Sangue ed acqua

di Astarte92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Tentazione ***
Capitolo 3: *** Pazzia ***
Capitolo 4: *** Anomalia ***
Capitolo 5: *** Fenomeno ***
Capitolo 6: *** In caduta libera ***
Capitolo 7: *** Sulla lama di un coltello ***
Capitolo 8: *** Agonia ***
Capitolo 9: *** Sogno o realtà? ***
Capitolo 10: *** Troppo bello per essere vero ***
Capitolo 11: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


   
Sangueed acqua

Anteprimaalla premessa: Avviso fin da adesso che l'inizio della storiasarà un po' monotono, visto che non si discosteràpiù di tanto dall'originale. Dal prossimo capitoloinserirò l'Edward's Pov, giusto per renderlo menosoporifero, ma questa premessa andava per forza fatta con il Bella'sPov. (Commentoche non c'entra niente: grazie ai tesori che mi hanno recensita nellamia scorsa ff: debblovers, cometa 91, Deb, Debby_DG. Grazie! Non avetenemmeno idea di quanto coraggio mi abbiate infuso! )
Premessavera e propriaIoe mio padre viaggiavamo nell'auto della polizia verso la sperdutacittadina di Forks, nella penisola di Olympia, stato dello Washington.Che, fra parentesi, non si trova attorno all'omonima cittàin cui avevo vissuto negli ultimi cinque anni. Mia madre era stata unadei tanti impiegati dell'amministrazione pubblica; del resto, aWashington non c'è molto altro da fare. Renee aveva sempreodiato compilare scartoffie, come era solita definire il suo impiego.Io invece lo trovavo affascinante: dove lavorava lei, si decidevano lesorti del paese. Sinceramente, non mi sarei mai augurata di finire doveera finita lei, ma tutto sommato il suo era un lavoro interessante. Ripensaicon nostalgia ai larghi viali davanti agli edifici governativi, con leloro prospettive perfette, studiate apposta per far colpo. Stavamoviaggiando su una statale trafficata il triplo  e largaall'incirca la metà di quei viali. L'unica cosa che mi davasollievo era la pioggerellina insistente che tamburellava suifinestrini. Meno male che Charlie viveva in un posto umido. Neio ne Renee avevamo mai potuto soffrire il caldo e l'afa, naturalmente.Se Forks fosse stata situata in qualche paese del sud in cui erodeterminata a non metter piede (California, Arizona, Texas... mi venivamale al solo pensiero) probabilmente sarei fuggita prima ancora cheCharlie avesse il tempo di arrivare per il funerale di Renee.-Menomale che ti piace la pioggia...- borbottò Charlie al miofianco. Percepivo il suo disagio quasi come fosse stato il mio: eravamotroppo simili per evitare una qualche forma di empatia. -Già.-Per quanto desiderassi toglierlo dall'imbarazzo che doveva di sicuroprovare, non riuscì ad spiccicar altro. Non doveva esserefacile, per uno riservato come lui (e come me), avere a che fare conun'adolescente pressochè, purtorppo, sconosciuta, da pocoorfana. Al fatto che non avrei dovuto provare pietà per lui,ma per me stessa, non ci volevo neanche pensare. Ilsilenzio durò per tutto il viaggio, finchè nonentrammo nello sputo di terra che d'ora in poi avrei definito casa.Charlie mi indicò tutti gli edifici di qualche rilievo delpaese -la biblioteca, la segreteria del liceo, il comune, la centraledi polizia- per poi fermare l'auto davanti alla villetta prefabbricatache i miei avevano comprato subito dopo il matrimonio. Sulvialetto davanti alla casa c'era un affare rosso che qualcuno dallafantasia sfrenata avrebbe potuto definire furgoncino. Notaicon la coda dell'occhio che Charlie mi scrutava con ansia. Con il vivopresentimento che la mia espressione incredula lo stesse mettendo inulteriore difficoltà, cercai di riprendermi.-Daquando ti sei dato alle... macchine d'epoca?- Macchina d'epoca era ladefinizione più cortese e diplomatica che mi venne in mente.-Tipiace? Sai, è per te... mi è parso di ricordareche non ti andasse di farti scarrozzare in giro da me con l'auto dellapolizia...- Arrossendo, ricordai con  vergogna tutti i bronciche avevo messo quando avevo scioccamente iniziato a sentirmi troppogrande per entusiasmarmi alla ricetrasmittente incorporata. Era statoanche grazie all'evidente diasappunto che avevo mostrato per quasiqualunque cosa che riguardasse Forks negli anni dellapubertà che Charlie non aveva più insistito perfarmi passare li l'estate, venendo lui da me invece.Micostrinsi ad essere oggettiva riguardo a quell'aggeggio, scacciando lamia pericolosa tendenza al pessimismo. Beh, certo non era estetico, main compenso aveva un'aria molto robusta. Sembrava proprio quel tipo diveicolo indistruttibile che vedi nei luoghi degli incidenti senza mancoun graffio, vicino ad un cartoccio che in passato doveva essere statouna lussuosa auto straniera. Abbozzaiun sorriso. -Si, mi piace. Grazie mille.- Non aggiunsi che avrei potutobenissimo comprami un'auto da sola, con i soldi che adesso avevo inbanca. Charlie stava solo cercando di comportarsi da padre, un ruoloche lo metteva in evidente difficoltà.Midiede le chiavi del mio nuovo (si fa per dire) pick up e miportò dentro la valigia, mentre io gli davo un'occhiata.Passato il primo momento di sconforto al constatare quanto fossebrutto, non era poi così male. Mi ci vedevo dentro. Dopoun paio di minuti, Charlie mi chiamò dentro, adducendo comescusa la pioggia. Mi venne da sorridere al pensiero che lui sipreoccupasse del fatto che fossi fradicia.Miaccompagnò in camera mia, dove aveva già portatola valigia, e dopo un bacio sulla fronte, con vivo imbarazzo dientrambi, mi lasciò sola. Comein trance, mi trascinai fino alla finestra e appoggiai la fronte alvetro gelato, versando tutte le lacrime che avevo trattenuto fino aquel momento.
Allora,com'era? Qualcuno ha vomitato? O siete semplicemente entrati incatalessi? Fatemi sapere.Bacio
Darcy

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Capitolo 2
*** Tentazione ***


Sangue ed acqua

Come avevo anticipato nell'introduzione alla premessa, per i primi capitoli avrei in mente di descrivere la prima parte di Twilight dal punto di vista di Edward, visto che la trama per ora si discosta di pochissimo. Spero di rendere il tutto un po' meno soporifero!

Avvertenze: giusto per correttezza, vi avviso che ho già slealmente divorato i primi 12 capitoli di Midnight Sun (reperibili in inglese sul sito ufficiale della Meyer). Sinceramente, non ritengo di essermici rifatta più di tanto; al contrario, mi sono soprattutto basata su Twilight, cercando di buttar giù quello che io penso che Edward pensi (detto fra noi, la Meyer in quella bozza ha esagerato un po' con il romanticismo, specie in questa scena; ma ora terrò la bocca chiusa). Comunque, potete vederla come più vi pare.
Aspetto montagne di critiche e accuse di violazione dei diritti di copyright! (Davvero, non mi offendo se me le fate, anzi, più commenti negativi ricevo, meglio è)

Tentazione
Se c'era una cosa che odiavo con tutte le mie forze, era l'ora di educazione fisica. Ancor più del fatto stesso di venire a scuola. Almeno, in classe dovevo solo simulare un po' d'interesse per quello che già sapevo meglio dell'insegnante e sopportare l'odore del panico da interrogazione dei miei compagni, un profumo strano, invitante a al contempo vomitevole. Il profumo degli umani  quando erano impauriti diventava talmente dolce da essere quasi nauseante, tanto da sopire in parte l'onnipresente istinto del predatore. Era molto semplice resistere alla tentazione durante un compito in classe, secondo il mio modesto parere. Ma questa era una questione di gusti.
Ginnastica era tutt'altra cosa. L'invitante puzza di sudore che si riversava ad ondate nell'aria viziata della palestra sovraffollata era resa ancora più insopportabile dalla necessità di fingerci esseri umani, di frenare gli scatti liberatori che avremmo potuto compiere per cercare di dar sfogo alla tensione.
Quel giorno, stavamo giocando a pallavolo, uno sport molto faticoso, a detta degli altri. E di conseguenza più sudaticcio. Cercai di distrarmi dal lungo collo imperlato di goccioline di una mia compagna di squadra impegnandomi con tutte le mie forze per simulare una ricezione fallita. Dovevo essere più teso del solito, perchè sparai la palla verso il soffito come una cannonata, facendola cadere con una violenza tale che nessuno degli avversari ebbe il coraggio di rischiare la propria incolumità in uno sconsiderato tentativo di intercettarla.
Alice, a rete, si voltò per lanciarmi un'occhiata stupita. "Frena i bollenti spiriti, fratellino!" In tutta risposta, le feci una linguaccia.
La campanella trillò appena in tempo per salvarmi dalla battuta. Con la tensione che avevo in corpo quel giorno, rischiavo davvero di destare sospetti.
Mentre mi spogliavo, prestai distrattamente ascolto ai ragazzi dentro lo spogliatoio, sforzandomi di tenermi fuori dalle menti delle ragazze. Nessuno sembrava aver fatto caso al mio tentato omicidio in campo, anzi, una buona parte di loro stava rimurgiando sulla nuova arrivata. A quanto pareva, era stata quasi all'unanimità definita scopabile. Quando cominciai a captare riflessioni poco cavalleresche riguardo ad Isabella Swam, mi rifiutai di proseguire.
Aspettai che Alice finisse di truccarsi nello spogliatoio (che spreco di tempo e risorse) e ci avviammo assieme alla volta della mensa. Jasper, Rosalie ed Emmett avevano già preso posto al nostro solito tavolo, in un angolo della sala, fuori dal centro dell'attenzione. Mi veniva sempre da ridere cupamente nel rendermi conto di come gli umani fossero inconsapevolemnte acuti. Non poteva essere un caso che attorno al nostro tavolo ci fosse sempre il deserto. Solo ad una decina di metri di distanza c'era qualche coraggioso che osava mangiare sotto lo sguardo a volte famelico dei suoi predatori naturali.
Alice si accomodò subito accanto a Jasper, stampandogli un grosso bacio sulla guancia e lasciandogli rossetto dappertutto. Jasper si irrigidì all'istante, annusando irritato. "Ma quando lo capirà che i cosmetici mi fanno prudere il naso?"
Non riuscii a reprimere un sogghigno mentre gli passavo un tovagliolo di carta. Lui lo accettò  e si strofinò il viso con un'ombra di sfida nello sguardo. "Se colgo di nuovo dell'ilarità su quel tuo brutto muso, te lo spacco."
-Chiedo umilmente venia.- ribattei con un sorriso a trentadue denti.
Per tutta risposta, Jasper appallottolò il tovagliolo e me lo lanciò contro, ma io schivai il proiettile senza problemi, ridendo ancora di più. La sua mossa era stata così veloce che nessun occhio umano avrebbe potuto percepirla.
-Ma che bravo! Vuoi un applauso?- Rosalie era più acida del solito. Aveva sentito due ragazzine bisbigliare che aveva il seno rifatto e non aveva ancora digerito l'affronto, sebbene avessimo cercato di spiegarle che tutte queste speculazioni sulla nostra disumana bellezza erano perfettamente naturali.
Emmett le sussurrò qualcosa all'orecchio -mi sforzai di non stare a sentire, anche se intuii che stava facendo un commento sull'assoluta e genuina perfezione del suo corpo- e io distolsi lo sguardo, cercando di individuare la traiettoria che aveva seguito la pallina, giusto per fare qualcosa. Dubitavo che chiunque avrebbe potuto ricollegarla a noi.
"Edward Cullen"
Cascai completamente dalle nuvole e mi misi freneticamente a sondare le menti attorno a me, in cerca di eventuali testimoni dell'ultima scenetta. Mi rilassai solo quando mi accorsi che era stata Jessica Stanley a fare il mio nome. Si stava lanciando in un resoconto accurato degli affari nostri a favore della nuova arrivata. Con un ghigno, riflettei che quella ragazza non avrebbe potuto scovare una pettegola meglio informata neanche se l'avesse cercata di sua spontanea volontà, il che sembrava poco probabile. La vidi attraverso i pensieri di Jessica: una ragazzina sottile, oltremodo pallida, con le braccia avvolte attorno al busto e i capelli scuri fatti scendere sul volto con la palese intenzione di nascondersi.
Così, per curiosità, cercai la voce della sua mente.
Silenzio. Dalla sua direzione non giungeva nulla.
Forse era perchè non l'avevo mai sentita parlare. Di solito la voce della mente e quella vera si assomigliano molto. Attesi con pazienza che Jessica concludesse le unilaterali presentazioni.
-Sono... molto carini.- Aveva una voce alta, da soprano, dolcemente, sinistramente malinconica. Oddio- non era da me essere così poetico. Cacciai quest'attacco di follia dal mio corpo e scandagliai la sala alla ricerca di una voce simile. Ma di nuovo niente.
Sempre più sconcertato, la osservai di nuovo con gli occhi di Jessica. "Guardala lì, è già interessata! E' appena arrivata che ha già la fila dietro e osa pesino fare un pensierino ai Cullen! Ma ora la smonto io..." -Si! Però stanno assieme. Voglio dire, Emmett e Rosalie e Jasper ed Alice. E vivono assieme.- La ragazza sollevò leggermente le soppracciglia con un vago sorrisino sulle labbra. Di nuovo cercai di introfularmi nella sua mente e di nuovo venni respinto, con mia somma frustazione.
La mia smorfia di disappunto non passò inosservata. -Che c'è?- mi chiese Rosalie, scontrosa. Credeva, da egocentrica qual'era, che fossi disgustato dalle fusa che le stava facendo Emmet nel tentativo di placarla.
Ci passai galantemente sopra. -Jessica Stanley sta spettegolando su di noi con la nuova arrivata.-
-Di nuovo il mio seno?- sibilò lei infuriata, lanciando un'occhiata omicida all'inconsapevole ragazzina.
-No, no- mi affrettai a correggermi. -Le sta solo faendo notare come sia immorale il fatto che voi stiate assieme, siate 'parenti' e oltretutto viviate sotto lo stesso tetto.-
-Ah, così va bene.- Rosalie amava essere al centro dell'attenzione e, finchè i commenti su di lei non erano di natura offensiva verso il suo fisico da modella, amava essere fatta oggetto di discorsi invidiosi da parte delle ragazze e fantasie sessuale da parte dei maschi. Ad Emmett d'altra parte questo non dispiaceva (fiero di possedere una donna tanto desiderata e certo della sua incrollabile fedeltà), perciò chi ero io per fare il moralista? Bastava che le sue manie di popolarità non ci rendessero più sospetti di quanto già eravamo...
Con questo breve diverbio, avevo perso il filo del discorso fra le due ragazze. Senza pensarci più di tanto, alzai lo sguardo nella loro direzione e notai che la muta mentale mi fissava. Ricambiai l'occhiata e lei nascose il viso nei capelli.
-Chi è quello con i capelli rossicci?- domandò con ostentata indifferenza. Sebbene lei si rifiutasse di offrirmi una panoramica completa del suo volto, continuai a scrutarla, approfittando delle sue sporadiche sbirciatine per tentare di leggerle qualcosa negli occhi. Mi sentivo frustrato e impotente come non mai.
-Si chiama Edward. E' uno schianto, ovviamente, ma non sprecare il tuo tempo. Non esce con nessuna. A quanto pare qui non ci sono ragazze abbastanza carine per lui.- "Quell'arrogante pezzo di gnocco..." Volsi lo sguardo altrove per non dover più dare ascolto a Jessica, che non sapeva se perdersi in una filippica interiore contro di me o in un sogno a sfondo sessuale con me come controparte. Non riuscii ad evitare un sogghigno.
Sebbene in apparenza stessi studiando una forchetta di plastica, in realtà facevo attenzione alla voce della muta mentale. Era assolutamente inconcepibile, inaccettabile, che qualcuno potesse essere immune al mio potere. Forse stavo perdendo colpi, eppure non erano passati nemmeno cent'anni dalla mia rinascita.
La mia curiosità insoddisfatta mi stava facendo impazzire; nonostante ciò, mi imposi di non volgere più lo sguardo in quella direzione. Purtroppo ciò implicava che non potevo tenere sotto controllo la muta, dato che questa, dopo il suo breve momento di celebrità, si era chiusa in se stessa e non aveva più aperto bocca, scivolando di soppiatto fuori dai riflettori. Negli altri tavoli c'era ancora parecchia la gente che la spiava, ma offrivano punti di vista troppo scomodi per appagarmi.
Esasperato dalla mia mancanza di autocontrollo, mi alzai scostando rumorosamente la sedia e afferrando il vassoio con il cibo intatto per andarlo a gettare nella spazzatura. Siccome anche gli altri si stavano annoiando, mi imitarono senza dire una parola.
Fuori piovigginava leggermente, come al solito. Me ne stetti per tutta la pausa pranzo su un davanzale davanti all'aula di storia, facendo compagnia ad Alice e Jasper. Emmett e Rosalie erano andati a fare i piccioncini da qualche parte. Poi, un quasto d'ora prima della campana, li salutai e mi trascinai verso l'aula di biologia.
Mancava un paio di minuti o giù di lì all'inizio della lezione quando la muta mentale entrò in classe, assieme ad una ragazza che per fortuna non era Jessica Stanley. Il suo sguardo si fissò subito su di me, ma lo distolse un attimo dopo, con un vago, invitante rossore. Io mi feci meno scrupoli e continuai a guardarla con curiosità mentre consegnava un modulo al professore e si avviava verso di me, l'unico a non avere un compagno. Un po' mi dispiacque per lei (non era un caso che il solo posto libero fosse vicino al mio), ma interiormente esultavo per la fortuna che mi era capitata. Cercai fra me e me di preparare un sorriso che potesse metterla a suo agio, nella speranza di indurla a spiccicar parola nel breve periodo antecedente alla campana. Forse, interloquendo con lei, sedendole accanto, sarei tornato in me e sarei finalmente entrato nella sua testa; a quel punto non avrei più avuto nulla di cui preoccuparmi e avrei anche potuto scordarmi di lei.
Il sorriso amichevole che stavo per rivolgerle morì e rischiò di tramutarsi in un ringhio famelico, non appena la ragazza si fu avvicinata tanto da farmi cogliere il suo profumo. Cristo santo... Era la cosa più buona che avessi mai annusato. La gola mi bruciò come non mi succedeva da tempo. Non avevo mai desiderato così ardentemente sangue umano.
Certo, negli ottant'anni in cui mi ero imposto di essere vegetariano (per quanto possa esserlo un vampiro, ovviamente), mi era già accaduto di provare attrazione per il sangue di una persona in particolare, ma mai una brama così irrazionale, accecante, incontrastabile. Il mostro che ero sotto la patina dorata che avevo tentato di darmi riemerse invincibile e pretese sangue quando quella ragazzina prese posto accanto a me. E la mia ragione e la mia volontà erano troppo fiacche per resistere a lungo all'istinto.
Lei rabbrividì sotto il mio sguardo assassino, spalancando ancora di più gli occhi verdi, colmi di domande silenziose e paura. Distolse subito lo sguardo, con il pretesto di preparare il materiale per la lezione. Ogni suo movimento alzava una nuova zaffata di profumo, costituiva un nuovo attacco al mio traballante autocontrollo. Ero arrivato al punto di chiedermi perchè mi stessi facendo tutti quegli scrupoli, perchè non agissi come natura comanda, dimenticando tutte le idee balzane inculcatemi da Carlisle. La ragazzina era un'innocente. E allora? Da quando c'è giustizia a questo mondo? Non siamo obbligati ad essere dei mostri. E invece si; chi ero io per rinnegare quello che ero? Sarebbe stato altamente presuntuoso da parte mia. Quel qualcuno che ci aveva creati ci aveva voluti così: chi ero io per voltargli le spalle? Alla fine la ragione urlò disperata al mostro di aspettare almeno la fine dell'ora, in modo da non dover massacrare tutta la classe per il sangue di una persona sola. Il mostro tentennò: al raziocinio e alla forza di volontà si erano aggiunti l'amore che mi legava alla mia famiglia e il desiderio di recar loro il minor danno possibile.
La ragazza intanto aveva tirato fuori dalla cartella tutto quello che poteva tornarle utile e aveva già temperato il suo intero arsenale di matite, facendo mostra di ignorarmi. Infine, dopo una serie di nervose sbirciatine, trovò da qualche parte il coraggio di voltare un poco la testa nella mia direzione e scoccarmi un'occhiata scocciata. La sorpresa che questo gesto suscitò in me fu come una ventata d'aria fresca; prima che potesse di nuovo perdere la testa, smisi di respirare.
Subito, mi sentii più lucido; ora sconfiggere l'istinto non sembrava più un'impresa così disperata. Mi imposi di trattenere il fiato, di non perdere il controllo, di non guardarla neppure.
Pareva che la lezione non avesse fine. Grazie al cielo al professore non balzò in mente l'idea suicida di farmi una domanda e costringermi ad inspirare di nuovo; passai i cinquancinque minuti più lunghi della mia vita squadrando di tanto in tanto quella lì, seduto rigidamente sulla sedia, come sul punto di scattare in piedi. Speravo solo che lo avrei fatto per fuggire dall'aula e non per azzannare qualcuno.
Quando udii il rumore della campanella provenire con un lieve anticipo dalla palazzina accanto, producendo un suono troppo fievole per essere colto dagli umani, saltai su come una molla e mi catapultai fuori dall'aula senza degnare di uno sguardo la mia nuova tortura. Sempre rifutandomi di respirare, sebbene ciò costituisse un grave handicap per me, corsi fuori, verso la foresta che bordava il parcheggio. C'era ormai un chilometro di distanza fra me e l'aula di biologia quando osai prendere una boccata d'aria, esitante. Nessun odore paradisiaco. Bene.
Attesi lì che la campana suonasse, meditando sul da fare. La mia famiglia aveva già vissuto situazioni simili: era già accaduto che uno di noi si 'intestardisse' per un umano. L'ultima volta era successo a Rosalie, nel Maine, ma ci eravamo trasferiti prima che si arrivasse all'esito peggiore, lasciandoci alle spalle voci sinistre, per cui avevamo trovato opportuno cambiar nome e costa.  Ma Rosalie era quello che era, una bambina capricciosa; io potevo resistere. Io avrei resistito. Certo. Io ero Edward Anthony Masen Cullen, non lo scemo del villaggio.
Sarei andato in segreteria e avrei chiesto di cambiare la mia ora di biologia con una qualunque altra. L'avrei evitata come la peste e se per caso mi fossi ritrovato a meno di cento metri di distanza da lei, avrei smesso di respirare. Si.
La convinzione con cui ripetevo tutti questi bei propositi doveva essere adorabile.
Prima che la campana suonasse di nuovo, mi avvicinai ad un'auto e controllai il mio aspetto in uno specchietto retrovisore. Il mio volto era un po' più pallido di quando ero uscito di casa quella mattina, le occhiaie un po' più marcate; per il resto, sembravo quasi normale. Perfino gli occhi erano tornati dorati.
Con la baldanza di uno assurdamente, immotivamente sicuro di se, mi diressi verso la palazzina che ospitava la segreteria e vi entrai. L'atmosfera era calda e opprimente, un' autentica cappa di aria viziata; fortuna che la segretaria di mezza età non fosse nemmeno lontanamente appetitosa. Aveva un fastidioso puzzo di gatto addosso.
Sfoderai il più seducente dei miei sorrisi. -Buon pomeriggio, signora.-
Lei si sciolse all'istante. Non mi diedi nemmeno la pena di controllare i suoi pensieri (avevo quasi paura di scoprire che il mio potere extra ora non funzionasse nemmeno più con lei).
-Buon pomeriggio, Edward. Posso esserti utile?-
-Si, vorrei fare un cambio di discipline. Potrebbe togliermi dal corso di biologia del signor Banner ed inserirmi in un altro, che ne so, di chimica?-
La sua espressione lasciva si fece vagamente sorpresa. -C'è qualche problema?-
-No, no- mi affrettai a negare con nonchalance. -Solo che conosco già questa parte del programma; al contrario, ho terribili lacune in chimica, perciò un po' d'esercizio in più mi farebbe comodo.- Trattenni a stento un risolino alla solenne menzogna che le avevo appena rifilato. Dire che io, laureato con lode per ben due volte in medicina, avevo lacune in chimica era quasi un'eresia. Anche lei parve un po' scettica; probabilmente si stava chiedendo se per terribile lacuna intendessi il meno che mi mancava per avere l'ottimo in quella materia.
-Beh, vediamo cosa si può fare. Hai biologia la sesta ora, giusto?-
Annuii, spostando il peso da una gamba all'altra, traducendo in gesto umano la mia ansia di andarmene.
Qualcuno alle mie spalle aprì la porta e si intrufolò dentro, ma non ci feci caso. Tutto sembrava contro di me: la segretaria faticava a staccarmi gli occhi di dosso, prestando meno attenzione del dovuto ai parametri che stava inserendo e per di più il computer sembrava in sciopero, tanto era lento nella ricerca di un buco qualsiasi in cui infilarmi per quella maledettissima sesta ora. Tamburellai nervosamente le dita sulla scrivania, mentre cercavo di darmi una calmata.
La porta si aprì di nuovo e una folata d'aria nuova portò fino alle mie narici ignare l'odore da cui stavo cercando di sfuggire con tutte le mie forze. Non era possibile; non era vero; era un sogno... Ma cosa avevo fatto di male per meritarmi questo? Il mostro dentro di me urlava che non era un sogno, era realtà: un'occasione irripetibile. Solo due misere vite umane in cambio di quel sangue sublime...
Io sono Edward Anthony Masen Cullen.
-Non fa niente. Mi rendo conto che è impossibile. Molte grazie lo stesso.-
Prima di uscire di gran carriera, mi concessi di rivolgerle un'occhiata di puro odio. Eccola lì, la santarellina, tutta rossori e brividi; in realtà mi stava perseguitando. Era la personificazione stessa della tentazione.
A dire il vero, in quel momento era ben poco rossa e tremante; quando si rese conto della mia furia mi guardò con un odio quasi pari al mio. Imboccai la porta prima che quell'aperta sfida mi facesse perdere le staffe.
Sicuro che Alice mi stesse guardando, lasciai le chiavi della Volvo infilate dentro il quadro; se qualcuno me l'avesse fregata, l'avrei ritenuta direttamente responsabile. Non avevo la tempra per aspettarli, per sopportare i loro sguardi curiosi alla vista dei miei occhi neri, per stare lì in attesa che lei mi passasse davanti.
Prima che il mostro mi ordinasse inequivocabilmente di divorarla ad ogni costo, mi buttai fra gli alberi e fuggii via.

Vi ripeto, mi aspetto di ricevere critiche a go go. Soprattutto, descrivetemi gli effetti. Sonno profondo? Nausea? Sono pronta a tutto.
Bacio
Darcy


Seconda avvertenza: ora vi annuncio quali sono i due punti per cui ho effettivamente preso un po' spunto dall'inedito. Se non volete sapere nulla di Midnight Sun, NON PROCEDETE CON LA LETTURA.
-L'esordio
-Il tovagliolo appallottolato che Jasper lancia ad Edward
Per il resto, è tutta farina del mio sacco.


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Capitolo 3
*** Pazzia ***


Sangue ed acqua

Lo ammetto: con questo capitolo ho un po' perso il senso della misura. Pensavo di unire la scena della mensa con quella della seconda lezione di biologia, ma mi è uscito questo e, nonostante continuassi a ripetermi che poi avrei fatto dei tagli, alla fine mi è piaciuto e ho deciso di lasciarlo così com'è. Un intero capitolo in spiegazione di due paginette della Meyer! (E io che mi lamentavo sempre del fatto che si dilungasse troppo...) Ma non ho avuto cuore di eliminare i fratelli Cullen, dovrò già farlo fin troppo spesso in futuro. Perciò siate clementi e ditemi sinceramente se credete che dovrei lavorare un po' sulla capacità di sintesi.
E naturalmente, grazie infinite a quelli che mi hanno recensita e inserita fra i preferiti dopo appena un capitolo. Sono a dir poco commossa!
Per Ale03: non so cosa tu intenda per intoppi, ma di sicuro la storia dei miei Bella ed Edward non sarà semplice! Spero che comunque tu possa apprezzarla.

Pazzia
Per la prima volta da quasi un secolo, mi sentivo elettrizzato dall'idea di essere di nuovo a scuola. Attendevo questo momento da tre giorni ormai- da quando ero tornato dall'Alaska, mortalmente ferito nell'orgoglio. Il mio soggiorno nordico era stato un fisco totale: ero rimasto tutto il tempo a rimuginare cupamente sulla mia vergognosa debolezza, schivando meno galantemente del consueto le pesanti avances di Tanya, tanto che alla fine questa si era arresa all'evidenza ed aveva gettato la spugna, il che non era affatto da lei. Tanya sapeva essere testarda quanto e più di Rosalie; dovevo essere stato davvero sgarbato.

Percepii con l'udito (l'unico senso rimastomi a disposizione, dato che l'olfatto era fuori gioco e la vista era tutta concentrata sulla porta che la ragazza stava per varcare) che Jasper si era irrigidito, seguito a ruota da tutti gli altri, chi più, chi meno: al mio arrivo mi era stato riferito che l'aroma di quella poveraccia era straordinariamente invitante anche per gli altri, sebbene in nessuno di loro, nemmeno in Jasper (il più incline a cadere in tentazione) suscitasse le stesse reazioni che provocava in me. Mi sforzai disperatamente di tenere fuori dalla mia mente l'odore paradisiaco che aveva appena perforato loro le narici; il mostro non ne parve troppo soddisfatto, ma io gongolai fra me e me nel constatare il mio autocontrollo. Forse anche il fatto che fossi intriso di sangue come una spugna era d'aiuto: avevo trascorso il fine settimana riempendomi lo stomaco al punto da sentirmi una specie di otre con le gambe. Quasi quasi mi aspettavo scioccamente di essere ingrassato; nonostante ciò, l'unico cambiamento visibile era il pallido colorito sulle guance e gli occhi appena cerchiati di viola, a differenza dei miei fratelli, cadaverici e segnati da profonde occhiaie.
-Per prima cosa ti cercherà con lo sguardo; tienti pronto, d'accordo? E cerca di sembrare umano!- mi implorò Alice.
Annuii rigidamente, tentando di sciogliere la tensione che avevo in corpo. Anche perché, se per 'sbaglio' fossi scattato in piedi, sapevo che Emmett mi avrebbe ritrascinato a sedere senza fare troppi complimenti.
-Questo per te è umano? Se tu non fossi un vampiro, direi che qualcuno ti ha infilato un manico di scopa da qualche parte, per farti stare così eretto...- Naturalmente, era stato l'orso a parlare. Solo lui poteva farsi venire in mente una battuta di così cattivo gusto in un momento del genere.
Nonostante la mia aria stizzita mentre lui scoppiava in una risata sguainata, riconobbi fra me e me che aveva buone ragioni di prendermi per il culo. Perché avrei dovuto essere così nervoso? Era solo una ragazzina, solo una questione di autocontrollo; se perfino Jasper riusciva a resisterle, perché avrei dovuto fallire io? In quell'istante, ero quasi completamente convinto che la mia reazione al sangue di quella ragazza fosse stata esagerata; probabilmente, quel fatidico giorno ero stato in vena di teatralità.
La battuta di Emmett aveva avuto il merito di rilassare tutti quanti e Jasper, distratto dalle sue fantasie sanguinarie, ci aveva messo del suo, concedendo a tutta la compagnia, me in particolare, una scioltezza inimmaginabile fino a qualche attimo prima. Era un vero peccato che Jasper non ne fosse minimamente toccato.
Mi sforzai di piantarla una buona volta di seguire il percorso della ragazza attraverso i corridoi. Prima avevo avuto buone ragioni per farlo, al fine di evitare spiacevoli incontri fortuiti; ora però la mia indiscrezione era del tutto ingiustificabile. E inspiegabilmente tenace. Non mi ero mai soffermato a studiare nei particolari l'esasperante lentezza degli umani, ma avevo la netta sensazione che questa sconosciuta ci impiegasse più tempo della norma a giungere alla mensa.
Dovevo distrarmi ad ogni costo.
-Beh, vediamo chi è più capace a fingersi umano. Ci stai?- proposi al grizzley ghignante che mi stava accanto.
-E' una sfida, tappetto?-
-A chi mangia più pizza?- La sua reazione fu esattamente quella che mi ero aspettata. Disgusto totale e profonda irritazione. Si era legato le mani da solo.
-Ma certo, pivello.- accettò con strafottenza, cercando di salvare un briciolo d'orgoglio. In realtà, sapeva di non avere speranze: Emmett era di gran lunga il più viziato in fatto di cibo e per altro aveva una profonda avversione per la pizza.
Afferrai con una mossa melodrammatica la fetta che mi stava davanti e l'alzai fino al livello della bocca, sforzandomi di non guardare i nauseabondi pezzetti di mozzarella mezza sciolta. Il fatto che non ne respirassi l'odore di certo mi aiutò a non vomitare, ma l'esperienza fu ugualmente spiacevolissima. Sembrava di masticare fango aromatizzato; notai una ragazza che a poca distanza ne divorava tutta contenta un pezzo e condivisi per qualche attimo il suo entusiasmo, sebbene il mio corpo continuasse a strillarmi di piantarla con questa tortura. Quando della schifezza non fu rimasto altro che la crosta, la gettai con una smorfia di sollievo sul vassoio e squadrai Emmett con sufficienza. -Prego, fratello orso.-
Emmett era in uno stato d'indecisione che mi fece tenerezza: non era in grado di estraniarsi dalle sue sensazioni come il sottoscritto (modestamente), ma se c'era una cosa che rifuggiva era il tirarsi indietro. Per un po', contemplò la possibilità di scrollarmi in testa tutta la neve che gli si era fermata sui capelli e sotto la maglia e che naturalmente non si era sciolta, nella speranza di distrarci, ma ricorrere a simili sotterfugi sarebbe stata una vera umiliazione.
Alla fine, si arrese a sottostare alla prova e, con molta meno teatralità rispetto alla mia precedente performance, sollevò mestamente un trancio di pizza e si apprestò ad affrontare il momento peggiore della giornata.
Sfortunatamente per lui, l'impresa eroica da lui compiuta passò quasi inosservata al nostro tavolo; dopo secoli di attraversamento del parcheggio, la ragazza si era finalmente degnata di fare il suo ingresso nella mensa.
Come aveva predetto Alice (e come, mi era stato detto, aveva fatto da una settimana a quella parte), volse subito lo sguardo verso il nostro angolino appartato, fissandolo su di me mentre un lampo di sorpresa le balenava negli occhi; ma non appena si rese conto di essere ricambiata, lo distolse con naturalezza, quasi con sdegno, e si mise ad osservare Jessica Stanley che le stava blaterando qualcosa. Era solo una mia impressione o alla luce asettica dei neon la sua pelle era tanto trasparente da farmi scorgere distintamente i punti con una maggior concentrazione di sangue? Il mostro nel mio petto iniziò a fare le fusa e la gola a pizzicarmi alla sola idea.
Mi concentrai sul secondo aspetto che mi aveva dato pensiero: il suo presunto silenzio mentale. Ne io ne Carlisle avevamo mai sentito di vampiri che con il passare del tempo avessero perso le loro capacità extra, e che un'umana fosse in grado di schermarmi non mi passava nemmeno per l'anticamera del cervello. Ero arrivato ad illudermi che quel fatidico lunedì avessi completamente perso la testa; restava solo da verificare se ora l'avessi di nuovo sulle spalle. O forse (era un'alternativa che non volevo neanche contemplare, ma che non ero riuscito a mettere a tacere) il sangue animale, a lungo andare, produceva danni irreversibili su individui più delicati. Siccome quest'ultima teoria, oltre ad essere ben poco lusinghiera nei mie confronti, sconvolgeva radicalmente tutte le mie convinzioni, era della massima importanza ignorarne l'esistenza. Meglio credere di essere matto piuttosto che malvagio per natura e senza possibilità di riscatto.
Attesi pazientemente, con la fiducia di un folle, che dalla sua direzione giungesse qualcosa, qualsiasi cosa, persino una fantasia erotica su di me (per quanto ne fossi sempre disgustato).
Niente. Silenzio totale.
D'accordo. Cercai di assuefarmi alla triste verità. Ero pazzo.
Uao.
Continuai a seguire con gli occhi la ragazza che nel frattempo aveva già preso il suo pranzo e si era accomodata accanto alla Stanley.
'Bella non sembra in gran forma oggi' rifletté Mike Newton, sedutole accanto. Bella. Dovevo piantarla di chiamarla 'la ragazza', quasi fosse stata l'unica al mondo. Mi ci volle un po' per interrogarmi sul senso di quell'inaspettata elucubrazione; poi però mi accorsi che la ragazza, cioè Bella, aveva preso solo una soda e se ne stava con la testa poggiata stancamente sugli avambracci.
-Tutto bene, Bella?- le domandò lui, con un'aria afflitta che mi diede sui nervi. In verità, progettava di scoparsela un paio di volte, finché non avesse finito di essere la novità del momento, per poi gettarla nel dimenticatoio.
Lei fece un vago cenno d'assenso.
-Edward, piantala di fissarla. Penserà che tu sia un maniaco malato di mente.- Quasi sussultai nel rendermi conto di quanto Alice avesse centrato il mio attuale problema. La esaminai, frugai fra i suoi pensieri e mi convinsi che la sua intuizione era stata fortunatamente sardonica. Era esasperata dalle premonizioni che le giungevano sul mio conto, ma d'altra parte che ci potevo fare io? Dopo l'inconfutabile conferma della mia pazzia, dovevo pur riflettere sulle mie prospettive future.
A dire la verità, in quel preciso momento non riuscivo a contemplare altra prospettiva che quella di andare a lezione di biologia, ma mi sentivo in colpa per la mia curiosità morbosa. Non bastava che un abominio come me esistesse e contaminasse il mondo con la sua mostruosità, doveva pure avere sete di sapere, oltre che di sangue. Per ora, la prima superava la seconda, fomentata dalla constatazione della mia ignoranza del genere umano e della mia irragionevole presunzione; ma una volta avvicinatomi, respirato il suo profumo assurdamente dolcesalato?
Ma io volevo con tutto me stesso conoscerla. Guardarla da lontano, senza carpirne le riflessioni, senza comprendere cosa le passasse per la testa, mi aveva fatto sentire come non mi succedeva da più di ottant'anni.
Normale. Un comunissimo ragazzo che osserva una persona e non riesce a risolvere l'enigma di sentimenti, idee, sogni, ricordi, che si cela dietro quegli occhi.
Il pensiero che avrei potuto uccidere quella creaturina pallida e fragile mi deprimeva più di quanto mi garbasse, ma l'ansia di scoprire i suoi segreti bruciava più di ogni altra cosa. Non riuscivo a credere a quanto potessi essere egoista.
-Ehi, zuccone, mi hai sentita?- Ora Alice era davvero divertita.
Rosalie si unì alla sua risata cristallina. -Non credevo che un vampiro potesse davvero estraniarsi dalla realtà fino a questo punto!- commentò con benevolenza. Oggi era di ottimo umore: la spedizione settimanale di shopping sfrenato le aveva fruttato un nuovissimo vestito da sera che, andava ammesso, le stava meglio del solito.
Alice fece l'occhiolino a Rosalie per poi rivolgersi a Jasper -Illuminaci, professore. Visto che per una volta è il nostro frigido leggipensieri ad avere problemi con una donna- se gli sguardi avessero potuto uccidere, a quest'ora quel folletto malefico sarebbe già caduto a terra morto stecchito -sfruttiamo l'occasione di deriderlo un po' come si deve. Dicci: qual'è la diagnosi? Sta forse uscendo di senno?-
Jasper stette subito al gioco, senza farsi alcuno scrupolo a tradirmi. -E' combattuto fra la voglia di mangiarsela a pranzo e di dichiararle il suo appassionato amore...- Riuscì a stento a mantenere un'aria dignitosa e professionale mentre pronunciava la sua condanna a morte. Essendo lui un maschio, non ebbi alcuna remora a mettere a tacere le sue risate con una gomitata ben assestata nello stomaco.
-Perchè non la pianti di sghignazzare e non finiamo quella scommessa?- Notai con soddisfazione che le sonore risate di Emmett si arrestarono di colpo, in seguito al mio invito. Restò indeciso per una frazione di secondo, fissando il trancio di pizza che aveva casualmente fatto scivolare nel piatto quando eravamo tutti troppo concentrati su Bella per farci caso, come Rosalie avrebbe fatto davanti ad un ragno disgustoso.
Lessi contemporaneamente nella sua mente e in quella di Alice ciò che aveva in programma: quest'ultima, riparandosi dietro un ignaro Jasper, si scostò appena in tempo per evitare gli schizzi che Emmett produsse scrollandosi la chioma come un cane. Non altrettanto fortunata fu Rosalie, che sibilò infastidita un attimo prima di unirsi alle risate spontanee che il perfetto atteggiamento canino di Emmett aveva suscitato.
-Bella, cosa stai guardando?-
Mi voltai istintivamente, cercando con gli occhi quelli verdi di Bella, ma lei abbassò subito il capo e tutto quello che potei fare fu guardarle i capelli scuri che le oscuravano il volto. Per la prima volta, mi chiesi cosa pensasse non per via di una stupida, egoistica curiosità, ma spinto dal dispiacere di quanto dovessi averla impaurita, la settimana prima. Nonostante l'evidente coraggio (e, a dirla tutta, l'avventatezza) che aveva mostrato il lunedì precedente, la sua timidezza era chiara come il sole.
-Edward Cullen ti sta fissando.- le bisbigliò Jessica con aria ammiccante; in realtà, dentro era rosa dall'invidia.
-Non sembra arrabbiato, vero?- Mi sentivo una merda, avevo voglia di sprofondare.
-No, dovrebbe esserlo?-
-Credo di non piacergli.- Poggiò la testa sul braccio.
-Ai Cullen non piace nessuno... beh, non fanno abbastanza caso agli altri per apprezzarli (#nda: quest'ultima frase l'ho tradotta io dall'inglese, anche perché non so cosa si siano fumati quelli della casa editrice mentre lo facevano: nella versione italiana non ha alcun senso, lo avete notato?#). Ma lui continua a fissarti.-
-Smettila di guardarlo.- le sibilò l'altra infastidita, alzando il capo per assicurarsi che Jessica le obbedisse.
Per tutto il resto della pausa pranzo, non mi degnò di un'occhiata e nessuno dei suoi amici era abbastanza concentrato su di lei da offrirmi una buona visuale del suo viso. Ero divorato dalla frustrazione.
Ormai avevo deciso: sarei andato a quella maledetta lezione.
Non appena mi risolvetti, Alice entrò in trance e io mi concessi di dare una sbirciatina al futuro. Avrei sofferto, molto; ma, a meno che non cambiassi radicalmente idea, Bella sarebbe dovuta uscire indenne dall'aula di biologia. Quel condizionale però mi faceva sentire sempre più spregevole.
Alice mi fissò a lungo, con aria penetrante; cercava di stimare il mio autocontrollo. "Sei sicuro? Hai tutto il tempo del mondo per farlo." Era auspicabile che io rassicurassi fino ad un certo punto quella ragazzina, per prevenire dicerie, se davvero avevamo intenzione di restare.
Annuii impercettibilmente, senza farmi notare da Emmett e Rosalie; ma a Jasper non sfuggì il nostro scambio. A volte il suo intuito era spaventoso.
"Andrà tutto bene, ti vedo molto determinato; solo non abbassare la guardia e prendi qualche precauzione." Gli feci un sorriso in ricompensa di quel fiducioso incoraggiamento.
Attorno a noi la folla cominciò a defluire verso le uscite; anche Bella, sempre rifiutandosi di guardarmi, si alzò e s'incamminò in direzione dell'aula. La seguii con lo sguardo, sovrappensiero: sperai che quella non fosse l'ultima volta che la vedevo sulle sue gambe.
Non appena scomparve nel corridoio, mi alzai e feci per dirigermi anch'io verso l'esterno, ma fui bloccato all'istante dalla mano possente di Emmett.
-Cosa pensi di fare?- "E che, non avrà intenzione di ucciderla?"
-Vado a lezione.-
Rosalie mi guardò allibita. "Ma aveva detto..."
-...che avrei valutato se fosse il caso o meno, nient'altro.- completai per lei, aspettando l'esplosione. Che non tardò ad arrivare.
"Coglione di un Cullen! Vuoi costringerci a levare le tende prima del previsto? Proprio ora che abbiamo quasi finito le superiori? Devi costringerci a ricominciare da capo? Idiota, deficiente, testa di cazzo,..." La sua espressione era quasi più terrificante di quello che progettava di farmi. Sogghignare mi venne spontaneo.
-Togliti quel sorrisetto dalla faccia!- borbottò tra i denti. Avevo una gran voglia di rammentarle quel particolare che sembrava aver scordato, che dopo il Maine lei era l'ultima a potermi fare un rimprovero, ma mi trattenni per il bene comune. Schernirla per i suoi errori era un modo sicuro di rovinare la giornata a tutti.
Con dolcezza, mi liberai dalla presa di Emmett, che mi guardava implorante. "Non incazzarmela!" Di Bella, gli importava poco.
Li salutai con più disinvoltura di quanto avessi in realtà e abbandonai la mensa.
Se avessi perso il controllo, non ci sarebbe stato nessuno in grado di fermarmi.
Egoista senza cervello.


PS: Se vi state chiedendo quando inizierò a cambiare la storia, avverrà fra due capitoli. Nel prossimo (previsto a grandi linee per il fine settimana, dipende da quanto greco devo studiare) comincerò solo a delineare qualche modifica.
Bacio
Darcy




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Capitolo 4
*** Anomalia ***


Sangue ed acqua

Buon pomeriggio! Ecco qua, direttamente dal mio computer, il capitolo vigilia della grande svolta! Nel prossimo finalmente farò succedere qualcosa, giuro. Prima di risolvere completamente il mistero ce ne vorrà un po', ma non tanto.
Grazie a quelli che mi hanno messo fra i preferiti (sono orgogliosa di affermare che hanno raggiunto quota sedici!) e alle recensioniste.

Anomalia
Gli insulti mentali di Rosalie erano talmente sonori da essere perfettamente udibili perfino nel bagno dei maschi, a poca distanza dall'aula di biologia. Inspirai un'altra zaffata del tanfo che permeava i muri piastrellati delle latrine. Disgustoso. Assolutamente disgustoso. Proprio quello che mi ci si sarebbe voluto per resistere, almeno un poco, al profumo di Bella.     Mi riempii i polmoni di quell'aria nauseabonda e bloccai la respirazione, preparandomi ad uscire dal mio rifugio.

Mancavano due minuti scarsi alla campanella quando entrai nell'aula. Bella era quasi sdraiata sul banco, con il naso a pochi centimetri dal quaderno su cui scribacchiava incessantemente qualcosa. Non capire che cosa non fece che aumentare il mio fastidio. Tutt'attorno, gli altri chiacchieravano animatamente, si facevano scherzi idioti, interagivano insomma; invece lei se ne restava composta nel suo posticino accanto alla finestra, con i capelli fatti scendere in modo da nascondere il volto e il quaderno da sguardi indiscreti. Perché? Perché, nel corso di un'intera mattinata di doppio controllo segreto, non ero riuscito a cogliere discorso più lungo di quello che aveva fatto con Jessica?  Perché lasciava che fossero sempre gli altri a guidarla, in ogni campo? Non aveva carattere, quella ragazza?
Spostai rumorosamente la sedia; dubitavo che si sarebbe accorta di me altrimenti. Non stavo rischiando la sua vita e la mia coscienza per farmi ignorare un'ora intera (egoista, egoista,...).
L'occhiata glaciale che mi scoccò mi convinse che avevo torto, eppure non riuscivo a conciliare i due aspetti che avevo scoperto fino ad adesso. Era timida e introversa o coraggiosa e incurante del pericolo quanto nessun umano era mai stato in mia presenza? Di solito la gente, inconsciamente avvertita dall'istinto di sopravvivenza, evitava perfino di incrociare il nostro sguardo. Al contrario, quella ragazzina sottile come un giunco, talmente eterea che non mi sarei stupito più di tanto se un soffio di vento le avesse fatto prendere il volo, mi stava squadrando con aperta durezza.
Mi sedetti, facendo attenzione a restarle il più distante possibile: nonostante la sete non fosse torturante quanto la mia completa mancanza di intuizione, la visione della pelle candida della sua nuca aveva messo all'erta il mostro; avrebbe tentato il colpo non appena avessi abbassato la guardia.
Pensa alla puzza del cesso, pensa alla puzza del cesso,...
Sebbene fossi rigido come un palo, cercai di mostrarmi disinvolto sfoderando uno di quei sorrisi senza canini che di solito abbagliavano gli esseri umani. -Ciao. Mi chiamo Edward Cullen. La settimana scorsa non ho avuto occasione di presentarmi. Tu devi essere Bella Swam.- E con questo un terzo della mia riserva d'aria era andata.
Aspettai per qualche secondo una reazione, arrivando a chiedermi se magari non avesse problemi d'udito o di vista. Sembrava non aver minimamente notato il mio sorriso, ne il mio tono di voce amichevole. Quando giocavo davvero sporco (come ora), le umane immancabilmente si scioglievano come burro al sole.
Alla fine, scorsi un'ombra di dubbio nella sua espressione severa. Dubbio e sospetto.
Aveva paura di me, ma non voleva darlo a vedere. Cominciavo a capirci qualcosa. Alla buon'ora.
Si mosse talmente in fretta da cogliermi impreparato; raddrizzò di colpo la schiena, portandosi i capelli dietro le spalle, sempre senza perdermi di vista, come se stesse aspettando che facessi qualcosa. Il mostro approfittò della sorpresa per impossessarsi del mio corpo e ci riuscì pure, per una frazione di secondo: la vidi raggelare, con gli occhi spalancati; scorgere nelle sue iridi verde chiaro il riflesso del mio volto deformato mi fece rinvenire.
Pensa alla puzza nel cesso...
Le rivolsi un altro sorriso, stavolta più marcato, ma lei abbassò il capo. A quel punto la campana suonò e il professor Banner mise fine al chiasso.
Cazzo, non ero riuscito a strapparle nemmeno un monosillabo.
Il professore espose brevemente l'esperimento di quell'oggi; fortuna volle che avremmo dovuto lavorare in coppie.
Quando la spiegazione si concluse, mi volsi verso Bella, che nel frattempo aveva ripreso a sbirciare nella mia direzione; tutte le volte che avevo colto il suo sguardo, mi era parsa più curiosa che altro.
Il mistero si infittiva.
-Prima le donne, collega?- questa volta, gettai all'aria ogni precauzione e le feci un vero sorriso, sperando che il suo inspiegabile coraggio le facesse ignorare i miei canini aguzzi. Parve funzionare: gli angoli delle labbra le si incurvarono un poco verso l'alto, come se il mio entusiasmo fittizio richiedesse un'emulazione. Annuì leggermente, con una postura un po' meno tesa. Se vedere la mia dentatura le faceva quest'effetto, era meglio tenerlo a mente.
Che però non avesse ancora spiccicato parola era piuttosto preoccupante.
Tirò a se il microscopio, vi pose il primo reperto e mise a fuoco l'ingranditore. Se ne scostò con assoluta sicurezza. -Profase.- Udire la sua voce mi fece sorridere come un imbecille.
-Ti spiace se controllo?-
A quel punto, commisi un errore imperdonabile. Prima che rimuovesse il vetrino dal telescopio, senza nemmeno pensarci, la afferrai per un polso. Il piacevole formicolio che mi attanagliò la mano rischiò di farmi perdere di nuovo il controllo. Sentivo le pulsazioni del cuore, il tepore della pelle, il flusso del sangue... Ci mancò davvero poco. Fu la reazione, o meglio l'assenza di reazione di Bella, a sconvolgermi al punto da farmi dimenticare le mie percezioni. Non si sottrasse alla mia presa, non rabbrividì nemmeno; si limitò a fissare spiazzata i miei occhi che, lo avvertii impotente, si erano rabbuiati per un attimo.
Fu questione di un attimo: con una scusa bofonchiata interruppi il contatto e trassi a me il microscopio, soffermandomi a studiare il reperto più di quanto mi fosse necessario. Credendosi non vista, Bella aveva rialzato gli occhi e aveva preso ad osservarmi il viso con apprensione.
Aveva paura dei miei sbalzi di umore, ma non era minimamente turbata dalle peculiarità tipiche della mia razza.
Nessun umano mi aveva mai toccato senza ritrarsi immediatamente.
-Profase.- Le confermai senza staccarmi dal microscopio, per darle il tempo di distogliere lo sguardo prima che mi volgessi nella sua direzione. Non volevo assolutamente più vederla arrossire, cosa che sarebbe inevitabilmente successa, se l'avessi sorpresa a studiarmi. Il suo volto era molto espressivo, quasi un libro aperto: potevo approfittarne per compensare il suo mutismo mentale. Nonostante ciò, comunque, ci stavo capendo ben poco. Quanto erano state vane tutte le mie pretese di conoscere il genere umano come le mie tasche, se bastava un'adolescente media a mettermi in difficoltà!
Proseguimmo con questo ritmo, parlando solo per dichiarare il risultato dell'analisi e passandoci il microscopio senza più sfiorarci. Era molto brava, io pure (modestamente) ed entrambi non avevamo nulla da dire che non concernesse la materia: la logica conseguenza fu che dopo un quarto d'ora avevamo concluso l'esperimento. Avevo un'intera mezz'ora per conquistare la sua fiducia: era quello che ero andato cercando, ma ora che ne avevo l'opportunità, esitavo. Il fatto era che con lei mi sentivo così... vulnerabile.
Fissai il suo corpicino sottile e mi venne da ridere al constatare la mia idiozia. Tutto nella sua figura traspariva fragilità, come se non bastasse un mostro dentro il mio petto continuava a premere affinché la uccidessi e io avevo paura di lei?
Adesso ne andava del mio orgoglio: l'avrei costretta a parlare.
Mi misi a cercare un pretesto per attaccare il discorso, ma il fatto che mi avesse voltato le spalle e stesse osservando le gocce di pioggia che cadevano copiose non era d'aiuto.
-Peccato che si sia rannuvolato, eh?- Avrei dato qualunque cosa pur di fare a meno di ricorrere ad un modo così scontato di attaccar bottone, ma non mi era saltato in mente nulla di meglio da dire.
Bella si girò di scatto esattamente come prima, ma questa volta ero più preparato e la accolsi con l'aria più disinvolta che riuscii a simulare. Mi fissò negli occhi per qualche istante, poi parve rilassarsi. Dentro di me esultai per la soddisfazione.
-A dire il vero, no.- confessò dopo un secondo di pausa che mi fece temere di non cavare di nuovo un ragno dal buco.
-No?- le feci eco come un babbeo prima che riuscissi a trattenermi. Cretino, cretino!
-Mi piace la pioggia.- si affrettò a spiegare, imbarazzata. Ora ero davvero disorientato: perché accidenti stava arrossendo?
-Come mai?- le domandai di getto, senza accorgermi che dimostrarle tutto il mio morboso interesse era un ottimo modo per farla fuggire; forse, però, sarebbe stato pure meglio così. -Voglio dire, di solito la gente si gode le giornate di sole, non di pioggia...-
-A me invece il sole e il caldo danno fastidio.- ribatta, abbassando il capo. -Vorrà dire che non sono normale.-
Mai detta cosa più vera.
Ora però il mio problema era un altro: la mia riserva d'aria, che era andata progressivamente scemando nel corso della lezione, era quasi esaurita. Aspettai che Bella si distraesse per arrischiarmi a prendere un breve respiro.
Eccolo lì, il dolore che avevo visto nella premonizione di Alice. Il mio corpo si tese automaticamente, spasmodicamente, verso la mia compagna di banco, cercando di divincolarsi dalla presa della ragione che lo teneva ancorato alla sedia. Ma tutto sommato, era sopportabile rispetto al tumulto interiore della settimana precedente.
Tornai a concentrarmi su di lei, sforzandomi di trovare un modo per superare il suo riserbo. Stava giocherellando con il portachiavi attaccato al suo portapenne, pensierosa; da dietro di noi, le fantasie di Mike Newton erano così rumorose e volgari che dovetti davvero impegnarmi per contenere il fastidio. A dirla tutta, non capivo cosa ci trovasse di tanto interessante in lei: troppo stupido per cogliere l'unicità di Bella, sapeva solo pensare al suo corpo, che era proprio il suo aspetto meno straordinario. Era molto carina, senza dubbio, ma nulla fuori dalla norma; nulla che giustificasse tanta passione. Aveva il viso troppo appuntito, le guance troppo scarne: i tratti finissimi, in aggiunta alla trasparenza dell'incarnato, la facevano apparire... evanescente. Mi chiesi se per caso non fosse anoressica.
Lei si accorse del mio esame accurato e sbirciò ansiosamente nella mia direzione; quando incontrai i suoi occhi, ne notai l'impossibile sfumatura di limpido verde acqua. Erano bellissimi, questo dovevo concederglielo.
-Porti le lenti a contatto?-
Cosa? -No.-
-Oh. Mi sembrava di aver notato qualcosa di diverso nei tuoi occhi.-
Cazzo. Forse avevo sottovalutato quella ragazzina, in apparenza così fragile e inoffensiva. Con una sola domanda era riuscita a mettermi con le spalle al muro, quando era da venti minuti che io ci provavo invano.
Certo che aveva notato qualcosa di strano. Non era affatto normale che gli occhi di uno passassero dal nero al dorato, ma nei sessant'anni che avevo trascorso in mezzo agli umani, nessuno me ne aveva mai fatta parola. E ora quella Bella, che, oltre ad essere immune ai miei poteri, aveva anche il sangue più appetitoso che avessi mai odorato, se ne saltava fuori dal nulla e veniva a mettere nel sacco me, quello che secondo le mie rosee previsioni sarebbe dovuto essere l'inquisitore.
Mi stavo facendo gabbare da una mocciosa nata l'altro ieri. Logica conseguenza: nonostante tutte le arie che mi ero sempre dato, ero un'idiota.
Mi strinsi le spalle e abbassai lo sguardo sul suo quaderno, ora in bella mostra sul banco. Lessi che, fra le spirali e i fiorellini sgraziati che aveva scarabocchiato a matita, c'erano anche dei nomi; uno era ripetuto più spesso degli altri.
Entusiasta di aver forse trovato un filo di Arianna in quel gomitolo inestricabile che era la sua mente, mi lasciai scappare la domanda prima che il buon senso me ne suggerisse tutta la sconvenienza.
-Chi è Nicole?-
Il pensiero che forse poteva essere sua madre mi colpì come un pugno allo stomaco. Non mi ero informato un granchi sulla sua storia familiare (avevo di meglio da fare, io), ma tutti in paese sapevano che la ex moglie dell'ispettore era morta il dicembre precedente; non ne ricordavo il nome, ma rammentai con un ulteriore tuffo al cuore che c'entrava qualcosa con il francese...
Ero stato così preso da me stesso da dimenticare che la ragazza davanti a me aveva appena perso sua madre.
La tristezza che per un attimo le balenò sul viso mi fece venire una voglia immensa di volatilizzarmi.
-Scusa- mi affrettai ad aggiungere. -Se non ti va, non rispondermi.-
-No, no, è tutto a posto.- mi dedicò un sorriso tremulo; i suoi occhi però tradivano una profonda malinconia. Era chiaro che senza volerlo avevo toccato un tasto dolente, ma invece di mandarmi al diavolo come altri avrebbero fatto, tentava di mettermi a mio agio, di tranquillizzarmi.
Stava cercando di rassicurare un vampiro. Se fossero piovute ciambelle dal cielo e Homer Simpson si fosse messo a rincorrerle, non sarei potuto essere più allibito dall'assurdità della situazione.
E mi aveva sorriso...
Azzardai un altro respiro mentre Bella teneva lo sguardo abbassato, come a schiarirsi le idee.
-Nicole è mia zia da parte di madre.- riprese, senza alcuna traccia di incertezza nella voce. Semmai, parlava con grande affetto.
-Devi volerle molto bene.- Non le avrei più permesso di rinchiudersi nel suo guscio, a costo di apparire scortese e ficcanaso.
-Si, è come una sorella per me.-
-Ti manca?-
Lei inarcò un po' le sopracciglia per la sorpresa. -Tantissimo.- sospirò alla fine.
-Dov'è adesso?-
-Studia biologia all'università del Massauchuttes.-
-E' per questo che sei così brava in scienze? Perché ti facevi dare ripetizioni a sbafo da lei?-
-Solo un pochino. Comunque, brava mi sembra esagerato; diciamo che me la cavo.- mi sorrise accondiscente.
-Certo.- Feci in modo che il mio aperto scetticismo non fosse così sfacciato da sconfinare nell'adulazione, ma non riuscii a celare del tutto quanto fossi preso da lei. -E, di grazia, in quali altre materie te la cavi?-
-Beh, mi piace letteratura inglese...- E questo valeva più di mille parole: avevo davanti una divoratrice di libri.
-Autori preferiti.-
Arrossì un poco, forse per l'imbarazzo; poi tutto d'un tratto si fece severa, con lo sguardo più affilato della lama di un coltello, ma non me ne feci un cruccio. Ormai avevo rinunciato a capirla.
-Jane Austen e Emily Bronte.-
Inconsciamente intuii che dalla mia replica dipendeva l'esito del discorso. -Mmh, sono i preferiti di mia cugina Rosalie.-
-La bionda?-
-Proprio lei.-
A quel punto fummo interrotti dal professore, che si era messo a raccogliere i risultati dell'esperimento, e giusto qualche secondo dopo la campana suonò, decretando la fine dell'ora. A malincuore, guardai Bella uscire dalla classe e venire subito abbordata da un fin troppo entusiasta Mike Newton, che iniziò a lagnarsi della difficoltà della lezione, da idiota qual'era.
Io mi trascinai fuori dall'aula, sforzando di ignorare il fastidio che mi dava spiare Bella tramite il moccioso Newton. Lui era così viscido, subdolo; cercava di affascinarla fingendosi il ragazzo premuroso della porta accanto, invece di rivelare quello che era, ovvero un diciassettenne arrapato e affamato di sesso.
Beh, da che pulpito, ronzò una vocina incredibilmente simile a quella di Rosalie dentro la mia testa. Tu hai sete del suo sangue...
Già.
Tu sei un mostro.
E' vero.
Ma non solo. Tu vuoi pure conoscerla meglio.
Non posso negarlo.
Tu devi girarle al largo.
Hai ragione.
Bella è troppo buona per essere sporcata da feccia come te.
Perché, per quanto fossi stupido e pazzo, sapevo ancora riconoscere una brava persona quando ce l'avevo sotto il naso.
Troppo pura e innocente per meritare la morte per mano tua.
Se l'avessi uccisa, non me lo sarei mai perdonato. Mai.
Era deciso. Le sarei stato lontano e non avrei mai più permesso alla curiosità di sopraffarmi.
-Ehm... Edward?-
Ero appoggiato al davanzale davanti all'aula di biologia, ad occhi chiusi; il sistema respiratorio naturalmente era inattivo ed ero troppo impegnato con la mia arringa mentale per far caso ai rumori attorno a me. Quando sentii una Bella esitante pronunciare il mio nome, quasi sobbalzai dalla sorpresa.
Mi stava dinnanzi, con il libro di biologia in mano.
-Credo di aver fatto confusione con il tuo...- Era in palese disagio.
Le rivolsi un sorriso tirato e senza proferir verbo aprii lo zaino e le diedi il suo libro, riprendendomi il mio.
Non distolsi mai lo lo sguardo dai suoi occhi. Dentro di me, la vocina di Rosalie stava combattendo contro il mostro che mi sbraitava di azzannarla e un nuovo, ignoto aspirante al dominio del mio cervello che mi urlava di non starmene impalato come un baccalà, di dirle qualcosa, qualunque cosa.
Intanto il disagio di Bella cresceva a vista d'occhio: aveva abbassato lo sguardo a terra e spostava goffamente il peso da una gamba all'altra. Evidentemente aveva intuito che ero affetto da qualche forma di schizofrenia. La mia non era solo una doppia, ma addirittura una tripla personalità.
-Beh, io vado a ginnastica... Ci vediamo, ok?- Mi lanciò un'ultima occhiata apprensiva ed imbarazzata, aspettando forse che le rispondessi.
-Ah, ok. Ciao.- Idiota, idiota! Sia il mostro che l'innominato erano fuori di se dalla frustrazione.  
Aspettai che si fosse allontanata abbastanza per tirare un calcio delicato alla parete, desiderando con tutto me stesso di essere umano, anche solo per poter prendere a pugni i muri senza preoccuparmi di non sbriciolarli.
E per poter fare quello che la terza voce diceva.

Per favore, aspetto recensioni. Come vedete, mi sono avventurata nell'invenzione dei dialoghi, perciò ci tengo a sapere che ne pensate.
Bacio
Darcy











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Capitolo 5
*** Fenomeno ***


Sangue ed acqua

Ed ecco che forse, ma solo forse, faccio succedere qualcosa... non troppo, lo ammetto, ma almeno comincio a delineare le mie famose modifiche... Grazie mille agli 8 nuovi preferitisti e alle recensioniste:
 annalisa70: grazie!
Toru85: Grazie, questa è ben la seconda recensione che mi fai! 
 sa chan: finora Bella sembrerebbe normale, ma... leggi per scoprire!

giògiò16: Nah, non ci credo che tu sia malata di mente... Sei troppo simpatica e divertente per esserlo! Grazie delle tue lodi, erano molto eloquenti.

Fenomeno

Avevo sempre odiato l'assoluta mancanza di privacy che devi subire in una casa infestata dai vampiri. Però quella sera avevo constatato un mutamento d'ottica nella mia avversione: fino ad allora, la cosa più insopportabile era non poter ignorare quello che ogni tanto (spesso) succedeva nella stanza accanto, quella di Alice (e potevo ancora dirmi fortunato che non fosse quella di Emmett e Rosalie...), visto che non avevo mai avuto nulla da nascondere o di cui potessi provare il benché minimo imbarazzo. Adesso, con un terzo della mia famiglia al corrente delle mie lotte interiori, non capivo come facessero a tollerare anche solo il fatto che io li sentissi urlare nel bel mezzo di un orgasmo, per non parlare del mio fastidioso dono.
Jasper si era dimostrato discreto come sempre: non ne aveva fatto parola e si era limitato a canzonarmi bonariamente in qualche recesso del suo cervello. Più passava il tempo e più mi stava simpatico.
Alice era tutto un altro paio di maniche. Era stata così gentile da non tradirmi spiattellando la mia indecisione agli altri (se fosse stato altrimenti, Rosalie sarebbe già venuta a farmi visita con intenzioni ben poco amichevoli), ma di sicuro tramava qualche losco piano. Il fatto stesso che quella notte si fosse tenuta assiduamente impegnata con Jasper, per evitare una mia intromissione, ne era la prova lampante.
Stavo diventando paranoico. Ora non si poteva più fare sesso senza che io credessi di c'entrarci qualcosa.
Da parte mia, ero andato a caccia, aggiungendo così tanto sangue alla precedente quantità che, se il giorno prima ero stato un otre che cammina, adesso ero una cisterna ambulante. In compenso, apparivo più umano di quanto non fossi mai stato: la mia pelle era quasi rosa, le mie guance colorite, i miei occhi nemmeno lontanamente screziati di nero o rosso.
Non mi ero mai fatto così schifo.
Il fatto stesso che fossi andato a caccia significava che avevo ceduto a quella che avevo decretato fosse curiosità. A poco erano valsi tutti gli insulti e gli ordini della coscienza, che mi urlava di partire e non tornare mai più, per il bene di tutti. Di smetterla di fare il bambino. Di crescere, insomma.
Come se avessi potuto. Perché tra i tanti vantaggi dell'immortalità c'è anche la condanna all'immobilità eterna, ovvero: sarei rimasto per sempre un adolescente frustrato, egocentrico e schiavo degli ormoni e nemmeno secoli e secoli d'esperienza avrebbero potuto cambiare il modo in cui funzionava il mio cervello.
-Posso darti un consiglio? Così magari ti decidi...-
Alice era comparsa sulla soglia con un sorriso serafico che mi fece venir voglia di prenderla a schiaffi.
-Tanto ormai l'avrai capito che sono troppo egoista per cambiare idea-
-No, io parlavo dell'abbigliamento.- Mi corresse con un sorrisino benevolo.
Guardai allibito il suo riflesso nello specchio; solo lei avrebbe potuto preoccuparsi di vestiti in una situazione del genere.
Mi si avvicinò danzando e mi spinse da parte, mettendosi a rovistare nell'armadio, mentre io, un deficiente in boxer e canottiera, mi chiedevo se ci fosse limite alla sua irresponsabilità.
Alla fine riemerse con i jeans più griffati che era riuscita a farmi accettare e una camicia nera a maniche corte. 'Con questi addosso, la sfido a non cadere a terra in adorazione...'
-Frena un attimo, Alice.- la interruppi riemergendo dalle mie elucubrazioni. -Non devo mica affascinarla.-
-Ah no?- 'Ma cosa sta blaterando?' -E che pensi di fare, se non sono indiscreta?-
-Si, lo sei molto.- la informai irritato.
-Era solo una domanda retorica.-
-La mia replica invece era un dato di fatto.-
-Circostanza che, tra parentesi, non mi interessa minimamente. Ora rispondi...- '...o riferisco a Rosalie le tue intenzioni.'
Accidenti a quel folletto diabolico... Per un attimo vagliai le mie possibilità: confidarmi con Alice o scatenare Rosalie prima del necessario? La prima avrebbe inferto un duro colpo alla mia ormai traballante autostima, la seconda avrebbe messo a dura prova la mia sopportazione e, nelle condizioni in cui mi trovavo, scatenato un conflitto atomico.
-Non lo so.- ammisi alla fine. -Innanzi tutto, spero ancora che da qualche parte si risvegli il buon senso e mi impedisca di avvicinarmi; altrimenti, solo parlarle, solo soddisfare la curiosità.-
Alice mi fissò spiazzata; i suoi pensieri turbinavano così velocemente e confusamente che ebbi difficoltà a starle dietro. 'Curiosità?' Era incredula.
-Certo.- risposi per lei, sulla difensiva. -Cosa credi, che voglia soddisfare la sete?- Ero perfettamente sincero e lei se ne accorse.
'Non lo hai ancora accettato, vero?' mi chiese con un'espressione che non riuscii a decifrare. Sembrava malinconica. 'Ti stai riempendo la testa di seghe mentali, giusto?'
-Seghe mentali?- le feci eco incerto. Non capivo dove volesse andare a parare.
'Del tipo sono un mostro, non la merito e affini?'
Se avessi potuto, sarei arrossito davanti alla sua capacità di penetrazione.
-Beh, a me sembrano la pura verità.- ribattei spavaldamente; al notare quanto si stesse intristendo, mi dispiacque un po' della mia irruenza e cercai di rassicurarla. -Comunque non è problema, non mi importa così tanto di Bella...- Per qualche ragione, mi sembrava di starle mentendo.
Nel arco di un attimo, passò dalla mestizia alla rabbia. 'Mi stai prendendo in giro?'
-No, no.- battei in ritirata precipitosamente. Ora non capivo nemmeno più lei, oltre che Bella.
Lei continuava a fissarmi ostile.
-D'accordo, un po' mi dispiacerà, ma sopravviverò.-
Davanti alla mia confessione, Alice parve calmarsi.
'Vedo che parli al futuro, come se fosse qualcosa di deciso.'
-E allora?-
'Non ti sfiora nemmeno l'idea che lei potrebbe piacerti?' Il suo tono era simile a quello di una che spiega un'ovvietà a un deficiente.
Dentro di me, il mostro e la curiosità applaudirono.
-No.- mentii spudoratamente.
Certo che ci avevo pensato; per quanto la coscienza fosse a fatica riuscita a ridurre quell'ipotesi ad una semplice possibilità, invece di riconoscerne la fondatezza, non ero così cieco da ignorare che non ero mai in vita mia stato così preso da un essere umano, e neppure da un vampiro, a dirla tutta.
Il fattore determinante era stato la mia arroganza, un curioso misto di senso di superiorità e d'inadeguatezza che solo uno scherzo della natura come me poteva concepire. La mia capacità di leggere le menti altrui mi aveva reso presuntuoso: sapendo sempre cosa la gente pensasse, mi ero sentito autorizzato a dividere il mondo in persone meritevoli di considerazione e persone insignificanti o peggio ancora marce dentro. Man mano che passava il tempo e mi allontanavo da quello che era stata la mia umanità, tendevo sempre più a considerare la porzione di genere umano che mi stava attorno come rientrante nella seconda categoria. A quell'epoca, solo la mia famiglia e qualche genio che doveva pur esistere o perlomeno essere esistito meritavano la prima qualifica. E fino a lì sarei ancora stato un comunissimo snob con la puzza sotto il naso, come tanti altri che popolavano la seconda e più folta schiera.
Però restava da considerare il fatto che ero terribilmente invidioso di loro, che avrei dato qualunque cosa pur di essere come loro. Una persona anziché un assassino.
Tutto questo si traduceva in un controsenso che la mia mente malata aveva partorito nei miei numerosi momenti di solitudine: alla fin fine, qualunque umano, per quanto stupido, meschino o perfino malvagio, era infinitamente migliore di me, creatura di pietra senz'anima e senza cuore; potevo solo rivendicare una superiorità intellettuale con cui cercavo disperatamente di consolarmi. In breve: mi illudevo di essere misantropo perché nessuno era alla mia altezza, ma in realtà ero io a non sentirmi all'altezza degli altri.
Il pensiero di Bella, in quella notte più interminabile delle altre, mi aveva costretto ad ammettere di provare una paura folle di lei, del giudizio che avrebbe potuto, che avrebbe di sicuro formulato su di me, se solo avesse conosciuto la mia vera natura. Perché lei non avrebbe potuto far altro che ritrarsi con terrore e disgusto davanti alla verità.
Ma del resto, perché mi sarei dovuto curare dell'opinione di una ragazzina?
Già. Perché?
'Edward, devi smetterla.' Alice mi aveva poggiato le mani sulle spalle e aveva avvicinato il viso al mio, alzandosi sulle punte dei piedi. Senza nemmeno pensarci, piegai le ginocchia per facilitarle l'impresa. 'Non ce n'era alcun bisogno.' mi brontolò lei, un po' offesa. Provai a sorriderle di rimando, ma mi uscì fuori una strana smorfia, più di dolore che d'allegria.
'Edward, non puoi continuare a piangerti addosso. Tutti noi abbiamo accettato ciò che siamo...'
-... dei mostri...- mi lasciai scappare fra i denti.
'...delle persone. Certo, un po' diverse, un po' pericolose,...'
Solo un po'?
'... ma di sicuro non dei mostri. Soltanto tu ti ostini ancora a odiare la tua natura.'
Mi stavo arrabbiando, non sopportavo quel tipo di discorso; avevo una grande voglia di correggerla, di ricordarle che ero io quello che sapeva leggere nel pensiero, di raccontarle anche solo qualche aneddoto riguardo il suo amato Jasper, ma la dolcezza con cui cercava di convincermi della mia bontà (per qualche strana ragione, in casa mi si reputava un santo) mi trattenne dal rinfacciarle tutto il lavoro che le restava da fare. La attrassi a me e me la strinsi al petto, affondando il naso in quella matassa di capelli scuri.
-Grazie del tentativo.- le bisbigliai affettuosamente all'orecchio in un fievole sussurro.
'Non ti convincerai mai, eh?'
-Ne dubito fortemente.-
Lei alzò il capo per guardarmi in faccia, con un sorriso malizioso. 'Forse ha ragione Emmett, per farla finita con le seghe mentali ti ci vorrebbe un po' di sana attività sessuale...'
Ed ecco che Alice, dopo uno straordinario risveglio dell'istinto materno, tornava in se. Sciolsi subito l'abbraccio, allontanandomi di scatto con un po' d'imbarazzo. Alice era speciale per rovinare le atmosfere.
Sentii l'improvvisa e incontrastabile necessità di buttarla fuori da camera mia.
-Bene, dopo questa tua uscita magistrale, puoi anche levare le tende.- le ordinai stizzito.
-Ma come! Dobbiamo parlare del tuo look!- Fece per sedersi sul divano, ma glielo impedii caricandomela in spalla come un sacco di patate.
Alice si mise a piantare dei calci e degli strilli degni di una bambina capricciosa, imprecandomi contro fra una risata e l'altra.
Al contrario, io avevo poca voglia di scherzare. -Un'ultima cosa.- aggiunsi mentre la posavo a terra nel corridoio.
-Che c'è?-
-Non mi sono perso nessuna visione mentre tu e Jasper eravate... indaffarati?-
-Guarda che puoi dirlo.-
-D'accordo, mentre facevate sesso estremo, contenta?-
Alice scoppiò in una risata argentina davanti alla mia espressione stizzita, divertita dalla mia reticenza a pronunciare la parola sesso. Che poi non era affatto vero, io non avevo alcun problema a discorrere di sesso. Volevo solo essere educato.
'No, non mi è giunto nulla di nuovo: ti vedo sempre assieme a lei a parlarle, non a mangiarla.' mi prevenì prima che potessi chiederle di nuovo precisazioni. ' Si vede che in realtà avevi già deciso ieri sera. Chissà come mai...' concluse, accompagnando al sarcasmo delle ultime parole una smorfia eloquente. Io ci rimasi a dir poco di merda, e lei se ne accorse, ma si rifiutò di proseguire lo stesso argomento e si concentrò sui vestiti. 'Mi raccomando, mettiti quello che ti ho detto io.'
In tutta risposta, le sbattei la porta in faccia. Mi appoggiai al muro, passandomi stancamente una mano sugli occhi. Alice aveva appena inferto una ferita mortale alla mia coscienza, riducendo tutti i conflitti interiori di quella notte ad una farsa costruita dal mio cervello al solo scopo di sentirmi meno spregevole.
Ripresi in considerazione l'idea di non farmi vedere a scuola e di nuovo, inspiegabilmente, percepii una tristezza incomprensibile attanagliarmi lo stomaco. Come ci si poteva aspettare che io partissi, se la sola prospettiva di saltare un giorno di lezione mi rivoltava le budella?
Schifoso, schifoso,...
Era più forte di me: dovevo andarci.
Indossai in fretta e furia i vestiti meno attraenti che erano sopravvissuti alle revisioni mensili di Alice (la sentii brontolare arrabbiata e offesa nella stanza accanto, mentre li sceglievo, e risi sommessamente) e mi catapultai fuori. Ora che avevo ammesso la mia debolezza anche a me stesso, ero impaziente di farla finita. Forse, ad un esame più accurato, quella Bella Swam non si sarebbe più rivelata straordinariamente buona e gentile come mi era parsa di primo acchito. Desideravo con tutto il cuore di scoprire che in realtà era solo una creatura meschina che simulava innocenza per attirarsi le simpatie della gente. E mi auguravo anche di non ucciderla, naturalmente.
Fai schifo...
Fui sfortunato: avevo confidato nel fatto che Rosalie restasse ancora un po' in camera sua a truccarsi (non avevo osato controllare per paura di sorprenderla nuda), invece la incontrai sulle scale. Lei mi osservò un po' perplessa: gli abiti che portavo erano troppo al di sotto dei nostri standard perché fosse verosimile che io stessi per presentarmici in pubblico, ma d'altronde la borsa con i libri di scuola lasciava poche alternative, dato che era ancor più inconcepibile che io volessi fare dei compiti a casa.
-Stai andando a scuola?- era allibita, ma nel tono di voce sorpreso già si discerneva distintamente qualche nota isterica.
Presi un respiro profondo, sperando di essere abbastanza calmo da tollerare la sua imminente esplosione senza mettermi ad urlare anch'io. -Si.-
'Io ti ammazzo. Stasera ti ammazzo. Ora non ho tempo, ma stasera lo faccio, quant'è vero che sono la più bella creatura di questo sputo di terra.' -Sai di essere morto, non è vero?-
L'inaspettata pacatezza sia delle sue parole che dei suoi pensieri mi lasciò di stucco. Dov'era finita la Rosalie attaccabrighe e litigiosa che conoscevo? Sondai la sua mente, ma stava pensando a tutt'altro (a sgradevoli particolari concernenti Emmett). Era ovvio che mi stesse nascondendo qualcosa, ma in quel preciso istante ero troppo sollevato di non doverne sopportare gli eccessi d'ira per preoccuparmene. -Mi sembra una giusta punizione.-
-Allora siamo d'accordo.- commentò, un po' minacciosa. Era come se si stesse sforzando di incutere terrore, cosa che di solito le veniva spontanea.
Prima Bella, poi Alice, adesso Rosalie; se dal giorno dopo non fossi nemmeno più stato in grado di capire quello che passava nel cervellino di Emmett, avrei potuto considerarmi definitivamente da buttare.
Mentre guidavo a tutta velocità verso Forks, quasi quasi sperai che la sfuriata arrivasse: almeno, sarebbe stato un piccolo ritorno alla normalità. Ma fortunatamente (o purtroppo, se ero diventato masochista), Rosalie si mantenne di buon umore per tutto il tragitto. L'unica ad avercela con me era Alice, adontata dalla mia scelta di abbigliamento.
Giungemmo a destinazione appena qualche minuto prima del suono della campana: la maggior parte degli studenti aveva preferito arrivare con un largo anticipo, dato che la pioggia del giorno precedente si era congelata, nel corso della notte, in un insidioso strato di ghiaccio. Mentre gli altri incedevano fra la folla di ritardatari, io rimasi appoggiato al cofano della Volvo, in attesa che il pick up rosso entrasse nel parcheggio. Dopo, non sapevo nemmeno io cosa avrei fatto.
Il trillo della campana, nitidissimo alle mie orecchie, mi gettò nel panico. E se non fosse venuta? E se fosse stata malata? Però Alice non aveva visto nessun imprevisto sul suo tragitto. A meno che...
Ma certo. Che stupido ero stato. La sera prima Bella aveva deciso di starsene a casa ed Alice lo aveva raccontato a Rosalie per farsi due risate alle mie spalle.
Un rombo spaccatimpani, in lontananza, interruppe tutti i piani di vendetta che avevo iniziato ad escogitare. Con un fastidioso groppo in gola, scaccia la smania che avevo di inspirare per capire subito se fosse lei o meno.
Fa che sia lei...
Il pick up sgangherato imboccò attentamente l'entrata del parcheggio; al posto del guidatore, c'era Bella. Sembravano secoli da quando avevo incrociato l'ultima volta quei limpidi occhi verdi. E tutto d'un tratto, senza alcuna ragione valida, contro la mia stessa volontà, mi sentii felice, certo che tutte le mie lotte interiori erano valse a qualcosa, che tutto il travaglio di quella notte sarebbe stato una benedizione, se la ricompensa fosse stata rivolgerle la parola.
La seguii con lo sguardo, incapace di distrarmene, mentre lasciava quel catorcio in un posto vuoto a circa duecento metri da me e usciva frettolosamente dall'abitacolo, sforzandosi di non ricambiare troppo la mia occhiata insistente. Frattanto che chiudeva a chiave il pick up (precauzione totalmente superflua, date le scarse probabilità che qualcuno glielo rubasse), la borsa, posata precariamente sul cofano, scivolò a terra, riversandovi tutto il suo contenuto. Con un'imprecazione soffocata, Bella si chinò a terra, mettendosi a raccogliere libri e quaderni.
Dovevo avvicinarmi adesso? O aspettare l'intervallo? La situazione era perfetta: non era rimasta anima viva se non io e lei. Fin troppo perfetta. Se avessi perso il controllo, sarebbe stata l'ideale come scenario di un omicidio.
Un'auto scura imboccò l'entrata del parcheggio e si mise a cercare freneticamente un posto libero, ma non vi prestai molto caso finché non mi accorsi della sconsiderata velocità con cui stava prendendo la curva sul ciglio della quale Bella aveva lasciato la macchina e stava inginocchiata a terra...
La mia mente non impiegò molto a calcolare la traiettoria del veicolo. Avrebbe investito Bella in pieno. La mia Bella.
Mia.
Senza riflettere, mi slanciai verso di lei, correndo al massimo delle mie capacità.
Non lei...
Le gomme dell'auto stridettero con un suono perforante sull'asfalto ghiacciato, che rese ancora più ingovernabile il veicolo. Bella alzò lo sguardo, incontrando per un attimo i miei occhi, con un'aria sbalordita. Non feci in tempo a chiedermi come fosse possibile che in quella frazione di secondo mi avesse fissato dritto in faccia, sebbene stessi correndo ad una velocità tale che un'umana non avrebbe dovuto scorgere di me altro che una macchia indistinta; un istante dopo distolse lo sguardo, rivolgendolo verso l'origine del frastuono.
E sparì nel nulla.

Nota conclusiva: ci tengo a sottolineare che l'ultima frase deve solo aggiungere suspense alla situazione, quindi non intendetela letteralmente. In poche parole: Bella non sparisce nel nulla, ma in quel momento ad Edward sembra di si. Per chiarimenti, aspettate il prossimo capitolo.





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Capitolo 6
*** In caduta libera ***


Sangue ed acqua

Scusate il ritardo mostruoso di questo capitolo, ma, sapete com'è, l'ispirazione era andata a farsi un giro e s'è degnata di visitare la mia umile testolina solo ieri sera (rendetevi conto che ho iniziato ben tre diverse versioni di questo capitolo e tuttora non sono molto convinta del risultato, perciò è un ordine: recensite!). Una mia amica mi ha detto che può essere un po' spiazzante il punto da cui riprendo la narrazione, perciò ve lo descrivo brevemente:  Bella naturalmente non è rimasta nemmeno lontanamente coinvolta nell'incidente ed Alice ha raccontato agli altri Cullen la visione che ha avuto sul conto di Edward; la scena inizia dopo le lezioni, quando Edward aspetta in macchina gli altri Cullen e sente qualcosa che non gli fa molto piacere...

Aggiungo solo i mie ringraziamenti ai 31 preferiti, a chiunque abbia letto, stia leggendo o leggerà e naturalmente alle bravissime persone che mi hanno lasciato un commento:
Toru85: nah, non ci vai neanche vicina... Bella è qualcosa che manco ti immagini... Se tutto procede secondo i miei piani, il mistero dovrebbe essere risolto in 3 capitoli; basta che non mi dilunghi troppo...
Dominic di PrincessMarauders: Grazie mille della tua sfilza di complimenti! Spero che l'attesa non ti abbia dato troppa noia.
Gotem: grazie molto in ritardo di aver recensito l'altra mia ff, orecchie. Non lo avevo notato soprattutto perchè (causa la mia traballante connessione ad internet) posso stare in rete solo dieci minuti alla volta e quindi sono sempre di fretta. Grazie ancora!

In caduta libera
Stavo scoprendo che il mondo era molto più vasto e sorprendente di quanto io, nella mia presunzione, avessi supposto. Da una trentina d'anni a quella parte, a causa dell'inalterabilità del corso che la mia simil esistenza aveva preso, mi ero sentito autorizzato ad annoiarmi e a lamentare fra me e me la monotonia della società in cui vivevo.
In due giorni scarsi, era cambiato tutto. Tutti quello che prima era contato qualcosa ora era passato in secondo piano.
Ero arrivato a considerare un membro della mia famiglia come ostile.
Possibile che una ragazzina potesse avere un effetto simile su di me? Possibile che un vampiro, una creatura immobile, immutabile, modificasse le sue priorità con tanta rapidità e senza nemmeno rendersene propriamente conto?
Jasper voleva uccidere Isabella Swam. L'unica conclusione a cui il mio cervello era riuscito a giungere era che di conseguenza Jasper era il nemico, malgrado l'affetto che ci legava  e le sue ragioni di cui forse, se fossi stato in grado di riflettere con chiarezza, avrei riconosciuto la plausibilità.
Ma andiamo, Bella pericolosa?
Si, certo, qualche ora prima aveva evitato l'impatto con quell'auto con una velocità impressionante, a stento percepibile dai miei sensi acuti; ma era pur sempre la ragazzina timida e impacciata che non aveva fatto altro che arrossire e distogliere lo sguardo dal mio durante l'ora di biologia. E, nonostante sapessi che Jasper aveva  formulato questo proposito solo ed esclusivamente per amore della sua Alice, per riluttanza ad esporla ad una seppur minima parvenza di rischio, non ero riuscito a frenare la rabbia cieca che mi aveva pervaso, non appena gli ebbi scorto negli occhi  la risolutezza.
Era più che ira, era odio. Stavo odiando mio fratello in nome di una sconosciuta. Che senso aveva?
Ma subito rievocai l'orrore della visione che avevo letto nella mente di Alice, pochi istanti prima, nel parcheggio quasi allagato dopo un intero pomeriggio di pioggia persistente: Jasper chino sul corpo di Bella, scosso dal ritmo regolare del suo respiro addormentato; Jasper che deturpava il biancore niveo di quella pelle e ne beveva il sangue...
Io che uccidevo Jasper. Perché non avrei avuto scrupoli a cancellare dalla faccia della terra il mostro che si fosse azzardato a farle del male, fosse anche stato un fratello, un amico.
Ero partito sgommando, senza aspettare che salissero in auto, per paura di abbandonarmi alla furia omicida che mi urlava di scaraventarmigli contro; tentando di ignorare l'istinto, procedetti lungo la strada tra il liceo e il paese, a quell'ora trafficatissima, concentrandomi per quanto possibile sul brusio dei pensieri altrui finché non trovai, grazie ai volgari apprezzamenti mentali di qualche moccioso arrapato, quello che cercavo.
Bella stava camminando sul marciapiede, sola. Il suo pick up era stato portato via dal carro attrezzi, dopo l'incidente, e fortunatamente Mike Newton quel pomeriggio aveva recupero di inglese, per cui non aveva potuto offrirle un passaggio a casa, con suo sommo rammarico e mia profonda gioia. Mi dava fastidio l'idea che Bella potesse venire importunata da quel moccioso (avevo sentito i suoi pensieri tutt'altro che cavallereschi e, sebbene non lo ritenessi abbastanza coraggioso o avventato da metterli in pratica, anche solo esprimerli a parole sarebbe stato qualcosa che avrei preferito risparmiare alla sua povera vittima), nonostante sapessi ormai quasi con certezza che lei non avrebbe corso alcun rischio; semmai, se qualcuno avesse tentato di infastidirla (mi prudevano le mani alla sola ipotesi), lei sarebbe corsa via più veloce della luce. O forse avrebbe rivelato una sua nuova, ignota dote e lo avrebbe incenerito con lo sguardo.
Si, effettivamente, per quanto ne sapevamo, Bella avrebbe anche potuto costituire una minaccia alla nostra incolumità, sebbene io restassi molto scettico; ma, se anche le cose fossero state così, non mettevamo noi stessi quotidianamente a repentaglio la sopravvivenza degli abitanti di Forks? Chi eravamo noi per rimproverarle la sua anomalia o potenziale pericolosità?
Jasper aveva torto marcio, punto e basta, e se non lo avesse compreso con le buone glielo avrei fatto capire con le cattive. Era senza dubbio il combattente più temprato e aveva dalla sua un'esperienza di quasi un secolo in un continuo campo di battaglia: tutte le nozioni di strategia che avevo, me le aveva impartite lui; inoltre, aspetto da non sottovalutare, c'era sempre la possibilità che giocasse molto sporco e influenzasse le mie emozioni, rendendomi arrendevole o distratto.  Il mio unico, ma non indifferente vantaggio, stava nella mia capacità extra di sentire in anticipo le sue mosse. Potevo farcela. Dovevo farcela.
Anche perchè qualcosa mi diceva che, se Jasper fosse riuscito a superare la mia opposizione, niente avrebbe più potuto salvare Bella da morte certa. Ero perfettamente conscio di quanto fosse inutile fasciarsi la testa prima di rompersela, ma non ero in grado di scacciare dalla mia mente la paura. Continuavo a pensare a Jasper, un'autentica macchina per uccidere, e a quella creaturina pallida, straordinariamente umana, all'apparenza. La premonizione di Alice era una potenziale conferma della fondatezza del mio terrore: aveva visto che, se Jasper avesse attentato alla sua vita, avrebbe raggiunto il suo scopo e solo allora io sarei riuscito a... Ora che non ero più così accecato dall'ira, mi era difficile contemplare la possibilità di ucciderlo.
Però il futuro poteva pur sempre cambiare.
Rallentai finchè l'auto non si ritrovò a procedere a passo d'uomo parallelamente al marciapiede e abbassai il finestrino con impazienza, portandomi di fianco a Bella. Lei non diede alcun segno di avermi notato.
-Ti serve un passaggio?-
Bella si fermò e mi guardò con affettata sorpresa. -Dici a me?-
Sapevo a cosa si stesse riferendo. Tre volte aveva cercato di rivolgermi la parola, nel corso della giornata, e ad ognuna io aveva risposto voltandomi dall'altra parte e fingendo di non aver sentito. Doveva essere tanto ansiosa di chiarire quanto lo ero io, solo che mi era stato domandato (o, per l'esattezza, imposto) dai miei cari fratelli di evitarla, senza che finissi per compromettere la nostra già precaria condizione. Non che importasse più molto quello che volevano o no, a quel punto: tanto, Jasper mi sarebbe stato ostile in partenza e qualunque speranza avessi mai potuto nutrire sull'appoggio di Rosalie era sfumata nel momento stesso in cui l'avevo piantata in asso sotto la pioggia; Emmett probabilmente si sarebbe lasciato condurre dove Rosalie voleva ed Alice si sarebbe schierata dalla parte del vincitore, ossia, se non riuscivo a salvare la situazione, di Jasper. Il mio unico alleato era Carlisle, che si sarebbe in ogni caso dichiarato contrario a qualunque assassinio; Esme, ne ero certo, avrebbe semplicemente lottato per mantenere la famiglia unita.
Dovevo ad ogni costo mettere al di là di ogni possibile dubbio le intenzioni amichevoli di Bella.
-Senti, mi dispiace di averti ignorata, oggi. Ti chiedo scusa.- le dissi con fervida sincerità, pregando che mi desse ascolto, per il suo ed il mio bene.
Lei rimase immobile, scrutandomi avidamente negli occhi. Forse stava cercando delle risposte o forse, non riuscii a trattenermi dallo sperare, era imbambolata tanto quanto lo ero io. Meglio non pensarci. Il fatto che davanti a quelle iridi verdi non riuscissi più a ragionare con chiarezza non implicava che il fenomeno fosse reciproco o, se anche lo fosse stato, che fosse corretto. Non potevo innamorarmi di Bella. Il mio compito, ormai l'avevo capito, era di proteggerla, anche da me stesso; al momento Jasper era la minaccia più incombente, ma ciò non toglieva che il mostro che ero restasse in agguato, in attesa di una falla nel mio autocontrollo.
-Scuse accettate.- borbottò a mezza voce, distogliendo lo sguardo. Cogliendomi totalmente alla sprovvista, riprese a camminare, senza aggiungere altro.
-Ma come, non sali?- le domandai precipitosamente. Perchè continuava ad avercela con me?
Idiota. Non era arrabbiata, aveva paura. Non voleva stare da sola in macchina con me.
E come darle torto? Se non fosse stato per le circostanze straordinarie in cui ci trovavamo, non avrei mai avuto l'egoismo necessario a chiederle di starmi così vicino in uno spazio tanto ristretto. Però avevo fiducia in me: la prospettiva di perderla mi angosciava al punto da sopire in buona parte gli istinti del predatore. In quel preciso istante, non riuscivo a vedere quella splendida persona (perchè se anche non era umana, una persona lo era di sicuro) come cibo.
Lei mi scoccò un'occhiata indecisa. -Mi piace la pioggia.- si limitò ad affermare, come se questo risolvesse la questione.
-Ti prego.- proruppi con fin troppa veemenza; ora, la mia supplica ricordava molto un ordine.
Non dovevo costringerla.
-Ti prego...- ripetei dolcemente, spiando con trepidazione le sue variazioni d'espressione e maledicendo la sorte che mi aveva voluto incapace di sentire i pensieri dell'unica persona di cui mi importava conoscerli.
Alla fine, la tensione sul viso di Bella si distese in un sorriso appena accennato. -Beh, grazie.- Mentre saliva in auto evitando accuratamente di incrociare il mio sguardo, ne approfittai per prendere un profondo respiro e lasciarmi portare pericolosamente alla deriva nel paradiso del suo profumo. La pioggia lo rendeva ancora più squisito, quasi irresistibile. Forse mi ero sopravalutato.
Fu il verde impossibile delle sue iridi a tenermi a galla, come un salvagente. Dato che non davo alcun accenno a partire, Bella si era voltata verso di me, con tanto di espressione ansiosa e cintura allacciata. Non potevo davvero prendere in considerazione l'idea di mangiare qualcuno con degli occhi simili.
Per un po' procedemmo in un silenzio teso, imbarazzato; ogni tanto sentivo il suo sguardo su di me, ma per la maggior parte del tempo lo tenne fisso in grembo. Io mi rifiutai categoricamente di guardarla, terrorizzato dall'idea di sorprenderla rossa in volto.
Non potevo continuare ad ignorarla per paura di farle del male, a meno che rinunciassi al mio scopo.
-Senti...- la sua voce mi fece quasi sobbalzare. -..., penso di sapere perchè hai insistito per darmi uno strappo fino a casa.- Oddio, cosa aveva capito? La sbirciai di nascosto: era terribilmente concentrata sulle sue unghie. -Voglio solo dirti che... beh, a parte la mia velocità, non sono pericolosa, se è questo che temi.-
Che perspicacia. Quanto aveva capito della mia (della nostra) situazione disperata?
-Non è per questo... Non è per questo che ti ho evitata, oggi.- Cercai il suo sguardo e lei non me lo negò. Volevo che leggesse la mia sincerità; volevo che fosse certa di non farmi paura. Doveva sapere senza ombra di dubbio che io ero dalla sua parte.
-Ma allora perchè?-
-Perchè mi era stato ordinato.- confessai, serrando impercettibilmente la mascella. Meglio farle almeno presagire il pericolo che stava correndo.
-I tuoi fratelli? Sono come te?-
Dio mio. Aveva capito quasi tutto.
Annuii rigidamente. Avrei dato qualunque cosa per possedere metà del suo acume; mentre lei mi strappava informazioni su informazioni, io continuavo a brancolare nel buio.
Feci per aprir bocca e porle io una domanda, ma mi precedette.
-Siete pericolosi?-
Il mio primo impulso fu di negare, negare fino allo sfinimento; ma Bella meritava più delle menzogne. E se la verità l'avesse fatta fuggire, tanto meglio per lei.
A mio proposito, non potevo affermare altrettanto: l'idea di espormi fino a quel punto, di spaventarla o addirittura disgustarla mi riusciva tanto insostenibilmente dolorosa da farmi quasi dimenticare ciò che avevo stabilito in precedenza. Ma il veleno che continuava a mischiarsi alla mia saliva restava sempre lì, a perenne memoria di quello che ero e di quello che non potevo permettermi.
Con la morte nel cuore, feci un grave cenno d'assenso con il capo e la spiai in volto, aspettandone la reazione.
Che non arrivò.
Dov'era il terrore che avevo pronosticato? Per quanto frugassi incessabilmente nei suoi occhi, non vi leggevo altro che incredulità e... fiducia.
-Che strano. E pensare che con te non mi sento affatto in pericolo.-
A questa affermazione rimasi in silenzio; non esistevano parole in grado di esprimere a pieno quello che provai in quel momento. Era come se fossi stato sul punto di perdere me stesso negli abissi di limpida tenebra che erano i suoi occhi, misteriosi e al contempo rivelatori, e tutto quello che ancora mi stesse trattenendo a galla fosse stata la consapevolezza di quanto fosse sbagliata la forza di gravità che mi spingeva sempre più in basso, inesorabile.
Bella non aveva paura di me. Bella non provava alcuna paura in mia presenza.
In compenso, ero io ad avere paura di me per lei.
-Ti sbagli.- sibilai con voce stranamente dura. Doveva capire che un po' di sana diffidenza nei miei confronti era assolutamente indispensabile ad entrambi, sebbene mi ribellassi alla sola idea.
Come avrei fatto a starle lontano, se non mi dava una mano?
Bella non osò ribattere e nessuno dei due aprì più bocca. Lei forse era scossa o offesa dal mio tono severo; io mi stavo a fatica imponendo di non chiederle di ripetere la sua ultima affermazione. Smaniavo dalla voglia di riudirla dire quelle parole, le più belle che avessi mai sentito; ma in qualche modo riuscii a trattenermi.
Qualche minuto dopo, fermai l'auto davanti a casa sua e la guardai scendere con lo strano desiderio di chiudere la portiera ed impedirglielo.
Solo quando fu sul marciapiede Bella ebbe il coraggio di incrociare i miei occhi con un po' di rossore e il cuore a mille. -Allora, ci vediamo domani a biologia?-
Se non mi allontanavo subito, non ne avrei più avuto la capacità. Ero letteralmente squarciato in due dalla sua tenerezza.
Annuii, vago; quel genere di cenni d'assenso che possono anche essere dettati dall'indifferenza. Davanti alla sua palese delusione, però, non riuscii a restare freddo e impassibile e mi sciolsi.
-Va bene. Ci vediamo.- mi arresi, sospirando.
Il sorriso che mi rivolse era la cosa più bella che avessi mai veduto. Con il respiro affannoso, accelerai tutto d'un tratto e fuggii via, nell'oscurità del tardo pomeriggio.

Ultimo appello disperato di una povera autrice ansiosissima: RECENSITE!
Bacio
Darcy










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Capitolo 7
*** Sulla lama di un coltello ***


Sangue ed acqua

Ecco a voi, per chi avrà il coraggio di leggerlo (ve lo assicuro, bisogna essere temerari per arrivare in fondo: questo capitolo è interminabile! Eppure già così mi sembra un po' interrotto a metà... ma basta con gli spoiler!), lo scannamento dei Cullen (visto? Ho persino fatto la consonanza! :) che cretina che sono...). Grazie alle 12 nuove preferitiste e alle eminenti critiche letterarie qui seguenti:
Gotem: Sono contenta che ti piaccia! Spero che valga altrettanto per questo capitolo... Comunque hai ragione: Edward sottovaluta non poco Bellina
Dominic: tieni duro, che fra poco ci sarà la rivelazione!!
Zije600: Grazie! :)
Toru85: beh... penso che la definizione che ho dato al capitolo ('scannamento dei Cullen') valga più di mille parole...
Patu4ever: accidenti, così mi fai arrossire! Ho scritto Orecchie quando ero non poco depressa (penso che si noti...), perciò non mi aspettavo così tanto seguito. Grazie!

 
Sulla lama di un coltello
E' quasi illogica, la forza dei sentimenti che un cuore di pietra come il nostro può generare.
E micidiale, e inestinguibile.
Colpa della nostra natura di morti viventi. Il cambiamento è una caratteristica dei mortali; le rare volte in cui ci riguarda, è irreversibile.
Non avrei mai potuto smettere di amare Isabella Swam.
Mentre, con la serenità di chi sa quello che deve fare, a prescindere dalle conseguenze, aprivo la porta di casa, con nelle orecchie tutto il biasimo, la delusione e la paura di quelli che fino a pochi giorni prima erano stati gli unici valori della mia insensata esistenza, compresi appieno quanto fosse fragile la nostra famiglia. Jasper ne era la prova: seppur sinceramente addolorato dall'idea di uccidere l'oggetto dell'amore che avevo finalmente trovato, dopo quasi un secolo di solitudine, il puro terrore di  perdere Alice spazzava via quasi tutti i suoi scrupoli e la sua riluttanza a scontrarsi con me. Ma, oggettivamente, non potevo fargliene una colpa senza cadere nell'ipocrisia, poiché era esattamente quello che provavo io.
Prima, ero sempre rimasto spiazzato dalla paura che Esme aveva di una nostra separazione; mi sembrava impossibile concepire uno di noi come un ente distinto dal gruppo Cullen e, pur sapendo che ognuno dei miei famigliari provava un amore più potente nei confronti della rispettiva controparte, come era ovvio che fosse, il mio ingenuo ed indistinto affetto verso tutti loro mi aveva sempre indotto a credere che ciascuno ponesse il bene di un qualsiasi altro membro della famiglia sullo stesso piano di quello del suo compagno, senza badare troppo ai legami più o meno stretti, come me: sebbene potessi a volte detestare Rosalie, per renderla felice avrei messo lo stesso impegno che avrei dedicato ad Alice, la mia migliore amica e sorella preferita. Non avrei mai creduto che l'amore potesse essere così... prepotente.
Ora, nonostante la lucida consapevolezza di quanto dolore e ansia avrei inflitto loro, qualunque fosse stata la mia decisione (perchè l'unica maniera di evitarlo era la resa incondizionata), non riuscivo a curarmene più di tanto; Bella aveva eclissato tutti i miei punti fissi. Non potevo fare a meno di riflettere solo ed esclusivamente nel suo interesse, ma il panico genuino di Esme, appena sussurrato rispetto alle grida di battaglia di Rosalie, ma al contempo forte e chiaro, quasi fosse stato urlato a squarciagola, per la prima volta mi si parò davanti in tutta la sua fondatezza.
La famiglia Cullen sarebbe crollata come un castello di carte, dinnanzi ad un tale conflitto d'interessi, se non si fosse lottato per impedirlo.
Ero davvero disposto a rischiare tutto quello per cui avevo vissuto fino ad allora per Isabella Marie Swam, un'emerita sconosciuta?
Una parte piuttosto consistente di me si ribellò con tutte le sue forze. A quanto pareva, non lo ero.
Ma allora, ero disposto a sacrificare Lei in nome della famiglia?
La disperazione in cui quest'ipotesi mi gettò valeva più di mille parole.
D'accordo. Avevo due obiettivi: salvare il fine della mia esistenza dannata e la mia famiglia. Lasciarsi sommergere dall'angoscia non era il modo migliore per perseguirli: dovevo essere calmo e diplomatico.
Erano tutti riuniti in salotto: Alice, rannicchiata contro il divano, le mani premute sulle tempie e un'espressione di sofferenza dipinta sul volto, si sforzava di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse illuminarla su come prevenire un eventuale scontro fra me e Jasper; questi era seduto sul sofà e le stringeva convulsamente le spalle. Rosalie era appollaiata sulle ginocchia di Emmett, con un cipiglio da giudice dell'inquisizione: nonostante la pensasse all'incirca come Jasper, sarebbe stato molto più facile vincere la sua opposizione, poichè in Bella non vedeva altro che un potenziale motivo per lasciare Forks e ricominciare tutta la farsa da capo in un altro luogo. C'era Carlisle, la cui aura di autorevolezza quasi strideva sulla sua figura giovanile; e, accanto a lui, l'unica su cui non osai posare il mio sguardo, per non doverne sostenere tutto il tormento che mi stavo sforzando di scacciare dalla mia testa.
Scivolai silenziosamente verso il pianoforte a coda, situato sul soppalco, in modo che tutti potessero vedermi dritto in faccia e mi sedetti sullo sgabello, con il capo chino e il cervello quasi frastornato dall'intensità dei loro pensieri.
-A quanto ho capito- attaccai, mettendo temporaneamente a tacere il ronzio delle loro speculazioni -siete ormai tutti informati di quello che è successo.- Jasper, non appena arrivato, aveva narrato l'accaduto ai nostri genitori; avrei preferito farlo io, ma perlomeno, mi ero accurato di controllare, la sua versione dei fatti era stata molto asettica e totalmente priva di giudizi di parte. -Posso solo dire che mi dispiace di aver esposto tutti noi.-
'Senza alcuna ragione!' Rosalie era a quanto pare decisa a vendicarsi mettendomi fuori uso il sistema uditivo.
-Come mi fa gentilmente notare Rosalie, senza alcuna ragione apparente, se non l'intenzione di salvare un'innocente. Che il mio gesto non abbia avuto conseguenze se non quella di mettere a repentaglio il nostro anonimato, è un'altra questione.- Il ruggito mentale di rabbia che Rosalie emise mi fece strabuzzare un po' gli occhi, tanto era sonoro.
-Rosalie, smettila di assalirlo mentalmente. Voglio sentire quello che ha da dire.- intervenne in mia difesa Jasper, in un gesto di inaspettata cortesia. Per un po' lo scrutai perplesso, cercandone invano il motivo: Jasper era molto bravo a celarmi i suoi pensieri, quando voleva. Era un trucco? Stava cercando di adescarmi con i suoi giochetti?
Eppure, era troppo intelligente per sperare di ingannare qualcuno in grado di leggergli nella mente.
-Cosa desideri sapere?- gli domandai, circospetto. Non ero sicuro di cosa fosse più inquietante, il brusio indistinto dei suoi pensieri o l'espressione di ostentato garbo dipintagli in viso.
-Ogni cosa, fin dal principio. I particolari, quello che vi siete detti nel corso della vostra conoscenza, le stranezze che hai notato. Ogni cosa.-
-E chi mi dice che non userai queste informazioni contro di lei?- Le parole mi sfuggirono di bocca spontanee, ma maledissi subito il tono ostile con cui gliele avevo sputate addosso. Non avevamo nemmeno iniziato a discutere che già perdevo le staffe e dimenticavo tutte i miei buoni propositi di essere civile e diplomatico. I rimorsi però svanirono nel nulla un attimo dopo l'essere nati. Il mio scatto aveva per un attimo colto di sorpresa Jasper e gli aveva fatto abbassare la guardia.
La sua gentilezza non era uno stratagemma per trarmi in inganno, ma semplicemente dettata dalla pietà. Stava facendo il magnanimo.
Non era affatto intenzionato a scendere a compromessi, sebbene sentisse distintamente quanto fossi ormai legato alla sua vittima designata, e per essere a posto con la coscienza cercava di mostrarsi il più affettuoso possibile.
Tutto ciò che mi trattenne dal saltagli addosso fu Esme e la consapevolezza del dolore che le avrebbe dato assistere ad un nostro combattimento. Se proprio dovevo privarla di un figlio, le avrei almeno risparmiato lo spettacolo.
Ma dopo, cosa avrei fatto? Dubitavo che avrei potuto continuare ad essere un Cullen: senza contare quanto la disperazione di Alice ed Esme e il ricordo di ciò che avevo fatto mi avrebbero dilaniato, era poco probabile che mi riaccettassero in famiglia e che mi permettessero di restare nei dintorni di Forks, dove viveva, o avrebbe vissuto ancora per poco, Bella.
L'avrei portata via con me. Le avrei spiegato tutto e l'avrei pregata di seguirmi.
Quante probabilità avevo di non ucciderla io in persona? Noi due soli, magari in qualche foresta deserta...
Possibile che quella ragazza non avesse alcuna speranza di sopravvivenza?
'EDWARD CULLEN! SMETTILA SUBITO!'
Naturalmente, Alice aveva visto tutto. Il suo strazio era indescrivibile: gli occhi erano neri come il carbone, le membra d'acciaio scosse dai brividi. Jasper, il cui intuito e la portata di quel dolore gli avevano vagamente suggerito il contenuto della premonizione, le era scivolato accanto e l'aveva stretta in un muto abbraccio, a cui lei aveva risposto aggrappandoglisi come ad un'ancora. 'NON VE LO PERMETTERO', HAI CAPITO? CI DEVE ESSERE UNA SOLUZIONE!'
-Davvero? E quale?- le domandai, cupamente. -Jasper, come sai bene, non è molto disposto a trattare... e nemmeno io.-
-E allora trasferiamoci!-
-No.- Ed ecco che Rosalie tornava alla carica; mi era sembrato strano che se ne fosse rimasta zitta tutto quel tempo. -Non vedo perchè andarcene da Forks per una ragazzina. Se ne vada lei, piuttosto.-
-Voi fate pure, ma io non mi smuoverete di qui.- L'incarico autoassegnatomi di proteggere Isabella Swam era un pretesto per restare troppo buono perchè potessi rinunciarvi. Mi sarei addirittura inventato dei rischi inesistenti, pur di rimanerle accanto.
-Possibile che tu dia tutta questa importanza ad una cotta?-
Cadde un silenzio sbigottito. Jasper si era alzato in piedi, trascinando con se un'Alice quantomai restia a staccarglisi di dosso. Non avevo bisogno di ascoltare la sua mente per percepirne il tono di incredulo rimprovero: la famiglia era tutto il suo mondo. Certo, che anche Alice ne facesse parte di sicuro contribuiva al suo attaccamento, ma restava pur sempre sconcertato dal fatto che io potessi anteporre una perfetta sconosciuta a loro. Sconcertato e deluso.
-Che per la prima di cui ti innamori tu ci metta tutti a repentaglio? Ho sentito la forza del tuo sentimento, Edward, e ti posso assicurare che non è nulla in confronto a quello di uno qualunque di noi. So che speri di aver finalmente trovato qualcuno che possa aiutarti a dare un senso alla tua vita, ma non è lei. Sei tu che sei troppo ansioso di innamorarti e ti lasci trascinare dalla fantasia.-
Poteva dire quello che gli pareva sull'insignificanza del mio attaccamento a Bella, ma non sarebbe mai riuscito a confutare la verità: lei era un'innocente, e lui voleva ammazzarla a sangue freddo. Nient'altro contava.
-Innamorato?- sussurrò Esme, più a se stessa che agli altri. Il tono di lieta incredulità mi costrinse a cercarne lo sguardo, dopo averlo evitato per tutto il corso della discussione: i suoi occhi brillavano di gioia, del tutto dimentichi dell'angoscia di poco prima -Beh, questo sistema tutto. Nessuno le torcerà un capello, Edward, te lo garantisco.-
Mia madre. La mia fantastica, splendida mamma, capace di essere sinceramente felice per me persino in quella situazione.
Niente sarebbe mai bastato a ripagarla per quello che semplicemente era per natura.
-Esme, non sappiamo cosa sia. Prima d'ora, non avevo mai sentito di alcuna creatura che potesse battere in velocità un vampiro, e non un vampiro qualsiasi, ma Edward, il più rapido di tutti noi. Potrebbe essere pericolosa.-
-Non appena siamo rimasti soli in macchina...- lo interruppi io, senza poter ignorare il sorriso sempre più marcato di Esme. -..., la prima cosa che ha fatto è stata assicurarmi di non costituire una minaccia, e non credo che stesse fingendo.-
-E come fai ad esserne certo? Non conosci la sua mente!- mi sibilò lui.
-So riconoscere una menzogna anche senza leggere nel pensiero.-
-Questo non toglie però che potrebbe sempre cambiare idea e decidere di esserci ostile! Lo sai che i lupi della riserva Quileute si stanno risvegliando; cosa succederebbe se questa ragazza ne venisse al corrente e si alleasse con loro? Forse ora teme la nostra superiorità numerica, ma con un intero branco di licantropi a guardarle le spalle...-
-E allora vattene, se ti fanno paura!- gli suggerii veementemente, al colmo dell'esasperazione.
-Niente affatto!- strillò Rosalie, con un acuto degno da teatro operistico. -Non ho alcuna intenzione di rinunciare a questo posto per le vostre cazzate!-
-Rose...- Emmett cercò di cingerle la vita con le braccia nerborute, ma lei gli sfuggì dalle mani e balzò in piedi.
-Abbiamo quasi finito il liceo, ve ne rendete conto? Volete ricominciare tutto da un'altra parte, magari con un clima meno idoneo alla nostra natura? Qui riusciamo ad essere quasi normali, accidenti! Dove lo troviamo un buco più nuvoloso di questo?-
-Quindi, qual è la tua proposta?- le domandai gelidamente. Almeno, per quanto mi riuscisse insopportabile la prospettiva, Jasper voleva versare il sangue di un'innocente per amore; Rosalie invece, come suo solito, metteva sempre se stessa al centro dell'universo.
-Per me, fate come vi pare, basta che la sbrighiate in fretta e senza troppo inconveniente per gli altri.- Non aveva capito proprio niente.
-Dunque, non ti importa la morte di una ragazza senza altra colpa che quella di essere diversa?-
-Il fatto che io non ne sia innamorata di sicuro mi permette di vedere le cose più oggettivamente.- Il suo sarcasmo era pesante e del tutto gratuito, i suoi pensieri piuttosto incoerenti. Avevo qualche possibilità di persuaderla.
-Devo prenderlo come un si?-
-Si.- La sua aria di aperta sfida mi aiutò a simulare un discreto ghigno di incredulità; un occhio più attento avrebbe potuto notare la tensione sul mio volto, ma Rose era già troppo piccata per prestare attenzione a questi particolari: semplicemente, andò su tutte le furie, come avevo previsto.
-Che strano sentirlo dire da te, Rosalie... Proprio tu...-
-Cosa vuoi insinuare?- mi ringhiò, sull'orlo dell'esplosione. Emmett mi rivolse un'occhiata preoccupata: credeva che fossi uscito di senno, per provocarla a quel modo.
-Non noti delle somiglianze, tra te e Bella? Entrambe giovani e anormali, una per la sua bellezza inusuale, l'altra per qualche capacità fuori dal comune; entrambe, a quanto pare, destinate ad una fine prematura per mano di qualche abominio intenzionato ad eliminarle a causa delle loro anomalie...-
-Non è la stessa cosa.- mi borbottò a denti stretti; ma era rimasta molto scossa dalle mie parole. Non aveva mai davvero superato il trauma della violenza infertale quand'ancora era umana; Emmett (che in quell'istante mi stava fissando con tutto l'odio che poteva concepire, per quel colpo basso di cui, se non fossi stato così disperato, mi sarei vergognato e pentito) aveva certo contribuito ad alleggerire il sospetto verso il genere maschile che quell'episodio le aveva instillato nell'animo, ma le notizie di stupri al telegiornale la facevano ancora fremere di rabbia e paura. Non importava quanto questa fosse ingiustificata (che lei temesse un umano era assurdo), nulla, ne l'amore sincero del suo compagno, ne la ragione, avrebbe potuto cancellare quel tratto del suo carattere, reso eterno e immutabile dalla trasformazione.
Rosalie era condannata a rivivere per sempre il dolore e il disgusto del proprio corpo di chi è appena stata violentata.
-Non è la stessa cosa? Beh, certo, Bella non subirà il tuo stesso trattamento, ma verrà uccisa. Una ragazzina inerme, uccisa nel suo letto...-
-Inerme!- sbottò Jasper.
-Alice ha visto che la assassinerai mentre dorme, più indifesa di così!-
-Se provassi ad attaccarla alla luce del sole andrei incontro all'ignoto!- mi sbraitò contro. Stava perdendo le staffe, lui sempre così calmo e controllato, e non era affatto un bello spettacolo: i tratti del suo volto erano tesi fino all'inverosimile in una smorfia di rabbia; mi stupiva il fatto che non si fosse lasciato sfuggire nemmeno un ringhio, ma non sapevo quanto sarebbe resistito.
-Come è giusto che accada! Il tuo piano di colpirla nel sonno è una vigliaccata mostruosa!-
La mia accusa di viltà fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Con uno movimento fluido e fulmineo, si liberò dalla stretta di Alice e le si allontanò di qualche passo, flettendosi in avanti, in posizione d'attacco; il ringhio cupo che gli echeggiava fra i denti era appena percepibile (il fatto che restassi pur sempre suo fratello poneva una sorta di freno alla sua ferocia), ma mise inequivocabilmente in chiaro la situazione: il suo atteggiamento ostile era una palese dichiarazione di guerra.
Senza badare all'orrore che quell'intuizione suscitò negli altri quattro ancora ignari, balzai in piedi: il turbinio vorticoso dei pensieri di Jasper indicava che in quel momento non era lucido, che avrebbe potuto anche agire con sconsideratezza. Ad ogni modo, io ero pronto a qualunque evenienza.
-Basta così.-
Era la prima volta che Carlisle apriva bocca da che era cominciata la discussione, e non lo fece invano: Jasper si ricompose all'istante, evitandone lo sguardo pacato che però, poteva sentirlo distintamente, traspariva una punta di tristezza. Nessuno di noi, per quanto Carlisle si sforzasse di non imporci la sua opinione e la sua volontà, riusciva a sopportare l'idea di deludere le sue generose aspettative. Metà della nostra supposta bontà era dovuta alla cieca fiducia di nostro padre.
-Avete nulla da aggiungere?- proseguì, sempre con una calma e una pazienza innaturali. -O parlo io?- Era sua abitudine pronunciarsi per ultimo, in modo da non influenzare il nostro giudizio individuale, cosa che immancabilmente accadeva, dopo una sua orazione.
-Io vorrei dire una cosa.- si fece avanti Esme, a sorpresa; i suoi occhi erano colmi d'ansia, ma non s'era ancora ripresa dall'euforia che la rivelazione del mio attaccamento a Bella le aveva suscitato. Un secolo di solitudine, mentre tutti attorno a me si legavano a qualcuno e le vampire e le umane di turno cercavano inutilmente di sedurmi, le aveva fatto perdere le speranze: stanca di aspettare un cambiamento, si era rassegnata e aveva cercato di colmare il vuoto che comunque percepiva dentro la mia vita con il suo affetto. In breve: ero il suo cocco e avevo finalmente trovato qualcuno a cui voler bene, ragion per cui si sentiva in dovere di prenderne le parti.
-Mi sembra che nessuno abbia tenuto in gran conto una circostanza a mio parere importantissima: Edward si è innamorato. Con che coraggio potremmo uccidere questa ragazza, qualunque cosa essa sia? Non possiamo essere certi della sua pericolosità e, oltretutto, ciò non implicherebbe neppure la necessità di arrecarle danno. Tu cosa vedi, Alice?-
-Niente se non un omicidio.- bisbigliò l'altra, con una vocina sottile. Non aveva specificato chi sarebbe stato l'assassinato - Sono entrambi troppo decisi perchè io possa vedere cosa succederà se semplicemente la ignoriamo.-
-Jasper, perchè sei così determinato? Edward si fida, perchè non dovremmo farlo anche noi?- lo spronò Esme con dolcezza. -Se davvero si rivelerà una minaccia, beh, affronteremo il problema quando sarà ora. Procediamo con calma, senza fretta. Per uccidere, c'è sempre tempo.-
-Esme...-
-Figlio mio, ascoltami: so cosa hai vissuto e so anche che ci ami tutti e che non tollereresti mai che ci fosse fatto del male...- non potei fare a meno di ammirare la diplomazia di mia madre, nell'includere l'intera famiglia negli interessi di lui -... ma devi capire che qui non siamo in Messico, non siamo in guerra. Ma potremmo entrarvi, se uccidi Bella Swam.-
Cosa? Lessi la mia stessa incomprensione sul volto degli altri, ma poi vidi, nella mente di Esme, dove voleva andare a parare.
Ci avrebbe salvati tutti. Che donna intelligente: aveva colto l'unica falla del piano di Jasper, falla di cui nessuno, nemmeno lui stesso, s'era accorto.
-Rifletti: il trattato con gli Quileute verrebbe infranto e allora sì che saremmo costretti a scendere in campo o ad andarcene.-
-Posso contenermi, lo farò sembrare un incidente...- ribattè lui di getto, senza pensarci due volte; ma, dopo un attimo di riflessione, la sua spontanea fiducia in se stessa scemò in una più realistica incertezza. Conosceva i suoi limiti e ricordava la sublimità di quel profumo: non avrebbe resistito alla tentazione. La visione di Alice ne era la conferma.
-Figliolo, l'ispettore Swam è amico d'infanzia di diversi anziani della tribù; quanto ci metterebbero a fare due più due? E lo sai che diversi giovani stanno per subire la metamorfosi, che è solo una questione di mesi, ormai,... Se rompiamo il patto, avranno il diritto di darci la caccia e dovremo lasciare Forks per sempre. A questo punto, tanto vale andarsene fin da subito, no?-
Jasper rimase in silenzio davanti a quella logica inespugnabile; ne cercò il punto debole, il passaggio fallace, invano. -E allora così sia. Partiamo.- le concesse infine, a denti stretti. Sapeva che a questa proposta l'opposizione sarebbe stata più generale, sebbene meno veemente di quella che aveva incontrata finora: Rosalie, pur messa a tacere dalla mia politicamente scorretta allusione al suo passato, aveva ancora abbastanza caparbietà per tenergli egregiamente testa. Poteva sempre distoglierla da quell'intento con i suoi poteri, ma non l'avrebbe fatto: Jasper ci teneva alla correttezza e si sarebbe abbassato al punto di imbrogliare solo in casi estremi. Non ce ne sarebbe comunque stato bisogno: infatti Carlisle la precedette nel prendere la parola, zittendola con un cenno del capo.
-Sinceramente, non credo sia il caso. Direi di stare in guardia e vedere quello che succede. Naturalmente...- proseguì, prevenendo la protesta di Jasper -... siete liberi di fare come più vi aggrada, anche se preferirei che restassimo uniti; suppongo che lo stesso valga per tutti voi.-
-Senza dubbio.- proruppe Esme con foga; ora non riusciva a preoccuparsi d'altro che della prospettiva di una separazione anche solo temporanea. -O tutti o nessuno, questo è ovvio.-
Jasper le prestò a malapena ascolto: il suo sguardo era fisso in quello di Alice, entrambi immersi in una muta conversazione in cui solo io potevo intrudere. I loro poteri contribuivano in parte minima: per quanto Alice controllasse passo passo l'evolversi dei piani di Jasper e questi potesse verificare che reazioni le suscitassero, la loro comunicazione era ad un livello  molto più profondo. Era una comunione di anime. Entrambi intuivano l'opinione dell'altro prima ancora che venisse formulata: era un po' come se fossero stati in grado di leggersi nel pensiero.
Era una delle cose che avevo più invidiato, nel corso degli anni. L'amore puro, la perfetta comprensione reciproca.
Jasper avrebbe voluto che lei lasciasse Forks, ma non era intenzionato ad accompagnarla: privare la famiglia del suo combattente più esperto nel momento del bisogno non era da lui. Da canto sua, Alice era ben disposta verso una partenza, ma solo a patto di non essere sola: aveva a ragione paura che io e Jasper reiniziassimo a litigare. L'isolamento sull'isola Esme le sarebbe anche andato bene, ma solo come sacrificio in nome della preservazione della famiglia. Per noi, non aveva alcun timore: sebbene le sue visioni restassero vaghe ed indistinte, era convinta, con molto più buon senso di Jazz, che qualunque cosa Bella avesse potuto essere, non avrebbe avuto scampo contro sette vampiri agguerriti. Certo, sbagliava sul numero, perchè qualcosa mi diceva che, in ogni caso, non avrei potuto evitare di parteggiare per Bella, ma non sull'intuizione.
-E va bene.- borbottò alla fine lui, sconfitto dalla perseveranza di Alice. -Aspettiamo di vedere gli sviluppi. Però...- si rivolse a me, con fare leggermente minaccioso -... tu le girerai al largo, chiaro? Non c'è alcun motivo di intensificare i rapporti, dato che non sembri in grado di non tradirti in sua presenza.-
Aveva ragione. Per quanto mi riuscisse insopportabile, aveva stramaledettamente ragione.
Inoltre, ora che la minaccia era 'passata', io tornavo ad essere il pericolo numero uno per Isabella Swam. Mi sforzai di trovare un solo motivo plausibile per ribellarmi a questa imposizione che non fosse dettato dai miei egoistici desideri: nulla. Una mia protesta non avrebbe fatto altro che scaldare gli animi già tutt'altro che tranquilli.
A malincuore, annuii.
Sinceramente, non sapevo come avrei fatto a resistere al bisogno della compagnia di Bella che avevo scoperto di avere. L'idea di starle lontano, del guardare ma non toccare (perchè, qualunque cosa mi avessero costretto a giurare, ero deciso a non perdere mai più di vista l'amore della mia vita) mi deprimeva al di là di qualsiasi aspettativa.
Ma era per il suo bene, e non c'era nulla di più importante al mondo. Purchè lei fosse felice e al sicuro, avrei sofferto le pene dell'inferno.
Perchè io ero l'incubo e ad ogni modo, se anche non ci fosse stato nessun Jasper a impormi la lontananza, non sarei stato così stupido da nutrire speranze sulla realizzazione del mio sogno più proibito e ripugnante.
Potermi saziare della sua purezza, poterla corrompere con il mio orrore.
Perchè io ero pur sempre il demone notturno, e lei l'angelo.

Allora??? Che ne pensate, sinceramente? I miei obiettivi principali sono stati la plausiilità e soprattutto non rendere Jasper troppo odioso: ci sono riuscita? Non ne sono molto certa, quindi fatemi sapere.
Bacioni
Darcy





























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Capitolo 8
*** Agonia ***


Sangue ed acqua

Finalmente ci siamo! Nel prossimo capitolo, la vostra innaturale, enorme, generosa pazienza verrà ricompensata e mi degnerò finalmente di svelarvi l'arcano mistero! Ok, ora la pianto e passo a cose più serie, tipo i ringraziamenti ai preferitisti e ai critici:
Aliceundralandi: Grazie dell'interessamento! Fa piacere sapere che qualcuno apprezza!
Cullengirl: lo scoprirai solo leggendo il prossimo capitolo!
Eka: Accidenti, mi fai arrossire! Spero solo di non deluderti con questo capitolo.
Sabry87: grazie di aver deciso di seguirmi, spero che non te ne pentirai :)
Toru85: Ciao! Che bello, trovo sempre una tua recensione, non hai idea di quanto piacere mi faccia! Nel prossimo capitolo soddisferò la tua più che giusta curiosità... bacio!


Agonia
Ti odierò, se posso; altrimenti, t'amerò a malincuore
(Ovidio, Amores)

Avevo mantenuto la promessa: non mi ero più avvicinato ad Isabella Swam, non l'avevo neppure più degnata di uno sguardo diretto. Il giorno dopo la discussione, nell'intervallo, ero andato in segreteria accompagnato da un Jasper più cupo del consueto e avevo richiesto un cambio d'orario per biologia, prontamente concessomi. Nel corso della settimana, davanti al mio apparente distacco, Bella aveva provato un paio di volte a rivolgermi la parola, ma con scarso risultato, dato che io non ne avevo mai riconosciuto la presenza; ben presto, eravamo tornati alla fase iniziale della nostra conoscenza (se mai era esistito uno stadio più profondo), in cui tutta l'attenzione che mi dedicava era racchiusa nelle occhiate glaciali o sdegnose che di tanto in tanto mi scoccava in mensa.
Se non fosse stato per Jasper, che ogni volta percepiva la tristezza e la paura del rifiuto (lei, splendida com'era, temeva di essere rifiutata da me!) che l'attanagliavano, avrei quasi creduto che mi odiasse. Se non fossi stato conscio dei sentimenti celati dietro quella maschera d'indifferenza o astio, a seconda dell'umore, forse avrei smesso di preoccuparmi di averla ferita con il mio atteggiamento scostante e la mia morbosa attrazione, o curiosità, o sete, o quel che diavolo era a sorreggere il mio sentimento, sarebbe andata scemando. In fondo, avevo convenuto che fosse la soluzione migliore. Tralasciando i particolari secondari del tipo 'mio fratello la vuole morta' e 'ogni tanto mi vien voglia di mangiarla a colazione', con quale coraggio potevo sperare di non ripugnarla, una volta rivelatale la mia vera natura? Se io stesso non potevo evitare di farmi schifo per il semplice, meschino desiderio di coinvolgerla nella mia esistenza abominevole, le possibilità che riuscissi a conquistare il suo affetto erano pressochè inesistenti. Tuttavia, a dispetto del buon senso e con una vena di isterico masochismo che non pensavo di possedere, mi ostinavo a legarmi a lei sempre più irremediabilmente.
La seguivo in ogni suo spostamento, tenendola d'occhio attraverso menti altrui, pervaso da un cupo, irrazionale terrore che potesse accaderle qualcosa di male ; la osservavo affaccendarsi nel tram tram quotidiano, composto da gesti semplici, comuni, e tuttavia stupefacenti nella loro freschezza e novità, con lo stesso meravigliato interesse di un pittore intento a ritrarre la propria amata. Il fatto era che qualunque cosa riguardasse Bella era in qualche modo, inspiegabilmente, speciale: non tanto per la consapevolezza della sua anomalia, o per le mie aspettative di un'altra dimostrazione delle sue peculiarità (cosa che, ad ogni modo, non si verificò), o per il gusto del frutto proibito; era semmai uno struggimento divorante di sapere cosa mai passasse per quella mente, sempre così imprevedibile ed affascinante.
Magari la mia incapacità di sentire la sua voce interiore era dovuta alle differenze delle nostre speci: eppure, non avevo mai incontrato difficoltà nel decifrare i pensieri di licantropi, ma questo era plausibile, visto che un lupo mannaro, prima di diventare tale, nasce in forma umana e che quindi qualcosa in comune con loro lo si potevo pur sempre trovare. Della razza di Bella, non sapevo assolutamente nulla. Non avevo mai visto sua madre, perciò da quella parte non potevo avanzare ipotesi; in quanto a suo padre, beh, a meno che Bella non fosse una sorta di mutaforma (ma andiamo, non era mica un personaggio di Harry Potter!), non si poteva negare la loro stretta parentela, quindi, data la comprovata umanità di Charlie Swam, ne seguiva  che la figlia era perlomeno metà umana. Si somigliavano troppo perchè un'adozione fosse verosimile: differivano solo negli occhi, cioccolato quelli del padre e verde acqua quelli della figlia, e nell'apparente fragilità della fisionomia di Bella. Certo, restava il fatto che l'ispettore Swam, malgrado la sua bontà e un certo acume, fosse una persona qualunque, mentre la figlia fosse semplicemente la creatura più straordinaria che avessi mai incontrato.
All'inizio, forse come omaggio postumo al mio defunto buon senso, avevo tentato di impormi l'obiettività. Che vana presunzione, credere di poter valutare senza pregiudizi l'oggetto del proprio amore! In meno di due giorni, ero già irremediabilmente convinto della sua totale perfezione. La guardavo muoversi nei corridoi del liceo, con i suoi miti, dolci occhi verdi colmi di inaccessibili segreti e i frequenti rossori che la colorivano di un delizioso rosa pastello, e mi chiedevo come avessi potuto aspettarmi di trovare un qualche difetto in quella specie di angelo dalle ali recise. Innazitutto, e ancora non capivo come avessi fatto a non rendermene subito conto, era bella, e non solo molto carina. Probabilmente, che io non mi fossi mai interessato di bellezza femminile prima d'allora aveva contribuito alla mia cecità, ma lo scalpore affascinato che Bella aveva suscitato nel genere maschile avrebbe dovuto illuminarmi, e sì che ne aveva di ammiratori: la lista dei pretendenti si allungava di giorno in giorno, senza che io potessi tuttavia fare altro che rodermi il fegato dalla gelosia per la loro fortuna. Avrei dato qualunque cosa per essere un ragazzino brufoloso qualsiasi e avere almeno la possibilità di tentare la sorte, ma il caso aveva voluto che io fossi il potenziale assassino di quel sole attorno al quale la mia esistenza aveva iniziato a gravitare, perciò tanto valeva farsene una ragione, no?
Peccato che l'amore non abbia logica e che parecchie volte mi fossi ritrovato sul punto di spiacciacare il cranio di Mike Newton contro il muro. Di tutti i bambocci che le sciamavano dietro come calabroni in calore, lui era  senza dubbio il più a rischio di morte prematura e gareggiava per il primato di insopportabilità con Tyler Crowle, secondo il quale il fatto di aver attentato alla vita di Bella con la sua guida sprovveduta costituiva un ottima premessa per una relazione amorosa; ma quest'ultimo, perlomeno, era occupato in troppi tira e molla con altre ragazze per dedicarlesi anima e corpo, come invece faceva Newton. E la cosa peggiore (come se ascoltarne tutte le sciocchezze non fosse stato sufficiente) era l'incrollabile cortesia di Bella, che non lasciava mai presagire con chiarezza se lo tollerasse per mera pietà o se le stesse simpatico.
Che Mike Newton, il gretto, arrapato, superficiale, vile ed insignificante Mike Newton riuscisse nel suo intento di illuderla di essere il ragazzo perfetto e premuroso della porta accanto era qualcosa che mi faceva venir voglia di ammazzarlo all'istante, o perlomeno di distruggere tutto quello che avevo in mano. E non importava che in fondo non potessi certo pretendere che Bella restasse sola tutta la vita: riuscivo solo a pensare 'Non lui!'
Ma chi, allora? Esisteva davvero qualcuno che la meritasse, qualcuno a cui avrei potuto affidarla senza alcun diritto di recriminazione?
Poco probabile.
Povera ragazza, che sfiga aveva avuto. Era capitata nel buco abitato dalla più popolosa comunità di vampiri degli Stati Uniti, facendone innamorare di se uno che guarda caso era pure il più sensibile al suo profumo e che molto presumibilmente le avrebbe rovinato qualunque esperienza sentimentale vita natural durante. Sempre che non finisse per sbranarla, ovvio.
Ma starle lontano era una causa persa, questo ormai era chiaro come il sole. Bastava lo stato in cui mi trovavo in quel momento a testimoniarlo.
Forks, oltre al primato per la più alta concentrazione di creature sovraumane (fra vampiri, licantropi e l'enigma di Bella, ce n'è per tutti i gusti!), vanta tra l'altro un clima fra i più nuvolosi dell'intero Nord America, quantomai comodo alla nostra natura di riflettori ambulanti; tuttavia, verso l'inizio della primavera, il sole inizia a fare capolino sempre più insistentemente e possono addirittura passare più di ventiquattr'ore fra un'acquazzone e l'altro, il che, per gli standard dello stato dello Washington, ha quasi del miracoloso.
Cinque giorni. Era da cinque fottutissimi giorni che il cielo sereno mi impediva di vedere Bella, e poco c'era mancato che uscissi di senno nel vano tentativo di non farmi trasportare dall'ansia e di non andarla a cercare.
Jasper non avrebbe potuto accusarmi di non essermi sforzato.
Avevo atteso che Alice (la quale, nonostante la sua priorità fosse il mantenimento del precario equilibrio a cui si era giunti, mi compativa abbastanza da essere disposta a coprirmi le spalle, non rivelando le mie intenzioni) me lo togliesse di torno con qualche allettiva femminile, verso le undici di sera, per correre a perdifiato fino alla villeta prefabbricata di Bella, proprio sul limitare della foresta e appollaiarmi su un ramo da cui si godeva di un'ottima visuale della modesta abitazione.
Nascosto dalle fronde di un abete, spiai febbrilmente attravero le finestre illuminate, ma di Bella neanche l'ombra. Che fosse uscita? Che quell'approfittatore di Mike Newton avesse aspettato che io non potessi intervenire per chiederle l'appuntamento che di recente vagheggiava?
Il ramo che stringevo nella mano destra si sbriciolò come pane secco fra le dita.
Prima che la furia cieca mi invadesse del tutto, inspirai rapidamente, con i muscoli tesi fino allo spasmo, pronto a frenarmi in caso di necessità.
Bella era in casa, in una stanza che dava sulla strada. Avevo quasi dimenticato quanto fosse buono il suo profumo: nei due mesi precedenti respirarlo era stato uno dei divieti che m'ero imposto nel tentativo di non risvegliare il mio istinto venatorio, particolarmente eccitabile da quando l'avevo conosciuta.
Ma il suono dell'acqua che iniziava a scrosciare in una vasca da bagno fece emergere altri tipi d'istinti. Bella in quel momento doveva essere a meno di cinquanta metri da me, nuda.
Forse la mia non era stata una grande idea. Sebbene fino ad allora mi fossi sempre orgogliosamente costretto a non spiarla nello spogliatoio delle ragazze, non sapevo se fossi in grado di resistere a quell'aperta provocazione.
Incapace di trattenermi, fantasticai sul corpo senza veli di Bella, sulle goccie d'acqua che avrei voluto far scivolare nell'incavo fra i seni, piccole lune d'alabastro, sempre più giù, per poi leccarle delicatamente via, geloso che esse potessero insinuarsi nel morbido avvallamento fra le gambe, a me precluso per necessità; sui baci con cui le avrei asciugato, stilla dopo stilla, la pelle profumata, per poi immergerla di nuovo e reiniziare da capo, all'infinto. Per un breve, meraviglioso attimo della mia eterna notte insonne, sognai di sentirmi dire da quella voce, resa roca dal desiderio e dolce dall'emozione, che mi amava tanto quanto l'amavo io, che conosceva già la mia natura e che non le faceva ne caldo ne freddo perchè nemmeno volendo avrei potuto ferirla, se non negandole me stesso; e io le avrei risposto che ero suo, anima e corpo, e l'avrei fatta mia in quella vasca, ancora e ancora, e non me ne sarei mai più separato. E, visto che c'ero, avrei ucciso ogni singolo bamboccio che avesse di lì in poi osato concepire pensieri impuri sulla mia donna, Mike Newton in testa.
Da qualche parte, nell'oscurità di una finestra buia, Charlie Swam attaccò a russare in una maniera che ricordava vagamente il grugnito di un maiale e mi rigettò nella cruda realtà, ancora più squallida e miserevole dopo i castelli in aria che avevo costruito. Perchè ci tenevo così tanto all'autoflagellazione? Non stavo già abbastanza male per il mio bisogno di averla accanto senza che dovessi aggiungervi il desiderio spasmodico del suo corpo? M'ero accertato che fosse viva e vegeta, concedendomi addirittura qualche secondo di idillio, che ora toccava scontare a caro prezzo; adesso potevo anche togliere il disturbo, prima che il mio masochismo mi distruggesse.
Il lieve trambusto che provenne dal bagno e la fievole imprecazione sofferente di Bella mi bloccarono sul posto, terrorizzato. S'era fatta male? Era caduta?
Stava sanguinando?
Restai in ascolto, teso come una corda.
Silenzio. Sentivo solo il battito del suo cuore, simile al frullio d'ali di un uccellino, e il suo respiro.
Se fosse rimasta seduta sul pavimento ancora per molto, non garantivo di trattenermi dall'andare a controllare che non fosse svenuta.
Alla fine, proruppe in un sospiro affranto (e, come sempre, non potei fare a meno di struggermi dalla voglia di sapere cosa l'intristisse, per trovare il modo di restituirle il sorriso e sentirmi un po' meno inutile di quanto in effetti fossi) e si sollevò da terra, con un gran numero di fruscii, che mi suggerirono che probabilmente stesse indossando un accappatoio. Svuotò la vasca, si infilò delle ciabatte rumorossisime ai piedi e aprì la porta, per poi zampettare su di una superficie morbida, forse la moquette di un corridoio.
Prima che potessi collegare il rumore dei suoi passi in avvicinamento alla realtà della situazione, una luce s'accese alla finestra che dava sul bosco e Bella mi comparve dinnanzi in tutto il suo splendore. Come facevo a trovarla così irresistibile con addosso un accappatoio arancio evidenziatore e due ciabatte giallo canarino? Sapevo che, oggettivamente, razionalmente, in quel momento, acconciata a quel modo, con due occhiaie da far invidia a un vampiro e una faccia da funerale, un osservatore più distaccato avrebbe si e no ammesso la sua bellezza, eppure...
Poi Bella, che nel frattempo s'era avvicinata all'armadio, lasciò scivolare a terra l'accappatoio e io smisi di ragionare.
Alla labile luce dell'abajour, con la pelle candida imperlata di goccie che rilucevano come rugiada e quel corpo meraviglioso la cui sola vista bastava ad infiammarmi la gola e i lombi, nudo davanti ai miei occhi insaziabili, a pochi passi dalle mie mani avide, era troppo bella per essere vera.
Troppo, troppo perfetta.
Non c'era nulla che potessi fare per meritarla, perchè qualunque sforzo è inutile quando si è marci dentro. In quel momento, la più grande felicità che il mio lato animale riuscisse a concepire era prenderla lì, all'istante, e dissanguarla al culmine del estasi. Far scivolare il mio mebro gonfio e dolorante per la voglia inappagata di lei in quella fessura calda e odorosa, a tratti visibile fra le natiche mentre Bella si piegava per agguantare un paio di mutandine. Affondare i canini in quel collo lungho e sinuoso, nelle morbide, delicate rotondità dei seni, nella misteriosa dolcezza del suo inguine. Sentirla gridare di piacere e sofferenza.
Volevo farla godere, volevo farle male. Volevo che fosse mia, solo ed esclusivamente mia, anche a costo di ucciderla. Meglio morta che nelle mani di Mike Newton!
Ecco quali erano le meschine riflessioni del vampiro e dell'uomo, coalizzati contro la ragione e la parte più pura e nobile dell'amore. E il fatto che quest'ultime prevalessero di scarsa misura  era una ben magra consolazione.
Combattuto fra passione e vergogna, la osservai indossare un pigiama a righe e rannicchiarsi sotto le coperte. Poco per volta, il suo respiro si fece sempre più regolare, finchè non fui assolutamente certo che si fosse addormentata.
Ora era davvero giunto il momento di andare. Il suo antiestetico pigiamone aveva in parte contribuito a sopire gli istinti più animaleschi, perciò mi sentivo pronto a fare un tentativo di fuga. Balzai giù dall'albero e rimasi per qualche secondo a contemplare la villetta, di un bianco quasi spettrale al chiarore della luna. Mi voltai e iniziai a correre.
-No...-
Mi inchiodai sul posto, tutti i sensi all'erta.
-No, torna qui!-
L'ordine di Bella, pur lamentoso e appena sussurrato, mi fece sentire come un evaso addosso al quale vengono puntati i fari della polizia. Ero in trappola. Se provavo a scappare, lei mi avrebbe raggiunto subito. Se le obbedivo, sarei stato il leone che entra di sua spontanea volontà nell'ovile, deciso a compiere una strage.
-Ti prego...- Stava... stava piangendo?
Piangeva a causa mia?
Questo andava al di là di ciò che potessi tollerare. Che lei fosse triste per via di feccia come me era qualcosa che mi empiva di rabbia verso me stesso.
Dovevo assolutamente farla smettere, ad ogni costo. Non aveva alcun senso che lei continuasse a soffrire perchè io la tenevo a distanza di sicurezza per il bene di entrambi; per quello, bastava già il mio, di dolore.
Nel giro di qualche frazione di secondo, mi arrampicai fino al davanzale della sua finestra, la forzai un poco e scivolai silenziosamente sul pavimento, aspettandomi di ritrovarmela subito addosso.
Invece, Bella restò a letto, ad occhi chiusi. Non diede alcun cenno di aver riconosciuto la mia presenza.
Per un po', rimasi lì a dondolare sul posto, cercando di abituarmi al suo profumo ed aspettando una sua mossa. Accidenti, era stata lei a chiamarmi, se aveva qualcosa da dirmi, che si sbrigasse!
-No...- ansimò impercettibilmente, rigirandosi fra le lenzuola madide di sudore.
E allora compresi. Non stava fingendo, era davvero addormentata. E parlava nel sonno.
Avevo finalmente trovato il modo di penetrare nel suo subconscio.
Non ci volle molto perchè l'egoistica curiosità, supportata dalla sete e dalla fame del suo corpo, riducesse al silenzio tutte le giuste e generose obiezioni della ragione. Ero ormai troppo mostruoso e consapevole della mia mostruosità perchè andasse a finire altrimenti, però riuscii perlomeno ad impormi di mantenere le distanze; così mi accomodai sulla sedia a dondolo, in un angolo della stanza e affascinato i suoi mormorii concitati.
Il suo non fu un sonno tranquillo. La osservai, con un senso di impotente, disperata frustrazione, dimenarsi in preda agli incubi fino a quando un soffuso chiarore annunciò l'imminente aurora dell'ennesimo, odioso giorno di sole e il termine della notte più perfetta di tutta la mia vita. Stare con le mani in mano mentre lei singhiozzava ed invocava la madre mi spezzava il cuore che non avevo, ma ciò non toglieva che starle così vicino, dopo mesi di dolorosa lontananza, non differiva troppo dal mio ideale di paradiso. Vivere al suo fianco, nel bene e nel male.
Prima di dileguarmi nelle tenebre sempre più rade, mi avvicinai al letto senza respirare e mi sforzai di imprimere nella memoria il suo viso rigato di lacrime. Volevo una sua immagine che fosse mia, solo ed esclusivamente mia, e non pescata nelle menti di terzi.
Era la cosa più splendida e commovente che avessi mai visto.
Senza che potessi anche solo provare ad opporre resistenza, le sfiorai la fronte bollente, sentendomi attraversato da una scintilla di adrenalina nel farlo. Ritrassi subito la mano, come scottato.
Ancora.
Con l'indice, percorsi i sentieri lucenti tracciati dalle lacrime, il contorno delle labbra in boccio, il profilo appuntito del mento.
Ancora.
Gli zigomi alti e leggermente sporgenti. Le guance scarne. Le palpebre sottili.
-Edward.-
Ad occhi chiusi, ancora immersa nel suo sogno, mi regalò un inintenzionale, luminoso sorriso.
-Edward.-
Non avrei mai creduto che il mio nome potesse suonare così meraviglioso. Nel tono dolce, carezzevole, quasi adorante con cui lo pronunciò, persi il senso di bene e male, di giusto e sbagliato, di ciò che dovevo e ciò che volevo fare.
Bella mi stava sognando. E non ero nemmeno un incubo, anzi: ero il primo bel sogno che stesse facendo.
Sentii l'amore per lei dilagarmi dentro come un maremoto, riempendo e incendiando di insensata speranza ogni fibra del mio duro, freddo corpo di pietra.
Possibile che un cadavere come me potesse sentirsi così vivo, così umano, tutto d'un tratto? Avrei voluto gridare e danzare di gioia, correre in cima a qualche albero della foresta e urlare a squaricagola, al mondo intero, il mio amore per quella lume radioso che qualche forza misteriosa e benigna aveva gettato nella fitta oscurità del mio nulla; avrei voluto restituire all'universo anche solo un centesimo della felicità che mi stava donando.
E avrei tanto, tanto voluto baciarla.
In fondo, che c'era di così sbagliato in un bacio?
Avrei posato le mie labbra fredde e morte sulle sue, calde e soffici, e poi me ne sarei discostato. Semplice e senza rischi.
Posai le mani suoi suoi capelli d'ebano, piacevolmente lisci e morbidi al tatto, e avvicinai il viso al suo.
Chiusi gli occhi, abbagliato da tanto splendore. Il suo alito infuocato mi solleticava le ciglia, riscaldava il gelo senza vita della mia pelle. La punta del suo naso, a contatto con il mio, mi fece fremere di eccitazione.
Più vicino...
Ormai le stavo sfiorando le labbra...
Poi, qualcosa cambiò. Un tamburo impazzito martellava incessantemente, a poca distanza dal mio petto marmoreo. Il regolare dentro e fuori del suo respiro si era trasformato in un pesante ansimare. Uno schianto dentro il mio essere mi rivelò l'orrore di ciò che stavo per fare, di ciò che stavo facendo, in tutta la sua egoistica mostruosità.
Aprii gli occhi e mi lasciai cadere nei suoi, come avrei voluto fare da troppo tempo.
E che tutto il resto andasse a farsi fottere.


Allora, devo dirvi un paio di cose. Innanzitutto, perdonatemi la citazione  che, benchè nel senso che le diede Ovidio non c'entri nulla, ci stava troppo bene! Non ho resistito! :) E' una frase che mi piace un sacco!
Secondo: com'è stata questa introspezione di Edward? Ero indecisa se continuarla per tutto il capitolo (non ero e non sono tuttora sicura di aver interpretato bene le parti della sua voglia di sesso), quindi prima di incominciare il prossimo in Ed's pov vorrei sentire la vostra.
Terzo: come avrete già intuito, ho poche certezze riguardo al prossimo capitolo, perciò chissà quanto ci metterà il mio cervellino vuoto a partorirlo! Confido nella vostra pazienza!
RECENSITE!
Bacio
Darcy


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Capitolo 9
*** Sogno o realtà? ***


Sangue ed acqua

Allora... Da dove iniziare? Prima di tutto, dalle scuse. Vi chiedo umilmente perdono per averci messo una vita a combinare quattro paroline in croce. Se può servire a giustificarmi almeno un pochino, il prossimo capitolo è già a metà; l'unico problema è che non sono risuscita ad infilare in questo le spiegazioni... Sorry! Solo che fare l'intera discussione in cui Bella gli rivelava la sua vera natura restava davvero troppo lungo, così ho diviso tutto quello che ci sarebbe dovuto essere in questo capitolo in due. So che adesso qualcuno mi lincierebbe ben volentieri, ma... sapete com'è... la scuola, la gita, i momenti di depressione, i ragazzi bastardi che ti mollano senza ragione (OK, questa è una balla)... Si, beh, insomma... potrete mai perdonarmi?
I miei commenti sul capitolo sono al fondo, così come le risposte  alle recensioni.
Bacio!


Sogno o realtà?

Ma si, andiamo a dormire, il sonno ha i vantaggi della morte senza il suo piccolo inconveniente...  
Albert Cohen, Il libro di mia madre
Bella's pov

Quando una ragazzina scioccamente romantica e con una spiccata propensione alle fantasticherie si sveglia con il volto a pochi centimetri di distanza da quello del ragazzo di cui è segretamente innamorata e che tra parentesi è troppo spaventato e\o disgustato da lei per degnarla di una sola occhiata, c'è la pressochè totale certezza che si tratti solo di un sogno meraviglioso, uno di quelli che vorresti non finisse mai.
Tanto, per quello a cui rinunciavo sognando...
Che squallore. Preferivo rintanarmi nel mio mondo di illusioni ed utopie piuttosto che fare buon viso a cattivo gioco e vivere la mia vita. Preferivo restare in una sorta di oblio invece di affrontare e superare i miei sensi di colpa.
Che differenza c'era fra lo stato vegetativo in cui mi trascinavo e la morte?
Oh, al diavolo la mia tendenza all'elucubrazione! Avrei rivoluzionato la mia vita il giorno dopo.
In quel momento, tutto ciò che m'importava era scoprire quale sapore avessero le labbra di Edward Cullen nel mio subconscio.

Edward's pov
Ero pronto a qualunque cosa: urla, reazioni violente, silenzi attoniti, tentativi di aggressione; per un attimo, vedendola chiudere gli occhi, mi era persino balenata in mente la possibilità che liquidasse la mia presenza come semplice parte del suo sogno. Ma non mi sarei mai, mai aspettato che mi gettasse le braccia al collo e mi baciasse.
Ricambiare mi venne del tutto spontaneo. Semplicemente, chiusi gli occhi e mi lasciai guidare dall'istinto.
Con mani ingovernabili, le accerezzai il viso e il collo, per poi seguirne il profilo sinuoso, finchè, aperta un po' la felpa del pigiama, non raggiunsi l'inizio della morbida curva del seno sinistro, proprio sopra al suo cuore impazzito. Socchiusi le dita, stringendole la carne, e diventai un tutt'uno con quel battito. Tam-tam-tam-tam. La testa e la gola mi pulsavano seguendone l'asimmetrica armonia. Tam-tam-tam-tam.
Con la lingua impastata di veleno, le tracciai il contorno del mento appuntito e del collo sottile. A pochi centimetri dai miei denti affilati come rasoi, la giugulare pulsante sembrava invitarmi a servirmi. Soffocai contro la sua pelle un ringhio feroce e socchiusi un po' le labbra, leccandomi i denti per cospargerli di veleno...
NO!
Spiccai un balzo in direzione della finestra, pensando di passarci attraverso. Peccato che, quando ormai solo pochi centimetri mi distanziavano da essa, sentii una brezza leggera passarmi accanto e scorsi la figura di Bella frapposta fra me e la libertà.
Cazzo.
Deviai il salto appena in tempo prima di rovinarle addosso, atterrando sulla scrivania ingombra di libri. Non credevo che ci avrebbe messo così poco tempo a riprendersi dal torpore dell'umano appena svegliatosi: non era passato nemmeno un minuto scarso da quando mi aveva fissato con occhi assonnati e confusi, gli stessi occhi ora attivi e guizzanti. Arretrò di un passo, in modo da poter difendere meglio la finestra da un ulteriore tentativo di fuga da parte mia. Alle sue spalle, scorsi uno spicchio di sole far capolino fra le cime degli alberi ed illuminarle la sommità della testa bruna.
Adesso ero davvero fottuto.
Il mio sguardo cercò subito la porta, tentando di passare inosservato; era nell'angolo opposto a quello della scrivania, ben chiusa. Aspettai che Bella aderisse completamente all'intelaiatura della finestra, allontanandosi sempre più dal mio nuovo obiettivo, e poi balzai nella direzione opposta a quella che lei s'aspettava.
Era un buon piano, il mio; riuscii perfino ad arrivare indisturbato alla maniglia della porta. Peccato che la sua mano bianchissima spuntò all'improvviso sulla mia, stringendomela in una morsa blanda, di sicuro troppo tenue per trattenermi. Ma tanto, se anche me ne fossi liberato con il non indifferente rischio di farle del male, lei di sicuro mi avrebbe seguito in capo al mondo, pur di ottenere ciò che voleva. Me lo dicevano i suoi occhi, decisi e irremovibili. Il problema era cosa volesse.
Con lentezza esasperante e trattenendo a stento un sospiro affranto, per evitare un'indesiderata e pericolosa zaffata del suo profumo, mi voltai e fissai lo sguardo nel suo, sforzandomi di non perdere di nuovo il contatto con la realtà. Invano.
Era definitivo: non ero capace di guardarla negli occhi senza emozionarmi. Ma che dico... non ero nemmeno in grado di restare nella stessa stanza con lei senza perdere l'autocontrollo. Era una sensazione stranissima, una sorta di annebbiamento della ragione, o di impulso animale che mi diceva di afferrarla e farle qualcosa, qualsiasi cosa, pur di legarla indissolubilmente a me. Potevo ripetere l'esperienza più esaltante della mia vita centenaria, il mio primo bacio, per conservarne sempre la memoria nel mio cervello infallibile, oppure rubarle l'ambrosia che le scorreva nelle vene e farla circolare nel mio corpo per una magnifica, fugace settimana...
Ansimando in modo eccitante e masochista, Bella si alzò sulle punte dei piedi e mi si avvicinò. Appoggiando il braccio destro sul muro, alla mia sinistra, e continuando a bloccarmi con l'altra mano, mi ingabbiò in una trappola volontaria e magnifica. Per mera grazia di un solitario lampo di ragionevolezza, riuscii a non mettermi a respirare per l'agitazione.
Questa volta, non potei dire di essere stato colto di sorpresa, anzi. Ebbi tutto il tempo di osservarla avvicinarsi al mio volto, con gli occhi puntati nei miei e il cuore in tachicardia e non avrei avuto difficoltà a semplicemente voltarmi dall'altra parte. Non solo non mi lasciai baciare passivamente, ma fui io a compiere l'ultimo passo e a fiondarmi sulle sue labbra.

Bella's pov
Furono i suoi occhi a suggerirmi ciò che stava per succedere: il loro colore tutto d'un tratto passò dall'oro fuso cerchiato di nero alle tenebre più profonde. Avrei anche potuto definirli inquietanti, se solo non fossi stata troppo occupata a bearmi della loro bellezza. Malgrado il suo aspetto lindo e ordinato, l'unico paragone che rendesse, benchè in parte infinitesimale, l'idea della sua selvaggia magnificenza era quello di un grande felino a caccia; così meraviglioso nella sua tangibile pericolosità da mozzarti il fiato.
Per l'appunto.
Non so come mai il mio sistema respiratorio, nel momento stesso in cui le mie labbra s'infransero sulle sue come le onde del mare su una scogliera di dura, gelida roccia, smise di funzionare: forse, semplicemente, nell'emozione del momento, dimenticai di mantenere attive le funzioni vitali.
In breve: la vista mi si oscurò e gli caddi addosso a peso morto.

Edward's pov
Quando la sentii accasciarsi contro il mio petto, per una terribile frazione di secondo temetti di averla avvelenata e mi feci stupidamente prendere dal panico. Se la ragazza che ami ti sviene fra le braccia, la reazione più ragionevole sarebbe sorreggerla, non lasciarla cadere a terra come un sacco di patate e precipitarsi dall'altra parte della stanza per paura di farle ancora male, no?
Non ci vuole un genio per intuire che io, da coglione quale ero, seguii il comportamento più sciocco fra quelli sopra elencati, correndo il rischio di farle sbattere la testa, ammaccarla o ancor peggio farla sanguinare.
Fortunatamente, Bella si accasciò al suolo con grazia, evitando qualunque spigolo pericoloso; io per un attimo me ne restai nell'angolo in cui mi ero rintanato, ad aspettare terrorizzato che il battito fievole del suo cuore impazzisse, segno di una trasformazione in corso. Cosa che, con mio enorme sollievo, non accadde.
Il panico mi aveva restituito un po' di lucidità, per cui, non appena fui certo che Bella fosse soltanto svenuta, trovai opportuno tagliare la corda. Ormai il sole era già completamente sorto dal mare di tenebra che era la foresta, illuminando buona parte della stanza e lasciandomi poco raggio d'azione, in caso di un suo risveglio. Mi avvicinai alla finestra e la aprii, ma poi ritornai sui miei passi. Non potevo lasciarla lì sul pavimento, e al diavolo il rischio che si svegliasse: era pur sempre la mia Bella, ed era pur sempre colpa mia se era svenuta cadendo sul duro pavimento. Sdraiarla sul letto era il minimo che potessi fare.
Con tutta la delicatezza che potevo avere, la presi in braccio e la adagiai fra le lenzuola, fermandomi un attimo ai piedi del letto in adorazione. Il battito del suo cuore s'era invigorito, il respiro fatto più forte e regolare; sulla pelle bianca come un cencio s'era diffuso un tenue colorito e nel complesso Bella aveva cominciato ad apparire più viva che morta. Nella rada penombra della stanza, la sua pelle pallida sembrava quasi emanare una sorta di luminescenza vaga ed effimera, come un sottile strato di vetro che non riesce ad imprigionare del tutto, suo malgrado, la luce dall'altra parte, dentro di lei.
Era talmente fragile, talmente preziosa per il mondo intero, che il mio cuore freddo e morto, che credevo già frantumato da tempo immemore, andò in mille pezzi, al pensiero di ciò che voltarle le spalle implicava.
Che si spezzasse pure. Quella notte, il mio comportamento imperdonabilmente egoista aveva chiarito e semplificato ai miei occhi la situazione, uccidendo ogni labile speranza, ogni blando tentativo di inserire un 'ma' nelle mie arringhe interiori sulla necessità di starle lontano. Non importava nulla quanto la amassi, o che lei sembrasse rattristata dalla mia indifferenza, o che lei mi avesse baciato due volte: tutti i miei bei propositi del guardare ma non toccare, del vegliare a distanza sulla sua incolumità non si erano rivelati altro che menzogne che andavano contro il benessere di Bella, di gran lunga più importante della mia felicità.
Dato che, seppur animato dalle migliori intenzioni, non sembravo in grado di resistere alla tentazione di metterla in pericolo, me ne sarei andato. Così Jasper sarebbe stato contento, Esme, Carlisle e Alice si sarebbero rassicurati dal timore di una divisione della famiglia e Bella avrebbe potuto continuare ad illuminare questo mondo crudele e schifoso con la sua perfezione, senza che un demone notturno come me ne oscurasse lo splendore.
Punto.
Era così che dovevano andare le cose.
E allora perchè ancora indugiavo in quel masochismo perverso che era l'osservarla?
In un impeto di rabbia per la mia stupidità, trovai la forza di scordare per un attimo la paura del vuoto che sarebbe diventata la mia vita senza di lei, ora che l'avevo conosciuta, e mi voltai dall'altra parte. A passi lenti, mi diressi verso la finestra, rifiutandomi di guardare indietro.

Bella's pov
Nella mia testa c'era un buio profondo, rilassante. La mia vista era troppo debole perchè guardarmi attorno non mi facesse male, perciò, anche quando qualche sprazzo di lucidità iniziò a percorrermi il cervello, tenni gli occhi risolutamente chiusi. Avevo sognato di baciare due volte Edward Cullen e poi di svenirgli fra le braccia. Senza paragoni, il sogno più bello che avessi fatto negli ultimi tempi: la maggior parte delle notti, non avevo altro che incubi sulla morte di Renee, qualche volta su Edward che mi urlava quanto gli facessi schifo per aver permesso a mia madre di affidare la sua vita al caso.
Uno sfavillio fastidioso fece breccia, attraverso le palpebre serrate, nella mia oscurità benefica. Feci per girarmi dall'altra parte, verso la parete, ma il livido che m'ero fatta la sera prima contro il bordo della vasca non mi diede tregua finchè non mi fui rimessa supina. Incazzata con il sole che brillava da troppi giorni per i miei gusti e che mi costringeva a buttarmi anzitempo nello schifo della mia esistenza, aprii gli occhi verso la fonte di luce.
Non so cosa mi sbalordì di più, se il vedere Edward Cullen in camera mia, scoprire di non essere più in grado di distinguere fra sogno e realtà o lo scintillio di diamanti che proveniva dalla sua pelle levigata. Per un lungo attimo, il filo dei miei pensieri fu tutto un susseguirsi di immagini dei mesi passati e di quella visione celestiale nell'incasinato squallore di camera mia, della mia vita.
Si stagliava nella luce del sole, con il viso rivolto nella mia direzione e lo sfavillio del profilo del braccio e della guancia destra che gli creava un'aloe di luce attorno, come una statua greca illuminata da riflettori solamente da un lato; complice la sua espressione cupa, o forse il contrasto fra il livore della pelle in ombra e il chiarore di quella illuminata, mi resi conto, con un brivido che mi attraversò la spina dorsale, che la verità era sempre stata davanti ai miei occhi e che semplicemente non avevo voluta vederla. Nel giro di un attimo orribile, tutti i tasselli mancanti tornarono al loro posto (il fatto che non si facessero mai vedere nelle giornate serene e che fossero sempre evitati da tutti, la velocità, il pallore e il freddo della loro pelle).
Edward era un vampiro. Edward era il mio antagonista naturale, il mio predatore e la mia preda.
Un succhiasangue, anzi, un'intera congrega di succhiasangue era vissuta sotto il  mio naso per mesi senza che nemmeno me ne rendessi conto. Dov'era finito per tutto quel tempo il famoso sesto senso che avrebbe dovuto avvertirmi di aggressioni imminenti da parte di nosferatu?
Lui continuava a fissarmi, con sguardo indecifrabile; io mi tirai su a sedere di scatto e, d'istinto, mi portai una mano alla gola.
Uno sbuffo amaro gli sfuggì dalle labbra. -Dunque lo sai?-
Non mi fidavo delle mie reazioni; inaspettatamente, mi sentivo molto lucida, ma potevo sempre avere una crisi isterica e mettermi a strillare, il che non era auspicabile per lui ma era proprio ciò che si supponeva io facessi. Ero divisa fra il pensiero istintivo che ucciderlo non sarebbe stato nulla di riprovevole, visto e considerato ciò che era e il terrore di ferirlo. Comunque, c'erano troppi interrogativi irrisolti per condannarlo a priori, perciò non potevo considerare la mia reticenza come semplicemente dovuta a parzialità nei suoi confronti. Prima di rispondergli, perciò, strinsi la presa attorno alla gola e mi portai una mano davanti alla bocca, pronta a bloccare l'emissione di qualunque suono istintivo, e deglutii rumorosamente, con un fastidioso sapore di bile sul palato. All'ultimo, decisi di non rischiare e mi limitai ad un cenno affermativo.
-Ti faccio così schifo da darti la nausea?- ribattè, con una pacatezza da cui traspariva una sofferenza immensa, rassegnata.
Pensava davvero di disgustarmi? In quel momento, dentro di me riuscivo a trovare di tutto, dall'incredulità ad una curiosità lacerante, ma non ribrezzo di certo. Mi feci coraggio e decisi che quello era il momento di far sentir la mia voce.
-No.- gli risposi un po' aspramente, mio malgrado. -Perchè dovresti?-
Lui mi guardò come se fossi stata malata di mente. -Beh, penso che tu abbia capito cosa sono, o sbaglio?- mi chiese aggressivamente.
-Si.-
-Allora...- si limitò a commentare, stendendo stancamente le braccia lungo i fianchi come ad indicarsi. -Non preoccuparti comunque, non ti farò del male. Me ne stavo giusto andando, ma ora che mi hai scoperto, devi prima promettermi una cosa.-  
-Solo se mi dai qualche risposta.- contrattai con tono ferreo.
Un soppracciglio gli si drizzò verso l'alto in un arco perfetto. -Del tipo?-
-Sei un vampiro geneticamente modificato? Sei un esperimento da laboratorio?- buttai lì a bruciapelo. Era l'ipotesi più plausibile che fossi riuscita a formulare in quel breve lasso di tempo. Senza naturalmente considerare quella molto più verosimile che io fossi fuori di senno.
-Cosa?- mi fece eco sbalordito, le labbra curvate in un cerchio quasi ideale.
-Non bevi sangue, altrimenti me ne sarei sicuramente accorta.- A meno che lui e i suoi non si spostassero periodicamente per fare rifornimento, ma questo, ringraziando il cielo, non spiegava cosa ci facessero sette vampiri in una comunità d'umani. -Vivi a stretto contatto con la gente normale, senza aver fatto del male a nessuno in più di due mesi. E i tuoi occhi non sono rossi. Come lo spieghi?-
Lui parve restare senza parole, per un motivo a me sconosciuto. -Cosa sei? Come fai a sapere tutte queste cose su di noi?-
-Inizia a dire tu cosa sei.- replicai, sempre con voce metallica. Dentro di me, l'istinto sviluppato in secoli e trasmesso di generazione in generazione mi urlava di polverizzare quella macchina per uccidere seduta stante; ci voleva un bello sforzo di volontà per tenerlo a freno. Presa com'ero nel prevenire le mie eventuali reazioni istintive, non riuscivo a modulare diversamente il mio tono di voce.
-Se te lo dico, mi giuri di non farne parola con nessuno? Così poi partirò e non dovrai più avere nulla a che fare con me.-
A malincuore, annuii. Una parte piuttosto consistente di me non voleva vederlo uscire dalla mia finestra, ma il bisogno di sapere cosa fosse era più importante.
-Sono un vampiro vegetariano. Io e la mia famiglia ci nutriamo esclusivamente di sangue animale. Viviamo fra gli umani in modo da mettere costantemente alla prova il nostro autocontrollo, per evitare di fallire in caso di un'occasionale incontro con esseri umani. Il colore dei nostri occhi è, suppongo, un effetto della nostra dieta differente.- La sua voce era calma, ma tradiva un profondo disgusto mentre mi sputava addosso, quasi fosse stato veleno, la sua verità. Non riuscivo a comprendere il motivo di tanto ribrezzo; oltretutto, non era diretto a me, come m'accorsi con un sussulto, ma a se stesso.
Fece una lunga pausa, senza guardarmi negli occhi; si fissava, con rancore e ribrezzo, una mano, scintillante alla sempre più vivida luce solare. Io persistevo nella mia completa confusione.  -Perchè ti odi cosi tanto?- sussurrai, troppo tramortita dall'accavallarsi degli eventi per nascondere il mio disorientamento.
-E me lo chiedi?- sibilò lui, voltandosi verso di me con uno scatto repentino, bello e terribile. -Tu, che non riesci nemmeno a reprimere la nausea quando mi vedi per ciò che sono veramente, mi chiedi per quale motivo mi disprezzo?- mi ringhiò cupamente, distogliendo lo sguardo dal mio dopo qualche attimo, come colto da una cocente vergogna.
-Non mi fai mica schifo.- replicai sbalordita. Se fossi stata completamente sincera, avrei dovuto aggiungere -Tutt'altro.-, ma non era il momento di farsi trascinare dai sentimentalismi. Per quanto il ragazzo davanti a me fosse la persona che sognavo da notti e notti, avevo pur sempre dei doveri morali nei confronti della gente; stavo a fatica tentando di soffocare ciò che provavo per lui e tenere a mente che dovevo proteggere la popolazione di Forks, a cominciare dal mio goffo e solitario padre che russava nella stanza accanto.
-Come no.- commentò lui sarcasticamente. -D'altronde, come potrebbe essere altrimenti? Posso sforzarmi quanto voglio di essere diverso, di essere migliore, ma tanto non cambierà mai nulla. Sarò sempre un mostro violento e sanguinario.-
Vidi la sua rabbia scemare in un'affranta rassegnazione con gli occhi che mi prudevano. -E' per questo che non uccidi? Perchè ti consideri un mostro?- domandai, sempre con voce metallica, atona. Com'era possibile che parlassi così freddamente quando dentro di me c'era un tumulto di sentimenti contrastanti?
-No, perchè sono un mostro.- mi corresse, di nuovo tagliente.
-Io non credo.- ribattei ostinata. Lui si limitò a scuotere il capo con sufficienza e a sbarrare per una frazione di secondo gli occhi. -Beh, non importa. Dì che non farai parola con nessuno di questa storia e finiamola con questa faccenda.-
-Non ho finito con le domande.- protestai vivacemente. -Che ci facevi in camera mia?-
-Ero venuto ad ucciderti.- rispose, senza lacuna traccia d'esitazione.
Il mio cuore perse un battito, sentii il sangue che aveva da poco cominciato a tornarmi sulle guance venir risucchiato indietro. Solo per un attimo, però. Passato il primo momento di sconcerto e paura, mi convinsi che doveva, doveva essere una balla. Perchè avrebbe dovuto confessarlo? E poi, perchè non avrebbe approffitato di quando ero svenuta per attaccarmi? -Non credo nemmeno a questo.- replicai freddamente.
-Tanto meglio per me. Ora mi darai la tua parola? Per favore?-
-Esigo una risposta soddisfacente.- gli intimai perentoria.
Restammo entrambi in silenzio, fissandoci negli occhi in un muto duello di volontà. Fu lui, alla fine, a cedere e distogliere lo sguardo, rivolgendolo implorante verso la finestra e poi di nuovo verso di me, come a valutare la probabilità di successo di un tentativo di fuga. Per scoraggiarlo, scattai in piedi più velocemente possibile, per quanto le mie gambe ancora un po' molli me lo concedessero; sebbene mi sentissi debole e lenta, lui strabuzzò gli occhi di fronte alla mia rapidità, per poi sbuffare esasperato.
-E va bene.- sbottò con rabbia e frustrazione. -Se ci tieni tanto a saperlo... Cercavo solo di non perdere del tutto la faccia.- Fissò il so sguardo magnetico nel mio, alzando il mento in una smorfia di sfida, senza proferir parola; io restai in silenzio, in attesa del colpo di scena, della rivelazione.
-Ti amo.- mi sputò addosso, con occhi fiammeggianti. -Ora, se vuoi, puoi anche ridere o rabbrividire dello stupido vampiro che ha scioccamente osato innamorarsi di te.-
Evidentemente, non avevo ancora finito di sognare.

Edward's pov
Ma come accidenti avevo potuto anche solo prendere in considerazione l'idea di dirglielo?
Il mio coraggio durò meno di un battito di ciglia; non appena smisi di parlare e iniziai a discernere i segni di una profonda sorpresa sul suo volto, compresi la mia idiozia in tutta la sua enormità. Cosa mi aspettavo di ottenere, confessandole la verità? Che lei ricambiasse con un'altra dichiarazione, sull'onda della mia? Che mi saltasse di nuovo addosso?
Era molto più probabile e naturale che storcesse il naso o si spaventasse, ma non avevo la forza per sopportarne la vista, così distolsi codardamente lo sguardo.
-Edward...- principiò lei dopo qualche attimo i riflessione, con il cuore martellante e una vena d'incredula dolcezza nella voce.
Oh no. Stava per farmi un discorso di circostanza del tipo 'sembri proprio un ragazzo simpatico, ma sai com'è, non possiamo stare assieme, tu sei una macchina per uccidere'. Era ancora peggio di quanto temessi.
Lei continuava a tacere, ma sapevo che il suo silenzio sarebbe durato poco. Sentivo il sangue scorrerle più velocemente della norma, soprattutto sulle guance, e il suo respiro, un po' affrettato, inquieto.
-Ora posso andare?- domandai implorante, prevenendola.
Contro ogni mia aspettativa, scosse il capo affannosamente, ma sempre senza aprir bocca.
-Devi ancora finire l'interrogatorio?- continuai, più aspramente di prima.
-Ti amo anch'io.-
Non era questa la risposta che mi aspettavo.

Allora... Premetto che non mi piace. Per questo ho tergiversato così a lungo, speravo in un lampo di genio per migliorarlo, ma non mi è uscito nient'altro che questo ed è ormai troppo tempo che ci lavoro sopra, ne ho davvero le balle piene, quindi... andiamo avanti! Prevedo una diminuzione del mio seguito, ma pazienza, sopravviverò.
Grazie di cuore a  cullengirl, Sabry87, Toru85, Gotem e alle 62 persone che mi hanno messa fra i preferiti.
Bacio
Darcy

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Capitolo 10
*** Troppo bello per essere vero ***


Sangue ed acqua

Ciao... ah che bello... la primavera... gli uccellini che cinguettano... ora sono pure iniziate le vacanze ed indovinate un po? Faccio appena in tempo ad uscire da scuola che mi metto a letto con la febbre. Sfigata! A voi però va bene perché avrò mooolto tempo per scrivere...
Ringrazio le sei recensioniste che si sono rivelate inaspettatamente entusiaste e pure i 15 nuovi preferitisti. Mi sembra così ancora così strano tutto il successo che ho riscosso! Non che non mi faccia piacere, sia chiaro, ma ho sempre l'impressione che avrei dovuto fare di meglio. C'era così tanto da dire in quel capitolo, ma non riuscivo a trovare le parole per esprimermi... E' stato davvero deprimente constatare quanto fossi inadatta a scriverlo. Ma ora passiamo a questo capitolo, dove finalmente comincerete a saperne di più su cosa diavolo è Bella. So che avrebbe avuto più senso riprendere da dove mi ero interrotta, ma che volete che vi dica? Sono partita da quando Bella ha già spiegato ad Edward cos'è, ma dont'worry and be happy: nel dialogo salteranno fuori tutte le caratteristiche principali, solo saranno sparpagliate e lasciate in sospeso. Alla fine, potreste anche pensare, e a ragione, che la mia idea sia totalmente priva di senso, ma invece sappiate che ha radici nella mitologia (non classica, però). Si accettano scommesse, in attesa del prossimo capitolo (o quello dopo ancora, non lo so) in cui mi degnerò di fornirvi una spiegazione esauriente e dettagliata.
Buona lettura!


Troppo bello per essere vero
-Lo sai che stiamo facendo uno sbaglio, vero?-
Detto così, sembrava molto stupido, ma avevo un disperato bisogno di saperla consapevole di ciò che voleva fare. Cercai il suo sguardo, che si rivelò più risoluto di quanto osassi sperare.
-Basta, Edward.- mi zittì un po' bruscamente. -Io ti amo e... anche tu, stando a quanto affermi.-
-Hai ancora dubbi? Dopo tutto quello che è successo?- la rimproverai con dolcezza, stringendole delicatamente la mano bianca che, da una mezz'ora a quella parte, giravo e rigiravo instancabilmente fra le mie.
Lei chinò un poco il capo, con le guance in fiamme. -E' che... mi sembra ancora tutto così irreale.- confessò infine, esitante. -Già prima pensavo di star sognando, mentre era tutto vero; ora magari è l'esatto opposto. Non riesco ad accettare di poterti meritare.-
Mi ci volle un po' più del normale a comprendere quell'ultima frase e la sua monumentale insensatezza. Il mio cervello si riempì all'istante di immagini di me nell'atto di uccidere e di lei, nella sua cucina d'un giallo stinto, intento a preparare una torta per fare una sorpresa a suo padre. Quella ragazza, la persona più vicina al mio ideale di disinteressata bontà che avessi mai avuto la fortuna d'incontrare, temeva di non essere degna di me.
-Sai che questa è una colossale sciocchezza?-
Per una frazione di secondo, lei alzò lo sguardo fino al mio e parve sul punto di dire qualcosa, ma si limitò a scuotere la testa con le guance in fiamme. Qualcosa nell'intensità del suo rossore o nel modo in cui teneva chino il capo mi suggerii che qualunque fosse la cosa su cui aveva deciso di tacere la imbarazzava ed era perciò più di una semplice contestazione alla mia accusa. Con la punta delle dita, le sollevai il mento e la costrinsi a fissarmi negli occhi. -Cosa stavi per dire?- le alitai in volto, involontariamente (o forse no...) seducente.
Bella s'irrigidì un poco e i suoi occhi s'incupirono; eppure, quando aprì bocca per rispondermi, scoprii con meravigliata ed esultante soddisfazione che faticava ad articolare parole intellegibili. -Niente.- biascicò, deglutendo rumorosamente. Notai che l'altra sua mano era stretta talmente forte al lenzuolo da bloccarle la circolazione nelle nocche, ma non interpretai la sua rigidità come un segno di rifiuto, o perlomeno, non come uno volontario. Poco prima, mi aveva spiegato che doveva essere un meccanismo di difesa istintivo.
-Isabella...- la blandii, riducendo la distanza fra i nostri nasi ad un soffio. -Hai altri motivi per dubitare del mio amore?-
-Avevi detto di non riuscire a leggermi nel pensiero!- sussurrò, più sensuale, suo malgrado, che arrabbiata.
Era così sbagliato sentirsi trionfante per la facilità con cui si abbandonava a me? Definitivamente si, eppure non riuscivo a fare a meno di estasiarmi davanti alla prova del fatto che ricambiava i miei sentimenti. E la cosa peggiore era che la mia coscienza ormai veniva mandata a quel paese dalla maggior parte del mio essere, sia ragionevole che irrazionale. Nonostante tutto quello che credevo sulla nostra eterna immobilità, stavo cambiando. In peggio.
-Infatti non ne sono in grado, anche se mi piacerebbe molto. Ora esigo una risposta.- Prevenii un suo tuffo in avanti, verso le mie labbra, ritraendomi all'ultimo. Stavo diventando bravo a prevedere le sue mosse, anche se la sua velocità non mancava di sorprendermi. Le rivolsi un sorrisetto beffardo. -Non avrai mica pensato di chiudermi la bocca con un bacio? Non sono ancora così cretino.
Lei si morse le labbra -Non te lo dico. Fa troppo schifo.- borbottò riottosamente.
-Cosa fa troppo schifo?- domandai, agitatissimo.  Doveva essere qualcosa a mio riguardo, uno dei tanti scherzi della natura che erano proprii della mia razza. -E' colpa mia? E' qualcosa che non va in me?- ripresi prima di potermi mordere la lingua. Lei alzò lo sguardo nel mio, con un misto di spaesamento e senso di colpa. -No, no! E' mio lo schifo, non tuo.- biascicò, ansiosa di rassicurarmi. Il mio scetticismo doveva essere palese, perché dopo qualche attimo riprese controvoglia -E va bene, ma poi non ti lamentare- fece un respiro profondo, passandosi una mano fra i capelli scompigliati e si schiarì la gola
-Emaniamo dei feromoni per attrarre gli uomini.- confessò, evitando accuratamente il mio sguardo, con le gote imporporate. Io restai per un attimo interdetto, incerto sul significato di quella frase ambigua. -In che senso?- mi azzardai a chiederle, al che lei scattò senza alcun preavviso. -Oh, piantala di fare il santerellino, Edward! Sto parlando di feromoni e di uomini o se vogliamo essere pignoli esponenti del sesso maschile. Cosa credi che intenda?-
-Va bene, ho colto l'eufemismo. Posso chiedertene la ragione? Cioè...- mi affrettai a continuare, notando che Bella, forse pensando che stessi alludendo ad una sua responsabilità di qualche tipo, sembrava intenzionata ad interrompermi. -noi vampiri affasciniamo gli umani per toglier loro lucidità, e poi non facciamo tanta distinzione fra i sessi, anche se suppongo che le loro preferenze sessuali c'entrino. Perché ci riuscite pure voi? E perché solo con i maschi?-
Lei arrossì ancora di più, se possibile. -Per la riproduzione. Prima che voi ci sterminaste, vivevamo a stretto contatto con la natura, nelle paludi o vicino ai fiumi, lontano dagli umani, a cui ci rivolgevamo solo per... l'unione sessuale. Probabilmente, che loro si arrendessero in un niente faceva comodo.-
-E non potevate riprodurvi fra di voi?-
-Un po' difficile, visto che siamo solo femmine.-
-Ah.-
-Gli embrioni di sesso maschile che si formano nel nostro utero vengono abortiti dopo pochi giorni dal concepimento. Sono solo delle supposizioni, ma può darsi che sia un modo per non estraniarci troppo dalla razza umana; così, con tre quarti del nostro patrimonio genetico umani, non finiamo per formare una specie a se stante. E' grazie a questo che alcune sono riuscite a scampare alla vostra caccia, nascondendosi fra la popolazione.-
-Come sai tutte queste cose?- Ero un po' stupito dalla scientificità della sua spiegazione: sembrava mi stesse ripetendo la lezione del giorno. Forse aveva un libro sulla sua razza, che dovevo assolutamente leggere.
-Hai presente mia zia Nicole? Te ne ho fatto cenno a biologia... Vabbè, è normale che te ne sia dimenticato.-
-Nicole Sanders, sorella di tua madre, studia biologia al Massachusetts Istitute, le vuoi molto bene,... C'è altro?-
-Come hai fatto a ricordartelo?-
-Come avrei mai potuto dimenticare la nostra ultima lezione assieme?- le risposi, con voce più bassa di quanto intendessi.
Bella sgranò gli occhi, sorpresa, e, per la prima volta in vita mia, la vidi sciogliersi come tutte le umane erano solite fare in mia presenza. E, inaspettatamente, scoprii che era meraviglioso. Mi lasciai cullare dal verde liquido dei suoi occhi come dall'acqua di un lago e, mio malgrado, persi pure io lucidità. Quando sentii la sua mano, finora docile fra le mie, ricambiare la mia stretta per la prima volta, me la portai all'altezza delle labbra e le baciai una per una le dita affusolate. Giunto al mignolo, alzai lo sguardo e la trovai inclinata verso di me, con gli occhi spiritati e fissi sulle mie labbra; e quando cercò con avidità la mia bocca, non gliela negai un'altra volta.
L'eccitazione che un suo bacio mi dava era e probabilmente sarebbe rimasta per l'eternità, la più potente che avessi mai provato. Fin troppo potente: la verità era che mi terrorizzava. Per parlarle ero stato costretto a riprendere l'inalazione del suo irresistibile profumo, ma già dopo qualche boccata avevo scoperto di poter resistere: dopo mezz'ora in sua compagnia, avevo imparato a domare discretamente i miei impulsi omicidi, finché rimaneva a distanza di sicurezza. Ma le sue labbra che aderivano completamente alle mie, la sua lingua bollente che mi esplorava con voracità la bocca, senza timore di stuzzicare gentilmente i miei canini, quasi a mo' di sfida...
Mi venne in mente che sarebbe bastato un minimo movimento perché la sua lingua, davvero troppo audace, si tagliasse con i miei denti, e a quel punto non mi si sarebbe nemmeno potuto incolpare del suo suicidio. Non era colpa mia se tentava intenzionalmente di riversare il proprio sangue nella mia gola riarsa, no di certo...
Con uno scatto brusco, mi ritrassi, boccheggiando per lo sforzo. Bella fece per seguire il mio movimento, ma io la bloccai fermamente per i polsi e le imposi la distanza di sicurezza. Dopo qualche secondo, vidi un lampo di comprensione nei suoi occhi languidi, mentre saettavano verso i miei, neri come la pece. -Scusami.- cercai di dire, ma quello che mi uscì sembrava molto di più ad un ringhio. Deglutii il veleno in eccesso e le rivolsi un sorriso triste, a denti stretti. -Ancora sicura di voler stare con un vampiro?- le sussurrai, con molta più paura di quanta ne dessi a vedere.
La sua espressione di addolorata gravità lasciò il posto ad un'intenerita esasperazione. -Al cento per cento, Edward. Piantala di metterlo in dubbio, tanto non cambio idea.-
Se non fossi stato intento ad impormi di NON baciarla, probabilmente le sarei saltato addosso. Quasi mi avesse letto nel pensiero, s'inclinò leggermente nella mia direzione e socchiuse le labbra, in un'involontaria provocazione.
-Anche tu però hai ancora dei dubbi, o sbaglio? Alla fine, non s'è capito cosa c'entri il discorso che mi hai fatto con quello che provo per te.- Con uno sforzo immenso, riuscii a tirare indietro il capo e a trovare un argomento con cui distrarre entrambi. O perlomeno distrasse lei; io continuavo a rievocare il calore della sua lingua a contatto con il gelo della mia, ma lei subito si fece un po' più rosea e tornò in se. -Beh... dicevo che emano dei feromoni per attrarre gli uomini. Non so se funzionino anche su di voi, può anche darsi di no, visto che per richiamarvi basta il profumo del nostro sangue, ma...-
-Che intendi dire?-
-Per cosa?-
-Che per richiamarci basta il vostro sangue.-
-Credo che te ne sarai accorto, no? Il nostro odore dovrebbe essere particolarmente invitante per voi, per distogliere la vostra attenzione dagli umani. Siamo come delle esche.-
Mi si formò un fastidioso groppo in gola, ma non ci feci caso. Questa era la conferma di tutte le inquiete supposizioni che avevo fatto da quando l'avevo sentita dichiarare che mi amava, nonostante quello che ero. -Cioè, mi stai dicendo che sai di essere una preda molto più che allettante per me ed eppure vuoi rimanermi accanto?- Quella ragazza non aveva l'istinto di sopravvivenza.
-E, sebbene io ti abbia detto poco fa che sono in grado di emettere ultrasuoni capaci di bruciarti il cervello, tu te ne stai lì a preoccuparti per me?-
-Non è la stessa cosa.- borbottai. -Tu non hai il bisogno fisico di farmi del male. Sai dominarti.-
-Fossi in te, non sarei così sicura. Te l'ho detto, se cadessi nel panico potrei anche non rispondere più delle mie azioni. Potrei renderti simile ad un vegetale, farti perdere te stesso. Corri un pericolo molto più grande di quanto pensi.-
-Ma pur sempre inferiore al tuo.- ribattei ostinato.
-Davvero? Se mai ti capitasse di perdere il controllo ed attaccarmi,  potrei sempre schivarti. E se anche tu riuscissi a cogliermi di sorpresa e bevessi il mio sangue, moriresti nell'arco di pochi minuti per avvelenamento. Visto? Alla fin fine, hai molte più probabilità tu di rimetterci, a stare con me.-
Avevo la netta sensazione che mi stesse fregando con i suoi sofismi, sorvolando su dei punti essenziali (tipo che, nella peggiore delle prospettive, la responsabilità sarebbe stata solo mia), ma non mi diedi la pena di trovarli tutti ed esporglieli. C'era troppo da dire, su entrambi: se ci lasciavamo trascinare fuori tema, rischiavamo di non ritornarvi più, e quello che stavamo affrontando m'interessava molto. -D'accordo, illuditi pure, se ti va. Ora continua: perchè la storia dei feromoni dovrebbe farti dubitare di me più del fatto che sono un vampiro?-
-L'odore che emaniamo è fatto apposta per far desiderare agli uomini il nostro corpo, solo il nostro corpo. Le mie antenate nomadi non avevano interesse a legarsi sentimentalmente ad un'altra persona, anzi, l'ultima cosa che volevano era un marito che cercasse di accaparrare dei diritti su di loro. Un maschio in età riproduttiva da noi vuole esclusivamente sesso. In breve, non possiamo essere veramente amate da uomini. Quello che mi chiedo è se tu sia più umano che vampiro.-
-In somma, hai paura che io voglia solo usarti.-
-No, no! Non voglio dire che tu lo stia facendo intenzionalmente, ma che forse la cosa è ad un livello inconscio, che...-
-Isabella, guardami.- Lei obbedì prontamente, fissandomi con aria penetrante. Non c'era alcun bisogno di sforzarsi tanto per leggermi: ero troppo stanco di segreti e bugie per trovare ancora la forza di dissimulare, troppo ferito dalla superficialità che attribuiva al mio sentimento per voler rischiare di non essere creduto. -Non dirò di non desiderarti, perchè sarebbe falso e non più alcuna intenzione di mentirti, ma quello che provo per te è molto più profondo; mettiamola così, l'attrazione fisica ne è un riflesso. Pensa che all'inizio ero talmente cieco da non accorgermi della tua bellezza, da trovarti ordinaria. Come se tu potessi esserlo, sotto qualunque aspetto! C'è così tanto da scoprire e da amare in te, Bella, che fermarsi all'aspetto esteriore sarebbe di una stupidità colossale. Non riesco a credere che tu possa davvero pensarlo.-  
I suoi occhi scintillavano di lacrime represse. Mi accarezzava con lo sguardo come se fossi stato qualcosa di prezioso, come se fosse stata lei ad essere baciata dalla fortuna, e non il contrario.
-Hai indubbiamente uno straordinario talento con le parole.- sussurrò, la voce rotta dall'emozione.
-Devo dedurne che mi credi?-
-Chi potrebbe restare indifferente ad un discorso del genere?-
-Forse qualcuno con un anima meno buona della tua.-
Lei scosse la testa ed arrossì impercettibilmente. -Ne dubito.-
Cadde il silenzio, ma il suo rossore non accennava a scomparire. -Che c'è?- domandai alla fine, per toglierla dall'imbarazzo, qualunque esso fosse.
-Niente, niente.- principiò lei, agitata.
-Sicura?-
Bella abbassò gli occhi sulle sue mani, intrecciate alle mie, e fece un respiro profondo. -Posso... posso abbracciarti?-
Tutto il suo disagio era unicamente dovuto a questo? Al timore che potessi non gradire lo stringerla fra le braccia? -Tutte le volte che vuoi, Isabella.-
Anche tutta la vita, se voleva.

Allora, che ne dite? Aspetto i vostri pareri e mi raccomando, aspettate prima di darmi della pazza con una fantasia sfrenata!
Bacio
Darcy

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Capitolo 11
*** Avviso ***


Avviso: Sangue ed Acqua


Sono davvero spiacente e mortificata di comunicarvi che ho proprio chiuso con questa storia. Ho cercato di posticipare questo momento per più di un anno, ma ormai non ha più senso. Ne ho avuto conferma oggi, quando, per la prima volta da una mezza dozzina di mesi, ho riletto tutta la storia e non sono davvero più riuscita a riconoscermi nei personaggi. Ho persino dubitato di averla scritta io.

Spiegarvi quale fosse la trama mi sembra il minimo che io possa fare. Bella nella storia è una banshee (figura mitologica celtica legata all'acqua e propria delle isole britanniche; secondo certe tradizioni, chi ne sente l'urlo è destinato a morire in breve tempo e da questa notizia ho tratto spunto immaginando un possibile legame fra i loro strilli e la presenza di vampiri). All'annuncio di quanto Bella possa essere pericolosa, la reazione di Jasper induce Edward a fuggire con lei. I due si imbattono in Victoria, Laurent e James, i quali si mettono ad inseguirli. Mentre Edward è a caccia. Bella si inoltra da sola nei boschi, decisa a fare tutto da sola e a non metterlo in pericolo; riesce nell'impresa, uccide James e riduce in fin di vita Laurent, che verrà poi eliminato da Edward, sopraggiunto poco dopo. Victoria, scampata alla trappola grazie al suo sesto senso, giura vendetta.

Questa era a grandi linee il progetto, che, come vedete, si ricollega abbastanza alla vera trama di twilight.

Mi dispiace veramente tanto.

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