Sangue ed acqua di Astarte92 (/viewuser.php?uid=35636)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Tentazione ***
Capitolo 3: *** Pazzia ***
Capitolo 4: *** Anomalia ***
Capitolo 5: *** Fenomeno ***
Capitolo 6: *** In caduta libera ***
Capitolo 7: *** Sulla lama di un coltello ***
Capitolo 8: *** Agonia ***
Capitolo 9: *** Sogno o realtà? ***
Capitolo 10: *** Troppo bello per essere vero ***
Capitolo 11: *** Avviso ***
Capitolo 1 *** Premessa ***
Sangueed acqua
Anteprimaalla premessa: Avviso fin da adesso che l'inizio della storiasarà un po' monotono, visto che non si discosteràpiù di tanto dall'originale. Dal prossimo capitoloinserirò l'Edward's Pov, giusto per renderlo menosoporifero, ma questa premessa andava per forza fatta con il Bella'sPov. (Commentoche non c'entra niente: grazie ai tesori che mi hanno recensita nellamia scorsa ff: debblovers, cometa 91, Deb, Debby_DG. Grazie! Non avetenemmeno idea di quanto coraggio mi abbiate infuso! )
Premessavera e propria Ioe mio padre viaggiavamo nell'auto della polizia verso la sperdutacittadina di Forks, nella penisola di Olympia, stato dello Washington.Che, fra parentesi, non si trova attorno all'omonima cittàin cui avevo vissuto negli ultimi cinque anni. Mia madre era stata unadei tanti impiegati dell'amministrazione pubblica; del resto, aWashington non c'è molto altro da fare. Renee aveva sempreodiato compilare scartoffie, come era solita definire il suo impiego.Io invece lo trovavo affascinante: dove lavorava lei, si decidevano lesorti del paese. Sinceramente, non mi sarei mai augurata di finire doveera finita lei, ma tutto sommato il suo era un lavoro interessante. Ripensaicon nostalgia ai larghi viali davanti agli edifici governativi, con leloro prospettive perfette, studiate apposta per far colpo. Stavamoviaggiando su una statale trafficata il triplo e largaall'incirca la metà di quei viali. L'unica cosa che mi davasollievo era la pioggerellina insistente che tamburellava suifinestrini. Meno male che Charlie viveva in un posto umido. Neio ne Renee avevamo mai potuto soffrire il caldo e l'afa, naturalmente.Se Forks fosse stata situata in qualche paese del sud in cui erodeterminata a non metter piede (California, Arizona, Texas... mi venivamale al solo pensiero) probabilmente sarei fuggita prima ancora cheCharlie avesse il tempo di arrivare per il funerale di Renee. -Menomale che ti piace la pioggia...- borbottò Charlie al miofianco. Percepivo il suo disagio quasi come fosse stato il mio: eravamotroppo simili per evitare una qualche forma di empatia. -Già.-Per quanto desiderassi toglierlo dall'imbarazzo che doveva di sicuroprovare, non riuscì ad spiccicar altro. Non doveva esserefacile, per uno riservato come lui (e come me), avere a che fare conun'adolescente pressochè, purtorppo, sconosciuta, da pocoorfana. Al fatto che non avrei dovuto provare pietà per lui,ma per me stessa, non ci volevo neanche pensare. Ilsilenzio durò per tutto il viaggio, finchè nonentrammo nello sputo di terra che d'ora in poi avrei definito casa.Charlie mi indicò tutti gli edifici di qualche rilievo delpaese -la biblioteca, la segreteria del liceo, il comune, la centraledi polizia- per poi fermare l'auto davanti alla villetta prefabbricatache i miei avevano comprato subito dopo il matrimonio. Sulvialetto davanti alla casa c'era un affare rosso che qualcuno dallafantasia sfrenata avrebbe potuto definire furgoncino. Notaicon la coda dell'occhio che Charlie mi scrutava con ansia. Con il vivopresentimento che la mia espressione incredula lo stesse mettendo inulteriore difficoltà, cercai di riprendermi. -Daquando ti sei dato alle... macchine d'epoca?- Macchina d'epoca era ladefinizione più cortese e diplomatica che mi venne in mente. -Tipiace? Sai, è per te... mi è parso di ricordareche non ti andasse di farti scarrozzare in giro da me con l'auto dellapolizia...- Arrossendo, ricordai con vergogna tutti i bronciche avevo messo quando avevo scioccamente iniziato a sentirmi troppogrande per entusiasmarmi alla ricetrasmittente incorporata. Era statoanche grazie all'evidente diasappunto che avevo mostrato per quasiqualunque cosa che riguardasse Forks negli anni dellapubertà che Charlie non aveva più insistito perfarmi passare li l'estate, venendo lui da me invece. Micostrinsi ad essere oggettiva riguardo a quell'aggeggio, scacciando lamia pericolosa tendenza al pessimismo. Beh, certo non era estetico, main compenso aveva un'aria molto robusta. Sembrava proprio quel tipo diveicolo indistruttibile che vedi nei luoghi degli incidenti senza mancoun graffio, vicino ad un cartoccio che in passato doveva essere statouna lussuosa auto straniera. Abbozzaiun sorriso. -Si, mi piace. Grazie mille.- Non aggiunsi che avrei potutobenissimo comprami un'auto da sola, con i soldi che adesso avevo inbanca. Charlie stava solo cercando di comportarsi da padre, un ruoloche lo metteva in evidente difficoltà. Midiede le chiavi del mio nuovo (si fa per dire) pick up e miportò dentro la valigia, mentre io gli davo un'occhiata.Passato il primo momento di sconforto al constatare quanto fossebrutto, non era poi così male. Mi ci vedevo dentro. Dopoun paio di minuti, Charlie mi chiamò dentro, adducendo comescusa la pioggia. Mi venne da sorridere al pensiero che lui sipreoccupasse del fatto che fossi fradicia. Miaccompagnò in camera mia, dove aveva già portatola valigia, e dopo un bacio sulla fronte, con vivo imbarazzo dientrambi, mi lasciò sola. Comein trance, mi trascinai fino alla finestra e appoggiai la fronte alvetro gelato, versando tutte le lacrime che avevo trattenuto fino aquel momento.
Allora,com'era? Qualcuno ha vomitato? O siete semplicemente entrati incatalessi? Fatemi sapere. Bacio Darcy
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Capitolo 2 *** Tentazione ***
Sangue
ed acqua
Come avevo anticipato nell'introduzione alla premessa, per i primi
capitoli avrei in mente di descrivere la prima parte di Twilight dal
punto di vista di Edward, visto che la trama per ora si discosta di
pochissimo. Spero di rendere il tutto un po' meno soporifero!
Avvertenze:
giusto per correttezza, vi avviso che ho già slealmente
divorato i primi 12 capitoli di Midnight Sun (reperibili in inglese sul
sito ufficiale della Meyer). Sinceramente, non ritengo di essermici
rifatta più di tanto; al contrario, mi sono soprattutto
basata su Twilight, cercando di buttar giù quello che io
penso che Edward pensi (detto fra noi, la Meyer in quella bozza ha
esagerato un po' con il romanticismo, specie in questa scena; ma ora
terrò la bocca chiusa). Comunque, potete vederla come
più vi pare.
Aspetto
montagne di critiche e accuse di violazione dei diritti di copyright!
(Davvero, non mi offendo se me le fate, anzi, più commenti
negativi ricevo, meglio è)
Tentazione
Se
c'era una cosa che odiavo con tutte le mie forze, era l'ora di
educazione fisica. Ancor più del fatto stesso di venire a
scuola. Almeno, in classe dovevo solo simulare un po' d'interesse per
quello che già sapevo meglio dell'insegnante e sopportare
l'odore del panico da interrogazione dei miei compagni, un profumo
strano, invitante a al contempo vomitevole. Il profumo degli
umani quando erano impauriti diventava talmente dolce da
essere quasi nauseante, tanto da sopire in parte l'onnipresente istinto
del predatore. Era molto semplice resistere alla tentazione durante un
compito in classe, secondo il mio modesto parere. Ma questa era una
questione di gusti.
Ginnastica
era tutt'altra cosa. L'invitante puzza di sudore che si riversava ad
ondate nell'aria viziata della palestra sovraffollata era resa ancora
più insopportabile dalla necessità di fingerci
esseri umani, di frenare gli scatti liberatori che avremmo potuto
compiere per cercare di dar sfogo alla tensione.
Quel
giorno, stavamo giocando a pallavolo, uno sport molto faticoso, a detta
degli altri. E di conseguenza più sudaticcio. Cercai di
distrarmi dal lungo collo imperlato di goccioline di una mia compagna
di squadra impegnandomi con tutte le mie forze per simulare una
ricezione fallita. Dovevo essere più teso del solito,
perchè sparai la palla verso il soffito come una cannonata,
facendola cadere con una violenza tale che nessuno degli avversari ebbe
il coraggio di rischiare la propria incolumità in uno
sconsiderato tentativo di intercettarla.
Alice,
a rete, si voltò per lanciarmi un'occhiata stupita. "Frena i
bollenti spiriti, fratellino!" In tutta risposta, le feci una
linguaccia.
La
campanella trillò appena in tempo per salvarmi dalla
battuta. Con la tensione che avevo in corpo quel giorno, rischiavo
davvero di destare sospetti.
Mentre
mi spogliavo, prestai distrattamente ascolto ai ragazzi dentro lo
spogliatoio, sforzandomi di tenermi fuori dalle menti delle ragazze.
Nessuno sembrava aver fatto caso al mio tentato omicidio in campo,
anzi, una buona parte di loro stava rimurgiando sulla nuova arrivata. A
quanto pareva, era stata quasi all'unanimità definita
scopabile. Quando cominciai a captare riflessioni poco cavalleresche
riguardo ad Isabella Swam, mi rifiutai di proseguire.
Aspettai
che Alice finisse di truccarsi nello spogliatoio (che spreco di tempo e
risorse) e ci avviammo assieme alla volta della mensa. Jasper, Rosalie
ed Emmett avevano già preso posto al nostro solito tavolo,
in un angolo della sala, fuori dal centro dell'attenzione. Mi veniva
sempre da ridere cupamente nel rendermi conto di come gli umani fossero
inconsapevolemnte acuti. Non poteva essere un caso che attorno al
nostro tavolo ci fosse sempre il deserto. Solo ad una decina di metri
di distanza c'era qualche coraggioso che osava mangiare sotto lo
sguardo a volte famelico dei suoi predatori naturali.
Alice
si accomodò subito accanto a Jasper, stampandogli un grosso
bacio sulla guancia e lasciandogli rossetto dappertutto. Jasper si
irrigidì all'istante, annusando irritato. "Ma quando lo
capirà che i cosmetici mi fanno prudere il naso?"
Non
riuscii a reprimere un sogghigno mentre gli passavo un tovagliolo di
carta. Lui lo accettò e si strofinò il
viso con un'ombra di sfida nello sguardo. "Se colgo di nuovo
dell'ilarità su quel tuo brutto muso, te lo spacco."
-Chiedo
umilmente venia.- ribattei con un sorriso a trentadue denti.
Per
tutta risposta, Jasper appallottolò il tovagliolo e me lo
lanciò contro, ma io schivai il proiettile senza problemi,
ridendo ancora di più. La sua mossa era stata
così veloce che nessun occhio umano avrebbe potuto
percepirla.
-Ma
che bravo! Vuoi un applauso?- Rosalie era più acida del
solito. Aveva sentito due ragazzine bisbigliare che aveva il seno
rifatto e non aveva ancora digerito l'affronto, sebbene avessimo
cercato di spiegarle che tutte queste speculazioni sulla nostra
disumana bellezza erano perfettamente naturali.
Emmett
le sussurrò qualcosa all'orecchio -mi sforzai di non stare a
sentire, anche se intuii che stava facendo un commento sull'assoluta e
genuina perfezione del suo corpo- e io distolsi lo sguardo, cercando di
individuare la traiettoria che aveva seguito la pallina, giusto per
fare qualcosa. Dubitavo che chiunque avrebbe potuto ricollegarla a noi.
"Edward
Cullen"
Cascai
completamente dalle nuvole e mi misi freneticamente a sondare le menti
attorno a me, in cerca di eventuali testimoni dell'ultima scenetta. Mi
rilassai solo quando mi accorsi che era stata Jessica Stanley a fare il
mio nome. Si stava lanciando in un resoconto accurato degli affari
nostri a favore della nuova arrivata. Con un ghigno, riflettei che
quella ragazza non avrebbe potuto scovare una pettegola meglio
informata neanche se l'avesse cercata di sua spontanea
volontà, il che sembrava poco probabile. La vidi attraverso
i pensieri di Jessica: una ragazzina sottile, oltremodo pallida, con le
braccia avvolte attorno al busto e i capelli scuri fatti scendere sul
volto con la palese intenzione di nascondersi.
Così,
per curiosità, cercai la voce della sua mente.
Silenzio.
Dalla sua direzione non giungeva nulla.
Forse
era perchè non l'avevo mai sentita parlare. Di solito la
voce della mente e quella vera si assomigliano molto. Attesi con
pazienza che Jessica concludesse le unilaterali presentazioni.
-Sono...
molto carini.- Aveva una voce alta, da soprano, dolcemente,
sinistramente malinconica. Oddio- non era da me essere così
poetico. Cacciai quest'attacco di follia dal mio corpo e scandagliai la
sala alla ricerca di una voce simile. Ma di nuovo niente.
Sempre
più sconcertato, la osservai di nuovo con gli occhi di
Jessica. "Guardala lì, è già
interessata! E' appena arrivata che ha già la fila dietro e
osa pesino fare un pensierino ai Cullen! Ma ora la smonto io..." -Si!
Però stanno assieme. Voglio dire, Emmett e Rosalie e Jasper
ed Alice. E vivono assieme.- La ragazza sollevò leggermente
le soppracciglia con un vago sorrisino sulle labbra. Di nuovo cercai di
introfularmi nella sua mente e di nuovo venni respinto, con mia somma
frustazione.
La
mia smorfia di disappunto non passò inosservata. -Che
c'è?- mi chiese Rosalie, scontrosa. Credeva, da egocentrica
qual'era, che fossi disgustato dalle fusa che le stava facendo Emmet
nel tentativo di placarla.
Ci
passai galantemente sopra. -Jessica Stanley sta spettegolando su di noi
con la nuova arrivata.-
-Di
nuovo il mio seno?- sibilò lei infuriata, lanciando
un'occhiata omicida all'inconsapevole ragazzina.
-No,
no- mi affrettai a correggermi. -Le sta solo faendo notare come sia
immorale il fatto che voi stiate assieme, siate 'parenti' e oltretutto
viviate sotto lo stesso tetto.-
-Ah,
così va bene.- Rosalie amava essere al centro
dell'attenzione e, finchè i commenti su di lei non erano di
natura offensiva verso il suo fisico da modella, amava essere fatta
oggetto di discorsi invidiosi da parte delle ragazze e fantasie
sessuale da parte dei maschi. Ad Emmett d'altra parte questo non
dispiaceva (fiero di possedere una donna tanto desiderata e certo della
sua incrollabile fedeltà), perciò chi ero io per
fare il moralista? Bastava che le sue manie di popolarità
non ci rendessero più sospetti di quanto già
eravamo...
Con
questo breve diverbio, avevo perso il filo del discorso fra le due
ragazze. Senza pensarci più di tanto, alzai lo sguardo nella
loro direzione e notai che la muta mentale mi fissava. Ricambiai
l'occhiata e lei nascose il viso nei capelli.
-Chi
è quello con i capelli rossicci?- domandò con
ostentata indifferenza. Sebbene lei si rifiutasse di offrirmi una
panoramica completa del suo volto, continuai a scrutarla, approfittando
delle sue sporadiche sbirciatine per tentare di leggerle qualcosa negli
occhi. Mi sentivo frustrato e impotente come non mai.
-Si
chiama Edward. E' uno schianto, ovviamente, ma non sprecare il tuo
tempo. Non esce con nessuna. A quanto pare qui non ci sono ragazze
abbastanza carine per lui.- "Quell'arrogante pezzo di gnocco..." Volsi
lo sguardo altrove per non dover più dare ascolto a Jessica,
che non sapeva se perdersi in una filippica interiore contro di me o in
un sogno a sfondo sessuale con me come controparte. Non riuscii ad
evitare un sogghigno.
Sebbene
in apparenza stessi studiando una forchetta di plastica, in
realtà facevo attenzione alla voce della muta mentale. Era
assolutamente inconcepibile, inaccettabile, che qualcuno potesse essere
immune al mio potere. Forse stavo perdendo colpi, eppure non erano
passati nemmeno cent'anni dalla mia rinascita.
La
mia curiosità insoddisfatta mi stava facendo impazzire;
nonostante ciò, mi imposi di non volgere più lo
sguardo in quella direzione. Purtroppo ciò implicava che non
potevo tenere sotto controllo la muta, dato che questa, dopo il suo
breve momento di celebrità, si era chiusa in se stessa e non
aveva più aperto bocca, scivolando di soppiatto fuori dai
riflettori. Negli altri tavoli c'era ancora parecchia la gente che la
spiava, ma offrivano punti di vista troppo scomodi per appagarmi.
Esasperato
dalla mia mancanza di autocontrollo, mi alzai scostando rumorosamente
la sedia e afferrando il vassoio con il cibo intatto per andarlo a
gettare nella spazzatura. Siccome anche gli altri si stavano annoiando,
mi imitarono senza dire una parola.
Fuori
piovigginava leggermente, come al solito. Me ne stetti per tutta la
pausa pranzo su un davanzale davanti all'aula di storia, facendo
compagnia ad Alice e Jasper. Emmett e Rosalie erano andati a fare i
piccioncini da qualche parte. Poi, un quasto d'ora prima della campana,
li salutai e mi trascinai verso l'aula di biologia.
Mancava
un paio di minuti o giù di lì all'inizio della
lezione quando la muta mentale entrò in classe, assieme ad
una ragazza che per fortuna non era Jessica Stanley. Il suo sguardo si
fissò subito su di me, ma lo distolse un attimo dopo, con un
vago, invitante rossore. Io mi feci meno scrupoli e continuai a
guardarla con curiosità mentre consegnava un modulo al
professore e si avviava verso di me, l'unico a non avere un compagno.
Un po' mi dispiacque per lei (non era un caso che il solo posto libero
fosse vicino al mio), ma interiormente esultavo per la fortuna che mi
era capitata. Cercai fra me e me di preparare un sorriso che potesse
metterla a suo agio, nella speranza di indurla a spiccicar parola nel
breve periodo antecedente alla campana. Forse, interloquendo con lei,
sedendole accanto, sarei tornato in me e sarei finalmente entrato nella
sua testa; a quel punto non avrei più avuto nulla di cui
preoccuparmi e avrei anche potuto scordarmi di lei.
Il
sorriso amichevole che stavo per rivolgerle morì e
rischiò di tramutarsi in un ringhio famelico, non appena la
ragazza si fu avvicinata tanto da farmi cogliere il suo profumo. Cristo
santo... Era la cosa più buona che avessi mai annusato. La
gola mi bruciò come non mi succedeva da tempo. Non avevo mai
desiderato così ardentemente sangue umano.
Certo,
negli ottant'anni in cui mi ero imposto di essere vegetariano (per
quanto possa esserlo un vampiro, ovviamente), mi era già
accaduto di provare attrazione per il sangue di una persona in
particolare, ma mai una brama così irrazionale, accecante,
incontrastabile. Il mostro che ero sotto la patina dorata che avevo
tentato di darmi riemerse invincibile e pretese sangue quando quella
ragazzina prese posto accanto a me. E la mia ragione e la mia
volontà erano troppo fiacche per resistere a lungo
all'istinto.
Lei
rabbrividì sotto il mio sguardo assassino, spalancando
ancora di più gli occhi verdi, colmi di domande silenziose e
paura. Distolse subito lo sguardo, con il pretesto di preparare il
materiale per la lezione. Ogni suo movimento alzava una nuova zaffata
di profumo, costituiva un nuovo attacco al mio traballante
autocontrollo. Ero arrivato al punto di chiedermi perchè mi
stessi facendo tutti quegli scrupoli, perchè non agissi come
natura comanda, dimenticando tutte le idee balzane inculcatemi da
Carlisle. La ragazzina era un'innocente. E allora? Da quando
c'è giustizia a questo mondo? Non siamo obbligati ad essere
dei mostri. E invece si; chi ero io per rinnegare quello che ero?
Sarebbe stato altamente presuntuoso da parte mia. Quel qualcuno che ci
aveva creati ci aveva voluti così: chi ero io per voltargli
le spalle? Alla fine la ragione urlò disperata al mostro di
aspettare almeno la fine dell'ora, in modo da non dover massacrare
tutta la classe per il sangue di una persona sola. Il mostro
tentennò: al raziocinio e alla forza di volontà
si erano aggiunti l'amore che mi legava alla mia famiglia e il
desiderio di recar loro il minor danno possibile.
La
ragazza intanto aveva tirato fuori dalla cartella tutto quello che
poteva tornarle utile e aveva già temperato il suo intero
arsenale di matite, facendo mostra di ignorarmi. Infine, dopo una serie
di nervose sbirciatine, trovò da qualche parte il coraggio
di voltare un poco la testa nella mia direzione e scoccarmi un'occhiata
scocciata. La sorpresa che questo gesto suscitò in me fu
come una ventata d'aria fresca; prima che potesse di nuovo perdere la
testa, smisi di respirare.
Subito,
mi sentii più lucido; ora sconfiggere l'istinto non sembrava
più un'impresa così disperata. Mi imposi di
trattenere il fiato, di non perdere il controllo, di non guardarla
neppure.
Pareva
che la lezione non avesse fine. Grazie al cielo al professore non
balzò in mente l'idea suicida di farmi una domanda e
costringermi ad inspirare di nuovo; passai i cinquancinque minuti
più lunghi della mia vita squadrando di tanto in tanto quella lì,
seduto rigidamente sulla sedia, come sul punto di scattare in piedi.
Speravo solo che lo avrei fatto per fuggire dall'aula e non per
azzannare qualcuno.
Quando
udii il rumore della campanella provenire con un lieve anticipo dalla
palazzina accanto, producendo un suono troppo fievole per essere colto
dagli umani, saltai su come una molla e mi catapultai fuori dall'aula
senza degnare di uno sguardo la mia nuova tortura. Sempre rifutandomi
di respirare, sebbene ciò costituisse un grave handicap per
me, corsi fuori, verso la foresta che bordava il parcheggio. C'era
ormai un chilometro di distanza fra me e l'aula di biologia quando osai
prendere una boccata d'aria, esitante. Nessun odore paradisiaco. Bene.
Attesi
lì che la campana suonasse, meditando sul da fare. La mia
famiglia aveva già vissuto situazioni simili: era
già accaduto che uno di noi si 'intestardisse' per un umano.
L'ultima volta era successo a Rosalie, nel Maine, ma ci eravamo
trasferiti prima che si arrivasse all'esito peggiore, lasciandoci alle
spalle voci sinistre, per cui avevamo trovato opportuno cambiar nome e
costa. Ma Rosalie era quello che era, una bambina
capricciosa; io potevo resistere. Io avrei resistito. Certo. Io ero
Edward Anthony Masen Cullen, non lo scemo del villaggio.
Sarei
andato in segreteria e avrei chiesto di cambiare la mia ora di biologia
con una qualunque altra. L'avrei evitata come la peste e se per caso mi
fossi ritrovato a meno di cento metri di distanza da lei, avrei smesso
di respirare. Si.
La
convinzione con cui ripetevo tutti questi bei propositi doveva essere
adorabile.
Prima
che la campana suonasse di nuovo, mi avvicinai ad un'auto e controllai
il mio aspetto in uno specchietto retrovisore. Il mio volto era un po'
più pallido di quando ero uscito di casa quella mattina, le
occhiaie un po' più marcate; per il resto, sembravo quasi
normale. Perfino gli occhi erano tornati dorati.
Con
la baldanza di uno assurdamente, immotivamente sicuro di se, mi diressi
verso la palazzina che ospitava la segreteria e vi entrai. L'atmosfera
era calda e opprimente, un' autentica cappa di aria viziata; fortuna
che la segretaria di mezza età non fosse nemmeno
lontanamente appetitosa. Aveva un fastidioso puzzo di gatto addosso.
Sfoderai
il più seducente dei miei sorrisi. -Buon pomeriggio,
signora.-
Lei
si sciolse all'istante. Non mi diedi nemmeno la pena di controllare i
suoi pensieri (avevo quasi paura di scoprire che il mio potere extra
ora non funzionasse nemmeno più con lei).
-Buon
pomeriggio, Edward. Posso esserti utile?-
-Si,
vorrei fare un cambio di discipline. Potrebbe togliermi dal corso di
biologia del signor Banner ed inserirmi in un altro, che ne so, di
chimica?-
La
sua espressione lasciva si fece vagamente sorpresa. -C'è
qualche problema?-
-No,
no- mi affrettai a negare con nonchalance. -Solo che conosco
già questa parte del programma; al contrario, ho terribili
lacune in chimica, perciò un po' d'esercizio in
più mi farebbe comodo.- Trattenni a stento un risolino alla
solenne menzogna che le avevo appena rifilato. Dire che io, laureato
con lode per ben due volte in medicina, avevo lacune in chimica era
quasi un'eresia. Anche lei parve un po' scettica; probabilmente si
stava chiedendo se per terribile lacuna intendessi il meno che mi
mancava per avere l'ottimo in quella materia.
-Beh,
vediamo cosa si può fare. Hai biologia la sesta ora,
giusto?-
Annuii,
spostando il peso da una gamba all'altra, traducendo in gesto umano la
mia ansia di andarmene.
Qualcuno
alle mie spalle aprì la porta e si intrufolò
dentro, ma non ci feci caso. Tutto sembrava contro di me: la segretaria
faticava a staccarmi gli occhi di dosso, prestando meno attenzione del
dovuto ai parametri che stava inserendo e per di più il
computer sembrava in sciopero, tanto era lento nella ricerca di un buco
qualsiasi in cui infilarmi per quella maledettissima sesta ora.
Tamburellai nervosamente le dita sulla scrivania, mentre cercavo di
darmi una calmata.
La
porta si aprì di nuovo e una folata d'aria nuova
portò fino alle mie narici ignare l'odore da cui stavo
cercando di sfuggire con tutte le mie forze. Non era possibile; non era
vero; era un sogno... Ma cosa avevo fatto di male per meritarmi questo?
Il mostro dentro di me urlava che non era un sogno, era
realtà: un'occasione irripetibile. Solo due misere vite
umane in cambio di quel sangue sublime...
Io
sono Edward Anthony Masen Cullen.
-Non
fa niente. Mi rendo conto che è impossibile. Molte grazie lo
stesso.-
Prima
di uscire di gran carriera, mi concessi di rivolgerle un'occhiata di
puro odio. Eccola lì, la santarellina, tutta rossori e
brividi; in realtà mi stava perseguitando. Era la
personificazione stessa della tentazione.
A
dire il vero, in quel momento era ben poco rossa e tremante; quando si
rese conto della mia furia mi guardò con un odio quasi pari
al mio. Imboccai la porta prima che quell'aperta sfida mi facesse
perdere le staffe.
Sicuro
che Alice mi stesse guardando, lasciai le chiavi della Volvo infilate
dentro il quadro; se qualcuno me l'avesse fregata, l'avrei ritenuta
direttamente responsabile. Non avevo la tempra per aspettarli, per
sopportare i loro sguardi curiosi alla vista dei miei occhi neri, per
stare lì in attesa che lei mi passasse davanti.
Prima
che il mostro mi ordinasse inequivocabilmente di divorarla ad ogni
costo, mi buttai fra gli alberi e fuggii via.
Vi
ripeto, mi aspetto di ricevere critiche a go go. Soprattutto,
descrivetemi gli effetti. Sonno profondo? Nausea? Sono pronta a tutto.
Bacio
Darcy
Seconda
avvertenza: ora vi annuncio quali sono i due punti per cui ho
effettivamente preso un po' spunto dall'inedito. Se non volete sapere
nulla di Midnight Sun, NON PROCEDETE CON LA LETTURA.
-L'esordio
-Il
tovagliolo appallottolato che Jasper lancia ad Edward
Per
il resto, è tutta farina del mio sacco.
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Capitolo 3 *** Pazzia ***
Sangue
ed acqua
Lo ammetto: con questo capitolo ho un po' perso il senso della misura.
Pensavo di unire la scena della mensa con quella della seconda lezione
di biologia, ma mi è uscito questo e, nonostante continuassi
a ripetermi che poi avrei fatto dei tagli, alla fine mi è
piaciuto e ho deciso di lasciarlo così com'è. Un
intero capitolo in spiegazione di due paginette della Meyer! (E io che
mi lamentavo sempre del fatto che si dilungasse troppo...) Ma non ho
avuto cuore di eliminare i fratelli Cullen, dovrò
già farlo fin troppo spesso in futuro. Perciò
siate clementi e ditemi sinceramente se credete che dovrei lavorare un
po' sulla capacità di sintesi.
E naturalmente, grazie infinite a quelli che mi hanno recensita e
inserita fra i preferiti dopo appena un capitolo. Sono a dir poco
commossa!
Per Ale03: non so cosa tu intenda per intoppi, ma di sicuro la storia
dei miei Bella ed Edward non sarà semplice! Spero che
comunque tu possa apprezzarla.
Pazzia
Per la prima volta da quasi un secolo, mi sentivo elettrizzato
dall'idea di essere di nuovo a scuola. Attendevo questo momento da tre
giorni ormai- da quando ero tornato dall'Alaska, mortalmente ferito
nell'orgoglio. Il mio soggiorno nordico era stato un fisco totale: ero
rimasto tutto il tempo a rimuginare cupamente sulla mia vergognosa
debolezza, schivando meno galantemente del consueto le pesanti avances
di Tanya, tanto che alla fine questa si era arresa all'evidenza ed
aveva gettato la spugna, il che non era affatto da lei. Tanya sapeva
essere testarda quanto e più di Rosalie; dovevo essere stato
davvero sgarbato.
Percepii
con l'udito (l'unico senso rimastomi a disposizione, dato che l'olfatto
era fuori gioco e la vista era tutta concentrata sulla porta che la
ragazza stava per varcare) che Jasper si era irrigidito, seguito a
ruota da tutti gli altri, chi più, chi meno: al mio arrivo
mi era stato riferito che l'aroma di quella poveraccia era
straordinariamente invitante anche per gli altri, sebbene in nessuno di
loro, nemmeno in Jasper (il più incline a cadere in
tentazione) suscitasse le stesse reazioni che provocava in me. Mi
sforzai disperatamente di tenere fuori dalla mia mente l'odore
paradisiaco che aveva appena perforato loro le narici; il mostro non ne
parve troppo soddisfatto, ma io gongolai fra me e me nel constatare il
mio autocontrollo. Forse anche il fatto che fossi intriso di sangue
come una spugna era d'aiuto: avevo trascorso il fine settimana
riempendomi lo stomaco al punto da sentirmi una specie di otre con le
gambe. Quasi quasi mi aspettavo scioccamente di essere ingrassato;
nonostante ciò, l'unico cambiamento visibile era il pallido
colorito sulle guance e gli occhi appena cerchiati di viola, a
differenza dei miei fratelli, cadaverici e segnati da profonde occhiaie.
-Per
prima cosa ti cercherà con lo sguardo; tienti pronto,
d'accordo? E cerca di sembrare umano!- mi implorò Alice.
Annuii
rigidamente, tentando di sciogliere la tensione che avevo in corpo.
Anche perché, se per 'sbaglio' fossi scattato in piedi,
sapevo che Emmett mi avrebbe ritrascinato a sedere senza fare troppi
complimenti.
-Questo
per te è umano? Se tu non fossi un vampiro, direi che
qualcuno ti ha infilato un manico di scopa da qualche parte, per farti
stare così eretto...- Naturalmente, era stato l'orso a
parlare. Solo lui poteva farsi venire in mente una battuta di
così cattivo gusto in un momento del genere.
Nonostante
la mia aria stizzita mentre lui scoppiava in una risata sguainata,
riconobbi fra me e me che aveva buone ragioni di prendermi per il culo.
Perché avrei dovuto essere così nervoso? Era solo
una ragazzina, solo una questione di autocontrollo; se perfino Jasper
riusciva a resisterle, perché avrei dovuto fallire io? In
quell'istante, ero quasi completamente convinto che la mia reazione al
sangue di quella ragazza fosse stata esagerata; probabilmente, quel
fatidico giorno ero stato in vena di teatralità.
La
battuta di Emmett aveva avuto il merito di rilassare tutti quanti e
Jasper, distratto dalle sue fantasie sanguinarie, ci aveva messo del
suo, concedendo a tutta la compagnia, me in particolare, una scioltezza
inimmaginabile fino a qualche attimo prima. Era un vero peccato che
Jasper non ne fosse minimamente toccato.
Mi
sforzai di piantarla una buona volta di seguire il percorso della
ragazza attraverso i corridoi. Prima avevo avuto buone ragioni per
farlo, al fine di evitare spiacevoli incontri fortuiti; ora
però la mia indiscrezione era del tutto ingiustificabile. E
inspiegabilmente tenace. Non mi ero mai soffermato a studiare nei
particolari l'esasperante lentezza degli umani, ma avevo la netta
sensazione che questa sconosciuta ci impiegasse più tempo
della norma a giungere alla mensa.
Dovevo
distrarmi ad ogni costo.
-Beh,
vediamo chi è più capace a fingersi umano. Ci
stai?- proposi al grizzley ghignante che mi stava accanto.
-E'
una sfida, tappetto?-
-A
chi mangia più pizza?- La sua reazione fu esattamente quella
che mi ero aspettata. Disgusto totale e profonda irritazione. Si era
legato le mani da solo.
-Ma
certo, pivello.- accettò con strafottenza, cercando di
salvare un briciolo d'orgoglio. In realtà, sapeva di non
avere speranze: Emmett era di gran lunga il più viziato in
fatto di cibo e per altro aveva una profonda avversione per la pizza.
Afferrai
con una mossa melodrammatica la fetta che mi stava davanti e l'alzai
fino al livello della bocca, sforzandomi di non guardare i nauseabondi
pezzetti di mozzarella mezza sciolta. Il fatto che non ne respirassi
l'odore di certo mi aiutò a non vomitare, ma l'esperienza fu
ugualmente spiacevolissima. Sembrava di masticare fango aromatizzato;
notai una ragazza che a poca distanza ne divorava tutta contenta un
pezzo e condivisi per qualche attimo il suo entusiasmo, sebbene il mio
corpo continuasse a strillarmi di piantarla con questa tortura. Quando
della schifezza non fu rimasto altro che la crosta, la gettai con una
smorfia di sollievo sul vassoio e squadrai Emmett con sufficienza.
-Prego, fratello orso.-
Emmett
era in uno stato d'indecisione che mi fece tenerezza: non era in grado
di estraniarsi dalle sue sensazioni come il sottoscritto
(modestamente), ma se c'era una cosa che rifuggiva era il tirarsi
indietro. Per un po', contemplò la possibilità di
scrollarmi in testa tutta la neve che gli si era fermata sui capelli e
sotto la maglia e che naturalmente non si era sciolta, nella speranza
di distrarci, ma ricorrere a simili sotterfugi sarebbe stata una vera
umiliazione.
Alla
fine, si arrese a sottostare alla prova e, con molta meno
teatralità rispetto alla mia precedente performance,
sollevò mestamente un trancio di pizza e si
apprestò ad affrontare il momento peggiore della giornata.
Sfortunatamente
per lui, l'impresa eroica da lui compiuta passò quasi
inosservata al nostro tavolo; dopo secoli di attraversamento del
parcheggio, la ragazza si era finalmente degnata di fare il suo
ingresso nella mensa.
Come
aveva predetto Alice (e come, mi era stato detto, aveva fatto da una
settimana a quella parte), volse subito lo sguardo verso il nostro
angolino appartato, fissandolo su di me mentre un lampo di sorpresa le
balenava negli occhi; ma non appena si rese conto di essere ricambiata,
lo distolse con naturalezza, quasi con sdegno, e si mise ad osservare
Jessica Stanley che le stava blaterando qualcosa. Era solo una mia
impressione o alla luce asettica dei neon la sua pelle era tanto
trasparente da farmi scorgere distintamente i punti con una maggior
concentrazione di sangue? Il mostro nel mio petto iniziò a
fare le fusa e la gola a pizzicarmi alla sola idea.
Mi
concentrai sul secondo aspetto che mi aveva dato pensiero: il suo
presunto silenzio mentale. Ne io ne Carlisle avevamo mai sentito di
vampiri che con il passare del tempo avessero perso le loro
capacità extra, e che un'umana fosse in grado di schermarmi
non mi passava nemmeno per l'anticamera del cervello. Ero arrivato ad
illudermi che quel fatidico lunedì avessi completamente
perso la testa; restava solo da verificare se ora l'avessi di nuovo
sulle spalle. O forse (era un'alternativa che non volevo neanche
contemplare, ma che non ero riuscito a mettere a tacere) il sangue
animale, a lungo andare, produceva danni irreversibili su individui
più delicati. Siccome quest'ultima teoria, oltre ad essere
ben poco lusinghiera nei mie confronti, sconvolgeva radicalmente tutte
le mie convinzioni, era della massima importanza ignorarne l'esistenza.
Meglio credere di essere matto piuttosto che malvagio per natura e
senza possibilità di riscatto.
Attesi
pazientemente, con la fiducia di un folle, che dalla sua direzione
giungesse qualcosa, qualsiasi cosa, persino una fantasia erotica su di
me (per quanto ne fossi sempre disgustato).
Niente.
Silenzio totale.
D'accordo.
Cercai di assuefarmi alla triste verità. Ero pazzo.
Uao.
Continuai
a seguire con gli occhi la ragazza che nel frattempo aveva
già preso il suo pranzo e si era accomodata accanto alla
Stanley.
'Bella
non sembra in gran forma oggi' rifletté Mike Newton,
sedutole accanto. Bella. Dovevo piantarla di chiamarla 'la ragazza',
quasi fosse stata l'unica al mondo. Mi ci volle un po' per interrogarmi
sul senso di quell'inaspettata elucubrazione; poi però mi
accorsi che la ragazza, cioè Bella, aveva preso solo una
soda e se ne stava con la testa poggiata stancamente sugli avambracci.
-Tutto
bene, Bella?- le domandò lui, con un'aria afflitta che mi
diede sui nervi. In verità, progettava di scoparsela un paio
di volte, finché non avesse finito di essere la
novità del momento, per poi gettarla nel dimenticatoio.
Lei
fece un vago cenno d'assenso.
-Edward,
piantala di fissarla. Penserà che tu sia un maniaco malato
di mente.- Quasi sussultai nel rendermi conto di quanto Alice avesse
centrato il mio attuale problema. La esaminai, frugai fra i suoi
pensieri e mi convinsi che la sua intuizione era stata fortunatamente
sardonica. Era esasperata dalle premonizioni che le giungevano sul mio
conto, ma d'altra parte che ci potevo fare io? Dopo l'inconfutabile
conferma della mia pazzia, dovevo pur riflettere sulle mie prospettive
future.
A
dire la verità, in quel preciso momento non riuscivo a
contemplare altra prospettiva che quella di andare a lezione di
biologia, ma mi sentivo in colpa per la mia curiosità
morbosa. Non bastava che un abominio come me esistesse e contaminasse
il mondo con la sua mostruosità, doveva pure avere sete di
sapere, oltre che di sangue. Per ora, la prima superava la seconda,
fomentata dalla constatazione della mia ignoranza del genere umano e
della mia irragionevole presunzione; ma una volta avvicinatomi,
respirato il suo profumo assurdamente dolcesalato?
Ma
io volevo con tutto me stesso conoscerla. Guardarla da lontano, senza
carpirne le riflessioni, senza comprendere cosa le passasse per la
testa, mi aveva fatto sentire come non mi succedeva da più
di ottant'anni.
Normale.
Un comunissimo ragazzo che osserva una persona e non riesce a risolvere
l'enigma di sentimenti, idee, sogni, ricordi, che si cela dietro quegli
occhi.
Il
pensiero che avrei potuto uccidere quella creaturina pallida e fragile
mi deprimeva più di quanto mi garbasse, ma l'ansia di
scoprire i suoi segreti bruciava più di ogni altra cosa. Non
riuscivo a credere a quanto potessi essere egoista.
-Ehi,
zuccone, mi hai sentita?- Ora Alice era davvero divertita.
Rosalie
si unì alla sua risata cristallina. -Non credevo che un
vampiro potesse davvero estraniarsi dalla realtà fino a
questo punto!- commentò con benevolenza. Oggi era di ottimo
umore: la spedizione settimanale di shopping sfrenato le aveva fruttato
un nuovissimo vestito da sera che, andava ammesso, le stava meglio del
solito.
Alice
fece l'occhiolino a Rosalie per poi rivolgersi a Jasper -Illuminaci,
professore. Visto che per una volta è il nostro frigido
leggipensieri ad avere problemi con una donna- se gli sguardi avessero
potuto uccidere, a quest'ora quel folletto malefico sarebbe
già caduto a terra morto stecchito -sfruttiamo l'occasione
di deriderlo un po' come si deve. Dicci: qual'è la diagnosi?
Sta forse uscendo di senno?-
Jasper
stette subito al gioco, senza farsi alcuno scrupolo a tradirmi. -E'
combattuto fra la voglia di mangiarsela a pranzo e di dichiararle il
suo appassionato amore...- Riuscì a stento a mantenere
un'aria dignitosa e professionale mentre pronunciava la sua condanna a
morte. Essendo lui un maschio, non ebbi alcuna remora a mettere a
tacere le sue risate con una gomitata ben assestata nello stomaco.
-Perchè
non la pianti di sghignazzare e non finiamo quella scommessa?- Notai
con soddisfazione che le sonore risate di Emmett si arrestarono di
colpo, in seguito al mio invito. Restò indeciso per una
frazione di secondo, fissando il trancio di pizza che aveva casualmente
fatto scivolare nel piatto quando eravamo tutti troppo concentrati su
Bella per farci caso, come Rosalie avrebbe fatto davanti ad un ragno
disgustoso.
Lessi
contemporaneamente nella sua mente e in quella di Alice ciò
che aveva in programma: quest'ultima, riparandosi dietro un ignaro
Jasper, si scostò appena in tempo per evitare gli schizzi
che Emmett produsse scrollandosi la chioma come un cane. Non
altrettanto fortunata fu Rosalie, che sibilò infastidita un
attimo prima di unirsi alle risate spontanee che il perfetto
atteggiamento canino di Emmett aveva suscitato.
-Bella,
cosa stai guardando?-
Mi
voltai istintivamente, cercando con gli occhi quelli verdi di Bella, ma
lei abbassò subito il capo e tutto quello che potei fare fu
guardarle i capelli scuri che le oscuravano il volto. Per la prima
volta, mi chiesi cosa pensasse non per via di una stupida, egoistica
curiosità, ma spinto dal dispiacere di quanto dovessi averla
impaurita, la settimana prima. Nonostante l'evidente coraggio (e, a
dirla tutta, l'avventatezza) che aveva mostrato il lunedì
precedente, la sua timidezza era chiara come il sole.
-Edward
Cullen ti sta fissando.- le bisbigliò Jessica con aria
ammiccante; in realtà, dentro era rosa dall'invidia.
-Non
sembra arrabbiato, vero?- Mi sentivo una merda, avevo voglia di
sprofondare.
-No,
dovrebbe esserlo?-
-Credo
di non piacergli.- Poggiò la testa sul braccio.
-Ai
Cullen non piace nessuno... beh, non fanno abbastanza caso agli altri
per apprezzarli (#nda: quest'ultima frase l'ho tradotta io
dall'inglese, anche perché non so cosa si siano fumati
quelli della casa editrice mentre lo facevano: nella versione italiana
non ha alcun senso, lo avete notato?#). Ma lui continua a fissarti.-
-Smettila
di guardarlo.- le sibilò l'altra infastidita, alzando il
capo per assicurarsi che Jessica le obbedisse.
Per
tutto il resto della pausa pranzo, non mi degnò di
un'occhiata e nessuno dei suoi amici era abbastanza concentrato su di
lei da offrirmi una buona visuale del suo viso. Ero divorato dalla
frustrazione.
Ormai
avevo deciso: sarei andato a quella maledetta lezione.
Non
appena mi risolvetti, Alice entrò in trance e io mi concessi
di dare una sbirciatina al futuro. Avrei sofferto, molto; ma, a meno
che non cambiassi radicalmente idea, Bella sarebbe dovuta uscire
indenne dall'aula di biologia. Quel condizionale però mi
faceva sentire sempre più spregevole.
Alice
mi fissò a lungo, con aria penetrante; cercava di stimare il
mio autocontrollo. "Sei sicuro? Hai tutto il tempo del mondo per
farlo." Era auspicabile che io rassicurassi fino ad un certo punto
quella ragazzina, per prevenire dicerie, se davvero avevamo intenzione
di restare.
Annuii
impercettibilmente, senza farmi notare da Emmett e Rosalie; ma a Jasper
non sfuggì il nostro scambio. A volte il suo intuito era
spaventoso.
"Andrà
tutto bene, ti vedo molto determinato; solo non abbassare la guardia e
prendi qualche precauzione." Gli feci un sorriso in ricompensa di quel
fiducioso incoraggiamento.
Attorno
a noi la folla cominciò a defluire verso le uscite; anche
Bella, sempre rifiutandosi di guardarmi, si alzò e
s'incamminò in direzione dell'aula. La seguii con lo
sguardo, sovrappensiero: sperai che quella non fosse l'ultima volta che
la vedevo sulle sue gambe.
Non
appena scomparve nel corridoio, mi alzai e feci per dirigermi anch'io
verso l'esterno, ma fui bloccato all'istante dalla mano possente di
Emmett.
-Cosa
pensi di fare?- "E che, non avrà intenzione di ucciderla?"
-Vado
a lezione.-
Rosalie
mi guardò allibita. "Ma aveva detto..."
-...che
avrei valutato se fosse il caso o meno, nient'altro.- completai per
lei, aspettando l'esplosione. Che non tardò ad arrivare.
"Coglione
di un Cullen! Vuoi costringerci a levare le tende prima del previsto?
Proprio ora che abbiamo quasi finito le superiori? Devi costringerci a
ricominciare da capo? Idiota, deficiente, testa di cazzo,..." La sua
espressione era quasi più terrificante di quello che
progettava di farmi. Sogghignare mi venne spontaneo.
-Togliti
quel sorrisetto dalla faccia!- borbottò tra i denti. Avevo
una gran voglia di rammentarle quel particolare che sembrava aver
scordato, che dopo il Maine lei era l'ultima a potermi fare un
rimprovero, ma mi trattenni per il bene comune. Schernirla per i suoi
errori era un modo sicuro di rovinare la giornata a tutti.
Con
dolcezza, mi liberai dalla presa di Emmett, che mi guardava implorante.
"Non incazzarmela!" Di Bella, gli importava poco.
Li
salutai con più disinvoltura di quanto avessi in
realtà e abbandonai la mensa.
Se
avessi perso il controllo, non ci sarebbe stato nessuno in grado di
fermarmi.
Egoista senza cervello.
PS: Se
vi state chiedendo quando inizierò a cambiare la storia,
avverrà fra due capitoli. Nel prossimo (previsto a grandi
linee per il fine settimana, dipende da quanto greco devo studiare)
comincerò solo a delineare qualche modifica.
Bacio
Darcy
|
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Capitolo 4 *** Anomalia ***
Sangue ed
acqua
Buon pomeriggio! Ecco qua, direttamente dal mio computer, il capitolo
vigilia della grande svolta! Nel prossimo finalmente farò
succedere qualcosa, giuro. Prima di risolvere completamente il mistero
ce ne vorrà un po', ma non tanto.
Grazie a quelli che mi hanno messo fra i preferiti (sono orgogliosa di
affermare che hanno raggiunto quota sedici!) e alle recensioniste.
Anomalia
Gli insulti mentali di Rosalie erano talmente sonori da essere
perfettamente udibili perfino nel bagno dei maschi, a poca distanza
dall'aula di biologia. Inspirai un'altra zaffata del tanfo che permeava
i muri piastrellati delle latrine. Disgustoso. Assolutamente
disgustoso. Proprio quello che mi ci si sarebbe voluto per resistere,
almeno un poco, al profumo di Bella. Mi
riempii i polmoni di quell'aria nauseabonda e bloccai la respirazione,
preparandomi ad uscire dal mio rifugio.
Mancavano due
minuti scarsi alla campanella quando entrai nell'aula. Bella era quasi
sdraiata sul banco, con il naso a pochi centimetri dal quaderno su cui
scribacchiava incessantemente qualcosa. Non capire che cosa non fece
che aumentare il mio fastidio. Tutt'attorno, gli altri chiacchieravano
animatamente, si facevano scherzi idioti, interagivano insomma; invece
lei se ne restava composta nel suo posticino accanto alla finestra, con
i capelli fatti scendere in modo da nascondere il volto e il quaderno
da sguardi indiscreti. Perché? Perché, nel corso
di un'intera mattinata di doppio controllo segreto, non ero riuscito a
cogliere discorso più lungo di quello che aveva fatto con
Jessica? Perché lasciava che fossero sempre gli
altri a guidarla, in ogni campo? Non aveva carattere, quella ragazza?
Spostai
rumorosamente la sedia; dubitavo che si sarebbe accorta di me
altrimenti. Non stavo rischiando la sua vita e la mia coscienza per
farmi ignorare un'ora intera (egoista, egoista,...).
L'occhiata glaciale
che mi scoccò mi convinse che avevo torto, eppure non
riuscivo a conciliare i due aspetti che avevo scoperto fino ad adesso.
Era timida e introversa o coraggiosa e incurante del pericolo quanto
nessun umano era mai stato in mia presenza? Di solito la gente,
inconsciamente avvertita dall'istinto di sopravvivenza, evitava perfino
di incrociare il nostro sguardo. Al contrario, quella ragazzina sottile
come un giunco, talmente eterea che non mi sarei stupito più
di tanto se un soffio di vento le avesse fatto prendere il volo, mi
stava squadrando con aperta durezza.
Mi sedetti, facendo
attenzione a restarle il più distante possibile: nonostante
la sete non fosse torturante quanto la mia completa mancanza di
intuizione, la visione della pelle candida della sua nuca aveva messo
all'erta il mostro; avrebbe tentato il colpo non appena avessi
abbassato la guardia.
Pensa alla puzza
del cesso, pensa alla puzza del cesso,...
Sebbene fossi
rigido come un palo, cercai di mostrarmi disinvolto sfoderando uno di
quei sorrisi senza canini che di solito abbagliavano gli esseri umani.
-Ciao. Mi chiamo Edward Cullen. La settimana scorsa non ho avuto
occasione di presentarmi. Tu devi essere Bella Swam.- E con questo un
terzo della mia riserva d'aria era andata.
Aspettai per
qualche secondo una reazione, arrivando a chiedermi se magari non
avesse problemi d'udito o di vista. Sembrava non aver minimamente
notato il mio sorriso, ne il mio tono di voce amichevole. Quando
giocavo davvero sporco (come ora), le umane immancabilmente si
scioglievano come burro al sole.
Alla fine, scorsi
un'ombra di dubbio nella sua espressione severa. Dubbio e sospetto.
Aveva paura di me,
ma non voleva darlo a vedere. Cominciavo a capirci qualcosa. Alla
buon'ora.
Si mosse talmente
in fretta da cogliermi impreparato; raddrizzò di colpo la
schiena, portandosi i capelli dietro le spalle, sempre senza perdermi
di vista, come se stesse aspettando che facessi qualcosa. Il mostro
approfittò della sorpresa per impossessarsi del mio corpo e
ci riuscì pure, per una frazione di secondo: la vidi
raggelare, con gli occhi spalancati; scorgere nelle sue iridi verde
chiaro il riflesso del mio volto deformato mi fece rinvenire.
Pensa alla puzza
nel cesso...
Le rivolsi un altro
sorriso, stavolta più marcato, ma lei abbassò il
capo. A quel punto la campana suonò e il professor Banner
mise fine al chiasso.
Cazzo, non ero
riuscito a strapparle nemmeno un monosillabo.
Il professore
espose brevemente l'esperimento di quell'oggi; fortuna volle che
avremmo dovuto lavorare in coppie.
Quando la
spiegazione si concluse, mi volsi verso Bella, che nel frattempo aveva
ripreso a sbirciare nella mia direzione; tutte le volte che avevo colto
il suo sguardo, mi era parsa più curiosa che altro.
Il mistero si
infittiva.
-Prima le donne,
collega?- questa volta, gettai all'aria ogni precauzione e le feci un
vero sorriso, sperando che il suo inspiegabile coraggio le facesse
ignorare i miei canini aguzzi. Parve funzionare: gli angoli delle
labbra le si incurvarono un poco verso l'alto, come se il mio
entusiasmo fittizio richiedesse un'emulazione. Annuì
leggermente, con una postura un po' meno tesa. Se vedere la mia
dentatura le faceva quest'effetto, era meglio tenerlo a mente.
Che però
non avesse ancora spiccicato parola era piuttosto preoccupante.
Tirò a
se il microscopio, vi pose il primo reperto e mise a fuoco
l'ingranditore. Se ne scostò con assoluta sicurezza.
-Profase.- Udire la sua voce mi fece sorridere come un imbecille.
-Ti spiace se
controllo?-
A quel punto,
commisi un errore imperdonabile. Prima che rimuovesse il vetrino dal
telescopio, senza nemmeno pensarci, la afferrai per un polso. Il
piacevole formicolio che mi attanagliò la mano
rischiò di farmi perdere di nuovo il controllo. Sentivo le
pulsazioni del cuore, il tepore della pelle, il flusso del sangue... Ci
mancò davvero poco. Fu la reazione, o meglio l'assenza di
reazione di Bella, a sconvolgermi al punto da farmi dimenticare le mie
percezioni. Non si sottrasse alla mia presa, non rabbrividì
nemmeno; si limitò a fissare spiazzata i miei occhi che, lo
avvertii impotente, si erano rabbuiati per un attimo.
Fu questione di un
attimo: con una scusa bofonchiata interruppi il contatto e trassi a me
il microscopio, soffermandomi a studiare il reperto più di
quanto mi fosse necessario. Credendosi non vista, Bella aveva rialzato
gli occhi e aveva preso ad osservarmi il viso con apprensione.
Aveva paura dei
miei sbalzi di umore, ma non era minimamente turbata dalle
peculiarità tipiche della mia razza.
Nessun umano mi
aveva mai toccato senza ritrarsi immediatamente.
-Profase.- Le
confermai senza staccarmi dal microscopio, per darle il tempo di
distogliere lo sguardo prima che mi volgessi nella sua direzione. Non
volevo assolutamente più vederla arrossire, cosa che sarebbe
inevitabilmente successa, se l'avessi sorpresa a studiarmi. Il suo
volto era molto espressivo, quasi un libro aperto: potevo approfittarne
per compensare il suo mutismo mentale. Nonostante ciò,
comunque, ci stavo capendo ben poco. Quanto erano state vane tutte le
mie pretese di conoscere il genere umano come le mie tasche, se bastava
un'adolescente media a mettermi in difficoltà!
Proseguimmo con
questo ritmo, parlando solo per dichiarare il risultato dell'analisi e
passandoci il microscopio senza più sfiorarci. Era molto
brava, io pure (modestamente) ed entrambi non avevamo nulla da dire che
non concernesse la materia: la logica conseguenza fu che dopo un quarto
d'ora avevamo concluso l'esperimento. Avevo un'intera mezz'ora per
conquistare la sua fiducia: era quello che ero andato cercando, ma ora
che ne avevo l'opportunità, esitavo. Il fatto era che con
lei mi sentivo così... vulnerabile.
Fissai il suo
corpicino sottile e mi venne da ridere al constatare la mia idiozia.
Tutto nella sua figura traspariva fragilità, come se non
bastasse un mostro dentro il mio petto continuava a premere
affinché la uccidessi e io avevo paura di lei?
Adesso ne andava
del mio orgoglio: l'avrei costretta a parlare.
Mi misi a cercare
un pretesto per attaccare il discorso, ma il fatto che mi avesse
voltato le spalle e stesse osservando le gocce di pioggia che cadevano
copiose non era d'aiuto.
-Peccato che si sia
rannuvolato, eh?- Avrei dato qualunque cosa pur di fare a meno di
ricorrere ad un modo così scontato di attaccar bottone, ma
non mi era saltato in mente nulla di meglio da dire.
Bella si
girò di scatto esattamente come prima, ma questa volta ero
più preparato e la accolsi con l'aria più
disinvolta che riuscii a simulare. Mi fissò negli occhi per
qualche istante, poi parve rilassarsi. Dentro di me esultai per la
soddisfazione.
-A dire il vero,
no.- confessò dopo un secondo di pausa che mi fece temere di
non cavare di nuovo un ragno dal buco.
-No?- le feci eco
come un babbeo prima che riuscissi a trattenermi. Cretino, cretino!
-Mi piace la
pioggia.- si affrettò a spiegare, imbarazzata. Ora ero
davvero disorientato: perché accidenti stava arrossendo?
-Come mai?- le
domandai di getto, senza accorgermi che dimostrarle tutto il mio
morboso interesse era un ottimo modo per farla fuggire; forse,
però, sarebbe stato pure meglio così. -Voglio
dire, di solito la gente si gode le giornate di sole, non di pioggia...-
-A me invece il
sole e il caldo danno fastidio.- ribatta, abbassando il capo.
-Vorrà dire che non sono normale.-
Mai detta cosa
più vera.
Ora però
il mio problema era un altro: la mia riserva d'aria, che era andata
progressivamente scemando nel corso della lezione, era quasi esaurita.
Aspettai che Bella si distraesse per arrischiarmi a prendere un breve
respiro.
Eccolo
lì, il dolore che avevo visto nella premonizione di Alice.
Il mio corpo si tese automaticamente, spasmodicamente, verso la mia
compagna di banco, cercando di divincolarsi dalla presa della ragione
che lo teneva ancorato alla sedia. Ma tutto sommato, era sopportabile
rispetto al tumulto interiore della settimana precedente.
Tornai a
concentrarmi su di lei, sforzandomi di trovare un modo per superare il
suo riserbo. Stava giocherellando con il portachiavi attaccato al suo
portapenne, pensierosa; da dietro di noi, le fantasie di Mike Newton
erano così rumorose e volgari che dovetti davvero impegnarmi
per contenere il fastidio. A dirla tutta, non capivo cosa ci trovasse
di tanto interessante in lei: troppo stupido per cogliere
l'unicità di Bella, sapeva solo pensare al suo corpo, che
era proprio il suo aspetto meno straordinario. Era molto carina, senza
dubbio, ma nulla fuori dalla norma; nulla che giustificasse tanta
passione. Aveva il viso troppo appuntito, le guance troppo scarne: i
tratti finissimi, in aggiunta alla trasparenza dell'incarnato, la
facevano apparire... evanescente. Mi chiesi se per caso non fosse
anoressica.
Lei si accorse del
mio esame accurato e sbirciò ansiosamente nella mia
direzione; quando incontrai i suoi occhi, ne notai l'impossibile
sfumatura di limpido verde acqua. Erano bellissimi, questo dovevo
concederglielo.
-Porti le lenti a
contatto?-
Cosa? -No.-
-Oh. Mi sembrava di
aver notato qualcosa di diverso nei tuoi occhi.-
Cazzo. Forse avevo
sottovalutato quella ragazzina, in apparenza così fragile e
inoffensiva. Con una sola domanda era riuscita a mettermi con le spalle
al muro, quando era da venti minuti che io ci provavo invano.
Certo che aveva
notato qualcosa di strano. Non era affatto normale che gli occhi di uno
passassero dal nero al dorato, ma nei sessant'anni che avevo trascorso
in mezzo agli umani, nessuno me ne aveva mai fatta parola. E ora quella
Bella, che, oltre ad essere immune ai miei poteri, aveva anche il
sangue più appetitoso che avessi mai odorato, se ne saltava
fuori dal nulla e veniva a mettere nel sacco me, quello che secondo le
mie rosee previsioni sarebbe dovuto essere l'inquisitore.
Mi stavo facendo
gabbare da una mocciosa nata l'altro ieri. Logica conseguenza:
nonostante tutte le arie che mi ero sempre dato, ero un'idiota.
Mi strinsi le
spalle e abbassai lo sguardo sul suo quaderno, ora in bella mostra sul
banco. Lessi che, fra le spirali e i fiorellini sgraziati che aveva
scarabocchiato a matita, c'erano anche dei nomi; uno era ripetuto
più spesso degli altri.
Entusiasta di aver
forse trovato un filo di Arianna in quel gomitolo inestricabile che era
la sua mente, mi lasciai scappare la domanda prima che il buon senso me
ne suggerisse tutta la sconvenienza.
-Chi è
Nicole?-
Il pensiero che
forse poteva essere sua madre mi colpì come un pugno allo
stomaco. Non mi ero informato un granchi sulla sua storia familiare
(avevo di meglio da fare, io), ma tutti in paese sapevano che la ex
moglie dell'ispettore era morta il dicembre precedente; non ne
ricordavo il nome, ma rammentai con un ulteriore tuffo al cuore che
c'entrava qualcosa con il francese...
Ero stato
così preso da me stesso da dimenticare che la ragazza
davanti a me aveva appena perso sua madre.
La tristezza che
per un attimo le balenò sul viso mi fece venire una voglia
immensa di volatilizzarmi.
-Scusa- mi
affrettai ad aggiungere. -Se non ti va, non rispondermi.-
-No, no,
è tutto a posto.- mi dedicò un sorriso tremulo; i
suoi occhi però tradivano una profonda malinconia. Era
chiaro che senza volerlo avevo toccato un tasto dolente, ma invece di
mandarmi al diavolo come altri avrebbero fatto, tentava di mettermi a
mio agio, di tranquillizzarmi.
Stava cercando di
rassicurare un vampiro. Se fossero piovute ciambelle dal cielo e Homer
Simpson si fosse messo a rincorrerle, non sarei potuto essere
più allibito dall'assurdità della situazione.
E mi aveva
sorriso...
Azzardai un altro
respiro mentre Bella teneva lo sguardo abbassato, come a schiarirsi le
idee.
-Nicole
è mia zia da parte di madre.- riprese, senza alcuna traccia
di incertezza nella voce. Semmai, parlava con grande affetto.
-Devi volerle molto
bene.- Non le avrei più permesso di rinchiudersi nel suo
guscio, a costo di apparire scortese e ficcanaso.
-Si, è
come una sorella per me.-
-Ti manca?-
Lei
inarcò un po' le sopracciglia per la sorpresa. -Tantissimo.-
sospirò alla fine.
-Dov'è
adesso?-
-Studia biologia
all'università del Massauchuttes.-
-E' per questo che
sei così brava in scienze? Perché ti facevi dare
ripetizioni a sbafo da lei?-
-Solo un pochino.
Comunque, brava mi sembra esagerato; diciamo che me la cavo.- mi
sorrise accondiscente.
-Certo.- Feci in
modo che il mio aperto scetticismo non fosse così sfacciato
da sconfinare nell'adulazione, ma non riuscii a celare del tutto quanto
fossi preso da lei. -E, di grazia, in quali altre materie te la cavi?-
-Beh, mi piace
letteratura inglese...- E questo valeva più di mille parole:
avevo davanti una divoratrice di libri.
-Autori preferiti.-
Arrossì
un poco, forse per l'imbarazzo; poi tutto d'un tratto si fece severa,
con lo sguardo più affilato della lama di un coltello, ma
non me ne feci un cruccio. Ormai avevo rinunciato a capirla.
-Jane Austen e
Emily Bronte.-
Inconsciamente
intuii che dalla mia replica dipendeva l'esito del discorso. -Mmh, sono
i preferiti di mia cugina Rosalie.-
-La bionda?-
-Proprio lei.-
A quel punto fummo
interrotti dal professore, che si era messo a raccogliere i risultati
dell'esperimento, e giusto qualche secondo dopo la campana
suonò, decretando la fine dell'ora. A malincuore, guardai
Bella uscire dalla classe e venire subito abbordata da un fin troppo
entusiasta Mike Newton, che iniziò a lagnarsi della
difficoltà della lezione, da idiota qual'era.
Io mi trascinai
fuori dall'aula, sforzando di ignorare il fastidio che mi dava spiare
Bella tramite il moccioso Newton. Lui era così viscido,
subdolo; cercava di affascinarla fingendosi il ragazzo premuroso della
porta accanto, invece di rivelare quello che era, ovvero un
diciassettenne arrapato e affamato di sesso.
Beh, da che pulpito, ronzò una
vocina incredibilmente simile a quella di Rosalie dentro la mia testa. Tu hai sete del suo
sangue...
Già.
Tu sei un mostro.
E' vero.
Ma non solo. Tu
vuoi pure conoscerla meglio.
Non posso negarlo.
Tu devi girarle
al largo.
Hai ragione.
Bella
è troppo buona per essere sporcata da feccia come te.
Perché,
per quanto fossi stupido e pazzo, sapevo ancora riconoscere una brava
persona quando ce l'avevo sotto il naso.
Troppo pura e
innocente per meritare la morte per mano tua.
Se l'avessi uccisa,
non me lo sarei mai perdonato. Mai.
Era deciso. Le
sarei stato lontano e non avrei mai più permesso alla
curiosità di sopraffarmi.
-Ehm... Edward?-
Ero appoggiato al
davanzale davanti all'aula di biologia, ad occhi chiusi; il sistema
respiratorio naturalmente era inattivo ed ero troppo impegnato con la
mia arringa mentale per far caso ai rumori attorno a me. Quando sentii
una Bella esitante pronunciare il mio nome, quasi sobbalzai dalla
sorpresa.
Mi stava dinnanzi,
con il libro di biologia in mano.
-Credo di aver
fatto confusione con il tuo...- Era in palese disagio.
Le rivolsi un
sorriso tirato e senza proferir verbo aprii lo zaino e le diedi il suo
libro, riprendendomi il mio.
Non distolsi mai lo
lo sguardo dai suoi occhi. Dentro di me, la vocina di Rosalie stava
combattendo contro il mostro che mi sbraitava di azzannarla e un nuovo,
ignoto aspirante al dominio del mio cervello che mi urlava di non
starmene impalato come un baccalà, di dirle qualcosa,
qualunque cosa.
Intanto il disagio
di Bella cresceva a vista d'occhio: aveva abbassato lo sguardo a terra
e spostava goffamente il peso da una gamba all'altra. Evidentemente
aveva intuito che ero affetto da qualche forma di schizofrenia. La mia
non era solo una doppia, ma addirittura una tripla
personalità.
-Beh, io vado a
ginnastica... Ci vediamo, ok?- Mi lanciò un'ultima occhiata
apprensiva ed imbarazzata, aspettando forse che le rispondessi.
-Ah, ok. Ciao.-
Idiota, idiota! Sia il mostro che l'innominato erano fuori di se dalla
frustrazione.
Aspettai che si
fosse allontanata abbastanza per tirare un calcio delicato alla parete,
desiderando con tutto me stesso di essere umano, anche solo per poter
prendere a pugni i muri senza preoccuparmi di non sbriciolarli.
E per poter fare
quello che la terza voce diceva.
Per favore, aspetto recensioni. Come vedete, mi sono avventurata
nell'invenzione dei dialoghi, perciò ci tengo a sapere che
ne pensate.
Bacio
Darcy
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Capitolo 5 *** Fenomeno ***
Sangue ed acqua
Ed ecco
che forse, ma solo forse, faccio succedere qualcosa... non troppo, lo
ammetto, ma almeno comincio a delineare le mie famose modifiche...
Grazie mille agli 8 nuovi preferitisti e alle recensioniste:
annalisa70:
grazie!
Toru85: Grazie, questa è ben la seconda recensione che mi
fai!
sa chan: finora Bella sembrerebbe normale, ma... leggi per
scoprire!
giògiò16:
Nah, non ci credo che tu sia malata di mente... Sei troppo simpatica e
divertente per esserlo! Grazie delle tue lodi, erano molto eloquenti.
Fenomeno
Avevo sempre odiato
l'assoluta mancanza di privacy che devi subire in una casa infestata
dai vampiri. Però quella sera avevo constatato un mutamento
d'ottica nella mia avversione: fino ad allora, la cosa più
insopportabile era non poter ignorare quello che ogni tanto (spesso)
succedeva nella stanza accanto, quella di Alice (e potevo ancora dirmi
fortunato che non fosse quella di Emmett e Rosalie...), visto che non
avevo mai avuto nulla da nascondere o di cui potessi provare il
benché minimo imbarazzo. Adesso, con un terzo della mia
famiglia al corrente delle mie lotte interiori, non capivo come
facessero a tollerare anche solo il fatto che io li sentissi urlare nel
bel mezzo di un orgasmo, per non parlare del mio fastidioso dono.
Jasper si era dimostrato
discreto come sempre: non ne aveva fatto parola e si era limitato a
canzonarmi bonariamente in qualche recesso del suo cervello.
Più passava il tempo e più mi stava simpatico.
Alice era tutto un altro
paio di maniche. Era stata così gentile da non tradirmi
spiattellando la mia indecisione agli altri (se fosse stato altrimenti,
Rosalie sarebbe già venuta a farmi visita con intenzioni ben
poco amichevoli), ma di sicuro tramava qualche losco piano. Il fatto
stesso che quella notte si fosse tenuta assiduamente impegnata con
Jasper, per evitare una mia intromissione, ne era la prova lampante.
Stavo diventando
paranoico. Ora non si poteva più fare sesso senza che io
credessi di c'entrarci qualcosa.
Da parte mia, ero andato
a caccia, aggiungendo così tanto sangue alla precedente
quantità che, se il giorno prima ero stato un otre che
cammina, adesso ero una cisterna ambulante. In compenso, apparivo
più umano di quanto non fossi mai stato: la mia pelle era
quasi rosa, le mie guance colorite, i miei occhi nemmeno lontanamente
screziati di nero o rosso.
Non mi ero mai fatto
così schifo.
Il fatto stesso che
fossi andato a caccia significava che avevo ceduto a quella che avevo
decretato fosse curiosità. A poco erano valsi tutti gli
insulti e gli ordini della coscienza, che mi urlava di partire e non
tornare mai più, per il bene di tutti. Di smetterla di fare
il bambino. Di crescere, insomma.
Come se avessi potuto.
Perché tra i tanti vantaggi dell'immortalità
c'è anche la condanna all'immobilità eterna,
ovvero: sarei rimasto per sempre un adolescente frustrato, egocentrico
e schiavo degli ormoni e nemmeno secoli e secoli d'esperienza avrebbero
potuto cambiare il modo in cui funzionava il mio cervello.
-Posso darti un
consiglio? Così magari ti decidi...-
Alice era comparsa sulla
soglia con un sorriso serafico che mi fece venir voglia di prenderla a
schiaffi.
-Tanto ormai l'avrai
capito che sono troppo egoista per cambiare idea-
-No, io parlavo
dell'abbigliamento.- Mi corresse con un sorrisino benevolo.
Guardai allibito il suo
riflesso nello specchio; solo lei avrebbe potuto preoccuparsi di
vestiti in una situazione del genere.
Mi si
avvicinò danzando e mi spinse da parte, mettendosi a
rovistare nell'armadio, mentre io, un deficiente in boxer e canottiera,
mi chiedevo se ci fosse limite alla sua irresponsabilità.
Alla fine riemerse con i
jeans più griffati che era riuscita a farmi accettare e una
camicia nera a maniche corte. 'Con questi addosso, la sfido a non
cadere a terra in adorazione...'
-Frena un attimo,
Alice.- la interruppi riemergendo dalle mie elucubrazioni. -Non devo
mica affascinarla.-
-Ah no?- 'Ma cosa sta
blaterando?' -E che pensi di fare, se non sono indiscreta?-
-Si, lo sei molto.- la
informai irritato.
-Era solo una domanda
retorica.-
-La mia replica invece
era un dato di fatto.-
-Circostanza che, tra
parentesi, non mi interessa minimamente. Ora rispondi...- '...o
riferisco a Rosalie le tue intenzioni.'
Accidenti a quel
folletto diabolico... Per un attimo vagliai le mie
possibilità: confidarmi con Alice o scatenare Rosalie prima
del necessario? La prima avrebbe inferto un duro colpo alla mia ormai
traballante autostima, la seconda avrebbe messo a dura prova la mia
sopportazione e, nelle condizioni in cui mi trovavo, scatenato un
conflitto atomico.
-Non lo so.- ammisi alla
fine. -Innanzi tutto, spero ancora che da qualche parte si risvegli il
buon senso e mi impedisca di avvicinarmi; altrimenti, solo parlarle,
solo soddisfare la curiosità.-
Alice mi
fissò spiazzata; i suoi pensieri turbinavano così
velocemente e confusamente che ebbi difficoltà a starle
dietro. 'Curiosità?' Era incredula.
-Certo.- risposi per
lei, sulla difensiva. -Cosa credi, che voglia soddisfare la sete?- Ero
perfettamente sincero e lei se ne accorse.
'Non lo hai ancora
accettato, vero?' mi chiese con un'espressione che non riuscii a
decifrare. Sembrava malinconica. 'Ti stai riempendo la testa di seghe
mentali, giusto?'
-Seghe mentali?- le feci
eco incerto. Non capivo dove volesse andare a parare.
'Del tipo sono un
mostro, non la merito e affini?'
Se avessi potuto, sarei
arrossito davanti alla sua capacità di penetrazione.
-Beh, a me sembrano la
pura verità.- ribattei spavaldamente; al notare quanto si
stesse intristendo, mi dispiacque un po' della mia irruenza e cercai di
rassicurarla. -Comunque non è problema, non mi importa
così tanto di Bella...- Per qualche ragione, mi sembrava di
starle mentendo.
Nel arco di un attimo,
passò dalla mestizia alla rabbia. 'Mi stai prendendo in
giro?'
-No, no.- battei in
ritirata precipitosamente. Ora non capivo nemmeno più lei,
oltre che Bella.
Lei continuava a
fissarmi ostile.
-D'accordo, un po' mi
dispiacerà, ma sopravviverò.-
Davanti alla mia
confessione, Alice parve calmarsi.
'Vedo che parli al
futuro, come se fosse qualcosa di deciso.'
-E allora?-
'Non ti sfiora nemmeno
l'idea che lei potrebbe piacerti?' Il suo tono era simile a quello di
una che spiega un'ovvietà a un deficiente.
Dentro di me, il mostro
e la curiosità applaudirono.
-No.- mentii
spudoratamente.
Certo che ci avevo
pensato; per quanto la coscienza fosse a fatica riuscita a ridurre
quell'ipotesi ad una semplice possibilità, invece di
riconoscerne la fondatezza, non ero così cieco da ignorare
che non ero mai in vita mia stato così preso da un essere
umano, e neppure da un vampiro, a dirla tutta.
Il fattore determinante
era stato la mia arroganza, un curioso misto di senso di
superiorità e d'inadeguatezza che solo uno scherzo della
natura come me poteva concepire. La mia capacità di leggere
le menti altrui mi aveva reso presuntuoso: sapendo sempre cosa la gente
pensasse, mi ero sentito autorizzato a dividere il mondo in persone
meritevoli di considerazione e persone insignificanti o peggio ancora
marce dentro. Man mano che passava il tempo e mi allontanavo da quello
che era stata la mia umanità, tendevo sempre più
a considerare la porzione di genere umano che mi stava attorno come
rientrante nella seconda categoria. A quell'epoca, solo la mia famiglia
e qualche genio che doveva pur esistere o perlomeno essere esistito
meritavano la prima qualifica. E fino a lì sarei ancora
stato un comunissimo snob con la puzza sotto il naso, come tanti altri
che popolavano la seconda e più folta schiera.
Però restava
da considerare il fatto che ero terribilmente invidioso di loro, che
avrei dato qualunque cosa pur di essere come loro. Una persona
anziché un assassino.
Tutto questo si
traduceva in un controsenso che la mia mente malata aveva partorito nei
miei numerosi momenti di solitudine: alla fin fine, qualunque umano,
per quanto stupido, meschino o perfino malvagio, era infinitamente
migliore di me, creatura di pietra senz'anima e senza cuore; potevo
solo rivendicare una superiorità intellettuale con cui
cercavo disperatamente di consolarmi. In breve: mi illudevo di essere
misantropo perché nessuno era alla mia altezza, ma in
realtà ero io a non sentirmi all'altezza degli altri.
Il pensiero di Bella, in
quella notte più interminabile delle altre, mi aveva
costretto ad ammettere di provare una paura folle di lei, del giudizio
che avrebbe potuto, che avrebbe di sicuro formulato su di me, se solo
avesse conosciuto la mia vera natura. Perché lei non avrebbe
potuto far altro che ritrarsi con terrore e disgusto davanti alla
verità.
Ma del resto,
perché mi sarei dovuto curare dell'opinione di una ragazzina?
Già.
Perché?
'Edward, devi
smetterla.' Alice mi aveva poggiato le mani sulle spalle e aveva
avvicinato il viso al mio, alzandosi sulle punte dei piedi. Senza
nemmeno pensarci, piegai le ginocchia per facilitarle l'impresa. 'Non
ce n'era alcun bisogno.' mi brontolò lei, un po' offesa.
Provai a sorriderle di rimando, ma mi uscì fuori una strana
smorfia, più di dolore che d'allegria.
'Edward, non puoi
continuare a piangerti addosso. Tutti noi abbiamo accettato
ciò che siamo...'
-... dei mostri...- mi
lasciai scappare fra i denti.
'...delle persone.
Certo, un po' diverse, un po' pericolose,...'
Solo un po'?
'... ma di sicuro non
dei mostri. Soltanto tu ti ostini ancora a odiare la tua natura.'
Mi stavo arrabbiando,
non sopportavo quel tipo di discorso; avevo una grande voglia di
correggerla, di ricordarle che ero io quello che sapeva leggere nel
pensiero, di raccontarle anche solo qualche aneddoto riguardo il suo
amato Jasper, ma la dolcezza con cui cercava di convincermi della mia
bontà (per qualche strana ragione, in casa mi si reputava un
santo) mi trattenne dal rinfacciarle tutto il lavoro che le restava da
fare. La attrassi a me e me la strinsi al petto, affondando il naso in
quella matassa di capelli scuri.
-Grazie del tentativo.-
le bisbigliai affettuosamente all'orecchio in un fievole sussurro.
'Non ti convincerai mai,
eh?'
-Ne dubito fortemente.-
Lei alzò il
capo per guardarmi in faccia, con un sorriso malizioso. 'Forse ha
ragione Emmett, per farla finita con le seghe mentali ti ci vorrebbe un
po' di sana attività sessuale...'
Ed ecco che Alice, dopo
uno straordinario risveglio dell'istinto materno, tornava in se.
Sciolsi subito l'abbraccio, allontanandomi di scatto con un po'
d'imbarazzo. Alice era speciale per rovinare le atmosfere.
Sentii l'improvvisa e
incontrastabile necessità di buttarla fuori da camera mia.
-Bene, dopo questa tua
uscita magistrale, puoi anche levare le tende.- le ordinai stizzito.
-Ma come! Dobbiamo
parlare del tuo look!- Fece per sedersi sul divano, ma glielo impedii
caricandomela in spalla come un sacco di patate.
Alice si mise a piantare
dei calci e degli strilli degni di una bambina capricciosa,
imprecandomi contro fra una risata e l'altra.
Al contrario, io avevo
poca voglia di scherzare. -Un'ultima cosa.- aggiunsi mentre la posavo a
terra nel corridoio.
-Che c'è?-
-Non mi sono perso
nessuna visione mentre tu e Jasper eravate... indaffarati?-
-Guarda che puoi dirlo.-
-D'accordo, mentre
facevate sesso estremo, contenta?-
Alice scoppiò
in una risata argentina davanti alla mia espressione stizzita,
divertita dalla mia reticenza a pronunciare la parola sesso. Che poi
non era affatto vero, io non avevo alcun problema a discorrere di
sesso. Volevo solo essere educato.
'No, non mi è
giunto nulla di nuovo: ti vedo sempre assieme a lei a parlarle, non a
mangiarla.' mi prevenì prima che potessi chiederle di nuovo
precisazioni. ' Si vede che in realtà avevi già
deciso ieri sera. Chissà come mai...' concluse,
accompagnando al sarcasmo delle ultime parole una smorfia eloquente. Io
ci rimasi a dir poco di merda, e lei se ne accorse, ma si
rifiutò di proseguire lo stesso argomento e si
concentrò sui vestiti. 'Mi raccomando, mettiti quello che ti
ho detto io.'
In tutta risposta, le
sbattei la porta in faccia. Mi appoggiai al muro, passandomi
stancamente una mano sugli occhi. Alice aveva appena inferto una ferita
mortale alla mia coscienza, riducendo tutti i conflitti interiori di
quella notte ad una farsa costruita dal mio cervello al solo scopo di
sentirmi meno spregevole.
Ripresi in
considerazione l'idea di non farmi vedere a scuola e di nuovo,
inspiegabilmente, percepii una tristezza incomprensibile attanagliarmi
lo stomaco. Come ci si poteva aspettare che io partissi, se la sola
prospettiva di saltare un giorno di lezione mi rivoltava le budella?
Schifoso, schifoso,...
Era più forte
di me: dovevo andarci.
Indossai in fretta e
furia i vestiti meno attraenti che erano sopravvissuti alle revisioni
mensili di Alice (la sentii brontolare arrabbiata e offesa nella stanza
accanto, mentre li sceglievo, e risi sommessamente) e mi catapultai
fuori. Ora che avevo ammesso la mia debolezza anche a me stesso, ero
impaziente di farla finita. Forse, ad un esame più accurato,
quella Bella Swam non si sarebbe più rivelata
straordinariamente buona e gentile come mi era parsa di primo acchito.
Desideravo con tutto il cuore di scoprire che in realtà era
solo una creatura meschina che simulava innocenza per attirarsi le
simpatie della gente. E mi auguravo anche di non ucciderla,
naturalmente.
Fai schifo...
Fui sfortunato: avevo
confidato nel fatto che Rosalie restasse ancora un po' in camera sua a
truccarsi (non avevo osato controllare per paura di sorprenderla nuda),
invece la incontrai sulle scale. Lei mi osservò un po'
perplessa: gli abiti che portavo erano troppo al di sotto dei nostri
standard perché fosse verosimile che io stessi per
presentarmici in pubblico, ma d'altronde la borsa con i libri di scuola
lasciava poche alternative, dato che era ancor più
inconcepibile che io volessi fare dei compiti a casa.
-Stai andando a scuola?-
era allibita, ma nel tono di voce sorpreso già si discerneva
distintamente qualche nota isterica.
Presi un respiro
profondo, sperando di essere abbastanza calmo da tollerare la sua
imminente esplosione senza mettermi ad urlare anch'io. -Si.-
'Io ti ammazzo. Stasera
ti ammazzo. Ora non ho tempo, ma stasera lo faccio, quant'è
vero che sono la più bella creatura di questo sputo di
terra.' -Sai di essere morto, non è vero?-
L'inaspettata pacatezza
sia delle sue parole che dei suoi pensieri mi lasciò di
stucco. Dov'era finita la Rosalie attaccabrighe e litigiosa che
conoscevo? Sondai la sua mente, ma stava pensando a tutt'altro (a
sgradevoli particolari concernenti Emmett). Era ovvio che mi stesse
nascondendo qualcosa, ma in quel preciso istante ero troppo sollevato
di non doverne sopportare gli eccessi d'ira per preoccuparmene. -Mi
sembra una giusta punizione.-
-Allora siamo
d'accordo.- commentò, un po' minacciosa. Era come se si
stesse sforzando di incutere terrore, cosa che di solito le veniva
spontanea.
Prima Bella, poi Alice,
adesso Rosalie; se dal giorno dopo non fossi nemmeno più
stato in grado di capire quello che passava nel cervellino di Emmett,
avrei potuto considerarmi definitivamente da buttare.
Mentre guidavo a tutta
velocità verso Forks, quasi quasi sperai che la sfuriata
arrivasse: almeno, sarebbe stato un piccolo ritorno alla
normalità. Ma fortunatamente (o purtroppo, se ero diventato
masochista), Rosalie si mantenne di buon umore per tutto il tragitto.
L'unica ad avercela con me era Alice, adontata dalla mia scelta di
abbigliamento.
Giungemmo a destinazione
appena qualche minuto prima del suono della campana: la maggior parte
degli studenti aveva preferito arrivare con un largo anticipo, dato che
la pioggia del giorno precedente si era congelata, nel corso della
notte, in un insidioso strato di ghiaccio. Mentre gli altri incedevano
fra la folla di ritardatari, io rimasi appoggiato al cofano della
Volvo, in attesa che il pick up rosso entrasse nel parcheggio. Dopo,
non sapevo nemmeno io cosa avrei fatto.
Il trillo della campana,
nitidissimo alle mie orecchie, mi gettò nel panico. E se non
fosse venuta? E se fosse stata malata? Però Alice non aveva
visto nessun imprevisto sul suo tragitto. A meno che...
Ma certo. Che stupido
ero stato. La sera prima Bella aveva deciso di starsene a casa ed Alice
lo aveva raccontato a Rosalie per farsi due risate alle mie spalle.
Un rombo spaccatimpani,
in lontananza, interruppe tutti i piani di vendetta che avevo iniziato
ad escogitare. Con un fastidioso groppo in gola, scaccia la smania che
avevo di inspirare per capire subito se fosse lei o meno.
Fa che sia lei...
Il pick up sgangherato
imboccò attentamente l'entrata del parcheggio; al posto del
guidatore, c'era Bella. Sembravano secoli da quando avevo incrociato
l'ultima volta quei limpidi occhi verdi. E tutto d'un tratto, senza
alcuna ragione valida, contro la mia stessa volontà, mi
sentii felice, certo che tutte le mie lotte interiori erano valse a
qualcosa, che tutto il travaglio di quella notte sarebbe stato una
benedizione, se la ricompensa fosse stata rivolgerle la parola.
La seguii con lo
sguardo, incapace di distrarmene, mentre lasciava quel catorcio in un
posto vuoto a circa duecento metri da me e usciva frettolosamente
dall'abitacolo, sforzandosi di non ricambiare troppo la mia occhiata
insistente. Frattanto che chiudeva a chiave il pick up (precauzione
totalmente superflua, date le scarse probabilità che
qualcuno glielo rubasse), la borsa, posata precariamente sul cofano,
scivolò a terra, riversandovi tutto il suo contenuto. Con
un'imprecazione soffocata, Bella si chinò a terra,
mettendosi a raccogliere libri e quaderni.
Dovevo avvicinarmi
adesso? O aspettare l'intervallo? La situazione era perfetta: non era
rimasta anima viva se non io e lei. Fin troppo perfetta. Se avessi
perso il controllo, sarebbe stata l'ideale come scenario di un
omicidio.
Un'auto scura
imboccò l'entrata del parcheggio e si mise a cercare
freneticamente un posto libero, ma non vi prestai molto caso
finché non mi accorsi della sconsiderata velocità
con cui stava prendendo la curva sul ciglio della quale Bella aveva
lasciato la macchina e stava inginocchiata a terra...
La mia mente non
impiegò molto a calcolare la traiettoria del veicolo.
Avrebbe investito Bella in pieno. La mia Bella.
Mia.
Senza riflettere, mi
slanciai verso di lei, correndo al massimo delle mie
capacità.
Non lei...
Le gomme dell'auto
stridettero con un suono perforante sull'asfalto ghiacciato, che rese
ancora più ingovernabile il veicolo. Bella alzò
lo sguardo, incontrando per un attimo i miei occhi, con un'aria
sbalordita. Non feci in tempo a chiedermi come fosse possibile che in
quella frazione di secondo mi avesse fissato dritto in faccia, sebbene
stessi correndo ad una velocità tale che un'umana non
avrebbe dovuto scorgere di me altro che una macchia indistinta; un
istante dopo distolse lo sguardo, rivolgendolo verso l'origine del
frastuono.
E sparì
nel nulla.
Nota conclusiva: ci
tengo a sottolineare che l'ultima frase deve solo aggiungere suspense
alla situazione, quindi non intendetela letteralmente. In poche parole:
Bella non sparisce nel nulla, ma in quel momento ad Edward sembra di
si. Per chiarimenti, aspettate il prossimo capitolo.
|
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Capitolo 6 *** In caduta libera ***
Sangue
ed acqua
Scusate il ritardo mostruoso di questo capitolo, ma, sapete
com'è, l'ispirazione era andata a farsi un giro e
s'è degnata di visitare la mia umile testolina solo ieri
sera (rendetevi conto che ho iniziato ben tre diverse versioni di
questo capitolo e tuttora non sono molto convinta del risultato,
perciò è un ordine: recensite!). Una mia amica mi
ha detto che può essere un po' spiazzante il punto da cui
riprendo la narrazione, perciò ve lo descrivo
brevemente: Bella naturalmente non è rimasta
nemmeno lontanamente coinvolta nell'incidente ed Alice ha raccontato
agli altri Cullen la visione che ha avuto sul conto di Edward; la scena
inizia dopo le lezioni, quando Edward aspetta in macchina gli altri
Cullen e sente qualcosa che non gli fa molto piacere...
Aggiungo
solo i mie ringraziamenti ai 31 preferiti, a chiunque abbia letto, stia
leggendo o leggerà e naturalmente alle bravissime persone
che mi hanno lasciato un commento:
Toru85:
nah, non ci vai neanche vicina... Bella è qualcosa che manco
ti immagini... Se tutto procede secondo i miei piani, il mistero
dovrebbe essere risolto in 3 capitoli; basta che non mi dilunghi
troppo...
Dominic
di PrincessMarauders: Grazie mille della tua sfilza di complimenti!
Spero che l'attesa non ti abbia dato troppa noia.
Gotem: grazie molto in ritardo di aver recensito l'altra mia ff,
orecchie. Non lo avevo notato soprattutto perchè (causa la
mia traballante connessione ad internet) posso stare in rete solo dieci
minuti alla volta e quindi sono sempre di fretta. Grazie ancora!
In
caduta libera
Stavo
scoprendo che il mondo era molto più vasto e sorprendente di
quanto io, nella mia presunzione, avessi supposto. Da una trentina
d'anni a quella parte, a causa dell'inalterabilità del corso
che la mia simil esistenza aveva preso, mi ero sentito autorizzato ad
annoiarmi e a lamentare fra me e me la monotonia della
società in cui vivevo.
In
due giorni scarsi, era cambiato tutto. Tutti quello che prima era
contato qualcosa ora era passato in secondo piano.
Ero
arrivato a considerare un membro della mia famiglia come ostile.
Possibile
che una ragazzina potesse avere un effetto simile su di me? Possibile
che un vampiro, una creatura immobile, immutabile, modificasse le sue
priorità con tanta rapidità e senza nemmeno
rendersene propriamente conto?
Jasper
voleva uccidere Isabella Swam. L'unica conclusione a cui il mio
cervello era riuscito a giungere era che di conseguenza Jasper era il
nemico, malgrado l'affetto che ci legava e le sue ragioni di
cui forse, se fossi stato in grado di riflettere con chiarezza, avrei
riconosciuto la plausibilità.
Ma
andiamo, Bella pericolosa?
Si,
certo, qualche ora prima aveva evitato l'impatto con quell'auto con una
velocità impressionante, a stento percepibile dai miei sensi
acuti; ma era pur sempre la ragazzina timida e impacciata che non aveva
fatto altro che arrossire e distogliere lo sguardo dal mio durante
l'ora di biologia. E, nonostante sapessi che Jasper aveva
formulato questo proposito solo ed esclusivamente per amore della sua
Alice, per riluttanza ad esporla ad una seppur minima parvenza di
rischio, non ero riuscito a frenare la rabbia cieca che mi aveva
pervaso, non appena gli ebbi scorto negli occhi la
risolutezza.
Era
più che ira, era odio. Stavo odiando mio fratello in nome di
una sconosciuta. Che senso aveva?
Ma
subito rievocai l'orrore della visione che avevo letto nella mente di
Alice, pochi istanti prima, nel parcheggio quasi allagato dopo un
intero pomeriggio di pioggia persistente: Jasper chino sul corpo di
Bella, scosso dal ritmo regolare del suo respiro addormentato; Jasper
che deturpava il biancore niveo di quella pelle e ne beveva il
sangue...
Io
che uccidevo Jasper. Perché non avrei avuto scrupoli a
cancellare dalla faccia della terra il mostro che si fosse azzardato a
farle del male, fosse anche stato un fratello, un amico.
Ero
partito sgommando, senza aspettare che salissero in auto, per paura di
abbandonarmi alla furia omicida che mi urlava di scaraventarmigli
contro; tentando di ignorare l'istinto, procedetti lungo la strada tra
il liceo e il paese, a quell'ora trafficatissima, concentrandomi per
quanto possibile sul brusio dei pensieri altrui finché non
trovai, grazie ai volgari apprezzamenti mentali di qualche moccioso
arrapato, quello che cercavo.
Bella
stava camminando sul marciapiede, sola. Il suo pick up era stato
portato via dal carro attrezzi, dopo l'incidente, e fortunatamente Mike
Newton quel pomeriggio aveva recupero di inglese, per cui non aveva
potuto offrirle un passaggio a casa, con suo sommo rammarico e mia
profonda gioia. Mi dava fastidio l'idea che Bella potesse venire
importunata da quel moccioso (avevo sentito i suoi pensieri tutt'altro
che cavallereschi e, sebbene non lo ritenessi abbastanza coraggioso o
avventato da metterli in pratica, anche solo esprimerli a parole
sarebbe stato qualcosa che avrei preferito risparmiare alla sua povera
vittima), nonostante sapessi ormai quasi con certezza che lei non
avrebbe corso alcun rischio; semmai, se qualcuno avesse tentato di
infastidirla (mi prudevano le mani alla sola ipotesi), lei sarebbe
corsa via più veloce della luce. O forse avrebbe rivelato
una sua nuova, ignota dote e lo avrebbe incenerito con lo sguardo.
Si,
effettivamente, per quanto ne sapevamo, Bella avrebbe anche potuto
costituire una minaccia alla nostra incolumità, sebbene io
restassi molto scettico; ma, se anche le cose fossero state
così, non mettevamo noi stessi quotidianamente a repentaglio
la sopravvivenza degli abitanti di Forks? Chi eravamo noi per
rimproverarle la sua anomalia o potenziale pericolosità?
Jasper
aveva torto marcio, punto e basta, e se non lo avesse compreso con le
buone glielo avrei fatto capire con le cattive. Era senza dubbio il
combattente più temprato e aveva dalla sua un'esperienza di
quasi un secolo in un continuo campo di battaglia: tutte le nozioni di
strategia che avevo, me le aveva impartite lui; inoltre, aspetto da non
sottovalutare, c'era sempre la possibilità che giocasse
molto sporco e influenzasse le mie emozioni, rendendomi arrendevole o
distratto. Il mio unico, ma non indifferente vantaggio, stava
nella mia capacità extra di sentire in anticipo le sue
mosse. Potevo farcela. Dovevo farcela.
Anche
perchè qualcosa mi diceva che, se Jasper fosse riuscito a
superare la mia opposizione, niente avrebbe più potuto
salvare Bella da morte certa. Ero perfettamente conscio di quanto fosse
inutile fasciarsi la testa prima di rompersela, ma non ero in grado di
scacciare dalla mia mente la paura. Continuavo a pensare a Jasper,
un'autentica macchina per uccidere, e a quella creaturina pallida,
straordinariamente umana, all'apparenza. La premonizione di Alice era
una potenziale conferma della fondatezza del mio terrore: aveva visto
che, se Jasper avesse attentato alla sua vita, avrebbe raggiunto il suo
scopo e solo allora io sarei riuscito a... Ora che non ero
più così accecato dall'ira, mi era difficile
contemplare la possibilità di ucciderlo.
Però
il futuro poteva pur sempre cambiare.
Rallentai
finchè l'auto non si ritrovò a procedere a passo
d'uomo parallelamente al marciapiede e abbassai il finestrino con
impazienza, portandomi di fianco a Bella. Lei non diede alcun segno di
avermi notato.
-Ti
serve un passaggio?-
Bella
si fermò e mi guardò con affettata sorpresa.
-Dici a me?-
Sapevo
a cosa si stesse riferendo. Tre volte aveva cercato di rivolgermi la
parola, nel corso della giornata, e ad ognuna io aveva risposto
voltandomi dall'altra parte e fingendo di non aver sentito. Doveva
essere tanto ansiosa di chiarire quanto lo ero io, solo che mi era
stato domandato (o, per l'esattezza, imposto) dai miei cari fratelli di
evitarla, senza che finissi per compromettere la nostra già
precaria condizione. Non che importasse più molto quello che
volevano o no, a quel punto: tanto, Jasper mi sarebbe stato ostile in
partenza e qualunque speranza avessi mai potuto nutrire sull'appoggio
di Rosalie era sfumata nel momento stesso in cui l'avevo piantata in
asso sotto la pioggia; Emmett probabilmente si sarebbe lasciato
condurre dove Rosalie voleva ed Alice si sarebbe schierata dalla parte
del vincitore, ossia, se non riuscivo a salvare la situazione, di
Jasper. Il mio unico alleato era Carlisle, che si sarebbe in ogni caso
dichiarato contrario a qualunque assassinio; Esme, ne ero certo,
avrebbe semplicemente lottato per mantenere la famiglia unita.
Dovevo
ad ogni costo mettere al di là di ogni possibile dubbio le
intenzioni amichevoli di Bella.
-Senti,
mi dispiace di averti ignorata, oggi. Ti chiedo scusa.- le dissi con
fervida sincerità, pregando che mi desse ascolto, per il suo
ed il mio bene.
Lei
rimase immobile, scrutandomi avidamente negli occhi. Forse stava
cercando delle risposte o forse, non riuscii a trattenermi dallo
sperare, era imbambolata tanto quanto lo ero io. Meglio non pensarci.
Il fatto che davanti a quelle iridi verdi non riuscissi più
a ragionare con chiarezza non implicava che il fenomeno fosse reciproco
o, se anche lo fosse stato, che fosse corretto. Non potevo innamorarmi
di Bella. Il mio compito, ormai l'avevo capito, era di proteggerla,
anche da me stesso; al momento Jasper era la minaccia più
incombente, ma ciò non toglieva che il mostro che ero
restasse in agguato, in attesa di una falla nel mio autocontrollo.
-Scuse
accettate.- borbottò a mezza voce, distogliendo lo sguardo.
Cogliendomi totalmente alla sprovvista, riprese a camminare, senza
aggiungere altro.
-Ma
come, non sali?- le domandai precipitosamente. Perchè
continuava ad avercela con me?
Idiota.
Non era arrabbiata, aveva paura. Non voleva stare da sola in macchina
con me.
E
come darle torto? Se non fosse stato per le circostanze straordinarie
in cui ci trovavamo, non avrei mai avuto l'egoismo necessario a
chiederle di starmi così vicino in uno spazio tanto
ristretto. Però avevo fiducia in me: la prospettiva di
perderla mi angosciava al punto da sopire in buona parte gli istinti
del predatore. In quel preciso istante, non riuscivo a vedere quella
splendida persona (perchè se anche non era umana, una
persona lo era di sicuro) come cibo.
Lei
mi scoccò un'occhiata indecisa. -Mi piace la pioggia.- si
limitò ad affermare, come se questo risolvesse la questione.
-Ti
prego.- proruppi con fin troppa veemenza; ora, la mia supplica
ricordava molto un ordine.
Non
dovevo costringerla.
-Ti
prego...- ripetei dolcemente, spiando con trepidazione le sue
variazioni d'espressione e maledicendo la sorte che mi aveva voluto
incapace di sentire i pensieri dell'unica persona di cui mi importava
conoscerli.
Alla
fine, la tensione sul viso di Bella si distese in un sorriso appena
accennato. -Beh, grazie.- Mentre saliva in auto evitando accuratamente
di incrociare il mio sguardo, ne approfittai per prendere un profondo
respiro e lasciarmi portare pericolosamente alla deriva nel paradiso
del suo profumo. La pioggia lo rendeva ancora più squisito,
quasi irresistibile. Forse mi ero sopravalutato.
Fu
il verde impossibile delle sue iridi a tenermi a galla, come un
salvagente. Dato che non davo alcun accenno a partire, Bella si era
voltata verso di me, con tanto di espressione ansiosa e cintura
allacciata. Non potevo davvero prendere in considerazione l'idea di
mangiare qualcuno con degli occhi simili.
Per
un po' procedemmo in un silenzio teso, imbarazzato; ogni tanto sentivo
il suo sguardo su di me, ma per la maggior parte del tempo lo tenne
fisso in grembo. Io mi rifiutai categoricamente di guardarla,
terrorizzato dall'idea di sorprenderla rossa in volto.
Non
potevo continuare ad ignorarla per paura di farle del male, a meno che
rinunciassi al mio scopo.
-Senti...-
la sua voce mi fece quasi sobbalzare. -..., penso di sapere
perchè hai insistito per darmi uno strappo fino a casa.-
Oddio, cosa aveva capito? La sbirciai di nascosto: era terribilmente
concentrata sulle sue unghie. -Voglio solo dirti che... beh, a parte la
mia velocità, non sono pericolosa, se è questo
che temi.-
Che
perspicacia. Quanto aveva capito della mia (della nostra) situazione
disperata?
-Non
è per questo... Non è per questo che ti ho
evitata, oggi.- Cercai il suo sguardo e lei non me lo negò.
Volevo che leggesse la mia sincerità; volevo che fosse certa
di non farmi paura. Doveva sapere senza ombra di dubbio che io ero
dalla sua parte.
-Ma
allora perchè?-
-Perchè
mi era stato ordinato.- confessai, serrando impercettibilmente la
mascella. Meglio farle almeno presagire il pericolo che stava correndo.
-I
tuoi fratelli? Sono come te?-
Dio
mio. Aveva capito quasi tutto.
Annuii
rigidamente. Avrei dato qualunque cosa per possedere metà
del suo acume; mentre lei mi strappava informazioni su informazioni, io
continuavo a brancolare nel buio.
Feci
per aprir bocca e porle io una domanda, ma mi precedette.
-Siete
pericolosi?-
Il
mio primo impulso fu di negare, negare fino allo sfinimento; ma Bella
meritava più delle menzogne. E se la verità
l'avesse fatta fuggire, tanto meglio per lei.
A
mio proposito, non potevo affermare altrettanto: l'idea di espormi fino
a quel punto, di spaventarla o addirittura disgustarla mi riusciva
tanto insostenibilmente dolorosa da farmi quasi dimenticare
ciò che avevo stabilito in precedenza. Ma il veleno che
continuava a mischiarsi alla mia saliva restava sempre lì, a
perenne memoria di quello che ero e di quello che non potevo
permettermi.
Con
la morte nel cuore, feci un grave cenno d'assenso con il capo e la
spiai in volto, aspettandone la reazione.
Che
non arrivò.
Dov'era
il terrore che avevo pronosticato? Per quanto frugassi incessabilmente
nei suoi occhi, non vi leggevo altro che incredulità e...
fiducia.
-Che
strano. E pensare che con te non mi sento affatto in pericolo.-
A
questa affermazione rimasi in silenzio; non esistevano parole in grado
di esprimere a pieno quello che provai in quel momento. Era come se
fossi stato sul punto di perdere me stesso negli abissi di limpida
tenebra che erano i suoi occhi, misteriosi e al contempo rivelatori, e
tutto quello che ancora mi stesse trattenendo a galla fosse stata la
consapevolezza di quanto fosse sbagliata la forza di gravità
che mi spingeva sempre più in basso, inesorabile.
Bella
non aveva paura di me. Bella non provava alcuna paura in mia presenza.
In
compenso, ero io ad avere paura di me per lei.
-Ti
sbagli.- sibilai con voce stranamente dura. Doveva capire che un po' di
sana diffidenza nei miei confronti era assolutamente indispensabile ad
entrambi, sebbene mi ribellassi alla sola idea.
Come
avrei fatto a starle lontano, se non mi dava una mano?
Bella
non osò ribattere e nessuno dei due aprì
più bocca. Lei forse era scossa o offesa dal mio tono
severo; io mi stavo a fatica imponendo di non chiederle di ripetere la
sua ultima affermazione. Smaniavo dalla voglia di riudirla dire quelle
parole, le più belle che avessi mai sentito; ma in qualche
modo riuscii a trattenermi.
Qualche
minuto dopo, fermai l'auto davanti a casa sua e la guardai scendere con
lo strano desiderio di chiudere la portiera ed impedirglielo.
Solo
quando fu sul marciapiede Bella ebbe il coraggio di incrociare i miei
occhi con un po' di rossore e il cuore a mille. -Allora, ci vediamo
domani a biologia?-
Se
non mi allontanavo subito, non ne avrei più avuto la
capacità. Ero letteralmente squarciato in due dalla sua
tenerezza.
Annuii,
vago; quel genere di cenni d'assenso che possono anche essere dettati
dall'indifferenza. Davanti alla sua palese delusione, però,
non riuscii a restare freddo e impassibile e mi sciolsi.
-Va
bene. Ci vediamo.- mi arresi, sospirando.
Il
sorriso che mi rivolse era la cosa più bella che avessi mai
veduto. Con il respiro affannoso, accelerai tutto d'un tratto e fuggii
via, nell'oscurità del tardo pomeriggio.
Ultimo
appello disperato di una povera autrice ansiosissima: RECENSITE!
Bacio
Darcy
|
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Capitolo 7 *** Sulla lama di un coltello ***
Sangue
ed acqua
Ecco
a voi, per chi avrà il coraggio di leggerlo (ve lo assicuro,
bisogna essere temerari per arrivare in fondo: questo capitolo
è interminabile! Eppure già così mi
sembra un po' interrotto a metà... ma basta con gli
spoiler!), lo scannamento dei Cullen (visto? Ho persino fatto la
consonanza! :) che cretina che sono...). Grazie alle 12 nuove
preferitiste e alle eminenti critiche letterarie qui seguenti:
Gotem:
Sono contenta che ti piaccia! Spero che valga altrettanto per questo
capitolo... Comunque hai ragione: Edward sottovaluta non poco Bellina
Dominic:
tieni duro, che fra poco ci sarà la rivelazione!!
Zije600: Grazie! :)
Toru85: beh... penso che la definizione che ho dato al capitolo
('scannamento dei Cullen') valga più di mille parole...
Patu4ever: accidenti, così mi fai arrossire! Ho scritto
Orecchie quando ero non poco depressa (penso che si noti...),
perciò non mi aspettavo così tanto seguito.
Grazie!
Sulla
lama di un coltello
E'
quasi illogica, la forza dei sentimenti che un cuore di pietra come il
nostro può generare.
E
micidiale, e inestinguibile.
Colpa
della nostra natura di morti viventi. Il cambiamento è una
caratteristica dei mortali; le rare volte in cui ci riguarda,
è irreversibile.
Non
avrei mai potuto smettere di amare Isabella Swam.
Mentre,
con la serenità di chi sa quello che deve fare, a
prescindere dalle conseguenze, aprivo la porta di casa, con nelle
orecchie tutto il biasimo, la delusione e la paura di quelli che fino a
pochi giorni prima erano stati gli unici valori della mia insensata
esistenza, compresi appieno quanto fosse fragile la nostra famiglia.
Jasper ne era la prova: seppur sinceramente addolorato dall'idea di
uccidere l'oggetto dell'amore che avevo finalmente trovato, dopo quasi
un secolo di solitudine, il puro terrore di perdere Alice
spazzava via quasi tutti i suoi scrupoli e la sua riluttanza a
scontrarsi con me. Ma, oggettivamente, non potevo fargliene una colpa
senza cadere nell'ipocrisia, poiché era esattamente quello
che provavo io.
Prima,
ero sempre rimasto spiazzato dalla paura che Esme aveva di una nostra
separazione; mi sembrava impossibile concepire uno di noi come un ente
distinto dal gruppo Cullen e, pur sapendo che ognuno dei miei
famigliari provava un amore più potente nei confronti della
rispettiva controparte, come era ovvio che fosse, il mio ingenuo ed
indistinto affetto verso tutti loro mi aveva sempre indotto a credere
che ciascuno ponesse il bene di un qualsiasi altro membro della
famiglia sullo stesso piano di quello del suo compagno, senza badare
troppo ai legami più o meno stretti, come me: sebbene
potessi a volte detestare Rosalie, per renderla felice avrei messo lo
stesso impegno che avrei dedicato ad Alice, la mia migliore amica e
sorella preferita. Non avrei mai creduto che l'amore potesse essere
così... prepotente.
Ora,
nonostante la lucida consapevolezza di quanto dolore e ansia avrei
inflitto loro, qualunque fosse stata la mia decisione
(perchè l'unica maniera di evitarlo era la resa
incondizionata), non riuscivo a curarmene più di tanto;
Bella aveva eclissato tutti i miei punti fissi. Non potevo fare a meno
di riflettere solo ed esclusivamente nel suo interesse, ma il panico
genuino di Esme, appena sussurrato rispetto alle grida di battaglia di
Rosalie, ma al contempo forte e chiaro, quasi fosse stato urlato a
squarciagola, per la prima volta mi si parò davanti in tutta
la sua fondatezza.
La
famiglia Cullen sarebbe crollata come un castello di carte, dinnanzi ad
un tale conflitto d'interessi, se non si fosse lottato per impedirlo.
Ero
davvero disposto a rischiare tutto quello per cui avevo vissuto fino ad
allora per Isabella Marie Swam, un'emerita sconosciuta?
Una
parte piuttosto consistente di me si ribellò con tutte le
sue forze. A quanto pareva, non lo ero.
Ma
allora, ero disposto a sacrificare Lei in nome della famiglia?
La
disperazione in cui quest'ipotesi mi gettò valeva
più di mille parole.
D'accordo.
Avevo due obiettivi: salvare il fine della mia esistenza dannata e la
mia famiglia. Lasciarsi sommergere dall'angoscia non era il modo
migliore per perseguirli: dovevo essere calmo e diplomatico.
Erano
tutti riuniti in salotto: Alice, rannicchiata contro il divano, le mani
premute sulle tempie e un'espressione di sofferenza dipinta sul volto,
si sforzava di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse illuminarla
su come prevenire un eventuale scontro fra me e Jasper; questi era
seduto sul sofà e le stringeva convulsamente le spalle.
Rosalie era appollaiata sulle ginocchia di Emmett, con un cipiglio da
giudice dell'inquisizione: nonostante la pensasse all'incirca come
Jasper, sarebbe stato molto più facile vincere la sua
opposizione, poichè in Bella non vedeva altro che un
potenziale motivo per lasciare Forks e ricominciare tutta la farsa da
capo in un altro luogo. C'era Carlisle, la cui aura di autorevolezza
quasi strideva sulla sua figura giovanile; e, accanto a lui, l'unica su
cui non osai posare il mio sguardo, per non doverne sostenere tutto il
tormento che mi stavo sforzando di scacciare dalla mia testa.
Scivolai
silenziosamente verso il pianoforte a coda, situato sul soppalco, in
modo che tutti potessero vedermi dritto in faccia e mi sedetti sullo
sgabello, con il capo chino e il cervello quasi frastornato
dall'intensità dei loro pensieri.
-A
quanto ho capito- attaccai, mettendo temporaneamente a tacere il ronzio
delle loro speculazioni -siete ormai tutti informati di quello che
è successo.- Jasper, non appena arrivato, aveva narrato
l'accaduto ai nostri genitori; avrei preferito farlo io, ma perlomeno,
mi ero accurato di controllare, la sua versione dei fatti era stata
molto asettica e totalmente priva di giudizi di parte. -Posso solo dire
che mi dispiace di aver esposto tutti noi.-
'Senza
alcuna ragione!' Rosalie era a quanto pare decisa a vendicarsi
mettendomi fuori uso il sistema uditivo.
-Come
mi fa gentilmente notare Rosalie, senza alcuna ragione apparente, se
non l'intenzione di salvare un'innocente. Che il mio gesto non abbia
avuto conseguenze se non quella di mettere a repentaglio il nostro
anonimato, è un'altra questione.- Il ruggito mentale di
rabbia che Rosalie emise mi fece strabuzzare un po' gli occhi, tanto
era sonoro.
-Rosalie,
smettila di assalirlo mentalmente. Voglio sentire quello che ha da
dire.- intervenne in mia difesa Jasper, in un gesto di inaspettata
cortesia. Per un po' lo scrutai perplesso, cercandone invano il motivo:
Jasper era molto bravo a celarmi i suoi pensieri, quando voleva. Era un
trucco? Stava cercando di adescarmi con i suoi giochetti?
Eppure,
era troppo intelligente per sperare di ingannare qualcuno in grado di
leggergli nella mente.
-Cosa
desideri sapere?- gli domandai, circospetto. Non ero sicuro di cosa
fosse più inquietante, il brusio indistinto dei suoi
pensieri o l'espressione di ostentato garbo dipintagli in viso.
-Ogni
cosa, fin dal principio. I particolari, quello che vi siete detti nel
corso della vostra conoscenza, le stranezze che hai notato. Ogni cosa.-
-E
chi mi dice che non userai queste informazioni contro di lei?- Le
parole mi sfuggirono di bocca spontanee, ma maledissi subito il tono
ostile con cui gliele avevo sputate addosso. Non avevamo nemmeno
iniziato a discutere che già perdevo le staffe e dimenticavo
tutte i miei buoni propositi di essere civile e diplomatico. I rimorsi
però svanirono nel nulla un attimo dopo l'essere nati. Il
mio scatto aveva per un attimo colto di sorpresa Jasper e gli aveva
fatto abbassare la guardia.
La
sua gentilezza non era uno stratagemma per trarmi in inganno, ma
semplicemente dettata dalla pietà. Stava facendo il
magnanimo.
Non
era affatto intenzionato a scendere a compromessi, sebbene sentisse
distintamente quanto fossi ormai legato alla sua vittima designata, e
per essere a posto con la coscienza cercava di mostrarsi il
più affettuoso possibile.
Tutto
ciò che mi trattenne dal saltagli addosso fu Esme e la
consapevolezza del dolore che le avrebbe dato assistere ad un nostro
combattimento. Se proprio dovevo privarla di un figlio, le avrei almeno
risparmiato lo spettacolo.
Ma
dopo, cosa avrei fatto? Dubitavo che avrei potuto continuare ad essere
un Cullen: senza contare quanto la disperazione di Alice ed Esme e il
ricordo di ciò che avevo fatto mi avrebbero dilaniato, era
poco probabile che mi riaccettassero in famiglia e che mi permettessero
di restare nei dintorni di Forks, dove viveva, o avrebbe vissuto ancora
per poco, Bella.
L'avrei
portata via con me. Le avrei spiegato tutto e l'avrei pregata di
seguirmi.
Quante
probabilità avevo di non ucciderla io in persona? Noi due
soli, magari in qualche foresta deserta...
Possibile
che quella ragazza non avesse alcuna speranza di sopravvivenza?
'EDWARD
CULLEN! SMETTILA SUBITO!'
Naturalmente,
Alice aveva visto tutto. Il suo strazio era indescrivibile: gli occhi
erano neri come il carbone, le membra d'acciaio scosse dai brividi.
Jasper, il cui intuito e la portata di quel dolore gli avevano
vagamente suggerito il contenuto della premonizione, le era scivolato
accanto e l'aveva stretta in un muto abbraccio, a cui lei aveva
risposto aggrappandoglisi come ad un'ancora. 'NON VE LO PERMETTERO',
HAI CAPITO? CI DEVE ESSERE UNA SOLUZIONE!'
-Davvero?
E quale?- le domandai, cupamente. -Jasper, come sai bene, non
è molto disposto a trattare... e nemmeno io.-
-E
allora trasferiamoci!-
-No.-
Ed ecco che Rosalie tornava alla carica; mi era sembrato strano che se
ne fosse rimasta zitta tutto quel tempo. -Non vedo perchè
andarcene da Forks per una ragazzina. Se ne vada lei, piuttosto.-
-Voi
fate pure, ma io non mi smuoverete di qui.- L'incarico autoassegnatomi
di proteggere Isabella Swam era un pretesto per restare troppo buono
perchè potessi rinunciarvi. Mi sarei addirittura inventato
dei rischi inesistenti, pur di rimanerle accanto.
-Possibile
che tu dia tutta questa importanza ad una cotta?-
Cadde
un silenzio sbigottito. Jasper si era alzato in piedi, trascinando con
se un'Alice quantomai restia a staccarglisi di dosso. Non avevo bisogno
di ascoltare la sua mente per percepirne il tono di incredulo
rimprovero: la famiglia era tutto il suo mondo. Certo, che anche Alice
ne facesse parte di sicuro contribuiva al suo attaccamento, ma restava
pur sempre sconcertato dal fatto che io potessi anteporre una perfetta
sconosciuta a loro. Sconcertato e deluso.
-Che
per la prima di cui ti innamori tu ci metta tutti a repentaglio? Ho
sentito la forza del tuo sentimento, Edward, e ti posso assicurare che
non è nulla in confronto a quello di uno qualunque di noi.
So che speri di aver finalmente trovato qualcuno che possa aiutarti a
dare un senso alla tua vita, ma non è lei. Sei tu che sei
troppo ansioso di innamorarti e ti lasci trascinare dalla fantasia.-
Poteva
dire quello che gli pareva sull'insignificanza del mio attaccamento a
Bella, ma non sarebbe mai riuscito a confutare la verità:
lei era un'innocente, e lui voleva ammazzarla a sangue freddo.
Nient'altro contava.
-Innamorato?-
sussurrò Esme, più a se stessa che agli altri. Il
tono di lieta incredulità mi costrinse a cercarne lo
sguardo, dopo averlo evitato per tutto il corso della discussione: i
suoi occhi brillavano di gioia, del tutto dimentichi dell'angoscia di
poco prima -Beh, questo sistema tutto. Nessuno le torcerà un
capello, Edward, te lo garantisco.-
Mia
madre. La mia fantastica, splendida mamma, capace di essere
sinceramente felice per me persino in quella situazione.
Niente
sarebbe mai bastato a ripagarla per quello che semplicemente era per
natura.
-Esme,
non sappiamo cosa sia. Prima d'ora, non avevo mai sentito di alcuna
creatura che potesse battere in velocità un vampiro, e non
un vampiro qualsiasi, ma Edward, il più rapido di tutti noi.
Potrebbe essere pericolosa.-
-Non
appena siamo rimasti soli in macchina...- lo interruppi io, senza poter
ignorare il sorriso sempre più marcato di Esme. -..., la
prima cosa che ha fatto è stata assicurarmi di non
costituire una minaccia, e non credo che stesse fingendo.-
-E
come fai ad esserne certo? Non conosci la sua mente!- mi
sibilò lui.
-So
riconoscere una menzogna anche senza leggere nel pensiero.-
-Questo
non toglie però che potrebbe sempre cambiare idea e decidere
di esserci ostile! Lo sai che i lupi della riserva Quileute si stanno
risvegliando; cosa succederebbe se questa ragazza ne venisse al
corrente e si alleasse con loro? Forse ora teme la nostra
superiorità numerica, ma con un intero branco di licantropi
a guardarle le spalle...-
-E
allora vattene, se ti fanno paura!- gli suggerii veementemente, al
colmo dell'esasperazione.
-Niente
affatto!- strillò Rosalie, con un acuto degno da teatro
operistico. -Non ho alcuna intenzione di rinunciare a questo posto per
le vostre cazzate!-
-Rose...-
Emmett cercò di cingerle la vita con le braccia nerborute,
ma lei gli sfuggì dalle mani e balzò in piedi.
-Abbiamo
quasi finito il liceo, ve ne rendete conto? Volete ricominciare tutto
da un'altra parte, magari con un clima meno idoneo alla nostra natura?
Qui riusciamo ad essere quasi normali, accidenti! Dove lo troviamo un
buco più nuvoloso di questo?-
-Quindi,
qual è la tua proposta?- le domandai gelidamente. Almeno,
per quanto mi riuscisse insopportabile la prospettiva, Jasper voleva
versare il sangue di un'innocente per amore; Rosalie invece, come suo
solito, metteva sempre se stessa al centro dell'universo.
-Per
me, fate come vi pare, basta che la sbrighiate in fretta e senza troppo
inconveniente per gli altri.- Non aveva capito proprio niente.
-Dunque,
non ti importa la morte di una ragazza senza altra colpa che quella di
essere diversa?-
-Il
fatto che io non ne sia innamorata di sicuro mi permette di vedere le
cose più oggettivamente.- Il suo sarcasmo era pesante e del
tutto gratuito, i suoi pensieri piuttosto incoerenti. Avevo qualche
possibilità di persuaderla.
-Devo
prenderlo come un si?-
-Si.-
La sua aria di aperta sfida mi aiutò a simulare un discreto
ghigno di incredulità; un occhio più attento
avrebbe potuto notare la tensione sul mio volto, ma Rose era
già troppo piccata per prestare attenzione a questi
particolari: semplicemente, andò su tutte le furie, come
avevo previsto.
-Che
strano sentirlo dire da te, Rosalie... Proprio tu...-
-Cosa
vuoi insinuare?- mi ringhiò, sull'orlo dell'esplosione.
Emmett mi rivolse un'occhiata preoccupata: credeva che fossi uscito di
senno, per provocarla a quel modo.
-Non
noti delle somiglianze, tra te e Bella? Entrambe giovani e anormali,
una per la sua bellezza inusuale, l'altra per qualche
capacità fuori dal comune; entrambe, a quanto pare,
destinate ad una fine prematura per mano di qualche abominio
intenzionato ad eliminarle a causa delle loro anomalie...-
-Non
è la stessa cosa.- mi borbottò a denti stretti;
ma era rimasta molto scossa dalle mie parole. Non aveva mai davvero
superato il trauma della violenza infertale quand'ancora era umana;
Emmett (che in quell'istante mi stava fissando con tutto l'odio che
poteva concepire, per quel colpo basso di cui, se non fossi stato
così disperato, mi sarei vergognato e pentito) aveva certo
contribuito ad alleggerire il sospetto verso il genere maschile che
quell'episodio le aveva instillato nell'animo, ma le notizie di stupri
al telegiornale la facevano ancora fremere di rabbia e paura. Non
importava quanto questa fosse ingiustificata (che lei temesse un umano
era assurdo), nulla, ne l'amore sincero del suo compagno, ne la
ragione, avrebbe potuto cancellare quel tratto del suo carattere, reso
eterno e immutabile dalla trasformazione.
Rosalie
era condannata a rivivere per sempre il dolore e il disgusto del
proprio corpo di chi è appena stata violentata.
-Non
è la stessa cosa? Beh, certo, Bella non subirà il
tuo stesso trattamento, ma verrà uccisa. Una ragazzina
inerme, uccisa nel suo letto...-
-Inerme!-
sbottò Jasper.
-Alice
ha visto che la assassinerai mentre dorme, più indifesa di
così!-
-Se
provassi ad attaccarla alla luce del sole andrei incontro all'ignoto!-
mi sbraitò contro. Stava perdendo le staffe, lui sempre
così calmo e controllato, e non era affatto un bello
spettacolo: i tratti del suo volto erano tesi fino all'inverosimile in
una smorfia di rabbia; mi stupiva il fatto che non si fosse lasciato
sfuggire nemmeno un ringhio, ma non sapevo quanto sarebbe resistito.
-Come
è giusto che accada! Il tuo piano di colpirla nel sonno
è una vigliaccata mostruosa!-
La
mia accusa di viltà fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Con
uno movimento fluido e fulmineo, si liberò dalla stretta di
Alice e le si allontanò di qualche passo, flettendosi in
avanti, in posizione d'attacco; il ringhio cupo che gli echeggiava fra
i denti era appena percepibile (il fatto che restassi pur sempre suo
fratello poneva una sorta di freno alla sua ferocia), ma mise
inequivocabilmente in chiaro la situazione: il suo atteggiamento ostile
era una palese dichiarazione di guerra.
Senza
badare all'orrore che quell'intuizione suscitò negli altri
quattro ancora ignari, balzai in piedi: il turbinio vorticoso dei
pensieri di Jasper indicava che in quel momento non era lucido, che
avrebbe potuto anche agire con sconsideratezza. Ad ogni modo, io ero
pronto a qualunque evenienza.
-Basta
così.-
Era
la prima volta che Carlisle apriva bocca da che era cominciata la
discussione, e non lo fece invano: Jasper si ricompose all'istante,
evitandone lo sguardo pacato che però, poteva sentirlo
distintamente, traspariva una punta di tristezza. Nessuno di noi, per
quanto Carlisle si sforzasse di non imporci la sua opinione e la sua
volontà, riusciva a sopportare l'idea di deludere le sue
generose aspettative. Metà della nostra supposta
bontà era dovuta alla cieca fiducia di nostro padre.
-Avete
nulla da aggiungere?- proseguì, sempre con una calma e una
pazienza innaturali. -O parlo io?- Era sua abitudine pronunciarsi per
ultimo, in modo da non influenzare il nostro giudizio individuale, cosa
che immancabilmente accadeva, dopo una sua orazione.
-Io
vorrei dire una cosa.- si fece avanti Esme, a sorpresa; i suoi occhi
erano colmi d'ansia, ma non s'era ancora ripresa dall'euforia che la
rivelazione del mio attaccamento a Bella le aveva suscitato. Un secolo
di solitudine, mentre tutti attorno a me si legavano a qualcuno e le
vampire e le umane di turno cercavano inutilmente di sedurmi, le aveva
fatto perdere le speranze: stanca di aspettare un cambiamento, si era
rassegnata e aveva cercato di colmare il vuoto che comunque percepiva
dentro la mia vita con il suo affetto. In breve: ero il suo cocco e
avevo finalmente trovato qualcuno a cui voler bene, ragion per cui si
sentiva in dovere di prenderne le parti.
-Mi
sembra che nessuno abbia tenuto in gran conto una circostanza a mio
parere importantissima: Edward si è innamorato. Con che
coraggio potremmo uccidere questa ragazza, qualunque cosa essa sia? Non
possiamo essere certi della sua pericolosità e, oltretutto,
ciò non implicherebbe neppure la necessità di
arrecarle danno. Tu cosa vedi, Alice?-
-Niente
se non un omicidio.- bisbigliò l'altra, con una vocina
sottile. Non aveva specificato chi sarebbe stato l'assassinato - Sono
entrambi troppo decisi perchè io possa vedere cosa
succederà se semplicemente la ignoriamo.-
-Jasper,
perchè sei così determinato? Edward si fida,
perchè non dovremmo farlo anche noi?- lo spronò
Esme con dolcezza. -Se davvero si rivelerà una minaccia,
beh, affronteremo il problema quando sarà ora. Procediamo
con calma, senza fretta. Per uccidere, c'è sempre tempo.-
-Esme...-
-Figlio
mio, ascoltami: so cosa hai vissuto e so anche che ci ami tutti e che
non tollereresti mai che ci fosse fatto del male...- non potei fare a
meno di ammirare la diplomazia di mia madre, nell'includere l'intera
famiglia negli interessi di lui -... ma devi capire che qui non siamo
in Messico, non siamo in guerra. Ma potremmo entrarvi, se uccidi Bella
Swam.-
Cosa?
Lessi la mia stessa incomprensione sul volto degli altri, ma poi vidi,
nella mente di Esme, dove voleva andare a parare.
Ci
avrebbe salvati tutti. Che donna intelligente: aveva colto l'unica
falla del piano di Jasper, falla di cui nessuno, nemmeno lui stesso,
s'era accorto.
-Rifletti:
il trattato con gli Quileute verrebbe infranto e allora sì
che saremmo costretti a scendere in campo o ad andarcene.-
-Posso
contenermi, lo farò sembrare un incidente...-
ribattè lui di getto, senza pensarci due volte; ma, dopo un
attimo di riflessione, la sua spontanea fiducia in se stessa
scemò in una più realistica incertezza. Conosceva
i suoi limiti e ricordava la sublimità di quel profumo: non
avrebbe resistito alla tentazione. La visione di Alice ne era la
conferma.
-Figliolo,
l'ispettore Swam è amico d'infanzia di diversi anziani della
tribù; quanto ci metterebbero a fare due più due?
E lo sai che diversi giovani stanno per subire la metamorfosi, che
è solo una questione di mesi, ormai,... Se rompiamo il
patto, avranno il diritto di darci la caccia e dovremo lasciare Forks
per sempre. A questo punto, tanto vale andarsene fin da subito, no?-
Jasper
rimase in silenzio davanti a quella logica inespugnabile; ne
cercò il punto debole, il passaggio fallace, invano. -E
allora così sia. Partiamo.- le concesse infine, a denti
stretti. Sapeva che a questa proposta l'opposizione sarebbe stata
più generale, sebbene meno veemente di quella che aveva
incontrata finora: Rosalie, pur messa a tacere dalla mia politicamente
scorretta allusione al suo passato, aveva ancora abbastanza
caparbietà per tenergli egregiamente testa. Poteva sempre
distoglierla da quell'intento con i suoi poteri, ma non l'avrebbe
fatto: Jasper ci teneva alla correttezza e si sarebbe abbassato al
punto di imbrogliare solo in casi estremi. Non ce ne sarebbe comunque
stato bisogno: infatti Carlisle la precedette nel prendere la parola,
zittendola con un cenno del capo.
-Sinceramente,
non credo sia il caso. Direi di stare in guardia e vedere quello che
succede. Naturalmente...- proseguì, prevenendo la protesta
di Jasper -... siete liberi di fare come più vi aggrada,
anche se preferirei che restassimo uniti; suppongo che lo stesso valga
per tutti voi.-
-Senza
dubbio.- proruppe Esme con foga; ora non riusciva a preoccuparsi
d'altro che della prospettiva di una separazione anche solo temporanea.
-O tutti o nessuno, questo è ovvio.-
Jasper
le prestò a malapena ascolto: il suo sguardo era fisso in
quello di Alice, entrambi immersi in una muta conversazione in cui solo
io potevo intrudere. I loro poteri contribuivano in parte minima: per
quanto Alice controllasse passo passo l'evolversi dei piani di Jasper e
questi potesse verificare che reazioni le suscitassero, la loro
comunicazione era ad un livello molto più
profondo. Era una comunione di anime. Entrambi intuivano l'opinione
dell'altro prima ancora che venisse formulata: era un po' come se
fossero stati in grado di leggersi nel pensiero.
Era
una delle cose che avevo più invidiato, nel corso degli
anni. L'amore puro, la perfetta comprensione reciproca.
Jasper
avrebbe voluto che lei lasciasse Forks, ma non era intenzionato ad
accompagnarla: privare la famiglia del suo combattente più
esperto nel momento del bisogno non era da lui. Da canto sua, Alice era
ben disposta verso una partenza, ma solo a patto di non essere sola:
aveva a ragione paura che io e Jasper reiniziassimo a litigare.
L'isolamento sull'isola Esme le sarebbe anche andato bene, ma solo come
sacrificio in nome della preservazione della famiglia. Per noi, non
aveva alcun timore: sebbene le sue visioni restassero vaghe ed
indistinte, era convinta, con molto più buon senso di Jazz,
che qualunque cosa Bella avesse potuto essere, non avrebbe avuto scampo
contro sette vampiri agguerriti. Certo, sbagliava sul numero,
perchè qualcosa mi diceva che, in ogni caso, non avrei
potuto evitare di parteggiare per Bella, ma non sull'intuizione.
-E
va bene.- borbottò alla fine lui, sconfitto dalla
perseveranza di Alice. -Aspettiamo di vedere gli sviluppi.
Però...- si rivolse a me, con fare leggermente minaccioso
-... tu le girerai al largo, chiaro? Non c'è alcun motivo di
intensificare i rapporti, dato che non sembri in grado di non tradirti
in sua presenza.-
Aveva
ragione. Per quanto mi riuscisse insopportabile, aveva
stramaledettamente ragione.
Inoltre,
ora che la minaccia era 'passata', io tornavo ad essere il pericolo
numero uno per Isabella Swam. Mi sforzai di trovare un solo motivo
plausibile per ribellarmi a questa imposizione che non fosse dettato
dai miei egoistici desideri: nulla. Una mia protesta non avrebbe fatto
altro che scaldare gli animi già tutt'altro che tranquilli.
A
malincuore, annuii.
Sinceramente,
non sapevo come avrei fatto a resistere al bisogno della compagnia di
Bella che avevo scoperto di avere. L'idea di starle lontano, del
guardare ma non toccare (perchè, qualunque cosa mi avessero
costretto a giurare, ero deciso a non perdere mai più di
vista l'amore della mia vita) mi deprimeva al di là di
qualsiasi aspettativa.
Ma
era per il suo bene, e non c'era nulla di più importante al
mondo. Purchè lei fosse felice e al sicuro, avrei sofferto
le pene dell'inferno.
Perchè
io ero l'incubo e ad ogni modo, se anche non ci fosse stato nessun
Jasper a impormi la lontananza, non sarei stato così stupido
da nutrire speranze sulla realizzazione del mio sogno più
proibito e ripugnante.
Potermi
saziare della sua purezza, poterla corrompere con il mio orrore.
Perchè
io ero pur sempre il demone notturno, e lei l'angelo.
Allora???
Che ne pensate, sinceramente? I miei obiettivi principali sono stati la
plausiilità e soprattutto non rendere Jasper troppo odioso:
ci sono riuscita? Non ne sono molto certa, quindi fatemi sapere.
Bacioni
Darcy
|
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Capitolo 8 *** Agonia ***
Sangue
ed acqua
Finalmente ci siamo! Nel prossimo capitolo, la vostra innaturale,
enorme, generosa pazienza verrà ricompensata e mi
degnerò finalmente di svelarvi l'arcano mistero! Ok, ora la
pianto e passo a cose più serie, tipo i ringraziamenti ai
preferitisti e ai critici:
Aliceundralandi: Grazie dell'interessamento! Fa piacere sapere che
qualcuno apprezza!
Cullengirl: lo scoprirai solo leggendo il prossimo capitolo!
Eka: Accidenti, mi fai arrossire! Spero solo di non deluderti con
questo capitolo.
Sabry87: grazie di aver deciso di seguirmi, spero che non te ne
pentirai :)
Toru85: Ciao! Che bello, trovo sempre una tua recensione, non hai idea
di quanto piacere mi faccia! Nel prossimo capitolo
soddisferò la tua più che giusta
curiosità... bacio!
Agonia
Ti odierò, se posso;
altrimenti, t'amerò a malincuore
(Ovidio, Amores)
Avevo
mantenuto la promessa: non mi ero più avvicinato ad Isabella
Swam, non l'avevo neppure più degnata di uno sguardo
diretto. Il giorno dopo la discussione, nell'intervallo, ero andato in
segreteria accompagnato da un Jasper più cupo del consueto e
avevo richiesto un cambio d'orario per biologia, prontamente
concessomi. Nel corso della settimana, davanti al mio apparente
distacco, Bella aveva provato un paio di volte a rivolgermi la parola,
ma con scarso risultato, dato che io non ne avevo mai riconosciuto la
presenza; ben presto, eravamo tornati alla fase iniziale della nostra
conoscenza (se mai era esistito uno stadio più profondo), in
cui tutta l'attenzione che mi dedicava era racchiusa nelle occhiate
glaciali o sdegnose che di tanto in tanto mi scoccava in mensa.
Se
non fosse stato per Jasper, che ogni volta percepiva la tristezza e la
paura del rifiuto (lei, splendida com'era, temeva di essere rifiutata
da me!) che l'attanagliavano, avrei quasi creduto che mi odiasse. Se
non fossi stato conscio dei sentimenti celati dietro quella maschera
d'indifferenza o astio, a seconda dell'umore, forse avrei smesso di
preoccuparmi di averla ferita con il mio atteggiamento scostante e la
mia morbosa attrazione, o curiosità, o sete, o quel che
diavolo era a sorreggere il mio sentimento, sarebbe andata scemando. In
fondo, avevo convenuto che fosse la soluzione migliore. Tralasciando i
particolari secondari del tipo 'mio fratello la vuole morta' e 'ogni
tanto mi vien voglia di mangiarla a colazione', con quale coraggio
potevo sperare di non ripugnarla, una volta rivelatale la mia vera
natura? Se io stesso non potevo evitare di farmi schifo per il
semplice, meschino desiderio di coinvolgerla nella mia esistenza
abominevole, le possibilità che riuscissi a conquistare il
suo affetto erano pressochè inesistenti. Tuttavia, a
dispetto del buon senso e con una vena di isterico masochismo che non
pensavo di possedere, mi ostinavo a legarmi a lei sempre più
irremediabilmente.
La
seguivo in ogni suo spostamento, tenendola d'occhio attraverso menti
altrui, pervaso da un cupo, irrazionale terrore che potesse accaderle
qualcosa di male ; la osservavo affaccendarsi nel tram tram quotidiano,
composto da gesti semplici, comuni, e tuttavia stupefacenti nella loro
freschezza e novità, con lo stesso meravigliato interesse di
un pittore intento a ritrarre la propria amata. Il fatto era che
qualunque cosa riguardasse Bella era in qualche modo, inspiegabilmente,
speciale: non tanto per la consapevolezza della sua anomalia, o per le
mie aspettative di un'altra dimostrazione delle sue
peculiarità (cosa che, ad ogni modo, non si
verificò), o per il gusto del frutto proibito; era semmai
uno struggimento divorante di sapere cosa mai passasse per quella
mente, sempre così imprevedibile ed affascinante.
Magari
la mia incapacità di sentire la sua voce interiore era
dovuta alle differenze delle nostre speci: eppure, non avevo mai
incontrato difficoltà nel decifrare i pensieri di
licantropi, ma questo era plausibile, visto che un lupo mannaro, prima
di diventare tale, nasce in forma umana e che quindi qualcosa in comune
con loro lo si potevo pur sempre trovare. Della razza di Bella, non
sapevo assolutamente nulla. Non avevo mai visto sua madre,
perciò da quella parte non potevo avanzare ipotesi; in
quanto a suo padre, beh, a meno che Bella non fosse una sorta di
mutaforma (ma andiamo, non era mica un personaggio di Harry Potter!),
non si poteva negare la loro stretta parentela, quindi, data la
comprovata umanità di Charlie Swam, ne seguiva che
la figlia era perlomeno metà umana. Si somigliavano troppo
perchè un'adozione fosse verosimile: differivano solo negli
occhi, cioccolato quelli del padre e verde acqua quelli della figlia, e
nell'apparente fragilità della fisionomia di Bella. Certo,
restava il fatto che l'ispettore Swam, malgrado la sua bontà
e un certo acume, fosse una persona qualunque, mentre la figlia fosse
semplicemente la creatura più straordinaria che avessi mai
incontrato.
All'inizio,
forse come omaggio postumo al mio defunto buon senso, avevo tentato di
impormi l'obiettività. Che vana presunzione, credere di
poter valutare senza pregiudizi l'oggetto del proprio amore! In meno di
due giorni, ero già irremediabilmente convinto della sua
totale perfezione. La guardavo muoversi nei corridoi del liceo, con i
suoi miti, dolci occhi verdi colmi di inaccessibili segreti e i
frequenti rossori che la colorivano di un delizioso rosa pastello, e mi
chiedevo come avessi potuto aspettarmi di trovare un qualche difetto in
quella specie di angelo dalle ali recise. Innazitutto, e ancora non
capivo come avessi fatto a non rendermene subito conto, era bella, e
non solo molto carina. Probabilmente, che io non mi fossi mai
interessato di bellezza femminile prima d'allora aveva contribuito alla
mia cecità, ma lo scalpore affascinato che Bella aveva
suscitato nel genere maschile avrebbe dovuto illuminarmi, e
sì che ne aveva di ammiratori: la lista dei pretendenti si
allungava di giorno in giorno, senza che io potessi tuttavia fare altro
che rodermi il fegato dalla gelosia per la loro fortuna. Avrei dato
qualunque cosa per essere un ragazzino brufoloso qualsiasi e avere
almeno la possibilità di tentare la sorte, ma il caso aveva
voluto che io fossi il potenziale assassino di quel sole attorno al
quale la mia esistenza aveva iniziato a gravitare, perciò
tanto valeva farsene una ragione, no?
Peccato
che l'amore non abbia logica e che parecchie volte mi fossi ritrovato
sul punto di spiacciacare il cranio di Mike Newton contro il muro. Di
tutti i bambocci che le sciamavano dietro come calabroni in calore, lui
era senza dubbio il più a rischio di morte
prematura e gareggiava per il primato di insopportabilità
con Tyler Crowle, secondo il quale il fatto di aver attentato alla vita
di Bella con la sua guida sprovveduta costituiva un ottima premessa per
una relazione amorosa; ma quest'ultimo, perlomeno, era occupato in
troppi tira e molla con altre ragazze per dedicarlesi anima e corpo,
come invece faceva Newton. E la cosa peggiore (come se ascoltarne tutte
le sciocchezze non fosse stato sufficiente) era l'incrollabile cortesia
di Bella, che non lasciava mai presagire con chiarezza se lo tollerasse
per mera pietà o se le stesse simpatico.
Che
Mike Newton, il gretto, arrapato, superficiale, vile ed insignificante
Mike Newton riuscisse nel suo intento di illuderla di essere il ragazzo
perfetto e premuroso della porta accanto era qualcosa che mi faceva
venir voglia di ammazzarlo all'istante, o perlomeno di distruggere
tutto quello che avevo in mano. E non importava che in fondo non
potessi certo pretendere che Bella restasse sola tutta la vita:
riuscivo solo a pensare 'Non lui!'
Ma
chi, allora? Esisteva davvero qualcuno che la meritasse, qualcuno a cui
avrei potuto affidarla senza alcun diritto di recriminazione?
Poco
probabile.
Povera
ragazza, che sfiga aveva avuto. Era capitata nel buco abitato dalla
più popolosa comunità di vampiri degli Stati
Uniti, facendone innamorare di se uno che guarda caso era pure il
più sensibile al suo profumo e che molto presumibilmente le
avrebbe rovinato qualunque esperienza sentimentale vita natural
durante. Sempre che non finisse per sbranarla, ovvio.
Ma
starle lontano era una causa persa, questo ormai era chiaro come il
sole. Bastava lo stato in cui mi trovavo in quel momento a
testimoniarlo.
Forks,
oltre al primato per la più alta concentrazione di creature
sovraumane (fra vampiri, licantropi e l'enigma di Bella, ce
n'è per tutti i gusti!), vanta tra l'altro un clima fra i
più nuvolosi dell'intero Nord America, quantomai comodo alla
nostra natura di riflettori ambulanti; tuttavia, verso l'inizio della
primavera, il sole inizia a fare capolino sempre più
insistentemente e possono addirittura passare più di
ventiquattr'ore fra un'acquazzone e l'altro, il che, per gli standard
dello stato dello Washington, ha quasi del miracoloso.
Cinque
giorni. Era da cinque fottutissimi giorni che il cielo sereno mi
impediva di vedere Bella, e poco c'era mancato che uscissi di senno nel
vano tentativo di non farmi trasportare dall'ansia e di non andarla a
cercare.
Jasper
non avrebbe potuto accusarmi di non essermi sforzato.
Avevo
atteso che Alice (la quale, nonostante la sua priorità fosse
il mantenimento del precario equilibrio a cui si era giunti, mi
compativa abbastanza da essere disposta a coprirmi le spalle, non
rivelando le mie intenzioni) me lo togliesse di torno con qualche
allettiva femminile, verso le undici di sera, per correre a perdifiato
fino alla villeta prefabbricata di Bella, proprio sul limitare della
foresta e appollaiarmi su un ramo da cui si godeva di un'ottima visuale
della modesta abitazione.
Nascosto
dalle fronde di un abete, spiai febbrilmente attravero le finestre
illuminate, ma di Bella neanche l'ombra. Che fosse uscita? Che
quell'approfittatore di Mike Newton avesse aspettato che io non potessi
intervenire per chiederle l'appuntamento che di recente vagheggiava?
Il
ramo che stringevo nella mano destra si sbriciolò come pane
secco fra le dita.
Prima
che la furia cieca mi invadesse del tutto, inspirai rapidamente, con i
muscoli tesi fino allo spasmo, pronto a frenarmi in caso di
necessità.
Bella
era in casa, in una stanza che dava sulla strada. Avevo quasi
dimenticato quanto fosse buono il suo profumo: nei due mesi precedenti
respirarlo era stato uno dei divieti che m'ero imposto nel tentativo di
non risvegliare il mio istinto venatorio, particolarmente eccitabile da
quando l'avevo conosciuta.
Ma
il suono dell'acqua che iniziava a scrosciare in una vasca da bagno
fece emergere altri tipi d'istinti. Bella in quel momento doveva essere
a meno di cinquanta metri da me, nuda.
Forse
la mia non era stata una grande idea. Sebbene fino ad allora mi fossi
sempre orgogliosamente costretto a non spiarla nello spogliatoio delle
ragazze, non sapevo se fossi in grado di resistere a quell'aperta
provocazione.
Incapace
di trattenermi, fantasticai sul corpo senza veli di Bella, sulle goccie
d'acqua che avrei voluto far scivolare nell'incavo fra i seni, piccole
lune d'alabastro, sempre più giù, per poi
leccarle delicatamente via, geloso che esse potessero insinuarsi nel
morbido avvallamento fra le gambe, a me precluso per
necessità; sui baci con cui le avrei asciugato, stilla dopo
stilla, la pelle profumata, per poi immergerla di nuovo e reiniziare da
capo, all'infinto. Per un breve, meraviglioso attimo della mia eterna
notte insonne, sognai di sentirmi dire da quella voce, resa roca dal
desiderio e dolce dall'emozione, che mi amava tanto quanto l'amavo io,
che conosceva già la mia natura e che non le faceva ne caldo
ne freddo perchè nemmeno volendo avrei potuto ferirla, se
non negandole me stesso; e io le avrei risposto che ero suo, anima e
corpo, e l'avrei fatta mia in quella vasca, ancora e ancora, e non me
ne sarei mai più separato. E, visto che c'ero, avrei ucciso
ogni singolo bamboccio che avesse di lì in poi osato
concepire pensieri impuri sulla mia donna, Mike Newton in testa.
Da
qualche parte, nell'oscurità di una finestra buia, Charlie
Swam attaccò a russare in una maniera che ricordava
vagamente il grugnito di un maiale e mi rigettò nella cruda
realtà, ancora più squallida e miserevole dopo i
castelli in aria che avevo costruito. Perchè ci tenevo
così tanto all'autoflagellazione? Non stavo già
abbastanza male per il mio bisogno di averla accanto senza che dovessi
aggiungervi il desiderio spasmodico del suo corpo? M'ero accertato che
fosse viva e vegeta, concedendomi addirittura qualche secondo di
idillio, che ora toccava scontare a caro prezzo; adesso potevo anche
togliere il disturbo, prima che il mio masochismo mi distruggesse.
Il
lieve trambusto che provenne dal bagno e la fievole imprecazione
sofferente di Bella mi bloccarono sul posto, terrorizzato. S'era fatta
male? Era caduta?
Stava
sanguinando?
Restai
in ascolto, teso come una corda.
Silenzio.
Sentivo solo il battito del suo cuore, simile al frullio d'ali di un
uccellino, e il suo respiro.
Se
fosse rimasta seduta sul pavimento ancora per molto, non garantivo di
trattenermi dall'andare a controllare che non fosse svenuta.
Alla
fine, proruppe in un sospiro affranto (e, come sempre, non potei fare a
meno di struggermi dalla voglia di sapere cosa l'intristisse, per
trovare il modo di restituirle il sorriso e sentirmi un po' meno
inutile di quanto in effetti fossi) e si sollevò da terra,
con un gran numero di fruscii, che mi suggerirono che probabilmente
stesse indossando un accappatoio. Svuotò la vasca, si
infilò delle ciabatte rumorossisime ai piedi e
aprì la porta, per poi zampettare su di una superficie
morbida, forse la moquette di un corridoio.
Prima
che potessi collegare il rumore dei suoi passi in avvicinamento alla
realtà della situazione, una luce s'accese alla finestra che
dava sul bosco e Bella mi comparve dinnanzi in tutto il suo splendore.
Come facevo a trovarla così irresistibile con addosso un
accappatoio arancio evidenziatore e due ciabatte giallo canarino?
Sapevo che, oggettivamente, razionalmente, in quel momento, acconciata
a quel modo, con due occhiaie da far invidia a un vampiro e una faccia
da funerale, un osservatore più distaccato avrebbe si e no
ammesso la sua bellezza, eppure...
Poi
Bella, che nel frattempo s'era avvicinata all'armadio,
lasciò scivolare a terra l'accappatoio e io smisi di
ragionare.
Alla
labile luce dell'abajour, con la pelle candida imperlata di goccie che
rilucevano come rugiada e quel corpo meraviglioso la cui sola vista
bastava ad infiammarmi la gola e i lombi, nudo davanti ai miei occhi
insaziabili, a pochi passi dalle mie mani avide, era troppo bella per
essere vera.
Troppo,
troppo perfetta.
Non
c'era nulla che potessi fare per meritarla, perchè qualunque
sforzo è inutile quando si è marci dentro. In
quel momento, la più grande felicità che il mio
lato animale riuscisse a concepire era prenderla lì,
all'istante, e dissanguarla al culmine del estasi. Far scivolare il mio
mebro gonfio e dolorante per la voglia inappagata di lei in quella
fessura calda e odorosa, a tratti visibile fra le natiche mentre Bella
si piegava per agguantare un paio di mutandine. Affondare i canini in
quel collo lungho e sinuoso, nelle morbide, delicate
rotondità dei seni, nella misteriosa dolcezza del suo
inguine. Sentirla gridare di piacere e sofferenza.
Volevo
farla godere, volevo farle male. Volevo che fosse mia, solo ed
esclusivamente mia, anche a costo di ucciderla. Meglio morta che nelle
mani di Mike Newton!
Ecco
quali erano le meschine riflessioni del vampiro e dell'uomo, coalizzati
contro la ragione e la parte più pura e nobile dell'amore. E
il fatto che quest'ultime prevalessero di scarsa misura era
una ben magra consolazione.
Combattuto
fra passione e vergogna, la osservai indossare un pigiama a righe e
rannicchiarsi sotto le coperte. Poco per volta, il suo respiro si fece
sempre più regolare, finchè non fui assolutamente
certo che si fosse addormentata.
Ora
era davvero giunto il momento di andare. Il suo antiestetico pigiamone
aveva in parte contribuito a sopire gli istinti più
animaleschi, perciò mi sentivo pronto a fare un tentativo di
fuga. Balzai giù dall'albero e rimasi per qualche secondo a
contemplare la villetta, di un bianco quasi spettrale al chiarore della
luna. Mi voltai e iniziai a correre.
-No...-
Mi
inchiodai sul posto, tutti i sensi all'erta.
-No,
torna qui!-
L'ordine
di Bella, pur lamentoso e appena sussurrato, mi fece sentire come un
evaso addosso al quale vengono puntati i fari della polizia. Ero in
trappola. Se provavo a scappare, lei mi avrebbe raggiunto subito. Se le
obbedivo, sarei stato il leone che entra di sua spontanea
volontà nell'ovile, deciso a compiere una strage.
-Ti
prego...- Stava... stava piangendo?
Piangeva
a causa mia?
Questo
andava al di là di ciò che potessi tollerare. Che
lei fosse triste per via di feccia come me era qualcosa che mi empiva
di rabbia verso me stesso.
Dovevo
assolutamente farla smettere, ad ogni costo. Non aveva alcun senso che
lei continuasse a soffrire perchè io la tenevo a distanza di
sicurezza per il bene di entrambi; per quello, bastava già
il mio, di dolore.
Nel
giro di qualche frazione di secondo, mi arrampicai fino al davanzale
della sua finestra, la forzai un poco e scivolai silenziosamente sul
pavimento, aspettandomi di ritrovarmela subito addosso.
Invece,
Bella restò a letto, ad occhi chiusi. Non diede alcun cenno
di aver riconosciuto la mia presenza.
Per
un po', rimasi lì a dondolare sul posto, cercando di
abituarmi al suo profumo ed aspettando una sua mossa. Accidenti, era
stata lei a chiamarmi, se aveva qualcosa da dirmi, che si sbrigasse!
-No...-
ansimò impercettibilmente, rigirandosi fra le lenzuola
madide di sudore.
E
allora compresi. Non stava fingendo, era davvero addormentata. E
parlava nel sonno.
Avevo
finalmente trovato il modo di penetrare nel suo subconscio.
Non
ci volle molto perchè l'egoistica curiosità,
supportata dalla sete e dalla fame del suo corpo, riducesse al silenzio
tutte le giuste e generose obiezioni della ragione. Ero ormai troppo
mostruoso e consapevole della mia mostruosità
perchè andasse a finire altrimenti, però riuscii
perlomeno ad impormi di mantenere le distanze; così mi
accomodai sulla sedia a dondolo, in un angolo della stanza e
affascinato i suoi mormorii concitati.
Il
suo non fu un sonno tranquillo. La osservai, con un senso di impotente,
disperata frustrazione, dimenarsi in preda agli incubi fino a quando un
soffuso chiarore annunciò l'imminente aurora dell'ennesimo,
odioso giorno di sole e il termine della notte più perfetta
di tutta la mia vita. Stare con le mani in mano mentre lei singhiozzava
ed invocava la madre mi spezzava il cuore che non avevo, ma
ciò non toglieva che starle così vicino, dopo
mesi di dolorosa lontananza, non differiva troppo dal mio ideale di
paradiso. Vivere al suo fianco, nel bene e nel male.
Prima
di dileguarmi nelle tenebre sempre più rade, mi avvicinai al
letto senza respirare e mi sforzai di imprimere nella memoria il suo
viso rigato di lacrime. Volevo una sua immagine che fosse mia, solo ed
esclusivamente mia, e non pescata nelle menti di terzi.
Era
la cosa più splendida e commovente che avessi mai visto.
Senza
che potessi anche solo provare ad opporre resistenza, le sfiorai la
fronte bollente, sentendomi attraversato da una scintilla di adrenalina
nel farlo. Ritrassi subito la mano, come scottato.
Ancora.
Con
l'indice, percorsi i sentieri lucenti tracciati dalle lacrime, il
contorno delle labbra in boccio, il profilo appuntito del mento.
Ancora.
Gli
zigomi alti e leggermente sporgenti. Le guance scarne. Le palpebre
sottili.
-Edward.-
Ad
occhi chiusi, ancora immersa nel suo sogno, mi regalò un
inintenzionale, luminoso sorriso.
-Edward.-
Non
avrei mai creduto che il mio nome potesse suonare così
meraviglioso. Nel tono dolce, carezzevole, quasi adorante con cui lo
pronunciò, persi il senso di bene e male, di giusto e
sbagliato, di ciò che dovevo e ciò che volevo
fare.
Bella
mi stava sognando. E non ero nemmeno un incubo, anzi: ero il primo bel
sogno che stesse facendo.
Sentii
l'amore per lei dilagarmi dentro come un maremoto, riempendo e
incendiando di insensata speranza ogni fibra del mio duro, freddo corpo
di pietra.
Possibile
che un cadavere come me potesse sentirsi così vivo,
così umano, tutto d'un tratto? Avrei voluto gridare e
danzare di gioia, correre in cima a qualche albero della foresta e
urlare a squaricagola, al mondo intero, il mio amore per quella lume
radioso che qualche forza misteriosa e benigna aveva gettato nella
fitta oscurità del mio nulla; avrei voluto restituire
all'universo anche solo un centesimo della felicità che mi
stava donando.
E
avrei tanto, tanto voluto baciarla.
In
fondo, che c'era di così sbagliato in un bacio?
Avrei
posato le mie labbra fredde e morte sulle sue, calde e soffici, e poi
me ne sarei discostato. Semplice e senza rischi.
Posai
le mani suoi suoi capelli d'ebano, piacevolmente lisci e morbidi al
tatto, e avvicinai il viso al suo.
Chiusi
gli occhi, abbagliato da tanto splendore. Il suo alito infuocato mi
solleticava le ciglia, riscaldava il gelo senza vita della mia pelle.
La punta del suo naso, a contatto con il mio, mi fece fremere di
eccitazione.
Più
vicino...
Ormai
le stavo sfiorando le labbra...
Poi,
qualcosa cambiò. Un tamburo impazzito martellava
incessantemente, a poca distanza dal mio petto marmoreo. Il regolare
dentro e fuori del suo respiro si era trasformato in un pesante
ansimare. Uno schianto dentro il mio essere mi rivelò
l'orrore di ciò che stavo per fare, di ciò che
stavo facendo, in tutta la sua egoistica mostruosità.
Aprii
gli occhi e mi lasciai cadere nei suoi, come avrei voluto fare da
troppo tempo.
E
che tutto il resto andasse a farsi fottere.
Allora, devo dirvi un paio di cose. Innanzitutto, perdonatemi la
citazione che, benchè nel senso che le diede
Ovidio non c'entri nulla, ci stava troppo bene! Non ho resistito! :) E'
una frase che mi piace un sacco!
Secondo: com'è stata questa introspezione di Edward? Ero
indecisa se continuarla per tutto il capitolo (non ero e non sono
tuttora sicura di aver interpretato bene le parti della sua voglia di
sesso), quindi prima di incominciare il prossimo in Ed's pov vorrei
sentire la vostra.
Terzo: come avrete già intuito, ho poche certezze riguardo
al prossimo capitolo, perciò chissà quanto ci
metterà il mio cervellino vuoto a partorirlo! Confido nella
vostra pazienza!
RECENSITE!
Bacio
Darcy
|
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Capitolo 9 *** Sogno o realtà? ***
Sangue ed acqua
Allora... Da dove iniziare?
Prima di tutto, dalle scuse. Vi chiedo umilmente perdono per averci
messo una vita a combinare quattro paroline in croce. Se può
servire a giustificarmi almeno un pochino, il prossimo capitolo
è già a metà; l'unico problema
è che non sono risuscita ad infilare in questo le
spiegazioni... Sorry! Solo che fare l'intera discussione in cui Bella
gli rivelava la sua vera natura restava davvero troppo lungo,
così ho diviso tutto quello che ci sarebbe dovuto essere in
questo capitolo in due. So che adesso qualcuno mi lincierebbe ben
volentieri, ma... sapete com'è... la scuola, la gita, i
momenti di depressione, i ragazzi bastardi che ti mollano senza ragione
(OK, questa è una balla)... Si, beh, insomma... potrete mai
perdonarmi?
I miei commenti sul
capitolo sono al fondo, così come le risposte alle
recensioni.
Bacio!
Sogno o realtà?
Ma
si, andiamo a dormire, il sonno ha i vantaggi della morte senza il suo
piccolo inconveniente...
Albert
Cohen, Il libro di mia madre
Bella's
pov
Quando
una ragazzina scioccamente romantica e con una spiccata propensione
alle fantasticherie si sveglia con il volto a pochi centimetri di
distanza da quello del ragazzo di cui è segretamente
innamorata e che tra parentesi è troppo spaventato e\o
disgustato da lei per degnarla di una sola occhiata, c'è la
pressochè totale certezza che si tratti solo di un sogno
meraviglioso, uno di quelli che vorresti non finisse mai.
Tanto,
per quello a cui rinunciavo sognando...
Che
squallore. Preferivo rintanarmi nel mio mondo di illusioni ed utopie
piuttosto che fare buon viso a cattivo gioco e vivere la mia vita.
Preferivo restare in una sorta di oblio invece di affrontare e superare
i miei sensi di colpa.
Che
differenza c'era fra lo stato vegetativo in cui mi trascinavo e la
morte?
Oh,
al diavolo la mia tendenza all'elucubrazione! Avrei rivoluzionato la
mia vita il giorno dopo.
In
quel momento, tutto ciò che m'importava era scoprire quale
sapore avessero le labbra di Edward Cullen nel mio subconscio.
Edward's
pov
Ero
pronto a qualunque cosa: urla, reazioni violente, silenzi attoniti,
tentativi di aggressione; per un attimo, vedendola chiudere gli occhi,
mi era persino balenata in mente la possibilità che
liquidasse la mia presenza come semplice parte del suo sogno. Ma non mi
sarei mai, mai aspettato che mi gettasse le braccia al collo e mi
baciasse.
Ricambiare
mi venne del tutto spontaneo. Semplicemente, chiusi gli occhi e mi
lasciai guidare dall'istinto.
Con
mani ingovernabili, le accerezzai il viso e il collo, per poi seguirne
il profilo sinuoso, finchè, aperta un po' la felpa del
pigiama, non raggiunsi l'inizio della morbida curva del seno sinistro,
proprio sopra al suo cuore impazzito. Socchiusi le dita, stringendole
la carne, e diventai un tutt'uno con quel battito. Tam-tam-tam-tam. La
testa e la gola mi pulsavano seguendone l'asimmetrica armonia.
Tam-tam-tam-tam.
Con
la lingua impastata di veleno, le tracciai il contorno del mento
appuntito e del collo sottile. A pochi centimetri dai miei denti
affilati come rasoi, la giugulare pulsante sembrava invitarmi a
servirmi. Soffocai contro la sua pelle un ringhio feroce e socchiusi un
po' le labbra, leccandomi i denti per cospargerli di veleno...
NO!
Spiccai
un balzo in direzione della finestra, pensando di passarci attraverso.
Peccato che, quando ormai solo pochi centimetri mi distanziavano da
essa, sentii una brezza leggera passarmi accanto e scorsi la figura di
Bella frapposta fra me e la libertà.
Cazzo.
Deviai
il salto appena in tempo prima di rovinarle addosso, atterrando sulla
scrivania ingombra di libri. Non credevo che ci avrebbe messo
così poco tempo a riprendersi dal torpore dell'umano appena
svegliatosi: non era passato nemmeno un minuto scarso da quando mi
aveva fissato con occhi assonnati e confusi, gli stessi occhi ora
attivi e guizzanti. Arretrò di un passo, in modo da poter
difendere meglio la finestra da un ulteriore tentativo di fuga da parte
mia. Alle sue spalle, scorsi uno spicchio di sole far capolino fra le
cime degli alberi ed illuminarle la sommità della testa
bruna.
Adesso
ero davvero fottuto.
Il
mio sguardo cercò subito la porta, tentando di passare
inosservato; era nell'angolo opposto a quello della scrivania, ben
chiusa. Aspettai che Bella aderisse completamente all'intelaiatura
della finestra, allontanandosi sempre più dal mio nuovo
obiettivo, e poi balzai nella direzione opposta a quella che lei
s'aspettava.
Era
un buon piano, il mio; riuscii perfino ad arrivare indisturbato alla
maniglia della porta. Peccato che la sua mano bianchissima
spuntò all'improvviso sulla mia, stringendomela in una morsa
blanda, di sicuro troppo tenue per trattenermi. Ma tanto, se anche me
ne fossi liberato con il non indifferente rischio di farle del male,
lei di sicuro mi avrebbe seguito in capo al mondo, pur di ottenere
ciò che voleva. Me lo dicevano i suoi occhi, decisi e
irremovibili. Il problema era cosa volesse.
Con
lentezza esasperante e trattenendo a stento un sospiro affranto, per
evitare un'indesiderata e pericolosa zaffata del suo profumo, mi voltai
e fissai lo sguardo nel suo, sforzandomi di non perdere di nuovo il
contatto con la realtà. Invano.
Era
definitivo: non ero capace di guardarla negli occhi senza emozionarmi.
Ma che dico... non ero nemmeno in grado di restare nella stessa stanza
con lei senza perdere l'autocontrollo. Era una sensazione stranissima,
una sorta di annebbiamento della ragione, o di impulso animale che mi
diceva di afferrarla e farle qualcosa, qualsiasi cosa, pur di legarla
indissolubilmente a me. Potevo ripetere l'esperienza più
esaltante della mia vita centenaria, il mio primo bacio, per
conservarne sempre la memoria nel mio cervello infallibile, oppure
rubarle l'ambrosia che le scorreva nelle vene e farla circolare nel mio
corpo per una magnifica, fugace settimana...
Ansimando
in modo eccitante e masochista, Bella si alzò sulle punte
dei piedi e mi si avvicinò. Appoggiando il braccio destro
sul muro, alla mia sinistra, e continuando a bloccarmi con l'altra
mano, mi ingabbiò in una trappola volontaria e magnifica.
Per mera grazia di un solitario lampo di ragionevolezza, riuscii a non
mettermi a respirare per l'agitazione.
Questa
volta, non potei dire di essere stato colto di sorpresa, anzi. Ebbi
tutto il tempo di osservarla avvicinarsi al mio volto, con gli occhi
puntati nei miei e il cuore in tachicardia e non avrei avuto
difficoltà a semplicemente voltarmi dall'altra parte. Non
solo non mi lasciai baciare passivamente, ma fui io a compiere l'ultimo
passo e a fiondarmi sulle sue labbra.
Bella's
pov
Furono
i suoi occhi a suggerirmi ciò che stava per succedere: il
loro colore tutto d'un tratto passò dall'oro fuso cerchiato
di nero alle tenebre più profonde. Avrei anche potuto
definirli inquietanti, se solo non fossi stata troppo occupata a bearmi
della loro bellezza. Malgrado il suo aspetto lindo e ordinato, l'unico
paragone che rendesse, benchè in parte infinitesimale,
l'idea della sua selvaggia magnificenza era quello di un grande felino
a caccia; così meraviglioso nella sua tangibile
pericolosità da mozzarti il fiato.
Per
l'appunto.
Non
so come mai il mio sistema respiratorio, nel momento stesso in cui le
mie labbra s'infransero sulle sue come le onde del mare su una
scogliera di dura, gelida roccia, smise di funzionare: forse,
semplicemente, nell'emozione del momento, dimenticai di mantenere
attive le funzioni vitali.
In
breve: la vista mi si oscurò e gli caddi addosso a peso
morto.
Edward's
pov
Quando
la sentii accasciarsi contro il mio petto, per una terribile frazione
di secondo temetti di averla avvelenata e mi feci stupidamente prendere
dal panico. Se la ragazza che ami ti sviene fra le braccia, la reazione
più ragionevole sarebbe sorreggerla, non lasciarla cadere a
terra come un sacco di patate e precipitarsi dall'altra parte della
stanza per paura di farle ancora male, no?
Non
ci vuole un genio per intuire che io, da coglione quale ero, seguii il
comportamento più sciocco fra quelli sopra elencati,
correndo il rischio di farle sbattere la testa, ammaccarla o ancor
peggio farla sanguinare.
Fortunatamente,
Bella si accasciò al suolo con grazia, evitando qualunque
spigolo pericoloso; io per un attimo me ne restai nell'angolo in cui mi
ero rintanato, ad aspettare terrorizzato che il battito fievole del suo
cuore impazzisse, segno di una trasformazione in corso. Cosa che, con
mio enorme sollievo, non accadde.
Il
panico mi aveva restituito un po' di lucidità, per cui, non
appena fui certo che Bella fosse soltanto svenuta, trovai opportuno
tagliare la corda. Ormai il sole era già completamente sorto
dal mare di tenebra che era la foresta, illuminando buona parte della
stanza e lasciandomi poco raggio d'azione, in caso di un suo risveglio.
Mi avvicinai alla finestra e la aprii, ma poi ritornai sui miei passi.
Non potevo lasciarla lì sul pavimento, e al diavolo il
rischio che si svegliasse: era pur sempre la mia Bella, ed era pur
sempre colpa mia se era svenuta cadendo sul duro pavimento. Sdraiarla
sul letto era il minimo che potessi fare.
Con
tutta la delicatezza che potevo avere, la presi in braccio e la adagiai
fra le lenzuola, fermandomi un attimo ai piedi del letto in adorazione.
Il battito del suo cuore s'era invigorito, il respiro fatto
più forte e regolare; sulla pelle bianca come un cencio
s'era diffuso un tenue colorito e nel complesso Bella aveva cominciato
ad apparire più viva che morta. Nella rada penombra della
stanza, la sua pelle pallida sembrava quasi emanare una sorta di
luminescenza vaga ed effimera, come un sottile strato di vetro che non
riesce ad imprigionare del tutto, suo malgrado, la luce dall'altra
parte, dentro di lei.
Era
talmente fragile, talmente preziosa per il mondo intero, che il mio
cuore freddo e morto, che credevo già frantumato da tempo
immemore, andò in mille pezzi, al pensiero di ciò
che voltarle le spalle implicava.
Che
si spezzasse pure. Quella notte, il mio comportamento imperdonabilmente
egoista aveva chiarito e semplificato ai miei occhi la situazione,
uccidendo ogni labile speranza, ogni blando tentativo di inserire un
'ma' nelle mie arringhe interiori sulla necessità di starle
lontano. Non importava nulla quanto la amassi, o che lei sembrasse
rattristata dalla mia indifferenza, o che lei mi avesse baciato due
volte: tutti i miei bei propositi del guardare ma non toccare, del
vegliare a distanza sulla sua incolumità non si erano
rivelati altro che menzogne che andavano contro il benessere di Bella,
di gran lunga più importante della mia felicità.
Dato
che, seppur animato dalle migliori intenzioni, non sembravo in grado di
resistere alla tentazione di metterla in pericolo, me ne sarei andato.
Così Jasper sarebbe stato contento, Esme, Carlisle e Alice
si sarebbero rassicurati dal timore di una divisione della famiglia e
Bella avrebbe potuto continuare ad illuminare questo mondo crudele e
schifoso con la sua perfezione, senza che un demone notturno come me ne
oscurasse lo splendore.
Punto.
Era
così che dovevano andare le cose.
E
allora perchè ancora indugiavo in quel masochismo perverso
che era l'osservarla?
In
un impeto di rabbia per la mia stupidità, trovai la forza di
scordare per un attimo la paura del vuoto che sarebbe diventata la mia
vita senza di lei, ora che l'avevo conosciuta, e mi voltai dall'altra
parte. A passi lenti, mi diressi verso la finestra, rifiutandomi di
guardare indietro.
Bella's
pov
Nella
mia testa c'era un buio profondo, rilassante. La mia vista era troppo
debole perchè guardarmi attorno non mi facesse male,
perciò, anche quando qualche sprazzo di lucidità
iniziò a percorrermi il cervello, tenni gli occhi
risolutamente chiusi. Avevo sognato di baciare due volte Edward Cullen
e poi di svenirgli fra le braccia. Senza paragoni, il sogno
più bello che avessi fatto negli ultimi tempi: la maggior
parte delle notti, non avevo altro che incubi sulla morte di Renee,
qualche volta su Edward che mi urlava quanto gli facessi schifo per
aver permesso a mia madre di affidare la sua vita al caso.
Uno
sfavillio fastidioso fece breccia, attraverso le palpebre serrate,
nella mia oscurità benefica. Feci per girarmi dall'altra
parte, verso la parete, ma il livido che m'ero fatta la sera prima
contro il bordo della vasca non mi diede tregua finchè non
mi fui rimessa supina. Incazzata con il sole che brillava da troppi
giorni per i miei gusti e che mi costringeva a buttarmi anzitempo nello
schifo della mia esistenza, aprii gli occhi verso la fonte di luce.
Non
so cosa mi sbalordì di più, se il vedere Edward
Cullen in camera mia, scoprire di non essere più in grado di
distinguere fra sogno e realtà o lo scintillio di diamanti
che proveniva dalla sua pelle levigata. Per un lungo attimo, il filo
dei miei pensieri fu tutto un susseguirsi di immagini dei mesi passati
e di quella visione celestiale nell'incasinato squallore di camera mia,
della mia vita.
Si
stagliava nella luce del sole, con il viso rivolto nella mia direzione
e lo sfavillio del profilo del braccio e della guancia destra che gli
creava un'aloe di luce attorno, come una statua greca illuminata da
riflettori solamente da un lato; complice la sua espressione cupa, o
forse il contrasto fra il livore della pelle in ombra e il chiarore di
quella illuminata, mi resi conto, con un brivido che mi
attraversò la spina dorsale, che la verità era
sempre stata davanti ai miei occhi e che semplicemente non avevo voluta
vederla. Nel giro di un attimo orribile, tutti i tasselli mancanti
tornarono al loro posto (il fatto che non si facessero mai vedere nelle
giornate serene e che fossero sempre evitati da tutti, la
velocità, il pallore e il freddo della loro pelle).
Edward
era un vampiro. Edward era il mio antagonista naturale, il mio
predatore e la mia preda.
Un
succhiasangue, anzi, un'intera congrega di succhiasangue era vissuta
sotto il mio naso per mesi senza che nemmeno me ne rendessi
conto. Dov'era finito per tutto quel tempo il famoso sesto senso che
avrebbe dovuto avvertirmi di aggressioni imminenti da parte di
nosferatu?
Lui
continuava a fissarmi, con sguardo indecifrabile; io mi tirai su a
sedere di scatto e, d'istinto, mi portai una mano alla gola.
Uno
sbuffo amaro gli sfuggì dalle labbra. -Dunque lo sai?-
Non
mi fidavo delle mie reazioni; inaspettatamente, mi sentivo molto
lucida, ma potevo sempre avere una crisi isterica e mettermi a
strillare, il che non era auspicabile per lui ma era proprio
ciò che si supponeva io facessi. Ero divisa fra il pensiero
istintivo che ucciderlo non sarebbe stato nulla di riprovevole, visto e
considerato ciò che era e il terrore di ferirlo. Comunque,
c'erano troppi interrogativi irrisolti per condannarlo a priori,
perciò non potevo considerare la mia reticenza come
semplicemente dovuta a parzialità nei suoi confronti. Prima
di rispondergli, perciò, strinsi la presa attorno alla gola
e mi portai una mano davanti alla bocca, pronta a bloccare l'emissione
di qualunque suono istintivo, e deglutii rumorosamente, con un
fastidioso sapore di bile sul palato. All'ultimo, decisi di non
rischiare e mi limitai ad un cenno affermativo.
-Ti
faccio così schifo da darti la nausea?- ribattè,
con una pacatezza da cui traspariva una sofferenza immensa, rassegnata.
Pensava
davvero di disgustarmi? In quel momento, dentro di me riuscivo a
trovare di tutto, dall'incredulità ad una
curiosità lacerante, ma non ribrezzo di certo. Mi feci
coraggio e decisi che quello era il momento di far sentir la mia voce.
-No.-
gli risposi un po' aspramente, mio malgrado. -Perchè
dovresti?-
Lui
mi guardò come se fossi stata malata di mente. -Beh, penso
che tu abbia capito cosa sono, o sbaglio?- mi chiese aggressivamente.
-Si.-
-Allora...-
si limitò a commentare, stendendo stancamente le braccia
lungo i fianchi come ad indicarsi. -Non preoccuparti comunque, non ti
farò del male. Me ne stavo giusto andando, ma ora che mi hai
scoperto, devi prima promettermi una cosa.-
-Solo
se mi dai qualche risposta.- contrattai con tono ferreo.
Un
soppracciglio gli si drizzò verso l'alto in un arco
perfetto. -Del tipo?-
-Sei
un vampiro geneticamente modificato? Sei un esperimento da
laboratorio?- buttai lì a bruciapelo. Era l'ipotesi
più plausibile che fossi riuscita a formulare in quel breve
lasso di tempo. Senza naturalmente considerare quella molto
più verosimile che io fossi fuori di senno.
-Cosa?-
mi fece eco sbalordito, le labbra curvate in un cerchio quasi ideale.
-Non
bevi sangue, altrimenti me ne sarei sicuramente accorta.- A meno che
lui e i suoi non si spostassero periodicamente per fare rifornimento,
ma questo, ringraziando il cielo, non spiegava cosa ci facessero sette
vampiri in una comunità d'umani. -Vivi a stretto contatto
con la gente normale, senza aver fatto del male a nessuno in
più di due mesi. E i tuoi occhi non sono rossi. Come lo
spieghi?-
Lui
parve restare senza parole, per un motivo a me sconosciuto. -Cosa sei?
Come fai a sapere tutte queste cose su di noi?-
-Inizia
a dire tu cosa sei.- replicai, sempre con voce metallica. Dentro di me,
l'istinto sviluppato in secoli e trasmesso di generazione in
generazione mi urlava di polverizzare quella macchina per uccidere
seduta stante; ci voleva un bello sforzo di volontà per
tenerlo a freno. Presa com'ero nel prevenire le mie eventuali reazioni
istintive, non riuscivo a modulare diversamente il mio tono di voce.
-Se
te lo dico, mi giuri di non farne parola con nessuno? Così
poi partirò e non dovrai più avere nulla a che
fare con me.-
A
malincuore, annuii. Una parte piuttosto consistente di me non voleva
vederlo uscire dalla mia finestra, ma il bisogno di sapere cosa fosse
era più importante.
-Sono
un vampiro vegetariano. Io e la mia famiglia ci nutriamo esclusivamente
di sangue animale. Viviamo fra gli umani in modo da mettere
costantemente alla prova il nostro autocontrollo, per evitare di
fallire in caso di un'occasionale incontro con esseri umani. Il colore
dei nostri occhi è, suppongo, un effetto della nostra dieta
differente.- La sua voce era calma, ma tradiva un profondo disgusto
mentre mi sputava addosso, quasi fosse stato veleno, la sua
verità. Non riuscivo a comprendere il motivo di tanto
ribrezzo; oltretutto, non era diretto a me, come m'accorsi con un
sussulto, ma a se stesso.
Fece
una lunga pausa, senza guardarmi negli occhi; si fissava, con rancore e
ribrezzo, una mano, scintillante alla sempre più vivida luce
solare. Io persistevo nella mia completa confusione.
-Perchè ti odi cosi tanto?- sussurrai, troppo tramortita
dall'accavallarsi degli eventi per nascondere il mio disorientamento.
-E
me lo chiedi?- sibilò lui, voltandosi verso di me con uno
scatto repentino, bello e terribile. -Tu, che non riesci nemmeno a
reprimere la nausea quando mi vedi per ciò che sono
veramente, mi chiedi per quale motivo mi disprezzo?- mi
ringhiò cupamente, distogliendo lo sguardo dal mio dopo
qualche attimo, come colto da una cocente vergogna.
-Non
mi fai mica schifo.- replicai sbalordita. Se fossi stata completamente
sincera, avrei dovuto aggiungere -Tutt'altro.-, ma non era il momento
di farsi trascinare dai sentimentalismi. Per quanto il ragazzo davanti
a me fosse la persona che sognavo da notti e notti, avevo pur sempre
dei doveri morali nei confronti della gente; stavo a fatica tentando di
soffocare ciò che provavo per lui e tenere a mente che
dovevo proteggere la popolazione di Forks, a cominciare dal mio goffo e
solitario padre che russava nella stanza accanto.
-Come
no.- commentò lui sarcasticamente. -D'altronde, come
potrebbe essere altrimenti? Posso sforzarmi quanto voglio di essere
diverso, di essere migliore, ma tanto non cambierà mai
nulla. Sarò sempre un mostro violento e sanguinario.-
Vidi
la sua rabbia scemare in un'affranta rassegnazione con gli occhi che mi
prudevano. -E' per questo che non uccidi? Perchè ti
consideri un mostro?- domandai, sempre con voce metallica, atona.
Com'era possibile che parlassi così freddamente quando
dentro di me c'era un tumulto di sentimenti contrastanti?
-No,
perchè
sono un
mostro.- mi corresse, di nuovo tagliente.
-Io
non credo.- ribattei ostinata. Lui si limitò a scuotere il
capo con sufficienza e a sbarrare per una frazione di secondo gli
occhi. -Beh, non importa. Dì che non farai parola con
nessuno di questa storia e finiamola con questa faccenda.-
-Non
ho finito con le domande.- protestai vivacemente. -Che ci facevi in
camera mia?-
-Ero
venuto ad ucciderti.- rispose, senza lacuna traccia d'esitazione.
Il
mio cuore perse un battito, sentii il sangue che aveva da poco
cominciato a tornarmi sulle guance venir risucchiato indietro. Solo per
un attimo, però. Passato il primo momento di sconcerto e
paura, mi convinsi che doveva, doveva essere una balla.
Perchè avrebbe dovuto confessarlo? E poi, perchè
non avrebbe approffitato di quando ero svenuta per attaccarmi? -Non
credo nemmeno a questo.- replicai freddamente.
-Tanto
meglio per me. Ora mi darai la tua parola? Per favore?-
-Esigo
una risposta soddisfacente.- gli intimai perentoria.
Restammo
entrambi in silenzio, fissandoci negli occhi in un muto duello di
volontà. Fu lui, alla fine, a cedere e distogliere lo
sguardo, rivolgendolo implorante verso la finestra e poi di nuovo verso
di me, come a valutare la probabilità di successo di un
tentativo di fuga. Per scoraggiarlo, scattai in piedi più
velocemente possibile, per quanto le mie gambe ancora un po' molli me
lo concedessero; sebbene mi sentissi debole e lenta, lui
strabuzzò gli occhi di fronte alla mia rapidità,
per poi sbuffare esasperato.
-E
va bene.- sbottò con rabbia e frustrazione. -Se ci tieni
tanto a saperlo... Cercavo solo di non perdere del tutto la faccia.-
Fissò il so sguardo magnetico nel mio, alzando il mento in
una smorfia di sfida, senza proferir parola; io restai in silenzio, in
attesa del colpo di scena, della rivelazione.
-Ti
amo.- mi sputò addosso, con occhi fiammeggianti. -Ora, se
vuoi, puoi anche ridere o rabbrividire dello stupido vampiro che ha
scioccamente osato innamorarsi di te.-
Evidentemente,
non avevo ancora finito di sognare.
Edward's
pov
Ma
come accidenti avevo potuto anche solo prendere in considerazione
l'idea di dirglielo?
Il
mio coraggio durò meno di un battito di ciglia; non appena
smisi di parlare e iniziai a discernere i segni di una profonda
sorpresa sul suo volto, compresi la mia idiozia in tutta la sua
enormità. Cosa mi aspettavo di ottenere, confessandole la
verità? Che lei ricambiasse con un'altra dichiarazione,
sull'onda della mia? Che mi saltasse di nuovo addosso?
Era
molto più probabile e naturale che storcesse il naso o si
spaventasse, ma non avevo la forza per sopportarne la vista,
così distolsi codardamente lo sguardo.
-Edward...-
principiò lei dopo qualche attimo i riflessione, con il
cuore martellante e una vena d'incredula dolcezza nella voce.
Oh
no. Stava per farmi un discorso di circostanza del tipo 'sembri proprio
un ragazzo simpatico, ma sai com'è, non possiamo stare
assieme, tu sei una macchina per uccidere'. Era ancora peggio di quanto
temessi.
Lei
continuava a tacere, ma sapevo che il suo silenzio sarebbe durato poco.
Sentivo il sangue scorrerle più velocemente della norma,
soprattutto sulle guance, e il suo respiro, un po' affrettato,
inquieto.
-Ora
posso andare?- domandai implorante, prevenendola.
Contro
ogni mia aspettativa, scosse il capo affannosamente, ma sempre senza
aprir bocca.
-Devi
ancora finire l'interrogatorio?- continuai, più aspramente
di prima.
-Ti
amo anch'io.-
Non
era questa la risposta che mi aspettavo.
Allora... Premetto che non mi piace. Per questo ho tergiversato
così a lungo, speravo in un lampo di genio per migliorarlo,
ma non mi è uscito nient'altro che questo ed è
ormai troppo tempo che ci lavoro sopra, ne ho davvero le balle piene,
quindi... andiamo avanti! Prevedo una diminuzione del mio seguito, ma
pazienza, sopravviverò.
Grazie di cuore a cullengirl, Sabry87, Toru85, Gotem e alle
62 persone che mi hanno messa fra i preferiti.
Bacio
Darcy
|
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Capitolo 10 *** Troppo bello per essere vero ***
Sangue
ed acqua
Ciao...
ah che bello... la primavera... gli uccellini che cinguettano... ora
sono pure iniziate le vacanze ed indovinate un po? Faccio appena in
tempo ad uscire da scuola che mi metto a letto con la febbre. Sfigata!
A voi però va bene perché avrò mooolto
tempo per scrivere...
Ringrazio
le sei recensioniste che si sono rivelate inaspettatamente entusiaste e
pure i 15 nuovi preferitisti. Mi sembra così ancora
così strano tutto il successo che ho riscosso! Non che non
mi faccia piacere, sia chiaro, ma ho sempre l'impressione che avrei
dovuto fare di meglio. C'era così tanto da dire in quel
capitolo, ma non riuscivo a trovare le parole per esprimermi... E'
stato davvero deprimente constatare quanto fossi inadatta a scriverlo.
Ma ora passiamo a questo capitolo, dove finalmente comincerete a
saperne di più su cosa diavolo è Bella. So che
avrebbe avuto più senso riprendere da dove mi ero
interrotta, ma che volete che vi dica? Sono partita da quando Bella ha
già spiegato ad Edward cos'è, ma dont'worry and
be happy: nel dialogo salteranno fuori tutte le caratteristiche
principali, solo saranno sparpagliate e lasciate in sospeso. Alla fine,
potreste anche pensare, e a ragione, che la mia idea sia totalmente
priva di senso, ma invece sappiate che ha radici nella mitologia (non
classica, però). Si accettano scommesse, in attesa del
prossimo capitolo (o quello dopo ancora, non lo so) in cui mi
degnerò di fornirvi una spiegazione esauriente e dettagliata.
Buona lettura!
Troppo
bello per essere vero
-Lo
sai che stiamo facendo uno sbaglio, vero?-
Detto
così, sembrava molto stupido, ma avevo un disperato bisogno
di saperla consapevole di ciò che voleva fare. Cercai il suo
sguardo, che si rivelò più risoluto di quanto
osassi sperare.
-Basta,
Edward.- mi zittì un po' bruscamente. -Io ti amo e... anche
tu, stando a quanto affermi.-
-Hai
ancora dubbi? Dopo tutto quello che è successo?- la
rimproverai con dolcezza, stringendole delicatamente la mano bianca
che, da una mezz'ora a quella parte, giravo e rigiravo instancabilmente
fra le mie.
Lei
chinò un poco il capo, con le guance in fiamme. -E' che...
mi sembra ancora tutto così irreale.- confessò
infine, esitante. -Già prima pensavo di star sognando,
mentre era tutto vero; ora magari è l'esatto opposto. Non
riesco ad accettare di poterti meritare.-
Mi
ci volle un po' più del normale a comprendere quell'ultima
frase e la sua monumentale insensatezza. Il mio cervello si
riempì all'istante di immagini di me nell'atto di uccidere e
di lei, nella sua cucina d'un giallo stinto, intento a preparare una
torta per fare una sorpresa a suo padre. Quella ragazza, la persona
più vicina al mio ideale di disinteressata bontà
che avessi mai avuto la fortuna d'incontrare, temeva di non essere
degna di me.
-Sai
che questa è una colossale sciocchezza?-
Per
una frazione di secondo, lei alzò lo sguardo fino al mio e
parve sul punto di dire qualcosa, ma si limitò a scuotere la
testa con le guance in fiamme. Qualcosa nell'intensità del
suo rossore o nel modo in cui teneva chino il capo mi suggerii che
qualunque fosse la cosa su cui aveva deciso di tacere la imbarazzava ed
era perciò più di una semplice contestazione alla
mia accusa. Con la punta delle dita, le sollevai il mento e la
costrinsi a fissarmi negli occhi. -Cosa stavi per dire?- le alitai in
volto, involontariamente (o forse no...) seducente.
Bella
s'irrigidì un poco e i suoi occhi s'incupirono; eppure,
quando aprì bocca per rispondermi, scoprii con meravigliata
ed esultante soddisfazione che faticava ad articolare parole
intellegibili. -Niente.- biascicò, deglutendo rumorosamente.
Notai che l'altra sua mano era stretta talmente forte al lenzuolo da
bloccarle la circolazione nelle nocche, ma non interpretai la sua
rigidità come un segno di rifiuto, o perlomeno, non come uno
volontario. Poco prima, mi aveva spiegato che doveva essere un
meccanismo di difesa istintivo.
-Isabella...-
la blandii, riducendo la distanza fra i nostri nasi ad un soffio. -Hai
altri motivi per dubitare del mio amore?-
-Avevi
detto di non riuscire a leggermi nel pensiero!- sussurrò,
più sensuale, suo malgrado, che arrabbiata.
Era
così sbagliato sentirsi trionfante per la
facilità con cui si abbandonava a me? Definitivamente si,
eppure non riuscivo a fare a meno di estasiarmi davanti alla prova del
fatto che ricambiava i miei sentimenti. E la cosa peggiore era che la
mia coscienza ormai veniva mandata a quel paese dalla maggior parte del
mio essere, sia ragionevole che irrazionale. Nonostante tutto quello
che credevo sulla nostra eterna immobilità, stavo cambiando.
In peggio.
-Infatti
non ne sono in grado, anche se mi piacerebbe molto. Ora esigo una
risposta.- Prevenii un suo tuffo in avanti, verso le mie labbra,
ritraendomi all'ultimo. Stavo diventando bravo a prevedere le sue
mosse, anche se la sua velocità non mancava di sorprendermi.
Le rivolsi un sorrisetto beffardo. -Non avrai mica pensato di chiudermi
la bocca con un bacio? Non sono ancora così cretino.
Lei
si morse le labbra -Non te lo dico. Fa troppo schifo.-
borbottò riottosamente.
-Cosa
fa troppo schifo?- domandai, agitatissimo. Doveva essere
qualcosa a mio riguardo, uno dei tanti scherzi della natura che erano
proprii della mia razza. -E' colpa mia? E' qualcosa che non va in me?-
ripresi prima di potermi mordere la lingua. Lei alzò lo
sguardo nel mio, con un misto di spaesamento e senso di colpa. -No, no!
E' mio lo schifo, non tuo.- biascicò, ansiosa di
rassicurarmi. Il mio scetticismo doveva essere palese,
perché dopo qualche attimo riprese controvoglia -E va bene,
ma poi non ti lamentare- fece un respiro profondo, passandosi una mano
fra i capelli scompigliati e si schiarì la gola
-Emaniamo
dei feromoni per attrarre gli uomini.- confessò, evitando
accuratamente il mio sguardo, con le gote imporporate. Io restai per un
attimo interdetto, incerto sul significato di quella frase ambigua. -In
che senso?- mi azzardai a chiederle, al che lei scattò senza
alcun preavviso. -Oh, piantala di fare il santerellino, Edward! Sto
parlando di feromoni e di uomini o se vogliamo essere pignoli esponenti
del sesso maschile. Cosa credi che intenda?-
-Va
bene, ho colto l'eufemismo. Posso chiedertene la ragione?
Cioè...- mi affrettai a continuare, notando che Bella, forse
pensando che stessi alludendo ad una sua responsabilità di
qualche tipo, sembrava intenzionata ad interrompermi. -noi vampiri
affasciniamo gli umani per toglier loro lucidità, e poi non
facciamo tanta distinzione fra i sessi, anche se suppongo che le loro
preferenze sessuali c'entrino. Perché ci riuscite pure voi?
E perché solo con i maschi?-
Lei
arrossì ancora di più, se possibile. -Per la
riproduzione. Prima che voi ci sterminaste, vivevamo a stretto contatto
con la natura, nelle paludi o vicino ai fiumi, lontano dagli umani, a
cui ci rivolgevamo solo per... l'unione sessuale. Probabilmente, che
loro si arrendessero in un niente faceva comodo.-
-E
non potevate riprodurvi fra di voi?-
-Un
po' difficile, visto che siamo solo femmine.-
-Ah.-
-Gli
embrioni di sesso maschile che si formano nel nostro utero vengono
abortiti dopo pochi giorni dal concepimento. Sono solo delle
supposizioni, ma può darsi che sia un modo per non
estraniarci troppo dalla razza umana; così, con tre quarti
del nostro patrimonio genetico umani, non finiamo per formare una
specie a se stante. E' grazie a questo che alcune sono riuscite a
scampare alla vostra caccia, nascondendosi fra la popolazione.-
-Come
sai tutte queste cose?- Ero un po' stupito dalla
scientificità della sua spiegazione: sembrava mi stesse
ripetendo la lezione del giorno. Forse aveva un libro sulla sua razza,
che dovevo assolutamente leggere.
-Hai
presente mia zia Nicole? Te ne ho fatto cenno a biologia...
Vabbè, è normale che te ne sia dimenticato.-
-Nicole
Sanders, sorella di tua madre, studia biologia al Massachusetts
Istitute, le vuoi molto bene,... C'è altro?-
-Come
hai fatto a ricordartelo?-
-Come
avrei mai potuto dimenticare la nostra ultima lezione assieme?- le
risposi, con voce più bassa di quanto intendessi.
Bella
sgranò gli occhi, sorpresa, e, per la prima volta in vita
mia, la vidi sciogliersi come tutte le umane erano solite fare in mia
presenza. E, inaspettatamente, scoprii che era meraviglioso. Mi lasciai
cullare dal verde liquido dei suoi occhi come dall'acqua di un lago e,
mio malgrado, persi pure io lucidità. Quando sentii la sua
mano, finora docile fra le mie, ricambiare la mia stretta per la prima
volta, me la portai all'altezza delle labbra e le baciai una per una le
dita affusolate. Giunto al mignolo, alzai lo sguardo e la trovai
inclinata verso di me, con gli occhi spiritati e fissi sulle mie
labbra; e quando cercò con avidità la mia bocca,
non gliela negai un'altra volta.
L'eccitazione
che un suo bacio mi dava era e probabilmente sarebbe rimasta per
l'eternità, la più potente che avessi mai
provato. Fin troppo potente: la verità era che mi
terrorizzava. Per parlarle ero stato costretto a riprendere
l'inalazione del suo irresistibile profumo, ma già dopo
qualche boccata avevo scoperto di poter resistere: dopo mezz'ora in sua
compagnia, avevo imparato a domare discretamente i miei impulsi
omicidi, finché rimaneva a distanza di sicurezza. Ma le sue
labbra che aderivano completamente alle mie, la sua lingua bollente che
mi esplorava con voracità la bocca, senza timore di
stuzzicare gentilmente i miei canini, quasi a mo' di sfida...
Mi
venne in mente che sarebbe bastato un minimo movimento
perché la sua lingua, davvero troppo audace, si tagliasse
con i miei denti, e a quel punto non mi si sarebbe nemmeno potuto
incolpare del suo suicidio. Non era colpa mia se tentava
intenzionalmente di riversare il proprio sangue nella mia gola riarsa,
no di certo...
Con
uno scatto brusco, mi ritrassi, boccheggiando per lo sforzo. Bella fece
per seguire il mio movimento, ma io la bloccai fermamente per i polsi e
le imposi la distanza di sicurezza. Dopo qualche secondo, vidi un lampo
di comprensione nei suoi occhi languidi, mentre saettavano verso i
miei, neri come la pece. -Scusami.- cercai di dire, ma quello che mi
uscì sembrava molto di più ad un ringhio.
Deglutii il veleno in eccesso e le rivolsi un sorriso triste, a denti
stretti. -Ancora sicura di voler stare con un vampiro?- le sussurrai,
con molta più paura di quanta ne dessi a vedere.
La
sua espressione di addolorata gravità lasciò il
posto ad un'intenerita esasperazione. -Al cento per cento, Edward.
Piantala di metterlo in dubbio, tanto non cambio idea.-
Se
non fossi stato intento ad impormi di NON baciarla, probabilmente le
sarei saltato addosso. Quasi mi avesse letto nel
pensiero, s'inclinò leggermente nella mia direzione
e socchiuse le labbra, in un'involontaria provocazione.
-Anche
tu però hai ancora dei dubbi, o sbaglio? Alla fine, non
s'è capito cosa c'entri il discorso che mi hai fatto con
quello che provo per te.- Con uno sforzo immenso, riuscii a tirare
indietro il capo e a trovare un argomento con cui distrarre entrambi. O
perlomeno distrasse lei; io continuavo a rievocare il calore della sua
lingua a contatto con il gelo della mia, ma lei subito si fece un po'
più rosea e tornò in se. -Beh... dicevo che emano
dei feromoni per attrarre gli uomini. Non so se funzionino anche su di
voi, può anche darsi di no, visto che per richiamarvi basta
il profumo del nostro sangue, ma...-
-Che
intendi dire?-
-Per
cosa?-
-Che
per richiamarci basta il vostro sangue.-
-Credo
che te ne sarai accorto, no? Il nostro odore dovrebbe essere
particolarmente invitante per voi, per distogliere la vostra attenzione
dagli umani. Siamo come delle esche.-
Mi
si formò un fastidioso groppo in gola, ma non ci feci caso.
Questa era la conferma di tutte le inquiete supposizioni che avevo
fatto da quando l'avevo sentita dichiarare che mi amava, nonostante
quello che ero. -Cioè, mi stai dicendo che sai di essere una
preda molto più che allettante per me ed eppure vuoi
rimanermi accanto?- Quella ragazza non aveva l'istinto di
sopravvivenza.
-E,
sebbene io ti abbia detto poco fa che sono in grado di emettere
ultrasuoni capaci di bruciarti il cervello, tu te ne stai lì
a preoccuparti per me?-
-Non
è la stessa cosa.- borbottai. -Tu non hai il bisogno fisico
di farmi del male. Sai dominarti.-
-Fossi
in te, non sarei così sicura. Te l'ho detto, se cadessi nel
panico potrei anche non rispondere più delle mie azioni.
Potrei renderti simile ad un vegetale, farti perdere te stesso. Corri
un pericolo molto più grande di quanto pensi.-
-Ma
pur sempre inferiore al tuo.- ribattei ostinato.
-Davvero?
Se mai ti capitasse di perdere il controllo ed attaccarmi,
potrei sempre schivarti. E se anche tu riuscissi a cogliermi di
sorpresa e bevessi il mio sangue, moriresti nell'arco di pochi minuti
per avvelenamento. Visto? Alla fin fine, hai molte più
probabilità tu di rimetterci, a stare con me.-
Avevo
la netta sensazione che mi stesse fregando con i suoi sofismi,
sorvolando su dei punti essenziali (tipo che, nella peggiore delle
prospettive, la responsabilità sarebbe stata solo mia), ma
non mi diedi la pena di trovarli tutti ed esporglieli. C'era troppo da
dire, su entrambi: se ci lasciavamo trascinare fuori tema, rischiavamo
di non ritornarvi più, e quello che stavamo affrontando
m'interessava molto. -D'accordo, illuditi pure, se ti va. Ora continua:
perchè la storia dei feromoni dovrebbe farti dubitare di me
più del fatto che sono un vampiro?-
-L'odore
che emaniamo è fatto apposta per far desiderare agli uomini
il nostro corpo, solo il nostro corpo. Le mie antenate nomadi non
avevano interesse a legarsi sentimentalmente ad un'altra persona, anzi,
l'ultima cosa che volevano era un marito che cercasse di accaparrare
dei diritti su di loro. Un maschio in età riproduttiva da
noi vuole esclusivamente sesso. In breve, non possiamo essere veramente
amate da uomini. Quello che mi chiedo è se tu sia
più umano che vampiro.-
-In
somma, hai paura che io voglia solo usarti.-
-No,
no! Non voglio dire che tu lo stia facendo intenzionalmente, ma che
forse la cosa è ad un livello inconscio, che...-
-Isabella,
guardami.- Lei obbedì prontamente, fissandomi con aria
penetrante. Non c'era alcun bisogno di sforzarsi tanto per leggermi:
ero troppo stanco di segreti e bugie per trovare ancora la forza di
dissimulare, troppo ferito dalla superficialità che
attribuiva al mio sentimento per voler rischiare di non essere creduto.
-Non dirò di non desiderarti, perchè sarebbe
falso e non più alcuna intenzione di mentirti, ma quello che
provo per te è molto più profondo; mettiamola
così, l'attrazione fisica ne è un riflesso. Pensa
che all'inizio ero talmente cieco da non accorgermi della tua bellezza,
da trovarti ordinaria. Come se tu potessi esserlo, sotto qualunque
aspetto! C'è così tanto da scoprire e da amare in
te, Bella, che fermarsi all'aspetto esteriore sarebbe di una
stupidità colossale. Non riesco a credere che tu possa
davvero pensarlo.-
I
suoi occhi scintillavano di lacrime represse. Mi accarezzava con lo
sguardo come se fossi stato qualcosa di prezioso, come se fosse stata
lei ad essere baciata dalla fortuna, e non il contrario.
-Hai
indubbiamente uno straordinario talento con le parole.-
sussurrò, la voce rotta dall'emozione.
-Devo
dedurne che mi credi?-
-Chi
potrebbe restare indifferente ad un discorso del genere?-
-Forse
qualcuno con un anima meno buona della tua.-
Lei
scosse la testa ed arrossì impercettibilmente. -Ne dubito.-
Cadde
il silenzio, ma il suo rossore non accennava a scomparire. -Che
c'è?- domandai alla fine, per toglierla dall'imbarazzo,
qualunque esso fosse.
-Niente,
niente.- principiò lei, agitata.
-Sicura?-
Bella
abbassò gli occhi sulle sue mani, intrecciate alle mie, e
fece un respiro profondo. -Posso... posso abbracciarti?-
Tutto
il suo disagio era unicamente dovuto a questo? Al timore che potessi
non gradire lo stringerla fra le braccia? -Tutte le volte che vuoi,
Isabella.-
Anche
tutta la vita, se voleva.
Allora, che ne dite? Aspetto i vostri pareri e mi raccomando, aspettate
prima di darmi della pazza con una fantasia sfrenata!
Bacio
Darcy
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Capitolo 11 *** Avviso ***
Avviso: Sangue ed Acqua
Sono davvero spiacente e mortificata di
comunicarvi che ho proprio chiuso con questa storia. Ho cercato di
posticipare questo momento per più di un anno, ma ormai non ha
più senso. Ne ho avuto conferma oggi, quando, per la prima
volta da una mezza dozzina di mesi, ho riletto tutta la storia e non
sono davvero più riuscita a riconoscermi nei personaggi. Ho
persino dubitato di averla scritta io.
Spiegarvi quale fosse la trama mi
sembra il minimo che io possa fare. Bella nella storia è una
banshee (figura mitologica celtica legata all'acqua e propria delle
isole britanniche; secondo certe tradizioni, chi ne sente l'urlo è
destinato a morire in breve tempo e da questa notizia ho tratto
spunto immaginando un possibile legame fra i loro strilli e la
presenza di vampiri). All'annuncio di quanto Bella possa essere
pericolosa, la reazione di Jasper induce Edward a fuggire con lei. I
due si imbattono in Victoria, Laurent e James, i quali si mettono ad
inseguirli. Mentre Edward è a caccia. Bella si inoltra da
sola nei boschi, decisa a fare tutto da sola e a non metterlo in
pericolo; riesce nell'impresa, uccide James e riduce in fin di vita
Laurent, che verrà poi eliminato da Edward, sopraggiunto poco
dopo. Victoria, scampata alla trappola grazie al suo sesto senso,
giura vendetta.
Questa era a grandi linee il progetto,
che, come vedete, si ricollega abbastanza alla vera trama di
twilight.
Mi dispiace veramente tanto.
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