Una promessa per rimediare

di 50shadesofLOTS_Always
(/viewuser.php?uid=512981)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Due vite a 870 km ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Pensieri,parole,opere e omissioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Verità segrete ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Giuramento dell'ultimo minuto ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Paure vs Ricordi ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Sacrifici ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Dopo venti anni... Ti dico ancora ciao ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Due vite a 870 km ***


Credo che un sentimento forte,per quanto tempo possa passare,non svanisce nel niente. Forse si affievolisce,si nasconde nel buio della tua mente,ma é sempre lí. Nascosto in quell'angolino tanto stretto,che dopo un certo punto non riesci piú a vederlo. Allora credi ingenuamente di averlo eliminato quel sentimento. Il sentimento ed i ricordi ad esso collegati. I ricordi. Alle volte,odio di avere una buona memoria. I ricordi sono l'arma piú micidiale e quelli... Quelli feriscono,anche piú delle parole. Feriscono,squarciano l'anima. Il cuore. E fanno male,molto male. Eppure sono una piaga dolceamara. Sí,i ricordi fanno male ma cosa c'é di meglio nel ricordare un suono,come una risata. Un calore che si irradia dal petto,come quello che provoca un abbraccio. O uno sguardo intenso,come per imprimerti un sorriso. E se ci ripensi,ti vengono i brividi lungo tutta la spina dorsale come se fossero la prova che stai vivendo. Vivere. É la parte piú difficile della nostra esistenza stessa. Ci chiediamo spesso il perché viviamo,ma non pensiamo mai al come. Né al sé. Vivere. Adesso non mi sembra piú di farlo. É bastata una chiamata. Una sola e semplice chiamata o peggio,un messaggio in segreteria dalla mia migliore amica,Laura. La sua voce era apparsa stanca,atona. Il suo lavoro di medico nel reparto di traumatologia del pronto soccorso le porta via sempre le energie. Ma quelle parole non erano suonate solo stanche,ma anche preoccupate e nervose. 

"Ciao,Giada. Lo so che é strano che stia chiamando nel bel mezzo della settimana,ma sta' succedendo una cosa che credo tu voglia sapere. Marco é stato coinvolto in un brutto incidente stradale. Lo stanno trasportando qui a Firenze. Forse fai perfino in tempo ad arrivare,prima che entri in sala". Potevo sentire infermieri e paramedici,darle tutti i parametri del paziente "Devo riattaccare,ma ti prometto che in sala operatoria farò tutto il possibile".

Il suono di fine messaggio si era già dissolto nelle molecole d'aria mentre io prendevo quelle poche cose necessarie,gettandole in disordine in uno zaino insieme a chiavi e cellulare,prima di uscire di casa per andare all'areoporto. Non avevo mai preso l'aereo. Ho sempre viaggiato in macchina, ma fra Stüttgart a Firenze ci sono circa 870 kilometri. Troppi da percorrere in poco tempo. Non ho badato nemmeno al prezzo del biglietto. Ho pagato e mi sono imbarcata senza pensarci due volte. Ho patito come un cane per tutta la durata del viaggio,durato solo poche ore. Un paio circa. Guardo l'orologio mentre salgo su un taxi e noto che sono le 6 del mattino. Di solito a quest'ora,ho finito il mio turno di notte del mercoledí. Il sole si sta' affacciando timisamente all'orizzonte,rischiarando il cielo con i suoi primi e flebili raggi. Guardo le macchine dal finestrino e sembrano sempre troppo lente,tanto che almeno per tre volte,chiedo al taxista si accelerare. Gli ho detto di essere un medico e che di esser stata chiamata dalla Germania appositamente per un caso. Ovviamente la seconda parte,era una bugia. O meglio,una mezza bugia.

Mi accorgo che la mia voce é cambiata negli anni mentre chiedo ad un'infermiera dove si trovi Marco Rossi. Ho perso il mio vero accento italiano,acquistando quello tedesco. La lingua delle mie origini. 

A queste stronzate penso mentre cammino in fretta,facendo picchiettare i tacchi non troppo alti delle mie scarpe sulle piastrelle lucide che riflettono la tetra luce dei tubi al neon sopra la mia testa. Alcune infermiere mi chiedono chi sono e mostro il mio tesserino,che subito le fa' indietreggiare al loro posto,liberando il mio passaggio. Raggiungo finalmente la sala d'attesa. Poso lo zaino su una delle sedie ed entro nella sala operatoria,ignorando le facce sconcertate di alcuni medici mentre mi lego in fretta i capelli,improvvisando una crocchia che nascondo sotto una cuffia sterilizzata. Mi infilo in fretta i guanti ed il camice in plastica,dopo essermi lavata e disinfettata le mani mentre il mio sguardo non si scolla dal corpo steso sul lettino sterile. Entro mentre Laura alza lo sguardo nel mio << Che ci fai qua?! >> domanda sconcertata << Sono un medico e non me ne starò con le mani in mano >> dico decisa << Se resti,sarò costretta a farti buttare fuori >> dice, ma le sue parole vacillano. La ignoro deliberatamente e guardo il cardiogramma << Non puoi operare senza aver stabilizzato il battito >> << Giada,esci di qui >> ripete con durezza << Laura,dannazione! Mentre tu discuti con me,Marco ha il cuore che gli esplode - guardo un infermiere - Da quanto é cosí? >> << Quasi un minuto >> risponde confusa << Sei pazza?! - sbraeto contro Laura quando non sento il polso di Marco - É già in fibrillazione ventricolare! Defibrillatore >>. Un'infermiere obbedisce << Carica 100. Libera >> annuncia posando le placche sul petto di Marco,che sobbalza apparentemente senza vita << Aumenta la scarica >> ordino mentre Laura mi guarda malissimo << Carica 150. Libera >> ripete l'infermiere. Non funziona << Lidocaina >> dico con voce ferma. Prendo la siringa e la fialetta,tirando la pipetta fino alla tacca giusta. Scopro il braccio di Marco e gli inietto la dose del farmaco. Guardo il cardiogramma e finalmente il battito si stabilizza. I bip del macchinario trillano regolari nel silenzio. Guardo Laura << Ora puoi mandarmi a fanculo >> dico uscendo dalla sala. Una volta fuori,mi sfilo la cuffia con un pesante sospiro.

 

 

Quando mi sveglio,la testa sembra volermi scoppiare. Con ancora gli occhi pesanti,mi impongo di aprirli. Laura é accanto a me con un bicchiere di carta fumante. Il profumo di caffé mi attira e sembra svegliarmi. Me lo porge << Grazie - bofonchio con la voce ancora impastata dal sonno prima di bere un sorso della piacevole calda bevanda - Allora? >> chiedo riferendomi a Marco << Vieni >> mi esorta a seguirla in una stanza piú piccola,due corridoi piú indietro. La seguo entrando nel piccolo ambiente,già occupato dalle macchine e dal lettino su cui riposa Marco. I bip sono regolari e costanti,come li ho lasciati. Una specie di fisarmonica si allunga e si contrae lentamente dentro ad una piccola teca,seguendo il cardiogramma << Perché il coma farmacologico? >> domando preoccupata mentre mi porge la cartella clinica << Due edemi celebrali. Inoltre,ha un paio di costole incrinate. Stava per andare in trauma da schiacciamento e potevamo allora essere costretti ad tagliarlo praticamente in due. Gli é andata bene... >> dice con voce pacata. Le sue parole sono raggelanti in modo spaventosamente inquietante << Lo so. L'incindente dove é avvenuto? >> << In autostrada credo... Un pazzo guidava ubriaco,contro mano e gli é andato addosso a circa centoventi chilometri orari. Essendo però su un raccordo,dalla curva di destra é arrivato un furgoncino che li ha colpiti entrambi,finendo però sul davanti dell'auto di Marco... >> << Schiacciandolo fra i sedile ed il cruscotto... >> concludo con un macabro brivido. La guardo rendendole la cartellina << Scusa se ti ho fatto impazzire in sala >>. Lei accenna ad un sorriso << Qui dentro non c'é qualcuno che non mi mandi fuori di testa... >> ammette con un profondo respiro. Il mio guardo si posa su Marco,che sembra avvolto da un sonno infinito. É ancor piú bello di quel che ricordavo. I capelli ambrati,sempre in disordine. Il viso quasi infantile e quelle labbra che purtroppo non ho mai potuto baciare. Noto che porta una fede al dito. Deglutisco sonoramente << Cosa dirai alla moglie? >>. Sento lo sguardo di Laura addosso << Le ho già detto la verità >> risponde sincera. Annuisco.

 

 

Esco dalla stanza e subito vedo la figura di una donna,sulla trentina come me e Laura. I capelli mori le ricadono sulle spalle che sobbalzano per via dei singhiozzi,dettati da un pianto convulso. Disperato << Signora Rossi? >>. Lei alza il viso e due occhi verdi ci fissano acquosi << Dottoressa Lombardi >> sussurra come una litania di speranza,avvicinandosi frettolosamente << Questa é la mia migliore amica e traumatologa,Giada Nocentini >> dice mentre stringo la mano della donna << Mi ha aiutati a portare suo marito in una condizione stabile - lei mi guarda e mi ringrazia con gli occhi,forse incapace di parlare - Tuttavia come le ho già detto,dobbiamo aspettare che gli edemi si ritirino >> << Non c'è altro da fare,Dottoressa? >> chiede con voce incrinata << No,per il momento >> risponde Laura con una nota di amarezza nella voce << Posso vederlo? >> << Certo,entri pure >>. La donna si dilegua nella stanza in silenzio,stringendo il cappotto contro il petto.

****

Sono ore che la osservo da dietro il vetro della stanza. Le braccia incrociate sotto al seno,a scrutare con attenzione i dettagli di una scena privata. Ormai l'orologio segna le 18 mentre Laura mi si affianca silenziosamente << Li stai spiando? >> chiede con un sorriso sardonico << Piú o meno... >> dico facendo spallucce. Osservo la donna accarezzargli i capelli,come facevo io molti anni fa << Lo ama >> mormoro quasi a me stessa << Non dovrebbe? >> domanda lei con un che di ironico << Lo amavo anch'io >> rispondo cercando di ingoiare il fastidioso nodo alla gola << Avevi sedici anni... >> mi rimprovera << Che importa? Quando ami,non importa il numero di candeline sulla tua torta di compleanno... >> << Non l'hai mai dimenticato,vero? >> chiede poggiandomi una mano sulla spalla << Non credo. Non avrei preso il primo volo per Firenze da Stoccarda,alle tre di notte... >> << Ci hai provato almeno? >>. La sua sembra quasi un'accusa << Sí. Sono stata con tre uomini negli ultimi quattordici anni,storielle di pochi mesi... Il resto del tempo l'ho dedicato al lavoro >> ammetto con le lacrime agli occhi << Perché non hai provato a contattarlo? >> domanda. Già. Perché non l'ho contattato? << Non lo so. Forse mi ero arresa all'idea che mi avrebbe ignorato... I miei messaggi,le mie mail che ho scritto o abbozzato per poi lasciarle a metà in un cestino virtuale,io non credo che se le avessi inviate le avrebbe mai lette. É sempre stato cosí distratto... - ricordo con un sorriso dolceamaro - Distratto,tanto che tutti si erano resi conto che lo amavo. Lui invece,era immerso nel suo mondo... Te lo ricordi? >> << Sí... Eravamo ragazzine all'epoca... >> dice con un sorriso forzato. Forzato come il mio tentativo di non piangere. Non voglio mostrarmi debole. Non l'ho mai fatto con nessuno,tranne che con Marco. Con lui sentivo di poter essere fragile. Avevo deciso di esserlo. La guardo di nuovo consapevole che la fortezza di solitudine che mi sono costruita,sta' crollando miseramente. Una morsa attorno al cuore mentre mi sfugge un gemito << Non voglio che muoia. Mi sono arrabbiata cosí tante volte con lui,ma non volevo questo... - singhiozzo mentre poso la testa sulla spalla di Laura,che mi avvolge con un braccio - Non voglio che muoia... Non cosí... >>.

****

La donna si ripresenta il giorno seguente,accompagnata da due bambini,un maschio ed una femminuccia. Uno sui dieci anni,l'altra piú piccola. Lei mi sorride lievemente in un silenzioso saluto prima di entrare nella stanza di Marco. Credo che ormai si stia facendo delle domande sulla mia frequente presenza. Per ora,mi limito a rileggere quella maledetta cartella clinica forse sperando in un intervento divino.

Quando la donna esce mi si avvicina. Indossa un completo da ufficio color prugna,con una gonna a tubino ed una giacca sotto a cui compare una maglietta turchese in costrasto << Dottoressa Nocentini,può badare a loro un attimo? Vado a prendermi una tazza di té. Lei vuole qualcosa? >> domanda gentilmente mentre osservo i bambini sedersi sulle sedia accanto a me << Sí,vada pure. Sono a posto cosí,la ringrazio >>. Mentre si allontana,osservo di sottecchi i due bambini. Quello di dieci anni é la copia sputata del padre. Gli occhi nocciola ed i capelli ambrati sono gli stessi di Marco. La bimba invece é pur sempre come il padre, ma possiede gli smeraldini occhi materni. I capelli lunghi e lisci sembrano una cascata di miele. Noto con tristezza che una goccia d'acqua salata sta' scivolando sulla sua guancia,lievemente paffuta. Gliela porto via,sfiorandola con un dito. Lei mi guarda con gli occhietti bordati di rosso << Ehy... Perché sei triste? >> le chiedo gentilmente << Il mio papà non sorride piú. E non mi abbraccia piú. Non mi vuole più bene >> << No,non dire cosí. Non é vero... - le prendo una manina fra le mie e gli indico il mio tesserino - Lo vedi,questo? Io sono una dottoressa e sto' curando il tuo papà insieme ad un'altra mia amica dottoressa. >> <<  Ma lui non sorride,non mi vuole piú >> dice affranta mentre altre lacrime le appannano le iridi verdi << Ti svelo un segreto: il tuo papà sta' semplicemente dormendo >> dico con un sussurro << Davvero? >> chiede e sembra che il cuore le possa scoppiare di speranza << Sí >> dico rincuorata nell'averle risollevato il morale << E quando si sveglierà? >> << Beh... Questo non lo so,ma vedrai che presto ti regalerà un nuovo sorriso >>. Lei sorride e ho un tuffo al cuore. Terribile. Il bambino sembra non crederci. Forse sa' la realtà e non voglio infierire. Noto però sotto al bordo della polo che indossa,un rigonfiamento squadrato ed un sottile tubicino che appare per un cortissimo tratto per poi tornare a nascondersi sotto la maglietta. Diabete.

La donna torna col bicchiere di camomilla e si siede al posto del figlio, prima di mandare i bambini a giocare << Dottoressa Giada? >>. Sorrido alla bambina,voltandomi verso di lei << Sí? >> << Mi aspetti vero? >> chiede innocentemente. Annuisco e la osservo allontanarsi mano nella mano col fratello. La donna mi guarda un pò sorpresa << Com'é riuscita a parlarle? >>. Sembra scettica << Non capisco,mi perdoni... >> << É affetta da autismo >> dice infine con un lieve tono triste << Non lo avevo notato. Volevo solo risollevarle il morale >> rispondo con un sorriso abbozzato sulle labbra << Lei ha figli? >> mi chiede lasciandomi spiazzata per un attimo << No. Sono sposata col mio lavoro di medico >>. Lei sorride appena << Non sembrava >> osserva con delicatezza. 

Il silenzio regna fra me e la donna accanto a me vista l'assenza dei bambini,che sono tornati a casa col fratello della donna. La osservo che tiene frs le mani il bicchierino ormai vuoto,rigirandolo piú volte fra le mani << Perdoni la mia indiscrezione,ma non so il suo nome >> dico con garbo << Elisa >> dice sforzandosi di mantenere una voce salda. Si sofferma guardarmi << Lei mi ricorda qualcuno... >> << Davvero? >> chiedo stupita << Sí,una ragazzina. Su una foto a casa... Lei ha frequentato le medie con mio marito? >>. Cerco di mantenere il controllo << Sí... >> confesso arrendendomi << Anche a lei piaceva disegnare? >> << Quando non lavoro,mi dedico a tutto ciò che é arte >> dico cercando di non pensare a Marco. La sua condizione é un chiodo adesso per me << Sa' mio marito non disegna da molto tempo. Dice che non é piú capace da quando non vi ha piú vista... - sorrido mentalmente orgogliosa di avere ancora un posto nel suo cuore,anche se piccolissimo - Però ogni tanto lo vedo prendere una matita in mano e scarabocchiare qualcosa... >>. Annuisco e penso allora se davvero anche Marco abbia cercato di dimenticarmi. La domanda ora é un tarlo che mi corrode la mente,fino alle viscere.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Pensieri,parole,opere e omissioni ***


Non ho mai visto né sentito il tempo scorrere cosí lentamente. Scorre inesorabile ed imperterrito attorno a me,lasciandomi come isolata a subire il cambiamento. É orrendo aspettare. Elisa mi ha trascinato nella piccola cappella dell'ospedale. Mi siedo sulla panca accanto a lei,in silenzio. I nostri respiri si sentono lontani mentre rimbombano sulle pareti. L'ambiente dai colori caldi del legno mi mette stranamente in soggezione. Osservo come i raggi del sole attraversino il vetro colorato,illuminando le travi lignee di soffitto e pavimento. Mentre mi guardo intorno,mi sento osservata. Mi volto verso Elisa che mi guarda con intensità << Lei non prega? >> chiede e sembra confusa << No >> mormoro a bassa voce,imitandola << É ortodossa o segue un'altra religione? >> << No,non credo in nessun tipo di divinità. Che sia antropomorfa o soprannaturale. Niente di tutto ciò >> dico facendo spallucce. Lei sbatte le palpebre piú volte,come se non capisse << E come fa' nei momenti di bisogno? A cosa si aggrappa? >> domanda,forse incuriosita << Mi aggrappo a cose ben piú reali e concrete di salmi,preghiere o testi sacri. Mi hanno salvata piú volte le amicizie che Dio... >> << Forse perché non ci credeva sul serio nelle sue preghiere... >> mormora restando salda sulle sue convinzioni. É caparbia. << Forse... - dico sollevando le spalle per poi lasciarle andare,come in un grosso sospiro - Una volta ho pregato che mio zio guarisse. Era in ospedale dopo aver avuto un infarto ed avevano scoperto che l'aorta era parzialmente ostruita,nonostante i suoi livelli di colesterolo e lìpidi fossero scarsi nel sangue. Ho pregato Dio di salvarlo... Mio zio morí per trombosi a soli cinquant'anni,quando io ero solo una bambina di dieci... Ho pregato che mio padre restasse a casa ed invece,i miei divorziarono solo due mesi piú tardi. - la guardo mettendo su la mia maschera imperturbabile,quella della donna forte - Ho pregato Dio di non farmi allontanare da Marco ed ora sono qui... Forse sarà semplice sfortuna,ma io non credo che qualcun'altro possa salvarci al di fuori di noi stessi. Io e la Dottoressa Lombardi,ci conosciamo dalle medie: senza di lei,non credo che sarei qui a fare il medico. Ma rispetto il vostro credo >> dico alzandomi dalla panca ed attraversando la piccola navata << Dottoressa Nocentini? >>. Mi fermo davanti alla porta d'ingresso con la mano vicino alla maniglia << Sí? >> << Lei ama mio marito? >>. Quella domanda é peggio di un pugno allo stomaco. Prendo un bel respiro e mi volto a guardarla. Mi fissa,decisa a sapere la verità << Sí,da quando frequentavo le medie. Me ne resi propriamente conto quando ci separammo al liceo... - lei mi squadra in attesa -  Non  ho intenzione di ostacolarla,Signora Rossi. Ed io sono una persona di parola,può chiederlo a Marco appena si sveglierà... >>. Sento il cuore cosí pesante che potrei anche accasciarmi a terra. Faccio per uscire,posando la mano sulla maniglia fredda della porta << Aspetti... - obbedisco continuando però a darle la schiena stavolta - Lei cosa avrebbe fatto al mio posto in questa situazione? >> << Non lo so. Essendo un medico,avrei ribaltato il mondo... - 'come sto cercando di fare adesso',mi dico mentalmente - Ma... Non avrei fatto altro se non amarlo,come ho sempre fatto... >>. Le ultime parole mi escono come un fiume in piena,che inonda gli argini troppo fragili per resistere alla sua forza. Accenno ad un sorriso,uno di quelli di circostanza che rivolgi per semplice educazione.

Salgo le scale fino al secondo piano,attraversando di nuovo gli stessi corridoi fino ad arrivare alla stanza di Marco. Attraverso il vetro,noto il bambino seduto accanto al lettino del padre. Sembra impassibile. Noto Laura che sta' discutendo a lato del corridoio,con un altro medico. Mi avvicino a lei che si congeda dall'uomo per cinque minuti << Dimmi... >> << Da quanto il bambino é lí? >> chiedo << Quale bambino? >> sembra perplessa << Il figlio di Marco. É nella sua stanza >> dico quasi con ovvietà << Dev'essere entrato mentre ero distratta... >> confessa aggrotta la fronte << Lo hai controllato? >> chiedo con malcelata e minuscola speranza,riferendomi al Paziente << Vuoi visitarlo tu? >>. Le sorrido ringranziandola silenziosamente.

Spingo la porta,entrando piano nella stanzetta sterile. Il bambino si volta di scatto a guardarmi << Devo uscire? >> chiede ed il mio cuore perde un battito. É tale e quale al padre,ora steso sotto le coperte di un ospedale fra la vita e la morte << No,puoi restare. Devo solo controllare tuo padre >> dico avvicinandomi con cautela al bordo del lettino,dopo essermi chiusa la porta alle spalle. Guardo Marco cercando di nascondere il mio dolore mentre ricaccio indietro le lacrime,che già mi pizzicano gli occhi sciogliendo il mascara. Controllo le flebo e noto che una dev'essere cambiata. Mi avvicino al cassetto di un mobile,posto in un angolo della stanza e prendo la sacca di liquido trasparente << Come ti chiami? >> gli chiedo nel mentre << Andrea >> risponde nascondendo un lieve imbarazzo. Lo stesso che aleggiava sul viso di Marco,quando si trovava al centro dell'attenzione. Tolgo la vecchia sacca e la sostituisco con la nuova,accertandomi che il tubicino non sia ostruito. Lo percorro con lo sguardo e per sicurezza,controllo anche che l'ago sia al suo posto. Un brivido mi attraversa nel vedere il suo braccio inerme sul materasso. La pelle é tiepida << Si sente bene? >>. La voce del Marco in miniatura mi riscuote << Sí,perché? >> << É diventata bianca all'improvviso >> osserva premuroso. Altruista << É solo l'aria che c'é qui dentro,non sono abituata... >> dico sperando di liquidare la questione. Ho già ammesso fin troppe cose di me ad Elisa,non voglio farlo anche col figlio. Il figlio di Marco << É un medico,dovrebbe esserci abituata. La sua é una balla poco credibile,lo sa? >> dice con un dolce sorriso impertinente. Quel sorriso. Quel sorriso che spesso mi ha rivolto Marco,quando eravamo ragazzini << Sí,hai ragione. Non sono una brava bugiarda... >> commento con un mormorio quasi assente << Non sembrava con mia sorella Anna... - dice attirando totalmente la mia attenzione - Mio padre non sta' dormendo e lei lo sa >> << L'ho fatto solo perché smettesse di piangere. Non amo le lacrime sul viso di un bambino... >> rispondo impassibile mentre prendo la cartellina e scrivendo gli appunti << Mio padre sta' morendo... A me lo può dire >> mormora con voce atone,facendomi gelare il sangue << No,non sta' morendo >> rispondo e la mia voce risulta piú alterata di quel che volessi. Prendo un respiro per calmarmi prima di firmare il foglio,visto che mi tremano le mani << Lei vuole bene a mio padre? >>. Oggi ce l'hanno tutti con me << Da chi hai ereditato questa impertinenza? >> chiedo con un sorriso vagamente divertito << Lei sa già la risposta >>. Lo guardo e i suoi occhi nocciola mi paralizzano. Molti ricordi turbinano nel mio cervello,senza lasciarmi spazio di reazione quando lo vedo abbandonarsi mollemente sullo sgabello. Mi avvicino in fretta,tirando fuori una piccola torcia per controllargli le pupille << No,no,no,no... >> dico disperatamente,sperando che non sia tardi. Controllo la macchinetta che ha improvvisamente iniziato a suonare ad intermittenza,segnalando l'iperglicemia << Infermiere! Laura! >> dico alzando la voce per farmi sentire. Lei compare sulla soglia guardandomi confusa << Che succede? >> << Non ha messo il ricambio alla macchinetta  e sta per andare il coma glicemico. Ho bisogno di molta insulina! >> dico mentre do qualche buffetto al bambino,cercando di svegliarlo << Andrea,andiamo... Apri gli occhi >>. Finalmente l'infermiere arriva con la fiala piú grande e concentrata. Prendo una siringa dal cassetto mentre Laura lo distende a terra. Mi avvicino ad Andrea una volta riempita la siringa. Non appena l'ago é entrato,spingo la pipetta iniettandogli una bella dose di insulina << Avanti,Andrea... - mormoro mentre cambio la fialetta anche nella macchinetta - Non ti farò raggiungere tuo padre sul lettino,va bene?! Forza..  >>. Per un attimo,temo il peggio ma poi apre lentamente le palpebre. Mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo,che quasi mi strozza. Lui mi guarda e mi sorride debolmente,in modo obliquo,come se l'avesse fatta franca a qualcuno << L'ho messa alla prova sa'?! >> sussurra trascinando le parole. Lo guardo in finto rimprovero << Non farlo mai piú... >> lo ammonisco puntandogli un dito mentre un'altra infermiera lo porta nella sala d'aspetto. Sospiro passandomi le mani fra i capelli << Ti ha fatto prendere un bello spavento eh? >> chiede Laura avvicinandosi a me << Già... É un pazzo >> commento sedendomi accanto al letto di Marco << Tale padre tale figlio,no? >>.

****

Piove fortissimo fuori,nel buio della sera. Le stelle sono oscurate dalla coltre di nubi,da cui scendono grosse gocce d'acqua che picchiano sulle finestre. Elisa ed i bambini sono tornati a casa. Con l'assenza di Laura, approfitto dello scarso personale per intrufolarmi nella stanza di Marco. Lui riposa. Dorme sereno,ignaro del temporale e dei fulmini che squarciano il cielo,rombando sonoramente. Non ha mai amato i temporali e mi divertivo a prenderlo in giro. Chiudo la porta con delicatezza,come per non svegliarlo. Cammino con cautela e sposto lo sgabello per sedermi sul bordo del lettino,accanto a lui. Abbasso lo sguardo verso la sua mano destra,poggiata sul materasso. Un pinza che controlla il cuore,gli nasconde la punta dell'indice. Mi faccio coraggio e prendo la sua mano fra le mia. Il contatto con la sua pelle mi provoca un fremito lungo tutto il corpo,simile ad una scarica elettrica di vita. Niente a che vedere con un defibrillatore. Col pollice,sfioro il dorso della sua mano mentre lo guardo << Ciao Marco... - prendo un lungo respiro,senza riuscire a bloccare le lacrime - Se volevi vedermi,bastava una mail. O una chiamata... E invece guarda che casino che hai combinato... - fingo un'accusa senza riuscire a fermare il pianto - Ti avevo pensato qualche giorno fa. Ho ritrovato il tuo numero scarabbocchiato su un foglio di dodici anni fa... Avrei dovuto chiamarti,tentare almeno di digitare il numero. Forse non saresti qui adesso... - stringo gentilmente la sua mano - Ti avrei potuto dire tantissime cose e non l'ho fatto... Siamo entrambi troppo orgogliosi per ammettere i nostri errori. Ma che ci vuoi fare?! Siamo artisti... - dico con un fil di voce,accennando ad un sorriso malinconico mentre continuo a guardarlo - Ho conosciuto i tuoi bambini. Sono bellissimi. Anna é dolcissima,é la tua Principessa... Me lo ha detto lei che la chiami cosí. E Andrea... Ti somiglia cosí tanto. - mi chino verso il suo orecchio senza lasciargli la mano - Marco,devi svegliarti... Devi farlo per loro. Per Elisa. Se vuoi fallo anche per me... Devi svegliarti,perché voglio dirti tutte quelle cose che non ti ho mai detto. Tutte quelle che avrei potuto dirti al telefono giorni fa... - affondo una mano nei suoi capelli facendola scivolare poi su una guancia,su cui spunta un principio di barba - Non essere testardo,almeno per questa volta... >> sussurro prima di lasciargli un bacio sulla fronte. Lo guardo da sotto le ciglia,ormai umide per le lacrime. Cerco di ricostruire la sua immagine,su quella che già avevo,scrutando i cambiamenti degli ultimi quattordici anni. Le piccole rughe quasi invisibili ad occhio nudo,la forma che ha assunto la sua mascella e le sue labbra assottigliate leggermente. Tutte cose che prima non c'erano. Non é piú un ragazzino,eppure ai miei occhi é sempre lo stesso Marco Rossi. Quel dodicenne incompreso da tutti,amante del carboncino e della musica italiana. Un'anima artisticamente folle cosí simile alla mia. Complementare. Porto la sua mano vicina alle mie labbra,inspirando il profumo della sua pelle,prima di posargliela sul lettino. Mi alzo e mi accerto che le coperte,le flebo siano al loro posto. Poi esco dalla stanza asciugandomi le lacrime.

Mi massaggio le tempie con la punta delle dita di una mano mentre col braccio libero,mi avvolgo l'addome dolorante. Il ticchettio di un paio di tacchi risulta assordante e non fa' altro che aumentare la mia emicrania << Perché non vai a casa mia? Ti do le chiavi... >> mormora Laura,sedendosi accanto a me << No,grazie... >> << Giada,sei qui da tre giorni. Hai a malapena uno zaino con te >> dice con stizza << Ma... >> balbetto per difendermi,ma lei mi ferma << So che sei abituata a viaggiare con poco,a non dormire per ventiquattr'ore consecutive,ad operare anche su un treno ad alta velocità,ma... Tu hai bisogno di una bella aspirina e un letto caldo >> insiste con convinzione. Sospiro esasperata. Odio chiunque provi compassione nei miei confronti. O cerchi di convincermi a fare qualcosa contro la mia volontà << Vada per l'aspirina,ma io resto qua. Sono stata lontana da lui per troppo tempo... >>.

***** 

Una settimana. É passata una settimana da quando Marco é stato indotto al coma farmacologico. La sua cartella clinica é piatta da cinque giorni. Battito cardiaco regolare. Pressione nella norma. Attività celebrale nulla. Ogni giorno rileggo le stesse parole su quegli stessi fogli. Ogni giorno devo lasciare spazio ad Elisa e a quei due bambini,con cui sento un forte legame. Forse una mia vana utopia per avere un qualunque contatto con Marco. Rientro nell'ospedale a passo sicuro. Mi sono concessa dodici ore di pausa. Il tempo di dormire e di una doccia. Chiudo l'ultima telefonata per oggi prima di chiamare l'ascensore,premendo il tasto. Mentre aspetto,ripongo il cellulare in tasca. A Stüttgart avevano bisogno di traumatologo e ho dovuto fare diverse telefonate a colleghi ed amici del settore per occupare il mio posto. L'essere amica del primario ha i suoi vantaggi. L'ascensore si ferma con un trillo,si aprono le porte e lascio uscire le persone prima di entrare. Digito il numero due,ma quando le porte stanno per chiudersi una piccola mano le blocca. Andrea fa' capolino con la testa << Posso? >> << Certamente... >> rispondo al suo sorriso,cosí dolce. Mi sembra di tornare ragazzina con lui. Mi sembra di riavere il mio Marco << Ieri ti ho vista >> dice ad un tratto mentre l'ascensore sale << Dove? >> domando mentre aggrotto la fronte << Nella stanza con mio padre... - deglutisco sonoramente e distolgo lo sguardo da lui - Tranquilla,non dirò niente a nessuno... Sarà il nostro segreto >> dice mentre usciamo dall'ascensore. Sarà il nostro segreto. Quelle quattro parole mi portano alla mente diversi ricordi,momenti che ho vissuto con Marco. Cerco di rispedirli indietro,nei meandri bui della mia psiche. Almeno per il momento. Camminiamo accanto nei corridoi << Come facevi a sapere che ero diabetico? >> mi chiede improvvisamente << Credevo fossi piú furbo. Sono un medico e so riconoscere i sintomi di... >> << No,no... - mi costringe a fermarmi,sollevando entrambe le mani - Tu avevi già il sospetto >> << Tuo padre é celiaco,come me... >> dico tutto d'un fiato << Celiachia. É quella malattia che... >> << No,non é una malattia dannazione! - mi rendo conto di aver alzato la voce,visto il modo in cui le infermiere mi guardano - É solo un'intolleranza alimentare che si pensa sia biunivocamente collegata geneticamente al diabete... >> sospiro in una sola emissione di voce,tentando di riprendee padronanza di me stessa << L'una può portare all'altra con un salto di generazione o viceversa... - finisce la frase al posto mio mentre riprendiamo a camminare - Per questo mio padre mi ha sempre trattato,come se fossi fatto di vetro? Crede che sia colpa sua se ho il diabete? >> << Tuo padre ha sempre paura di far danni e si assume ingiustamente le responsabilità altrui... Lo ha sempre fatto >> sbotto innervosita. Questa conversazione sta' diventando quasi paradossale visto che il mio interlocutore é un bambino di dieci anni. Il figlio dell'uomo che amo a cui somiglia molto,tanto da sembrare un suo sosia << Lei conosce bene mio padre non é cosí? >> << Sí... >> dico sperando che qualcuno giunga in mio soccorso << Avrebbe sposato mio padre se ne avesse avuto l'occasione? >>. Gli lancio un'occhiata di sottecchi,sperando che non possieda il potere della telepatia << Sí,lo avrei sposato. Ma lui ama tua madre... - scorgo Laura in fono al corridoio - Aspettala in sala d'attesa e non muoverti di lí... >> gli dico serissima. Lui annuisce e prendo Laura per un braccio prima che cambi settore << Ehy,che succede? >> chiede guardandomi apprensiva << Ho bisogno di parlare con qualcuno che non faccia di cognome Rossi... >>. Lei sorride comprensiva e mi propone di andare sul tetto. 

Il sole splende nonostante sia sorto,mostrandosi totalmente solo da pochi minuti. Osservo la città di Firenze,che sembra quasi infinita mentre mi appoggio con le mani al parapetto in cemento << Capisci? Tutti continuano a chiedermi se lo amo... Per anni,mi sono consumata nel tentativo di trovare una risposta sincera e ora che ce l'ho,tutti la mettono in discussione... >> sospiro esasperata << Quindi sei confusa? Cos'é che ti fa' pensare questo? - scuoto la testa,segno che non so cosa dirle - Forse ti stai lasciando condizionare dal fatto che sia sposato... La presenza di Elisa ti spinge a mettere ad un giudizio i tuoi sentimenti. A questo devi aggiungerci Andrea ed Anna... >>. Sento la sua mano posarsi sulla mia spalla,stringendola gentilmente provocando della arricciature alla mia giacca di cui non mi curo molto << Giada,é evidente che lo ami. Basta. Non c'é bisogno che ti metti al processo... Non farti troppi problemi con te stessa,okay? >>. Annuisco mentre il suo cercapersone ci interrompe << Devo andare. Mi raccomando... >> mi ammonisce puntandomi l'indice per poi allontanarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Verità segrete ***


Domani saranno due settimane. Due settimane in cui ho dovuto consolare Anna oltre che me stessa. Le ho fatto la sciocca promessa di guaride suo padre. Guardo l'orologio appeso sulla parete nella sala d'aspetto che segna le 20. Stasera deciderà se arrendersi alla morte o combattere per la vita. Ed io spero che scelga la seconda opzione. Elisa é in ospedale da molte ore e non ho voluto farmi vedere nella stanza di Marco da sola. Non voglio far scoppiare una guerra sentimentale. É incredibile come la parte egoistica di me si faccia avanti,pretendendo furiosamente in posto che non merito nel cuore di Marco. Si amano ed io non posso dividerli. Non voglio,perché non sarebbe giusto. La osservo di tanto in tanto e mi sembra quasi tranquilla. Quasi. Eppure il modo con cui Laura guarda Marco,mi insospettisce. Fa' scattare i miei campanelli di allarme. Odio ammetterlo perfino a me stessa,ma ho paura. Paura di non completare il mio lavoro di medico e di non riuscire a salvarlo. A mantenere la promessa ad Anna. Dovrei sapere di non fare simili patti con Diavolo. Mi alzo contemporaneamente ad Elisa << Signora Rossi,lei dovrebbe rimanere fuori >> la respinge Laura << No,lasciala entrare >> dico prima di aprire la porta. Mi fermo ad un lato del letto mentre Laura,dalla parte opposta stacca ciò che é superfluo e interrompe la somministrazione dei medicinali,mantenendo comunque la morfina. La mascherina che ricopre naso e bocca di Marco, si appanna per il suo respiro e la tolgo con un sorriso << É in grado di respirare da solo... >> mormoro col cuore piú leggero. Elisa si avvicina troppo in fretta e posa una mano sul suo braccio << Perché non apre gli occhi? >> << Signora,dobbiamo aspettare un pò perché i farmaci scompaiano dalla circolazione sanguigna. Il fatto che stia respirando senza l'ausilio di un macchinario,é giá segno che può farcela... >> la rassicura Laura,che mi guarda con la coda dell'occhio. Segnale che indica che vuole parlarmi. Ci appartiamo appena fuori dalla stanzetta << Giada,ti avverto: potrebbe non farcela... >> dice facendomi defluire il sangue dal viso << Cosa?! >> << Ho fatto un test e risulta che il suo sistema immunitario é praticamente fuori uso... >> dice porgendomi il foglio dell'esame,che scruto con attenzione << Ma... Non é stato esposto a nessun tipo di agente patogeno né infettivo - lei fa' spallucce,come se non sapesse cosa dirmi - Senza contare che i livelli di ossigeno sono nella norma... Io non capisco >> << Farò degli accertamenti,ma non posso prometterti che si salverà... >>. Mi passo le mani fra i capelli,tremando al solo pensiero che Marco muoia << Credi che ci sia qualcosa a che fare con la celiachia? >> domando mentre ripenso ad Andrea << No,non avrebbe senso... - mi guarda,come se si sentisse inutile - Farò tutto ciò che é in mio potere,ma te l'ho detto: io non sono onnipotente e non lo sei nemmeno tu... Nessuno lo é in questo lavoro >>. Annuisco << Che vuoi fare con Elisa? >> << Meglio non dirle niente.... >> propone guardandola con me mentre sembra non volersi più staccare da Marco.

Elisa mi guarda,facendo un passo verso di me. Ha l'aria stanca. In effetti,é qui da questa mattina presto << Devo andare a casa. Se ci saranno sviluppi mi chiamerete? >>. Annuisco e la osservo allontanarsi tenendo una mano ad Andrea ed Anna,che mi guardano speranzosi. Come se potessi davvero risolvere la situazione. Purtroppo non é cosí semplice.

Il mio orologio al polso segna le undici e fuori dalle finestre,il buio invade le strade tranne in brevi punti sotto ai lampioni. Controllo che non ci sia nessuno ed entro nella stanza di Marco. Questo é ormai diventato il mio solo momento per stare davvero sola con lui. La presenza di Elisa e dei bambini mi impedisce di vederlo come vorrei. Inoltre Laura sembra fare di tutto per tenermi fuori dal caso. Come al solito,sposto lo sgabello e mi siedo sul bordo del letto,al suo fianco. Stavolta però é diverso. Non é piú in coma << Ciao Marco... - esordisco con un lieve sorriso a fior di labbra - Mi stai facendo diventare matta,se già non lo ero. Non vuoi svegliarti e la cosa mi manda in bestia. E poi Laura cerca di nascondermi tutto,forse per proteggermi... Ti dirò una cosa: ogni giorno nel mio lavoro,vedo gente morire. Bambini,donne,anziani. Tutti prima o poi arriviamo al capolinea e ormai la vedo come una cosa naturale. Sai,il cerchio della vita... - tiro su col naso - Però ora mi sembra tutto cosí insensato. Le convinzioni che avevo fra vita e morte,stanno crollando e come al solito é colpa tua... - lo accuso con voce tremante,mentre poso una mia mano sulla sua - Tu non puoi morire,non adesso. Non voglio che tu te ne vada per sempre,okay? Lo so,che sembro quella che non si fa' influenzare da niente,colei che non soffre... Ma io sono stanca di interpretare questo ruolo,non ce la faccio piú... - dico trattenendo un singhiozzo - Questo tu già lo sapevi,ricordi? Mi ricordo quella mattina di metà novembre,il cielo grigio come il mio umore. Un nostro compagno di classe mi aveva presa in giro ancora una volta. Ho ancora impresso nella mente,il tuo gesto. Sembravi uno di quei cavalieri,senza macchia e senza paura che difendono i piú deboli contro i cattivi. Lo hai mandato via,mandandolo a quel paese in un modo che definirei elegante. E mi hai abbracciata... Ricordo la sensazione che provai: sapevo di essere al sicuro... - sospiro senza trovare le parole mentre mi si dipinge un sorriso sciocco sorriso di nostalgia - Ma tu guarda,mi fai fare la figura della ragazzina... - lo guardo scostandogli una ciocca di capelli dalla fronte - Una parte di me é gelosa di tua moglie,te lo devo dire. Invidio il posto che ha lei nel tuo cuore. Avrei voluto esserci io al tuo fianco e per anni,mi ero convinta di ciò. Poi sono cresciuta,ho guardato in faccia la realtà e ho capito che forse non ero quella giusta per te. Forse era solo una mia illusione,lo faccio spesso. Sono fatta cosí... Ma che te lo dico a fare?! Tu già sai tutto di me... - poso la sua mano sul suo petto - Ora riposa... >>. Mi soffermo un istante con le dita fra i suoi capelli,prima di alzarmi. Raccolgo il mio camice mettendomelo sul braccio << Giada... >> sussurra con voce roca. Mi paralizzo e quasi con timore,mi volto a guardarlo. Il suo viso scarno dalla pelle quasi cadaverica é rivolto verso di me con gli occhi semiaperti e stanchi. Le labbra secche ed un pò screpolate sono increspate in un debole sorriso << Posso essere ancora il tuo cavaliere, se vuoi... >> dice biascicando le parole. Mollo il camice e mi avvicino per controllare i parametri vitali. Il cardiogramma emette dei bip regolari come sempre,solo un pò piú vivaci. Prendo il suo braccio e poso due dita sul polso << Il battitto é regolare. Le facoltà comunicative sono intatte... >> mormoro incredula. Prendo la torcia e controllo le sue pupille,che rispondono correttamente allo stimolo luminoso. Lui mi afferra il polso,in una stretta che trovo straordinariamente ferrea ma gentile << Mi hai sentita prima? >> domanda con un cipiglio di irritazione. Non sopportava che lo si ignorasse << Sí,ti ho sentito... >>. Mi fanno male guance a forza di sorridere mentre incornicio il suo volto con le mani << Sai,dovresti rinfrescarmi la memoria... >> mormora con voce secca << Che intendi? >> aggrotto la fronte perplessa << Quand'é che mi sono sposato? >>. Questa domanda mi butta giú. Non può essersi dimenticato di Elisa << Stai scherzando vero? >> << Sí... >> afferma con un sorriso sbruffone. Lo guardo serissima << Sei scemo di tuo o hai preso una laurea?! >> dico con stizza mentre lui ride. Il suono della sua risata equivale all'entrata nel giardino dell'Eden << Ricordo di essermi laureato in ingegneria di interni... >> risponde sarcastico mentre mi fa' cenno di sedermi accanto a lui,sul bordo del lettino << Come ti senti? >> << Stanco, ma bene tutto sommato... - si acciglia scrutandomi attentamente - Sei cambiata... >> << Tu no >> gli rinfaccio con un sorriso divertito. Lui ridacchia prima di tornare serio << Dico sul serio però... - mi prende la mano ed un brivido mi percorre fino alla punta dei piedi - Sei diventata piú bella... >> << Questa frase rientra nel tuo repertorio da rimorchio? >> commento sarcastica mentre sento le guance accaldarsi. Lui scuote la testa arrendendosi mentre nota per mia sfortuna,il mio rossore << Non sei abituata a ricevere complimenti... Su questo non sei cambiata >> dice e sento il suo pollice accarezzarmi il dorso della mano << Non me ne rivolgono spesso... >> mormoro quasi a me stessa << Perché non ti vedono come ti vedo io... Gli esseri umani sono tutti ciechi,tranne gli artisti che invece vedono bello anche dove c'é implicito. Lo diceva sempre la prof >> risponde con decisione. Abbozzo un sorriso nel ricordare quella buffa donna colorata,tanto da sembrare la Regina Elisabetta. Lo guardo negli occhi << E tu mi hai visto sempre cosí? >> chiedo spinta dal desiderio di risolvere le nostre questioni in sospeso << Dubiti sempre di te stessa... Lo hai sempre fatto. >> << Non hai risposto... >> lo riprendo seria. Lui rotea gli occhi ed espira pesantemente << Davvero credi che mi interessasse la tua apparenza? - allunga una mano verso il mio viso e con lieve riluttanza,lo lascio fare - Ti ho sempre voluto bene,al di là del concetto di esteriorità... >>. Chiudo gli occhi per un attimo,assaporando la sensazione della sua pelle contro la mia << Perché non me lo hai detto prima allora? >> sussurro lasciandomi sfuggire una lacrima << Non sono mai stato un gran chiacchierone.. >> dice asciugandomi la lacrima col pollice << Io... - tentenno sulle vere parole che voglio dirgli - Io ti voglio bene... Te ne ho sempre voluto >> << Anche io... >> dice tirandomi per un braccio facendomi finire con la testa sul suo petto. Mi abbraccia per quel che può,accarezzandomi i capelli << Ho ancora il mio posto di paladino? >>. Rido nervosamente,tirando su col naso << Sí... >> << E mi perdoni per tutto ciò che ho fatto,detto e non detto? >> chiede stringendomi piú forte << Considerati assolto dai tuoi peccati... >> lo prendo un pò in giro prima che mi stampi un bacio sulla testa.

Restiamo cosí per un pò,in silenzio << Voglio dirti un'altra cosa... >> esordisco dopo un lungo respiro profondo. Mi raddrizzo col busto,appoggiando una mano sul suo cuscino accanto alla sua testa mentre non distolgo gli occhi dai sua. Avvicino l'altra mano al suo viso e la appoggio sulla sua guancia << Tu... Voglio che tu sappia che sei l'unico che abbia mai amato davvero... >> dico tutto d'un fiato,come se tornassi a respirare dopo un'apnea. Mi sento libera finalmente. Libera di questo masso che mi sono sempre portata appresso,quasi come unadolce zavorra. Lui se ne sta' lí coi suoi luminosi occhi di miele,sornioni come il suo sorriso e sembra quasi che si diverta del mio imbarazzo,ma in realtà ne sembra lusingato << Ti diverti,non é cosí?! - lui ridacchia e non posso fare a meno di imitarlo - Io mi dichiaro dopo quattordici anni e tu ti metti a ridere >> lo addito,alzando gli occhi al cielo. Lui afferra uno mio polso mentre sono ancora poggiata col braccio << No,non mi diverto. Ma é uno spettacolo vederti in questo stato... - sorride mentre lo guardo,costretta a mordermi il labbro per non ridere - Però anch'io voglio dirti una cosa... >>. La sua voce si abbassa diventando calda,ammaliante come un sussurro tentatore. I nostri volti sono cosí vicini che risco a sentire il suo respiro sulle mie guance. La sua mano libera,quella che non mi trattiene per il polso,scivola sul collo per poi infilarsi nei miei capelli mentre le sue labbra si fanno vicine. Esito per un istante prima di baciarlo. Chiudo gli occhi mentre sento il cerchio attorno al suo anulare premermi sul polso. Contro il mio stesso cuore,cerco di riprendere la lucidità mentale. Non posso fare questo ad Elisa. Ad Andrea ed Anna. Mi stacco dalle sue labbra con la scusa di riprendere fiato,mantenendo però la fronte contro la sua << Marco... >> << Ti avrei sposata,se le cose fossero andate diversamente... - lo guardo da sotto le ciglia mentre il mio cuore fa' una capriola quando si sfila l'anello dal dito,nascondendolo sotto al cuscino - Facciamo finta che non sia sposato,solo per un pò... >>. Sgrano gli occhi mentre comincio a sentirmi un'approfittatrice << Marco,rimettiti la fede. Ti prego... >>. Le mie parole sembrano una supplica mentre mi prende il viso fra le mani,un pò grandi << Io ed Elisa abbiamo litigato e... Avevamo deciso di divorziare perché non riuscivo piú a stare con lei... Mi sentivo un estraneo alla sua vita,per questo ero in macchina quel giorno: stavo andando dall'avvocato... >> dice con un mormorio sommesso,come se mi stesse rivelando un segreto << Sí,ma... >> balbetto senza trovare le parole. Averlo cosí vicino mi impedisce di ragionare << Lei mi ama? Lo so... - si autorisponde mentre mi accarezza la guancia con la punta delle dita - Ma io no... Non piú >> << Marco,sei solo stanco. Devi riposare... >>. Le mie sono solo parole buttate lí,nel vano tentativo di resistergli. Ma é troppo tardi perché le sue labbra sono di nuovo sulle mia << Se vuoi darmi dello stronzo,fa' pure... Però non negare a te stessa ciò che provi,okay? >> mi sussurra fra un bacio e l'altro. Dopo qualche minuto,quando mi manca l'aria ripristino una distanza non troppo distante,né troppo ravvicinata << Sei matto... >> << Allora ci terremo compagnia... >> dice facendomi sorridere. Come ha sempre fatto.

L'ho convinto per lo meno a vedere Elisa ed i bambini. Non potevo negare loro la gioia nel rivedere che il loro papà,stava bene. Mi sento sollevata nel vedere i sorrisi sui volti di Anna ed Andrea. Li osservo,nascosta dalle veneziane srotolate a metà sul vetro,che permette di vedere dentro la stanza << Papà! >> strillano saltandogli letteralmente addosso. Le loro voci mi giungono ovattate << Piccoli miei! >>sorride loro mentre si raddrizza con la schiena per poter far sedere Anna in grembo. Elisa sembra starsene in disparte << Ehy,campione! - esclama ad Andrea dandogli il cinque e poi un forte abbraccio - So che hai fatto prendere un coccolone alla Dottoressa Nocentini >> afferma lanciando una fugace occhiata nella mia direzione. Fortuna che Elisa non lo ha notato,troppo intenta ad aggrovigliarsi le dita per il nervosismo << Volevo mettere alla prova i suoi riflessi >> rispone il bambino con finto tono arrogante. La mia vocina si mette le mani sui fianchi mentre l'unica cosa che penso é che siano gli uomini più arroganti della Terra. Arroganti, ma adorabili. Rivolge lo sguardo ad Anna che per tutto il tempo,gli ha nascosto dietro la schiena un disegno << E tu? Come sta' il mio fiorellino? >> dice schiacciandogli amorevolmente la punta del naso. Lei ride. Una risata cristallina << Bene,ora che sei guarito. La Dottoressa Giada ha mantenuto la promessa >> trilla per la felicità << Hai ragione. La Dottoressa é sempre stata una persona di parola... >> dice con malcelato orgoglio nella voce. Dettaglio che non sfugge solo a me,ma anche ad Elisa che sembra che gli abbiano dato un pizzicotto << Ti ho fatto un regalo,papà >> esordisce Anna,riportandomi con lo sguardo su di loro << Ah,davvero? >>. Il suo tono risulta sinceramente sorpreso. Lei gli porge il disegno,coloratissimo con un'espressione sicura ed anche se non vedo il soggetto so giá che lo ha disegnato,vestito come un supereroe. L'espressione che si dipinge sul viso di Marco e quel luccichio negli occhi tipico di un padre che ama alla follia i suoi figli,mi commuove a tal punto che mi porto una mano sulla bocca per trattenere un singulto strozzato. Sorrido nonostante la solitaria lacrima che scorre sul mio volto mentre lo osservo abbracciare e baciare i suoi bambini. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Giuramento dell'ultimo minuto ***


Giocherello col bicchiere di carta che ancora odora di caffé. Lo avevo preso in attesa della visita di Elisa ed i bambini che avevo organizzato per Marco. Dopo circa un'oretta in cui Anna ha elencato a suo padre tutto ciò che aveva imparato a scuola,Elisa aveva gentilmente chiesto ad Andrea di uscire con la sorellina. Vedendoli stanchi,ho preso delle coperte da un armadietto e l'ho usate per tenerli al caldo. Ancora dormono sereni,rannicchiati sulle poltroncine in sala d'attesa. Faccio una carezza ad entrambi,facendo attenzione a non svegliarli per poi alzarmi e gettare il bicchiere di carta nel cestino,vicino alla stanza di Marco. Delle voci adirate,ma ovattate dalle pareti e dalla porta attirano la mia attenzione << Non possiamo parlarne civilmente? >>. La voce di Elisa é alterata << Sto' cercando di farlo,se solo mi lasciassi la parola per un secondo. Io con te,non ho piú niente da condividere >>. La voce di Marco é spaventosamente gelida << E i bambini? >> strilla lei e a giudicare dalle parole tremanti sta' per piangere. Non la biasimo << Non scapperò dal mio ruolo di padre. Voglio bene ai miei figli e non li abbandonerò >> risponde con fervore << No,Marco non sono tuoi: nostri >> ribatte lei ferita. 'Ti prego,Marco. Dalle una possibilità',dico dentro di me << Elisa,io non ti amo più.... Non ho altro modo per fartelo capire... >>. Silenzio. Quelle parole devono averle fatto male. Vorrei tanto intervenire,ma so che é una cosa che Marco deve risolvere con Elisa. Senza alcun tipo di interferenza << C'entra lei vero? >> chiede ed ora la sua voce é furiosa << Chi?! >> domanda Marco,sembrando al limite della sopportazione << La Dottoressa Nocentini >> ringhia Elisa facendomi gelare << Tieni Giada fuori da questa cosa... >> sibila lui in risposta << Oh,adesso é diventata Giada! >> << Le ho sempre voluto bene e non te l'ho mai nascosto >>. La risposta di Elisa tarda ad arrivare << Dov'é il tuo anello? >> domanda considerando l'oggetto come l'ultima speranza << Non cambiare discorso! >> la riprende con irritazione << Tu sei ancora sposato con me,chiaro?! >> << Non lo siamo da mesi,Elisa! Non abbiamo un rapporto da dopo la nascita di Anna... >> << Tu pensi solo a questo. Non pensi ai nostri figli! Ti importa solo di te stesso! >> lo accusa lei << Non dirmi stronzate,Elisa! Tutto quello che ho fatto a partire dalla cerimonia,l'ho fatto per te! Perciò non darmi dell'egoista,perché non sono io quello che deve farsi un esame di coscienza! - lo sento sospirare - Dovevo dare retta a mia madre,sai?! Non dovevo sposarti >> mormora quasi con rammarico. Un rimpianto << Marco,per favore. Questa storia sta' diventando assurda >>. La sua voce é una supplica << Su questo hai ragione. Quello che dovevo dirti,io te l'ho detto. Ora per favore esci di qui >>. Mi allontano dal cestino per avvicinarmi al vetro di una finestra,fingendo di guardarci attraverso mentre sento i passi di Elisa. Mi volto,sentendomi una schifezza nel vedere il suo sguardo basso su un viso cupo e rigato di lacrime << Va tutto bene? >>. 'Falsa!',sussurra acida al mio indirizzo la mia coscienza. Lei guarda i due bimbi addormentati << Può badare a loro per un paio d'ore? >>. La sua voce é un fil di seta << Sí,nessun problema... >> la fermo prima che si allontani troppo,ma non faccio in tempo a parlare che un suono attira la mia attenzione. Mi precipito nella stanza di Marco, trovandolo che cerca di respirare invano << Infermiere,presto! Crisi respiratoria >>. Mi avvicino a lui e lo guardo negli occhi. I sua sono pieni di terrore << Calmati. Va tutto bene,respira. >>. I bip trillano veloci segnalando il suo battito frettoloso. Faccio scattare una sicura ed abbasso lo schienale del letto mentre poso una mascherina sul suo volto. Finalmente giunge un'infermiera,che mi passa subito una pompa per dargli ossigeno. Dieci secondi. Trenta secondi << Ha la gola chiusa. Devo praticargli una tracheotomia! >>. Mentre l'infermiera prende l'occorrente, gli tolgo la mascherina ed indosso in fretta e furia un paio di guanti,ignorando Elisa sconvolta sulla soglia. Guardo Marco,il cui viso é paonazzo mentre i suoi polmoni cercano aria << Questo ti farà un pò male,ma ti prometto che starai meglio... >>. Prendo un batuffolo di cotone,imbevuto di disinfettante e lo passo sulla sua gola. Prendo un piccolissimo bisturi e per un nano secondo,vorrei non farlo. Delicatamente,pratico un piccolo taglio in un punto preciso della sua gola << Resisti ancora un attimo >>. Prendo un tubicino,infilandolo nel taglio permettendogli finalmente di respirare << Respira col naso >> gli ricordo mentre il cardiogramma segna di nuovo un battito regolare. Asciugo la goccia di sangue sulla sua pelle e gli sorrido mentre mi tolgo i guanti. Rivolgo un lieve sorriso ad Elisa << Sta' bene >>. Lei riprende a respirare e quasi piange di gioia. Si congeda con un cenno della mano e dopo che l'infermiere ha messo tutto a posto, resto di nuovo sola con Marco << Se vuoi parlare,devi tappare il tubicino... >>. Lui annuisce e mi stringe la mano mentre con quella libera,tappa il tubicino << Perché hai quella cera? >> domanda con voce arrochita,togliendo poi il "tappo" al tubicino << Non sei stato un pò troppo duro con lei? É preoccupata davvero per te e l'ho vista morire almeno un centinaio di volte... >>. Lui scuote la testa << Te l'ho già detto: non mi sento frlice con lei... >>. Annuisco evitando di insistere mentre sento dei passi fermarsi sulla porta. Alzo lo sguardo e vedo Laura con delle scartoffie fra le mani << Giada,vieni un attimo fuori... >> << Torno subito >> lo rassicuro prima di seguirla fuori dalla stanza. Chiudo la porta e la guardo negli occhi. Qualcosa mi dice che non porta buone notizie << Dobbiamo fargli una risonanza... A giudicare dai suoi parametri,temo che un edema sia ancora lí e non si é ridotto >>. Le prendo il foglio che mi porge,esaminandolo riga per riga,dato per dato << Non potremmo chiamare un neurologo? Conosco un buon Dottore e posso farlo venire qui direttamente da Stüttgart... >> << Per questo ho bisogno di fargli una risonanza... Devo sapere se é operabile o meno... >> dice senza nascondere la sua lieve agitazione.

****

Tengo una mano sulla piccola sbarra del lettino mentre trasferiamo Marco nella sala della risonanza. Lo guardo senza far caso al cerotto dove prima ho praticato la tracheotomia << A cosa serve la risonanza? >> chiede e sembra terrorizzato << É solo un semplice test,niente di doloroso. Fidati... >>. Lui accenna ad un sorriso,ma non sembra convinto delle mie parole.

Due infermieri lo aiutano a sedersi sulla lastra rigida prima di lasciarci soli. Mentre sistemo i tubicini delle flebo,sento il suo sguardo addosso << Morirò? >>. Lo guardo di scatto << Pensi che lo permetterò? >> << No,ma... >> farfuglia e per la prima volta,scorgo della paura nel suo sguardo << Marco,andrà tutto bene - dico sfiorandogli una guancia. Lui annuisce e lo aiuto a stendersi - Io sarò dietro quel vetro e potremmo parlare grazie all'interfono. Ricordati che devi muoverti il meno possibile >>. Lui mi fà cenno che ha capito ed attivo la macchina,premendo il pulsante e tornando da Laura che mi attende nella sala computer. Uno schermo inquadra il volto di Marco mentre altri due,riportano le foto della macchina fatte al cervello << Gli stai mentendo lo sai? >> mi rinfaccia Laura << No,gli sto' dando delle speranze... - sbotto prima di accendere il tasto dell'interfono - Marco,tutto a posto? >> << Sí... -risponde mentre al suono della mia voce,gli si dipinge un lieve sorriso - Grazie a Dio non sono claustrofobico >> commenta facendomi sorridere << Fra poco sarà tutto finito... >>. Lascio andare il bottone spegnendo l'interfono mentre il mio sguardo si posa sugli schermi. Una grossa macchia,che ricopre buona parte di un emisfero celebrale. Un enorme edema,che sembra ingrandirsi anziché regredire. Sento una fitta al cuore << Laura,dimmi che non é quello che penso.. >> sussurro mentre le ginocchia tremano facendo sembrare le mie gambe gelatina << Mi dispiace,Giada... Non credo che si possa rimuovere un edema di quelle dimensioni... >>. Mi massaggio le tempie con entrambe le mani prima di sollevare di nuovo lo sguardo sugli schermi. Noto una strana espressione sul viso di Marco ed accendo subito l'interfono << Ti senti bene? >> << Non riesco a respirare... >> sussurra con voce flebile. Entro nella stanza e spengo la macchina,tirandolo fuori << É in arresto cardiaco,ho bisogno di un defibrillatore! >> dico spostandogli il camice sul petto per scoprirlo << Giada,ascoltami per un secondo >> sussurra roco prendendomi una mano << Marco,non ora >> lo rimprovero mentre Laura prepara le placche << No,ascoltami! - dice col fiato corto - Voglio che tu diventi madrina dei miei figli... Promettimi che ti prenderai cura di loro... >>. Quelle parole mi spiazzano,ma non ho tempo per negargli una promessa. Sono sempre stata di parola e non gli volterò le spalle proprio adesso << Lo farò,ma ci sarai anche tu.. >> dico  forse piú a me stessa,un istante prima che i suoi occhi si chiudano,nascondendomi le sue iridi nocciola in cui amo perdermici << Vorrei solo averti sposato... >> dice trattenendomi per un polso,vicino al suo viso affinché senta le sue parole appena sospirate. Lo guardo terrorizzata,dando l'okay a Laura che posa le placche sul suo petto,dandogli una scarica elettrica. Il suo corpo sobbalza,ma non si riprende. Metto la guancia sulla sua bocca prima di praticare il massaggio cardiaco. Il mondo sembra isolarmi ancora una volta. Lo osservo con gli occhi chiusi,il viso quasi sereno. No,non può morire << Giada... >> la voce di Laura é lontana dalle mie orecchie. Conto ritmicamente le pressioni sperando che il suo cuore riprenda a battere << Giada! - smetto con le compressioni e guardo Laura - Non c'é polso... >>. Mantengo le mani sul suo petto,incapace di distogliere lo sguardo Marco. Trattengo un singhiozzo, respirando affannosamente senza riuscire a fermare le lacrime amare << Giada... Giada,mi dispiace tanto... >> mormora lei,senza nemmeno immaginarsi la voragine che si propaga nel mio petto. La testa mi gira vorticosamente,ma resto in piedi. Immobile,con lo sguardo fisso su Marco nella vana attesa che riapra gli occhi,come se mi stesse facendo uno scherzo << Lasciatemi sola... >> dico con un fil di voce << Giada... >> << Ti ho chiesto un favore! >> chiedo adirata mentre si allontana,mettendo a posto il defibrillatore. Quando la porta si chiude,mi sfugge un gemito strozzato. Mi ripeto di non piangere,come se mi vergognassi di farlo. Mi chino su di lui,rigido e sento la vita scorregli via dal corpo, facendolo raffreddare gradualmente. Poso la fronte sulla sua,incurante delle lacrime che cadono sulla sua pelle divenuta improvvisamente pallida. Diafana,come la neve rischiarata dai candidi raggi lunari. Senza dar peso a sguardi indiscreti,poso un ultimo bacio sulle sue labbra. Casto,per dargli un ultimo addio << Anch'io vorrei averti sposato... >> sussurro,ma so già che non può piú sentirmi. Gli passo una mano fra i capelli per imprimermi nella mente la sua immagine. Mi resta solo la consapevolezza di avergli fatto una promessa,che ho tutta intenzione di mantenere. Resto ancora un attimo vicina a lui,incapace di lasciarlo andare e condendomi il lusso di un altro bacio d'addio. Prendo la coperta e lo copro,compreso il volto ed esco dalla stanza completamente distrutta. Cosa racconterò ad Anna? Ad Andrea ed Elisa? Queste domande mi rimbombano nel cervello come un martello pneumatico << 23 Ottobre 2030. Ora del decesso,16:27 >> mormoro con voce atona.

Non mi sarei mai aspettata uno spettacolo del genere una volta uscita dalla stanza. Elisa ha il viso rosso di rabbia mentre dagli occhi gonfi,scorrono lacrime prima che mi rivolga uno sguardo sprezzante. Laura si volta nella mia direzione,confusa quanto me. Mi avvicino con cautela,mantenendo la mia sicurezza << Avevi detto che stava bene >> sibila Elisa guardandomi. Le sue iridi verdi assomigliano a quelle del mostro della gelosia << Primo: non sapevo che l'edema fosse grande fino a quel punto. Secondo: sono un medico ed ho fatto il mio dovere. Perciò non starò qui a farmi insultare,dopo che... - mi interrompo vedendo i bambini - Dopo quello che é successo >> dico guardando di nuovo Elisa << Ha detto qualcosa? >>. La sua domanda sembra piú una velenosa insinuazione << Mi ha chiesto solo di essere la madrina di Anna ed Andrea >> dico con sincerità << Ah davvero?! >> domanda su tutte le furie << Ero presente anch'io e due infermieri se non ci crede... >> interviene Laura con voce piatta. Lei stringe i pugni e si allontana,portando con sé i bambini. << É incredibile: suo marito é morto e nemmeno si degna di salutarlo. Sai che ti dico? Lei non lo ama,davvero... >> sbotto prima di allontanarmi. Ho bisogno di una passeggiata. E di un caffé.

****

Sono stanca. Ho visto il suo corpo essere trasportato verso l'obitorio mentre le pratiche per il funerale e l'affidamento congiunto dei bambini fra me ed Elisa sono giá cominciate. Ho ottenuto dal giudice,grazie alla testimonianza di Laura e i due infermieri di vegliare su Anna ed Andrea ed il permesso di poterli vedere di tanto in tanto,in accordo con la madre. Mi sento sola,di nuovo. Ora Marco se n'é andato sul serio e non ho piú quella speranza che avevo di vederlo,quando stavamo in due stati diversi. Prima di scoppiare in lacrime,sento il mio cellulare vibrare nello zaino che mi ha seguito per due settimane. Rispondo alla chiamata dal numero sconosciuto << Pronto? >> << Dottoressa Giada,sono Andrea. Mia madre é svenuta e non si sveglia >>. La voce del bambino é terrorizzata e sento il pianto di Anna lí vicino. Vedo Laura e la afferro per un braccio << Andrea,resta lí e non ti muovere. Dimmi l'indirizzo >>. Una volta ricevuta l'indicazione,guardo Laura << Prendiamo un'ambulanza. Elisa non sta' bene... >>.

Lottare contro il traffico di Firenze é una cosa a dir poco allucinante. Fortunatamente per me,é un infermiere a guidare l'ambulanza. Dopo circa venti minuti,ci fermiamo davanti ad una palazzina in pieno centro. Prendo la borsa per il primo soccorso e scendo dal mezzo,sotto lo sguardo sbigottito dei passanti. Alcuni di loro,escono dai negozi o entrano. Suono il campanello con su scritto Rossi ed appena il portone si apre con uno scatto rumoroso,spingo il battente e lascio entrare Laura i due infermieri giá pronti con una barella. Salgo le scale guidandoli fino alla porta del terzo piano,leggermente socchiusa. Busso ed apro << Andrea,sono la Dottoressa... >> << Siamo in salotto >>. Seguo la voce del bambino e lo vedo seduto sul divano,insieme ad Anna rannicchiata vicina a lui in cerca di protezione. Mi avvicino ad Andrea << Dov'é vostra madre? >> domando leggermente preoccupata << Ho sentito un forte rumore e sono andato a vedere in camera da letto. Mamma é lí distesa e non si muove... >>. Faccio cenno a Laura di seguirmi,lasciando i bambini con gli infermieri. Attraverso il corridoio osservando sulle pareti color crema,le foto incorniciate. Raggiungiamo la camera patronale e spingo la porta. Subito un forte odore di sangue,mi fa' drizzare i capelli sulla nuca. Sono abituata a questo odore ed ho timore di non sbagliarmi. Mi guardo intorno e vedo solo i piedi di Elisa mentre il resto del corpo é nascosto dalla mia visuale dal letto. Mi avvicino con cautela e la vedo distesa sulla moquette grigio fumo. I capelli mori sparsi in disordine sulla sua fronte e sul pavimento. Il mio sguardo si posa sulla pistola ancora stretta nella debole presa della sua mano. La mano sinistra,quella con la fede. Un colpo solo,in bocca. Alcune parti ossee e celebrali sono finiti sotto al letto,macchiando la moquette ed il battiscopa << Oh,mio Dio... >> sento il mormorio di sgomento di Laura alle mie spalle << Chiamiamo la Polizia... Prima di procedere... >> dico prendendo le distanze da questa scena raccapricciante.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Paure vs Ricordi ***


La camera patronale é stata in parte bloccata con nastri gialli adesivi. Resto fuori dalla porta,osservando i poliziotti esaminare la scena. Mi avvicino al comandante << Mi scusi,sono la Dottoressa Nocentini. Sono la tutrice legale dei bambini,i figli della Signora Rossi... - ci stringiamo velocemente la mano - Crede che si tratti di suicidio? >> chiedo con la bile che mi sale per l'espfago << Beh... Non ci sono prove che smentiscano ciò. Inoltre il movente é chiaro... >> << La morte del marito... - finisco la frase al suo posto - Posso dare un'occhiata alla casa? >> chiedo con discrezione << Sí,certo. Dottoressa,volevo informarla che forse i miei agenti potrebbero farle delle domande >> << Nessun problema. Il prima possibile,visto che dovrei tornare a Stüttgart per lavoro... >> dico seria << Sarà fatto >>. Mi allontano silenziosamente ed inizio a dare uno sguardo all'appartamento. Entro nel bagno ed osservo le mattonelle di un intenso color azzurro,che ricoprono il pavimento e le pareti. Mi avvicino allo specchio e vedo il mio riflesso,immaginando Marco appena dietro di me con un sorriso a fior di labbra. Mi volto,ma ovviamente non c'é nessuno. Sospiro e cerco di non guardare il mio pessimo aspetto. Ho le occhiaie evidenti e gli occhi gonfi per il pianto. Per non parlare della sensazione delle membre intorpidite,come se fossi ferma da giorni. Torno lungo il corridoio ed entro nella stanza di Andrea ed Anna. Una camera grande con due letti singoli ai lati opposti. Una grande porta finestra da' su un piccolo terrazzo e un armadio di modeste dimensioni,occupa buona parte di una parete. Cammino sulla moquette,osservando i giocattoli messi in ordine e le foto sui comodini e sul grande cassettone. Mi avvicino ad esso guardo le foto. Vedo Marco che li stringe a sé in compagnia di Elisa e dietro di loro,c'é l'entrata di Mirabilandia. In un'altra invece sono a Disneyland Paris,nel castello delle Principesse ed Anna é vestita come Belle. L'abito giallo-oro le dona davvero mentre Marco la tiene per mano e la guarda con amore. Mi lascio sfuggire un secondo sospiro mentre esco dalla cameretta.

*****

Dopo un breve interrogatorio,i poliziotti se ne vanno portando con sé il corpo silenzioso di Elisa. Guardo Andrea ed Anna prima di circondarli con le braccia mentre si stringono attorno alle mie gambe. Laura mi si avvicina << Che farai adesso? >> << Li porterò con me. Non posso abbandonare il mio posto a Stüttgart... - lei annuisce,posandomi una mano sulla spalla - E poi restare qui a Firenze,sarebbe una tortura perfino per loro... >> rispondo cercando di evitare i suoi occhi << Lo sai,per qualsiasi cosa... Puoi chiamarmi anche alle quattro di mattina >>. Ci sorridiamo prima che mi lasci sola con Andrea ed Anna,in questo appartamento silenzioso. Li guardo << Venite,devo dirvi una cosa >>. Entriamo nella loro cameretta e lascio che si siedano su uno dei letti mentre mi chino di fronte a loro. Andrea mi guarda con intensità,sapendo già le mie prossime parole << Sentite... Io ho fatto una promessa al vostro papà >> esordisco << Che promessa? >> chiede Anna con la sua voce infantile,quanto tenera << Ora,i vostri genitori sono in un posto migliore di questo. Ecco,perché il vostro papà mi chiesto di badare a voi... Però per farlo,devo portarvi con me >>. Sento come un grande macigno sul cuore << E dove andiamo? >> << Andiamo in un altro paese,che si chiama Germania. Nella città di Stüttgart,dove io ho un posto di lavoro >> dico cercando di spiegarmi nel modo piú delicato possibile << Non torneremo piú a Firenze? >> chiede Andrea << No. Però se vorrete,vi ci porterò per le vacanze... - abbassano lo sguardo mentre sfuggono loro delle lacrime,che porto via con una carezza - Lo so che sembra spaventoso,ma vi assicuro che vi troverete bene... Andrete a scuola e vi farete tantissimi nuovi amici >> << E Stutcar é un posto bello? >> domanda Anna sollevando i suoi smeraldi. Sorrido << Sí. Ci sono tanti parchi dove poter giocare e tanti negozi >>. Lei sembra accennare ad un sorriso,rincuorata forse nel sapere che non sarà sola << E quando partiremo? >> << Partiremo domani pomeriggio. Ho già prenotato un volo... Ma dovreste preparare le vostre cose >> dico rivolta soprattutto ad Andrea << Possiamo portare i peluche? >> chiede Anna ed io le accarezzo i capelli << Certo,però lasciate anche dello spazio per i vestiti... >>.

Li osservo per un attimo prima di lasciarli nella loro stanza a preparare gli zainetti. Continuo il mio giro della casa e comincio a prendere diverse foto sui mobili in salotto. Quelle coi bambini ed una del matrimonio per portarle con me. Voglio che conservino un buon ricordo di loro. Il resto delle fotografie le lascio al loro posto. Mentre sistemo le cornici nel mio zaino,mi soffermo a guardare Marco vestito da sposo. Accarezzo il suo volto,impresso nella carta e nascosto dietro ad un pezzo di vetro. La giacca nera ed elegante ed il papillon gli danno un'aria quasi aristocratica. Sorrido togliendo il dito dal suo volto e metto la foto nello zaino. Poi con riluttanza,entro di nuovo nella camera padronale. L'odore di sangue é ancora palpabile nonostante abbiano pulito. La luce filtra dalla finestra,leggermente oscurata dalle tende di lino bianche. Guardo la stanza,quasi impietrita prima di avvicinarmi al letto dove vi é adagiata una maglietta da uomo. La afferro mentre la stoffa fredda si arriccia sotto la presa delle mie dita. Porto l'indumento vicino al viso,inspirando profondamente il profumo caratteristico di Marco. Un profumo che sa' di casa. Di menta e di caffé. Piego la maglietta infilando anche quella nello zaino. Mi sento una ladra,ma ho bisogno di qualcosa che sia suo. Apro l'armadio solo per curiosità,osservando gli indumenti appesi alle grucce,stirati con cura. Noto diversi completi giacca e cravatta,alcune tute e gli abiti di Elisa. Abiti modesti,ma pratici ed adatti a tutti giorni. Ma in particolare una felpa cattura la mia attenzione. Nera,di taglia enorme e con una scritta sulle spalle "Marco Rossi". Sotto il numero 4,quello della sua maglietta di quando giocava a calcio. E sul petto,la classe delle medie. Ho anch'io una felpa simile. La facemmo fare come ricordo delle medie. Tutti i membri della classe ce l'hanno,ognuna personalizzata. La tolgo dalla gruccia,la indosso in fretta come per paura di essere scoperta. Non so nemmeno cosa sto' facendo, ma una volta chiusa la zip mi lascio scivolare a terra,sedendomi sulla moquette. Improvvisamente,il peso di tutto il mondo sembra crollarmi sulle spalle. Il tempo perde di significato,la situazione e il luogo in cui mi trovo sembrano paranormali. Estranei a me,tranne la felpa che indosso ancora impregnata del profumo di Marco. Non so nemmeno se quello che sento,sia un'immaginazione. Resto secondi o meglio minuti,che sembrano ore,seduta sul pavimento col viso affondato nelle maniche della felpa che mi rientra almeno due volte. La morte di Marco mi ha strappato qualcosa nel profondo ed ora,questa felpa sembra l'unica cosa che possa  rattoppare quello squarcio. É morto da sole dodici ore e già mi manca. I suoi gesti,le sue parole dell'ultimo giorno che ha vissuto mi tornano in mente e si sovrappongono a vecchi ricordi lontani,nel tempo e nello spazio. 

Ti avrei sposata se le cose fossero andate diversamente. 

Mi lascio andare al pianto. Un pianto liberatorio. Non piangevo cosí da anni. Non piangevo cosí dagli anni del liceo,quando mi separai da Marco. Ora non lo vedrò mai piú per davvero. Questo solo pensiero alimenta a vecchie e nuove immagini di lui,come se su un fuoco ci butti la benzina. Il turbine di ricordi nutre a sua volta il mio dolore,che già ha provocato una voragine dentro di me. Mi sento vuota,completamente. Dopo interminabili minuti,il mio respiro si placa. Mi asciugo il viso con le maniche dell'enorme felpa e mi alzo in piedi. Faccio per chiudere l'armadio,ma noto una scatola da scarpe di un giallo pallido,sbiadito. La prendo e mi inginocchio di fronte al letto,poggiando la scatola sul materasso. La apro e dentro trovo altre foto. Molto piú vecchie. Prendo la prima del mucchio. C'é Marco vestito discretamente ed un capello da laurea in testa,che sorride davanti al Battistero di Firenze. Le guardo velocemente e noto che diverse sono di quando eravamo ragazzini,durante le gite o le uscite scolastiche << Puoi prenderle,se vuoi >>. La voce di Andrea mi fa' sobbalzare. Lo guardo << Andrea,mi hai spaventata... - lui mi guarda ed accenna ad un sorriso - Se non ti da' fastidio,le prenderei volentieri... >>. Lui sorride un pò di piú << Puoi prendere anche le foto incorniciate. Nonna Paola le ha giá in duplice copia,perciò non ci sono problemi >> fa' spallucce << Okay... >> mormoro un pò sorpresa dalle sue parole << Vado a prendere le altre foto... >> annuncia dandomi le spalle << Aspetta... - lui si volta di nuovo verso di me - Tua nonna,Paola é qui a Firenze? >> << Certo. Se vuoi,la puoi chiamare. Anche se credo che l'abbiano già informata... >> dice tristemente prima di allontanarsi in salotto.

****

Quando ho trovato un grosso trolley nell'armadio ho subito proposto ai bambini di usarlo per i vestiti,dando loro la possibilità di portare il resto dei loro giocattoli o almeno,quello che desiderano. É già abbastanza difficile doverli portare in un luogo diverso da Firenze. Mentre ripiego con cura uno dei maglioncini di Andrea,qualcuno suona alla porta. Li lascio continuare con la valigia e mi alzo dalla moquette, avviandomi alla porta. La apro e resto di sasso. Una donna che conosco bene mi osserva altrettanto stupita di vedermi,coi suoi occhi nocciola. Ha i capelli ingrigiti rispetto al bel castano che ricordavo e ci sono alcune rughe,ma niente che sconvolga l'immagine che avevo di lei. Lei,Paola. La madre dell'uomo che amo e da cui ha ereditato quegli occhi caramello << Paola... >> sussurro mentre lei si porta una mano alle labbra << Oh,Gesú... Giada... >>. Ci abbracciamo per farci forza. Ci stacchiamo e mi accarezza le braccia,notando la felpa di molto tempo fa che avrà lavato diverde volte tempo addietro. Mi sorride comprensiva,carezzandomi il viso con fare affettuoso. La invito ad entrare quasi in silenzio e la osservo posare la borsetta sul tavolo della cucina << Ti offrirei qualcosa,ma... Non é casa mia e... >> farfuglio cercando di non piangere. Rivederla é come vedere Marco,cosí come ogni volta che guardo Andrea << E ci viveva Marco... >> conclude al mio posto con un sorriso agrodolce. Annuisco incapace di dire una sola parola di piú mentre si avvicina ad un credenza per prendere un bicchiere e riempirlo con dell'acqua fresca. Me lo porge << Grazie... >> dico prendendolo con mano tremante. Lo poso subito per evitare di farlo cadere,indietreggiando per sedermi su una delle sedie poste intorno al tavolo << Oh,cara... - mormora sedendosi di fronte a me   - Tu eri ancora innamorata,non é cosí? >> << Paola,ho cercato di salvarlo... Ho fatto tutto quello che era in mio potere,ma non é bastato... >>. Esplodo in un pianto,ancor piú straziato di quello che ho avuto nella stanza matrimoniale << Lo so,ma ci sono cose che non si possono evitare... >> dice posando una mano sulla mia. La guardo << Gli ho promesso che mi sarei presa cura di Andrea ed Anna,ma io... Io non so se ce la faccio. Non so cosa significhi essere mamma... - cerco di respirare fra i singhiozzi - Ogni volta che guardo Andrea,lo rivedo... Mi sembra di aver perso il controllo della mia vita,come se fossi diventata pazza... >> << Giada,se ti ha chiesto di farlo significa che ti riteneva all'altezza... E il fatto che Andrea gli somigli,dovrebbe farti forza... - mi porge un fazzoletto - So che non é facile per te,ma so che Marco non avrebbe affidato a chiunque i suoi bambini... >> << Sai cosa mi ha detto? Che mi avrebbe sposata se le cose non fossero andate cosí... E quando... Quando ho trovato Elisa,mi sono sentita uno schifo. Gliel'ho portato via... >>. Abbasso lo sguardo,liberando le lacrime che ormai mi gonfiavano gli occhi << No,no,no... Non pensarlo nemmeno... - sussurra sollevandomi il mento - Ho sempre cercato di riportarlo da te,perché volevo di nuovo quel Marco dodicenne quando tornava a casa e mi parlava di te. Ogni pomeriggio,dopo scuola mi raccontava quello che disegnavi. Diceva che avevi le mani d'oro e gli si illuminavano gli occhi quando pronunciava il tuo nome. Non so se era innamorato inconsapevolmente,ma non avevo mai visto il mio bambino cosí felice... - dice stringendomi una mano fra le sue - Tu sai quanto poteva essere testardo ed orgoglioso. Non sai le litigate per invogliarlo a chiamarti... Dopo un pò,smise di rispondermi. Ma io continuai ad insistere,di piú ogni volta che si vedeva con Elisa. Non che non fosse una brava ragazza,ma lo vedevo che non era davvero contento... - racconta con triste nostalgia nella voce - Una volta mi guardò dritta nelle pupille e mi disse "Le ho fatto del male e tornerà piú indietro"... Ora mi ripeto,che dovevo insistere ancora nonostante le sue parole... >>. Tiro su col naso,asciugandomi gli occhi << Pensi che sia normale amare la stessa la persona per quattordici anni ed oltre? Pur senza vederla o senza nemmeno sapere dove sia... >> << Chi può dirlo... - fa' spallucce - Io so solo che mi sarebbe piaciuto averti come nuora... >> risponde facendomi arrossire. << Però l'ha amata davvero per un pò... - torno seria - Non ci si sposa per affetto >> dico quasi confusa << Io non lo so se l'ha amata davvero. So solo che tu lo ami ancora... >> << É morto >> bisbiglio con amarezza << No. Non se lo credi davvero... >> dice con vaga speranza nelle parole,come se da un momento all'altro potesse comparire sulla soglia della porta << Tuo marito,Paolo? >> << Se n'è andato qualche anno fa. Due mesi dopo il matrimonio del nostro Marco... >> dice con rammarico << Mi dispiace tanto... >> rispondo frettolosamente con voce contrita << Senti,dove porterai i miei nipotini? Nella tua terra,immagino... >> chiede con curiosità per cambiare discorso. O forse paura << Sí,a Stüttgart. Due ore di volo... Posso pagarti il biglietto quando avrai voglia di venirli a trovare. Io potrò portarli in Italia solo per Luglio ed Agosto a causa del lavoro e delle regole statali >> dico sollevando le mani con impotenza << Andrà benissimo... - dice con un sorriso - Un'altra cosa. Domani dopo la cerimonia,faremo cremare Marco. Diceva di volere cosí... Se vuoi,possiamo dividere le ceneri e puoi portarle con te... >>. Annuisco nonostante il nodo alla gola nel parlare di cremazione << Sí... Grazie >>. Le parole mi escono flebili,quasi un sussurro leggerissimo. Improvvisamente,Andrea appare sulla porta della cucina << Nonna! >> << Andrea,piccolino >> esclama mentre le si getta fra le braccia,seguito da Anna. Li osservo con un lieve sorriso mentre mi stringo nella felpa.

Finisco di sistemare l'ultimo indumento di Anna e chiudo la zip del trolley,per poi metterlo in piedi sulle rotelle facendo attenzione a non smuoverlo troppo. Avendo messo le foto,quasi costretta da Paola,ogni volta temo che si rompano le cornici. Nonostante le rassicurazioni della donna,mi sento di aver svaligiato l'appartamento della proprio vitalità << Ecco fatto >> sorrido ai bambini e a Paola,che mi ha aiutato a sistemare la valigia. Della cameretta sono rimasti solo i mobili. Diverso indumenti dall'armadio di Marco sono scomparsi a causa mia e di Paola. Ci siamo guardate,convinte di essere accusate di non saper staccarci da lui. Mi é sembrata una situazione assurda ed ancora mi sento a disagio,solo a ripensarci << Visto che partite domani pomeriggio,dopo la funzione... Perché non venite a casa da me? >>. Anna mi guarda con un'espressione da cucciolo << Possiamo andare da nonna? >> << Ma certo! Non sono domande da farsi... >> rispondo cercando di essere allegra. Paola ridacchia ed usciamo dall'appartamento.

*****

Dopo cena,mentre i bambini guardano i cartoni animati,Paola mi fa' cenno di seguirla. Abita ancora nell'appartamento del terzo piano in un paesino poco distante da Firenze. Il paesino dove ho vissuto la mia infanzia ed adolescenza. Lo stesso appartamento dove ho condiviso momenti memorabili con Marco. La seguo,osservando che tutto,dal tavolo in legno della cucina al divano nero in pelle,é al proprio posto come la prima volta che lo vidi. Scendiamo una piccola scaletta e ci ritroviamo in una sorta di secondo appartamento,che fungeva piú che altro da ufficio. Paolo era una banchiere,ma spesso Marco "abusava" di questo spazio,usandolo come bottega di un artista. Mi guardo intorno e noto che la scrivania,il cavalletto ed i mobili piú ingobranti sono stati coperti da grossi teli bianchi,su cui risalta lo spesso grigiore della polvere che svolazza quando Paola,toglie il panno dal cavalletto. Lí sopra,c'é ancora un disegno affisso. Un disegno incompleto che ha tutta l'aria di un ritratto,compiuto a carboncino. La tecnica preferita da Marco. Osservo meglio il disegno e noto che il ritratto mi somiglia << Ogni volta che veniva a trovarmi.si chiudeva qui dentro e lavorava a questo ritratto. Si arrabbiava di volta in volta,poiché gli anni passavano e lui non sapeva come fossi diventata... Mi diceva che avrebbe voluto avere una tua foto piú recente,solo per il gusto di vedere se eri cambiata come si aspettava... Lo puoi portare con te,se vuoi >> dice sfiorandomi un braccio << Ti sto' derubando praticamente. >> dico con lieve sarcasmo << Ho già le foto del suo matrimonio e dei bambini. Ho ancora i suoi vestiti,quelli che usava quando tornava da me di tanto in tanto. Un disegno non mi cambierà certo la vita... >> risponde con un sorriso ancor piú caloroso.

Mi accerto che siano al caldo sotto le coperte mentre dormono sul divano,rannicchiati l'uno contro l'altro come a volersi consolare. Li osservo ancora un attimo prima di seguire Paola in una vecchia cameretta. Una cameretta che ricordo bene ed anch'essa non é mutata << Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere dormire qui... Cosí ho cambiato le lenzuola e ti ho preparato il letto. Spero che dormire dove un tempo dormiva lui,riesca a farti stare meglio... - mormora porgendomi un pigiama,che presumo usasse Marco,vista la taglia sull'etichetta - Buonanotte,cara... >> << Buonanotte,Paola... >> dico prima di spogliarmi. Mi avvio nel piccolo bagno,legandomi i capelli in una crocchia improvvisata entrando nel box doccia,uscendone piú rilassata. Mi metto il pigiama e sorrido vedendo che mi sta grande, tanto che la scollatura a v sembra piú profonda di ciò che é in realtà. Per un istante,immagino come il pigiama dovesse stare su Marco. Sospiro, cercando di non pensarci e mi infilo sotto le coperte dopo aver spento la luce,entrando poi in un sonmo tormentato da incubi e rimorsi.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Sacrifici ***


Una volta riaperti gli occhi sono tornata alla realtà. I fatti mi hanno travolta,come un'onda anomala sollevata dal vento di burrasca. Il profumo delle lenzuola é rassicurante e vorrei soltanto dormire per sempre. Sarebbe come morire. Mi chiedo se faccia male morire. Spero almeno che Marco non abbia sofferto. Allungo a tentoni,la mano sui miei occhiali da vista dal taglio nerd-vintage. Li indosso un attimo,per vedere l'ora sul display del cellulare. Sono le 6:42 del mattino. Sospiro,togliendomi nuovamente gli occhiali e girandomi fra le coperte,col viso rivolto verso il muro. Chiudo gli occhi,tentando di dormire ancora un pò ma come sempre,una volta che apro le palpebre,mi é impossibile tornare a chiuderle. Ci provo comunque, per un buon quarto d'ora. Poi mi siedo sul letto,passandomi le mani sul viso. Mi stropiccio gli occhi prima di stiracchiarmi,ancora intorpidita dal sonno. Scosto le lenzuola e metto i piedi sul pavimebto gelido. Un contatto che amo sentire di prima mattina. Ha il potere di risvegliarmi in un sol momento. Sbadiglio e mi alzo,camminando con passo felpato per non scegliare nessuno. La funzione é fra tre ore,perciò é normale che i bambini stiano ancora dormendo sul divano. Li osservo da lontano quando arrivo in salotto. Andrea tiene Anna in un dolce abbraccio fraterno,rendendoli piú teneri anche più di un cucciolo di koala. Mi sorprendo invece nel vedere Paola già in piedi,seppur ancora in vestaglia,che prepara il caffé. Le sorrido mentre mi fa' cenno di sedermi mentre socchiude la porta scorrevole. Mi versa una bella tazza di caffé fumante << Pensavo che dormissi ancora un pò... >> commenta con un lieve sorriso,mantenendo la voce bassa << Sono abituata ad alzarmi presto... In realtà,sarei in ritardo... >> dico imitandole il tono di voce.

Prendo dallo zaino l'unico maglione nero che ho e me lo infilo,dopo essermi agganciata i bottoni dei pantaloni neri,che solitamente porto per lavoro data la loro praticità,nonostante siano di buona fattura somigliando a pantaloni eleganti. Prendo la spazzola,cercando di far assumere ai miei capelli una piega decente senza spezzare i ricci. Lascio che alcune ciocche mi ricadano sulle spalle mentre mi controllo allo specchio. Sistemo lo zaino vicino alla porta di ingresso per poi avvicinarmi ai bambini,svegliandoli. Con mia somma sorpresa, sorridono. Li lascio fare colazione prima di farli entrare nel bagno per far lavare i denti ad Andrea mentre spazzolo i capelli di Anna,che mi guarda sullo specchio << Li avrò anch'io i capelli lunghi come i tuoi? >> << Beh... Se li spunti una volta ogni tanto, perché no?! >> le sorrido e il modo in cui lei ricambia,mi risolleva il morale. Almeno un pò.

*****

Arriviamo in anticipo come di dovere. Anna stringe la mano a Paola e camminano di fronte a me ed Andrea,che al contrario di sua sorella, cammina di fianco a me in silenzio come se volesse far vedere che sta' bene. Un po' invidio questa sua forza d'animo. Io mi sento uno straccio,poiché quelle poche ore in cui ho dormito si sono alternate a spaventosi incubi. Attendiamo fuori dalla chiesa e qualcuno si avvicina a Paola,salutando lei ed i bambini e guardandomi. Alcuni con interesse,altri con diffidenza e perfino una vaga repulsione. Riconosco di sfuggita alcuni volti familiari,risalenti ai compagni di classe,su cui volti appaiono dei radi sorrisi di cortesia.

La cerimonia si svolge in completo silenzio,interrotto solo dalla voce del prete. Non ascolto le sacre scritture,né il suo discorso sulla Morte. Quella la conosco fin troppo bene. Osservo Marco adagiato nella bara aperta solo in parte,per consentire di vedere il viso. Anna si é rannicchiata sulle ginocchia di Paola col visetto nascosto nella giacca. Andrea resta impassibile,imperscrutabile mentre il mio sguardo resta costantemente incollato sul volto di Marco. Le guance un pò scavate per via del coma e le palpebre chiuse in un sonno sereno ed etereo. La pelle candida come la neve che spesso d'inverno,imbianca la città di Stüttgart mentre i capelli sbarazzini di quel bel color ambra si é spento,come se un velo sottile di polvere grigia li ricoprisse. Vorrei distogliere lo sguardo,ma non ci riesco. Solo il bissare di Paola sulla mia spalla,mi fa' tornare al presente << Ora attenderemo trenta minuti per pregare,ognuno in silenzio per i propri cari. O in alternativa,se qualcuno lo desidera può dire due parole... >> dice il celebrante sedendosi su una panca,in mezzo alla magra folla. Guardo Paola ancora un istante,poi esco dalla panca e raggiungo i gradini che portano all'altare. Mi fermo,facendo il segno della croce per poi salire fino dietro alla piccola struttura lignea,fin'ora usata come leggio. Pu non essendo credente,ho ricevuto i principali sacramenti cattolici. Battesimo,Prima Comunione e Cresima. Passo in rassegna dei volti e noto che alcuni che dovrebbero essere colleghi di Marco. Prendo un bel respiro e poco prima che apra bocca,noto Laura seduta nella panca dietro a Paola << Mi chiamo Giada Nocentini. Conosco Marco da molto tempo,ma siamo rimasti separati da 870 km di terra e quattordici lunghi anni. Fino a ventiquattr'ore fa... - 'Respira. Respira',ripeto fra me e me - Volevo... Voglio molto bene a Marco... - mi autocorreggo guardandoli quasi uno ad una negli occhi - Mi ha insegnato il valore delle idee e mi ha fatto credere in me stessa,facendomi diventare ciò che sono adesso nonostante le distanze spazio-temporali... Chi fra i presenti,era in classe con me alle medie,sa' quanto Marco mi abbia aiutata. Ero presa di mira e la cosa non aiutava certo a rendermi meno taciturna. Il nostro incontro fu decisamente un caso,già solo per il fatto che ci trovassimo nella stessa sezione. Lo ricordo ancora quel giorno di ottobre,quando diventammo davvero amici. Certo litigavamo ed alle volte,animatamente.. - noto un lieve sorriso sul volto di Paola,testimone di tali discussioni su disegni e cartelloni - Ma ogni sera,alle otto in punto,quando il mio telefono squillava e lui mi chiedeva i compiti del giorno dopo,tornavamo a riconciliarci. Credo che avessimo un modo tutto nostro per comunicare: l'arte. Bastava un solo sguardo,niente parole. Mano a mano che il nostro rapporto si rafforzava,i soprusi che subivo aumentavano di conseguenza. Molte volte ha rischiato di tornare a casa con un occhio nero. Era diventato il mio paladino,sapete... Non credevo che sarei mai riuscita a dirlo in pubblico... - mormoro quasi più a me stessa mentre i presenti ridacchiano - Non avrei mai immaginato di separarmi da lui e di rivederlo dopo tanti in anni,in un'occasione simile. Credetemi: non é semplice restare un medico lucido quando la vita della persona che ami di piú al mondo é appesa ad un filo,sospeso in un baratro fra la vita e la morte. Aveva deciso di lottare,ma vedete... Non basta essere un buon medico per salvare una vita. Credevo di riuscire a salvarlo,ma ho scoperto che era solo una mia vana e arrogante speranza... Se potessi tornare indietro,che farei? - faccio spallucce quasi stessi parlando da sola - Farei in modo di non essere qui oggi. Cosa intendo? Avrei voluto esserci io su quell'auto due settimane fa. Avrei voluto io essere in quella bara oggi... Probabilmente due bambini avrebbero ancora una vera famiglia... -sospiro nonostante la lacrima che non asciugo e lascio rigare la mia guancia - Mi dispiace solo non aver fatto abbastanza... Ciao Marco... >> sussurro le ultime parole prima di scendere dalla predella e tornare a sedermi. Paola mi prende una mano stringendola mentre Andrea avvolge le sue piccole braccia  attorno ai miei fianchi. Osservo un uomo salire sulla predella al mio posto mentre una mia mano si infila fra i capelli di Andrea. Un tocco familiare sulla spalla mi fa' sorridere. Mi volto appena per rivolgere un lieve sorriso a Laura,che mi schiocchi un bacio sulla guancia << Mi spiace non poter restare,ma devo andare a lavoro... - mi sussurra ad un orecchio - Fammi sapere quando arrivate a destinazione... >>. Annuisco e le stringo forte la mano prima di lasciarla andare. Torno a guardare di fronte a me,senza prestare molta attenzione alle parole degli altri. Mentre mi guardo intorno,sento lo sguardo di una donna addosso. Mi volto in quella direzione e vedo una donna di una certa età,che mi fissa con aria truce. Alcuni boccoli biondi le incorniciano il volto,segnato dal tempo. Torno a guardare davanti a me << Paola... C'é una donna bionda che mi sta' fissando da un pò e non sembre contenta della mia presenza... >>. Lei guarda la donna con la coda dell'occhio senza voltare il capo << É la madre di Elisa... Non darle peso >> mi rassicura con voce bassa. Temo che sia per l'affidamento di Anna ed Andrea.

*****

Non é stato facile salutarlo. Avrei voluto... Vorrei tante cose,ma mai come tornare indietro nel tempo e far sí che lui viva ed io muoia. Tengo stretta a me la piccola urna fittile dove riposano parte delle ceneri di Marco. É strano ed inquietante sapere che sto' tenendo fra le mani i resti di un uomo. La ripongo nello zaino dopo essermi assicurata che sia sigillata e resto impassibile mentre Paola guida verso l'areoporto << Giada... Mi prometti che staranno bene? >> << L'ho promesso a tuo figlio... Non ho intenzione di deluderlo... >>. Pur non guardandola,so che sta' sorridendo. Dopo circamezz'ora,parcheggia di fronte all'edificio e scendiamo dall'auto. Mi carico lo zaino sulle spalle e mentre i bambini fanno lo stesso coi loro zainetti,scendo il trolley dal bagagliaio. Lascio che Paola li saluti a dovere << Comportatevi bene con Giada e cercate di aiutarla,okay? Io verrò a trovarvi di tanto in tanto... >> << Sí,nonna... >> rispondono quasi in coro. Lei sorride e da' loro un bacio ciascuno prima di raddrizzarsi in piedi ed avvicinarsi a me << Cara... Sii forte. Marco te lo ha insegnato.... >>. Annuisco per poi abbracciarla << Grazie di tutro...Letteralmente... >> mormoro con un fil di voce. Guardo Anna ed Andrea,a cui porgo una mano mentre lui stringe quella libera della sorella << Andiamo... State vicini a me... >> raccomando mentre ci avviamo dentro,verso l'imbarco.

****

Durante il volo,mi passano molte cose per la mente. Devo trovare una babysitter quabdo non potrò stare con loro per via dei turni al prontoz soccorso. Dovrò modificare la sola stanza degli ospiti che ho per permettere loro di avere una stanza. Dovrò cercare un modo per non cadere in depressione. Apro lo zaino e tiro fuori la felpa di Marco,posandomela addosso. Subito la stoffa mi fa' star meglio quando la stringo fra le dita. Guardo fuori dal piccolo finestrino e di tanto in tanto,Anna mi chiede su cosa stiamo volando << Quella é la Svizzera... Là,oltre quella montagna... >> dico puntando il dito << Tu ci sei stata in Svizzera? >> mi chiede coi suoi occhioni verdi << Una volta sí... >>. Mentre torno a guardare fuori,Anna si rannicchia su di me poggiando la testa sul cappuccio della felpa. La guardo un attimo e le accarezzo i capelli lisci,come una cascata di miele mentre Andrea posa la testa sulla mia spalla << Quanto manca? >> domanda con voce stanca << Massimo un'oretta... Non di piú... >> rispondo con un mormorio prima di tornare ai miei cupi pensieri. 'Oh,Marco... Quanto vorrei tu fossi ancora vivo...'.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Dopo venti anni... Ti dico ancora ciao ***


Oggi é proprio una bella giornata. Il sole splende nel cielo ed insieme all'aria fresca del mattino,che spira da stanotte, si diffondono in tutta la casa attraverso le finestre. La cosa é paradossale visto che oggi é il 23 ottobre. Di nuovo. Ogni 23 ottobre da vent'anni a questa parte é stata una tortura. I ricordi mi danno il tormento una notte sí ed un'altra sí. Spesso Andrea o Anna si stendono accanto a me nel letto per aiutarmi a prendere sonno. Ho rifiutato quasiasi farmaco e l'unico antistaminico é il mio lavoro,da cui ho preso una settimana di riposo. Non l'ho mai fatto,ma quest'anno ovvero il 2050,ne avevo bisogno. Sospiro mentre preparo dei waffle per Anna e per Andrea,che a momenti tornerà dal suo turno di notte al pronto soccorso. Anche lui ha studiato medicina. É diventato un cardiologo. Anna ha seguito l'arte e fra qualche mese,prenderà la laurea in architettura. Arte. Non ricordo piú l'ultimo giorno in cui ho preso in mano una matita. Non disegno da molto tempo. Forse temo di farlo, probabilmente mi riporterebbe a Marco. Marco. Improvvisamente al suo solo pensiero, gli occhi mi cadono su una sua foto sistemata nell'angolo verso il muro fra il frigo ed il piano della cucina. Se ne sta' lí e sorride come sempre. Sorride,come se volesse dirmi che anche oggi andrà tutto bene. Sospiro cercando di riprendere il controllo delle mie mani,che hanno preso a tremare. Sistemo i waffle sui tre piatti insieme a due tazzé di caffé e una di té fumante. Aggiungo dei vasetti di marmellate diverse e ripongo tutto su un vassoio. Sto' per prenderlo quando sento la chiave inserirsi nella serratura,seguita da dei passi sicuri nonostante la stanchezza << Sono a casa! >> annuncia ad alta voce. Sorrido nel sentire la sua voce. Assomiglia a quella di suo padre << Ciao Mamma ... >> sussurra fermandosi alle mie spalle e cingendomi in un dolce abbraccio. Lui ed Anna hanno iniziato a chiamarmi mamma solo due anni dopo che si sono trasferiti qui. Ancora non ci ho fatto l'abitudine << Sai che... >> << Scusa,Mutter(1)... >> risponde calcando la parola tedesca. Scuoto la testa mordendomi l'interno della guancia per evitare di ridere << Ma come mi é venuto in mente di insegnarvi il tedesco?! >> dico fingendo un tono disperato. Lui mi schiocca un bacio sulla guancia mentre prendo il vassoio,camminando verso il salotto,dove Anna é seduta sul divano in pelle color crema. Si alza un attimo per abbracciare il fratello mentre sistemo la nostra colazione sul tavolino e ci sediamo insieme sul divano << Allora com'é andato il turno di notte? >> domando << Bene. Ho sostituito un collega in traumatologia,ma é stato abbastanza semplice >> dice prima di bere un sorso di caffé. Annuisco e porto anch'io la mia tazza alle labbra,ignorando le occhiate furtive di quelli che ora considero "miei figli". Anna si aggiusta l'abitino,accomodandosi << Mamma,non sei costretta a fingere... >> esordisce con la sua consueta voce delicata. Alle volte,credo che sia la reicarnazione di un angelo << Fingere cosa? >> << Oggi é il 23 ottobre... - irrompe Andrea inarcando un sopracciglio - É il giorno di papà e tu ci devi una canzone... >>. Alzo gli occhi al cielo mentre Anna si alza per poi accomodarsi al pianoforte,il mio regalo per il suo ventesimo compleanno. Prende un respiro,rilassando le spalle per poi posare le sue dita sui tasti.che volano leggere come piume e come le note della canzone che come quella che si canta ai compleanni,torna sempre a suonare nella mia testa. Le prime battute sul pentagramma poi si volta a guardarmi. Andrea mi da' una lieve gomitata sul braccio,con fare giocoso. Capisco che non ho scelta e poso la tazza di caffé per poi iniziare ad intonare una canzone che ho sempre cantato loro,prima di andare a letto per mantenere vivo il ricordo dei loro genitori. Soprattutto quello di Marco. 

Te ne vai,

lo fai lasciandoci

da quel luogo che

é un luogo senza te...

Te ne vai da qui,

con gli occhi lucidi

che piano si colorano

di bianche nuvole...

Ah sí, ti penserò cosí...

Ti dico ciao,

ma so che é un addio.

C'é molto di te

che ancor mio...

Se c'é un paradiso,

adesso sei lí

nel cielo di raso,

avvolto cosí...

Te ne vai,

lo fai lasciandoci

con quell'ultimo battito

che d'ali diventò...

Ah ma no... Dall'ultimo metrò

Ti dico ciao

e non é un addio.

La memoria di te

sovrasta il vocio...

Lascia il ricordo

dei consigli tuoi,

che adesso rimpiango.

Che adesso vorrei...

Pianterò

davanti a casa mia,

un albero per te...

Ti dico ciao,

salutami Dio.

E digli che tu,

sei l'amico mio... (2)

La mia voce si perde nell'aria insieme all'ultima nota,suonata da Anna. Mi mordo il labbro inferiore con forza mentre chiudo gli occhi,sperando che il ciclone di ricordi nella mia mente,smetta di turbinarmi invisibile davanti agli occhi. Il silenzio cala nella casa,interrotto dall'eco della musica e della mia voce. Stringo i pugni fino a sbiancarmi le nocche,quasi al limite del dolore. Andrea mi avvolge un braccio attorno alle spalle e mi bacia teneramente una tempia << Che dici? Andiamo da papà? - mi guarda con una punta di ironia nella voce - Penso che se non vai al suo appuntamento,potrebbe restarci male... >> dice mettendo piú forza sulla parola appuntamento. Ogni volta mi ricorda che é l'amore che provo per loro e per Marco.che mi permette di andare avanti a testa alta. Lo guardo in tralice prima di rivolgergli un lieve sorriso. Anna fa' lo stesso prima di chinarsi davanti a me,abbracciandomi. La stringo fprte a me,guardando Andrea che posa la testa sulla mia spalla.

****

 

Camminiamo sul marciapiede verso il cimitero mentre le auto passano di tanto in tanto,dritte verso la loro meta. Qualunque essa sia. Stringo fra le mani,un mazzetto di peonie di un piacevole rosa pallido e delle ortensie bianche. Sospiro guardando le case intorno a me senza prestare particolare attenzione a dove metto i piedi. Ormai conosco questo asfalto a menadito. Dopo circa dieci minuti,arriviamo nel cimitero che,a differenza di quello italiano,é completamente aperto. Costituito da un enorme prato verdeggiante,contornato da abeti ed arbusti lussureggianti, che resistono al freddo ed al gelo tipico di questa città. Attraversiamo il prato fresco ed imperlato da gocce di rugiada,che sembrano piccolissimi cristalli quando i raggi del sole le attraversa. Mi sposto verso destra ed arrivo di fronte alla lapide. Per qualche anno,ho tenuto le ceneri in casa. Poi però i ragazzi ne sembravano a disagio,perciò ho fatto seppellire l'urna delle ceneri in questo cimitero poco lontano dal centro di Stüttgart. Osservo la lapide di granito grigio su cui é inciso:

 

Qui riposa 

 

 

 

Marco Rossi

 

25 Agosto 1997 - 23 Ottobre 2030

 

"Tutti gli esseri umani sono ciechi. Eccezion fatta per gli Artisti,coloro che vedono bello anche dove é implicito".  

 

 

Rileggo a bassa voce la citazione con un lieve sorriso per poi inginocchiarmi davanti alla tomba. Sistemo il mazzetto di fiori,adagiandolo nel piccolo cerchio di ghiaia al cui centro sorge la lapide. Resto immobile ad ascoltare il fruscio del vento ed il cinguettare dei passerotti senza emmettere un suono. I miei capelli ormai ingrigiti dal passare del tempo si spostano sospinti dall'aria gelida e chiudo gli occhi,cercando di incanalare il dolore per la sua perdita. Sento Andrea chinarsi accanto a me,in ginocchio e mi volto nella sua direzione. Apro lentamente le palpebre,come se fossero troppo pesanti ed incrocio le sue iridi nocciola. Non vedevo da tempo quel colore. Spesso evito di incrociare lo sguardo di Andrea,ma oggi non posso farne a meno. Quegli occhi cosí familiari in cui mi perdo,fanno fare una capriola al mio cuore. Non ha solo la voce di Marco. I capelli, il viso,il naso,le labbra. Gli occhi. Spesso lo chiamo come suo padre e lui mi sorride,indulgente,ormai abituato alle tenebre che calano su di me dopo averlo scambiato per Lui. Eppure in quei brevi secondi di confusione,mi sentivo bene. Era come averlo lí sul serio. Poi quando mi rendevo conto che non era Marco, ma Andrea me ne uscivo con delle scuse petulanti e lo stomaco in subbuglio. Ed ora,mi sta accadendo la stessa cosa. Aggrotto la fronte prima di posare una mano sul viso di Andrea << Gli somigli cosí tanto... >> sussurro piú a me stessa che a lui. La voce incrinata come la corda di un violino troppo lenta. Anna si inginocchia dietro la mia schiena,posando una mano sulla mia spalla mentre con l'altra cattura una ciocca dei miei capelli,sistemandola dietro il lobro dell'orecchio << Vorrei solo che fosse qui... - vedo Andrea accigliarsi preoccupato quando le lacrime scivolano ancora una volta sul mio viso - Vorrei solo questo... >>. Lui porta la sua mano sulla mia,ancora posata sulla sua guancia,e la stringe gentilmente << Lui é qui... >> mi dice prima di abbracciarmi. 

(1) Mutter [tedesco]= madre;

(2) La canzone é "Ti dico ciao" di Laura Pausini.

Angolo Autrice: Salve Lettori! Lo so che aggiornare alle 02:10 di notte non é il massimo,ma volevo approfittare la fine di questa (ennesima ^^) storia per fare dei ringraziamenti a tutti voi che mi seguite,recensite o semplicemente leggete le mie storie :* Un grazie speciale ad Irene Spalletti,che merita la medaglia per avermi supportato particolarmente nelle storie originali ❤ Un bacione a tutti voi che siete gli ammori ahhahah :)

50shadesofLOST_Always

Ps: se vi dico come é nata questa storia,mi mandereste in una clinica psichiatrica... xD

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3184915