don't panic.

di marrymezayn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - don't leave. Everybody leaves. ***
Capitolo 2: *** II - I miss your stupid face. ***
Capitolo 3: *** III - Non gli dissi niente, lo guardavo e m'innamoravo. ***



Capitolo 1
*** I - don't leave. Everybody leaves. ***


                                         
                                                                               © si ringrazia lilac j per il fantastico banner. ♥

 
Steso sul grande letto king della loro stanza, guardava Keyra dormire. Era riuscito a raggiungerla e dopo aver parlato in aeroporto, si erano diretti in quella che doveva essere la casa di Keyra per quell’anno. Appena aveva messo piede dentro quella casa, lei aveva strabuzzato gli occhi e lui era tornato sul pianerottolo chiedendo al tizio della casa, una mascherina. Lo schifo era indescrivibile.
La moquette puzzava di non si sapeva cosa - e non voleva saperlo -, le pareti erano ricoperte di muffa. Aveva fatto una cosa sola: aveva preso Keyra per mano e borbottando che mandava l’ispezione sanitaria, aveva portato via la sua ragazza da quello schifo. Non avrebbe permesso alla giovane di vivere in uno schifo del genere. Avevano discusso su quella cosa ma alla fine aveva vinto lui.
Keyra avrebbe dormito in un albergo finché non avesse trovato una casa che nel contratto non ci fossero anche i topi, compresi nel prezzo.
Erano solo le otto di sera ma Keyra dormiva beatamente, con una mano nascosta sotto il cuscino e l’espressione pacata disegnata in viso. Avevano fatto l’amore e, a differenza di quello che aveva pensato quella mattina, Keyra quella volta era stata presente. Era lì, insieme a lui a fare l’amore.
Le sfiorò il braccio e lei si accigliò, rannicchiandosi e nel muoversi la maglietta che indossava si alzò, rivelando la pancia ancora piatta.
Non poteva credere che lì, nel corpo della sua ragazza, stava crescendo un bambino. O una bambina. Niall l’aveva chiamato poche ore prima, dicendogli che Mary aveva mentito e che Keyra non aveva mai abortito. Ci aveva messo zero a prendere il jet e andare ad aspettare Keyra in aeroporto.
In effetti gli sembrava strano che Keyra avesse abortito. Poteva essere del tutto contraria a quello, ma non era così coraggiosa. Solo che era una brava doppiogiochista. Sapeva fare la faccia da poker e l’aveva indotto a pensare che fosse tutto vero.
Accarezzò la pancia piatta di lei, poi si piegò a dargli un bacio, un altro e via dicendo, finché Keyra non si svegliò.
«Malik…»
«Mhm…» E alzò lo sguardo vedendola lì appoggiata al cuscino, ma con la testa verso di lui.
«Che diavolo stai facendo?»
«Saluto Goku o Verdiana.»
«Goku o Verdiana? Chi diavolo sarebbero?» Domandò alzando un sopracciglio.
«Non sappiamo ancora il sesso. Goku se è maschio, Verdiana se è femmina!» Lo sguardo assonnato si tramutò in uno sguardo incazzato.
«Non chiamerai mio figlio Goku ne tantomeno Verdiana. Tu hai fatto il danno, io decido il nome.»
«I nomi, vorrai dire!» E lo guardò ancora male, ma non rispose. Sbadigliò e la guardò stiracchiarsi languidamente sul letto, poi tornò a riposarsi, chiudendo ancora gli occhi. Non sarebbe tornata a dormire, in fondo aveva dormito quasi nove ore.
«Perché non Goku?»
«Non chiamerò mio figlio come un cartone, Zayn. E non lo farò diventare una barzelletta da bar solamente perché il padre è un cretino patentato.» Si ritrovò a sorridere a trentadue denti a sentirla dire ‘padre’. Potevano ancora essere increduli che di li a pochi mesi sarebbero diventati genitori, ma l’idea che Keyra già lo vedeva come un padre gli piacque.
«Qual è questa barzelletta?»
Lo guardò in tralice. «Un uomo va a fare un colloquio. Si siede alla scrivania, stringe la mano al datore di lavoro e quello dice: “Credo che ci sia un errore nel suo curriculum” il ragazzo scuote la testa. “No. E’ giusto!” “C-C-C-Christian è il suo nome?” “Mio padre è balbuziente e quello dell’anagrafe uno stronzo”.»
Scoppiò a ridere fragorosamente a quella barzelletta, la prima in assoluto che sentiva uscire dalle labbra di Keyra e la sua ragazza lo guardò male, mentre se la rideva con tanto di risata a fischio.
Quando terminò, si appoggiò sulla sua pancia e la guardò dal basso. Lei, ancora appoggiata al cuscino, ricambiò lo sguardo seriamente.
«E’ la prima barzelletta che mi dici.»
«E sarà anche l’ultima. Ma non chiamerai nostro figlio Goku ne Verdiana!» Rispose seriamente, sempre corrucciata in fronte. Ridacchiando ancora alzò le mani, come per dire che non l’avrebbe fatto.
Si guardarono per un lungo periodo. Lui appoggiato alla sua pancia, lei con la testa appoggiata sul cuscino e inclinata verso di lui. Entrambi che viaggiavano sulla stessa linea d’onda di pensieri. Sembrava passato chissà quanto tempo dalla loro ultima chiacchierata. E lui, per quanto potesse, ancora era scosso dalle sue parole.
Sapeva che Keyra aveva tante cose da dirgli, ma sapeva anche che non avrebbe parlato per prima. Lo capiva dal suo sguardo. Era in attesa del momento in cui la bomba Zayn Malik scoppiasse, creando scompiglio intorno a loro.
«Le pensi davvero quelle cose?» Lei strinse le labbra e annuì. «Credi di essere marcia?» Annuì ancora, socchiudendo gli occhi color cioccolato. Come poteva pensare di essere marcia? Davvero vedeva tutto tranne che del marcio in lei.
«Perché mi hai mentito?» La vide perdersi nei suoi pensieri e buttare giù un sospiro di frustrazione. Forse era ancora scossa da quello che era successo.
«Perché le credo davvero quelle cose, Zayn. Tu non dovresti stare con me e questo bambino non dovrebbe nascere.» Riaprì gli occhi e lo guardò.
«Non è compito tuo decidere per me e soprattutto per questo bambino. Se è successo c’è un motivo.» La vide fare una smorfia a quelle parole. Sapeva che Keyra era contraria più al fatto che lui era lì che alla nascita del bambino. «Come pensavi di riuscire a nascondermi la verità? O avresti davvero abortito?»
«Non lo so, non ci avevo ancora pensato. Ma sono ancora sicura che questo sia un grande sbaglio. Ti rovinerà del tutto, sai?» Scosse la testa, persa nei suoi pensieri.
«Avresti abortito?»
«Sono un essere tremendo, ma non ho tutta questa forza. In fondo a me stessa sono felice che ci sia questo bambino. Ma purtroppo la belva del passato è molto più forte. Posso essere contenta, ma vedo il male in tutto.» Guardò il soffitto, come per riprendere in mano i suoi pensieri. «Ci ho provato ad andare all’ospedale per abortire. Ma non sono neanche arrivata alla porta. Per quanto sua madre – e tremò a quelle parole – sia un mostro, questo bambino si merita di nascere. Anche avendo una madre schifosa come me.»
Le accarezzò la pancia e lei tornò a guardarlo. In uno slancio di dolcezza, gli sorrise e gli toccò i capelli post-coito con delicatezza.
«Come hai potuto credermi a tutto quello Zayn? Per quanto sia sbagliata, non riesco a credere che tu mi abbia creduto quando ti ho detto che non avrei voluto stare con te.» Si appoggiò alla sua pancia con l’orecchio, come se potesse sentire quel minuscolo essere dall’altra parte della pelle.
«Il mio cervello ha ricevuto troppe informazioni insieme. Non ho finito di pensare che tu eri partita che è arrivata la chiamata. Non ho finito di credere che ero diventato padre che Mary mi ha detto che tu avevi abortito.
Non avevo finito di credere che tu avessi ucciso mio figlio, e tu mi hai detto quelle cose. E poi tu hai quella faccia da poker. Sei riuscita a farmi credere che fosse tutto vero.»
La sentì ridacchiare. «Mi fa piacere. Ma dall’altra mi terrorizza. Perché mi ero basata troppo sul fatto che mi conoscevi, e magari avresti capito che dietro a quelle lacrime sapessi quale fosse la verità.» Certo che era strana forte quella ragazza eh. «Ma più affondavo la lama in te, più tu mi credevi. Alla fine ho capito che non avresti capito la verità. Da una parte ero contenta, dall’altra totalmente disperata. L’idea di averti fatto ancora del male non mi rende felice.»
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, poi con un sospiro parlò.
«Aver tenuto questo bambino anche se è chiaro che ti stai cagando sotto, ti fa scusare di tutto ciò che mi hai fatto.»
C’erano ancora tante cose da chiarire. In fondo avrebbero avuto molto tempo per chiarirle, ma sapeva anche che da quel momento tutto sarebbe andato bene. Non gli interessava che avevano delle questioni irrisolte. Non gli interessava pensare che magari quella notizia avrebbe rovinato il gruppo. Non gli interessava neanche pensare che avevano vent’anni e che lui era un cantante famoso. Se per quel bambino avesse dovuto lasciare la band, l’avrebbe fatto.
«Come faremo?»
Tornò a guardarla, appoggiando il mento sulla sua pancia e vide che lei già lo stava fissando. Sorrise e staccandosi dalla sua pancia, si piegò a darle un bacio a fior di labbra.
«C’è una soluzione a tutto. Non mi interessa nient’altro che stare con te. Il resto non ha importanza. Può cadermi addosso il mondo e non mi preoccuperei; sei qui ed è questo l’importante!» La vide sorridere a labbra strette a quelle parole. In fondo sapeva che Keyra era felice che lui fosse così morboso verso di lei.
«Dammi un po’ di insulina, Malik. M’è venuto il diabete!»
E prima che potesse risponderle per le rime ridendo Keyra gli saltò addosso dandogli un bacio e bloccandolo nel cominciare quella discussione. Le passò le braccia sulla vita e si lasciò ricadere tra le lenzuola con lei. Cosa c’era di più importante al mondo di dover far capire a quella ragazza che, per quanto era marcia, era perfetta per lui?
Tutto il resto non contava.
 
 
Si svegliò con il rumore dell’acqua che proveniva dal bagno. Si stiracchiò languidamente nel lettone king e si girò a guardare la finestra semi oscurata dalle tende. Era giorno, ed erano due giorni che se ne stavano rinchiusi in camera.
Un altro giorno era arrivato e, come mai nella sua vita, non sapeva cosa aspettarsi da quella giornata. Erano mesi che si svegliava con quel pensiero; da quando Zayn era entrato nella sua vita, gliel’aveva completamente stravolta. E con essa, anche le sue giornate.
Se una mattina si svegliava pensando: “oggi non succederà niente di particolare” arrivava a fine serata esausta e piena di pensieri in testa. Non era di certo una catastrofe, ma per lei era molto simile una catastrofe da una giornata al fianco di Zayn Malik.
Si mise a sedere in mezzo al letto, con i capelli che erano un casino e gli occhi gonfi dal jetlag. Una voce maschile arrivò dal bagno, intonando una canzone di un cantante che lei neanche conosceva.
Ascoltò la voce melodica di Zayn arrivare da sotto la doccia; non era molto casuale sentire Zayn Malik cantare dentro la doccia. Una volta gli aveva chiesto perché era così raro sentirlo cantare fuori dai concerti e lui le aveva detto che lo faceva come lavoro, che gli piaceva, ma che le sue corde vocali ne risentivano. E che, se lo faceva, era al culmine della felicità.
Non si stupì particolarmente di capire che Zayn era felice, in quel momento. A differenza sua, non sembrava preoccupato dal futuro che li attendeva; a differenza sua che solo l’idea di essere rimasta incinta a vent’anni, la terrorizzava.
«Ah, ti sei svegliata.» Spostò lo sguardo dalla finestra alla figura divina di Zayn fasciato solo da un asciugamano e lo guardò ancora mezza assonnata.
«Con te che starnazzi, certo che mi sveglio.»
Si piegò a darle un bacio a fior di labbra e, con un sorriso del tutto nuovo sul suo viso lo guardò andarsi a vestire. Seduta perfettamente al centro del letto, con le coperte a coprirle solo le gambe e le braccia lasciate sul copriletto, fissava la schiena muscolosa del suo ragazzo.
«Pensi che riusciremo ad uscire da questa stanza almeno oggi?» Gli domandò con un filo di voce, fissandolo. Zayn si girò a guardarla serio in viso.
«Facciamo domani, fa un po’ troppo freschetto oggi.» Sbatté disorientata le ciglia, fissando fuori dalla finestra e non notando neanche una tenda muoversi. Freschetto? Ma si era fottuto il cervello, quell’essere?
Quando però capì di cosa si preoccupasse il suo adorato ragazzo, la sua faccia tramutò e tornò a guardarlo. Zayn sicuramente capì che era infastidita, perché abbassò la testa.
«Se io rimango altri due minuti in questa stanza, giuro che ti ammazzo.»
Come poteva pensare di far rimanere rinchiusa Keyra in una stanza per nove mesi? Perché lei lo sapeva che, quel decerebrato mentale aveva paura che le potesse succedere qualcosa. A lei e al bambino.
«Ma Keyra…»
«Zayn. La lezione di oggi è: mai mettersi contro i miei ormoni. Sbrigati a vestirti che tra dieci minuti si esce.» E detto questo si tolse le coperte per poi dirigersi al bagno. Sicuramente il moro stava cercando un modo per farle cambiare idea, e ne fu certa anche quando bussò al bagno ed entrò.
«C’è il bowling qui dentro… Che ne dici?» Si guardarono tramite lo specchio, e vi lesse la preoccupazione reale di Zayn. No, quello era pazzo e Keyra stava seriamente per decidere di ammazzarlo.
«Che ne dici di andartene a fare in culo?»
«Mi preoccupo solamente…» Ammise, in uno slancio di verità.
«Lo capisco, davvero. Ma non puoi tenermi rinchiusa sotto una campana di vetro perché hai paura che mi succeda qualcosa. Potrebbe succedere anche qui, in questa stanza.»
«Ma evitiamo di andare contro il destino, no?»
«Va bene.» Lo vide sbarrare gli occhi, incredulo di aver vinto. Ma ovviamente, povero ragazzo ingenuo non poteva immaginare che Keyra era tutto tranne che abbattuta. «Allora significa che non faremo più sesso!»
«Cosa?» Quasi lo urlò per l’incredulità. «No.»
La mora sorrise bastarda, alzando le mani. «Non sia mai che lo ammazziamo mentre stiamo facendo sesso.»
Prese a lavarsi i denti sotto lo sguardo incredulo del suo ragazzo. Era abbattuto, lo capiva; togliergli il sesso era ciò che lo dispiacesse di più ma era anche vero che fosse preoccupato per il bambino.
«Ma tu mi stai evitando di fare sesso con te per nove mesi?»
«Diciamo undici… Calcolando i dolori del parto e il ciclo post-parto.»
«Stai scherzando, spero.» Lo vide mordersi il labbro. «Io non ci arrivo sano di mente fra undici mesi. Non con te vestita così.»
Lui non era arrivato sano neanche a due settimane, pensò Keyra.
«’zzi tuoi.» Disse interferita dallo spazzolino, guardandolo tramite il riflesso dello specchio.
Fermo sulla porta, Zayn Malik si divideva tra la notizia appena ricevuta e la voglia di chiudere Keyra in una torre fatta di cristallo per proteggere le due cose a lui più care. Si vestì con tutta calma con spettatore colui che si gustava la scena, e quando fece il gesto di mettersi le scarpe, Zayn parlò:
«Muoviti a vestirti che ho fame.» Lo disse con tono sommesso, staccandosi dallo stipite della porta e facendola sorridere debolmente. Sapevano entrambi che due erano le possibilità:
La prima era che Zayn accettasse di non fare sesso per undici mesi, pur di proteggerla… E la seconda era che Zayn abbassasse l’ascia di guerra e le saltasse addosso entro poche ore. Se lo conosceva, la seconda era la più plausibile.
Ma gli ci volevano un paio di ore per arrivare a quella decisione.
Quando uscì dal bagno della stanza, lo trovò seduto sul letto, pensieroso. «Puoi fare un test di gravidanza?»
«E di grazia, perché dovrei?»
«Beh, abbiamo fatto sesso. E se…»
Ora. Lo. Ammazzava. «Zayn, ti prego buttati dalla finestra e sbatti quella testaccia dura che ti ritrovi. ‘sto troglodita per nove mesi non lo voglio.»
Si era fottuto il cervello quel decerebrato mentale. Lo sentì ridere sommessamente quando aprì la porta. Sperava seriamente che quel ragazzo non si fosse fottuto il cervello con quella notizia. Perché se anche fosse stato così, lo ammazzava entro pochi giorni.
 
«No. Oddio. Che schifo. Bleah.»
Quelle erano le parole che, ogni dieci secondi sentiva uscire dalle labbra del suo ragazzo. Se ne stavano seduti sul divanetto di un bar della 1st avenue dove era riuscita a far fermare Zayn per mangiare qualcosa per colazione. Anche perché se fosse stato per lui, si sarebbero rinchiusi dentro il ristorante dell’albergo. Ma a lei serviva aria fresca, sennò diventava matta.
E dopo tanti litigi, l’aveva trascinato – nel vero senso della parola – ad un bar sulla 1st avenue dove aveva trovato questo ristorante tipicamente americano, con il bancone e le sedie alte, imbottite, di fronte ad esso. Il pavimento fatto a rombi bianco e rosso e questi tavoli di metallo con i divanetti da una parte all’altra. Le bandiere americane bloccate sul soffitto. Ed era perfetto. Aveva sempre sognato di metterci piede in un ristorante del genere.
Alzò gli occhi dai suoi pancake e fissò il bancone di fronte a loro. Se ne stava seduta al fianco di Zayn, con il ragazzo che fissava il cellulare e teneva protettivamente un braccio sullo schienale del divanetto.
«Oh dio» Annunciò leggendo quel libro che due giorni prima si era scaricato sul suo iphone, che parlava del parto e di ciò che succedeva in quei nove mesi. Ma a quanto pare quel libro era più un disastro che un aiuto. Ogni tanto lo vedeva sbiancare e ogni tanto sapeva che gli stesse salendo il vomito. Povero cucciolo.
«Oh dio che schifo!» Mandò giù un altro pezzo di pancake, pensando che di lì a poco – se non l’avrebbe finita di fare certi commenti – gli vomitava tutto addosso. «Sai che ti.. che ti…» mise il blocco al cellulare, schifato. Rimase inerme per due minuti, con una faccia d’allocco che poche volte aveva visto addosso a qualcuno, poi riprese il cellulare e cliccò sul tasto centrale per guardare lo schermo; indeciso se continuare a leggere o no. Fortunatamente decise che si, per oggi bastava così.
«Che…?»
«Ti potrebbero tagliare…?»
«Tesoro…» Preannunciava la morte quel “tesoro”. «Se entro due minuti tu non la finisci di raccontarmi cose che già so e che sinceramente non avrei voluto provare per altri dieci anni, io ti faccio ammazzare. Pago un cecchino: cento dollari e il lavoro è fatto.»
«Ma fa schifo… Ora capisco perché non volevi rimanere incinta.»
«Si, grazie di ricordarmi della sventura dove tu mi hai messo.» Biascicò spingendo via il piatto e appoggiando la schiena allo schienale. Zayn subito prese a giocare con la sua coda.
Rimase in silenzio per due o tre minuti, poi sospirò. «Sarà l’unico figlio.»
«Certo, ti sto per credere. Tu, con un figlio unico… Ma chi vuoi prendere in giro?»
«Beh…» Lo fissò dal basso, del tutto tranquilla. «Credo che mi basterebbe una sola volta in sala parto per non volere altri figli.»
«Tu non entrerai.» Tranquillità. Era questo il tono che aveva usato per dirglielo. Non avrebbe fatto assistere Zayn al parto neanche sotto tortura.
«Come no? Certo che si!»
«Non sopporti neanche la visione del sangue e tu, mio caro cuore impavido, vorresti entrare in una sala parto?» Lo sguardo che gli lanciò bastò a farlo destare un pochino. In fondo si sapeva che Zayn era tutto, tranne che una persona coraggiosa. Come minimo gli sveniva in sala parto e quella figura di merda non la voleva fare.
«Ma mi farebbe piacere.»
«A me non farebbe piacere se mentre sto partorendo tu svenissi e i medici invece di occuparsi di me, pensassero a te.»
«Si grazie amore, ti amo anche io!» Gli sorrise a labbra strette, divertita. Sapeva che prima o poi, Zayn Malik – il suo Zayn – sarebbe tornato. Doveva solo sopportare quei cambi repentini di carattere che di solito avevano le donne, non i maschi. Ma poteva capire la novità. In fondo l’aveva appena messo in una situazione del tutto nuova per lui e a cui non sapeva come comportarsi.
Era diviso dall’essere quella persona sicura che conosceva, all’essere che aveva conosciuto in quei due giorni che si preoccupava di lei più di qualsiasi uomo.
Ma sapeva anche che sarebbe tornato ad essere il suo Zayn quando avrebbe capito che, in fondo la gravidanza non era nient’altro che normalità nel ciclo della vita. Non sarebbe stata la prima e ne l’ultima a partorire. E che se tante altre donne erano rimaste vive da quell’esperienza, ci sarebbe riuscita anche lei.
«Se è maschio chiamiamolo Alfonso.»
«Ma certo amore.» Alzò gli occhi al cielo e pregò dio di ammazzarlo con un fulmine. «Alfonso alfonso quanto sei stronzo.» Si girò a guardarlo, trovandolo a trattenere una risata. «E se è una lei? Orana? Orana orana quanto sei strana
Zayn scoppiò a ridere fragorosamente poggiandosi sulla sua spalla mentre lei imprecava a denti stretti. In un gesto di dolcezza, se la strinse addosso e Keyra si adagiò nel posticino che preferiva più nel mondo: sul suo petto.
Ne respirò il profumo pungente e i muscoli si sciolsero. Non poteva pensare seriamente che due giorni prima, si stava piangendo l’anima per averlo perso del tutto e ora, si ritrovava nelle sue braccia. Se solo due giorni prima le avessero detto che tutto sarebbe tornato come prima, avrebbe riso. Ma di brutto, perché non lo credeva possibile.
E se due giorni prima le avrebbero detto che Zayn avrebbe accettato suo figlio con tutto quell’entusiasmo, avrebbe pianto.
Perché in fondo, almeno uno dei due genitori sarebbe stato un bravo genitore. Lei era sicura che non lo sarebbe stata, visto che non sapeva come comportarsi verso quella cosa. Le venivano gli attacchi di panico se solo pensava che di li a nove mesi si sarebbe ritrovata in braccio un neonato.
Non un neonato qualsiasi, ma frutto del suo sangue e di quello di Zayn. Quello la terrorizzava, ma non lo dava a vedere mai, ovviamente. Il moro invece sembrava stesse andando a fare una scampagnata in montagna. Keyra invece lo vedeva più come andare a scalare il monte everest.  


Note dell'autrice: 
Don't panic pure voi eh. Si, è ciò che pensate. La quarta storia della serie su Zayn e Keyra. Alla fine, dopo un anno a pensarci su se metterla o non, ho deciso di metterla. Mi mancavano, tutto qui. Voi potreste pensare "Oddio, che palle, ancora?" ma io vi dico: "mica do fastidio a qualcuno no? In fondo questo è un mio spazio dove posso mettere ciò che voglio, scrivere ciò che voglio e liberare la testa." Sta storia è già praticamente scritta. (No, non è vero) ma nel mio cervello so come farla.
Non sarà una storia, sarà più una raccolta di one shot su gli anni avvenire di questa coppia. Da un mese dopo al penultimo capitolo della terza, ad anni dopo quel penultimo capitolo. Sarà una successione di eventi, importanti e non del futuro della coppia. Si, parlerà principalmente del bambino ma... Non credo di rompere a nessuno. In caso fosse così, non siete obbligati a leggere. Io però sono qui a postare la storia scritta e decisa tempo fa, per quelle persone che continuano a leggere le mie tre storie più importanti per me. E' diciamo un regalo verso quelle persone che ancora credono in questa coppia.
So che ho tante altre storie incomplete in questo momento ma... Sinceramente parlando, non ho voglia di scriverle in questo periodo della mia vita. Stanno lì, quando voglio, le aggiorno. E sarà così anche per questa. Potreste aspettare un giorno come un mese. Ma infondo siete abituate con le tre storie.
Ok, sto dando i numeri con questo caldo. 
Spero di non avermi ammazzato e spero che non mi ammazzerete. In caso, enjoy. Un bacio ai pupi. 

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Capitolo 2
*** II - I miss your stupid face. ***


                                         
                                                                               © si ringrazia lilac j per il fantastico banner. ♥

 
«Ho dato un party senza saperlo?»
Posò il borsone per terra, mentre i suoi amici si giravano a guardarlo con gli occhi spiritati. Notò subito la speranza di vedere Keyra dietro di lui, ma quando capirono che non c’era, tornarono tutti a guardare la tv.
«Visto che non c’eri abbiamo pensato di fare un party hard.»
«Dove sono le donzelle?» Chiese, buttandosi sul divano a fianco di Liam, che lo fissava serio in viso. Ricambiò lo sguardo, altrettanto serio e poi sospirando gli fece un sorriso, ma questo non bastò a calmarlo.
«Le donzelle? Hai Keyra.» Sussurrò Liam, pensoso.
«Si, ma Keyra è a New York e io qui… Non lo saprebbe mai.»
«Metteresti le corna alla tua Keyra?» Non fece neanche in tempo a replicare che Louis continuò. «E poi altro che “non lo saprebbe” quella donna è in grado di captare una mano estranea su di te a miglia di distanza.» Ridacchiò. Aveva più che ragione.
Liam si strinse al suo fianco, guardandolo con gli occhi da cucciolo spaurito. «Speravamo veramente che la riportassi qui…» Sussurrò, abbassando la testa e non vedendo il sorriso di Zayn dipingersi sulle labbra.
Non poté rispondere perché pochi secondi dopo udì il campanello di casa sua suonare, facendogli alzare gli occhi dal suo cellulare. «Chi è?» Fece per alzarsi ma Niall lo fermò con un gesto della mano e andò lui.
Poco dopo entrarono di corsa Mary e Maddison, con tanto di fiatone. Vedendolo, si misero a cercare quella figura che, purtroppo, non era nei paraggi.
«Dov’è Keyra?» Chiese dispiaciuta Maddie, sedendosi a differenza di Mary, al suo fianco.
«A New York. E li rimarrà.»
«Dimmi che s’è fatta beccare in pieno da un camion!» Borbottò Mary, appoggiandosi al tavolo quando capì che no, Keyra non era tornata. La guardò in tralice, visto che da una parte, era anche colpa di Mary se tutto quel casino era successo. Ok, loro avevano il carico da cento, ma anche lei aveva la sua colpa.
«Di nuovo?!» Rispose freddamente, facendosi guardare altrettanto freddamente da Mary. Si scrutarono e, decise che era meglio lasciar stare. Per pochi minuti crollò il silenzio tra di loro, smorzato solamente dalla voce della televisione che mandava un telegiornale flash. Tutti guardarono la tv, in religioso silenzio.
«Non sei riuscito a fare nulla?» Domandò Niall, dispiaciuto. Scosse la testa, teatralmente e trattenendosi dal ridere. I sette ragazzi in quella stanza  buttarono un sospiro di frustrazione.
«Certo che è testarda forte eh! Non ho mai conosciuto persona più testarda di Keyra.»
«Ma aspetta che arriviamo lì a New York e me la mangio.»
«Che dite, me la vendono una pistola se la chiedo?» Li ascoltò e sorrise, deliziato da quei discorsi. Era sempre bello vedere che una persona tanto negativa come Keyra in realtà era così tanto amata dai suoi amici.
«Ci avevamo sperato tutti che la riportassi a Londra in questa settimana.»
Ancora sorrise. «Lo so. Ma tornerà presto!»
«Tre anni sono presto?» Lo ribeccò Liam amaramente, facendolo sorridere.
Rimaneva ancora piacevolmente stranito da quell’amore che provavano gli altri verso Keyra. Sapeva benissimo che quella ragazza era ben voluta da tutti, un conto era esserlo per lui, ma per gli altri ancora gli faceva strano.
Non era il solo a volerle un bene dell’anima e vederli così dispiaciuti del fatto che non era tornata lo fece sorridere un po’.
«E chi ha parlato di tre anni?» Liam si girò a guardarlo con gli occhi sbarrati, per poi sorridere a trentadue denti. Saltò sul divano e gli diede un pugno, ridendo allegramente. Gli altri, sentendo quel trambusto, si bloccarono nel farsi domande su come avrebbero potuto ammazzare Keyra appena l’avessero rivista.
«Torna? Quindi avete sistemato? In fondo sei rimasto una settimana. E’ un buon segno? E com’è andata? State ancora insieme?» Lo riempì di domande che lo fecero ridacchiare. Liam euforico era uno spasso.
Tutti si misero in ascolto, curiosi. «Torna tra qualche mese. E’ andata bene e si, stiamo ancora insieme.»
«Ma se torna, perché non te la sei riportata con te?» Chiese stranito Liam. Spostò lo sguardo su Niall, che sorrideva. Lui sapeva la verità. Solo lui era al corrente che Keyra non avesse abortito insieme a Mary. Ma quello era un tasto molto dolente, e sicuramente si sarebbe ritrovato presto a litigare con Mary. Liam era ancora ignaro di quella novità e da quello che sapeva, Niall aveva chiesto a Liam di starsene in silenzio e non dirlo agli altri. Ovviamente però, Liam era rimasto che Keyra avesse abortito, proprio come Maddie.
«Perché siamo d’accordo che almeno ci può provare a stare all’università. Ci è già stata ieri e mi ha detto che non ci si sente a suo agio. Cambierà università e ne cercheremo una qui a Londra.»
«Bene… Sono contento! Fra quanto torna?»
«Giugno, su per giù.» I ragazzi sorrisero felici alla novità. Guardò Niall e quello annuì, chiaramente incitandolo ad essere sincero con gli altri. Lui aveva un po’ di paura ad ammettere quella che era una verità che ancora faceva dannatamente strano. «In fondo siamo d’accordo che non faremo nascere nostro figlio in America.»
Crollò il silenzio; aveva tolto la parola a tutti, tranne a quei due che sapevano la verità. Ma Niall, a differenza di Mary, stava sorridendo.
«Figlio? Quale figlio?» Domandò incredulo Harry.
«Figlio? E’ rimasta incinta? Io mi ero appena abituato all’idea che stavate insieme che già avete procreato?» Sbraitò Lou, sbigottito.
«Quindi non ha abortito?» Scosse la testa in direzione di Liam, che saltò su come un petardo, buttandosi addosso a Niall dalla felicità. Poi, dopo aver fatto festa a Niall, si buttò su di lui e ridendo come un bambino piccolo lo guardò con occhi sereni.
Maddie gli strinse la mano e quando incontrò i suoi occhi, li vide lucidi di felicità. «Congratulazioni paparino.» Arrossì lievemente in zona guance, poi buttò uno sguardo verso Mary, seduta dalla parte opposta della stanza a guardare la festa che stavano facendo tutti.
Non capiva che problemi avesse quella ragazza, ultimamente.
Con Liam ancora euforico della notizia si girò verso Harry e Louis che si guardavano fissi in faccia, ancora  increduli. Sorrise debolmente ai suoi due amici.
«Keyra è incinta?» Annuì alla domanda idiota di Harry, ripetuta tra l’altro. Lo vide guardarlo con gli occhioni increduli. «E’… Wow…»
Rimasero a chiacchierare su quello per più di un’ora. I due chiamarono anche Keyra che, ovviamente, stava ancora dormendo. Dopo avergli bestemmiato per telefono per averla svegliata, la fecero mettere su Skype anche se lì erano le quattro di notte. Se ne stava davanti al computer mezza addormentata, sparaflashata in faccia dalla luce del computer.
«Congratulazioni.» Se ne stava seduto sul divano, con le braccia sullo schienale e guardava sorridendo il computer messo sulle gambe di Niall, seduto al suo fianco. Intorno a loro, il resto dei ragazzi e le due amiche della sua ragazza.
La vide aprire un occhio, mugugnando qualcosa. «Mi avete fatto mettere su Skype solamente per dirmi congratulazioni?»
«Ti pare poco? C’abbiamo messo quasi un’ora a far credere a questi due che diventerete genitori.»
«E per fortuna che avevi detto che non avresti mai avuto figli da un Super Sayan dei poveri.» Disse Harry, parlando di chissà che cosa. Keyra aprì gli occhi e scoppiò a ridere fragorosamente.
«L’ho detto, si.»
«Sei una stronza. Potevi dirmelo!» Si girò a guardare Harry, davvero scontento di quello. Chissà di che parlavano; ma non si mise in mezzo. «Sentite, vi voglio bene. Ma io stavo dormendo. Possiamo lasciare gli scazzi a domani quando avrò caffeina nel mio sangue?»
«Guarda che troppo caffè fa..»
«Stoppati lì, Payne! Non cominciare a fare il daddy che ti giuro torno a Londra solo per staccarti le gambe e menartici.» Tutti scoppiarono a ridere dalla sua rabbia. «Non smetterò di prendere caffè solamente perché quel decerebrato del vostro amico m’ha incasinato, ok? Ciao! Ci si vede presto eh! Dormite bene, stronzi!»
E chiudendo la chiamata con loro che ridevano allegramente, rimasero a guardare la schermata in silenzio per alcuni minuti.
«Ti ha dato la colpa!»
«Quando mai non me la da?» E sospirando con finta frustrazione andò in cucina a prendersi una coca cola. Non riusciva a smettere di sorridere e neanche l’idea che lo incolpava per averla messa incinta, lo turbò particolarmente.
Passando, di fissò amaramente con Mary che era rimasta tutto il tempo in disparte, anche se Niall stava tirando fuori le birre per festeggiare il nuovo arrivato.
 
Abituarsi a vivere da sola, in una città che non è la tua e che non conosci così bene, era difficile. Ma non c’era niente di più difficile di ritrovarsi sola con se stessa.
Quella sensazione era oscura anche a lei, che per anni aveva fatto di tutto per non esaminarsi più del dovuto. Aveva passato la sua vita a pensare agli altri e ora, dopo vent’anni di duro lavoro si ritrovava verso gli altri sola con se stessa.
Erano due settimane che era lì e, sinceramente, non aveva mai e ripeto mai, litigato così tanto con se stessa. E quel giorno era in litigio serio con quella parte di lei che non conosceva.
Quando si vive da soli, ti ritrovi ad affrontare cose che non ti aspetti. Ti svegli la mattina e, prima tocchi il cielo con un dito, due secondi dopo invece ti ritrovi in litigio con te stessa semplicemente per alzarti dal letto. Era una sensazione strana da provare, e Keyra si sentiva divisa in due. Ringraziava di essere sola, perché non voleva immaginare come reagisse in quelle due settimane se qualcuno fosse al suo fianco.
Certo, c’era stato Zayn per una settimana, e in effetti i litigi con se stessa erano cominciati quando il suo ragazzo era tornato a Londra.
Tutti dicevano che le prime due settimane effettive da soli, erano le più dure. Ma che se superavi quelle, potevi fare qualsiasi cosa.
La maggior parte del tempo l’aveva passato all’università, ma era quando si trovava nel suo letto, di sera, che tutto crollava. Era una settimana che stava da sola e una settimana che si addormentava piangendo. Neanche l’idea che di lì a qualche mese sarebbe tornata a casa la consolava; più e più volte aveva pensato di prendere un volo e tornare subito.
Ma alla fine si diceva che non poteva buttare quella cosa nel cesso come niente fosse. Doveva provarci e ci stava provando.
Aveva trovato una casa abbastanza decente per non morire per colpa della muffa e si era “trasferita” da pochi giorni. Aprì la porta di casa, entrando e guardando quel muflone che viveva sul divano di casa loro. Era un giapponese, che quando gli aveva chiesto cosa facesse nella vita, le aveva detto che “spacciava”.
Ovviamente quello non era stato detto a Zayn, perché se lo conosceva un pochino avrebbe ripreso l’aereo e l’avrebbe rinchiusa di nuovo in una stanza d’albergo. E lei non voleva. In fondo non era mica lei a spacciare.
Beveva e fumava come un turco, sempre mummificato di fronte a quella televisione e durante la notte lo sentiva ridere fragorosamente su qualche serie tv giapponese.
Aveva un’altra coinquilina, molto bizzarra ma tranquilla. Era una ragazza timida, che appena l’aveva vista aveva sbarrato gli occhi, le aveva stretto la mano tutta elettrizzata come se fosse la regina, e dopo questo si era chiusa in camera sua, non vedendola più. Solo una notte mentre si faceva un tea se l’era ritrovata seduta in cucina, mezza addormentata. Aveva fatto un brutto sogno e le aveva offerto una tazza di tea, per tranquillizzarla. Aveva capito che era una fan dei ragazzi, ma finché rimaneva buona, Keyra non avrebbe detto nulla.
C’erano altri coinquilini ma tutti erano sempre occupati a lavorare e li incontrava semplicemente la mattina o all’ora di cena.
Entrò in camera sua e, posando la borsa sul puff, prese il cellulare e si ritrovò una notifica su twitter. Lo aprì e, ridacchiando buffamente, scosse la testa.
“sisisisissisisisisisissisisissisissisisisissi!” Non sapeva come aveva fatto a scoprire il suo twitter, ma non le interessava particolarmente in quel momento. Scosse la testa e buttando il cellulare sul letto, prese il necessario per farsi una doccia.
La cosa brutta di quando si viveva in una casa estranea? Che ti dovevi fare la doccia con le ciabatte, perché non si sapeva chi avesse usato quella doccia.
Ci mise ben poco a lavarsi, più che altro per togliersi la sensazione di sporco e di smog dalla palle e entrò in camera sua con un asciugamano in vita. Prese a tamponarsi i capelli di fronte allo specchio, fissando l’immagine dall’altra parte con circospezione.
Quando percepì il tipico rumore di una chiamata su skype, guardò il cellulare. Era Julian e lei prese a mordicchiarsi il labbro inferiore indecisa se rispondergli o no. Alla fine, accettò la chiamata e, sfalsata, le si parò davanti l’immagine di suo fratello.
«Ciao Newyorkese, come stai?» Sorridendo amabilmente, cominciò a chiacchierare con suo fratello. Ogni tanto faceva capolinea nella videochiamata anche Evelyn e Summer, a darle tutti bacini tramite webcam. La parte più difficile di quel viaggio era lasciare Julian.
Sapeva che non era suo fratello di sangue ma lei stravedeva, con tutta se stessa, per quel ragazzo. Non sapeva immaginarsi una vita senza quel ragazzo, e ringraziò veramente dio per averglielo donato. Amava sua sorella, ovviamente, ma tra Keyra e Julian c’era un qualcosa di troppo speciale che superava anche la veridicità del loro sangue.
«Come stanno mamma e papà?» Chiese spazzolandosi i capelli.
«Togliendo che sembra che sei andata in guerra, tutto bene. Papà cerca di fare il duro ma mamma mi ha detto che l’ha trovato un paio di volte a piangere.»
Si commosse per quello, sorridendo dolcemente. «E Georgia?»
«Sta programmando di venirti a trovare. Appena ha un attimo di tempo verrà.»
«Ma torno tra qualche mese, non serve.»
«Quindi? Guarda che qui manchi eh.» Sorrise ancora, scuotendo la testa. «Come sta quell’essere che è il tuo ragazzo?»
«Ancora non l’ho sentito, ma fidati che lo saprei se stesse male.» Ridacchiarono entrambi da quella cosa.
«Sono fiero di te, Key. So che è difficile quello che stai passando, ma sappi che a Londra c’è qualcuno che è fiero di te, tutti i giorni. Non mollare, chiaro?»
A quelle parole, guardò suo fratello sorridere tramite webcam e quasi non si commosse. La trattava come una bambina e si fece abbracciare da quella sensazione di carezze che solo Julian le donava. Annuì debolmente, pregando di non piangere di fronte a suo fratello.
«Goditi a pieno questa esperienza e torna vincitrice.»
Per un attimo pensò di dirgli tutto: che era rimasta incinta di Zayn, che dentro di lei stava crescendo un nanetto o una nanetta e quello che in realtà pensava sempre tutti i giorni. Che non si meritava tutto quell’amore, perché faceva schifo. E che quel bambino non si meritava di nascere con una madre come lei. Ma non disse nulla; stette in silenzio a farsi cullare da quella consapevolezza che, Julian, qualsiasi cosa avesse fatto, sarebbe stato al suo fianco.
«Zia mi manchi…» E vedendo le lacrime di Summer, abbassò la testa e si morse le labbra per non piangere. «Torna da me zia. Quando torni?»
«Torno presto piccola.» Soprattutto non si meritava l’amore di quella bambina. Il cellulare vibrò e si sporse leggermente a guardare cosa fosse. Una chiamata su Facetime da parte di Zayn.
«Cucciola, aspetta.» Aprì la videochiamata e mise il cellulare in modo da far vedere a Zayn la nanetta e viceversa. 
Per poco non perse il timpano quando Summer cominciò ad urlare dalla felicità e sia Zayn che Keyra scoppiarono a ridere. «Zio zio, viemmi a trovare. »
«Certo nanetta, appena ho cinque minuti liberi vengo e ti porto al parco. Vuoi?» Noooo, Zayn al parco con Summer nooo! La bambina urlò euforica facendo ridere ancora entrambi.
«Porti anche Zia Keyra?»
«Ehm…» Ghiacciarono un po’ tutti da quella domanda. «Zio non ha la forza di badare ad entrambe. O tu o lei.»
La bambina buttò il labbro inferiore all’infuori e cominciò a piagnucolare che le mancava la zia. Julian cercò di calmarla e Keyra si guardava la scena in silenzio, mangiandosi le mani dalla rabbia.
«Summer non piangere. Torno prima che tu possa immaginarlo…» Provò a spiegare, ma la bambina continuò a piangere sulla spalla del padre.
«Okok, ti porto anche Zia Keyra. Però ora smetti di piangere.»
Dopo quasi mezz’ora, riuscì a chiudere la chiamata con Julian dopo che si erano messi entrambi a tranquillizzare Summer. Spense il computer e lo lanciò completamente verso la fine del letto, buttandosi tra i tanti cuscini sul suo letto. Teneva il cellulare in alto per farsi vedere da Zayn che blaterava come un pazzo parlando di qualcosa che, in quel momento, a lei non interessava. Cioè le interessava, ma semplicemente se ne rimaneva lì a guardarlo, con un sorriso malinconico sul viso. Perché le mancava, diamine se le mancava. E sinceramente non poteva capire come fosse riuscita a restare senza Zayn per due anni. Era una settimana che non lo vedeva, e le mancava come l’aria. Fortunatamente c’era quell’ora tutta per loro, quando Zayn la chiamava nel cuore della notte e parlava, parlava, parlava.
«Ho passato tutta ieri notte a cercarti e…» «Ahahahaha! Fregata, beccata stronza!» «E ora capisco cosa intendevi per “se l’avessi capito avresti accettato”. Accetto, di buon grado. Kè… Kè?!» Lo guardò e Zayn si fermò, fissandola. «Non piangere…»
Tirò su con il naso, rendendosi conto solo in quel momento che stava piangendo. Lo guardò tramite telecamera e ridacchiò, sapendo che era una stupida a piangere nel vederlo così euforico semplicemente perché aveva scoperto il suo nickname su twitter.
«E’ che mi manca la tua stupida faccia…» Ammise, passandosi una mano sugli occhi, per cancellare le lacrime. Zayn la guardò con quello sguardo addolcito che peggiorò come si sentisse. Cercò di cambiare anche discorso e lui glielo permise, sapendo quanto si stesse sicuramente vergognando per quello che era appena successo. Parlarono per un’altra mezz’oretta e quando, verso le sei e mezza attaccarono, si buttò tra i cuscini e pianse. Pianse come una bambina, liberandosi di quella sensazione di mancanza, di oppressione sui polmoni e di abbandono. Si sentiva sola come un cane, ed era una di quelle sensazioni peggiori che non avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico. Si addormentò per la trecentesima volta sfranta dal piangere insistente.
 
 
Salì le scale due a due, mordicchiandosi il labbro inferiore e guardando l’orologio di marca al suo polso. Forse era stato un gesto eccessivo. Ma non gli interessava particolarmente; in fondo poteva permettersi di fare quelle cose.
Sentì dei rumori dalla parte opposta della porta e si stupì che qualcuno fosse sveglio a quell’ora. Bussò con foga e attese. Notò l’occhiello oscurarsi e poco dopo sentì la voce maschile chiedere chi fosse. Quando rispose e il ragazzo aprì la porta, sorrise debolmente.
Attese sulla porta quando disse che era lì per Keyra. Ovviamente il tizio chiuse la porta, ringraziando il cielo, e l’andò a chiamare. Ci misero più di cinque minuti, ma quando la porta si aprì di nuovo, la figura minuta di Keyra gli si parò davanti. Indossava una sua maglietta che le stava cinque volte, le gambe nude e quei piedini a contatto con il pavimento, lo fecero sorridere. Si guardarono negli occhi per diversi minuti, e capì che per quanto era stato sconsiderato il gesto fatto quella sera, valeva tutti i soldi spesi per prendere quel volo. Bastò guardarla in viso per capire che aveva fatto si, una cosa sciocca, ma giusta. Era assonnata, si era addormentata sicuramente piangendo perché non l’aveva mai vista con quegli occhi così gonfi e sembrava una bambina piccola, lì a guardarlo in modo incredulo. «Dormivi Smith? Sei a New York e passi la tua notte a dormire?» Sentendo la sua voce, forse ancora incredula che fosse lì, si mordicchiò il labbro inferiore, guardandolo da sotto le ciglia lunghe e bagnate. E poi, come una bambina insicura, superò l’uscio di casa, e gli buttò le braccia al collo. Se la caricò di peso, entrando in casa sotto lo sguardo incredulo del coinquilino di Keyra, chiudendo la porta con un piede e si diresse verso la camera della sua ragazza che si nascondeva da lui, ancorata a Zayn come un koala.
«Qual è la tua stanza?» Chiese sorridendo, ma lei era troppo impegnata a piagnucolare per rispondere. Fu il suo coinquilino a dirglielo, indicandogli la porta giusta. Si diresse verso quella, in religioso silenzio e felice come una pasqua di averla tra le braccia. Keyra non era l’unica a sentire la sua mancanza, ma anche al ragazzo mancava terribilmente quella nana. E se per farla stare tranquilla si doveva subire sei ore di aereo con tanto di anticipo di arrivo, l’avrebbe fatto.
Dopo essere entrato nella sua camera, chiuse la porta e si diresse verso il letto mentre lei ogni tanto gli strusciava il naso sul collo, ci lasciava qualche bacio e poi tornava a piagnucolare sulla sua spalla.
La depositò nel letto e ridacchiò quando notò che non aveva intenzione di levargli le braccia dal collo. Ci lottò un pochino per farsi lasciare e quando ci riuscì, si tolse i vestiti, rimanendo solo con i boxer. E poi si buttò nel letto con lei, che si riattaccò a lui senza più lasciarlo andare.
Non fu un sonno restauratore per nessuno dei due. Keyra si svegliò un paio di volte quando si muoveva, incredula del movimento di fianco a lei e l’aveva guardato. Lui si svegliava quando lei posava le labbra sulle sue, forse per rendersi conto che era davvero lì. La seconda volta che si era svegliata per un suo movimento, la sentì ridacchiare e accoccolarsi al suo fianco, stringendosi a lui come se volesse fondersi con il ragazzo. Se la stringeva automaticamente al fianco e un paio di volte si era dovuto spostare per farle respirare aria fresca, visto che se ne stava accoccolata di fianco a lui, sotto il piumone e con la faccia nascosta sul suo petto.
E quando per la terza volta si svegliarono, capì che non sarebbe stato un sonno restauratore. «Ma ti vuoi stare ferma?» La ribeccò fintamente incazzato, facendola ridacchiare. Quella risatina era la sua gioia, sapendo che poche ore prima se ne stava lì a piangere come una cretina. E non riuscì più a prendere sonno quando gli prese la faccia tra le mani, cominciando a riempirlo di baci ovunque. Mugugnò, deliziato, da quelle coccole. Ah, maledettissima Keyra. Erano le cinque di mattina, e fuori incominciò a fare l’alba mentre scivolava in lei, sentendosi finalmente a casa e amato. Adorava dormire, ma mille volte di più amava fare l’amore con lei; sentire il suo corpo tendersi insieme a quello di Keyra, sentirla muoversi in sincrono con lui, le sue manine a stringere le sue braccia, le scie di baci che gli lasciava. Il modo in cui lo guardava, stesa sotto a lui, come se fosse la cosa più bella su quel mondo.
Appoggiò la fronte sulla sua spalla dopo essere venuto in lei e la sentì respirare pesantemente, riprendendosi dall’amplesso.
«Tu sei pazzo…» La sentì sussurrare al suo orecchio, poi mordicchiò il lobo facendolo ridacchiare. «Tu sei seriamente un pazzo sclerato.»
«Ti ringrazio per il complimento.» Le sussurrò alzandosi finalmente dal suo posticino preferito, e sorridendole. Lei, abbagliata dal suo sorriso, ricambiò e prese a dargli ancora tutti baci sul viso.
Si alzò e mettendosi i boxer lanciati via da Keyra poco prima, se la rotolò per bene nel lenzuolo – come se alle sei di mattina tutta la casa stava a guardare Keyra nuda - e caricandosela in braccio, si diresse al bagno. «Dove stiamo andando?»
«Doccia. Puzzi.»
«Ma non è vero…» Borbottò lei, legata come un salame in quel lenzuolo, con il broncio di una bambina piccola. Chiusa la porta del bagno, la liberò e bestemmiando per il freddo la vide correre verso la doccia, aprire il rubinetto e metterlo tutto verso sinistra, facendo appannare in poco tempo tutte le superfici del bagno. La lavò per bene, sentendola mugugnare deliziata e lei fece lo stesso con lui, in religioso silenzio. Fu quando, mentre si asciugavano, che bussarono alla porta del bagno. Non avevano fatto casino, anche perché era troppo presto e la mora disse che usciva subito. Non si vergognò ad aprire la porta e facendo una faccia da poker uscirono, entrambi fasciati da un asciugamano a nascondere il necessario e, la ragazza di fronte a loro li guardò ad occhi sbarrati.
«’Giorno…» Sussurrò alla biondina, facendo ridere la sua ragazza. Si girò verso la coinquilina di Keyra e la trovò li ferma sull’uscio del bagno, girata verso di loro e a guardarli incredula e a grattarsi la cute.
Fortunatamente aveva lasciato qualcosa a Keyra per cambiarsi, e fortunatamente lei non aveva buttato nulla nel trasloco. Indossò i boxer, rimettendosi nel letto e subito affiancato dalla mora che si riaccoccolò su di lui, addormentandosi appena appoggiò la testa sul suo petto.
 
 
Fu il rumore della porta di casa a svegliarlo. E come al solito ci mise tre ore anche solo per aprire gli occhi, ma percepì i movimenti di fianco a lui. Aprì un occhio e trovò Keyra seduta sul letto, girata verso di lui con i capelli incasinati e due occhi gonfi di sonno che lo fecero sorridere.
Si guardarono assonnati con lei che continuava a fissarlo impassibile, seduta in mezzo al letto.
«Perché mi fissi?» Domandò, mettendosi di schiena e accarezzandole un ginocchio. Lei, lentamente, seguì il movimento della sua mano in silenzio. Poi, senza rispondere alla sua domanda, si sedette sul suo bacino e si appoggiò al suo petto, sospirando deliziata.
«Maledettissimo Malik.» Sapeva che Keyra era divisa in due; essere arrabbiata con lui per il gesto sconsiderato che aveva fatto o essere felice per averlo lì, a portata di mano e non tramite un computer.
Si riaddormentò, stanco per le poche ore dormite e cullato da lei che ogni tanto sbadigliava e lo baciava di slancio dove le capitava. Si risvegliò un’ora più tardi, verso le otto e mezza e trovando il letto vuoto, si passò una mano nei capelli. Indossò una delle tute lasciate a Keyra e uscì dalla stanza, rendendosi conto del rumore di padelle smosse in cucina con il telegiornale in televisione. Notò anche che Keyra era in compagnia di quella che aveva bussato al bagno quella mattina stessa.
Vedendo sicuramente una figura al suo fianco, questa si girò e lo fissò ancora mezza addormentata. «Giorno.»
Keyra si girò e, guardandolo in silenzio, gli fece un sorriso tirato per poi tornare a cucinare la colazione. «Il tuo ragazzo riesce a dire solo ‘Giorno, oppure sa spiccicare qualche altra frase?» Keyra ridacchiò mentre le lasciava un bacio sul collo e si dirigeva a prendere del caffè. Altra lunga giornata, visto che sarebbe tornato a Londra il pomeriggio tardi.
«Già è tanto che ha detto buongiorno.» Rispose lei, mettendo l’uovo cotto in due piatti e prese a cucinare la pancetta. Gnam. Che fame.
Si sedette al fianco della bionda, guardando assonnato Keyra che si muoveva dall’altra parte del bancone all’americana. Subito dopo la mora si sedette al suo fianco, dandogli il piatto per la colazione e cominciò a mangiare guardando la tv, dando le spalle a lui.
Rispose al cellulare quando lo sentì vibrare di fianco a lui. «Siii??» «Certo che non ti risponde nessuno. Sono a New York!» «Non sto scherzando. Sono a New York!» La mora lo guardò, accigliata. «Si, è qui con me. Ok.» Le porse il cellulare e lei lo prese, cominciando a chiacchierare con Niall e dirigendosi in camera da letto. Finita la sua colazione, lasciò i due piatti sporchi nel lavabo, e quando si girò si ritrovò la coinquilina di Keyra a fissarlo.
«Che c’è?» Domandò, sentendosi un tantino in soggezione.
«E’ buona norma pulirli…»
Alzò un sopracciglio. «Tranquilla, prima che me ne vado saranno puliti.» E dicendo questo la lasciò lì come un allocca, rientrando in camera ma trovandola vuota. Sentì dei rumori dal bagno e capì che Keyra era lì, così si ributtò sul letto sbadigliando.
«Che problemi ha la tua coinquilina? Mi ha ribeccato che non ho lavato i piatti.»
Quando Keyra rientrò in camera le chiese quella cosa, vedendola alzare le spalle. «Beh non tutte le vostre fan reagiscono urlandovi addosso. Alcune per timidezza vi trattano male… E’ solo incredula che la sua crush di sempre era seduta di fianco a lei.» Disse sedendosi ancora sul suo bacino e riappoggiando la testa sul suo petto.
«E’ nostra fan?»
«Quale ragazza al mondo non lo è?» Ridacchiarono debolmente e si misero a guardare la televisione, addormentandosi di tanto in tanto tra un telefilm e l’altro. Mangiarono cibo d’asporto nel letto di Keyra, che quando le andava si leggeva due o tre pagine di un libro, ma passava principalmente il tempo stando seduta su di lui. E lui non diceva nulla. Poteva capire quanto Keyra avesse bisogno di quel contatto, proprio come ne aveva bisogno lui. Ogni tanto lo ribeccava per essere andato lì, ma appena lo diceva rispondeva con un bacio a quell’affermazione. Non era convinta neanche lei stessa ad essere arrabbiata con lui per ciò che aveva fatto. Lo ribeccava e poi lo baciava, come divisa in due.
Fu quando, alle sette di sera che si piegò a baciarla per svegliarla, che lei mugugnando gli strinse le braccia al collo.
«Non andare.»
«Ma devo…»
«Non andare…» Ripetè lei, buttando fuori il labbro inferiore. Sorrise, davvero divertito da quanto fosse una bambina in certi casi.
«Ahh e su! Ci vediamo la prossima settimana, dai.»
«Nooo… Resta qui, spegni il cellulare, dimentica il mondo e fregatene del lavoro.» Rise, sentendola dire quelle cose. «Ti posso assicurare che ho delle belle carte in tavola se decidi di rimanere…» Scoppiò a ridere fragorosamente e, lottando con lei, le fece togliere le braccia dal collo. Ma lei subito si riattaccò alle gambe. «Dai Kè, perdo l’aereo.»
«Brutto e cattivo aereo… c’è spazio anche per te qui.» Buttò il labbruccio di fuori, facendogli quasi cambiare idea per quello sguardo da cucciola bastonata. «E’ grande e vuoto senza di te..»
Scosse la testa, divertito e rispondendo ancora di no. Lei mise il broncio.
«Fanculo Malik!» La vide sorridere quando scoppiò a ridere per come l’aveva trattato e dopo un altro bacio veloce, lo seguì alla porta per accompagnarlo. «Sei ancora in tempo per cambiare idea.»
«Da quanto che sei diventata così dolce?» Le domandò, fermandosi sulla soglia di casa. Lei arrossì leggermente forse capendo che, quel giorno era stato un tantino differente dal normale.
«Non ti ci abituare, Malik. E’ successo e succederà solo oggi…»
«Ah… L’amore cambia chiunque.» Cinguettò prendendola in giro. Lei ringhiò a denti stretti.
«Vuoi vedere come ti cambio gli attributi se non te ne vai all’istante?»
«Ma non eri tu quella che cercava di convincermi a rimanere?» Si guardarono negli occhi, con lui che alzava un lato delle labbra. Lei era divisa in due, fece per rispondere ma alla fine preferì attaccarsi al suo braccio e lagnarsi ancora di rimanere lì con lei. L’avrebbe fatto, davvero. Ma i giorni di off stavano per finire e avevano alcune cose da fare.
«Giuro che ti regalo tutto il sesso di questo mondo.»
«Pensi di comprarmi con il sesso?» Incredulo alzò un sopracciglio e lei, con gli occhi da cerbiatta, annuì. «Tu si che mi conosci!» E dopo un bacio al volo, cominciò a scendere le scale.
«Te ne stai davvero andando, Malik?»
«Ohssì, ci puoi scommettere.»
«Ti tolgo il sesso per un mese.»
«Non attacca.»
«Ti brucio casa…» Gli urlò contro, affacciandosi dalla ringhiera mentre scendeva.
«Ritenta…»
«Ti odio!»
«Ti amo anche io bae, ci sentiamo appena atterro!»
«Ma chi ti vuole sentire! Schiantatici con quell’aereo.» Rise sguaiatamente da tutta quella finta rabbia. Keyra che si arrabbiava perché la stava lasciando lì, lo faceva troppo ridere. Dopo quelle ore in cui era stata il miele, non si smentiva mai. Era arrabbiato con lui perché se ne stava andando. Sapeva che non era veramente incazzata, per questo quando salì sul taxi ridacchiava tra se e se.
Fu ancora più divertente quando Keyra prese a mandargli messaggi uno di seguito all’altro, ad intermittenza di cinque minuti, facendolo ridere come poche volte in vita sua. E il bello era che stava facendo tutto da sola. Lui non le stava rispondendo e lei continuava, cercando un modo di farlo ritornare indietro.
“Se mi presento in aeroporto con una lettera, che dici… Ti riesco a segregare in casa mia per la tua restante vita?”
“Quale frase ti devo dire per abbordarti, bel ragazzo e convincerti a tornare?”
“Ehi bel figo… Ti andrebbe un po’ di Schweppes solo io e te?”
“Ma ti sei fatto male quando sei caduto dal cielo?”
“Posso farti lo sgambetto? Non ho mai visto una stella cadente!”
“Dai Malik, stai a fa il verginello incallito.”
“Ti odio”
“No, non è vero”
“Però sei brutto.”
“No, non è vero neanche questo”
“Uff…”
“Torna subito indietro, porco te!”
“Grazie! ♥”


note dell'autrice: Strano ma vero... Ho aggiornato pure troppo presto. Ma sto in ferie, bloccata da tre settimane in questa cazzo di casa, a non fare nulla. Quindi *alza le spalle* tenetene e mangiatene tutti.
Visto che, a quanto pare, la prossima settimana apriranno il locale nuovo del ristorante dove lavoro, sicuramente non avrò vita facile i primi mesi... Tanto vale scrivere mo, prima del dramma.
Spero vi piaccia. Come al solito a me, non convince ma... Amen! So stanca pure de esse stanca che non me convincono... Ok, sto svalvolando. Enjoy! ♥

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Capitolo 3
*** III - Non gli dissi niente, lo guardavo e m'innamoravo. ***


                                    
                                              © si ringrazia lilac j per il fantastico banner. ♥


 
«La ringrazio.» Dopo avergli consegnato i soldi per quella tratta, si mise il borsone in spalla e scese dal taxi. La cosa strana era che lì a New York usava principalmente il taxi, la faceva stranire. Perché a Londra lei usava solo ed esclusivamente la metro. Però era anche vero che, l’ultima volta che l’aveva presa lì, si era persa. Non la riusciva a capire e ringraziò di avere abbastanza soldi da potersi permettere quelle cose. Non che lo usasse sempre per muoversi, ma quando serviva non si faceva problemi. 
La sua università distava solamente cinque minuti a piedi da dove abitava, quindi non aveva bisogno di muoversi così tanto in taxi. In più, la liquidazione che aveva preso nel suo vecchio posto di lavoro bastava per farla stare tranquilla in quei mesi.
Guardò stranita le fan fuori dall’albergo, non invidiandole particolarmente visto il freddo che faceva. Sorrise a qualche richiamo ma, timidamente, scappò a gambe levate.
Entrò nell’hotel, sorridendo al ragazzo dietro il bancone, che ricambiò. Ovviamente gli chiese come poteva esserle d’aiuto; e ovviamente il tizio le disse che non poteva farla entrare, anche se il suo nome era segnato nella camera destinata a Zayn Malik. Per la sicurezza dei ragazzi, e le regole dell’hotel, non poteva farla salire finché Zayn Malik in persona – con tanto di documento – non gli avrebbe detto che potevano farla salire. 
«Posso rimanere comunque qui dentro ad aspettarlo?» Quello annuì, indicandole la saletta da dove, era sicura, potesse controllarla. Era adiacente alla reception, così da poterla controllare liberatamente. Si mise seduta su uno dei divani, tirando fuori il libro in attesa che quei cinque arrivassero. 
«Desidera qualcosa da bere?»
Alzò gli occhi sull’addetto dell’albergo, incredula. Non la facevano salire, ma la trattavano come se fosse un’ospite speciale; come lo erano i loro amici. Scosse la testa, ringraziando e guardandolo andare via. Certo che a volte, la gente era strana.
Era stato inutile ricordare a Zayn che lei, lì a New York pagava un affitto e che quello voleva dire avere un tetto sulla testa. Zayn Malik era stato irremovibile; per quei tre giorni, Keyra Smith avrebbe dormito in albergo con lui, insieme ai suoi amici. 
Bastò sentire le urla provenire da fuori per capire che i ragazzi erano arrivati. Quando percepì due labbra carnose sul collo, chiuse il libro anche non vedendolo in faccia, visto che gli arrivava da dietro. «Ehi…» Si girò a guardarlo e sorridendo lo vide buttarsi sul divano insieme a lei. «Come mai non sei in camera?»
«A quanto pare sono fidanzata con il re, visto che non mi fanno salire finché sua maestà non acconsente di farmi entrare.» Il moro inarcò le sopracciglia, poi sorrise. «Potrei farti rimanere al freddo e al gelo…» Ghignò, mentre Keyra alzava un sopracciglio, divertita. «Quindi vedi di comportarti bene.»
«Maestà le ricordo che io, una casa ce l’ho.» Il ragazzo ridacchiò divertito, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «E’ stato lei ad obbligarmi a venire qui. Non so quanto le convenga giocare. Ci metto zero a tornarmene a casa.» Lo prese in giro, sentendolo ridacchiare.
«Ti credi che ti farei tornare a casa? Manco sotto tortura…» Sapeva che per il moro ogni momento era buono per stare un po’ con lei, ed era ovvio che l’avesse obbligata a stare in albergo con lui in quei giorni. «Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna…» Recitò Zayn, facendola sorridere a labbra strette. Era un cretino patentato.
«Incazzata.»
«Sei incazzata?» Domandò depositando le labbra sulle sue, delicatamente. 
«Molto incazzata…» Non era vero. E lo sapevano entrambi. Ridacchiando come una ragazzina, gli diede un bel bacio finché non sentì una voce. La voce che preannunciava la sua morte. 
«Dove sei, brutta stronza!» Gemette e si tolse il braccio di Zayn da dosso, cominciando a scappare da quella persona che sapeva, voleva ammazzarla di schiaffi. 
Zayn si gustava la scena seduto comodamente sul divano, con Keyra che scappava e Niall che la rincorreva. Il receptionist li guardava sorridendo, per poi scuotere la testa. Si alzò dal divano e andò a depositare la firma per entrare in camera, acconsentendo che Keyra entrasse con lui. Quando tutte le scartoffie furono firmate, prese entrambi i borsoni – sia quello suo che quello di Keyra – e si appoggiò al muro a guardare quei due rincorrersi.
«Fermati stronza!» E lei ridendo andò alla porta scorrevole, uscendo del tutto dall’albergo. Anche i ragazzi uscirono e cominciarono a correrle dietro, con Niall che incitava gli altri tre a prendere strade diverse. Lì seguì, divertito nel vedere quei cinque insieme, e si appoggiò al muro, accendendosi una sigaretta mentre gli altri facevano i bambini e si rincorrevano. Keyra rideva allegramente, divertita dall’aver fatto incazzare gli altri quattro. 
In realtà erano incazzati per un po’ di cose: ancora per gli scherzi. Era passato più di un mese ma ancora si ricordavano tutti ciò che aveva fatto la sua ragazza. Perché era andata via, senza salutarli, cosa che li aveva infastiditi e soprattutto perché non aveva detto a nessuno che era rimasta incinta. 
«Niall prendila!» Sentì urlare Harry, che indicava Keyra poco distante da Niall. La vide provare ad andare a destra ma Niall le bloccò la strada. Provò quindi ad andare a sinistra, ma Niall ancora le bloccò la strada. Ridacchiò, vedendola cercare una via di fuga ma ovviamente quella non c’era. A meno che non si buttava sulle fan, Niall da un momento all’altro l’avrebbe presa.
«Spostatevi, fatemi passare!» E stupendolo come sempre, scavalcò la transenna e si buttò in mezzo alle fan. Sapeva che Niall non si sarebbe mai buttato in mezzo alle fan, a differenza sua. Lui come minimo ci rimaneva ferito, mentre lei poteva starci benissimo, perché non era lei quella desiderata dalle fan. La vide ghignare in mezzo alle fan. 
«Esci da lì! Ora!»
«Manco morta!» E indietreggiò di altre tre file di fan, che assicuravano la sua incolumità. Le fan si erano azzittite quindi potevano benissimo parlare. «Mi ci accampo qui finché non vi passa la rabbia!»
«Mi passa la rabbia? Per togliere quei fottuti colori ci ho messo tre fottutissime ore!» Si avvicinò a Niall ridendo, nel vedere Keyra ridere fragorosamente. Il biondo si girò a guardarlo, incazzato e poi tornò a guardare Keyra.
«Esci, su!» Esclamò Niall, fissandola rabbioso.
«Manco con cento Malik nudi! Sto bene qui dove sto!»
«Ti regalo lo Zayn vero se esci da li e ti fai massacrare di botte!» Ringhiò facendo ridere entrambi. «Forza!»
«Nah! Sto bene qui!» E ci stava davvero bene. Sicuro nessuno poteva andare dall’altra parte della transenna. Anche gli altri tre si unirono, sorridendo a qualche fan che urlacchiò ma poi tornò a stare zitta.
«Come cazzo ti escono certi scherzi?» Domandò Louis, divertito.
«E pensi che te lo vengo a dire? Mica sono così stupida!» Esclamò ridendo. «Dai ragazzi. Possibile che ancora mi volete male per quei scherzi? Sapete che vi voglio bene, no?»
«Non provarci neppure, bellezza!» Harry la indicò, come a colpevolizzarla e lei incassò la testa nelle spalle. «La scusa che ci vuoi bene non è una scusante per fartela passare liscia.»
«Che c’è… Avevi paura di esserti pisciato sotto a vent’anni?»
Tutti scoppiarono a ridere alla frase, tranne ovviamente Harry che fece un passo avanti desideroso di andarla a prendere.
«Fanculo! Mi hai traumatizzato.»
«Tu l’hai fatto due anni fa, in piscina. Non vedo perché non darti lo stesso trauma!» I due si guardarono e Keyra ridacchiò ancora. 
«Quant’è vero in dio ti faccio venire a prendere da Paul!»
«Paul non mi toccherebbe mai con cattive intenzioni!»
«Prenderti di peso e metterti sulle spalle sono cattive intenzioni?»
«Già!» La vide ghignare nel sapere 
 erano cattive intenzioni. Paul non le avrebbe torto neanche un capello sapendo che era incinta. Si sapeva che Paul, con le donne incinte non aveva il coraggio neanche di toccarle. O almeno così era stato con sua moglie.
«Tanto prima o poi dovrai uscire da lì! E noi ti aspettiamo con piacere!»
«E chi esce? Io sto qui finché voi non ripartite per l’Inghilterra!»
«Tanto a casa ci torni, no? E lì piangerai per quello che ti aspetta!» Sussurrò Niall, ancora avvelenato.
«Liam mi ha già perdonato. E Louis anche! Siete voi due che ancora ci ricamate sopra!» Si girò a guardarsi intorno e notò che Louis e Liam erano entrati dentro.
«Malik è dalla nostra parte!»
«Malik è dalla mia, mi dispiace ragazzi!»
«Zayn!» Si girò a guardare Niall e allo sguardo incazzoso che gli donò, sorrise. «Sei dalla nostra, vero? O ti devo ricordare quanto cazzo ci abbiamo messo a togliere tutti quei bicchieri?»
Alzò le mani ma quando guardò Keyra, la trovò seria seria a guardarlo. E poi alzò un sopracciglio, facendosi capire con lo sguardo. “Ti tolgo il sesso”. 
«In effetti…» Keyra lo guardò male. «In effetti l’avete tolti voi i bicchieri, mica io!» E ridendo insieme a Keyra guardò Niall sbattere i piedi per terra, imbufalito.
«Forza esci, Key!» E si avvicinò alla transenna, sorridendo alle fan che erano rimaste imbambolate a guardarli. Lei scosse la testa. «Per favore Kè! Fa freddo e voglio farmi una doccia. E tu sei senza giacca. Forza!»
Scosse ancora la testa, indicando gli altri due che la guardavano come un leone con la propria preda. 
«Ti giuro che gli impedirò di toccarti, forza esci!» A volte sembrava una bambina piccola e in fondo lo era. Aver paura di due come Niall e Harry, lo sapevano entrambi, era ridicolo. Non le avrebbero fatto niente, perché erano troppo affezionati a lei per farle del male. Ma quello sguardo spaurito gli faceva capire che Keyra aveva seriamente paura che quel giorno di un mese prima, aveva superato il limite. 
E timidamente, rincuorata da quello che aveva detto, si fece largo tra le fan, per poi prendere la sua mano e scavalcare la transenna. Subito dopo si nascose dietro di lui, impaurita. Niall provò ad avvicinarsi per darle uno schiaffo giocoso sul fianco ma prontamente lui deviò l’azione.
«Malik!» Sbraitò Niall, contrariato.
«Horan… Sono due anni che Keyra ci fa gli scherzi e ancora non ti sei abituato? Fatti passare l’incazzatura che voglio farmi una doccia.» Niall lo guardò male e dopo un sospiro annuì. Spostò lo sguardo su Harry, che sorrideva per chissà che cosa.
Forse per Keyra che, impaurita, si faceva scudo con il suo corpo. O forse perché li guardava nascosta dietro il suo braccio, come una bambina piccola. Oppure perché semplicemente erano di nuovo tutti e sei riuniti. Si spostò e Keyra allungò le braccia, sentendosi senza scudo ma Niall si avvicinò e l’abbracciò. Subito la ragazza ricambiò, dandogli un bacio sulla guancia per poi dare un abbraccio anche a Harry.
«Pace fatta! Forza entriamo che si muore di freddo!» Posò una mano dietro la schiena di Keyra, dandole due schiaffetti leggeri per farle capire di entrare ma Niall lo scansò proprio mentre lei si staccava da Harry, prendendola in braccio e facendola urlare come solo lei ci riusciva.
«Mettimi giù idiota patentato!» Vedendola sbatacchiarla di qua e di la, fece una smorfia seguendoli e urlando un:
«Fa piano cazzo! Non è un sacco di patate… Mi serve ancora!» E ridacchiando con Harry entrarono finalmente nell’albergo.
Mentre lui si faceva quella benedetta doccia, Keyra stava insieme agli altri quattro, a raccontarsi quello che non si erano raccontati in quel mese. Uscendo dal bagno, notò che c’erano delle risate. Si affacciò dalla porta, fissando quei cinque insieme.
Keyra era seduta sul divano della loro stanza, con un braccio alzato e un dito che indicava Harry. Con una faccia da saputella che lo fece sorridere. Harry, seduto vicino a lei, continuava ad urlare: «Mi ha toccato.» E lei: «Non ti ho toccato.» Mentre gli altri ridevano sguaiatamente. Capì che il dito che Keyra puntava verso Harry era pieno di saliva quando, il riccio urlacchiò da donna strillando che lo stava toccando, ma lei disse che stava toccando l’aria e, alla fine, Harry la leccò su una guancia e lei si schifò pulendosi con una mano. Uscì e, come in Lilo e Stitch, si buttò una mano sulla fronte e recitò un: «Povero me!» Che fece ridere tutti quanti.
In quella stanza potevano esserci anche persone famose, due quasi genitori o altro, ma principalmente c’erano sei ragazzi amici da più tempo, che si liberavano dai loro problemi e si facevano una grassa risata tutti insieme.


Quando percepì il rumore tipico della porta automatica che veniva aperta, alzò la testa e guardò verso l’entrata della stanza. Liam appena vide che Keyra era sveglia, con i capelli sconvolti e gli occhi ancora mezzi chiusi, sorrise. Lei, in tutto quello, ributtò la testa sul cuscino, grugnendo.
«Kè…» Per quanto era stanca si stava già riaddormentando, ma Liam la scosse un pochino e percepì altri rumori oltre a quelli che faceva il ragazzo sedendosi dalla parte dove dormiva lei. «Dobbiamo registrare.»
Ora, lei amava i suoi amici. Amava anche l’idea che questi ultimi stavano facendo un film per le loro fan. Ma che la svegliavano alle dieci di mattina perché dovevano girare una scena con Zayn, no. Cioè… No!
Mugugnò qualcosa di incomprensibile. In quel momento, per la prima volta in vita sua, non le interessava minimamente di finire sotto gli occhi di non so quante persone dentro ad un cinema. Voleva solo dormire. 
«Non potete registrare domani?»
«No… Sei tanto stanca?» Chiese il ragazzo, accarezzandole un braccio mentre lei richiudeva gli occhi, annuendo come una bambina piccola. In tutto quello Zayn non si era neanche accorto del trambusto intorno a lui. Keyra parlava fitta fitta, troppo stanca anche per respirare. 
«Mi nascondo…» Biascicò, coprendosi con le braccia. «Sotto il piumone, ma non fatemi alzare.» Sentì Liam parlare con il regista e quello disse che, a lui, sinceramente non gli importava se c’era o non c’era Keyra nella registrazione. Non era stato cattivo nel dirlo, anche perché Morgan le aveva chiesto più e più volte se potesse riprendere qualche momento tra di loro sei, tutti insieme, ma lei aveva detto esplicitamente di no. Sapeva che Morgan, il regista, non vedeva l’ora di avere un qualcosa di più su Zayn. E sapeva che per averlo, aveva bisogno della presenza di Keyra. 
E sentendo quelle parole, si nascose sotto il piumone, accoccolata al fianco di Zayn. Buttò giù un sospiro deliziato, e da sotto le coperte ricordò una cosa a Liam.
«Ricordatevi che ci sono anche io, non mi ammazzate!» E detto questo, mentre il ragazzo ridacchiava, tornò a dormire. Immaginava quante ragazzine avrebbero urlato per quella scena e sorrise. Fortunatamente non era pazza e al mondo, Zayn Malik che dormiva suscitava le coccole anche alle fan. Fortunatamente non venne uccisa, anche perché nessuno entrò in camera se non Liam. 
Fu quando che, con dolcezza Liam provò a svegliare Zayn, lui aprì gli occhi e mugugnando, si nascose sotto il piumone chiedendo che ore fossero. Quando percepì Zayn allungare il braccio per cercarla che aprì gli occhi assonnati e lo guardò, trovandolo a sorridere. Le mimò la parola “buongiorno” e si allungò a darle un bacio sul collo, per poi plasmarsi sul suo corpo, occupando le parti vuote. Sorridendo si nascose nel suo petto, tornando a dormire beata come non mai. Lì senti parlare, o meglio sentì Liam parlare e incitare Zayn ad alzarsi, ma tutto ciò che ricevette fu un mugugno di risposta. Dovete sapere che, provarono a fare una ripresa di Zayn che si alzava, ma non ci riuscirono del tutto. Perché l’unica in grado di farlo alzare, in quel momento, se la dormiva beatamente al suo fianco, più stanca di lui. Si, certo. Amava essere svegliato dolcemente, ma Zayn malik o veniva svegliato con calci e tirato giù dal letto, o non si svegliava proprio. Liam uscì, maledicendo il moro che era tornato a dormire, facendo ridacchiare Keyra da sotto il piumone. Povero Liam… Doveva ancora capire tante cose.
Finalmente la sua giornata universitaria era terminata. Non vedeva l’ora di buttarsi sotto la doccia e lasciarsi scivolare via quella puzza di smog che si sentiva addosso. Sapeva che si faceva troppe docce nella giornata, ma le servivano per calmare i nervi, ma soprattutto per levarsi l’odore forte di New York da dosso. La grande mela era caotica; ed insieme ad esso, c’era anche la puzza di cibo e smog che ti si incollava addosso come una seconda pelle. 
Come al solito guardò le fan fuori dall’hotel, rimpiangendole. Essere una fan doveva essere davvero molto difficile. Lei lo era, ma non a quel livello. Accamparsi sotto gli alberghi faceva male alla sua povera schiena. Quelle cose, le lasciava fare a chi ancora puzzava di latte. Scherzi a parte, non aveva la pazienza di rimanere per giorni sotto ad un albergo, pensando che oltre quella transenna le persone potevano coprirsi con una coperta o farsi una doccia. Lo stesso valeva per i concerti; al massimo lei riusciva a farsi una notte fuori dal suo letto. Per il resto, lasciava quell’esperienze ad altre. 
Non era neanche il tipo di persona che andava in campeggio. Era andata negli ostelli, ma in mezzo alla natura lei ci stonava. Non andava d’accordo con la natura, purtroppo. Le faceva schifo dormire per terra (senza togliere gli animali di cui lei aveva una paura fottuta) e di fare la pipì in mezzo ai boschi. Lei era quella che, sotto quel punto di vista, si definiva una persona comodina. Senza un wc, un lavandino e una doccia, non sapeva vivere. Le scalate per i boschi le lasciava ai suoi amici, che a quanto pare piaceva tanto andare per fratte.
Entrò nell’albergo salutata con un gesto della testa dallo staff e prese l’ascensore, cliccando sul tasto dodici.
Tamburellò le unghie laccate sul corrimano e guardò lo schermo dove i numeri salivano, troppo lentamente. Tirò fuori la chiave della stanza e la passò nello scanner, spingendo poi la porta con la spalla. Ovviamente la stanza era vuota; sicuramente Zayn se ne stava nella camera di uno dei suoi amici, a chiacchierare o a giocare alla play. Senza troppe cerimonie lanciò tutto ciò che aveva in spalla sul letto, per poi buttarsi sotto la doccia.
Ci rimase per più di mezz’ora, godendosi la sensazione dell’acqua che le scivolava sulla pelle lenendole i nervi tesi. Fu quando usci, che percepì il freddo tipico invernale sulla pelle. Indossò l’asciugamano e sciolse i lunghi capelli castani che aveva stretto in uno chignon. Mise un po’ di musica, canticchiando di tanto in tanto quella canzone che passava, godendosi quel poco di tempo che aveva tutto per sé. 
Quando indossò l’intimo, non potè fare a meno di guardare in basso, dove la pancia cominciava a crescere lentamente. Notò subito di fare una smorfia al pensiero che quella caccola che c’era dentro di lei stava crescendo. Era anche vero che lo stava permettendo lei, ma non era ancora arrivata al momento in cui sentiva quell’esserino muoversi in lei. Cercava in tutti i modi di non pensarci. Era chiaro che non si sarebbe tirata indietro da quella novità, ma ammetteva a se stessa che cercava di non pensarci più del dovuto. 
Anche se, era vero, era impossibile non pensarci. Praticamente Zayn si era tatuato la mano su quella pancia appena rimanevano da soli e ogni tre per due i suoi amici le ricordavano che dentro di lei cresceva un esserino. 
Lei ancora non riusciva ad accettarlo. Era divisa in due; sapeva che lo stesse crescendo, ma era ancora contraria a quella cosa. Da una parte era contenta di essere rimasta incinta e non sarebbe tornata indietro neanche a pagarlo oro, dall’altra non se ne capacitava.
Indossò una maglietta larga, cercando di nascondere quella che per lei era una fonte di gioia ma anche di disagio. E con solo la maglietta addosso andò a cercare gli altri, volendo passare sopra a quel pensiero.
Bussò alla porta di Louis, sapendo che Zayn fosse lì. La porta venne aperta dal castano, che sorrise quando la vide. 
«Ma ciao!» Lo guardò alzando un sopracciglio e dopo un bacio veloce sulla guancia entrò, trovando la stanza stranamente in silenzio. Capì poco dopo il perché; c’erano solo Zayn e Lou, e il primo se la dormiva bellamente sul divano, abbracciato ad un pupazzo. Si fermò alla soglia del divano, guardando il moro che dormiva e ritrovandosi a sorridere come un’ebete. Lou si ributtò sulla poltrona, tenendo il mano il joystick e riprendendo la sua partita a calcio. Si bloccò poco dopo, quando si rese conto che Keyra era lì ancora immobile a fissare il moro che se la dormiva.
«Ti devo prendere una bacinella?» Chiese Lou ridacchiando. Lo mandò malamente a fare in culo, sedendosi sul bracciolo del divano e guardando Lou giocare. «Noi andiamo a cena fuori stasera, vieni con noi?»
«Noi chi?»
«Tutti noi.» Biascicò il ragazzo, accendendosi una sigaretta ma scacciando via il fumo, per non farlo arrivare a Keyra. 
«Va bene… Perché no?» In fondo era la prima a cui non le andava di rimanere in albergo per tutto quel tempo. «Poi potremmo andare a bere qualcosa.»
«Non puoi.» 
Sospirò. «Lo so, grazie per ricordarmelo ogni volta.» Neanche gli altri avrebbero potuto bere, visto che non avevano vent’anni. Questo la rincuorò un pochino. Ma l’idea che non poteva bere o fumare l’angosciava. Non che lei bevesse come un’alcolista ma…
Sospirando prese a giocare con un pennarello indelebile che stava sul tavolino di fronte a lei. Poi, l’illuminazione.
«Di grazia, che stai facendo?» Quando si spostò, Louis scoppiò a ridere sommessamente. E vicino all’Idiota che aveva appena scritto, ci fece anche un piccolo pene. Era un’opera d’arte, constatò. E l’aveva appena fatta sulla fronte del suo ragazzo.
«Vedi di non sputtanarmi subito.»
«Non sarà così facile rimanere seri di fronte a quella scritta…» E salvando la partita, lei pensò bene di svegliare il bel moro, con un bacio su quelle labbra morbide. Subito Zayn la bloccò sulle sue labbra e aprì gli occhi, per poi sorriderle.
«Quando sei arrivata?»
«Un’oretta fa. Mi sono fatta una doccia e poi sono venuta a cercare il mio cavaliere. Sempre a dormire, eh?»
«Per di più abbracciato ad un peluche.. Che tenero!» Lo prese in giro Lou, ricevendo il Peluche sulla testa lanciato ovviamente da Zayn che si mise seduto e si stiracchiò. Lou rise di gusto e si alzò, indossando una tuta.
Attesero che il ragazzo finisse di prepararsi e poi, tutti e tre insieme si diressero nella hall dell’albergo per incontrarsi con gli altri. Si appoggiò al muro, guardando Zayn in faccia e reprimendo una risata. Quando questo alzò la testa verso di lei, che ridacchiava sommessamente, le chiese perché ridesse.
«Che hai da ridere?» Chiese, sempre con un sopracciglio alzato.
Scosse la testa, continuando a nascondere la sua risata dietro alla mano. «Niente… E’ che appena sveglio sembri un cucciolo di panda con gli occhi così gonfi.» Parve crederci, anche perché nessun sano di mente sarebbe arrivato a pensare che avesse una scritta gigante sulla fronte “idiota” e un pene disegnato in faccia.
Anche Louis ridacchiò, girandosi a guardarlo e concordò con lei. Quando gli altri scesero, Keyra, ferma dietro a Zayn, fece segno a tutti di fare silenzio e di non dire nulla sulla scritta. Si fecero una risata anche loro, ma ebbero la decenza di girarsi prima di ridere. Uscirono, mentre Keyra rimaneva per la prima volta dietro di Zayn, invece di correre nel van. Questo, avrebbe dovuto far capire al moro che c’era qualcosa di strano. 
Come al solito si fermarono a fare gli autografi e foto, e Keyra faceva segno a tutte di non dirlo a Zayn… Ma non riuscirono a rimanere serie di fronte a quella scritta, e ridacchiavano. Ma l’idiozia di Zayn arrivava al punto di pensare che ridessero dall’emozione. Povero stolto.
Fu quando una ragazza gli chiese la foto, che Keyra prese a camminare. Sentì solamente un:
«Ma che cazz…?» E cominciò a correre verso il van, mentre il suo ragazzo la richiamava. «TI AMMAZZO QUANT’E’ VERO IDDIO!» Scoppiò a ridere fragorosamente, quando entrò nel van e si girò a guardare Zayn che camminava verso il furgoncino leccandosi la mano e passandosela sulla fronte, cercando di cancellare la scritta.
«Mi hai mandato in giro con quella scritta e con un cazzo disegnato in faccia!!!!» Urlò come una checca isterica, rosso in viso per la figuraccia appena fatta. Keyra però continuava a ridere come se non ci fosse un domani, guardandolo e tenendosi la pancia, accerchiata dai suoi amici che come lei se la ridevano alle spalle di Zayn.
Porello.
«Questa me la paghi.» E cominciò a farle il solletico mentre il van partiva per il ristorante. Oh avrebbe scaricato quella foto e se la sarebbe messa ovunque in casa. E se ci riusciva avrebbe fatto mettere quella foto anche nei vari stadi, come foto riconoscimento del suo ragazzo. Solo all’idea, scoppiò ancora a ridere, piegata di fronte a Zayn mentre gli toglieva con un fazzoletto la scritta e il disegnetto.
«Sei una stronza.» Brontolò vergognoso.
Rise ancora, guardandolo negli occhi e piegandosi a baciargli quel labbruccio all’infuori. «Ricordati che ti amo.» Sussurrò smielata, indossando la faccia più stronza che aveva.
«Ringrazia che porti in grembo il/la futuro/a Malik. Sennò ti facevo investire.»
E ridendo con i suoi amici se lo coccolò, capendo che a volte era una vera stronza. E non riusciva a capire perché i suoi amici non ricambiassero gli scherzi che lei faceva. In fondo alcuni erano davvero molto bastardi. Ma si divertiva così tanto a torturarli. In fondo per lei era quella la normalità. Con la cattiveria, faceva capire quanto tenesse ai suoi amici. Chi la conosceva sapeva che se Keyra ti voleva davvero bene, doveva per forza farti qualche cattiveria. Niente di enorme, comunque. Ma di certo non veniva lì a coccolarti dal nulla, ma preferiva di gran lunga farti uno sfregio anziché una coccola. Le coccole solo quando era strettamente necessario. E in quel caso non lo era. Fatto stà che lei, senza quei cinque ragazzi, era il nulla cosmico. Ma non poteva sapere di aver fatto accendere una bomba ad orologeria.


Note dell'autrice: Aloha belle donzelle. How are u?
Vi devo chiedere un favore. Mi sono comprata il mac e non so se facendo le cose come le facevo prima, voi le vedete come le vedevate prima. Mi spiego meglio... Ho messo l'immagine della storia, ma non so se è centrata. Dal mio pc è centrata, ma non so se voi la vedete spostata o no. In caso, per favore, potreste dirmelo??? grazie mille.
Comunque ecco un altro capitolo. Spero che vi piaccia e ringrazio con tutto il mio cuoricino quelle persone che perdono tempo a scrivermi una recensione. Con questo nuovo pc, (aleluja) finalmente potrò tornare a scrivere come un tempo e la cosa eclatante è che potrò portarmelo al lavoro, visto che pesa quanto me. 2 etti, ahahahah. Quindi anche nella pausa tra un turno all'altro potrò lavorare un pochino.
Spero che vi piaccia e... nienteeee... Fatemi sapere
un bacione ai pupi! <3

 

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