.” L’uomo riabbassò lo
sguardo e lo puntò su di lui, stranamente
teso. “Kushina Uzumaki è un Jinchuriki, ha una
forza portante dentro di sé. È
stata mandata qui in segno di pace dal villaggio del Vortice e adesso
è stato
deciso, dato che non ha acconsentito a sposare qualcuno del villaggio
della
Foglia per siglare definitivamente l’alleanza, di rimandarla
a casa.”
“Era questo che la
turbava.”
Il ragazzo pronunciò
quelle parole
sovrappensiero, mentre tentava di ricostruire la linea temporale di
tutte le
volte in l’aveva vista di cattivo umore, arrabbiata o triste.
Doveva sopportare
qualcosa di distruttivo dentro di sé, eppure non
l’aveva mai confidato a nessuno
e continuava a condurre una vita normale, senza lasciare che qualcosa
la buttasse
a terra. Lo stomaco di Minato si strinse forte, facendolo scattare in
piedi
all’improvviso. Per la prima volta, capì che era
davvero innamorato di lei, che
era davvero lei che voleva avere accanto per tutta la vita.
“Jiraiya-sensei, mi da il
permesso di raggiungerla?”
Minato correva da dieci minuti,
senza
sapere dove cercare Kushina. Forse era a casa a preparare le sue cose
per il
viaggio, oppure era semplicemente da qualche parte senza che lui
riuscisse a
trovarla.
Giunto nei pressi del monumento
degli
eroi, si fermò di scatto, affannato, per riprendere fiato.
Sembrava che il suo
corpo non volesse più saperne di ragionare ed obbedire agli
ordini, tanto che
lo stava sballottando di qua e di là senza neppure dargli la
possibilità di pensare.
Si impose, allora, di respirare più lentamente per
ossigenare il cervello:
Kushina doveva essere per forza a casa a fare i bagagli, doveva partire
in
poche ore, era inutile perlustrare il villaggio. Si voltò
verso gli alberi per
lanciare un’ultima occhiata al monumento, come faceva di
solito ogni volta che
passava da quelle parti, e gli parve di vedere un riflesso rosso tra le
foglie.
Si ripeté che era impossibile che Kushina fosse
lì, ma i suoi piedi furono più
forti e lo trascinarono nello spiazzo dove c’era il monumento
di pietra. La
ragazza gli dava le spalle, rivolta verso il monumento degli eroi:
erano stati
davvero i suoi capelli a chiamarlo.
“Kushina-san!”
esclamò a voce troppo alta
per esserle così vicino, un urlo che gli uscì
dalle viscere. Lei sobbalzò e si
voltò, visibilmente sbigottita. “Cosa… cosa
ci fai qui?”
“Pensavo…
Pensavo che loro” sussurrò,
atona, indicando con la mano il monumento “loro sono riusciti
a fare qualcosa
di buono per essere ricordati. Io, invece, da quando sono qui non ho
combinato
proprio nulla.”
Il ragazzo le si
avvicinò, dispiaciuto. “Sei…
triste per la partenza?” azzardò a voce bassa
quando ormai era così vicino che
lei avrebbe potuto udirlo anche se avesse mosso soltanto la labbra. Il
battere
incessante del suo cuore, però, fu spezzato dalla voce
improvvisamente irritata
di Kushina: “Come fai a saperlo?”
“Me l’ha detto
l’Hokage.” mentì per
salvare il suo maestro. Se le avesse detto la verità, la
credibilità di
Jiraiya-sama ai suoi occhi sarebbe diminuita ancora di più e
si sarebbe
infuriata, cosa che, però, accade comunque perché
lei urlò: “Per caso ti ha
detto pure che sono un-”
“Sì.”
la interruppe Minato annuendo con la
testa. Non voleva che lei dicesse Jinchukiri ancora una volta, aveva
già
sofferto abbastanza a causa di quella parola nella sua vita.
“Ma per me non
cambia nulla.” la rassicurò, fissandola con occhi
penetranti “Per me sei sempre
Kushina-san. Mi dispiace molto che tu debba andare via… Non voglio che tu vada via, Kushina.”
Trafelato e stanco come se avesse
corso
per ore senza mai fermarsi, sentì che lo stomaco gli si
stringeva nuovamente
mentre le afferrava delicatamente la mano. La ragazza non disse nulla,
ma lo
guardò senza riuscire a mascherare la sorpresa.
Mentre si avvicinava lentamente al
suo
viso, le labbra socchiuse come se avesse difficoltà a
respirare, Kushina lo
sentì davvero vicino a sé: per la prima volta
Minato non l’aveva chiamata
Kushina-san.
Si era formata una strana atmosfera
tra di
loro, e il silenzio si era fatto innaturale. Lo guardò,
rapita, come sentendosi
nuda sotto i suoi occhi, e appoggiò la fronte sulla sua. I
loro respiri
divennero uno solo mentre entrambi inalavano una il fiato
dell’altro, poi
Minato staccò la fronte e cominciò ad avvicinarsi
alle sue labbra.
Minato le piaceva da morire. Lo
capì in
quel momento, mentre il suo stomaco continuava a rintanarsi e a
espandersi
senza sosta, facendola sentire male. Capì che era lui una
delle motivazioni per
cui, quel pomeriggio, era corsa al palazzo dell’Hokage e gli
aveva urlato in
faccia, infuriata, che non sarebbe ritornata al villaggio del Vortice,
che non
avrebbe continuato ad obbedire alle loro parole, che avrebbe vissuto la
sua
vita come più desiderava.
Quando era ritornata in strada,
però, si
era sentita smarrita, incapace, e si era rifugiata presso quel
monumento che
tanto le piaceva, perché celebrava gente forte, che aveva
lottato ed era
arrivata a morire per i suoi ideali. Minato le piaceva da morire, ma,
quella
sera, non si sentiva pronta per perdere anche il punto fermo della sua
amicizia.
Il loro rapporto era già perfetto così, non
voleva che cambiasse trasformandosi
in qualcosa che aveva il timore di definire.
Kushina Uzumaki era sempre bastata
a se
stessa, non aveva mai ricevuto amore, perché Minato avrebbe
dovuto dargliene?
Era fiduciosa del fatto che, se il loro rapporto non fosse cambiato, la
sua
vita sarebbe continuata come al solito. Nulla si sarebbe incrinato. La
loro
amicizia era troppo importante per rischiare in quel modo.
Così, mentre una piccola
parte di lei
lottava con le unghie e con i denti perché facesse il
contrario e lo stomaco le
si stringeva per l’ultima volta, si scansò da quel
bacio e abbracciò il ragazzo
con tutta la forza che aveva. Sbigottito, Minato
s’immobilizzò tra le sue
braccia. Kushina l’aveva respinto abbracciandolo, e non
avrebbe potuto farlo in
modo peggiore. L’urlo che avrebbe voluto lanciare gli si
mozzò in gola, e
lasciò che la sua testa ciondolasse nell’aria, la
vista appannata e l’udito
ovattato.
“Non me ne vado, Minato.
Resto qui.”
Io
sono qui
Come
te
Con
questa paura d’amare per
Due
minuti, due ore o un’eternità
(Due
– Raf)
Note:
Ecco qui il secondo capitolo, fresco fresco (insomma XD), ma condito
della mia immensa felicità per essere arrivata prima a
questo contest! *______*
Ringrazio di cuore Maiko per il giudizio preciso ed accurato in ogni
punto, per le correzioni e per l'immensa pazienza nel leggere questo
lavoro lunghissimo! Sei una giudicia
da incorniciare! Copio-incollo il tuo giudizio sotto tutta questa
manfrina! XD
Tornando a parlare del capitolo, anche qui, finalmente, fa il suo
ingresso la tanto famigerata friendzone: dopo tutte le cose allucinanti
che si sentono in giro non potevo non inserirla! Questi due me la
ricordano troppo! XD Come andranno le cose? Si risolveranno per il
meglio o moriranno tutti? XD L'unico modo per saperlo è
attendere il prosimo capitolo!
Spero davvero che valga la pena continuare a leggere questa fic! Per
questo motivo, ci tengo a ringraziare l'unica persona che mi ha
lasciato un parere sullo scorso capitolo, nemi 23. Ciao, e
grazie di cuore per aver rotto il ghiaccio, la tua recensione mi ha
reso molto felice! Sono contenta che questa "apertura" ti sia piaciuta
e che tu l'abbia trovata veritiera e condita da personaggi ben
riusciti. Era molto che non scrivevo su Minato e Kushina ed ero un po'
preoccupata. ^^ Spero che questo capitolo possa piacerti quanto il
primo, fammi sapere cosa ne pensi! ^^
Lo stesso dico a voi, o lettori innominati: se vi è
piaciuta, se vi ha fatto schifo (XD), fatemi sapere qualunque
impressione! ^^
Al prossimo ed ultimo capitolo! ;)
Primo
Classificato: Ayumi Yoshida
Grammatica
e stile: 9,5/10 punti
Sei
stata quasi perfetta! Il tuo stile mi piace molto, è
scorrevole e ogni parola è al suo posto, non ho trovato
niente da doverti contestare. Anche la grammatica è perfetta
anche se, purtroppo, ho trovato nel testo due piccoli errori
– sviste di poco conto, delle sciocchezuole che
avrebbero potuto essere eliminare con una maggiore cura – che
ti sono valsi questo punteggio e li elenco qui sotto:
“[...]
Non fece in tempo a riodinare i
pensieri [...]” → riordinare.
“[...]in che momento a Minato fosse esattamente cominciata a
piacere Kushina Uzumaki, perché, quando se n’era accorto
[...]” → n'era.
Originalità:
10/10 punti
Ho
trovato questa storia molto originale, poiché anche come tu
stessa hai fatto presente sei riuscita a rendere Kushina e Minato molto
più normali, delle persone che vivono per diventare ninja
fortissimi. Ho trovato anche molto singolare il fatto che tu non abbia
voluto parlare di destino: sarebbe stato un tremendo cliché
per questa coppia! Ti sei assolutamente meritata il punteggio pieno ;D
IC:
10/10 punti
Io
amo Kushina e Minato e tu sei riuscita a renderli tali che non ho
riserbo a dire che Kishimoto potrebbe benissimo prendere spunto da
questa storia per un piccolo racconto su loro due. Li ho trovati umani,
con i loro dubbi e le loro sofferenze, con Minato sempre serio e
concentrato con quel suo sorriso che fa innamorare Kushina e lei, buffa
e spontanea – lamentosa, anche, e manesca. Insomma ho adorato
tutte le sfaccettature che gli hai dato!
Trama:
9,5/10 punti
Anche
qui sei stata eccellente. Ho trovato una trama molto ben congeniata,
ogni pezzo del puzzle era al posto giusto. L'unica cosa che mi
è dispiaciuta è stato il finale un po' brusco:
lì mi sono chiesta se non avresti potuto dire di
più.
Uso
pacchetti: 9/9 punti
I
pacchetti sono stati tutti usati benissimo, ho trovato tutto molto
originale e ogni prompt è stato sfruttato al meglio. Hai
fatto un ottimo lavoro, non ti sei smentita! Mi sono piaciuti
particolarmente i momenti in cui hai adoperato
“scottature” e “divano”, mi
sono divertita ed emozionata!
Giudizio
personale: 5/5 punti
E,
per finire in bellezza, l'ultimo parametro. Davvero forse non dovrei
dilungarmi troppo – mi sembra di aver già parlato
troppo AHAHAHA – ma voglio ribadire quanto mi sia piaciuta
questa storia. L'ho trovato molto bella e realistica, tutto quel
destino ed etcetera iniziava a darmi sui nervi xD Minato mi ha fatto
innamorare e Kushina... beh quando l'ha respinto avrei voluto prenderla
a sberle ù-ù Ma li ho adorati entrambi, come
adoro questa storia. E la canzone che hai aggiunto era azzeccatissima,
ha dato un tocco di classe al racconto *_* Ti sei superata, i miei
complimenti!
Totale:
53/57 punti
P.S.
Nel punteggio non è stato conteggiato il punteggio della
citazione (3 punti) poiché non ve n'è stata usata
alcuna.
Premi Aggiuntivi!
Miglior
IC -
Ayumi Yoshida
Premio della Giuria: Ayumi Yoshida
Miglior Pairing: Ayumi Yoshida
|
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Capitolo 3 *** Parte terza - Battaglie intestine ***
Due
Parte
terza – Battaglie intestine
“Non
mi piace qui.”
Kushina
si guardò di nuovo intorno stranamente insicura,
stringendosi più
forte nelle spalle per non abbassare la guardia, mentre cercava di
raddrizzarsi nel divanetto in cui era sprofondata. Minato si era
subito accorto che c’era qualcosa che la turbava e
lottò contro se
stesso per non sembrare preoccupato quanto lei.
“Cosa
c’è che non va?” le chiese con
gentilezza, cercando di
confortarla. “Sembra tutto molto…”
Deglutì, guardandosi
intorno a sua volta. “normale.”
Sospirò,
perché non riusciva a crederci neppure lui. E Kushina se ne
accorse
subito, perché sbuffo rumorosamente avvicinando il viso al
suo in
modo pericoloso, mandando il suo cuore in iperattività. Gli
lanciò
uno sguardo irritato con la fronte aggrottata.
“Smettila
di dire stupidaggini!” esclamò a voce talmente
alta che la donna
che era all’entrata sobbalzò insieme a Minato e li
guardò storto
“Come fai a dire che è tutto tranquillo? Ci sono
uomini e ragazze
che continuano ad entrare e ad uscire da quelle porte! Tu
lo chiami “normale”?”
“Però”
tentò di calmarla Minato ritraendo istintivamente il viso e
allungando le mani verso di lei “è soltanto per un
po’…
Jiraiya-sense-”
“Quel
vecchio porco!” tuonò la kunoichi su tutte le
furie mentre faceva
scricchiolare le dita pensando a tutti i pugni che avrebbe voluto
sferrare al Sannin. “Portarci in un posto del genere mentre
siamo
in missione! Dovremmo essere a raccogliere informazioni per
l’Hokage
sul villaggio della-”
“Kushina,
ti prego, così ti farai scoprire!”
sussurrò Minato, concitato,
giungendo le mani, e lei si afflosciò sul divanetto
all’improvviso,
terrea in volto per l’imbarazzo. Cavolo, a volte odiava la
sua
impulsività.
“Ok.
Mi calmo.” mormorò più a se stessa che
a rivolta a lui come per
autoconvincersi, ispirando ed espirando un paio di volte, ma
non poteva farcela.
Non se il maestro Jiraiya aveva fatto in modo di incontrare il loro
aggancio per infiltrarsi nel villaggio della Pioggia in un locale
privato dove vecchi
uomini stanchi si trastullavano con la compagnia di giovani donne un
po’ scollacciate.
Ripeté
quelle parole che Jiraiya aveva loro detto con una
professionalità
che aveva dello spaventoso sibilandole all’indirizzo di
Minato.
“Ti
rendi conto” si impuntò mettendosi le mani sotto
le ascelle,
imbronciata “che ci ha trascinati in una casa
chiusa?
Ti rendi conto di quello che succede in questi posti? Ti rendi conto
che-”
“Kushina.
Lo
so.”
ribatté Minato laconico, sembrando immensamente stanco, e si
lasciò
cadere accanto a lei con un sospiro, sottintendendo che la questione,
per lui, era chiusa. Aveva soltanto sognato una missione tranquilla
insieme alla ragazza che gli piaceva, nient’altro. Non
romantica,
soltanto tranquilla: dopo che lei lo aveva rifiutato non osava
più
pensare al romanticismo, quando si parlava di Kushina Uzumaki.
“Lo
so.
Sappiamo com’è fatto Jiraiya-sensei, e non
possiamo farci niente.
Men che meno adesso. Siamo comunque in missione.”
La
kunoichi gli lanciò uno sguardo di sottecchi, in tralice,
sorpresa
da quella reazione, e strinse le labbra. Da quella sera al monumento
degli eroi, a volte percepiva più freddezza in lui, mentre
le
parlava.
“Lo
so che siamo in missione, ma non è giusto.”
protestò desiderando
un appoggio che sapeva non sarebbe mai arrivato, e si sentì
stupida
come una bambina che vuole a tutti i costi una caramella. Anche le
parole di Minato le diedero la stessa impressione.
“Mettiti
comoda e stai tranquilla.”
Lo
shinobi le sorrise in modo artificioso e si raddrizzò sul
divanetto
lanciando larghi sguardi intorno a sé. Sovrappensiero,
Kushina lo
imitò, ma quello che vide la irritò a morte:
ragazze che potevano
avere la sua età continuavano a saltare da una porta
all’altra di
quelle che si affacciavano sull’anticamera dove stavano
aspettando,
in compagnia di uomini dai volti puliti che magari avevano lasciato a
casa moglie e figli ed erano lì alla ricerca di qualche
avventura.
Se
le avesse avuto la fortuna di avere una famiglia, non
l’avrebbe
lasciata certo a casa, in attesa, mentre andava a fare cose
oscene come
quelli uomini. Soltanto pensandolo, si convinse che le migliori
fortune capitavano sempre a chi non le meritava. Strinse forte i
pugni, combattuta tra lo scoppiare e il ributtare tutto dentro, ma
alla fine decise di alzarsi senza fare rumore e sibilò:
“Io esco.”
prendendo la via dell’uscita.
“Kushina,
aspetta!”
La
voce di Minato la bloccò dopo un solo passo. Si
voltò e lo vide in
piedi, come lei, con il volto pieno di preoccupazione.
“Siamo…
siamo in missione!”
Sempre
quella stupida missione. Lì dentro si consumavano i delitti
più
atroci e a lui non importava di nulla se non di quella stupida
missione. Chissà per quale assurdo motivo, si chiese
voltandosi con
i piedi pesanti, gli uomini non riuscivano mai a organizzare le
proprie priorità in una scala soddisfacente.
“Ho
detto che esco.” sibilò fissandolo con occhi
assassini “Non
scappo.
Esco e basta. Aspetto fuori.”
“Ti
prego, non uscire. Sai che anche a me questo posto non piace per
niente.” si tradì finalmente Minato, leggermente
in ansia. Era
strano vedere quell’espressione sul suo viso, dopo il
distacco dei
giorni appena passati. Soprattutto per via della sorpresa, Kushina si
trascinò di nuovo verso divanetto senza difese, con i piedi
ormai
ripieni di piombo e vi si lasciò cadere realizzando pian
piano che
era ancora dentro quel posto orrendo.
“Non
ce la faccio!” bofonchiò portandosi le mani al
volto, ma la voglia
di non lasciare Minato da solo era quasi pari al suo disgusto, in
quella battaglia in cui nessuna delle parti riusciva a vincere.
Aprì
leggermente le dita fino a che non riuscì a scorgerlo
abbastanza
chiaramente e lo chiamò.
“Minato?”
“Sì?”
“Sappi
che ti odio profondamente. Non voglio vedere più neanche un
insetto
di questo posto. Ti prego, usciamo da qui! Aspettiamo fuori
Jiraiya-sensei!”
La
sua voce era agitata, e il ragazzo tentò di distrarla
cominciando a
parlare.
“Non
ci credo che mi odi… Dai, un altro po’ e poi
andiamo via;
Jiraiya-sensei ci ha detto di aspetta-”
“No!”
Kushina
si alzò di scatto e corse verso la porta per approfittare di
quella
mossa improvvisa: non riusciva più a reggere quel posto.
Sorrise
mentre apriva la porta, contenta per quella liberazione, ma una
sagoma molto più grande di lei la guardò con
occhi troppo vispi,
sbarrandole la strada.
“Ciao!
Non ti ho mai vista qui, sei nuova? Se sei libera, perché
non-”
Paralizzata,
Kushina vide lentamente la mano dell’uomo che si avvicinava
alla
sua per afferrarla e trascinarla con sé.
“Sono
occupata, sono occupata!”
strillò senza riuscire neppure a reagire e corse a
nascondere la
testa dietro la schiena di Minato lanciandosi sul divanetto,
stringendo forte il suo braccio. Il ragazzo guardò il
cliente con lo
sguardo più spaventoso che poteva, mentre il cuore gli
batteva a
mille perché Kushina respirava sulla sua schiena, e
l’uomo si
allontanò in silenzio dopo aver lanciato ad entrambi
un’ultima
occhiata annoiata.
“Puoi
smetterla di nasconderti, è andato via.” le disse
a bassa voce, ma
lei scosse la testa e non si mosse. Si sentiva una stupida ad aver
capitolato in quel modo contro quel maniaco ciccione, e aveva persino
afferrato forte il braccio di Minato. Come avrebbe fatto a
giustificare quel gesto? Farlo le sembrava innaturale e la metteva a
disagio.
“Non
voglio.” si lasciò scappare in tono lamentoso.
Imbarazzata da quel
lato di sé che stava emergendo in battaglia,
affondò ancora di più
il viso dietro la sua schiena, come se quel comportamento potesse
aiutarla a cancellare l’impaccio. “Queste ragazze
hanno la nostra
età e quegli uomini fanno loro… È
come se ci fossi io, al loro posto.”
Minato
sospirò sentendola rabbrividire contro la sua schiena. Era
quello
che avrebbe desiderato fare se avesse potuto trascorrere tutta la sua
vita con lei, proteggerla quando, per qualche motivo, lei non
riusciva, nonostante la sua forza, a farlo da sola. Come in quel
momento. Si voltò leggermente e, con il braccio che Kushina
non
stava stringendo, la cinse. Lei sbatté la fronte sul suo
petto, poi
sollevò lo sguardo, smarrita.
“Cosa
c’è?”
Minato
ricambiò il suo sguardo a disagio, le labbra contratte.
“È
che vorrei fare quello che fanno questi uomini in questo
posto.”
“Cosa?”
L’urlo
infuriato di Kushina, tradita, durò un attimo, giusto il
tempo di
controllare rapidamente che la donna addetta alla ricezione dei
clienti non stesse facendo caso a loro, e Minato posò le
labbra
sulle sue, mettendo fine a quel bacio immediatamente e spostando lo
sguardo a terra, preoccupato dalla sua reazione.
“Puoi…
puoi prendermi a pugni se vuoi. Ma… non me ne pento. Se non
volevi,
mi dispiace. Ma
io sono davvero innamorato di te.”
La
ragazza non disse nulla. Passarono alcuni minuti senza né
guardarsi
né parlarsi, poi all’improvviso Minato
sollevò la testa e la
pregò di rispondere al più presto, gli occhi
stranamente scuri.
Kushina aveva lasciato il suo braccio e aveva un’espressione
ancora
sorpresa, ma c’era anche qualcos’altro in lei. E
non sembrava
rabbia.
“Sto…
ancora decidendo a quale parte di me dare ascolto.”
spiegò
finalmente, cercando di sembrare razionale, mentre Minato la fissava
come se avesse appena visto un fantasma.
La
voglia di scappare e quella di stringergli di nuovo il braccio
continuavano a darsi violentemente battaglia in lei, senza cedere
neanche un centimetro di terra conquistata. Però, se ci
pensava
bene, la seconda armata doveva essere un pochino più forte,
se era
riuscita a tenerla attaccata a quell’odiato divanetto per
tutto
quel tempo.
“Hai
sempre ragione tu!” sbottò, irritata, mentre
dentro di lei
scoppiava una gioia selvaggia e incontrollata. Afferrò il
braccio di
Minato ed esclamò: “Ti odio per
questo!”, avvicinando il viso al
suo e baciandolo finché non restò senza fiato,
conficcando le dita
nei suoi vestiti, stringendosi forte a lui, lasciando a bocca aperta
Jiraiya quando fu davanti a loro.
“Volete
che vi affitti una camera?” chiese l’uomo
sogghignando senza
pietà. Entrambi sobbalzarono, rossi in viso, cercando di
giustificarsi, ma Kushina restò senza parole quando si
accorse che,
nonostante tutto, Minato non aveva spostato il braccio che avvolgeva
la sua schiena.
Due
perché siamo noi
Due
lottatori
Due
reduci
(Due
– Raf)
Note:
ecco qui l'ultimo capitolo, con un ringraziamento spaciale ai recensori
dello scorso capitolo, Caesara
e ran1412, che mi hanno spinto a pubblicarlo. Questo
è il capitolo che ho amato più scrivere, che ho
sentito più mio, forse per il fatto di essere stata l'idea
che ha fatto da base a tutto la storia e di averlo scritto per primo.
Spero che possa esservi piaciuto e che
il finale non sia stato deludente. ^^
Alla prossima!
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