Sei parte di me

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1. ***
Capitolo 2: *** .2. ***
Capitolo 3: *** .3. ***
Capitolo 4: *** .4. ***
Capitolo 5: *** .5. ***
Capitolo 6: *** .6. ***
Capitolo 7: *** .7. ***
Capitolo 8: *** .8. ***
Capitolo 9: *** .9. ***
Capitolo 10: *** .10. ***
Capitolo 11: *** .11. ***
Capitolo 12: *** .12. ***
Capitolo 13: *** .13. ***
Capitolo 14: *** .14. ***
Capitolo 15: *** .15. ***



Capitolo 1
*** .1. ***


Jensen se ne stava con i gomiti appoggiati ad uno dei pensili alti della roulotte di Jared. Le dita delle mani incrociate dietro la nuca , come se avesse voluto riprendere il controllo. O magari respirare meglio.
Dietro di lui, seduto sul piccolo divano, Jared. Sapeva di aver ferito e deluso l’uomo che ormai da più di cinque anni era il suo compagno. L’uomo che amava e gli si spezzava il cuore a vederlo in quelle condizioni e a sapere che in parte era colpa sua.

“Jensen, ascolta..”
“Taci.  Jared, ti prego…taci.” lo zittì Jensen, ancora fermo in quella posizione che sembrava di difesa da quello che aveva appena scoperto.
“Jensen , io ti…”, ma in quel momento, qualcuno bussò alla porta del caravan del giovane attore. “Venite, siamo qui.” fece Jared.

Nel mezzo entrarono Eric Kripke, Bob Singer e Jeremy Carver. “Ok, ragazzi! Ora siamo qui. Possiamo sapere a che cosa dobbiamo questo incontro stile massoneria?” fece Eric notando lo sguardo dei suoi due attori di punta.
“Vi prego, sedetevi!” invitò Jared.
“Dalle vostre facce non è molto rassicurante!” fece Jeremy.
“Sedetevi!” insistette il giovane attore, mentre l’altro non sembrava avere né la forza né il coraggio di spostarsi da quella sua posizione. In disparte.
“E nemmeno questo lo è!” ribadì lo stesso.
“Voglio dirti solo una cosa, ragazzo!” intervenne Bob che per quanto cercava di non darlo a vedere , non poteva negare a se stesso che Jensen aveva un aspetto orribile in quel momento. “Se questo è un incontro per dirci che state passando una sorta di crisi del settimo anno, e che avete bisogno di tempo, vi giuro che vi prendo a  calci in culo fino ai set. Non ho mai visto in vita mia, persone più legate come voi, fatte per stare insieme , come lo siete voi!” ci tenne a dire.
“No, no.... Bob! Tra me e Jensen va tutto bene!” fece Jared anche se uno sbuffo e esasperato da parte di Jensen dietro di lui, sembrò dargli torto. E allora Jared provò a rimediare. “O per lo meno non abbiamo quel tipo di problema!”
“Allora Jared, vuoi dirci che succede?!” si fece avanti Eric.
“Allora..” iniziò con un respiro profondo. “Ricordate quando alcuni mesi fa non sono stato bene e…”
“..e ti mandammo a controllo, sì. Ma tutto risultò essere a posto. Eri solo stressato, giusto?” s’interpose Jeremy.
“Era quello che credevo io e che all’inizio credevano anche i dottori che mi visitarono!” spiegò Jared.
“Invece?!” chiese perplesso Eric.
“Qualche tempo dopo, il dottore mi richiamò e mi disse che avevano scoperto la vera ragione di quella mia stanchezza e di quei miei malori. Si trattava ….si tratta..”, si corresse. “..di una rara forma di infezioni ai reni. Loro la definiscono subdola, perché difficile da scoprire e diagnosticare.” spiegò senza entrare troppo nei dettagli.
“Che stai cercando di dire Jared?!” fece Bob, fissando il ragazzo da sopra i suoi immancabili occhialetti.
“Al punto in cui è adesso questa infezione,  insomma….come dire…mi ha quasi completamente distrutto i reni. Da mesi sto andando avanti con una cura palliativa che mi permetta di arrivare a fine stagione. Ma dopo l’ultimo controllo, i medici non credono che io possa…cioè…”
“Che mi venga un colpo, razza di incosciente. Che diavolo ci fai qui, invece di startene in ospedale a curarti!?” inveì Eric.
“Stare in ospedale non avrebbe risolto niente. Mentre qui, io avevo molto da portare a termine e…” e mentre stava per andare avanti un disperato “Dannazione!!” sfuggì dalle labbra di Jensen. “Mi hanno detto che l’unica soluzione per risolvere la cosa, sarebbe un trapianto di reni. Ma loro non sanno quando questo sarà possibile, quindi nel momento in cui la cosa non sarà più gestibile al di fuori dell’ospedale, dovranno ricoverarmi e attaccarmi ad una macchina per la dialisi, così da sostenere i reni e tutti gli altri organi che potrebbero comunque venire danneggiati dall’infezione.” Continuava a spiegare, abbassando di tanto in tanto lo sguardo, sentendosi sotto esame.
“Jared , perché siamo qui?!” chiese improvvisamente Bob.
“Come …” fece Jared sorprendendosi per quella domanda.
“Perché siamo qui?” ripetè e poi si sporse appena verso il ragazzo. “Dato quello che ci stai dicendo…posso capire la mia presenza come regista coordinatore. Posso capire la presenza di Eric come ideatore della serie. Quello che non mi spiego è la presenza di Jeremy!” disse, e sapeva che detta così quell’affermazione poteva sembrare offensiva, ma sapeva anche che Jeremy era un ragazzo intelligente e avrebbe capito il vero senso di quelle parole. Jared si sentì messo alle strette.
“Ok!, ha ragione. Il fatto è che loro…i dottori…non mi garantiscono..come dire…la piena guarigione..anzi…se le cose non vanno nel verso che loro sperano, potrebbe andare anche peggio..” e a quelle parole i tre videro Jensen posare pesantemente la testa contro il legno.

Sembrava quasi come se stesse cercando un qualche sostegno per non cadere.

“Jared che stai dicendo?!” fece decisamente confuso Eric.
“Non è sicuro che io riesca a trovare dei reni, in tempo per il trapianto e quindi…” ma non concluse la frase. “…io devo mettere a posto tutto quello a cui tengo prima che sia troppo tardi. E portare a termine la decima stagione di Supernatural fa parte delle cose a cui tengo.”
A questo punto fu Jeremy a farsi avanti. “Jared perché sono qui?” chiese guardandolo negli occhi.
“Jeremy, amico….io non so come andranno le cose, quanto tempo ci vorrà o che cosa mi aspetta, ma non voglio mandare all’aria il mio e il vostro lavoro. La decima ormai ha la storia già scritta, lo so. Ma i finali possono sempre cambiare.” Fece sorridendogli.
“Perché sono qui?!” disse ancora il writer.
“Lo hai sempre detto anche tu che fin quando non c’è scritto la parola fine tutto è possibile e …”
“Smettila, Jared. Perché sono qui?!” chiese più deciso.

“Uccidimi.”

E lo disse fissandolo, sapendo che comunque Jeremy aveva capito. E poi per tutti gli altri si spiegò. “Uccidi Sam. Non voglio che lo show si trovi in panne per colpa mia. Non lo sopporterei. Io…” ma mentre stava per dare la sua spiegazione, Jensen, non resistette più e quel “dannazione!” che prima aveva solo sussurrato, divenne un disperato e più forte “Maledizione!”. Il biondo colpì con furia l’anta che gli stava di fronte facendola vibrare rumorosamente e poi ignorando tutti i presenti, uscì dal caravan. O forse scappò via.
Troppa rabbia da mostrare. Troppo dolore da dover tenere nascosto. E le lacrime che questa volta non erano lacrime di scena, facevano troppo male. Bruciavano quasi come un acido sulla sua pelle.
“Jensen??” provò a fermarlo Eric, ma non fu ascoltato.
“Jared sei impazzito?!” chiese Bob. “Non possiamo uccidere Sam!”
“Sì che potete!” sembrò volerlo rassicurare il giovane attore. “Basta che quella falce non lo manchi. Tutto verrà da se , poi!” disse alzandosi. “Ascoltate, questa decisione fa male a voi quanto fa male a me. Ma Supernatural non merita una fine incerta o addirittura la cancellazione per “sopravvenute esigenze”!!” ironizzò. “Vi prego, sollevatemi almeno da questo…peso!” parve quasi supplicare. “Ora, scusatemi, ma devo raggiungere Jensen. Io non avevo detto niente a nessuno di quello che mi stava succedendo. Nemmeno a Jensen!”
“Cosa?!” si stupì Bob.
“Non volevo farlo preoccupare. Non immaginavo che la cosa arrivasse a questo punto. Ora lo so, ho sbagliato e per quanto io possa ancora fare qualcosa , devo cercare di rimediare.” Disse mentre si allontanava dai tre che invece , storditi da quello che avevano appena saputo, restarono seduti sulle loro sedie.  “Vi prego, pensateci!” disse ancora e poi uscì alla ricerca di Jensen.
 
Eric non riusciva a emettere parola. Sconvolto da ciò che Jared aveva confessato.
“Ditemi che è uno scherzo!” azzardò Bob, per la prima volta profondamente colpito e sconvolto.
Jeremy invece, in silenzio anche lui, non poteva fare a meno di pensare a quante volte aveva visto in Supernatural la morte di Sam, ma questa volta il solo pensare di doverla scrivere per quel motivo, gli dava la nausea.
 
Fuori, nello spazio adibito al parcheggio dei camper, Jared si aggirava alla ricerca di Jensen. Lo vide fermo tra i due mezzi del make-up e quando si avvicinò potè vedere il compagno stringere con nervosismo le ringhiere in acciaio che delimitavano l’area. Avrebbe giurato che stava tremando, esattamente come lo vide tremare e come lui stesso tremò quando tutto tra loro inizio.
 

Circa sei anni prima…..

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Capitolo 2
*** .2. ***


Circa sei anni prima…..
 
Era l’anno della gloriosa quarta serie di Supernatural, ormai quasi agli ultimi episodi e Jared e Jensen erano nel camper di Jensen, in attesa di essere richiamati per l’inizio della prossima scena della giornata. Stavano pianificando l’ennesimo scherzo da attuare nei confronti del povero Misha, la loro nuova co-star. All’inizio lo avevano definito “strano” ma poi, scena dopo scena, giorno dopo giorno, il giovane interprete di Castiel li aveva conquistati ed era entrato nel cuore di entrambi. L’unico scotto di tale privilegio era, essere sempre in allerta, pronto a subire gli scherzi dei J2.
Jensen era seduto sul bordo di un piccolo divano di cortesia del suo camper mentre Jared, gli sedeva di fronte, tenendo la sedia al contrario così da potersi appoggiare allo schienale. Ridevano di cuore dell’ultimo “attacco” a Misha. Le risate cristalline risuonavano nel mezzo, fin quando i loro occhi non si incontrarono e si scoprirono a guardarsi le labbra curvate in quei sorrisi allegri.

Fu un attimo.

Inspiegabilmente il tempo sembrò fermarsi.
La mente in quell’attimo si spense. I pensieri sulle battute, le scene, gli scherzi, su tutto, svanirono come per magia. In quel momento solo loro. Lentamente le labbra scemarono la loro ilarità, gli occhi brillarono di sorpresa e incomprensibile attesa.
I respiri si fecero pesanti forse perché già pregustavano quello che le  loro menti non volevano considerare e i loro corpi si rifiutavano di compiere.

Poi accadde.

Nello stesso momento si ritrovarono talmente vicini, che i loro visi divisero lo stesso respiro incerto e bastò un respiro più profondo perché le loro labbra si incontrassero. La cosa più sconvolgente fu che quel contatto non venne interrotto. No!, anzi. Continuò leggero e dolce, quasi come se fosse stato normale.
Le labbra si saggiarono timide, si  carezzarono piano come per prendere confidenza.
 
Che stava succedendo?
 
Erano giovani, ma non tanto da non sorprendersi. Avevano avuto le loro storie.
Si vociferava perfino che Jared frequentasse l’attrice che interpretava la “Ruby” di quella serie. Eppure non era con lei che Jared , adesso, si sentiva lo stomaco che gli si torceva dentro. Era Jensen e il suo tocco, le sue labbra , il suo sapore sulla sua bocca che lo stavano facendo andare fuori di testa.
Quando finalmente le loro labbra decisero di allontanarsi per dare modo alle loro menti di capire. Gli occhi parlarono per loro, dando loro la voce.
“O..mio.. Dio!” sussurrò Jensen palesemente confuso, ma che inspiegabilmente si sentiva…eccitato. Emozionato.
Jared lo fissò , anche lui, incredulo. Non si spiegò come, ma agì di istinto.
 
Per una volta….una dannatissima volta, le parole e le spiegazioni le avrebbero lasciate al dopo!
 
“Lo hai detto: Oh mio Dio!!” ripetè e in quell’affermazione si alzò di scatto e afferrando la parte alta della spalliera della sedia su cui era seduto, la lanciò via, eliminando ogni ostacolo tra loro. Un secondo dopo era inginocchio, tra le gambe di Jensen, le sue mani sulla nuca del biondo e la sua bocca su quella dell’altro.
Un  bacio. 

Il bacio, questa volta.

Deciso, senza timori. Irruento, quasi violento.
Le loro labbra che si mordevano. Le loro bocche che cercavano l’incastro perfetto. E poi il sapore morbido e umido delle loro lingue. E poi ancora le mani di Jared intorno al viso di Jensen. Le mani di Jensen che, animate da un inconsapevole istinto, avevano afferrato i fianchi del più giovane perché quel contatto così intimo rimanesse tale o forse lo diventasse ancora di più.
Il respiro si fece accelerato. I cuori impazzirono nei loro petti. I loro corpi reagirono naturalmente  a quelle sensazioni e quella nuova emozione.
Gemiti, sospiri, schiocchi di labbra inesperte ma con tanta voglia di imparare e poi ?
 
La fine.
Improvvisa.
Il trillo del telefono di Jensen.
 
I due attori si fermarono di colpo all’udire quel suono.
Jared era  ancora fermo contro il corpo di Jensen e Jensen lo teneva ancora per i fianchi e mentre il trillo continuava, i due non smettevano mai di guardarsi. Nei loro occhi miriadi di espressioni di sorpresa. Nelle loro menti la confusione più totale e terrorizzata.
 
Ora…ora sembrava essere arrivato il momento delle spiegazioni!!
 
Fu Jared ad allontanarsi per primo, forse il primo a rendersi conto di quello che effettivamente era successo. Del modo in cui era successo e del modo in cui entrambi avevano reagito.
Infatti tutti e due, come prima cosa si ritrovarono a doversi sistemare la camicia al di fuori dei jeans per non mostrare come i loro corpi avevano “preso la cosa”.
“Che abbiamo fatto?!” face Jared mentre si spostava al centro del camper e si metteva le mani nei capelli come per trovare di nuovo il suo equilibrio.
 Jensen lo raggiunse senza mai andargli però troppo vicino. “Senti!...non facciamoci prendere dal panico, ok?!” cercò di analizzare la cosa.
“Panico?? Porca miseria, Jensen. Ci siamo….. baciati?!” fece decisamente nel panico il giovane.
“Diciamo che …eravamo….insomma…eravamo su di giri per quello che volevamo fare…diciamo che è stato un momento dovuto al…. momento!” spiegò essendo certo di non aver spiegato niente.
“Cosa?...Cosa???...Non…non ha senso!!” quasi gridò Jared. “Ma che dici, Jensen. Ci siamo baciati ed è stato un bacio….bacio!” gli fece presente con esasperazione.
“Già. Vedo che a chiarezza siamo messi bene tutti e due.” Riuscì perfino a ironizzare suscitando ancora più esasperazione nel collega. “Ma ascolta, ora…ora siamo troppo….fuori di testa per capire o…solo analizzare la cosa. Torniamo a lavoro. Non pensiamoci. E vedrai che a fine giornata ci rideremo su!” sembrò volersi convincere il maggiore dei due.
“Ma Jensen cosa…insomma.. noi…” voleva ancora chiedere quando anche il suo cellulare squillò.
Rispose.
“Ehi!! Cliff…sì.  Arriviamo….cosa?..Jensen? sì..sì..è con me. No! Il suo cellulare non ha squillato!” mentì per non dover poi spiegare o far spiegare al collega perchè non avesse risposto. “Cinque minuti e siamo sul set.” Disse infine e mise giù.
Guardò Jensen che guardava lui e sinceramente non sapeva come poter affrontare le prossime riprese dopo quei maledetti, dannati ma incredibilmente eccitanti due minuti di follia. “Che facciamo, Jensen?!”
Il maggiore lo fissò, strinse le labbra e deglutì. “Te l’ho detto. Ci buttiamo la cosa alle spalle e torniamo a lavoro. Quando saremo più lucidi, affronteremo la cosa se ce ne sarà bisogno.” sentenziò, mentre prendeva il giaccone di Dean e quello di Sam che avevano appoggiati sul tavolo del camper.

Mezz’ora dopo, erano sul set, pronti per le nuove scene, ma quel giorno furono incredibilmente lunghe e difficili. E onestamente quelli della crew non si spiegavano perché quando le scene si facevano emotivamente più intense per i due fratelli della finzione o magari occorreva un contatto più fisico,  i due attori, per la prima volta , sembravano palesemente in difficoltà e prima uno e poi l’altro, chiedevano di ripetere la scena.
Ad un certo punto , perfino il regista si accorse della fatica che si leggeva sui volti dei due attori e decise di finire lì le riprese. Clif attese che i due , ognuno al proprio camper, si cambiassero, per poterli così riportare al loro appartamento. Quello che condividevano a Vancouver quando giravano lo show.
In macchina, stranamente poche o niente scambio di battute. Per Clif, vedere Jensen in silenzio non era strano.
Ma Jared?...Jared era il tipo di ragazzo che ti tormentava anche quando dormiva e quindi vederlo in silenzio e in quel tipo di silenzio, lo insospettiva.
“Andiamo , ragazzi!” fece sperando di risollevare il morale. “Non è poi così grave quello che è successo?” disse.
I due attori alzarono lo sguardo di scatto verso l’amico autista, simultaneamente.
“Cosa?” fece timoroso Jensen.
“Che…che...” balbettò Jared, seduto dietro, come al solito.
“Sì. Voglio dire che una giornata storta può capitare a tutti….” E sorrise quando sentì entrambi i suoi protetti sospirare di sollievo. “.. E dato che a voi raramente capita , non dovete prendervela così se oggi non avete rispettato l’ordine di marcia. Lunedì, vedrete che sarete belli e riposati e recupererete. Tranquilli!” concluse, prima di fermare la macchina davanti al loro vialetto.
“Sì, è come dici tu, amico. Grazie!” fece Jared mentre scendeva dalla macchina.
“Ci vediamo lunedì!” si accodò Jensen, dando una pacca vigorosa sulla spalla dell’amico.
 
Quando entrarono in casa, per un po’ restarono fermi a fissare il vuoto. In un’altra situazione , Jensen come al solito sarebbe andato al frigo per prendere due birre e Jared avrebbe iniziato a fare casino con i programmi in televisione.
Quella sera, no. Quella sera fu diverso.
L’unica cosa che accadde fu il passo accelerato di Jensen che si avviava verso le scale che lo avrebbero portato al piano di sopra dove c’era la sua camera da letto.
“Buonanotte Jared!” sussurrò appena prima di sparire dal soggiorno.
Jared nemmeno rispose. Si avviò verso la sua camera e chiuse la porta.
 
Il week-end non andò meglio di quella sera. I due conoscevano gli orari, le abitudini, perfino i rumori, l’uno dell’altro e quindi sfruttando questo, con enorme fatica, riuscirono ad evitarsi.
Se uno rientrava, l’altro usciva. Se uno guardava la tv, l’altro se ne stava in camera. Furono due giorni assurdi e stressanti e quando il lunedì arrivò, anche se si sentivano più stanchi del previsto, ringraziarono il fatto di non dover più giocare a nascondino nel loro appartamento.
 
Ma quella situazione non migliorò sui set. Molti del cast vedevano Jensen alzarsi e andare via se si avvicinava Jared anche solo per sedersi vicino a lui. Oppure vedevano Jared sparire dai set non appena il regista chiamava il cut e ritornare solo quando tutto era pronto per la nuova scena.
E poi ci fu il clou di quella situazione assurda!!
Una mattina , tra una ripresa e l’altra, un assistente di produzione andò a chiamarli perché Jim Micheals aveva  bisogno di parlare con loro. Quando arrivarono all’ascensore che li avrebbe portati all’ufficio del produttore esecutivo, l’assistente fu improvvisamente richiamato e quindi li lasciò da soli. Ciò che impensierì Clif, che fu quello che assistette alla scena, fu il fatto che quando le porte dell’ascensore si aprirono, Jared entrò, mentre Jensen rimase immobile dove era e fissò le porte meccaniche chiudersi. Salì dopo.

C’era qualcosa sotto!!

Quei due non si perdevano mai di vista. A volte erano praticamente inseparabili eppure adesso sembrava non volessero nemmeno stare nello stesso posto, allo stesso momento. 
Ma l’uomo era molto legato e leale nei confronti dei due attori e quindi decise di non comunicare i suoi dubbi a nessuno. Avrebbe osservato, guardato a distanza. Li avrebbe tenuti d’occhio e solo se la cosa fosse diventata insostenibile avrebbe agito.
Fortunatamente non ne ebbe bisogno!
 
Quella settimana era passata, volente o dolente. Un nuovo venerdì era arrivato e i due attori erano di nuovo soli nel loro appartamento. Al piano di sopra Jensen, continuava a girarsi e rigirarsi tra le lenzuola del suo letto.
“Ma che diavolo mi prende?...perchè non riesco a dimenticare?...perchè mi sento ancora così…..maledizione!!....E’ Jared!! È il mio migliore amico, il mio collega …non posso…non posso. Io non sono….” stava per dire “gay” o forse “attratto da lui”. “….ma lui…quegli occhi…la sua bocca….non riesco a dimenticare la sua dolcezza mentre mi baciava. Per la miseria!, mi sembra perfino di sentire ancora il suo sapore…non è possibile….non è possibile..” si agitò ancora e poi esasperato si tirò su a sedere. “Non posso andare avanti così. Io devo capire…io devo…..capire!” ripetè mettendosi una mano tra i capelli mentre con l’altra si premeva lo stomaco che aveva preso a contorcersi di nuovo non appena il ricordo di quel bacio si era fatto di nuovo pressante.
“Come ne vengo fuori?!” chiese a se stesso.
 
Al piano di sotto, Jared non era messo meglio. Anche lui, stava per affrontare l’ennesima notte insonne. Si guardava intorno. Di tanto in tanto andava in bagno per guardarsi e assicurarsi di essere sempre la stessa persona.
Magari voleva scorgere qualcosa di diverso in lui che potesse aiutarlo a capire. Ma niente. L’unica cosa che vedeva era uno strano luccichio nei suoi occhi ogni volta che, davanti a quello specchio, si ritrovava a pensare a Jensen e quel dannato pomeriggio.
“Porca misera, Padalecki!” esclamò furioso. “Sei un attore, anche uno bravo…dicono. Quindi cerca di farla finita  e fa finta che quello che sia successo sia solo una scena di un qualche film assurdo. Smettila di pensare a lui.” si auto ammonì. “Smettila di pensare alle sue mani che ti tenevano stretto. Smettila di pensare a quei suoi dannatissimi occhi verdi che ti fissavano quasi a volerti entrare….nell’anima. Smettila  di pensare …alla sua bocca…” iniziò a parlare più lentamente. “…sulla tua. Smettila….di sentire ancora la…sua lingua accarezzare ..la tua.” Poi si fermò, e si guardò sbalordito allo specchio quando si rese conto di quello che stava dicendo. “Maledizione!!!” fece sbattendo la mano sul bordo del lavandino e tornò in camera.
“Come ne vengo fuori?!” chiese a se stesso.
 
Jensen scese le scale e si avvicinò alla porta della stanza di Jared. Piano per non fare rumore e piano lo chiamò, per paura che l’amico stesse dormendo. Lo chiamò ancora, solo un po’ più forte e quando vide che la porta rimaneva chiuse , desistette e decise di ritornare in camera sua.
 
Poi la porta della camera di Jared si aprì.
I loro occhi si trovarono di nuovo.
L’ansia, la confusione, i timori, la curiosità, la voglia di sapere, divennero una sola emozione. Forte, potente. Che gridava di andare avanti e che allo stesso tempo li teneva inchiodati al pavimento.

“Vieni dentro!” sussurrò appena Jared, facendosi da parte e dando spazio all’amico per entrare.
 
La porta si chiuse.
Finì quel mondo in cui fino a quel momento avevano vissuto come amici e colleghi e ne prese vita un altro.
Un universo completamente diverso in cui Jared e Jensen sarebbero diventati storia.

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Capitolo 3
*** .3. ***


“Io…” sguardo perso. Occhi bassi. Vergogna, forse. Confusione, sicuramente. Voglia di capire, certamente.
“Tu…”. Confusione, sicuramente. Vergogna, forse. Voglia di capire, certamente. Occhi bassi. Poi: “Anche io..”
“Anche tu….” Occhi negli occhi. Respiri affannati. Sorrisi accennati.
 
Non poterono dire chi iniziò. Chi prese a spogliare l’altro. Chi baciò per primo e chi per primo ansimo di piacere.
L’unica cosa certa è che si ritrovarono sul letto di Jared, vicini, abbracciati, nudi, occhi negli occhi. Ancora.
Le mani cercavano di scoprire ogni centimetro di quella pelle che fino a quella mattina era solo pelle, e ora sembrava la cosa più bella che mano potesse toccare. Le gambe che cercavano il giusto incrocio per non permettere di allontanarsi troppo. I loro corpi si cercavano, richiedevano un contatto sempre più forte. Inspiegabilmente. Senza vergogna.
E poi quei baci!!
Quei baci che ormai si scambiavano senza più timore o disagio. Quei baci che pian piano diventavano sempre più intimi e profondi. Che si attardavano sui petti ansimanti, sui capezzoli stuzzicati, sulle curve tese del collo o che si beavano dei tremori dei ventri contratti.
Poi i corpi, uno sull’altro. Jensen lentamente si era ritrovato sdraiato sul corpo di Jared che lo stringeva per le spalle.

Mio Dio! che sia questo il vero fare l’amore? Che sia sentirsi eccitato e perso solo sentendo il tocco dei suoi occhi su di me? Non ho mia provato una sensazione del genere. Non riesco a smettere, a fermarmi. Non riesco nemmeno a concepire che questo momento possa finire. Jared mi guarda, mi tocca, mi stringe  a lui e io so, sento, di essere finalmente vivo.

Questo vagava nelle mente di Jensen mentre continuava ad amare Jared, che imprigionato sotto di lui, si lasciava baciare, accarezzare e che sembrava pronto a fare l’ultimo passo.
 
Possibile che io lo abbia avuto sempre così vicino a me e non abbia mai capito niente? Possibile che dovevamo caderci per caso in questa follia d’amore? Ma è poi una follia o è davvero quello che doveva succedere? Non mi interessa. Ora voglio solo che Jensen continui a baciarmi come sta facendo. Voglio solo che continui a muoversi su di me, in questo modo che mi sta facendo impazzire. Che Dio mi aiuti!, ma voglio continuare e andare oltre, perché l’idea che lui possa andare via da me adesso o anche dopo, mi farebbe morire.
 

E sommerso da queste sensazioni, Jared alzò una gamba verso i fianchi del compagno, e in quel movimento le loro intimità si accarezzarono dure e umide e vibranti. Un gemito strozzato venne fuori dalle loro bocche. Impossibile trattenerlo.
“Jared…oddio….io credo che impazzirò se andiamo avanti di questo passo.” Mugolò Jensen baciandogli piano le labbra.
“Allora potremmo fare il salto, che ne dici?” azzardò guardandolo con gli occhi lucidi di un sorprendente desiderio.
“Tu…vuoi…cioè….se te la senti…..io….”
“Salti con me, Jensen?!” lo provocò malizioso, il giovane, tendendosi sotto di lui e lasciando che i loro bacini si scontrassero ancora e ancora.
“Ok! Salteremo insieme, allora.” Rispose e un attimo dopo, lentamente dolcemente, con le dita iniziò ad accarezzare piano quella intima zona di muscoli che era la parte più segreta di Jared.

Erano uomini fatti e sapevano come andavano certe cose, certi rapporti, ma mai, al mondo, avrebbero mai pensato che avrebbero fatto un esperienza del genere uno con l’altro. E soprattutto sentendo dentro di loro che non si trattava solo di mera curiosità ma di qualcosa che da tempo covava dentro di loro e che ora, finalmente, aveva trovato il coraggio di esplodere e risplendere alla luce del sole.

Quando quell’intimo spazio fu violato delicatamente, Jensen invogliato dai gemiti di timido piacere del compagno, si sistemò meglio tra le gambe di Jared e trovata la giusta posizione, piano, iniziò a spingersi dentro.
Questa sensazione però per  Jared risultò molto più sconvolgente delle semplici dita, per quanto Jensen lo avesse fatto in maniera spettacolare. Il giovane annaspò quando sentì Jensen dentro di lui e chiuse gli occhi per poi riaprirli e cercare un punto qualsiasi nella stanza che potesse distrarlo da quello che stava accadendo e che stava provando così profondamente.
 Jensen se ne accorse perchè quello sconvolgimento interiore non era solo di Jared ma anche suo. In maniera diversa, ma lo era. E non voleva che quel momento fosse un ricordo diverso per entrambi. Voleva che fosse uno ed uno solo, per tutti e due.
“Guardami. Ti prego, guarda me. Vivilo con me. Dovevamo saltare insieme , no?” sussurrò baciandogli dolcemente prima la fronte sudata , poi gli occhi, poi le labbra tremolanti. Jared sembrò rassicurarsi, gli sorrise e gli annuì dolcemente, incorniciandogli il viso con le sue mani.
“Salteremo insieme, allora!” disse Jared con lo stesso tono con cui prima Jensen lo aveva detto a lui, stringendo le gambe lungo i fianchi del compagno.
I loro corpi iniziarono a muoversi piano, in perfetto sincrono, come se quello che stavano facendo per la prima volta lo avessero, invece, fatto già molte volte.  

Un dolce walzer che nota dopo nota diventava un tango appassionato. Questo era ormai il loro fare l’amore.

La virilità di Jensen invadeva sensuale e prepotente il corpo di Jared che completamente conquistato dalle sensazioni che provava, si concedeva ormai con piena fiducia ai movimenti d’amore di quell’inaspettato ma meraviglioso compagno. Jensen , spinta dopo spinta, raggiungeva quei posti, dentro di Jared, che altro non facevano che aumentare l’estasi di entrambi.
Le loro maschili intimità vibravano alla spasmodica ricerca di un giusto finale, portate ormai al limite della sopportazione. Le spinte e le contrazioni dei loro bacini sembravano avere un tempo perfetto e in quella perfezione, l’inevitabile piacere arrivò. Sconvolgente. Mai provato, non in quella maniera. Assordante nelle loro teste dove impetuosi si rincorrevano i loro nomi ripetuti all’infinito.

Stretti in un abbraccio quasi disperato, un ultimo bacio regalava loro l’inizio di un nuovo  mondo.

Rimasero in quella posizione intima per alcuni momenti, assaporandone fino all’ultimo la sconcertante dolcezza, fin quando Jensen non sentì l’urgenza di stringersi meglio al corpo del compagno, che seguendo i suoi movimenti verso il materasso, si ritrovò ad abbracciargli il petto sui cui poggiò anche la testa mentre Jensen gli cingeva la schiena con le braccia e con movimenti pigri e lenti continuava ad accarezzarlo.
“E’ successo sul serio?!” fece Jared, quando ormai aveva riacquistato un respiro più regolare.
“Oddio!, direi proprio di sì.” rispose ridendo sommessamente Jensen. Poi ritornò serio. “Stai bene?” chiese, sperando che Jared capisse il vero senso di quella domanda.
E Jared capì ma era tentato di mettere Jensen in imbarazzo. Maledettamente tentato.
“In che senso?” chiese allora sorridendo appena per non essere scoperto.
“Tu…cioè….insomma… io ti ho….noi abbiamo…e tu hai…cioè…potrei averti fatto…”  , balbettò in imbarazzo. Porca miseria! Ackles hai appena fatto l’amore con lui e non riesci a mettere insieme una semplice frase su ciò che è successo?
Poi, sentì Jared decisamente ridere di lui. “Non è divertente, Jared!”
“Sì, che lo è. Lo sai che ho sempre adorato metterti in imbarazzo.” Disse ridendo ancora.
“Questo è vero!” convenne il maggiore.
“Quindi perché dovrei smettere adesso che la cosa potrebbe farsi ancora più stuzzicante!” fece presente Jared.
“Non puoi dire sul serio!!” si risentì senza troppa enfasi. “Io volevo solo assicurarmi che tu stessi bene, che non avessi provato dolore e tu invece rigiri tutto a mio sfavore?...a quanto pare ti ho giudicato male, Padalecki!” sostenne con decisione, mentre però, con la mano gli afferrava il mento e gli alzava il viso verso di lui per poterlo baciare e sorridere nel vederlo sorridere. “Stai bene?!” chiese poi ancora con le labbra quasi appoggiate su quelle del compagno.
“Non sono mai stato meglio in vita mia.” Rispose ricambiando il bacio appena ricevuto. “Ora però vorrei solo godermi il momento. Godermi questo stare abbracciato con te. Godermi la consapevolezza di quello che è successo. Ti prego….rimandiamo a domani tutto il resto. Ti va, Jensen?” chiese quasi supplichevole. “Ti va di passare la notte con me , qui, abbracciati, così?”
“Non avrei potuto chiedere di meglio!” lo rassicurò Jensen, e rese quelle parole fatti.
Si sistemò meglio accanto a lui e con un incredibile facilità, trovarono l’incastro perfetto dei loro corpi.

Come se uno fosse l’assoluta combinazione dell’altro.

“Andrà tutto bene!” disse Jared prima di rilassarsi completamente contro il corpo del compagno.
“Andrà tutto bene!” gli fece eco Jensen, seguendo, poco dopo, il giovane in quel dolce oblio portato dal sonno e dalla stanchezza.

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Capitolo 4
*** .4. ***


Quando la mattina arrivò fu Jensen a destarsi per primo.
Con movimenti lenti , si divincolò dalla presa che Jared aveva su di lui, sorridendo del mugolio di disapprovazione del giovane che comunque restò ancora perso nel suo sonno.
Il maggiore si rivestì e andò in cucina. Preparò il caffè e quando se ne versò una tazza, restò per alcuni minuti a fissare il fumo che fuggiva via.

Ora sapeva che cosa voleva dire “sconvolgersi una vita!”

Una sola notte gli aveva cambiato la vita, l’esistenza e di certo gli avrebbe sconvolto ancora tanto. Per un momento si chiese se ne valeva la pena.
E un momento dopo rivide il volto di Jared. Lo rivide mentre lo baciava e si faceva baciare. Quando gli si concedeva , quando aveva riso con lui, quando aveva raggiunto il piacere insieme a lui. Lo rivedeva mentre gli dormiva vicino, sereno. In pace. E sentì dentro di sé esattamente quello che anche lui aveva sentito in quei momenti.
Diamine! Se ne valeva la pena.
Quello che provava in quel momento non era solo il frutto di una di quelle esperienze che si fanno e che poi vanno dimenticate. Quello che era successo era qualcosa che non aspettava altro che accadere o non sarebbe accaduta. Non con Jared, non in quella maniera, non sconvolgendolo in quel modo.

“Jensen?” fece la voce dietro di lui.
 

Jared si era svegliato qualche minuto dopo di Jensen e per un po’, dopo essersi reso conto di essere a letto, da solo, rimase a fissare il soffitto, ripensando alla notte appena trascorsa.
L’aveva fatto.
Aveva fatto l’amore con un uomo.
Si era lasciato conquistare e invadere da un uomo, cosa  che mai in vita sua aveva mai nemmeno considerato.
Ma poi quell’uomo prese le sembianze di Jensen e tutto sembrò avere senso.
Quell’affinità nata immediatamente quando avevano iniziato a lavorare insieme. Un amicizia nata ancora più facilmente. La naturale semplicità con cui si erano legati e trovati lavorativamente e caratterialmente. La sintonia innata nelle cose serie e in quelle meno serie come gli infiniti scherzi sui set.
Quell’inspiegabile complicità quando si erano ritrovati nudi nel suo letto. Non poteva essere solo curiosità quello che era successo. Non, sentendo quello che sentiva lui in quel momento.

Si alzò anche lui dal letto, recuperò dal pavimento la sua tuta e la sua maglietta, sorridendo nel ricordare il modo sensuale con cui Jensen gliel’aveva sfilata la notte scorsa e sembrò di sentire ancora il suo odore quando la infilò.
Andò verso la cucina da dove sentiva provenire i soliti rumori mattutini, ossia, Jensen che, benchè lo facesse con discrezione, litigava con la macchinetta del caffè. Restò per un attimo a godersi quei rumori così familiari e poi quando non sentì altro, entrò nella stanza e lo vide.
Fermo, pensieroso, quasi assente che fissava il fumo che si alzava dalla tazza di caffè appena fatto.

“Jensen?!” lo chiamò e il compagno si voltò verso di lui. Il suo sguardo era strano, diverso da quello con cui l’aveva guardato fino a qualche minuto prima di addormentarsi con lui.
Ecco!, pensò Jared. Ci siamo, ci ha ripensato. È finito tutto ancora prima di cominciare!

Non voleva sembrare debole e se tutto doveva finire, voleva almeno tentare di salvare la loro amicizia. Avrebbero dimenticato tutto. Avrebbero fatto finta di niente. Avrebbe pianto solo una volta, come un disperato e poi avrebbe ripreso a vivere. O forse sopravvivere. Fece un respiro profondo e decise di scoprire le carte il più in fretta e nella maniera meno indolore possibile.
“Ci hai ripensato!” disse e non chiese. “Vuoi tirarti indietro, lo capisco. Ma se è così, ti prego cerchiamo almeno di salvare il salvabile. Cerchiamo di rimanere …amici!” disse quasi in imbarazzo dato la banalità di quelle parole, ma mentre lui le pronunciava nemmeno si era accorto che Jensen gli si era avvicinato.
Solo quando Jensen gli mise una mano sulla bocca per farlo tacere, si rese conto di averlo di fronte a lui.
“Sta’ zitto!” fece il maggiore , baciandolo subito dopo, in modo dolce e delicato. “Non voglio tirarmi in dietro da niente. Non ci ho ripensato!” lo rassicurò.
“Ma…tu…sembri così…”
“Pensieroso?!” finì per lui e Jared annuì. “Quello a cui stavo pensando è solo: come spiegarlo e comunicarlo alle nostre famiglie, agli amici e a quelli con cui lavoriamo. Solo a questo!” lo sorprese Jensen.
“Sul serio?!”
“Mai stato così serio in vita mia!” disse sorridendogli. “Ascolta!, ti ho trovato prima come perfetto collega, poi come migliore amico. Ora, sorprendentemente  ma meravigliosamente , ti ho scoperto e trovato come compagno e non ho nessuna intenzione di perderti o lasciarti andare. Io vorrei..” ma poi si fece più deciso in quella richiesta. “Io voglio provarci, Jared. Voglio provare a far funzionare quello che sta nascendo tra noi. Se tu vuoi, naturalmente!”
Jared lo guardò. E per un momento non riuscì a sentire bene quello che Jensen diceva tanto era il rimbombare  furioso e felice del suo cuore. “Voglio provarci anche io Jensen, giuro che voglio provarci anche io.” Disse abbracciandolo. Abbracciandolo forte.
“Perfetto. Perché io non mi sono mai sentito così completo e in pace come quando…”
“..abbiamo fatto l’amore!” concluse al suo posto , Jared, ma Jensen, stupendolo, lo corresse.
“No, non mi sono mai sentito così completo e in pace come quando ti ho visto dormire al mio fianco, abbracciato a me!” disse accarezzandogli il viso emozionato.
 
Da quella mattina, passarono giorni e poi settimane e poi mesi e tutto sembrò riprendere al meglio. La loro vita, il lavoro, loro stessi.
Quella tensione, quel nervosismo, quella mancanza di concentrazione che molti avevano notato erano come spariti nel nulla, perfino sul set, quello che per anni li aveva caratterizzati come persone incredibili e professionisti indefessi, si era fatto ancora più tangibile. Sia quelli della crew che i vari guest o comparse, lasciavano i set, a fine riprese, non riuscendo a non tessere le lodi per i due protagonisti della serie.
 
Durante una delle solite convention, a tarda notte, Jared era riuscito a raggiungere la stanza di Jensen, senza essere visto.
Non riuscivano a starsi lontano per troppo tempo.
L’entusiasmo di quella loro nuova esistenza si era rivelata essere più forte del previsto  e se all’inizio, temevano, che lentamente quel loro cercarsi sarebbe scemato, si sentirono galvanizzati, invece, sentendo, che più si cercavano, più si volevano.

Avevano fatto l’amore quella sera, soffocando i loro gemiti e i loro ansiti di piacere contro i cuscini o a volte in un bacio più disperato. Si erano stretti forti, cercando aiuto uno dall’abbraccio dell’altro quando l’orgasmo li raggiunse potente, indifferente degli ospiti delle altre stanze. I due amanti si erano stretti le labbra tra i denti per controllare quegli spasmi così incontrollabili ma al tempo stesso infinitamente piacevoli. E avevano riso, quando si lessero sul loro stesso viso, la fatica che avevano fatto per contenersi.

Jensen teneva Jared abbracciato, mentre lui era appoggiato con la schiena alla schienale del letto. Era silenzioso e il suo respiro era regolare e ritmico e Jared adorava restare così a farsi cullare da quel lento su e giù del petto del compagno.
“Odio l’idea di dover andare via tra un po’.” Disse il giovane e in effetti guardando l’ora, sapeva  che sarebbe dovuto andare via o avrebbero rischiato che qualcuno lo avesse visto uscire dalla stanza di Jensen. Ma Jensen non disse niente. “Jensen?!” lo richiamò. Che stesse dormendo?

“Io ti amo!” fu invece la risposta a quel richiamo.

Jared si alzò su di scatto, girandosi per guardare il compagno che lo aveva appena sconvolto.
“Cosa?!”
“E’ così. Ti amo, Jared.” Disse ancora e rimase stupito quando Jared rispose: “Come?”
“Non riesco a trovare altra risposta a quello che sento per te, a quello che provo quando sono insieme a te e quando tu invece mi sei lontano. Non riesco a spiegarmi perché e come hai fatto ad entrarmi così dentro l’anima fino a questo punto, a prendere possesso del mio cuore in una maniera così completa. Perciò, non posso fare altro che essere certo che solo una cosa può fare una cosa del genere: l’amore. Quindi, io ti amo!” ribadì, dopo quella sua ammissione sincera.
Jared non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Il suo cuore batteva furiosamente, il suo respiro aveva preso ad essere agitato e la sua mente non riusciva a formulare un pensiero decente che potesse fare alla bisogna per quel momento e per quelle parole. E forse fu per questo suo stato confusionario che dalla sua bocca venne fuori solo un insensato: “Perché?!”

Jensen lo guardò stranito ed ebbe un attimo di smarrimento, ma se dentro di sé non potè evitare di chiedersi: E che cavolo? Io ti dico che ti amo e tu non riesci a dire altro che  cosa, come  e perché??!”, sinceramente doveva anche ammettere che quello che vedeva sul volto del giovane compagno era pura sorpresa e confusione.

“Perché sei tu, perché dovevi essere tu. Perché sei qui. Perché siamo qui. Perché doveva accadere ed è accaduto con l’unica persona che l’avrebbe reso possibile. Tu. Sei sempre stato tu, Jared!” e attese e attese e attese. “Ti prego, Jared, dì qualcosa!”
Jared sorrise, finalmente. E il suo sorriso era raggiante, felice. Jensen potè quasi giurare di poter dire: soddisfatto. E forse ne ebbe anche la prova da quello che Jared gli disse.
“Non sapevo ancora quanto altro tempo avrei dovuto aspettare prima che tu ti decidessi a dirmelo!!” lo spiazzò il giovane.
“Beh! io non credevo di avere una sorta di diritto di prelazione sul dire “ti amo” per primo!” fece ironico.
“No, certo!” convenne Jared. “Ma ammetto di essere stato egoista in questo perché volevo che si realizzasse un sogno!” rispose quasi in imbarazzo.
“Un sogno?!”
“Volevo sentirtelo dire per primo. Volevo provare quella meravigliosa sensazione allo stomaco quando ti avrei sentito dire Ti amo e poi lo avrei detto a te e donandoti la stessa felicità.” Ammise un po’ in colpa, ma Jensen gli mise un indice sotto il mento e lo costrinse a guardarlo.
“Dimmelo!”
“Ti amo. Ti amo, Jensen. Ti amo in una maniera che a volte mi fa quasi male. Ti amo a tal punto che mi manca il fiato al pensiero che potrei amarti di più e magari non ne sono capace!” disse tutto di un fiato, mentre si lanciava letteralmente tra le braccia del compagno, che lo accoglieva emozionato.
“Tu mi ami esattamente come voglio che tu debba amarmi, piccolo. Tu sei così. Io ti voglio così. Ti amo così. Non voglio e non chiedo, non ti chiedo altro.” gli disse in quell’abbraccio. “Oddio! Come faccio a farti andare via da qui!” disse poi, dispiaciuto all’idea che si stava facendo giorno e che davvero Jared avrebbe dovuto lasciare la sua stanza.

“Sistemeremo anche questo, amore mio. Sistemeremo anche questo!” lo rassicurò Jared.

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Capitolo 5
*** .5. ***


Una sera, i due ragazzi, erano distesi sul divano del loro appartamento a Vancouver,  a guardare un vecchio film western. Jared era incastrato tra lo schienale del sofà e il corpo di Jensen e lo teneva stretto da dietro con le braccia che circondavano il torace del maggiore.
Ti permetto di stare così solo perché se le posizioni fossero invertite, non vedrei nulla!” era la giustificazione a quella posizione, anche se dentro di sé,
Jensen adorava quando Jared lo teneva abbracciato in quella maniera. Lo faceva sentire al sicuro. Protetto. Gli bastava solo stare così, nemmeno gli importava il film.

Durante la pubblicità  Jared disse quello che ormai, entrambi sapevano essere il prossimo passo.
“Dobbiamo parlare con loro, Jensen!” fece, muovendo lentamente la mano sul cuore del compagno.
“Lo so, piccolo. Lo so e mi sto già organizzando.”
“Sul serio?...non mi hai detto niente!” fece sorpreso. “Che stai architettando?” chiese curioso.
“Non ti preoccupare , Jay. Vedrai andrà tutto bene!” lo rassicurò.
“O cavolo!!” si lamentò Jared.
“Cosa?!”
“ Mi hai chiamato Jay!” fece davvero preoccupato, Jared.
“E allora? Ti chiamo spesso Jay!!”
“Sì. E ogni volta mi ritrovo a dover subire i casini che combini e che irrimediabilmente ricadono su di me! Dimmi che hai fatto?” insistette.
“Ma dai, non esagerare!” iniziò a ridere Jensen.
“E no!! Dimmi…dimmelo…dimmi che hai in mente Ackles!” si impuntò Jared, iniziando a torturare il compagno con solletico e piccoli pizzicotti.
Jensen iniziò a contorcersi nell’abbraccio del giovane, ridendo e scattando con il corpo,  per quelle torture.
“Dimmelo, Jensen….andiamo o giuro che andrò avanti fino a domani!!” insisteva mentre , entrambi, iniziarono a ridere di gusto.
Non videro il finale del film. Quello che avvenne, grazie a quelle amorose “torture”, fu molto più interessante e soddisfacente.
 
Una settimana dopo, Jared e Jensen, erano ad Austin, a casa dei genitori di Jared, ma con grande sorpresa, quando il giovane mise piede fuori dal taxi, non vide solo la sua famiglia sotto il portico, ad attenderli, ma anche la famiglia di Jensen. Al completo.
Mentre i due tiravano fuori i loro bagagli, Jared, cercando di mascherare con un sorriso, il nervosismo che sentiva crescergli dentro, si avvicinò a Jensen.
“Lo sapevo…lo sapevo che avevi fatto qualcosa!” lo accusò guardando la marea di familiari pronti ad accoglierli.
“Beh! se devi imparare a nuotare è meglio farlo dal lato alto della piscina, no?” fece il maggiore tirando fuori una delle sue sacche da viaggio.
Jared, anche se un attimo tentennante,  si lasciò convincere. Forse era meglio così, almeno, avrebbero fatto il discorso, quel discorso, una sola volta.
“Ok! E hai pensato anche a che cosa dirgli e a come dirlo?” chiese fiducioso che il compagno avesse pensato anche a quello.
“Dire?” fece stupito Jensen. “Io pensavo più ad una dimostrazione pratica!” fece ancora.
“Cosa?” esclamò tra i denti.
“Sì. Andiamo lì. Io ti stampo un bel bacio alla francese davanti a tutti e poi, quando avranno ripreso a respirare gli diciamo: “Ta-dan!! Io e Jared stiamo insieme. Ci amiamo alla follia. Non riusciamo a starci lontani e passiamo le notti a fare l’am…” ma su quell’ultima parola, Jared lo bloccò fulminandolo con il solo sguardo.
“Ackles..” lo avvertì. “Tu prova a dire una cosa del genere…tu prova solo ad avvicinarti a me, fin quando non avremo detto tutto e io ti uccido. Chiaro?”
“Ehi! io volevo solo semplificare le cose!” sembrò volersi giustificare innocentemente , anche se dentro di lui, anche Jensen, moriva di ansia per quel passo che stavano per fare.

Quando finalmente furono attorniati dai loro parenti, si fecero guidare nelle solite  accoglienti rimpatriate texane. I bambini giocavano e si rincorrevano, i vari parenti si scambiavano notizie stile telegiornale  e mentre le due matriarche si avvicendavano e affaccendavano tra i vari tavoli, i due padri si scambiavano consigli su come utilizzare  al meglio un barbecue per tutte quelle persone. Jared e Jensen fissavano quel meraviglioso quadro familiare, sorridendo , grati di farne parte.
“Stiamo per fare la cosa giusta?!” chiese Jared , sottovoce. Ma non perché non voleva Jensen nella sua vita, ma perché sapeva che quello che volevano confessare alle loro famiglie, li avrebbe colpiti profondamente. E se li avesse sconvolti al punto di ferirli indelebilmente?
“Sì. Io..credo..penso di sì. Se vogliamo stare insieme, non possiamo tenerglielo nascosto.” Disse e poi avvicinandosi appena un altro po’ a quello che era ancora il suo compagno segreto, continuò. “Ma se vuoi tirarti indietro…lo capirò. Se vuoi aspettare o tenere la cosa ancora solo per noi. Lo accetterò. Ti amerò comunque , Jared. Nel segreto della nostra casa o alla luce del sole. Ti resterò accanto e ti seguirò in qualunque  sia la tua scelta.”
Jared aveva un groppo in gola in quel momento. Avrebbe voluto abbracciarlo e gridare immediatamente che non c’era cosa o persona al mondo che amava quanto amava Jensen. E c’era solo un modo perché questo desiderio fosse realizzabile.

“Mamma…papà….Alan, Donna!” chiamò facendosi un po’ avanti e sapendo che Jensen gli era vicino. “Io e Jensen avremmo qualcosa da dirvi. È importante  ed è importante che sentano tutti.”
“Ragazzo, tutto apposto?....c’è qualche problema….magari al lavoro?!” si volle assicurare il padre di Jared.
“Jensen?” intervenne anche Alan.
“E’ tutto apposto, papà. Vogliamo solo che ascoltiate.” fece il maggiore portandosi accanto a Jared. “Circa un anno fa, è successo qualcosa. Qualcosa di sorprendente. Inaspettato e lo ammetto, perfino per noi, sconvolgente.” fu il prologo.
“Ok! Dopo un preambolo del genere, avete tutta la nostra attenzione.”, intervenne Jerry.
“Prima di continuare, voglio solo ….solo dire una cosa. La decisione che abbiamo preso, io e Jared, non è ….oddio! qualcuno direbbe “negoziabile” , ma non so se sia la parola giusta. Non vogliamo mancarvi di rispetto ma qualunque sia la vostra opinione al riguardo, noi non torneremo indietro. Non potremmo nemmeno volendolo.” disse deciso.
“Ragazzi, volete lasciare la serie!?” azzardò Alan, pur sapendo quanto importante fosse per loro.
Jensen fece cenno di no con la testa e poi senza guardare Jared, allungò solo una mano verso di lui, che gli stava ad un passo dietro. 

Le loro mani si incontrarono a metà tra i loro corpi e le dita si intrecciarono perfettamente come avevano già fatto migliaia di volte. Tutte quelle volte in cui consapevoli e sorpresi allo stesso tempo, si rendevano conto di come perfette fossero le loro mani unite insieme.

Inspiegabilmente entrambi smisero di tremare, anche quando videro i volti stupefatti di chi li osservava in quel momento. Anche quando poterono sentire il giustificato stupore prendere forma in sussurrati  “oh!!”  di incredulità.
I due ragazzi fissarono tutti negli occhi e poi, inevitabilmente incrociarono gli sguardi dei loro padri che di rimando, fissarono loro e le loro mani e poi di nuovo loro.
Non sapevano come interpretare quella confusione, quel guardare di Jerry e Alan. Erano pronti ad accettare tutto, ma speravano che quel tutto non comprendesse disgusto.

A spezzare quel silenzio, fu Donna. La madre di Jensen si fece avanti.

“Credo di parlare a nome di tutti!” fece. “Dire che questo…..” indicando le loro mani ancora e sempre unite. “ …non ci sorprenda sarebbe da ipocriti. Ma voglio che voi siate sinceri fino al midollo con noi e questo è il momento più adatto per farlo. Siete…. sicuri ?” chiese guardandoli come solo una madre può guardare e non lasciare scampo a menzogna.
“Sì.” Dissero insieme.
“Avete pensato alle conseguenze che questo comporta per voi?” chiese ancora e ancora risposero di sì.
“Per il vostro lavoro?” e ancora sì.
La donna vedeva la decisone marchiata a fuoco sul volto dei ragazzi davanti a lei e su quello più amato del figlio, che conosceva come nessun altro. Sapeva che se Jensen aveva deciso di fare quel passo, non lo aveva fatto senza pensarci o buttandocisi solo per curiosità. Le mille volte che gli aveva detto “Se hai intenzione di fare qualcosa, falla. Ma falla fino in fondo o non provarci nemmeno!”, sapeva che erano un monito che il figlio aveva stampato nel cervello.
Così decise di porre un ultima domanda. “Siete certi che sia amore e non.. altro?!” azzardò decisa, notando anche il lieve rossore che imporporò i due ragazzi.
 
“Sì, che è amore!” fece a questo punto la voce della madre di Jared, Sherri.

Si fece avanti anche lei raggiungendo l’amica. “Guarda i loro volti, Sherri. Guarda i loro occhi. Guarda le loro mani. Non hanno mai smesso di stringersi. Di sostenersi. Conosco mio figlio e tu conosci il tuo e sai che mai e poi mai si sarebbero esposti in questa maniera se ciò che li ha uniti  non fosse stato ….amore!”
I due mariti raggiunsero le loro mogli. Lo fecero con passo deciso e questo quasi impaurì i due ragazzi. Sembrava avessero più o meno l’appoggio delle madri, ma vedere i due patriarchi avanzare così, non lasciava ben intendere e le mani si strinsero automaticamente. Contrassero le mascelle in attesa di quel giudizio e i loro respiri aumentarono in sincrono.
“Papà!?” sussurrò Jensen. “Io….”
Ma Alan lo fermò, mettendogli una mano sulla spalla. “Ti ho cresciuto insegnandoti che devi sempre lottare e sostenere quello in cui credi e ami.”
“Sì, papà!”
“Credi in Jared? Lo ami? Lotteresti per lui?” furono le domande spiazzanti e inaspettate da parte dell’uomo.
“Sì. Con tutto il cuore. Come mai avrei pensato di poter fare!” fu la risposta immediata che il ragazzo si sentì di dare mentre sentiva la mano di Jared tremare nella sua, mentre rispondeva in quel modo, ad Alan.
L’uomo rimase per un attimo in silenzio , attendendo che anche l’amico avesse le sue spiegazioni. Infatti anche Jerry volle assicurarsi dei sentimenti del suo ragazzo.
“Io non ho domande profonde da farti, ragazzo. Ma voglio solo che tu mi guardi negli occhi e mi giuri che sei…felice!” chiese semplicemente.
“Lo sono, papà. Immensamente!”
I due uomini a quelle risposte si guardarono. Per un attimo sembrarono titubanti e poi, quasi nello stesso momento, afferrarono i loro figli e li strinsero a loro in un potente  e caloroso abbraccio.

Solo allora le mani di Jared e Jensen trovarono il coraggio e la forza di dividersi.

“E allora sii felice, figlio mio!” sussurrò Jerry , all’orecchio del figlio che sull’orlo delle lacrime non potè che rispondere “Ti voglio bene, papà! Ti voglio bene!!”
Nella stessa condizione erano anche gli altri due. Gli occhi lucidi e le braccia strette uno intorno all’altro.  “Sai che questo manderà in crisi tua madre?...lei avrebbe adorato sparlare della nuora che gli ha portato via il  suo adorato Jens!!” scherzò Alan.
“Tranquillo, papà! Jared saprà esasperarla lo stesso!!” rispose ridendo anche Jensen.

Quando tutti quelli che assistettero a quella scena capirono che i 4 genitori avevano accettato di buon grado quella nuova “esistenza”, capirono anche che non c’era motivo per non partecipare alla gioia che vedevano e quindi si unirono a quelle che forse erano congratulazioni di rito.
Solo una rimase in disparte e piano si eclissò dall’euforia del momento.
Jared se ne rese conto. “Mamma?!” la chiamò mentre la vedeva allontanarsi. “Mamma?!!” e fece per raggiungerla, ma fu Jensen a fermarlo.
“Ti prego…lasci che le parli io.” chiese.
“Ma io….perchè?...è stata la prima a ….accettare e ora lei…” disse confuso da quell’atteggiamento.
“Lo so. Ti capisco ed è per questo che ti chiedo di lasciare che sia io a parlare con lei per primo. Per favore!” fece ancora e gli accarezzò leggero il viso quando il giovane acconsentì.
 
Jensen raggiunse Sherri nel portico dietro la grande casa. La donna era appoggiata alla balaustra e sembrava pensierosa.
“Sherri?!”
La donna non si voltò, ma si limitò a dare le sue spiegazioni.
“Vi farete del male, Jensen.” Disse.
“Perché dici così?...io e Jared ci amiamo. Non ci faremmo mai del male!” provò a spiegarle , mentre le si faceva più vicina.
“Jensen, io vi ho visti, anzi, vi ho guardati prima , di là. E il vostro è vero amore. Ed è forte, profondo. Le vostre mani non si sono mai staccate anche quando pensavate che Jerry o Alan potessero reagire in qualche maniera. Non avete mai arretrato. Nessuno di voi ha mai solo pensato di fare un passo indietro senza l’altro.” Gli disse, finalmente, girandosi verso di lui.
“E questo…. è un male?!” domandò perplesso.
“Da quando vi conosco non vi ho mai visto fare qualcosa uno senza l’altro. Se c’è Jared poco dopo ci sei tu, o il contrario. L’uno , l’ombra dell’altro. E se uno mette un passo, l’altro ne mette due per poter essere in grado di sostenere in caso di caduta.” Disse come metafora. Ma Jensen la lasciò continuare perché sapeva che la donna non aveva finito. E infatti.
“Voi vi state amando di un amore che molti conoscono dopo anni e anni di sacrifici e compromessi.  Vi farete del male, Jensen. Perché dalla cima si può solo cadere.” disse ancora.
“Mi stai dicendo che dovrei amare di meno tuo figlio?!” chiese perplesso.
“No, ti sto dicendo che dovrete amarvi senza annullarvi. L’amore deve governare i vostri cuori democraticamente e non sottomettervi in una dittatura. Riesci a capire quello che voglio dire, Jensen?!” fece con apprensione, notando lo sguardo esitante del ragazzo.
“Io….” stava per rispondere quando intervenne Jared.
“Io lo amo, mamma.” continuò  Jared che non aveva resistito e li aveva raggiunti. “Una volta…..mi dicesti che il vero amore deve venire prima di ogni altra cosa!” ricordò il giovane.
“E’ così, amore mio.” Rispose la madre.
“Jensen è il vero amore!” le disse prendendole la mano. "L'unico amore, per me!"
Sherri non seppe più che replicare. Ma non perché si fosse arresa, ma solo perché vide gli occhi del figlio e niente al mondo poteva esprimere l’amore come quello che quegli occhi le stavano mostrando in quel momento.
“E allora…amore sia!” esclamò abbracciandoli entrambi.
 
Una settimana dopo, nel bel mezzo della sesta stagione, era la volta della sconvolgente  rivelazione anche ai loro colleghi e tutto il resto del gruppo.
Era un venerdì e i due attori chiesero ai loro amici più stretti e ai loro colleghi da anni, di fermarsi solo per pochi minuti poiché avevano bisogno di parlare con loro di una “certa situazione”.  Nell’ultimo set che avevano utilizzato, Jared e Jensen stavano di fronte ad una cinquantina di persone, tra cui Bob, Jeremy, Jim Micheals, Misha, Beaver e Sheppard e poi tutti gli altri.
“Allora ragazzi? A che dobbiamo questa riunione?” chiese Micheals sinceramente curioso.
“Sì, ok!” fece Jensen che come il suo Dean aveva perso a “sasso carta forbice” contro Jared, per chi doveva dire tutto. “Allora….quello che sto…che stiamo per dirvi potrebbe sinceramente cambiare le cose tra di noi, per lo show e quindi…”
Sheppard lo fermò, apprensivo. “Calma, ragazzi. Non starete mica per dire che volete mollare lo show, che non avete intenzione di confermare per la settima?”
“No, no,no!!!” rispose Jensen. “Ma il fatto è che dopo aver sentito quello che abbiamo da dire, potreste anche essere voi quelli ad avere dei ripensamenti …” ma questo lo disse guardando Singer , Carver e il produttore.
“Di che diavolo parli, Jensen?!” fece lo stesso Carver, mentre un confuso brusio cominciava ad aumentare tra tutti i presenti.
“Ok! Al diavolo. La stai prendendo troppo alla lontana Jensen. Sono nostri amici e prima o poi gli capiterà di vedere questo!” intervenne Jared  che parlò  ed agì più perché non sopportava più l’ansia di quel momento , che altro.
Jensen lo guardò sorpreso e capì immediatamente quello che il compagno stava per fare e non fece in tempo a tirarsi indietro che Jared lo afferrò per le spalle e lo baciò. Lì. Davanti a tutti.

E porca miseria!, lo baciò con tutti i sacri crismi.

Il resto dei presenti guardarono la scena a bocca aperta e per un momento pensarono che quello fosse l’ennesimo scherzo messo in atto dai temibili J2.
Sì!, poteva esserlo!!
Se non fosse stato per il fatto che più il bacio andava avanti più vedevano Jensen aggrapparsi ai fianchi del collega e partecipare con più che coinvolta passione.
Quando i due finalmente si allontanarono, si ritrovarono sotto gli occhi di tutti. Bocche aperte, occhi spalancati , sguardi increduli.
Non sapendo cosa altro dire o fare…

“Ta-dan!! Io e Jared stiamo insieme!!” esclamò Jensen. Ma non ricevendo alcun ricambio a quell’esclamazione , sembrò quasi rimanerci male.
“Dovevi proprio dirlo!?” gli disse sottovoce Jared.
“E tu dovevi per forza baciarmi in quel modo?!” replicò Jensen
“Lato alto della piscina, ricordi?!” sembrò volersi giustificare il giovane.

Jensen lasciò stare e poi tornò a rivolgersi a quelli che sperava essere ancora amici e colleghi. “Allora Jeremy…..Bob….Jim…dite qualcosa!” fece curioso e soprattutto nervoso dell’esito di quella rivelazione. “ Siamo ancora i Winchester o a fine stagione Sam e Dean faranno le valigie?!”
Fu Bob a prendere la parola, anche perché sembrava quello meno sconvolto. Si avvicinò ai due attori e fissandoli al suo solito modo, li guardò con delusione e scosse pesantemente il capo.
“Bob..” sussurrarono entrambi i ragazzi, temendo la fine di tutto.

“Porca miseria, Collins! hai vinto!" esclamò con tono seccato.

"Ti devo 50 dollari!” fece, ancora, poi,  mostrando all’attore di Castiel la banconota appena tirata fuori dai pantaloni.
“Lo so che è brutto dirlo, capo…ma te l’avevo detto!!” fece l’attore andando a ritirare il suo premio direttamente dalle mani del regista.
Jared e Jensen guardarono quella scena interdetti. Davvero non ci stavano capendo niente.
“Bob, ma che cosa …”
“Andiamo, ragazzi. Davvero pensavate che non ci fossimo accorti di niente?” li stupì il regista, mentre gli si faceva vicino anche Carver e gli altri. “Sono mesi che girano scommesse sul modo con cui vi foste decisi a vuotare il sacco.”
“Cosa???!” esclamò stupito Jensen.
“E già. Io e Beaver puntavano su Jensen e su un diplomatico comunicato ufficiale alla produzione. Mentre altri…” e fece sottovoce il nome di Misha e Sheppard, “…puntavano su qualcosa di più plateale. Beh!, ora sapete chi ha vinto!”
“Che succederà ora, Bob?” chiese Jared, con aria preoccupata.
I tre responsabili si guardarono uno con l’altro e lasciarono che il regista facesse da portavoce. “Niente.”
“Come niente?!” fecero all’unisono i due.
“Continuate il vostro lavoro come avete sempre fatto. Continuate ad essere i soliti Jared e Jensen che hanno iniziato questo viaggio e avrete il nostro pieno appoggio. Come sempre.  Questo è tutto.” Sentenziò deciso e paternale.
“E con la stampa, come…”
“Quella è roba mia!” intervenne Michaels. “E credetemi quando avrò finito con loro, sarete i beniamini della rete!” disse rassicurandoli.
E così fu.

Organizzarono una conferenza stampa in cui fu reso pubblico il legame affettivo dei due protagonisti di Supernatural, ma fu presentato in una maniera talmente semplice e naturale che gli addetti ai lavori quasi non si resero conto del grande cambiamento a cui erano stati chiamati ad essere partecipi. Micheals era davvero un gran maestro con le pubbliche relazioni.
Oramai, tutto era alla luce del sole. Tutti sembravano aver accettato quella nuova condizione. Jared e Jensen potevano vivere tranquillamente il loro amore e tutto sembrava dover andare solo per il verso giusto.

Sembrava….

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Capitolo 6
*** .6. ***


Al tempo presente…..

Jared si avvicinò piano alle spalle del compagno fermò vicino alle transenne di acciaio.
“Non farlo! Non farlo, Jared!” disse la voce rotta di Jensen.
Ma Jared, intuendo che cosa Jensen voleva non dovesse fare, lo ignorò e lo abbracciò. Se lo tenne stretto, sentendosi in colpa per i tremori che sentiva scuotere il corpo del compagno e che sapeva non essere causati dal freddo.
“Mi dispiace!” sussurrò sul suo collo. “Mi dispiace!”
“Come hai potuto tenermi nascosta una cosa del genere? Io sono il tuo compagno…il tuo migliore amico…io ti amo e tu…tu mi hai tenuto fuori da una situazione così al limite?!” disse deluso da quel comportamento.
“Lo so, lo so e non smetterò mai di dirti che mi dispiace. Ma l’ho fatto solo perché ero spaventato e non volevo spaventare anche te, così…” volle giustificarsi.
“Cosa?...ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Io avevo il diritto di saperlo. Io avevo il diritto di starti vicino fin dal primo esame, Jared!!” lo rimproverò, mentre si liberava dal suo abbraccio e si rigirava per guardarlo negli occhi.

E questo fu il suo sbaglio. 
Dannato sguardo Padalecki. Dannata quella sua dolcezza. Dannati quei suoi occhi innamorati.

Jared lo guardò e capì, nonostante sapesse di essere in torto, che era in vantaggio.
“Ascolta amore mio! Ti prego…detestami quando sarà tutto finito. Ora, per favore , ho solo bisogno che tu mi stia vicino quando le cose si faranno più assurde. Ho solo bisogno che tu mi faccia ridere quando avrò solo voglia di piangere. Ti prego, Jensen. Ti prego!!” sembrò davvero supplicare.
“Non te lo meriti, Padalecki!” sussurrò Jensen e poi non resistendo più, lo afferrò per il bavero della giacca e lo abbracciò quasi disperatamente. “Io ti amo e non lascerò che ti accada niente. Troveremo una soluzione, interpelleremo i migliori medici del settore e tu starai meglio di prima.” disse convinto mentre lo abbracciava ancora e poi spostandosi in modo che potessero guardarsi: “Lo giuro, Jared!” e lo baciò.

Fu un bacio dolce, intimo. Che non aveva bisogno di passione o gemiti languidi. Visse solo per confermare una solenne promessa d’amore.
 
Quando tornarono verso il camper di Jared, all’interno vi trovarono ancora , in attesa, i tre amici che avevano mandato a chiamare.
“Bene! Siete tornati!” fece Bob. “Sedetevi!”
“Ma cosa…” esclamarono insieme.
“State zitti e ascoltate!” li ammonì anche Eric. “Allora !! abbiamo preso una decisione.”
“Wow! Di già? Non vedevate l’ora di farmi fuori!!” scherzò Jared.
“Dillo di nuovo e ti prendo a schiaffi, ragazzo!” disse serio Singer.
“Scusa!” sussurrò Jared, capendo di aver fatto una battuta poco divertente.
“Porteremo a termine la decima stagione, così come è stata pensata. Finale compreso!” esordì il regista.
“Bob…” provò ad intervenire Jared, cercando di farli ragionare.
“Ma…” lo fermò Carver, “…ma gireremo anche un finale alternativo che utilizzeremo solo in casi estremi. Ma non è questa la decisione che abbiamo preso stasera!” disse poi e i due attori lo guardarono perplesso.

Stavano già cambiando le sorti di una stagione, che altro avevano potuto decidere in così poco tempo?

“Che cosa avete deciso?!” chiese Jensen, avvicinandosi a Jared. Sapeva che qualsiasi fosse stata la decisione, avrebbe , giustamente, coinvolto anche lui.
“Se le cose..” e poi cercò di rinforzare il tono. “…e ripeto “se” le cose dovessero andare per il peggio, Dio non voglia, il progetto Supernatural si chiuderà con la decima stagione!”
“Cosa!?” esclamò sorpreso Jensen.
“Nooo!” fece eco Jared.
“Su questo siamo tutti d’accordo e penso che anche quelli là fuori lo sarebbero. Se verrà a mancare Sam, verrà a mancare una parte importante della storia , un fondamento di cui Supernatural non può fare a meno e lo stesso accadrebbe se fosse Dean a morire. Voi siete le colonne portanti di questo show, di questo straordinario....edificio, ma un edificio con una sola colonna non può reggersi. Cadrà inesorabilmente!” fece Carver.
“Jeremy, ti prego…no! Trova una soluzione!!” fece Jared preoccupato e in colpa.
“No!” ma non fu Jeremy a dirlo ma Jensen.
“Cosa?!” fece Jared guardandolo.
“Credi davvero che riuscirei a continuare tutto questo senza di te, Jared. Perché se lo pensi, non mi conosci, amico!” fece Jensen.
“Tu sei forte…tu puoi…potresti…” provò a incoraggiarlo.
“Fare cosa, Jared? Andare avanti? Continuare a vivere come se niente fosse? Continuare a recitare in Supernatural senza continuare a vederti in ogni dove?” ammise amareggiato da quell’infausta previsione. “Se ci sarai tu, ci sarò io. Altrimenti …è finita!” disse deciso.
“Bene!” esclamò Eric. “Vedo che siamo tutti d’accordo!” e si alzò dalla sua sedia. “Andatevene a casa.” fece ai due. “E tu riposa!” rivolgendosi solo a Jared. “Stasera stessa mi attiverò perché da lunedì ci sia nei pressi dei set in cui giriamo, un ambulanza sempre pronta. Ti terremo a stretto controllo Padalecki e quando la stagione sarà finita, ti metterò alle calcagna tanti di quei medici che nemmeno House saprebbe cosa farci!” e invitò i suoi colleghi più anziani a seguirlo.

Ma prima che i tre uscissero dal camper Jared li richiamò.
“Ragazzi?....io non so come ringraziarvi!” disse emozionato.
“Tieni duro e non farci scherzi, Jared. E non dovrai ringraziare nessuno!” fece il creatore della serie.
“Ci vediamo lunedì, ragazzi!” fece Bob.

Il giorno dopo, tutti quelli che erano parte integrante dello show, dall’ultimo tecnico alla co-star più popolare, ricevettero una mail di Kripke in cui veniva spiegata la situazione e la decisione presa. Alla fine del messaggio, si chiedeva di esprimere un parere in merito.

La risposta fu unanime: O c’erano Sam e Dean, o non ci sarebbe stato Supernatural.
 
Le riprese degli ultimi episodi andarono avanti e tutti si impegnarono perchè filassero il più velocemente possibile, per evitare a Jared troppo sforzo, senza però mai privare quell'ambiente comunque familiare del solito carattere allegro e confortevole. E quando il giovane, a volte, sfuggendo ai controlli del compagno, riusciva a raggiungere il camper del trucco, chiedeva alle ragazze di fare in modo di coprire il più possibile i segni di quell'affaticamento che ormai diventava sempre più evidente.
"Andiamo ragazze, usate le vostre manine magiche o Jensen inizierà a fare la chioccia fin quando non avremo finito con le scene di oggi!" e così pensava di averla fatta franca.

Durante uno stop tra una scena e l'altra, Jensen vide Jared fissarlo. E lo faceva a modo suo o meglio nel suo modo e quando il giovane gli si fece vicino, Jensen non lo fece nemmeno proferir parola.
"Scordatelo, Jared! Uno sguardo innamorato e devoto è tutto quello che avrai da me!" anticipò.
"Andiamo, amore!" disse sussurrandolo perchè potesse sentirlo solo il compagno. "Vuoi davvero che supplichi il tuo amore?!"
"No!, ma questo non cambia il fatto che appena torniamo a casa, ti metterò immediatamente a letto!" fece deciso Jensen.
"Beh! io avevo la stessa intenzione!" lo  provocò malizioso Jared.
"Co..." esclamò Jensen, facendo mente locale sulla risposta che aveva dato a Jared. "Smettila, Padalecki. Non otterrai niente tranne che una doccia fredda, mi hai capito?"
"Riuscirò a sedurti, Ackles!" lo provocò ancora mentre lo lasciava nelle mani della costumista.
"Rimarrai deluso!!" gli gridò dietro, mentre Jared raggiungeva il suo posto sul set.
 
Quando tutte le riprese furono portate a termine, Cliff accompagnò i due al loro appartamento e diede loro appuntamento per il giorno dopo. Fortunatamente le prime riprese erano previste per le undici della mattina , quindi Jared avrebbe potuto riposare di più.
Entrarono in casa e mentre Jensen posava le loro borse sul divano, Jared rimase fermo accanto alla porta chiusa.
Jensen si voltò verso il compagno e capì che cosa stesse aspettando il giovane.
"Jared..no!" fece categorico.
"Per favore...non farmi supplicare!" disse dolcemente ma anche con tono triste Jared.
Jensen lo desiderava con tutto se stesso ma aveva paura che fare quel passo, potesse danneggiare le già precarie condizioni del giovane compagno. "Non credere che non lo voglia, Jared. Non pensare che non ti desideri anche io, ma..."
"E allora fallo, Jensen. Amami. Fa' l'amore con me!" sembrò davvero supplicare mentre si avvicinava al compagno.
"Jared..."
"Voglio farlo, adesso che ho ancora la forza di amarti come voglio amarti. Adesso che posso ancora....concedermi a te..." disse vedendo il dolore prendere spazio sul volto di Jensen. Vide i suoi occhi brillare di amarezza e lo raggiunse velocemente, abbracciandolo. "Voglio essere ancora tuo, voglio sentirti mio. Voglio stringerti a me con tutte le mie forze fin quando ce le ho queste mie forze!" disse ancora.
"Per favore...smettila...smettila di dire così!" sussurrò dolorosamente esasperato Jensen. "Non parlare in questo modo. Non parlare come se fossi un malato terminale senza scampo!" fece con la voce rotta dall'emozione mentre non riusciva a staccarsi dall'abbraccio del compagno.
"Mi dispiace...mi dispiace. Ma ti dico questo solo perchè io non ho paura. ", mentì. "Quindi per favore non averne tu!"
Jensen lo guardò. Guardò la decisione sul suo volto. Nei suoi occhi.
Vide la dolcezza del suo sorriso stranamente timido in quel momento.
"Dio!! quanto ti amo!!" fece in un respiro profondo.
"Dimostramelo!" fece ammiccante.

Jensen allora, prese la sua mano e lo portò con lui verso la loro camera.
Il tempo sembrò congelarsi nel momento esatto in cui quella porta si chiuse. Al di fuori di essa: il mondo, il dolore, la malattia, la paura, la frustrazione.
Jensen spogliò Jared con infinita dolcezza accarezzando lentamente con le mani quelle parti del corpo del giovane che rimanevano via via senza vestiti. Gli baciò il collo, volutamente esposto. Il petto moderatamente affannato. Baciò la mano con cui Jared gli accarezzava il viso.
 Invitò il compagno verso il letto e delicatamente si sdraiò al suo fianco, senza mai smettere di baciarlo, di farlo sentire amato, di farlo sentire protetto e al sicuro.
Con la voce quasi simile ad un sussurro continuava a ripetergli che lo amava, che era suo, e che lui gli apparteneva nello stesso modo. Jared  chiuse gli occhi, gustandosi infinitamente ogni parola che Jensen gli donava e ad ogni amorosa affermazione, il giovane ripeteva un dolcissimo e sempre più affannato “sì”
Jensen, poi, si allontanò da lui, giusto lo spazio per poter finire di spogliare anche se stesso e quando fu nudo come il suo amato, si strinse a lui, godendo del suo calore. Jared lo abbracciò, ormai incapace di stragli troppo lontano, e poi afferrandolo per le spalle, se lo tirò addosso e sospirò rumorosamente quando le loro virilità si incontrarono in una carezza intima e umida.
Ma il giovane per quanto vedesse e percepisse l’amore con cui Jensen si muoveva su di  lui, intuì che c’era qualcosa che ancora lo frenava.
“Jensen…” fece prendendogli il viso tra lem mani.
Gli occhi di Jensen sembrarono spiegare tutto.  E Jared capì. “Amami, non mi farai del male. Il tuo amore non potrà mai farmi del male.”
Jensen gli sorrise e piano gli baciò le belle e sottili labbra che non avevano mai smesso di sorridergli e rassicurarlo. Si spostò solo un po’ dalla sua posizione per raggiungere uno dei cuscini che ancora erano sul letto. Lo avvicinò ai fianchi del giovane.
“Tirati su!” fece invitando Jared ad alzare leggermente i fianchi.
“Ma cosa…” non capendo all’inizio cosa il compagno volesse fare.
“Starai più comodo con questo. Dovrai …muoverti…di meno…quando....noi...” ed era teneramente in imbarazzo mentre sistemava il cuscino all’altezza dei reni di Jared.
“Jensen..” sussurrò completamente conquistato da un simile ma al tempo stesso semplicissimo atto di dolcezza e premura.
“Ti prego…ti prego…fallo per me!” fece Jensen, pensando che il giovane non volesse  assecondarlo.
Ma Jared lo guardò infinitamente innamorato , gli sorrise e nei suoi occhi il luccichio che sentiva bruciare di quell’amore lo obbligò con forza ad attirare quel meraviglioso uomo verso di lui.
“Io farò tutto quello che vuoi, amore mio.” E lo baciò e ritrovò la sua passione in quel bacio. Le sue labbra richiedevano prepotenti la stessa passione dalle labbra di Jensen e nel tempo di quel bacio languido e profondo, Jensen si fece spazio nel corpo di Jared.

Quell’unione li fece gemere , ma i loro furono solo ansimi di piacere.
In quel momento non c’era spazio per il dolore.

Con movimenti lenti e ritmatici, quella danza d’amore cominciò a conquistarli fin dentro l’anima.
I movimenti cadenzati di Jensen, l’assecondarli di Jared, le loro mani che non smettevano mai di accarezzarsi, i loro occhi che non riuscivano a smettere di fissarsi, e poi ancora baci, a volte dolci, a volte più disperati.
I loro nomi. I loro nomi sussurrati, ansimati. Pregati.
E poi il piacere. Quello potente, profondo. Quasi doloroso. Che spezzò loro il fiato in gola e che poi lentamente gli concesse di respirare di nuovo per potersi chiamare un ennesima esasperata volta.
Ancora stretti uno tra le braccia dell'altro, i due amanti cercavano di regolare i loro respiri ancora affannati, ma mentre gli ansimi di Jensen divennero mille "ti amo" sussurrati , i respiri di Jared , invece di calmarsi si fecero più sincopati e singhiozzi scattosi sembrarono prendere sopravvento sul suo corpo e tra un singulto e l'altro, il giovane iniziò ad aggrapparsi quasi disperatamente al corpo del compagno e iniziò a bisbigliare "Non voglio perderti, non voglio lasciarti...non voglio lasciarti..."

Jensen sentì il suo cuore spezzarsi nel vedere e nel sentire Jared piangere in quella maniera. Lo strinse forte e pianse con lui e quando quella tempesta sembrò lentamente scemare, Jensen costrinse Jared a guardarlo.
"Ascoltami, tu non mi perderai e io non perderò te. Noi staremo insieme. Sempre. Per sempre." disse sperando di rassicurarlo e rassicurare così anche se stesso. "Te lo giuro, amore mio. Andrà tutto bene e voglio che tu lo dica!"
"Jensen...io..." balbettò il giovane.
"Dillo, Jared. Andrà tutto bene!" lo incoraggiò.
"Andrà tutto bene!" sembrò accontentarlo Jared.
"Dillo ancora, amore." lo spronò ancora.
"Andrà tutto bene !" e questa volta sembrò esserne più convinto e quando Jensen si unì a lui in quella che ormai sembrava una preghiera,

Jared sentì una strana forza attraversalo interamente e capì che l'amore di Jensen lo avrebbe aiutato. Che Jensen gli sarebbe stato sempre vicino e non lo avrebbe mai abbandonato.

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Capitolo 7
*** .7. ***


Quando alcuni giorni dopo, Clif andò a prenderli, i due, raggiunsero i set, pronti a fare le ultime riprese. Giusto qualche ciak, per quello che sarebbe stato il finale alternativo della decima.
Jared e Jensen se ne stavano seduti sulle loro sedie in attesa di essere chiamati.
"Siamo pronti!" fece una voce rivolta a loro.
"Ok! piccolo... finiamo tutto che poi ti riporto a casa!" fece Jensen vedendo ormai una palese stanchezza sul volto del compagno. "Stai bene? sembri più stanco del solito oggi!" chiese preoccupato.
"Ce la faccio. Tranquillo!" tentò di rassicurarlo e si apprestò ad alzarsi dalla sua sedia, ma questa volta non lo fece come sempre faceva. Con i suoi soliti salti imbranati e rumorosi. No!, questa volta poggiò prima le mani lungo i braccioli della sedia, stringendo per avere più presa, poi poggiò i piedi a terra, come per cercare stabilità  e respirando profondamente, alla fine,  si tirò su.
 
Jensen credette di morire in quel momento. 
 
Voleva piangere, voleva urlare forte. Voleva abbracciarlo più forte e al tempo stesso, aveva il terrore di farlo per paura di fargli male.
Provava tutto e non provava niente.
Nella sua mente solo la disperata voglia di trovare un modo per salvare Jared.
Ma Jared in quel momento gli stava sorridendo e allora Jensen si annullò del tutto e gli sorrise anche lui.
 
“Ok! Andiamo. Mancano solo poche inquadrature e poi è fatta. Prima finiamo, prima ti porto a casa, piccolo!” fece accarezzandogli il viso leggermente sudato.
“Dammi solo un minuto, ok!?” fece Jared e il compagno capì che il giovane voleva darsi una sistemata e non mostrare più di quanto fosse già visibile.
Fece qualche passo lontano da lui, per dargli una certa privacy mentre Jared dietro di lui, si asciugava il viso dal sudore e si sistemava il giaccone di scena.
 
Stava per raggiungere Jensen quando una fitta violenta sembrò spezzarlo in due. Il respiro gli mancò all’improvviso. Il cuore prese a battergli furiosamente e velocemente il dolore si propagò in tutto il corpo.
Annaspò in cerca di aria ma in quella ricerca disperata, l’unica cosa che riuscì a dire fu …
“Jen…..Jensen!!” e poi le gambe si piegarono e lui crollò a terra.
Jensen si voltò immediatamente e ignorando tutto ciò che lo circondava , fissò l’attenzione solo quell’immagine assurda che la sua mente non avrebbe mai più dimenticato: Jared che cadeva malamente tra alcune sedie da attori messe lungo quel percorso. Quelle stesse sedie che gli finivano addosso. La voce del suo compagno che chiamava a stento il suo nome.
 
Non pensò ad altro!
 
Si precipitò verso Jared, verso i lamenti che sentiva e che gli urlavano nella testa. Afferrò con rabbia ogni sedia che copriva il corpo del compagno, scagliandola all’aria, incurante di dove la sedia finisse. Si sedette accanto a Jared, lo afferrò per le spalle e se lo tirò vicino, in modo da farlo stare sul suo grembo.
“Jensen…Jensen….” mormorava confuso Jared.
Jensen lo accarezzava, lo stringeva, mentre sentiva gli immediati richiami al soccorso da parte dei vari assistenti ai set. “Tranquillo, piccolo. Tranquillo. Andrà tutto bene. Adesso ti portiamo in ospedale….andrà tutto bene. Tu…tu devi solo respirare, ok!?” lo incoraggiava.
“Fa…fa male!!” disse il giovane.
“Lo so…lo so….ma la penale di Bob, per aver fatto tardi ai set, farà più male.” provò a scherzare. “Quindi mi serve una buona scusa per non dargli i nostri soldi, ok!?”
Jared si sforzò di sorridere, capendo quello che stava facendo Jensen. “Io… ce l’ho… un buon ….motivo!” fece afferrandosi alla mano che Jensen teneva stretta sul suo petto. “Sei tu…quello….nei guai!”
“Hai ragione! Vuol dire….” provò a rispondergli e cercando di trattenere le lacrime. “…vuol dire che la prossima volta mi ammalerò io!” e in quel momento accorse anche Misha, attirato dalla forte confusione.
Si bloccò per un attimo quando vide i due a terra. Jensen teneva tra le braccia Jared. Il maggiore cercava di sostenerlo come meglio poteva, dato che Jared sembrava cedere velocemente.
“Oddio!” fu la prima cosa che riuscì a dire e poi fissando ancora la disperazione che vedeva sul volto di Jensen, si riscosse e capì che almeno lui doveva rimanere lucido. “Dove sono i paramedici? Avevamo detto che doveva esserci un ambulanza sempre pronta. Dove cazzo è l’ambulanza!!” finì per gridare alle persone che aveva intorno.

Pochi minuti dopo, Jared era già pronto sulla lettiga del mezzo ospedaliero, pronto a portarlo nel centro nefrologico  in cui era in cura. L’ambulanza stava per partire quando Jensen fece per salirci, ma Misha lo trattenne.
“Misha, ma cosa…” fece stupito.
“Clif ha preso già la macchina. Lo seguiremo con quella!” spiegò.
“Cosa?..No!!!... io vado con lui!!” obbiettò con forza.
“Jensen, ascoltami. Lì dentro avranno bisogno di spazio per dare a Jared tutte le cure di cui avrà bisogno prima di arrivare in ospedale. Tu saresti solo di impaccio. Vuoi questo, Jensen?” lo ammonì. Jensen sembrò non volergli dare ascolto, ma poi quando guardò all’interno del mezzo si rese conto che molto probabilmente l’amico aveva ragione.
 
Meno di mezz’ora dopo, Jared era già nella stanza in cui i dottori si adoperavano per stabilizzarlo, mentre un Jensen al limite della pazienza e della sopportazione, inveiva contro l’ennesima infermiera che gli diceva che presto avrebbe saputo tutto. Quando gridò più del dovuto, Misha vide avanzare , con uno sguardo, non proprio amichevole, una delle guardie di sicurezza.
“La prego, ci penso io!” fece all’agente. “Lui è…è solo sconvolto!” provò a giustificare.
“Posso capire e per adesso faccio passare. Ma dica al suo amico di darsi una calmata o lo metto fuori dal reparto. Intesi?!” lo redarguì autoritario.
Misha ringraziò lo stesso e si avviò verso Jensen. “Ok! Jensen, ascoltami. Se non ti dai una calmata…”
“Calmata?? Calmata???  Misha….io…. io sto impazzendo!!!” ammise ansimando nervoso.
“Lo so, lo so. Ma se continui così, la sicurezza ti sbatte fuori e addio visita a Jared quando i dottori avranno finito!” provò a spaventarlo, perché sapeva che in quel momento per Jensen la cosa più importante al mondo era  vedere Jared. Infatti l’amico lo fissò quasi terrorizzato da quella previsione e allora tentò di calmarsi, respirando con più calma.
“Ok!ok!...mi calmo…mi calmo. Ma per l’amore del Cielo, vorrei solo sapere come sta. Come…” e rimase a metà della frase, sentendo l’emozione farsi troppo forte per dargli la possibilità di continuare a parlare.
 
Nella stanza in cui Jared stava , visibilmente riposando più serenamente, anche grazie alle prime cure somministrategli, il giovane lentamente riprese i sensi.
“Patrick?!” fece, chiamando il dottore che lo teneva in cura e che lo aveva seguito fin dall’inizio.
“Jared!! Sei sveglio. Magnifico.” fece sollevato nel vedere che il ragazzo, al momento,  reagiva bene e in modo lucido.
“Che è successo, Patrick?!” domandò.
“I tuoi reni stanno cedendo Jared. Ormai sono al limite. Ti avevo avvisato che prima o poi sarebbe successo, ma speravo per il tuo bene, che succedesse quando già eri qui e non come è accaduto.” spiegò amareggiato.
“Cosa succederà adesso, Pat?”
Il  medico sospirò.
Ora, era il momento di spiegare quale sarebbe stato il reale percorso da seguire. “Ti colleghiamo alla macchina per la dialisi, così cerchiamo di sostenere il più possibile i reni e tutti gli altri organi. Nel frattempo eseguiremo dei controlli nell’ambito familiare per scoprire se ci sono compatibilità renali nel caso in cui il centro trapianti non possa esserci di aiuto.”
“Controlli nell’ambito familiare?!” chiese perplesso.
“Sì. Analizzeremo dei campioni per vedere se tua madre o tuo padre o altri tuoi diretti consanguinei siano donatori compatibili.” spiegò.
Jared lo guardò perplesso. Al giovane dottore sembrò quasi che il suo paziente stesse riflettendo su ciò che aveva appena saputo.
“Jared…a cosa stai pensando?” domandò, forse curioso. Si aspettava che Jared gli chiedesse a che cosa stava andando incontro o in che cosa consistevano meglio quei controlli a campione, invece, Jared lo stupì.
“Mi potresti dare carta e penna, Pat?!”
“Cosa?...sì!” quasi balbettò e poi gli passò un foglio di carta bianca, la sua penna e anche la sua cartellina su cui poter scrivere.
Vide il ragazzo concentrato in quello che faceva. La penna scorreva veloce sul foglio come se avesse avuto quelle parole già pronte e ben ordinate in testa da tanto tempo. Poi lo vide perfino sorridere.

Che quella fosse una lettera per Jensen, nell’eventualità di….
 
Ma non terminò quel pensiero, perchè Jared aveva concluso il suo messaggio scritto e con gentilezza gli ripassava tutto. E prima di consegnargli anche il foglio ci tenne a precisare la sua situazione.
“Consegno questa al dottore e non all’amico!” fece serio, facendo così intendere a Patrick che quel foglio doveva essere legato dal segreto professionale medico-paziente. Patrick fece cenno di sì e poi solo con lo sguardo chiese il permesso di leggerla. Jared acconsentì, anche perché era indispensabile che lui sapesse.
Quando il dottore smise di leggere, fu l’amico ad alterarsi.
“Hai la minima idea che se le cose vanno per il peggio, questa…questa è una condanna a morte certa, Jared?” lo disapprovò.
Ma Jared non fece una piega. Aveva preso la sua decisione e non sembrava voler considerarne un'altra. “Puoi chiamarmi Jensen, ora, per favore?” fece invece.
“Jared??!!” lo richiamò con più biasimo.
“Per favore!” indicando la porta oltre cui era certo ci fosse il compagno.
Patrick dovette cedere e nonostante fosse contrariato, si avviò alla porta e richiamò Jensen.

L’attore entrò immediatamente nella stanza e quasi corse accanto al letto del compagno. “Come stai? Come ti senti?!” chiese preoccupato e premuroso.
“Meglio…ora, meglio!” fece chiudendo gli occhi per gustarsi le carezze con cui Jensen gli accarezzava il viso.

 Il giorno dopo sia i genitori di Jensen che quelli di Jared , fratelli e sorelle, compresi, erano all’ospedale per assicurarsi di quello che stava accadendo ai loro cari. Jensen nonostante avesse i suoi in città, insistette perché fossero i genitori di Jared a stare nel loro appartamento. Sapeva che i suoi avrebbero capito quella scelta.
“Il nostro appartamento è più vicino all’ospedale. E poi c’è abbastanza spazio per tutti, e c’è Clif che si è messo a vostra disposizione per qualunque cosa e …e poi…io…io tanto starò qui quasi tutto il giorno e …e …voi…insomma…io…” ma quella lista tramutata in confusione, si spense del tutto quando Sherri gli buttò le braccia al collo per rassicurarlo e rassicurare se stessa.
“Andrà tutto bene. Il nostro Jared tornerà da noi in men che non si dica. Vedrai, tesoro mio!!” diceva mentre gli accarezzava la schiena e lo sentiva tremare in quell’abbraccio.
“Ho paura Sherri!” mormorò in silenzio.
“Sssh!! Non averne, tesoro. Non averne!!”
 
I giorni passavano e più passavano e più Jared , nonostante la dialisi, si faceva sempre più debole. Ora , ci si metteva anche la febbre, sintomo che la cura che gli stavano somministrando per tenerlo sotto controllo, non aveva nessun potere contro l’infezione ai reni.
Il giovane ormai, trascorreva metà giornata stordito dai medicinali e dalla sua condizione e quel tempo che riusciva a stare sveglio lo trascorreva con i suoi, con suo padre che instancabile gli leggeva tutti i risultati dello sport. O la madre con le sue amorevoli attenzioni. Quando era un po’ più sveglio riusciva perfino a battibeccare con Mac, la sorella e con Jeff, il fratello.

Ma solo quando sentiva la paura farsi avanti come un dolore irrefrenabile, cercava con lo sguardo Jensen, costantemente presente nella sua stanza. Jensen allora capiva e con una qualsiasi scusa, chiedeva a tutti di uscire e rimaneva da solo con lui.
Gli si sedeva accanto e lo abbracciava.
Gli diceva che lo amava , che tutto sarebbe andato per il meglio, che dovevano solo avere pazienza. Che lui ci sarebbe sempre stato , che non lo avrebbe mai lasciato solo.
A volte piangeva con lui e con lui, lentamente, ritrovava la calma che avrebbero mostrato quando i loro cari sarebbero rientrati in camera.
Una recita dolorosamente reale , la loro. Da mostrare ad un pubblico che li conosceva fin troppo bene e che come loro mentiva su quello che vedeva, facendo buon viso a cattivo gioco.
 
Un pomeriggio, mentre Jared era via per dei controlli, Patrick richiamò Jensen.
“Puoi seguirmi?!” fece sottovoce.
“Pat, che c’è?” chiese curioso, Jensen.
“Non qui. Andiamo nel mio ufficio!” lo invitò l’altro , suscitando in Jensen una certa apprensione e infatti non appena la porta dell’ufficio del medico fu chiusa, l’attore non gli diede nemmeno tempo di parlare.
“Per l’amore di Dio, Patrick, non dirmi che non….”
“No, ascoltami, Jensen!” lo fermò deciso, Patrick. “Ci sono degli sviluppi tanto assurdi quanto miracolosi!” esordì.
“Cosa?...non capisco!” fece Jensen.
“Prima che io ti spieghi tutto, voglio che tu legga questa. Mi sto giocando tutto, amico. Ma onestamente, sono diventato un medico per salvare vite e non per non fare niente quando so di poter fare qualcosa!”
“Io non …non capisco!” affermò confuso Jensen.

Allora Patrick gli passò la lettera. “Leggi!”

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Capitolo 8
*** .8. ***


Jensen non poteva crederci.
Riconobbe la scrittura non appena la vide. Ma le parole che c’erano scritte su quel pezzo di carta lo scioccarono profondamente.

Io, Jared Tristan Padalecki, alla presenza del mio medico curante, dott. Patrick McFarlan,  con questo scritto, indico come voglio debbano essere condotte le cure a me somministrate in questa particolare situazione.
Nel caso in cui il centro trapianti non sia in grado di fornire ciò che mi permetterà di vivere, io, sotto mia piena responsabilità,  faccio divieto ai medici e a questo ospedale di effettuare un qualsiasi trapianto che coinvolga i miei genitori o mia sorella o mio fratello.
I miei sono avanti con l’età e mio padre ha avuto già dei problemi di salute….

Jensen aveva gli occhi lucidi. In quel momento, ammirava e odiava al tempo stesso, il suo dolcissimo Jared.
“Ma cosa…come??...io posso capire Sherri…Jerry..ma perché anche Mac e Jeff?” chiese ansioso.
“Continua a leggere e capirai!” fece il medico.

…..Jeff ha una clinica in cui non può che essere al 100% per garantire il meglio ai suoi pazienti e Meggie, la mia piccola adorata Meggie, un giorno vorrà essere madre e io non voglio assolutamente creare un qualsiasi problema a che questo desiderio sia realizzabile.
La vita mi ha dato tanto. 
Più di quanto meritassi, forse. Sicuramente.
Ho amici stupendi, una famiglia che amo infinitamente e che infinitamente mi ama.
Mi ha concesso di avere accanto, per questi meravigliosi anni, un uomo che è diventato il centro di questa mia stessa vita. Mi ha concesso il suo amore incondizionato e a cui io ho dato il mio di amore incondizionato….

“Amore mio…amore mio..” si ritrovò quasi a singhiozzare Jensen, ignorando il fatto che non fosse solo. E poi riprese a leggere.

“…Ma se questa deve essere la fine del mio cammino, non voglio che altri ne paghino le conseguenze. La scelta è e deve essere solo mia.
                                                                               
                                                                                                                                                                  In fede

                                                                                                                                                        Jared Tristan Padalecki”           
 

“Per l’amore del Cielo, Pat, dimmi che possiamo salvarlo. Dimmi che puoi fare qualcosa?” e ormai era in lacrime e disperato.
“Qualcosa possiamo farlo, Jensen. Ma dipende da te!” disse serio.
“Da me?...che cosa significa? Sai che farò di tutto pur di salvarlo!” fece riacquistando il controllo.
“Allora ascolta: abbiamo finito di esaminare i campioni utilizzabili per la compatibilità e abbiamo fatto un errore.”
“Un errore?!” esclamò perplesso.
“Insieme ai campioni dei parenti di Jared ne è stato portato un altro che non doveva essere analizzato. Jerry è risultato compatibile, così come Mac…” spiegò il medico.
“Oddio….allora …allora  possono…”
“No. Non possono!” lo redarguì Patrick. “A causa di quella lettera. Come medico di Jared io purtroppo non posso ignorarla ed è per questo che te ne sto parlando.”
“Io non capisco!” ed era onestamente confuso.
“C’è un altro campione che è risultato essere compatibile con Jared.”
“Quello che avete analizzato per sbaglio?!” lo anticipò Jensen.
“Sì.”
“Di chi è?” chiese e poi immediatamente: “...no! non mi interessa. Rintraccialo. Anzi, lo farò io stesso. Non mi interessa che cosa vorrà, che cosa chiederà. Se ci sarà bisogno, lo supplicherò anche in ginocchio. Se vorrà soldi,  io…” disse con decisione.

Non gli importava di sembrava venale, ma se si fosse trattato davvero anche solo di soldi, non avrebbe badato a somme.

“Non ce ne sarà bisogno, Jensen!” lo sorprese.
“Perché?”
“Perché il campione è il tuo, Jensen!” fece non sorprendendosi della sorpresa sul volto di Jensen. “Tu sei risultato compatibile. Il campione analizzato per sbaglio è il tuo ed è una cosa assurda che due perfetti estranei abbiano una percentuale così alta di compatibilità.” ammise vedendo lo sguardo letteralmente basito del ragazzo che aveva di fronte.
“Stai…stai dicendo che posso donare…il rene a Jared?!” fece con un misto di terrore ed euforia.
“Sì, sto dicendo questo. Ma voglio avvertirti prima che tu decida !”
“Decidere?? Pat, non c’è niente da decidere. E’ cosa fatta.” constatò senza ombra di dubbio e di nuovo invaso da una sorta di speranza.
“Jensen ascoltami. Se Jared ha scritto una cosa del genere per i genitori, cosa pensi o quale pensi sarà la sua reazione quando scoprirà che sarai tu quello a sottoporsi all’operazione!” gli fece presente, mettendogli sotto gli occhi la lettera appena letta.
“Potrebbe dire di no?” domandò retoricamente.
“Lo conosci meglio di chiunque altro. Dirà di no!” confermò senza dubbio. “E se lo fa, legherà le mani a me e a tutto l’ospedale.”
“Impedirà l’operazione!” convenne pensieroso, Jensen.
“Se vuoi..se devi farlo, lui non deve saperne niente. O è finita, Jensen. È finita sul serio!” fece calcando il tono sull’ultima affermazione.
Jensen vagò per un attimo nella stanza , sapeva cosa fare. Non ne aveva alcun dubbio. Stava solo cercando il modo per farlo al meglio. Poi si voltò di scatto verso il medico.
“Prepara tutto. Io parlo con i genitori di Jared e con i miei, tralasciando la lettera, poi mi inventerò qualcosa con Jared.” disse rivelando quello che sembrava essere un piano di azione.
“Mi attivo subito. Entro staserà, Jensen, sarà tutto finito.” E uscì per avvisare infermieri e sale operatorie.

Jensen uscì subito dopo di lui e richiamo i parenti. Spiegò loro quello che era successo e all’entusiasmo della fattibile soluzione, dovette anche unire un certo sostegno nei confronti dei suoi genitori, naturalmente in apprensione.
“Tranquilli, andrà tutto bene!” li rassicurò. “Siamo gente del Texas. Siamo dei duri!!” provò anche a scherzare.
“Cosa dirà Jared?!” fece Jerry.
“Sì, a proposito. Devo chiedervi di non dire niente. Niente fin quando non sarà tutto finito e saremo tutti e due fuori dalla sala operatoria!”
“Perché?” chiese Jeff perplesso.
“Conosci tuo fratello, Jeff. Comincerà a ridire su tutto. A preoccuparsi di ogni cosa. Quando sarà fuori dalla sala operatoria e i medici diranno che è tutto a posto e che è fuori pericolo, potrà sapere tutto. Per favore...cerchiamo di evitargli altro stress...per favore!" richiese con preoccupata enfasi
"Hai ragione." convenne Jeff e a lui si accodò anche Meggie. "Faremo come dici tu. Dimmi se ti serve qualcosa!?" si offrì l'amico.
Jensen sorrise , ringraziando per quell'appoggio. "Beh! in effetti se ci operano già stasera avrei bisogno di un paio di cose dal nostro appartamento."
"Fa' una lista. Andrò con tua sorella Mac a casa vostra e prenderemo tutto quello che serve!" fece mettendogli una mano sulla spalla.
 
Dopo che Jeff e Mac furono andati via, Jensen si congedò dai quattro genitori e andò da Jared.
 
Quando entrò nella stanza , lo vide e si sentì un morso allo stomaco che gli fece male tanto da spezzargli il fiato. Jared riposava , stranamente rilassato. Troppo rilassato. O forse era semplicemente esausto.
Ma nonostante tutto quello che stava passando, il suo viso non smetteva mai di essere infinitamente dolce.
"Smettila di fissarmi!" fece il giovane, senza aprire gli occhi.
"Credevo stessi riposando!?" si scusò Jensen avvicinandosi al letto.
"E' così. Ma sono sempre riuscito a sentire i tuoi occhi su di me." lo stupì Jared.
"C'è una notizia meravigliosa , piccolo!" fece il maggiore.
"Ti liberi di me?!" scherzò Jared guardandolo finalmente.
"Ho detto meravigliosa non ...miracolosa!" gli rispose l'altro ridendo con lui.
"Ma davvero??" replicò fintamente offeso. "Beh! sai che ti dico!?...hai un aspetto orribile...anzi, direi di merda!" volle vendicarsi. "E se continui di questo passo potrei… anche.. trovarmene un altro e sparire!" scherzò senza riuscire però a provare fatica nel solo parlare.
"Tu provaci ed io ti darò la caccia ovunque andrai!" rispose a quella minaccia.
"Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei innamorato follemente del vero Dean Winchester!?" fece allora, trovando perfino la forza di alzare una mano e accarezzargli il viso. "Allora?...quale sarebbe questa bella notizia!?" chiese immediatamente dopo aver scorto un luccichio negli occhi del compagno.
"Hanno un donatore....Il centro trapianti ha chiamato dieci minuti fa." disse mentendo.
"Da-davvero?!" sussurrò Jared che dopo tanto tempo da quando quell'inferno era iniziato, iniziava a vedere di nuovo la luce.
"Sì..sì...sì..amore mio. Stanno già preparando tutto e tra un po' verranno a prenderti per prepararti per l'operazione. Ce l’abbiamo fatta, piccolo. Tra qualche ora quest’incubo finirà e potremo tornare alla nostra vita di sempre.” Fece fiducioso e accarezzandogli la fronte madida.
“Sì…sì…andrà tutto bene.” lo assecondò Jared, anche lui ottimista, mentre in quel momento entravano nella sua stanza i due barellieri che lo avrebbero portato in sala operatoria.
“Jensen…starai qui?…amore…sarai qui quando mi sveglierò?!” volle assicurarsi, stranamente.
“Non vado da nessuna parte, amore mio. Sarò al tuo fianco, Jay. Sempre al tuo fianco!”  giurò notando lo sguardo improvvisamente perplesso del compagno. “Che c’è?”
“Mi…mi hai chiamato… Jay!”
“Tranquillo, piccolo. E’ tutto apposto!” fece cercando di non dar peso alla cosa e mentre i due addetti si avviavano con Jared verso l’uscita della camera.
“Che hai fatto….Jensen?...che hai fatto…” continuava a ripetere mentre si allontanava.
 
Circa due ore dopo , entrambi i ragazzi erano nelle sale operatorie. Tutto filava liscio. Sembravano reagire bene ai diversi interventi che stavano subendo.
E fu per questo, che quello che successe nel post operatorio, colse tutti alla sprovvista.
Medici compresi.

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Capitolo 9
*** .9. ***


Quando i medici riunirono entrambe le famiglie in una stanza per comunicare entrambi gli esiti degli interventi, i presenti rimasero interdetti e profondamente preoccupati nel sentire che mentre Jared rispondeva ottimamente al trapianto, Jensen invece non riusciva ancora a svegliarsi dall’anestesia.

“Che cosa sta succedendo a mio figlio, dottore?” chiese in ansia Alan. “Doveva andare tutto bene. Ci avevate detto che sarebbe andato tutto bene?...perchè? Perché  Jensen non si sveglia?!”
“Pat, che è successo?” intervenne anche Jeff, avvicinandosi agli Ackles. Era un medico anche lui e quindi in grado di capire la situazione in cui paziente e medico curante si trovavano in quel momento.
“ Sai che non c’è una spiegazione per casi come questi. Il paziente reagisce bene all’operazione. In sala operatoria è filato tutto lisco e perfino i parametri vitali non hanno mai dato segno di una qualsiasi sofferenza. E’ solo nel post operatorio che abbiamo riscontrato l’assenza di risveglio. Il suo battito è regolare, la pressione nella norma. Ogni parametro rispetta alla perfezione la regola di equilibrio di appartenenza.”  cercò di spiegare.
“Jeff?!” richiamò Donna, visibilmente terrorizzata dalle sorti del figlio.
Jeff intuì il senso di quel richiamo e si avvicinò alla donna prendendole le mani.
“Ascolta, per adesso è solo come se stesso semplicemente dormendo. Non c’è sofferenza in questo suo stato. Paradossalmente sta bene.”
“Ma allora perché?” chiese Jerry al figlio.
“Sono casi al limite che la medicina ancora non riesce a spiegarsi. C’è chi lo imputa ad una reazione del cervello a ciò che si è subito. Chi invece solo ad uno sfasamento biologico. Ma l’importante è che le condizioni di Jensen, siano e rimangano nello stato in cui sono. Fin quando è così, dobbiamo solo aspettare che il fisico reagisca e che lentamente lo spinga a svegliarsi!” spiegò cercando di risultare rassicurante e convincente.
“Si sveglierà, Jeff?...il mio bambino si sveglierà?” chiese Donna che venne immediatamente raggiunta dall’abbraccio dell’amica Sherri.
“Vedrai che andrà tutto bene, Donna. Diamogli solo un po’ di tempo e fra qualche giorno, vedrai che i nostri due attori da strapazzo, se ne andranno di nuovo in giro a fare sospirare i loro fan. Maschietti compresi!!” cercò di scherzare sperando di strappare così un, se pur, timido sorriso.
 
Per Jared invece la situazione era ben diversa. Il giovane si era risvegliato nei tempi giusti e la mattina quando l’effetto dell’anestesia era completamente  sparito, era decisamente lucido.

Si guardò in giro e naturalmente vide la sua stanza piena dei suoi parenti. Jerry gli si fece immediatamente accanto , volendosi sincerare che il figlio stesse bene. Poi fu la volta delle attenzioni meravigliosamente materne e quelle più dolci della piccola Meg.
Jeff non c’era, stranamente.

Jared pensò che il fratello fosse in giro a chiedere informazioni sulle sue condizioni. Quel ragazzo non ce la faceva proprio a non fare il medico!!

Ma non poteva sapere che Jeff era sì, in giro a chiedere informazioni, ma non sulla sua condizione ma su quella di Jensen, poiché le condizioni del maggiore non era ancora mutate.
E naturalmente si chiese come mai mancava tra tutti quei volti, quello che di più aveva voglia di rivedere , stringere, accarezzare  e baciare.
Ma ogni volta che chiedeva di Jensen, con una scusa o con un'altra veniva sempre convinto a desistere.
Una volta era da Pat, una volta a firmare documenti, una volta problemi con la loro assicurazione medica canadese e la questione delle deleghe. Presa alla sprovvista, una volta Meggie tirò fuori anche un’ assurda chiamata della produzione a cui Jensen, anche se infuriato, non aveva potuto declinare.
“Credimi, fratellone, non ho mai visto Jensen fare fumo dalle narici!!” disse a compimento di quella sua improbabile scusa e poi quasi scappò dalla stanza, lasciandolo solo e perplesso.

Ma ormai erano passati circa cinque giorni dall’operazione e Jared era stato anche messo in piedi e si sentiva bene. Davvero bene. E sinceramente era stanco di quelle che ormai aveva capito essere solo scuse. Il giorno infondo era fatto di 24 ore, quando diavolo ci voleva per firmare un foglio, o parlare con Pat e poi…davvero Meggie credeva che Jensen avrebbe preferito andare agli studio invece di vedere lui??
“Ok! Ora basta con tutte queste scuse!” sbottò quando chiese un ennesima volta di Jensen e dopo che sua madre gli aveva perfino suggerito di smetterla di telefonare, provando a giustificare quegli squilli  a vuoto con un tentennante “Forse non può rispondere!
“Voglio sapere dov’è Jensen. Voglio sapere che cosa ha di così tanto importante da non farsi vedere!! E smettetela di propinarmi scuse assurde e improbabili, perché ricordate che in famiglia sono io l’attore. Quindi ora ditemi che cosa è successo?!” disse visibilmente alterato mentre si sedeva sul bordo del letto.
“Jared stai fraintendendo…” si fece avanti Jeff. “Che ne dici fratellino di rimetterti a letto e riposare un altro. Male non ti farebbe!!”
“Smettila, Jeff!!” disse torvo. “E’ successo qualcosa!" affermò cercando negli sguardi o imbarazzati o stranamente preoccupati di chi lo stava guardando una risposta o una conferma.

E poi dove erano finiti Alan, Donna e gli altri?

“Jared…” fece il padre con l’espressione di uno che chiede o forse supplica di aspettare a fare domande.
“Oddio!! È successo davvero qualcosa!! Ha avuto un incidente?...non sta bene?...” chiese ansioso. “Ditemi che è successo?! Ditemi che cosa è successo a Jensen?!!” quasi gridò nel panico quando scorse le lacrime agli occhi di sua madre.
“Ok! Te lo dico ma tu sta’ calmo!” fece Jeff andandogli vicino.
“Va …va bene!” promise.
“Riguarda il donatore.” Iniziò.
“Non capisco…”
“Ci sono stati dei problemi con il post operatorio della persona che ti ha donato il rene!” riferì Jeff.
“Oddio!!” fece preoccupato e sentendo dentro di se un , forse, giustificato senso di colpa. “E’ con lui? Jensen è con lui?...è per questo che ancora non riesco a vederlo? Si sta sincerando delle condizioni di quella persona??!” chiese sapendo di quanto Jensen fosse generoso.
“No, Jared!” e poi prese un profondo respiro e soprattutto coraggio. Era inutile giraci ancora intorno. “E’ Jensen. Si tratta di Jensen!” però, riuscì solo a dire.
“In che senso…si tratta di…Jensen!?” domandò confuso.
“E’ Jensen…il donatore. E’ lui che ti ha donato il rene!” confessò finalmente.
“Cosa?!” sussurrò appena Jared completamente incredulo. “Ma come…come è possibile. Lui….io…insomma…”
“Pat, per quanto sia un medico, non ha esitato a chiamarlo miracolo. Un campione di sangue di Jensen è stato analizzato per sbaglio insieme a quelli per scoprire la compatibilità ed è risultato compatibile. Jensen non ci ha pensato due volte ad accettare l’espianto e la donazione e non ha voluto dirti niente per non farti agitare….”
“Oddio!! Oddio!!!” ripeteva Jared, commosso, arrabbiato, confuso. “Aspetta!!Aspetta!! hai detto che ci sono stati dei problemi con il post operatorio. Che significa?!” chiese improvvisamente lucido anche se i suoi occhi non poteva smentire il suo reale stato d’animo.
“I medici non sanno ancora come spiegarlo, ma Jensen…Jensen ha difficoltà a risvegliarsi.  Da dopo l’operazione è ancora privo di sensi!” rispose il fratello.
“Lui…lui è in…coma?!” fece inquieto.
“No, non si tratta di coma. E’….è come se stesse dormendo e noi…”
“Voglio vederlo!” lo interruppe Jared. E non sembrava voler essere contraddetto anche se Jeff ci provò comunque.
“Jared non puoi. Lui è in intensiva. Non permettono a nessuno di vederlo. Tranne i familiari.” Provò.
“I familiari??!!” esclamò quasi offeso. “Porca miseria, Jeff! Sono il suo compagno da più di sei anni, mi ha donato un rene…chi c’è più familiare di me??!” disse ironico. E poi vedendo che il fratello titubava ancora, continuò provocatorio. “Ok!, ascoltami adesso. O mi ci porti tu o mi ci metto io da solo su quel trabiccolo ..” indicando la sedia a rotelle che usavano per gli spostamenti tra analisi e reparti vari. “…ma io adesso voglio vedere Jensen! Chiaro?” e fece per alzarsi.
“Ok!Ok!Ok!” si arrese Jeff. “Va bene. Ma stai calmo e fa’ piano o ti farai saltare quei maledetti punti!” lo rimproverò serio, mentre lo aiutava a mettersi sulla sedia.
 
Dovettero promettere all’infermiere di turno al reparto che Jared si sarebbe fermato poco tempo e quando Jeff lo lasciò da solo accanto al letto in cui Jensen dormiva o riposava o chissà quale fosse la sua condizione, Jared non resistette a prendergli la mano e ad accarezzarla dolcemente.
“Se potessi, ti bacerei!” disse dispiaciuto, dato che con la flebo che aveva nel braccio e tutti i fili che erano collegati a Jensen, sarebbe stata un impresa alzarsi da quella sedia ed evitare di fare qualche casino. “Ti prego…ti prego ..amore mio. Torna da me!” sussurrò in preda all’emozione più disperata.
“Non ti preoccupare, Jared!” fece la voce di Pat alle sue spalle. “Vedrai che fra qualche giorno si riprenderà. Le sue condizioni continuano ad essere buone e stabili. Pensiamo che sia solo questione di tempo!”
“E se non si sveglia?!” chiese e chiuse gli occhi amareggiato e frustrato, quando Pat non gli rispose. “Come hai potuto? Come hai potuto permetterglielo?!” chiese con un risentimento.
“Credi che Jensen, sapendo di poterti salvare non lo avrebbe fatto?!” domandò incredulo l’amico dottore.
“La lettera…ti avevo scritto quella lettera per…”, ma Pat non lo fece finire.
“No, Jared, no!! La lettera escludeva il coinvolgimento dei tuoi e non di Jensen o di chiunque altro non facesse parte della tua linea di sangue. Jensen non era compreso in quella linea e il fatto che sia stato proprio lui a salvarti, dovrebbe solo dimostrarti di quanto lui ti ami e di quanto fosse destino che voi stesse insieme.” Sembrò rimproverarlo.

Jared avrebbe voluto controbattere ma sapeva che Pat dal punto di vista etico non era in torto. E quindi si arrese e ripensò a quello che gli era appena stato detto. Non c’era un legame biologico tra lui e Jensen eppure  quel meraviglioso uomo che ora gli era davanti addormentato in quel sonno che nessuno riusciva a spiegarsi, era stato capace di salvargli la vita. E ora, con apprensione, poteva dire, a rischio della sua.

Altri giorni passarono. Altri lunghissimi sei giorni.
Jared in quella smaniosa e trepidante attesa per il risveglio di Jensen, diventava sempre più irascibile. Intrattabile.
La riconoscenza che sentiva verso il compagno, lentamente si stava trasformando in astio.
Jensen non ci aveva pensato due volte a rischiare la vita per lui. Lo aveva tenuto fuori da quella scelta così importante. In qualche modo non si era fidato del suo giudizio e aveva scelto per entrambi. E ora, senza dargli nemmeno la possibilità di infuriarsi con lui, lentamente , sembrava si stesse allontanando.
“Come hai potuto lasciarglielo fare ?!” gridava nei confronti di Jeff.
“Jared..dannazione…stavi morendo!! Cosa avremmo dovuto fare??!” provò a farlo ragionare il fratello che capiva cosa stava passando il ragazzo.
“E naturalmente avete pensato che era meglio rischiare la vita di Jensen per salvare la mia!!?” lo provocò ironico.
“Oddio!! Non lo penserai sul serio, ragazzo!” si intromise Jerry.
“Dimmi tu che cosa devo pensare, papà?!” ringhiò verso il genitore. “Io sono qui, sano e salvo e lui…lui è in quel letto da più di dieci giorni, che rischia di non svegliarsi più….e Dio non voglia…che rischia di….” ma il resto non riuscì a dirlo. Troppo assurda come previsione. Troppo dolorosa come conclusione della loro storia. No!, una tale risoluzione non era accettabile. “Cosa…cosa accadrà se lui….cosa faccio io se….” ingoiando la voglia di piangere.

“Jared?!” lo chiamò Pat, in quel momento.

“Per favore Pat. Dacci un minuto!”
“Io posso darti tutto il tempo se vuoi, ma se vuoi essere il primo che Jensen veda quando si sveglia, dovresti venire con me!” disse sorridendogli.
“Cosa?” disse incredulo Jared, mentre un gioioso “Oddio!Ti ringrazio!” sfuggiva dalle labbra della cara Sherri che si abbracciava felice al marito e alla figlia minore.
“Si sta svegliando. Il tuo Jensen si sta svegliando!” disse Pat, ma lo disse alla schiena del giovane paziente che al primo “si sta svegliando” era già corso fuori per raggiungere la stanza in cui aveva spostato Jensen.
 
Patrick era al fianco del letto, mentre gli altri, Jared compreso, erano rimasti in fondo alla stanza.
“Jensen?...Jensen, amico? Andiamo apri gli occhi!! Jensen mi senti?, apri gli occhi!” fece con voce più decisa. E Jensen, finalmente obbedì e lo splendido verde dei suoi occhi, tornò ad invadere il cuore di Jared.
Il ragazzo aprì lentamente gli occhi e ci mise un po' per mettere a fuoco tutto e tutti. Quando si sentì più lucido salutò come solo lui avrebbe potuto fare. "Wow!! non sapevo che ci fosse una festa. Mi sarei reso più presentabile!!"
"Beh! in effetto la festa c'è stata, amico. E' solo che tu hai voluto fare il divo e ti sei fatto attendere un po' troppo!" rispose a tono Patrick.
Jensen lo guardò stranito in cerca di una risposta più chiara. In effetti in quelle condizioni non è che era molto propenso agli indovinelli.
"Ci ha fatto penare! Ma ora sei sveglio e questo è quello che conta!" disse.
Ma mentre ascoltava Pat, Jensen si guardò attorno e tra gli sguardi pieni di commozione dei suoi e quelli altrettanto felici dei genitori di Jared e di tutti gli altri, vide l'unico di cui non avrebbe mai potuto fare a meno.

I loro occhi si incontrarono, finalmente. Tutto quello che provavano l'uno per l'altro esplose nel silenzio di quell'incontro invisibile a tutto il mondo.

Poi un assurda paura prese possesso di ogni pensiero di Jensen.
"Lui...che ci fa lui qui...lui...dovrebbe essere a letto. Perchè è qui? perchè è in piedi?!" iniziò a chiedere agitandosi, e non spiegandosi la presenza di Jared nella sua stanza.
"Sta' calmo, Jensen. Lui...lui sta bene. Ora sta bene, grazie a te!" lo rassicurò.
"Ma come...se io sono ancora in queste condizioni, come...perchè lui è..."
"Jensen ti ho detto che ci ha dato qualche pensiero!" fece l'altro.
"Che significa?!" non spostando mai lo sguardo da Jared che in effetti , anche nei lineamenti, sembrava aver riacquistato il suo vecchio tono. Anche il suo colorito era decisamente migliore.
"Jensen, dopo l'operazione, non siamo riusciti a svegliarti dall'anestesia...."
"Cosa?" fece sorpreso.
"...sei stato via per un po' di tempo, amico!" continuò Patrick.
"Un po' di tempo?!"
"Jensen sono passati più di undici giorni dall'operazione. E' per questo che Jared è in piedi. Sei stato privo di conoscenza per tutto questi tempo." gli spiegò e vide l'amico paziente perdersi per un attimo. Di certo, aver saputo che era stato incosciente per tutto quel tempo senza rendersene conto, era una cosa abbastanza tosta da mandare giù.

Invece, Jensen stava pensando a ben altro.
"Come sta?...come sta Jared?!" si limitò a chiedere.

Quella domanda lasciò basiti la  maggior parte dei presenti. Ma se tutti gli altri la presero come una semplice richiesta in quel momento così assurdo, Jared , invece, sentì una furia immensa crescergli dentro, tanto che dovette uscire dalla stanza.
"Jared?...Jared?!" chiamò piano Jensen quando lo vide uscire.
"Tranquillo, Jens. E' solo emozionato. Vedrai che tra un po' rientrerà e inizierà ad asfissiare tutti noi, come sempre!" provò a mediare Jerry, anche se sapeva quale era il vero motivo per cui il figlio era fuggito via da quella stanza.

I seguenti due giorni, i due ragazzi li passarono tra la presenza costante dei loro parenti, i controlli per Jensen per quello che gli era successo e naturalmente i controlli per controllare che tutto comunque andasse per il meglio. E quelle poche volte che i due riuscivano a stare da soli, tutto quello che riuscivano a fare era dirsi, appena un "ciao!" o uno stentato "come stai?" e niente altro poichè , sistematicamente, qualcuno entrava per fare qualcosa.
 
Poi arrivò il giorno che Jensen temeva, ma che sapeva sarebbe arrivato.
Solo che lui, mai e poi mai, avrebbe immaginato sarebbe arrivato distruttivo nel modo in cui arrivò.

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Capitolo 10
*** .10. ***


Patrick stava visitando Jensen e Jared era presente nella stessa stanza. Voleva assistere ed essere sicuro che il compagno stesse bene e che fosse ormai fuori ogni pericolo.

“Ok! Jensen. La ferita va bene e tra qualche giorno potremo rimuovere i punti rimasti. I tuoi parametri sono rientrati nella perfetta norma, quindi penso che tra un paio di giorni, potrai uscire e tornartene a casa. Naturalmente ci sarà la terapia del post operatorio che dovrai continuare a seguire come sta facendo Jared.” Dichiarò soddisfatto il medico.
“Dottore.. c’è bisogno di lei nella 426!” fece un infermiera.
“Ok! Devo andare. Tu tornatene a riposare…” fece con tono autoritario a Jensen  e poi si rivolse a Jared. “E anche tu dovresti riposare. Mi sembri stanco. Il tuo ragazzo ormai è fuori pericolo, quindi è ora che ricominci a respirare con calma!!” disse ironico.

Poi uscì, lasciando i due da soli. Sembrò quasi calare una velo di imbarazzo.

“Jensen…” iniziò Jared.
“Senti, lo so. Abbiamo molto di cui parlare e so che sei furioso, ma puoi aspettare che siamo a casa nostra prima di azzannarmi?!” lo anticipò il maggiore.

Jared sospirò. Jensen aveva frainteso.
Anzi, Jensen non aveva la minima idea di quello che invece lui voleva dirgli.

“Vado a Austin. Il volo parte tra circa tre ore!”
“Tre ore!? …ma io esco tra un paio di giorni, non puoi rimandare o aspettare che io sia fuori di qui?!” chiese sorpreso Jensen che stava ancora seduto sul bordo del letto.
“Non è un viaggio di piacere. Vado via. Lascio casa nostra…” disse con aria sofferta.
“Cosa…cosa…vuoi…”
“Lascio te, Jensen!” disse infine e in quel momento Jensen capì cosa significava avere il peso del mondo sulle proprie spalle. Gli mancò il fiato. Letteralmente.
“Jared…no. Andiamo! Non puoi…non puoi dire sul serio!” cercò di farlo ragionare.
“Come hai potuto Jensen?...rischiare così la vita…senza pensarci due volte…senza nemmeno dirmi….” lo accusò Jared.
“Cosa???...Mio Dio!! Jared tu stavi morendo…tu mi stavi morendo sotto gli occhi!! Cosa volevi che facessi?...che restassi fermo mentre sapevo che potevo salvarti!!” lo biasimò il maggiore, impaurito dalla ferma decisione che vedeva sul volto del giovane compagno.

Jared si sentì esasperato in quel momento. “Tu…tu non sei Dean! E io…io non sono Sam e questa….questa è la nostra stramaledettissima vita reale. Se tu fossi morto..io…io ….cosa pensavi?.. che avrei potuto riportarti indietro??!!” esclamò gesticolando nervosamente.
“Ma cosa….di che stai parlando, Jared!! Io sono qui. Tu sei qui….e….e tutto quel casino che ci stava mandando nella disperazione più totale è finito. Ti prego…ti prego, piccolo…non…non farmi questo. Non fare questo a noi. Non adesso!” lo supplico sinceramente.
Jared aveva le lacrime agli occhi esattamente come Jensen, ma non riusciva a non tornare indietro sulla sua decisione.
 “Mi dispiace Jensen. Io vado via. Ho bisogno di tempo. Ho chiesto ha Clif di aiutarti per i primi tempi fin quando non potrai fare di nuovo tutto da solo…” iniziò a dire, mentre recuperava la sua giacca.
“No….”
“…per favore, non venirmi a cercare. Mi costringeresti solo a fare di nuovo le valigie e partire. Se le cose non cambieranno….”
“No, no…Jared…per favore..”
“…a luglio, ad inizio stagione, chiederò a quelli della produzione di trovarmi un appartamento a Vancouver.” Sembrò sentenziare sulla fine della loro storia.
“Jared, ti prego…non partire!” ormai Jensen sconvolto da quello che stava accadendo, pregarlo, era l’unica cosa che riusciva a fare. Il suo cervello non accettava altro. La sua mente era completamente sconvolta e confusa.
Ogni suo pensiero si aggirava intorno alla consapevolezza che Jared stava andando via.

“Prenditi cura di te, Jensen.” Concluse infine. “Addio!” e fece per andarsene.

Con un ultimo tentativo di trattenerlo, Jensen scese malamente dal suo letto e lo scatto veloce che fece nello scendere, gli causò una fitta dolorosa all’altezza della ferita. Il dolore si propagò veloce e lo costrinse a cadere in ginocchio, gemendo.
In quello stesso momento, mentre Jared usciva dalla stanza, due infermieri vi entravano e vedendo quello che era appena successo corsero in aiuto del degente che a terra, si lamentava per il dolore.
Che non era solo un dolore fisico!!!
 
Circa dieci ore dopo, Jared bussava alla porta di casa dei suoi genitori a San Antonio. Andò ad aprirgli la madre, sorpresa di vederlo. E così anche suo padre. I due genitori per quanto fossero felici di vederlo, non poterono non notare la sofferenza, che non era fisica, sul volto dal figlio.
“Tesoro…” stava per chiedere Sherri.
“Ho lasciato Jensen, mamma. L’ho lasciato. Hai avuto ragione tu. Alla fine, ci siamo fatti del male!” disse prima di finire nel caloroso abbraccio materno. Jerry non disse niente e almeno per il momento  si limitò a prendere il borsone del figlio e portarlo in casa, lasciando i due abbracciati e soffrendo nel sentire il pianto del figlio che nemmeno le parole di conforto di Sherri riuscivano a calmare.
 
A miglia di distanza, a ore di distanza, Jensen veniva accompagnato a casa da Clif. L’amico tuttofare, entrò in casa subito dopo di lui e posò il borsone sul divano. Vide l’attore sedersi pesantemente su una poltrona del soggiorno e fissare il vuoto davanti a lui. Provò a fare o almeno a dire qualcosa. Sapeva di Jared , di quello che era successo, almeno per sommi capi, ma non voleva entrare troppo nel personale.
“Senti, amico! Che ne dici se adesso vado in quella pizzeria dove fanno quelle pizze che tanto adori e te ne porto una? Così ti rifai da quel cibo assurdo da ospedale?!” provò, speranzoso in un “sì” come risposta. Invece, Jensen, anche se sforzandosi, gli sorrise , e rinunciò.
“Sto bene così, amico. Sono solo stanco e vorrei andarmene a letto. Ci sentiamo domani, ok?!” fece cercando di non sembrare indelicato.
“Va bene! Ma ascolta, metti in carica il cellulare, perché ho visto che è quasi morto!” si preoccupò l’altro e mentre Jensen si alzava e gli andava incontro per accompagnarlo alla porta e salutarlo, prese anche dal suo borsone il telefonino, così per rassicurare Clif.
“Ok!” lo rassicurò infatti, ma non appena l’uomo si chiuse la porta alle spalle, Jensen, quello stesso telefonino li ributtò esattamente dove era.

Non voleva le telefonate di nessuno. Non voleva chiamare nessuno.
L’unica chiamata che voleva ricevere o che voleva fare , era l’unica che non poteva essere.

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Capitolo 11
*** .11. ***


Circa quattro giorni dopo, subito dopo una riunione di produzione, Misha non riuscì più a trattenersi e mise spalle al muro, almeno figurativamente, il povero Clif.
Lo assillò per l’intera giornata. Lo tallonava ovunque andasse. Deciso a non mollare fin  quando l’amico bodyguard dei J2,  sentendosi sfiancato, non gli avesse rivelato che cosa stava accadendo.
Jared era sparito, Jensen non usciva dal suo appartamento da quando era uscito dall’ospedale. 
Insomma non era esattamente il comportamento di uno che era scampato alla morte e di uno che la morte l’aveva sfidata.

“Cavolo, Misha!! Ma non hai niente altro da fare??!!” esclamò esasperato.
“No, in verità Vicky è fuori città. I bambini sono da mia madre e io qui, per queste riunioni di produzione,  senza i miei due amici da tormentare , devo ripiegare su di te. E tu sai quanto posso essere esasperante, vero?” sembrò minacciarlo.
“Me ne sto rendendo conto, Collins!” rispose l’altro quasi sull’orlo della sconfitta.
“Senti, Clif. So che sei loro amico e che sei uno dei più leali, ma loro sono anche amici miei e quello che vedo, anzi che non vedo, non mi sa tanto di buono!” riferì facendosi da parte, per cercare più privacy. “Se posso, voglio solo aiutarli. Per favore!” disse infine, con aria sincera e Clif capì che non stava recitando.
Sospirò e pensò che forse , almeno a Jensen, il ragazzo poteva essere di aiuto.
“Ok! Ma tienilo per te, va bene?!” lo avvisò.
“Sai che non li tradirei mai. So quando smettere di scherzare!” disse sembrando quasi offeso.
Clif  si accostò ancora di più alla parete che li nascondeva dal resto del set, dove si trovavano. “Jared lo ha lasciato!”
“Cosa?!” esclamò. “Cioè…avevo capito che c’era qualcosa che non andava tra loro, anzi, l’avevo immaginato già alcuni atteggiamenti di Jared , in ospedale. Ma non immaginavo fino a questo punto!”
“Non chiedermi i particolari , perchè non li so. Tutto quello che so è che Jared qualche giorno prima che Jensen uscisse dall’ospedale, mi ha chiesto di prendermi cura di lui fin quando Jensen non fosse stato di nuovo in forma. Che lui doveva partire. All’inizio pensavo solo ad un viaggio….cioè…magari i genitori lo volevano con loro dopo tutto quello che era successo..” spiegò quello che era successo. “…ma quando poi sono andato a prendere Jensen…beh!...non aveva per niente l’aspetto di uno che stava per riprendere la solita vita. Gli ho chiesto di Jared, così , senza calcare troppo la mano, e lui mi ha risposto che si era preso una pausa, che aveva bisogno di tempo!” confidò. “Ma era talmente “assente” quando me lo ha detto che non credo nemmeno si sia reso conto di quello che mi ha detto!”
“ Porca miseria!” fece sbalordito Misha nel sentire la storia.
“Posso anche accettarlo, è la vita!!, ma quello che mi preoccupa è lo stato in cui si trova Jensen. È da solo in quella casa da oltre quattro giorni. Ho provato a chiamarlo ma non mi risponde, sono andato anche lì ma non mi vuole aprire. Io …io temo che non prenda nemmeno le medicine della terapia!” fece seriamente preoccupato.

Misha lo ascoltò con attenzione. La sua mente stava già pensando freneticamente a come poteva essere di aiuto. Guardò l’amico di fronte a lui.
“Va bene!!, alle due dovrei liberarmi, mi daresti un passaggio da Jensen?!” fece sicuro di avere un sì come risposta.
“Io ti ci porto, ma tu credi davvero che ti farà entrare!?” chiese perplesso.
“A costo di farlo dalla finestra, entrerò in quella casa. O magari, semplicemente, userò la loro chiave di emergenza!” fece poi, compiaciuto.
“Ehi? com’è che tu sai dove tengono la chiave di emergenza e io no?!” fece sorpreso.
“Perché io sono un angelo e posso vedere ciò che altri non  vedono!” esclamò con il tono di Castiel.
“Gliel’hai vista prendere!!” affermò Clif.
“Conosci Jared!! Dimenticherebbe di respirare se non fosse naturale!!” rispose, alludendo alla sbadataggine del giovane collega momentaneamente “in fuga”!
 
Nel pomeriggio, Misha, era a casa di Jensen.
Come previsto l’amico non gli aprì quando bussò alla porta. Più volte lo chiamò e dopo non aver ricevuto risposta, recuperò la chiave tra le pietre del piccolo vialetto ed entrò.
L’appartamento era al buio.
L’aria era viziata, segno che da giorni nessuno apriva nemmeno una finestra. Su una poltrona intravide un borsone semi aperto.
Lo riconobbe. Era quello di Jensen.
“Jensen?!” chiamò sperando in una risposta.
Si addentrò di più nel soggiorno e si spostò verso il divano su cui scorgeva una sagoma dargli le spalle.
"Ehi, Jensen?...amico?" lo chiamò. "E' da un po' che ti chiamo!" fece.
"Non avevo voglia di rispondere!" disse una voce che non era quella che era sempre stata la voce di Jensen, ma una voce senza tono, stanca, vuota.
"E Clif ti ha chiamato parecchio anche sul telefonino!" continuò frugando nel borsone vicino a lui.
"Credo sia scarico!" rispose senza inflessione.
"Magari avresti potuto metterlo in carica?!" chiese ironico prendendo dal borsone sia il cellulare che il caricabatteria.
"L'ho dimenticato!" sembrò la semplice scusa.
Misha allora lasciò quello che aveva in mano e si spostò ancora, in modo da poter vedere l'amico seduto sul divano.

Stava per chiedergli che diavolo gli passasse per la testa quando quello che vide, lo fece imbestialire.
"Per la miseria, Jensen!...non mi dire che quella....quella è una birra!!" lo rimproverò davvero arrabbiato. "Ti hanno appena dimesso dopo un operazione, sei ancora sotto farmaci e tu ...tu brutto cazzone incosciente, te ne stai qui a farti una stramaledettissima birra??!" inveì sfilandogliela dalle mani, senza pensarci due volte.
"Mishaaaa!!!" si lamentò l'altro senza troppa convinzione.
"Misha , un corno!" lo ammonì ancora. "Dimmi che stai prendendo le tue medicine? Dimmi che non hai fatto la stronzata di interrompere la terapia?!" volle assicurarsi, anche se dall'aspetto del collega, non sembrava che Jensen si stesse curando.
Il ragazzo lo guardò senza parlare, senza reagire. I suoi occhi si fecero liquidi, tristi più del dovuto. Il suo volto sembrò perdere ogni forza.

"Mi ha lasciato. Jared mi ha lasciato!" disse solo.

Misha avrebbe voluto andare da lui , afferrarlo per le spalle e scuoterlo per farlo reagire, ma quello che aveva davanti non era il Jensen che dava vita all'impavido Dean Winchester. A dire la verità non sembrava nemmeno quel Jensen che si affannava a fargli scherzi di continuo. O quello risoluto e professionale.
"Lo so, amico mio. Lo so!" convenne partecipe di quel dolore che sapeva essere profondo. "Ma per quanto possa fare male, non puoi fare....questo!" disse indicando la bottiglia di birra che aveva ancora tra le mani e che appoggiò poco dopo sul bancone della cucina. "Ora!, dimmi che è successo!"
"Gli ho mentito!" sembrò essere la prima giustificazione.
"Mentito?...in che senso?!"
"Dovevo dirgli di quello che stava per accadere in ospedale, dell'operazione, di quello che avrei fatto. Io...io..."
"Stai dicendo sul serio?...davvero tutto questo casino è causa di quello che hai fatto in ospedale?!" chiese incredulo.
"Lui aveva il diritto di..."
"Oh porca miseria!!" esclamò esasperato Misha. "Senti, Jensen. Io ti voglio bene e Dio solo sa quanto bene voglio anche a quell'altro disperato di Jared, ma ti giuro che adesso ciò che penso di lui è che è solo uno stronzo ingrato!!"
"Misha, no!" fece dispiaciuto Jensen. "Non pensare male di lui. Tu non puoi capire!" cercò di giustificare quello che era ormai il suo ex compagno.
"Capire cosa?! Prova a spiegarmi cosa dovrei capire!!"
Jensen scosse pesantemente la testa.

Era stanco, davvero stanco. Fisicamente, mentalmente. Se fosse stato possibile sentiva che anche la sua anima era stanca.

"Quando tutto è iniziato tra noi, quando tutto è diventato reale e concreto, anche davanti al mondo, Jared e io, ci facemmo un giuramento. Avremmo condiviso tutto, nel bene e nel male. Perchè solo così avremmo potuto affrontare tutto." disse riuscendo perfino a sorridere al ricordo di quel giuramento d'amore contratto anni prima.
"Molto romantica come cosa, ma questo che cosa c'entra con il fatto che Jared ti ha lasciato letteralmente a terra, fregandosene di rendersi conto in quanti pezzi ti aveva ridotto!" replicò decisamente alterato.
"Io ho spezzato quel giuramento quando non gli ho detto niente in ospedale. Gli ho mentito, gli ho..."
"Gli hai salvato la vita!"  gli fece presente con decisione. "Lui era ad un passo dalla morte certa e tu lo hai salvato. Cosa c'è di così difficile da comprendere?!" sembrò rimproverarlo per non rendersene conto. E mentre l'interprete di Castiel cercava di farsene una ragione, vide Jensen perdersi di nuovo in quel suo dolore.
"Dov'è?....Dov'è adesso Jared?!" chiese riacquistando la calma con un respiro profondo e parlando con tono più gentile.
"Lui è dai suoi, a San Antonio!" disse in un sussurrò.
"E tu?, che ci fai ancora qui?!" chiese improvvisamente, mentre Jensen lo guardava stupito di quella domanda.
"Non posso andare. Quando mi ha lasciato, ha detto che se lo avessi raggiunto avrebbe fatto le valigie e se ne sarebbe andato da qualche altra parte!" rispose.
"E allora ?!"
"E allora?!" gli fece eco. “Andrà via  se lo raggiungo!” gli ricordò Jensen.
“Mi ripeto: e allora?...dovrà rifare le sue valigie, chiamare un taxi, raggiungere l’aeroporto, fare il biglietto, il check-in e attendere l’imbarco. Avrai tutto il tempo per parlargli!” gli fece presente l’amico come se quello che aveva appena delineato fosse il piano più semplice da attuare.
“Ma….io…” fece tentennate Jensen  anche se la cosa lo allettava parecchio, anche perché Misha l’aveva fatta così semplice.
“Dimmi con chi sto parlando, adesso? Con Jensen o con Dean?!” lo stupì , poi.
“Cosa?!” esclamò altrettanto stupito Jensen.
“Dean non ci pensa mai due volte a sacrificare i suoi sentimenti per il bene di Sam, senza capire che sta facendo ogni volta solo un gran casino. Senza spiegare mai apertamente perché agisce in quel modo, lasciando che rabbia e rancore la facciano da padroni. Tu, vuoi essere davvero come lui o vuoi tentare il tutto per tutto, per riprenderti il tuo Jared?!” lo provocò sorridente.

Jensen lo guardò, stranito per quel paragone. Anche lui. Anche lui, come Jared, aveva tirato in ballo Sam e Dean, in maniera e per motivi diversi, ma anche lui lo aveva fatto. Non si spiegò come, ma si ritrovò a sorriderne.
“Che c’è?!” fece curioso Misha.
“Anche…anche Jared, prima di lasciarmi mi ha detto che non siamo Sam e Dean e che se in quell’ospedale le cosa per me non si fossero messe bene, lui non avrebbe avuto alcun modo per riportarmi indietro!” fece ricordando anche il tono esasperato con cui Jared gli aveva rivolto quelle parole.
“Appunto!” convenne il moro. “Tu non sei Dean e lui non è Sam. Quindi, Jensen? Lo vuoi o non lo vuoi , di nuovo accanto a te, il tuo prezioso Jared?!” chiese convinto.
“Non voglio altro. Misha , non voglio altro!” rispose con tutta la decisione che poteva mostrare.
“Ok! Allora va di sopra e fatti una doccia, perché credimi ne hai bisogno…” sventolandosi la mano davanti al naso. “…  e cerca di ritornare il Jensen Ackles che tutti conoscono. E soprattutto indossa qualcosa che non stia in un borsone da più di sette giorni!” gli suggerì Misha.
“Ok! Ok!...prenoto il volo e poi…” improvvisamente pieno di vita.
“No!!, lo bloccò l’altro. “Tu vai di là e fai quello che ti ho detto, non prima però di aver mandato giù qualcosa e aver preso le tue medicine. Io mi occupo di tutto il resto!” si offrì sorridendo.
“Va bene…va bene!!” fece l’altro iniziando a salire verso la sua camera, quando Misha lo richiamò e gli tirò al volo un paio di merendine.
“Fa’ il bravo. Obbedisci a papà!” disse suggerendo così al giovane attore di mangiarle. Jensen obbedì e in un paio di morsi ne mandò giù una e fece vedere all’amico che apriva anche l’altra.
“Bravo, ragazzo!” esclamò soddisfatto di quello che vedeva.
 
Circa due ore dopo, erano in aeroporto. Misha lo aveva accompagnato e ora stava per salutarlo dato che il suo volo per Austin era in partenza, puntuale.
“Mi raccomando, Jens. Mangia qualcosa anche in aereo e prendi le tue medicine. Crollare davanti a Jared, non aiuterebbe affatto. Anzi, credo che peggiorerebbe le cose!” lo avvertì.
In effetti, aveva ragione, se Jensen si fosse sentito male, la  prima cosa che Jared avrebbe pensato, sarebbe stata che era comunque colpa dell’operazione subita.
“Ok, lo prometto!” lo rassicurò Jensen, prima di andare verso il corridoio di imbarco. Poi, il ragazzo, prima di seguire l’hostess che lo attendeva, tornò indietro all’improvviso e andò ad abbracciare l’amico e collega.
“Grazie! Grazie infinite Misha. Sei il migliore amico che si possa mai desiderare!” sussurrò in quell’abbraccio fraterno.
“Sì, ok!” affermò l’altro e poi con fare quasi distaccato cercò di sottrarsi alla stretta di Jensen. “Ma ora molla!! Non sei il mio tipo, Ackles.” fece cercando di nascondere il tono emozionato e gli occhi lucidi.
“Vicky mi ammazzerebbe!!” scherzò l’altro ridendo.
“Ci puoi giurare. Dove lo trova un altro come me!!?...Ora, va e colpisci giovane Cupido!” disse spingendolo gentilmente verso la ragazza in divisa.
 

A miglia di distanza, anche Jared, stava sostenendo l’ennesimo attacco preoccupato da parte di sua madre.

“Ma’, ti prego! Non ho fame…mangerò magari qualcosa più tardi!” cercò di dissuaderla dalle sue premure.
“Dici sempre così, ma poi a malapena mandi giù qualcosa!....quelle medicine che prendi…ti faranno più male che bene se continui a ….” , ma un gesto esasperato di Jared che si spostava verso la grande finestra dello studio di suo padre, le impedì di continuare. “Per l’amore di Dio, Jared!! Quanto tempo ancora vuoi stare richiuso qui dentro a pensare a Jensen e a quello che vi è successo?!” disse poi, quasi arrabbiata.
“Io non penso a lui….io penso a quello che ha fatto alle mie spalle!!” sembrò volerla correggere.
“Alle tue spalle?....Jared, lui….lui ti ha salvato la vita!”  lo biasimò Sherri, dispiaciuta.
“Rischiando la sua, senza pensarci due volte. Cosa avrei fatto io se lui fosse morto?, come avrei potuto andare avanti sapendo che lui era morto e io ero vivo grazie a lui?” disse alzando la voce ad ogni parola che pronunciava.
Era furioso, era esasperato. “Maledizione!! Nessuno riesce a capire quello che avrei passato io se lui….”, ma in quel momento Jerry entrò nell’ufficio.
“Jared?...hai visite!” fece con tono più o meno calmo e poi mentre il figlio era ancora di spalle fece cenno alla moglie di lasciarlo solo.  Di uscire dalla stanza e quando Sherri uscì, capì.
“Papà, scusa ma davvero non….non sono in vena di visite. Chiederesti scusa per me?...inventa una scusa….qualsiasi cosa, ma io proprio non…..” disse il giovane mentre si passava una mano tra i capelli.
 
“Jared!” fece una voce , alle sue spalle, diversa da quella di sua padre. “Ciao, Jared!”

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Capitolo 12
*** .12. ***


Jared si voltò verso quella voce. Non poteva crederci che lo avesse fatto.

“Davvero non ce la fai a fare quello che decidiamo, Jensen?!” lo accusò senza nemmeno rispondere a quel semplice saluto.
“In verità, lo ha deciso solo tu. Io ho dovuto solo….subire!” replicò senza calcare troppo il tono, mentre Jared invece non si fece scappare l’occasione di colpire.
“E dimmi, come ci si sente a …subire?!” domandò ironico e Jensen abbozzò solo con un cenno della testa.
“Ascolta, volevo solo vederti e vedere come stavi e magari…” entrando un po’ di più nella stanza.
“E io volevo solo starti lontano. Ti avevo chiesto solo questo, Jensen?!” fece arrabbiato mentre metteva più spazio tra loro e poco dopo accennava a voler uscire del tutto dallo studio, prendendo il suo giaccone che aveva poggiato sulla spalliera di una poltrona.

Ma fu Jerry, a quel punto, ad intervenire.
“Ok! Ora voi due , vi chiudete qui e chiarite tutto quello che c’è da chiarire. Parlate, gridate, prendetevi anche a pugni se volete, ma mettete ordine nelle vostre vite! Una volta per tutte!!” li redarguì quasi severo.
“Papà, per favore! Non sono affari tuoi, perciò ti prego stanne fuori!” disse Jared con tono deciso.
“Ci puoi giurare che ne starò fuori. Ma non è quello che farai tu. Che farete voi!” continuò l’uomo guardando entrambi. E poi rivolgendosi solo al figlio disse: “Quasi una settimana fa sei venuto qui in cerca di sostegno e lo hai avuto senza troppe spiegazioni. Ora, a quanto pare, sei tu quello che deve ascoltare!” fece indicando Jensen poco dietro di lui.
Jared lo guardò furioso perché conosceva suo padre e sapeva che a costo di chiuderli dentro lo studio, non li avrebbe fatti andare via, fin quando lui e Jensen, non avessero parlato.
Esasperato da quella sorta di sconfitta, il giovane lanciò il giaccone sulla scrivania e non si accorse di aver acceso, così, l’interfono che da anni era collegato da quella stanza a tutta la casa.
L’apparecchio sonoro, era stato voluto fortemente dai figli e dalla moglie, quando anni addietro ebbe problemi di cuore e da allora, anche se adesso stava più che bene, era comunque attivo.
 
Quando Jerry lasciò lo studio, Jared e Jensen erano ancora fermi al centro della stanza. Sembrava come se avessero dovuto disputare un duello all’ultimo sangue e quello era il loro campo di battaglia.

L’uomo raggiunse velocemente il salone dove Sherri stava raccontando alla figlia, appena sopraggiunta, quello che era successo e la visita inaspettata di Jensen.
“Accendi l’interfono!!” disse alla moglie.
“Cosa?...no, non ascolteremo quello che si dicono!” lo ammonì, scioccata la donna.
“Dannazione, moglie!! Accendi quell’affare, perché ora sono stanco di vedere mio figlio diventare un fantasma giorno dopo giorno. Voglio capire che cosa c’è sotto!” sembrò quasi rimproverarla.
La moglie lo guardò basita, da quel comportamento e si girò verso la figlia in cerca di appoggio, ma …
“Mi dispiace Ma’!! Ma credo che papà abbia ragione. Credo che ci sia qualcosa sotto che Jared non ci dice!” fece  mortificata  dall’espressione delusa che le rivolgeva la madre.
Accesero, quindi, l’interfono e si apprestarono ad ascoltare quello che stava succedendo nello studio.

*****

“Che cosa vuoi, Jensen?!” fece con tono duro e distaccato Jared.
“Voglio solo avere la possibilità di spiegare…di spiegarmi!” disse cercando di rimanere calmo.
“Spiegare cosa?....il perchè mi hai mentito?, il perché hai infranto il nostro giuramento?, il perché non hai pensato due volte a tenermi fuori da una decisione del genere?!” gli elencò sarcastico il giovane.
Jensen accusò il colpo. Sapeva che Jared avrebbe sicuramente detto quelle parole e che le avrebbe detto con quel tono e in quel modo. Ma non si lasciò demoralizzare.
“Lo so. Lo so!! Credimi, Jared lo so. Ho sbagliato. Ma ti prego…ti prego, non buttare all’aria tutto quello che abbiamo passato per stare insieme. Tutto quello che abbiamo passato per trovarci, capirci….innamorarci. Non buttare all’aria tutti gli anni che abbiamo passato insieme. Per favore…” disse cercando di dare più forza possibile alle sue parole.
“Jensen tu…tu non capisci.” Insisteva Jared.
“Maledizione, Jared!!!” esclamò per la prima volta esasperato, Jensen. “ Capire cosa?...tu stavi morendo e giorno dopo giorno, in quel dannato ospedale, io prendevo consapevolezza che ti avrei perso in una maniera che non era accettabile. E quando Pat, mi ha detto che potevo salvarti…cosa…cosa credi che avrei fatto?!” chiese retorico.
“Pat, aveva quella lettera e non avrebbe…tu non avresti dovuto…”, ma Jensen lo fermò e lo corresse quasi rabbioso.
“No, no, no!!! In quella lettera assurda che hai scritto, tu negavi il consenso a far operare uno dei tuoi genitori o Meggie o Josh, se fossero risultati compatibili al trapianto. Io non facevo parte di quella lista….tu non hai mai fatto il mio nome….quindi tieni fuori Patrick da questa storia! Lui si è solo comportato da amico e Dio solo sa, se gliene sarò sempre grato per avermi avvisato.” lo rimproverò e poi cercò di recuperare la calma. “Ascolta…tutti non fanno altro che dirmi quanto io sia stato coraggioso…generoso, per aver fatto quello che ho fatto. Ma loro non vedono la cosa come la vedo io. Jared….io sono l’uomo più vigliacco ed egoista che possa esistere!” disse ad un certo punto, stupendo Jared, che lo prese a guardare stranito da quell’affermazione.
“Che significa?!”
“Quando ti vedevo diventare sempre più debole, sempre più stanco…mi sentivo inutile. Sapevo che mi stavi lasciando …per sempre. E allora mi è preso il panico e ho provato una paura che solo il più vigliacco degli uomini è capace di provare e quando Patrick mi ha messo davanti alla possibilità concreta di salvarti la vita, beh!, se vuoi, mettila così….non l’ho fatto per te…per amore, ma per puro egoismo. Me ne sono fregato del nostro giuramento?, sì l’ho fatto!” fece risoluto. “ …e l’ho fatto perché non volevo rimanere solo dopo averti avuto con me. Non mi interessava l’averti mentito, l’averti tenuto nascosto tutto…” disse sapendo di giocarsi il tutto per tutto. “…quello che mi interessava era solo che avevo la possibilità di riaverti al mio fianco. Di essere felice!!”

Jared lo guardò stupefatto di quella confessione. Non erano da Jensen quelle parole. Quei sentimenti. Non erano emozioni che gli appartenevano eppure era Jensen che le stava descrivendo così bene.
“Non ha senso quello che dici!” fece perplesso.
“Perché...invece... ha senso l’avermi lasciato senza avermi dato la possibilità di spiegarmi?!” ribattè il maggiore.
Jared deglutì la veridicità di quell’affermazione. Ma dentro di sè, ancora non era pronto a decidere, a ritornare indietro.
“Beh! ti stai spiegando adesso!” fece con tono sufficiente.
I due restarono per un attimo fermi a guardarsi , a cercare dentro di loro altro da dire.
 
Uno, voleva solo restare. L’altro, voleva restare solo.
 
“Jensen…”
“Jared..” lo fermò Jensen. “Per favore…per favore. Io ti amo. Ti prego, trova la forza di perdonarmi. Dammi…..dacci un'altra possibilità!” disse mettendosi una mano sul cuore.
Jared fissò per un attimo lo sguardo sul gesto che sembrava essere disperato. Era nella confusione più totale e in quella confusione non ce la fece a fare la cosa giusta.
“Quando torni a Vancouver, per favore, dì ai ragazzi della produzione che sarò presente fin dal primo giorno di riprese.” disse non potendo nascondere dispiacere in quello che diceva.
“Jared, no…”
“Riguardo noi…mi dispiace, ma nulla… è cambiato!” sentenziò mettendo la grande scrivania fra loro due.
“Jared….” Sussurrò dolorosamente Jensen. Che fosse davvero tutto finito?
“Per favore, Jensen. Vattene, ora.” fece sedendosi sulla poltrona che aveva, fortunatamente dietro di lui, e tenendo la testa bassa. “Va’ via, ti prego!” disse ancora, più piano.

Jensen lo guardò. Guardò il modo in cui Jared non lo guardava.

Sentì comunque il suo dolore, ma per quanto avesse voluto avvicinarsi al giovane e abbracciarlo, almeno un ultima volta, questa volta fece quello che Jared gli aveva chiesto.
Andò via.
 
Jared , dopo quelli che sembravano infiniti minuti, tornò ad alzare lo sguardo verso la stanza che lo circondava e in cui si rese conto di essere di nuovo solo.
Davvero era finita con Jensen?, davvero stava rinunciando a quello che avrebbe giurato essere l’amore della sua vita?
Sentì il cuore impazzirgli nel petto e la mente nella testa. Provava tutto e non provava niente.

Doveva uscire da quella stanza, da quella casa.
Andare via, ancora. Di nuovo. Voleva aria.
Aveva bisogno di aria.
 
Non appena mise piede fuori dallo studio, uno schiaffo forte e improvviso lo raggiunse in pieno volto.
La guancia iniziò a bruciare un attimo dopo aver messo a fuoco il mittente di quel gesto inaspettato.

“Ma cosa….??!”

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Capitolo 13
*** .13. ***


“Ma cosa…sei impazzita?!”

Meggie gli stava di fronte e Jared potè vedere la rabbia furente negli occhi della sorella minore che sembrava quasi pronta a prenderlo di nuovo a schiaffi.
“Che diavolo ti prende?” fece il giovane mentre si massaggiava la guancia cocente.
“Che diavolo prende a me?...che diavolo è preso a te?!” gridò. “Come ti è passato per la mente di fare una cosa del genere? Come hai osato prendere decisioni che non ti competevano?” lo accusava senza dargli modo rispondere.

Dove era accaduta già una cosa del genere?, si ritrovò a pensare Jared.

“Di che stai parlando, Meg?!” chiese confuso.
“Sto parlando di te, di una lettera di cui non sapevamo niente e…”
Jared strabuzzò gli occhi. Come poteva sapere della lettera?
“Che ne sai tu?” chiese perplesso.

Meggie non rispose, ma si limitò solo ad entrare nella stanza e a mostrargli la piccola spia rossa accesa. Jared si sentì scoperto e oramai sapeva che non poteva più mentire o nascondere niente.
“Io l’ho fatto per proteggervi. Io dovevo farlo!” tentò solo di giustificarsi.
“Tu non ne avevi nessun diritto. Era una mia decisione. Era una nostra decisione…” si corresse quando anche i genitori le furono vicino. “Non tua. Non tua!” disse con forza.
“Voi non mi avreste ascoltato. Avreste comunque deciso di…”
“Di fare cosa, Jared?....salvarti la vita!?” quasi urlò. “Beh! ci puoi scommettere che avremmo fatto qualsiasi cosa per salvarti la vita, brutto incosciente! E ringrazio Dio, che Jensen abbia fatto quello che fatto, tenendoti all’oscuro di tutto!”
“Lascia fuori Jensen. Lui ha sbagliato!” insisteva, ignorando il paradosso di quella situazione.
“Perché? Perché ha preso una decisione che non doveva prendere?” disse ironica.
“Sì, esatto!”

“E tu?....Mio Dio!!, che razza di ipocrita sei?..” lo accusò. “Tu cosa pensi di aver fatto, scrivendo quella lettera e decidendo per noi?!” fece esasperata.

Possibile che quel suo fratello tanto amato, fosse davvero tanto cieco?
Eppure quella domanda. Così semplice.
 

Possibile che la questione fosse così chiara e non me ne sono reso conto, tanto ero preso dal voler accusare Jensen? mentre io ho fatto esattamente la stessa cosa? mi sono comportato nella stessa identica maniera?, si ritrovò improvvisamente a pensare Jared.
 

Guardò quasi come se fosse inebetito, la sorella e poi i genitori dietro di lei. La madre gli andò vicino, intuendo quello che stava passando in quel momento nella mente del figlio.
"Amore mio!" fece amorevole. "E' adesso che vi state facendo del male." disse accarezzandogli dolcemente il viso. "Lui ti ama, Jared. Ti ama immensamente. Tu, tesoro mio, lo ami o questo tuo "malessere”...", azzardò, "...è solo un modo per ammettere ciò che non senti più?!"
Jared la guardò spaventato, terrorizzato. Era questo quello che traspariva dal suo comportamento? Il non essere più innamorato di Jensen?
"Mamma...no!" disse addolorato. "No!" ripetè quasi con le lacrime agli occhi. "Dov'è? lui dov'è?" chiese poi, come se si fosse appena svegliato da un incubo.

Meggie gli mise una mano sulla spalla. "Il taxi che lo ha portato qui, lo aspettava. Se corri, credo che riuscirai a fermarlo!"
Il ragazzo la fissò per un attimo e poi guardò il padre.
"Va', ragazzo. Prima che sia davvero tardi!" lo incoraggiò l'uomo.

Jared baciò la fronte della madre e lasciò un bacio leggero anche sulla guancia della sorella e corse fuori, incrociando Jeff che entrava e che lo guardava sbalordito. 

Ma quando uscì in strada, il taxi era già andato via.
Guardò lungo il viale e vide la macchina gialla che stava per affrontare l'incrocio. Tirò un profondo respiro e sorrise nervoso.
"Dio! non ci credo che sto per fare una cosa del genere!" e iniziò a correre dietro al taxi gridando il nome di Jensen.
Per chiunque si fosse trovato a vedere quella scena, avrebbe potuto facilmente pensare che si stava girando una scena del solito film romantico in cui lui , alla fine, corre dietro all'amore della sua vita che sta andando via.
Cercò di correre più forte quando vide la macchina rallentare per affrontare la curva quando......

Bang!!

Un colpo forte, fragoroso. Rumori di lamiere schiacciate, di vetri che andavano in frantumi, di ruote che sfregavano prive di inerzia contro l'asfalto, il suono sgraziato di  clacson fuori controllo.
Jared si bloccò di colpo e per un attimo si fermò, incredulo, a guardare  il minivan che aveva preso in pieno il taxi su cui c'era Jensen.
Il tempo si fermò in quel momento, come si era fermato il suo respiro.

Rinsavì un secondo dopo e riprese la sua corsa verso i due mezzi che , fermi, al centro dell'incrocio, fumavano, incapaci di muoversi.
Corse il più velocemente possibile e quando arrivò appena accanto al taxi, ebbe quasi timore di guardare. Mentre tentava di guardare all'interno, la portiera del tassista di aprì e ne uscì l'autista. Dolorante, confuso. Nello stesso momento Jared trovò il coraggio di guardare all'interno dell'abitacolo incidentato.
 
Niente. Era vuoto. Non c'era nessuno sui sedili.
 
Si voltò verso l'autista e lo guardò perplesso.
"Dov'è?!"

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Capitolo 14
*** .14. ***


"Dov'è chi?" chiese il poveretto che passandosi la mano nei capelli guardava il suo povero taxi ammaccato lungo tutto un lato.
"Il ragazzo che ha portato in questa via circa mezzora fa e che le ha chiesto di aspettare?!" chiese quasi spazientito Jared.
"L'attore ?" domandò ancora confuso.
"Sì, sì, sì...l'attore!" fece quasi aggredendolo e quando si rese conto di come aveva reagito , si fermò e fece un profondo respiro. "Mi scusi, la prego ...mi scusi."
L'uomo lo fissò e poi rispose. "Lui...lui è voluto scendere pochi minuti dopo che ero ripartito. Ha detto che voleva fare due passi a piedi. Così mi sono fermato e  lui è sceso!!!" riferì e in quel momento....

"Jared ..."

La voce di Jensen gli scoppiò nel cervello come un fuoco di artificio. Jared si girò e vide il ragazzo poco distante da lui.
Era sudato e affannato. Sembrava avesse corso.

Jared gli andò incontro, gli accarezzò il viso madido, gli mise una mano sul petto che respirava velocemente a causa dell'affanno.
"Stai bene!...tu stai bene!" disse guardandolo.
"Sì, Jared ...io...io sto bene!" sembrò volerlo rassicurare il maggiore.
Jared non riusciva a smettere di toccarlo, sembrava che volesse essere sicuro che Jensen fosse reale, che fosse lì vicino a lui, che stesse bene.

Non servì altro. Niente altro.

Jared dimenticò tutto quello che era accaduto negli ultimi giorni e abbracciò quasi con disperazione quello che era e che sarebbe sempre stato il suo compagno. Il suo amore. Lo abbracciò forte e quasi come se fossero fatti di vita propria, mille dolcissimi e esasperati "ti amo" nacquero dalle sue labbra per vivere nel cuore di Jensen.

Jensen, sentiva Jared quasi tremare in quell'abbraccio, ma la sua mente era anche rapita da quella meravigliosa preghiera che sentiva di nuovo pronunciare dalle labbra di Jared.
"Jared...Jared....calmati. Va' tutto bene, sto bene!" disse cercando di rassicurare il compagno.
"Io...io...ho sbagliato...non ho capito niente, sono stato stupido, presuntuoso.... Meggie mi ha preso a schiaffi...e allora ti sono corso dietro.....credevo che tu fossi nel taxi...ho visto l'incidente..." continuava a spiegare mentre Jensen, stranito, cercava di dare un senso a quella spiegazione. "...ma poi ho guardato dentro e tu...tu...non c'eri!" fece indicando il taxi fermo poco distante da loro.
"Io sono voluto scendere. Volevo andare nel parco che c'è sulla First Road. Stavo per voltare l'angolo quando ho sentito un pazzo che gridava il mio nome..." disse sorridendogli dolcemente. "...e poi ti ho visto correre dietro al taxi. Ti ho chiamato ma non mi hai sentito e poi c'è stato l'incidente e tu sei schizzato via e allora ti sono corso dietro per raggiungerti e rassicurarti!" spiegò Jensen.
"E ora sei qui!" fece Jared.
"Sì, sono qui, amore mio!" confermò con amore.

Un attimo dopo, i due vennero raggiunti anche dalla famiglia di Jared , accorsa , perchè attirata dalla confusione  che ormai si era creata all'incrocio.
"Ragazzi, state bene?!" chiese Jerry preoccupato, mentre anche Sherri si assicurava che i due stessero davvero bene.
"Sì, sì, papà!! Stiamo bene!" rispose Jared senza mai distogliere gli occhi da Jensen.
Poi, tra quelli che erano andati in soccorso del tassista e dell'autista del minivan, intravide suo fratello Jeff. Lo richiamò.
"Dove hai messo la macchina?!" chiese stranamente Jared al fratello maggiore.
"Cosa?!" fece questi, stupito.
"Dove hai parcheggiato?!"
"Davanti….davanti  al vialetto di casa!" rispose confuso.
Jared allungò una mano verso di lui. "Dammi le chiavi!"
"Come scusa?!"
"Andiamo, Jeff! Dammi le chiavi!" ripetè con più decisione. Jeff tirò fuori dalla tasca anteriori dei suoi pantaloni le chiavi della sua macchina e le passò al fratello.
"Grazie. Te la riporto con il pieno, giuro!" disse mentre si tirava dietro Jensen.

Il maggiore lo seguì senza fare domande, anche perchè se ne era fatte talmente tante in quei giorni che oramai non ne poteva più. Ora voleva solo vedere dove , quel momento, li avrebbe portati.

"Ma dove vanno!?" chiese stupita Sherri per quella strana fuga.
"Penso che sia il momento che si chiariscano sul serio!" fece Jeff e poi guardando di sottecchi la sorellina: "Spero solo che non lo facciano nella mia macchina!", disse strizzandole l'occhio.
I due si sorrisero complici e tornarono ad assicurarsi che nessuno si fosse fatto realmente male.
 

In macchina, Jared guidava concentrato. Sapeva perfettamente quello che voleva adesso e vedere di nuovo Jensen al suo fianco che lo fissava innamorato, era una delle cose che più , per lui, aveva importanza.
"Così....la piccola Meg , ti ha preso a schiaffi?!" disse leggermente divertito Jensen.
Jared lo guardò di sfuggita, ma solo per non distogliere troppo lo sguardo dalla guida, visto che c'era traffico. Annuì solo leggermente imbarazzato e sorrise appena quando vide che anche Jensen sorrideva. Stava per rispondergli quando il suo cellulare trillò per l'arrivo di un messaggio.
Lo lesse, approfittando di un semaforo rosso.
"Grazie , fratellone!" sussurrò e quando ripartì, svoltò per il centro.
"Posso chiedere dove stiamo andando?!" fece curioso Jensen.
"Tra la Washington e Roosevelt!" rispose.
"Ma è in centro!?"  fece l’altro sorpreso.
"Esatto!" confermò il giovane alla guida.
"E che ci andiamo a fare in centro a quest'ora?!" chiese ancora, perplesso.
"C'è l'appartamento che Jeff usa quando finisce tardi al lavoro e poi il giorno dopo deve attaccare presto per un nuovo turno!" spiegò semplicemente.
"OK! e cosa dobbiamo fare....", ma rimase in silenzio quando sul volto di Jared vide illuminarsi un meraviglioso sguardo malizioso. "Ohw!!" fece intuendo e fremendo allo stesso tempo..
Jared lo guardò e pensò di star sbagliando modo e momento. "Ma posso fermarmi qui, immediatamente, se tu non vuoi!" disse senza mostrare rancore.
Jensen sentì lo stomaco contrarsi e percepì quel calore che da tanto ormai non lo riscaldava più, riscaldarlo di nuovo e con più passione.
"Accelera!" disse, mettendo una mano sulla gamba di Jared.
 
Quando arrivarono all’appartamento di Jeff, Jared recuperò la chiave lungo lo stipite superiore della porta e aprì. Entrò e poi si girò verso il compagno che aveva appena varcato la soglia di ingresso.
La porta si chiuse automaticamente dietro le spalle di Jensen. I due restarono per pochi secondi come bloccati in quel momento, congelati dalle miriadi di sensazioni ed emozioni che si stavano affannando nelle loro menti e nei loro cuori.

Jensen, allora, alzò un braccio verso il giovane. La mano aperta, le dita separate una dall’altra che cercavano di nascondere il loro leggero tremore. Il palmo rivolto verso Jared che ne sembrava ipnotizzato. Se per chiunque quel gesto poteva sembrare come un gesto che voleva mettere spazio tra loro, per i due ragazzi invece fu esattamente quello che doveva essere. La richiesta di un contatto.
Richiesta che Jared accolse immediatamente.
Le loro mani si toccarono. Le dita si unirono in un intreccio perfetto e forte.  Jared continuava a fissare con dolcezza e forse timore il ragazzo di fronte a lui, mentre Jensen non riuscì a non chiudere gli occhi quando quel contatto fu ristabilito.
Respirò come se si fosse improvvisamente sentito rilassato, come se il peso che fino a quel momento gli pressava sul petto, fosse svanito del tutto.
Aprì di nuovo gli occhi e si ritrovò immerso nella dolcezza di quelli di Jared.
 
“Io..” sussurrò.
“..ti amo!” finì per lui Jared.
“Sì!” completò, sorridendo, Jensen.
 
Poi tutto ebbe inizio. Un nuovo inizio.
 
Jared, quasi  con disperazione, si avventò su Jensen.
Non sopportava più stargli lontano , in qualsiasi modo possibile.
Le loro bocche si unirono in quella perfezione che era solo loro. La morbidezza delle loro labbra che languide si ritrovavano, li fece gemere di soddisfazione e piacere. Le lingue si cercarono affamate di quel cibo di cui per tanto, troppo, tempo erano state private. I loro sapore stesso.
 Le mani si rincorrevano frenetiche lungo i muscoli tesi della schiena, dei fianchi e della spalle. Cercavano impazienti di riappropriarsi di ogni piccola parte di quei corpi desiderati, amati, bramati.
In quella passione , Jared spinse Jensen alla parete, bloccandolo contro di lui. Gli si premette contro, imprigionandolo con il suo corpo. Si spingeva contro il corpo di  Jensen, e contro quel corpo che gli rispondeva senza freni, cercava una se pur minima soddisfazione al calore che lo stava bruciando. Una sua gamba si insinuò decisa ma attenta, tra le gambe del maggiore e con movimenti, fautori di chiari propositi, iniziò a stuzzicare l’intimità di Jensen.
Jensen gemette silenziosamente tra le labbra di Jared , quando il giovane cominciò a muoversi così su di lui. Istintivamente il suo corpo si inarcò contro quello del compagno, in cerca di più frizione. Alla disperata ricerca di un contatto più sostanzioso dei loro bacini ormai sempre più vicini. 

Volevano dirsi tante cose ancora, avevano bisogno di dirsi tante cose ancora.
Ma la voglia di baciarsi, di riconquistare quell’appartenenza anche fisica che li aveva tenuti legati per così tanto tempo e il desiderio quasi primitivo di riappropriarsi di qualcosa a cui sapevano appartenere o che sapevano di possedere, sembrò essere più forte di ogni ragione.
I respiri si fecero veloci, affannati. Gli ansimi sospirati dalle loro bocche divennero rumorosi, quando quel calore , dal loro basso ventre, iniziò a propagarsi come un incendio incontrollato, in tutto il loro corpo.

Fu allora che Jensen, si costrinse a scostarsi solo un po’ dalle labbra di Jared.
“Calma!! Calma!!” sospirò con affanno. “O finirà tutto prima di cominciare!” fece sorridendo malizioso.
Jared capì e ancora più malizioso rispose. “Se dovesse accadere, allora ricominceremo tutto dall’inizio!” e lo baciò ancora.

Jensen sorrise e tremò in quel bacio, pensando all’erotica promessa del giovane compagno, ma onestamente,  non voleva che quella loro “prima volta”, dopo tutto quel casino, finisse contro un’ anonima parete.
Senza smettere di baciarlo o accarezzarlo o solo fargli sentire il suo tocco sulla pelle che bruciava di desiderio, Jensen cercò la mano di Jared e quando , le due, furono una cosa sola, il maggiore si spostò verso la camera da letto. Sapeva che Jared non si sarebbe opposto, che lo avrebbe seguito.
Raggiunsero la camera, raggiunsero il letto.

I vestiti furono velocemente gettati via, dimenticati sul pavimento. Il leggero copriletto li raggiunse poco dopo, insieme ai cuscini che lo adornavano.
I loro corpi nudi erano di nuovo vicini, a completarsi, a godere uno del calore dell’altro. La dolce frizione della loro pelle, calda e sudata, era come un potente afrodisiaco che non smetteva mai di fare effetto.
“Dio!! quanto mi sei mancato!” sussurrò Jensen dopo che un bacio di Jared, lo aveva letteralmente lasciato senza fiato.
Jared sorrise e dopo averlo baciato ancora e ancora, imprigionò il compagno sotto di lui, in un abbraccio ….completo. Braccia, gambe, il loro stessi corpi erano un tutt’uno. Perfettamente incastrati come un puzzle che finalmente era stato completato.
“Mi sei mancato anche tu. Mi sei mancato tanto da sentire dolore!!” confessò il giovane, accarezzando il volto del suo amato.
Poi quasi come se una sorta di calma dopo quella tempesta , lo baciò. Ma questa volta, piano, con calma. Con una dolcezza languida.

La sua mano , lentamente scese lungo il fianco di Jensen, lambendolo dolcemente. Piano, quasi timidamente, si insinuò tra le gambe del compagno, che accoglienti le fecero spazio, e premurosamente andò ad accarezzare quel posto intimo e cocente che fece fremere entrambi.
L’uno per il piacere provato, l’altro per il piacere che stava dando.
“Jared…” gemette Jensen, perso nei baci, nei tocchi e in tutte quelle sensazioni che il suo compagno gli stava dando. Jensen non poteva crederci. Non sapeva se fosse tutto vero o se quello che stava accadendo era solo un sogno.
Era di nuovo con Jared. Tra le sua braccia. Sulla sua bocca. Tra le sue parole. Accanto al suo cuore.
“Voglio che tu sia di nuovo mio!” sussurrò Jared, rendendo quella piacevole confusione di Jensen, una realtà.
Con un movimento deciso legò i loro corpi.
Un gemito lungo, languido, gutturale , accompagnò, sensuale, quel primo lento affondo.
“Non ho mai smesso di essere tuo!” fu la risposta data tra un sospiro e un ansito affannato da parte di Jensen, che accogliendo dentro di lui, la prepotente virilità del compagno, favorì quell’eccitante presenza, lambendo con le gambe , i fianchi di Jared. “E non voglio essere di nessun altro!” confessò ancora più dolcemente, chiedendo le labbra del suo amato.
“E non lo sarai mai. Sarai solo mio come io sarò solo tuo!” giurò l’amante, un attimo prima di baciarlo e iniziando a muoversi con più decisione nel corpo del compagno. I loro corpi, ormai uniti indissolubilmente, fremevano quasi dolorosamente, di avere soddisfazione.

I bacini, sudati e contratti, si scontravano languidamente alla ricerca di un contatto sempre più profondo. Alla spasmodica ricerca di un piacere che sarebbe stato esaltante e sconvolgente come ogni volta e anche di più, dato il tempo che i due non erano stati insieme.
Jared si spingeva dolce e appassionato, cercando di prendere tutto ciò che Jensen, ormai conquistato e vinto, gli offriva e gli donava. Tutto se stesso. Ancora, di nuovo. Come sempre.
E quando, finalmente quel piacere tanto atteso, tanto ricercato e tanto voluto, non potè più essere trattenuto, i due, chiamando estasiati l’uno il nome dell’altro, trovò giusto compimento. Esplose potente. Inebriante. Con la forza di un terremoto che li lasciò a tremare di piacevoli spasmi , ancora legati intimamente.

Jared non ebbe la forza di sciogliere quel legame. Non voleva sciogliere quel legame. Così , lentamente, si lasciò cadere sul corpo di Jensen che lo avvolse in un caloroso abbraccio, accogliendolo,  esausto e felice.
Quando finalmente, il naturale scorrere della natura, mise fine, per loro, a quel legame intimo, Jared scivolò al fianco del compagno, rimanendo però con la testa appoggiata sul suo petto, che lentamente riprendeva un respiro costante e regolare.
Rimasero per alcuni minuti in silenzio,  godendosi la pace di quel momento.
L’equilibrio ristabilito. L’amore ritrovato.

Poi, con respiro profondo, quasi a voler prendere coraggio, fu Jared a parlare per primo.

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Capitolo 15
*** .15. ***


“Ti ho fatto soffrire!” disse consapevole che quella fosse la verità.
“Jared….no.” cercò di evitare il discorso Jensen, anche se aveva capito il vero senso di quella domanda.
“Dimmelo. Ti ho fatto soffrire!” ribadì con più decisione, alzandosi dalla sua posizione e issandosi sul corpo del compagno, che rimaneva imprigionato sotto di lui e mostrava segni di insofferenza.
“Jared…andiamo!!, possiamo evitare di fare questo discorso?…. adesso?!” provò, cercando perfino di divincolarsi da quella sorta di abbraccio.
“No, devo saperlo!” insistette Jared. “Ti ho ferito?!” chiese questa volta, e anche se la domanda aveva in sé un profondo dolore, il modo dolce con cui venne fatta, sembrò vincere le resistenze del maggiore. “Ti prego…..rispondimi!”

Jensen lo guardò. I suoi occhi verdi brillavano ancora dell’amore appena fatto. La sua pelle ancora lucida e accaldata per la passione provata. Si sistemò appena contro il materasso e sospirando pesantemente, decise di rispondere.

“Sì, Jared. Mi hai fatto soffrire!” confessò amareggiato. “Mi hai fatto soffrire quando non hai capito il perché io abbia agito in quel modo. Mi hai ferito quando mi hai lasciato letteralmente a terra in quell’ospedale.  E mi hai ucciso, quando oggi, a casa dei tuoi, mi hai rifiutato…ancora!” disse, soffrendo lui per primo, della sofferenza che vedeva , ora, sul volto del giovane e nei disperati “mi dispiace” che gli sentiva sussurrare.
E quindi con tutte le sue forze e con tutto l’amore che provava per Jared , cercò di rimediare. “Ma poi, ti ho visto correre dietro quel taxi. Ti ho sentito urlare il mio nome con tutto il fiato che avevi in gola. Ho visto il terrore sul tuo volto quando credevi che io fossi nella macchina al centro di quell’incrocio. Ti ho sentito tremare quando mi abbracciavi, sollevato dal fatto che stessi bene. Ti ho sentito dirmi mille “ti amo” e allora ho dimenticato tutto. Ogni dolore, ogni ferita, ogni sofferenza. E tutto è tornato ad essere esattamente come era prima. Tu ed io. E non c’è altro per me!” confessò emozionato.

Attirò a sé, il giovane, per baciarlo, piano, delicatamente. Quasi per rassicurarlo e Jared si lasciò baciare. Rassicurare.
“Da oggi, anche per me, sarà di nuovo così, amore mio. Tu, ora più che mai, sei parte di me. Lo eri quando mi amavi prima che mi ammalassi, lo eri quando mi sei stato accanto giorno dopo giorno. Eri parte di me , quando io stesso credevo di star morendo. Lo eri, quando mi hai donato una parte di te, riportandomi in vita. Lo sei, ancor di più adesso, perchè mi ami ancora , nonostante quello che ho combinato, e mi permetti di amarti di nuovo!” disse sorridendo dolcemente colpevole.
Jensen lo abbracciò intenerito da quelle parole.

Voleva dimenticare quello che era successo. Volevano dimenticarlo entrambi.
La vita li aveva colpiti, ma loro avevano accusato il colpo e ora, forti del loro amore, si erano rimessi in piedi, pronti a ricominciare.
 

Alcuni giorni dopo, dopo aver rassicurato le loro famiglie, i due attori, fecero ritorno a Vancouver.
Prima tappa obbligata: lo studio medico di Patrick.
“Allora, idioti!” fu la premessa dell’amico medico. “E’ così che volete sfruttare quello che altro non è che un miracolo?!” sembrò rimproverarli.
“Lo sappiamo, stavamo per fare un casino!” volle scusarsi Jensen.
“Tu…” fece al minore dei due. “….hai idea di quello che stavi per compromettere con la tua condotta sciagurata?...le medicine del post operatorio per chi riceve un rene, sono fondamentali e tu?...tu le prendevi un giorno sì e tre no!!” lo accusò severo.
“Ma…” cercò di intervenire Jensen.
“E tu!!” fece ora , proprio a Jensen che si zittì immediatamente. “Tu, razza di incosciente. Lui almeno le prendeva. Tu? , no!...” disse sarcastico. “Tu le hai completamente ….ignorate!!” fece con tono più alterato.
 I due erano completamente imbarazzati da quel più che giustificato rimprovero, ma se da un lato c’era dispiacere di essersi comportati in quel modo così irresponsabile, dall’altro c’era la preoccupazione di aver fatto più danni di quello che pensavano.
“Pat…cosa…” azzardò a dire Jared.
“Allora. Ho due notizie: una buona e l’altra cattiva!” iniziò.
“Cattiva?!” fecero all’unisono i due, allarmati, dato il preambolo appena fatto dal medico.

Pat, sospirò e pensò che ormai quei due erano cotti abbastanza, quindi poteva anche farli respirare di nuovo.

“La buona notizia è che, nonostante tutto, entrambi state bene. Tu…” disse a Jensen. “…da tutti gli ultimi controlli , non risultano esserci conseguenze alcune del tuo risveglio tardato dall’anestesia o dal non aver preso i farmaci del post operatorio. E tu…” disse rivolgendosi a Jared. “…a quanto pare il tuo fisico ha accettato  definitivamente  senza pericolo di rigetto, il rene donatoti da Jensen. L’organo sembra compiere a pieno il suo lavoro senza sofferenza alcuna.” disse con soddisfazione
“Ehi! cosa credevi!?” fece scherzoso Jensen, indicandosi. “Qui c’è tutta carne texana di prima scelta!!”
I tre risero, ma poi, Jared tornò serio. “Pat, allora, qual è la brutta notizia!?”
L’amico li guardò e chiudendo la cartella clinica che li riguardava, si sporse sulla sua scrivania. “La brutta notizia è che se da oggi in poi non vi comportate come Dio comanda, verrò di persona a prendervi a calci in culo per tutto i set di Supernatural, bunker compreso. Mi sono spiegato?!” fece con tono amichevolmente minaccioso. “Da oggi potete riprendere appieno la vostra vita di sempre. Mangiate sano, prendetevi cura del vostro corpo e fate molta attività fisica. Ossigenare il sangue il più possibile , non vi farà che bene!” disse ancora.
“Beh!! l’attività fisica non ci manca!” fece Jensen, ma se lui faceva riferimento al loro lavoro, il modo in cui lo disse guardando Jared, fece intendere ben altro.

Lo capì troppo tardi, quando gli altri due già ridevano e Jared era diventato rosso dall’imbarazzo.

“Cioè…non in quel senso….insomma…forse anche quello…ma cioè….Oddio!!...io non volevo dire che noi non facciamo….sì!! ..no!! noi facciamo ses…”
“Jensen??!!” fu il richiamo allarmato di Jared.
“….ma io intendevo che noi…” si arrampicò su invisibili specchi sporchi di sapone.
“Jensen?…sta’ zitto. Per favore!” lo ammonì Jared mettendo fine a quello sproloquio imbarazzato.
 


Alcune settimane dopo, Jared e Jensen, ormai in piena forma, erano di nuovo sul set del loro show, circondati dall’affetto e l’amicizia di tutti i loro amici. Primo fra tutti, Misha, che non si era negato la soddisfazione di farsi chiamare “Mr. Cupido” e che poi, aveva abbracciato davvero, davvero , felice il ritorno di entrambi i suoi amici al lavoro e nella sua vita.
I due attori, dopo aver ringraziato tutti per l’amicizia mostrata, si rivolsero all’amico regista, al loro fianco.

“Allora Bob, che dici?!” fece Jensen.
“Ci siamo tutti!” si accodò Jared.
Il regista, guardò quelle splendide persone che aveva attorno. Attori, principali o co-star, tecnici, attrezzisti, truccatrici, fonici, assistenti. Dalla più importante al semplice portasnack. Una famiglia che non faceva altro che supportarsi da oltre dieci anni.

“Abbiamo un lavoro da fare! Accendete le luci. Preparate le macchine da presa. Lucidate Baby!” fece serio e soddisfatto. “Stagione 11. Episodio 1. AZIONE!!” gridò mentre , immediatamente dopo, un fragoroso applauso di approvazione esplodeva ovunque.




N.d.A.: E siamo arrivati alla fine anche di questa storia. Spero che vi sia piaciuta. Nelle parti belle, in quelle brutte e in quelle così così.

Un grazie infinito a chi l'ha seguita fin dall'inizio. Uno più grande a coloro che hanno avuto anche la gentilezza di recensire. Ma anche uno a chi l'ha semplicemente letta qui e là.

Un bacio grande e la speranza di ritrovarvi nelle mie altre storie!!!

#AlwaysKeepFighting


Baci, Cin!!!

 

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