Another.

di Mia addams
(/viewuser.php?uid=862425)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Convivenza ad Hogwarts. ***
Capitolo 3: *** Risse sul campo e grandi scoperte. ***
Capitolo 4: *** Il venerdì diciassette non porta mai bene. ***
Capitolo 5: *** Strane giornate. ***
Capitolo 6: *** Halloween. ***
Capitolo 7: *** Problemi di ordinaria amministrazione. ***
Capitolo 8: *** Il Club dei Duellanti. ***
Capitolo 9: *** Quidditch e appuntamenti. ***
Capitolo 10: *** Quando i festini natalizi diventano... ***
Capitolo 11: *** Si torna a casa... o forse no? ***
Capitolo 12: *** Casa Scamander. ***
Capitolo 13: *** Coesistenza forzata e disastri a Londra. ***
Capitolo 14: *** Incubi reali. ***
Capitolo 15: *** Cugini, nemici e questioni irrisolte. ***
Capitolo 16: *** Un burrascoso ritorno. ***
Capitolo 17: *** Tanto va Cupido al lardo che ci lascia... ***
Capitolo 18: *** Ancora incubi. ***
Capitolo 19: *** La sera Grifoni, la mattina... ***
Capitolo 20: *** Blue. ***
Capitolo 21: *** Alleati e avversari. ***
Capitolo 22: *** Di morti scampate e piani di vendetta. ***
Capitolo 23: *** Gelosie e uova di cioccolato. ***
Capitolo 24: *** Manuale per aspiranti stalker. ***
Capitolo 25: *** Oscure presenze. ***
Capitolo 26: *** Duelli proibiti, confessioni e promessi sposi. ***
Capitolo 27: *** Addio alla decenza. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo.


Il mio nome era Lily Potter.
Non avevo una vita noiosa ma di certo non era all'altezza di quella che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita. Sempre se qualche Serpeverde non ti giocava un brutto tiro ogni qual volta che ti trovavi a passare per i corridoi. Il Cappello Parlante ebbe qualche dubbio sul mio conto ma mi smistò nei Grifondoro. Il mio secondo nome? Luna, e non avrebbero potuto far centro più di così. La mia debolezza? Il paragone con la mia generazione e quella di mio padre.
Ma cosa potevo fare io se mio padre era stato un grande eroe e io, a sedici anni, non riuscivo neanche a mettere a salvo una piantina della serra di Erbologia?
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?




Il senso di avventura mi avvolse ad ogni passo nella foresta durante le vacanze estive trascorse coi Lovegood e sentirmi immersa in quell'atmosfera verde e sconfinata fu un'esperienza magnifica. Luna mi conosceva abbastanza bene da sapere che adoravo la natura e fu ben contenta nell'invitarmi a passare l'estate insieme a lei e la sua famigliola e io, dal mio canto, fui ben contenta nell'accettare. Senza contare le stranezze della mia stramba madrina, amai quella breve vacanza. Inutile dire che quando tornai a casa mi mancò tutto quello che avevo fatto durante l'estate, compresa la piccola famigliola Lovegood. Quelli che di certo non mi erano affatto mancati, però, erano i miei innumerevoli casini familiari.
« Non staranno mica molto, Gin, non fare storie! » stava dicendo mio padre, gesticolando in modo esagerato in direzione di mia madre.
E menomale che quel giorno sarei dovuta partire per Hogwarts per iniziare il nuovo anno, altrimenti di certo non li avrei sopportati. E menomale che quella colazione sarebbe dovuta essere una colazione tranquilla, per non turbare il mio ritorno a scuola e soprattutto per assicurarmi che a Natale avessi ancora entrambi i genitori.
« Io non faccio storie! » lo contraddisse con foga mia madre, molto rossa in faccia per i nervi.
Mia madre era davvero orribile quando si arrabbiava. Io, a detta dell'intera famiglia Potter, le somigliavo moltissimo, anche se i miei due fratelli, James e Albus, avrebbero giurato che fossi addirittura più terribile di lei.
« Non essere sciocca, tesoro, ti pare che... »
« Non le voglio quelle due vacche in casa mia! »
« Anne e Dahlia non... »
Per aprire una spiacevole parentesi, Anne e Dahlia erano delle cugine alla lontana di Fleur (e purtroppo erano anche delle mezze Veela) che avevano deciso di sbarcare in Gran Bretagna per lavorare al Ministero della Magia insieme a mio padre in un reparto molto poco importante che prevedeva l'organizzazione di scartoffie e giornali. E questa era la parte peggiore di tutte. Lavorando con mio padre, facevano regolari visite a casa mia. E io le detestavo col cuore.
Come avevo potuto non udire, le due vacche si sarebbero fermate a casa nostra fino a tempo indeterminato. E inoltre, erano anche l'argomento di litigio dei miei genitori.
Spalmai con ferocia la nutella sopra alla mia fetta di pane cercando di ignorare quell'inutile e poco fruttuoso ennesimo litigio che, oltretutto, avveniva sempre durante i pasti. Ci tenevo ad ammettere con sincerità che la situazione in famiglia non era delle più amorevoli. Non avrei saputo spiegare il motivo per il quale in quel periodo non si faceva altro che far volare Schiantesimi in giro per la casa ma dovevi ritenerti fortunato se ne scansavi uno. Io, ormai, ero diventata un'esperta.
Ai miei genitori piaceva discutere di tutto: del mio strano comportamento, delle sorelle Delacour, di lavoro, delle sorelle Delacour, del fatto che James dovesse prendere le redini del suo futuro, delle sorelle Delacour, del fatto che Al lavorasse troppo, delle sorelle Delacour. E questi erano solo pochi dei loro argomenti preferiti.
Feci roteare gli occhi, sporcandomi un dito di cioccolato.
« Mattinata interessante, eh? » intervenne la voce di uno dei miei fratelli mentre mia madre mi lanciava uno straccio pulito.
Mi voltai in direzione della voce e osservai mio fratello James fare il suo teatrale ingresso in cucina a petto nudo e con degli orribili pantaloncini corti dai motivi a fiori hawaiani. Inquadrato il cipiglio di mia madre, fece un sorrisetto sghembo e prese posto accanto a me, in apparenza senza dare per niente peso alle occhiate che i nostri genitori gli lanciarono.
« Hai finito di allenarti? » chiese mamma rapida, come da copione.
« In questo momento. » rispose mio fratello con estrema noncuranza, servendosi delle uova in camicia.
« Sei tutto sudato, in effetti. Come vanno gli allenamenti? »
James sorrise, strizzandomi l'occhio. « Bene, mamma, come sempre. Sono certo di riuscire ad entrare ad occhi chiusi a far parte della squadra di Quidditch più famosa del mondo. Potrei già considerarlo un lavoro a tempo indeterminato. »
« Non ti piaceva proprio fare lo spogliarellista, vero? » intervenni, sadica.
James rise con gusto, a differenza dei miei genitori che si incupirono.
« Lily. » mi ammonì immediatamente mio padre, che sicuramente stava immaginando la scena del figlio nell'atto di calare giù i pantaloni mentre il porridge che aveva appena mangiato gli saliva pericolosamente su.
« Ero lì per quella scommessa persa contro quel coglione di Al, non lavoravo mica in quella topaia di pub. » fu la giustificazione di mio fratello, detta tra il riso. « Maledetta serpe. »
« Merlino santissimo! » esordì mamma, guardandomi con aria che dichiarava aperto omicidio nel caso avessi buttato lì qualche altra provocazione delle mie. « Potrei capire tua sorella che ha sedici anni ma tu... » disse, voltandosi verso James, che aveva smesso di ridacchiare. « vuoi darle il buon esempio o continuerai ad istruirla alle tue cazzate? Non che ne abbia la necessità, ma un minimo di buon esempio non guasterebbe! »
« La mamma ha ragione. » convenne subito mio padre, pronto a fare di tutto pur di tenere buona sua moglie. « Hai quasi venti anni. »
James ci tenne a rispondere con una risatina e con qualcosa che somigliava incredibilmente ad una mezza parolaccia e mio padre lo riprese sui comportamenti da acquisire a tavola e: « santo cielo, non davanti a tua sorella! » come se fossi ancora la bambina che ripeteva a pappagallo gli epiteti poco carini e le maledizioni che proferivano i miei fratelli.
« Potresti darmi una mano al Ministero nel mentre che ti prepari ai provini, James. » insistette mio padre, con la speranza che il rimprovero avesse sortito qualche effetto su mio fratello. « Ho molti contatti, lo sai. Non che servano dati i tuoi voti eccellenti... »
« Ancora con questa storia? » mi intromisi, seccata. « Vuole entrare nella nazionale inglese di Quidditch, non in quella noia di Ministero. Ma lasciatelo respirare, Circe maiala! »
Al che non dovetti aspettare molto per la mia espulsione dalla cucina. Mio padre, che si era gonfiato tutto come un pollo, aveva dichiarato che: « queste non sono cose che dovrebbero interessarti, vai in camera tua! Io e tuo fratello dobbiamo parlare di faccende lavorative. E se ti sento ancora dire parolacce ti affatturo la lingua! ».
Così, esasperata fin dalle sette del mattino, corsi velocemente in camera mia e diedi libero sfogo alla mia rabbia, sperando di non svegliare mio fratello Al che dormiva nella stanza accanto.




Dopo nemmeno due orette, lo specchio mi restituì l'immagine sudaticcia di me stessa. Forse non avrei dovuto prendere a calci e pugni il sacco da boxe prima della partenza. Se Dominique mi avesse vista in quello stato sarebbe fuggita via e se non mi fossi data in fretta una lavata per permettere a quel cattivo odore di lasciarmi definitivamente avrebbe perfino rifiutato di sedersi accanto a me nel treno.
Mi asciugai il viso e continuai a scrutare il mio riflesso nello specchio. Avevo lunghi capelli rossi e la mia altezza lasciava a desiderare. Esile e mingherlina, occhi castani come quelli mia madre, labbra carnose, lentiggini e fossette sulle guance. Sarei stata una bella ragazza per i miei parenti se avessi smesso di vestirmi come un maschiaccio nel pieno di un concerto rock tutte le volte che non indossavo abiti da strega.
Mi preparai in poco tempo e scesi in cortile, trovando i miei genitori che mi aspettavano in auto. James e Albus avevano preferito restare a casa, così io e i due perenni litiganti ci avviammo in perfetto orario verso la stazione di King's Cross, dove era certo che i miei cugini mi stavano aspettando. Godric's Hollow apparve come una città lontana mentre la salutavo con una breve occhiata, allontanandomi sempre di più da casa.
Fummo sul binario nove e tre quarti in pochi minuti e, come avevo previsto, qualcuno mi aspettava: Hugo, il mio fedelissimo compagno di avventure. Mentre mi avviavo verso mio cugino, orde di studenti cominciarono a sventolarmi le mani davanti al viso e io ricambiai i loro calorosi saluti con un sorriso forzato. Ero più popolare di quanto ci tenessi ad ammettere, ad Hogwarts. Inizialmente, perché ero la figlia del grande Harry Potter ma dopo sei anni le persone avevano cominciato a trovarmi interessante per via del mio modo di essere e per i numerosi guai che avevo combinato durante il mio percorso scolastico al castello, non perché ero la figlia dell'eroe del mondo magico.
« Hugo! » esclamai, salutando l'ultimo timido Tassorosso con una mezza smorfia e correndo incontro a mio cugino.
« Ciao, terremoto. »
Hugo era giusto dieci centimetri più alto di me ma tutti ci scambiavano per gemelli. Stesso colore di capelli, stesse lentiggini e stessi grandi occhi castani.
« Come va stamattina? » mi chiese Hugo, osservando attentamente il mio viso paonazzo.
« Come sempre. » risposi, melodrammatica. « Un disastro, quindi. »
Lanciai uno sguardo ai miei genitori che si erano messi a chiacchierare con zio Ron e zia Hermione e sbuffai, pensando a cosa avessi fatto tanto di male per meritarmi due genitori che non facevano altro che tormentarsi a vicenda. E non esageravo: l'atmosfera a casa mia era da mesi tesa, seria, spiacevole.
« James e Al non sono venuti? » chiese mio cugino, toccandosi quel poco di barbetta rossa che gli era cresciuta durante l'estate.
« No. » risposi, seccata. « Hanno preferito abbandonarmi nella fossa dei leoni. Beh, fortuna che adesso me li tolgo dalle pall-mamma! »
« Quasi non ti vedevo più. » disse lei, che era sgusciata improvvisamente tra me e mio cugino manco si fosse smaterializzata, cominciando a sfogare la sua rabbia con il colletto del mio cravattino Grifondoro, che era perfettamente in disordine. E a me piaceva. « Ciao, tesoro della zia. » inserì affettuosa, scompigliando i capelli rossi di un sorridente Hugo. Poi si rivolse di nuovo a me, sporgendo la mascella come solo lei sapeva fare: « Dove sono i tuoi occhiali? »
Mi toccai dappertutto. « In tasca. » risposi, senza battere ciglio. « E molla il cravattino, mamma, per l'amor del cielo! »
« La tasca non ci vede? Mettiti subito gli occhiali! » decise, e si allontanò tutta impettita per salutare un paio di colleghi di lavoro.
« La tasca non ci vede? » la scimmiottai, facendole il versetto mentre mi infilavo gli occhiali rotondi stile Potter. « Ma che diavolo le prende ultimamente? »
« Ciclo. » rispose mio cugino, annuendo con fare serio e con la nonchalance di chi sa esattamente cosa si prova.
« Lascia perdere. » sospirai. « Ho buoni propositi per quest'anno scolastico. Ma dove sono gli altri? »
« Non ne ho idea, ma allontaniamoci subito da qui se non vogliamo morire prima di cominciare il nuovo anno. » disse mio cugino, osservando lo sguardo minaccioso di sua madre e decidendo di battersela in ritirata.
Mi prese per il gomito e mi trascinò lontano dalla nostra famiglia, invitandomi visibilmente a camminare per la banchina affollata. La stazione era ghermita di studenti dagli undici ai diciassette anni, tra cui spiccavano i primini, agitati ed emozionati per quella nuova avventura.
« Prima ho visto Fred che chiacchierava con il caro Frank Paciock. » mi informò mio cugino, salutando una studentessa più grande di lui di due anni. « Poi zio George mi ha preso in disparte e mi ha chiesto a che punto stiamo con le nuove Merendine Marinare. » alzò gli occhi al cielo. « Di questo passo finiremo per sperimentare sugli studenti dei prodotti ancora non messi in commercio. »
Controllai che mia madre non fosse a portata di orecchie (e di occhi, soprattutto) e infilai la mano in tasca, mostrando ad Hugo un sacchetto pieno zeppo di galeoni.
« Questi. » dissi, indicando il sacchetto tintinnante. « li ho rubati dal conto di mio padre alla Gringott con un piccolo aiutino di James. Ci serviranno per pagare gli studenti che ingeriranno le Merendine ancora difettose. »
Hugo fece un cenno di approvazione verso il sacchetto e mi sorrise soddisfatto, incitandomi a nascondere di nuovo il denaro rubato.
« Non posso credere che i nostri prodotti saranno esposti al Tiri Vispi. » disse, emozionato al sol pensiero. « Diventeremo famosi! »
Un gruppetto di ragazzine del terzo anno, sedute sui loro grossi bauli, sbatterono le palpebre all'indirizzo di mio cugino e sospirarono rumorosamente. Due ragazzi del settimo anno intercettarono me e mi sorrisero, cominciando a sistemarsi in modo maniacale i capelli e specchiandosi nel finestrino del treno per controllare che fossero perfettamente in ordine.
Diventeremo famosi...
« Come non detto. » fu il commento divertito di Hugo, che scosse il capo come se mi avesse letto nel pensiero.
Continuammo a camminare per la grande stazione affollata, non dando retta agli sguardi incuriositi e inquisitori dei nuovi studenti e scambiando quattro chiacchiere con chi ci fermava per salutarci.
« Con la pozione che cambia colore di capelli a seconda dell'umore a che punto sei? » mi chiese Hugo, con uno sguardo che non ammetteva scuse ma che era altresì rassegnato e pronto a tutto.
« Oh. » balbettai, osservando con interesse gli anfibi che sbucavano da sotto l'uniforme scolastica. « La pozione che cambia a seconda... sì, sono a buon punto. »
Hugo fece uno sbuffo esasperato. « Certo. E io sono Merlino. »
Mi morsi un labbro intercettando l'omicidio sul suo volto. « D'accordo, non sono a buon punto. » ammisi. « Ma ci posso lavorare! »
Mio cugino fece un altro sbuffo rumorosissimo, avanzando così tanto il passo che feci fatica a stargli dietro. Hugo, comunque, aveva ragione: erano mesi che lavoravo su quella pozione particolarmente estrosa ed ero stata capace solo di fare un grosso buco nell'acqua. Aumentai ancora di più il passo della corsetta, urtando accidentalmente la spalla di un ragazzino minuscolo, un primino, che protestò a gran voce.
Li fanno sempre più maleducati. - pensai, drizzandomi gli occhiali rotondi sul naso e alzando un sopracciglio con eloquenza.
Il ragazzino assunse una strana espressione. Fissò prima i miei occhiali rotondi con insistenza e un secondo dopo i capelli rossi. Con un ghigno malefico a dir poco, Hugo si avvicinò al bambino e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio. Il primino spalancò gli occhi come fari e corse dalla madre, probabilmente per dirle di aver appena incontrato la figlia di Harry Potter e di averle urlato contro.
Io e mio cugino scoppiammo a ridere di cuore, indicando il ragazzino spaventato mentre tornavamo indietro dalla nostra famiglia.
« Avete finito di spaventare i primini, voi due? »
Una voce familiare ci fece voltare entrambi di scatto. Con gran sollievo, intercettammo Louis e Dominique che si trascinavano davanti a dei furibondi Bill e Fleur con facce che dichiaravano apertamente il suicidio. Io e Hugo ci fissammo e quando mia madre chiese a Fleur che cosa fossero quelle facce da funerale, Bill intervenne dicendo di aver messo le mani su una lettera abbastanza compromettente che Dominque aveva scritto ad un ragazzo e che Louis c'entrava nella faccenda e ci teneva a coprire la sorella.
Se non altro, da quella mattinata avevo capito di non essere l'unica ad avere problemi.
« Mio padre sta impazzendo, e non scherzo. » aveva sospirato Louis, tenendosi a debita distanza dagli adulti e salutandoci con calore. « Avete smesso di terrorizzare gli undicenni? »
Non c'era nessun ragazzo al mondo più gentile e dolce del bellissimo Louis, e tutte le ragazze di Hogwarts (perfino i fantasmi) impazzivano per lui. Era il prototipo di ragazzo perfetto, non l'avevo mai udito alzare la voce o maltrattare qualcuno, e i suoi occhioni e folti capelli color rame avrebbero fatto innamorare perfino una vecchia acida zitella.
« Meglio se filo nel treno o mio padre mi ammazza sul serio. » mio cugino si voltò verso sua sorella, incantando anche il suo baule e facendo una smorfia che lo faceva apparire stranamente buffo e tenero. « Sono ancora offeso per la strigliata ricevuta per colpa tua, Domi. » accluse, scappando letteralmente via coi due bauli incantati.
Hugo fece una pernacchia a Dominique e seguì Louis, estraendo la bacchetta per incantare i nostri bauli.
Dominique sorrise, sbottonandosi i bottoncini della sua camicetta e sventolando una mano all'altezza del volto. Era 1/8 Veela come suo fratello Louis e sua sorella Victoire, era la loro sorella minore ed era splendida esattamente quanto loro. Aveva setosi capelli ondulati di colore rosso scuro, identici a quelli del fratello, occhi di un celeste cristallino come il mare e un fisico che faceva invidia a madre natura in persona.
Mi schioccò due sonori baci sulle guance e chiese: « Come sono i miei capelli? » posizionandosi una ciocca di un ricciolo dietro all'orecchio. Era naturalmente bella senza un filo di trucco e sotto l'uniforme scolastica portava due vertiginose zeppe che probabilmente Bill non aveva notato, esattamente come i miei genitori non avevano notato i grossi anfibi neri che portavo ai piedi.
« Bellissimi. » risposi senza neanche guardarli, pulendomi il segno del rossetto che probabilmente Domi mi aveva lasciato sulla guancia.
« Sicura? »
« Sicurissima. Tutto bene con...? »
L'espressione minacciosa di mia cugina era la risposta alla mia domanda su quanto non dovesse andare tutto bene con i genitori. Decisi che forse era meglio salire sul treno e lasciare perdere quell'argomento. Anche perché mia madre e zio Bill si erano appena coalizzati contro le rispettive figlie blaterando assurdità per quanto riguarda l'indisciplina, il fatto che ci trovassimo in un periodo particolare dell'adolescenza, e accuse varie alla mia persona.
Io e Dominique salimmo sul treno e ci chiudemmo la portiera alle spalle.
« Oh, mi sento molto meglio. » esordì, facendo un gran respiro mentre si svestiva della sua tunica. « D'accordo, prima di partire corriamo immediatamente in bagno. Mi accompagni, vero? »
Lungi da me negarle la mia compagnia quando in qualche faccenda c'entrava il bagno.
« Andiamo. » risposi, alzando le spalle.
La seguii per tutto il tragitto verso il bagno, mentre lei sgambettava con le zeppe ai piedi e non degnava nessuno di un solo sguardo. Vidi che alcuni ragazzi cercavano di attirare la sua attenzione ma Domi diede loro attenzioni tanto quanto ne avrebbe date ad uno Schiopodo Sparacoda: non le piaceva per niente mettersi in mostra e detestava le attenzioni delle persone. Nessuno ci avrebbe creduto ma mia cugina ci teneva a compiacere più se stessa che i ragazzi.
Cosa che nessun ragazzo, naturalmente, nel corso degli anni aveva capito.
« E cosa avresti scritto a questo ragazzo misterioso durante le vacanze? » le chiesi, evitando per un pelo di finire addosso ad un altro primino.
« Era una lettera innocente al nuovo Caposcuola di Corvonero, Mark Baker, l'amico di Jason Goldstein, hai presente? Organizzano sempre le feste clandestine. » rispose mia cugina, con enfasi. « Era un vero sfigato inizialmente, devo ammetterlo, ma pare che la vacanza in Brasile gli abbia fatto proprio bene. »
Ridacchiai scuotendo il capo con rassegnazione e mi infilai nella minuscola toilette del treno, seguita a ruota da Dominique. Mia cugina si era già parata di fronte allo specchio, scrutando il suo riflesso con un sorriso poco convinto.
« Sai com'è fatto mio padre... si agita per un nonnulla. » disse, ripassandosi il rossetto. « Non avevo scritto niente di particolarmente perturbante in quella lettera, a parte qualche apprezzamento al suo nuovo fisico palestrato e qualche battutina maliziosa. Insomma, non c'era motivo di andare in paranoia! L'ha detto anche mamma. »
« Certo. » annuii, facendo pat pat sulla testa di Dominique mentre chiudevo a chiave la porta, pensando che probabilmente Fleur avrebbe ritenuto innocente anche se Domi si fosse portata a letto il vicino ottantenne.
Le mani di mia cugina trovarono in un secondo l'unico capello che le avevo messo fuori posto per lisciarlo delicatamente e metterlo di nuovo in ordine.
« Mamma mi ha sempre difesa ma mio padre ha davvero esagerato questa volta. » intercettando la mia espressione divertita e scettica, aggiunse: « Sì, fai pure quella faccia. Piuttosto, non hai fatto neanche una telefonata mentre eri in vacanza con i Scamander. »
« Non ho chiamato nessuno. » mi giustificai, prendendo posto sull'asse chiusa del water e accovacciandomi su di essa. « Non prendeva mica campo in mezzo alla foresta, e poi sono tornata solo pochi giorni fa. Quante volte vorrai farmelo ripetere? Prima della partenza sei stata una delle prime che ho chiamato. »
Dominique mi fece un sorrisetto malizioso che non prometteva nulla di buono.
« In mezzo alla foresta. » ci tenne a ripetere, sogghignando. « Dove tu eri con Lysander Scamander. »
« E con Lorcan. » precisai, imbarazzata e spiazzata dall'improvvisa spudorata affermazione. « E anche con Luna e Ro... »
« Sì, ma Lorcan non sembra essere affatto il tuo tipo. » mi interruppe mia cugina, non facendomi neanche completare la frase.
« E con questo cosa vorresti dire? » ribattei, cominciando ad agitarmi.
« Che vi ci ho sempre visti insieme. » rise Dominique, sporgendo le labbra e decidendo che magari una seconda passata di rossetto non le avrebbe fatto male. « Non te e Lorcan, naturalmente. Sì, Lis, so benissimo cosa hai intenzione di dirmi: che i due Scamander sono gemelli, che li conosciamo da una vita, ma adesso non si somigliano molto d'aspetto, vero? Ad esempio, Lorcan non mi piace, quel secchione Corvonero ossessionato patologicamente dagli animali fantastici. »
« Anche il gemello non scherza... »
« Non in maniera patologica. » ci tenne a precisare Dominique, in tutta fretta. « Sembrano in contrasto tra loro. »
« Beh, un pochino. Si vogliono bene a modo loro. »
Lorcan desiderava fare l'insegnante o lavorare al Ministero nell'ufficio regolazione e controllo delle creature magiche, avere una carriera. Lysander, invece, non era affatto interessato alla carriera nel Ministero: adorava semplicemente gli animali fantastici e coltivava tranquillamente la sua passione.
« Ho imparato a conoscere Lysander in questi anni, ci becchiamo spesso nella sala comune di Serpeverde. Ovviamente, non abbiamo un vero e proprio rapporto, scambiamo solo quattro chiacchiere. È sbarazzino, divertente e sembra anche molto gentile. E a dirla tutta, ho anche notato una certa chimica tra voi prima che partiste per la vacanza insieme, e inoltre... »
Preferii non interrompere la conferenza di mia cugina sul gemello Scamander, anche perché era davvero inutile interromperla: avrebbe continuato imperterrita a zittirmi per finire tutta la sua conferenza in bellezza. Mentre Dominique cianciava di cose di cui avrei preferito non cianciasse affatto, cominciai seriamente a sentirmi in imbarazzo. Le vacanze passate insieme ai gemelli Scamander avevano migliorato molto il nostro rapporto. Forse non tanto quello con Lorcan, che era sempre stato la cavia di molti dei miei scherzi durante i vari anni ad Hogwarts, ma quello con Lysander sicuramente.
Io e lui avevamo un bellissimo rapporto da bambini, da quel che ricordavo e dai racconti dei nostri genitori, ma quando lui finì a Serpeverde e io a Grifondoro perdemmo ogni contatto, pur trovandoci nella stessa scuola.
Nonostante quella vacanza mi avesse avvicinata molto ai gemelli, ero sicura che una volta ad Hogwarts avrei smesso di pensare a loro, come accadeva ogni anno.
A salvarmi fu una bussata di porta.
« Occupato! » urlammo io e Dominique, che stava rimettendo a posto il rossetto nella borsa.
« Lo sappiamo, idiote. » si udì la voce divertita di Hugo, dall'altro lato della porta. « Sono quasi le undici, vi decidete ad uscire dalla toilette? Louis si chiedeva se qualche maniaco avesse per caso importunato sua sorella e gli adulti hanno intenzione di salutarvi prima della partenza. »
Io e mia cugina scoppiammo a ridere e spalancammo la porta, notando solo in quel momento che ad accoglierci c'era una gran folla di studenti che aspettava che uscissimo dal bagno per soddisfare i loro bisogni primari.
« Miseriaccia. » mormorai, volgendo uno sguardo intorno.
I miei cugini avevano le braccia incrociate al petto e scuotevano il capo con forza; Fred, dal suo canto, esibiva una smorfia divertita.
« Incesto lesbo in famiglia? » fece quest'ultimo, con tono incuriosito. La sua carnagione mulatta faceva a pugni con le nostre pelli chiarissime, i suoi capelli riccioluti facevano contrasto con le chiome rosse ma i tratti simili ai nostri non facevano che affermare l'assoluta appartenenza alla famiglia. « Vorrei tanto sapere come fanno le lesbiche a... »
« Fred! » protestarono Dominique e Louis.
Gli studenti in fila per andare al bagno ridacchiarono; alcuni si alzarono sulle punte per guardarci.
« Che avete da guardare in quel modo? Non siamo lesbiche! » proclamai, alzando un sopracciglio nella loro direzione.
« Se lo dici tu. » disse una voce maschile proveniente dalla folla.
« Io credevo che la Potter lo fosse... » si inserì qualcuno.
« Oh, insomma, ancora con questa storia? » sbottai, intercettando lo sguardo malizioso di Hugo, che mi fissava con uno sguardo che non lasciava presagire nulla di buono. « Cosa hai da guardare? Non metterti in testa strane cose, mi hai sentito? Non osare nemme... ehi! Brutto di figlio di... non termino la frase solo per il bene che provo per zia Hermione! Torna indietro! »
Ma mio cugino, senza neanche pensarci due volte, cominciò a correre a perdifiato verso il corridoio del treno, urlando ad altissima voce qualcosa per quanto riguardava l'incesto lesbo con Dominique.
Naturalmente, lo inseguii con espressione che non ammetteva scuse.
« Vai a farti fottere, Hugo! » esclamai, sfoderando la bacchetta per lanciargli qualche maledizione.
E mentre correvo per il treno scaraventando persone nei finestrini, proprio come facevano gli attori nei vecchi film polizieschi Babbani che adorava tanto zia Hermione, con l'intento di sperimentare su di lui una violenta mossa di arti marziali o di beccare la fattura Orcovolante giusta, andai perfino a sbattere contro Lysander Scamander e neanche me ne resi conto.




Dopo aver salutato l'intera famiglia e dopo che io non potetti scampare alle minacce di morte di mia madre sul fatto che se quell'anno mi sarei comportata male come tutti gli altri anni a Natale avrei fatto i conti con lei (sempre se lei e mio padre non si ammazzavano a vicenda), io e Hugo trovammo uno scompartimento tutto nostro. Hugo, che aveva un livido sulla gamba e un bernoccolo in fronte, stava seduto di fronte a me, che pure avevo qualche livido verdastro e un dolore alla chiappa destra infernale. Dominique era sgattaiolata via nella carrozza del famoso Caposcuola di Corvonero e io non avevo affatto l'intenzione di sapere cosa facessero quei due quando nessuno guardava. Fred e Louis, invece, erano andati a trovare Frank Paciock, amico e compagno di dormitorio che frequentava il settimo anno insieme a loro, nello scompartimento che divideva con la sorella Alice, che frequentava il quinto anno.
In ogni caso, si prospettava una mattinata decisamente più tranquilla di come era cominciata.
O forse no...
« Io dico che dobbiamo metterci le radici. »
« E io dico che ti sei praticamente fottuta il cervello. » disse schietto mio cugino, con molta poca delicatezza.
« Non ti fidi? »
« Ti devo ricordare della volta in cui mettesti ingredienti a caso nella pozione e questa esplose rovinando il parquet nuovo di zia Muriel? »
Oh, beh, se la metteva in questo modo...
In cinque anni, avevo sempre preparato le pozioni basandomi solo ed esclusivamente sul mio sedere fortunato. Ero una frana in Pozioni, a differenza di mio fratello Al, ma restavo in ogni caso una delle studentesse preferite di Lumacorno che confidava, molto probabilmente, nel giorno in cui i geni di famiglia si sarebbero in qualche modo risvegliarti per rendermi un maestro di Pozioni, e continuava ad invitarmi con estremo piacere alle sue festicciole nonostante i pasticci combinati durante le sue lezioni.
Sentendo che anche quella volta avrei avuto il solito sedere fortunato alla Potter, lanciai una piccola parte di radice nella pozioncina e quella invece di mutare colore diventò trasparente come se fosse Veritaserum, ritornando in due rapidi secondi al colore base.
Hugo rimase praticamente sconvolto. E io pure.
« Complimenti. » sbuffò mio cugino, facendo un piccolo ironico applauso. La smorfia del suo viso dichiarava apertamente il suo desiderio di nominarmi regina dei disastri ad honorem. « Adesso ci tocca dare dieci Galeoni a Fred per la scommessa. »
« Idiota, mancano ancora parecchi giorni alla fine della scommessa! Rilassati. » dissi, slacciandomi la cravatta e sistemandomela attorno alla fronte sudaticcia.
Hugo si mise a sibilare parolacce e fece per uscire dal nostro scompartimento, lanciandomi uno sguardo così furioso che quasi ci lessi le minacce di morte all'interno. Lo seguii in corridoio lasciando fumare la pozione nello scomparto ed insieme ci avviammo verso la coda del treno dove di sicuro avremmo trovato il resto della banda. Ricevemmo un paio di inviti ad accomodarci in tutti gli scompartimenti in cui ci affacciammo, senza contare il fatto che ricevemmo perfino minacce di morte da Prefetti e Capiscuola vittime dei nostri scherzi, e infine raggiungemmo il penultimo scompartimento sani e salvi.
« Ciao, ragazzi. » salutai, alzando una mano.
Notai che Dominique era tornata dalla gita nello scompartimento del Caposcuola di Corvonero ma non feci neanche in tempo ad alzare lo sguardo sugli altri componenti dello scomparto che mi ritrovai inaspettatamente di fronte a Lysander Scamander che, nell'udire la mia voce, si era voltato per fissarmi, reprimendo un sorrisino alla vista della cravatta legata attorno al capo.
« Ma come diavolo ti sei conciata? » fu il rapido saluto di Dominique.
« Ehi. » rispose Scamander sereno, quasi evitando il contatto visivo con me mentre mi slacciavo la cravatta dalla fronte.
Dal mio canto, lo fissai cercando di non pensare alle parole di mia cugina Dominique sul fatto che fosse davvero ed esattamente come lei lo aveva descritto un quarto d'ora prima.
Ai due lati di Dominique, sedevano Alice e Frank Paciock, che mi regalarono uno dei loro radiosi sorrisi. Frank era un tipo lievemente robusto e impacciato, ma davvero molto carino e un fedele amico, appassionato della carriera da Auror e uno dei migliori duellanti di tutta la scuola. Somigliava molto al padre, Neville Paciock, che insegnava Erbologia ad Hogwarts, ma a differenza del padre aveva capelli scuri, occhi scuri e un viso meno in carne di lui. Alice era mingherlina, con due grandi occhioni verde scurissimo, a volte coperti dalla frangia di capelli castano scuro, e un visino dolce e paffuto. Era la persona più timida che avessi mai incontrato. Di fronte ai due fratelli Paciock, Fred e Louis giocavano a scacchi, non facendo caso allo scambio di saluti avvenuto nello scompartimento.
Mi schiarii la gola per attirare la loro attenzione.
« Ci siamo quasi per la pozione. » mentii, lanciando una breve occhiata a Hugo, che fece roteare gli occhi e prese posto accanto ad Alice. « Fred, sto parlando specialmente con te. La grana a chi di dovere. »
« E quindi a me. » rispose prontamente Fred, esultando un secondo dopo per aver mandato in pasto alla sua regina un alfiere di Louis.
« Non starete mica facendo i ricettatori di calderoni rubati? » intervenne Dominique; Alice trasalì alla sola idea.
Fred scosse il capo, troppo concentrato nel gioco per dare troppo ascolto alla cugina. « Si tratta solo di un'innocente scommessa. »
« Sì, e tu la perderai. » replicai, con determinazione.
Fred rise di cuore, per poi incupirsi un attimo dopo: il cavallo di Louis aveva mangiato il suo pedone.
« Ancora mi chiedo quando finiranno tutte queste faide familiari. » intervenne Louis, divertito e tranquillo.
« Io, invece, ancora mi chiedo il motivo per cui mi trovo sempre in mezzo alle vostre faide familiari. » si intromise Frank, sorridendo.
Hugo diede una pacca sulla coscia di Frank Paciock. « Solo se mi regali tutta la tua scorta di Cioccorane posso garantirvi la quiete. »
Mi resi conto solo in quel momento che il mio stomaco brontolava in maniera indecente. « A proposito, quando arriva il carrello? Credo di aver bisogno di una seconda colazione. »
Si sentì un lieve colpetto di tosse: alzai lo sguardo verso il finestrino e vidi Scamander sorridermi, dopo aver frugato rumorosamente nelle tasche della sua tunica mentre i suoi capelli biondi venivano mossi indecentemente dal vento.
« Tieni. » disse in tono cordiale, porgendomi la barretta di cioccolato che aveva appena tirato fuori. « Non sarà una seconda colazione ma potrebbe andar bene, no? Mamma dice che il cioccolato aiuta, ne compra sempre in abbondanza, come hai potuto constatare tu stessa in vacanza. »
« Ah. » si intromise Dominique, senza riuscire a mettere a freno la lingua. « Avete mangiato tanto cioccolato insieme? »
Fissai la barretta di cioccolato, ignorando con estremo decoro mia cugina che continuava a dedicare sorrisetti maliziosi a Scamander, e la accettai senza troppe cerimonie, sentendomi gli occhi di Dominique addosso e cogliendo l'imbarazzo del biondino.
Io e Scamander ci eravamo sempre guardati da lontano, ignorandoci per sei anni e, allo stesso tempo, sentendoci sempre molto affiatati e interessati l'uno all'altro quando ci ritrovavamo a scambiare quattro chiacchierare nel cortile della scuola o nelle aule. Era un piacere forte ma effimero, che spariva non appena ci allontanavamo, troppo presi dalla nostra caotica vita lì al castello.
Da quando avevamo trascorso le vacanze estive insieme qualcosa tra me e il ragazzo era cambiato. Riuscivo a percepirlo ed ero sicura che anche lui lo percepisse. Di preciso, comunque, non sapevo cosa fosse cambiato e in quel preciso istante non mi andava affatto di scoprirlo.
« A proposito... » disse lui, avvicinandosi a me sotto l'arco dello scompartimento. Sussultai quando me lo ritrovai a mezzo metro da me, e tentai di non fare caso al sorrisetto spuntato nuovamente tra le labbra di Dominique. « Le mie orecchie mi ingannano oppure ho davvero sentito qualcuno urlare qualcosa su di te per tutto il treno, pochi minuti fa? »
Mi voltai rapidamente verso mio cugino e gli regalai uno dei miei splendidi finti sorrisi che sapevano di minaccia incombente. « Ti odio. »
« Anche io ti odio. » ci tenne a ribattere lui, premendo contro il bernoccolo sulla sua fronte. « Mi hai massacrato di botte. »
Scamander rise, e io non potetti fare a meno di osservare i suoi candidi denti regolari e la sua espressione serena.
« Tua cugina mi ha travolto e quasi buttato per terra durante la sua sfrenata corsa per tutto il treno. Ah, per la cronaca. » il biondino fece una smorfia. « Lorcan ha assistito e vuole fare rapporto non appena arrivati a scuola. »
« Non possiamo partire un altro anno con dieci punti in meno! I Grifondoro ci ammazzeranno... »
« Posso sempre parlare con la McGranitt per garantirvi la benedizione. » disse Louis, finendo con gli occhi di tutti puntati addosso. « Che avete da guardare? Sapete benissimo che mi adora e che non mi direbbe mai di no. »
« E chi non ti adora? » si intromise Fred, scoccando un grosso bacio sulla guancia del cugino. « Mi devi offrire il pranzo quando andremo ad Hogsmeade! Ti va un'altra partita? Mi sento davvero fortunato, stamattina. »
Dominique scosse il capo. « Non ce la vedo la McGranitt lasciarsi ingannare da un paio di occhioni blu. Ma, d'altronde, voi due siete abituati a ricevere Strillettere ad inizio anno, no? »
Nello scompartimento si alzarono dei cori di risatine.
« Certo che incendiare la tazza del water con la gatta del custode dentro fu davvero incredibile. Non ho fatto altro che raccontarlo per mesi. » disse Scamander, con un sorrisetto divertito.
« Colpa di questo essere immondo.» indicai mio cugino con una smorfia, che accolse con un dito medio.
« Non preoccuparti, ci parlo io con Lorcan. Non era così serio quando l'ha detto. Mi basta solo adescarlo con un libro sulle creature magiche preso dalla sezione proibita. »
Sentii il respiro indecentemente mozzo, così irregolare che avrei voluto che la terra mi inghiottisse. Sentire i suoi occhi verdi puntati su di me in quel modo così penetrante mentre pronunciava quelle parole aveva fatto sì che soffrissi momentaneamente di disfunzione cardiaca. Cosa che mia cugina non potette fare a meno di notare, sembrava, dalla maniera spudorata con cui ghignava.
« Lo faresti davvero? » la mia voce avrebbe fatto concorrenza a quella di qualcuno con evidenti problemi fonetici.
« D'altronde, sono anch'io un Prefetto e conosco bene mio fratello. Promesso che ti libero dai pasticci. » sorrise il ragazzo, mettendosi la mano sul cuore e continuando a fissarmi con lo sguardo che mi aveva mandata in tilt.
Ma che diavolo mi prende, improvvisamente? Rinsavisci, idiota!
Doveva esserci un errore a tutto quello. Solamente uno schifosissimo e incomprensibile...
La porta del nostro scompartimento si aprì.
La ragazza più frivola e odiosa di tutta la scuola era sulla soglia della porta e ci fissava con la puzza sotto al naso, soffermandosi a guardare con un certo fastidio Dominique, la sua acerrima nemica. Era Cassandra Smith, la Corvonero che detestavo tanto quanto detestavo le Strillettere. Cassandra aveva capelli di un biondo carico, occhi di un castano scialbo e labbra pompose e pronunciate. Le persone a scuola si dividevano in: coloro che la veneravano come una divinità e coloro che la detestavano col cuore, e non solo per il fatto che da Prefetto aveva reso impossibile la vita di molti studenti, oltre alla sua abile e infima attitudine nel rubare i ragazzi altrui.
Come potevo ben notare, era diventata Caposcuola di Corvonero, aumentando così la sua fama nel castello.
« Dominique. » disse, con la solita vocina altera ed insopportabile.
« Cassandra. » le rispose Domi, facendo un sorriso così brutto che pareva una smorfia.
« Ti trovo molto bene. »
« Oh, immagino. Le mezze Veela sono sempre in forma. » ribatté Dominique, asciutta.
La ragazza arrossì in un botto e strinse le labbra in maniera orribile, evidentemente invidiosa e irritata dal comportamento assunto da Dominique. Non aveva degnato neanche di un solo sguardo me e i miei cugini, ma i suoi occhi si erano posati con gran passione su Scamander, diventando scintillanti come non lo erano mai stati: di sicuro era venuta lì per lui. Non sarebbe mai strisciata ai piedi della sua odiata nemica per un saluto.
« Non eri Veela per un ottavo? » ci tenne a chiarire, prima di fiondarsi sul biondino.
« Mezza Veela, un ottavo, cosa importa? Resto bellissima in entrambi i casi. » la mise a posto mia cugina, con lo stesso sorriso sadico di poco prima.
Cassandra Smith ricambiò la smorfia, per poi ignorarla. « Ti stavo cercando dappertutto, sai, la carrozza dei Prefetti e Capiscuola necessita la tua presenza. » disse piuttosto seria, rivolta verso Scamander e calando su di lui per baciargli una guancia.
« Cassandra, tutto bene? » chiese il ragazzo, anche lui molto felice di vederla.
Ma da quando questi due si frequentano? - pensai, nel pieno dello sconcerto più totale.
« Una meraviglia. Vieni con me, allora? » chiese Cassandra con decisione, lasciando trasparire dalle labbra un sorrisetto malizioso. « Ti devo anche parlare di una cosa importante. »
« Va bene. » acconsentì lui. « Ragazzi, io vado. Ci becchiamo in giro! » e salutandoci tutti, uscì dallo scompartimento mano nella mano con lei.
Dopo quella scena spiacevolmente nauseabonda non seppi con precisione cosa sentii nello stomaco ma di sicuro non si trattava di qualcosa di buono. Vomito, decisamente vomito, in primis. Seconda cosa, ebbi l'istinto di inseguire i due fidanzatini e gettarmi su Cassandra. Il desiderio di strapparle tutti i capelli da barbie ossigenata che aveva in testa e di gonfiare con un gancio ben assestato le sue oscene labbra era troppo forte per ignorarlo. Terza cosa, mi resi conto con gran stupore che stavo esagerando. A me non importava nulla di Scamander e delle ragazze con cui si frequentava: quello era solo un probabile sentimento di ingiustizia dettato dal fatto che fosse illecito che un ragazzo tanto intelligente e in gamba come lui finisse a frequentare una ragazza del genere.
Dovevo aver fatto una faccia orribile, dato che Hugo continuava a fissarmi con un'espressione strana e indecifrabile, e per rimediare al mio grave errore iniziai a canticchiare simulando contentezza da tutti i pori per superare l'imbarazzo del momento. Dominique, per qualche strana ragione, ridacchiava sotto i baffi, mentre i miei cugini mi osservavano attentamente quasi come a tenermi spaventosamente d'occhio.
« Qualcuno ha idea di cosa sia preso a Lunatica? » chiese Fred, grattandosi la nuca mentre io continuavo a canticchiare.
Il mio secondo nome era Luna ma molti mi chiamavano Lunatica per ovvie ragioni.
« No. Dovremmo? » fece Frank.
« No, non dovremmo. » rispose Hugo incuriosito, senza staccare gli occhi dal mio viso. « Ma forse la diretta interessata potrebbe sicuramente dirci che cosa ha fatto azionare i suoi ormoni impazziti, vero? »
Tossicchiai. « Non del tutto vero. »
« Possiamo parlarne in privato? »
« In privato. » ripetei.
Hugo colse la palla al balzo e aprì la porta dello scompartimento, facendomi un gesto elegante con la mano che diceva chiaramente: « dopo di te! » e io lo fissai in malo modo. Non avevo di certo previsto che la mia proposta venisse presa così alla lettera. In ogni caso: non avevo scelta. O uscivo di mia spontanea volontà oppure sarei stata trascinata con la forza da Hugo, e una nuova figura di sterco di Asticello o un rapporto di inizio anno, fatto proprio da Cassandra Smith, non sarei riuscita a sopportarlo.
Uscii con riluttanza dallo scompartimento, finendo di canticchiare le ultime note della canzone, e mi lasciai guidare da Hugo in un posticino particolarmente appartato del treno.
« Dunque? » chiese mio cugino, alzando un sopracciglio.
« Dunque? Senti, possiamo ritornare dentro e parlare in un momento meno... »
« Dunque hai qualcosa da dirmi. » trasse le conclusioni mio cugino, con una perspicacia che non aveva mai mostrato. Ciò significava solo una cosa: la mia reazione era stata fin troppo evidente per essere ignorata.
« Ma se solo mi avessi lasciata finire! »
« Il tuo odio nei confronti della Smith deve essere incredibilmente spropositato per causarti conati di vomito. »
Hugo non era un tipo abbastanza sagace, aveva ereditato da zio Ron la perspicacia di un cucchiaino ripieno di nutella. Ragion per cui avrei dovuto ritenermi nella melma più totale.
« Sì, aveva spruzzato un profumo nauseabondo, quella Smith! » feci una risatina tintinnante. « La detesto abbastanza per averci messi in punizione due anni fa, e lo spruzzarsi merda addosso ha contribuito ad accentuare il mio odio per lei, insomma, mi sembra normale non accoglierla nel migliore dei modi, ti pare? » e feci un gesto di finta noncuranza con la mano.
« Io non ho sentito nessuna puzza di... sento puzza di fumo. » la voce di mio cugino si ridusse in un sussurro mentre i suoi occhi erano puntati su qualcosa in lontananza.
« Ho detto di merda, non di fumo. »
« No, idiota. Adesso sento puzza di fumo... »
Assunsi un'espressione interrogativa e mi voltai di scatto. Da uno scompartimento lì vicino usciva del fumo denso e maleodorante. Fui attraversata da una sensazione di rabbia e irritazione che non aveva nulla a che fare con quello che era successo poco prima nello scompartimento. I Prefetti e i Capiscuola erano sempre pronti ad accusare me e mio cugino quando accadeva qualcosa e proprio nel momento in cui il treno rischiava di saltare in aria a causa di qualche sconsiderato che aveva appiccato fuoco allo scomparto nessuno era lì per controllare la situazione. Era davvero assurdo che riuscissero a trovarsi sempre nei posti meno opportuni e che non adempiessero al loro lavoro quando ce n'era la necessità.
Poi, improvvisamente, mi resi conto che gli sconsiderati eravamo per l'ennesima volta io e Hugo.
Sgranai gli occhi. « La nostra pozione! »

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Convivenza ad Hogwarts. ***


Convivenza ad Hogwarts.


Se i miei propositi erano quelli di iniziare (badate bene: solo iniziare) l'anno scolastico in modo tranquillo avevo fatto non male, ma malissimo, i miei conti. Io e Hugo finimmo nei pasticci prima di mettere piede a scuola e ricevemmo un gran rimprovero dal severo vicepreside Coleman, non che mio odiatissimo insegnante di Trasfigurazione, che minacciava di bocciarmi a prescindere dal momento in cui avevo messo piede nella sua classe. Il fascino della mia famiglia non aveva sortito alcun effetto sul mio professore, bensì avevo ottenuto l'esito contrario: essere detestata a morte, e non solo per il fatto che durante gli anni si era rivelato una cavia perfetta per le mie diavolerie e neanche per il fatto che il suo the appariva così attraente ai miei occhi che era difficile non immergerci dentro un pasticcetto svenevole o del torrone. Per lui era colpa mia anche se non era colpa mia e mai come con lui avrei voluto che il mio essere Potter suscitasse qualcosa nel suo animo.
« Spero solo che un giorno la Preside approvi le maniere forti. » stava blaterando il vecchio custode Armando, con voce strascicata e gracchiante, mentre il suo gattaccio rognoso Pond trotterellava al suo fianco e soffiava arrabbiato contro me e Hugo.
Il micio del vecchio Armando aveva un pelo spelacchiato grigio come i capelli del suo padrone, occhi arrossati come quelli del suo padrone e naso schiacciato come quello del suo padrone. E la faccia da infame come quella del suo padrone, si capisce.
« Specialmente su voi due teppisti ingrati. Mi ricordo che tanti e tanti anni fa, quando frequentavo questa scuola, c'era un custode che... ah, che uomo! Appendeva gli studenti che si comportavano male al soffitto delle segrete per i pollici e li faceva roteare. Oh, quanto mi mancano quelle urla. » concluse, come se si aspettasse un permesso dal cielo per appendere me e mio cugino per i pollici e farci roteare per ore e ore nelle segrete mentre lui, con un sacchetto di caramelle di Mielandia, si godeva lo spettacolo.
Alzai gli occhi verso il soffitto. « Questo l'ha già detto mille volte. » dichiarai con uno sbuffo, liberandomi dalla stretta del custode una volta individuata la porta della Sala Grande, scrollandomi altresì dai vestiti i folti peli del suo micio puzzolente.
« Siete dei delinquenti! Finirete entrambi ad Azkaban ancor prima di... »
« ... finire la nostra istruzione qui ad Hogwarts. » ci tenne a concludere Hugo per lui, come da copione. « Sì, lo sappiamo già. »
Annoiati, ci lasciammo alle spalle il pazzo Armando che di sicuro stava bestemmiandoci contro cose che non avrei voluto neanche immaginare.
Il nostro ingresso in Sala Grande fu senza dubbio teatrale date le nostre facce entusiaste e il gran baccano che facemmo per individuare i nostri parenti seduti alla tavolata Grifondoro. Gli studenti che si godevano la cena si voltarono a guardarci, chi indispettito e chi abbastanza incuriosito: mi sembrava di essere finita su una passerella sotto i riflettori. Mi sentii addosso lo sguardo di tutta Hogwarts, specialmente quello infuriato della McGranitt e quello ancora più furibondo di Coleman, e una volta individuati i miei cugini mi buttai letteralmente a peso morto sulla panca del tavolo di Grifondoro, lontana da moltissimi occhi curiosi.
« Quando impareranno a punirmi dopo il banchetto di inizio anno? Io non carburo a stomaco vuoto! » esclamai, sprofondando con la testa nel tavolo in segno di totale disperazione mentre mi rendevo conto che al tavolo erano appena svanite le pietanze cedendo il posto ai dolci.
Hugo, che aveva rubacchiato l'intero piatto con la torta di melassa tra le mani di un timido primino, senza curarsi di apparire scortese o altro, aveva la bocca così piena da non riuscire a dire neanche una parola. Oltretutto, quando il cibo c'entrava nella faccenda mio cugino non rispondeva delle sue azioni, esattamente come zio Ron, e zia Hermione non faceva che rinfacciarglielo da una vita intera.
Emettendo uno sbuffo rumorosissimo, sfilai dalle mani di Frank Paciock un vassoio colmo di dolci e me ne ficcai senza alcuna eleganza due in bocca, riempiendomi le guance come uno scoiattolo affamato. Il che fece ridere i Grifondoro vicini e mi fece ringraziare che Dominique fosse al tavolo dei Serpeverde e non mi guardasse.
« Allora? Che cosa vi ha detto Coleman? » chiese Fred, incuriosito.
« Il solito. » risposi, masticando lentamente e lanciando briciole di dolci sul malcapitato di fronte a me che si era rivelato essere Frank.
« Che anche quest'anno rischiate bocciatura certa? »
« Ovviamente. »
Fred ridacchiò, versandosi del succo di zucca nella coppetta. « Frustrante, vero? Essere costantemente rimproverati da Coleman, intendo. » intercettando l'occhiata sarcastica di Louis ci tenne a dire: « Sì, lo so che rimprovera sempre anche me ma loro due sono la sua ossessione fin dal primo anno. »
« Hai solo combinato meno disastri di loro, Fred. » rispose Louis, divertito.
« Ci sono stati avvisi importanti? »
« La McGranitt ha fatto il solito discorso di inizio anno: ha dato il bentornato a noi e il benvenuto ai primini, li ha smistati, elencato cose da non fare, posti in cui non possiamo andare, prodotti da non utilizzare. Ah, e il Cappello Parlante ha detto un sacco di stronzate. Non ho capito bene a cosa si stesse riferendo durante la filastrocca ma... »
« Ci sono stati avvisi importanti, Fred? » lo interruppi.
« No, nessuno. »
« Ma cosa stai dicendo? » si intromise tra di noi Alice, con vocina sottile e battendo le ciglia in modo languido. « Certo che ci sono stati avvisi importanti! La presentazione del nuovissimo professore di Difesa contro le Arti Oscure, ad esempio. »
Frank fece roteare gli occhi facendo una smorfia mentre mi voltavo preoccupata verso sua sorella che stava esibendo l'espressione più stralunata per eccellenza. Notai che non era la sola che somigliava ad una tenera innamorata: la sua espressione da ebete la ritrovai nei volti di quasi tutte le ragazze della tavolata Grifondoro, se non anche nella tavolata accanto.
Intercettai lo sguardo di Hugo e capii che ci stavamo chiedendo la stessa identica cosa.
« Adesso tutte innamorate di quel tipo. Ci mancava solo questa. » si intromise Fred, fissando una ragazza lì accanto che sembrava non avere occhi che per il tavolo dei professori.
Hugo finì di mandare nello stomaco l'ultimo boccone di torta che l'aveva reso per cinque minuti muto e chiese, sconcertato e curioso, riprendendo la facoltà della parola: « Di chi stai parlando, esattamente? »
Fred, rassegnatissimo, fece una smorfia simile a quella fatta da Frank, indicando il tavolo dei professori ma tenendo lo sguardo ben piantato sulla ragazza di prima. Mi infilai velocemente gli occhiali e osservai attentamente il tavolo degli insegnanti che aveva tanto attirato l'attenzione delle ragazze della scuola. In un baleno, capii subito il significato dello sbuffo di Frank alla reazione della sorella, dei borbottii infastiditi di Fred e della voce trasognata e sentimentale di Alice. Beh, se quello seduto accanto a Lumacorno era il nostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure dovevo dire che comprendevo perfettamente la piccola Alice: per essere un professore era davvero giovane e affascinante.
Di certo non era uno che sarebbe passato inosservato lì al castello e mi chiesi se Dominique non stesse formulando il pensiero di quasi l'intera scolaresca femminile.
« Carino. » commentai, sincera ma per nulla toccata.
« Brutto come un troll. » corresse Hugo seccato, e Fred ci tenne ad annuire con forza. « Miseriaccia, guardate Victoria Robins come lo fissa... ma che diavolo le prende? Tra poco le dovremo pulire la bava alla bocca. »
« E da quando ti importa della Robins? » si inserì Louis, con un sorrisino insinuante.
« Le ho messo prima io gli occhi addosso, lenticchia, vacci piano. » ci tenne a puntualizzare Fred, che la stava osservando per minuti da quando avevo messo piede nella Sala Grande, e non osavo immaginare per quanto aveva continuato imperterrito a fissarla, con lo sguardo da maniaco seriale che si ritrovava.
« Sei un coglione, Fred. Era per parlare. »
Il battibeccare dei miei cugini finì in fretta, così come finì in fretta anche il banchetto di inizio anno. Banchetto al quale io, sfortunatamente, avevo preso davvero poco parte.
Una volta che tutti i piatti dei tavoli furono svuotati per magia, la nostra Preside, la McGranitt, ordinò immediatamente a tutti gli studenti di correre nei propri dormitori in modo da essere pronti per il giorno seguente per l'inizio delle lezioni.
« Avevi detto che la Robins fissava il belloccio prima, vero? »
Fred trotterellò al fianco di Hugo e prese ad assillarlo come solo lui sapeva fare, attaccandosi come una piovra al braccio del cugino e scuotendolo per attirare la sua attenzione. Louis era stato fermato da un paio di amiche e, superando i cugini, fece strada insieme a questo manipolo di bellissime ragazze che non facevano che riempirgli la testa di chiacchiere; Alice, piccola piccola, camminava dietro ai ragazzi con alcune amiche di classe, ascoltando le profonde conversazioni che avvenivano dinanzi a lei senza venire considerata minimamente.
« Il belloccio sarebbe il nuovo insegnante? » chiese Frank, con perspicacia.
« Beh, sì. » rispose Fred.
« Fred, lo stavano fissando tutte. »
« Nostra cugina no. »
« Il parere di nostra cugina non conta. »
Assunsi una smorfia stupita mentre la mia mano fremeva per colpirlo. « Ti ringrazio. Così arrossisco. »
« Cosa? Oh, non c'è di che. »
Feci per rispondere a tono o direttamente con un poderoso calcio negli stinchi di mio cugino quando non feci neanche in tempo a preparare i polpacci che un armadio enorme mi si era parato dinanzi con così tanta violenza che sussultai rumorosamente. Era il Capitano della squadra di Quidditch di cui io facevo parte e, inoltre, il Caposcuola che mi aveva minacciata in treno e che condivideva la stessa stanza con Fred, Louis e Frank.
Era il tanto temuto William Baston.
« Potter. » esordì Baston in saluto, col tono irritato e minaccioso di sempre.
Immaginai che fosse ancora furibondo con me per la faccenda del treno, quindi mi limitai a fissarlo senza dire una sola parola. Tralasciando il fatto che sembrava sempre e costantemente furibondo con me e con il mondo e che era meglio lasciargli sempre la parola e tacere per evitare di venire scaraventati in Burundi senza apparente motivo.
« A breve inizieremo duri allenamenti con tutta la squadra. » annunciò il Capitano, non facendo neanche cominciare la scuola.
Il Quidditch non era la sua passione: era la sua ossessione. Tutto ruotava attorno a quello sport e io e Hugo giuravamo da anni di aver sentito in giro una voce che diceva che uno dei primi complimenti che Baston aveva riservato alla sua unica ex ragazza fu qualcosa riguardante i suoi bellissimi bolidi, cosa che in tutta sicurezza aveva messo in fuga la malcapitata. Probabilmente, quella stessa voce era stata messa in circolazione da mio fratello James, ex componente e Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro da prima che William Baston prendesse il suo posto.
« Siamo intesi, Potter? Ho estremo bisogno di trovare un Cercatore decente per la squadra. Se Scamander prende di nuovo il boccino prima di noi e Serpeverde vince la Coppa del Quidditch sono costretto a ricoverarmi nel reparto di psichiatria del San Mungo, e voi tutti della squadra nel reparto incidenti. »
Tu dovresti abitare nel reparto psichiatria del San Mungo, non ricoverarti. - pensai, guardando i pugni serrati di Baston e la solita vena pulsante sulla sua tempia.
Nonostante questo, ero perfettamente d'accordo con lui: non dovevamo permettere che Serpeverde vincesse di nuovo la Coppa per il secondo anno di fila.
« Quindi preparati psicologicamente ad allenamenti mortali, fatti trovare sobria e avvisa quel maledetto di tuo cugino. Mi raccomando, Potter: un solo sgarro e ti sbatto fuori squadra. » e si allontanò in fretta, lasciandomi a bocca spalancata.
« Sono sempre sobria, Baston! » gli gridai dietro, ma l'unica risposta che ricevetti fu uno sbuffo irritato.
Rimasta da sola nella Sala Grande ormai svuotata, intercettai in un baleno la testa rossiccia di mia cugina Dominique che dal tavolo di Serpeverde si stava allontanando in compagnia di un paio di ragazze della sua stessa Casa.
La raggiunsi in fretta prima di perderla tra la folla.
« Tu e Hugo siete sulla bocca di tutti. » ci tenne ad informarmi lei, come se non fosse abbastanza chiaro. Salutò con un gesto distratto le ragazze con cui stava facendo strada un attimo prima e si rivolse di nuovo a me: « Poteva andarvi, e andarci, malissimo se quella pozione fosse stata pericolosa. Dico io, siete un disastro in pozioni e ancora vi ostinate a combinare pasticci? Foste, che ne so, tuo fratello Albus, che era un genio indiscusso in pozioni, posso capire, ma... »
Seguii mia cugina sulla via diretta per i dormitori, pensando che probabilmente Dominique non aveva tutti i torti riguardo ai totali disastri che eravamo in Pozioni.
« Risparmia il fiato. » la interruppi, scuotendo il capo come per mettere fine a quella storia. La strigliata ricevuta da Baston e dal vicepreside Coleman sarebbe bastava e avanzata per un mese. « Odio solo essermi persa il banchetto di inizio anno. »
« Ma tu guarda chi c'è lì davanti. » cambiò improvvisamente discorso mia cugina, in tono fin troppo concitato. Intercettai tra la calca, con un certo fastidio che mi decisi ad ignorare, Scamander in compagnia della Smith. « Oh, e c'è anche la sua orrenda fidanzata. Ma non credo sia rilevante. »
« E quindi? » domandai, a denti stretti.
« Gli chiedi del cioccolato, Lis, mi sembra ovvio. Ti ricordo le terribili convulsioni di nostro cugino in una situazione di digiuno e calo di zuccheri. Stavi dicendo di esservi persi la cena, no? »
Deglutii con orrore, fissando i due che si tenevano per mano ed esitando visibilmente. Ancora una volta, mia cugina non aveva tutti i torti. Annuii sotto lo sguardo insistente di Dominique, chiedendomi se avesse la stramba idea di farci da Cupido (non lo avrei sopportato) oppure volesse semplicemente rovinare un momento bello della vita di Cassandra Smith (optai per la seconda), e raggiunsi il ragazzo con passo svelto e deciso.
« Scamander! » esclamai, spintonando la folla di studenti e richiamando nuovamente su di me molti sguardi incuriositi.
Lui si accorse che qualcuno lo stava chiamando dopo qualche secondo e si voltò verso di me, sovrastandomi dal suo metro e ottantacinque circa una volta che ebbi urtato violentemente sul suo petto magro. Il ragazzo assunse un'espressione imbarazzata e arrossì quando si accorse che non mi decidevo a prendere le distanze. Cassandra Smith, attaccata al suo braccio come una piovra, divenne paonazza in zona orecchie e quello fu un ottimo campanello d'allarme per me, che mi allontanai in fretta dal petto del biondino e sorrisi di circostanza.
« Ci si rivede. » disse lui, ricambiando timidamente il sorriso e mettendo in bella mostra i suoi candidi denti.
« Sì, perdona l'interruzione ma mi chiedevo se avessi ancora quelle barrette di cioccolato che mi hai offerto in treno. » dissi, sperando che il biondino non mi cacciasse via a insulti. La Smith fece un colpetto di tosse che non somigliava affatto ad un colpetto di tosse. « Temo che mio cugino sia sotto effetto di convulsioni sortite da digiuno. »
Scamander sorrise sotto ai baffi e cominciò a frugarsi nelle tasche interne della sua tunica. Con mia grandissima gioia, il rumore che producevano le tasche era simile al rumore della carta del cioccolato e fui pervasa da una straordinaria sensazione.
« Com'è andata con Coleman? » chiese il ragazzo, tendendomi il cioccolato.
« Il solito: minaccia di bocciarmi da quando ho messo piede al castello. » afferrai il cioccolato mentre Cassandra esibiva l'ennesima smorfia innervosita. « Ti ringrazio e ti ringrazia anche mio cugino. Ci si vede! » feci l'ennesimo sorriso più finto del mondo e mi allontanai velocemente da loro con passo svelto, cercando di mettere chilometri e chilometri di distanza tra me e i due innamorati.
Arrivai quasi marciando da Dominique, che mi osservava con una strana espressione maliziosa ed inquietante, con un accenno di sorrisetto Serpeverdesco in cui si intravedeva tutto tranne che qualcosa di buono. Preferii non voler affatto sapere cosa le fosse passato per la testa in quei pochi minuti in cui l'avevo lasciata sola.
« Fatto? » chiese Domi civettuola, attorcigliandosi una ciocca di capelli sul dito.
Le mostrai le due barrette di cioccolato.
« Erano discorsi interessanti? »
Salii la scalinata di marmo che portava ai piani superiori, quasi scivolando sul solito ultimo gradino. « No. » sbottai, tenendomi al corrimano e scandalizzando alcuni primini.
« Non ci credo proprio. »
« Taci, Dominique. » sbraitai, sventolandole le due barrette sotto al naso e voltandomi per vedere dove fossero andati a finire i due innamorati. Purtroppo per me, erano ancora lì che si scambiavano probabili dolci chiacchiere. « Allora, ti fermi alla Torre di Grifondoro per inaugurare il nuovo anno? » il mio cambio di argomento fu repentino. « Hugo ha spillato una bottiglia di Wiski Incendiario dalle scorte di nonno Arthur nella cantina della Tana. Avevamo pensato di scolarcelo stasera dopo il banchetto, sai, per festeggiare il nostro ritorno qui ad Hogwarts. Che ne dici? »
Dominique non se lo fece ripetere due volte.
« Bere senza di me? Dovete essere matti! »




« Proprio qui dovete ubriacarvi? Dovete essere matti! »
Nei dormitori maschili, precisamente nella stanza dei ragazzi del settimo anno, stanza in cui dormivano Fred, Louis e Frank e anche il mio Capitano (che misericordiosamente non era lì), regnava il caos. Frank era seduto al bordo del suo stesso letto con in grembo un libro sulle piante carnivore e Fred era disteso a terra, ai piedi dell'amico, con il tappo della bottiglia in bilico sul naso mentre esibiva una dopo l'altra una serie di barzellette. Io e Hugo eravamo stravaccati uno addosso all'altro sul letto di niente di meno che William Baston in persona e Dominique era seduta a gambe accavallate sulla sedia che Frank utilizzava per sistemare i suoi abiti e guardava il fratello storcendo il naso; Louis, dal suo canto, era in piedi come se stesse sorvegliando la situazione critica in cui si era trovato e sorrideva, scuotendo il capo. Mio cugino aveva quella straordinaria abitudine di non perdere mai la calma e di apparire tranquillo in proprio tutte le situazioni.
« Sapete che si dice in giro? L'odore dell'alcool attira le donne. » esordì Fred, alzando un sopracciglio in direzione di Frank.
« Questa sarebbe una delle tue tante barzellette? » intervenne Hugo, sfilandogli la bottiglia da sotto al naso con veemenza.
« Ti dico solo che domattina Victoria Robins cadrà ai miei piedi, cugino. »
« A causa del puzzo stantio emanato dalla tua tunica, immagino. » interferii, ridacchiando.
Fred fece una smorfia, minacciandomi con la bacchetta. « Fai pure la spiritosa, i maschi corrono via spaventati da te! Fatti due domande! »
« E a me cosa importa? » sbottai, cercando di pensare a Scamander il meno possibile. « Sono contenta di non essere nata bionda. »
« E questo cosa c'entra? » chiese Frank, curioso.
« Si chiama alcool, Frank. Non farti troppe domande quando si trova in queste condizioni. » rispose Hugo che, come non detto, aveva dimostrato di non aver capito un tubo. « Piuttosto, aiutaci a finire questa roba. Non vorrai mica che Fred si scoli una bottiglia intera e venga a svegliare te coperto di vomito durante la notte. » propose, con il sorrisetto malandrino di chi aveva tutto in pugno.
Frank ebbe un tentennamento ma, in trappola e valutando la situazione in cui era immerso fino al collo, dovette acconsentire.
« Non eri astemio? » venne in soccorso Louis.
« Tu sarai il prossimo. » decretai, scambiandomi uno sguardo complice con Hugo ma Louis fece spallucce.
« Solo uno. » concesse, appellando la vecchia bottiglia di nonno Arthur con la bacchetta.
Osservando per un paio di secondi la bottiglia polverosa sotto lo sguardo incuriosito di tutti i presenti, quello particolarmente eccitato di Fred e quello attento di Frank, Louis ne bevve un piccolo sorso.
Risatina mal trattenuta in zona Hugo.
« Muffito. » fu il pronto commento di nostro cugino.
« Ma ti pare che beviamo roba muffita? » e feci un gesto con la mano, come se stessi scacciando via un moscerino. « Nonno Arthur le conserva sempre per bene le bottiglie, ci tiene molto alla sua cantina. »
Certo, non quando queste risalgono ai tempi della nascita dello stesso nonno Arthur.
Louis, ovviamente, non ne era così convinto ma la sua estrema pacatezza lo costrinse a sorvolare sulla questione e a cedere la bottiglia polverosa al caro Frank che, attirato dai cenni dei miei cugini e da quelli estremamente minacciosi della sottoscritta, bevve un sorso in maniera contrariata.
Risatina per niente trattenuta in zona mia.
« Avrei preferito ingerire un'Algabranchia. » proferì Frank, con un brivido. « Se veniste attaccati in questo momento non riuscireste a difendervi neanche con un Expelliarmus per come siete ridotti. »
« Tu soffri di manie di persecuzione, Frank. » disse Fred. Lo pensavamo tutti quanti. « Sarai un ottimo Auror! »
« Lo daresti a me adesso? » chiese Dominique, civettuola.
« Tutto quello che vuoi. » rispose senza neanche pensare Frank, arrossendo un attimo dopo quando le nostre risate riempirono l'intera stanza. Ci fu un attimo di pausa imbarazzante in cui il ragazzo si decise a riprendere il controllo delle sue capacità linguistiche. « Intendevi la bottiglia, certo. »
« Direi proprio di sì, Frank. » risposi, non potendo fare a meno di ridergli in faccia.
Dominique si era appropriata della bottiglia con un sorriso malizioso all'indirizzo di Frank ma proprio quando le sue labbra sfiorarono la guancia del buon Paciock per un bacio di ringraziamento, un gufo venne a picchiettare alla finestra.
« Un tantino presto per la posta, no? »
La smorfia divertita di Hugo si era tramutata improvvisamente in un'espressione di puro terrore mentre ci scambiavamo uno sguardo che valeva più di mille parole.
« Miseriaccia, Lily, saranno i nostri genitori che hanno ricevuto notizie dalla McGranitt! »
Con occhi spalancati, fui la prima ad alzarmi dal pavimento. Io e mio cugino ci spintonammo per tutto il tratto dai letti alla finestra per chi dovesse prendere per primo la posta. Inutile dire che mi scrollai mio cugino da dosso con un poderoso calcio nel sedere e lo spedii di nuovo prepotentemente sul letto. Ignorando i suoi insulti, aprii l'anta della finestra, lasciando entrare un barbagianni davvero strano. Era veramente buffissimo: esibiva un curioso cipiglio arrabbiato che mai avevo visto in un uccello.
« Non ho mai visto un uccello così brutto. » mi lesse nel pensiero Hugo, affiancandomi.
« Non sembra appartenere alla nostra famiglia. » osservò Fred, saltellandomi accanto.
Hugo mi diede una gomitata, ridendomi sulla spalla. « Di certo somiglia al padrone. »
Allungai la mano per afferrare la lettera legata alla zampa dello strano volatile che prima di andar via mi morse, spiccando in fretta il volo.
« Dannato gufo! » sbottai, scartando velocemente la pergamena, coi miei due cugini che mi alitavano sul collo. Anche gli altri mi raggiunsero, creando un cerchio attorno a me per curiosare nel contenuto della lettera.
La calligrafia era disordinata, come se il mittente avesse composto il testo di fretta e furia. Mi sembrava così familiare lo stile di scrittura che arrivai perfino a pensare che fosse di Coleman. Infondo, il suo ufficio era lì vicino e niente avrebbe potuto impedirgli di scriverci una minacciosa lettera.
Ci fu il rumore di un respiro trattenuto.
« Per tutte le piante carnivore! È una lettera da parte di Baston. » esordì Frank sconvolto, confermando i miei sospetti su chi potesse essere così fuori di cervello da spedire lettere a notte inoltrata.
Hugo scosse il capo con un sorriso, per niente toccato dalla lettera. « Ecco spiegata la faccenda del barbagianni... »
« Cosa vuole da noi? » si intromise Fred, così stizzito nei confronti di Baston da non fare nemmeno caso alla battuta di nostro cugino che io avevo accolto con una risatina simile ad un latrato. « Circe maiala, non ci lascia mai divertire, quello spilungone Caposcuola! »
Quasi mi aspettavo di vedere il mio Capitano spalancare la porta della sua stessa stanza con un potentissimo calcio e sbraitare contro di noi e contro il suo compagno di dormitorio per quella ben poco lusinghiera affermazione, ma presi questo pensiero orribile come un invito a leggere la missiva.

“Per l'unico branco di fuorilegge scalmanati che conosca,
vi rendete conto che state disturbando la misericordiosa quiete pubblica? Sono la bellezza di mezzanotte e diciassette, vi ho fatto già un grandissimo favore ad andarmene dalla mia stanza per farvi restare in pace tra cugini. Avrei bisogno di calma mentale e, soprattutto, di riposo perché io, a differenza vostra, sono un Caposcuola e anche il Capitano della squadra di Quidditch del Grifondoro. Quindi, Potter
(« Mi stavo giusto chiedendo quando sarebbe saltato fuori il mio nome! »), voglio essere gentile proprio perché è l'inizio dell'anno e non voglio rovinarmi - e rovinarti - questo momento: ti do solamente cinque minuti scarsi per portare quelle tue chiappe lentigginose fuori dalla mia stanza se non vuoi rischiare il posto nella mia squadra.
il Caposcuola e Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, William Baston.”


Ci furono un paio di minuti di silenzio tombale in cui io non feci altro che osservare con la bocca enormemente spalancata la pergamena, poi ognuno ebbe la propria reazione. Io e Hugo riempimmo la stanza di urla di risate sguaiate, miste a insulti di ogni tipo al noiosissimo Capitano Baston; Louis sembrava fin troppo fuori contesto per dire la sua; Frank e Fred blateravano di vuote ciance mentre Dominique ridacchiava allegramente, troppo presa dall'alcool per fare altro.
« Mi piace la sua energia. » ci tenne a commentare quest'ultima, in tono malizioso. Louis scosse il capo, socchiudendo gli occhi.
« Io lo prendo a cazzotti! » insistette Fred furioso, armandosi di pugni chiusi e nocche pronte mentre si agitava come un fringuello nel periodo dell'accoppiamento. « Lo prendo a cazzotti nello stomaco! Mi avete sentito? Queste sono le mie ultime parole, poi solo cazzotti! »
« Ve l'avevo detto di non esagerare. » proferì Louis, calmo.
Frank, vittima della sua mania di persecuzione, si era armato di bacchetta pronta e mi osservò mentre bruciavo a colpi di bacchetta la lettera sibilando parolacce a mezza voce.
Hugo fece evanescere la cenere con un ghigno. « E quanto tempo ti avrebbe dato Baston per portare le tue chiappe lentigginose fuori da qui? »
Ci riflettei su due secondi mentre le risate sfacciate dei miei cugini facevano eco nella camera.
« Aspetta un momento... »
Marciai con decisione fuori alla stanza, sbattendo la porta sul naso del malcapitato di turno che si era rivelato essere Fred, e mi sporsi dal piccolo balconcino che dava nella Sala Comune, circondando la bocca con le mani per farmi sentire da Baston al di sopra del vociare abbastanza rumoroso degli ultimi rimasti. William Baston era seduto con un paio di compagni di squadra accanto al fuoco, mostrando il suo rarissimo sorriso di circostanza. Mi faceva strano non vederlo con la vena pulsante e i denti digrignati dal nervosismo. Immaginai che il suo stato mentale di apparente calma stesse per finire...
Come infatti...
« Io non ho le lentiggini sul culo, Baston! »
William Baston ebbe un sussulto e una volta individuatami assunse la solita espressione minacciosa di sempre, come da copione. Si stava giusto per gonfiare tutto come un pollo per sbraitare arrabbiato quando Frank intervenne prontamente, dandomi una gomitata così forte che quasi caddi dalle scale.
« Deve essere il sonno. » si inserì, cercando di suonare credibile, mentre i miei cugini alle mie spalle davano di matto.
« O l'alcool. » corresse Fred, in preda ad un attacco isterico.
« O entrambi. » ci tenne a puntualizzare Hugo, battendo i pugni sul corrimano con le lacrime agli occhi.
« O il desiderio omicid... »
Louis ritenne opportuno tapparmi la bocca per evitare che le vene di Baston si ingrossassero ancora di più e prima che il Capitano potesse dire qualunque cosa, o qualunque insulto, la voce di Dominique irruppe nelle risatine generali.
« Beh, io torno nei sotterranei: c'è un odore davvero spiacevole qui dentro. » intervenne, e il silenzio che si venne a creare fu repentino. « Ci si vede domani a colazione. Mi raccomando la doccia, Fred. » concluse, scendendo le scale e avviandosi verso l'uscita della Sala Comune dei Grifondoro.
Il sorriso malizioso che mia cugina lanciò a Baston mentre fluttuava via e il volto sbalordito del Capitano fu l'ultima cosa che vidi della Sala Comune prima che Louis mi trascinasse nel mio dormitorio giusto in tempo per evitare una sfuriata.




Quella notte vomitai anche il cenone di capodanno di due anni prima e il mattino successivo somigliavo più ad uno straccio per lavare i vetri che ad un essere umano. Appurato che Baston non volesse ammazzarmi o cacciarmi di prepotenza fuori squadra, mi godetti la colazione con una faccia da funerale ma in compenso mangiando tutto quello che non avevo ingerito al banchetto della sera precedente. Tutto quello che mi capitava tra le mani, quindi.
La colazione ad Hogwarts il primo giorno era sempre un gran caos. Studenti ritardatari che correvano per la Sala Grande speranzosi di trovare ancora qualcosa da mettere sotto i denti, altri che salutavano i compagni che non avevano salutato la sera prima, altri che discutevano animatamente delle lezioni. Io ero nella categoria: profonde conversazioni con il cibo e gesti inconsulti verso le persone che mi salutavano e rivolgevano la parola.
« Gli orari. »
La voce di Coleman mi fece sussultare. Ero così impegnata ad ingozzarmi come un maiale che quasi dimenticavo che ogni anno passava per i tavoli a distribuire gli orari delle lezioni. Mi voltai verso di lui e afferrai gli orari, tornando a voltarmi velocemente verso il cibo per non doverlo guardare in faccia un secondo di più. Mi sentivo lo sguardo del mio acerrimo insegnante addosso e per alleviare la tensione mi affrettai a controllare il foglio delle lezioni, mentre centinaia di gufi facevano irruzione nella Sala Grande per la posta. Non ci feci molto caso: se i miei genitori non mi avevano scritto la sera prima, non l'avrebbero fatto quella mattina.
« Erbologia con i Serpeverde alla prima ora. » annunciò Fred, sbuffando rumorosamente. L'odore dell'alcool non aveva per niente attirato Victoria Robins, che aveva invece preso posto a dieci posti di distanza da noi. « Avevo sperato coi Tassorosso. Beh, ci tocca lavorare con Dominique e con tutti gli altri Serpeverde idioti del settimo. »
Frank sembrava piuttosto allegro.
« E voi cosa avete, invece? » chiese Louis, sbirciando sul mio foglio.
« Difesa contro le Arti Oscure alla prima ora! » esordì Hugo, entusiasta. « E dopo... »
« Trasfigurazione. » gemetti, sprofondando con la testa sul legno del tavolo. « Merlino, odio il tuo pennuto. » sbraitai verso Leo, il gufo di famiglia dello zio Ron e di zia Hermione, che aveva sempre nutrito per me una grandissima antipatia dal giorno in cui da bambina avevo cercato di annegarlo nel laghetto della Tana.
Immaginai che zia Hermione, con il maniacale ordine di sempre, avesse stilato una lista al figlio delle cose che gli mancavano, così da spedirgli con accortezza tutto quello che gli sarebbe servito per la sua permanenza lì ad Hogwarts.
Come avevo immaginato, non ci fu traccia della mia civetta.
« Grazie, Leo. » disse Hugo, dando uno sguardo alla lettera della madre. « Oh, miseriaccia! Ho dimenticato le Pasticche Vomitose a casa e la mia cara mammina minaccia di farle evanescere. »
Leo fece per spiccare il volo verso casa, non dopo aver fatto spiccare il volo al foglio delle lezioni che avevo tra le mani agitando le ali per farmi un dispetto. Sentii il vento scompigliarmi i capelli e capii che l'uccello era volato via giusto in tempo per non essere incastrato con la testa nella brocca del succo di zucca. Con una parolaccia sibilata a mezza voce, mi voltai verso il foglio degli orari che era atterrato accanto al tavolo dei Corvonero alle mie spalle. Alzandomi dalla panca per prenderlo, qualcuno fece prima di me.
« Difesa contro le Arti Oscure alla prima ora. » lesse una voce calma e profonda.
Scamander mi fece un sorriso piuttosto genuino mentre mi porgeva con gentilezza il foglio. Lo fissai imbambolata, con la mano ancora tesa verso il pavimento.
« Ci becchiamo lì, allora. » concluse il ragazzo, affrettandosi ad uscire dalla Sala Grande e lasciandomi a bocca spalancata e con la mano destra ancora tesa verso il marmo sottostante.
Avremmo condiviso sul serio le lezioni?
« Cosa ha detto Scamander? »
Hugo si protese verso di me quando presi nuovamente posto sulla panca, troppo distratto dalla lettera della madre per udire lo scambio di battute avvenuto tra me e il biondino.
« Che ci saremmo beccati lì... » risposi, in un sussurro.
« Ah, sì, avevo dimenticato di dirti che le lezioni di Difesa saranno svolte in gruppo e quelle di Trasfigurazione esclusivamente con i Serpeverde. » disse mio cugino, ficcandosi con nonchalance una cucchiaiata di cereali in bocca fino a riempirsi le guance. « Nessuno dei Grifondoro e dei Serpeverde ha scelto Babbanologia, a differenza di Corvonero e Tassorosso. Ci avranno combinato l'orario così da passare quell'ora a Trasfigurazione con le serpi e le altre tutti insieme. »
Ma io quasi non lo ascoltavo. L'anno precedente, al quinto anno, trascorrevo insieme a Scamander solamente la lezione di Cura delle Creature Magiche e mi accorgevo appena della sua presenza. Aveva sempre seguito lezioni diverse da me e il tempo che lui occupava facendo materie che io non avevo scelto io lo occupavo facendo tutt'altro, per poi ritrovarmi con un misto di ore buche. Immaginai che quell'anno avessero cambiato le cose, riducendo le ore buche in modo da farci condividere le lezioni.
Finita la colazione dopo quella straordinaria notizia del lunedì mattina, mi alzai dal tavolo dei Grifondoro, trascinando Hugo al mio seguito, e ci avviammo in perfetto orario verso l'aula di Difesa contro le Arti Oscure.
« Forse dovremmo usare qualche Merendina Marinara per la seconda ora. » propose mio cugino, liberandosi dalla mia stretta ferrea e premurandosi accuratamente di abbassare la voce in corridoio. « Sai, non credo di resistere ad una nuova ramanzina di Coleman sulle regole da rispettare a scuola e le sue minacce di bocciatura. »
« Mi sembra ovvio che dobbiamo intervenire. » concordai.
« Mi sa che ci conviene usare i nuovi Fondenti Febbricitanti. »
« Stavo pensando esattamente la stessa cosa. » convenni, con un sorriso. « Pensi che ci scopra? »
« Io dico proprio di sì. » intervenne una voce divertita in corridoio.
Riconobbi immediatamente la voce di Scamander ancor prima di voltarmi solo captando un rapido aumento del mio battito cardiaco. Il biondino ci venne incontro mentre si lisciava i capelli più lunghi del dovuto con un gesto spontaneo e, sempre a giudicare dall'aumento del mio battito cardiaco, sembravano donargli particolarmente.
« Che pessimista, Scamander. » lo rimbeccai, nel tono meno scorbutico che potessi trovare.
« Volevo mettervi in guardia. » volle quasi scusarsi lui, con gentilezza.
Lo interruppi facendogli un sorriso di circostanza che somigliava più ad una smorfia contrariata e giungemmo in aula prima che lui potesse dire altro. Io e mio cugino prendemmo posto al solito penultimo banco in fondo alla stanza mentre Scamander, dopo aver salutato i suoi amici e scambiato qualche battuta divertente, si sedette avanti a noi, nel posto libero accanto a suo fratello Lorcan che non gradì affatto la mia presenza dietro di lui manco fossi un maniaco.
« Tieni lontano quella roba appiccicosa dai miei capelli, Hugo, o ti prendo a calci nel culo. » minacciai, osservando mio cugino giocherellare con una disgustosa gomma rosa dall'aria poco affidabile.
Alcuni compagni di classe deglutirono.
Neanche il tempo di sistemare le borse e fare il solito baccano prima dell'inizio delle lezioni o, nel caso di mio cugino, di rischiare di essere preso a calci dalla sottoscritta a causa dei pochi centimetri che distavano tra me e la sua orribile gomma rosa, l'uomo che la sera del nostro arrivo aveva affascinato quasi tutto il popolo femminile di Hogwarts, e non solo, fece il suo ingresso in classe lasciando tutti a bocca aperta.
« Salve, giovani maghi. » ci diede il buongiorno il nuovo insegnante, mentre ogni membro della classe lo squadrava da capo a piedi. « No, no... sedetevi pure, state. » disse in fretta, quando molti di loro fecero per alzarsi dalle sedie come ci era sempre stato insegnato da quando avevamo messo piede nel castello. « Ho sempre odiato quando insegnano agli studenti a mostrare il rispetto per gli insegnanti facendoli alzare dalle loro sedie piuttosto che usare modi ben più semplici per farli rispettare. Manco fossi la regina, vero? Ah, lunga vita alla regina! »
Sì, sembra un tipo strano, ma non così strano da essere rinchiuso in manicomio.
Ci sorrise in modo cordiale, per poi tornare a squadrarci con espressione seria e profonda, incamminandosi lentamente verso la cattedra mentre i Serpeverde ritardatari borbottavano quelle che secondo loro dovevano essere scuse prendevano posto nei rispettivi banchi. Bellatrix Lestrange, dai riccioluti capelli neri e le palpebre pesanti, mia nemica da quando avevo messo piede ad Hogwarts, mi lanciò uno dei suoi sguardi arcigni. Ricambiai l'occhiataccia, focalizzandomi successivamente sull'insegnante. Dovetti ammettere che da vicino era ancora più carino e non biasimai per nessuna ragione al mondo le mie due compagne Grifondoro, Lisa Finnigann e Katie Thomas, quando sospirarono alla vista del suo fondoschiena da urlo. Giovane, bello e dall'aria assolutamente inglese: portava un gilet verde sotto la veste da mago aperta che gli metteva in mostra gli addominali e dei jeans logori e scoloriti. I capelli erano corti e castani, sparati in tutte le direzioni. Avrebbe potuto avere non meno di trentasette anni.
« Siete del sesto anno, giusto? » chiese lo strambo professore. « Bene, io mi chiamo Alan Brown e sono il vostro nuovo insegnante di Difesa. Potete chiamarmi professor Brown, o anche solo professore... o magari, se i miei compiti non saranno graditi, potete anche apostrofarmi con tutti i volgari epiteti che conoscete. »
Fui la prima a scoppiare a ridere, scambiando un'occhiata complice e divertita con Hugo, che finalmente si era disfatto della gomma rosa shocking che si portava dietro fin dalla colazione. Tutta la classe ridacchiava e osservava il nuovo insegnante con un certo interesse, tutti tranne Bellatrix e la sua combriccola che avevano preferito esibire un sopracciglio alzato e una smorfia interrogativa. Simon Zabini e Matt Ford, nostri amici Serpeverde seduti dietro me e mio cugino all'ultimo banco, erano troppo occupati a rollare qualcosa di illegale per prestare attenzione a Brown. Naturalmente, anche Lorcan Scamander e Justin Smith, l'odioso fratello di Cassandra che tutta la scuola detestava a causa di cronache sul Quidditch poco sportive, evitarono di unirsi alle risate. La loro inimicizia era pari solo a quella tra me e Bellatrix.
Il professore prese a camminare tra i banchi, osservandoci tutti con la stessa curiosità che noi ostentavamo verso di lui.
« Questo qui cosa dovrebbe essere? » chiese il professor Brown rivolto a Lorcan, sventolandogli il manuale sotto al naso; Justin Smith, dal suo canto, si era drizzato frettolosamente sulla sedia, socchiudendo gli occhi in due fessure strette e in attesa di eventuali cambiamenti.
« Un libro? » rispose prontamente Lorcan.
A Hugo sfuggì una risatina per l'abbondante sarcasmo usato da Lorcan.
« Oh, nella mia classe non si utilizzano libri di testo. » disse Brown, serio. Smith nascose subito il suo nella borsa, rischiando quasi di scivolare dalla sedia. « Fate sparire tutti i libri che avete sui banchi e sfoderate le bacchette. Non vedo come potete imparare a difendervi dalle Arti Oscure se continuate ad attenervi a qualcosa di scritto. E dovete sapervi difendere a tutti costi. Bene, formate velocemente delle coppie. »
Fui la sola a rendermi conto di come aveva marcato sulle parole: « dovete » e: « a tutti i costi » ma ero troppo eccitata per quella nuova lezione per farlo notare anche a mio cugino.
« È il professore più matto che abbia mai conosciuto... » borbottai, mentre il suddetto mandava sedie e banchi a schiantarsi sul fondo dell'aula. « Mi piace! »
In un attimo, dieci coppie si posizionarono di fronte al professor Brown, che non parve affatto convinto di quegli accostamenti. Si mise a ronzarci attorno, cambiando e scambiando compagni di lavoro, fissandoci intensamente e borbottando pensieri a mezza voce. Non avevo idea di che cosa stesse facendo, e neanche gli altri a giudicare dalle espressioni. Alla fine, dopo tanti cambi, Brown aveva piazzato insieme persone che si odiavano e allontanato persone che insieme andavano d'accordo. Per esempio, me e mio cugino. Hugo finì in coppia con la mia compagnia di dormitorio, Lisa Finnigann, e io capitai con Scamander. Al gemello Lorcan, invece, era toccato Smith e in quel caso mi augurai che Lorcan facesse fuori in fretta il suo partner, e anche sua sorella, dato che si trovava.
A lavoro finito, Brown sorrise piuttosto soddisfatto. Tutto questo sotto il naso delle coppie manomesse da lui, che stavano cominciando a litigare tra di loro o ignorarsi di buon grado.
« Queste saranno le coppie ufficiali per questa lezione e per quelle che seguiranno. » disse il professore, con determinazione. « È molto importante che impariate a collaborare pacificamente tra di voi. Le coppie che ho formato avranno dei compiti anche al di fuori di qui, lavorerete insieme sia fuori che dentro questa classe. »
Mi voltai lentamente verso il mio partner, in apparenza con totale distacco. Nessuno poteva sapere che in quel momento mi sentivo piuttosto eccitata e non facevo che ripetere a me stessa mentalmente di piantarla di fare la tredicenne in piena crisi ormonale.
In ogni caso, quella del mio insegnante sembrava non essere stata affatto una scelta casuale...
« Allora. » esordii per rompere il ghiaccio, piazzandomi di fronte al mio nuovo compagno di difesa. « Da ora in poi saremo in coppia. » e se non avessi avuto una sfacciata audacia da Grifondoro e una gran faccia tosta mi sarei di sicuro scavata la fossa da sola in mezzo all'aula.
« Così pare. » rispose il biondino, che era arrossito lievemente e pareva visibilmente imbarazzato. Oltretutto, stava tentando in tutti i modi di evitare il contatto visivo con me, cosa che mi stava già facendo andare su tutte le furie.
« Stamane ci eserciteremo con le cose più semplici. » disse Brown, sorridendoci vivacemente. « Potremmo cominciare dagli incantesimi che ti permettono di disarmare, schiantare e ostacolare il proprio compagno. Ragazze: dateci dentro. »
Tutte le ragazze ridacchiarono e si scambiarono sguardi complici. Eccetto Bellatrix, che stava ignorando di buon grado Simon Zabini.
« Ragazzi: non fate i cavalieri e non fatevi distrarre troppo. Iniziamo con l'Incantesimo di disarmo, ovvero... »
« ... Expelliarmus. » conclusi ad alta voce, fiera della mia notevole conoscenza di incantesimi.
« Esattamente. » rispose il professore in maniera pimpante, facendomi un largo sorriso. « Potter, dico bene? Somigli ai tuoi genitori in maniera sorprendente, e non solo tu. » volse uno sguardo a mio cugino, che annuì, e un accenno di sorriso ai gemelli Scamander. « Bene, cominciamo! Concentratevi al massimo, mi raccomando. E cercate di usare un sortilegio scudo, se ci riuscite. »
Impugnai la bacchetta, sorridendo all'insegnante per l'affermazione fatta poco prima, e fissai le iridi verde scuro del biondino puntate nelle mie. Eravamo tutti piuttosto nervosi: con i precedenti insegnanti non avevamo mai fatto tanta pratica, ci eravamo limitati ad incantesimi semplici e alla teoria e quella era una buona occasione per dimostrare che cosa sapevamo fare. Io me la cavavo abbastanza bene, ma non avevo mai sfidato professionalmente a duello qualcuno. Le risse e i duelli illegali non facevano curriculum.
Strinsi con più forza la bacchetta tra le dita, mentre intorno a noi facevano eco le voci dei nostri compagni che avevano appena iniziato l'esercizio. Brown cominciava a passeggiare tra le coppie, chiedendo i loro nomi, facendo correzioni e dando forza ai ragazzi, scherzando e improvvisando qualche battuta per smorzare la tensione creatasi.
« Expelliarmus! » esclamai, ma non colsi alla sprovvista il mio compagno.
Senza aver pronunciato nessuna formula magica e senza aver neanche sussurrato una parola, Scamander aveva parato l'incantesimo, lasciandomi a bocca aperta dallo sconcerto e facendomi urtare un fianco sul banco per la sorpresa. Sentii le risatine di Hugo dall'altro lato della stanza, poi un tonfo secco e seppi con sicurezza che mio cugino era stato appena mandato all'aria dalla sua compagna.
« Stai bene? » mi chiese Scamander, in tono premuroso. Notai che era arrossito furiosamente.
« Benissimo. Hai usato un incantesimo non verbale? » domandai, assumendo una mia tipica espressione omicida.
« Sì. » dovette ammettere, intimorito dal mio sguardo.
« Non si potrebbero ancora usare, che io sappia, Scamander. » replicai, con scortesia.
« Io non... » il ragazzo fu interrotto da un'esclamazione alquanto isterica di Justin Smith.
Io e Scamander, infatti, non eravamo certo gli unici ad avere piccoli problemi di coppia. Lorcan, per esempio, si stava sbranando con il suo compagno e l'accusava di non essere partito al suo via, ma decisamente prima; Bellatrix Lestrange e Simon Zabini, seppur entrambi Serpeverde, si ringhiavano contro insulti di ogni tipo. Dal suo canto, mio cugino riteneva che Lisa lo stava distraendo per disarmarlo e fargli fare la figura dello scemo davanti a tutta la classe. Mentre io...
« Beh, hai barato. » insistetti, piantandomi con i piedi per terra e lanciando uno sguardo di fuoco al mio compagno Serpeverde: furbo, ma non abbastanza da evitare la mia ira.
« Non l'ho mica fatto di proposito. Perdonami, volevo solo provare quell'incantesimo. Ricominciamo? »
Combattiva, determinata e senza paura, così intendevo farmi vedere dal mio compagno di lavoro. Disarmarlo sembrava essere diventata una cosa personale piuttosto che un esercizio scolastico.
« Come va, ragazzi? » chiese Brown, che passava di lì. « Scamander, vero? »
« Bene! » rispondemmo all'unisono io e il mio compagno, io piuttosto brusca e il ragazzo piuttosto imbarazzato.
« Vi vedo lievemente tesi. Non siamo ad un vero incontro per duellanti, rilassatevi. Ci stiamo solo esercitando, e che esercitazione sia! »
Naturalmente, mi feci scivolare addosso il consiglio del mio insegnante: volevo battere il biondino a tutti i costi.
« Expelliarmus! »
« PROTEGO! » esclamai, facendo perdere l'equilibrio al mio sfidante, che finì per trovarsi con il sedere per terra a causa della veemenza con cui avevo lanciato l'incantesimo.
Mi sarei volentieri baciata da sola se non fosse stato per il fatto che con tutta la mia somma soddisfazione dovevo aiutare il mio compagno a terra, che mi avrebbe vista dal basso mentre io lo sovrastavo da vincitrice. Non avevo dimenticato la faccia tosta con cui si era divertito a sorridermi la sera prima mentre era insieme alla sua fidanzata.
« Ti sei fatto male? » gli chiesi, cercando di reprimere il tono compiaciuto.
Inutile dire che non ci riuscii.
« Un pochino. »
« Andiamo! Il colpo che ho preso io prima era dieci volte più doloroso. » mentii, per farlo sentire in colpa.
Lui mi rivolse uno sguardo scettico ma divertito allo stesso tempo. « Hai solo sfiorato il banco con un fianco, Potter. »
Feci un cenno noncurante con la mano, poi mi inginocchiai accanto a lui. « Pronto per ricominciare? »
Scamander fece un timido sorriso, accettando la mano libera che gli stavo offrendo. « Prontissimo. »
Solo quando ci alzammo entrambi e ci trovammo l'uno di fronte all'altro, senza alcuno sguardo di competizione, mi accorsi che la mia domanda non sembrava affatto riferita alla lezione di Difesa contro le Arti Oscure. E forse non ci teneva ad esserlo.




« Lui sapeva. »
« Di chi diavolo stai parlando? » chiese Hugo distrattamente, disteso sul divano della Sala Comune a giocherellare con la stessa gomma rosa che aveva in classe quella mattina.
« Di Brown! » esclamai, abbassando i piedi dal bracciolo della poltrona su cui ero rannicchiata. « Di chi altri se no? »
Era il crepuscolo e le lezioni erano finite da un pezzo. Il cielo coperto di nuvole era di uno striato color indaco e la Sala Comune di Grifondoro appariva più incasinata che mai. Gli studenti si divertivano tra loro godendosi la pausa, giocando a scacchi, scambiandosi figurine di Cioccorane o semplicemente scambiandosi quattro chiacchiere.
« Brown sapeva che in classe c'era qualcosa che non andava, che alcuni di noi si detestavano. » continuai, imperterrita. « È davvero molto intelligente, ma sono sicura che ha usato la Legilimanzia per penetrare nella nostra mente mentre ci trovava il compagno da lavoro. Capisci? »
Ero così presa dalle mie ipotesi che non riuscivo a concentrarmi su niente che non fossero esclusivamente le mie ipotesi, e non mi distraeva neanche la canzone che preferivo in assoluto che era appena partita dalla radiolina e risuonava in tutta la sala facendo canticchiare un paio di ragazzine del primo anno. Non avevo dubbi: le parole di Brown sul fatto che era importante saperci difendere a tutti i costi, la pacifica collaborazione, erano cose che facevano pensare che ci fosse qualcosa di strano sotto.
« Come poteva essere così soddisfatto dopo la scelta delle varie coppie se non fosse stato un Legilimens? » i miei occhi si posarono sulla gomma rosa che Hugo aveva tra le dita, fino a diventare profondi e quasi vitrei. « Ricordi cosa ha detto? È importante che collaboriamo pacificamente tra di noi. Ecco spiegato il motivo delle coppie combinate. »
Hugo sembrava abbastanza confuso dal discorso e dall'interrogativo che gli ponevo dinanzi.
« Ma... non riesco a capire il motivo della sua scelta. Insomma, se voleva semplicemente formare delle coppie che collaborassero pacificamente tra di loro avrebbe potuto lasciare quelle fatte da noi, invece di cambiarci. »
Devo ammettere che questa affermazione non fa una piega.
« È ovvio che qui sta accadendo qualcosa di strano. » conclusi, assumendo la tipica espressione da detective fallito. A dire il vero, non avrei saputo motivare la tesi di mio cugino e non sarei mai riuscita ad arrivare a conclusioni logiche. Non che la logica avesse potuto appartenermi in qualche modo, sia chiaro, ma avevo come la sensazione che dovessi ragionarci su senza fronzoli.
Hugo fece spallucce, concentrato al massimo sulla sua gomma, che ancora dovevo capire a cosa diavolo gli servisse ma, tralasciando i dettagli insignificanti di quella mia ignoranza, ero sicura che non portasse a nulla di buono.
« Forse ci stiamo impressionando. » mise fine al discorso mio cugino, allungando la gomma per constatare fino a che punto potesse arrivare.
« O forse no. » lo contraddissi, le sopracciglia inarcate. « Probabilmente sta accadendo davvero qualcosa di strano sotto il nostro naso e tutti noi non ce ne accorgiamo. »
Hugo non mi udì nemmeno.
Sospirai, affranta e annoiata allo stesso tempo. « Tu credi sia l'alcool di ieri a farmi parlare in questo modo? »
« Sì, Lily, credo ti abbia dato un tantino alla testa. » convenne immediatamente mio cugino. « Tu vedi sempre complotti, anche dove non ci sono. »
« Hai ragione, non potrebbe mai accadere qualcosa in un mondo noioso come questo. Oh, adoro questa canzone. »
Dimenticandomi del discorso fatto poco prima, scattai in piedi sul divano della Sala Comune, muovendomi sulle note della canzone, atterrendo alcuni vicini e anche mio cugino, che era sobbalzato rumorosamente. Alcuni studenti avevano cominciato a ridere, altri si allontanavano da me dubitando della mia salute mentale. Non biasimai per nulla William Baston che iniziò a tuonare per tutta la sala: « E questa qui farebbe parte della mia squadra di Quidditch? »
Hugo, approfittando dello scompiglio creatosi nella Torre Grifondoro, si unì a me nelle danze e mosse il bacino in modo volutamente sensuale verso William Baston, scatenando le risate convulse di tutti gli studenti della Sala Comune e facendo sì che il Capitano sussultasse di spavento e arretrasse fino ad inciampare sul tappeto della Sala e piombare a terra di sedere.
« Voi due siete pazzi! » urlava furiosamente il Capitano, afferrando la mano libera dell'altra Caposcuola. « I vostri genitori vi hanno concepiti a suon di Bombarda Maxima o da bambini siete caduti dalla scopa? »
Il rumore delle risate coprì il rumore del ritratto che si apriva durante il finale della canzone. Fu con una certa sorpresa che dal ritratto fecero capolino una Grifondoro che conoscevo solo di vista, tutta rossa in faccia come un tulipano, insieme a Lysander Scamander. Non sapendo cosa volesse dalla Torre di Grifondoro ma sapendo benissimo di aver fatto una grandissima figura da quattro zellini continuando a ballare con poca grazia nonostante lui mi avesse subito individuata, mi catapultai seduta, in modo composto e con tutta la dignità che potesse avere una persona che era stata appena scoperta danzare come una psicopatica.
« Ciao. » esordì lui, avvicinandosi a me con un sorrisetto.
« Scamander! » sbottai, con la voce acuta di chi vuole sotterrarsi nel gabinetto intasato di Mirtilla Malcontenta e non riemergerne mai più. « E tu che diavolo ci fai qui? »
« Anch'io sono contento di vederti. » rispose Lysander ironico, incurante delle occhiate che le ragazze gli lanciavano. E soprattutto di quelle che gli lanciava la ragazza con il quale aveva fatto ingresso che, probabilmente, condivideva il mio stesso pensiero di inabissamento nelle acque sudicie del gabinetto di Mirtilla. « Avevi dimenticato i tuoi occhiali sul banco a lezione e passavo di qui, così ho pensato di riportarteli. Mi spieghi come hai fatto a dimenticare gli occhiali? »
« Bella domanda. Fortuna che il caro Scamander passava di qui, vero? » si intromise Hugo consapevolmente, nel tono sarcastico che solo io riuscii a comprendere.
Fulminai mio cugino con un'occhiataccia e mi affrettai a fare un finto sorriso in direzione del biondino, che mi fissava piuttosto stranito; Hugo mi diede una gomitata nelle costole e io lo interpretai come una sollecitazione ad essere gentile con l'intruso.
« Davvero una benedizione. » mentii, pensando a dove potesse essere diretto per passare al settimo piano e sentendo l'istinto di vomitare un attimo dopo aver constatato che la Torre di Grifondoro e quella di Corvonero erano sullo stesso piano. « Grazie, non dovevi scomodarti. »
« Di nulla, passavo davvero di qui. Ci vediamo domani a lezione! »
Certo che passavi di qui, figlio di buona donna, non ti insulto solo per il bene che provo per tua madre.
Il biondino in questione fece per andarsene e io feci per aggredire verbalmente e, soprattutto, fisicamente Hugo e stavo appunto alzando un pugno per colpirlo con violenza quando sempre il biondino in questione si voltò di nuovo dalla nostra parte e io dovetti far finta di stare semplicemente accarezzando una guancia a mio cugino.
« Sei una ballerina proprio brava, sai? » accluse simpaticamente, con il tono di chi vuol prendere in giro qualcuno.
Mi fece un timido sorrisino e sparì dietro al buco del ritratto, lasciandosi la sala dei Grifondoro alle spalle.
Rimasi a fissare la sua chioma bionda fin quando non scomparve dalla vista. Poi mio cugino fece un lievissimo colpetto di tosse, trattenendo in modo penoso una risata.
« Sai che cosa significa, vero? Significa che balli da schifo. »
« Io non... »
« Tuo cugino ha ragione! » convenne Baston, con estremo ardore e ripresa la facoltà di parola. « E adesso fila nel tuo dormitorio. Credo che tutti qui dentro abbiano già soddisfatto i loro bisogni primari. E chi non l'ha fatto dopo questa tua performance non mancherà di farlo, puoi starne assolutamente certa. »
Con un decoro degno di non essere chiamato in quel modo, mi avviai impettita verso le scale dei dormitori con un unico pensiero che mi frullava per la mente: preferire di gran lunga essere perseguitata dai Nargilli e non dalla sfortuna.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Risse sul campo e grandi scoperte. ***


Risse sul campo e grandi scoperte.


La mia prima settimana di scuola andò a gonfie vele. Certo, ci furono un paio di incidenti nella serra di Erbologia a causa delle piantine selvatiche con cui Neville ci fece lavorare, per non parlare degli incidenti durante le pericolose lezioni di Hagrid le cui creature non facevano altro che tentare di ucciderci tutti o provocarci orrende infezioni, ed ecco spiegato il motivo per cui Justin Smith era arrivato alla lezione precedente con la faccia coperta di brufoli pieni di pus, e alcuni problemini con Coleman e la sua dannata Trasfigurazione. Insomma, anche se quella prima settimana riuscii a finire in Infermeria tre volte di seguito, aggiornando così il mio record di incidenti in breve termine, tutto sommato fu una piacevole settimana.
O forse avevo cantato troppo in fretta vittoria.
« LILY! SVEGLIATI! SVEGLIATI! »
Sentii una voce familiare che mi chiamava come in lontananza, come se io fossi in una campana di vetro. La ignorai di buon grado e tirai fin sopra al mento le coperte, abbracciandomele. Forse era solamente un sogno, capitava di fare sogni così reali. E poi era sabato, che cosa sarebbe mai potuto andare storto? Avevo bisogno di dormire per recuperare il sonno perduto, per non parlare dello stress accumulato. E poi, non era mica facile svegliarsi presto al mattino quando ti addormenti tardissimo la sera dopo una signora sbronza.
« Dannazione, Lily, vuoi che Baston ti ammazzi sul serio? »
Ma anche nei sogni Baston vuole ammazzarmi? - pensai, sorridendo tra veglia e sonno.
Sbadigliai rumorosamente e mi rigirai nel letto, dal lato della finestra. Aprii di un millimetro gli occhi ma non misi per niente a fuoco l'ombra che mi guardava dalla finestra e tempestava il vetro con forti pugni.
Un momento...
Con uno scatto fulmineo spalancai gli occhi e mi drizzai a sedere, cercando di dare una spiegazione a tutto quello.
« Hugo? » esclamai, spiazzata dall'immagine che si presentava dinanzi agli occhi.
Gettai via le coperte e mi alzai dal letto, correndo velocemente ad aprire la finestra. Lo spavento fu abbastanza forte da non farmi infuriare di colpo e non far sì che ammazzassi io stessa mio cugino per avermi svegliata nel bel mezzo del sabato mattina.
« Tu... dannato suicida! Hai visto che ore sono? Se non dormo almeno otto ore le mie difese immunitarie crollano! » sbottai tutto ad un fiato, mentre mio cugino balzava velocemente giù dal cornicione e depositava la sua scopa da corsa sopra al mio letto disfatto.
« Non mi dire che ti sei dimenticata anche tu degli allenamenti di Quidditch. » mi diede il buongiorno Hugo, disperato come non mai.
Spalancai gli occhi. « Avevamo gli allenamenti? » inorridii, con lo stesso tono che usavo quando chiedevo: « avevamo compiti da fare? » e non avevo toccato libro, consapevole di dovermi fare in quattro per copiare i compiti in Sala Grande durante la colazione da qualche secchione Grifondoro o pagare qualche Corvonero sapientone o sperare nella misericordia dei Tassorosso offrendo solo qualche merendina. Che poi si rivelava essere una Merendina Marinara erano dettagli.
Hugo si schiaffò una mano sulla fronte, decisamente più disperato di prima. « Baston mi ha svegliato alle sei del mattino per avvisarmi. Tu ricordi qualcosa? A detta sua, l'ha annunciato ieri sera mentre facevi scoppiare i mini fuochi d'artificio in Sala Comune. »
« Oh, sì, quei mini fuochi avevano il loro fa... »
« Dobbiamo essere al campo tra cinque minuti. » mi interruppe mio cugino, frettoloso.
« Cinque minuti? » ripetei, stralunata e confusa.
« Cinque minuti che diventeranno molti di meno se non ti muovi. »
Non me lo feci dire due volte e corsi in bagno, cominciando a prepararmi come un razzo. Quando ebbi finito, mio cugino mi attendeva accanto alla porta della stanza. Ovviamente, sembravano essere passati molti più di cinque minuti. E, sempre ovviamente, eravamo nella melma più totale.
Afferrai la mia Firebolt ultimo modello nera lucida e mi fiondai fuori dal dormitorio mentre Hugo scuoteva il capo con rassegnazione, la Firebolt ultimo modello color nero opaco nella mano destra.
« Ti ho conservato qualche panino. Ecco come ho capito che avevi dimenticato gli allenamenti: non salti mai la colazione. In ogni caso, Baston appena ha notato che... »
Ma non seppi mai cosa aveva notato William Baston appurata l'assenza dei due Cacciatori della sua squadra. Quando mio cugino mise piede sulle scale dei dormitori femminili, queste ultime tremarono e si tramutarono improvvisamente in un lungo scivolo di pietra fredda. Senza avere il tempo di far nulla, rotolammo su quella lastra di pietra e finimmo a faccia per terra nella Sala Comune, dinanzi lo sguardo di parecchi divertiti Grifondoro.
Mi alzai come un fulmine da terra, verificando i danni della mia scopa da corsa. « Credo che i ragazzi non possono ancora entrare nei dormitori femminili. » sentenziai, come se non si fosse abbastanza capito.
Fissai mio cugino che a sua volta prese ad guardare il suo orologio da polso e scosse il capo con estrema disperazione.
« Baston ci ammazza. » disse, semplicemente. « Ma... » fece un piccolo sorrisetto malefico, mantenendo saldamente la sua scopa e lanciando uno sguardo eloquente prima alla sua Firebolt e poi a me. « a mali estremi, estremi rimedi. No? »
Intesi immediatamente cosa aveva in mente.
« Stai pensando anche tu a quello che penso io? » chiesi, sfoggiando un ghigno degno di Salazar Serpeverde in persona.
« Sì. »
« Raggiungeremo il campo in sella alle nostre scope? »
« Sì. »
« Ci caliamo dalla finestra della Sala Comune e diamo spettacolo? »
Il sorrisino di mio cugino si fece larghissimo. Ci battemmo il cinque e, lanciando un'occhiata alla finestra della Sala Comune, corremmo in quella direzione e ci alzammo in piedi sui cornicioni, mettendo ai primini e ad alcuni studenti una certa agitazione.
Pensai indiscutibilmente a Coleman, che dalla sua finestra poteva vedere quasi tutto quel che facevano i Grifondoro nella loro Sala Comune se solo si fosse sporto lievemente, e pensai anche alla Preside che ci avrebbe come minimo espulso dalla scuola se si fosse ritrovata ad osservare per puro caso la Torre di Grifondoro dal cortile o dalla Torre di Astronomia. Ma morire per mano della Preside o Coleman e morire per mano di Baston non era la stessa cosa: per mano di Baston era decisamente più doloroso.
« POTTER! WEASLEY! CHE STATE FACENDO? »
La voce che riconobbi come quella della Caposcuola di Grifondoro, che sembrava a dir poco terrorizzata, diede un grosso imput al mio cervello. Con un cenno del capo, io e Hugo ci lanciammo nel vuoto in sella alle nostre Firebolt e sfrecciammo verso il campo di Quidditch senza guardarci indietro. Arrivammo a destinazione in un baleno, ridacchiando per l'adrenalina e per lo spavento che avevamo fatto prendere ai nostri compagni Grifondoro. Dopo neanche cinque secondi, venne ad accoglierci, da quel che potevo vedere e da quello che avevo orribilmente immaginato, un furibondo, che era un eufemismo, Baston. Aveva il viso rosso come un pomodoro, la vena che pulsava nella tempia sudata e il fumo che quasi gli usciva dalle narici dilatate: sembrava sul punto di scoppiare da un momento all'altro.
« Ma dove cazzo eravate? »
Aveva sottolineato ogni parola con spaventosa enfasi, scendendo in picchiata dalla scopa proprio di fronte a noi e schizzandoci completamente di terreno, cancellando in un baleno i nostri sorrisi identici. Non vedevo vie d'uscita e giustificazioni: William Baston si era tramutato in una pericolosa bestia omicida, in una terribile macchina da guerra. E lungi da me strofinarmi la guancia per levarmi il terriccio dal viso, non osavo muovermi, quasi non osavo nemmeno respirare di fronte alla sua furiosa e terrificante presenza che coronava l'intero campo da gioco.
« Abbiamo cominciato da... » il Capitano diede un rapido sguardo al suo orologio da polso, sputacchiando saliva dappertutto. « quattordici minuti e venticinque secondi! »
« Noi s-stavamo solo... » rispose Hugo balbettando, senza aver idea di come continuare la frase.
« Come possiamo iniziare gli allenamenti in modo decente con i due Cacciatori assenti?! » lo interruppe Baston, tuonando come un forsennato mentre gli altri membri della squadra lo fissavano, chi intimorito, chi profondamente divertito. « Filate a riscaldarvi! Dieci giri di campo che diventeranno cinquanta se non muovete quei culi rossi che vi ritrovate! »
« Sissignor Capitano! » esclamammo io e mio cugino ubbidienti, senza contestare sull'ultimo particolare circa i nostri presunti sederi paonazzi.
Per volere del Capitano, faticammo come dei muli da carico per quattordici minuti e venticinque secondi (i minuti e i secondi che avevamo perso, in pratica) e, una volta finito, cominciammo i veri allenamenti insieme al resto della squadra. Non prima che Baston ebbe intavolato il suo primo discorso pre allenamento intimorendo il nuovissimo e in miniatura Cercatore di Grifondoro e intercalando tra una frase e l'altra affermazioni del tipo: « se anche quest'anno quel dannato Scamander acchiappa di nuovo il Boccino prima di noi vi ammazzo tutti. » oppure cose che somigliavano terribilmente a: « Serpeverde merda. » e simili. Senza contare le minacce di morte rivolte a me e a mio cugino. Il Capitano urlava da dieci minuti buoni sproloqui riguardanti lo schema da utilizzare per battere i Serpeverde, sempre imprecando violentemente contro il loro biondo Cercatore, scarabocchiando su una malandata lavagnetta le varie mosse di gioco per poi cancellarle e optare per altre tattiche.
« Per quale motivo potremmo trarre benefici dallo schema a V? »
« Questo schema ci farebbe rimontare alla grande, Baston, fidati. » disse Remus Jordan, il terzo Cacciatore della squadra.
Mi schiarii la gola. « E se i Serpeverde, così come i Corvonero o i Tassorosso ma specialmente i Serpeverde, vorranno utilizzare il metodo: siamo dei gran fighi e buttiamo tutti giù dalla scopa, troveranno molta difficoltà a metterlo in atto mentre noi adottiamo questo schema. »
Ciò convinse il Capitano: nessuno doveva osare essere più figo di lui.
Mettemmo in atto lo schema proposto e gli allenamenti andarono così bene da mettere di ottimo umore il Capitano e il resto della squadra. Inutile dire che Baston non ci diede tregua per tutta mattinata che seguì: la partita incipiente rientrava nelle sue convulse ossessioni.
Naturalmente, il mio stomaco stava chiedendo l'elemosina.
« POTTER! So che la tua voglia di metterti in mostra sta strabordando ma per adesso devi evitare il dannato centro e volare più agli estremi! » urlò come un forsennato il Capitano, volandoci attorno e soffocando parolacce. La sua voce possente faceva eco di prepotenza nelle tribune e alcuni studenti presenti sugli spalti ridacchiarono sonoramente. « WEASLEY! Che diavolo staresti combinando? »
« Provando lo schema? » rispose ironicamente Hugo, passandomi la Pluffa con una certa perplessità.
« Provando lo schema? Io dico: provando un cazzo! » mise in chiaro Baston. « MCLAGGEN! Maledetta faccia da culo, voglio ricordarti che ti trovi su un dannatissimo campo di Quidditch e non sul tuo palcoscenico personale! Potter, questo vale anche per te, naturalmente. »
« E ti pareva? » replicai, facendo ridere immensamente Hugo, che fu rimproverato nuovamente un secondo dopo.
La squadra di Quidditch di Grifondoro era costituita da un paio di elementi che, se fossi stata in Baston, avrei sbattuto fuori senza troppi giri di parole. E io e mio cugino non eravamo affatto gli elementi osceni della squadra come William Baston faceva credere. Cormac McLaggen, ad esempio, era l'elemento più osceno che una squadra di Quidditch potesse avere la sfortuna di avere e in quel momento aveva addirittura iniziato a fare occhiolini da pervertito verso alcune Tassorosso quattordicenni in tribuna, non pensando minimamente ai due Bolidi che avrebbe dovuto colpire. Per il resto, Jordan e Davies, rispettivamente il terzo Cacciatore e il secondo Battitore, erano abbastanza in gamba mentre il nuovo Cercatore, Corner, minuscolo studente del terzo anno, sapeva il fatto suo ma era un giocatore discontinuo con un piccolo problemino di nervi. Esattamente come Baston, che in quanto a nervi era il numero uno e il suo problemino contava in grandezza un pianeta intero.
Saremmo stati una bella squadra se non fosse stato per il fatto che solamente il Capitano era una montagna di muscoli e i muscoli nel Quidditch, brutto a dirsi, servivano non poco. Non a caso la squadra dei Serpeverde era riuscita ad arrecare danni alla mia squadra attraverso meccanismi fisici che solo degli armadi enormi come loro avrebbero potuto mettere in atto.
Come infatti...
« Ehi, Baston, abbiamo visite! » fece notare Hugo, con un certo allarmismo mentre indicava l'inizio del campo. « Visite per nulla tranquille. »
La stazza dei giocatori di Serpeverde si poteva benissimo notare da metri e metri di distanza dal terreno e le loro scope da corsa brillavano alla luce del sole.
« Che diavolo ci fanno qui? »
Vidi il Capitano inalberarsi tutto per poi scendere velocemente di sotto in pericolosa picchiata, seguito a ruota da me e mio cugino, e poi da tutto il resto della squadra che pareva solo in quel momento essersi accorta dell'invasione sul campo. Tutti tranne Cormac, naturalmente, che tentava di rimorchiare alcune ragazze sugli spalti, ignorando il fatto che gli allenamenti si erano appena interrotti.
La squadra dei Serpeverde era composta da alcuni possenti ragazzi del settimo anno, fatta eccezione per Simon Zabini che era del mio stesso anno ma era lo stesso ben piazzato e per Scamander, il meno muscoloso di tutti ma dotato di estrema forza. Harper era il Capitano della squadra e Warrighton, ombroso e inquietante, era il suo braccio destro.
« Dove credete di andare? Il campo l'ho prenotato io per i Grifondoro. » li accolse Baston, immediatamente bellicoso e ostile, puntandosi sulla scopa e torreggiandoli con la sua prorompente presenza che non aveva nulla da invidiare a quella dei nemici. « E abbiamo intenzione di restare qui per tutto il tempo necessa... »
« Tranquillizzati, Baston. » lo interruppe Harper, con quel tono pacato e strisciante che faceva venire i nervi a fior di pelle. « Abbiamo il permesso di Lumacorno, possiamo trovare un compromesso per il campo, no? Non credo tu l'abbia acquistato. »
Sbuffai rumorosamente, attirando molti sguardi su di me mentre stringevo con forza la mia Firebolt. « Vedo che Lumacorno non ha rinunciato a diffondere la pace nel mondo. » intervenni con sarcasmo, cominciando a rimpiangere la vecchia squadra dei Serpeverde di cui faceva parte mio fratello Albus.
« Vedo che invece tu non impari mai a chiudere la bocca, Potter. » rispose Harper, seccamente.
Fiutando l'aria minacciosa, Remus Jordan mi mise una mano sulla spalla come per trattenermi. Nello stesso tempo, Zabini trattenne il loro Capitano di Serpeverde, sussurrandogli raccomandazioni a bassa voce. Nel frattempo, immaginai che Scamander fosse ancora negli spogliatoi a procurarsi l'attrezzatura insieme a Baddock, un allampanato ma pacifico Serpeverde del settimo anno componente della squadra.
« Lasciala fare, Jordan. »
« Non ti conviene farti fare il culo da me, Harper. » ringhiai, facendo schioccare le nocche.
« Che bocca di rosa. » fu il commento divertito di Harper. « Non si dicono le parolacce, Potter, dovresti essere una ragazza. »
Afferrando la mazza da Battitore di Davies con l'intento di mettere in azione una rissa dall'aria non del tutto tranquilla, mio cugino era scattato in avanti verso il Serpeverde. Dal mio canto, lo imitai agitando la scopa e venimmo immediatamente placcati da un paio di compagni di squadra, che ci afferrarono in tempo per le vesti prima che scoppiasse il finimondo.
« Basta, siamo qui per allenarci, non per scatenare risse. » intervenne Zabini, che mi conosceva abbastanza bene da sapere che avrei sul serio fatto fuori la sua squadra se la situazione me ne avesse dato modo.
« Avete cominciato voi! » esordì Davies, con uno sbuffo innervosito.
« Non vi scaldate così tanto adesso. Piuttosto, scaldatevi quando giocheremo Serpeverde contro Grifondoro. » si inserì Warrighton, socchiudendo gli occhi e scambiandosi una risatina col Capitano della sua squadra.
« Oh, certo che ci scalderemo! » partì alla riscossa Baston, ritrovato l'uso della parola che aveva momentaneamente perso. « E ci scalderemo anche dopo la partita che vinceremo! Ci scalderemo da vittoriosi! »
« Credici, Baston. Con gli elementi che hai in squadra non vincerete la Coppa del Quidditch... semmai la coppa del nonno! »
Harper e un paio di ragazzi del settimo anno scoppiarono a ridere ma ride bene chi ride ultimo. Contemporaneamente e come se fossimo una cosa sola, io e Hugo ci avventammo per primi sui Serpeverde, iniziando a menare calci e pugni a destra e manca, e poco dopo si inserì prevedibilmente anche Baston, che si tuffò nella mischia e prese a pugni con forza il Capitano di Serpeverde, imprecando ad alta voce come non gli era mai capitato in tutta la vita.
Quanto potevo amare il Quidditch?




Infangata e di malumore per essermi persa per la seconda volta in sei giorni tre importanti pasti della giornata, in questo caso colazione, pranzo e cena, mi trascinai al castello borbottando maledizioni contro tutti i Serpeverde. Specialmente contro Harper, che mi aveva fatto un occhio nero. A fermare la rissa furono un paio di piazzati Tassorosso che scesero dalle tribune ed intervennero prontamente, separandoci tutti e mettendo fine alla lotta, e Scamander, Zabini e Baddock, che placcarono con rabbia i loro compagni di squadra e si premurarono di accompagnare gli infortunati nell'Infermeria del castello. Al che, i restanti studenti e chi aveva assistito allo spettacolo dalle tribune avevano alzato i tacchi ed erano corsi a chiamare Lumacorno che fece il suo teatrale ingresso in campo dando inizio ad un gran discorso sull'armonia e la pace tra le persone, che nessuno, naturalmente, prese in considerazione.
Spostai con violenza un arazzo giallo e blu e andai a sbattere con la spalla contro qualcosa. O meglio... qualcuno.
« Scamander! » esclamai, tenendomi l'occhio ferito che pulsava maledettamente.
Possibile che lo incontro sempre quando ho una fame da lupi?
« Potter, non dovresti essere in Infermeria? » chiese, senza neanche riprendere fiato. Notai che mi stava osservando con premura, focalizzando la sua attenzione su quello che doveva essere il mio gonfio occhio sinistro. « Ho appena finito di accompagnare Davies: la sua costola non sembrava stare benissimo ma niente di irreparabile. »
« Non ci penso neanche a restare rinchiusa in Infermeria. » misi in chiaro, con uno sbuffo. « Harper avrebbe potuto fare di meglio. »
« E tu avresti potuto andarci più delicata. » disse il ragazzo, con un sorrisetto appena accennato.
Ricambiai il sorriso, non potendo dargli torto: Harper tirava fuori il meglio delle mie arti marziali.
« Sicura di stare bene? » insistette il biondino, apprensivo.
Annuii ma lui non sembrava molto convinto: aveva lo sguardo fisso sul mio occhio nero e una mano che sembrava volersi tendere verso di me in maniera titubante. Come infatti, mi ritrovai in un attimo il suo viso a pochi centimetri dal mio. Con estrema delicatezza, pose il suo indice sotto alla ferita e io chiusi entrambi gli occhi a quel contatto tanto delicato.
Dopo qualche secondo, scossi con violenza il capo costringendo il ragazzo a fare un passo indietro.
Era molto imbarazzato quando mi disse: « Dovremmo andare in Infermeria. »
« No che non dovremmo. »
« Taci, Potter. Starai con tuo cugino. »
« Mio caro Prefetto. » sbottai, stuzzicandolo in maniera evidente. « Credo che mio cugino sia stato praticamente castrato nel modo più brutale: aveva l'urgenza di correre in Infermeria. Io ho una fame da lupi, non ho affatto intenzione di sotterrarmi in un letto d'ospedale per un semplice occhio nero. »
Era vero: me l'ero data a gambe prima che qualcuno avesse potuto notare il mio spaventoso occhio e avevo lasciato un rantolante Hugo, che dichiarava con spavento di non sentirsi più i cosiddetti e quasi si disperava in lacrime per la preoccupante dipartita dei gioielli di famiglia, nelle curative mani di Madama Amelia, accennandogli qualcosa sul fatto che i geni della nostra famiglia avrebbero potuto subire una grave perdita a causa di quel violento attacco che l'aveva reso protagonista. Solo dopo l'ennesimo ululato disperato da parte di mio cugino e dopo l'ennesima crisi di risatine isteriche da parte mia, decisi di battermela in ritirata.
Scamander mi sorrise.
« Sei fortunata ad avermi incontrato. » disse, allentando il nodo della tunica da Quidditch per lasciare scoperto un lembo di pelle. Cosa che non potetti fare a meno di notare, con mio enorme piacere. « Conosco un posto perfetto ma se ci beccano sono guai. Rischiamo? »
Il ragazzo mi tese la mano libera e senza esitare la afferrai, per poi seguirlo senza fiatare per i corridoi del castello. Non avevo idea di dove mi stesse portando e nemmeno lo volevo sapere, a dirla tutta. Anzi, da una parte ero incredibilmente curiosa ma in quel momento ero così ipnotizzata da non riuscire neanche a capire quali corridoi stessimo percorrendo.
Dopo svariati minuti in cui le nostre mani erano incollate l'una all'altra, ci ritrovammo di fronte alla porta che conduceva alla Sala Comune di Tassorosso. Stranita, inarcai un sopracciglio e mi piazzai di fronte al biondino con le mani sui fianchi, del tutto ostile e dubbiosa sulle intenzioni del Serpeverde.
« Non sapevo che i Tassorosso fossero dei cuochi. » dichiarai, con abbondante sarcasmo.
« No, nemmeno io. » ci tenne a rettificare Scamander, ponendosi proprio di fronte un quadro con della frutta e dandomi le spalle, ignorandomi come se fossi un insetto molesto.
« E allora? »
« E allora guarda e impara, terremoto. » e fece il solletico ad una pera nel riquadro.
In un baleno il riquadro della frutta si fece da parte, rivelando il tunnel segreto che portava alle cucine. Spalancai gli occhi, restando aggrappata alla cornice del quadro per evitare di cadere per terra dallo shock. Vidi che il biondino mi fissava divertito, così mi riscossi dai miei pensieri e dalla contemplazione del meraviglioso tunnel misterioso che da anni era stato uno degli obiettivi principali della mia esistenza ad Hogwarts.
« Non ci posso credere... » mormorai, esterrefatta.
Lui rise, guardandomi con un certo compiacimento. « Messa in questo modo potrei anche offendermi. Non sei l'unica che ne sa una più del diavolo. » rispose, le guance colorite di un lieve rosa mentre si accarezzava la nuca con estremo imbarazzo, i ciuffi ribelli che cascavano sulla fronte sudaticcia. « Ti posso aiutare a salire? »
« Ce la faccio benissimo da sola. » mentii, arrampicandomi goffamente nel tunnel e suscitando risatine da parte del mio compagno Serpeverde.
Il mio piede sinistro, come da copione, scivolò sul freddo marmo. Scamander mi resse appena in tempo e il contatto del suo corpo contro il mio mi fece perdere un battito. Le sue mani mi tenevano fermamente, stringendomi per non lasciarmi cadere e, d'istinto, anche io mi tenni stretta a lui, circondando le mie braccia attorno al suo collo e sentendo l'odore dei suoi profumatissimi capelli biondi.
« Tutto bene? » mi chiese lui, con estremo imbarazzo. Fissai le mie braccia attorno al suo collo e desiderai di essere inghiottita dalla terra, spostandole di scatto e maledicendomi mentalmente.
E dato che avevo appena fatto la figura dell'imbecille e ci tenevo a redimermi agli occhi del ragazzo, sbottai con il tono più decoroso che riuscii a trovare: « Muoviamoci, potrebbe passare un Caposcuola e avrebbe addirittura una scusa perfetta per mettermi in punizione per due settimane. »
Lui annuì, i suoi occhi che si spostavano in tutte le direzioni per l'impaccio.
« Vieni, ti mostro l'interno delle cucine. » disse, mettendomi le mani sulle spalle e facendomi camminare in linea retta.
Sentii un formicolio percorrermi tutta la zona da lui toccata. Scamander tese un braccio libero in avanti e aprì una piccola porticina in legno rovinato. Manine minuscole e scheletriche ci trascinarono dentro con insistenza, dandoci il benvenuto e salutandoci in modo cordiale.
« Buonasera, signorini! »
« Ma questi sono... elfi domestici! » esclamai, guardandomi intorno con meraviglia mentre il ragazzo, soddisfatto, ridacchiava. Tanti occhioni a forma di pallina da tennis mi contemplavano, adoranti e pronti a ricevere ordini, con gli straccetti sporchi e le posate tra le mani.
« Gradite una cena? » una carinissima elfetta dagli occhi cobalto, insieme ad un elfo dai vivaci occhi verde acqua, si inchinarono profondamente ai nostri piedi, urtando i nasi a forma di matita sul pavimento. « Zilla molto felice di accontentare i due innamorati, a Zilla piacciono tantissimo le storie che parlano di amore. »
Gli occhioni della piccola elfa si posarono sulle nostre mani vicinissime ed entrambi le allontanammo di scatto.
« No, noi n-non... » balbettammo io e il biondino.
Ma Zilla non ci stette a sentire, continuando a sorridere beata. « Voi siete così carini. » insistette, guardandoci con sguardo languido.
Sbuffai, innervosita. Non avrei saputo dire se per la fame o se per il fatto che il ragazzo aveva tenuto a precisare l'equivoco più di quanto avessi fatto io.
« D'accordo, siamo davvero carini e innamorati. » tagliai corto, mentre le guance di Scamander diventavano scarlatte. « Sentite, ho appena concluso una rissa con i Serpeverde e oltre ad essere malconcia sono anche molto affamata. »
« Tinki propone un arrosto di maiale condito con patate al forno, per finire con una torta al cioccolato. Alla signorina piacciono le torte al cioccolato? »
Annuii e lanciai un sorriso all'elfo dagli occhi verde acqua.
« Allora, Zilla e amici cucinano per i due innamorati. » trasse le conclusioni l'elfa, correndo in modo sorridente ai fornelli.
« Cuciniamo per i due innamorati! » si udì da qualche zona imprecisata della cucina.
« Imbarazzante... » disse il biondino in un sussurro, accarezzandosi la nuca. « Ma almeno dopo sarai sazia. »
Gli sorrisi, come se avessi voluto ringraziarlo, nonostante avessi voluto prenderlo a sberle. « Tranquillo, Scamander, non dirò a nessuno che abbiamo una tresca. »
Il ragazzo arrossì per l'ennesima volta e aprì la bocca da cui non fuoriuscì alcun suono.
« Stavo solo scherzando. » rettificai con una mezza risata, nonostante il mio stomaco ribollisse di qualcosa comunemente chiamato: fastidio. « Come sei venuto a conoscenza dell'esistenza delle cucine? »
« Lorcan ha letto Storia di Hogwarts e mi aveva accennato delle cucine. Inizialmente non ci ho creduto, pensavo fosse una delle tante stramberie a cui crede mio fratello ma ho voluto fare lo stesso qualche ricerca. »
« Io non sottovaluterei tuo fratello. »
« È un tipo strano, come mia madre. »
« Anche tu sei un tipo strano. » lo rimbeccai con una smorfia sorridente, che fu ricambiata. « Somigli molto a tua madre e c'è molto Tassorosso in te, come tuo padre, solo che l'astuzia Serpeverde prevale. »
« Concordo. » annuì Scamander, nella sua solita gentile maniera.
Gli diedi una pacca sulla spalla, vagando successivamente tra gli elfi domestici nella cucina affollata. Passammo dieci buoni minuti a recuperare pietanze strane dai fornelli e a sfidarci tra noi per mandarle giù: inutile dire che prima ancora di cenare avevo lo stomaco sottosopra a causa del biondino che aveva osato sfidarmi. In compenso, gli avevo fatto affrontare del peperoncino cinque volte più piccante del normale.
« Dolci innamorati! » ci interruppe la piccola elfa, dopo quindici minuti di risatine convulse e dopo essermi beccata gli insulti di Scamander a causa del peperoncino che ancora non si decideva ad abbandonare la sua lingua arrossata. « Zilla e amici hanno preparato la cenetta per voi! »
Per poco non vomitai in un calderone pieno di stufato.




« Tu hai fatto cosa con chi, esattamente? »
« Circe maiala, vuoi abbassare la voce? » sbottai rivolta verso mio cugino, mentre ci affrettavamo a sgattaiolare fuori dal castello per andare a trovare Hagrid.
Era mezzanotte inoltrata e Hugo era uscito di nascosto dall'Infermeria una volta constatato di non aver ricevuto danni permanenti ai suoi testicoli, ma solamente un dolore allucinante che era passato dopo poche ore dalla colluttazione. Al che era corso a cercarmi e mi aveva trovata sulla via diretta per i dormitori, da sola, con un sorrisone ebete stampato in faccia.
E, dato che eravamo ancora troppo pieni di energie per dormire, decidemmo di andare a trovare il nostro vecchio amico di famiglia.
« Se il vecchio Armando ci becca fuori non riuscirei di certo a sopport... »
« Lascia perdere quel pazzo del custode. Che ci facevi con quello scemo di Scamander? »
« Te l'ho detto, mi ha davvero accompagnata nelle cucine del castello. » tentai di giustificarmi per la decima volta, sperando di non arrossire disdicevolmente in presenza di mio cugino, che aveva uno strano sguardo inquisitorio.
Hugo sembrava meditabondo, come se non credesse alle mie parole. « E che diavolo ci faceva con te? Ho sentito dire che aveva un appuntamento con la Smith, erano entrambi di guardia stasera. E la Smith lo stava cercando per tutta l'Infermeria. Oh, se sapesse che era con te! Rissa? »
Quasi incespicai in un cespuglio di rose lì vicino per la sorpresa. Per quale motivo il biondino aveva saltato un appuntamento con la Smith per accompagnare me nelle cucine della scuola? Forse era soltanto una finzione della ragazza, una messa in scena per darsi delle arie. Cassandra Smith era il tipo di persona che si divertiva ad inventare storie prive di senso e fondamenta per apparire diva agli occhi di tutta Hogwarts e per tentare di superare i successi di mia cugina Dominique, che di certo era molto ambita rispetto a lei in tutto il castello, ma molte volte i suoi fantomatici racconti non erano affatto credibili.
Anche se quello non sembrava così inverosimile...
Hugo fece spallucce. « Sta di fatto che non mi interessa minimamente delle faccende amorose di Scamander. Mi chiedevo solo che fine avessi fatto invece di posare il culo in Infermeria. »
« Te l'ho detto, ero nelle cucine. Non ti stavo mentendo. Ah, non vedo l'ora di fare a botte con James: non ci ha mai spiegato come trovarle. »
Mio cugino fece una smorfia imbronciata, troppo infastidito per condividere la mia stessa eccitazione.
« Non preoccuparti, domattina ci andiamo insieme. » promisi, bussando forte alla capanna di Hagrid.
Lanciandomi un sorriso smagliante e accantonando l'irritazione del momento, Hugo mi imitò con una seconda bussata alla porta della capanna e ad aprirci fu Hagrid, avvolto nella sua grossa pelosa giacca e con un grembiulino bianco a fiori rosa che circondava il suo largo ventre. E non sembrava essere solo: almeno una decina di piccoli Kneazle corsero ai nostri piedi, cominciando a dare morsi alle nostre scarpe e a soffiarci contro.
« Entrate, veloci, o mi faranno fuori! » ci accolse Hagrid, sorridendoci con gentilezza e abbracciandoci entrambi contemporaneamente rischiando di incrinarci un paio di costole. « Sapevo che venivate a trovarmi di notte, piccoli combina disastri! Ho preparato il the da poco, devo solo riscaldarlo. L'ultimo chiude la porta! »
Io e mio cugino ci scrollammo di dosso i Kneazle ed entrammo nella calda capanna, chiudendoci la porta alle spalle.
« Sono carinissimi. » proclamai, allungando la mano per accarezzarne uno molto docile.
Il Kneazle prese a strofinarsi suoi miei piedi e fece le fusa.
« Certo, sono proprio carini, sì, assolutamente. » commentò Hugo sarcastico, che detestava qualunque tipo di animale, in particolar modo le bestie del nostro amico. Per lui qualsiasi animale di Hagrid o presente sulla faccia della terra era un pericolo pubblico, e pure non aveva tutti i torti a ritenere letale le creaturine accudite dal nostro grosso amico. « Carini come un Ungaro Spinato. Hagrid, non puoi rinchiuderli da qualche parte? Non capisco cosa ci troviate di bello in questi marmocchi pelosi. »
« Mica ti fanno del male i marmocchi pelosi? » li difese prontamente il gigante, sorridendo ad ogni singolo animaletto come se fosse un cricetino innocuo. « Tale e quale a suo padre, guardatelo. Siediti tranquillo, Hugo, non ti fanno niente. E poi gli Ungari Spinati sono delle bestiole favolose, incomprese da tutti. »
Hugo si sedette sull'enorme poltroncina in modo titubante, lanciando delle occhiatacce alla cucciolata e borbottando cose come: « certo, vorrei tanto avere una bestiola favolosa e incompresa come un Ungaro Spinato nel giardino di casa mia. » mentre io cercavo di trattenere le risate fingendo che fossero colpi di tosse parecchio forti.
Dal mio canto, non presi posto ma mi chinai ad accarezzare il docile Kneazle, che sembrava non volermi lasciare un attimo.
« Hagrid, posso portarne uno al castello? » chiesi, implorante.
Il mio grosso amico, che si era appena accomodato su una sedia per accarezzare una delle sue bestiole, si intenerì subito alla vista di me circondata dai suoi Kneazle.
« E va bene, d'accordo! Ma statti attenta, questi sono dei birbanti. » mi concesse, con affetto.
« Oh, so badare alle bestioline birbanti. Non a caso spendo il mio tempo con questa bestia di cugino qui presente. » ribattei, chinandomi sulla cesta per sceglierne uno.
« Ti avverto, non osare farlo entrare nel mio dormitorio, intesi? » chiarì Hugo, che stava iniziando a starnutire a causa del pelo. « Se ne vedo anche solo l'ombra te lo affatturo. » diede una rapida occhiata alla cesta, facendo una smorfia. « Hagrid, ma i Kneazle non sono pericolosi da tenere in casa? O in dormitorio. » aggiunse, scandendo ogni lettera con una particolare enfasi che trasudava di: « e se succede qualcosa, non dire che non te l'avevo detto! »
« Pericolosi come una mosca. Ma va, sono piccini. » rispose Hagrid, come se stesse guardando un tenero e davvero innocente cucciolo di Yorkshire appena nato. « Lasciando perdere le bestiole, che mi raccontate di bello della scuola? »
« Abbiamo un nuovo insegnante di Difesa. » rispose Hugo, e Hagrid annuì, dichiarando subito dopo di aver capito che si trattava di Brown. « L'avrai conosciuto, matto da legare ma abbastanza geniale a modo suo. Ci ha fatto esercitare in coppie, ha creato coppie assurde! Persone che si odiano, persone con trascorsi turbolenti. Dice che dobbiamo lavorare pacificamente tra di noi. »
« Lavorare pacificamente tra di voi? Beh, ma mi sembra ovvio con quello che succede! » esordì Hagrid con una certa nonchalance, alzandosi dalla grossa sedia impagliata per scaldare il the che ci aveva promesso.
Ci misi qualche secondo per metabolizzare quelle parole. Feci ruotare lentamente la testa verso il nostro grosso amico e inarcai le sopracciglia con stupore, ignorando i Kneazle che stavano cercando di attirare la mia attenzione facendomi le fusa. In quel momento, le bestioline non apparivano più così tanto importanti rispetto ad una dichiarazione di quel tipo.
Mi scambiai uno sguardo sconvolto con mio cugino, la cui espressione scombussolata sembrava pietrificata sul volto lentigginoso.
« Che cosa hai detto? » domandai, quasi facendo fatica a parlare.
Comprendendo solo in quel momento di essersi lasciato sfuggire qualcosa che non sarebbe mai dovuta uscire dalla sua bocca, Hagrid ci diede velocemente le spalle e corse in modo goffo e rumoroso ai fornelli, afferrando con malagrazia il bollitore e mettendosi a trafficare lì intorno facendo un gran baccano senza voltarsi neanche per un secondo dalla nostra parte.
« Che cosa avrei detto? Niente! » rispose, tossicchiando.
Io e Hugo, che era seduto sulla grossa poltrona di pelle, ci scambiammo l'ennesimo sguardo smarrito e sospettoso allo stesso tempo. Ero sicura che in quel momento ci capivamo alla perfezione e che ci stessimo chiedendo le stesse identiche cose.
« Hai detto tu che sta succedendo qualcosa. » gli fece notare mio cugino, in tono calmo.
« Quello non dovevo dirlo, non dovevo dirlo... »
Il borbottio di Hagrid si udiva appena: sembrava stesse maledicendosi in tutte le lingue del mondo. Ci fu un altro suo potente colpo di tosse e il nostro amico riprese l'uso della parola.
« Allora. » fece, senza mai voltarsi verso di noi e continuando a fare rumori per coprire l'imbarazzo del momento. « Vi andrebbero dei biscotti alle mandorle? Li ho fatti con le mie mani, sono proprio... »
« No! » esclamammo io e mio cugino, ad alta voce.
« Zitti, pesti che non siete altro! Mi farete sospendere! »
« Tu dicci che cosa sta succedendo. » insistette Hugo determinato, dandomi corda.
Hagrid era tutto meno che propenso a continuare il suo discorso.
« Non siamo dei ragazzini, Hagrid. » ci tenni a dire, non nascondendo la collera del momento. « Non trattarci come tali. »
« Ma non siete neanche... »
« Adulti?! » completai, ringhiando con veemenza. « Non mi pare che mio padre fosse adulto quando uccise il più grande mago oscuro di tutti i tempi! E dato che ci tenete tanto a paragonarmi a lui e alla mamma adesso pretendo di sapere che diavolo succede! »
Un silenzio tombale seguì le mie accuse, rotto solo dai rumori che provenivano dai Kneazle. Ero stata troppo brusca col mio amico ma non mi importava: avevo tutte le ragioni del mondo. Ero stufa marcia dei paragoni che le persone facevano da tutta la vita a proposito di quanto fossimo così simili ai nostri cari ma mai grandi quanto loro, ero stufa di sentirmi inferiore, inutile. Facevo parte della famosa e rispettabile discendenza dei Potter, eppure non ero alla loro altezza.
« Nessuno aveva problemi a spifferare tutto a loro, vero, Hagrid? » continuai, paonazza in volto per il nervosismo e con gli occhi che pizzicavano di lacrime amare. « A loro si poteva dire tutto, loro potevano fare tutto quello che volevano. E noi, invece? Siamo solo gli inutili figli dei grandi eroi? »
« Nessuno ha mai... »
« Beh, state commettendo tutti un gravissimo errore. » lo interruppi, brusca. « Non siamo inutili, non lo siamo e ve lo dimostreremo. Dicci solo che cosa sta succedendo. »
Hugo mi fissava con insistenza, stranito, come se avesse ricevuto un ceffone in piena faccia, e la sua espressione mi fece capire che avevo un tantino esagerato coi toni. Non avevo mai rivelato a mio cugino il fatto di sentirmi particolarmente inferiore a mio padre. Tutti i miei cugini, compreso lui, avevano mostrato segni di invidia, di irritazione, ma nessuno di loro provava quel che provavo io. Mio padre era stato il mio eroe da bambina ma forse sarebbe stato meglio per me non sapere chi fosse davvero il tanto adorato salvatore del mondo magico. In quel modo avrebbe continuato ad essere il mio eroe, quello che ogni padre dovrebbe essere per una figlia: non l'eroe di tutti, ma il mio, solamente il mio.
Hagrid mi osservava attentamente ma, a differenza di mio cugino, non sembrava stranito, e nemmeno offeso. Aveva un strano luccichio negli occhi e non sembrava voler prendersela con me.
« E va bene. » acconsentì lui, voltandosi dalla nostra parte e scansando un Kneazle con una certa stizza. « Non credo che succede qualcosa se vi dico che... che... »
« Che...? » chiese velocemente mio cugino, col tono incuriosito di chi voleva ficcare il naso.
« Che... » la dolcezza parve abbandonare gli occhi del nostro amico alla vista dei nostri sguardi impiccioni, lasciando spazio al suo essere estremamente rude ed evasivo. « Che niente! È arci importante che imparate a difendervi per benino, nel mondo degli adulti dovete cavarvela da soli. Mica sta succedendo qualcosa, non intendevo affatto dire questo, rilassatevi. E poi sapete bene come sono quei Babbani, si mettono sempre nei pasticci! E la comunità magica non c'entra un fico secco con l'incidente del crollo del ponte di Brockdale... »
Hugo quasi cadde dalla poltrona per lo shock. « Un incidente al ponte dei Brockdale? Quello che era crollato ai tempi di Lord Voldemort? »
Dal mio canto, sussultai rumorosamente.
« Questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo... non dovevo proprio... »
« Hagrid, ci sono stati altri incidenti nel mondo dei Babbani? » chiesi, con quell'insistenza che dava sui nervi. Lo raggiunsi ai fornelli per guardarlo negli occhi e mio cugino fece lo stesso. « Se il ponte di Brockdale fu distrutto anni fa dai seguaci di Voldemort, questo significa che... »
« Assolutamente no! » interruppe quasi urlando Hagrid, in preda all'agitazione. « Non significa una ceppa di nulla! »
« Ma... non ricordi? I seguaci di Voldemort prendevano di mira proprio i Babbani. » insistetti, cercando di suonare ragionevole. « E tutto coincide con l'assurdo comportamento del professor Brown, Hagrid. No, non credo che questi siano semplici casi, l'avevo detto che stava succedendo qualcosa di strano e tu ce ne hai dato conferma. »
« Sentite... » disse Hagrid, in un sussurro ben poco udibile. « Quello che vi ho detto... insomma, non vi dovete preoccupare. Restate dove siete, non esiste posto sicuro come Hogwarts dopo la caduta di Voi-Sapete-Chi. Non ci sta proprio di che preoccuparsi! »
Inutile dire che non lo ascoltai neanche per un secondo. Non mi andava per niente a genio il fatto di restare al mio posto, non avevo assolutamente intenzione di farlo dopo quelle notizie. Non ero una bambina, era arrivato il momento di distaccarmi dalle sottane dei miei genitori e far capire alle persone che non ero, ed eravamo, la copia malriuscita dei nostri genitori.
Approfittando del nostro silenzio riflessivo, Hagrid cominciò a parlare a raffica blaterando cose senza senso alcuno.
« ... che li ho fatti con le mie mani e non sono duri come la roccia, ve lo garantisco, potete mangiarli benissimo anche voi. Sono davvero ottimi. Allora, che ne dite? »
Hugo, che si era riseduto sulla poltrona, rintontito e con la testa ancora alla conversazione di prima, rispose: « Eh? Certo... sì. » ma ero certa che non sapesse neanche a cosa stesse acconsentendo.
Annuii con un sorriso di circostanza e andai alla finestra, dando le spalle a tutti per immergermi completamente nei miei pensieri: aveva iniziato a piovere a dirotto. Finalmente era arrivato il momento di dimostrare a tutti quanto valevo.
Pensavo al fatto che volevo essere anch'io un eroe.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il venerdì diciassette non porta mai bene. ***


Il venerdì diciassette non porta mai bene.



Essere me era come impazzire, in tutti i sensi. Non sapevo mai come potevo svegliarmi la mattina, se la mia luna sarebbe stata piena, mezza o a tre quarti. Un giorno potevo essere fuori di me dalla gioia da far spavento e mettermi a ballare sul divano della Sala Comune, un altro giorno poteva accadere che fossi furibonda col creato per un qualche strano motivo impreciso, un altro giorno ancora potevo essere ottimista, per poi piombare in batter d'occhio nel famoso pessimismo cosmico. Potevo scervellarmi per ore intere a pensare al passato e a come io e Scamander eravamo giunti ad un punto morto e all'improvviso potevo benissimo accantonare quel pensiero per dedicarmi alle indagini degli incidenti nel mondo dei Babbani, informazioni che Hagrid era stato costretto a cedere e di cui io rivendicavo il merito.
Quel mattino avrei dovuto svegliarmi esultante, piena di forze, piena di voglia di scendere in campo e mettermi in gioco. Finalmente, ero riuscita a ricavare qualcosa di buono la sera precedente e a mettere fondamenta necessarie per la mia nuovissima missione. Inutile dire che, invece, quel venerdì mattina non mi sentii molto felice. Piuttosto, mi sentivo stranamente turbata: avevo addosso quella strana sensazione di catastrofe imminente che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
Quando aprii gli occhi mi trovai di fronte il mio dormitorio completamente sottosopra: il Kneazle che avevo portato di nascosto al castello stava appena finendo di mangiucchiare il mio cuscino e le coperte scarlatte del baldacchino si trovavano per terra, in brandelli come se fossero appena sopravvissute alla seconda guerra mondiale. Forse era quella la catastrofe imminente che aveva pervaso i miei pensieri.
Mi resi conto solo in quel momento che era venerdì diciassette.
E infatti, come volevasi dimostrare da quella mattinata iniziata in maniera poco tranquilla, quasi tutta la Torre di Grifondoro mi vide correre a perdifiato spettinata, con un assurdo pigiamino viola che faceva a pugni con la mia chioma fiammante e con un Kneazle impazzito tra le mani per tutti i dormitori chiamando a squarciagola mio cugino Hugo e travolgendo chi stava uscendo per andare a fare colazione in Sala Grande, innescando proteste e forti imprecazioni.
« Tutto bene, Potter? » mi chiese un tizio allampanato del quarto anno, quando mi vide sfrecciare per la torre.
« Una meraviglia! » risposi, con abbondante sarcasmo.
Udii delle risatine generali che eruppero da tutte le parti mentre cercavo di calmare la bestiola che avevo in grembo, voltandomi verso le voci familiari di Louis, Frank e Fred, che era piegato in due dalle risate e mi indicava ripetutamente e senza discrezione alcuna.
« Dove hai trovato questo coso peloso? » esordì quest'ultimo, ridendo senza pudore.
« Sì, come hai fatto a trovare un Kneazle in dormitorio? » chiese Frank, sbalordito.
« Lunga storia! »
« Non desideriamo conoscerla. » ci tenne a precisare Frank, afferrando Fred per le spalle.
« Oh, sì che lo desideriamo! » aveva esclamato Fred, mentre veniva trasportato di peso fuori dall'amico.
Cercando di mostrare del decoro dinanzi alla Caposcuola di Grifondoro e pregando il cielo di non incontrare il Capitano Baston in quello stato per nulla conforme alla dignità che avrebbe dovuto possedere un giocatore di Quidditch della sua squadra, mi recai da Hugo in dormitorio, che mi accolse con un: « Miseriaccia! » urlato a gran voce mentre si infilava velocemente i pantaloni, seguito da un delicatissimo: « Ti sei fottuta il cervello? »
Una volta che ebbi sistemato la faccenda e essermi promessa solennemente di riportare la bestiola ad Hagrid il prima possibile (anche per tentare di estrapolargli qualche altra informazione), mi preparai, sistemai la stanza a colpi di bacchetta e scesi per unirmi ai miei cugini in Sala Grande per la colazione. Proprio mentre stavo mettendo piede nella Sala Grande per darci dentro con la colazione e raccontare a Fred di come ero venuta in possesso dell'animale, dal grosso portone di quercia uscì Dominique, con l'aria di chi non aveva toccato neanche un una fetta biscottata ma di chi si era rimpinzata di caffeina.
« Lis, sei viva. » fece lei contenta di vedermi, come se mi stesse aspettando con ansia e non desiderasse altro che parlare con me.
« Dominique, dormito bene? » le risposi in fretta e per nulla interessata a conversare con lei.
Notai che aveva un sorriso radioso e malizioso allo stesso tempo, il che non mi fece pensare a nulla di buono dato che ciò che metteva di buon umore Dominique poteva essere solo qualcosa che allarmava il resto delle persone. Inaspettatamente, mi prese rudemente per un braccio e mi trascinò lontano dal portone della Sala Grande, in un corridoio deserto lì vicino.
« Dominique? » chiesi incerta, ignorando il fastidio che mi avevano provocato le sue unghie curate conficcate nel mio braccio.
Lei mi rivolse l'ennesimo sorrisetto malizioso.
« Ti devo dire una cosa. » annunciò, con trepidazione.
Fu con la sensazione che non potesse essere niente che avrebbe reso la mia giornata migliore che mormorai: « Ti ascolto... »
« Non si tratta di me, se te lo stai chiedendo. » mia cugina mise fine ai miei pensieri estremamente perversi e fece una risatina tintinnante, molto francese e molto simile a quella della madre. La risatina che aveva infastidito per anni tutta la famiglia. « Si tratta di te. »
Alzai lo sguardo su di lei con vivo interesse. « Ti ascolto molto attentamente. »
« Ho sentito Scamander parlare di te con Jerald e Dean, ieri sera. »
Sgranai gli occhi, visibilmente impressionata dall'improvvisa confessione tanto che il mio cuore aveva cominciato a battere in maniera fastidiosamente frenetica. Dentro di me conoscevo bene il motivo ma non volli neanche far prendere forma al pensiero.
« Dovevi aver bevuto molto. » replicai, dopo qualche attimo, cavalcando un'onda a cui io non credevo.
« Certo che no. » rispose Dominique, stizzendosi. « Era notte fonda, ho dovuto attendere che andassero a dormire per far uscire Mark dai sotterranei. Non potevo rischiare che li sorprendesse a parlare di te, così ho ascoltato la loro conversazione con la scusa di verificare il via libera. »
« E il caro Mark cosa ci faceva nella tua stanza, ti aiutava a pettinare le bambole? » indagai, e stavolta fu il mio turno di sorridere maliziosamente.
« Non ci sono mai troppe mani per pettinare le bambole, ricordatelo. » ci tenne a puntualizzare Dominique, ricambiando la smorfia divertita.
Preferii mettere una pietra sopra all'inquietante metafora utilizzata da mia cugina e mi limitai a nascondere le risatine con dei lievi colpetti di tosse.
« Tornando a noi. » riprese Dominique, lanciando uno sguardo accattivante al Corvonero di cui parlavamo un attimo prima, che era appena uscito dalla Sala Grande. Non appena ci vede decise che un altro giretto in Sala per una seconda colazione non gli avrebbe fatto male. « Non si imbarazza così facilmente, te lo posso assicurare. Dicevo, ho sentito chiaramente Scamander rivelare agli amici di aver saltato un appuntamento con Cassandra Smith per stare con te. »
Cercai di non apparire agitata dalla dichiarazione fatta da mia cugina nonostante avessi tutte le buone ragioni per farlo.
« Jerald e Dean hanno detto che ha fatto benissimo a non andare all'appuntamento con la Smith. »
Nel mio animo si faceva largo una strana sensazione che non aveva niente a che vedere con la ricca colazione di cui avrei potuto godere quella mattina.
« Ma lui ha detto che gli dispiaceva di aver saltato un appuntamento e ha inveito contro Jerald e Dean accusandoli di detestare quella patetica Smith solo per il fatto che anni fa lei diede buca ad entrambi. »
Feci una smorfia disgustata, arretrando con la fronte contratta. Avrei tanto voluto che mia cugina mi risparmiasse la parte in cui mi parlava di uno Scamander tanto impegnato a mostrarsi contrito per aver dato buca alla sua adorata frequentante, rimpiangendo il tempo che aveva passato in compagnia di una vecchia amica quale ero.
Serrai i pugni e tentai in tutti i modi possibili di nascondere il fastidio. Non gli avevo di certo chiesto io di passare del tempo insieme.
Dominique parve insoddisfatta dalla mia assenza di risposte. « Beh, allora? » fece, dandomi una manata sul gomito e annuendo in mia direzione.
« La faccenda non mi riguarda affatto. » fu la mia secca risposta, l'eccitazione totalmente sparita dal mio animo lasciando spazio alla delusione.
Dominique trovò interessante la mia ultima affermazione tanto quanto avrebbe trovato interessante un capo acquistato ad un mercatino delle pulci. Aprì la bocca per dire qualcosa ma in quello stesso momento Cassandra Smith aveva varcato la soglia della Sala Grande in compagnia delle sue amiche e aveva lanciato un'occhiata malevola a mia cugina e una di profondo disgusto a me.
Dominique fece una risatina cattiva, che le si addiceva particolarmente.
« Lei sa. » ci tenne ad informarmi, dando le spalle alla sua acerrima nemica e facendomi un occhiolino complice.
Ricambiai l'occhiataccia della Smith senza timore alcuno, studiando la sua espressione ripugnata. « E tu che ne sai? »
« Cugina. » esordì lei, facendo sfoggio di un sorrisetto demoniaco degno di nota. « Ti pare che non sappia riconoscere una persona invidiosa quando ne vedo una? »
« Non credo che lei sia... »
« Lascia fare. » mia cugina mi aveva nuovamente afferrata per un braccio, conficcandomi le lunghe unghie nella carne. Soffocai una bestemmia che avrebbe fatto rabbrividire pure un camionista. « Potrei avere l'onore di sapere dove ti saresti andata ad imboscare con Scamander? »
« Non mi sono imboscata con lui da nessuna parte. » risposi in fretta, scrollandomi gli artigli di mia cugina dal braccio. « E abbassa quella voce! »
Dominique mi rivolse l'espressione più scettica del mondo.
« Dico sul serio, non ho niente da condividere con quell'individuo biondo. »
« Se lo dici tu. » fece spallucce mia cugina mentre facevo per andare via a godermi la colazione, troppo scombussolata per fare altro che non fosse ingozzarmi di cibo. « Ah, un'ultima cosa. Se teneva davvero a lei non avrebbe mai saltato un appuntamento. Se io fossi in te mi deciderei a fare qualcosa. » concluse, allontanandosi con la borsetta firmata a tracolla.
« Non sai quel che dici! » protestai, correndole dietro mentre mia cugina sgambettava via a passo rapido e deciso. « Domi, non metterti in testa strane idee, mi hai sentita? E non fare niente che potrebbe indurmi a gettarti dalla Torre Nord e farlo passare come un increscioso incidente! Sono stata chiara? »
In tutta risposta, Dominique non fece che ignorarmi senza alcun rimpianto, sventolando la mano nella mia direzione fin quando non sparì dalla mia vista, lasciandomi sola con i miei pensieri e dubbi amletici che non facevano che tormentarmi. Scossi il capo ed entrai in Sala Grande, individuando il biondino che faceva colazione insieme a Jerald e Dean al tavolo dei Serpeverde e puntando con decisione verso la mia tavolata senza degnarlo di ulteriori sguardi.
« Che fine hai fatto? » chiese Hugo incuriosito, quando mi unii a lui per la colazione. Con uno sguardo accusatorio, ci tenne a precisare: « Hai fatto sparire quell'orribile gattaccio puzzolente dalla Torre di Grifondoro, spero. »
« Sì, ho dovuto trasfigurare il comodino in una gabbia per tenerlo a bada. Non che sia riuscito molto bene l'incantesimo: più che una gabbia sembrava una massa informe bucherellata. »
« Non so proprio come abbiamo fatto noi due a superare i GUFO di Trasfigurazione l'anno sco... »
L'ingresso in Sala Grande di Isabel Zabini, Caposcuola di Serpeverde, lo mise prontamente a tacere.
Isabel era la sorella di Simon Zabini. A differenza del fratello, la sua pelle era olivastra, aveva una cascata di capelli castano chiaro e un seno davvero enorme che non passava di certo inosservato. I tratti di Isabel erano duri, poco fini, il naso era abbastanza pronunciato e le guance erano ossute ma possedeva un fascino tale da non farmi biasimare per nulla i ragazzi della scuola.
« Merlino, i miei occhi non meritano di posarsi su tale bellezza celestiale... » fu il moderato commento di mio cugino.
« Oh, per favore. » sbuffai, scuotendo il capo alla vista di Fred, a bocca aperta e con una forchetta ferma a mezz'aria.
« Tu non capisci. Non possiedi il suo fascino. »
« Non c'era bisogno fossi così gentile. » sbottai, facendo roteare gli occhi. « E quella da dove spunta? » feci caso solo in quel momento alla copia della Gazzetta del Profeta accartocciata nella borsa di mio cugino.
Hugo si riscosse dalla contemplazione della ragazza. « L'ho trovata in Sala Comune stamattina. Meglio se dai uno sguardo... »
Mi ficcai una brioche intera in bocca e tuffai la testa nel giornale, ignorando di buon grado il resto della colazione. In effetti, dopo aver letto l'articolo indicatomi da mio cugino, mi si chiuse così tanto lo stomaco che avrei volentieri detto addio alla colazione.
« Come sarebbe a dire che il quartier generale degli obliviatori e il comitato scuse ai Babbani sono piombati ieri sera a Londra in un centro Babbano? » sussurrai, sconvolta dalla notizia. « Come mai quelli del Ministero si trovavano nella Londra Babbana? Deve essere successo qualcosa che ha a che fare con gli incidenti che ci diceva Hagrid, ma questo articolo non ci dice praticamente nulla. »
Hugo annuì, poco convinto. « Beh, avrebbero dedicato più parole se fosse stata una cosa importante, non credi? »
« Non ne sono sicura. » mormorai, facendo attenzione a tenere bassa la voce. Mi avvicinai all'orecchio di mio cugino, guardandomi intorno con sospetto. « Penso che dovremmo spiare i professori. Loro sono in contatto col Ministero, altrimenti Hagrid non avrebbe saputo nulla di questa faccenda. »
« Brown e Lumacorno sembrano obiettivi facili. » aveva approvato senza riserve mio cugino.
« No, il vecchio Luma e la McGranitt sono tazza e cucchiaio, Coleman non se ne parla neanche e che Godric ci punisca severamente se ci venga anche solo in mente di spiare Neville. Per adesso concentriamoci su Brown e teniamoci lontani dai guai. »
Mio cugino annuì di nuovo.
« Non che ci venga molto bene tenerci lontani dai guai, a dire il vero. » ammisi, infine.




Dopo aver preso il primo Troll in Trasfigurazione dell'anno e inaugurato l'evento con una grossa bestemmia urlata nel bel mezzo del corridoio del primo piano e che fece togliere a Grifondoro ben dieci punti, che sarebbero arrivati anche a cinquanta se Hugo non avesse avuto la brillante idea di chiudermi la bocca con un incantesimo tacitante, io e mio cugino ci trascinammo rispettivamente in maniera funerea e divertita allo stesso tempo nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure, dove ad attenderci vi era tutta la classe al completo e lo strambo professor Brown.
« Ah, ragazzi! » ci accolse il professore, alzando gli occhi dai fogli di pergamena che erano disposti sulla sua cattedra. « Come mai così in ritardo? »
« Il Caposcuola le ha tolto dieci punti per aver bestemmiato in corridoio e abbiamo perso tempo. E indovinate chi glieli ha tolti? Baston! Assurdo, vero? » rispose Hugo, tra una risatina e l'altra. Un paio di Grifondoro cominciarono a protestare e mio cugino si volse verso di loro: « Dieci punti che potevano essere molti di più se il mio genio non mi avesse illuminato per... »
Gli tirai un violento pestone e lo pietrificai con lo sguardo, mentre lui continuava a ridacchiare in maniera fiera e soddisfatta e si apprestava a prendere posto al solito banco dietro ai gemelli Scamander. Nel passare tra i banchi, ignorai le due specifiche postazioni come se nessuno di carne e ossa avesse occupato lo spazio circostante: ero decisa a non prendere in considerazione Scamander neanche per un saluto, per il resto dei miei giorni.
« Sei un morto che cammina. » sibilai minacciosa verso mio cugino, una volta accomodati nei nostri posti.
Il professore si riscosse dal momento di ilarità.
« Stavo appunto dicendo prima dell'arrivo dei vostri compagni. » proseguì, sedendosi sulla cattedra proprio davanti a Lisa e Katie, che sospirarono rumorosamente, dimenticando in un baleno la faccenda dei punti sottratti. « che il test scritto di stamattina prevede una serie di domande che riguardano voi e voi soltanto, sono omessi gli argomento di studio. »
L'insegnante cominciò a gironzolare in giro per la classe, cosa che detestavo: avevo la terribile sensazione di essere estremamente controllata. I colli di Lisa e Katie si torcevano dappertutto per seguire i movimenti del professore mentre Matthew Ford dovette fare particolare attenzione alle sigarette che stava rollando sotto al banco.
« Un test molto personale, in ogni caso, che permette alle vostre capacità ma soprattutto alle vostre incertezze di uscire allo scoperto. In poche parole: ho bisogno di capire come ve la cavate in presenza di qualche pericolo e minaccia. »
Un silenzio eccitato accolse quelle parole; dal mio canto, mi sentivo piuttosto stordita.
« A cosa serve davvero questo test, professore? » chiese Lorcan incuriosito, il tono di chi aveva capito più di quanto l'insegnante non avesse proferito.
« Beh... » Brown ci diede le spalle, tornando alla cattedra. « Magari un giorno lo saprete, ma non adesso. »
Riprendendomi dal caos infernale presente nella mia testa, fissai intensamente mio cugino e alzai un sopracciglio con eloquenza. Lui ricambiò, annuendo come se mi avesse letto nel pensiero. Era chiaro che Brown desiderava ardentemente conoscere le nostre debolezze e i nostri punti di forza per allenarci in maniera perfetta al combattimento.
Afferrai il foglio che l'insegnante aveva fatto planare su ognuno dei nostri banchi e mi affrettai a dare un'occhiata alle domande. Sembravano parecchio elaborate per essere un semplice test. Stavo giusto per sussurrare nell'orecchio di mio cugino quando vidi una folta chioma di capelli biondi muoversi all'interno del mio campo visivo.
« Sono le stesse domande? » mi chiese Scamander, che si era voltato verso di me e mi fissava con i suoi intensi occhi verdi.
Aveva indicato il suo foglio che aveva riposto sul mio banco, a pochi centimetri dalla mia mano.
Controllai entrambe le pergamene con la malsana idea di avvicinare la mia mano alla sua. « Sì, stesse domande. » confermai con tono estremamente freddo, tornando a fissare con insistenza i suoi occhi che si spostarono velocemente prima per tutta l'aula e poi sul mio foglio di pergamena, poco inclini a sostenere con me il contatto visivo.
Forse il ragazzo si aspettava che gli parlassi con una certa confidenza dopo la serata che avevamo passato insieme ma se stare insieme era stata solo una perdita di tempo che aveva fatto nascere un rimpianto non vedevo il motivo per il quale avrei dovuto comportarmi come se fossi una sua amica.
Vidi un lampo di delusione guizzare nei suoi occhi quando lo ignorai di buon grado, fingendo di prestare attenzione alle domande. In realtà, i miei occhi era fissi in un punto preciso della pergamena, la mente troppo occupata per riuscire a leggere anche solo una riga.
« Allora, siete pronti? Iniziate! »
La voce del professore mi fece sussultare violentemente. Scamander sbuffò impercettibilmente e mi diede le spalle, accarezzandosi la nuca con un gesto distratto. Dal mio canto, intinsi la piuma nell'inchiostro sentendomi vagamente in colpa.
Decisamente, non riuscivo proprio a tenermi lontana dai guai.




Dopo aver affrontato un dormitorio distrutto di primo mattino e gli scarsi tentativi di domare un Kneazle impazzito, le irritanti dichiarazioni di Dominique, un del tutto inutile articolo di giornale, il primo Troll in Trasfigurazione, un enigmatico test che supposi mi sarebbe costato molto caro e la fastidiosa presenza di Scamander per un'ora di lezione, fato volle che quella giornata non fosse finita per me. E dato che la vita non mi aveva punita abbastanza per i miei peccati, avrei dovuto lavorare due ore extra con il mio compagno di lavoro che, caso voleva, fosse proprio colui che avevo deciso di ignorare eternamente.
E per completare quel venerdì diciassette, la cosa su cui dovevamo lavorare era la Legilimanzia.
Naturalmente, non vedevo l'ora di mostrare senza pudore i miei ricordi più intimi e rischiare non solo la mia reputazione ma soprattutto il mio decoro, credeva con convinzione il mio adorabile insegnante.
E quella fu la mia condanna a morte o la catastrofe imminente...
« Che aula ci hanno assegnato? » chiesi, affacciandomi in ogni aula libera e mantenendo un passo decisamente più veloce rispetto a quello del mio compagno per mettere debita distanza tra me e lui.
« Aula tre in fondo al corridoio. » rispose il biondino. « Nell'aula accanto alla nostra ci saranno Lorcan e Justin. Credo che le loro urla rimbomberanno in tutto il corridoio. »
Sorrisi approfittando del fatto che Scamander non potesse vedermi. « Pensa se rimbomberanno le nostre... » mormorai, con sarcasmo.
Scamander fece una risatina imbarazzata mentre spalancavo la porta dell'aula con un violento calcio degno di essere chiamato tale, il cui rumore fece eco nell'intero corridoio deserto. Inutile dire che mi sentivo in trappola: temevo che se non avessi bloccato la mente sarebbero usciti fuori ricordi fin troppo personali, fin troppo intimi, da poter mostrare a lui. Non sapevo a che gioco stesse giocando Brown ma la cosa non mi piaceva. Non mi piaceva per niente.
Guardai il mio compagno di lavoro con uno strano sguardo incupito. Se ne stava a capo chino ad osservare un cuscino per terra e ci giocherellava col piede, senza dire una parola e incapace di stare fermo. Si vedeva lontano un miglio che era nervoso quanto me tanto che appariva iperattivo.
« Hai paura? » mi venne da chiedere, senza riuscire a trattenermi.
« Sono solo nervoso. » mi rispose lui prevedibilmente, non staccando neanche per un attimo gli occhi dal pavimento. « Sai, la penetrazione nella mente... »
Mi chiesi cosa avesse da nascondere.
« Mi raccomando, Scamander, niente incantesimi non verbali. » lo minacciai, sfoderando la bacchetta e ponendomi al centro della stanza, assicurandomi la salvezza dietro un grosso cuscino rosso.
« Niente incantesimi non verbali. » mi sorrise lui, avvicinandosi a me, sfoderando a sua volta la sua bacchetta. Ci fu un attimo di silenzio in cui entrambi ci fissammo intensamente e in cui sentii in maniera piuttosto chiara il mio cuore fare una capriola. « Vuoi iniziare tu? »
Annuii, con la gola secca.
« Sei pronta? »
Annuii nuovamente, mostrandomi determinata.
« D'accordo. Uno... » cominciai a contare, concentrandomi sulle sue iridi. « due... tre... Legilimens! »
In un attimo la mia mente si riempì di ricordi. Vidi un bambino biondo giocare con un giocattolino a forma di drago sul pavimento del salotto insieme al suo gemello. Erano due volti che in passato avevo conosciuto bene. Non avrei potuto non riconoscere i gemelli Scamander, avevo passato la mia intera infanzia insieme a loro con i miei cugini, come se fossimo tutti una sola famiglia.
In un lampo, i due gemellini biondi sfumarono: vedevo solamente un adolescente, alto, mingherlino e biondo. Lysander poteva avere tredici o quattordici anni e sembrava prossimo ad un appuntamento romantico dal modo in cui si sistemava la t-shirt nera e i pantaloni in pelle abbinati, con tanto di polsini e gelatina tra i capelli.
Poi non vidi più nulla e caddi per terra con uno schianto, affondando sui cuscini.
Guardai il ragazzo: sembrava parecchio scosso.
« Non credevo di riuscirci subito. » furono le mie prime parole, quasi come a giustificarmi o scusarmi con lui per l'intromissione all'interno della sua mente.
« Sei stata magnifica, non tutti ci riescono la prima volta. » mi rispose lui, accennandomi un poco sorriso.
Era scosso da brividi e aveva il respiro affannoso.
« Non volevi che vedessi l'ultimo ricordo? » mi lasciai scappare, maledicendomi un attimo dopo per la sfrontatezza.
« No. » rispose Scamander, timidamente. « Non volevo lo vedessi. »
Mi tese la mano con una smorfia e l'afferrai, rialzandomi a fatica. Avevamo nuovamente preso posizione al centro della stanza, posizionando bene i cuscini alle nostre spalle a colpi di bacchetta.
« Vuoi riprovare? » mi chiese, in tono professionale.
Annuii e riprovai l'incantesimo per ben quattro volte di seguito, fallendo miseramente nell'impresa.
O il mio incantesimo non era abbastanza potente o lui si stava concentrando in modo perfetto, non avrei saputo dirlo. Stava di fatto che non riuscii ad evocare neanche uno straccio di ricordo.
« Dovremmo... fare cambio. » proposi, a malincuore.
Il ragazzo annuì di fronte alla mia proposta, puntandomi contro la bacchetta e inspirando profondamente. « Uno... »
Tentai in tutte le maniere possibili di chiudere la mente ma non avevo idea di come avrei potuto cavarmela quella volta. A dire il vero, non sapevo neanche bene come svuotare la mente ed ero troppo nervosa per non pensare a niente.
« Due... tre... Legilimens! »
Quel che sentii un attimo dopo l'incantesimo fu un forte dolore alla testa, seguito a ruota da un ricordo che pareva molto vivido nella mia mente. Il ricordo mostrava me e mio cugino Hugo che correvamo a perdifiato nel corridoio del primo piano, inseguiti da un paio di folletti della Cornovaglia. Ricordavo con gioia quel giorno: era la seconda lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Eravamo al nostro secondo anno e durante quella lezione avevamo aperto di nascosto la gabbia dei folletti, che volarono allegri per tutta Hogwarts prima che la Preside trovasse un modo per stanarli tutti.
Il secondo ricordo che seguì era molto recente e mostrava me e i miei genitori che litigavamo. Poi tutto parve finire quando meno me l'aspettassi e caddi ancora una volta sui cuscini.
« Non riuscivo a bloccare la mente. » borbottai, distesa e priva di forze.
« Non c'è problema, non riesce sempre al primo colpo. Vuoi che ci fermiamo? Stai bene? » mi chiese piano, come se si aspettasse che lo colpissi accusandolo di aver violato i miei ricordi privati.
« Sto benissimo. » mentii, alzando lo sguardo su di lui e accennando un falso sorriso. « Riproviamo. »
Con estrema riluttanza, il ragazzo eseguì nuovamente l'incantesimo e io gli mostrai per la seconda volta tutti i miei ricordi, incapace di bloccare il flusso dei miei pensieri. In quel ricordo, Simon Zabini appariva vivido come se l'avessi avuto di fronte: riconobbi il giorno in cui ci eravamo messi insieme.
« PROTEGO! » riuscii ad urlare, ed entrambi piombammo a terra con un tonfo rumoroso, mancando i cuscini e battendo la testa sul pavimento freddo della stanza.
« Quell'ultimo ricordo. » esordì Scamander a fatica, ancora a terra, steso dalla potenza dell'incantesimo ma comunque in vena di chiarimenti nonostante l'affanno. « Eravate tu e Zabini? »
« Sì. » risposi, alzandomi da terra scossa da forti tremiti, pensando che sapesse benissimo chi fosse Simon Zabini dato che dormiva nel letto di fronte al suo da sei anni a quella parte.
« Vi stavate quasi baciando. »
« Acuto. »
« Siete stati insieme parecchio? » volle sapere, con estremo distacco.
« Qualche mese, credo. Ma stiamo parlando di tre anni fa. » replicai, non sapendo dove volesse arrivare e trovando strano che non sapesse sul serio quanto tempo il suo compagno di stanza e di corso avesse avuto una relazione con una delle ragazze più popolari della scuola.
« Meglio se ci fermiamo, sei molto pallida. »
« Possiamo continuare. » insistetti. « Non fare il timido, Scamander. Devo riuscire a bloccare la mente. »
« Come sei testarda. »
« È il nostro compito. »
Sentii il ragazzo sospirare mentre mi concentravo. « Un'ultima volta, d'accordo? »
« Sì, come vuoi. » lo accontentai.
Scamander fece un colpetto di tosse nervoso, puntandomi di nuovo la bacchetta contro decisamente più insicuro e poco convinto di quel che stesse facendo. Per quanto riguardava me, sebbene non mi sentissi nel pieno delle forze, ero più che determinata a bloccare la mente da penetrazione esterna. Cosa sarebbe successo se qualcuno fuori dalla scuola ci avesse provato? Dopo tutto quello che stava succedendo, dovevo essere capace di stanare attacchi di magia avanzata.
« Pronta? Legilimens! »
Sprazzi di ricordi invasero le nostri menti, quella volta in maniera meno vivida di prima. Io che urlavo contro James e Albus a dieci anni, io e mio cugino nell'ufficio della Preside che ci rimproverava di non dover usare Passaporte illegali all'interno della scuola, io che facevo a botte con una grossa ragazza per aver preso in giro mia cugina Rose e, infine, io e Scamander durante la vacanza di quello stesso anno che ci rotolavamo nel fango, finendo l'uno accanto all'altro.
Il ricordo svanì in fretta così com'era iniziato, lasciando spazio alla delusione: era stato lui ad interromperlo.
« Quello... » cominciò il ragazzo con un balbettio.
« Sì, eravamo io e te in vacanza. » sbuffai, irritata dai suoi continui commenti. « Cosa c'è di strano? Mi sono divertita in vacanza con voi. »
« Credevo non fosse importante. » rispose lui, in imbarazzo.
« Almeno nella mia mente ci sono ricordi di te. »
Gli voltai le spalle, cercando di calmarmi e di non pensare alla forte emicrania che mi faceva tamburellare la testa. Non dovevo permettere che l'ira prendesse il sopravvento su di me, che la mia rabbia eruttasse come un vulcano attivo: avevo già detto più del necessario.
« E con questo che cosa vuoi dire? »
« Niente. » borbottai, prevedibilmente.
In un attimo, mi ritrovai il viso del ragazzo a pochi centimetri dal mio. Di solito tendeva ad evitare il contatto visivo con me ma in quel momento cercava disperatamente i miei occhi.
« Pensi sul serio che nella mia mente non ci siano ricordi di te? »
Non l'avevo mai visto così arrabbiato, di solito il suo tono non era mai così serio. Certo, era capitato che lo vedessi furibondo ma in generale non era un tipo che si prendeva troppo seriamente.
Non risposi, totalmente disarmata dalle circostanze.
« Pensi davvero che nella mia mente non ci siano ricordi di te? » insistette lui, abbassando la voce.
« Evidentemente... »
« Evidentemente niente. » sembrava lottare contro se stesso e contro concetti troppo complicati per essere trasformati in parole. « Non ci siamo frequentati assiduamente ad Hogwarts ma abbiamo trascorso delle simpatiche vacanze insieme. Siamo comunque amici, no? »
No. Decisamente no.
« Sì, certo. » replicai, celando il tono infastidito di chi preferirebbe tifare Serpeverde piuttosto che dire di avere come amico una persona che si crogiolava nel rimpianto di aver saltato un appuntamento romantico per passare del tempo con quella che definiva una vecchia amica. « Sono quasi le dieci, il nostro lavoro l'abbiamo svolto... meglio andare. »
« Oh. » rispose il ragazzo, controllando velocemente l'orologio. « Sì, direi di sì. Non siamo andati male per essere la prima volta. »
Scossi il capo. « No, non siamo andati male. Beh, ci si vede a lezione. »
Fu con il petto che sembrava pesare quintali che corsi via dall'aula.




« La detesto come niente al mondo! » stava tuonando Hugo in Sala Comune di Grifondoro, spaventando alcuni piccoli primini che corsero nei loro dormitori con uno scatto fulmineo. Ridacchiai sommessamente, scambiando uno sguardo divertito con Fred, che stava piangendo dalle risate e batteva furiosamente un piede per terra. « Quella brutta figlia di... buona donna! Faceva battutine ridicole sui miei ricordi! »
Almeno non ero stata l'unica ad avere problemi con quella lezione extra di Difesa contro le Arti Oscure.
« Hugo, andiamo, Lisa non mi sembra... »
« Ah, non sembra, vero? » mio cugino interruppe bruscamente Louis, spalancando gli occhi come un forsennato. « Te lo dico io cosa sembra! Anzi, meglio per tutti che io taccia o Grifondoro rischia di trovarsi all'ultimo posto in classifica! »
Alice fece un risolino e Fred, come al solito, iniziò a dare spettacolo con una serie di battute simpatiche sulla situazione in cui il cugino si era trovato facendo ridere tantissimo me e Frank. Louis, dopo aver tentato inutilmente di placare i freni inibitori di nostro cugino, si immerse totalmente nel suo libro di testo di Incantesimi, non facendo affatto caso all'ira del ragazzo.
« Le faccio crescere dei vermi al posto dei capelli, vedrete. »
« E quale buona occasione per farlo se non ad una festicciola di Halloween? » si intromise una voce divertita.
Ci voltammo tutti in contemporanea verso la fonte della voce. Un Corvonero del settimo anno che conoscevamo sorrise divertito e venne a salutarci, in compagnia di una sua amica del settimo anno di Grifondoro, che mi fece un sorriso che non ricambiai. Jason Goldstein era famoso ad Hogwarts per essere l'organizzatore delle feste, insieme al Caposcuola di Corvonero, noto come l'amante di mia cugina Dominique.
« Jason. » disse Frank, alzando una mano in segno di saluto. « Tutto bene? »
« Oh, benissimo, stiamo organizzando il solito festino di Halloween. Siete dei nostri, vero? » chiese Jason vivacemente, andando subito al punto e facendoci un gran sorriso sornione.
Ricambiai il sorriso, dando una gomitata a mio cugino, il cui broncio si era trasformato in una smorfia divertita. « E ce lo chiedi? »
« È una festa clandestina, quindi mi raccomando: tenete a freno le bocche. Nella solita Stanza, naturalmente. »
« Mi piace l'idea! Chi siamo? » chiese Fred, eccitato.
« Sesto anno e settimo, fatta eccezione se qualcuno di voi conosce qualcuno di fiducia di altri anni. » rispose Jason, sorridendo ad Alice e lei arrossì di un botto. « Di base non sarebbero invitati, ma se tua sorella vuole... lo sai, Frankie, mi fido di voi. Comunque, evitate di invitare i primini: sono così noiosi. Anzi, cercate di evitare proprio la gente noiosa. »
Fantastico, allora Scamander e la Smith non sono invitati.
E strizzandoci un occhio, Jason corse via dalla Torre di Grifondoro. Mi scambiai un sorriso con i miei cugini, felice di quella notizia ricevuta, anche se non sarebbe stato affatto male vedere i capelli biondi di Cassandra Smith tramutarsi in viscidi vermi...

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Strane giornate. ***


Strane giornate.


Chiacchierare e fare esperimenti nell'ora di Erbologia era sempre stato magnifico. Neville non tendeva solitamente a rimproverarti se ti distraevi (e a me capitava molto spesso) e poi ero così brava in quella materia che riuscivo perfettamente a distrarmi e prestare attenzione alle piantine omicide che il nostro amico/professore ci mostrava senza che queste partissero all'attacco e mi staccassero la testa facendomi una decapitazione degna di essere chiamata tale.
Una cosa che Hugo non aveva ancora imparato a fare dopo sei lunghissimi anni.
« Le piante carnivore sono delle piante che... »
Neville si interruppe bruscamente, guardando nella direzione mia e di mio cugino con una certa preoccupazione. Il resto della classe seguì lo sguardo dell'insegnante e in men che non si dica ci ritrovammo quaranta occhi puntati addosso.
« Hugo, allontana immediatamente quella testa dalla pianta carnivora se vuoi evitare di trasformarti nel fratello gemello di Nick-Quasi-Senza-Testa. Vuoi farmi passare un guaio con la scuola e con tua madre? » esordì Neville, nel tono ironico che lasciava trasparire una sincerità degna di nota.
« Scusi, prof! » rispose Hugo divertito, mentre parte della classe ridacchiava.
« Bene. » fece un sospiro Neville, scuotendo il capo. « Dunque, le piante carnivore sono piante particolari e pericolose. Innanzitutto, non sono assolutamente adatte per determinati ambienti ma qui ho ricreato l'ambiente paludoso e torbido adatto per questa pianta così da poterle studiare a fondo. Motivo in più per mettere i guanti, vero, signorinella? »
Io, che mi ero ritrovata a contemplare mio malgrado il profilo di Scamander, impegnato in una chiacchierata col suo compagno di corso, mentre giocherellavo con i miei grossi guanti, alzai velocemente lo sguardo su Neville, che mi fissava da sopra una piantina carnivora piuttosto sinistra.
« Come? Oh, certo. » acconsentii, distrattamente.
Vidi con la coda dell'occhio Scamander che si voltava dalla mia parte e decisi di ignorarlo di buon grado, fingendo una nonchalance che mi sembrava particolarmente ridicola.
« Dovremmo fare qualche esperimento con il muco della pianta carnivora. » proposi, sperando di riuscire a distrarmi a dovere e sporgendomi verso mio cugino per indicare la sostanza viscida che fuoriusciva dalla pianta. « Non si trova dappertutto, sai. Magari possiamo utilizzarla per le nuove Merendine Marinare che stiamo fabbricando oppure per perfezionare quelle inventate dai nostri zii. Dovrei chiedere a mio fratello... »
« Sì, buona idea. Non ho mai dimenticato i galeoni che ho dato a Fred per la scommessa. » disse Hugo, risentito.
Con uno sbuffo, prelevai la stomachevole sostanza verde acido che fuoriusciva dalla pianta carnivora, deponendola in una piccola ampolla che portavo sempre con me in casi di emergenza.
« Prendi anche quelle piccole zanne. » suggerì Hugo sottovoce, assestandomi una gomitata nelle costole. « Possono sempre servire. Ti copro le spalle. »
« Peccato che la pianta si trovi di faccia. » fu il mio sarcastico commento, mentre stuzzicavo la piantina in modo da farle aprire la bocca così da rivelare le zanne che aveva intravisto un attimo prima mio cugino. Zanne molto velenose, avrei scommesso.
La cosa non mi piaceva. Ma non abbastanza da demordere.
« Muoviti. » ebbe l'audacia di sbottare Hugo, nonostante stessi rischiando la permanenza ad Hogwarts.
« Vuoi farlo tu? » replicai, stizzita. « E levati da dosso, mi metti fretta! » e gli diedi una spinta così forte che mio cugino finì catapultato a distanza ravvicinata da una pianta carnivora che sembrava essere pronta all'attacco.
Improvvisamente, ci fu uno strillo a dir poco acuto. Un atterrito Lorcan Scamander sembrava essersi premurato gentilmente di avvisare mio cugino del pericolo che stava correndo a trovarsi in quella posizione emettendo uno strilletto acutissimo e ben poco virile che non passò inaudito alle orecchie dell'intera classe e dell'insegnante.
« Lorcan, cosa hai... oh, Merlino in carrozza! » esordì Neville spaventato, quando vide che la testa di Hugo ciondolava a pochissimi centimetri dalla pianta, le cui zanne si aprivano e chiudevano ad intervalli regolari.
Tirai su mio cugino con un violento strattone.
« Brutta figlia di buona donna, potevi uccidermi! » strillò Hugo allarmato, una smorfia di offesa sul volto e le sopracciglia inarcate.
Inutile dire che nella serra si era creato un certo scompiglio. Dal mio canto, avevo iniziato a ridere senza sosta non facendo affatto caso ai farneticamenti di mio cugino; il resto della classe, eccetto alcuni Serpeverde, ridacchiava e commentava l'accaduto; Justin Smith celebrava la pessima figura del nemico ghignando in modo inquietante mentre Lorcan veniva prepotentemente deriso in particolar modo dal suo gemello Serpeverde, che sembrava piegato in due e batteva in maniera furiosa una mano sul bancone delle piante.
« Ragazzi, per favore! » intervenne Neville, che a sua volta faceva fatica a restare serio. Immaginai che il temperamento da insegnante efficiente stesse prendendo il sopravvento sulle risate suscitate dallo strillo poco umano di Lorcan.
Per quanto riguardava me, il temperamento da studentessa decorosa non aveva affatto preso il sopravvento ed era andato a farsi un giretto perlustrativo in Transilvania e dintorni. Mi coprii la bocca con le mani e mi aggrappai al braccio di mio cugino, indicando ripetutamente Lorcan.
« Se mai un giorno il talento per la lirica dovesse crescere in te, non sopprimerlo! » mi rivolsi a lui, senza riuscire minimamente a trattenermi.
Lorcan non parve troppo toccato dalle circostanze ma ci tenne a specificare che si era trattato solo di un'esclamazione apprensiva nei confronti di un compagno in difficoltà.
« Classe, per favore. » si inserì il professore, esausto già dalle prime ore del mattino. « So che lo strillo poco... come dire? Antropico... di Lorcan vi abbia fatto ridere... »
L'ennesima risatina fu la mia risposta seria.
« ... ma tuo cugino ci stava veramente lasciando la testa e con le carnivore non si scherza. Intesi, signorinella? »
« Intesi, professore. » mentii, asciugandomi le lacrime agli occhi.
« Anche tu. Non ridere di tuo fratello. »
« Ci provo! » rise in risposta Scamander.
Neville aveva la classica espressione che diceva: « cosa ho fatto di male per meritarmi questo? » e fece un gran sospiro. Poi il suo volto parve illuminarsi mentre guardava me e mio cugino.
« Sarebbe meglio se uno di voi due mi va a prendere l'innaffiatoio dietro alle serre. » disse, con un sorrisetto eloquente.
« Cosa? Ci sta cacciando dalla classe, professore? » azzardai.
« Ci sta cacciando dalla classe? » chiese mio cugino, voltandosi di scatto verso di me.
« Certo che ci sta cacciando dalla classe. »
« E tu che ne sai che vuole cacciarci dalla classe? »
« Si nota lontano un miglio che vuole decisamente cacciarci dalla classe. »
« Come sarebbe a dire che vuole decisamente cacciarci dalla classe?! »
« Non voglio cacciarvi dalla classe. » ci interruppe Neville, divertito.
« Come sarebbe a dire che non vuole cacciarci dalla classe?! » domandai io, con voce acutissima.
« Sto cacciando solamente uno di voi due dalla classe. » si corresse il professore, sorridendoci e puntando lo sguardo su di me in particolare. « Sì, hai capito benissimo. Tra l'altro, ho davvero bisogno dell'innaffiatoio, saresti così gentile da andare a prendermelo? E dato che stamattina sono particolarmente generoso, posso anche concederti un lungo giretto per la scuola. »
Ci furono ancora una volta delle risatine sparse per la serra.
« Io non vado con lei? » chiese Hugo frettolosamente, sfoggiando un sorrisino innocente. « Anch'io ho disturbato la lezione, merito anche io una punizione fuori. »
La sua osservazione ostentava una finta premura per la lezione che, purtroppo per mio cugino, Neville non si fece affatto scappare.
« Entrambi fuori? » rise il professore. « No, non era nei miei piani far saltare in aria l'intera scuola. »
Con una strizzatina d'occhio al mio amico/insegnante, mi chiusi la porta della serra alle spalle senza guardarmi indietro.
Fui fuori dalle serre in un secondo, inspirando l'aria mattutina di quel giorno e godendomi il silenzio innaturale calato nel castello. Salii le scale, salutando perfino qualche quadro che nel corso degli anni ad Hogwarts mi era stato sempre simpatico, ma ad un tratto dovetti nascondermi dietro ad una statua: delle voci fin troppo familiari fecero eco nel corridoio. La conversazione in corso sembrava piuttosto accesa e violenta. Mi resi ben presto conto che le persone che conversavano animatamente erano niente di meno che mio padre, lo zio Ron e Draco, il padre del fidanzato di mia cugina Rose, Scorpius, in persona. Erano accompagnati dalla McGranitt e dal professor Brown, che parevano entrambi molto tesi.
« Ti dico che stai sbagliando, Potter, conosco questa gente. »
« E io conosco la popolazione, ho vissuto in prima persona il caos diversi anni fa. E poi, sono io il capo degli Auror, spetta a me decidere cosa dobbiamo fare per il nostro paese. »
« Non possiamo nascondere la verità. » insistette Draco, con un sbuffo irritato e marciando furiosamente. « Questa situazione l'abbiamo già vissuta e rifletti un secondo sui risultati che ha portato. Stai solo insabbiando... »
« No, era diverso tanti anni fa. Tu forse non te ne rendi conto. » lo interruppe mio padre, testardo. « Ron, tu che ne pensi? »
« Beh... » zio Ron pareva alquanto indeciso se dire quel che pensava oppure starsene zitto per non venire Cruciato dal suo migliore amico ma, dopo qualche secondo, ci tenne a dire la sua: « Da una parte bisognerebbe fare qualcosa di concreto per le persone e non dimostrare di essere un covo di pazzi che nega l'evidenza ma sta di fatto che ci troviamo in una situazione molto meno chiara. »
« Esatto, non sappiamo di preciso cosa stia accadendo. Potrebbe essere pericoloso esporci. » si intromise il professor Brown.
Draco non parve convinto dall'intervento dell'insegnante. « Ma per evitare che scoppi il pandemonio, bisogna agire in fretta. »
« È esattamente quello che sto facendo! Sto evitando che scoppi il pandemonio! Tu non capisci, non hai combattuto con me. »
« Tu stai utilizzando la stessa politica inutile di Caramell! » partì nuovamente all'attacco Draco, infervorandosi e diventando paonazzo.
Oh, miseriaccia, colpo basso. Punto per Draco.
« Non osare mai più paragonarmi a Caramell. Capito? Non dimentico quello che mi ha fatto! »
Ci fu un attimo di silenzio.
« Non puoi nascondere la verità alle persone, Potter. »
« Tu eri dall'altro lato, Draco, non hai idea di come reagisce la gente. » disse il mio vecchio, esasperato dal dibattito. « E voglio ricordarti che mia figlia si trova qui ad Hogwarts e non oso pensare a cosa succederebbe se venisse a conoscenza di tutto quanto. Si caccerebbe nei guai, non possiamo permetterci di sbagliare. Bisogna andarci molto cauti! »
Beh, in effetti, se la mette così... punto per mio padre.
« Giusto! » convenne immediatamente zio Ron, che probabilmente non vedeva l'ora di incolpare Draco di qualcosa. « I nostri figli sono tazza e cucchiaio... cosa pensi che succederebbe? »
Draco fece una sarcastica espressione spaventata. « Cosa possono mai fare due adolescenti? »
« Dimentichi di chi sono figli, forse? »
Ah-ha, bella questa! Punto per il mio vecchio.
« Assurdo. » Draco fece uno sbuffo e scosse il capo, lanciando uno sguardo malevolo al suo vecchio nemico. « Non hai proprio imparato ad abbassare la cresta, vero, Potter? »
Sì, su questo non posso proprio dargli torto. Punto per Draco.
« Per l'amor del cielo! » esordì la McGranitt. « Mi sembra di essere ritornati ai tempi in cui frequentavate Hogwarts. Vi prego di accantonare i vecchi dissapori e di lavorare pacificamente, come il nostro capacissimo Alan Brown sta insegnando a tutti gli studenti della scuola. E comunque, Albus Silente avrebbe agito allo stesso modo. »
Mio padre sorrise tristemente. « Lo so, Minerva. »
« Ecco il mio ufficio. » disse la Preside, sollevata. « Chiudete la porta e lanciate un incantesimo Muffliato: anche i muri hanno orecchie di questi tempi e tra poco abbiamo il cambio d'ora. Avete urlato abbastanza, pregate Merlino che nessuno vi abbia sentiti. » e fece il suo ingresso nell'ufficio, seguita a ruota da Brown e da mio zio Ron. Mio padre fece per seguirli ma Draco gli prese un braccio, costringendolo ad arretrare.
Il mio cuore batteva all'impazzata, non riuscivo a credere di aver appena udito una cosa che sarebbe dovuta essere top secret. Certe volte mi meravigliavo del sedere grosso quanto una casa che avevo ereditato proprio dalla persona che si trovava a pochissimi metri da me ma quello non mi pareva il momento di lodare la fortuna che aveva finalmente girato dalla mia parte. Tutto quello di cui mi importava era che finalmente ero riuscita a capirne qualcosa di quella situazione.
« Conosco quella gente, Potter, non commettere lo stesso errore di Caramell. » ribadì per l'ennesima volta Draco, disperato nel tentativo di far capire al compagno di lavoro che per lui stava sbagliando di grosso.
« Per l'ultima volta, non paragonarmi mai più a Caramell. » aveva soffiato mio padre, minaccioso. « Io ero colui che veniva preso di mira da Caramell, io ad essere venduto ai Mangiamorte e a Voldemort, perfino da te! Tu eri dall'altro lato, non sono io che porto un disgustoso tatuaggio sull'avambraccio sinistro, ti voglio ricordare. E per la cronaca: credevo che i tempi in cui ci chiamavamo per cognome erano finiti, Draco. » aggiunse, sottolineando con cura il nome.
Merlino in calzamaglia, mio padre quando ragiona sembra davvero cazzuto. Tre a due per lui: Pluffa al centro.
Le voci dei cinque adulti si sentivano ancora, remote, ma ancora si sentivano, fin quando l'incantesimo Muffliato non colpì la porta dell'ufficio della Preside e l'unico rumore che riuscii a sentire fu quello del mio respiro affannato.




« No, Hugo, non hai capito niente. Io li ho visti, erano qui ad Hogwarts! »
Hugo continuava a guardarmi perplesso, come se fossi una persona con gravi problemi mentali da rinchiudere con urgenza al San Mungo, come se quello che gli avessi riferito fosse una sciocchezza frutto della mia fervida fantasia e non una notizia di una certa importanza. Ero stata testimone di una conversazione che non avrei dovuto udire, e non era qualcosa che accadeva tutti i giorni.
« Parlavano di quello che succede nel paese, discutevano sul pericolo che incombe su di noi. Ed erano qui ad Hogwarts! » ribadii, sgranando gli occhi.
« Stai scherzando? » chiese Hugo, scettico. « Stai scherzando. Vuoi che rida? Ha-ah. Ecco, ho riso. Sei contenta? Dimmi che stai scherzando adesso. »
« No, dannazione. » scossi il capo. « Ma non capisci? »
Restai a meditare per secondi, secondi che parevano interminabili. Perché potevo anche aver origliato una conversazione importante ma quello non mi impediva di tormentarmi di domande, di avere centinaia di dubbi e incertezze. Quella situazione mi aveva fatta uscire fuori di testa e, sebbene mi eccitasse avere qualche grandioso mistero da risolvere, la cosa stava diventando sempre più seria e pericolosa. Era iniziata come una bazzecola, ma evidentemente non lo era affatto.
« Hai davvero... »
« Sì, non ti sto facendo uno scherzo. » il mio tono era profondo, inconfondibilmente serio.
L'espressione di mio cugino era mutata, non era più disinvolta ma era altrettanto seria e tesa e si tormentava le mani in grembo, incapace di stare fermo. « Che cosa dobbiamo fare? » chiese, risoluto come ad esortarmi e dirmi che, qualunque cosa avessi deciso di fare, lui sarebbe stato con me.
« Non saprei al momento e non possiamo parlarne qui. Erano piuttosto alterati, avresti dovuto sentirli... »
« Mio padre ancora non riesce a sopportare il fatto che ormai Draco fa parte della famiglia e che suo figlio e mia sorella... sì, beh, quella cosa lì. »
« Devo ammettere che... ouch! »
Frastornata, alzai lo sguardo sulla persona con cui mi ero scontrata, trovandomi faccia a faccia con l'antipatica e decisamente insopportabile Isabel Zabini. Io e Isabel non avevamo un rapporto amichevole, a differenza di quello che avevo con il fratello Simon, ed era ovvio ad entrambe e a tutto il popolo del castello che non ci sopportavamo affatto, specialmente dopo che la Serpeverde venne a conoscenza anni fa del fatto che io e il fratello avevamo avuto una piccola storia e che avrei potuto far parte della famiglia Zabini.
« Ancora nei corridoi, voi due? » chiese la Zabini, con freddo distacco e con il tono autoritario di chi credeva di essere superiore a tutti.
« Ciao, Isabel, come butta? » le rispose mio cugino, entrando disgustosamente nella fase di rimorchio.
« Non avete lezione? » chiese acidamente la ragazza, acconciandosi una ciocca di lunghi capelli castani e sistemandosi la spilla da Caposcuola sul petto, i gelidi occhi blu che ci perforavano da parte a parte.
« A dire il vero. » intervenni, con una certa stizza. « stavamo giusto per andare in classe. Sai, la campanella è appena suonata e non possiamo ancora smaterializzarci all'interno del castello. »
La Zabini mi lanciò uno sguardo carico di esasperazione e disprezzo, come se non meritassi nemmeno la sua attenzione e come se non valessi neanche un secondo del suo prezioso tempo, ergendosi su un livello troppo elevato per degnarmi di una risposta.
« Ehm... io mi trattengo un secondo qui. Non dovevi andare in classe tu? » disse velocemente mio cugino, lanciandomi uno sguardo così eloquente che non volli per niente cogliere.
Hugo insistette pestandomi un piede e sorridendo nervosamente.
Intercettai il suo sguardo e sbuffai, immaginando cosa avesse in mente e pensando che ne sarebbe uscito davvero male da quel tentativo di invitare la Zabini ad uscire.
« E va bene, me ne vado. » risposi stizzita, voltando le spalle ai due e proseguendo a passo veloce verso il corridoio che conduceva nella caldissima e odiata Torre Nord di Divinazione.
Mi misi a camminare impettita per tutto il corridoio del settimo piano, sbattendo rumorosamente i piedi sul pavimento, fin quando non svoltai l'ennesimo angolo del castello e mi trovai a fissare la nuca biondastra di Scamander, impegnato a perlustrare i corridoi del castello. Udendo i miei passi rumorosi, il ragazzo si era voltato di scatto verso la fonte del rumore. Dal mio canto, piombai per terra fingendo di allacciarmi una scarpa.
« Ciao. » mi aveva salutata lui, con vocina sottile.
« Ciao. » risposi, rivolta verso le mie scarpe che erano allacciate perfettamente.
« Hai dato a Neville il suo innaffiatoio alla fine? » volle sapere con un sorrisetto, mentre finivo di non-allacciarmi la scarpa ed emergendo dal mio non-lavoro per fissarlo.
Ridacchiai pensando alla lezione di quella mattina. « Sì, ne aveva davvero bisogno. »
« Stai andando a lezione? »
« Ho Divinazione. »
Lui annuì con un sorriso e io non potetti fare a meno di osservare ciò che probabilmente, a mia insaputa, mi stava mandando fuori di testa in quei giorni. « Capisco. »
Ci fu un attimo di silenzio dove entrambi ci continuammo a fissare e notai che era la seconda volta che il ragazzo aveva instaurato un prolungato contatto visivo con me.
« Hai letto il cartello affisso in bacheca? » mi chiese improvvisamente, con una strana espressione in volto che non riuscii a decifrare.
« L'hanno affisso quattro giorni fa. » ci tenni a precisare, con una sensazione di eccitazione che mi metteva in disordine le budella: era il cartello con la data per l'uscita ad Hogsmeade prefissata per quel sabato mattina.
« Sì... beh, mi chiedevo se... »
Il ragazzo ammutolì in fretta, intercettando qualcuno alle mie spalle: sarei riuscita a riconoscere la presenza che aveva invaso i nostri spazi anche senza voltarmi. Era Cassandra Smith, che era piombata sul biondino come un avvoltoio sulla sua preda. Rimasi come un'idiota a fissare il ragazzo, pensando a cosa stesse per dirmi prima che la Smith sbucasse fuori come un incubo durante un bel sogno.
« Stavi parlando dell'uscita ad Hogsmeade di sabato? » chiese la Caposcuola con tono gelido, comportandosi come se non esistessi affatto.
Lysander assunse l'ennesima strana espressione facciale. « Sì. »
« Ho già organizzato con le ragazze. Tu, naturalmente, sei dei nostri. Devi assolutamente comprarmi qualche dolce da Mielandia, me l'avevi promesso! » e fece una risatina giuliva, sempre ignorando il fatto che mi trovavo a neanche un metro di distanza da loro.
« Certo. »
Senza salutare nessuno dei due e infastidita dall'intrusione e dal loro comportamento, mi incamminai da sola verso l'aula di Divinazione, ignorando la bocca spalancata del ragazzo quando feci per andarmene. Sentivo che la Smith aveva annunciato la loro uscita dinanzi a me di proposito: lei mi detestava, e mi aveva detestata particolarmente dopo esser venuta a conoscenza delle vacanze estive che io e il suo Scamander avevamo passato insieme.
Eppure avevo l'impressione che Scamander mi stesse dicendo qualcosa di importante...
Arrivai alla Torre Nord in cinque minuti scarsi. La professoressa Cooman si stava sistemando gli innumerevoli scialli e non appena mi vide socchiuse gli occhi e produsse degli strani suoni, calandosi nella solita teatrale trance.
« Oh, sei ancora tra noi... mia cara! » esordì, sgranando poi gli occhi, che parevano enormi a causa dei grossi e spessi occhialoni che portava. « Stavo giusto dando uno sguardo alle carte prima che entrassi, e indovina? Una vocina interna mi ha sussurrato che una giovane coi capelli rossi per sempre via andrà, quando il solstizio d'estate sulla Terra cadrà. E la giovane coi capelli rossi, non ho dubbi, sei proprio tu, mia cara! »
Se la professoressa Cooman non mi avesse predetto la morte ogni giorno, avrei certamente rischiato l'infarto di quei tempi. Ma siccome la Cooman, con il desiderio di somigliare ad una chiromante di alto rango, prediceva situazioni spiacevoli ed insensate una dietro all'altra da anni e secoli, la profezia non mi scalfì minimamente.
« Esilarante. » mi complimentai, inespressiva. « Ora posso andare a posto? »
La Cooman mi lanciò uno sguardo che sembrava una specie di ammonizione e continuò a fissarmi insistentemente per tutto il tragitto che impiegai a trovare posto.
« Vi va se mi siedo qui? » chiesi all'indirizzo di Simon Zabini e Matt Ford, che stava inalando incensi a pieni polmoni.
Simon annuì, con tranquillità. « Prendi pure un pouf. » disse, facendomi spazio mentre io sprofondavo sul pouf viola e mi gettavo con la testa sul tavolino di legno, mettendo in chiaro una cosa: non era una buona giornata. « E tuo cugino? »
« Ha incontrato tua sorella. » risposi, evitando accuratamente qualche parolaccia. « Sì, ha ancora una cotta per lei. »
« Come biasimarlo. » fece un risolino Matt, e Simon scosse il capo con rassegnazione. « Vorresti dire il contrario, amico? »
« No ma risparmiami i particolari, Matt. »
Matt rise di cuore, continuando ad inalare i profumi e socchiudendo gli occhi.
« Sapete una cosa? » feci, distrattamente.
Entrambi i Serpeverde mi puntarono lo sguardo addosso, uno confuso, l'altro incuriosito. « Cosa? »
« Dato che siamo in tema Divinazione, sento che questa lezione potrebbe concludersi con un catastrofico attacco di schizofrenia. Ovviamente da parte mia. »
Matt, sempre ridacchiando a causa di tutto il vapore che aveva inspirato, mi aveva circondata le spalle con un braccio, sussurrandomi sapientemente: « Io questo non lo direi affatto alla Cooman. »




La gita ad Hogsmeade non fece tardi ad arrivare, come una folata di vento in pieno inverno, e i ragazzi di Hogwarts dal quinto anno in su si incappucciarono per benino, sfidando la neve e il gelo per uscire finalmente a godersi il weekend dopo settimane e settimane di studio e intenso lavoro. Io e mio cugino ci andavamo insieme, decidendo di non unirci in un primo momento a Fred, Louis e Frank per poter essere pronti a spiare con prontezza tutti gli insegnanti che avevano deciso di godersi un fine settimana ad Hogsmeade, lontani dagli studenti.
Dominique aveva rifiutato l'invito dei ragazzi, borbottando qualcosa su un appuntamento romantico. E, incredibilmente, non mi aveva detto con chi, cosa che mi faceva pensare che non si trattasse del Caposcuola di Corvonero. Ma Dominique era l'ultima dei miei problemi in quel momento...
« Non sembrava così scontrosa la Zabini, vero? Forse non aveva le mestruazioni. » stava blaterando senza sosta Hugo, mentre ci incamminavamo per la stradina laterale del paesello tenendoci le sciarpe attorno al volto. « D'accordo, forse mi ha guardato come se fossi un Vermicolo particolarmente viscido... ma capisci? Abbiamo conversato più di due minuti! »
« Ma ti senti? » replicai, con una risatina.
« Quella lì ha qualche parente Veela, te lo dico io. » disse mio cugino, trasognato.
Scossi il capo con una smorfia disgustata, guardandomi intorno con circospezione e frugando nelle tasche interne del mio giubbotto di pelle per trovare la cosiddetta Mappa del Malandrino, ignorando le osservazioni poco caste di mio cugino circa il prosperoso davanzale di Isabel Zabini.
« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni! » sussurrai, puntando la bacchetta sulla speciale mappa che aveva fatto la storia.
La Mappa del Malandrino che avevo ricevuto in regalo da mio fratello James, che a sua volta l'aveva rubata dallo studio di mio padre, si coprì in un secondo di inchiostro nero in movimento. Non trovai il mio puntino e quello di mio cugino perché eravamo fuori dal territorio di Hogwarts ma in compenso gli insegnanti non erano nella Sala Grande o nei loro uffici, cosa che mi illuminò di speranza.
« Beh, devono essere tutti quanti qui ad Hogsmeade, no? » fece Hugo vivacemente, speranzoso quanto me e di umore ottimo da quando era riuscito a conversare più di due minuti con la Serpeverde. « Su, chiudi quella mappa. Sono guai seri se qualcuno passa di qui. »
« Fatto il Misfatto! » dissi, riponendo la mappa nel giubbotto.
Fummo ad Hogsmeade in un baleno e ci affrettammo ad ispezionare ogni pub e ogni stradina in modo da beccare qualche gruppetto di insegnanti che magari mentre beveva Burrobirra si lasciava scappare qualcosa di particolarmente interessante ad alta voce... ma invano. Non intravedemmo neanche anima viva: dei professori non vi era alcuna traccia. Era come se si fossero volatilizzati.
« Non ci posso credere! » si stava lamentando Hugo, con la voce ridotta ad un sibilo irritato nelle mie orecchie mentre marciava verso il bancone dei Tre Manici di Scopa. « Ma questi maledetti non hanno una vita sociale? Non escono nel weekend? Avevamo ragione, gli insegnanti sono esseri odiosi e ripugnanti capaci solamente di crogiolarsi in un bagno di strafottenza e presunzione! »
Io, che non avevo il desiderio e, soprattutto, la forza di protestare o fare qualunque altra cosa che non fosse schioccare le dita al bancone per chiamare Madama Rosmerta in modo che mi preparasse qualcosa di forte da bere, mi limitai ad annuire stancamente.
« Arrivo subito! » disse Rosmerta, asciugandosi le mani su un piccolo straccio.
Fissai Rosmerta sbrigare alcune faccende al bancone e mi avvicinai al viso di mio cugino.
« Senti, di sicuro non si trovano al castello. Ricordi cosa ha detto James? La mappa non mente mai. » dichiarai, per mettere bene in chiaro la faccenda.
« Ma se non sono ad Hogwarts e non sono ad Hogsmeade... dove miseriaccia sono? »
Era una bella domanda che necessitava un altrettanto bella risposta, che non parve arrivare. Feci per dire qualcosa di probabilmente inutile e non proprio consolatorio quando, proprio in quel momento, Madama Rosmerta venne a sbrigare il nostro ordine, salutandoci con calore: eravamo conosciuti molto anche ad Hogsmeade.
« Due Burrobirre alcoliche. » ordinai, piazzando dei galeoni tra le mani della sinuosa donna.
« E qualcosa di sostanzioso da mangiare. »
« Sedetevi ad un tavolo che arrivo subito. » disse Rosmerta solare, e sparì.
Io e mio cugino ci incamminammo per la locanda in cerca di un tavolo libero. Facemmo slalom tra la folla di studenti e intercettammo Fred, Louis e Frank che ridevano e scherzavano ad un tavolino accanto alla finestra, ignari del fatto che anche noi eravamo lì dentro.
« Ah, alla fine hanno optato per i Tre Manici. » disse Hugo divertito, agitando la mano per farsi riconoscere dai tre ragazzi.
Mentre seguivo mio cugino, ad un tratto, intravidi con la coda dell'occhio una cascata di capelli rossi fiammanti e mi fermai di botto: era Dominique, ed era da sola ad un tavolo lì accanto, coperta dagli sguardi indiscreti da una grossa e massiccia colonna di legno. E la cosa più strana non era tanto il fatto che si fosse nascosta dietro ad una colonna per non essere vista, piuttosto il fatto che fosse sola.
Virai in direzione di mia cugina. Non appena mi vide avvicinarsi a lei, assunse un'espressione allarmata.
« Anche io sono felice che tu sia qui, Dominique. » la salutai, con abbondanza di sarcasmo. « Mi hai riconosciuta, vero? Sembra che hai visto un fantasma. »
Dominique sbattette velocemente le palpebre, assumendo il contegno e il controllo di sempre.
« Certo che ti ho riconosciuta, sciocca. » rispose, cercando di nascondere i tovagliolini sporchi sul suo tavolo e spostando i due boccali di Burrobirra, tra cui uno mezzo vuoto che stava schiumando.
Feci per sedermi nel posto libero di fronte a mia cugina per chiederle che cosa ci facesse lì da sola ma Dominique diede uno gridolino, facendo oltretutto voltare mezzo locale, e mi spinse via, facendomi oltretutto cadere con la faccia sul tavolino traballante. Il boccale di mia cugina barcollò tintinnando e cadde, rovesciando quel poco di Burrobirra che era rimasta sui suoi vestiti firmati. Facendo oltretutto voltare l'altra metà del locale.
Rimasi sconvolta da tanta veemenza mentre mi guardavo intorno consapevole di avere tutti gli occhi puntati su di me. Mia cugina fece un sorrisino stiracchiato, picchiettandosi meccanicamente con un tovagliolino la macchia giallastra che aveva lasciato la Burrobirra sui suoi vestiti mentre la folla continuava a guardarci come se fossimo impazzite.
« Che avete da guardare? » mi rivolsi all'intero locale, con tutta la nonchalance che poteva avere una ragazza che era appena stata gettata con la testa sul tavolo dalla cugina senza un apparente motivo. « Movimentiamo la mattinata! »
La folla stette a guardarmi ancora per qualche secondo convinta di dover chiamare urgentemente qualche specialista in malattie mentali permanenti e io sentii di voler evaporare dai Tre Manici di Scopa. Fortunatamente, ognuno fece presto ritorno alle proprie occupazioni, dimenticando l'accaduto di qualche secondo prima.
« Domi. » dissi, a denti stretti per non farmi sentire da nessuno. « Potrei sapere che diavolo ti prende? »
Lei non rispose, troppo occupata a guardare il muro di fronte a lei. Dal mio canto, la imitai ma non trovai quella parete interessante quanto una cugina ammattita e strana.
« Ti senti bene? » chiesi, abbassando la voce e continuando a fissare a sottecchi il muro.
Era come se mia cugina fosse in contatto con qualche entità invisibile...
« Sì! » rispose lei precipitosamente, come svegliandosi da un sonno profondo. « Sì, benissimo, certo. Forse dovrei proprio andare via, che giornataccia. » aggiunse, alzandosi e afferrando dal retro della sedia il pesante cappotto viola e la borsa firmata.
« Sei da sola? » chiesi, sempre più sconcertata.
« Non vedi? Da sola, solissima. Beh... io me ne vado, allora... sì... ci vediamo! » e saltellando sui suoi tacchi orribilmente alti, uscì precipitosamente dal locale senza neanche darmi il tempo di salutarla.
Rimasi di stucco a fissare la porta dei Tre Manici di Scopa e, riscuotendomi dalla contemplazione della sua chioma, mi unii ai quattro ragazzi che avevano seguito la scena pietrificati dallo sconcerto.
« Che aveva Dominique? » chiese Hugo, scioccato.
Scossi il capo. « Non ha voluto unirsi a voi? » domandai, prendendo posto di fronte a Frank.
« Siamo arrivati poco prima che arrivaste voi. » rispose Louis, osservando dal finestrone la sorella che si allontanava dal locale. « Le abbiamo chiesto di sedersi con noi ma ha preferito restare lì per finire la sua Burrobirra. Ha detto che stava andando via... »
« Forse aveva un appuntamento con qualcuno che le ha dato buca. » suggerì Frank, con buonsenso. « Per questo era così nervosa e turbata e... strana. »
« Ma sì! » convenne subito Hugo, annuendo in direzione di Frank. « Di sicuro qualcuno le ha dato buca. Nessuno le ha mai dato buca in vita sua! Beata lei... »
Rimasi in silenzio, rimuginando su quanto accaduto e sull'ipotesi di Frank. Quella poteva essere una buona spiegazione a quello che era appena accaduto ma, detto abbastanza chiaramente, chi diavolo avrebbe dato buca ad una mezza Veela splendida come mia cugina? Insomma, si trattava sempre di Dominique Weasley. Alcuni avrebbero addirittura pagato per avere un appuntamento con lei e il tizio che ne aveva l'occasione aveva davvero deciso di venire meno all'uscita? A meno che non fosse rinchiuso in Infermeria o avesse avuto un attacco di diarrea, l'ipotesi di Frank, seppur logicamente pensata, era del tutto errata.
A rompere il silenzio fu Fred, che aveva ridacchiato. « Non ti sei spaccata la faccia cadendo sul bancone, vero? » disse, dandomi un pugno sul braccio.
I ragazzi scoppiarono a ridere e anche io mi lasciai scappare un sorrisino.
« Fai poco lo spiritoso, Freddie. » feci una smorfia a mio cugino e fissai le Burrobirre e gli stuzzichini che Rosmerta ci aveva portato. « Allora, brindiamo a questa strana giornata? »
Che mi piaceva o no, avevo un altro mistero da risolvere.




Quando tornai al castello dopo quella stranissima gita ad Hogsmeade, puntai dritto verso il dormitorio femminile del settimo anno di Serpeverde, sicura che Dominique si fosse rintanata lì dentro. Il cuore mi batteva freneticamente, e sentivo che mia cugina non ne era la causa. Nel profondo sapevo benissimo qual era la causa ma ci tenevo a nasconderla a me stessa. Maledicendo quella trovata in tutte le lingue del mondo, feci un sorrisino stiracchiato a Jerald e Dean, che sedevano comodamente sul divano della Sala Comune, e filai per le scale dei dormitori.
Aprii la porta della camera di Dominique e trovai mia cugina che gironzolava per la stanza mettendo bellamente in mostra il suo push-up rosso fuoco e il perizoma in tinta.
« Sei tornata prima di me, allora. » esordii, chiudendo velocemente la porta della camera e muovendomi verso mia cugina.
Possibile che quando andavo a trovarla in stanza fosse sempre così impresentabile?
« Sì, ho fatto in fretta. » disse lei, guardandomi dallo specchio e tornando a scrutarsi con sguardo alquanto interessato. « Qualcosa ti turba? » mi chiese infine, alzando un sopracciglio e accantonando il suo riflesso allo specchio.
« No, niente. » risposi, cercando di pensare il meno possibile a Scamander.
Non l'avevo neanche incrociato tra le stradine di Hogsmeade, neanche sfiorato con la coda dell'occhio il suo profilo o i suoi capelli ribelli tra la folla di studenti. Jerald e Dean erano in sala comune, ma lui non c'era. Probabilmente lui e Cassandra Smith si erano rintanati da Madama Piediburro a pomiciare. Forse Scamander le aveva offerto qualcosa da Mielandia e lei aveva pensato bene di ricambiare il favore offrendogli qualche altra cosa... forse proprio nel dormitorio maschile di Serpeverde accanto a quello di mia cugina. Il pensiero mi fece rivoltare lo stomaco in modo spiacevole.
« Tu piuttosto, che diavolo hai combinato? » ribattei, incrociando le braccia al petto e parandomi di fronte a mia cugina con determinazione.
« Io? Niente, che vuoi che abbia combinato? » rispose Dominique evasiva, voltandosi per guardarsi le chiappe sode e facendo un cenno contrariato verso il completino che indossava. « Dovevo andare via, ho avuto un appuntamento romantico. »
« Con Mark? »
Dominique ci mise un paio di secondi prima di scuotere il capo con un certo tentennamento.
Alzai entrambe le sopracciglia per la sorpresa. « Hai chiuso con Mark? »
« Non proprio, ci divertiamo ancora insieme, se ti fa piacere saperlo. »
No, non mi faceva assolutamente piacere saperlo.
« E allora con chi sei uscita? » chiesi, incuriosita.
« Non lo conosci. » rispose in fretta Dominique, trotterellando nella stanza in cerca dei suoi vestiti sparsi per tutta la camera. Oltre ai milioni di perizomi lasciati dappertutto.
« Spara. Magari lo conosco. » insistetti.
« Sono sicura di no. » disse, tagliando corto. « Mi passi quel completino intimo di pizzo? »
Obbedii e glielo lanciai brutalmente. « Conosco un sacco di persone, posso darti qualche dritta se lo conosco. »
« Tu che dai dritte a me? » rise Dominique, che aveva afferrato col mignolo il completino e lo analizzava a fondo come per capire se le sarebbe stato meglio di quello che indossava in quel momento.
« Beh, se lo conosco meglio di te posso aiutarti. » mi giustificai, sbuffando dalla superbia utilizzata da mia cugina. « E come mai tu sei così ambigua e misteriosa? Di solito non vedi l'ora di raccontarmi tutti i dettagli dei tuoi appuntamenti. »
« Mi passi quel perizoma nero merlettato? » cambiò discorso mia cugina, ignorandomi semplicemente.
Senza alcuna voglia, le porsi le minuscole mutandine con stizza. « Certo che quando fai così sei proprio stronza. »
Dominique mi sorrise come se le avessi fatto un complimento. « Piuttosto che ficcare il naso in affari che non ti riguardano, pensa ai tuoi: Scamander era ad Hogsmeade con quella vacca totale della Smith, e non va per niente bene. »
« E che vuoi che me ne importi? » ribattei, mentre la mia mente si riempiva di immagini che comprendevano l'uccisione a pezzettini di Cassandra Smith.
Dominique fece un'altra piccola risatina e mosse il dito in mia direzione, come per ammonirmi.
« Pensa a rimarcare il tuo territorio. »

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Halloween. ***


Halloween.

La gelosia era una cosa orribile. Capitava sempre quando meno te l'aspettavi, come una brutta sorpresa di compleanno o come un borsaiolo appostato dietro l'angolo per rubarti perfino i due zellini che a tua volta avevi abbrancato dal borsello di tua madre. Alcune persone avrebbero proclamato con convinzione che la gelosia era un bel sentimento, un sentimento unico che ti faceva capire che qualcuno ci teneva a te e te lo dimostrava, seppur con qualche piccola crisi di nervi.
Beh, io non la pensavo affatto così.
Stava di fatto che, quando dopo la fatidica gita ad Hogsmeade la gelosia venne ad incasinare ulteriormente la mia vita, ignorai Lysander Scamander come se lo sterco di Ippogrifo in confronto a lui fosse Elisabetta di Inghilterra. Non che prima non lo stessi ignorando ma, dopo il weekend, avevo deciso di non prenderlo in considerazione totalmente e in piena coscienza di quel che facevo. Ovviamente, lungi da me il pensiero che il turbamento e l'istinto omicida che nutrivo nei confronti di quel ragazzo fossero stati provocati da quella robaccia odiosa chiamata: gelosia.
« Fred mi ha detto che vuoi portare la pozione sbronzante alla festa di Halloween di stasera. » stava sussurrando Hugo, durante un'ora particolarmente noiosa di Difesa contro le Arti Oscure in cui Brown non faceva che informarci circa i test svolti la settimana prima.
Grugnii in cenno di assenso, scarabocchiando un boccino d'oro in fondo al foglio di pergamena.
« Sì, sono d'accordo. Bisogna di certo movimentare la serata. » aveva approvato mio cugino, con estrema contentezza e senza che nessuno gli avesse chiesto un parere. Fece una risatina piuttosto stupida mentre mi scrollava un braccio. « Ah, e non indovinerai mai chi hanno invitato! Quei tipi del quinto anno di Tassorosso che non si divertono neanche se li sottoponi ad un incantesimo Imperio, hai presente? Sarebbe carino fare qualche scherzetto a loro. »
Annuii, calcando così tanto i dettagli del boccino che temetti che il foglio si sarebbe forato.
« Ma che diavolo ti prende? » chiese Hugo confuso, assestandomi una gomitata sul braccio e fissandomi con insistenza. « Hai attaccato di nuovo briga con il professor Coleman e lui ti ha minacciata di fartela pagare cara anche quest'anno? »
« No. Non di recente, almeno... ti pare? » replicai, non staccando lo sguardo dalla nuca di Scamander.
Nel frattempo, Brown ci stava richiamando all'ordine alzando il tono di voce. « Ho finalmente corretto i vostri test, adesso li distribuisco per mostrarveli. »
Io e mio cugino ci drizzammo sulla sedia, incuriositi, e lo stesso fece Lorcan Scamander dinanzi a noi. Il suo gemello, invece, si era voltato nella direzione di Matt Ford e aveva fatto un risolino sommesso.
« Come sono andati i test, professore? » chiese Katie Thomas, con tono lievemente ansioso.
Brown fece un colpetto di tosse, mentre brandiva i test e consegnava con un colpo di bacchetta il primo foglio a Simon Zabini con una grossa A, che stava per Accettabile, in cima.
« Alcuni sono andati proprio niente male. » rispose il professore con soddisfazione, accennando al sufficiente test di Simon. « Altri... beh, lo scoprirete. »
Il voto di Justin Smith, uno Scadente, fu la notizia più bella della giornata di Lorcan Scamander che con la sua O rossa, che stava per Oltre Ogni Previsione, coronava il tutto. Fu il primo della classe ad aver ricevuto un voto così alto ma Lorcan, seppur assai strambo, sapeva il fatto suo.
« Hugo, se non ti uccidono i tuoi compagni o tua cugina, ti uccido io. » disse il professore, scompigliandogli i capelli con un gesto amichevole.
Hugo assunse un'espressione smarrita e diede un'occhiata al suo voto.
« Ma professore! » esordì, spalancando la bocca e inarcando entrambe le sopracciglia. « Mi ha messo una D? Che sta per... Desolante? »
« Risposta esatta. »
« Non vale! »
« Desolato, mister Desolante. » disse Brown in tono di scusa, facendo ridere a crepapelle la classe e sguaiatamente anche me, che avevo colto la battuta scarabocchiando una grossa D maiuscola sul banco di mio cugino. « La prossima volta mi aspetto di meglio da te. Intesi? »
« Sì, signore. » sorrise Hugo, per niente turbato dal voto ricevuto.
Brown sorrise e fece un cenno col capo a me e a Scamander, gli unici a non aver ancora ricevuto il test. Tutti i ragazzi della classe sembravano all'erta, curiosi di sapere come eravamo andati e, soprattutto, di sapere nel dettaglio il voto che avevamo ricevuto.
« Complimenti ad entrambi, ragazzi. »
Afferrai il foglio che Brown mi stava tendendo, con Hugo che mi alitava pesantemente sul collo come un polpo particolarmente fastidioso, e lo voltai pian piano, mettendo il mostra con mia grandissima sorpresa una grande E rossa sottolineata per ben tre volte.
« Eccezionale. » lessi, con un sorrisetto.
« Eccezionale? » fece eco mio cugino, spalancando la bocca e fissando il foglio come se fosse un alieno appena atterrato sul pianeta terra.
« Eccezionale? » si intromise Lorcan con una vocina acuta e penetrante, voltandosi di scatto per fissarmi con sguardo sognante e alternando gli occhi da me e al fratello gemello in maniera curiosa. « Hai preso Eccezionale? »
« Sì. » risposi, con tono di sfida.
Suo fratello, voltandosi indietro, aveva inclinato il test e io ebbi una fugace visione del suo voto scritto a penna rossa: anche lui, come me, aveva ottenuto Eccezionale.
« Grande. » esordì il diretto interessato timidamente, rivolgendomi per la prima volta la parola da quando avevamo messo tutti e due il piede nella classe.
Non risposi, comportandomi come se non esistesse esattamente come lui e la Smith avevano fatto con me il giorno prima, e continuai a squadrare la sua pergamena con lo stomaco che stava ribollendo di qualcosa che non aveva niente a che vedere col voto.
Con un sorrisetto malandrino, Hugo aveva afferrato il mio test, sbandierandolo dinanzi agli occhi di tutta la classe e, soprattutto, gli occhi astiosi di Justin Smith. « Guardate che bella E! Avete capito la piccola Potter? Tutto culo e niente arrosto! »
« Hugo! » lo ammonì Brown divertito, che era seduto dietro alla cattedra a riordinare distrattamente le sue scartoffie.
« Mi creda, prof! Niente arrosto e tutto cu... »
« Davvero affascinante. » lo interruppe l'insegnante, abbassando il capo per tornare a scrivere qualcosa sul registro di classe con un sorrisetto sulle labbra. « Invece di commentare i voti altrui che, come ho detto, non servono a nulla nella mia materia, voltate il vostro test e soffermatevi sul contenuto del retro che trovo sia assai più importante di uno sciocco voto. Intesi, Justin? » annuì in direzione del ragazzo, fuori di lui dalla collera.
Ci fu un fruscio contemporaneo di fogli e solo quando voltai il mio mi accorsi che Brown aveva riservato a tutti noi un breve commento sul nostro lavoro, un commento scritto in base alle risposte che avevamo dato. Guardandomi in giro per assicurarmi che nessuno spiasse, lessi:

« Riesci a cavartela in quasi tutte le situazioni, in particolar modo per impulso, e spesso riesci a trovare delle soluzioni folli che comprendono sia la magia, sia l'utilizzo del combattimento alla Babbana. Le pecche che ho trovato sono le seguenti: il più delle volte sei impulsiva e segui l'istinto, che spesso ti mette nei guai ma allo stesso tempo riesce a salvarti. Cerca di trovare il giusto equilibrio: non sei un eroe che deve salvare il mondo. E bada bene: tu e tuo padre siete due persone differenti. »

Alzai lentamente lo sguardo dal commento, stringendo i pugni, e lanciai uno sguardo astioso al mio insegnante. Dovevo assolutamente nascondere il fastidio che l'ultima frase mi aveva provocato, non potevo stare al gioco di quelli che mi circondavano. Dovevo essere indifferente, non doveva importarmi di quello stupido commento e del riferimento che Brown aveva fatto a mio padre.
Sapevo benissimo che io e mio padre eravamo due persone differenti, non avevo alcuna intenzione di imitarlo e non c'era affatto bisogno che il mio adorabile insegnante lo sottolineasse, insomma, lungi da me imitare quel grande e glorioso eroe del mio paparino a cui avevano sempre permesso qualsiasi cosa in modo che potesse farsi valere, sul quale tutti avevano riposto speranze su speranze, il peso del mondo sulle spalle.
Hugo finì di analizzare il suo commento con un sorrisetto e si sporse sulla mia spalla per dare un'occhiata al mio. Ovviamente, glielo lasciai fare.
« Non sei un eroe che deve salvare il mondo? » lesse Hugo sottovoce, fissandomi come se si aspettasse che scoppiassi in una scenata teatrale.
« Evidentemente no. » finsi di essere divertita dalla situazione mostrando, oltretutto, un orrendo e falso sorriso. « Come se non sapessi benissimo che io e mio padre siamo due persone differenti, di certo non penso con la sua testa o uso il suo corpo. »
Mio cugino fu parecchio spaventato da quella mia reazione fintamente tranquilla, più spaventato di quanto non fosse stato se avessi fatto una scenata di profonda ira e pazzia dinanzi l'intera classe. E lo comprendevo. Di sicuro aveva capito che avrei fatto di tutto pur di dimostrare al mondo quanto valevo, di dimostrare al mondo che valevo esattamente quanto mio padre. E questa mia determinazione spaventava anche me.
« Cosa ha scritto Brown a te, invece? » domandai, cambiando argomento.
Hugo mi porse il suo foglio e io lessi:

« Le tue soluzioni sono folli e molte volte sciocche e, nonostante a volte riesci a cavartela, spesso le cose non vanno come vorresti, il che ti ti porta ad essere completamente eliminato o stracciato in combattimento. Tuttavia, noto una certa predisposizione verso le arti marziali Babbane quando la magia non viene compresa nelle tue soluzioni. »

« Beh, non farti ammazzare, allora. »
Hugo sorrise, scuotendo il capo e dandomi l'ennesimo pestone.
Al trillo della campanella che annunciava la doppia ora di Pozioni insieme a Lumacorno, mi alzai di scatto dalla sedia e sistemai la mia roba.
« La prossima volta introduciamo i duelli, spero che l'argomento vi interessi di più di quello precedente. » annunciò Brown alla classe, prima che tutti defilassero velocemente via dall'aula. Io, che mi stavo gettando la tracolla in spalla, spalancai la bocca con stupore. « Sì, dei veri duelli tra le varie coppie che ho stabilito. » ci lesse nel pensiero l'insegnante in risposta alle nostre facce interdette. « Tuttavia, potrete partecipare numerosi anche al Club dei Duellanti che sto organizzando partendo dal quinto anno in su. Prima di questo, comincerete ad esercitarvi nel duello insieme al vostro compagno di lavoro così da essere pronti a battervela con qualcuno più esperto al club, magari anche del settimo anno. »
Meraviglioso, non vedevo l'ora di ammazzare Cassandra Smith e farlo passare come un terribile incidente.
« Ma professore! Come faremo a duellare tra di noi? » chiese Hugo velocemente, scioccato a dir poco mentre scoccava occhiate bieche a Lisa Finnigann.
« Lo scoprirete nella prossima lezione. » concluse Brown, facendo aleggiare nella stanza un'aura di mistero. « E ricordate: impegnatevi al massimo, dovete essere capacissimi di duellare come si deve. Ora andate, Lumacorno vi attende! »




Attraversai la Sala Grande trascinando i piedi sul pavimento e puntai dritto verso il tavolo dei Grifondoro dove tutti i miei cugini al completo mi stavano aspettando.
Avevo appena finito di accompagnare il malcapitato Ed Bones in Infermeria a causa di un piccolo incidente durante l'ora di Pozioni che aveva coinvolto me in prima persona e che mio cugino preferiva chiamare: « una tua fin troppo frequente distrazione ». Di certo non avevo intenzione di far scoppiare di proposito la pozione sulla faccia di Ed procurandogli una serie di pustole grosse e piene di pus che gli coprirono completamente il viso.
L'unica buona notizia fu che per la prima volta in due mesi ero finita in Infermeria per accompagnare qualcuno e non per ricoverarmici io, cosa di cui l'anziana Madama Amelia ne fu lieta.
« Allora, come sta Bones? » chiese Hugo, ridacchiando.
« Con le pustole. » risposi, sbadigliando rumorosamente e lasciandomi cadere sulla panca come se avessi combattuto in trincea. « Che sono scoppiate non appena Madama Amelia le ha toccate. »
« Questo potevi risparmiarcelo, sai, staremo pranzando. »
« Ancora ti ostini a continuare Pozioni? » si intromise Dominique, che si era unita ai Grifondoro per il pranzo. Tutti noi cugini notammo l'identico tono di rimprovero di zia Fleur, con tanto di accento francese particolarmente marcato.
« Ho gli esami l'anno prossimo, sai com'è. »
« Come se tu, Dominique, non avessi mai fatto scoppiare una pozione. » intervenne Louis tranquillo, scambiandosi un'occhiatina con Fred, che rise sonoramente.
Dominique fece una lieve scrollata di spalle e sorrise, piuttosto radiosamente. « Stasera abbiamo la festa di Halloween. » ci tenne a cambiare argomento sotto gli sguardi divertiti del resto della famiglia.
« Halloween mi mette addosso una certa inquietudine. » si intromise Frank, che aveva finito di pranzare e faceva fuoriuscire scintille rosse dalla bacchetta con vari incantesimi non verbali. Era una delle sue ossessioni più strane quella di avere la bacchetta sempre a portata di mano, anche durante il pranzo, come se si aspettasse che qualcuno potesse attaccarlo da un momento all'altro. « Non sai mai se devi affrontare un combattimento o uno stupido scherzo. »
Hugo fece una risatina. « Nessuno ti vuole morto, Frank, fattene una ragione. »
« Nel caso vi servisse una mano coi travestimenti, potete contare su di me. E so che necessitate di una mano coi travestimenti. » disse Dominique vivacemente, strizzando in maniera maliziosa l'occhio a Frank, che arrossì.
« Grazie, Dominique, ma sappiamo infilarcele anche da soli le mutande. » rispose prontamente Hugo, e Fred annuì con estrema convinzione.
« Ne dubito fortemente. » riprese mia cugina, facendo roteare gli occhi e tamburellando con le unghie sul tavolo di legno. « Louis ha sempre accettato il mio aiuto con il travestimento di Halloween e ha sempre rimorchiato come un dannato. »
Il diretto interessato preferì non commentare.
« Allora il nostro Paciock potrebbe fare un'eccezione quest'anno. » rise Fred, senza riuscire a trattenersi.
« Non ho bisogno di... rimorchiare... » aveva borbottato Frank, paonazzo.
« E tu, Freddie, non hai bisogno di rimorchiare? » insistette Dominique, facendo leva sul punto debole del cugino.
« Non mi faccio vestire da te, Dominique, scordatelo. » rispose il ragazzo, con tono assolutamente definitivo.
« Passo anch'io. » ci tenne ad anticiparla Hugo.
Dominique fece uno sbuffo. « Ve ne pentirete quando vedrete mio fratello circondato da dieci ragazze in piedi e venti accasciate ai suoi piedi. » aveva sentenziato, facendo un sorriso dolce al fratello, che ricambiò con una certa rassegnazione. « E sapete a chi farei indossare un meraviglioso succinto abitino in stile bambola assassina? »
Scoppiai a ridere sguaiatamente, guardando i ragazzi: sarebbe stato alquanto divertente e inquietante vedere uno di loro con un abitino. Il mio sorriso, comunque, dovette ben presto congelarsi sul volto. Era calato un improvviso silenzio innaturale in cui tutti mi stavano fissando, chi alzando le sopracciglia, chi sogghignando.
Me. Stavano fissando me.
« No. » decretai. « Assolutamente no, non se ne parla proprio! Non mi vedrete mai indossare un abitino del genere e non mi importa un corno di rimorchiare ragazzi se con la taglia striminzita di Domi la mia mercanzia riusciranno a vederla anche per i morti sepolti sotto terra. No, io i tuoi abiti non li indosso più, Dominique, capito? Mai. »




« Maledetta Dominique! » sbottai, sistemandomi la stoffa dell'abitino nero di mia cugina e cercando di assumere una posizione più dignitosa per quanto la situazione disastrosa me lo potesse permettere.
Le calze prudevano in modo terribile, erano così strette che perfino le mutande mi davano fastidio e sembravano aver assunto le sembianze dei perizomi in miniatura che avevo visto tra le chiappe di mia cugina. E la cosa non mi piaceva per niente. Mi chiedevo come lei riuscisse ad indossare abiti del genere in maniera frequente. E mi chiedevo anche come riuscisse a stare a suo agio con una tutina nera in lattice che le metteva in mostra tutto il ben del cielo che possedeva.
A mia discolpa, potevo dire di essere stata quasi costretta. Insomma, si trattava sempre di pressione mentale esercitata su un'anima dannata come me. Dire: « farai colpo su Scamander, lui ti guarda sempre le gambe quando state insieme. » senza aspettarsi un cambio di idea in merito all'abito da indossare sarebbe stato da sciocchi, ma fui ben cauta a scegliere il momento giusto per cambiare miracolosamente idea e a recitare perfettamente la parte dell'esasperata che accettava il tutto solo per un mero accontentamento della cugina.
« Vuoi smetterla di toccarti dappertutto? » mi ammonì senza troppe cerimonie Dominique, che con gli alti tacchi a spillo era diventata più alta di me di due teste.
« Non posso neanche posare il culo su una sedia senza dare spettacolo, Domi. »
« Certo che puoi. Devi chiudere le gambe, semplice. »
Detto da lei non sembrava un consiglio affidabile.
Strinsi forte la stoffa del vestito tra le mani, che erano smaltate di un nero scintillante, e seguii mia cugina con il pensiero che quella festa di Halloween non avrebbe portato a nulla di buono, e qualcosa mi diceva che niente aveva a che vedere con l'abito.
« Siamo arrivate. »
Io e mia cugina facemmo comparire il grande portone di quercia della Stanza delle Necessità e ci infilammo velocemente al suo interno, venendo accecate in pieno da una forte luce bianca proveniente da una grossa palla da discoteca issata sotto il soffitto della sala. La musica era assordante.
Jason Goldstein, che ballava a petto nudo e senza alcun pudore, ci fece immediatamente un cenno di saluto. Guardandomi in giro, notai che la festa si articolava attorno ad una pista centrale su cui gli studenti ballavano tra di loro, scatenandosi; sulla sinistra vi erano una sfilza di divanetti rossi, supposi adibiti anche per le coppiette; in fondo alla sala vi erano i bagni e sulla destra era stipato il lungo tavolo delle bibite.
Il mio sguardo seguì la luce della discoteca e finì nuovamente sui divani su cui, notai solo in quel momento, era stravaccato un annoiato Scamander insieme ad una gioiosa Smith, circondata da un manipolo di ragazze ridacchianti.
Spostando lo sguardo verso destra, vidi Simon Zabini e Matt Ford fumare qualcosa che a seconda del puzzo che emanava pareva Algabranchia. Vidi anche Fred, Louis e Frank che ballavano sulla pista, mentre alcune ragazzine che sembravano del quinto anno fissavano Louis e ammiccavano nella sua direzione. Cormac McLaggen, inoltre, si divertiva a molestare chiunque, maschi o femmine che essi fossero. Infine, parte della squadra di Quidditch di Serpeverde sedeva su degli sgabelli al bancone bar e chiacchierava fitto fitto tra di loro.
« Sembra interessante. » dissi, alzando di molto la voce per farmi sentire da mia cugina.
Dominique annuì e si tolse il pesante cardigan dalle spalle, attirando gli sguardi di una stanza intera con solo un movimento.
« Buonasera, ragazze! »
Mark Baker, il famoso Caposcuola di Corvonero e quello che doveva essere l'amante di mia cugina, venne a darci il caloroso saluto. Sembrava vestito da vampiro, dato il pallore spettrale del suo volto, anche se tutto faceva presagire che fosse solo ubriaco fradicio.
« Bella festa, vero? » e senza aspettare una risposta da parte di una di noi due, disse: « Dominique, balli con me? »
« Certo. » rispose mia cugina con un sorriso, afferrando la mano libera di Mark. « E a te, mi raccomando, non fare la stessa fine di Jason e non combinare troppi pasticci. »
« Ma ti pare? » ribattei, prontamente.
Sbuffai, irritata dal fatto che mia cugina mi avesse da subito dato buca, e intrapresi la disperata ricerca di mio cugino per tutta la stanza, salutando persone mascherate e non, deliranti sulla pista da ballo e non, ubriache e non, per poi imbattermi in lui al tavolo delle bibite.
« Ti stavo cercando dappertutto. » esclamai, sovrastando il rumore della forte musica e dando dei colpetti sulla schiena di mio cugino per farlo voltare.
Hugo, voltandosi verso di me, aveva spalancato gli occhi come se non potesse credere a quel che vedeva. « Che mi venisse un colpo! Non pensavo che Dominique ti convincesse sul serio. »
E in un modo davvero brillante, avrei precisato.
« Come ti sembra la situazione? » cambiai argomento, guardandomi intorno con circospezione: qualcosa mi teneva pericolosamente sulle spine ma non avrei saputo dire da cosa derivasse quella strana sensazione di panico.
« Non ho notato niente di insolito, ad essere sincero. »
Inutile dire che la dichiarazione non mi convinceva affatto.
« Hugo, sei sicuro? » insistetti, squadrando i Serpeverde dalla testa ai piedi e gettando loro delle occhiatacce, che furono non tanto amabilmente ricambiate.
« Certo! Si tratta pur sempre di una festa, gli studenti vogliono solo divertirsi. Tieni, fatti un sorso di questa roba e ricordati che abbiamo della pozione da somministrare ad innocenti creature. »
Con una risatina che non prometteva nulla di buono e accantonando per un attimo l'anomala sensazione di minaccia incombente, bevvi in un solo sorso lo shot dal colore verde smeraldo gentilmente offertami. In tutto quel trambusto, Dominique stava defilando via mano nella mano con Mark e non ero affatto sicura che quei due avessero buone intenzioni.
« Guarda, quei tizi di Serpeverde stanno suonando sul palchetto. » esordì mio cugino, indicando il podio. « E la Smith ha appena afferrato il microfono! »
Mi voltai con l'impressione che la scena che mi si sarebbe presentata dinanzi agli occhi non sarebbe stata di mio gradimento. Come non detto, osservai con un principio di voltastomaco Scamander che accompagnava la voce della ragazza alla chitarra e diedi velocemente le spalle a quella patetica scenetta.
« Della vodka lemon. » ordinai, schioccando le dita verso di barman e cercando di non ascoltare la potente melodia della sua chitarra elettrica.
« Vodka lemon anche per me. Ah, la preferisco quando canta, quella Smith. »
Gli rivolsi un'occhiata furiosa e bevvi tutto d'un fiato la mia vodka nonostante non si trattasse neanche lontanamente di uno shot. Mai avrei immaginato anch'io che Cassandra Smith, con la voce insinuante che si ritrovava, cantando potesse solo migliorare.
La serata non prometteva bene neanche su quel fronte.
« Idiota. » schioccai nuovamente le dita al bancone: avevo bisogno di dimenticare Scamander per un paio di minuti, nonostante avessi i miei dubbi sull'efficienza dell'obiettivo. « Un altro. »
« Ma che ti prende? »
« Taci. »
« Vuoi fare a botte qui in mezzo? »
« Chi vuol fare a botte? » aveva ridacchiato Fred, correndoci incontro per servirsi quello che immaginai fosse l'ennesimo drink al banco. Era vestito da zombie ma immaginai che la sua faccia stravolta e allegra non avesse niente a che vedere col travestimento. « Ah, Lily, ti si vedono le mutande. »
Non mi scomposi minimamente, tanto meno mi affrettai a controllare: Fred da ubriaco riusciva a vedere mutande anche dove non vi era neanche l'ombra. « Hanno finito? » esalai, notando che le note della canzone si erano concluse e che i ragazzi avevano iniziato a protestare.
Afferrai il secondo drink con la speranza che potesse davvero farmi dimenticare il bel faccino che fino a qualche minuto prima era illuminato sul podio, sebbene i miei occhi smaniassero per incrociare i suoi.
« Su richiesta di Cassandra Smith metteranno la canzone di un film Babbano. » ci diede informazione Fred, sempre ridendo vivacemente. « Proprio non ricordo il titolo, aveva qualcosa a che fare con la frutta... forse una banana, chi lo sa. » e scoppiando a ridere come un forsennato, partì alla volta delle bibite.
Io e mio cugino scoppiammo a ridere ma ben presto i nostri sorrisi identici dovettero svanire. La canzone richiesta dalla Smith non era altro che la colonna sonora di un film che solo a zia Hermione e a Dominique sembrava piacere.
« Ho sempre odiato questa canzone. » disse Hugo seccato, guardando le coppie ballare il lento e facendo finta di vomitare nel suo bicchiere di vodka mentre io versavo della pozione sbronzante in qualche cocktail incustodito sul bancone bar. Fece un lungo sbuffo mentre si guardava intorno, imbronciato. « Isabel non ha accettato l'invito di Jason, eppure il fratello ha partecipato. »
« Potresti sempre invitare qualche altra ragazza a ballare. » dissi, soddisfatta del mio lavoro e riponendo la pozione nella borsetta sotto lo sguardo allarmato del barman.
Hugo parve valutare l'idea ma un secondo dopo a distrarlo dal pensiero del ballo romantico fu Alice, quasi in lacrime, che era molto carina nel suo abitino arancio zucca col frontino in tinta. Sembrava aver passato un brutto momento e i suoi grossi occhioni verdi erano gonfi di lacrime amare, il faccino contratto in una smorfia.
« Tutto bene, Alice? » le chiesi con cautela, pregando il cielo che non scoppiasse a piangere date le mie scarse abilità nel consolare le persone in difficoltà.
« Sì. » rispose lei affranta, afferrando il primo drink che le capitava a tiro e scolandoselo, per poi cominciare a tossire un attimo dopo.
Hugo le tolse il bicchiere dalle mani, terrorizzato e in attesa. Rendendosi conto che Alice non aveva mandato giù un drink corretto, fece un sospiro di sollievo e disse in maniera impacciata: « Non dovresti scolarti il primo bicchiere che ti passa sotto al naso, non sai mai quello che ci mette la gente strana all'interno. »
« Sì, non sai mai quello che ci mettiamo all'interno. » buttai lì, la vodka che mi indicava senza logica alcuna cosa dire.
Hugo, che riusciva a sopportare meglio di me l'alcool, mi lanciò uno sguardo di rimprovero in cui riuscii a leggere chiaramente: « che diavolo dici, rimbambita? ». E infatti, prima che potessi dire qualsiasi altra sciocchezza, Alice divenne un fiume in piena.
« Oh, no, non ti trasformare in un annaffiatoio vivente, Alice, mi terrorizzi... »
« Andiamo a ballare. » disse improvvisamente mio cugino, scoccandomi l'ennesimo sguardo sconcertato. La ragazzina aveva alzato lo sguardo del tutto stranita dalla proposta. « Sì, io e te... a ballare, in pista. Non essere timida, andiamo! »
Hugo le sorrise come per incitarla e lei annuì, asciugandosi le lacrime e afferrando la mano libera che mio cugino le tendeva. In un attimo, i due erano insieme a ballare e si vedeva lontano chilometri che erano entrambi molto imbarazzati dal momento.
Rimasta da sola e felice che mio cugino avesse scelto proprio Alice come compagna di ballo in modo da distrarsi e far distrarre la piccola Paciock, tracannai il restante del drink della ragazzina e mi beai per la quantità di gente che corse al bancone bar a bere drink corretti, che fossero Burrobirre, innocenti cocktail o pesanti alcolici.
« Buona, vero? » chiesi con un sorrisetto malandrino a due imbranati Tassorosso, che annuirono, lievemente terrorizzati dalla domanda. « Beh, allora: alla vostra! » acclusi, mentre le smorfie in panico dei Tassorosso si rilassavano, segno che la pozione sbronzante aveva fatto centro.
Con una risatina degna di nota, intravidi con la coda dell'occhio Cassandra Smith, rabbiosa, marciare verso i divanetti. La seguii con gli occhi per tutto il tragitto e quando feci per voltarmi di scatto alla mia sinistra per curiosare su dove stesse correndo così di fretta andai a sbattere violentemente contro qualcosa e rovesciai la bibita per terra. O meglio, sulle bamboline di Gucci che Dominique mi aveva prestato esclusivamente per quella sera.
« Attenzione. » disse una voce a me, purtroppo, assai conosciuta.
Come non detto, mi ritrovai a pochi centimetri da Scamander.
Feci un mormorio in saluto e mi affrettai a pulire le scarpe, mentre dietro di me mio cugino e la Paciock si erano uniti ai due allampanati Tassorosso del quinto anno. Alzando gli occhi su Scamander, notai che indossava una semplice camicia nera con dei pantaloni in tinta, con tanto di cravatta slacciata che gli conferiva un'aria davvero poco casta e pura, e esibiva un trucco nero semplice e particolare che a causa delle luci del palco non avevo notato. I capelli spettinati erano la ciliegina sulla torta per i miei ormoni.
« Stai... bene vestita così. » disse sincero, facendomi un sorriso.
Ricambiai il sorriso cercando di non apparire troppo compiaciuta dal complimento. « Sì, grazie. »
Il ragazzo fece per dire qualcosa ma la vista dei due entusiasti Tassorosso che saltellavano con dei bicchieri tra le mani cantando lodi a Dio, al Quidditch, alle donne e a qualcosa di vietato ai minori di diciassette anni, lo lasciò impietrito.
« Oh, non preoccuparti, hanno appena bevuto delle Burrobirre con all'interno della pozione sbronzante. »
« Pozione sbronzante? »
« L'abbiamo inventata io e mio cugino. » lo informai, notando che lui e Alice in pista stavano ridendo come non mai. « Ti sbronza nel giro di qualche secondo, l'effetto svanisce dopo venti o trenta minuti, dipende dalla persona ma solitamente dovrebbe essere così. »
Il ragazzo sorrise, scolandosi tutto d'un fiato della Burrobirra alcolica che, notai, era colata fuori dalle sue labbra fino al mento. Osservai la gocciolina giurando solennemente di non avere buone intenzioni prima che lui la facesse sparire con un rapido gesto del braccio.
« Simpatica come invenzione. » mi disse, posando insistentemente lo sguardo su di me.
E io su di lui.
« Sì, non male, ma non fu uno spasso quando la provammo su di noi. » tentai di riscuotermi da pensieri tutt'altro che puri. « Attento ai bicchieri che prendi, ti avverto che quelli di mezzo sono pericolosi. Oh, e anche quelli sull'estrema sinistra: quelli sono micidiali. »
« Non sono una preda facile, Potter, cosa credi? » rispose Scamander, piazzandosi a neanche un metro dal mio viso e mettendo in risalto il fatto che mai in vita mia mi ero accorta di quanto fosse bello, anche sudaticcio, e coi capelli scombinati.
In ogni caso... non sembrava sobrio.
Scacciai l'ennesimo pensiero piuttosto molesto dalla mente mentre lui posava una mano sul bancone a pochissimi centimetri dalla mia senza dire una parola, limitandosi a fissarmi.
« LILY LUNA POTTER! »
Il mio cuore fece una capriola: sentire gridare il mio secondo nome era sinonimo di guai.
La voce di mio cugino aveva messo fine al contatto visivo tra me e il biondino che stavo bramando da giorni e, voltandomi mentre soffocavo una parolaccia degna di essere chiamata tale, mi resi conto che ridacchiava e barcollava verso di noi sotto al braccio di Alice Paciock, che sembrava vivere in un mondo tutto suo.
Spalancai gli occhi, sperando vivamente di sbagliarmi.
« Indovina? Ho rimorchiato una bella ragazza! » esordì Hugo, contento come non lo avevo mai visto.
« Cosa? » strepitai, cominciandomi a preoccupare della situazione in cui mio cugino, da probabile vittima della pozione sbronzante, si era immerso fino al collo. « Alice? »
« Ti piace? » insistette mio cugino, inebetito.
Vidi mio cugino indicare la ragazza che a detta sua aveva rimorchiato e il terrore si impadronì di me quando il suo braccio non partì verso Alice ma verso un punto in cui non c'era nessuna ragazza ma solamente un disperato...
« McLaggen? » mi stupii, pensando che probabilmente era meglio omettere il particolare in cui rivelavo ad Hugo che la sua nuova ragazza non era affatto una ragazza.
« Sì, ha detto di chiamarsi così. » mio cugino sbattette le ciglia in modo languido, mentre Scamander si copriva la bocca per non scoppiare a ridere. « Ti piace? »
« Bellissima. » confermai, facendo fatica a restare seria. « Perfetta per te, direi. »
Ma non ci furono parole più sbagliate di quelle che avevo appena pronunciato. Fatto sta che, neanche un secondo dopo, Hugo partì alla ricerca della sua ragazza e non fece altro che molestare il povero Cormac che, essendo lucido, sembrava estremamente terrorizzato da lui e non faceva altro che strepitare cose come: « avevo detto dolcetto, non scherzetto! ».
Dopo dieci minuti di pura follia, io e Scamander, che ce la stavamo ridendo un mondo, ritenemmo necessario intervenire per calmare gli animi.
« Hugo, adesso ti porto in bagno, non fare storie. » disse il ragazzo con fermezza, afferrandolo per le spalle mentre si dimenava come un pazzo.
Mio cugino non smise di sbraitare neanche per un attimo. « No! Vuoi rubarmi la donna? » cominciò a protestare, saltellando e menando calci a destra e manca. « E chi se l'aspettava che eri il tipo che rubava le donne agli amici! »
Lysander fece una fatica enorme per non scoppiare a ridere. « Hai ragione, non vedevo l'ora. » rispose, sarcastico.
« Non sono una donna, razza di idiota! » intervenne il malcapitato di turno. « E tu cosa avresti da dire sul mio conto, Scamander? »
« Nulla di buono, McLaggen. » rispose il ragazzo, con un sorriso.
Cercando di non ridere sguaiatamente, assestai con prepotenza una gomitata nello stomaco di mio cugino.
« Mi fai male, cogliona! Scamander, c'è mia cugina. Rubati mia cugina! »
Cercai di ignorare con difficoltà ciò che Hugo aveva appena detto. « Portalo in bagno e vedi se vomita, intanto mi occupo di Alice. Va bene? Come diavolo ha fatto a bere i nostri stessi drink corretti, Merlino solo lo sa! »
Afferrai Alice da sotto alle braccia e mi avviai verso il bagno delle donne senza degnare Scamander di una sola occhiata dopo l'uscita brillante di mio cugino, non prima di intravedere la faccia omicida di Cassandra Smith.




Il bagno delle ragazze non era messo meglio della stanza dove si articolava la festa. Ragazze vomitanti e deliranti occupavano tutto lo spazio, alcune barcollavano e allungavano le mani a tentoni per afferrare le maniglie delle porte, restando ancorate ad esse come se fossero la loro salvezza eterna. Evitai uno schizzo di vomito per un pelo e lanciai Alice nel penultimo cubicolo, che prese immediatamente a vomitare. In quei bagni sarebbe potuto accadere anche un omicidio: nessuno sembrava essere lucido abbastanza per capire cosa stesse accadendo, a parte me.
Come infatti dall'ultimo cubicolo uscì uno stravolto Mark, ubriaco come non mai, che si stava mettendo in ordine le mutande. Mi fece un occhiolino piuttosto malizioso e corse via dal bagno delle donne, lasciandomi sola con niente di meno che Dominique in persona, che emerse dal cubicolo stravolta quanto lui.
« Dominique! » esordii, scioccata a dir poco dalla scena che si presentava dinanzi ai miei occhi.
Dominique fece spallucce, abbozzandomi un sorriso. « Sono tutte ubriache qui dentro, così ho pensato di venire qui con Mark. » rispose, indicando le ragazze morenti e issandosi sull'asse chiusa del water mentre si accendeva una sigaretta.
« Io non sono ubriaca. » precisai, facendo fatica a ricambiare il sorriso. « Che dire di te? »
« Assolutamente no. » rispose lei, in tono offeso.
Tossicchiai, soffermandomi a guardare la porta dal quale era appena uscito Mark. « Lui sicuro. »
« Assolutamente sì. » fece una risatina tintinnante Dominique.
Mi schiaffai una mano in fronte. « E quella da dove salta fuori? » feci cenno alla sigaretta, decidendo di non intraprendere discorsi che avrei faticato a gestire.
« Vuoi provare? Devi solo... » Dominique si interruppe bruscamente, voltandosi verso la porta al solo scricchiolio. « Oh, abbiamo compagnia. »
Mi voltai anch'io verso la porta, da cui stavano facendo il loro ingresso Cassandra Smith e le sue amiche.
« Ciao, Cassandra, tutto bene? Ti vedo sconvolta. » fece Dominique dispettosa, ma la Smith non sembrava in vena di dar conto alle provocazioni di mia cugina. Piuttosto, non aveva occhi che per me e la cosa non era per niente piacevole.
« Sto benissimo, Dominique. » rispose Cassandra, non levandomi gli occhi di dosso. E la cosa continuava a non essere piacevole. « Sono venuta qui sperando di trovare la tua cara cuginetta, e sono stata fortunata. Beh? Come ti senti adesso che hai ottenuto quello che volevi? »
« Come, scusa? » chiesi, seriamente convinta che la sanità mentale non fosse una prerogativa della ragazza.
« Oh, non fare l'ingenua, Potter! » fece uno sbuffo Cassandra, il viso contratto in un'espressione di puro risentimento. « Hai un'assurda capacità di mettere zizzania tra le persone che neanche hai idea ma non riuscirai a farmi litigare con Lysander. »
Ci misi un attimo per metabolizzare le sue parole, poi scoppiai a ridere.
« Mi sei troppo indifferente per occupare i miei pensieri, Smith. » dissi, nel tono più sincero che potesse esserci. « Lo stesso vale anche per lui, naturalmente. » acclusi, e quella volta non fui altrettanto cristallina.
« Non si direbbe dal modo in cui lo guardi. » disse Cassandra minacciosa, mentre si avvicinava a me lentamente. « E non osare nasconderti dietro la scusa dell'amicizia, gli ronzi attorno da quando ha cominciato ad uscire con me. »
« Siamo imparentati, in un certo senso! » sbottai, e il solo pensiero mi fece rivoltare lo stomaco. « Idiota. »
« Non ti permettere di insultarmi! » e mi spinse con tanta forza che io, impreparata, finii nel cubicolo addosso a Dominique e mi bruciai una coscia con la sigaretta accesa.
Cassandra Smith e le sue amiche defilarono via dal bagno mentre io e mia cugina eravamo avvinghiate come due lesbiche e non riuscivamo a scrollarci di dosso l'una dall'altra tanto che eravamo incastrate.
« Dannata Smith, ma cosa le dice il cervello? » imprecai, cercando invano di calmarmi mentre mi tiravo su con fatica.
« Che stronza di prima categoria! » mia cugina, che presentava dei terrificanti capelli arruffati e l'espressione omicida sul volto, aveva lanciato di prepotenza la sigaretta nel water. « Ha superato tutti i limiti possibili. »
« Oh sì che li ha superati! » ringhiai, facendo schioccare le nocche e tastandomi la bruciatura di sigaretta che mi aveva forato una parte di calza. « Ma non la passa liscia, puoi contarci. »
Uscii impettita fuori dal bagno, sbattendomi addirittura con violenza la porta alle spalle. Prima che potessi fare un solo passo verso Cassandra Smith, estrassi la bacchetta e la puntai contro le casse della musica.
« Silencio! »
La musica zittì di botto. Non diedi neanche il tempo ai ragazzi di realizzare la situazione o di protestare, che stavo già urlando contro la ragazza.
« Che diavolo ti salta in mente, Smith? » sbottai, piantandomi sui talloni e individuando la mia acerrima nemica al centro della pista. I ragazzi mi fecero spazio e si misero in cerchio attorno a me, osservando la scena, chi preoccupato e chi incuriosito. « Prova a mettermi di nuovo le mani addosso e ti faccio pentire di essere venuta al mondo! »
Cassandra aveva alzato un sopracciglio come se la situazione non la riguardasse affatto. « Tu sei completamente pazza. »
« E tu una pessima attrice, Smith, mi hai spinta su una sigaretta accesa! »
« E tu mi hai insultata! »
La ragazza scosse il capo con fare da vittima sacrificale verso la folla e verso Scamander, che si era avvicinato a lei con un'espressione indecifrabile sul volto. Nel frattempo, le amiche della Smith mi avevano circondata, schioccando le nocche, pronte per la rissa.
« Dovresti ringraziare il cielo che non ti hanno ancora espulsa dal castello, Potter. » ci tenne a proferire una delle ragazze, in tono acido.
« E tu chi diavolo saresti? » intervenne Dominique, venendo avanti.
Anche Cassandra fece un passo avanti, sfoderando la bacchetta. « Provate solo a toccarci e vi mando in Infermeria. »
Dal mio canto, la imitai e puntai loro contro la bacchetta nonostante fossi abbastanza certa che non ce ne sarebbe stato bisogno e che le mani sarebbero state più che sufficienti all'attacco. « Non osare minacciarci. »
« Altrimenti cosa fai, Potter? Ci spedisci una fattura o... »
Ma la Corvonero non finì neanche di completare la frase che da copione aveva memorizzato che le fui immediatamente addosso, alla Babbana e senza bisogno di una fattura per romperle il faccino.
Nel giro di pochi secondi stava regnando il caos sulla pista.
Menai gomitate, calci, mettendo in atto le mie più forti tecniche di arti marziali, mentre Cassandra Smith mi tirava i capelli e colpiva ogni centimetro di me che riuscisse a colpire con il tacco della scarpa. Nel frattempo, attorno a noi si era creato una specie di cerchio di cui io e Cassandra ne eravamo il centro, come se fossimo ad una specie di incontro di wrestling femminile.
« Smettetela immediatamente! »
Due braccia possenti e forti mi staccarono da Cassandra e in un attimo mi ritrovai distesa per terra sul pavimento gelido. Sentii sotto la testa qualcosa di morbido e mi resi conto di essere piombata sulla pancia di Hugo che ancora mi tratteneva entrambe le braccia, ripreso alla grande dalla pozione e tornato come nuovo.
« Che ti salta in mente di scatenare una rissa con Cassandra Smith qui dentro, eh? » fece mio cugino, rimettendomi in piedi con un grosso scossone.
Anche Louis, Fred e Dominique intervennero, precipitandosi al centro pista.
« Oh, una rissa, adoro le risse! Da bere per tutti! » si intromise Fred ridacchiando, prima di essere colpito in pieno stomaco da Hugo e crollando a terra senza avere la forza necessaria per rialzarsi.
« Che sta succedendo qui? » chiese Louis, interdetto.
« Bella domanda. » convenne Jason arrabbiato, dal podio del DJ, la voce amplificata dal microfono.
« Sono state loro! » si era inalberata Dominique, puntando il dito accusatore verso le Corvonero e non curandosi minimamente di tenere un tono dignitoso.
L'espressione di Scamander, che tratteneva una furibonda Smith, sembrava allibita.
« Non crederete a queste due vipere, vero? » inveì Cassandra, godendo del fatto che il biondino l'avesse separata da me e la tenesse stretta tra le sue braccia.
« Parla per te, piuttosto! » partì a contrattacco Dominique, prima che Louis la afferrasse per un braccio intimandole di darsi una calmata.
« Siete patetiche. » insistette la Corvonero, rossa in faccia per i ganci che aveva ricevuto e per i nervi.
« Vaffanculo! » urlammo io e Dominique, contemporaneamente.
Gli occhi degli invitati alla festa andavano da me a Dominique, alla Smith e alle altre Corvonero senza sosta, come se stessero seguendo un'interessante partita di tennis.
« Smettetela subito, ragazze. » si intromise Jason, con uno sbuffo irato.
« Taci, Potter, che mi hai assalita. » continuava ad intestardirsi la Smith.
« Sei stata tu a cominciare, brutta figlia di... »
« Vuoi piantarla? » si inserì Scamander in un sussurro, col tono esasperato di chi non riesce a tollerare nulla e rivolgendosi a Cassandra con espressione di rimprovero. Poi, alzando la voce, esordì: « Volete piantarla tutti e lasciare continuare la festa? Vi state comportando come dei primini idioti. »
« È stata la tua stupida fidanzatina a cominciare! » infierii, divincolandomi dalla presa ferrea di mio cugino.
« Concordo. » mi diede man forte Dominique, tenuta da suo fratello.
« Sì! Fatti... valere... Dominique! » intervenne Fred senza lucidità mentale alcuna, biascicando dal pavimento.
« Sentite. » si intromise di nuovo Jason, le mani tra i capelli in segno di esasperazione pura e con tutta l'aria di chi preferirebbe essere altrove piuttosto che trovarsi in mezzo ad una sottospecie di faida familiare, oltre che coinvolto in una rissa tra ragazze. « Ho organizzato una festa in maschera di Halloween per divertirci, i vostri affari privati non interessano a nessuno. »
« Parla per te! » si sentì in sala, e alcuni studenti ridacchiarono.
« E va bene. » concluse Jason, seccamente. « DJ, rimetti la musica e quel che deve succedere succeda. E non dite che non vi avevo avverti... »
Ma non ci fu affatto modo di rimettere la musica e continuare a celebrare la festa in maschera. Le parole di Jason Goldstein furono improvvisamente coperte da uno strillo acutissimo e atroce proveniente dall'esterno della stanza.
Impallidii, voltandomi di scatto verso mio cugino, e vidi il mio orrore riflesso nei suoi occhi. Era ovvio che entrambi stavamo pensando fosse accaduto qualcosa di grave fuori dalla stanza, e proprio in quel preciso momento.
Il cuore mi batteva fastidiosamente nel petto e avevo come l'impressione che abbassare la guardia e concentrarmi su Cassandra Smith fosse stato un terribile errore. Di solito, le mie sensazioni non sbagliavano mai, ed era chiaro che fuori dalla stanza niente stava andando per il verso giusto.
« Proveniva da fuori! Qualcuno ha lasciato la porta della stanza aperta! »
Poi ci fu un altro strillo e parecchi passi agitati.
Nel giro di qualche secondo, eravamo tutti fuori. Hugo mi prese il braccio e insieme ci facemmo largo nel corridoio del settimo piano, dimenticando completamente l'affronto di pochi minuti prima, dove erano stipati tutti gli studenti del castello in una concentrata folla agitata. Alcune ragazzine del primo anno piangevano spaventate e altri studenti sussurravano inquietati tra di loro, respirando affannosamente.
Con un muto accordo, io e mio cugino ci facemmo avanti a forza, ritrovandoci in prima fila. In un primo momento, non notammo nulla di strano a parte i professori, bianchi come cadaveri, poi mettemmo a fuoco la parete del corridoio. Sul muro di pietra, una volta immacolato, era scritto a caratteri cubitali:

TEMI ANCORA, HOGWARTS: SIA FATTA GIUSTIZIA.
E COME MOSCERINI, DI NUOVO, VERRANNO SCHIACCIATI.

E sotto alla scritta nera come la pece il corpo insanguinato di Bellatrix Lestrange.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Problemi di ordinaria amministrazione. ***


Problemi di ordinaria amministrazione.

E sotto alla scritta nera come la pece il corpo insanguinato di Bellatrix Lestrange.

« È viva! »
Non appena il professor Brown pronunciò quelle parole sentii di nuovo il terreno sotto alle mie gambe molli, gambe che non appena avevano visto il corpo della Lestrange avevano ceduto come se fossero di fragile ceramica. Bellatrix non mi era mai stata simpatica, tutt'altro, la detestavo con tutto il cuore e sarei stata più che felice di vederla marcire in Infermeria dopo averla sfidata a duello ma vederla in quello stato non era stato per niente piacevole. Il suo abito da festa era insanguinato nella zona del petto e creava col pavimento una piccola pozza di un rosso spaventoso.
Nonostante lo spettacolo non fosse dei migliori, non riuscivo a togliere gli occhi di dosso a Bellatrix e chiedermi cosa fosse accaduto per ridurla così.
« È viva. » disse nuovamente Brown con la voce flebile, mentre la McGranitt si avvicinava al corpo della ragazza, fissandola intensamente con un pallore spettrale sul volto.
Alcuni studenti tirarono dei sospiri di sollievo; altri rimasero immobili e col fiato ancora sospeso.
« Preside, se posso dire la mia... » il tono di voce dell'insegnante era ridotto in un sussurro roco appena udibile. « sembra che la fattura eseguita su Bellatrix sia alquanto elementare, oserei dire, e il sangue della ragazza presenta delle... »
Avida di sapere che avesse di tanto strano la fattura utilizzata dagli assalitori della Lestrange e cosa ci trovasse di insolito il mio insegnante sul suo sangue, sussultai quando la McGranitt mise a tacere Brown con una forte esclamazione.
« Tutti gli studenti vadano subito nei loro dormitori! »
La Preside, nonostante la voce assai tremante, pareva decisa a mostrare il meno possibile quello spettacolo orribile ai ragazzi presenti. Molti studenti le ubbidirono subito e fecero dietrofront, guidati dai Prefetti e dai Capiscuola e sollecitati dagli altri insegnanti; altri rimasero fermi ai loro posti, impietriti dalla paura e con lo sguardo che si spostava dalla scritta minacciosa al corpo inerte e insanguinato di Bellatrix.
« Avete sentito la Preside? » fece eco Coleman, non sprecando neanche una minima occasione per far valere la sua autorità da Vicepreside. « Tutti quanti nei dormitori! »
« Ma Preside! » intervenne Nott, facendo un passo in avanti e guardando minacciosamente il gruppetto di Grifondoro capitanato da me e mio cugino. « E Bellatrix? Io non me ne vado da qui con lei ridotta in questo stato! Insomma, guardate! Guardate tutti cosa le hanno fatto i figli degli eroi della seconda guerra magica! »
Stetti per un attimo concentrata sul volto bellicoso di Nott, non avendo la più pallida idea con chi il ragazzo se la fosse presa e per quale motivo gli occhi di tutte le persone nel corridoio erano puntati in buona parte su di me. Poi riflettei per un millesimo di secondo sulle sue parole e arrivai presto alla conclusione.
« Cosa staresti insinuando, Nott? » sbottai, esterrefatta dall'accusa mentre ricambiavo le occhiatacce del Serpeverde sentendomi la coda estremamente di paglia.
« Nott! » esordì Neville, a dir poco scioccato dalla dichiarazione. Molto probabilmente anche lui, avendo due figli ad Hogwarts ed essendo lui in prima persona uno degli eroi della guerra, si sentì avvampare. « Ti rendi conto di quel che hai detto? Chiedi immediatamente scusa ai tuoi compagni e... »
Hugo ritenne opportuno interrompere il professor Paciock.
« Staresti davvero dicendo che noi abbiamo fatto del male alla tua amica? » chiese, rabbioso.
« Per cortesia. » si intromise Brown, tentando inutilmente di richiamare a raccolta le persone e di placare gli animi che di certo si sarebbero presto surriscaldati.
« E chi, altrimenti? » insistette Nott, furibondo.
Spalancai gli occhi, disgustata dalle sue accuse infondate. « Tu sei completamente pazzo. »
« Mantenete la calma! » urlarono in coro Neville, Brown e Coleman, quest'ultimo cercando di accavallare l'autorità degli altri insegnanti come se fosse il Re di Inghilterra.
« Lui sarebbe pazzo? » chiese la voce sonora di Mulciber, sovrastando i sussurri concitati degli studenti. « Voi protetti ce l'avete con noi fin dal primo anno! »
« Anche voi ce l'avete con noi fin dal primo anno! » intervenne Fred, facendosi largo tra la folla degli studenti per guardare in faccia Nott, Mulciber e la banda Serpeverde.
« Ma noi non abbiamo mai fatto del male ai vostri cari amici Grifondoro! » infierì Nott, gravemente.
« Non siamo stati noi a far del male alla vostra amica! » urlai, facendo un passo in avanti, sperando di non dover ricorrere alle maniere forti dinanzi agli insegnanti e alla Preside stessa.
Chiunque avesse assalito quella ragazza non era un Grifondoro, e tanto meno un Corvonero, un Tassorosso o un Serpeverde. Di certo nessuno studente avrebbe potuto spingersi a tanto. E per dirla proprio tutta, l'unica persona che quella sera stava seriamente rischiando la pelle per mano mia era solo Cassandra Smith e, sfortunatamente, non si trovava bendata nell'Infermeria del castello in preda ad una crisi di pianto isterico.
« Studenti, per favore! »
Lumacorno, scioccato dallo scontro avvenuto in un momento tanto critico come quello, fece per portarsi via alcuni Serpeverde, cercando di mettere fine all'accesa discussione in corso. La McGranitt, dal suo canto, era ancora china su Bellatrix e la esaminava con mani tremanti. Avrei scommesso che stesse seguendo il tutto con le narici che fremevano e pronta a scoppiare in urla isteriche da un momento all'altro. Cosa che non era affatto incoraggiante ma che di certo non avrebbe impedito qualunque tipo di scontro frontale tra me e qualche essere viscido che si trovava in quel corridoio.
Nott fece uno sbuffo minaccioso. « Sapete che vi dico? Siete solo dei codardi. »
Mi sentii il viso ardente. « Noi saremmo codardi? » sfoderai la bacchetta, preparandomi ad attaccare.
Molte persone trattennero il fiato; sentii l'urletto strozzato di Dominique che incitava qualcuno, probabilmente un Caposcuola, a tenermi a bada.
« Adesso basta. » decise fermamente Brown, trascinandomi fuori dalla portata di Nott e dei Serpeverde e costringendomi ad abbassare la bacchetta.
« Noi non abbiamo neanche torto neanche un capello alla vostra amica, eravamo alla festa di Halloween! »
« Esatto, come avremmo potuto? » convenne immediatamente Hugo, puntando il dito accusatore contro i Serpeverde mentre Coleman si poneva tra le due fazioni a braccia spalancate. « Abbiamo almeno una cinquantina di testimoni che erano alla festa! Se continuate ancora ad insistere dovrete vedervela con noi! »
L'ingiustizia per la terribile accusa bruciava in me come fuoco ardente ma dovetti ben presto calmare il mio animo infervorato: gli studenti stavano cominciando a protestare a gran voce, creando una baraonda di urla che sembrava si stesse alzando una sommossa popolare.
« Razzisti! »
« Siete dei razzisti! »
« Voi Serpeverde ne avete ammazzati tanti dei nostri! »
« Ma cosa volete dai Serpeverde? » intervenne un bimbetto del terzo anno di Grifondoro, a giudicare dal cravattino rosso e oro. « A loro hanno ferito una studentessa, hanno tutto il diritto di parlare! »
« Ma chi diavolo ti ha Smistato in Grifondoro? »
« Studenti, smettetela immediatamente! » Coleman, con la sua voce possente, sembrava impotente di fronte a tutta quella mandria di studenti ribelli e spaventati.
« Cosa ne sapete della guerra e della morte dei vostri cari? »
« Razzisti! Razzisti! »
Guardai Hugo con espressione di orrore: non sapevo più che cosa fare o che cosa pensare, e la folla agitata non aiutava per nulla la situazione. Mi chiesi solo chi fosse l'artefice di tutto quello e cosa fosse accaduto di tanto terribile fuori da Hogwarts per animare gli animi all'interno. Decisamente, il castello cominciava a celare misteri oscuri. Gli studenti smisero di protestare solo quando la McGranitt si erse al di sopra di loro con un'espressione così severa e arrabbiata che mi stupii che molte persone avessero ancora il coraggio spudorato di guardarla negli occhi.
« Tutti vadano immediatamente nei loro dormitori. Adesso. In silenzio. » esordì la Preside, con un tono che non ammetteva repliche.
E repliche non ci furono. Tutti gli studenti fecero seduta stante dietrofront per andare via, alcuni ribelli si limitarono ad una sorta di occhiata malevola alla McGranitt ma anche loro filarono via. Stavo appunto girando i tacchi per unirmi alla coda e seguire i Prefetti e i Capiscuola della mia Casa quando una mano mi prese per la spalla e mi costrinse a voltarmi. Lanciai un'occhiata a mio cugino, notando che la stessa identica mano presente sulla sua spalla.
Era la Preside.
I miei cugini e i fratelli Paciock ci dedicarono uno sguardo carico di commiserazione prima di trotterellare dietro ai Capiscuola.
« Vi voglio entrambi nel mio ufficio. » decise la McGranitt, respirando affannosamente.
« Ma professoressa... » obiettai.
« Immediatamente! »
Il mio istinto di sopravvivenza mi consigliò accuratamente di seguire il suo ordine.




« Non siamo stati noi ad organizzare la festa di Halloween, signora Preside! »
La McGranitt marciava più terribile che mai per il suo ufficio, brandendo la bacchetta in maniera brusca e tamburellando con essa su ogni ripiano che aveva avuto la sfortuna di trovarsi alla sua portata. Sembrava davvero su di giri, indecisa su chi prendersela. Una cosa, comunque, era certa: voleva a tutti i costi trovare il pretesto per prendersela con me e mio cugino.
« Voi c'entrate sempre qualcosa. » disse la McGranitt in maniera forzata, senza alcun senso logico. Con uno svolazzo della bacchetta accese il fuoco nel camino, che fece un gran rumore e scintillò minacciosamente all'interno della stanza.
Deglutii rumorosamente quello che sembrava un grosso rospo.
« Ma la festa non l'abbiamo organizzata noi. » disse mio cugino, ragionevole per la prima volta in vita sua, tentando di mantenere la calma e ripetendo quella frase per la decima volta di seguito da quando avevamo messo piede nell'ufficio.
« Ma ci siete di mezzo! » insistette lei, incrociando le braccia a continuando a marciare.
« Sì, ma... » cominciai.
« Niente scuse! » la donna sembrava stesse tremando. « I vostri genitori devono essere immediatamente informati! Temo che non presentarsi in Sala Grande per la festa di Halloween organizzata dalla scuola ed unirsi ad una illegale organizzata da voi ragazzi sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso! »
Inarcai le sopracciglia, sopraffatta dallo sconcerto.
Qualcosa non quadrava.
Hugo congiunse le mani in quella che appariva una disperata preghiera di morte. « Preside, ci creda, stavolta non c'entriamo niente. » disse, sfregandosi la guancia piena di trucco di Halloween e cercando di assumere un comportamento che la Preside avrebbe potuto definire responsabile e dignitoso. Dal mio canto, lo imitai subito. « Sia con la festa di Halloween sia con l'attacco al settimo piano. »
La McGranitt ebbe un sussulto e si tenne alla scrivania. « Attacco? »
Io e mio cugino ci fissammo, straniti.
« Sì, Preside. » fece quest'ultimo, intimorito. « L'attacco a Bellatrix Lest... »
« Si tratta solo di uno sciocco scherzo di Halloween! » lo interruppe lei, in tono spiccio e che non ammetteva proteste. Ci diede velocemente le spalle e corse barcollando alla finestra, stringendo con forza le dita attorno al marmo.
Approfittando che fosse di spalle, io e mio cugino ci scambiammo l'ennesima occhiata sconvolta.
« Di uno sciocco scherzo di Halloween? » mormorai, incapace di credere alle parole uscite dalla bocca della Preside. « Ma... non si scherza su queste cose... »
« Silenzio! »
« Bellatrix poteva restarci secca! » tentai di ragionare, cosa che accadeva raramente e per questo da apprezzare. « Questi non sono affatto scherzi da fa... »
« Silenzio! » mise nuovamente a tacere la McGranitt, allontanandosi in tutta fretta dalla finestra.
Tacqui immediatamente, restando con la bocca semi aperta come chi era stata appena messa a tacere da un potente incantesimo.
« Purtroppo per me, ho una certa amicizia con questi scherzi di Halloween. » infierì la Preside, con le narici che stavano cominciando a fremere per il nervosismo. « Una volta ne organizzaste uno simile in tutta la sua magnificenza, ricordate? »
Io e Hugo spalancammo contemporaneamente la bocca per rispondere ma la Preside fu più veloce.
« Sì, ricordate benissimo. » si rispose. Ma come poteva paragonare lo scherzo fatto alla gatta del custode Armando, creduta morta per giorni a causa nostra, ad un reale attacco contro una persona e una minacciosa scritta sul muro? « E anche se questa volta non siete stranamente coinvolti in nulla, non mi resta altro da fare che scoprire l'architetto dello scherzo che, seguendo il vostro esempio, ha voluto mettere in scena qualcosa che vi superasse. Che superasse il vostro assurdo record. »
Non so per quanto tempo restammo in silenzio, attoniti, e dopo quelle che parevano ore Hugo si decise a dire qualcosa a nostra discolpa.
« Ma, mi scusi, come potrebbe pensare che si tratti di uno scherzo? » chiese, con una voce così sottile che mi sorpresi riuscisse ad emettere qualche suono. « Qui sta accadendo qualcosa di grave. Non sembrava uno scherzo di Halloween... »
« Sciocchezze! » ribatté velocemente la McGranitt, come per chiudere la discussione ed averla vinta.
« Ma Preside... »
« Silenzio! » la McGranitt fece praticamente ingoiare la lingua a mio cugino.
Feci un respiro, cercando di schiarirmi le idee. Nessuno avrebbe potuto organizzare uno scherzo del genere, nemmeno ad Halloween. Inscenare la morte di qualcuno o far finta che chicchessia fosse ferito in modo così atroce non era il massimo del divertimento neanche per me e mio cugino. Per non parlare dei visi spaventati degli studenti, delle urla che avrebbero fatto venire i brividi anche ad un Troll, della scritta minacciosa sul muro di pietra e del corpo realmente insanguinato della Serpeverde...
Pensai alla McGranitt e alla sua reazione. Sembrava nascondere qualcosa, oppure... ci stava davvero nascondendo qualcosa. Quello che era successo non era uno scherzo, si trattava di magia oscura, di un oscuro complotto. E io che avevo origliato una conversazione segreta pochi giorni prima colsi in un secondo il significato di tutto quello: mio padre aveva convinto la Preside a non diffondere il panico anche a scuola.
Decisi di intervenire e di mettere in azione il nuovo impulsivo piano.
« Ma sì! » esclamai, rompendo il silenzio orribile che si era creato. « La Preside ha perfettamente ragione! » e con questo feci voltare dalla mia parte prima la McGranitt e subito dopo mio cugino, la prima con espressione confusa e il secondo con espressione a dir poco sconvolta.
« Come hai detto, Potter? » chiese la Preside piano, come se non avesse capito bene.
« Sì, come hai detto, Potter? » fece eco Hugo, guardandomi con insistenza.
La McGranitt lo fulminò con un'occhiataccia e mio cugino si ritrasse in fretta.
« Ho detto che ha ragione, professoressa. » ripetei, convincente. « Adesso che ci penso, alcune persone alla festa avevano intenzione di fare qualche scherzo del genere, probabilmente saranno stati loro. È anche Halloween! Come abbiamo potuto pensare che potesse trattarsi di qualcosa di grave? Dopotutto, siamo abbastanza famosi qui ad Hogwarts, tutti sanno dello scherzo alla gatta del custode. »
La Preside ancora mi osservava come se mi fossi improvvisamente trasformata in una adorabile fatina dei boschi dinanzi ai suoi occhi, senza contare il fatto che Hugo aveva quasi gli occhi fuori dalle orbite dallo shock, e dopo aver preso coscienza della mia affermazione la sua voce in risposta fu parecchio incerta.
« Sì... molto bene. » disse la McGranitt, particolarmente sospettosa ma decisa a congedarci in fretta. « Adesso vi consiglio di andare nei vostri dormitori e di rimanerci. »
« Ma... » contraddisse Hugo, ancora confuso.
Diedi un pestone a mio cugino e lui, con occhi lacrimanti, non dovette far altro che seguirmi in silenzio fuori all'ufficio della Preside fino ai dormitori.




Il mattino successivo, la McGranitt fece un gran discorso agli studenti per giustificare cosa fosse successo la notte di Halloween. Come avevo ipotizzato, la Preside riuscì a convincere parte degli studenti a credere alla faccenda dello scherzo, ma si vedeva lontano un miglio che i rapporti tra le varie Case e i Serpeverde erano tesi e che molti non sembravano credere ad una sola parola del suo seppur convincente discorso.
Fred, in tutto il suo essere estremamente adorabile, aveva deciso di intraprendere la ricerca dell'architetto dello scherzo per complimentarsi vivamente con lui fin quando non si sentì Louis, nonostante l'enorme pazienza, rimproverare il cugino per tutta la tavolata Grifondoro. Frank non proferì parola al riguardo ma ero sicura che non avrebbe creduto allo scherzo neanche se glielo avessero fatto dinanzi ai suoi occhi.
« Voi credete davvero a questa faccenda? » chiese quest'ultimo preoccupato, seduto rigidamente sulla panca di legno della sala grande senza toccare cibo per colazione.
Hugo mi lanciò uno sguardo che solo noi due potevamo comprendere. « Era Halloween, Frank, dovevamo aspettarcelo. La McGranitt nel suo ufficio ci ha anche rimproverati di brutto. »
« Dimenticavo, per cosa vi ha convocati? » chiese Louis. « Non sarete stati voi? »
« Certo che no! Ci ha menzionato lo scherzo che facemmo alla gatta del custode. Credeva che qualcuno volesse superare il nostro record. »
« Beh, direi che quello di ieri ha superato qualsiasi record possibile. » concluse Frank, cupo.
Fred fece uno sbuffo. « E per quale motivo non dovrei complimentarmi con... » cominciò ma Louis lo mise a tacere con un'occhiataccia che, seppur severa, col bel faccino che si ritrovava appariva estremamente tenera. « Si tratta solo di uno stupido scherzo! E quella Bellatrix non piace a nessuno, parliamoci chiaro. »
« Vuoi scatenare una faida coi Serpeverde? »
« Ci hanno accusati per uno scherzo che non abbiamo neanche ideato noi! »
« Hai ragione, ci hanno accusati ingiustamente e non dovrebbero passarla liscia, ma non servirebbe a niente rendere ancora più tesi i rapporti tra noi. »
« Io non voglio condividere la mia aria con quei bastardi. » disse Fred, lapidario.
« No, neanche io. » si inserì nuovamente Frank, gettando uno sguardo verso il tavolo degli insegnanti in cui era seduto suo padre.
Feci un cenno verso mio cugino, lasciando che i tre ragazzi discutessero tra di loro o trovassero un accordo per il quale continuare a convivere pacificamente con i Serpeverde, e mi trascinai di soppiatto fuori dalla sala grande insieme ad un silenzioso e comprensivo Hugo. Camminammo per qualche minuto lungo un corridoio deserto senza fiatare e trovammo un'aula vuota in cui infilarci.
Hugo chiuse rapidamente la porta.
« Temo che Frank abbia capito più di quanto ci tenga ad ammettere. » dissi, meditabonda. Sospirai. « Mio padre ha sul serio convinto la McGranitt a nascondere a tutti cosa accade fuori da qui, almeno così possiamo scoprire qualcosa senza che ci stiano alle costole. »
« Tu sei davvero convinta che la McGranitt abbia voluto convocarci nel suo ufficio per mettere in chiaro che si trattasse di uno scherzo così da non lasciarci immischiare nella faccenda? »
« Ci metto la mano sull'Ardemonio. »
Hugo fece una risatina che lasciava trasudare un abbondante sarcasmo. « Lo faremo di sicuro. »
Mi feci posto su una cattedra, acciambellandomi su di essa e tenendo gli occhi fissi su un punto preciso di fronte a me, totalmente immersa nei miei pensieri.
« Sembra che stavolta i Serpeverde non c'entrino niente. » mio cugino interruppe il flusso dei miei sproloqui mentali, prendendo posto accanto a me sulla cattedra. « Erano furenti ieri notte, la loro compagna a momenti ci lasciava le penne. »
« E allora chi potrebbe essere stato? » domandai, la voce ridotta ad un sussurro roco. « Bellatrix fa parte di quella cerchia di ragazzi con i genitori ex Mangiamorte, suo padre stesso era un Mangiamorte. »
« Quindi tu pensi che...? »
« No, non possono essere stati i nostri. »
Era l'unica certezza che avevo, quella che non fossero stati i nostri, ma non riuscivo a trarre una conclusione che non fosse avventata o mal pensata. Non riuscivo a capire se si fosse davvero introdotto qualcuno nel castello o se i conflitti partivano dal dentro al castello stesso. Non riuscivo a capire da che parte stessero i colpevoli, anche se tutto faceva apparire come carnefici gli eroi della guerra e la quasi uccisione di Bellatrix ne era la prova.
Ero pronta a giurare che non fosse così.
« Non capisco proprio come abbia fatto... » mi interruppi di colpo, lasciando cadere le gambe dalla cattedra e drizzando le orecchie: il corridoio si stava riempiendo di voci per nulla tranquille e la campanella non era ancora suonata. « Hai sentito? »
« E ora che succede? »
Balzai giù dalla cattedra e mi affrettai a precipitarmi fuori dall'aula. Avanzando il passo verso la sala grande, focalizzai con stupore una folla di studenti accalcati attorno alla bacheca della sala d'ingresso. Tutti si sorridevano e commentavano qualcosa in modo molto eccitato; dei bimbetti minuscoli, invece, protestavano a gran voce e defilavano via sbuffando.
« Che cosa succede? » chiese Hugo incuriosito, avvicinandosi alla bacheca. « C'è stato finalmente il licenziamento di Coleman o quello di Armando? »
Illuminandomi alla sola anche lontanamente possibile ipotesi, chiesi il permesso per passare e mi feci bruscamente spazio mentre William Baston emergeva precipitosamente dalla folla, sudaticcio e con espressione seria e decisa sul volto da duro.
« Via, via, circolare, non restate impalati tra la folla! » si mise a sbraitare una volta individuati me e mio cugino che cercavamo di farci largo a fatica tra la calca studentesca. « Lasciatemi passare, sono Caposcuola! E aspettate il vostro turno per passare, voi due caproni! »
« Baston! » esclamammo io e Hugo, infastiditi.
Fortunatamente, dalla folla fuoriuscirono anche Fred, Louis e Frank, dandosi pacche felici sulle spalle e sorridendosi, commentando contenti il recente avviso in bacheca che aveva reso eccitata un'intera Hogwarts.
« Ma dove diavolo eravate finiti? » esordì Fred, mentre Baston continuava a vociare qualcosa riguardo al fatto che se non ci fossimo fiondati immediatamente alla lezione successiva avrebbe tolto dei punti. A Grifondoro, s'intende, dato che sarebbe stato capace di far finire la sua stessa casa ultima alla Coppa delle Case piuttosto che darla vinta a me e mio cugino.
Louis e Frank ci afferrarono per le braccia e ci trascinarono lontano dalla calca e, soprattutto, lontano da un furente William Baston, mentre Fred in testa al gruppo trotterellava per i corridoi e sorrideva a tutti quelli che si trovavano a passare accanto a lui.
« Brown ha fondato il Club dei Duellanti! » annunciò quest'ultimo, diretto verso il cortile del castello tra un saltello e un altro.
Hugo si era voltato di scatto per fissarmi, comprendendo il motivo per cui avevo spalancato la bocca. Brown aveva parlato del Club dei Duellanti durante la sua lezione ma non mi sarei mai aspettata che l'attività fosse organizzata così in fretta: di solito veniva introdotta dopo le vacanze natalizie. Evidentemente, dopo l'attacco a Bellatrix avevano voluto velocizzare i tempi...
« Stavolta dal quarto anno in su, hanno cambiato il regolamento. » riprese Louis, issandosi meglio la borsa in spalla.
Hugo fece una risatina che non prometteva nulla di buono. « Ottimo! Così posso ridurre a polpette quel ciccione del quarto anno di Corvonero. »
« Quello che ti colpì con un Bolide lo scorso anno? » chiese Frank, stupefatto.
« Proprio lui. » annuì mio cugino, con una smorfia.
« Pensate se qualcuno si batte con Madison Stuart. » ridacchiai, prendendo posto sul balconcino di pietra del cortile coi piedi penzoloni e dando una rapida occhiata alla ragazza in questione, che si aggirava per i corridoi insieme ad un manipolo di amiche, mentre un brividino mi percorreva tutta la schiena.
I miei cugini scoppiarono a ridere.
Madison Stuart era la ragazza più spaventosa che avesse mai messo piede ad Hogwarts. Era grassissima e altissima, con un viso gonfio sempre molto rosa e con stopposi capelli castani e, come se non bastasse, dotata di una forza da paura. Immaginai che se qualcuno fosse riuscito a stracciarla al Club dei Duellanti, Madison avrebbe stracciato chicchessia a mani nude fuori dal club. E la cosa non era per niente rassicurante.
Louis fece a Hugo un sorrisetto mentre si sistemava accanto a me sul balconcino di pietra. « Com'è già successo a te, vorrei ricordarti. »
« Io non vorrei affatto ricordare. » rispose prontamente mio cugino, atterrito al solo pensiero di ritrovarsi di nuovo di fronte la terribile Madison Stuart e evitando a tutti i costi il suo sguardo penetrante. « È pazza, non posso farci nulla! Voleva per forza vendicarsi per uno scherzo idiota che le ho fatto e approfittare di quel Club dei Duellanti per ammazzarmi. »
« Alla fine cosa accadde? » chiese Frank, incuriosito.
« Oh, che fu ricoverato per tre giorni in Infermeria. » conclusi, con un sorriso.
Ci furono delle risatine generali, anche da parte del malcapitato. Poi Frank fece un piccolo colpetto di tosse e annunciò: « Arriva Dominique. »
Mia cugina, sempre circondata da una mandria di ragazzi tanto grossi quanto i loro occhi a cuoricino, fece uno sbuffo irritato e ci venne incontro a passo svelto e deciso, attirando molti sguardi da parte del popolo maschile di Hogwarts. E anche da quello femminile, per dirla tutta.
« Non riuscivo a liberarmene. » disse in saluto Dominique, giocherellando con un boccolo rosso che le era appena sceso sulla spalla, riferendosi ai ragazzi che continuavano a ronzarle attorno. « Ero andata a ritoccarmi il trucco in bagno. »
« Oh, ciao anche a te, cugina. » disse Fred in saluto, con abbondante ironia. « È sempre un piacere venire deliziati dalla tua incantevole e affascinante presenza. »
« Ti ringrazio. » Dominique mi fece un sorrisetto compiaciuto, compreso di strizzatina d'occhi. « Allora, avete saputo del Club dei Duellanti? Ci sono parecchi iscritti, da come ho sentito dire dalle oche della Vane e delle sue amiche nel bagno delle ragazze hanno tutti intenzione di partecipare. Specialmente i Prefetti e i Caposcuola... » concluse, ridacchiando e sottolineando con fin troppa enfasi l'ultima frase.
« E con questo cosa vuoi insinuare? » ribattei tra i denti, desiderando di soffocarla con le mie stesse mani.
« Non saprei, tu che dici? » rise Dominique, non curandosi affatto delle occhiate curiose dei ragazzi e alzando un sopracciglio in maniera eloquente. « E poi io credo... oh, arriva il vostro Capitano. »
« E arriva qui furioso. » ci tenne a precisare prevedibilmente Frank.
Osservammo William Baston marciare verso di noi con l'andatura di un soldato tedesco e la solita espressione severa. Tossicchiai mentre il diretto interessato si fermava proprio davanti a noi, con gli occhi socchiusi e adirati puntati insistentemente su di me, che mi appiattii lungo la pietra desiderando di fondermi con essa.
« Ho prefissato gli allenamenti al campo per questa sera dopo cena. » ci tenne ad informarci senza giri di parole, fissando anche mio cugino e inspirando profondamente, come se quello potesse provare a calmarlo inutilmente. « Che Merlino ci perdoni, non ci stiamo allenando come si deve! E voi state cincischiando come degli ubriaconi. Siete o non siete parte della mia dannata squadra di Quidditch di Grifondoro? »
Mio cugino ed io ci scambiammo uno sguardo ma non proferimmo parola: quando Baston era di quell'umore particolarmente suscettibile era meglio tenersi alla larga e rispondere nel modo più delicato possibile. E il più poco possibile, soprattutto.
« Ci alleneremo duramente. » decise Baston, combattivo. « Niente scuse, niente ritardi, niente di niente. Mancano pochissimi giorni alla partita contro Corvonero, e dobbiamo annientarli. »
« Credi sul serio che noi non vogliamo annientare i Corvonero? » sbottai, offesa.
A dire il vero, era una delle poche cose che contava in quel momento per me, battere Corvonero e buttare senza troppi rimorsi Cassandra Smith giù dalla scopa facendolo passare per un clamoroso ed increscioso incidente.
« Beh, come diavolo vuoi! Mi raccomando, Potter, una sola mossa... »
Lasciò la minaccia in sospeso per tentare di infondere in me della paura che mai sarebbe arrivata data la mia totale conoscenza delle minacce di morte riservatomi dal Capitano, e corse via, con il passo pesante di chi ce l'ha col mondo intero.
« Sempre molto delicato il Capitano. » fu il commento di Fred. « Come l'abbiamo sopportato per sette anni in dormitorio e in classe con noi ancora devo scoprirlo. »
Ridacchiai e mi voltai verso mia cugina, intenta a fissare Baston che si allontanava lungo il corridoio con passo svelto. Ero estremamente convinta che gli stesse guardando il sodo e allenato lato B, che non era certo da disprezzare come le tante altre caratteristiche che possedeva.
« Bel ragazzo. »
Dominique mi rivolse un sorrisetto malizioso.
« Cosa? » chiesi, sperando di non scoppiare a ridere.
« Baston. » rispose mia cugina abbassando la voce, approfittando del fatto che i nostri cugini erano tutti impegnati a prendere in giro il ragazzo in questione. « È davvero un bel ragazzo. Ha anche molti muscoli, tutti quelli che mancano a Mark, in pratica... »
« Oh, no. » mormorai, senza ombra di sorrisi e una sorta di panico nella voce tremante. Saltai goffamente giù dal balconcino, la afferrai per un braccio e la trasportai lontano da orecchie indiscrete mentre lei protestava il barbaro rapimento. « No, no, non ci pensare nemmeno, Dominique! Non farti venire in mente strane idee. Non col Capitano! »
Dominique mi fissava come se fossi impazzita. « Quidditch! » fece lei, con una smorfia e uno sbuffo, piazzandosi con le mani sui fianchi.
« Dominique. » la ammonii. « Tu non capisci veramente il Quidditch. Stammi a sentire, non ho alcuna intenzione di perdere la partita proprio contro Corvonero, sono stata chiara? » ribadii, cercando di non pensare a...
« Troppa paura di scoprire il tuo caro Scamander e la Smith a far festa per la vittoria nello stanzino delle scope? » finì per me la frase Dominique, alzando un sopracciglio e rivolgendomi un sorrisetto dispettoso.
Ecco, per l'appunto.
« Non dire assurdità! » mi affrettai a sbraitare, calando miseramente nella parte.
Dominique scosse il capo con l'espressione di chi la sapeva più lunga di me, e in effetti era esattamente così. Inutile dire che aveva ragione e che aveva c'entrato in pieno il problema, ma questo non significava che lei dovesse compromettere la situazione discutibile in cui ero immersa fino al collo distraendo il Capitano e facendoci perdere la partita proprio contro Corvonero. Con quale audacia avrei continuato a guardare in faccia la Smith dopo quella vittoria? Le possibilità che acciuffasse il boccino erano sempre altissime ma avevo deciso di fidarmi non solo di Baston ma anche della mia squadra, e per farlo Dominique avrebbe dovuto tenersi il più lontano possibile dal letto del Capitano.
Stavo appunto per ribadirle di farsi da parte quando mia cugina fece un colpetto di tosse divertito mentre guardava con insistenza alle mie spalle.
« Parlando del diavolo... »
Mi voltai lentamente alle mie spalle, intercettando colui che in caso di vittoria dei Corvonero avrebbe fatto festa con la Cercatrice nello stanzino delle scope. Decisamente, non potevo accettare una simile sconfitta, non se le possibilità che la Smith e Scamander finissero a fare capriole erano così dannatamente alte.
Ma a me cosa diavolo importava?
Niente, era solo una questione di Quidditch: desideravo solo che Grifondoro, la mia squadra, vincesse la partita.
Ero pur sempre una sportiva.
Dominique fece un altro colpetto di tosse piuttosto fastidioso. « Il cacciatore sta avanzando verso la sua preda. »
« Di quale diavolo di cacciatore stai parlando? » sbottai, in un sussurro roco.
« Ciao, Lily. »
Oh, quel cacciatore.
Mi voltai rigidamente verso Scamander, con Dominique che gli sorrideva in saluto e agitava le dita delle mani con la sua solita arietta civettuola che faceva innervosire, e feci un freddo cenno col capo, sentendomi particolarmente stupida.
« Lysander. » ricambiai il saluto, distaccata.
« Possiamo parlare? » mi chiese rapidamente lui, senza troppi giri di parole. « In privato, se non ti dispiace. »
Acconsentii con quella che doveva essere una scrollata di spalle indifferente, ringraziando il cielo che non avesse proferito parola in presenza di mia cugina o non avrei potuto sopportarla i giorni a venire, e seguii il ragazzo per tutto il corridoio col cuore che batteva forte e una dannata voglia di ammazzare Dominique, che si stava allontanando con un sorrisino sulle labbra e con l'espressione di chi desiderava conoscere nel dettaglio l'intera conversazione. Mi fermai solamente quando lui decise che il posto a venti metri dai miei cugini era perfetto per parlare e mi sentii lo sguardo di tutta Hogwarts addosso.
Facendomi forza, lo guardai negli occhi scoprendo che lui lo stava facendo da un bel pezzo.
« Ho litigato con Cassandra. » esordì, senza darmi neanche il tempo di metabolizzare il fatto che mi trovavo ad un metro di distanza da lui.
Rimasi per qualche attimo immobile e incapace di proferire parola, fissando con insistenza le sue labbra carnose e meditando. Per quanto mi pesasse l'idea, l'affermazione aveva destato la mia attenzione.
« Avete litigato? » chiesi, flebilmente.
« Sì. » rispose lui, infilandosi una mano nei capelli, scompigliandoseli in modo distratto e inclinando il capo a disagio. Cosa che mi mise praticamente sottosopra le intere budella. « Sta diventando davvero intrattabile. E poi... ha trattato male te. »
« Lei ha un problema con me che riguarda anche te. » dissi, cercando di non mostrarmi toccata. « ma io non c'entro nulla con lei, e soprattutto non faccio parte della vostra storia. »
Oh sì che ne faccio parte: sono la maledetta idiota di turno comunemente chiamata terzo incomodo!
Scamander non parve prenderla tanto bene. Assunse una strana smorfia mentre si scompigliava ancora di più i capelli biondo scuro che ricaddero sugli occhi in ciuffetti ribelli: sembrava combattuto.
« Io e Cassandra non... insomma, non abbiamo una... » riuscì a balbettare, impacciato.
Feci una risatina ambigua che lasciò trasparire l'istinto omicida. « Non mi devi spiegazioni. »
« Ti volevo solo chiedere scusa da parte sua. »
Mi morsi un labbro pensando a quanto potesse essere ingenuo quel ragazzo per cascare nella spirale di perfidia imposta da Cassandra Smith.
« E per quale motivo dovresti chiedere tu scusa a me per come si comporta la tua ragazza? »
« Lei non... intendevo... sono dalla tua parte. » disse abbastanza deluso, come se avesse sputato fuori un grosso rospo. « Volevo dirtelo. »
« Non ti preoccupare, non abbiamo niente da dirci. » replicai, delusa allo stesso modo ma tentando di nasconderlo in tutti i modi facendo un sorriso forzato quasi come ad indurlo a pensare che lo scontro con Cassandra era iniziato e finito alla festa di Halloween, che si era trattato di uno sciocco malinteso tra ragazze.
Gli rivolsi uno sguardo mesto prima di andare via e riuscii a vedere le stesse cose che provavo io nei suoi occhi. La rabbia e lo sconforto si abbatterono violentemente su di me quando gli diedi le spalle.
Decisamente, le vacanze estive passate coi Lovegood non erano state del tutto positive.




Ero ancora molto pensierosa quando feci capolino al campo da Quidditch per gli allenamenti. Non sapevo cosa pensare della conversazione avvenuta con il ragazzo poco prima, non sapevo dove lui volesse arrivare.
Sapevo di essere in torto, sapevo che non avrei dovuto prendermela con lui, che non ne avevo alcun diritto. Ma ero arrabbiata con lui, i suoi comportamenti mi ferivano come niente mi aveva mai ferita al mondo. E mai il pensiero che la rabbia e il rancore nei confronti di Scamander derivavano dal fatto che, magari, molto remotamente...
« Oh! » esordì mio cugino quando aprii la porta dello spogliatoio, interrompendo bruscamente i miei affollatissimi e confusi pensieri. « Sei tu. Credevo... »
« Chi credevi che fosse, la fata turchina? » ribattei, con abbondante sarcasmo.
Mi gettai a peso morto su una panchina lì accanto e mi guardai intorno: nello spogliatoio regnava il caos. Hugo giocherellava con le due mazze dei Battitori facendole cozzare l'una contro l'altra ripetutamente, come una sorta di anti stress; Remus e Davies avevano tirato fuori un repertorio di battute squallide e ridevano come matti; Cormac, ripresosi dal terribile Halloween trascorso che l'aveva reso protagonista e deciso a mostrarsi più macho di quanto non fosse, insegnava con superbia al timido Cercatore come afferrare perfettamente un boccino.
Di certo non era un atmosfera che si vedeva tutti i giorni in presenza di Baston.
Un secondo...
« Baston? » chiesi, guardandomi intorno e aspettandomi di vedere un furente William Baston uscire dal bagno spalancando barbaricamente la porta con un calcio, per poi ordinare a tutti di entrare in campo e di smetterla di cianciare allegramente.
Hugo annuì più volte, freneticamente. « Domanda da un milione di galeoni. »
Inarcai le sopracciglia, incredula. « Come? »
« Non lo vediamo da quando ci ha avvertito degli allenamenti. » rispose Remus, distendendosi sulla panca dopo aver fatto un sonoro sbadiglio.
« Come sarebbe a dire? » insistetti, sconvolta: niente era più strano di Baston che tardava agli allenamenti per la partita imminente, neanche vedere Coleman ballare nudo in mezzo al campo di Quidditch. « State scherzando. »
Ci fu un silenzio serio, riempito solo dagli sbuffi annoiati della squadra.
« Non ci credo. » mormorai. Mai a memoria d'uomo Baston aveva tardato ad un allenamento. « E ha anche l'audacia di farci la predica per un minuto di rita... »
« Bella giornata, vero? » mi interruppe mio cugino a voce alta, assumendo un'espressione insolita.
« Perfetta per il Quidditch se Baston non fosse in ritardo. Pezzo di... »
Hugo scosse ripetutamente il capo, e così anche gli altri membri della squadra che avevano cominciato ad evitare accuratamente il mio sguardo. « Uomo. Gran pezzo d'uomo. » concluse e annuì, facendo un sorrisetto stiracchiato alle mie spalle.
« Gran pezzo di... »
« Di che cosa, esattamente, Potter? » finì la frase una voce a me purtroppo assai conosciuta, una voce che non avrei mai voluto udire in quel momento.
Fissai mio cugino e capii in un attimo le sue eloquentissime espressioni facciali.
« Capitano! » esclamai, voltandomi verso di lui e fingendo di essere contenta di vederlo, maledicendomi per non aver compreso i piagnucolii del piccolo Cercatore e i colpetti di tosse del resto della squadra.
« Potter. »
La vena nella tempia di Baston pulsava come non mai.
« ... Capitano. » gemetti, a terra.
« Porta subito quel culo pallido fuori di qui! » decise Baston, sbraitando e infilandosi con forza i grossi stivaloni da Quidditch. « Tutti voi, muovetevi! In campo! Per qualche minuto di ritardo... »
« Qualche minuto... » disse Hugo sarcasticamente, senza riuscire a trattenersi.
« Filate tutti in campo, senza fare troppe storie! Muoversi! »
E, ovviamente, filammo tutti come da copione in campo e cominciammo il nostro allenamento. E mai ci fu allenamento più pessimo di quello. Dopo i primi dieci minuti mi resi conto che nessuno era molto in forma e in grado di sostenere un allenamento in maniera seria, anche se mancavano veramente pochissimi giorni alla partita contro Corvonero.
Baston restava il peggiore ma, nonostante quello, continuava a sbraitare contro tutto e tutti, imprecando l'altissimo.
« Potrei sapere che diavolo state combinando? Mi sembra di stare allenando delle merde di drago! »
« Secondo me ha preso l'ennesima botta in testa. » disse Remus Jordan, sfrecciandomi accanto.
« Potrebbe essersi colpito da solo con una mazza da Battitore, allora, altrimenti non si spiega. » rispose Hugo, l'unico ad essere realmente in forma per un allenamento.
Dal mio canto, sospirai: di certo non era iniziata una bella giornata. Diedi un'occhiata agli spalti e notai una certa affluenza di persone, tra cui spiccava la chioma perfetta di mia cugina Dominique, che attirava sguardi dell'intera tribuna, e quella biondastra di Scamander a pochi metri da mia cugina.
A quella visione persi totalmente l'attenzione dal campo.
Rimasi in aria immobile a mezz'aria con la Pluffa in una mano e mi accarezzai la nuca con l'altra con il risultato che non vidi neanche con la coda dell'occhio il Bolide che mi colpì di striscio nello stomaco e che mi fece scivolare dalla scopa e atterrare sul campo, perdendo conoscenza. Per quelli che sembrarono secondi non riuscii a vedere niente, soltanto il buio, poi presi di nuovo conoscenza e misi a fuoco il volto lentigginoso di mio cugino, che mi schiaffeggiava con forza.
« Ti sei svegliata. » disse, facendo un sospiro e soffocando una grossa bestemmia, quasi come se volesse picchiarmi. Oltre al danno la beffa. « Stai bene? Fortunatamente il Bolide ti ha colpita di striscio, ma a che diavolo stavi pensando? »
« Niente respirazione bocca a bocca, quindi? »
« Dacci un taglio, McLaggen! »
Hugo mi stava aiutando a sedermi, tenendomi ben salda tra le sue braccia. Notai in maniera offuscata e confusa quelle che sembravano un centinaio di persone affollate attorno a me.
« Quanta gente... » mormorai. « Qualcuno potrebbe fare la spia ai Corvonero... »
« Non la vedo lucida. Vi ho detto che serviva la respirazione bocca a bocca. » si intromise di nuovo McLaggen.
« E piantala! »
« Stai bene, Potter? » chiese Baston, ritto sopra di me come un soldato. « Sai, non voglio tenerti sulla coscienza. »
« Sto benissimo. » biascicai, tra i denti.
Mentre tutti erano occupati attorno a me e mi aiutavano a rimettermi in piedi, notai qualcosa di strano che nessuno sembrava aver notato: delle ombre scure volanti che colpirono con forza la barriera protettiva che Hogwarts aveva predisposto per la sicurezza degli studenti. Forse per la consapevolezza di aver subito una lieve botta allo stomaco a causa del Bolide e di essere precipitata dalla scopa direttamente sul terreno, decisi che quelle ombre svolazzanti erano solo il frutto della mia immaginazione...

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il Club dei Duellanti. ***


Il Club dei Duellanti.


Fu con aria stanca e distrutta che andai a dormire quella sera dopo gli allenamenti, e di certo i mille e fastidiosi pensieri non aiutarono per niente il sonno. Per non parlare del pensiero rivolto al Quidditch: se avessimo continuato a fare allenamenti del genere avremmo rischiato di essere senza alcun dubbio annientati dai Corvonero, e non mi sembrava affatto il caso. Fortunatamente, Morfeo mi accolse presto tra le sue braccia. La testa ancora mi doleva tantissimo a causa dell'incidente di quella stessa sera ma alla fine, nel corso della mia carriera di Quidditch, ero stata abituata a cadute più pericolose e a impatti quasi mortali con Bolidi decisamente più violenti.
Ricordavo di stare facendo un bellissimo sogno che riguardava la vittoria della mia squadra quando mi sentii scuotere con insistenza.
Aprii gli occhi e nella penombra intravidi la figura di un uomo, un uomo dalle braccia possenti e che sembrava impugnare tra le mani qualcosa di grosso.
« Merda! » rantolai senza fiato, sferrando un calcio rotante all'uomo.
Non sapevo come difendermi al buio. Probabilmente quella di fronte a me era la stessa persona che aveva colpito quasi a morte Bellatrix. Tentai di reagire ancora una volta ma a causa della testa rintontita e del sonno riuscii solamente ad inciampare nelle mie stesse coperte, cadendo rumorosamente dal letto.
« Calmati, miseriaccia! Sono io! »
Fu solo quella voce familiare a costringermi a restare calma e a non reagire ancora una volta, nonostante i miei riflessi fossero pari a quelli di un bradipo in via di estinzione in quel momento.
« Stai bene? Lumos! »
Una luce fastidiosa mi finì dritta negli occhi e mi fece sbattere le palpebre, permettendomi di mettere a fuoco il volto assonnato di mio cugino Hugo. Per un attimo rimasi inebetita e con la bocca spalancata a fissarlo e a fissare le sue braccia e, in particolar modo, la sua scopa da corsa.
Aveva davvero intenzione di colpirmi con la Firebolt?
« Hugo! Che diavolo ci fai qui? » sbottai, guardandomi intorno per rassicurarmi che entrambe le mie compagne di dormitorio stessero ancora dormendo. « Sono le... » mi affrettai a controllare mentre mi tiravo su dalle coperte disperatamente. « ... quattro e quaranta del mattino, ti sei praticamente bevuto il cervello, razza di idiota? »
« Mi manda Baston. » ci tenne a precisare Hugo, lanciandomi un'occhiataccia. Probabilmente ce l'aveva con me per la faccenda del calcio improvviso, ma non mi biasimai per aver reagito così impulsivamente. Insomma, era il minimo che potessi fare.
« Baston? » ripetei sbalordita, il sudore freddo che mi colava dalla fronte. « Guarda che io non c'entro assolutamente niente con il fruncolo enorme che ha sul naso. Con chi vuole prendersela? »
Hugo rise, probabilmente al pensiero del grosso fruncolo sul naso del Capitano, il che era veramente buffo, ma poi la sua espressione si fece di nuovo seria.
Brutto segno.
« No, Baston non ci ha mandati a chiamare per il fruncolo. » riprese mio cugino. « Ma per gli allenamenti. Sì, altri allenamenti. Al campo. Adesso. »
Spalancai gli occhi come se dinanzi a me si fosse materializzato Merlino in persona. « Stai scherzando. » rantolai, senza fiato.
« Ti pare che alle quattro del mattino sarei qui e non nel mio letto se non fosse per quel pazzo? » fece uno sbuffo mio cugino, crollando sul materasso. « Ha detto che abbiamo fatto schifo agli ultimi allenamenti e che se continuiamo così possiamo sognarci la Coppa del Quidditch. Ha svegliato tutta la squadra. Dobbiamo allenarci... adesso. »
Ma quante possibilità c'erano che alle quattro del mattino sarebbe potuta andare meglio?
« Baston lo sa che ho preso una botta che neanche lui da bambino quando cadde dalla culla? E tra poche ore abbiamo il Club dei Duellanti, devo essere preparata e... Baston lo sa che ho preso una dannata botta nello stomaco?! »
« Non essere sciocca, da quando a Baston interessa dei traumi altrui? » esordì mio cugino, alzandosi dal letto e rimboccandosi le maniche. « Muoviti se non vuoi ritrovarti lo stemma della Firebolt stampato sul culo. » aggiunse, calandosi i pantaloni e mostrandomi velocemente lo stemma della Firebolt che Baston gli aveva accuratamente stampato sulla chiappa destra.
Fu proprio la vista dello stemma particolarmente elaborato sulla chiappa di mio cugino a costringermi a darmi una mossa. Se Baston gli aveva solo inciso lo stemma della Firebolt, mi preoccupai del fatto che a me potesse direttamente stamparmi la Firebolt intera su dove non batteva il sole.
Ragion per cui mi affrettai a precipitarmi per le scale che, come dovevo immaginare, si tramutarono in uno scivolo ripido. Non prima di aver portato con me i miei strambi spettrocoli rosa.
Io e mio cugino finimmo come da copione lunghi distesi per terra ai piedi di Baston.
« Ah. » esordì, con uno sbuffo incazzoso.
Visto dal basso pareva ancora più minaccioso del solito, con i grossi stivaloni neri (ma che numero poteva portare? Quarantadue?) e il polpaccio gonfio e muscoloso dovuto ai tanti allenamenti di Quidditch.
« Siete vivi, voi due. » ci tenne a sentenziare il pazzo furioso, sveglio come se avesse fatto una dormita di tredici ore.
« Sì, Baston, e sono neanche le cinque del mattino. » rispose Hugo irritato, alzandosi da terra e massaggiandosi la chiappa destra senza troppe cerimonie. Mi aggrappai ai calzoni di mio cugino e mi tirai su, priva di forze fisiche e psicologiche anche solo per camminare o per dire una sola parola.
« Beh? » fece il Capitano, sempre in maniera pimpante, facendo schioccare le nocche. « Tra pochi minuti avreste dovuto svegliarvi per la colazione. »
« Tra tre ore... » lo corresse Hugo, con un borbottio.
« Dettagli. » disse seccamente Baston, facendoci strada lungo la sala comune. « Forza, muoversi! Sapete quanto manca alla partita? Due giorni! E dobbiamo assolutamente battere i Corvonero. Credo che tutti lo vogliate, no? »
« Vogliamo battere i Corvonero mica allenarci alle cinque del mattino, Baston! » strepitai, con la voce che man mano si era arrampicata sulle note dell'isteria.
Tutti i membri della squadra, anche loro mezzi addormentati, mi fissarono come se non mi avessero mai vista in vita loro: immaginai non fossi particolarmente credibile in quel momento, con un paio di strambi occhiali rosa sul naso.
« Tacete e portate quei culi mosci in campo! » il passo di marcia di Baston mi rimbombava nella testa. « Potter, fai sparire dalla faccia quegli affari rosa e smettila di guardarmi in modo strano! Un giro di campo in più agli altri per te. »
Mi rivolsi a mio cugino, come se nessuno fosse presente in quella stanza. « Baston lo sa che ho preso una dannata botta nello... » cominciai ma il Capitano mi interruppe.
« In campo! »
E campo fu.




Non appena terminammo gli allenamenti, mi precipitai insieme ad Hugo di corsa al tavolo dei Grifondoro per una veloce colazione, non curandomi del cattivo odore che probabilmente io e mio cugino ci stavamo sfortunatamente trascinando per tutta la tavolata.
Hugo stava servendosi con appetito due toast quando barcollai sfinita sulla panca accanto a Dominique, che arricciò il naso e fece un lieve colpo di tosse.
« Affamato? » chiese la piccola Alice a mio cugino, con vocina dolce e sottile.
Hugo sembrava non averla praticamente udita. Lei arrossì dalla collera e diede velocemente le spalle a mio cugino per chiacchierare con i suoi compagni di classe. Probabilmente si sarebbe aspettata una conversazione quanto meno decente dopo che avevano passato tutta la serata di Halloween a ballare insieme.
« Come mai siete in tenuta da Quidditch? » chiese Louis, incuriosito.
« E come mai la vostra tenuta da Quidditch sembra in pessime condizioni? » fu l'osservazione di Frank.
Mi riempii una tazza intera di succo di zucca senza avere la forza di proferire parola. Dominique prese a fissarmi con un'arietta severa, che ti faceva chiaramente capire che qualcosa non stava andando esattamente come lei voleva.
« Lis. » esordì, con vocina sottile che dava sui nervi. « Non per qualcosa ma avresti potuto fare una doccia prima di fiondarti sulla colazione. Sai... puzzi. »
« Senti. » cominciai, battendo la brocca del succo di zucca sul tavolo e lanciando la forchetta nel piatto delle uova. « Prova tu a svegliarti alle quattro del mattino per gli allenamenti di Quidditch. »
« Cosa? » intervenne Fred interdetto, voltandosi di scatto verso di noi. « Allenamenti alle quattro del mattino? »
« Mi hai sentito. Maledetto Baston! È proprio un... »
« ... Capitano buono e incredibilmente misericordioso. » finì la frase Baston in persona, esibendo un sopracciglio alzato come segno di avvertimento e, soprattutto, di minaccia incombente.
Deglutii un grosso boccone e, senza voltarmi dalla parte del mio Capitano e dopo aver atteso un paio di secondi in cui speravo che Baston da dietro non mi fulminasse, balbettai: « Beh, era proprio quello che intendevo... »
Fred si premette le mani sulla bocca per non scoppiare a ridere. Dal mio canto, gli mollai un poderoso calcio da sotto al tavolo che lo mise al tappeto per un frazione di secondo.
« Certo, Potter, in campo facciamo i conti. » disse in uno sbuffo Baston, profumato e fresco come una rosa, passandoci accanto con il naso all'aria e sedendosi più lontano possibile da me.
Nonostante non ci tenessi affatto ad incrociare i suoi occhi arrossati di rabbia, non mi sfuggì per niente lo sguardo insolito con cui il Capitano aveva guardato mia cugina, tanto meno quello che mia cugina aveva rifilato al Capitano.
Finalmente, Fred si decise a scoppiare a ridere.
« Era proprio quello che intendevi. » infierì, asciugandosi con un fazzoletto di stoffa le lacrime che gli colavano dagli occhi, non si sapeva se per le risate o per il dolore causato dal mio barbaro calcio. « Certo, come no. »
« Taci, Fred, vuoi farmi espellere dalla squadra? » intimai, tra i denti.
« Non sembrano essere andati bene questi allenamenti. » intervenne Louis, con perspicacia.
« Un totale disastro. » diede conferma un affranto Hugo. « Ed erano anche le quattro del mattino. Dannato Baston! »
« Ti ho sentito! » si udì la voce del Capitano, lungo la tavolata.
« Oh, miseriaccia... » si mise a piagnucolare mio cugino, toccandosi la chiappa su cui il Capitano gli aveva inciso lo stemma della Firebolt e sperando che la stessa sorte non capitasse alla seconda chiappa.
Approfittando del fatto che i miei cugini fossero distratti a ridere, tipo Fred, a mettere in discussione i disastrosi allenamenti di Quidditch, tipo Louis e Frank, e a piagnucolare qualcosa riguardante le chiappe, tipo qualcuno che non aveva bisogno di un nome per essere identificato, mi affrettai a spostare la mia attenzione verso Dominique.
« Domi. » sussurrai, ignorando i tentativi di mia cugina di ritrarsi dal perenne cattivo odore che emanavano le mie ascelle. « Sai qualcosa riguardo al suo... » e indicai con un cenno del capo Baston. « ritardo di ieri sera agli allenamenti? »
« Per quale motivo dovrei saperne qualcosa? » chiese precipitosamente lei, ostentando una sorta di falsa indifferenza.
« Non aveva dei bei muscoli, il Capitano? »
Dominique prese a scrutarsi le unghie. « E allora? »
Feci un respiro profondo tentando in tutti i modi possibili di controllarmi nonostante la situazione disastrosa non me lo permettesse e finii per inalberarmi tutta. « Dominique, ricorda: non possiamo assolutamente perdere la partita contro Corvonero. »
« Rilassati. » mi disse Dominique, con una nonchalance che metteva i brividi. « Non si tratta mica della fine del mo... »
« E invece sì! » sbottai, battendo una mano sul tavolo di legno e facendo voltare un paio di Grifondoro. « Dominique, te lo ripeto per l'ultima volta, non possiamo assolutamente permetterci... »
Mia cugina mi fece un cenno con la mano come se stesse scacciando una mosca molesta e io borbottai qualcosa sulle catastrofiche influenze della luna sul nostro pianeta, seguite da una parolaccia rivolta verso il Capitano Baston, che portava sempre bene.
Smisi di squadrare Dominique solo quando un movimento mi costrinse a voltarmi verso la tavolata Serpeverde: Scamander aveva appena preso posto e si stava servendo la colazione senza guardare in faccia nessuno. Il ciuffetto ribelle di capelli biondi gli nascondeva un occhio dalla vista e lo sguardo sembrava perso nel vuoto. Cassandra Smith, a pochi metri da lui al tavolo dei Corvonero, lo fissava come se con la forza del pensiero potesse costringerlo a guardarla.
Sospirai e incrociai lo sguardo inquisitorio e malizioso di Dominique. Sbattei le palpebre velocemente, con la faccia tosta di chi era stata colta in flagrante ma che faceva di tutto pur di mantenere un certo contegno.
« Vedrai che anche se perderete lui non... »
Balzai in piedi, lasciando perdere la colazione, e mi affrettai a correre via dalla sala grande. L'aria stava diventando decisamente pesante e i sensi di colpa per come avevo trattato il ragazzo il giorno prima in corridoio mi stavano lentamente divorando. Sentii l'istinto di correre da lui, di fare qualunque cosa, di smettere di restare immobile a fissarlo ma non lo feci.
« Vado a fare una doccia. »
Mentre lasciavo la tavolata Grifondoro, giurai di aver sentito la spiacevole risatina di Dominique in sottofondo.




Fu con aria totalmente distratta che svoltai l'angolo del corridoio del primo piano. Mi ero sbarazzata della mia tunica maleodorante e avevo indossato la divisa scolastica pulita, ma non mi sentivo affatto meglio. Ero così immersa nei miei mille grattacapi che non vidi neanche la grossa armatura che si stagliava di fronte a me e andai a sbattere violentemente contro di essa col risultato che la mia borsa cadde a terra, insieme a tutta la mia roba, che si stava riversando in corridoio con il sottofondo musicale delle mie ingiurie.
« Aspetta, ti aiuto. »
Era una voce maschile, calma e soave. Non credevo di averla mai sentita, non era familiare e non somigliava a nessuna voce che avevo mai udito. Alzai lo sguardo verso chi aveva parlato e mi accorsi che il ragazzo che mi trovavo di fronte non l'avevo certamente mai visto in tutta la mia vita scolastica lì al castello.
« Non preoccuparti. » borbottai, mentre mi affrettavo a raccattare i miei fogli di pergamena scarabocchiati.
Il ragazzo aveva gli occhi di un azzurro scialbo, quasi grigio, i capelli bianchi come nuvole e la classica corporatura da modello. Era alto e longilineo, aveva i tratti abbastanza duri ma in quel momento un sorriso gentile era stampato sulle sue labbra carnose. Dava l'impressione di essere un ragazzo molto curato e beneducato.
« Tieni. » disse in tono gentile, porgendomi il mio diario.
Lo afferrai in fretta mentre il ragazzo sorrideva alla vista.
Ficcai velocemente il diario nella borsa. « Grazie. »
I tratti duri del ragazzo parvero addolcirsi di nuovo.
« È stato un piacere, non un fastidio. Io sono Alex Olsen, diminutivo di Alexander. » mi porse la mano e io gliela strinsi con la sua stessa forza.
« Lily Potter. »
Il suo sguardo parve illuminarsi di una strana luce, i suoi occhi color ghiaccio erano lievemente dilatati e un sorriso sghembo comparve sulle sue labbra. Ebbi come l'impressione che non aspettasse altro che conoscermi. « Sei esattamente come ti immaginavo. » disse lui, serio. « Ho sentito molto parlare di te. »
Mi chiesi con chi avesse parlato.
« Che novità. » mormorai, sarcasticamente.
Alex era così concentrato sull'incontro che non parve carpire il sarcasmo nel mio commento. « Hai un bel nome latino. Deriva da lilium, Lilian. »
« Sì, era il nome di mia nonna. » confermai, piuttosto stranita. Lui mi sorrise, annuendo con fare di chi la sapeva più lunga di tutti. « Sei un nuovo studente? Non credo di averti mai visto in giro. Che anno frequenti? »
« Sono al settimo anno, in Corvonero. » rispose il ragazzo, sistemandosi la borsa sulle spalle. « Sono arrivato qui solo ieri. Prima studiavo privatamente. »
« E come mai hai deciso di frequentare Hogwarts? » domandai, sospettosa. C'era qualcosa di stranamente insolito in quel ragazzo, non sembrava affatto come tutti gli altri, ma non riuscivo a capire cosa avesse di diverso.
Alex parve analizzare a fondo le mie parole prima di rispondermi. « Mi sembra una gran bella scuola. » disse, evasivo.
Fissai il ragazzo con uno strano sguardo indagatore, sentendomi affascinata e ipnotizzata da lui: oltre ad essere sicuramente bello, sembrava anche intelligente e ricco di sorprese. Smisi di squadrarlo con insistenza solo quando la campanella mi fece sobbalzare.
« Vai al Club dei Duellanti? » chiesi in fretta, sperando che Alex non si fosse accorto del mio indugiare sul suo bel volto.
Lui annuì, interessato. « Sì. Mi fai strada? »
Acconsentii con un sorriso stiracchiato e gli feci un cenno con la mano. Alex mi sorrise e mi seguì con passo felpato verso l'aula dove si sarebbe svolto l'incontro: continuava ad esibire in volto una strana espressione che non faceva che alimentare i miei dubbi e le mie domande.
In ogni caso, ero assolutamente certa che uno come Alex Olsen non sarebbe passato inosservato lì ad Hogwarts. Come volevasi dimostrare, nell'attimo stesso in cui io e il nuovo arrivato facemmo il nostro ingresso nella grande sala destinata all'incontro, tutti gli occhi dei presenti furono immediatamente su di noi.
« Sei piuttosto popolare. » ci tenne ad osservare Alex, in tono neutro.
Scrollai le spalle: sapeva benissimo il motivo per cui ero così popolare, nonostante fosse arrivato solo il giorno prima doveva aver chiacchierato abbastanza in giro. « Lo diventerai presto anche tu. » risposi, senza sapere da dove provenisse quella mia supposizione. Forse dal fatto che i bei ragazzi come lui al castello non erano soliti finire nel dimenticatoio.
Tra la folla studentesca, notai mio cugino Hugo che si stava sbracciando in modo esagerato per attirare la mia attenzione sotto lo sguardo sbalordito di Dominique e, da quel che potevo notare con un certo compiacimento, di Scamander, poco lontano dai miei parenti.
« Cosa diavolo fai? » scandì Dominique col labiale, a dir poco scioccata.
Feci spallucce e le diedi le spalle, afferrando delicatamente il braccio di Alex e trasportandolo il più lontano possibile dalla visuale di mia cugina mentre il professor Brown faceva il suo ingresso, accompagnato da Coleman, nell'aula. Passando accanto a me, mi diede una lieve e amichevole pacca sulla spalla.
« Siamo tutti al completo? » esordì, rivolto alla folla di studenti. « Bene, possiamo anche cominciare. Le cose stanno così... »
« È un insegnante molto capace. » disse Alex, sfiorandosi distrattamente i capelli bianchi, che sembravano soffici e morbidi come neve. « Mi ha aiutato molto. »
« Ti consiglio di imparare bene la difesa. » sussurrai. « È molto importante che tu impari a difenderti come si deve. Fuori di qui a nessuno importa se non sei iscritto al Club dei Duellanti o quanti libri hai letto. »
Alex mi stava fissando con la solita strana espressione, poi annuì. Per un attimo, mi persi nella contemplazione della sua carnagione candida. « Mi trovi assolutamente d'accordo con te. »
Notai che la mia affermazione seria non aveva scalfito alcuna preoccupazione in lui, al contrario, appariva alquanto tranquillo e neutro.
« Conosci quel ragazzo, per caso? » cambiò velocemente discorso Alex, facendomi spostare lo sguardo dal suo volto luminoso al volto cupo e irritato di un certo biondino di mia conoscenza che, ovviamente, si era rivelato il ragazzo in questione.
« Per caso. » borbottai, sarcastica.
« Mi sento il suo sguardo addosso. » per la prima volta da quando l'avevo incontrato, Alex fece una risatina abbastanza divertita, lasciando che i suoi tratti duri si addolcissero di nuovo. « Sembra essere interessato ad uno di noi due. »
Feci un colpo di tosse per reprimere una risata, quasi rischiando di strozzarmi con la mia stessa saliva. Ci mancava solo che Scamander si rivelasse attratto dai ragazzi e avrei potuto tranquillamente firmare le mie ultime volontà testamentarie prima del definitivo addio.
Gli voltai le spalle, intravedendo un'ombra scura sul suo volto, e prestai tutta la mia attenzione all'insegnante.
« I duellanti verranno scelti dalla sorte. Il professor Coleman ha ritenuto fosse l'idea migliore, e io sono d'accordo con lui. »
Coleman sorrise, piuttosto soddisfatto. Ci furono cenni di assenso da tutte le parti dell'aula quando Brown fece roteare la bacchetta verso una boccia di vetro che conteneva decine e decine di fogli di pergamena. I miei occhi finirono consapevolmente sui ragazzi di Serpeverde che continuavano a fissarmi e a far schioccare le nocche in modo minaccioso. Molti mi sibilarono minacce; Nott si stava passando un dito sul collo, mimando una scena di morte.
Ovviamente, ricambiai senza riserve le loro occhiatacce ostili, senza alcuna paura.
« Bene. » esordì il professor Brown vivacemente, estraendo due piccoli bigliettini dalla boccia. « I primi due duellanti sono... »
Si sentì un contemporaneo trattenere il fiato mentre il professore annunciava a voce alta i nomi di Harper di Serpeverde e di Frank Paciock. Harper pareva alquanto deluso dalla scelta del partner, e Frank lo stesso, anche se a differenza di Harper appariva molto tranquillo e sicuro di lui. Frank era uno dei migliori duellanti della scuola e nessuno fino a quel momento era riuscito a batterlo. I secondi nomi che vennero pescati a sorte furono quello di un Corvonero minuscolo del quinto anno e di un Tassorosso occhialuto del settimo. Poi Brown fece nuovamente roteare la bacchetta.
« E adesso tocca a... » lesse, con voce alta e chiara. « Potter e Smith, Cassandra! »
Un silenzio innaturale parve piombare sulla folla, rotto solo da alcune risatine sparse per la stanza: notai che i miei cugini stavano facendo una fatica enorme per restare seri.
« Che ti prende, Lilian? » chiese Alex incuriosito, fissando Cassandra che mi lanciava occhiatacce furenti. Dal mio canto, avevo ancora la bocca spalancata dallo sconcerto. « Oh, non vi amate molto, capisco. » concluse il ragazzo, comprensivo.
Guardai il profilo della mia acerrima nemica e sfoderai la bacchetta, lanciando uno sguardo divertito ad Hugo, che annuì compiaciuto facendomi segno di ammazzarla, e uno ardente a Scamander, che sembrava addirittura piuttosto spaventato da quell'incontro. Il Club dei Duellanti era la mia buona occasione per far capire a Smith chi comandava davvero in quella scuola e di che pasta ero fatta. Con un cenno determinato a mio cugino, mi affrettai a salire sulla pedana di combattimento, come avevano fatto le altre coppie di duellanti, sotto gli occhi incuriositi di tutti gli studenti presenti. Anche Cassandra salì sulla pedana, decisamente meno divertita di me.
Inutile dire che tutti gli occhi della sala erano concentrati solo su noi due.
« Ci incontriamo di nuovo, Smith. » dissi, piazzandomi di fronte a lei con una certa spavalderia.
« Inizia ad abbassare la cresta, Potter. » disse Cassandra, con uno sbuffo. « E vediamo se riesci a duellare senza picchiare le persone. Credo che qui i calci non siano ammessi, sai. »
Le puntai contro la bacchetta. « Non ho bisogno di prenderti a calci per metterti al tappeto. » provocai, rivolgendo alla mia nemica un sorrisetto di sfida.
« Staremo a vedere. » aveva sibilato la Smith, stringendo le labbra.
« Piantala, Smith, che per quello che hai combinato alla festa di Halloween ti dovrei solo appendere per le caviglie. »
Cassandra arrossì fino alla punta dei capelli ossigenati, infervorandosi tutta. « Credi davvero di farmi paura, Potter? » rispose la ragazza in modo sprezzante. « Sei solo una ragazzina che vuole giocare a fare l'eroina. »
« E tu una... »
« Va bene, va bene. » intervenne il professor Brown, piombando come un avvoltoio sulla pedana e fiutando il pericolo prima di tutti quanti.
Avrei giurato che la notizia della rissa con Cassandra alla festa di Halloween si fosse sparsa per tutta la scuola, e non solo tra gli studenti. Ero sicura che perfino il Vicepreside Coleman, l'intero corpo insegnanti e la Preside sapessero di me e Cassandra, cosa che potevo notare dall'espressione di profonda disperazione di Brown.
« Potter mi ha minacciata. » partì all'attacco la Smith, alterata.
« Calmate gli animi, ragazze, si tratta solo di un incontro amichevole. Non dovete mica... »
La voce di Harper interruppe non solo l'insegnante ma anche il brusio di risa e sussurri che si erano creati nella stanza. Mi resi conto che il Serpeverde mi stava fissando con una strana espressione che non prometteva nulla di buono.
« Professor Brown, col suo permesso, Smith ed io potremmo scambiarci i partner. » propose Harper con vocina innocente e persuasiva, continuando a fissarmi intensamente.
« In che senso? » chiese il professore, alquanto allarmato.
« Duello io con Potter. » si offrì il ragazzo, e molti tra la folla trattennero ancora una volta il fiato. « E Smith con Paciock. »
Un silenzio teso accolse le parole di Harper; Brown sembrava indeciso sul da farsi. Compresi in un battito di ciglia che Harper voleva la guerra più di quanto la volesse la Smith e, dispiaciuta per non poter dare a Cassandra una bella lezione, non potetti far altro che accettare il guanto di sfida che mi aveva lanciato il ragazzo. Quando mi sarebbe capitato di nuovo di duellare in maniera autorizzata con un Serpeverde senza che al castello intervenissero insegnanti e studenti, Prefetti e Caposcuola? Con Cassandra Smith avrei potuto battermi in qualsiasi momento, beccarla nei bagni o alla partita imminente. Un duello autorizzato con Harper non me lo sarei persa per nulla al mondo.
« Accetto. » proclamai ad alta voce.
Gli studenti mi fissarono: chi allarmato, chi soddisfatto. Brown assunse un'espressione che mostrava tutto il suo pentimento sul fatto che insegnare in quella scuola fosse stato il più grave errore della sua vita ma, in particolar modo, che fondare quel Club dei Duellanti fosse stato il suo secondo errore più grande della sua vita, ma ce la diede vinta.
« E va bene. » assentì, esasperato. « E mi raccomando alle coppie: siamo qui per imparare, non per farci del male a vicenda. »
Inutile dire che nessuno fece caso a quell'ultima affermazione.
Cassandra Smith sbuffò di impazienza, gettandomi un'occhiataccia mentre si univa a un rilassato Frank Paciock. Piazzandosi di fronte a me, il Serpeverde mi rivolse uno sguardo minaccioso, alzando un sopracciglio e sfoderando la bacchetta.
« Paura, Potter? »
« Ti piacerebbe. »




Dopo aver partecipato alla prima lezione del Club dei Duellanti, dovetti ammettere con convinzione che l'idea di scambiare la Smith per Harper non era stata affatto male: non solo diedi una bella lezione al Serpeverde, ma fu anche una grande soddisfazione vederlo volare per l'intera aula mentre urlava imprecazioni a mezz'aria. Viceversa, non fui certo trattata come una principessa. In poche parole: ce le suonammo entrambi di santa ragione, con Coleman in sottofondo che blaterava qualcosa riguardo il disarmo e non l'attacco.
Per quanto avessi apprezzato quella prima lezione, mi resi ben presto conto che non era stata una trovata così geniale come avevo previsto, soprattutto per i miei compagni di squadra Grifondoro che subirono buona parte degli incidenti. Astutamente, i Serpeverde avevano approfittato del club per stanare tutti i giocatori della squadra in modo da indebolirli per la partita imminente contro Corvonero. E, naturalmente, la lezione non poteva che concludersi con un crollo di nervi da parte di William Baston e con il ricovero immediato di Lucas Corner, due grandi uomini virili della squadra di Quidditch di Grifondoro.
Quella sera, anch'io mi trovavo in Infermeria a causa di una brutta caduta dalla pedana ma contavo di uscire da lì il prima possibile.
« Dovevamo immaginare che i Serpeverde avrebbero approfittato del club per metterci al tappeto prima della partita. » disse Hugo serio, mentre osservavo con sguardo ostile Harper uscire dall'Infermeria coperto di bende. Mal comune, mezzo gaudio. « Era ovvio che sarebbe accaduto qualcosa ma non mi sarei mai aspettato che Corner fosse conciato così male. »
Al solo udire il nome del Cercatore, Baston aveva scaraventato via le lenzuola, piagnucolando come un grosso bambino velocemente cresciuto e soffocando una parolaccia nel cuscino.
« Oh, piantala, Capitano, non sei l'unico ad avere dei problemi. » dissi, sbuffando.
« Potter. » esordì Baston, inalberato. « Ho appena visto la mia squadra morire dinanzi ai miei occhi! Molti dei quali giacciono nei letti di fronte, se non l'hai notato. Io, a differenza di qualcuno, ho subito un grave crollo di nervi! »
« E io un grave crollo di pazienza, Baston, ma non lo vengo a dire a te. » lo rimbeccai, mentre Hugo ridacchiava, spulciando delle Cioccorane regalatomi da alcuni ammiratori premurosi, e Madama Amelia accorreva in tutta fretta nell'Infermeria.
« Che succede qui? » fece la donna. « Potter, santo cielo, ti avevo detto di non alzarti dal... »
« Ma sto bene! » pretestai, avanzando verso la Curatrice che sembrava sconvolta come se avesse visto un paralitico alzarsi dalla sedia a rotelle e ballare il valzer. « Per favore, mi dimetta! Non posso passare la notte insieme al Capitano per una storta. »
« Lascia che l'incantesimo faccia effetto, almeno. » disse Madama Amelia. « Non si tratta di una storta qualunque, signorinella. Ti ricordo che sei volata giù dalla pedana. »
« Vede, ho un certo timore a condividere l'Infermeria di notte col Capitano... »
Madama Amelia mi puntò spazientita la bacchetta sul petto, costringendomi ad arretrare e ad affondare come un sacco di patate sul letto scricchiolante. « Per il momento non ti muovi di qui, Potter, o chiamo la Preside. » decise, e corse via prima che potessi protestare ulteriormente.
Sbuffai e mi accontentai di trasferirmi in un letto in fondo all'Infermeria e il più lontano possibile da Baston e dai suoi deliri infernali.
« Pensa se quello lì me lo ritrovo in piena notte accanto al mio letto in preda ad una crisi isterica. »
Hugo ridacchiò, beccandosi un'occhiataccia da parte del Capitano. « Ti costringerebbe a marinare l'Infermeria del castello per un allenamento di Quidditch. »
Un brividino mi percorse l'intera schiena.
« Spero che Corner venga dimesso entro domani. »
« Lo spero vivamente anch'io. Oh, guarda, arriva Hagrid. »
Hugo cominciò ad agitare la mano in direzione del nostro grosso amico e lui ci venne incontro, stringendo in grembo un sacco pieno di biscotti rocciosi probabilmente cucinati con le sue stesse mani.
« Ho saputo del ricovero. » disse lui in saluto, fermandosi ai piedi del mio letto e sorridendomi. « Come ti senti? »
Allargai le braccia con un sorriso, facendo un gesto di noncuranza verso la caviglia. « Sfortuna per i Serpeverde, sto benissimo. Hanno approfittato del Club dei Duellanti per ferire i giocatori di Grifondoro in modo da farci perdere la partita contro Corvonero. E non penso neanche che la partita sia stato il loro unico motivo di vendetta. »
« Sono ancora arrabbiati con noi per la faccenda di Bellatrix. » intervenne Hugo, facendo schioccare le nocche. « Pensano sul serio che l'abbiamo assalita noi? »
Hagrid, che stava bevendo un goccio di Burrobirra da una fiaschetta minuscola, tossì fino a strozzarsi.
« Oh, poche storie. » disse mio cugino tranquillo. « Sappiamo benissimo che non si tratta di uno scherzo come la Preside vuole fare intendere. »
« Per tutti i Gallesi Verdi! » prese a sbraitare Hagrid, mettendo via la fiaschetta e tirando le tende con uno strattone. « Voi non dovete nemmeno sapere queste cose! »
Sorrisi con fare innocente. « La Preside non ha ancora capito con chi ha a che fare? » feci spallucce e tornai a distendermi mollemente sui cuscini. « Si sta riprendendo? Bellatrix, intendo. »
« Eh? Oh, sta benissimo. » rispose Hagrid, rilassando il viso che un attimo prima era contorto in una smorfia. « Ha avuto una ripresa velocissima come il vento, i Medimaghi non hanno avuto quasi niente da fare. »
Io e mio cugino ci scambiammo uno sguardo inquisitorio.
« Potrebbe ritornare qui ad Hogwarts ma gli Auror e gli insegnanti ci dicono di no, ci dicono che deve restare ancora un poco al sicuro. »
« Al sicuro? » ripetei, spalancando gli occhi e drizzandomi a sedere. « Ci stai dicendo che al castello non siamo al sicuro? »
« E chi ha detto questo? » contraddisse velocemente Hagrid, facendo roteare gli occhi per la stanza.
« Non mentirci, sappiamo che c'è un complotto che parte dall'esterno. » improvvisai, sotto lo sguardo scioccato di mio cugino che probabilmente si stava chiedendo da dove stessi prendendo quelle informazioni che avevo per l'appunto inventato per testare il terreno.
Come infatti...
Hagrid era visibilmente sbiancato. « E voi come sapete dei complotti? »
Hugo aveva spalancato la bocca, sconvolto.
« Questo non dovevo dirlo... non dovevo proprio dirlo... »
« Ma Hagrid! » ci tenne ad incalzare mio cugino, lanciandomi uno sguardo eloquente. « Se ci sono dei complotti esterni e gli Auror hanno impedito a Bellatrix di ritornare ad Hogwarts per la sua sicurezza significa che non sono coinvolti in questa storia. Significa che gli eroi sono innocenti. »
« Ma come vi salta in mente?! Gli eroi non sarebbero capaci di far del male a nessuno! »
« Allora chi ha quasi ammazzato Bellatrix? » insistetti, piano.
« Io questo non lo so! » rispose Hagrid, con una sorta di disperazione nella voce. « Sentite, io non so niente di questa storia, d'accordo? So solo che al Ministero sta succedendo un gran casino e che tuo padre dice che non prende misure di sicurezza fin quando non si hanno indizi sul colpevole. E poi, per tutti gli Ippogrifi galoppanti, mi venisse un colpo! Dovevi vedere tuo padre e Draco come si picchiavano alla Babbana nel bel mezzo del Ministero! Credo che Draco sospetta qualcosa sugli Ex Mangiamorte e... »
Le facce scandalizzate di me e Hugo costrinsero Hagrid a tacere immediatamente.
« Questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo... »
Mi voltai verso mio cugino, la mente che lavorava frenetica.
« Beh, non ci resta che scoprire cosa vogliono gli ex Mangiamorte. »

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Quidditch e appuntamenti. ***


Quidditch e appuntamenti.


« COME SAREBBE A DIRE CHE MI RITROVO CON UN ELEMENTO IN MENO IN SQUADRA? »
I pochi giorni che ci separavano dalla partita contro Corvonero avanzarono in gran fretta e i feriti furono mandati via dall'Infermeria la sera stessa degli incidenti al Club dei Duellanti. Tutti tranne...
« IL CERCATORE DELLA MIA SQUADRA?! »
Tutti tranne Lucas Corner, che era reduce da una fattura non propriamente innocua che aveva fatto sì che i suoi riflessi e la sua vista fossero rallentati, mettendolo fuori gioco dalla partita imminente. Nessun componente della squadra, reduci anche dal fatto che anche a loro i Serpeverde avevano giocato brutti scherzi, credeva fosse stata una fattura accidentale: quante probabilità c'erano che proprio il Cercatore di Grifondoro finisse debilitato di riflessi il giorno prima della partita contro Corvonero?
Alla notizia, Baston si era fatto venire delle spaventose crisi e quella volta fu davvero difficile tenerlo a bada. Per la prima volta in vita mia, fui d'accordo col Capitano nel suo intento di ammazzare i Serpeverde.
Sopportammo le crisi del Capitano per tutta la mattinata seguente, sperando in cuor nostro che Corner ricevesse un miracolo divino per tornare in campo, ma fu solo la sera prima del grande giorno che ci rendemmo conto che il Cercatore non sarebbe mai guarito in tempo.
Per cui... sarebbe spettato a me giocare da Cercatore, mentre Fred, risultato secondo alle selezioni, mi avrebbe sostituita come Cacciatore.
Fu con un nodo in gola e con incubi funesti che mi svegliai il giorno della partita contro Corvonero.
« Hai bisogno di forze, non puoi saltare la colazione. È la prima partita della stagione. »
Ed era quello il problema.
Louis mi stava incitando a mangiare, nonostante gli avessi ripetuto più volte di non essere affatto capace a mandare nello stomaco un solo boccone.
Neanche il Capitano, nonostante i frequenti attacchi di panico e convulsioni annesse, era messo peggio di me. Lui almeno aveva il suo ruolo, il ruolo per il quale si era allenato duramente. Io, al contrario, avrei giocato contro Cassandra Smith e sapevano tutti quanto fosse in gamba come Cercatrice e quanto io non mi fossi affatto allenata giorno e notte per quel ruolo.
« Non essere sciocca, Grifondoro già parte con un giocatore in meno. » insistette Louis, apprensivo.
« Ma in compenso ha guadagnato un giocatore più che all'altezza! » si intromise Fred con una risatina, afferrando una manciata di cereali e ficcandoseli in bocca tutti in una volta. Aveva già indossato la divisa e sembrava molto entusiasta di entrare in campo.
« Baston l'ha stressata particolarmente in questi giorni, senza contare le sue turbe ormonali. » disse Hugo, annuendo come se sapesse esattamente cosa prova una donna durante i suoi periodi nefasti. Ovviamente, la sfera emotiva ereditata da zio Ron in quel momento regnava sovrana: era ovvio che il malumore non aveva niente a che vedere con lo stress provocatomi da Baston. « Si chiamano mestruazioni, ragazzi. »
E nemmeno con le mestruazioni.
« Vuoi darti una calmata? » intervenne Dominique a bassa voce, facendosi sentire solamente da me mentre i nostri cugini iniziavano a pronosticare sulla partita in maniera rumorosa. « Sai giocare benissimo anche da Cercatrice. »
« Dominique. » la interruppi, con voce roca. Apprezzavo la comprensione di mia cugina ma non potevo certo fidarmi di una persona che di Quidditch conosceva solo i giocatori maschili della nazionale irlandese. « Vuoi tacere? »
« E va bene. » acconsentì Domi, facendo una risatina maliziosa che mi diede ancora di più sui nervi. « Mi darai ragione a fine partita. Scommetto che le soffierai il boccino da sotto il naso e che a far festa nello stanzino delle scope sarete tu e Sca... »
« Dominique. » soffiai, col desiderio di incastrare la testa di mia cugina nella brocca del succo di zucca. « No. »
Con uno sbuffo che non aveva niente a che vedere con i miei fastidiosi parenti, mi fiondai con disappunto tra i vassoi dei toast per avere una scusa decente per non dover conversare ulteriormente con Dominique o con qualsiasi altro essere vivente.
Hugo mi fece un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
« Che ti avevo detto, Louis? L'istinto di ammazzare il Capitano ha prevalso e le cure di Madama Amelia stanno funzionando. Hai visto? Va tutto bene.»
Hai visto? Sei un idiota.
Mi sentii lo sguardo di Dominique particolarmente sul collo mentre facevo tutto tranne che lasciarmi coinvolgere dalle risate dei miei parenti e dai loro discorsi eccitati di inizio partita fin quando la campanella annunciò il tanto atteso primo incontro della stagione di Quidditch.
« Andiamo, squadra! » sentii urlare Baston dalla tavolata, che si era lasciato l'ira funesta e le crisi di nervi di quelle ultime settimane alle spalle e sembrava in forze come non mai. Mi alzai lentamente come se al posto della partita stessi affrontando il patibolo, mentre i miei cugini si davano pacche festose sulle spalle. « Forza, Potter, non voglio vederti con questa faccia da funerale. Andiamo e facciamo vedere ai Corvonero chi comanda in campo! »
Mi lasciai scappare una risatina divertita per il commento decisamente poco sportivo di Baston. Incrociai lo sguardo combattivo del ragazzo in questione e cercai di lasciarmi anche io alle spalle i brutti pensieri. Le emozioni negative stavano man mano cominciando a sparire, come dissolte nell'aria, lasciando dentro di me pura adrenalina.
« Buona fortuna, Lis. » mi disse Dominique, prima che potessi seguire la squadra.
Le feci un sorriso e insieme ai miei due cugini trotterellai dietro la squadra, che sembrava determinata ed entusiasta quasi quanto il nostro Capitano. Fummo acclamati dalla folla per tutto il percorso fino agli spogliatoi e ricevetti saluti e pacche sulla spalla da tutti quelli che conoscevo e non, mentre un mucchio di stendardi rosso e oro mi balenavano davanti agli occhi per tutto il tempo.
« Ci siamo. » esordì Baston, sfregandosi le mani. La sua immensa energia sembrava pervaderci come una scarica elettrica, invadere tutto quello che ci circondava. Non sembrava nemmeno la stessa persona che il giorno prima aveva rischiato di mandare all'aria un'intera Infermeria durante un attacco di follia. « Il giorno della partita, finalmente. »
I colori rosso e oro brillavano tra le quattro pareti. Hugo mi sorrideva di tanto in tanto, dandomi qualche pacca sulla gamba, mentre prestavamo tutti molta attenzione al discorso di inizio partita del Capitano.
« Ci siamo allenati duramente e anche se abbiamo ricevuto una grossa batosta ce la faremo anche stavolta. Dobbiamo essere assolutamente concentrati, anche se rischiamo di cadere dalla scopa e tirare le cuoia. Concentrazione al massimo! »
L'idea di tirare le cuoia dinanzi alla Smith non mi sembrava allettante ma finsi di trovare il discorso del Capitano particolarmente incoraggiante.
« Quanto ai Serpeverde, li sistemeremo per le feste nella prossima partita ma adesso mi raccomando: i Cacciatori sempre vicini. » i miei due cugini e Jordan annuirono, scambiandosi uno sguardo d'intesa. « McLaggen, concentrati sui bolidi o ti faccio volare la testa a fine partita a suon di mazze da Battitore. » il destinatario della minaccia fece uno spaventato cenno di assenso.
Baston fece un profondo respiro, soffermandosi in maniera particolare su di me.
« Quanto a te, Potter... acchiappa il boccino prima di quella scellerata della Smith o ti faccio pentire di essere nata. »
Gli risposi con un risolino che non somigliava affatto ad un risolino mentre la squadra faticava a restare seria.
« Tranquillo, Capitano. L'ultima cosa che Cassandra Smith vedrà del campo sarà il mio culo mentre acciuffo il boccino. »
Ci furono delle risate fragorose all'interno dello spogliatoio. William Baston annuì, aprendosi in un grande sorriso combattivo. Poi ci fu un boato: era arrivato il momento di entrare in campo.
Seguimmo il Capitano mentre la folla acclamava e al podio del cronista il poco adorato Justin Smith commentava il tutto e presentava le due squadre urlando i nomi dei giocatori. Intercettai subito lo sguardo determinato di Cassandra Smith in campo ma spostai repentinamente i miei occhi sulla tribuna centrale dove un grande striscione con il mio nome e quello dei miei cugini spiccava.
« Capitani, stringetevi la mano. »
Baston e Goldstein, il fiero Capitano dei Corvonero, si strinsero la mano in maniera decisa, entrambi convinti di avere in tasca quella vittoria. Notai che la presa di Baston era ferrea come non mai e i suoi occhi avrebbero potuto mandare scintille. Mi posizionai di fronte a Cassandra Smith, inforcando la scopa e scambiando con i membri della mia squadra un cenno di intesa.
« Tutti in sella alle scope! Al mio fischio si inizia. Tre... due... uno! »
La Pluffa partì sfrecciando accanto a me e i Cacciatori quasi mi travolsero mentre io e la Smith ci levavamo al di sopra di tutti per individuare il boccino. La Pluffa venne intercettata da Goldstein e recuperata in tutta fretta da Hugo.
« Ed ecco che tutti i giocatori cominciano a dare vita alla partita! » disse Justin Smith dal podio del cronista, afferrando il microfono in modo pomposo e altezzoso. « Beh, ci sono delle eccezioni, ovviamente. Non tutti sono all'altezza di Quidditch. »
« Ma che vuoi che ne sappia quel tipo di Quidditch? » esordì Hugo, schiaffandosi una mano sulla fronte mentre passava velocemente la Pluffa a Fred, che sfrecciò verso gli anelli avversari.
Con un gran respiro, mi concentrai su tutto il campo in cerca della pallina dorata. Mi sistemai gli occhiali sul naso e volai verso la tribuna dei Serpeverde, dove mi era sembrato di vedere un luccichio. Scesi in picchiata quasi mortale ma mi resi conto che la luce era stata prodotta da una spilla sulla tunica di una studentessa.
« A neanche cinque minuti di partita, Potter travolge l'intero podio Serpeverde! Dovevamo aspettarcelo un colpo di scena iniziale. » stava commentando Smith accusatore, acclamato dalla folla Serpeverde e Corvonero e fischiato dai Grifondoro e i Tassorosso sulle tribune. « La violenza di quella ragazza dovrebbe essere abolita, eppure il Capitano William Baston preferisce tenerla in squadra. Bella mossa da Grinfodoro! » concluse, con abbondante sarcasmo e disprezzo.
« Era solo una picchiata, non volevo mica travolgerli! » urlai, cominciando a scaldarmi.
« Bisogna tenere quella ragazza sotto controllo! » convenne il professor Coleman, tenendomi a portata di binocolo.
« Continuiamo con la cronaca della partita! » si sentì la voce spazientita di Brown.
I Serpeverde erano scatenati e quasi ululavano dalle risate.
« Ma chi diavolo hanno messo sul podio? » si udì la voce alterata del Capitano che, in mia assoluta difesa, si mise a sbraitare rumorosamente contro il cronista mentre il Cacciatore Steeval di Corvonero era vicinissimo per segnare ai nostri anelli.
Baston fece una parata strepitosa con la punta dei guanti, passando la palla a Hugo. Il campo era libero: evitando bolidi e schivando avversarsi, mio cugino si fece strada lungo tutto il campo segnando la prima rete della partita e lanciando uno sguardo di sfida al cronista.
« Dieci punti per Grifondoro! » disse Smith, senza entusiasmo. « Beh, fortunati. C'era mancato poco che il Capitano Baston non parasse quel facilissimo colpo mancino. »
Infastidita, vidi Baston lanciare a Smith uno sguardo che dichiarava apertamente: « una volta finita la partita sei morto stecchito » e se fossi stata in Justin non gli avrei per nulla al mondo dato motivo di compiere un omicidio.
Neanche il tempo di realizzare il goal che gli applausi dei Grifondoro perforarono nuovamente ogni timpano: Fred aveva segnato, a distanza di un minuto, una seconda rete. Nel frattempo, mi lanciai all'inseguimento del boccino che avevo intravisto tra i tre anelli avversari.
Nel tumulto generale il luccichio si perse e, virando bruscamente alla mia destra, quasi gettai giù dalla scopa la Smith.
« Potter, ma che diavolo fai? » fu l'urlo adirato di Cassandra, puntando il dito accusatore contro di me e attirando l'attenzione del fratello sul podio, il cui commento non tardò ad arrivare.
« Ed ecco che Potter quasi rischia di buttare giù dalla scopa il Cercatore di Corvonero! Giochetti di questo tipo potevamo aspettarceli solo da lei. »
Vidi Brown strappare il microfono incantato dalle mani di un infervorato Smith.
« Venti a zero per Grifondoro! » decise di far sapere al pubblico.
Conscia del fatto che qualunque cosa avessi detto non mi avrebbe giustificata nonostante l'ingiustizia mi bruciasse come carboni ardenti, feci dietrofront quando mi ritrovai faccia a faccia con Cassandra.
« Stavi cercando di deviarmi, Potter, complimenti. E parli tanto di gioco corretto! »
« Non crederai alle storie di quel coglione di tuo fratello! » ribattei, cercando di mantenere una dignitosa calma. Senza alcun successo. « Non intendo vincere gettandoti giù dalla scopa, Smith, quello posso farlo in qualsiasi momento. »
« Non ti azzardare, Potter, sono una delle migliori Cercatrici della scuola. » insistette la ragazza, senza perdere il tono ostile. « Non ti conviene proprio metterti contro di me! » e senza neanche aspettare una mia risposta, corse via mentre Corvonero segnava una rete.
« E mentre Corvonero avanza verso la vittoria, Potter di Grifondoro discute con l'abile Cercatore di Corvonero! » fece subito notare Smith dal podio, non lasciandosi scappare neanche un piccolo dettaglio che potesse mettermi in cattiva luce agli occhi dell'intera Hogwarts. « Credo che Cassandra sia arrabbiata per la sua quasi uccisione a causa di quella bestia di Potter! »
« Ma glielo tiriamo un bolide? » intervenne mio cugino, spazientito.
« Ma glielo tirate un bolide? » diede immediatamente man forte Baston, al limite dell'isteria.
« Ma adesso glielo tiro proprio un bolide! » sbraitai, calciando l'aria come se stessi calciando il volto di Justin.
Non feci in tempo a planare sui Battitori per impossessarmi delle loro mazze per far fuori il cronista della partita che individuai chiaramente il boccino, nei pressi delle tribune centrali. E Cassandra Smith sembrava non averlo visto. Approfittando di quella situazione e sentendomi particolarmente eccitata, sfrecciai con la Firebolt nera lucente verso le tribune. Cassandra si rese conto di essersi lasciata scappare un dettaglio e mi seguì velocemente, tagliandomi la strada quando feci per allungare la mano verso la pallina e storcendomi un braccio con veemenza. Nello scontro violento, gli occhiali erano precipitati.
Virai bruscamente a sinistra mentre la mano di Cassandra Smith si allungava in avanti verso il boccino d'oro.
« Oh-oh! Sembra che il Cercatore di Corvonero stia ad un passo dal boccino, signore e signori! » fu l'acido commento di Justin Smith.
« Gioco corretto, eh, tagliare la strada all'avversario e ferirlo? Questo il tuo dannato fratellino non l'ha visto? »
« Non riuscirai a rovinarmi anche la partita, Potter! »
Cassandra poteva anche essere una brava Cercatrice ma io avevo qualcosa che lei non aveva: l'audacia. Sta di fatto che, improvvisamente, la pallina dorata prese a spostarsi con la velocità di un razzo verso il basso e io e la Smith fummo in picchiata.
Tante volte in vita mia mi ero sentita così viva e sicura di me, e quella era una delle volte.
« I due Cercatori si avvicinano al boccino con una pericolosissima picchiata! Si schianteranno! »
Con la coda dell'occhio, vidi la Smith levarsi in aria giusto in tempo per non schiantarsi sul terreno. Dal mio canto: ero o non ero figlia di uno dei più grandi Cercatori del secolo? Feci una brusca frenata a mezzo metro dal prato, ergendomi in piedi sulla scopa e allungando una mano. Due ali sbatacchianti mi solleticarono il dorso della mano quando chiusi il pugno nel freddo metallo dorato.
« E POTTER HA AFFERRATO IL BOCCINO, SIGNORE E SIGNORI! »
Un boato mi travolse ed esplose nell'aria: avevo battuto la Smith.
La vittoria era di Grifondoro.




In Sala Comune dei Grifondoro regnava il caos.
Fred aveva organizzato una festa degna di essere chiamata tale e tutti i Grifondoro, fatta eccezione per qualche esterno, facevano baldoria. Era stato preparato un tavolo ricco di pasticcini e bibite e tutti si servivano e si congratulavano con la squadra, dandomi pacche festose senza sosta sulle spalle e facendo a cazzotti per parlare con me. Non avevo mai visto Baston così felice mentre chiacchierava in maniera allegra con l'intera torre.
Hugo e Fred facevano battute, attirando l'attenzione delle ragazze in sala, che ridacchiavano tra loro facendo commenti e stringendosi l'una all'altra. Dominique, i cui commenti circa la vittoria schiacciante sulla Smith non erano certo tardati ad arrivare, era seduta su una poltrona accanto al camino, bevendo una bevanda alcolica. Louis e Frank ridevano alle battute dei miei cugini e facevano festa.
« Complimenti per quel boccino, Potter. »
Feci l'occhiolino ad un minuscolo Grifondoro del quarto anno e lo ringraziai, il boccino che mi volava freneticamente sulla spalla. « Baston ha sempre creduto in me. Vero, Capitano? » risi, indicando Baston che fece per lanciarmi la solita occhiataccia malevola, il quale non riuscì nel suo intento tanto che era felice in quel momento.
« Beh, diciamo che hai avuto i tuoi momenti di fortuna. » rispose lui, senza scomporsi minimamente, allontanandosi verso i divani con un sorrisetto che fece enorme fatica a nascondere.
Mentre i miei cugini continuavano a far ridere i presenti con delle battutine poco carine sul Capitano, trotterellai con una smorfia divertita al tavolo dei dolci.
« Quanto ho odiato quel cronista! »
« È il fratello del Cercatore di Corvonero. »
Ovunque mi voltassi, Justin Smith era sulla bocca di tutti e non mi premurai neanche di scommettere un galeone sull'eventuale futura fattura che incombeva minacciosamente su di lui. Evitai per un pelo una filippica riguardo alle ingiustizie che il cronista aveva urlato a gran voce di un furibondo primino e dirigendomi verso la fine della tavolata tutto mi sarei aspettata tranne che vedere Dominique e Baston stretti sul divano a chiacchierare sottovoce.
Non potetti fare a meno di notare che la mano di mia cugina era posizionata strategicamente sulla parte superiore della gamba del Capitano.
« Sono rimasta molto impressionata da te. »
« In che senso? » chiese Baston, stupefatto.
« In tutti i sensi, William. »
Il mio stomaco fece una capriola. La voce di Dominique era sottile come quella di una gattina e la sua mano si spostava lentamente su altezze sempre più preoccupanti.
« E poi devo dire che questi muscoli... »
Ma da quando quei due erano così in confidenza?
« ... si vede che sono molto allenati... »
Non aveva mica intenzione di toccarglieli?
« ... mi fanno venir voglia di toccarli... »
Certo che aveva intenzione di toccarglieli, come avevo anche solo osato pensare il contrario?
Dovevo fare qualcosa, e in fretta. Prima che fosse troppo tardi. Prima che il Capitano potesse cedere alle spire diaboliche di mia cugina e tardare ad un altro allenamento: non avrei messo a repentaglio la partita contro Serpeverde per niente al mondo, lo stress provocatomi dagli ultimi allenamenti mi sarebbe bastato per tutta la stagione. E tra me e Scamander non ci sarebbe stata partita che io non avrei vinto.
« Senti, Dominique, mi chiedevo se... » cominciò il Capitano, in balia delle mani di mia cugina sul suo petto scolpito.
Afferrai rudemente un boccale di Burrobirra dalle mani di un timido Tassorosso del quinto anno con l'intento di versarlo sulle loro teste e interrompere quella disgustosa scenetta che mi si presentava dinanzi agli occhi ma non feci neanche in tempo a direzionarlo che proprio di fronte a me scorsi la chiarissima figura di Lysander Scamander mentre oltrepassava il buco del ritratto. Soffocando una parolaccia, restituii la Burrobirra al ragazzo quasi gettandogliela in pieno volto e, senza pensarci due volte, scavalcai il divano della sala con un salto tipico dei film di azione babbani.
Trovandomi con la faccia per terra ai piedi di Dominique, che ritrasse la mano dal petto di Baston.
« Scusate... » borbottai imbarazzata, chiedendomi cosa ci facesse Scamander nella mia torre e per quale motivo non fosse alla torre di Corvonero per consolare Cassandra. « Credo di aver perso... una cosa qui... »
Baston fece un colpetto di tosse, alzandosi di scatto dal divano.
« Vado dal resto della squadra. » disse in fretta, evaporando velocemente come per superare il momento di imbarazzo.
Mia cugina sembrava non aver per niente apprezzato il mio intervento opportuno e la conseguente uscita di scena del Capitano e ci tenne a farmelo capire incenerendomi con gli occhi.
« Che diavolo stai facendo qui sotto, potrei sapere? » mi riprese, come se avesse voluto ammazzarmi con le sue stesse unghie.
« Ah, io cosa starei facendo? » esclamai, in un sussurro adirato. Controllai rapidamente che Baston non fosse a portata di orecchie e partii al contrattacco: « Tu, semmai! Cosa pensi di fare col Capitano, eh? Non vorrai farlo arrivare in ritardo ad un altro allenamento! »
Per un attimo credetti che Dominique mi afferrasse per i capelli.
« Hai vinto la partita! Hai ottenuto quello che volevi, adesso credo di essermela meritata... »
« Tu non capirai mai il Quidditch! »
Dominique sbuffò, soffocando una maledizione tra i denti. « Io e il tuo Capitano usciamo insieme e c'è tempo per la partita contro Serpeverde. »
« Stai dicendo sul serio? » strepitai da terra, col viso nel polveroso tappeto e coi peli di gatto e penne di uccello appiccicate sulla lingua. « Dominique, ma ti rendi conto... »
« E tu ti rendi conto di stare distesa a faccia a terra su un tappeto sudicio? » mi interruppe lei, piuttosto seccata.
« Sì. » risposi, marcando l'affermazione con dignità. Che non possedevo.
« E il motivo per cui ti hai deciso di insudiciarti si trova ad un metro di distanza dal divano, dico bene? » chiese mia cugina in tutta risposta, scuotendo il capo con un sopracciglio inarcato.
« A neanche un metro dal...? »
« Si sente bene tua cugina? » chiese la voce apprensiva che mai avrei voluto mi risuonasse nelle orecchie in un momento come quello.
« Non quanto dovrebbe. » fu la rapida risposta di Dominique.
Mi alzai da terra con tutto il decoro che potesse avere una persona che era stata appena beccata distesa su un tappeto polveroso e, lanciando una rabbiosa occhiataccia a Dominique, affrontai l'intruso.
« Scamander! » sbottai. Ma proprio in quel momento? « Certo che sto bene, cosa ti fa pensare il contrario? »
Molte cose, avrei voluto rispondermi.
Il ragazzo assunse uno strano sguardo sconcertato. Notai che il rossore era padrone sul suo volto e che molti Grifondoro stavano cominciando a sussurrare tra di loro e indicarlo. Da quando il biondino era entrato a far parte della squadra di Quidditch come Cercatore, erano anni che Grifondoro non riusciva a vincere delle partite contro Serpeverde: era un uno dei giocatori più in gamba della scuola e, sebbene molti di loro lo stimassero, alcuni tifosi poco sportivi lo detestavano con tutto il cuore.
E in quel momento si notava parecchio.
« Mi dispiace disturbarti proprio durante la festa... ti andrebbe di uscire un attimo fuori? » mi chiese Scamander cordialmente, lanciando uno sguardo ad un Grifondoro ridacchiante lì vicino e uno a mia cugina che aveva iniziato a limarsi le unghie come se non stesse per niente ascoltando la conversazione, nonostante io sapessi benissimo che stesse cogliendo segnali dall'inconscio di entrambi.
Feci uno spastico cenno di assenso e mi avviai rapidamente verso l'uscita insieme al ragazzo.
Fuori dalla sala comune, il corridoio era deserto.
Lysander si schiarì la voce. « Complimenti per la partita. » esordì inaspettatamente, con un sorriso.
Notai che stava fissandomi intensamente.
« Credevo tifassi per Corvonero. » buttai lì, chiedendomi se fosse corso prima a consolare la Smith per poi congratularsi con me successivamente. In ogni caso, ringraziai il cielo che fosse lì piuttosto che in uno stanzino delle scope in dolce compagnia.
« Che vinca il migliore nel Quidditch. » rispose il ragazzo, in tono sincero. « Te la sei giocata proprio bene, sei stata bravissima ad acciuffare quel boccino. »
« Oh, tu l'avresti preso molto prima. »
« Questo non puoi saperlo. » sorrise lui, facendo una scrollata di spalle.
Scamander fece un timido passo in avanti, accorciando la distanza tra noi. Aveva una strana arietta imbarazzata sul volto ed era così vicino che riuscii a vedere dettagli del suo volto che non avevo mai notato prima: dalla forma sottile e allungata dei suoi brillanti occhi al colore biondo cenere del suo ciuffo ribelle, dalla barbetta sul mento alle lentiggini sul naso.
Pensai che avrei potuto restare lì a contemplarlo per giorni.
« Senti, mi stavo chiedendo... » cominciò ma si interruppe bruscamente, un'espressione seccata puntata su qualcosa alle mie spalle comparve sul suo volto che fino ad un momento prima era sereno.
Ciò mi costrinse a voltarmi. Incrociai con piacere le iridi color ghiaccio di Alex Olsen, con la sua chioma albina, la pelle pallida come la luna e uno strano profumo esotico che aleggiava per il corridoio silenzioso. Non indossava la divisa scolastica ma una camicia bianca e un paio di pantaloni neri.
« Ciao, Lilian. Complimenti per la partita. » disse Alex col tono calmo di sempre, facendomi un lieve sorriso.
Una volta che fu abbastanza vicino ad entrambi, si mise a squadrare Scamander da capo a piedi con una strana espressione. Non gli risposi immediatamente: ero impegnata a fissare anche io la reazione del biondino. Sembrava a dir poco irritato, forse dal modo in cui Alex si era avvicinato a noi, forse dal modo in cui lo stava squadrando, forse invidioso della sua bellezza o probabilmente per il fatto che, essendo Alex un nuovo studente di Corvonero del settimo anno, frequentava le lezioni insieme a Cassandra Smith facendo sì che diventasse il suo nuovo nemico.
« Grazie. Spero tu ti sia divertito! » dissi, in tono piuttosto alto come per rompere quella sfida di sguardi in atto tra i due ragazzi.
« Non amo molto questo sport ma sei senza dubbio brava a volare. È stata una partita molto avvincente. » rispose con pacatezza Alex, dando le spalle a Scamander. « Passavo di qui per andare alla torre di Corvonero e ho pensato di passare di qui per complimentarmi di persona. »
Sorrisi, piuttosto stupidamente.
« Allora. » fece Alex, soave. « Spero di non aver interrotto qualcosa di importante. »
Feci una risatina abbastanza nervosa e dichiarai: « No. » mentre nello stesso tempo il biondino rispondeva un secco: « Sì. »
Gli occhi di Alex fluttuarono velocemente su Scamander, e i miei altrettanto, mentre il ragazzo in questione continuava a scrutare il nuovo arrivato con evidente fastidio.
« Beh! » mi accorsi di urlare senza volerlo. Feci un colpo di tosse per riacquisire il normale tono di voce di cui ero stata privata dalla situazione imbarazzante che mi si presentava dinanzi agli occhi. « Mi ha fatto piacere la tua visita. »
Alex sorrise in maniera tranquilla. « Non ho dubbi su di te. » ci tenne a sottolineare.
Decisamente, la tensione stava diventando palpabile. Dovevo intervenire. Ma non ero affatto brava a mettere in ordine situazioni disastrose, piuttosto riuscivo sempre a combinarne di nuove.
Come infatti...
« Potresti unirti a noi in sala comune, Alex. Per la festa, intendo... »
Quante mosse sbagliate mi separavano dall'innesco di un detonatore?
« Apprezzo molto l'invito ma ho parecchie cose da fare. » rispose il nuovo studente, in modo distaccato e, se le mie orecchie non mi ingannavano ma ero certa fosse così, evasivo.
« Sentito? » intervenne Scamander autoritario, piazzandomi una mano sulla spalla in maniera confidenziale, cosa che mi fece perdere un battito cardiaco e desiderare un contatto più intimo. In quel momento. E in presenza di Olsen, poco importava. « Ha da fare. Lascia perdere. »
Alex non sembrava per niente dispiaciuto o offeso dal comportamento scorbutico del ragazzo. Al contrario, per quanto potevo vedere, appariva assai divertito nel metterlo alle strette o in imbarazzo.
« Rilassati, Scamander. » fece Alex perspicace, con un sorrisetto malizioso. « Ti lascio subito solo con lei. »
« Ma... » spalancai la bocca per replicare ma Alex aveva continuato a sorridere con semplicità ed era andato via con passo lento e deciso. Non prima aver rivolto al biondino un'occhiata malandrina.
Ebbi giusto il tempo di vedere il nuovo arrivato svoltare alla destra del corridoio quando la faccia sconvolta di Scamander mi fece pentire di essermi imbambolata come una perfetta idiota e finì prepotentemente nel mio campo visivo. Mi resi conto che aveva gli occhi contratti in due fessure e le mani sui fianchi.
« E tu frequenti questo tizio? » fu il suo commento alterato, il tono di voce alto tipico di chi non importava nulla di essere udito.
Detto da uno che frequentava Cassandra Smith, mi sembrava giusto ricordare da quale pulpito venisse la predica.
« Hai qualche problema? » ribattei, sbalordita a dir poco dalla sua improvvisa irritazione.
Lysander fece una risatina sprezzante, alzando gli occhi al cielo e arruffandosi i capelli in maniera nervosa. « Ma l'hai visto? » sbuffò, ero certa senza la minima idea di cosa stesse blaterando. E, soprattutto, non sapendo minimamente cosa avrei dovuto vedere. « Non lo conosci nemmeno! Potrebbe essere come non te lo aspetti. »
« È un ragazzo splendido. » decretai, sperando di suscitare in lui altra irritazione. « Sei stato molto scortese con lui, sei solo invidioso. »
Uno strano luccichio, come un lampo, una pericolosa saetta, pervase le iridi scure di Scamander che divenne rosso come un pomodoro appena raccolto. Finì di arruffarsi i capelli solo per sostenersi ad un pilastro lì accanto.
« Invidioso? E cosa avrei io da invidiare a quel tipo? Sentiamo. »
I suoi occhi ardenti e la posa indecente che aveva assunto non aiutarono per niente il confronto tra i due.
« Hogwarts impazzisce per lui. » ipotizzai, cercando di sottintendere il nome della Smith.
« Anche tu sei impazzita per lui? » mi chiese, sfrontato per la prima volta in vita sua e senza pensare alla gravità della domanda.
Il silenzio che seguì fu il silenzio imbarazzante per eccellenza.
« Pure se fosse non sono affari tuoi. » replicai sconvolta, pensando che se avesse continuato a fissarmi in quel modo sarei addirittura arrivata a pensare che lui, Scamander, avrebbe potuto battere senza dubbi il nuovo arrivato Olsen in uno scontro di piacere visivo.
« Va bene. » concluse lui, ancora irritato. Smise di fissarmi e prese a scrutare il quadro come se avesse voluto farlo scomparire. « Meglio che torni dentro, il resto dei Grifondoro si staranno chiedendo che fine ha fatto la loro leader. »
« Credevo restassi... » dissi, senza accorgermi di essere apparsa estremamente speranzosa.
« Oh... no. È la vostra festa, passavo soltanto di qui. » rispose lui, e l'irritazione che lo aveva pervaso tutto il tempo parve svanire lasciando traccia solo ad una punta di delusione. « Complimenti ancora per la partita. »




Passarono un paio di giorni dalla fine della partita che aveva visto Grifondoro vittoriosa ma in quei giorni non ci fu un minuto in cui gli studenti di Hogwarts non ne parlassero. Nei corridoi non si chiacchierava d'altro. Per non parlare della disfatta di Corvonero e degli scherzi poco carini di cui Justin Smith fu protagonista.
In tutto quel delirio e approfittando che Hogwarts si era rivoltata contro Justin, io e mio cugino non avevamo perso occasione per fare esperimenti coi prodotti dei Tiri Vispi facendo vomitare studenti, oltre che Smith, e creando panico e paura nei bagni della scuola.
Dominique, dal suo canto, aveva preso l'abitudine di lanciarmi occhiatacce funeste ovunque mi trovassi, rimproverandomi sul comportamento che stavo assumendo nei confronti di Alex Olsen tutte le volte che mi ritrovavo ad incontrarlo per i corridoi. E caso voleva che lo incontrassi molto spesso quando facevo strada con Scamander dopo le lezioni.
Io e il biondino avevamo ripreso a parlare con normalità, il giusto necessario per intraprendere una conversazione civile. Che di civile non aveva niente nel momento in cui Cassandra Smith si ritrovava sui nostri passi.
In tutta quella follia, era arrivato un nevoso dicembre.
« Cosa dovrei ingerire? »
Mi trovavo nel bagno di Mirtilla Malcontenta per l'ennesimo esperimento che vedeva come protagonisti i malcapitati studenti della scuola. Tirai fuori da un sacchetto una piccola pillola di colore lilla che secondo me e mio cugino doveva far salire una normale febbre, senza alcun effetto e senza alcun malore. Iniziava col rossore e finiva con l'amato caldo letto a baldacchino per un giorno intero.
« Niente vomito... vero? » chiese il primino intimorito, che stava osservando la pillola con sospetto.
Fissai mio cugino con sguardo severo. In quei pochi giorni di fine novembre era riuscito, da solo e senza alcun preavviso, a spedire in Infermeria tutti i primini di Hogwarts. Questo fece andare su tutte le furie Madama Amelia quando vide arrivare in fila indiana bambini vomitanti e tremolanti.
Hugo fece un sorriso che, se fossi stata al posto dell'undicenne, avrei preso come sprono per correre via a gambe levate.
« Ma per chi ci hai presi? Siamo professionisti. »
Il ragazzino si schiarì la voce, chiudendo la pillola in un pugno e fissandoci con una sorta di sguardo di sfida.
« Prima che io mandi nello stomaco questa... »
« Ascolta, marmocchio, meglio per te se ti muo- » cominciò mio cugino, adirato. Gli diedi un forte pestone per metterlo a tacere e lui si riscosse, mostrando un finto sorriso di cortesia. « Dicevi? »
« Prima i soldi. » rispose il primino, allungando una mano.
« Vi fanno sempre più venali, eh? » borbottai, rifilando nelle mani del ragazzino un sacchetto di galeoni. Non avevo alcuna intenzione di perdere l'ennesima cavia da laboratorio nonostante percepissi l'intento di Hugo di prenderlo a calci. « Adesso, da bravo, manda giù la pillola senza fare storie o l'acqua torbida del water di Mirtilla sarà l'ultima cosa che la tua testolina vedrà del castello. »
Il primino, piuttosto inquietato dalla minaccia incombente, obbedì senza esitare. Lo vidi mandare giù con decisione la pillola sotto i nostri sguardi impazienti...
Feci un respiro di sollievo quando constatai che non era accaduto assolutamente nulla di spiacevole. Gli effetti collaterali del vomito si verificavano immediatamente. Come da me e mio cugino previsto, era solo arrossito dal calore della febbre.
« Niente vomito... » dichiarai, sbalordita. « Hai visto, buono a nulla? Nessuno finisce in Infermeria quando si trova sotto la mia custodia. »
« Tutto qui? » chiese il primino, spalancando le braccia con aria beffarda. « Credevo... »
Ma non riuscì neanche a finire la frase che ci era piombato rovinosamente addosso. Per un attimo pensai fosse cosciente ma un secondo prima di schiantarci a terra con un terribile tonfo da far tremare i pavimenti mi accorsi che era del tutto svenuto.
Io e mio cugino ansimammo sotto il peso del ragazzino e sgusciammo da sotto il suo corpo esanime. Mi rigirai come una cotoletta impantanata nell'acqua del pavimento e afferrai il polso dello sventurato di turno: il cuore batteva in maniera del tutto regolare.
« Nessuno finisce in Infermeria quando si trova sotto la mia custodia. » mi fece il versetto Hugo, mettendosi le mani nei capelli mentre si alzava dal pavimento bagnato. « È svenuto! Oh, miseriaccia. È svenuto davvero! »
Sì, mi ero accorta che ci fosse svenuto addosso. Possedevo due paia d'occhi e una sensibilità tattile per capire che un essere umano ci fosse decisamente svenuto addosso.
Hugo prese a calci la porta del bagno. « Per quanto tempo dovremmo tenercelo sulla coscienza? »
« Aspetta che consulto la sfera di cristallo della Cooman! » sbraitai, tirandomi su piuttosto scossa, non prestando la minima attenzione al ragazzino privo di sensi per terra. « Hai fatto fuori tutti i primini del castello! Coleman sa benissimo che ci siamo dietro noi, quanto tempo ci rimane fino all'espulsione dalla scuola? »
Decisi di sferrare anch'io un calcio alla porta del bagno.
« E tu cos'hai fatto per impedirmi di mettere al tappeto una dozzina di studenti? » partì al contrattacco Hugo, incrociando le braccia al petto. « Ah, giusto, eri troppo impegnata col tuo triangolino amoroso per darmi una doverosa mano! »
Ci misi un minuto per metabolizzare le parole di mio cugino e quando mi resi conto che aveva pronunciato esattamente quello che non avrebbe mai dovuto pronunciare feci un passo verso di lui con gli occhi ridotti in due fessure.
« Rimangiatelo. » sibilai minacciosa, costringendolo a fare numerosi passi indietro e finire contro la porta del cubicolo centrale mentre mi fissava con evidente sgomento. « Subito. »
« Me l'ha detto Dominique, non arrabbiarti con me. » fece Hugo, precipitosamente. « All'inizio non sapevo neanche di che diavolo stesse parlando, ad essere sincero. »
« E tu dai anche retta a Dominique? »
Hugo prese ad avanzare verso di me. « Ma adesso lo so e lo sai benissimo anche tu. »
Fu il mio turno di fare numerosi passi indietro.
« Non so a cosa ti riferisci. »
« Mi riferisco a te, Scamander e Olsen. »
« Non so di cosa parli. » mentii, preparandomi psicologicamente all'impossibile arrampicata su un altissimo specchio il cui riflesso era chiaramente il gabinetto di Mirtilla Malcontenta.
« Continuerai imperterrita a... »
Hugo fu costretto ad interrompersi bruscamente e dal mio canto voltai il capo verso la direzione della porta, in direzione di un rumore che non fui l'unica ad aver udito e che proveniva esattamente da fuori. Non ebbi nessun dubbio: qualcuno stava forzando la porta.
« Oh, miseriaccia. Siamo spacciati! » si mise a piagnucolare mio cugino, gettando la conversazione di un attimo prima nel dimenticatoio e cominciando a fare su e giù per il bagno.
« Ma davvero? » sbottai con abbondante sarcasmo, catapultandomi dal ragazzino svenuto. « Dammi una mano o giuro che seguirai questo primino in paradiso. »
Afferrammo il ragazzino per le braccia e lo trascinammo in un cubicolo. Non c'era abbastanza tempo e, soprattutto, abbastanza spazio. Ci incastrammo tutti e tre come un grandioso fenomeno da baraccone in un solo cubicolo, presi dal panico. Il primino fu posizionato per terra con le spalle alla porta, io ero morbosamente attaccata alla maniglia e mio cugino in piedi sulla tazza del water: decisamente, lo spettacolo non era gradevole.
Ci fu un rumore più forte e uno scricchiolio. Udimmo la porta chiudersi e dei passi, che risuonarono all'interno del bagno. Erano lenti e cauti, come se non sapesse cosa fare e dove andare, come se sapesse esattamente che non era da solo.
« E spostati. » sussurrai, approfittando del fatto che in quel bagno persisteva in maniera incessante e fastidiosa rumori di tubature, acqua corrente e vento che, fortunatamente, poteva coprire il borbottio della mia voce.
« Dove dovrei spostarmi? » fece mio cugino di rimando, tremando sul water. « Ti sembra il momento di lamentarti? »
Stavo giusto per rispondere con la solita grazia che non mi apparteneva quando l'ultima voce al mondo che avrei voluto sentire fece capolino esattamente dove non avrei mai voluto facesse capolino in quel momento critico.
« Oh, finalmente vi siete decisi a fare un giretto nel mio gabinetto! » esordì una voce familiare. La voce proveniva dal cubicolo stesso, dallo stesso water su cui mio cugino si era arrampicato.
In poco meno di qualche secondo stava regnando il caos. Notai che in mezzo alle gambe di mio cugino, e quindi incastrata nella tazza del water, vi era niente di meno che Mirtilla Malcontenta. Con uno strillo ben poco virile, Hugo era scivolato per lo spavento, oltrepassando senza volerlo la figura perlacea di Mirtilla, e mi era caduto violentemente addosso.
Urtando la maniglia della porta, io, mio cugino e il primino svenuto precipitammo a terra fuori dal cubicolo con le urla di Mirtilla in sottofondo.
Tutto questo sotto lo sguardo sconcertato di Alex Olsen.
« Lilian! » esordì Alex, sconvolto.
« Cento punti se trapassate la testa a Mirtilla! » continuava a strillare il fantasma, fuoriuscendo dal water e fissandoci in cagnesco. Alex aveva spalancato la bocca e se ne stava fermo al suo posto a fissare lo spettro. « Duecento punti se la trapassate completamente! »
« Di certo non ho trovato piacevole oltrepassarti! »
Mirtilla irruppe in uno strillo ancora più acuto.
« Non posso farci niente se sei morta e mi sgusci tra le cosce mentre sono sul water! »
Con un fruscio e un ultimo ululato disperato, Mirtilla sparì da dove era arrivata, lasciando il bagno in un immobile silenzio di tomba.
« Sei proprio un coglione. Quante volte devo ripeterti di non dirle che... »
« È effettivamente morta? » concluse Hugo, sconvolto.
« Non hai un briciolo di tatto e dignità. » sbraitai, dando un calcio negli stinchi a mio cugino e rialzandomi a fatica dopo l'ennesima caduta della giornata.
« Potrei sapere, per cortesia, cosa sta succedendo? » chiese piano Alex Olsen, ancora sbalordito per la scena che, purtroppo per lui, era stato costretto a vedere.
Hugo aveva indicato il ragazzino svenuto, accovacciandosi accanto a lui per controllare che fosse ancora vivo.
« Oh, questo, intendi? »
Feci roteare gli occhi, spazientita.
« Alex, posso spiegarti tutto. » replicai, fiutando l'aria di pericolo che mio cugino non aveva affatto fiutato apparendo come se niente e nessuno l'avesse disturbato e come se nessuno studente gli fosse svenuto addosso. « Hugo, occupati di questo caos... intesi? »
« Tutto sotto controllo. » obbedì lui, non avendo assolutamente niente sotto controllo. « È solo svenuto, comunque. Non preoccuparti, Olsen. Se fosse morto te l'avremmo detto! »
Mi schiaffai una mano sulla fronte e afferrai con delicatezza Alex Olsen per un braccio, conducendolo in tutta fretta fuori al bagno di Mirtilla Malcontenta e cercando di non attirare troppa attenzione sul bambino svenuto, sulla scia di fetore che aveva lasciato Mirtilla una volta rientrata nelle sue tubature e sulle condizioni pietose del gabinetto in generale.
Non mi riuscì affatto bene.
Quando uscimmo fuori, il corridoio era fortunatamente deserto.
« Alex, mi dispiace. » fu la prima cosa che dissi, trepidante e in attesa di nuovi sviluppi. Conoscevo la natura tranquilla di Alex ma non abbastanza da fidarmi ciecamente di lui, non abbastanza da pensare che non avrebbe spifferato le mie malefatte. « Promettimi che questo rimane tra noi. »
« Certo, Lilian, non sono una spia. » ci tenne a rassicurarmi, con un tono così pacato che credetti in un istante che non mi avrebbe tradita. « Ma sarebbe meglio... »




« Ma dove diavolo sei stata? »
Dominique mi fissava con espressione torva e a braccia conserte, in attesa di risposte che tardarono ad arrivare. Mi sovrastava dal suo metro e settanta come se fosse una soldatessa e le sue labbra erano arricciate in segno di sfuriata incombente.
« Ti ho cercata dappertutto. »
Era ora di cena e mia cugina mi aveva appostata fuori alla sala d'ingresso. Non riuscivo a capire il motivo di tanto turbamento, ultimamente si comportava come se fosse la mia balia.
« Ho avuto da fare con Alex. » dissi, omettendo molte scene di quel che era accaduto nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
« Che cosa? » esordì lei, con uno strillo sconvolto. « Tra te e lui non potrebbe mai funzionare! Vuoi mettertelo in quella testa oppure... »
« Ho un appuntamento con lui ad Hogsmeade. »

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Quando i festini natalizi diventano... ***


Quando i festini natalizi diventano...


Dopo lo stressante sabato in cui io e mio cugino avevamo evitato per un pelo l'espulsione da Hogwarts se non fosse stato per il fatto che Alex Olsen si era dimostrato più discreto di quanto pensassi, era arrivata anche la domenica e la conseguente uscita ad Hogsmeade. Hugo ci sarebbe andato insieme ai nostri cugini e Frank Paciock mentre Dominique sarebbe con buonissime probabilità uscita insieme al Capitano, per quanto avevo potuto capire e non potendo affatto impedirlo.
Professai, in ogni caso, una piacevole e tranquilla domenica in compagnia di Alex.
« È vero che vai ad Hogsmeade con Alex Olsen? » mi chiese Lisa Finnigann, vedendomi meno scompigliata del solito mentre mi preparavo in dormitorio.
Katie Thomas, che stava cercando di pettinare la sua chioma afro esageratamente riccioluta, si mise immediatamente in ascolto, fissandomi dallo specchio e sperando di sentirsi narrare il racconto di come Alex mi aveva chiesto di uscire. Io, che stavo infilandomi il cappotto, mi voltai verso di loro facendo un sorriso forzato.
« Oh. Sì. »
Erano girate alcune voci a cena (Dominique sembrava essere stata la voce urlante e isterica da cui era partito non tanto accidentalmente il tutto) sul fatto che Alex mi aveva invitata ad Hogsmeade. I Grifondoro ne erano del tutto al corrente, e Hugo ci tenne a sottolinearlo a pieni polmoni in sala comune dopo la cena non appena ricevette la notizia che gli avevo con tanta riserbatezza confidato. Alcuni ragazzi, che probabilmente avevano cominciato a detestare Alex Olsen, e alcune ragazze, che probabilmente avevano cominciato a detestare me, non l'avevano presa del tutto bene, tra cui Victoria Robins, di cui Fred nutriva una forte simpatia, ed era un eufemismo, da tempi remoti. Inutile dire che mio cugino non ne fu così felice.
Mi avviai con passo veloce verso l'ingresso del castello dove ero sicura che Alex fosse ad attendermi. Il ragazzo,infatti, era in piedi al centro della sala d'ingresso, non mostrando alcun interesse per le studentesse che lo indicavano e correvano via ridacchiando come oche. Era molto carino col giubbotto blu cobalto che gli metteva in risalto la carnagione eccessivamente pallida e i suoi setosi capelli bianchi.
Mi sorrise quando mi vide.
« Ciao. » disse cordialmente, in saluto.
« Alex, ciao. Sei qui da molto? »
« Solo cinque minuti, ero abbastanza in anticipo. Andiamo? » propose lui, facendomi un gesto galante con la mano e sorridendomi.
Non avevo dubbi: sembrava proprio una persona precisa e assolutamente schematica e ordinata.
Annuii con un cenno ed insieme ci incamminammo verso il portone. Gli occhi degli studenti erano puntati su di noi. Non ci badai molto: dopo anni e anni ero fin troppo abituata a sentirmi gli occhi delle persone addosso. Piuttosto, riflettei per un momento su come mi sentivo per quell'uscita insieme ad Alex Olsen. Non ero nervosa ma mi sentivo abbastanza strana: Alex mi metteva addosso una strana sensazione che non avrei saputo spiegare e la cosa mi incuriosiva e allo stesso tempo mi teneva all'erta.
« Sei mai stato ad Hogsmeade? » chiesi, percorrendo la strada verso il piccolo paesello innevato e affondando i miei alti anfibi nella neve alta. Alex scosse il capo con disinvoltura, temprato e calmo. « È un posto tranquillo: poche case, anche se tantissimi negozi. Io adoro il negozio degli scherzi di Zonco e i tre manici di scopa. Potremmo prendere una burrobirra lì. »
Lui annuì come se fosse del tutto indifferente riguardo al luogo in cui saremmo andati. Fece per replicare quando mi fermai di colpo, maledicendo qualcuno dall'alto. Avevo appena alzato lo sguardo davanti a me quando vidi il professor Lumacorno venirci incontro con ardore, urlando qualcosa che non riuscii ad afferrare.
« Oh-ho, la bella Potter e il nuovo talentuoso studente Olsen! » aveva esclamato il vecchio professor Lumacorno quando fu di fronte a noi, grasso come un mobile e con due baffoni che gli pendevano e svolazzavano al vento. « Due piccioni con una fava! »
« Professor Lumacorno, ha trascorso una bella giornata? » chiese con gentilezza Alex, anche se nel tono riuscii a captare in maniera lieve il suo disinteresse.
« Bellissima giornata, caro mio, davvero splendida. » rispose lui, grato di essere preso così in considerazione da uno studente tanto talentuoso e intelligente come Alex. « Ho deciso di andare via prima che faccia buio. Sono di corsa, ho un appuntamento con il buon vecchio Hagrid e il caro professor Brown. »
Io, che stavo fissando la neve sugli anfibi senza ascoltare una sola parola pronunciata dal mio insegnante, alzai lo sguardo con uno scatto fulmineo.
« Come mai ha un appuntamento con loro, professore? » domandai, senza riuscire a trattenermi.
« Oh, beh, niente di importante. » rispose Lumacorno, evasivo. Non ci avrei scommesso un galeone che non fosse niente di importante. « Roba prettamente scolastica! Dove eravamo rimasti? Ah, proprio voi cercavo! Ho un invito speciale per due miei brillanti studenti. »
« Un invito, signore? » chiese Alex, col solito tono neutro.
Purtroppo per me, già ero a conoscenza di cosa stavo andando incontro.
Lumacorno fece una risatina compiaciuta. « Per la festicciola di Natale nel mio ufficio, naturalmente! Lunedì sera, prima della partenza del martedì mattina per le vacanze natalizie. Sarei molto lieto se foste dei nostri! »
Erano anni che Lumacorno organizzava cene e feste a cui tentavo puntualmente di sottrarmi costringendo il Capitano, tra una crisi isterica e l'altra, a spostare gli allenamenti di Quidditch per quel giorno preciso così che io, invitata da Lumacorno non di certo per l'abilità in Pozioni, potessi svignarmela. Nella mia cerchia di parenti, solo io, Dominique e Louis facevamo parte di quello che era chiamato Lumaclub, ed esso comprendeva anche Frank e Alice Paciock, presumibilmente costretti dal padre. Hugo e Fred erano stati banditi nel momento in cui decisero di far scoppiare dei pericolosi petardi durante una vecchia festicciola al terzo anno e da quella sera il professore non ebbe desiderio alcuno di invitare i miei cugini alle cene successive.
« Sarei molto onorato di partecipare, professore. » acconsentì Alex, educatamente.
« Sì, non vedo l'ora, certo. » borbottai, cercando di apparire entusiasta.
« Ne sono felice, ragazzi miei! » Lumacorno sembrava eccitato come non mai. « Ho invitato poche ore fa la cara Dominique, Louis, l'eccentrico Justin Smith. » al nome feci uno sbuffo. « e sua sorella Cassandra, molto abile in Pozioni. » lo sbuffo si era trasformato in una smorfia di disgusto. « e poi ovviamente Lorcan Scamander e il suo carismatico gemello. »
La smorfia si era trasformata in una maschera di puro panico. Immaginavo fosse stato invitato ma il pensiero che potessi ritrovarlo alla festa di Natale di Lumacorno mi allarmava. Senza parlare della presenza dei fratelli Smith.
« Allora, cari miei, ci vediamo domani sera! » Lumacorno fece una strizzatina d'occhio ad Alex, che non seppe come interpretare quel gesto. « Buone cose... » e con un'occhiata a dir poco maliziosa, sparì definitivamente dalla nostra vista prendendo una scorciatoia a sinistra.
« Molto curioso. » fu il commento di Alex.
Ridacchiai e mentre percorrevamo la stradina principale di Hogsmeade gli raccontai di Lumacorno e delle varie cene, pranzi e festicciole che organizzava durante tutto l'arco dell'anno scolastico, del suo Lumaclub e della sua tremenda ossessione per gli studenti famosi, con storie impressionanti alle spalle e con spiccato talento.
« Capisco. » disse Alex, le labbra lievemente increspate. « E il tuo amico Scamander potrebbe dirsi famoso oppure uno studente brillante? »
« Beh... » balbettai, presa alla sprovvista dalla domanda del tutto inaspettata. Mi sarei aspettata qualsiasi interrogativo da parte del ragazzo, eccetto qualcosa che riguardasse Scamander. Non capivo per quale motivo volesse indagare su di lui, nonostante immaginassi che la mia cotta per il suddetto poteva sembrare alquanto evidente agli occhi di Alex. « Entrambe le cose, direi. Ha abbastanza talento e i suoi genitori sono abbastanza famosi da permettergli di far parte della cerchia di studenti prescelti per il Lumaclub. Sua madre, la mia madrina, ha anche combattuto in guerra insieme a mio padre. »
« L'avevo intuito. Quindi, tu e Scamander siete imparentati, in un certo senso? »
« In un certo senso... » risposi, evitando qualunque tipo di espressione facciale che non vertesse sul disgusto generale.
Alex sorrise genuinamente. « Oh, parlando del diavolo. »
Spuntavano sempre le corna.
Seguii lo sguardo divertito di Alex e individuai chiaramente il ragazzo in questione che chiacchierava allegramente insieme ai suoi amici Jerald e Dean di Serpeverde, sorprendendomi di ritrovarlo in totale assenza di Cassandra Smith. I capelli biondi gli ricadevano in ciuffetti ribelli sul volto arrossato e non potetti fare a meno di notare che il cappotto nero e i pantaloni neri gli conferivano un certo fascino mentre in maniera impacciata si sfregava le mani gelide e rideva con gli amici. Sembrava l'anima del gruppo.
Che si spense di colpo non appena mi vide passare con Alex che, con estrema delicatezza, non fece ulteriori domande.
« Ti va di entrare qui dentro? » proposi in fretta, indicando distrattamente un pub di cui a stento conoscevo l'esistenza e voltando le spalle al diavolo in questione. « Abbiamo delle chiacchiere in sospeso... »




Io e Alex rientrammo ad Hogwarts quasi al coprifuoco. Il ragazzo era decisamente più tranquillo di come l'avevo lasciato lo scorso giorno fuori alla porta del bagno di Mirtilla Malcontenta. Avvisato del fatto che era meglio per lui evitare quel bagno date le continue e poco pacifiche infestazioni del fantasma e messo al corrente del fatto che io e Hugo non eravamo due pericolosi serial killer ma semplicemente due sperimentatori di prodotti che avevano avuto un piccolo inconveniente, sembrava che Alex fosse decisamente più a suo agio.
In quel momento, comunque, non ci feci molto caso. Il mio chiodo fisso era un altro...
« Mi sconsigli di usare il bagno al secondo piano, allora. » stava ricapitolando Alex, piuttosto divertito.
« Te lo sconsiglio, anche se Mirtilla Malcontenta potrebbe apprezzare... » dissi, con una schiettezza impressionante.
E chi non avrebbe apprezzato?
Fortunatamente, prima che potessi affondare ancor di più il coltello nella piaga, fui interrotta dalla contemplazione del profilo perfetto di Alex e dalla mia totale immersione in pensieri che riguardavano la nota bellezza fisica del ragazzo in questione. Sfortunatamente, ad interrompermi furono un'isterica Dominique seguita a ruota da un Hugo particolarmente su di giri, intenti a spintonarsi tra di loro su per le scale di marmo mentre si urlavano contro qualcosa che, purtroppo per me, il mio compagno d'uscita riuscì del tutto ad afferrare.
« LILY LUNA POTTER! » strillarono all'unisono non appena mi scorsero.
Rimasi di sasso mentre i due continuavano a pestarsi tra di loro per tutto il tragitto, fin quando non furono di fronte a me, entrambi stravolti e arruffati, con le mani sui fianchi.
Non mi piaceva affatto.
« Io e te dobbiamo fare i conti. » eruppe senza troppi giri di parole Dominique, squadrandomi con occhi che mandavano scintille e calcando pesantemente sulle parole. Poi, si rivolse al ragazzo con gentilezza: « Ciao, Alex. »
Le labbra di Alex si incresparono in modo lieve in un sorriso di saluto mentre io tentavo in tutti i modi di azionare il cervello per elaborare in fretta una scappatoia. Una scenata di isteria in presenza del ragazzo che aveva appena cambiato idea sul mio stato mentale non mi sembrava l'ideale.
« Scusa l'invadenza, Alex, ma mia cugina l'ha ritenuto necessario. » si inserì Hugo, borbottando maledizioni tra i denti. « Ti sembra questa l'ora di tornare al castello? Mi hai lasciato da solo con questa svitata! »
Non aveva neanche finito di pronunciare quelle parole che Dominique l'aveva afferrato rudemente per la collottola. Preso alla sprovvista, mio cugino cominciò ad urlare di lasciarlo andare altrimenti l'avrebbe fatta saltare in aria come una Caccabomba. Tutto questo sempre in presenza di Alex Olsen che...
« Sono stato davvero bene, Lilian. » disse, sincero e con una certa urgenza. « Ti lascio con... » volse uno sguardo ai due che continuavano a battibeccare come bambini e preferì non continuare la frase. Non lo biasimai neanche per un secondo. « Ci vediamo domani alla festa. Buonanotte a voi. » e partì alla volta della Torre di Corvonero.
Non appena Alex sparì dalla nostra vista, mi scagliai come una furia contro i miei due cugini e li spintonai per le scale che portavano alla via più diretta per i dormitori.
« Potrei sapere che diavolo sta succedendo? » sbraitai, e le mie urla si sarebbero potute sentire fino in Giappone. « Vi sembra davvero il momento di fare baccano? In sua presenza! »
« E che ti importa di lui? » partì al contrattacco Dominique, acidamente. « Ti abbiamo cercata dappertutto, credevamo... »
« Lei credeva! » corresse Hugo inalberato, puntando il dito accusatore contro nostra cugina con sguardo che avrebbe potuto incendiare il mondo.
« ... che ti fossi imboscata da qualche parte con lui! » concluse mia cugina, affannata. « Ero preoccupata facessi qualche idiozia delle tue. E poi, il tuo obiettivo non era un altro, razza di incosciente? »
Alzai gli occhi al cielo, pregando chiunque in quel momento potesse ascoltarmi. Nella parola: « obiettivo » si udiva in maniera chiarissima il nome di Scamander.
« Ma la stai sentendo? » intervenne nuovamente Hugo, scioccato.
Il problema era che la stavo sentendo fin troppo bene.
« Dominique, dovresti trovarti un passatempo. » le dissi, scuotendo il capo anche se nel mio petto ardeva qualcosa di cui preferivo non scoprirne l'identità.
« Sono uscita con il caro William Baston, se proprio vuoi saperlo. » aveva rivelato, come se non si fosse abbastanza capito che i suoi obiettivi, invece, erano i muscoli e il letto a baldacchino del Capitano.
« TU CHE COSA AVRESTI FATTO?! »
Hugo, che non era stato avvertito prima del nuovissimo e ambiguo rapporto che si stava creando tra nostra cugina e il Capitano Baston, impallidì visibilmente. Avevo dimenticato di riferirgli quel piccolo ma importante particolare.
« Tu esci col Capitano? Tu esci davvero col nostro Capitano? »
Lanciai a mio cugino un'occhiata colpevole mentre lui continuava ad urlare ingiurie che fecero minacciosamente eco nel corridoio. Dominique sorrise maliziosamente alla reazione e mi fece l'occhiolino.
« Ti racconto i particolari quando avremo abbastanza tempo. »
« Dominique. » sottolineai, ignorando le smorfie teatrali di mio cugino e il suo pallore spettrale. « Ti supplico, il Quidditch... »
« Senti, ti ho mai dato motivo di preoccuparti? » chiese lei, con un sopracciglio inarcato e con espressione che mi sfidava chiaramente a non contraddirla. Io, naturalmente, feci per contraddirla ma lei mi interruppe frettolosamente: « Puoi stare tranquilla, rilassati. » facendomi un secondo occhiolino sotto lo sguardo a dir poco interdetto di Hugo che intercalava tra una parolaccia e l'altra: « ma proprio il Capitano? » e ancora: « addio coppa del Quidditch. » e anche: « a chi piacerebbe passare del tempo con William Baston? »
Feci roteare gli occhi.
« È tardi. Penso proprio che... »
« ... sei una vera incosciente. » concluse Dominique irritata, intromettendosi senza un filo logico nel mio invito a recarci alla Torre di Grifondoro. « Ma non capisci? » insistette ostinata, ignorando con tutto il decoro del mondo nostro cugino, a cui sembrava si fosse bloccata la crescita dallo shock. « Ma non capisci che al tuo obiettivo non interessa affatto Cassandra Smith? E tu che cosa fai? Esci con il nuovo studente! »
A dire il vero, avevo fantasticato molte volte sulla possibilità che Scamander avesse smesso di provare qualcosa per la Smith. Ero arrivata perfino a pensare che stavo cominciando ad interessargli, soprattutto dopo le vacanze passate insieme. A volte ero addirittura convinta di piacergli, avevo avuto i pipistrelli nello stomaco tutte le volte in cui alle lezioni mi sorrideva e quando dopo le lezioni decideva di fare strada con me per chiacchierare. Nel mio assurdo, avevo anche pensato fosse furibondo a causa del mio rapporto con Alex Olsen e del fatto che cominciavo a passare il mio tempo insieme a lui.
Nel mio assurdo...
« Forse ti deve essere scappato un particolare importante, Dominique. » esordii, pronta per sparare una delle menzogne più grandi di cui la mia bocca si sarebbe riempita. « A me Scamander non interessa affatto. E esco con chi mi pare e piace. »
Dominique aveva spalancato la bocca. « A te piace Alex Olsen? »
« Ma in realtà... »
« A te non piace! » decise Dominique per me.
Rimasi come una perfetta idiota a fissarla in maniera sconvolta, sotto lo sguardo ancora sbigottito di mio cugino che, ero abbastanza certa, non avesse compreso a pieno il significato che si celava dietro quella conversazione. O almeno lo speravo ardentemente, anche se supponevo si fosse fatto due conticini dopo la chiacchiera poco amichevole avuta con Dominique e dopo che mia cugina aveva avuto la brillante idea di spifferare del presunto triangolo amoroso che mi aveva resa non solo uno dei punti del triangolo ma anche lo stesso baricentro.
Dominique fece un lungo respiro, afferrandomi per un braccio.
« Apri bene le orecchie, razza di idiota. »
Non iniziava bene come discorso.
« Domani sera abbiamo la festa di Natale di Lumacorno e ho un abito rosso che farebbe convertire qualsiasi vecchio prete incallito. »
La proposta mi allettava non poco.
« Giuro che mi faccio suora se non ho ragione. »




Mia cugina aveva un problema e non si chiamava affatto Alex Olsen.
Dal mio canto, anch'io avevo un problema e non si chiamava affatto Dominique o il meraviglioso abitino rosso fuoco che avevo accettato di indossare dopo una teatrale messinscena di negazione più totale.
Quello che era certo, comunque, era che entrambe avevamo un problema che molto probabilmente non si sarebbe risolto in tempi brevi. O non si sarebbe risolto affatto.
« Non sa quel che dice, vero? »
« No, Hugo, non lo sa. » mentii, ringraziando il cielo che mio cugino avesse la sfera emotiva di un cucchiaino e trovando imbarazzante parlare con lui anche solo remotamente della possibilità che avessi perso la testa per Scamander.
Possibilità che avrei dovuto prendere in considerazione più seriamente dal momento in cui ci saremmo ritrovati ad una festa insieme e che, secondo le malsane congetture di mia cugina, non sarebbe stata affatto una festicciola tranquilla.
La sera della cena di Natale, io e Dominique venimmo accolte nonostante i venti minuti di ritardo, in cui ero stata vittima di disperate crisi psicologiche dovute all'abito succinto e al pensiero che qualcosa di veramente spiacevole stesse per incombere su di me, da un allegro Lumacorno. L'ufficio dell'insegnante era enorme e addobbato con luci natalizie e un piccolo albero sulla destra della stanza. Gli invitati chiacchieravano e si godevano l'atmosfera. Separata da una tendina dorata vi era una piccola stanzetta poco illuminata in cui in fondo si poteva intravedere il bagno.
Inutile dire che fui immediatamente placcata da Lumacorno e presentata come un trofeo dinanzi ai suoi strambi colleghi stregoni.
« Vi sfido ad indovinare il nome di suo padre, miei cari amici! » fece un sorrisetto il professore, acconciandosi il panciotto verde scuro e dandosi non poche arie.
« Qualcuno del Ministero, Horace. » rispose un uomo alto, con un mantello viola scuro svolazzante e una faccia buffa. Dominique mi fece un sorrisetto divertito, allontanandosi da me per unirsi a suo fratello Louis e a Frank al tavolo delle bibite mentre io meditavo il suicidio. « La vedo una ragazzina davvero in gamba. »
Che indossa un abito da prostituta, avrei voluto specificare.
« Sì, sicuramente qualcuno del Ministero. » intervenne un secondo mago.
« Un Auror, probabilmente. » ci tenne a precisare il terzo, con incredibile perspicacia.
« Cosa ne pensi tu, Potter? » chiese in tono confidenziale e paterno il professor Lumacorno.
Mi sottrassi da una conversazione infinita con l'abilità sorprendente che avevo acquisito negli anni e, facendo un sorrisetto di cortesia e di congedo agli illustri maghi e a Lumacorno, raggiunsi in fretta mia cugina che sedeva in disparte sul divano, bevendo da un calice del vino rosso.
« Non dire che non te lo aspettavi. » rise Dominique, non appena scorse la mia faccia irritata e la mia andatura da soldato tedesco.
La ignorai di buon grado e presi posto sul divano, riuscendo a dare solo in quel momento un'occhiata in giro. Salutai con un cenno alcuni studenti del Lumaclub che conoscevo e feci un sorriso a Louis e Frank dall'altro lato della sala intenti a chiacchierare con alcuni loro amici del settimo anno.
Dominique mi aveva rifilato un'occhiata piuttosto sufficiente che finsi di non aver notato mentre allungavo la mano sul tavolo delle bibite lì accanto afferrando un bicchiere colmo di burrobirra alcolica.
« L'abito sta facendo i suoi effetti. » esordì mia cugina, piuttosto seriamente.
Mi voltai di scatto per fissarla e lei fece l'ennesimo sorrisetto malizioso. Volsi un nuovo sguardo in giro per la sala e notai Lorcan Scamander sproloquiare in compagnia di alcuni colleghi di Lumacorno e il suo gemello, a pochi metri da lui, fissarmi intensamente mentre Jerald e Dean ridacchiavano visibilmente.
« Salutalo. » insistette Dominique, con abbondante dose di diavoleria, accavallando le gambe e attirando gli sguardi dell'intera sala. « Basta che ti volti di nuovo alla tua destra e fai un sorriso. Riesci a farlo un sorriso di tanto in tanto, vero, Lis? O resterai con quel muso da funerale per tutta la durata della festa? »
Non risposi: ero del tutto impegnata a chiedermi se il biondino fosse intento a fissarmi per il modo in cui mi ero conciata (per lui, tra l'altro) o mi apprezzava a prescindere dall'abito da squillo che avevo indosso. O se davvero mi stesse apprezzando. O se fosse solo frutto della mia immaginazione.
« Sa bene che hai accettato l'invito ad uscire di Alex e ha avuto un attacco di gelosia, per questo ti sta ignorando. È elementare! »
Era davvero così elementare?
« Impossibile. » decretai, cercando di convincere più me stessa che mia cugina. Feci un profondo respiro e partii furibonda all'attacco, facendo sobbalzare Dominique: « Ma a lui cosa diavolo importa? Io dovrei accettare tranquillamente il fatto che lui esca con la Smith mentre lui ha tutto il diritto di comportarsi da bambino se esco con una persona intelligente e stimolante come Alex? »
Dominique fece una risatina mentre voltavo le spalle al biondino in questione.
« Non che mi interessi ma... » tentai di riparare al mio banalissimo errore, avvampando e cominciando a balbettare, le mie funzioni lessicali completamente fuori uso.
Mia cugina fece una risatina ancora più divertita. « Ne parliamo dopo. Arriva il tuo adorato Olsen con cui non funzionerebbe mai nella vita. »
« Ma tu cosa pretendi di sapere di... »
« Ciao, Lilian. Dominique. » la voce di Alex mi fece evitare di minacciare di morte Dominique, che continuava a sorridere come se le avessero lanciato addosso un incantesimo di sorriso malefico permanente.
« Ciao, Alex. » salutammo, cordiali. Io meno cordiale, naturalmente.
« Come va la festa? » domandai, felice di cambiare discorso e ignorando mia cugina, che continuava a fissarmi a sottecchi.
« Oh, non male. » rispose il ragazzo, sedendosi sul divanetto accanto a noi con una così compostezza che io al confronto sembravo uno scaricatore di porto australiano. Dominique pareva approvare a pieno i modi di Alex, scoccando a quest'ultimo uno sguardo di apprezzamento. « Ma sono stato placcato da Cassandra Smith per una buona mezz'ora. Non me ne sono liberato facilmente, devo ammetterlo. »
« Ci ha provato spudoratamente con te. » aveva osservato Dominique, lanciando alla ragazza in questione, che non faceva che fissarci, un'occhiata sprezzante. « Forse vuole vendicarsi di qualcuno che non le ha prestato attenzioni. »
Io, che stavo bevendo un secondo sorso di burrobirra, rischiai di strozzarmi. Alex non si era mosso di un millimetro, per niente toccato dal mio comportamento.
« La vendetta va a braccetto coi ragazzi carini, no? » infierì mia cugina, ignorandomi con gran classe. La vidi scambiarsi un sorriso spontaneo con Alex, che annuì con gentilezza.
« Teoria affascinante, Dominique. » affannai, pulendomi le labbra col dorso della mano. « Vado a darmi una ripulita. » e defilai in fretta dai divani, lasciando nelle mani di Alex la burrobirra.
Fui nella minuscola stanza dietro la tendina dorata in pochi secondi, sentendomi cento occhi addosso, e mi compiacqui di trovarla completamente vuota. Entrai di corsa nel bagno di Lumacorno e mi chiusi a chiave. Dovevo assolutamente trovare il modo di scappare via alla Torre di Grifondoro, e in fretta. Inspirai a fondo e dopo qualche minuto spalancai la porta per uscire, diretta al settimo piano...
Sobbalzai per la sorpresa.
« Lysander! » esclamai, facendo un passo indietro.
L'alta figura del ragazzo si stagliava nella penombra della stanza. Era davvero bellissimo coi suoi occhi penetranti e i capelli biondo scuro che cascavano sulla sua fronte a ciuffetti spettinati e lievemente acquosi. Aveva uno sguardo che non gli avevo mai visto sul viso, strano, concitato, ma allo stesso tempo appariva statuario, freddo. Non aveva detto una parola ma tra le sue labbra sembrava si muovesse qualcosa.
« Senti, io... »
Non mi fece neanche finire la frase, che non avrebbe avuto un minimo di senso e di completezza, che mi aveva afferrato il viso e aveva toccato le mie labbra con le sue. Fu un bacio lieve, a fior di labbra, e le aveva abbandonate in fretta per guardarmi dritto negli occhi mentre il mio cervello era praticamente e senza esagerazioni in un blackout totale.
« Non dire niente. » disse lui con durezza, tornando a baciarmi con trasporto...




Quello che successe dopo il bacio tra me e il ragazzo non fu bello quanto il bacio stesso. Lui mi aveva baciata, sì, e anche mentre lo faceva il mio cervello non riusciva a concepire il fatto che lo stesse facendo veramente. Avevo ricambiato con passione, mettendo in quel bacio tutta la rabbia e la frustrazione che mi aveva accompagnata per tutto il corso del trimestre, affondando le mie mani nei suoi capelli, beandomi delle sue labbra carnose, inspirando il suo profumo...
Finì in fretta come era cominciato.
Lui, con tutta la durezza e il distacco che aveva mostrato quella sera, se ne era andato via con passo veloce senza guardarsi indietro. Non seppi come interpretare quel gesto, sembrava quasi un addio.
Credeva sul serio che avessi perso la testa per Alex Olsen?
Ebbi il disperato bisogno di chiarire, di urlare al mondo che non appartenevo affatto ad Olsen e che non mi interessava nel modo in cui mi interessava lui.
Aprii di scatto la tendina dorata della stanza per correre da lui ma quel che vidi in quel momento mi fece pentire di averlo fatto: Scamander era stretto in un abbraccio con Cassandra Smith che, una volta individuata la mia espressione delusa, fece un sorrisetto sadico e si strinse con più fervore a lui.
Ero certa che Dominique e Alex dai divanetti avevano visto tutta la scena e che mi avevano seguita con lo sguardo anche quando mi ero diretta di corsa verso l'uscita dell'ufficio di Lumacorno. Ero altrettanto certa che anche il ragazzo mi aveva vista, nonostante la sua testa fosse immersa tra i capelli biondi della Smith e ci teneva a restarci.
Una volta fuori dall'ufficio di Lumacorno, individuai un posticino tranquillo nel corridoio e mi sedetti sulla pietra fredda, posando la schiena sui mattoni mentre mi pervenivano alle orecchie risate e schiamazzi. Avrei tanto voluto non aver mai accettato l'invito di Lumacorno...
« Lilian. »
Una voce mi riscosse dai miei pensieri: quella di Alex, sempre così calma, tranquilla. Mi chiesi per quale motivo quel ragazzo non facesse che trovarsi sempre nel mio raggio d'azione. Aveva abbandonato la festa per corrermi dietro.
« Ho fermato in tempo tua cugina. » disse in un sussurro Alex, mettendosi le mani nelle tasche e fermandosi proprio di fronte a me, che facevo di tutto pur di non fissarlo. I miei occhi pungevano di lacrime amare. « Ho pensato che non fosse il momento. »
I miei occhi finirono su di lui, scrutandolo con attenzione.
« Non ce n'era bisogno. » mentii, infastidita dal suo comportamento di onniscienza.
« Perdonami, non volevo essere indiscreto. » disse in fretta Alex.
Sembrava quasi mortificato e a me dispiaceva essere stata così scortese con lui quando il suo unico scopo era non farmi tormentare da Dominique ma mi aveva infastidito che sapesse esattamente di cosa avevo bisogno. Ero stufa marcia di venire psicanalizzata dalle persone. Dopo qualche secondo, Alex si sedette accanto a me senza dire una parola. Il suo volto calmo faceva contrasto col mio, molto cupo, mentre lo fissavo a sottecchi. Con audacia che non mi sarei mai aspettata da lui, mi fece una carezza, scostandomi i capelli dalla fronte.
Improvvisamente, si sentì un rumore di passi che si allontanavano.
Alex, con la solita pacatezza che io non ebbi, aveva ritirato la sua mano con cautela mentre mi guardavo intorno con circospezione. Dopo circa un minuto, ci fu un altro rumore di passi, stavolta pesanti e veloci...
« Ehi, Potter! »
Erano i Serpeverde.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Si torna a casa... o forse no? ***


Si torna a casa... o forse no?


« Ehi, Potter!
Erano i Serpeverde.


Io e Alex ci voltammo verso di loro, quest'ultimo sempre molto tranquillo, come se nessuno di davvero poco desiderato l'avesse importunato. Durante le nostre chiacchierate e i nostri incontri gli avevo raccontato di Halloween e dei vari episodi in cui io e Serpeverde eravamo entrati in contrasto e notai che espresse il suo turbamento solo durante il racconto dell'episodio dell'attacco a Bellatrix, in cui era rimasto pensieroso e di tanto in tanto aveva annuito col capo mandandomi in lieve confusione. Avevo l'impressione che lui sapesse più di quanto ci tenesse ad ammettere.
« Avete bisogno di qualcosa? » sbottai, rivolta verso i Serpeverde che, in simultanea, avevano incrociato le braccia al petto e ci lanciavano velenose occhiatacce. Nott si era posizionato al centro tra Mulciber e Dolohov e dietro di loro, statuario, vi era il piccolo Jugson, inutile quanto un cavolo a merenda.
« Ti diverti, vero, Potter? » fece Nott con una velata ironia, mentre Mulciber al suo fianco ridacchiava mostrando i denti storti e orribili. « Ti sei trovata un nuovo amico, vedo. » si rivolse ad Alex, che continuava a fissarlo in modo tranquillo, quasi altezzoso. « Se continui a fartela con queste persone ti aspetteranno guai molto grossi, Olsen. »
« Osi minacciare? » inveii, scendendo con un balzo dalla fredda pietra e facendo dei passi avanti verso i Serpeverde che colsero al volo la mia mossa impulsiva per avvicinarsi a loro volta, minacciosamente.
Sentii delle nocche schioccare.
« Quanto vorrei sistemarla io stesso per le feste. » disse Mulciber, un attimo dopo.
« Certo. Come con Bellatrix, vero? » buttai lì, senza rendermene conto.
Ci fu un attimo di silenzio. Alex, al mio fianco, si era voltato verso di me con espressione concentrata; i Serpeverde si voltarono l'uno verso l'altro manifestando profondo disorientamento.
« Come hai detto? » chiese Dolohov, di scatto. La sua voce era bassa, profonda, quasi sibilante: mi aveva sempre turbata. « Come hai detto, brutta babbanofila? »
Non ci fu tempo per pensare al motivo per cui sembravano tutti terribilmente allarmati: Dolohov aveva sfoderato prepotentemente la bacchetta, e così fecero subito gli altri tre. Dal mio canto, li imitai senza perder tempo e Alex Olsen fece lo stesso. In un attimo, ci trovammo entrambi a tenere testa ai Serpeverde con le bacchette puntate contro di loro.
« Cosa diavolo sai di Bellatrix, lenticchia? » chiese Nott, furibondo.
« Oh, io so molte cose. » mentii, sfrontata. Non avevo idea del motivo per cui volli marciare su una bugia ma da quello che avevo potuto analizzare insieme a mio cugino in quel momento mi era sembrata una mossa piuttosto astuta. E il loro turbamento non faceva che accentuare il mio desiderio di far leva su quella menzogna. « La più importante? Non sono stata io ad attaccarla, nessuno qui ad Hogwarts l'ha attaccata, nessuno qui al castello avrebbe mai osato torcerle un capello. »
« Taci. » disse Jugson, con una vena che pulsava nella tempia.
« Calmati, Jugson. » replicai, facendo un sorrisetto sadico. « La tua amichetta sta benissimo adesso, no? So che ha avuto una ripresa davvero veloce. »
Ci fu un altro attimo di smarrimento tra di loro.
« E per fortuna! » aveva sbottato Nott qualche secondo dopo, cercando di riparare agli errori che avevano come stupidi commesso. « Sappiamo tutti che tu e i tuoi cugini ci siete dentro fino al collo e state cercando di svincolare. »
« No. » si intromise Alex, precedendomi con calma.
Gli occhi dei Serpeverde furono su di lui. Vidi Dolohov ancora all'erta, teso, e Nott non abbassare la bacchetta ma, al contrario, puntarla con più forza verso di noi.
« Io non credo affatto che lei stia cercando di svincolare o che qualcuno qui nel castello possa c'entrare qualcosa con l'attacco alla vostra amica. » il ragazzo fece una pausa, ridendo in modo così beffardo che i sorrisi malefici dei Serpeverde si afflosciarono come un fiore appassito mentre Alex continuava a schernirli. « Forse dovreste avvertire i vostri superiori di fare più attenzione. »
Profondamente toccati dal colpo basso, osservai i Serpeverde sbiancare in volto e ebbi un cattivo presentimento. Non sapevo a cosa Alex si stesse riferendo ma il pensiero che sapeva più di quanto non avesse ammesso si fece sempre più concreto nella mia mente.
« E tu... » disse in un mormorio Nott, paonazzo da spavento. « Tu da dove diavolo sei sbucato, razza di... »
« Non vorrete davvero ferirmi in questo modo. » rise Alex, rilassato come se stesse intavolando una cordiale conversazione. « Credo che abbiate... »
« Sectumsempra! »
Alex, repentino, mi spinse via prima che l'incantesimo di Dolohov ci colpisse, gettandomi a terra con un tonfo che fece tremare il pavimento. Si aspettava quanto me di essere attaccato da un momento all'altro ma al contrario mio aveva avuto una notevole prontezza di riflessi. Ancora a terra e sbalordita dall'ennesima dimostrazione di codardia da parte dei nostri nemici viscidi, puntai la bacchetta contro Dolohov e attaccai in rimando.
« Stupeficium! »
« Sectumsempra! »
Rotolai a terra mentre l'incantesimo colpiva il pavimento e mi alzai velocemente, per quanto la situazione e le mie condizioni me lo permettessero. Anche Alex era lievemente arruffato ma, come me, si era rialzato in fretta.
« Marcisci all'inferno, Potter! » aveva sibilato Mulciber.
In men che non si dica, cominciammo a duellare. Lampi di luce rossa e blu colpivano pareti e pavimenti, rimbalzavano sulle finestre, sul soffitto del corridoio e balenavano davanti ai miei occhi.
Eravamo due contro quattro.
« Expelliarmus! »
« Incarceramus! »
« PROTEGO! » urlai, con forza. L'incantesimo di Nott colpì la barriera protettiva, che svanì immediatamente.
« Reducto! »
« CONFRINGO! »
L'incanto lanciato da Nott colpì una parete e subito dopo una finestra, facendola esplodere con un rumore assordante. Pezzi di vetro e di ferro vennero sparati in aria e io mi coprii il capo con le braccia mentre Alex mi trascinava lontano dal pericolo dietro ad una colonna di marmo. Ci fu un attimo di silenzio di tomba, poi nel corridoio si udirono passi veloci e sussurri di persone: gli invitati alla festa di Lumacorno stavano accorrendo.
« Sei ferita. » aveva constatato Alex, notando un pezzo di vetro nel mio braccio. Rabbrividii quando me lo tolse con delicatezza, lanciandolo via tra le macerie della finestra. « Ti fa male? »
« Per nulla. » mentii, mettendo a fuoco l'orda di persone che affollavano il corridoio.
Alex non sembrava convinto. « Sei sicu... »
« Per la barba di Merlino! » la voce a dir poco sconvolta di Lumacorno proruppe nell'aria. « Cosa sta succedendo qui? »
« LILY! ALEX! »
Lo strillo di Dominique sarebbe stato riconoscibile anche a metri e metri di distanza. Volsi un'altra occhiata verso la folla e notai che tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di noi mentre mormoravano turbati tra di loro. Intercettai Scamander, in piedi in prima fila: sembrava traboccare di collera, rabbia e preoccupazione. Nei suoi occhi si poteva a stento intravedere il desiderio di correre, correre verso di me, ma qualcosa glielo stava impedendo, probabilmente la presa delicata di Alex sul mio polso.
Dominique rivolse ai suoi compagni di classe e di casa un'occhiata carica di forte disprezzo mentre correva spedita verso me e Alex.
« Siete feriti? » chiese, alternando lo sguardo da noi ai Serpeverde con rabbia.
Lumacorno era spaesato. « Ma... io non capisco... »
« Dobbiamo chiamare la Preside, professore! » si sentì urlare qualcuno nella calca studentesca.
« Siete feriti? » insistette Dominique, furibonda.
Feci cenno di no, accettando la sua mano per alzarmi da terra. Mi rialzai a fatica a causa del lieve dolore al braccio e distolsi i miei occhi dalla folla per incrociare quelli di Lumacorno, lucidissimi alla luce delle candele...
« Nell'ufficio della McGranitt. » disse l'insegnante, con voce tremante.
« Ma professore... » intervenne Nott.
« Tutti e sei. Immediatamente! »




Il mattino successivo, giorno della partenza per casa, scoprii che l'episodio della sera precedente era sulla bocca di tutti. Tutto il castello sapeva che io e Alex avevamo duellato con i Serpeverde e tutte le studentesse, invece, che io e il ragazzo eravamo rimasti soli soletti in un corridoio deserto e che dopo aver passato del tempo insieme ci eravamo ritrovati a duellare con i Serpeverde. Una versione precisa ma non nel modo in cui lo intendevano loro. Nessuno, comunque, a parte i diretti interessati, seppe cosa successe nell'ufficio della McGranitt. Lumacorno, profondamente in collera, non ci aveva rivolto la parola per tutto il tragitto fino all'ufficio della Preside e, lasciatoci lì, era defilato via per continuare imperterrito la sua festicciola di Natale. La McGranitt, come il vecchio Luma, ci rivolse la parola solo per informarci di aver ricevuto una punizione da adempiere una volta ritornarti al castello e per intimarci di andare subito nei rispettivi dormitori, accompagnati e sorvegliati dal custode Armando.
Fortunatamente, mi sarei occupata della punizione e dei Serpeverde solo dopo Natale: in quel momento, stavo tranquillamente issando il mio baule a bordo del treno, aiutata da Hugo, che era l'unico a cui avevo raccontato nei minimi particolari cosa fosse accaduto la sera precedente.
« Serve una mano? »
Fred fece un balzo fuori dal treno, atterrando accanto a me con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
« Coleman sta facendo un sacco di storie per... »
« Coleman? » lo interruppi, bruscamente.
« Sì, Coleman. » rispose Fred serio, sistemandosi il berretto sul capo. « Guardalo, quell'idiota. »
Mi voltai di scatto e individuai il mio odiato insegnante di Trasfigurazione in lontananza che intimava con la sua solita autorità a tutti gli studenti di salire a bordo del treno.
Hugo diede voce ai miei pensieri mentre mi lanciava un'occhiatina penetrante. « Dov'è Hagrid? » chiese, sospettoso.
Fred fece una smorfia smarrita. « Sembra sia partito. »
« E tu come lo sai? » volli sapere, stranita.
« L'ho sentito dire agli insegnanti. Forse si smaterializzava con uno di loro diretto a Londra, non ne ho idea. » rispose Fred, facendo spallucce. « Muoviamoci, adesso. Non vorrai passare il Natale qui ad Hogwarts in compagnia di Coleman, no? »
« Come se non chiamassi forze dell'ordine, l'intero Ministero, la squadra Auror e perfino la polizia Babbana per farmi recuperare da qui. » replicai, con non poca ironia.
Una volta issati i nostri bauli sul treno, mi chiusi lo sportello alle spalle, decidendo che potevo occuparmi del mistero di Hagrid una volta arrivata a casa. Ci lasciammo guidare da Fred verso la coda del treno dove avevano preso posto Dominique e il resto della banda. Sentii sussurri e risolini mentre passavo tra i vari scompartimenti, in particolar modo da parte delle studentesse, che si guardavano intorno aspettandosi di vedermi in compagnia di Alex.
« Sbrigati a trovare posto, Potter! » esordì imperioso William Baston, picchiando sul distintivo da Caposcuola.
« Sì, Capitano. » risposi meccanicamente, senza battere ciglio.
Udimmo la voce di Dominique provenire dalla carrozza accanto a quella di Baston e ci affrettammo a unirci a lei e agli altri. Quando aprii lo sportello dello scompartimento, mi trovai mia cugina di faccia con un sorriso a trentadue denti stampato in volto.
« Ti davamo per dispersa. » mi accolse, in tono abbastanza squillante, in piedi all'entrata come una sentinella.
Ebbi l'impressione che ci fosse qualcosa fuori posto.
« Ti stavamo aspettando. » disse mia cugina con lo stesso tono acuto di un attimo prima, facendosi da parte con tutta la fretta e l'aria di chi aveva ficcato il naso in faccende che non la riguardavano.
Come volevasi dimostrare, spostandosi alla sua sinistra per lasciar passare Fred, Dominique aveva rivelato un ospite davvero poco desiderato all'interno di quello scompartimento: Scamander in persona. Realizzai solo dopo lo spostamento schematico e pianificato di Dominique che in quel momento mi trovavo senza alcuna barriera, che fino a pochi secondi prima era stata mia cugina, di fronte al ragazzo, che non osava guardarmi in faccia nonostante stessimo a neanche un metro di distanza.
Lui, che alla festa di Natale di Lumacorno aveva mandato al diavolo quei pochi centimetri di distanza che c'erano tra di noi per baciarmi, in quel momento evitava abilmente i miei occhi.
Con un'occhiataccia a mia cugina, dichiarai con tutta freddezza che ebbi l'audacia di esternare: « Mi siedo altrove, non ti preoccupare. » le parole uscirono dalla mia bocca in modo forzato, come se qualcuno mi avesse costretta a dirle.
« Me ne vado io, Dominique, grazie ancora per l'invito ma non dovevo comunque restare. »
Scamander, come mi aspettavo, non aveva tardato ad intervenire. Lo vidi lanciare un rapido sguardo a mia cugina, che sembrava piuttosto allarmata e decisamente impreparata, per poi compiere un piccolo passo verso di me, verso l'uscita dello scompartimento. Inutile dire che il cuore cominciò a battermi così forte e in modo così fastidioso che quasi avrei voluto strapparmelo dal petto. Pensai di non riuscire affatto a mettermi da parte per lasciarlo passare, sembravo bloccata come una statua di marmo. Il ragazzo volse per un attimo i suoi brillanti occhi su di me e io mi accorsi, in piena delusione, che non erano affatto gli occhi dolci e gentili di chi avevo imparato a conoscere, ad apprezzare. Era come se mi dicessero: « ti vuoi spostare? » e fu solo allora che feci dei passi indietro per lasciarlo passare.
Mi mossi di soli pochi centimetri quando mi trovai Cassandra Smith e Alex Olsen di faccia.
Sentii qualcuno sbuffare nello scompartimento e un rumore di qualcosa che si spostava. La testa di Dominique era prontamente sbucata da dietro le spalle di Scamander come da vedetta ad eventuali conflitti.
« Oh, sei qui. » esordì Cassandra Smith, individuando la sua preda e civettando in maniera fastidiosa.
Vidi Scamander faticare per mostrarsi lieto di vedere la ragazza e la cosa non mi dispiacque per niente.
« Alex ed io ci siamo incontrati nei corridoi e abbiamo fatto piacevolmente strada insieme. » disse Cassandra, provocando una smorfia di fastidio da parte del biondino e una confusa da parte di Alex. « Non mi aspettavo di trovarti qui, sinceramente... »
Neanche io, sinceramente.
« Vieni con me? » propose la Smith, con la solita vocina stridula e insinuante che dava sui nervi. « Ti ho conservato il posto in uno scompartimento. »
Dominique si fece largo e, senza dire una sola parola, sparì nel vagone accanto. Non prima di aver scosso i morbidi capelli rossi facendo sì che Cassandra Smith se li ritrovasse tutti quanti sotto al naso. Osservai con sconcerto la scena che mi si presentava dinanzi agli occhi mentre i restanti sani di mente nello scomparto avevano tutta l'aria di aver assistito a qualcosa di più assurdo dell'assurdo.
La Smith fece finta di non aver visto in primo piano i capelli di mia cugina e uscì marciando dietro ad un non poco irritato Scamander.
« Quella ragazza ha qualche rotella fuori posto. » fu il commento di Alex, una volta che i due furono spariti.
« Qui tutti hanno qualche rotella fuori posto. » aveva sbottato Fred, alzando un sopracciglio in maniera confusa. « Ma dov'è andata tua sorella? »
Louis fece spallucce. « In bagno? »
« O ad attendere Cassandra Smith fuori la carrozza per strapparle i capelli. » propose Frank, perspicace.
Dal mio canto, mi sedetti accanto a quest'ultimo, facendo posto ad Alex. Vidi Fred fissare l'entrata dello scompartimento con la stessa confusione con cui era rimasto un attimo prima e Louis lanciare un attento sguardo ad Alex. Alice, invece, stava fissando imbambolata Hugo, che era ancora in piedi sotto l'arco dello scomparto, ed era scalata di un posto, indicando con gentilezza il sediolino.
« Siediti... » disse in un sussurro appena udibile la ragazzina, il viso diventato paonazzo.
« Non qui. » rispose mio cugino liquidandola in fretta e facendo spostare Fred per sedersi accanto al finestrino.
La piccola Paciock fece un sospiro piuttosto abbattuto. « Vado dalle mie amiche. » decise, e corse fuori in tutta fretta sotto lo sguardo interdetto di tutti.
Con la sfera emotiva del solito cucchiaino di famiglia, Hugo esordì: « Qualcuno potrebbe dirmi cosa sta succedendo? »
Guardai fuori dal finestrino: me lo stavo chiedendo anch'io.




Arrivammo in perfetto orario alla stazione di Londra. Tutti gli studenti e i miei cugini si fiondarono con una velocità sorprendente fuori dal treno, tutti tranne me, che non nutrivo affatto il desiderio di stare a contatto ancora una volta con quella faccia tosta di Scamander. Quest'ultimo, come potevo notare dal finestrino dietro al quale ero abilmente appostata, era in piedi accanto alla mia famiglia per i consueti saluti e per quelli che, di certo, erano inviti a passare qualche giorno di festa insieme.
Trascinai il mio baule fuori dal treno per ultima, aiutata da Alex.
« Grazie. Vieni a trovarmi qualche volta. » dissi, felice al solo pensiero che potesse farlo davvero. « Ricorda: Godric's Hollow, la casa isolata accanto al cimitero. »
Alex mi sorrise: il suo sorriso era semplice, sereno. « Sei da brividi. » fu il suo commento, prima di annuire. « Aspettami, allora. »
« Ci conto. Passa buone vacanze! » lo salutai con un occhiolino mentre lui sorrideva e si allontanava verso la barriera del binario, diretto da solo verso casa.
Rimasi ancora qualche secondo a fissarlo e, non appena sparì dal mio campo visivo, mi avviai lentamente verso la mia famiglia che ancora si attardava in chiacchiere con la famiglia Scamander. Vidi Luna, la mia carissima madrina, farmi un sorriso radioso mentre mi avvicinavo a loro e, con la coda dell'occhio, intravidi l'espressione di panico mista a paura dei fratelli Scamander. Mi chiesi che cosa avessero udito di tanto impressionante ma decisi che in quel momento non mi interessava affatto. Mi interessava, piuttosto, l'espressione entusiasta di Dominique. E sapevo bene che qualunque cosa mettesse euforia a mia cugina non era affatto una buona cosa.
Qualcosa non stava andando come previsto...
« Ciao a tutti. » salutai, volgendo un sorrisino finto e stiracchiato intorno e stando ben attenta a non orientarlo in una zona in particolare.
Mio padre mi strinse in un caloroso abbraccio e mi chiese, una volta divincolata dalla sua presa: « Ti stavamo aspettando. »
« Chiacchieravo con un amico. Ciao, Luna! Rolf. »
« Chi? » chiese mio padre in tutta fretta, mentre la mia madrina mi abbracciava e mi baciava con dolcezza.
« Non fare l'Ouror anche qua, Arrì! » si intromise Fleur, con tono di rimprovero.
« Sta facendo il suo dovere, cara. » la riprese immediatamente zio Bill, mentre Louis al suo fianco sorrideva.
« Un nuovo studente, il figlio di nessuno che conosci. » risposi, stando ben attenta a tener alta la voce. Lanciai un'occhiatina a sottecchi a Scamander e mi accorsi che stava sbuffando, fingendo di non ascoltare la conversazione in atto nonostante sapessi benissimo a cosa stesse pensando. « Si chiama Alex Olsen, l'ho invitato a passare del tempo a casa nostra durante le vacanze. »
Dominique fece una risatina così divertita che mi fece desiderare di incastrarla tra le rotaie dell'espresso.
« Non credo si possa fare, cara. » rispose mia madre, tranquillamente.
« Che cosa? » sbraitai, inaugurando la prima lite dopo mesi e mesi di pausa. Dominique scosse il capo con estrema pazienza, soffocando il riso. Non volli neanche voltarmi alla mia destra per scoprire l'espressione di Scamander, ma sentivo chiaramente dell'agitazione all'interno della cerchia. « Ma mamma! È un bravissimo ra... »
« Conosciamo Alex, e conosciamo benissimo anche i suoi nonni. » intervenne mio padre, per placare il mio animo alquanto burrascoso. « Lavoravano al Ministero e spesso e volentieri ci danno una mano. Sono stati degli Auror davvero straordinari. »
Le parole di mio padre mi colpirono come uno schiaffo in pieno volto: Alex non mi aveva mai detto che lui e i suoi nonni conoscevano la mia famiglia. Non capivo il motivo per cui il ragazzo non me ne aveva mai parlato... ma quello non mi sembrava affatto il momento di pensarci. Avevo cose assai più importanti che mi frullavano per la testa.
« Non vedo dove sia il problema. » mi intestardii, cercando di mantenere la calma.
« Semplicemente, non passerai le vacanze di Natale a casa. »
Mi voltai di scatto verso Hugo, che mi fece un segno di diniego col capo e una smorfia di avvertimento comparve sul suo viso debolmente scombussolato.
« Posso sapere che cosa ho fatto per meritare...? » cominciai.
« Io e tuo padre partiamo per una vacanza e tu passerai le tue vacanze a casa di Luna e Rolf. »
Se il mondo avesse potuto crollarmi addosso l'avrei stoicamente abbracciato, lasciandomi schiacciare come un moscerino, senza un minimo lamento e accettando la mia sorte in piena coscienza. Capii, dunque, in un attimo l'espressione di avvertimento di Hugo, quella sbigottita dei fratelli Scamander e anche quella di Dominique, che in quel momento mi fissava con un sopracciglio alzato e un riso malefico sulle labbra.
Mi avevano appena lanciato una bomba a mano, sarei potuta svenire da un momento all'altro e senza imbarazzo dinanzi all'intera banchina colma di studenti. Anzi, quasi quasi... crollare per terra e non rinvenire fin quando non sarei stata adagiata comodamente e tranquillamente sul letto di casa mia non mi sembrava affatto una cattiva idea.
Se avrei dovuto passato le vacanze di Natale coi Scamander, avrei dovuto passato le vacanze di Natale trovandomi ventiquattro ore su ventiquattro a contatto con il ragazzo che neanche venti ore prima mi aveva baciata.
La risatina compiaciuta di Dominique mi destò dai miei pensieri.
« Temo... di non aver capito bene... » dichiarai, balbettando come una deficiente.
« Adesso andiamo a casa, prepari la tua roba e ti accompagniamo a casa di Luna. » disse mio padre, succintamente. « Passerai le vacanze coi ragazzi, esattamente come hai fatto in estate. »
Dominique fece una nuova risatina soddisfatta mentre io impallidivo dal mio canto. Guardai ancora una volta mio cugino come se con la forza dello sguardo potesse aiutarmi ad uscir fuori da quella faccenda.
Mi schiarii la voce. « Io sono... davvero onorata ma non vorrei disturbare, insomma, potevo benissimo stare da Hu... »
« Ron ed Hermione partono con noi. » mi ammutolì mia madre, facendo un sospiro spazientito. « Le Delacour hanno gentilmente invitato tutti e quattro in Francia. Hugo e Rose staranno da Bill, Dominique li ha invitati con estremo piacere prima che tu arrivassi. »
Naturalmente, chiaro. Brutta figlia di buona donna.
« E Luna ha deciso di ospitare te, dato che avevi già passato le vacanze con loro ha pensato potesse farti piacere. »
« Mi fa molto piacere. » mi uscì, con la voce che si arrampicava sulle note dell'isteria totale. Feci un altro colpetto di tosse, sperando che il mio tono tornasse in qualche modo umano. « Ma molto molto piacere, Luna, sei stata gentilissima ad ospitarmi. Grazie mille anche a te, Rolf, non dovevate affatto, davvero, non... »
Sembrava che le cose stessero pian piano andando a rotoli.
« Non c'è bisogno che ringrazi. » disse Rolf, facendomi un sorrisino timido e impacciato che somigliava tanto a quello del figlio.
« Nessun disturbo per noi, cara, te lo posso garantire. » prese a rincuorarmi Luna, con il solito tono estasiato che la contraddistingueva. « Se ti fa sentire meglio, puoi anche invitare il tuo nuovo amico a casa nostra, per noi non ci sono... »
« Aspetta, che cosa? »
L'urlo rauco di Scamander sarebbe stato ben udibile anche alle orecchie di un sordo. Ci voltammo tutti quanti verso di lui, con espressione confusa e allarmata. Tutti tranne Dominique, che continuava a ridacchiare come chi la sapeva più lunga di tutti quanti messi insieme e sembrava trovasse la situazione divertente da morire. Il ragazzo, di rimando, era occupato a fissare la madre con occhi spalancati quasi quanto la tomba mentale in cui stavo letteralmente sprofondando io. Prima di sprofondare in una profonda fossa da me scavata con tanta dedizione, si capisce.
« Sì, caro, per noi non ci sono affatto problemi. » riprese il discorso Luna, in maniera semplice e tranquilla, zittendolo. Si rivolse a me, con un sorriso pimpante e come se nessuno l'avesse interrotta in modo così brusco urlandole nelle orecchie. « Ti aspettiamo per cena, non occorre che ringrazi. »
« Eh? Oh, sì... senz'altro... » borbottai, mentre il biondino, paonazzo come un pomodoro, contemplava il vuoto dinanzi a lui.
Luna mi diede un bacio su una guancia e prese con delicatezza il figlio per un braccio, salutando tutti con una mano mentre si avviava insieme alla sua famiglia verso la barriera del binario. Con un'occhiata sbieca ai Scamander, mi incamminai anche io verso la barriera. Salutai miseramente mio cugino e rifilai uno sguardo così infuriato a Dominique che mi sorpresi di vederla ancora viva.




La presenza di una grossa croce di bronzo ad inizio del viale mi avvertì che avevo appena varcato il cortile di casa. Reprimendo la voglia di unirmi alle anime che popolavano il cimitero di Godric's Hollow, marciai su per le scale di casa mia con andatura da soldato tedesco, cercando di non pensare a quello che mi attendeva da lì a poco.
Mandai momentaneamente al diavolo mia madre e mio padre, i quali avevano deciso di ripetermi più di dieci volte di seguito di preparare la mia roba e non tardare, e mi avviai impettita nella camera di mio fratello Albus, udendo delle voci piuttosto rumorose provenire da lì. Come mi aspettavo, i miei due fratelli erano insieme. Come, invece, non mi aspettavo, li ritrovai entrambi in un viluppo di coperte mentre producevano suoni strani e sinistri.
« Ah... mi fai male... James! »
« È incastrato! Lo capisci o no? Mi sembra di parlare con un bambino di tre anni, Merlino porco! »
« Ah, quindi il porco sarebbe Merlino, eh? » esordii in saluto, sopprimendo una risata. « Vi siete mai visti tutti e due, ultimamente? »
Le teste dei miei due fratelli sbucarono da sotto alle coperte. I capelli di James erano cresciuti parecchio in quei pochi mesi e in quel momento erano sparati in maniera inumana in tutte le direzioni. Anche quelli di Al, curati e lucidissimi, apparivano arruffati come non mai. Sembrava fossero sopravvissuti alla guerra del Vietnam ma non me la sentivo affatto di indagare sulle loro condizioni critiche.
« Sei tornata. » esordì Al imbarazzato, puntandomi gli occhioni verdi brillanti addosso e abbozzando un sorriso.
« In tempo per lo spettacolo, vedo. »
« Frena. » disse precipitosamente James, puntandomi contro la bacchetta con aria di minaccia. Che non mi scalfì neanche lontanamente. « Noi non stavamo... oh, ma insomma! Nulla contro i tuoi attrezzi, fratello. »
« Lascia perdere i miei nobili attrezzi e quello che pensa nostra sorella di te. » rispose Al che, come al suo solito, ci teneva ad uscirsene pulito dalle situazioni di panico. « Relascio! »
Scoppiai a ridere indecentemente. « Che state combinando? » mi ritrovai a chiedere, a mio discapito, tra il riso.
« Il coglione. » ci tenne a sottolineare James, indicando il fratellino con un cenno del capo mentre lanciava via le coperte. Il malcapitato assunse un'espressione offesa e sbuffò, sibilando qualcosa tra i denti. « ha pensato bene di farmi arrabbiare proprio quando stavo infilando l'orologio nuovo. La cinghia deve essere difettosa e ci siamo incastrati mentre lo malmenavo. »
« Ho solo fatto una semplice domanda e tu hai cominciato a fare il violento. » ci tenne a precisare acidamente Al, incrociando le braccia al petto.
« Non hai fatto una semplice domanda. Hai fatto una domanda stupida. » lo corresse James, piccato.
« Sarebbe? » cinguettai, sprofondando con poca grazia sul letto di mio fratello e abbracciando velocemente entrambi i ragazzi.
« Gli avevo chiesto se durante le vacanze di Natale avrebbe passato più tempo insieme alla sua ragazza. » Albus fece spallucce ma sotto i baffi comparve quello che doveva essere un ghigno degno di nota.
« Oh. » esalai, confusa. « La bionda o la bruna? »
« Quella rossa. » rispose Albus soave, beccandosi un gancio destro sulla spalla da James. « Ahio! Ma la smetti? »
« Aspetta, ne hai una nuova? » mi sorpresi, fissando il volto timoroso di mio fratello James.
Albus ritenne necessario spostarsi ad un metro dal raggio d'azione del fratello e annunciò con diplomazia: « Diciamo che la rossa c'è sempre stata ma il nostro caro fratellino... »
Nonostante la distanza che li separava, James spinse nostro fratello giù dal letto con un calcio che avrebbe potuto mandare al tappeto qualsiasi lottatore di arti marziali. « Vuoi tacere, razza di idiota? »
« Vedo che andate sempre d'accordo, voi. » commentai, mentre Al tirava fuori epiteti ed insulti rivolti verso la demenza di nostro fratello che furono, ovviamente, ricambiati con altrettanta stima e affetto. « Ringraziate che non mi interessa sapere dove infilate i vostri gufi quando io non ci sono. Pensando a cose più importanti, voi due verrete con me a casa di Luna, vero? »
« Neanche per idea. » rispose James, dandosi una sistemata allo specchio.
Albus fece altrettanto, cercando di ritrovare il decoro momentaneamente perduto. « Io sapevo che zio Ron aveva insistito tanto per farti stare da zio Bill ma zio Bill aveva solo un posto libero in casa sua, quindi... »
« ... quindi Dominique ha pensato bene di ospitare Hugo invece che me cogliendo al volo il fatto che Luna non avesse problemi a tenermi con lei, mettendomi di conseguenza con le spalle al muro. Grazie tante, Al. » conclusi, furibonda.
« Di nulla. » rispose tranquillamente mio fratello. « Io vado da Fred e Roxanne. James a Grimmauld Place insieme a Victoire e Ted, che sono appena arrivati dalla Francia. Mamma ha pensato che non fosse intelligente lasciarti insieme a James, per questo ha evitato di lasciarti con lui a Grimmauld Place. E io sono d'accordo. »
« Naturalmente. » sbuffai, piuttosto abbattuta. Avevo sperato che almeno i miei fratelli mi avessero seguita o che almeno sarei stata insieme a James.
« Lo so, sorellina. » mi lesse nel pensiero James, lanciandomi un'occhiata complice. « Non preoccuparti, ci vedremo tutte le volte che vorrai. » fece un sorrisetto, indicandomi delle logore scarpette da tennis. « Passaporte illegali... sono così utili. Informati sulla casa, di solito l'incanto di protezione non permette l'accesso di passaporte ma non si sa mai nella vita. »
« Non fate idiozie. » si intromise precipitosamente Albus, le cui guance si erano colorate di rosa acceso. « Possiamo benissimo incontrarci a pied... »
Io e James scoppiammo a ridere e ci scambiammo uno sguardo di intesa.
Albus aveva cominciato ad inalberarsi. « Io preferisco i miei piedi, se nostra madre e nostro padre scoprono che abbiamo utilizzato delle passaporte illegali finiamo in guai davvero... »
« Rilassati. Non lo scopriranno mai. » dissi, con nonchalance.
James stava per dire qualcosa di parecchio offensivo ma si interruppe, cacciando da sotto al letto un birra babbana.
« Ah, ecco dove era finita. »
« Tu bevi birra babbana, Al? » chiesi a mio fratello, mentre James si attaccava alla bottiglia.
« Certo che no. » rispose il diretto interessato, facendo una smorfia. « Quante altre birre nascondi sotto il mio letto, deficiente? »
« Vuoi un sorso? »
« James. » intervenne nuovamente Al, piccato. « Nostra sorella deve partire per casa di zia Luna, vuoi davvero farla ubriacare? »
Scrollai le spalle e annuii, afferrando la birra babbana che James mi aveva lanciato sotto lo sguardo esasperato di Albus.




Salutai i miei fratelli e i miei genitori, che mi augurarono di passare delle piacevoli vacanze di Natale...
Sì, sicuramente...
... e fui accolta con parecchio entusiasmo da Luna in casa sua. Ad accompagnare sua madre c'erano i due gemelli Scamander, uno con l'aria di chi ci teneva a stare alla larga dai miei scherzi e l'altro con una faccia da cui non riuscivo a percepire una sola emozione. Rolf era nel suo studio e Lorcan, dopo avermi dato il benvenuto in casa, corse in cucina per scrivere una lettera ad una biblioteca per farsi mettere da parte un libro sulle creature fantastiche che cercava da mesi.
La casa di Luna non era per niente cambiata e c'erano attrezzi strani sparsi in ogni angolo.
« Caro, aiuta la nostra ospite a sistemare la sua roba. » disse Luna, serenamente. « Io intanto preparo la cena. Spero ti piaccia il riso coi plimpi d'acqua dolce. »
« Oh... ma certo. » risposi, imbambolata come una deficiente in mezzo alla casa, una scia maleodorante di birra stantia che mi stavo trascinando da casa mia. Luna mi fece un luminoso sorriso e corse ai fornelli, canticchiando.
Respirai a fondo e mi ritrovai puntati addosso gli occhi di Scamander, che mi perforavano da parte in parte. Non mi ero mai sentita così scomoda, con l'inadeguatezza a mille quasi quanto il desiderio di farmi inghiottire senza rimorsi dalla terra.
Come diavolo mi sarei dovuta comportare?
« Questo lascialo a me. Vieni. » disse lui con distacco, alzando il baule sulle spalle e incamminandosi verso le scale. Gli fui immediatamente dietro, facendo un'enorme fatica a non fissargli la schiena e i muscoli in tensione per lo sforzo. Dovevo ammetterlo: erano proprio un bello spettacolo visti dal basso. Specialmente sotto effetto di birra. « Dormirai nella camera di Lorcan. A breve parte per una vacanza studio di una decina di giorni insieme ad alcuni amici e ti ha ceduto la camera. Lui dorme con me. »
« Grazie. » mi limitai a dire, sottovoce.
« Devi ringraziare lui, non me. »
Gli feci una smorfia alle spalle e sbuffai.
« Abbiamo messo tutto il necessario per te lì dentro ma qualora ti servisse qualcosa sai dove trovarci... »
Annuii con uno scatto della testa.
« Penso che anche mia madre e mio padre staranno via. » disse dopo qualche secondo il ragazzo, con estrema cautela. Arrivato in cima alle scale aveva posato il baule sul pianerottolo, fissandomi in un punto preciso del volto che non fossero gli occhi. « Nel periodo natalizio trovano sempre del tempo e il loro spazio per le esplorazioni nelle foreste. »
Con tutta l'aria agitata del momento e presa alla sprovvista, feci un colpo di tosse: dovevo aspettarmelo, Luna e Rofl erano dei naturalisti e ricercatori. Ma mai mi sarei aspettata tutte quelle notizie, una dopo l'altra, proprio il giorno del mio trasferimento.
« Quindi staremo da soli? » non potetti fare a meno di chiedere.
« Sì. » rispose lui, smettendo immediatamente di fissarmi le lentiggini sul naso. Dal mio canto non riuscivo a pensare a nient'altro che non fosse Scamander che passeggiava tranquillamente per casa con solo un berretto natalizio indosso. Soltanto quello. E basta. « Ecco la camera di Lorcan. Sistema la tua roba con calma, cambiati, se vuoi... ti chiamo io per la cena. »
Annuii senza degnarlo di una sola occhiata e mi precipitai con urgenza nella mia nuova camera, chiudendomi altrettanto velocemente la porta alle spalle. Feci un lungo sospiro di sollievo una volta al sicuro tra le quattro pareti e sprofondai nel letto morbido di Lorcan con un altro sospiro e il cuore che sarebbe esploso fuori dal petto da un momento all'altro.
Io e il biondino saremmo stati da soli in casa? Il destino mi voleva morta. Non osavo immaginare cosa sarebbe accaduto, come lui si sarebbe comportato con me, come io mi sarei comportata con lui, se avremmo parlato, discusso. Anche se, a pensarci, cosa ci sarebbe mai stato da discutere? Era tutto piuttosto limpido. Forse ci saremmo detestati di più di quanto non facessimo al castello.
Feci un terzo sospiro affranto e sobbalzai quando dal mio cellulare vecchio modello partì la suoneria Per Elisa di Beethoven. Aprii il baule in cerca del cellulare, lanciando gonne, pantaloni e mutandine per aria, e dopo qualche minuto lo trovai sotto una logora shirt delle Holihead Harpies.
Era Dominique.
« Con quale audacia? » fu la mia acida risposta, dopo aver premuto il tasto verde.
« Sei a casa Scamander? » la sentii chiaramente ridacchiare dall'altra parte del telefono.
« Fai pure la spiritosa, so benissimo che l'hai fatto di proposito. » accusai, gesticolando in maniera pericolosa come se si trovasse dinanzi a me e inscenando la sua morte lenta e dolorosa per mano mia.
« Ma ti pare? » fece lei, con tono innocente.
« Ma ti pare? » la scimmiottai, imitando la sua vocina irritante. « Passami quell'altro imbecille di cugino che mi ritrovo. » ordinai, furibonda a dir poco.
« No, prima parli con me. » rispose lei, sadica. Diedi un cazzotto nel muro e sibilai una bestemmia per il dolore che seguì un attimo dopo. « Vuoi darti una calmata? Hugo sta sistemando la sua roba in camera di Louis e si sta cambiando per la cena. Smettila di fare la melodrammatica. »
« La melodrammatica? La melodrammatica! Tu ti sei praticamente bevuta il cervello, non c'è niente di cui divertirsi. Mi hai buttata senza alcuna decenza nella fossa dei l-LYSANDER! » strillai, facendo saltare il mio cellulare per aria, che finì ai piedi del biondino.
Esattamente dove erano finiti i miei pantaloni e le mie mutandine...
Arrossii violentemente.
« Mi era sembrato di sentire... ti serve qualcosa? » chiese il ragazzo, con assoluta discrezione.
« No, io stavo solo... parlando al cellulare... » balbettai, nervosa.
« Questo coso funziona qui? » volle sapere, raccogliendo dal pavimento il cellulare da cui fuoriusciva in maniera fin troppo limpida la risatina di scherno di Dominique che faceva eco nella stanza. La sua espressione sospettosa si tramutò in espressione di panico e imbarazzo una volta notate le mie mutandine rosa a pochi centimetri dai suoi piedi.
Marciai verso di lui per recuperare il cellulare e coprire in fretta la fonte del suono, non prima aver fatto sparire le mie mutande con un calcio.
« L'ho modificato con la magia. » risposi, elencando mentalmente parolacce senza fine nei confronti di mia cugina che ancora non la smetteva di ridacchiare.
« Oh. Quindi non era me che volevi. »
Detta in quel modo...
« No, non era te che volevo. » confermai. La risatina di Domi si fece ancora più acuta e la mia espressione ancora più disperata.
Scamander sembrava confuso ma decise di non indagare oltre, così annuì.
« Penso che la cena sia pronta. » disse, in seguito ad un rumore dai piani inferiori. « Scendi? »

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Casa Scamander. ***


Casa Scamander.


La familiarità in casa Scamander non era mai stato un problema per me... fino a quel momento. Per tutta la cena mi sentii come una vera e propria sconosciuta, nonostante conoscessi tutta la famigliola da quasi diciassette anni. Luna aveva fatto tutto il suo meglio per mettermi a mio agio ma il mio fin troppo costante patema d'animo non aiutava per nulla l'integrazione all'interno della casa. Anche Rolf, uomo curioso, timido e taciturno, aveva fatto il possibile per rendermi partecipe delle conversazioni che avvenivano a tavola e Lorcan, sebbene la sua inimicizia nei miei confronti fosse ricambiata a causa di scherzi poco gentili di cui fu protagonista durante il corso degli anni, non aveva esitato a darmi a parlare. Di creature fantastiche e altre diavolerie, si capisce. Al contrario del fratello, che era praticamente diventato muto, cieco e completamente sordo.
Il mattino successivo, dopo una notte intera passata a pensare e tormentarmi, mi destai dal mio nuovo letto con il desiderio sotto zero di affrontare una giornata intera in casa Scamander, oltre al fatto che non avevo la minima idea di che ore fossero. Arrancai nelle coperte e trovai il mio cellulare sul comodino. Schiacciai un pulsante a caso e diedi un'occhiata all'ora...
Decisamente troppo tardi.
Scesi di sotto coi pantaloni del pigiama e una vecchia shirt, sperando di trovare la mia madrina Luna ad offrirmi una colazione in grado di rimettermi in sesto fisicamente e mentalmente. Le mie speranze furono del tutto buttate, come si suol dire, nell'orinatoio quando mi resi conto che in cucina c'era solamente Lysander, anche lui in pigiama, che trafficava ai fornelli per preparare la colazione. I miei ormoni mattutini furono messi a dura prova ma riuscii a contenerli, anche se il pensiero di essere probabilmente sola in casa col biondino stava invadendo la mia mente alquanto malata.
Il rumore che avevo prodotto da brava elefantessa quale ero fece voltare verso di me il ragazzo.
« Oh, ciao. » disse, guardandomi per qualche secondo e tornando a fissare i fornelli in maniera imbarazzata. « Avevo quasi dimenticato... »
Ah, aveva anche dimenticato che un essere umano in più popolava quella casa.
« Sì... faresti bene ad abituartici. » borbottai malvolentieri, destandomi dalle mie pervertite riflessioni.
« Sto preparando la colazione, ti siedi qui con me? » mi propose, impacciato. Sempre evitando accuratamente il mio sguardo.
« No. » risposi in fretta, pensando che l'improvvisa nausea che stavo accusando non mi avrebbe permesso di mandare giù un sol boccone. Afferrai la brocca del succo di zucca e me ne versai in un bicchiere, giusto per giustificare la mia presenza lì in cucina. E per avere una scusa valida per ammirare il suo di dietro che da quell'angolazione strategica appariva decisamente più bello di come lo ricordavo. « Ti lascio solo a goderti la colazione. » e feci per andarmene, attraversando il salotto di casa con un sibilo di bestemmie in sottofondo.
« Aspetta, fermati un attimo! » aveva esclamato lui, correndomi dietro e sbarrandomi repentinamente la strada. Fui costretta a fissarlo dal basso del mio metro e sessanta e mi resi conto che anche appena sveglio appariva estremamente carino. « So che non vuoi respirare la mia stessa aria ma almeno... »
« Ah, adesso sono io a non voler respirare la tua stessa aria? » lo interruppi, con tutte le prove dell'esatto contrario e cominciando a scaldarmi come un vulcano in piena fase di eruttazione. « A me sembra che sia la mia presenza qui a non essere affatto gradita da parte tua. »
Lui ammutolì, tentennando. Era ovvio che non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi a passare le vacanze di Natale insieme a me dopo tutto quello che era successo.
« Ho visto la tua espressione alla stazione e nello scompartimento. » sibilai, con una freddezza che stupì non solo lui ma anche me. « E di certo non era l'espressione di chi gradisce qualcosa. »
Gli voltai le spalle con risentimento e feci per salire le scale a chiocciola, ma il mio braccio fu bloccato dalla sua presa irremovibile. Osservai per un secondo le sue mani calde, lisce, stringere delicatamente ma in modo fermo il mio esile avambraccio.
« Hai frainteso, io... »
« Non ho frainteso un bel niente, Scamander. »
Lui mi strinse con più fermezza il braccio, avvicinandomi a lui in modo brusco. I battiti cardiaci del mio cuore accelerarono nell'immediato come se stessero per prepararsi alla corsa campestre.
« Se fosse come dici tu, non ti avrei mai e poi mai baciata. »
Quelle parole mi colpirono come un pugno nello stomaco.
« E allora per quale diavolo di motivo l'hai fatto? » urlai di rimando, scrollandomi di dosso la sua mano.
Ci ritrovammo a fissarci, in pieno silenzio di tomba. Probabilmente il mio viso era diventato paonazzo di rabbia tanto che mi sentivo le guance ardere come il fuoco. Lui, dal suo canto, mi fissava combattendo contro se stesso e contro qualcosa, risentito e ferito.
Fu il campanello ad interrompere i nostri sguardi.
Lysander colse al volo l'occasione che si era presentata per defilare via da me e corse ad aprire la porta. Dal mio canto, me ne stetti ferma sulle scale a chiocciola per un paio di secondi, pensando a quanto fosse codardo, fin quando le voci fin troppo familiari di mio cugino Hugo e di mia cugina Dominique non esplosero all'interno della casa.
Con una strana sensazione di panico che non poteva che concludersi in niente di buono, giunsi alla porta in un attimo.
« Possiamo entrare? » stava chiedendo Dominique al padrone di casa, non esitando ad entrare senza neanche ascoltare l'invito del ragazzo ad accomodarsi. Si pulì le poco moderate scarpe col tacco sul tappetino e mi sorrise, scuotendo i capelli rossi legati in una coda alta ed elegante.
Hugo mostrava un sorrisetto malefico stampato in volto. « Permesso. » disse, chiudendosi la porta della casa alle spalle e individuandomi al centro del salotto. Mi fece una smorfia così sadica che ebbi l'istinto di prenderli entrambi a calci e cacciarli fuori casa.
« E voi che diavolo ci fate qui? » volli sapere, sbalordita e indispettita allo stesso tempo.
« Non possiamo? » chiese Dominique divertita, disfacendosi della sua borsetta e del suo cappottino bianco e deponendoli sul divano del salotto in maniera confidenziale, come se si trovasse a casa sua. Si volse verso Scamander che annuì freneticamente, borbottando qualcosa riguardo al fatto che erano benvenuti in casa. « Non mi aspettavo foste soli. Stavate facendo colazione insieme? » e fece una risatina che condivise con nostro cugino.
Strinsi i pugni, lanciando loro uno sguardo che dichiarava guerra aperta.
« Che ci fate voi due qui, Dominique? » insistetti, furibonda.
Per mia cugina sembrava non avere importanza degnarmi di un solo sguardo. « Siamo venuti per avvisarvi di stasera. »
« Stasera? » chiese Scamander confuso, lasciando accomodare Dominique su una poltrona in salotto. Non che ce ne fosse bisogno.
« Sì, non avrete mica bisogno del permesso per uscire a divertirvi? »
« Uscire a divertirci? » scandii, cercando di mantenere la calma.
« Nel senso che usciamo, idiota. » rispose Hugo ridacchiando, lanciando un'innocente occhiata al padrone di casa, che se ne stava in piedi immobile e confuso quanto me. « Scamander, ti dispiace se mi assento un attimo con mia cugina di sopra e ti lascio solo con Dominique? »
Il diretto interessato scosse il capo in maniera consenziente, ancora particolarmente impacciato. Mio cugino mi prese bruscamente per un braccio e mi sospinse in modo altrettanto brusco verso le scale, lasciando strategicamente Dominique da sola col biondino. In quel momento, non capivo fino in fondo il motivo dell'invasione dei miei cugini in casa Scamander ma quel che era certo, comunque, era che Dominique aveva in mente qualcosa di davvero diabolico, ne avevo percepito l'aura nefasta da quando aveva messo piede in casa.
Entrai nella camera di Lorcan e mi chiusi in modo rapido la porta alle spalle.
« Allora? » domandai, spazientita. « Potrei sapere a cosa devo questa invasione? »
Ridendo come chi se la stava spassando un mondo, mio cugino si sedette con un balzo sul letto disfatto e si servì di un paio di secondi per stiracchiarsi e schioccarsi il collo, non prendendomi affatto in considerazione. Fin quando non gli rifilai un calcio ben piazzato negli stinchi.
« Dominique ha intenzione di portarci in un pub stasera. Pensa che Scamander possa darsi all'alcool e confessarti... »
« Confessarmi? » strepitai, interrompendo la sua losca esposizione e guardando allarmata la porta della stanza, all'erta da orecchie indiscrete.
« Sì, esatto. Dimmi un poco, non ti staresti dando troppo da fare con i ragazzi? » chiese mio cugino, in tono provocatorio. « Il nuovo arrivato, Scamander... miseriaccia, lo conosci da anni! Non me lo sarei proprio aspettato da te. »
Neanche io me lo sarei proprio aspettato da me.
« Non so di cosa tu stia parlando. »
Hugo fece dei colpetti di tosse per attirare la mia attenzione. « Dominique ha cantato come un usignolo. »
Mi voltai verso di lui, con una smorfia malefica. « Non c'è musica da poter cantare. »
« È plateale! » fu la risposta architettata di mio cugino.
« E da quando tu noti le cose plateali? » lo rimbeccai, sfrontata.
« Cosa mi dici delle occhiate rivolte a Scamander in classe, durante le cene, nei corridoi? » si mise ad elencare, come uno scolaretto. « La fase che anticipa le mestruazioni tutte le volte ce l'hai con lui, il fatto che detesti i ragazzi troppi perfetti e improvvisamente hai cominciato ad apprezzarli e a sbucare fuori insieme ad Olsen tutte le volte che Scamander si trova nelle tue vicinanze? »
Arrossii come un papavero primaverile. « Queste cose te le ha dette Dominique! » sbottai, cercando di recuperare il mio decoro.
« No che non me le ha dette! »
Lo fulminai con uno sguardo.
« Sì, d'accordo, me le ha dette. » dovette ammettere Hugo, a malincuore, spaventato dalla mia occhiataccia minacciosa di chi era pronta per sferrare un nuovo calcio rotante. « Ma ti conosco, me ne sono accorto anch'io. » fece schioccare le nocche. « Sappi che se il tuo Scamander fa solamente un passo falso... »
La smorfia beffarda svanì dal mio volto lasciando spazio ad un pizzico di delusione e rabbia. « Oh, per favore. »
Sprofondai sul letto, pensando che ormai ero praticamente con le spalle al muro, che non ci sarebbe stato più niente da nascondere e che perfino i ciechi si sarebbero accorti che avevo preso una grossa cotta per quel ragazzo. Hugo assunse una strana espressione e, piuttosto imbarazzato, mi circondò le spalle con un braccio. Io ero, se possibile, ancora più imbarazzata: parlare con mio cugino dei miei sentimenti quando io stessa stentavo ad ammetterli e quando nessuno dei due aveva mai toccato quell'argomento mi metteva i brividi.
Non mi biasimai affatto per aver portato addosso quel fardello per mesi e mesi.
« Lui ti piace? »
La voce di Hugo era di una delicatezza che mai mi sarei aspettata uscisse dalla sua bocca. E neanche lui se lo sarebbe mai aspettato visto il modo in cui teneva inarcate le sopracciglia e dato il tremolio delle sue labbra propense verso una smorfia di disgusto.
Dal mio canto, io ero la sua fotocopia.
« Forse. » risposi, fissandomi le scarpe per non doverlo guardare negli occhi. Non che lui avesse il desiderio di guardarmi, intendiamoci.
« Dominique pensa che ti piace dalle vacanze estive. »
« Forse anche questo. »
« E Dominique pensa che alla festa di Natale di Lumacorno tu e lui vi siete baciati. »
Quasi mi andò la mia stessa saliva di traverso. « Forse? »
« Oh, che schifo! » mio cugino era scattato in piedi come se avesse preso la corrente, coprendosi gli occhi con le mani come se la scena stesse avvenendo in quel preciso istante dinanzi a lui.
Supposi che quello fosse troppo anche solo da immaginare e la mia espressione imbarazzata non trasudava disgusto neanche lontanamente per poter concordare con lui.
« Oh, miseriaccia, che schifo... » ci tenne ad infierire, tenendo ancora gli occhi chiusi, probabilmente sperando che l'immagine sparisse in fretta dalla sua mente. Gli rifilai, come da copione, un secondo calcio e l'ennesimo insulto poco simpatico. « Se questi sono i preludi non oso immaginare il resto... scendiamo di sotto? Ho sentito più di quanto ci tenessi a sentire e sono sicuro che Dominique abbia psicanalizzato abbastanza il tuo Scamander. »
Il terzo calcio rotante non era tardato ad arrivare.
« Per questo siete qui, per psicanalizzarci! »
Hugo annuì solennemente, non temendo il quarto attacco. « Di certo non per sentire la storia di come lui ti ha infilato la lingua in... »
« Hugo, sparisci prima che ti prenda a pugni. »
Io e mio cugino ci precipitammo piuttosto scombussolati giù per le scale a chiocciola, picchiandoci a vicenda e rischiando di finire rotolando fino al salotto. Non riuscivo a credere che i miei cugini avessero invaso casa per cavarci delle informazioni che avrebbero consentito loro di torturarmi a dovere e Merlino solo sapeva cosa avesse combinato Dominique mentre era da sola con Scamander.
Quasi dovetti sperare di non trovare il ragazzo appeso per i piedi sotto al soffitto.
Dominique mi accolse con un sorrisetto sadico mentre Scamander, ancora in piedi dove l'avevo lasciato e non penzolante al soffitto, si strofinava la nuca con profondo imbarazzo. Poteva sembrare una situazione normale se non fosse stato per i retroscena che non mi era dato conoscere.
« Ci vediamo alle otto in punto, non fate tardi. » concluse mia cugina, avviandosi alla porta di ingresso.
Assunse un'espressione maliziosa mentre fissava il biondino, che dal suo canto non sembrava proprio a suo agio, e prese ad agitare le dita della mano nella sua direzione. Hugo mi fece l'occhiolino mentre si affrettava a seguire fuori nostra cugina.
« Dove credete di andare? » esclamai, spiccando una corsa verso il giardino di casa Scamander, decisa ad affrontare Dominique prima che fosse troppo tardi.
I miei cugini si voltarono verso di me, con due smorfie malefiche identiche stampate in volto.
« Piaciuta la mia analisi? » volle sapere Dominique, compiaciuta.
« Corretta e dettagliata. » risposi, facendo uno sbuffo. « Cosa hai intenzione di fare? »
« Tu non preoccuparti. » disse Dominique, senza scomporsi minimamente. Io, naturalmente, presi la sua affermazione come un accurato consiglio a preoccuparmi. « Lascia fare a me. »
« Che gli avresti detto? » insistetti, all'orlo della disperazione.
« Ti ho mai dato motivo di preoccuparti? » fu la risposta diplomatica di mia cugina. « Ci vediamo stasera. »




Passai l'intero pomeriggio nascondendomi tra le quattro pareti della mia nuova camera, uscendo di soppiatto solamente per andare in bagno e sperando in quel minuscolo arco di tempo di non ritrovarmi di nuovo faccia a faccia con Scamander. Alle sette e cinquanta di sera decisi che la mia reclusione all'interno della camera di Lorcan poteva anche concludersi lì. Indossai i primi abiti che trovai all'interno dell'armadio, che si rivelarono essere una gonna strategicamente attillata e un maglioncino che non mi metteva in risalto un bel niente, e mi preparai psicologicamente per affrontare la serata.
Alle otto e un quarto uscii nel giardino di casa Scamander e mi avviai verso quella che era l'auto di mio padre, immobile fuori al cortile coi fari accesi. Vidi chiaramente mio fratello James al volante, che mi fece un grosso sorriso e mi fece accomodare nei sedili posteriori, dove mi ritrovai schiacciata nel finestrino accanto a Scamander.
« Jamie! Non sapevo ci fossi anche tu. » dissi rincuorata, mentre Dominique si voltava dai sedili anteriori per farmi un sorrisetto malefico. Avere mio fratello era come avere accanto una manna dal cielo in quella situazione tremenda.
James mi fece una smorfia, accelerando verso la stradina. « Ti avevo detto che non ti avrei lasciata sola, sorellina. Spero solo che Albus chiuda quella boccaccia. Ci ho messo un'ora per disincantare l'auto a casa nostra ma ero l'unico che poteva portarvi in quel pub babbano. »
Hugo rise, strizzandomi l'occhio al di sopra della testa del biondino. Il contatto fisico tra la mia coscia e quella di Scamander mi stava provocando una sorta di vuoto nello stomaco, che quasi non udii James blaterare insulti contro nostro fratello. Alzai i miei occhi su Scamander ed ebbi un altro sussulto nello stomaco: lo trovavo bellissimo, con la gelatina tra i morbidi capelli e i pantaloni in pelle neri abbinati al maglione.
Fortunatamente, arrivammo a Londra in pochissimo tempo, dato che James sembrava averci portati a delle corse automobilistiche con sorpassi mortali che se mio fratello Albus fosse stato presente avrebbe fatto smaterializzare direttamente nostro padre dalla Francia. Tempo in cui non avevo fatto altro che strusciare involontariamente la mia gamba contro quella del biondino, desiderando di essere ubriaca abbastanza da spalmarmici direttamente sopra.
Posammo l'auto in un posto libero accanto al locale, protetta da alcuni incantesimi, e ci incamminammo verso di esso a passo svelto.
« Mi raccomando, voi tutti. » esordì James serio, una volta arrivati fuori al pub. La scritta del locale illuminava di rosso tutto il tratto di strada e non potetti fare a meno di notare che c'erano così tante persone in fila ad attendere l'ingresso che non mi avrebbe sorpreso se fossimo riusciti ad entrarci solo all'alba. « Se succede qualcosa, non fate le femminucce. Vedetevela a mani nude e non vi azzardate a sfoderare le bacchette. Siete minorenni, avete addosso la traccia e siamo circondati da babbani, solo io posso permettermi la bacchetta. »
Scamander fece una risatina piuttosto divertita. « Ci hai presi per imbecilli, James? »
« Sai, quando uno ci rimette il culo ci tiene a sottolineare. »
Fu il mio turno di ridere.
« Quella serpe di Al non vede l'ora che succeda qualcosa di spiacevole per dirmi che me l'aveva detto. » disse James, scuotendo il capo. « Non mi fido per niente di quel mostriciattolo Serpeverde. »
« Dominique, complimenti per la scelta del locale. » disse Hugo impaziente, con abbondante sarcasmo. Decisamente, la fila era davvero chilometrica e con le alte scarpe che mi aveva prestato mia cugina dubitavo di riuscire ad attendere la mezzanotte ancora in piedi e senza un minimo lamento. « Forse per le due di notte un bicchierino riusciamo a farcelo. »
« Ringrazia che... »
Dominique si interruppe di colpo, gli occhi spiritati puntati su qualcuno alle nostre spalle. Seguimmo il suo sguardo allibito e ci voltammo all'unisono, scorgendo tra la folla niente meno che due ridacchianti Fred e Louis, che esibivano con nonchalance un tesserino premium per quel locale, pur certi che nessuno dei due aveva mai messo piede lì dentro.
« Louis? » esordì Dominique sconvolta, sbattendo le ciglia.
« Fred? » esclamai scioccata, stringendo i pugni con l'aria di chi avrebbe di lì a poco fatto piazza pulita della nostra famiglia a mani nude.
« Oh, ci siete anche voi, che coincidenza. » rispose Fred compiaciuto, lasciando intendere che non si trattava affatto di una coincidenza. Si scambiò una risatina con Louis, picchiettando sul tesserino con lo sguardo malefico di chi l'aveva fatta in barba a tutto il mondo. « Temo dobbiate attendere qualche ora prima di entrare, data la folla. Peccato non abbiate la tessera. » e fece un'altra risatina soddisfatta che diede particolarmente sui nervi a me e mio fratello.
Hugo dovette aprire e chiudere un paio di volte la bocca per riuscire a formulare una frase di senso compiuto. « E voi due che diavolo ci fate qui? »
Louis fece spallucce. « Quello che ci fate voi, immagino. Con la differenza che Fred mi ci ha trascinato. »
Fred fece l'ennesimo risolino, che si spense non appena Hugo gli rivolse un'espressione che sapeva molto di minaccia incombente. Dopo qualche secondo, che ci parve addirittura molto meno, osservammo mio cugino afferrare rudemente per la collottola Fred, trascinandolo in un vicoletto buio lì vicino. Io e il resto della banda seguimmo il brusco rapimento, tutti piuttosto curiosi e desiderosi di veder scorrere il sangue. Scamander mi aveva rifilato una mezza occhiata imbarazzata per la faida familiare al quale stava assistendo ma dal mio canto non ci badai molto: malmenare Fred era in cima alle mie priorità.
« HUGO! Sei impazzito? Ahio! Mi fai male! »
« Te lo meriti, carogna. Per quale motivo sei qui? »
« Oh, posso solo immaginarlo. » disse James spazientito, puntando la bacchetta contro Fred, che scosse il capo freneticamente. « Severus, quella maledetta piattola! Ecco il motivo. L'avevo detto che non dovevo fidarmi di quel mostriciattolo Serpeverde. »
Hugo non l'aveva presa affatto bene e riprese a maltrattare Fred, scuotendolo contro il muro di pietra del vicoletto. « È stato Al, razza di traditore? »
« D'accordo, ve lo dico. » acconsentì Fred velocemente, con uno sbuffo. Non che ci volesse molto per convincere nostro cugino a cantare: era facilmente manipolabile sotto quel punto di vista. E sotto molti altri punti di vista, dato che si trovava lì per volere di un'altra persona. « Albus mi ha detto che avete rubato l'auto di vostro padre e che stavate uscendo di nascosto. »
Io e mio fratello ci scambiammo uno sguardo che dichiarava morte certa per il nostro stretto consanguineo.
« Voi non ci avevate invitati, così ci ha dato questo suo tesserino per farci entrare e saltare la fila al locale al quale eravate diretti. Ci ha detto che vi avremmo trovati qui. »
Scamander prese a scrutare il tesserino, poco convinto. « Sembra un incantesimo. »
Dominique si unì al ragazzo nella contemplazione della tessera. « Sarebbe proprio da vostro fratello. » sbuffò, furibonda.
« Ci scommetto la sua testa che si tratta di un incantesimo. » diede conferma James, facendo schioccare le nocche.
Sfoderai la bacchetta e la puntai contro Fred. « Tu adesso ci fai entrare insieme a voi, brutto... » cominciai.
Fred prese nuovamente ad agitarsi. « Non puoi fare magie fuori dalla scuola! »
« Ha ragione. » mi disse Scamander, afferrandomi la mano e lasciandomi abbassare la bacchetta. Non potetti fare a meno di notare il sorrisetto a malincuore che mi fece Dominique quando le nostre mani si toccarono e, soprattutto, non potetti fare a meno di notare il battito cardiaco accelerato al minimo contatto.
Hugo trasse un profondo respiro, cercando di comunicare tacitamente con nostro cugino. « Fred. » scandì, circondando Louis con un braccio, come per far capire le sue intenzioni del tutto pacifiche. « Ricorda che io conosco Victoria Robins. » il sorrisetto che seguì un attimo dopo fece supporre che per tutta la discussione non avesse aspettato altro che giocarsi la sua carta migliore.
« Lui entra con noi. » decise immediatamente Fred, senza farselo ripetere due volte.
« Brutto figlio di... »
« E zia Hermione cosa c'entra? » mi interruppe Louis, divertito.
Hugo assunse un ghigno da mercenario, sussurrandomi: « Mi ringrazierai. »
« Lasciali entrare. Saremo dentro prima che ordinino il loro primo drink. » disse James tranquillo, osservando i nostri tre cugini trotterellare in cima alla fila mostrando al buttafuori il tesserino incantato ed entrando senza curarsi di noi.
Come scritto sul copione mentale di mio fratello, riuscimmo ad entrare nel pub in meno di un baleno grazie ad un piccolo aiutino di un incantesimo confundus e fummo praticamente accecati dalle luci sfarfallanti della stanza, senza contare che seguimmo tutti e quattro con lo sguardo i nostri tre cugini: Fred aveva il braccio attorno ad una ragazzina che poteva avere al massimo quattordici anni e Hugo e Louis chiacchieravano con alcune ragazze che sembravano avere la nostra età. Dominique scosse il capo disgustata e si tolse il pellicciotto, mettendo in mostra il top nero che le lasciava la schiena totalmente scoperta e il seno in bella mostra, attirando un sacco di occhi curiosi all'interno della pista da ballo.
James si irrigidì.
« Non ti sembra di aver esagerato un pochino col vestiario? » aveva sibilato, una punta di fastidio nella voce apparentemente calma. « Ti stanno guardando tutti e non siamo neanche entrati. »
« Lo fanno sempre e dappertutto. » rispose lei, per nulla toccata e in tono freddo. « Anche a scuola quando non ci sei. »
« Li fanno sempre più pervertiti ad Hogwarts. » fu il commento inacidito di James.
« Sai come sono fatti gli studenti, Jamie. » intervenni, accomodandomi sullo sgabello al bancone bar, scoprendomi e attirando anch'io l'attenzione dei presenti. « Per una settimana abbiamo dovuto subirci le corse sfrenate nei corridoi e i rametti di vischio perfino al bagno. C'è mancato poco che mi baciassi dentro al water stesso con Mirtilla Malcontenta. »
Dominique fece un colpetto di tosse per reprimere una risata. « E tu, Scamander? » chiese in maniera sfrontata mentre mio fratello si accinse ad ordinare qualche cocktail senza guardare in faccia nessuno.
« Io non mi immischio in queste cose. » rispose in fretta lui, allarmato.
Non sapevo con esattezza cosa avesse in mente Dominique ma di una cosa ero certa: Scamander preferiva Cassandra Smith a me.
E con quel pensiero bevvi tutto ad un fiato il cocktail che James mi aveva messo tra le mani.




Un'ora e quattro cocktail dopo...
Non ero ubriaca, intendiamoci. Riuscivo a stare in piedi in modo decoroso, non barcollavo, non mi strusciavo sui maschietti del pub, non ero affatto interessata alla pista da ballo e alla musica, avevo la bocca chiusa e l'assoluta capacità di intendere e di volere di certo non mancava.
O forse era proprio quella a mancare...
« Il bacio sotto al vischio, Dominique? Patetico. » udii la voce di James come da un chilometro di distanza, lucidissimo dopo una decina di shot.
Dal mio canto, ero ipnotizzata a fissare il fondo del mio ennesimo bicchiere vuoto.
« E tu non eri patetico quando lo facevi? » l'aveva rimbeccato Dominique, finendo il suo drink come se avesse appena finito di mandare giù un bicchiere d'acqua. « Quando eri tu a farlo non lo trovavi patetico. Un bicchierino di vodka anche per lui! »
« Grazie, Dominique, avrei potuto ordinarlo benissimo da solo. » rispose Scamander divertito, scrollando le spalle quando il barman gli rifilò la bevanda sotto al naso e bevendo in maniera tranquilla.
James fece roteare gli occhi, scoccando al malcapitato uno sguardo carico di compassione. « Stasera sembra che Dominique sia in vena. » disse quest'ultimo, irritato.
Mia cugina fece uno sbuffo piuttosto seccato. « Senti chi parla! Una tequila sale e limone per me. »
« E per me... » borbottai, ascoltando la mia voce come se fosse la voce di un'estranea e non avendo pieno controllo di quel che stavo dicendo o facendo.
« Hai bevuto abbastanza. » decise James, e non aveva tutti i torti.
« No... voglio ammazzare Albus... » blaterai, osservando il bicchiere sparire tra le mani.
« Lo faccio io per te, sorellina, non preoccuparti. Non vedo l'ora di annientarlo, quello stronzetto Serpeverde. »
Scamander non smetteva di lanciarmi preoccupate occhiate dato l'improvviso silenzio ostile nel quale mi ero rinchiusa fino a quel momento. Inutile dire che i piani di Dominique non erano andati a buon fine. Il biondino, infatti, aveva bevuto solo un paio di cocktail ed era rimasto lucido esattamente come lo era prima di arrivare al pub... al contrario mio, che sembravo un'alcolizzata di prim'ordine.
Dominique aprì la bocca per dire qualcosa di sprezzante, a giudicare dal sopracciglio alzato, quando un tipo alto, molto muscoloso, coi capelli rasati e la tipica stazza da portiere di Quidditch la interruppe. James non parve per niente contento di quell'interruzione.
« Ti va di ballare? » chiese precipitosamente a Dominique, che un secondo dopo fu trascinata bruscamente fuori dal pub da un furibondo James, lasciando che il pseudo portiere di Quidditch andasse via con un sonoro « bah! » infastidito e scioccato al tempo stesso.
Io, che ero rimasta intontita tutto quel tempo, diedi i primi lievissimi segnali di ripresa. Ripresa intesa come una sorta di avvicinamento alla capacità di volere e ancora lontana dalla capacità di intendere se si metteva in conto che da sobria non avrei mai e poi mai detto a Scamander che aveva un bel sedere. Cosa che ero abbastanza certa di aver fatto.
« E deve essere stato orribile baciare Cassandra Smith sulle labbra. » ci tenni ad infierire, abbastanza confusa. « Senza offesa, Scamander, ma i vostri figli sarebbero davvero bruttissimi. »
Quello che consideravo il futuro padre di famiglia rimase sconvolto da quelle affermazioni e non ebbe l'audacia di replicare quell'affronto. Dal mio canto, ero immersa nella totale descrizione di pargoli brutti come la fame dopo un digiuno, senza avere la minima cognizione di causa, effetto e motivo.
« I nostri bambini sarebbero proprio carini, invece. » proclamai, con una certa convinzione e soddisfazione. Naturalmente, non avevo la minima idea di cosa stessi dicendo ma ero sicura che ritornata allo stato sobrio mi sarei di certo pentita per la quantità elevata di sciocchezze che stavano fuoriuscendo come fiume in piena durante quel soliloquio alcolico. « Ma tu sei fidanzato con quella Smith, sognati dei bei bambini. »
« Io non sono fidanzato. » rispose in fretta il ragazzo, inumidendosi il labbro superiore e facendo impazzire qualche mio ormone. « Ma mi piacerebbe. »
« Ti sto così antipatica? » buttai lì, senza connessione di causa.
« Non mi sei mai stata antipatica. » mi disse in un sussurro. Forse l'alcool aveva sortito un minimo effetto anche su di lui. « Di solito mi sei simpatica ma non ti capisco. Sei strana. E con te c'è qualcosa di diverso, lo avvertono tutti. E l'ho sempre avvertito anch'io. E inizialmente mi ha spaventato. Credevo di poterti considerare un'amica ma mi sono accorto che non possiamo essere amici... »
Senza dargli neanche il tempo di spiegarsi, feci uno sbuffo infastidito e mi avviai a passo veloce ma barcollante verso l'uscita, confondendomi tra la folla di ballerini della pista mentre il padre di famiglia in questione mi chiamava a gran voce. Superai il bagno del locale in tutta fretta mentre la folla si muoveva con così tanta energia che quasi rischiai di essere investita. Il fatto era che avrei preferito essere travolta con violenza dalla folla di ballerini piuttosto che avere a che fare con la situazione in cui mi ritrovavo immersa fino al collo in quel periodo.
L'aria del locale, comunque, si era fatta pesante. Arrivai all'uscita e spalancai la porta, respirando a pieni polmoni l'aria fresca e chinandomi un secondo dopo sull'asfalto per vomitare.
« Tutto bene? » chiese il buttafuori del pub, un grosso omaccione vestito con un completo nero e una camicia in tinta.
« Sì. » mentii, con tutta l'aria di chi dichiarava il contrario.
« Sicura che non vuoi una mano? »
Feci per rispondere quando udii la voce di James provenire da un angolo remoto della strada.
« C'è mio fratello, stia tranquillo. »
Barcollai verso la fonte della voce tastando le pareti esterne del locale per farmi strada. Tutto era abbastanza confuso intorno a me, l'effetto dell'alcool di quella sera non mi piaceva affatto. Avrei voluto chiamare James per farmi aiutare ma la sua voce alterata rimbombava prepotentemente nella mia testa, incapace di lasciarmi proferire parola.
« Dominique, ma ti rendi conto? Sei stata con un coglione di Corvonero e addirittura con il Capitano della squadra di Grifondoro! E me lo dici in questo modo? »
Mi coprii la bocca con una mano e tossii. I due erano così occupati ad urlare che non fecero per niente caso al mio colpo di tosse.
La voce di Dominique era tremante, a pezzi: mai in vita mia l'avevo sentita così disperata. « Non esiste soluzione per noi, James! »
« E io, invece, sono un povero coglione che credeva si potesse trovare una soluzione per stare... »
Un altro conato di vomito mi costrinse a non udire l'ultima frase. Dopo aver vomitato l'anima, mi resi conto che tutto intorno a me si stava facendo velato e che avevo un forte desiderio di dormire, di accasciarmi ai piedi della scalinata del locale e serrare le palpebre fin quando non mi fossi ripresa. Caddi bocconi mentre morfeo mi offriva lentamente le sue braccia e pian pianino sentii sempre di più il mio corpo abbandonarsi verso terra, verso l'asfalto.
Forse ero tra le braccia di morfeo o forse tra le braccia di qualcun altro. Un forte odore di gel per capelli mi pervase le narici...




Sentii dei passi rimbombare in casa e per le scale, e improvvisamente mi sentii adagiare sul letto. Qualcuno mi tolse il giubbotto dalle spalle e le scarpe dai piedi. Mi mossi lievemente, sfilandomi i vestiti in maniera frenetica, non sapendo che dall'altro lato della stanza in penombra qualcuno era arrossito violentemente e desiderava che fosse ancora più buio.
Quando feci per togliere anche l'intimo superiore, sentii le mani di qualcuno afferrare le mie per fermarmi.
Delle labbra mi sfiorarono la fronte prima che cadessi nuovamente addormentata...




Il mattino successivo mi destai nel letto di Lorcan.
Chiusi gli occhi e li riaprii di scatto. Non avevo dubbi: ero a casa e non avevo la minima idea di come ci ero finita. Probabilmente dopo che ero caduta addormentata ai piedi della scalinata del locale qualcuno mi aveva recuperata e riportata in macchina e a letto.
Mi strofinai un occhio e, guardandomi attentamente da sotto le coperte, notai di essere mezza nuda, con indosso solo l'intimo. Un lieve panico si impadronì di me mentre infilavo qualcosa di caldo e pesante e mi affrettavo a trovare il cellulare dalla tasca della gonna sparsa sulla moquette della camera. Notai parecchi sms e chiamate perse ma non mi importava in quel momento.
Mi alzai con uno scatto e mi afferrai la testa tra le mani: i postumi della sbornia si facevano prepotentemente sentire. Cercai di mettere a fuoco quel che era successo ieri. Ricordai di essere scappata fuori dal locale e di aver ascoltato tra un colpo di tosse e un conato di vomito la lite di James e Dominique. Lì i miei ricordi erano davvero confusi e le loro parole, quella mattina, avevano ancora meno senso della sera precedente.
Ma qualcosa stava riaffiorando inesorabilmente: chi diceva che l'alcool buttava nel dimenticatoio i ricordi di una serata mentiva. E in un attimo mi ritrovai a fare mente locale di tutto quello che avevo vissuto qualche ora prima, a partire dal complimento fatto al biondino sul suo sodo lato posteriore a finire a parlare di quanto io e lui non potessimo mai essere amici.
Con tutta l'audacia che poteva avere una persona che era ospite nella casa del ragazzo di cui aveva totalmente perso la testa, scesi in fretta le scale di casa Scamander e mai ci fu scelta più errata di quella...
Quando feci capolino nel salotto, vidi niente di meno che Cassandra Smith in piedi accanto al divano di fronte a Lysander, che non sembrava affatto tranquillo e per nulla accomodante con l'ospite. Mi sentii letteralmente sprofondare. Purtroppo, lei era fin troppo reale e il suo sguardo quando mi vide avrebbe potuto lasciarmi stecchita.
Mi affrettai a lanciare un'occhiata fredda al padrone di casa, che parve allarmato dall'invasione, e sparii dal salotto. La voce acuta e infastidita della Smith mi seguì fino alla cucina: « E lei che diavolo ci fa qui? »
Avrei potuto farle la stessa domanda.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Coesistenza forzata e disastri a Londra. ***


Coesistenza forzata e disastri a Londra.


Mi presi un paio di secondi prima di tornare indietro e squadrarla da capo a piedi così come stava facendo lei e con la stessa identica smorfia nauseata. Non che io avessi il desiderio di squadrarla, tanto meno di stare lì ad osservare quanto patetica fosse la sua faccia odiosa ma in quella casa contavo più di quanto lei contasse nella sua.
Tuttavia, dovetti mascherare in fretta il fastidio che mi aveva provocato la sua presenza e mi schiarii la voce.
L'espressione imbarazzata di Scamander esprimeva chiaramente il suo desiderio di dissolversi nell'aria oppure di correre verso la porta di casa per darsela a gambe levate prima che qualcosa incombesse su di lui ma, audacemente, decise di avvicinarsi a me senza dare affatto retta alla Smith.
« Lily, ascoltami, posso spie... »
« Devi sapere, Smith, ma forse ne sei già al corrente e non ti va di accettarlo, che sua madre. » e indicai il biondino con un brusco cenno del braccio e per poco non gli cavai un occhio. « sia la mia madrina, grande amica di famiglia e una zia acquisita per me. Sai, porto anche il suo nome. Io in questa casa sono stata invitata per passare le vacanze di Natale. » conclusi, con tono calmo e superiore, interrompendo l'inutile frase del padrone di casa senza degnarlo di uno sguardo.
Cassandra Smith, dal suo canto, continuava a fissarmi e a fissare Scamander come se non credesse ai suoi occhi e alle sue orecchie.
« Lei deve passare le vacanze natalizie qui? » ci tenne a ripetere, con vocina piatta da cui traspariva un punta piuttosto voluminosa di invidia. « Voi due dormite insieme? »
Il ragazzo arrossì violentemente. « No che non dormiamo insieme. »
« Stento a crederci tanto che siete intimi. » la Smith ci tenne a sottolineare con cura l'ultima parola, i pugni chiusi e una tremenda voglia di ammazzarmi a mani nude a giudicare dall'espressione fredda e omicida sul volto schiacciato da carlino.
« Io non penso sia così strano. » insistette Scamander, sbuffando. Intercettando la smorfia sconvolta della Smith, e quella spiazzata del mio volto, volle precisare in tutta fretta: « Intendevo che lei passi le vacanze natalizie da me. »
Con mia somma soddisfazione li lasciai da soli a discutere, incamminandomi verso la cucina dove trovai Lorcan Scamander con la mia stessa espressione facciale di sopportazione e fastidio più totale e una divertita Luna. Mi sedetti al tavolo e sospirai, osservando la mia madrina che preparava il pranzo e trotterellava a destra e sinistra come una lepre puntando la bacchetta verso i mobili e pentole.
« Come se non bastasse il fratello... » disse Lorcan tra i denti, che strizzava un modellino di gomma di pianta carnivora come antistress. « Come fai a sopportarla? » mi chiese timidamente, mentre le voci dei due, in particolar modo la voce squillante della Smith, crescevano e rimbombavano con prepotenza nella cucina.
« E chi la sopporta? » replicai, reprimendo una risata.
Luna si mise a canticchiare con un sorrisino sulle labbra mentre attraversava la cucina quasi a passetti di danza.
« Intendevo, avendo un buon rapporto con mio fratello, non ti annoia ritrovartela tra i piedi in un modo o nell'altro? »
« Non sai quanto. » risposi sincera, cercando di non contraddire il ragazzo sulla faccenda dell'inesistente buon rapporto col gemello.
Ci fu una risatina mal trattenuta in zona Lorcan e una non trattenuta affatto in zona Luna.
« E io che volevo anche farti una sorpresa! » si sentì dal salotto la voce abbondantemente fastidiosa della Smith mentre Lorcan emetteva un altro sbuffo sconsolato, borbottando qualcosa che riguardava sparire in una foresta piena di animali fantastici.
« Siete così carini. » intervenne Luna, in tono ammaliato e soave. « Gli adolescenti, intendo. Così incasinati, sentimentali, pieni d'amore da dare e ricevere. » io, faticando a restare seria, e Lorcan, molto imbarazzato e col desiderio di scavarsi la fossa, ci fissammo. « A proposito, cara, ho una lettera per te. Una civetta bianca delle nevi ha bussato stamattina alla mia finestra. Lorcan? »
« Cosa? » chiese il ragazzo distrattamente, impegnato a guardare nel vuoto e probabilmente pensando a come fare per aizzare un Erumpent contro la tanto odiata Cassandra Smith. « Ah, la civetta. Le ho dato da bere, sembrava stanchissima. Davvero maestoso come uccello. »
Alzai un sopracciglio: una civetta bianca delle nevi poteva appartenere soltanto a...
« Alex? » esclamai, correndo da Luna accanto ai fornelli per prendere la lettera che la mia madrina mi porgeva. Dal salotto si udì un silenzio improvviso: supposi che entrambi fossero abbastanza all'erta da eventuali presenze. « Grazie tante, Lorcan, per esserti preso cura della civetta. E a te, Luna. »
« Non devi affatto ringraziare. » disse con un cinguettio Luna, mettendomi la lettera tra le mani e coprendole con le sue mentre mi sorrideva in maniera radiosa. Dal retro era bel visibile il nome del ragazzo, scritto con una grafia sottile e ricercata. « Lorcan ed io siamo rimasti affascinati dalla creatura. »
Quest'ultimo non parve ascoltare: era di nuovo occupato a guardare nel vuoto e a strizzare l'antistress con il capo inclinato e l'espressione da cane bastonato. Ricambiai il sorriso di Luna ignorando totalmente il figlio con la testa tra le nuvole e mi avviai verso la mia nuova camera con la lettera di Alex stretta tra le mani. Quando attraversai il salotto mi sentii osservata da entrambi i ragazzi: avevano smesso di discutere non appena misi piede lì dentro, prestando particolare attenzione alla busta celeste decorata con fiocchi di neve che avevo tra le mani. Dal mio canto, non avevo alcuna intenzione di soffermarmi a fissarli, tanto meno restare lì a discutere di cose inutili insieme a loro. Mi interessava semplicemente chiudermi in camera.
« Cara! » udii la voce di Luna mentre mi affrettavo ad arrivare alle scale.
« Sì? » chiesi educatamente, fermandomi di botto al centro del salotto a pochi metri dalla coppietta di sposi.
« Puoi anche dire al tuo amico ti venirti a trovare qui, se ti fa piacere. Io sono contenta di avere ospiti in casa! »
Intravidi il sorriso sereno, anche se piuttosto malandrino, di Luna mentre rientrava in cucina e trattenni a stento una risata.
Cassandra Smith si rivolse a me in tono bellicoso. « E così, ti piacciono anche le bellezze nordiche, Potter? »
Il suo tono acido e provocatore non mi aveva sfiorato neanche di un millimetro. Le feci un sorrisetto serafico e non concessi nemmeno un'occhiata sbieca a Scamander, che al contrario mio si sentiva sfiorato fin troppo.
« Sicuramente molto meno di quanto piacciono a te, Smith. » le risposi, imperturbabile.
Voltai le spalle ad entrambi e corsi in camera mia, scartando velocemente la lettera di Alex e lasciando fuori dai miei pensieri i due. Ero curiosa di sapere quali altre menzogne mi erano state rifilate da parte del ragazzo quando io, nonostante il mio caratteraccio diffidente, ero stata piuttosto sincera con lui.
Non riuscivo ancora a credere che i suoi nonni conoscevano così bene mio padre, che prestavano il loro aiuto al Ministero sebbene non lavorassero più lì da anni, che mio padre avesse lui stesso avuto contatto con Alex e lui, che avrebbe dovuto essere amico mio, non me ne aveva neanche fatto menzione.
Assunsi un'espressione pensosa mentre scartavo la lettera di Alex e ne lessi il contenuto: chiedeva di incontrarci. Ero così infastidita dai pensieri che mi attraversarono la mente che decisi lì per lì di non cominciare ancora a scrivere una lettera in risposta ad Alex. Certo, prima o poi avrei dovuto rispondere e, sebbene mi allettava davvero molto l'idea di portarlo in casa Scamander per gustarmi la faccia che avrebbe fatto il biondino, non mi allettava allo stesso modo l'idea di incontrarmi con Alex dopo l'informazione che mio padre mi aveva riferito in stazione.
Con l'ennesimo sospiro, deposi la busta con la lettera sul comodino e controllai l'orario dal mio cellulare, rendendomi conto che avevo ancora tantissimi sms da aprire. Schiacciai il pulsante di avvio e cliccai sulla posta del mio telefono.
Hugo, ore 10.30 - LILY, SEI SVEGLIA? RISPONDI!
Dominique, ore 10.45 - Come stai, Lis? Ieri eri ridotta davvero male, ricordi qualcosa?
Dominique, ore 10.50 - Ancora dormi? Ricordi qualcosa della serata precedente? Rispondi subito.
Hugo, ore 10.55 - Maledetta, devo venire a picchiarti con la Firebolt? Rispondi subito, ho tante cose da dirti.
Hugo, ore 11.00 - Non hai credito? Ti posso chiamare?
Chiamata persa da Hugo alle ore 11.07.
Dominique, ore 11.38 - Lis, ho bisogno di sapere se ricordi qualcosa della serata precedente. Cosa ci facevi in strada? Avevi sentito qualche rumore, qualche voce? Rispondi.
Hugo, ore 11.45 - C'è stato un incidente mortale a Londra dopo il nostro ritorno a casa. Rispondi immediatamente.
Immobile e annichilita, sbiancai visibilmente, lasciandomi scivolare il cellulare dalle mani che cadde con un piccolo tonfo sul pavimento, mancando il tappeto cobalto della stanza. Sbirciai nuovamente il contenuto dell'sms e temetti mi si sbiancassero perfino i capelli. In tutta franchezza, non mi importava nulla dei tartassanti sms di Dominique su quanto fossi sbronza ieri sera e i motivi che mi avevano spinto ad uscire dal locale: ero troppo occupata a pensare a cosa fosse accaduto a Londra. Il mio sesto senso mi diceva che non era neanche lontanamente uno scherzo. Non poteva esserlo, in cuor mio sentivo che era tutto vero. Con le mani che tremavano, raccolsi il cellulare da terra e composi con una certa difficoltà il numero di Hugo.
« Ah, sei viva. » aveva sbottato mio cugino, dall'altra parte del telefono. « Ma che diavolo di fine hai fatto? »
« Mai pensato che potessi ancora essere a letto coi postumi della sbornia? » ribattei, frettolosamente. « Allora? »
« Miseriaccia, per poco non ci lasciavamo le penne! Non hai idea del caos... »
« Ma... »
« Aspetta. » dal cellulare si udirono dei rumori piuttosto pesanti. « È zio Bill, non posso parlare. Passo da te verso le tre e ti dico tutto. »
« Ti aspetto. » e attaccai malvolentieri.




Per tutto il pranzo fui assente mentalmente. Non riuscivo a non pensare ad altro che non fosse il misterioso incidente avvenuto a Londra e alle vittime innocenti che probabilmente aveva portato. La Gazzetta del Profeta ne aveva parlato? Ne dubitavo. Luna possedeva una copia del Profeta in casa, tutte le persone ne possedevano una copia, e mio padre di certo aveva lasciato l'incarico ai suoi dipendenti di far passare sotto silenzio le notizie scioccanti. Non poteva permettersi che il paese crollasse nella paura. I notiziari babbani avevano detto qualcosa? Dubitavo anche di questo. O almeno, se ne avevano parlato l'avevano fatto in modo superficiale, facendo passare il tutto come un semplice incidente babbano, roba che poteva accadere tutti i giorni...
Forse zio Bill ne aveva parlato in casa ed era molto probabile che mio cugino l'avesse scoperto in quel modo e non attraverso fonti giornalistiche.
Finii di pranzare e, con permesso, mi diressi silenziosamente nella mia camera con la testa così tra le nuvole che quasi caddi sulle scale a chiocciola. Mi chiusi la porta alle spalle, ciondolando avanti e indietro per la stanza, saltando sul letto e quasi rompendomi una costola per il nervosismo, i ricordi della sera precedente che riaffioravano in maniera prepotente esattamente come le provocazioni a Scamander.
Tentando di pensare al biondino il meno possibile e ricordando che anche Dominique era immersa in quella storia fino al collo, afferrai il cellulare dal comodino e notai ancora una volta i molteplici sms di mia cugina, immacolati come li avevo lasciati quella mattina.
Lis, ore 14.20 - Ero coi postumi della sbornia, Dominique, come tu dovresti ben sapere. E no, non mi hanno lanciato un incantesimo oblivion, per la cronaca: ricordo cosa ho fatto ieri sera.
Dominique, ore 14.26 - Hai sentito me e James discutere? Dobbiamo parlare.
Lis, ore 14.29 -Piantala di fare storie, sai benissimo com'è fatto mio fratello. Ci tiene a te. Se ti ha parlato in un determinato modo, comprendilo. Certo che anche tu non sei stata una santa! Tradire un suo amico o chiunque esso fosse per Mark e Baston, beh... posso capire la rabbia di James. Ma mi dici una volta e per tutte con chi sei uscita?
Dominique, ore 14.45 - Mark e Baston erano più attraenti del suo amico, Lis. Il mio istinto ha prevalso, sai come sono ;) James mi ha praticamente costretta ad uscire con un suo amico: un idiota bamboccione Tassorosso che neanche conosci. Non ha importanza che ti dica il nome, anzi, non ha importanza nulla adesso... Baci baci.
« Baci baci? » sibilai sconvolta, lanciando il cellulare sul comodino e scacciando mia cugina dalla mia mente già contorta. « Come se potesse importarmi delle turbe ormonali e dei tumultuosi istinti animali di Dominique... »
Sentii una chiara e improvvisa bussata di porta.
... quando i miei prevalevano su tutto quanto.
« Posso entrare? » chiese una voce piuttosto familiare: la voce di Scamander.
Mi morsi un labbro e scattai in piedi in cerca di una via per battermela in ritirata ma, per mia enorme sfortuna, individuai solo l'unica finestra della camera che affacciava nel piccolo prato e non mi parve affatto una buona via di scampo calarmi oppure saltare direttamente di sotto rompendomi, molto probabilmente, un piede. O tutti e due.
« No! » urlai di rimando, alzando gli occhi al cielo come per maledire qualche entità soprannaturale. « Io... mi sto vestendo. »
Molto poco credibile fingere di essere mezza nuda subito dopo aver consumato il pasto.
Dall'altro lato della porta ci fu un silenzio assoluto. Supposi che il ragazzo fosse arrossito fino alla punta dell'alluce e stesse pensando in fretta a qualcosa di adatto da dire per quella circostanza mentre io me ne stavo in piedi al centro della camera pensando, invece, alla scusa di cui potevo servirmi per dirgli che al momento ero incapace di vestirmi.
« Dovrei parlarti. Puoi vestirti? »
« Non posso. Ho bisogno dei miei tempi. » buttai lì, maledicendomi con una smorfia disperata.
Silenzio, poi uno sbuffo. « Senti, fai finta di vestirti e aprimi. »
Con nessuno straccio di possibilità di calarmi dalla finestra con una corda di lenzuola oppure senza rischiare l'osso del collo, dovetti spalancare la porta. Il biondino assunse un'espressione beffarda sul volto arrossato e io ebbi l'istinto impulsivo di chiudergli la porta sulla faccia, cosa che feci quasi se lui non avesse avuto la prontezza di spostarsi dall'uscio.
« Sei veloce a vestirti, al contrario delle tue aspettative. » fu il suo commento altrettanto mordace.
« Non si smette mai di imparare. » lo rimbeccai, aprendomi in un finto sorriso di cortesia. « Cosa devi dirmi? »
« Sediamoci. » rispose lui calmo, senza staccare per un attimo i suoi occhi dai miei e accennando al letto con una mano mentre l'altra era immersa nelle tasche dei pantaloni neri. « E non mi evitare, per favore. »
« Nessuno ti evita, Scamander. » dissi, sforzandomi di apparire tranquilla quando quella parola non era di certo l'epiteto che più mi si addiceva in quel momento. Ritrovarmi in una stanza chiusa insieme a lui mi fece sentire particolarmente entusiasta e fu con un non voluto sguardo ardente che lo squadrai da capo a piedi, tentando di ritrovare un certo decoro ormai perduto.
« Avresti potuto farti molto male ieri, quando sei scappata via dal locale. » disse lui, apprensivo. Spalancai la bocca per ribattere, desiderando di sotterrarmi viva tra le assi di legno della casa. « Ti ho messa io a letto... »
« Mi hai tolto i vestiti. » lo accusai in maniera sfacciata, con un certo tono provocatorio.
Non era una domanda ma il ragazzo la prese come tale e esordì, inalberato: « No, hai fatto tutto da sola! E non ho guardato, se proprio vuoi saperlo. »
« Rilassati, Scamander, stavo solo scherzando. » mentii, una punta di disapprovazione nella voce.
Scamander sbuffò, avvicinandosi a me e afferrandomi delicatamente un braccio. « Per l'episodio di stamattina... » mi divincolai dalla sua presa e corsi sul letto, sprofondando le spalle contro lo schienale e allungando i piedi sul letto in modo da aumentare le distanze tra noi. « Vedi? Mi stai evitando di nuovo. »
« Mi hai evitata tu dopo la festa di Natale di Lumacorno, non io. » ancora una volta la sfrontatezza prevalse, e non me ne pentii affatto.
Mi parve di vedere un'ombra di sorriso impacciato sulle sue labbra. « Vuoi davvero condannarmi per questi ultimi giorni quando tu mi stai praticamente facendo impazzire? »
Smisi di fissarlo in maniera frustrata, non riuscendo a trovare parole giuste per uscire da quella situazione in maniera limpida. Non avrei mai potuto rivelare il vero motivo per cui continuavo a tenermi lontana da lui, non rientrava affatto nei miei piani smascherarmi in quel modo. E come avrei potuto dirlo senza sembrare ridicola? Di certo un: « Scusami tanto se ti sto evitando manco fossi un criminale rinchiuso nelle celle di massima sicurezza ad Azkaban, lo sto facendo solo e soltanto a causa del tuo rapporto con Cassandra Smith. » era una frase che mi faceva apparire fin troppo ridicola. Ed essermi beata delle sue labbra durante la festa di Natale di Lumacorno non mi rendeva affatto una persona che non desiderava averlo tra i piedi.
« Ho dei buoni motivi per evitarti, Scamander. » improvvisai, tormentandomi una ciocca di capelli e pensando addirittura di strapparmela via dalla cute per il nervosismo.
Il biondino si sedette accanto a me sul letto a neanche mezzo metro dal mio volto ponendo le sue braccia sullo schienale. Incastrandomi tra le sue grinfie, in poche parole. Inutile dire che la mia pressione corporea salì in un attimo.
« Certo che hai buoni motivi, ma chi ti dice che non ne avevo anche io? Chi ti dice che non avevamo gli stessi motivi? »
Il suo profumo era così inebriante, e il suo viso così affascinante, e le sue labbra così invitanti, e i suoi occhi così ipnotizzanti, che mi presi un paio di secondi prima di fare qualunque cosa. Ad esempio iniziare a balbettare come una deficiente che era appena stata incastrata al letto dal ragazzo di cui era perdutamente impazzita.
« Noi non... non avevamo gli stessi motivi. » sussurrai, cercando di liberarmi dall'asfissiante reclusione che avevano formato le sue braccia attorno a me ma allo stesso tempo desiderando un contatto particolarmente presente e intimo.
Lui prese ad avvicinarsi lentamente, con tutta l'audacia che avesse in corpo. « Tu questo non lo sai. »
Il mio corpo avrebbe potuto mandare lampi. « Sì, invece. Spostati, Scamander. »
Alzai rapidamente una gamba e gli bloccai un braccio mentre affondavo bruscamente il ginocchio dell'altra gamba sul suo petto. In quel modo, lo costrinsi praticamente ad arretrare col busto sul letto, intrappolato dal peso del mio corpo. Presa dalle arti marziali, tuttavia, non mi resi conto che l'avevo, sì, intrappolato ma ero anche finita a cavalcioni su di lui... il che era normale per una che aveva praticato arti marziali ma non era per niente normale il fatto che mi trovavo proprio a cavalcioni su di lui.
Notai il suo intenso rossore e sentii nel corpo diffondersi qualcosa che non avevo idea di che fosse e non avevo affatto il desiderio di scoprirne l'entità.
« Lysander... » cominciai senza avere la minima idea di come continuare la frase se non con un ipotetico e teatrale: « Ho perso letteralmente la testa per te! » oppure inscenando uno svenimento che mi avrebbe lasciata a marcire sulle sue carni appetitose o avventandomi direttamente e senza decoro alcuno sulle sue labbra in preda a pericolosi spasmi da ormone impazzito.
O con mio cugino che suonava il campanello di casa, ad esempio.
« Il campanello. » lo avvisai, come se non si fosse abbastanza capito. Anche se lì l'unica che avrebbe dovuto capire che suo cugino avrebbe fatto irruzione nella stanza a momenti ero proprio io, ancora immobile a cavalcioni sul ragazzo senza muovermi di un solo millimetro.
Lysander ci tenne a ribaltare le posizioni, facendo trovare me distesa sul letto con una sua mano dietro la schiena. « Sì... il campanello. » disse, alzandosi dal mio corpo morente.
Forse, o in tutta sicurezza, un infarto mi avrebbe sopraffatta prima che potessi fare qualsiasi altra cosa...




Dieci minuti dopo, ebbi altri pensieri per la testa, diversi dal pensiero che avevo abbandonato dieci minuti prima (il biondino a stretto contatto col mio corpo inerte) e da quello che avevo abbandonato prima di pranzo (l'irruzione della Smith nello stesso domicilio che occupavo io). Al momento, i pensieri che avevo abbandonato mi sembravano bazzecole a differenza di quello attuale e, probabilmente, lo erano davvero.
« Non ci posso credere che ce la siamo cavata. »
Hugo appariva particolarmente provato mentre camminava avanti e indietro per la stanza. Non gli avevo quasi mai visto un'espressione così seria e stravolta sul volto. Dal mio canto, ero ancora immobile sul letto dove Scamander mi aveva lasciata, estremamente sudata e pallida.
« Erano circa le tre del mattino. Ti abbiamo recuperata verso l'una che eri mezza morta in strada dopo aver bevuto... quanto, esattamente? » mio cugino mi lanciò uno sguardo penetrante, seguito da un risolino malandrino. « Scamander ti ha tenuta in braccio tutto il tempo, eri ubriaca da far schifo. Dovevi vedere che spettacolo orrendo... »
« D'accordo, continua! » ritenni necessario interrompere.
« Beh, verso l'una e mezzo siamo tornati in auto e alle due eravamo a casa. Verso le tre hanno fatto esplodere l'intera strada dove si trovava il locale, ho sentito zio Bill parlarne con zia Fleur. Chi ha colpito aveva un obiettivo. »
Spalancai la bocca, sconvolta. « Possono essere stati solo i Mangiamorte, non ci sono dubbi. Quante vittime ci sono state? »
« Quattro babbani, e il locale ha preso fuoco. »
Rabbrividii con raccapriccio, tentando invano di darmi una controllata. Non riuscivo a pensare, non riuscivo a concepire il fatto che adolescenti come me potessero perdere la vita in quel modo orrendo. In quel momento, mi sentivo estremamente vicina alle vittime della Seconda Guerra, estremamente vicina a tutte le persone che l'avevano vissuta, sentivo la tristezza e l'inquietudine attraversarmi il cuore. In quel momento più che mai riuscii nel mio piccolo a capire le storie di guerra che per anni mi erano state narrate, le storie di morte e dolore che sperai di non riuscire mai a capire in pieno in futuro.
« Dobbiamo andare a Londra, subito. »
Le parole erano affiorate alle mie labbra senza che potessi controllarle e provocarono un attimo di smarrimento all'interno della stanza. Hugo, che durante il suo chiacchierare si era appollaiato sullo scrittoio di Lorcan, era sceso con un balzo e mi stava fissando con espressione sbalordita.
« Dobbiamo andare Londra. » ripetei, ancora più convinta di quello che dicevo e sottolineando le parole in maniera combattiva. « Dobbiamo capire, dobbiamo verificare con i nostri occhi, dobbiamo... »
Non ebbi neanche il tempo di finire la frase e di alzare i miei occhi su mio cugino che lo vidi annuire con estrema energia. In un lampo, seppi che non era necessario continuare a parlare, seppi che lui aveva capito tutto, che mi aveva compresa come nessuno al mondo e che era d'accordo con me.
« Dobbiamo muoverci, allora. Non possiamo lasciarci scappare questa occasione e ora che ci penso ne avevamo anche parlato a scuola, ricordi? Stiamo aspettando da tutta la vita questo... momento. » il sussurro fu appena udibile alle mie orecchie. Sembrava come se un pensiero funesto avesse attraversato la mente di mio cugino. « Come ci arriviamo a Londra? »
Immaginai che nell'impeto del momento avevamo trascurato quel minuscolo particolare, il che sembrava proprio essere il fulcro principale del nostro piano d'azione: nessuno dei due sapeva ancora smaterializzarsi e di certo non avremmo potuto chiedere a Luna di accompagnarci in quella missione suicida.
« Troveremo una soluzione... » mentii, infilando gli anfibi con la mente che lavorava frenetica.
La verità era che non avevo la minima idea di come potessimo arrivare a Londra senza chiedere aiuto a Luna o Rolf, che di sicuro avevano ricevuto la notizia disastrosa da mio padre o qualunque altro membro del Ministero. Mi infilai il cellulare nella tasca dei pantaloni e sobbalzai quando una testolina bionda di mia antipatica conoscenza fece capolino fuori alla mia camera con una smorfia incuriosita.
« Andate a Londra? » chiese, a voce così bassa che lo udii appena.
Con espressione allarmata, osservai Scamander fare il suo tranquillo ingresso nella stanza chiudendosi con cautela la porta alle spalle e facendo cenno a mio cugino di spostarsi. Lo vedi avvicinarsi ad una piccola radiolina rossa che fino a quel momento non avevo affatto notato e giocherellare coi ciuffi ribelli dei suoi capelli.
« È per quello strano incidente, vero? » volle sapere, senza nessun giro di parole. Ancora una volta, non ricevette una risposta. « Starete sicuro indagando su tutti quei pericolosi incidenti che stanno accadendo nel paese, dico bene? »
Fissai mio cugino, intimandogli con la sola forza dello sguardo, davvero minaccioso, tra l'altro, di non proferire una sola parola per evitare che uscisse fuori qualche idiozia delle sue. E, cosa più importante di tutte, di lasciar parlare me in caso fosse strettamente necessario. Tutto quello racchiuso in uno sguardo omicida.
« Beh, fate bene ad inquisire: quelli non sono proprio incidenti... sono attacchi. »
« Hai inquisito anche tu? » mi lasciai scappare, con tono di accusa.
« Sì, mi sono abbastanza arrovellato, ad essere sincero. » mi rispose Scamander, mollemente appoggiato allo scrittoio. « Se rifletti bene, l'attacco a Bellatrix non poteva essere uno scherzo e il ponte di Brockdale non poteva assolutamente crollare a causa di un incidente. »
« E tu che ne sai? » insistetti, brusca.
« Devi imparare a punzecchiare la Gazzetta del Profeta fino in fondo, mi sa. »
Trassi un profondo respiro, sforzandomi di placare il mio animo alquanto agitato. Che fosse venuto a conoscenza delle notizie con discrezione e in modo decisamente semplice e veloce quello era certo. Quello che non era certo, invece, era che Scamander avesse una chiara idea di chi fossero i veri artefici dei vari attacchi.
Lanciai un'altra occhiata a Hugo.
« Va bene. » intervenne quest'ultimo, lievemente spazientito e desideroso di arrivare ad una conclusione. « Dato che ormai sa tutto, resta comunque il fatto che non possiamo andare a Londra. Non abbiamo le nostre scope, non abbiamo un auto... »
« Esiste la smaterializzazione. »
« E tu sei capace di smaterializzarti? » sbottai, inacidita dal comportamento del biondino. Lui annuì, e io feci una risatina particolarmente perfida. « Non potresti. Sei minorenne, hai ancora la traccia addosso. »
« Non hai tutti i torti, ma l'incantesimo non viene intercettato se in casa tua ci sono persone che potrebbero smaterializzarsi. Il Ministero non perde tempo ad intercettare la persona che ha compiuto l'incanto ma dove l'ha fatto, se nella Londra babbana, o in presenza di babbani. »
Hugo mi scosse il braccio con estremo entusiasmo. « Puoi condurci a Londra, quindi? » chiese, rivolto a Scamander, che annuì di nuovo.
« Se proprio volete. » disse, fissandomi intensamente mentre sfilava dalla tasca della sua felpa la bacchetta. Diede un lieve colpetto sulla radiolina e fece scattare una musichetta classica, picchiettando sulla manopola del volume per alzarlo. Supposi che servisse a coprire il rumore della smaterializzazione. « Datemi solo un attimo. » e sparì momentaneamente via.
Rimasti da soli, io e mio cugino ci fissammo intensamente.
« Possiamo fidarci di lui? » chiese Hugo titubante, come se sapesse esattamente a cosa stavo pensando.
« Immagino di sì, arrivati a questo punto. Che alternative abbiamo? »
« Combattiamo la stessa guerra, ricordatelo. »
Il biondino fece ritorno in camera e ci tese senza alcuna remora entrambe le mani. Rimasi abbastanza di stucco a pensare che avesse davvero intenzione di smaterializzarsi senza timore in casa sua: era un comportamento da Grifondoro mancato. Mio cugino mi lanciò uno sguardo di esortazione, come a comunicarmi telepaticamente che c'eravamo dentro fino al collo e che senza di lui non avremmo avuto altra scelta che combinare un disastro che ci avrebbe condotti in tutta probabilità nelle braccia del capo degli Auror: mio padre.
Afferrai con esitazione la mano di Scamander. Sentii il tocco delicato del suo morbido palmo e serrai gli occhi prima che la stanza di Lorcan scomparisse dalla mia vista. Percepii il solito strattone all'ombelico mentre ci smaterializzavamo e l'altrettanto comune senso di vomito non fece tardi ad arrivare.
Fummo a Londra in un attimo.
« Dove ci troviamo? » chiese Hugo sospettoso, cominciando a tossire.
« Nel vicoletto cieco adiacente al locale di ieri. » rispose Scamander, che a differenza nostra appariva perfettamente in ordine.
Mi tenni la pancia con una mano mentre con l'altra mi scostavo i capelli dalla faccia. « Di qua. » dissi, facendo strada ai due e ponendomi in testa al gruppetto con la bacchetta nascosta nell'interno della felpa.
Avanzammo per pochi metri su una stradina e più ci si avvicinava al luogo in cui si era compiuto l'attacco più si udivano chiaramente delle voci fare eco nell'aria. Avanzai con estrema cautela mentre mio cugino mi superava correndo verso la fonte delle voci.
Superai un angolo di strada e notai una calca piuttosto rumorosa. « Cosa ci fanno tutti qui? » chiesi, a nessuno in particolare. « L'incidente c'è stato alle tre di notte. »
Scamander tossì a causa del fumo che ancora emanava la struttura. « Saranno dei giornalisti. »
Ma non sembravano solo giornalisti. Vidi chiaramente persone come noi accorrere numerose verso una zona recintata con dello scotch giallo mentre alcuni poliziotti babbani intimavano loro con veemenza di non farsi avanti. Mi avvicinai alla folla, facendomi spazio. Mi accorsi che alla strada mancavano dei pezzi di asfalto e non potetti fare a meno di pensare che potesse essere stato un bombarda maxima fatto con la massima precisione. Tra i resti del pub, invece, riuscivo ancora a distinguere il bancone bar e l'alto palo da discoteca.
« Cosa sta succedendo? » domandai, a voce alta.
« Non hai sentito i notiziari? » mi rispose immediatamente una vecchietta, con aria mesta. « Qualcuno ha attaccato ancora una volta Londra, e potrebbe rifarlo! Stanno accadendo di nuovo faccende strane... » concluse, scoppiando in lacrime.
Rimasi senza parole. Le voci delle persone aumentavano di volume e i poliziotti rispondevano, battendo le loro pericolose mazze nere sulla piccola recinzione metallica. Una bambina mostrava il crocifisso al cielo mentre sua madre urlava.
« Luci verdi e rosse nei cieli! »
« Le persone cadevano dal cielo, io le ho viste! Come tanti anni fa! » urlava un vecchio col bastone.
Il cuore mi batteva così forte che quasi mi mancava il respiro: non avevo mai visto delle persone comportarsi così, sembravano tutte incredibilmente fuori di testa. Improvvisamente, mi sentii trascinare via e mi accorsi che Scamander, aiutato da mio cugino, mi stava conducendo lontano dalla folla impazzita nel vicoletto cieco in cui ci eravamo smaterializzati poco prima.
« È stata una pessima idea portarti qui! » aveva sbottato quest'ultimo, scaraventandomi delicatamente lontano da occhi indiscreti e calciando forte un cassonetto che cadde a terra con un tonfo. Un micio di strada, sbucato dal cassonetto, corse via con uno scatto fulmineo che ci fece sobbalzare e puntare contro di lui le bacchette. « Cosa diavolo sapete di questa storia che io non so? »
Sembrava sconvolto anche lui, esattamente quanto me, e sul punto di scoppiare di rabbia.
Hugo si coprì la bocca con una mano tremante. « Sono stati... i Mangiamorte. »
In un attimo, tutto il rossore che aveva animato il volto del biondino scomparve, lasciando spazio solo ad un inquietante pallore spettrale. Lo vidi respirare a fondo, troppo allibito per proferire parola, mentre io tentavo ancora di tranquillizzarmi e darmi una moderata: era chiaro che non si aspettava una risposta del genere.
« Non avete idea del pericolo che stiamo correndo. » esordì lui, dopo qualche secondo.
« Volevo solo scoprire qualcosa, mi dispiace. » mi intromisi, con un filo di voce. Sentivo di aver trascinato il ragazzo in pericolo insieme a me e mio cugino solo per un mio stupido capriccio. « Ora che mio padre non c'è ho pensato di essere libera di farlo al posto suo! Io volevo... volevo... » i miei occhi puntarono rapidamente qualcosa sul tratto di strada di fronte al nostro e si spalancarono visibilmente. « C'è un'ombra dietro ad un albero. » dichiarai in un sussurro a malapena udibile, mettendo una mano nella tasca della felpa in cerca della bacchetta.
I due ragazzi si voltarono pian pianino verso la strada di fronte, poi le diedero in fretta le spalle. Non c'erano affatto dubbi: l'ombra apparteneva ad un uomo che ci osservava dietro ad un albero di quercia altissimo e Merlino solo sapeva da quanto tempo lo stava facendo. Riuscii ad intravedere solo i ciuffi ricci di capelli castani sotto l'enorme cappuccio nero che gli copriva interamente il volto.
Hugo scosse bruscamente il biondino per un braccio, come per avvertirlo. « Dobbiamo smaterializzarci, Scamander. Immediatamente. »
« Assolutamente no! » esclamai, presa dal panico. « Ci sono troppe persone innocenti e quel Mangiamorte potrebbe attaccarle. Dobbiamo salvare queste persone, non siamo venuti qui per perdere tempo! Noi... noi non possiamo andare, dobbiamo... »
Non riuscii neanche a finire la frase che Lysander mi aveva afferrata delicatamente per le spalle, fissandomi intensamente coi suoi occhi scuri e costringendomi a fissarlo a mia volta. Sembrava così preoccupato ma allo stesso tempo così deciso a rincuorarmi. Quasi sentii il mio cuore meno pesante mentre osservavo le sfumature cangianti dei suoi occhi e il modo in cui le sue mani mi stringevano sembravano bastare a tranquillizzarmi.
« Mi ascolti? » fece, in tutta fretta. Annuii, impotente. « Ho sentito un uomo tra la folla dire che loro sono qui da quando hanno sentito il notiziario. L'incidente c'è stato alle tre, quindi si riferisce di sicuro al notiziario delle sette. Se quel tipo avesse voluto attaccare, l'avrebbe fatto da un pezzo. »
« È vero. » convenne mio cugino, spiando prudentemente l'uomo incappucciato che, in tutta probabilità, ancora ci osservava da dietro l'alto albero. « Dobbiamo andarcene da qui o metteremo in pericolo tutte queste persone. »
« È di sicuro una spia, e probabilmente ci stava aspettando. » insistette il biondino, continuando a non avere occhi che per me. « Mi sembra ovvio che si aspettasse un manipolo di Auror o una schiera di maghi pronti ad intervenire sul luogo dell'incidente. Deve averci notati tra la folla. Dobbiamo andarcene da qui altrimenti quelle persone... le metteremo solo in pericolo. »
Spalancai la bocca per ribattere ma la richiusi subito, annuendo. Inutile dirlo: aveva tutta la ragione del mondo. Se quell'uomo era davvero chi pensavamo che fosse ci aveva sicuramente notati e non avrebbe esitato neanche un attimo ad attaccare i figli degli eroi del mondo magico.
Dovevamo andare via, e in fretta.
« Va bene, muoviamoci. » concessi, respirando a fatica. « Dove ci smaterializziamo? »
Scamander mi tolse le mani dalle spalle e il peso del mondo mi cadde nuovamente addosso.
« Iniziamo a camminare e seminiamolo, dobbiamo trovare una zona abitata da maghi per smaterializzarci. È pieno di babbani qui, potrebbe essere pericoloso. »
« Dove siamo diretti? » chiese Hugo impaziente, guardando ancora con la coda dell'occhio il maestoso albero ai piedi della strada.
« Nell'unico posto che possiamo raggiungere camminando: Diagon Alley. »




Venti minuti dopo eravamo seduti ad un tavolo al Paiolo Magico per riprenderci dal cammino e per ordinare una buona burrobirra calda prima di smaterializzarci verso casa. Per tutto il tragitto, non avevamo scambiato neanche due parole e se anche l'avevamo fatto eravamo stati bene attenti a tenere la voce bassa in modo da non attirare ulteriori attenzioni su di noi che quelle che l'uomo dietro l'albero ci aveva riservato ci erano apparse fin troppo soffocanti. Dal mio canto, mi sentivo particolarmente in colpa e, soprattutto, mi sentivo così osservata che temetti che qualcuno avesse avuto la pessima idea di seguirci fino al Paiolo.
Forse, quella volta, avevo ragione su qualcosa... ma ancora non lo sapevo.
« Siete davvero sicuri che si tratti di...? »
« Hagrid ce l'ha involontariamente confessato ma avevamo da tempo dei sospetti. » ci tenne a precisare mio cugino, schioccando le dita a Tom il barista per chiedere una seconda burrobirra. « Chi avrebbe mai potuto far crollare ponti, far saltare in aria strade se non...? »
« Vero. » ammise il biondino mesto, portandosi alle labbra la sua burrobirra. Non fece neanche in tempo a berne un sorso che lo vidi abbassare lentamente il boccale sul tavolo ed infilarsi con estrema cautela una mano all'interno della felpa. Cattivo segno. « Bacchette alla mano. »
Abbastanza spiazzata dall'inaspettato ordine, non me lo feci ripetere due volte e sfoderai la bacchetta sotto al tavolo, puntandola contro nessuno in particolare.
Hugo si era voltato il cerca di segnali di pericolo nel locale. « Per quale motivo dovremmo...? »
Un'esplosione improvvisa fece scoppiare il vetro della porta di entrata del Paiolo. Piccoli pezzi di vetro e di legno volarono in tutte le direzioni, colpendo pareti e tavoli. Si udirono delle urla in tutto il locale ma non ero sicura che le urla provenissero solo da dentro: avevo l'orrenda sensazione che qualcuno fosse in pericolo anche fuori. I presenti nel Paiolo si avventarono frettolosamente verso l'uscita, creando il caos; alcuni erano caduti rovinosamente a terra e non riuscivano a rimettersi in piedi dal terrore, altri si armarono di bacchette.
« Lì! » mio cugino aveva puntato la bacchetta contro un uomo completamente incappucciato, attirando l'attenzione di molti presenti. « Stupeficium! »
L'uomo aveva schivato appena in tempo l'incantesimo.
« Non abbassate la guardia, ce ne sono altri! » avvertì Scamander, afferrandomi per un braccio e precipitandosi in strada nonostante la calca ci rendesse alquanto faticoso anche fare un passo. « Dobbiamo andarcene da qui, siamo un obiettivo troppo facile per loro! »
« Non ci provare! » urlai, liberandomi dalla sua presa una volta che fummo fuori dal Paiolo. « Tu vattene via. Io resto, devo aiutare queste persone. Tra di noi ci sono assassini furiosi, non ci saranno altre vittime innocenti! »
Scamander mi stava guardando con disperazione mista ad una buona dose di compassione. « Non puoi farcela da sola. »
« Guardate, stanno chiamando rinforzi. » disse Hugo scombussolato, indicando un Patronus perlaceo volare alto nel cielo con una scia così luminosa che fece voltare tutti dalla sua parte. « Gli Auror del Ministero saranno qui a momenti. »
« Speriamo che... a terra! » strillai, sovrastando le urla delle persone in strada e i rumori delle varie smaterializzazioni. Quasi tutti ubbidirono: un uomo incappucciato, non avrei saputo dire se quello che aveva irrotto nel locale o un altro, aveva lanciato un incantesimo non verbale che fortunatamente colpì il vuoto.
Lysander ne spedì uno di ostacolo. « Incantesimi non verbali. Fate attenzione! »
« Avada... »
« Stupeficium! »
Il mio incantesimo d'attacco colpì il Mangiamorte in pieno petto. In soccorso, vedemmo un terzo uomo incappucciato sbucare improvvisamente alle sue spalle e alla cieca tra la folla spedì un'anatema che uccide contro un'anziana donna, che crollò a terra in un battito di palpebre, davanti ai miei piedi. Spalancai la bocca, facendo fatica a far entrare aria nei polmoni, non realizzando completamente il fatto che una donna era appena morta davanti ai miei occhi.
L'ennesima vittima innocente.
« Bombarda maxima! » urlai, facendo crollare il balcone di un negozio proprio sopra l'uomo incappucciato, che fu inghiottito dai mattoni.
Ci furono altre urla, forse a causa del cadavere della donna al centro della strada, forse per il caos che avevo creato col mio incantesimo, mentre Scamander mi pregava con occhi lucidi di fare attenzione. Nel frattempo, altri tre uomini mascherati si smaterializzarono dal nulla, dando inizio ad una serie di maledizioni una dietro l'altra senza avere un obiettivo preciso.
« Avada Kedavra! »
Prima che il Mangiamorte potesse finire di pronunciare l'incantesimo, spiccai impulsivamente una corsa verso i lati della strada, afferrando la bambina al quale era diretto l'anatema e lanciandomi di peso dietro un muro di pietra. L'anatema che uccide ci aveva sfiorate per un soffio, sentii la potenza dell'incantesimo scuotermi tutti i capelli.
« Stai bene? » chiesi in tutta fretta, dando il tempo alla bambina di riprendersi. Poteva avere sì e no sei anni e i suoi enormi occhi verdi, identici a quelli di mio padre, erano colmi di lacrime.
Lei annuì, mentre la madre correva a soccorrerla, ringraziandomi di puro cuore per averla protetta.
« Bravissima, Lilian! »
Una voce familiare mi fece voltare con uno scatto fulmineo: era Alex Olsen, che correva verso di me con la bacchetta puntata contro l'uomo che ci aveva quasi tolto la vita. Assunsi un'espressione di confusione totale: Alex era l'ultimo dei miei pensieri in quel momento e mai sarei arrivata a pensare di poterlo trovare lì, tra la folla impaurita e urlante, insieme ad una schiera di Auror del Ministero che conoscevo.
Mi alzai velocemente da terra, quasi paralizzata. « E tu che diavolo ci fai qui? » fu il mio cordiale saluto.
Insieme a quelli del Ministero, tra l'altro, avrei voluto precisare.
« Faccio parte dell'Ordine della Fenice. E tu per quale motivo sei qui? Torna a casa, lascia fare a noi! » rispose Alex imperioso, lanciando incantesimi non verbali a diversi uomini incappucciati apparsi come se si fossero moltiplicati.
Spalancai la bocca, tenendomi al muro come se potessi svenire da un momento all'altro: Alex faceva parte dell'Ordine della Fenice? Furibonda e ancora parecchio confusa, individuai Emmeline Vance e Dedalus Bones duellare con quattro uomini mascherati, Cressida Jackson farsi strada tra la folla per aiutare i feriti, Fabian e Charlie, due simpaticissimi e giovanissimi Auror, lanciare incantesimi con una velocità sorprendente.
« Ordine della Fenice? » fece Hugo stordito, correndo verso di me insieme a Scamander, che non sembrava molto felice di rivedere Alex in quelle circostanze ed era del tutto sospettoso. « Aspetta un attimo, ho già sentito questo nome da qualche parte. »
« Certo che l'hai sentito! » sbottai, evitando per un pelo uno schiantesimo che fu bloccato con una mossa repentina da Alex. « L'Ordine della Fenice era una vecchia organizzazione segreta per combattere le arti oscure. »
« Mica tanto vecchia, adesso. » fu il commento sarcastico di mio cugino.
« E cosa c'entri tu con questa organizzazione segreta di Auror? » intervenne Scamander rabbioso, voltandosi verso Olsen con espressione a dir poco sconvolta.
« Oh, che piacere rivederti, Scamander. » disse in saluto Alex, senza degnarlo di un solo sguardo. Vidi il biondino stringere i pugni e assumere un'aria truce. « Non c'è tempo per le spiegazioni, se volete darci una mano fate attenzione, altrimenti tornate immediatamente a... »
Una maledizione cruciatus non colpì Alex per un soffio se non fosse stato per i riflessi di Scamander, che aveva avuto la prontezza di gettarsi a terra insieme a lui, salvandolo da una tortura. Vidi entrambi alzarsi da terra, il biondino di scatto come se Alex fosse uno schiopodo sparacoda e quest'ultimo abbastanza spiazzato.
« Faresti meglio a tornare tu a casa, Olsen. » disse il ragazzo in tono acido, non curandosi minimamente dell'espressione di gratitudine del Corvonero.
Ebbi l'impressione che la situazione intorno a noi si fosse abbastanza placata.
« Oh, Merlino mi assista! » aveva urlato Emmeline, che insieme a Dedalus aveva appena finito di stanare i nemici. Entrambi avevano al massimo trentacinque anni, avevamo scambiato quattro chiacchiere al Ministero qualche volta, e in quel momento avevano riconosciuto me e mio cugino. « Non sapete in che pericolo vi trovate! I vostri genitori sanno che siete qui? »
« No, ci siamo trovati qui per caso. » mentii, desiderando dare meno spiegazioni possibili in presenza di Olsen, che ci osservava come se ci stesse psicanalizzando a fondo e sapesse esattamente che quella fosse una menzogna. « Abbiamo combattuto, possiamo aiutarvi. »
« Come avete fatto a venire qui? » chiese Dedalus, anticipando Emmeline.
« Ci siamo smaterializzati. » rispose mio cugino, con un'alzata di spalle.
Emmeline fece per ribattere quando Alex intervenne nella conversazione. « Beh, smaterializzatevi di nuovo e tornate a casa. »
Lysander brandì la bacchetta con fare minaccioso, fissando il ragazzo con uno sguardo che non lasciava spazio al dubbio. « Tu non sei nessuno per dirmi quello che devo fare, Olsen. » intervenne a sua volta, prendendola immediatamente sul personale.
Alex si mise le mani tra i morbidi capelli bianchi. « Non hai idea di cosa sta succedendo, Scamander. »
« E tu lo sai? » ringhiai contro Alex, che assunse in men che non si dica un'espressione così colpevole che non riuscì a proferire parola in risposta. « Grazie per le informazioni, allora, sei un vero amico. » conclusi, furiosa.
« No, Lilian, per favore. Emmeline, Dedalus... che facciamo? »
Voltai le spalle a tutto il gruppo e feci un profondo respiro. Mi sembrava di essere in una piccola bolla caotica, piena di informazioni, di domande senza risposta.
« Mi sa che quest'anno prendiamo tutti e tre un Eccezionale in Difesa. » disse Hugo ironico, cercando di smorzare la tensione che si era creata e circondando le spalle di Scamander in modo amichevole con un braccio. « Non che serva a voi due, avete già il vostro... »
La voce di mio cugino divenne qualcosa di lontano anni luce: qualcuno mi aveva afferrata per un braccio e mi teneva fin troppo stretta. Sentii improvvisamente il solito strattone all'ombelico e un lunghissimo vorticare mentre ci smaterializzavamo. Con il senso di vomito che si faceva più intenso, piombai come una bambola di pezza sul parquet antico di una buia abitazione e nella penombra di quella che mi sembrava una cucina fin troppo familiare scorsi Alex Olsen.
Ci aveva condotti a Grimmauld Place.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Incubi reali. ***


Incubi reali.


Mi alzai dal vecchio parquet di Grimmauld Place dopo qualche secondo, accorgendomi del fatto di non essere stata l'unica ad essere atterrata sul freddo pavimento di legno. Mi sentivo il capo pesante, incantesimi e maledizioni che ancora rimbombavano prepotentemente nella mia testa. Mi voltai verso i due ragazzi con uno sguardo eloquente: Hugo sembrava piuttosto sbalordito dall'improvvisa smaterializzazione costretta e Scamander, data la spaventosa espressione facciale da serial killer che aveva assunto, sperai di buon grado non decidesse di far fuori Alex Olsen proprio in quel momento.
Quello doveva toccare a me.
« Mi dispiace, ho dovuto farlo. »
Fu proprio Alex il primo a parlare, in piedi accanto al tavolo indenne da ogni caduta mentre ci osservava attentamente. Sembrava calmo ma nella sua espressione riuscivo ad intravedere una sorta di disagio provocato dalla sua posizione attuale, ovvero quella di trovarsi tra sei occhi minacciosi puntati su di lui.
« Per quale motivo ci hai portati qui? » esordì mio cugino, sconvolto.
« È ovvio, non credi? Grimmauld Place era il quartier generale dell'Ordine della Fenice. » rispose Scamander, in tono velenoso.
« Era pericoloso restare lì, soprattutto per voi. Se vi fosse accaduto qualcosa il paese si sarebbe ritrovato una brutta rivolta tra le mani. »
« Cosa volevano quei tizi incappucciati? » chiesi brusca, una volta che ebbi recuperato il respiro e l'equilibrio.
« Ce lo chiediamo anche noi dell'Ordine. » rispose Alex, gettandomi un'occhiata furtiva e ricambiandone una di Scamander. « Uccidere persone innocenti, creare il caos, spaventare. È questo quello che fanno, lo sai bene anche tu. »
« Certo che lo so bene. » sbottai, facendo un passo avanti verso il ragazzo che dal suo canto non si mosse di un solo millimetro. « Mi devi delle diavolo di spiegazioni, Alexander Olsen. Non te la caverai in questo modo. »
Lysander venne avanti in maniera alquanto intimidatoria e esordì in tono bellicoso: « Concordo. » fece schioccare le nocche, fissando Alex come se non ci fosse nessun altro in quella stanza. « Ci stavi spiando a scuola, vero, Olsen? Ti sei divertito a fare il piccolo detective, sei diventato suo amico per spiarla. Era un tuo piano per l'Ordine! Hai anche conosciuto i nostri genitori. Cosa aspettavi per dirglielo? »
Assunsi un'espressione scioccata quando le parole del biondino arrivarono a me con la stessa durezza con cui le aveva pronunciate. Del tutto scombussolata, mi presi un paio di secondi per ripensare velocemente al comportamento di Alex nei miei confronti in tutto quel tempo. Il suo continuo sbucare tra la folla per incontrarmi, il suo continuo starmi accanto, la smaterializzazione costretta per portarmi in salvo... possibile fossero solo dei pretesti? Una sua messa in scena per tenermi lontana dai pericoli, così come mio padre desiderava e come l'Ordine comandava? Possibile che quel ragazzo, così gentile e amichevole, era riuscito durante tutto il trimestre a tenermi d'occhio per conto di mio padre, diventando mio amico per questo?
« Io non la stavo spiando. » aveva risposto Alex, velocemente. Un lieve rossore tinse le sue guance pallide mentre si avvicinava a me con urgenza. « Sono davvero affezionato a te. Lilian, ascoltami... »
« Sì, ti ascolto volentieri. » esclamai, paonazza di rabbia per i nervi e per i tanti pensieri che non facevano che vorticarmi nel cervello.
« È vero, mi sono trasferito ad Hogwarts per volere dell'Ordine. Ed ero già a conoscenza degli incidenti causati... »
« ... dai vecchi servitori di Voldemort. Sì, Olsen, lo sappiamo benissimo. » concluse Hugo impaziente, che fino a quel momento era stato in silenzio appollaiato su una vecchia e polverosa poltrona in cucina. Il suo tono era altrettanto acido e il modo in cui mi fissava significava solo una cosa: era deciso ad andare contro il ragazzo.
« Nessuno sa per certo chi dei tanti siano i colpevoli e se pure si hanno sospetti non si hanno prove per incastrarli. Sono davvero abili. »
« Questo l'avevamo capito, Olsen. » ci tenne a sottolineare Scamander, stringendo i pugni.
« Non avevo dubbi. Hai un gran bel cervello, Scamander. » disse Alex serio, lasciando il biondino lievemente spiazzato da tale affermazione.
« Come hai conosciuto l'Ordine della Fenice? » chiesi, malvolentieri. Il mio desiderio era quello di chiudermi in un silenzio ostile e urlare contro Alex allo stesso tempo, ma la sete di informazioni prevalse ed era troppo grande per restare zitta o dare di matto: dovevo riuscire a controllarmi.
« Tuo padre ci ha fatti visita. » rispose Alex, infilando le mani nelle tasche con aria colpevole. « I miei nonni erano abilissimi Auror e stavano aiutando nel caso, così conobbi l'organizzazione. Non per fare il modesto, ma ho un gran bel cervello anche io. »
Nella mia mente non potetti fare a meno di concordare con lui mentre Scamander non sembrava affatto d'accordo a giudicare dallo sbuffo esasperato che fece eco nella stanza.
« Mi sono trovato in un attimo coinvolto in cose ben più grandi di un paio di libri di Hogwarts. Tramite i miei nonni avevo dato indirettamente una mano al Ministero, proponendo delle tattiche per acciuffare i colpevoli, aiutando così l'Ordine e tuo padre, che subito mi volle con loro. » Alex fece una pausa, scostando il ciuffo bianco di capelli dagli occhi. « Scamander ha ragione: ho sempre giocato a fare il detective. »
« Di quali tattiche si parla? » chiese il ragazzo, anticipandomi.
« Non posso rivelare i piani dell'Ordine della Fenice, mi dispiace. »
Il biondino fece l'ennesimo sbuffo come per minimizzare il suo operato. « Addirittura. Piani. » disse, beffardamente.
« Sì, sono molto scaltro, Scamander. » disse a sua volta Alex, in tono calmo.
« Ho visto con quanta scaltrezza hai evitato una cruciatus poco fa. »
Vidi le labbra di Alex incresparsi in un lieve sorriso mentre si avvicinava al ragazzo, con passo lento e felpato. « Vuoi per caso che io esprima la mia riconoscenza in qualche modo, mio salvatore? »
I nasi di entrambi quasi si toccavano e la loro vicinanza mi provocava una sorta di lieve agitazione che non avrei saputo neanche spiegare. Mi decisi ad intervenire in fretta prima che potessero, in modo molto probabile, finire per duellare o fare a botte, il che sarebbe stato un trauma anche per me che sarei stata costretta a fermarli mettendoli fuori gioco entrambi. Il desiderio di scoprire cosa avesse da dirmi Alex, in ogni modo, mi diede un valido motivo per non ammazzarli.
« D'accordo. » mi intromisi, ponendomi fra di loro in modo brusco prima che potessero saltarsi addosso: la tensione tra i due ragazzi era sempre stata palpabile.
Hugo venne avanti, afferrandomi un braccio e trascinandomi con uno strattone lontano dai due. « Lascia stare, non ne vale la pena. » intervenne, scortese. « È soltanto una spia, ricordatelo. »
« Lilian. » disse Alex, voltandosi verso di me con espressione quasi di supplica. « È vero, ho conosciuto tuo padre e non te l'ho detto, e mi dispiace. Ma non mi ha mai chiesto di spiarti. Mi ha solo chiesto di tenerti d'occhio per evitare che corressi pericoli e di non dire una parola sui vari attacchi, su chi li stava compiendo e sull'Ordine della Fenice. Che scelta avevo? »
« Hai scelto di non dirmelo. » risposi, delusa.
Gli occhi di Alex erano colmi di qualcosa che andava quasi oltre la supplica, sembravano così sinceri che non riuscivo a non fissarli e non riuscivo a non credere alle sue parole. Nel profondo del mio cuore, non incolpavo del tutto quel ragazzo.
Alex mi prese le mani sotto lo sguardo furibondo di Scamander, che sembrava volesse annientarlo con la forza del pensiero. « E come avrei potuto dirtelo? Non mi avresti neanche permesso di essere tuo amico. »
« A te non sarebbe passato neanche per l'anticamera del cervello di essere mio amico se non fosse stato per il fatto che mio padre ti aveva chiesto di tenermi d'occhio! » urlai ferita, lasciando Alex a bocca chiusa, un'espressione di pura colpevolezza e collera che animava il suo volto pallido.
Scamander fece un passo verso di me, approfittando del fatto che avevo inveito contro Alex a pieni polmoni, afferrandomi bruscamente una mano e allontanandomi da quella che per lui si era rivelata la minaccia assoluta del nostro mondo. Mio cugino fece lo stesso, afferrandomi l'altra mano libera.
« Torniamo a casa. » disse quest'ultimo, facendo un cenno al biondino, che annuì.
« Posso anche accompagnarti io a casa. » insistette Alex, guardandomi intensamente. « Tuo fratello e i tuoi cugini dovrebbero essere qui a momenti. »
« Tu conosci mio fratello e i miei cugini? » strepitai, accorgendomi solo in quel momento di aver tralasciato quel minuscolo particolare. « Quante altre cose hai omesso di dirmi? »
« Passano le vacanze nel quartier generale, Lilian, mi sembrava... »
« Lei, comunque, sta da me. » lo interruppe Scamander, stringendo con più forza la mia mano.
« Da te nel senso...? »
« Nel senso che passa le vacanze di Natale a casa mia. James non te l'ha detto? O forse fingi che non te l'abbia detto? Ce ne andiamo. » e senza dire un'altra parola ci smaterializzammo verso casa. Ebbi una veloce visione dei chiarissimi e lucidissimi occhi di Alex Olsen prima che tutto attorno a me diventasse vorticoso e confuso.




Nei pochissimi giorni che seguirono, nessuno seppe della nostra pericolosa gita a Londra. Non ricevetti strane domande, telefonate da mio padre, tanto meno ebbi rimproveri o avvertimenti da parte di qualcuno. Supposi, dunque, che Alex avesse pensato bene di starsene in silenzio senza riferire una sola parola a mio padre e convincendo i suoi compari dell'Ordine della Fenice a fare lo stesso.
Durante quel fine settimana invernale, col freddo che cominciava a penetrarti nelle ossa e il vento ululare forte alla finestra, con le luci natalizie sparse in tutta casa Scamander e la partenza di Lorcan per la sua noiosissima vacanza studio, non facevo che riflettere sullo strano caso di Alex Olsen.
Il tipico amor proprio Grifondoro mi impediva di perdonarlo, anche se la tipica furbizia Serpeverde non faceva che persuadermi ad invitare Alex in casa Scamander come da Luna concesso per far andare su tutte le furie il biondino che, dopo lo spiacente episodio a Londra, sembrava ancora più ostile nei confronti del ragazzo. Dal mio canto, non avevo affatto dimenticato della spiacevole visita a casa di Cassandra Smith e quello che era accaduto durante la cerimonia di Natale nello studio di Lumacorno. Decisi, durante un impeto di pura vendetta, coinvolta in un raptus quasi sessuale in cui la frustrazione faceva da padrona, di prendere una decisione degna di Salazar in persona: rispondere alle lettere di Alex e acconsentire all'incontro.
Se non altro, ero arrivata alla conclusione che perdonare Olsen era più semplice che perdonare il ragazzo di cui ero innamorata.
Dominique, ore 14.13 -Ti ricordo che avevo organizzato quella serata al locale per far sì che voi due idioti vi deste una mossa. E cosa scopro? Che hai invitato Alex in casa Scamander! Sei cosciente della sciocchezza o deve bussarti la fata turchina in sogno?
Lis, ore 14.24 -Non intendo dare buca ad Alex a causa delle tue turbe ormonali, Domi.
Dominique, ore 14.25 -Le mie turbe ormonali? Hai dato un'occhiata alle tue, ultimamente? E quel presunto bacio dove lo mettiamo? Se voi due chiariste tutti i malintesi e non vi teneste tutto dentro forse, ma dico forse, staremmo tutti bene. E non funziona con Alex, quante volte devo dirtelo?
Con uno sbuffo rumoroso, lanciai il cellulare sul comodino. Finsi di non vedere tutti i malintesi del quale ci eravamo fatti carico durante tutti quei mesi e, soprattutto, finsi di non aver neanche letto la sua ultima frase. Per quale motivo mia cugina nutriva quella certezza schiacciante che con Olsen non avrebbe funzionato? Mettendo anche caso fosse vero, cosa gliene dava tutta quella sicurezza?
Decisi di abbandonare il mio rifugio protetto per fare una doccia rigenerante, intascando il cellulare che in quei giorni portavo sempre con me. Avevo appena abbassato la maniglia della porta del bagno che l'immagine che mi si presentava dinanzi agli occhi mi fece sobbalzare per la sorpresa: Scamander, mezzo nudo, con un minuscolo asciugamano a coprire la zona proibita. Non era muscoloso ma appariva ben definito, dalla corporatura asciutta e longilinea. Era perfetto, coi capelli biondi grondanti d'acqua e un'espressione serena mentre si tastava il petto liscio.
« LYSANDER! » urlai, cercando di simulare indifferenza quando in quel momento i miei ormoni sembravano a dir poco impazziti e le mie guance praticamente come tizzoni ardenti e i miei occhi praticamente sgranati.
« LILY, DANNAZIONE! » aveva esclamato lui imbarazzato, lasciando cadere di scatto le mani dal petto per tentare di coprirsi o, almeno, di darsi una controllata.
« Che vuoi? » sbottai, attaccata alla porta e con nessuna intenzione di andare via: la visione era troppo paradisiaca anche solo per tentare di rinunciarvici. « Non sai chiuderti a chiave? »
Lui tossì eloquentemente, afferrando un altro asciugamano. « Potresti anche bussare. »
« Oh, quante storie. » sbuffai, cercando di convincere me stessa a fare dietrofront anche se le mie gambe erano praticamente impiantate al pavimento. « Manco fossi il chitarrista delle Sorelle Stravagarie. »
Feci per andarmene quando notai un paio di boxer blu e due mazze gialle incrociate sulla zona anteriore.
« Carini i tuoi boxer. » dissi in tono svampito, e il ragazzo, con estremo imbarazzo, arrossì. « Non sapevo tifassi ancora per il Puddlemere United. »
« Sì, tifo ancora per... ti spiacerebbe... » aveva balbettato il biondino, facendo cenno alla porta.
Inutile dire che me la presi a morte.
« Quante storie, Scamander. » ripetei alterata, chiudendomi velocemente la porta alle spalle con un'ultima breve occhiata al suo corpo perfetto.
Ero sicura che quel piccolo breve evento mi avrebbe perseguitata per tutto il tempo che avrei sostato in casa Scamander, tutte le volte che l'avrei incrociato sulle scale, o durante i pasti, e mi maledissi per i pensieri impuri che stavano scaturendo dalla mia mente. Cercando di distrarmi dall'immagine celestiale penetrata nei meandri del mio cervello, corsi in salotto per accendere la televisione così da coprire il rumore dei miei molesti pensieri.
Dominique, ore 14.40 -Cosa state combinando? :P
Potevo mai rivelare a mia cugina di aver appena visto Scamander mezzo nudo in bagno? La risposta era: no.
Lis, ore 14.41 -Dominique, la smetti di fare la stalker?
« Qualcosa di interessante in televisione? »
Una voce che non avrei voluto affatto udire in quel momento fece eco nel salotto dopo una decina di minuti dal nostro malizioso incontro e notai, con la coda dell'occhio e con tutto il disappunto del mondo, che il biondino si era rivestito.
« A parte questo ridicolo programma di cucina? » risposi con distacco, stravaccata sul divano mentre mi affrettavo a nascondere il cellulare dopo una lunga vibrazione: mia cugina doveva avere proprio nulla da fare per investigare sul mio conto.
Lo vidi muoversi con circospezione per poi sedersi accanto a me sul divano. I miei piedi nudi sfiorarono la sua coscia e io non ebbi la forza e la decisione di ritirarli.
« C'è il notiziario delle sei, se ti interessa. » disse, indicando la televisione e alzando il volume dal telecomando.
Puntai lo sguardo sul televisore mentre il giornalista presentava lo scenario dietro di lui che comprendeva la zona di Londra che era stata attaccata pochi giorni prima, il locale distrutto e la strada ancora recintata. Parlava spedito, illustrando i danni che aveva subito il quartiere e intervistando vari babbani che passavano per strada.
« Ma c'è dell'altro. » disse l'uomo, con interesse professionale. « Delle telecamere di servizio hanno ripreso un momento davvero impressionante che sta facendo il giro di tutta Londra. A voi in studio per la prima volta! »
Scamander ed io ci voltammo di scatto l'uno verso l'altro: eravamo appena apparsi in televisione. Il momento ripreso dalle telecamere nascoste era quello in cui la folla si ribellava e urlava spaventata il giorno della nostra gita a Londra, il momento in cui tutti i babbani avevano mostrato i crocifissi al cielo, il momento in cui noi eravamo lì, vicinissimi alla recinzione, risaltando tra la folla, inconfondibili.
Cose che avevamo già udito pervennero ancora una volta alle nostre orecchie e un rumore proveniente dalla cucina ci destò dall'orripilante contemplazione del notiziario. Il panico mi assalì come una bestia feroce. Al momento, non riuscivo a non pensare a cosa sarebbe successo se Luna e Rolf fossero sbucati improvvisamente in salotto, attirati dalle urla, e ci avessero visti in televisione.
« Il telecomando, Scamander. » sibilai frettolosamente, balzando in piedi e fissando il ragazzo in maniera agitata.
« Non hai cambiato tu il canale? »
« Ma tu hai abbassato il volume. »
L'attenzione si rivolse di nuovo sull'intervistatore. « Queste assurde immagini hanno sconcertato parte della popolazione, nessuno sa per certo cosa sia potuto succedere per scatenare la follia di queste persone. »
Dalla cucina si udì un altro rumore di sedie spostate e la voce serena di Luna dalla stanza accanto ci smosse.
Scamander, nel frattempo, stava controllando che il suo di dietro fosse perfettamente in ordine. « Ti pare che abbia il telecomando su per il... »
Dei passi rimbombarono per la casa, diretti inesorabilmente verso il salotto. Impulsivamente, con la sensazione di essere morti per mano di mio padre, ci fiondammo entrambi a terra e tirammo contemporaneamente la spina della televisione, ritrovandoci l'uno addosso all'altro in una posizione alquanto ambigua.
« Oh. » fu il commento di Luna quando entrando in salotto ci vide in quelle condizioni. Non sembrava arrabbiata e si aprì in un luminoso sorriso malandrino che non aveva niente a che vedere con la situazione orribile in cui avremmo potuto sprofondare. « Non vi sembra un pochino presto per queste cose? »
Mi chiesi insistentemente a quali cose stesse pensando la mia madrina.
« Mamma! » aveva soffiato il ragazzo con un filo di voce, alzandosi da terra, o meglio dal mio corpo dove era avvinghiato come un'anguilla nella stagione degli amori, con uno scatto fulmineo mentre io faticavo per tirarmi su. « Noi... siamo solo caduti, stavamo scherzando... tra di noi... »
Luna non parve convinta dall'affermazione del figlio, anche a giudicare dal rossore che aveva tinto il suo volto, e ritenne opportuno continuare a sorriderci con estrema malizia. Notammo solo in quel momento che indossava un completo mimetico, con tanto di cappellino, e dei grossi stivaloni neri da soldato tedesco.
« Vai da qualche parte? »
« Io e tuo padre passiamo la notte fuori. Non ve l'ho detto? » rispose Luna, tranquilla.
Tossicchiai, cercando di darmi un contegno almeno in presenza di Rolf Scamander che fece capolino nel salotto con un vestiario identico a quello di sua moglie. Tra le mani aveva una lente di ingrandimento e un piccolo bauletto di pelle.
« Dove hai la testa, cara? » esordì Scamander senior, entusiasta e con occhi che brillavano. Si rivolse a noi, con un timido sorrisetto: « Io e Luna abbiamo sentito come una sorta di richiamo nei boschi vicini. Sembrerebbe quello di un animale fantastico, così abbiamo deciso di fare delle ricerche sul campo. »
« Ci lascerete soli? » azzardai, titubante.
« Solo per una notte, al momento. » rispose Rolf, pacato. « Mi aspetto che... beh, che non facciate cose stupide. »
« Del tipo? » insistetti, fissando il biondino a sottecchi e cercando di non guardare il nuovo sorrisetto spuntato sulle labbra della mia madrina.
« Sapete benissimo di che parlo... »
Festini illegali? Traffico di droga? Commercio di merendine marinare ancora non in commercio?
« Sono ragazzi, Rolf, lasciamo che facciano le loro esperienze. » venne in soccorso Luna, con voce soave. « Sono sicura che staranno attenti e che prenderanno precauzioni. »
« Attenti? » strepitai, sbarrando gli occhi.
« Precauzioni? » fece Scamander, ancora più paonazzo di un attimo prima.
« In che senso? » domandammo in coro, orripilati.
« Aspetta un attimo, cara. » intervenne Rolf, cercando di darsi un tono. « Io non so cosa facciano questi due quando stanno da soli ma fin quando dormono sotto il mio stesso tetto non voglio assolutamente saperlo e immaginarlo. Quindi... »
« Contraccettivi babbani, semplici ed efficaci. » concluse Luna serena, facendo venire un mezzo principio di infarto al figlio, una paralisi facciale a me e un altro mezzo principio di infarto al marito. « Andiamo, caro? Non voglio perder tempo. Se vi serve qualcosa contattateci tramite walkie talkie, domattina saremo qui per pranzo. »
Rolf prese con una certa titubanza la mano della moglie, lasciando me e il figlio come due pesci lessi, e insieme si smaterializzarono. Rimasi ferma a fissare il punto in cui erano scomparsi fin quando non mi voltai verso il ragazzo, che aveva ancora la mano sul petto e una smorfia a dir poco sconvolta sul volto.
« Non stavano parlando di... »
Lysander prese a fissarmi insistentemente. « Sì. » mi interruppe, sedendosi nuovamente sul divano, scosso.
Mi presi un paio di secondi, poi scoppiai a ridere, di una risata nervosa e del tutto schizofrenica che regnava sovrana nelle situazioni imbarazzanti o pericolose in cui sembravo immergermi ogni volta fino alla testa. Non volli guardare Scamander negli occhi: immaginavo che fosse particolarmente nauseato dall'immagine che i genitori gli avevano evocato, al mio contrario, che non la trovavo affatto una cattiva idea...
« Divertente. » esordì il ragazzo stizzito, incrociando le braccia al petto con un certo disappunto. « Davvero divertente. »
Nonostante continuassi a ridere in modo piuttosto convulso, non trovavo nulla di tutto quello divertente. Era, oltre che imbarazzante, esaltante a dir poco a causa dei miei ormoni che sembravano essere già partiti ed atterrati nel letto di Scamander e saltellavano sereni in attesa di grandi eventi.
Il ragazzo fece un colpetto di tosse. « Come se potesse accadere. » disse, sottovoce.
Le sue parole mi fecero calmare di colpo dal riso.
« Non potrebbe? » chiesi, lasciando trasparire una punta di delusione nella domanda.
Scamander aveva inarcato le sopracciglia, a metà tra lo scettico e il sorpreso. Consapevole di aver praticamente messo a rischio la mia intera permanenza in casa e, soprattutto, la mia persona, decisi di sparire in cucina con un borbottio di cui si poteva indistintamente capire: « Non intendevo, non intendevo affatto. » rivolto verso qualcosa che intendevo con tutta me stessa.
« Vado a preparare la cena, tu vai pure a riposarti! »
Il problema fu che neanche dieci minuti dopo la cucina era in fiamme, esattamente come la mia decenza.




Quella sera cenai chiusa in camera di Lorcan, con l'amor proprio che non desiderava altro che sotterrarsi nei meandri più oscuri della terra. Quei pochi giorni passati in casa Scamander mi stavano rendendo la persona più pervertita sulla faccia del pianeta e non facevo altro che fissare il biondino con una sensazione di calore che mi fasciava l'intero corpo, che mi scuoteva e mi faceva pensare a quanto potesse essere bello, impacciato o divertito, mentre mangiava, si stropicciava gli occhi o anche mentre mi lanciava un timido sguardo quando eravamo tutti intenti a guardare la televisione.
Il vento ululava forte fuori dalla finestra, la tempesta cominciava ad infuriare e io mi sentii inquieta. Non ne conoscevo il motivo ma una strana inquietudine regnava sovrana nel mio animo, insieme ad una strana sensazione, la stessa che avevo avuto a Londra.
Mi sentivo osservata.
Guardai attraverso il vetro della finestra con estrema cautela e non vidi nulla, a parte i fulmini in cielo, le foglie che dai rami degli alberi venivano scosse senza sosta dal vento e il paesello illuminato oltre la collina. Feci spallucce e mi infilai sotto le coperte, tirando fuori il cellulare.
Lily, ore 11.31 - Stai dormendo?
Hugo, ore 11.34 - E tu credi sul serio che con Dominique si possa dormire? Non ha mica finito di tormentarmi. Allora, come va la situazione lì?
Lily, ore 11.37 - Tutto tranquillo. Lorcan, Luna e Rolf sono fuori casa...
Hugo, ore 11.39 - Quindi, tu e il tuo innamorato siete soli in casa? Ah! Aspetta che lo dica a Domi, penso che stanotte non chiuderemo occhio! Vedi di non fare troppe porcate con mister Scamander ;)
Cliccai sull'icon sms in modo da rispondere a tono al mio caro cuginetto ma qualcosa aveva catturato la mia attenzione: un ramo di un albero si era spezzato e aveva colpito con forza la parete della camera. Lasciai il cellulare sul letto e corsi alla finestra per verificare qualche ipotetico danno...
Spalancai gli occhi, non sul ramo spezzato che giaceva immobile nel prato, ma sull'ombra nera di un uomo in piedi davanti casa. Non riuscivo a vederlo in faccia, era tutto buio, ma la sua presenza mise in moto qualcosa di davvero spiacevole nel mio petto ed ebbi l'assoluta certezza che mi stesse osservando, che non facesse altro che fissarmi dalla mia camera illuminata nel buio della collina. Il terrore si impadronì di me. Corsi al cassetto per afferrare la bacchetta e, armata, mi precipitai nella stanza di Scamander senza neanche bussare.
Spalancai la porta della sua stanza illuminata da una fioca luce arancione e individuai il ragazzo seduto sul letto impegnato a strimpellare con la chitarra.
« Ti senti bene? » mi chiese immediatamente, posando via la chitarra e alzandosi di scatto dal letto per venirmi incontro.
« C'è qualcuno fuori casa! Dobbiamo uscire fuori a vedere, potrebbe essere... »
Lui impallidì vistosamente. « Come sarebbe a dire che c'è qualcuno fuori casa? » mi interruppe, facendosi prendere dal panico.
Lo afferrai rudemente per una mano e lo trascinai in tutta fretta nella mia camera fino ad arrivare alla finestra, dove il ragazzo si sporse a guardare come da me esortato.
« Non c'è nessuno. » annunciò, dopo un paio di secondi.
Lo scansai dalla finestra e puntai immediatamente la zona in cui avevo visto l'uomo... notando con sconcerto che non c'era davvero nessuno. Rimasi a bocca aperta ad osservare la tempesta infuriare, perplessa. Possibile che quella bufera mi avesse giocato un brutto scherzo? Possibile che avessi confuso qualcosa, qualunque cosa, per la figura di un uomo? Eppure mi ero sentita così inquieta, così fastidiosamente osservata. Possibile non ci fosse davvero nessuno lì fuori?
« Mi sembrava di aver visto... » sussurrai, allontanandomi dalla finestra senza osare guardare il ragazzo: mi sentivo abbastanza stupida ma, a giudicare da come tenevo stretta la bacchetta in pugno, ero decisa a credere di non essere stata influenzata dal temporale.
Il biondino, che si era tranquillizzato e aveva ripreso del colorito sulle guance, mi mise le mani sulle spalle e disse: « Non c'è nessuno, a parte un brutta tempesta. »
« Sembrava che qualcuno mi stesse osservando... »
« Cosa? » fece il ragazzo, con un piccolo sorriso sghembo che mi diede particolarmente sui nervi. « Impossibile. Siamo protetti, nessun estraneo poteva mai intercettarci. »
« Era un uomo quello che ho visto lì fuori. » insistetti, ricordando la cristallina sagoma che mi era apparsa dinanzi e sprofondando sul letto con un grande tonfo.
« Come fai ad esserne così certa? C'è un tempaccio fuori, potresti aver scambiato qualcosa per un uomo. » tentava Scamander pragmatico, buttando lì qualche soluzione che non comprendesse la comparsa improvvisa di un uomo che mi osservava nel bel mezzo della bufera. « Chi verrebbe mai sulle colline a mezzanotte? Per le persone qui sopra non c'è praticamente nulla. All'inizio delle vacanze ho visto mio padre impostare l'Incanto Fidelius sulla nostra casa. Anche per questo mi sono accorto che qualcosa non andava. »
« Poteva esserci comunque qualcuno lì fuori, no? » mi intestardii, gettandogli uno sguardo bieco.
Il biondino fece un sospiro e un'alzata di spalle. « Poteva. » disse, ma non era convinto.
Strinsi con più forza la bacchetta e me la rigirai tra le dita: le mie sensazioni di solito si rivelavano reali, non era possibile che i miei occhi mi avessero ingannata in quel modo. Nutrivo il forte desiderio di uscire e controllare, anche a costo di superare la protezione dell'Incanto Fidelius.
Mi alzai dal letto lentamente e stavo per fare un passo verso la porta quando il ragazzo mi aveva afferrata per un braccio, attirandomi a lui. Quel contatto così violento mi fece trattenere il respiro e il cuore cominciò a battermi nel petto neanche stessi giocando l'ultima partita di Quidditch ad un passo dalla tanto desiderata vittoria.
« La bacchetta. » disse, stendendo l'altra mano verso di me con decisione. « Non vale la pena inoltrarsi fuori con questa tempesta, non troverai nulla. Lo so cosa stai pensando, ma non credo tu abbia visto chi pensi... d'altronde, non avrebbe avuto senso. Non siamo reperibili e visibili, ricordalo. »
Non gli porsi la bacchetta ma, piuttosto vulnerabile, mi lasciai trascinare delicatamente senza opporre resistenza alcuna verso la sua camera. C'era qualcosa nello sguardo del ragazzo che mi stava ammaliando, che mi frenava dal correre fuori casa ad affrontare la presunta minaccia.
« Ho una brutta sensazione. » decretai, facendo il mio ingresso in camera mentre il biondino chiudeva la porta alle sue spalle.
« È un incubo, sei solo turbata dalle vicende accadute a Londra. » disse in un sussurro Scamander, sprofondando accanto a me sul suo letto. « Non andare. Resta qui... insieme a me. »
Il cuore cominciò nuovamente a battermi in maniera fastidiosa nel petto e fu la sua calda voce rassicurante a permettermi di posare la bacchetta sul suo comodino. Se non avessi avuto il ragazzo di cui ero perdutamente cotta a neanche un metro da me che mi supplicava con gli occhi di tranquillizzarmi e di restare con lui, probabilmente mi sarei inoltrata senza pensarci nella tempesta alla ricerca dell'uomo misterioso ma la sua presenza, i suoi occhi, il fatto di essere soli in casa, il contatto fisico che c'era stato tra noi in quei pochissimi minuti aveva represso totalmente il mio impulso di correre fuori.
Lui mi sorrise, lievemente impacciato. « Resti? »
« Vuoi che passi la notte qui? » chiesi, mordendomi un secondo dopo le labbra mentre lo fissavo con insistenza.
Diedi una veloce visuale della sua stanza mentre lui, probabilmente paonazzo, cercava le parole per acconsentire in modo meno provocatorio, spinto e malizioso. La camera non era molto ordinata come quella che era stata quella di Lorcan prima che io me ne impadronissi ma tutto aveva un'armonia particolare. I poster della sua squadra preferita di Quidditch, lo stemma dei Serpeverde, i libri, la radio, la chitarra non erano posti all'interno della stanza in modo maniacalmente ordinato ma possedevano una certa musica.
Le nostre mani, notai, erano a due centimetri le une dalle altre ma l'ardente desiderio di restare sola con lui fu represso e soppiantato dalla paura. Probabilmente avrei apprezzato di più quel momento se non ci fosse stato nulla da dire o chiarire tra noi ma le cose non dette sembravano essersi messe a ballare caoticamente sul letto sul quale eravamo seduti e non facevano che tamburellare sulle pareti.
Mi chiesi se avesse tanta importanza fingere che andasse tutto bene...
« Mi piace un ragazzo. » esordii, senza averlo premeditato e lasciandomi guidare dall'impulso. Sentii che mi tremava la voce e mancava il fiato come mai mi era capitato nella vita.
Lysander non rispose subito ma l'impatto fu immediato: aveva iniziato ad osservarmi con uno strano sguardo di curiosità mista a qualcos'altro. Seguì il mio sguardo verso il letto, verso le nostre dita che si sfioravano, e fece un colpetto di tosse imbarazzato. « Lui lo sa? » chiese, in un sussurro appena udibile e con voce morbida.
« Non lo so. Forse... io non gliel'ho detto. »
« E per quale motivo? »
« È complicato. »
Ed era vero: non era mai stato così complicato come lo era in quel momento. Avevo cercato in tutti i modi di reprimere i miei sentimenti ma essi esistevano e avrebbero continuato ad esistere. Ripetermelo faceva bene, mi dava forza, ma era difficile amare qualcuno per me.
« Anche a me piace una ragazza. » rivelò inaspettatamente il ragazzo, abbassando lo sguardo sulle nostre mani e insinuando la sua mano nella mia. Sentii il respiro mozzo e l'adrenalina che mi percorreva ogni molecola del mio corpo immobile. « Lei non lo sa e non gliel'ho detto, ma penso l'abbia capito. È complicato anche per me... non sono un Grifondoro, tanto meno so cavarmela con le ragazze e uscire dalle situazioni scomode. »
Non capivo per quale motivo non riuscisse a cavarsela con le ragazze: aveva la fortuna di frequentare una delle ragazze più popolari della scuola e lei ricambiava il suo interesse in maniera plateale. Ad averlo capito, la Smith l'aveva sicuramente capito. In caso contrario, non riuscivo a pensare a nessun'altra che non fosse lei anche se c'era speranza nei miei occhi, quel briciolo di speranza che si era spenta subito dopo la festa di Natale di Lumacorno, quella che mi aveva fatta pensare, anche grazie a quell'inaspettato bacio, di essere la ragazza di cui Lysander era innamorato.
« Dovrei fare qualcosa. »
« Dovresti... » sussurrai, stringendogli la mano e lasciandomi trasportare dalle emozioni.
In quel momento non mi importava tanto di dominare impulsi e tenerli a bada: Lysander mi stava guardando con un'espressione di meraviglia che avrei sempre voluto vedere sul suo volto. Strinse di rimando la mia mano, stendendosi accanto a me e stringendomi in un abbraccio mozzafiato...




Il mattino successivo mi svegliai in un viluppo di coperte, braccia e gambe. Non misi a fuoco subito cosa era successo la sera prima, ragion per cui mi accoccolai ancora di più a quello che avevo accanto senza rendermi affatto conto, neanche la minima idea, di cosa stessi abbracciando. La luce che filtrava attraverso la finestra mi infastidiva e strizzai gli occhi, focalizzando una testa bionda. Aprii gli occhi di scatto e vidi Scamander che dormiva beatamente a tre centimetri da me e mi cingeva la vita con una mano e l'altro braccio era alzato sopra la mia testa. I ricordi della sera prima riemersero e smisi immediatamente di abbracciare quello che durante la notte avevo ritenuto normale abbracciare e che quel mattino non consideravo ancora così regolare. Cercai di alzarmi dal letto per darmela a gambe levate facendo meno rumore possibile ma il biondino si stava cominciando a muovere: aprì lievemente gli occhi mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa e arrossì quando mi vide.
« Oh, non volevo disturbarti. » mormorai, con una mezza bestemmia rivolta a Salazar Serpeverde in sottofondo. « Ho sentito un rumore... saranno i tuoi che sono tornati? »
Il ragazzo mi tolse le mani dalla vita e si sporse oltre il letto. « Potrebbero essere... »
Non finì neanche di concludere la sua frase che la porta della camera da letto si era spalancata con un rumore secco. Luna, Rolf, Hugo, Dominique e niente di meno che Alex Olsen in persona erano fermi sotto l'arco della porta e ci osservavano, Luna con un sorrisino malizioso, Rolf sconvolto, Hugo ancora più allibito di Rolf, Dominique in stato di shock e Alex Olsen non seppi dire se deluso oppure confuso.
Lysander ed io ci guardammo, in preda al panico.
« NON È COME SEMBRA! » esclamammo, all'unisono.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Cugini, nemici e questioni irrisolte. ***


Cugini, nemici e questioni irrisolte.


Durante il corso della vita si impara che di sfortune non ce ne sono mai troppe, che non bastano. Mai. Quindi, se io e un certo biondino di mia conoscenza avevamo trascorso una nottata insieme all'insegna del russare e dei sogni beati ed eravamo stati sorpresi nello stesso letto non era certo detto che la sfortuna doveva concludersi lì. Ma non si concluse neanche con Rolf Scamander che, con tutta il decoro che gli era rimasto, usciva dalla stanza come se fosse un pezzo di marmo insieme ad una divertita e canterina Luna. Non si concluse neanche con la bloccata crescita di Hugo, e neanche con quello che nelle menti bacate altrui era un profanatore seriale che scappava letteralmente via dalla camera sibilando parolacce di ogni tipo che non credevo esistessero nel suo vocabolario. Si concluse, purtroppo e per mia enorme sfortuna, con le torture di Dominique in presenza del povero malcapitato Alex Olsen...
« Io lo sapevo. »
Alzai gli occhi al cielo, tentando di darmi un contegno e fissando a sottecchi Alex, seduto sulla scrivania del ragazzo con il quale avevo dormito avvinghiata come una piovra mentre Dominique andava su e giù per la stanza e mio cugino, affacciato alla finestra senza avere il coraggio di guardarmi negli occhi, probabilmente meditava il suicidio.
« Che cosa sapevi, esattamente? Che ci saremmo addormentati mentre ci tenevamo compagnia? » sbottai, per quella che mi era parsa la decima volta di fila e trattenendomi dall'insultarla pesantemente.
Vero in parte, non avrei mai potuto rivelare la vera ragione che mi aveva spinta a cedere alle mie perversioni, e neanche la conversazione che ne era susseguita.
Dominique sembrava particolarmente su di giri, come se avesse compreso più di quanto avessi compreso io. « Io lo sapevo. » ci tenne a ripetere, con un sorrisetto sulle labbra.
« Naturalmente. » ironizzai, sospirando. « Beh? A cosa devo il dispiacere di questa visita? »
Sempre sul più bello, avrei tenuto a sottolineare se non fossi stata bloccata a letto dall'imbarazzo. E dall'arrivo burrascoso e per nulla aspettato e piacevole di mia cugina, che era improvvisamente diventata la mia nemica numero uno per eccellenza.
Hugo fece un colpetto di tosse, destandosi dalla contemplazione del mezzo grazie al quale avrebbe potuto lasciare quella terra. « Ho fatto l'errore di dire a nostra cugina che tu e Scamander eravate soli a casa e lei ha voluto precipitarsi qui. »
« Scoprendo che avevo ragione a pensare che sareste finiti a letto insieme. »
« E per quale motivo hai pensato fosse una buona idea precipitarti qui? » volli sapere, fingendo di non conoscere affatto la risposta e desiderando che si trattenesse in presenza di una persona che aveva meno di zero a che vedere con le nostre faide familiari.
Dominique parve offesa dall'affermazione. « Ma per controllare se avevo ragione, no? » esordì, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Ma certo, che domande erano? Era ovvio che desiderava invadere il mio privato. Quasi mi sarei aspettata di vederla sbucare da sotto il letto tutte le sere a partire da quella sera.
« Stavo aspettando Alex, non voi due. » annunciai, lanciando al ragazzo in questione un'occhiatina, che fu ricambiata con un certo imbarazzo.
« Attendevi anche lui a letto? » colse la palla al balzo mia cugina, facendo piombare un silenzio tombale carico di imbarazzo nella stanza. « O avevi deciso che l'incontro si sarebbe svolto in separata sede? Sai, siamo parecchio confusi... e lasciami tu! »
Hugo aveva afferrato nostra cugina per un braccio, trascinandola verso l'uscita della camera, piuttosto sollevato e felice di dover abbandonare la scena del peccato. Anche per non trovarsi ancora per molto a condividere la stessa aria con Alex, avrei giurato.
« Aspetta! Non ho ancora finito con... »
Dominique fu scaraventata con poca grazia fuori la porta.
« ... lei! » aveva sbottato quest'ultima, quando la porta fu chiusa dietro le loro spalle e le sue urla forsennate risuonavano nella camera e per tutta la casa. « Occhio ai vestiti, disgraziato che non sei altro, sono morte trenta capre per questa giacca. »
Sentii mio cugino partire alla carica. « Mi hai trascinato qui per spiare nostra cugina a letto con Scamander, ti rendi conto? »
Feci un sorriso imbarazzato ad Alex, desiderando che la terra mi inghiottisse.
« Sei un dodicenne. »
« Tu sei una pervertita! Adesso non so se prendermela di più con quel traditore che si trova lì dentro insieme a lei oppure con quel profanatore che si trova al pian terreno! »
Il mio sorriso divenne, se possibile, ancora più largo mentre mi infilavo velocemente la prima felpa che trovavo per la stanza.
« Sei proprio un dodicenne. »
« E tu una pervertita. »
Feci un poderoso colpo di tosse come per annunciare ai due litiganti fuori la porta che la loro inutile discussione era ben udibile anche dentro la camera e che io e Alex, a giudicare dall'espressione, non nutrivamo affatto il bisogno di ascoltare altro sulle non esistenti profanazioni accadute. Le voci si spensero immediatamente. Un attimo dopo, si udirono dei sibili e un rumore di passi sulle scale e seppi che i miei due cugini stavano scendendo di sotto, battibeccando ancora tra loro.
« Avevo sperato che tuo cugino cambiasse idea su di me. » disse Alex dopo qualche secondo, osservando con estremo interesse la stanza in cui si era trovato malauguratamente. « Spero tu non sia ancora arrabbiata con me. »
Optai per: « Ce l'ho a morte con te, Alex. »
« Lo so. » annuì il ragazzo, guardandomi intensamente. I suoi capelli alla luce del sole sembravano quasi trasparenti e gli occhi color ghiaccio brillavano di collera. « Mi dispiace, la mia posizione non era delle migliori. Ti chiedo solo di fidarti delle parole dette a Grimmauld Place. Mi dispiace averti tenuto d'occhio per conto di tuo padre. »
Considerato il fatto che non mi fidavo neanche della mia ombra, credere anche solo ad una parola detta al quartier generale doveva ritenerlo un lusso. Ripensai a tutto quello che aveva fatto Alex e alle numerose lettere che mi aveva con insistenza scritto, chiedendomi di vederci anche solo un istante, non sopportando affatto di essere lasciato nella cucina di Grimmauld Place in quel modo dall'unica persona che poteva considerare sua amica. Non era stato sincero, mi aveva tenuta d'occhio per ordine del capo degli Auror, ma non era diventato mio amico per imposizione.
« Tuo padre non voleva che ti parlassi di tutto quanto e ci teneva che qualcuno ti tenesse d'occhio per evitare che scoprissi più di quanto lui volesse. Non volevo creare disagi, ma non avevo messo in conto di potermi affezionare a te. »
Acciambellata come un gatto nelle lenzuola, puntai con lo sguardo la coperta blu notte che aveva accompagnato me e il biondino durante la notte e rimasi ad osservarla in silenzio. Vidi sott'occhio Alex che si avvicinava e sentii le assi del letto scricchiolare quando il ragazzo si sedette accanto a me.
« Sei stata molto valorosa durante l'attacco a Diagon Alley. Devi essere molto fiera di te. »
Alzai i miei occhi su Alex e notai che mi sorrideva, che la sua espressione sembrava quasi orgogliosa. Il mio cuore si riempì di gioia al solo udire quelle parole, a ricordare il viso sollevato della bambina che avevo salvato da una maledizione senza perdono, alle lacrime di gratitudine della sua preoccupata madre, a pensare che la loro famiglia non era morta insieme alla bambina, che continuava ad essere unita.
Il mio sorriso si spense improvvisamente.
« Non ho fatto abbastanza. » dissi, sconfitta.
Alex non ebbe alcun tipo di reazione, non mi compatì. « Hai fatto più di quanto sembra. » disse, con estrema naturalezza. « Non si era mai visto un attacco così esposto. »
« Credi che potrebbero essercene altri? »
« Siamo solo all'inizio. » rispose il ragazzo, senza battere ciglio e fissandomi con occhi penetranti. « Tieniti pronta. »
Fui tentata dall'indagare più a fondo quando Alex interruppe immediatamente quella che sarebbe la mia domanda sfacciata come se sapesse esattamente cosa mi stesse passando per la testa. Il mio sguardo fu catturato da una catenina d'oro con uno strano pendente che il ragazzo aveva sfilato dalla tasca del suo solito giubbotto blu cobalto.
« Per te. » disse, piazzandomi la collanina tra le mani con decisione. « Un dono di Natale da parte mia. »
Mi resi conto che il ragazzo non sorrideva più. Abbassai gli occhi sulle mie mani e notai che lo strano pendente non era altro che un uccello dalle ali spalancate, non seppi dire con precisione quale uccello fosse ma ero certa si trattasse di una creatura fantastica. Cosa poteva mai significare?
« Alex... »
La porta della camera si aprì con un colpo secco, interrompendoci. Io e il ragazzo ci voltammo di scatto verso la porta: il padrone della stanza era in piedi contro lo stipite e ci osservava con espressione irritata e seccata, come se non si aspettasse che io e Alex ci saremmo attardati in una conversazione privata proprio in camera sua.
« Scamander. » esordì Alex, balzando in piedi. Per la prima volta da quando lo conoscevo il suo tono era estremamente imbarazzato e sembrava poco incline a restare in quella camera un secondo in più. « Sono spiacente dell'intrusione in camera tua. »
« Tranquillo, Olsen. » rispose il ragazzo, evitando accuratamente di guardarmi mentre teneva testa ad Alex sotto l'arco della porta. « Hai la straordinaria capacità di apparire come un fantasma sempre quando meno ce lo aspettiamo. »
Fiutando l'aria minacciosa, scacciai via le coperte e balzai in piedi.
« Ti accompagno di sotto, Alex. »




Dopo aver spiegato ai membri della famiglia che si era trattato di uno spiacevole equivoco, tutto sembrava essere tornato tranquillo. Rolf aveva ripreso colorito dopo quello che per lui si era rivelato un vero shock e Luna aveva smesso di guardarci in modo ossessivamente insinuante, cosa che mi aveva messo in imbarazzo per tutto il pranzo. Scamander, invece, si comportava in maniera strana nei miei confronti, quasi come se fosse in combutta con se stesso. L'avevo sorpreso più volte a fissarmi in maniera furtiva, come se stesse facendo qualcosa di male, per poi sospirare e scuotere il capo come se si trattasse di una guerra persa in partenza.
Appurato il fatto che non era accaduto niente di male tra le mura di casa, fummo a conoscenza della nuova partenza da casa per quella sera stessa di Luna e di suo marito, ancora alla ricerca della famosa creatura fantastica la cui tempesta aveva messo in fuga mandando a monte le loro ricerche. Incamerai la notizia con un'esultanza interna da stadio ed essa giunse alle orecchie di fratelli e cugini in tempi sorprendentemente brevi. Non seppi come ma fu proprio mio fratello James a proporre di organizzare un festino, convincendomi solo parlando di una speciale burrobirra che aveva intercettato da un certo ladruncolo di famiglia. Proposta che Scamander accolse con un neutro: « D'accordo, ma cerchiamo di non far ubriacare tuo cugino. Ad Halloween fu un inferno. ».
Alle otto in punto eravamo seduti sul divano l'uno accanto all'altro ad attendere l'arrivo dei partecipanti al festino, vestiti in maniera piuttosto curata. Mi chiesi se lui avesse superato il trauma di trovarsi i miei due cugini ficcanaso, i suoi genitori e Alex Olsen sulla soglia della porta della sua camera mentre era comodamente disteso e stretto nel letto accanto a me dato che io di certo non l'avevo superato e mai l'avrei fatto se continuavo a ritrovarmi il suo grazioso viso a pochi centimetri al mio.
« Senti, per ieri... » cominciai, bloccandomi un attimo dopo e non sapendo esattamente da dove cominciare.
E da cosa avrei mai potuto cominciare? La situazione era stata chiarissima, limpida come l'acqua.
Lysander era arrossito come da copione e aveva cominciato ad evitare nuovamente il contatto visivo con me. « Non ti preoccupare. » disse in tutta fretta, tenendo la gamba in una strana angolazione per non dover sfiorare la mia. « Abbiamo solo fatto una chiacchierata e ci siamo tenuti compagnia a vicenda. È stato come dormire tra fratelli... no? »
Spalancai gli occhi ringraziando il cielo che non mi stesse guardando: non sapevo lui come dormisse insieme a Lorcan ma io di certo non mi abbrancavo letteralmente a James o Al come se fossero la mia ancora di salvezza. E neanche ci tenevo a farlo, a dirla proprio tutta. Naturalmente, non nutrivo nemmeno pensieri pervertiti sui miei fratelli e non desideravo affatto condividere il letto con loro come lo volevo ardentemente con lui.
« Ma certo, James e io siamo proprio appassionati. » borbottai, con abbondante dose di sarcasmo che lui parve cogliere.
Il trillo del campanello mi trattenne dall'insultarlo. Scattai in piedi, avendo un buon motivo per non incrociare il suo sguardo, e corsi ad aprire la porta, trovando mio fratello James e Alex Olsen di faccia mentre la banda dei cugini parlottava allegramente dietro di loro. Le loro voci e le loro risate sonore si sarebbero potute sentire fino al paesello sotto la collina.
« Poteva mai mancare? » aveva soffiato il biondino, naturalmente, all'indirizzo di Olsen.
Mi morsi un labbro e rifilai un sorriso ad Alex, che fu ricambiato con la solita calma nonostante il padrone di casa avesse messo in chiaro una cosa molto importante: quel ragazzo non era il benvenuto.
« Nervosetti stasera? » fu il saluto spensierato di James, facendosi strada in casa con audacia e piazzando nelle mani del biondino un cassonetto pieno di bibite alcoliche di tutti i tipi. « Con queste ti sentirai meglio, fidati di me che non te ne pentirai. »
« Grazie per l'invito. » fece Alex freddamente, seguendo con cautela mio fratello dentro casa.
Ammutolii, sperando che l'aria altezzosa che aveva assunto Olsen non fosse una reazione al commento spropositato di Scamander che in quel momento non faceva che fissarlo minacciosamente.
« Vi decidete ad entrare o volete che ci trasformiamo in pupazzi di neve? » si udì la voce di Dominique, bellissima nel suo vestitino viola a maniche lunghe. Sembrava altissima rispetto ad Alice Paciock, che con la frangia ordinata e dei codini che le scendevano sul giubbotto a fiori dimostrava tre anni in meno rispetto a quanti ne avesse.
Hugo era scoppiato in una risatina che non prometteva nulla di buono. « Lasciate entrare Dominique, cugini, ha bisogno di calore corporeo. » disse già scatenato, lasciando passare nostra cugina e Alice ed entrando un attimo dopo in casa, strizzandomi malandrinamente l'occhio e dandomi un buffetto amichevole sul viso.
« Calore corporeo, eh? » diede man forte Fred, ridendo come un pazzo.
Louis spinse delicatamente Fred dentro casa, borbottando qualcosa riguardo un certo calore corporeo, e seguì il gruppetto dentro, fermandosi solo per soffiarmi un lievissimo bacio sulla guancia. Dietro Louis, Roxanne diede uno strilletto e corse ad abbracciarmi come se non mi vedesse da anni, cingendomi la vita coi piedi come una piccola scimmia. Molly, ancora più in carne come l'avevo lasciata in estate, si unì subito all'abbraccio e quasi pianse per la contentezza. Tutto questo alternando un gridolino e un morso al suo snack ipercalorico. Chiudeva la fila Frank Paciock, con una busta della spesa tra le mani.
« E quella robaccia da dove salta fuori? » chiese Dominique dal salotto, individuando lo snack di nostra cugina. « Non dicevi di essere a dieta? »
Mia cugina prese ad agitare lo snack con un sorriso enorme sul volto paffuto. « Sì, ho perso cinquecento grammi! » proferì entusiasta, rabbuiandosi quando Roxanne le fece evanescere la merendina un attimo dopo.
« Cosa? » sbottai, con una smorfia addolorata. « Potevi darlo a me! »
Roxanne mi diede una poderosa gomitata che interpretai come un gesto che mi incalzava a dire qualcosa di poco idiota.
« Volevo dire... cinquecento grammi, fantastico! » borbottai, pensando con commiserazione allo snack. « Andiamo in salotto, vi faccio strada. »
Roxanne appariva ancora più muscolosa e atletica rispetto all'estate, i suoi duri allenamenti di Quidditch dovevano averla tonificata ancora di più, e dopo aver tolto la felpa notai che il suo seno sembrava esser cresciuto a dismisura in pochi mesi. Con un agile salto si sedette sul divano accanto a Frank Paciock, che parve apprezzare la vista sul terrazzo di mia cugina. Dominique non perse tempo a commentare quello che era evidente, richiamando l'attenzione dei presenti sulla quarta di seno di Roxanne, e sedendosi accanto a quest'ultima.
Come loro, anche gli altri avevano preso le loro postazioni e sembravano assai attenti.
Mio fratello James era accovacciato a terra e riordinava la refurtiva con un rumorino tintinnante spiegando a Louis che non aveva ritenuto necessario invitare Albus dopo quello che aveva fatto qualche sera prima. Naturalmente, dopo avergliele suonate di santa ragione. Hugo e Fred, seduti sul divano insieme ad una timidissima Alice, commentavano la scollatura di Roxanne mentre Alex Olsen osservava la scena incuriosito e il padrone di casa correva ad aprire la porta dopo una nuova bussata di campanello.
« Dove si trova il motivo per cui ho acconsentito ad organizzare il festino, James? » dichiarai, sedendomi sul bracciolo della poltrona.
« Vuoi davvero farmi credere che hai acconsentito al festino per una burrobirra? » ci tenne a rimbeccarmi James, versandomi della vodka in un bicchiere mentre Frank piazzava sul tavolino dei cibi spazzatura. Mi fece l'occhiolino, alzando un sopracciglio come per ammonirmi. « E vacci piano con questa roba che non posso preoccuparmi nuovamente o rischio l'infarto per come sono stressato. »
« Sì, Lis, attenzione a non cedere troppo nelle spire dei profanatori. » rise Dominique, scolandosi l'intero bicchiere di vodka come se si trattasse di acqua fresca.
L'occhiata malevola che ricevette da parte di Hugo fu qualcosa di spaventoso a livelli estremi e giurai di averlo sentito borbottare qualcosa come bestemmie rivolte alla famiglia Scamander. Il resto della banda, invece, fissava prima Dominique poi me ad intervalli di un secondo. Tutti tranne James, che non aveva rivolto neanche un piccolo e fugace sguardo a mia cugina nonostante gli fosse praticamente di fronte.
L'ingresso di Dean Vance e Jerald McKinnon interruppe le occhiatacce di sfida tra la mia famiglia.
« Chi sono quei tipi? » chiese Roxanne sottovoce, alzandosi con un balzo dal divano per sistemarsi la magliettina bianca scollata. Sembrava una buffa cheerleader, con due codine ricciolute e una minigonna quasi inguinale.
« Rox, sei sempre la solita. » si intromise Dominique, accavallando le gambe. « Hai l'innamoramento facile e sbavi per tutti i ragazzi che incontri. »
« Da che pulpito viene la predica. » l'aveva rimbeccata Roxanne.
« Io almeno non ci sbavo dietro come un cane, sono loro a venire da me. »
Roxanne fece uno sbuffo; in salotto era calato il silenzio. Jerald McKinnon e Dean Vance entrarono in stanza puntando immediatamente i loro occhi sulle gambe di Dominique e sul davanzale di Roxanne e si presentarono a tutti i partecipanti alla serata, salutando vivacemente la comitiva. Suscitarono parecchio scompiglio tra le mie cugine e si beccarono parecchie occhiatacce da parte dei miei cugini.
« Possiamo fumare qui, amico? » chiese Jerald educatamente, e il padrone di casa annuì prendendo posto, per sua sfortuna, alla destra di Alex, lanciandomi un'occhiata mentre si sforzava di tenere il broncio. « Tabacco buonissimo, garantito. Me l'ha dato Matt Ford, quel ragazzo ne sa una più del diavolo. »
« L'amico di Zabini? » chiese Frank Paciock, bevendo un piccolo sorso di birra.
Al solo udire quel nome, Scamander si irrigidì.
« Un bel pezzo di manzo la sorella di Simon, non scherziamo. » si intromise James, con una mezza occhiata furtiva verso il divano.
Dominique fece uno sbuffo, cogliendo al volo la provocazione di mio fratello. « Si stava parlando del fratello. E poi, tu non la conosci mica. » disse, con estrema freddezza.
James non la guardò nemmeno, come se nessuno gli avesse rivolto parola, e in tutta risposta fece l'occhiolino ad Hugo e Fred, che scoppiarono a ridere e cominciarono a chiedergli cosa avesse combinato insieme alla Zabini. Vidi Dominique scolarsi un altro intero bicchiere di vodka, sorridendo ai presenti come se non fosse successo nulla. Dal mio canto, non ci tenevo affatto a discutere delle imprese sessuali di mio fratello: ero troppo concentrata a fissare Scamander che a sua volta non faceva che bere a piccoli sorsi il suo drink e iniziare a lanciare di tanto in tanto l'occhio sul grosso balcone di mia cugina, ridendo alle battute di James.
Immaginai che la mia seconda scarsa fosse altresì di scarso interesse.
Hugo, che stava trotterellando in giro per la stanza col tappo della vodka in bilico sul naso, si protese verso di me sussurrandomi all'orecchio con vocina insinuante e un sorrisetto malefico sulle labbra: « Gelosa? »
« Levati o ti prendo a calci in culo. » soffiai a mia volta, e mio cugino rise di cuore.
« Ho messo della pozione sbronzante nel bicchiere di Fred. »
Individuai Fred ridacchiare da solo nonostante non ci fosse nulla da ridere ma la mia attenzione fu nuovamente catturata dal biondino, anche lui fin troppo felice di trovarsi a quel festino. Stranamente e improvvisamente felice.
« C'è qualcosa che non va. » proclamai, balzando in piedi.
Afferrai mio cugino per i vestiti e, senza che lui avesse tempo di fuggire, lo trascinai con veemenza in cucina sotto gli occhi divertiti e perplessi dei presenti. Hugo cominciò a protestare ma non mi diedi per vinta e lo scaraventai in tutta risposta contro il tavolo, puntandogli contro la bacchetta.
« Sei proprio un coglione. » esclamai, mandando la porta della cucina a chiudersi con un rumore che fece tremare tutte le finestre. Dal salone non si sentì volare una mosca. « Lui non si permetterebbe mai di... » cercai le parole giuste per descrivere quel manipolato tradimento ma non ci riuscii. « di fare quello che stava facendo un attimo fa! » conclusi, imbarazzata.
Hugo fece un'altra risatina. « È una cosa del tutto naturale, cuginetta, non puoi mica paragonare le tue... » si interruppe di botto, recependo il mio sguardo omicida. « D'accordo, hai ragione, l'ho sabotato. Ha bevuto un sorso di burrobirra corretta destinato a Fred prima che se la scolasse tutta. Ma un sorso non fa... »
« Non ci credo. » sbraitai, dandogli una seconda violenta spinta che lo fece cadere a peso morto sul tavolo. « Lo hai fatto davvero ubriacare con la pozione! »
Mio cugino fece il giro del tavolo. « Ubriacare? È solo un sorso, non esageria-ahio! Lo sai che i tuoi calci mi fanno male. »
Afferrai un coltello da cucina dal cassetto e glielo puntai contro, decidendo di passare alle armi babbane.
Hugo strillò con tutto il fiato che avesse in corpo, continuando a fare il giro del tavolo per non essere intercettato. « Sei impazzita! Vuoi davvero infilzarmi con un coltello da cucina? »
Lo inseguii con tutta l'aria di chi avrebbe lanciato quella lama di lì a poco.
« Io non c'entro nulla col suo interesse verso il davanzale di Roxanne! »
« Sei un coglione morto! »
L'ingresso in cucina delle mie tre cugine mi trattenne dall'ammazzare Hugo. Le tre rimasero abbastanza spiazzate quando mi videro con occhi folli e con una lama lunga e affilata tra le mani e si immobilizzarono sull'entrata della cucina. Dominique, almeno, fu abbastanza lesta da chiudere la porta ed evitare quella scena bestiale alle persone in salotto.
« I soliti idioti. » ci apostrofò, facendo un sospiro piuttosto seccato, per nulla toccata dalla situazione minacciosa che si poneva dinanzi ai suoi occhi. Venne avanti, afferrando nostro cugino per la collottola e scaraventandolo verso la porta d'uscita con una forza straordinaria. « Fred ti cercava. Cosa diavolo gli hai messo nel bicchiere? Non risponde delle sue azioni. »
Hugo corse fuori dalla cucina facendomi una linguaccia malandrina. Dal mio canto, gli rifilai un'occhiataccia, borbottando qualcosa a proposito del mio piccolo seno altrettanto interessante.
Roxanne aveva incrociato le braccia al petto, sbuffando come una ragazzina. « Sei proprio una stronza, Dominique. » esordì, imbronciata. « Hai notato che mi piace Jerald e gli accavalli le gambe sotto al naso? »
« Rox, ma ti pare che accavallo le gambe per quel tipo? » rispose immediatamente Dominique, alzando gli occhi al cielo e scuotendo il capo con estrema rassegnazione. « Non credo sia colpa mia se a te piacciono tutti i ragazzi della festa e loro preferiscono guardare me. »
« Tutti? » ci tenne a ripetere Roxanne adirata, mentre stappavo la bottiglia di rum dalle mani di mia cugina e facevo un sorso per dimenticare quello che era accaduto in salotto un attimo prima. Mi compiacqui, ad ogni modo, del fatto che la proprietaria della quarta di seno non fosse più a portata da occhi indiscreti. « Mi piace solo Jerald, per la cronaca. Anche se quel tipo, Olsen, lo trovo davvero carino. Aspetta... ma non mi ricordavo Scamander così bello! »
Dominique non potette fare a meno di scoppiare a ridere, guardandomi spudoratamente con aria maliziosa.
« Non l'avevi mai visto a mezzo metro dai tuoi bolidi, immagino. » le risposi, tra i denti.
Roxanne fece un'alzata di spalle. « Oh, immagino che sia così. »
« Ehi! » intervenne Molly, immusonita. « Ma almeno un ragazzo lo lasciate a me? »




Alle due meno qualche bottiglia...
Ero la più sobria della casa nonostante anche io ci avessi dato dentro, e quello era tutto dire sulla situazione disastrosa in cui ci trovavamo quella notte. L'effetto della pozione non era ancora svanito e Fred era praticamente partito per la tangente più vicina mentre Hugo, niente affatto d'aiuto, si divertiva a vederlo ubriaco fino al midollo e James non faceva che alimentare il riso. Louis e Frank Paciock stavano giocando a scacchi e ogni volta che perdevano una partita si erano promessi di bere almeno un cicchetto di qualunque cosa venisse loro offerta. In ogni caso, tra qualche cadavere e persone che si salvavano giusto per amor proprio, il resto era trapassato.
« Senza offesa, ma tua cugina pesa un quintale. »
« Ha perso cinquecento grammi. »
« Pensa se non li avesse persi... »
Lysander ci tenne a scaricare rudemente Molly a peso morto sul letto di Lorcan e fece un sospiro di sollievo mentre io le sistemavo i capelli e facevo evanescere l'ennesima merendina calorica che teneva stretta tra le mani. Feci per uscire dalla camera ma il biondino mi afferrò per la vita con uno scatto repentino, trascinandomi delicatamente verso il suo petto. Inutile dire che il mio cuore cominciò a battere in maniera imbarazzante.
« Devo essere ubriaco o un cadavere per avere attenzioni da parte tua? » chiese il ragazzo, avrei giurato senza avere neanche la minima idea di cosa stesse dicendo. La gran quantità di alcool nel suo corpo era piuttosto evidente, così come l'effetto della pozione sbronzante. « Anche se ricordo che... qualche giorno fa mi avevi detto che avevo un bel sedere ma mi sa che eri ubriaca. »
Come diavolo faceva a ricordarselo proprio in quel momento?
« Come te adesso, direi. » decretai, facendo una fatica immane ad ammettere che trovai il sorrisetto quasi colpevole che mi rivolse come conferma terribilmente adorabile. « Dovresti stare zitto o finirai per dire cose che pensi. »
« È proprio quello il bello, no? » mi rispose lui, continuando sfacciatamente a sorridermi in maniera così maliziosa che pensai potesse sbattermi contro il muro da un momento all'altro e non rispondere più delle sue azioni.
Avrei voluto lo facesse.
« Anche tu hai un bel sedere, comunque. » esordì Scamander, con un risolino. Continuava a tenermi stretta per la vita, accorciando sempre di più le distanze tra il suo corpo e il mio. « Sia benedetto... il Quidditch. Devo dare un grosso bacio a Baston quando torniamo a scuola. »
Baston non sarebbe stato affatto contento di venire a conoscenza di quel minuscolo particolare.
« Non sai quel che dici. » sussurrai, cercando di controllarmi senza alcun successo.
« Tu pratichi anche arti marziali babbane, vero? » il ragazzo prese ad accarezzarmi i capelli, giocherellandoci e arricciandone una ciocca. Sentii un brivido percorrermi tutta la schiena mentre lui continuava guardarmi con sguardo da cucciolo bastonato. « Ah, e ricordo che avevi parlato di figli. Ti riferivi ai nostri, vero? »
« Assolutamente no. » mentii spudoratamente.
« E quelli di chi, allora? »
« Dominique. » improvvisai, mordendomi un labbro.
L'alito di Scamander profumava di menta e vodka. « Sono molto belli, i tuoi capelli rossi. E anche tu. E mi mancherai molto quando andrai via. » cambiò argomento, in un sussurro. Borbottai qualcosa di indefinito in risposta: era troppo presto per pensare a quanto sarebbe mancato lui a me. « Ti piace camminare scalza per casa, e ti piace cantare a squarciagola quando sei nervosa. Ti ho sentita strimpellare con l'acustica di Lorcan e lasci sempre mutandine e calze in giro per il bagno quando ti fai la doccia. Ah... sei molto disordinata, sai? »
Aveva snocciolato il tutto senza prendere fiato. Lo fissai con una punta di divertimento. « Sì, lo so. »
« Ti va se non facciamo ritorno in salotto? » mi chiese lui, la mano che si posava delicatamente sul mio fianco e l'altra che vagava libera sulla mia schiena. « Non facciamo altro che correre dietro ai tuoi cugini ubriachi... possono cavarsela benissimo da soli, non credi? »
La risposta era che no, non credevo assolutamente che quella banda di scalmanati potesse non mandare sottosopra un'intera casa ma non volevo dirlo al ragazzo, e neanche mi importava che la casa finisse incenerita da un paio di alcolizzati senza futuro. Annuii per acconsentire al suo invito romantico, non vedendo l'ora di rinchiudermi nella camera da letto della mia madrina, ma lo strillo di Fred fece eco al piano di sopra.
« E mollami, mamma! No, Roxanne! Zio Bill, dammi quella burrobirra, hai capito, zio Ron? »
Delle risate scatenate squarciarono l'aria, seguite da una serie di urla belluine che non potevano essere ignorate. Mi divincolai a malincuore dalla presa del biondino e mi precipitai in salotto, dove Fred veniva letteralmente placcato per terra da James.
« Ho una vita sentimentale migliore della tua, James! » continuava a sbraitare Fred, battendo la testa sul pavimento e facendo quasi saltare due denti al cugino.
« Certo, mai messo in dubbio... ahia, figlio di puttana, i morsi no! »
« Vuoi rubarmi la donna! Sei mio nemico! »
Vidi mio fratello puntare velocemente la bacchetta contro Fred e, dopo un lieve tonfo e una luce accecante arancione, mio cugino rimase stordito, immobile per terra ad occhi chiusi. James lo fece lievitare fino al divano e lo mandò a schiantarsi su una busta di patatine.
« Tutto sotto controllo. » annunciò tranquillo, in risposta alle nostre chiare espressioni sconvolte.
Hugo fece una risatina e mi prese per le spalle, allontanandomi dal resto dei cugini che si affaccendarono attorno a Fred per verificarne le condizioni. « Ti serve una mano, cuginetta? » e mi diede una gomitata, sussurrando qualcosa di cui si distingueva fin troppo precisamente il nome: « Scamander. ».
« Hugo, ti giuro che se il festino non finisce con me che ti sbudello cambio scuola e mi trasferisco a Beauxbatons. » minacciai, lanciando uno sguardo al ragazzo in questione, che stava fissandomi con imbarazzo da un angolo della stanza.
Cosa che mi fece pentire di essermi precipitata in salotto per Fred, che stava meglio di me, quando avrei potuto benissimo rintanarmi in camera con lui e rendere le fantasie di Dominique pura realtà.
« Temo che debbano essere sistemate le altre tue cugine lì fuori al giardino. » si intromise Alex, indicando la finestra aperta che dava fuori casa e ignorando di buon grado e con dignità la vicenda che gli si era presentata dinanzi agli occhi.
Mi incamminai con aria truce in giardino mentre i restanti stappavano l'ennesima bottiglia di vodka. Alex mi seguì in maniera piuttosto seria e professionale, come se si trattasse di un'ispezione Auror e non di uno stupido festino, e Scamander con l'aria di chi era costretto a farlo. La situazione in giardino non era delle migliori: Jerald era disteso mollemente su Roxanne e Dominique, apparentemente lucida, era in piedi a fissare il cielo e tirava impercettibilmente su col naso.
« Ci sono incantesimi di protezione qui, vero? » chiese Alex severo, sfoderando la bacchetta come all'erta.
Lysander fece uno sbuffo stizzito, un suono sordo che sembrava una risatina beffarda. « Oh, per favore, Olsen. » intervenne, il tono dolce di pochi minuti prima completamente sparito. Sembrava essersi ripreso al solo udire la voce del ragazzo. « Non sei un Auror e non sei nemmeno del Ministero. »
Alex non lo prese neanche in considerazione, troppo occupato a guardarsi intorno. « Con tutto questo baccano non mi sorprenderebbe vedere un Mangiamorte fuori la porta di casa tua, Scamander, questo ci tengo a dirtelo. »
« Ci sono gli incantesimi di protezione, per chi diavolo mi hai preso? »
« Stiamo bene! » urlarono Roxanne e Jerald dal terreno umido del giardino, quando gli agitai un braccio davanti agli occhi.
« Sì, ad una gamba. » fu il commento divertito di Dominique, ancora impegnata ad osservare il cielo. Non sembrava ubriaca ma del tutto lucida di certo non era a giudicare dal suo sguardo languido. « Conviene portarli dentro e aspettare che l'effetto dell'Algabranchia svanisca. »
« Meglio se rientriamo tutti. » disse Alex, continuando a guardarsi intorno poco convinto.
Scamander sbuffò rumorosamente, caricandosi il suo amico sulle spalle mentre io e Alex afferravamo Roxanne per le gambe.




Alle cinque e zero bottiglie piene...
Feci il mio ingresso in salotto dopo aver fatto vomitare Roxanne in uno dei bagni immacolati di casa Scamander e vidi che la situazione era alquanto migliorata. Jerald sembrava essersi ripreso dall'Algabranchia ma Fred continuava ad essere incredibilmente ubriaco fradicio. Hugo, a petto nudo e con dei pantaloncini che aveva rubato dall'armadio di Lorcan, allungava le labbra verso Dominique per darle un bacio come da penitenza concesso.
Scamander, dal suo canto, appariva decisamente più sobrio di come l'avevo lasciato un'oretta prima. Le occhiate timide e imbarazzate che mi lanciava erano una chiara dimostrazione del fatto che, essendosi ripreso, doveva essersi reso conto di avermi detto cose che non avrebbe mai avuto il fegato di dirmi da sobrio.
La cosa non fu affatto d'aiuto.
« No, allontana quelle labbra da traditore da me! Potrei farti tanto male da impedirti di riprodurti, brutta piattola. » aveva sbottato mia cugina, afferrando uno dei suoi tacchi in modo minaccioso e brandendolo sotto il naso del cugino.
« C'è qualcosa che mi serve qui sotto, Dominique, non ci provare. » rispose Hugo divertito, coprendosi una zona dei pantaloncini con le mani tra le risatine generali.
« Non ci credo neanche se lo vedo. »
« Non lo faccio mica davanti a te! »
« Davanti a me! » lo schernì Dominique, inviperita e ancora profondamente offesa per quella mattina. « Tu non lo fai e basta. »
« Gira di nuovo la bottiglia, James. » interruppe Frank ridacchiando, mentre Hugo tornava al suo posto con aria seccata.
Mi premurai di osservare Paciock aprirsi in uno dei suoi rari sorrisi e vidi Louis guardarlo con un sopracciglio alzato e una smorfia malandrina. Capii in un baleno che mio cugino doveva aver vinto la partita a scacchi contro Frank. Mio fratello fece girare nuovamente la bottiglia vuota di burrobirra con un rapido colpetto di bacchetta, puntando inaspettatamente la piccola Alice Paciock.
« Avanti, cavaliere, non vorrai sottrarti alla penitenza? » esordì James, indicando con la mano la ragazzina che era imbarazzata dalla testa fino ai piedi e non faceva che sbarrare gli occhioni, incredula.
Hugo scosse il capo come se non avesse capito bene.
« Aspetta un momento. » si inserì Frank, allarmato. « In che senso... »
« Quali altri sensi conosci, Paciock? » mi intromisi.
Hugo sbuffò, avvicinandosi controvoglia al visino paffutello di Alice per baciarla. Le loro labbra si sfiorarono appena quando la piccola Alice lo spinse bruscamente da un lato, gettandogli un'occhiataccia velenosa.
« Se non volevi baciarmi potevi dirlo subito invece di sbuffare! » urlò furiosa, alzandosi dal divano con uno scatto e partendo alla volta del giardino.
Dominique, alzandosi a sua volta, la seguì velocemente sibilando parolacce rivolte a nostro cugino sotto gli sguardi sconvolti di tutti i presenti. Hugo era così perplesso che si rivolse a Frank, allibito, e si sedette tra lui e Louis, sussurrando qualcosa ai due così sottovoce che nessuno udì quel che stava dicendo.
« Ah, le donne. Cosa faremmo senza di loro? » fu il commento divertito di mio fratello James, che non fu per nulla scalfito dalla vicenda accaduta.
Come se nulla l'avesse interrotto, fece nuovamente girare la bottiglia di burrobirra. Gettai uno sguardo al biondino, scoprendo che mi stava già fissando e sostenni il suo sguardo per una manciata di secondi prima che lui spostasse il suo verso la bottiglia roteante.
« Olsen. » annunciò Frank con una risatina indecente, quando vide la bottiglia puntare Alex. « Chi dovrai baciare? »
Alex, con la solita espressione neutra sul volto pallido e distaccato, fece spallucce mentre mi attaccavo con piacere alla fiaschetta di rum che Dean Vance mi aveva lanciato. Un urlo a dir poco scandalizzato mi fece andare di traverso la bevanda.
« Io non bacio lui! » esordì Scamander, inalberato. « Non ci pensate neanche! »
Mi coprii la bocca con una mano per non scoppiare a ridere mentre Alex, rendendosi conto di essere chiamato in causa, sorrideva bonariamente; Jerald disse, scompigliando i capelli biondi dell'amico con un gesto affettuoso: « Oh, quante storie! Stai solo giocando, non ti devi mica fidanzare con lui. »
Scamander impallidì vistosamente, evitando accuratamente di guardare Olsen negli occhi, che al suo contrario non aveva battuto ciglio. « E chi diavolo si vuole fidanzare con lui? » cominciò a strepitare, gesticolando in maniera teatrale come un pazzo furioso e scattando in piedi come un soldatino.
Alex lo stava fissando con sguardo di curiosità misto al desiderio di portare a termine la penitenza.
« Ti stai tirando indietro, Scamander? Non sei un uomo di parola. » ridacchiò Hugo impertinente, che sembrava si stesse divertendo da morire.
« Ma nella maniera più assoluta. » fu la rapida risposta della vittima in questione. « Ma non ci pensate neanche! Siete degli ubriaconi. » e corse frettolosamente in cucina, lasciando il caos in salotto.
« Io non penso che lui sia sobrio, comunque. » ci tenne a precisare James, facendo uno sbuffo di risata.
Quando fu il turno di Louis di dare un bacio a fior di labbra ad Alex e nessuno dei due volle tirarsi indietro dal gioco come avevano fatto molti altri, mi decisi a seguire il biondino in cucina e lo sorpresi a bere una birra seduto mollemente su una sedia. Inutile dire che lo trovai incredibilmente bello mentre, come un vichingo alcolizzato, mandava giù la birra a lunghi sorsi rumorosi.
« Passata la crisi? » volli sapere, faticando a reprimere una risatina e chiudendomi la porta alle spalle.
Anche lui fece una risatina nervosa, mettendo in chiaro il suo essere poco sobrio. « Tra tante persone doveva capitarmi proprio lui, non ci posso credere. »
« In effetti... »
« Riesce ad essere sempre dappertutto, sembra una maledizione. Avresti dovuto capitarmi tu, così avrei avuto una scusa da usare per baciarti. »
Trasalii vistosamente e fu una fortuna per me che lui fosse nuovamente mezzo ubriaco. « Hai bisogno di una scusa per farlo? » chiesi, lasciandomi trasportare dal momento e anche dall'alcool che avevo in corpo.
Il ragazzo scosse il capo, alzandosi dalla sedia e lasciando cadere la birra per terra. Arretrai violentemente contro il tavolo mentre lui si avvicinava lentamente a me, sovrastandomi dal suo metro e ottanta. Non ebbi tempo di far niente che la porta si aprì con un colpo secco.
Lysander fece uno sbuffo piuttosto rumoroso e non dovetti neanche affacciarmi oltre il suo busto per scoprire chi fosse l'intruso.
« Sei venuto qui per baciarmi? » esordì quest'ultimo, beffardo e infastidito.
Alex, immobile sulla soglia, non sembrava per niente desideroso di concedersi a tenere effusioni. « Immagino tu sia al corrente del tuo bel faccino ma no, Scamander, non intendo baciarti. » rispose, piuttosto serio, mentre il bel faccino in questione spalancava la bocca come sconvolto. « Mi dispiace interrompervi ma James mi ha mandato a dirti che Fred sembra essersi improvvisamente ripreso e lui e Hugo se le stanno dando di santa ragione in giardino. »
Spalancai gli occhi e mi precipitai in giardino con una velocità sorprendente. La scena che si presentava dinanzi ai miei occhi era forse una delle scene più belle di quella serata: i miei cugini, l'uno sull'altro, si rotolavano nell'erba, mollandosi cazzotti e calci rotanti ad ogni esclamazione. James incitava le due fazioni a darsele ancora di più di santa ragione, tra un rutto e un'ingiuria rivolta verso Salazar Serpeverde o Merlino: anche per lui l'alcool cominciava a farsi sentire.
« Bastardo! Mi hai rifilato quella pozion-ahio, bastardo! »
« L'effetto era finito, sei tu che hai continuato a berci su e ti sei sballato! »
« Grandissimo figlio di... »
Quando uno fece uscire il sangue dal naso all'altro e l'altro dalla bocca, mio fratello James, urlando di aver perso la bacchetta in tutto quel caos e sentendosi responsabile di quella rissa, si decise ad intervenire da persona adulta e coscienziosa che non era affatto. Nel frattempo, i restanti continuavano a godersi lo spettacolo.
« Smettetela, voi due idioti. Mi avete sentito? Ve le suono io quando avrete smesso, parola mia. » stava sbraitando James, con le braccia allargate tra i due mentre barcollava visibilmente. « LILY, PORCA PUTTANA! »
Vidi Fred gettarsi sul cugino urlando: « HUGO WEASLEY, TI AMMAZZO! » e una risata sguaiata fu la risposta che diedi a mio fratello.
« Hai intenzione di aiutarmi? » insistette James, anche lui facendo estrema fatica a restare serio dopo quell'affermazione da beduino di una foresta tropicale.
Io, che mi stavo godendo la scena da spettatrice con Scamander e Olsen che mi alitavano sul collo del tutto confusi sul da farsi e a dir poco scioccati, corsi goffamente tra i due litiganti. Piazzai una rapida gomitata nelle costole di Hugo, calciando i suoi stinchi con violenza in modo da non farlo essere equilibrato al terreno, e gli torsi il braccio dietro alla schiena mentre James sollevava un Fred particolarmente salterino e lo trascinava via.
« Mi fai male! Miseriaccia, mi hai rotto un braccio! »
« Non ti ho rotto un bel niente ma te lo meriteresti. » sbottai, con un gancio rivolto verso lo stomaco di mio cugino, che si divincolava dalla mia presa di ferro.
« Tempismo perfetto, tu. » fu il commento esausto di mio fratello, mentre rientrava in casa con Fred al suo carico.
« Non c'è di che. » ridacchiai, sempre immobilizzando mio cugino a terra e lasciandolo con un'occhiataccia infuriata quando la porta di casa si chiuse dietro James e Fred. « Ti avevo detto che te le avrei date di santa ragione, di certo non preferivo essere trasferita in quella maledetta scuola francese. E sappi che se fosse stato per me staresti ancora prendendo le botte di Fred. »
« Non immaginavo fosse potente anche solo una goccia di quella pozione. »
Guardai il biondino con eloquenza. « Direi proprio di sì, bastardo. » sibilai, stringendo le labbra in maniera spaventosa.
Hugo fece uno sbuffo, alzandosi dall'erba con espressione dolorante. « D'accordo, non lo faccio più. Sistemato tutto? »
« Sparisci prima che ti faccia evanescere le pal... »
Il rumore di una smaterializzazione mi interruppe e si udirono dei passi lenti avanzare sempre più verso casa. Ci guardammo tutti attorno mentre Alex sfoderava la bacchetta e la puntava verso l'ombra che avanzava tranquillamente verso di noi. Poi uno strillo ben poco virile ma decisamente maschile fece eco nell'aria.
Non avevo dubbi: era Lorcan Scamander.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Un burrascoso ritorno. ***


Un burrascoso ritorno.


Quando Lorcan Scamander fece il suo arrivo in casa, inutile dire che rischiò quasi un infarto vero e proprio, non tanto per essersi trovato di fronte la sua abitazione completamente messa in subbuglio manco fosse un bordello ma per le innumerevoli bottiglie di alcool che si espandevano per tutto il perimetro del salotto e del giardino e, soprattutto, per l'impatto con i miei cugini ubriachi marci e la paura che questi ultimi avessero mandato all'aria la biblioteca della famiglia Scamander. Alle sette del mattino, in ogni caso, avevamo finito di sistemare la casa usufruendo clandestinamente della magia e avevamo cacciato a calci nel sedere tutti gli invitati al festino, che si erano smaterializzati tutti insieme mano nella mano come una grande catena umana di ubriaconi. Non prima che James, come da fraterna fierezza comandava, avesse urlato ai quattro venti di aver visto la sua sorellina mettere al tappeto il cugino e dichiarato di essere pronto a dirlo a tutto il mondo in modo che lo si sapesse anche ad Hogwarts.
Con Lorcan tra i piedi che non faceva che rinfacciare al fratello del festino che gli aveva quasi fatto lasciare le penne e intimorirci con minacce soffiate in maniera sognante come: « se mi ritrovo un altro ragno nei capelli dico a nostro padre del festino illegale. », di cui tra l'altro fu inutile tentare di giustificarmi, io e il biondino non avevamo avuto un attimo per stare da soli.
Luna e Rolf Scamander non erano ancora tornati dalla loro avventura, per cui io e i due gemelli facemmo pigramente colazione insieme.
« Quanto puzzate di alcool, per tutti gli unicorni volanti, mi sembra di essere in una cantina. » disse Lorcan spalancando gli occhi, guardandoci con apprensione e scuotendo il capo come rassegnato.
Nessuno si prese la briga di rispondergli e nessuno diede assoluti segni di vita. Io ero totalmente concentrata a guardare il fratello, sentendomi lievemente offesa dal distacco mostratomi da quest'ultimo dopo che lui stesso aveva parlato di baci rubati mettendomi non metaforicamente con le spalle al muro, e lanciandogli occhiate ben poco lusinghiere che non lasciavano spazio all'immaginazione. D'altro canto, Lysander era immerso nel suo caffè mattutino senza nemmeno dare idea di avermi notata.
« Vado a controllare che non abbiate dato fuoco al mio ultimo modellino di Snaso. » concluse Lorcan paranoico, e sparì di sopra con un saltello.
Rimasta sola col ragazzo, gli lanciai l'ennesima occhiata che non fu ricambiata. « Come ti senti? » mi azzardai a chiedere, cercando di attirare l'attenzione su di me.
Lui emise un lamento piuttosto neutro, fissandomi a sottecchi, e rispose: « Da schifo. » senza troppi giri di parole.
A salvare il biondino dal mio milionesimo sguardo desideroso di attenzioni fu il campanello. Corsi alla porta senza dire nulla e senza permettergli di alzarsi, non che lui ne avesse le capacità motorie per farlo in quel momento, aspettandomi di trovare Luna e Rolf e snocciolando nella mia mente scuse ignobili sul motivo per cui l'intera casa emanava un tanfo putrido di alcool e vomito quando sfortunatamente...
« Dominique? » esclamai, troppo spiazzata dall'improvvisa presenza per dire altro.
Mi resi conto che avrei preferito arrampicarmi sugli specchi per trovare una giustificazione da usare per i padroni di casa. Mia cugina mi fece un sorrisetto che non prometteva nulla di buono e fece il suo ingresso in casa, lasciandosi dietro un odore di cannella misto a qualche fragranza esotica, segno che non solo aveva fatto una doccia, a differenza nostra, ma era anche tornata più guerriera che mai sul luogo in cui si era consumato il delitto.
« Ciao, Lis. State ancora pulendo casa? » chiese, entrando in cucina con passo svelto e individuando il biondino abbandonato su una sedia, che cominciò a fissarla come se non credesse ai suoi occhi.
« Dominique? » si inserì, confuso esattamente come me per quell'apparizione e con l'alcool che ancora fluiva nel suo corpo. « Riesci a comparire sempre nei momenti più impensabili, come quell'Olsen. » concluse, e non potetti non dargli pienamente ragione. « Ma che ore sono? »
« L'ora che vai a farti una lunga doccia rigenerante e una lunga dormita, biondino. » rispose senza indugi mia cugina, facendo una smorfia e storcendo lievemente il naso. « Sono venuta qui per sapere come ti sentivi, per darvi cattive notizie e per recuperare nostro cugino. »
« Nostro cugino? » ripetei, stralunata.
Il solito strillo poco umano di Lorcan fece eco dai piani superiori. Un minuto dopo, la porta della cucina si aprì nuovamente e il gemello Scamander in compagnia di niente di meno che mio cugino Hugo in persona varcarono la soglia, il primo in maniera scombussolata e il secondo non avendo la minima idea di dove si trovasse, tra uno sbadiglio e una grattata di sedere.
« Hugo! » strepitai, guardando mia cugina con aria sconvolta. « E tu che ci fai qui? »
Mio cugino non rispose subito, continuando a grattarsi una chiappa. « Qui dove? » fece, guardandosi intorno con espressione assonnata.
« L'ho trovato in soffitta, deve avercelo messo qualcuno. » disse prontamente Lorcan, perspicace. « Credo di proposito. »
« Oh, ma non sono a casa di zio Bill. » si rese conto mio cugino, lo sguardo che si posava sui due gemelli Scamander.
« Direi di no, imbecille. » partì al contrattacco Dominique, a braccia incrociate. Scosse i lunghi capelli ramati, decidendo se ammazzarlo seduta stante o finire la missione che aveva cominciato quando aveva fatto ingresso in casa ma poi si convinse di ignorarlo e si rivolse a me. « Appurato che state tutti bene, volevo dirvi che i vostri genitori sono tornati in anticipo dalla Francia per cui ti conviene fare le valigie che nel primo pomeriggio vengono a recuperarti. »
Immaginai non ci fossero termini offensivi ad oltremisura per descrivere i miei genitori. Mi sentii precipitare. In quei giorni avevo pensato molto al mio ritorno a casa ma mai mi sarei aspettata che questo incombesse su di me in maniera così rapida e violenta, senza preavviso, senza avermi dato un attimo per parlare col ragazzo di cui ero innamorata. Sapere che tra poche ore avrei detto addio a quel bel faccino mi lasciava in subbuglio le budella. Più che cattiva notizia, Dominique era stata portatrice di una sentenza di morte.
Il ragazzo in questione mi stava guardando con intensità quando, con il tatto di un elefante, Hugo esordì: « D'accordo. Allora, cosa c'è per colazione? »




Dopo tutti i numerosi avvenimenti, non mi ero resa affatto conto che era arrivato il Natale e il mio conseguente trasloco verso casa dopo l'arrivo dei miei genitori dalla Francia fu abbastanza traumatico, sebbene inizialmente mi fossi lamentata del problema inverso. I miei genitori interruppero la mia lieta vacanza e mi trascinarono via da casa Scamander senza avere il tempo di fare o dire nulla, come se fossi una pericolosa detenuta di Azkaban, e da lì che la mia ira funesta infiniti addusse lutti a me stessa.
« Allors, come sono state le vostre vacanse a Paris? »
« Oh, sono state piuttosto... »
« Piacevoli, cara, sono state vacanze piacevoli. »
Dal mio canto, avrei voluto sotterrarmi nel cimitero di Godric's Hollow accanto senza più riemergere. I ricordi della notte del festino riaffiorarono come una lenta tortura facendomi rendere conto di quanto fossi stata stupida a non aver parlato prima, ad aver passato una settimana abbondante in casa Scamander e non aver pensato neanche un attimo di chiarire con quel ragazzo. Premetti forte il cuscino sulla testa mentre delle pallide imitazioni di me stessa mi facevano il versetto nella mia mente.
Ero davvero innamorata di quel ragazzo?
Sì, e pure tanto.
E per quale motivo non avevo ritenuto opportuno parlare?
Semplice: ero una riprovevole testa di...
Udii la chiara la vibrazione di un cellulare e riemersi dai miei pensieri. Gettai il cuscino dall'altro lato del letto e mi sporsi sul comodino, affrettandomi a controllare l'sms sperando che non fosse...
Dominique, ore 17.00 - Come ti senti?
Naturalmente, era mia cugina. E, sempre naturalmente, avrei dovuto mentire.
Lis, ore 17.01 - Sto bene, Domi, sono finalmente tornata ai comfort di casa mia. Non vedevo l'ora di dormire nel mio letto, quello di Lorcan era scomodo da morire.
Pigiai il tasto di invio rendendomi conto troppo tardi di aver dato a Dominique un ottimo motivo per punzecchiarmi.
Dominique, ore 17.02 - Certo, sarebbe per questo sciocco motivo che ti sei infilata nel letto del fratello?
Ecco, per l'appunto. Feci per digitare sulla tastiera una serie di insulti poco raffinati ma l'sms di mia cugina coprì nuovamente lo schermo.
Dominique, ore 17.02 - Lis, so a cosa stai pensando. Che i tuoi genitori avrebbero dovuto starsene ancora per qualche giorno in Francia così avreste avuto molto più tempo per rimettere a posto i pensieri, chiarire e dichiararvi. Condivido la tua frustrazione, credi che io sia felice di questa situazione? Credi davvero che a me piaccia tutto questo?
Feci roteare gli occhi: di certo a me non piaceva essere torturata dai miei pensieri e da mia cugina, ma apprezzavo il suo pensiero nei miei confronti. Certo, avrebbe potuto evitare di essere così dannatamente diretta sul punto della situazione ma si trattava sempre di Dominique.
Dominique, ore 17.03 - Vuoi che ti dica la mia ipotesi su cos'è accaduto tra voi durante la festa o me lo dici da sola?
Completamente con le spalle al muro non dovetti far altro che concederle il lusso di ipotizzare.
Dominique, ore 17.04 - Ti dico la mia ipotesi: lui era così ubriaco che non ha fatto altro che vomitarti addosso i suoi sentimenti e tu, ovviamente, non hai ricambiato confessando i tuoi. Ma non ti preoccupare, avrai tutto il tempo per farlo domani al pranzo di Natale! :)
Quasi rischiai di mandare il cellulare per aria. Strabuzzai gli occhi e rilessi più volte la frase prima di scrivere un sms a mia cugina, con mani tremanti e il cuore che mi batteva furiosamente in petto, non sapevo se per la buona notizia o la sentenza di morte di cui, come al solito, si faceva portavoce Dominique.
Lis, ore 17.05 - Al pranzo di Natale, hai detto?
Decisamente, non l'avevo presa bene.
Dominique, ore 17.05 - Sì, i tuoi genitori hanno invitato la famiglia Scamander per Natale, staremo tutti insieme a casa tua, non andremo dai nonni. Ah, non te l'avevano ancora detto? Beh, l'ho fatto io. Buona fortuna per domani! ;)




Il giorno dopo mi sentivo nervosa come se avessi dovuto competere contro i Serpeverde per l'ultima importante partita della stagione di Quidditch dopo un incidente quasi mortale e una settimana ricoverata in Infermeria accanto al Capitano Baston. Immaginai avesse tutto a che fare con un particolare ospite al pranzo di quel giorno, con la convinzione che Dominique avesse assolutamente ragione: quella era la mia ultima occasione per mettere le cose in chiaro prima di tornare ad Hogwarts. Se non mi fossi data una mossa prima del pranzo di Natale non avrei avuto migliori occasioni per farlo e sperare che Cassandra Smith non facesse ritorno al castello o somministrarle una merendina marinara in modo da metterla fuori gioco per tre settimane di fila non mi sembrava il massimo.
La famiglia Scamander fece il suo arrivo prima di tutti gli altri, augurando a tutti un buon Natale e portando qualche pensierino alla mia famiglia. I miei occhi incrociarono immediatamente quelli brillanti e intensi del ragazzo di cui ero cotta, che mi stava già osservando da parecchio tempo sorridendomi come solo lui sapeva fare, e non potetti fare a meno di ringraziare il mio decoro per non essermi buttata ai suoi piedi dichiarandogli il mio amore dinanzi alle nostre famiglie e nel salotto di casa mia.
Lui continuava a sorridermi timidamente quando mi avvicinai.
« Buon Natale. » mi disse, scoccandomi un convenevole bacio sulla guancia che rischiò di mandarmi in fiamme il viso.
« Buon Natale anche a te. Ti va di salire di sopra con me un attimo? » chiesi, senza troppi giri di parole e cogliendo al balzo la situazione caotica in casa mia.
Lui annuì e mi seguì senza fare domande in camera mia. Mi feci da parte e lo invitai con un gesto della mano a prendere posto ma lui non si sedette e diede una rapidissima occhiata alla mia stanza. Ci era entrato un paio di volte da bambino ma ero certa che non se la ricordasse: erano passati tanti anni, e noi eravamo davvero piccoli, sciocchi e immaturi. Il nostro rapporto era sempre stato qualcosa di complesso, di profondo. Un rapporto strano che nessuno mai avrebbe potuto capire. Probabilmente nemmeno noi l'avevamo capito... almeno fino a quel momento.
Trassi un profondo respiro. « Lysander... »
« No, aspetta. » mi interruppe lui, coprendomi le labbra col suo indice e facendomi percorrere da brividi per tutta la schiena. « Prima che tu dica qualunque cosa volevo scusarmi. Non so neanche io per cosa, esattamente, forse per tutto. È complicato, non saprei neanche da dove iniziare. Ho detto tante cose durante quella festa a casa mia e vorrei credessi anche solo alla metà di quello che ti ho blaterato e, cavolo, lo so che sembra stupido ma... »
« Volevo chiederti scusa anch'io per come mi sono comportata. » stavolta interruppi io lui, non riuscendo affatto a trattenermi. Lui, dal suo canto, alternava lo sguardo dal pavimento ai miei occhi ad intervalli regolari, non riuscendo a sostenere il contatto visivo con me. Il mio, invece, era fermo e puntato sul suo bel viso. « È che ce l'avevo a morte con te. »
Mai avrei creduto alle parole che sarebbero uscite dalla mia bocca, mai avrei creduto che il vecchio Scamander sarebbe diventato così importante nella mia vita. Vederlo che pendeva totalmente dalle mie labbra, forse trovando una scusa ottima per non dovermi guardare negli occhi, mi fece battere ancora di più il cuore.
« Per cosa? » mi chiese, la sua voce ridotta ad un sussurro roco.
Trassi un secondo respiro profondo, chiedendomi se Godric Grifondoro dall'alto del cieli mi stesse infondendo la sua forza. « Per tutto. Partendo dalla volta in cui hai rimpianto il tempo passato con me dopo aver dato buca la Smith ad un appuntamento, per continuare con il giorno successivo alla festa di Halloween... »
La sola frase era bastata a far sì che il ragazzo mi guardasse negli occhi, inarcando le sopracciglia. « Di quale appuntamento parli? »
« Era la sera in cui mi hai accompagnato nelle cucine di Hogwarts. » risposi, e il solo ricordo mi fece ribollire qualcosa di spiacevole nello stomaco.
« Ma quello non era... insomma, non era un vero appuntamento con Cassandra. » disse precipitosamente lui, scuotendo il capo con insistenza. « Era la mia prima ronda dell'anno e avrei dovuto farla con lei, ci eravamo dati appuntamento per quello. Ma non era un appuntamento come lo intendi tu! E non mi era dispiaciuto stare con te, per la cronaca. Ero solo rimasto male per esser venuto meno ad un mio impegno... sono un Prefetto. »
Il mio cuore aveva accelerato stupidamente i battiti mentre Dominique, in un remoto angolino del mio cervello, sventolava delle bandierine in segno di vittoria e ballava sopra il corpo moribondo di Cassandra Smith, le cui extension giacevano immobili per terra tagliuzzate e maltrattate. Con un altro profondo respiro, ritrovai l'uso della parola che avevo momentaneamente perso per un minuto intero, il peso della conversazione sulle spalle e i sentimenti contrastanti che facevano a botte.
« Credevo che vi piaceste. » buttai lì, con quel pizzico di gelosia che mi aveva accompagnata per tutta la metà dell'anno scolastico.
Scamander fece una strana smorfia abbastanza sofferente. « Forse prima dell'estate... ma ha sempre fatto tutto lei, non l'ho neanche invitata io ad Hogsmeade. E a dire il vero, volevo invitare te, quel giorno. »
Ancora una volta, rimasi colpita dalle sue parole così limpide. Avevo sempre pensato che fossi l'ultima dei suoi pensieri, che fossi l'ultima ruota del carro. Quindi, i miei erano stati solo sciocchi fraintendimenti a causa dei suoi ambigui gesti e parole che, semplicemente, richiedevano troppa audacia per uscire fuori?
« Quella notte a casa tua dicesti che ti piaceva una ragazza. » sussurrai, sentendo i battiti cardiaci continuare a palpitare in maniera indecente e richiamando quell'occasione piuttosto speciale in cui entrambi avevamo accettato di dormire insieme. Lui aveva alzato lo sguardo su di me, cominciando a tormentarsi i capelli in segno di nervosismo e a mordicchiarsi un labbro. « È la Smith? »
« No. » rispose, senza neanche pensarci due volte.
« Ma alla festa di Lumacorno... »
« Ha fatto tutto lei, come sempre, e io sono stato solo troppo stupido. Mi sentivo così rintontito... non avevo mai baciato una persona nel modo in cui ho baciato te. »
I suoi occhi intensi guizzarono sul mio volto per un attimo, ritornando successivamente al pavimento. La sua mano era salita a tormentarsi il ciuffetto biondo che gli ricadeva ribelle sul volto mentre le sue guance si erano tinte di un delicato rosa confetto. Neanche io osavo guardarlo: mi sentivo una completa idiota e, forse, in una zona razionale del mio cervello non potetti fare a meno che dare ragione cento volte a Dominique. Ero stata solo troppo cieca per accorgermi di tutto, troppo stupida per aver frainteso, cotta a puntino di un ragazzo che probabilmente aveva ricambiato il mio stesso interesse.
« Anche tu quella notte dicesti che ti piaceva un ragazzo. Si tratta di Olsen? »
La sua voce era un sussurro timoroso, come se avesse voluto sapere la risposta ma allo stesso tempo non desiderare conoscerla.
« No. » risposi, in tono deciso.
« Davvero? » una ciocca bionda gli era cascata sulla fronte, lasciando intravedere uno sprazzo di speranza.
« Davvero. » sorrisi, e senza averlo premeditato, senza chiedergli il motivo per cui mi aveva baciata, senza chiedergli il motivo per cui era corso via da me, senza dire una sola parola che avrebbe potuto interrompere quel momento magico, lo abbracciai. Mi sentii sollevare da terra di almeno venti centimetri, stretta al suo caldo e accogliente corpo.
In quel momento volevo ci fosse nient'altro.




Il Natale passato coi cugini quell'anno fu l'evento più stressante in assoluto, non solo a causa delle innumerevoli occhiatine maliziose e piuttosto eloquenti che Dominique mi aveva rivolto per tutto il pranzo ma anche per altro semplice motivo: tutta la famiglia sapeva che avevo passato un'abbondante settimana in casa Scamander, e quello era già una buona motivazione per rendere stressante il pranzo natalizio. Fortunatamente, il giorno della partenza per Hogwarts non fece tardi ad arrivare e fui decisamente contenta di ritornare a scuola sia per ricominciare un nuovo anno sia per evitare gli sguardi a dir poco inquisitori dei miei genitori. Avevo la netta impressione che mio padre mi studiasse a fondo e che dubitasse di me, anche se dalle sue parole non traspariva nulla che mi facesse pensare che sapesse della mia pericolosa gita a Londra o che avevo cominciato ad indagare sui vari attacchi.
Il giorno della partenza, mio padre mi strinse in un abbraccio imbarazzante, salutandomi con una mano fin quando la stazione ferroviaria non divenne una macchia lontana. Mi sentii abbastanza strana pensando a quell'abbraccio ma volli accantonarlo in fretta per non sentirmi in colpa.
Ero così distratta che, prendendo posto in uno scompartimento, mi accorsi solo dopo qualche minuto che mancava Fred.
Hugo fece un sorrisetto malandrino, alzando un sopracciglio. « Sono un uomo di parola. » disse divertito, issando i nostri bauli sulla reticella e stiracchiandosi rumorosamente. « Avevo promesso a Fred che gli avrei combinato un'uscita con Victoria Robins se mi avesse fatto entrare insieme a lui al locale? E così sia. »
Scoppiai a ridere mentre mi strizzavo i capelli completamente bagnati, maledicendo il temporale di quel giorno e mio padre che, nel perder tempo ad abbracciarmi, non aveva affatto considerato la futura polmonite che avrei con tutte le probabilità preso.
« Sei stato di parola. » annuii, lasciandomi sviare dall'argomento.
« Gli ho fatto capire che se non mi avesse fatto entrare sarei uscito personalmente con... »
Mio cugino si interruppe in fretta, come se fosse stato colto da un incantesimo tacitante: Dominique e Alice, seguite dal fratello di quest'ultima, fecero il loro ingresso nello scompartimento e non potetti fare a meno di notare che la piccola Paciock aveva evitato accuratamente di ricambiare il saluto di mio cugino, degnandolo dello stesso sguardo che si rivolge ad uno schiopodo sparacoda.
Dominique mi lanciò la tipica occhiata di chi la sapeva più lunga di tutti quanti noi messi insieme.
« Fred ti sta aspettando nello scomparto accanto. Sembra molto eccitato, io starei attento. » riferì Frank ridacchiando, sprofondando nel sediolino di fronte alla sorella.
​Mio cugino annuì e corse via, lanciando un ultimo sguardo offeso ad Alice prima di sorridermi mestamente e sparire.
Nel spalancare la porta dello scompartimento, alcuni studenti di Tassorosso e Corvonero che si trovarono a passare nel corridoio mi lanciarono un'occhiatina piuttosto perplessa e sussurrarono qualcosa tra di loro, sorridendo e indicandomi. Non ci feci molto caso: ero abbastanza abituata agli sguardi straniti di chi mi circondava.
​​« Come mai hai delle piume tra i capelli? » chiese Dominique, non perdendo tempo a mettere in chiaro il motivo delle risatine generali.
​Mi tastai il capo, trovando sotto mano una decina di piume fulve bianche tra i capelli. « Oh, devono essersi appiccicate a causa dell'acqua. » borbottai, maledicendo nuovamente mio padre e scrollandomi dalla chioma rossa le morbide piume con una smorfia. Intercettando gli sguardi perplessi dei miei cugini, mi affrettai a dire: « Credo sia meglio che vada a darmi una ripulita. »
« Sì, direi proprio di sì, Potter. » si intromise niente di meno che William Baston, col solito distintivo di Caposcuola appuntato perfettamente sul petto mentre si occupava degli studenti allo sbaraglio. Dominique annuì con estremo ardore e Louis le rivolse un sopracciglio interrogativo, del tutto all'oscuro del fatto che la sorella aveva compiuto misfatte col suo stesso e non normale compagno di dormitorio. « Fawcett, non si corre nei corridoi! E tu trovati un posto, Stebbins, non vorrai passare il tempo impalato in corridoio? La stessa cosa vale per te, Potter, faresti meglio a muoverti o Grifondoro potrebbe partire con cinque punti in meno quest'anno. »
« Bentornato anche a te, Capitano. » fu la mia ironica risposta. Feci per andarmene con un risolino, non prima di aver soffiato al malcapitato Baston una piuma sul viso.
Inutile dire che il gesto non fu preso affatto bene e il percorso verso il bagno fu accompagnato dalle urla stonate del Capitano, e altresì dagli sguardi malefici dei Serpeverde che ricambiai senza riserve. Approfittai del caos creato da Baston nei corridoi per adescare il primo occhialuto Tassorosso in modo da rifilargli una bacchetta di liquirizia contraffatta ma non potetti affatto biasimare il ragazzo quando corse via senza guardarsi indietro. Se c'era una cosa che avevano imparato le persone ad Hogwarts era di accettare con estrema cautela o rifiutare a priori il cibo che io e mio cugino tendevamo ad offrire, specialmente i ragazzi, data la fama che avevo nel terrorizzare maschietti facendoli correre via a gambe levate da me. Ragion per cui a scuola avevo avuto solo pochissimi fidanzati, e Dominique sembrava rinfacciarmelo con cattiveria tutte le volte.
« Ci divertiamo a terrorizzare gli studenti, Potter? » fece una voce divertita alle mie spalle.
Riconobbi immediatamente la voce e mi voltai verso di essa con un sorriso da ebete stampato in viso, un sorriso così stupido che non mi sarei affatto sorpresa se gli studenti mi avessero presa in giro per l'intero anno scolastico.
« Naturalmente, Scamander. » replicai, cercando di non far trasparire particolare entusiasmo e incrociando le braccia al petto con una smorfia verso la spilla da Prefetto appuntata sulla sua camicia.
Lysander mi venne incontro con passo spedito e mi sorrise serenamente, dandomi una delicata pacca sulla spalla. « Un giretto al lago prima di tornare a scuola? » si riferì alle piume che ancora avevo appiccicate in testa, continuando a sorridermi.
« Sai benissimo che non so nuotare e che odio l'acqua ghiacciata. » ridacchiai, scacciando via il resto delle piume con un gesto secco. Con un colpo di bacchetta il ragazzo rese asciutti i miei fluenti capelli rossi e mi estrasse dall'estremità di essi l'ennesima piuma biancastra, scuotendo il capo con una risatina. « Grazie. Non farci caso, ne avevo almeno una dozzina. »
« Non ti chiedo neanche cosa ci facessero delle piume tra i tuoi capelli. »
« E fai bene, dal momento in cui non ti saprei rispondere. »
Lysander esplose in una risatina contagiosa, prendendo posto su un sediolino di servizio del treno. « Avevi intenzione di mandare in Infermeria qualche studente per inaugurare l'anno nuovo? » chiese, senza battere ciglio e piuttosto incuriosito dalle mie malefatte.
« Certo che sì. » risposi con tono ovvio mentre mi accomodavo accanto al ragazzo.
Era un posto un tantino scomodo per scambiare due chiacchiere, soprattutto per lo spazio minuscolo attraverso il quale la signora col carrello dei dolci era tenuta a passare, ma abbastanza comodo per depositare i miei dolcetti contraffatti all'interno del carrellino.
Si scoprì un attimo dopo che quasi l'intero treno si stava pericolosamente coprendo di bolle o diventava verde acido come un troll.
Lysander era praticamente diventato sordo e cieco di fronte a quel caos, il che rendeva la sua carica di Prefetto praticamente inutile. Ma al biondino non era mai importato particolarmente di quel ruolo autorevole e preferì ridere insieme a me delle disavventure degli studenti, cosa che William Baston e il resto dei Caposcuola non presero affatto bene.
« Nervosetto. »
« Chi, Baston? Oh, sarebbe strano il contrario. » risposi, non curandomi di tenere bassa la voce mentre il testone di Baston spariva nella carrozza adiacente.
« Sai, penso che il prossimo anno potresti prendere il suo posto come Capitano della squadra. » disse Scamander, tornando di colpo serio e guardandomi con uno strano sguardo determinato.
« Io come Capitano dei Grifondoro? » ripetei, con una mezza risata. Non appena conclusi la frase mi immaginai col distintivo rosso fiammante appuntato sul petto, quello che amavo indossare di nascosto di mio fratello James, anche lui Capitano della squadra di Grifondoro prima di Baston, e la cosa non mi dispiacque affatto. « Non sarei all'altezza del compito. »
Il biondino fece per parlare ma si interruppe piuttosto bruscamente e proferì uno sguardo seccato alle mie spalle. Quasi mi aspettai di veder comparire Alex Olsen con la sua solita espressione neutrale e il sorriso ponderato ma le mie speranze dovettero frantumarsi quando mi ritrovai ad osservare il volto cupo di Cassandra Smith, la spilla da Caposcuola che luccicava sulla divisa ordinata e una schiera di ragazze ridacchianti dietro di lei.
Il suo sguardo era risentito, altezzoso, sprezzante.
« Che ci fate nei corridoi? Non avete il permesso. » furono le sue prime parole, il tono superbo di chi era certo di prevalere mentre batteva un dito sulla spilla. « Coi dolci incantati credevi di farla franca, vero, Potter? Venti punti in meno a Grifondoro! La McGranitt non... »
Lysander era inaspettatamente scattato in piedi in mia difesa, furibondo. « Non puoi abusare del tuo potere in questo modo! Ritira immediatamente i punti. »
Dal mio canto, lo imitai cogliendo la balla al balzo. « Sì, ritira immediatamente i punti o ti lancio una fattura Orcovolante. » minacciai, sfoderando la bacchetta sotto lo sguardo scandalizzato dei presenti in corridoio, che avevano udito le forti esclamazioni.
« Osi minacciare me? » arrossì la Smith, puntando di rimando la sua bacchetta contro di me.
« Mi hai sentita. Ti lancio un'Orcovolante anche se sei il mio dannato Caposcuola, Smith! »
« Oh, se fossi in lei, signorina Smith, non le darei occasioni di farlo! » esordì una voce possente alle nostre spalle.
Lumacorno comparse improvvisamente dietro la Smith e la sua combriccola. La freddezza con cui mi aveva trattata la sera della sua festicciola quando i Serpeverde avevano attaccato me e Alex era svanita, lasciando posto al solito fastidioso entusiasmo.
« Ho visto la signorina Potter lanciare una perfetta fattura Orcovolante, non le conviene provocarla. » disse in tono gioviale, riempiendo lo spazio con il suo ampio ventre e sorridendoci in maniera confidenziale. « Tutta sua madre, vero? Nessuno sapeva lanciarle così bene. »
Tossicchiai mentre individuavo Alex Olsen, incastrato tra Lumacorno insieme ad un manipolo di malcapitati studenti.
Strabuzzai gli occhi, fiutando l'aria pericolosa...
« Allora, Potter, Scamander! » disse ancora Lumacorno, mentre Cassandra Smith girava sui tacchi e correva via insieme alle sue amiche, protestando a gran voce contro di me. « Vi va di seguirmi nel mio scompartimento? Possiamo gustarci il pranzo insieme! Sapete, durante queste vacanze ho conosciuto... »




Dopo aver passato ore nello scompartimento di Lumacorno, ore che sembravano secoli, facemmo finalmente ritorno al castello. Pioveva a dirotto quella sera e per coronare il tutto Pix si divertì oltremodo a lanciare palloncini su studenti già zuppi fino al midollo, tra cui anche sul Capitano Baston, che lanciò allo spiritello una pericolosa fattura che gli aveva oltrepassato il corpo colpendo una delle finestre del primo piano, mandando su tutte le furie Coleman. Che, inoltre, aveva approfittato del caos per sbottare contro di me, ricordarmi che l'indomani avrei avuto una punizione da scontare.
Trascorsi, dunque, il mio primo giorno al castello ripulendo gli spalti del campo di Quidditch come uno spazzacamino dopo aver seguito tutte quante le lezioni di quel lunedì mattina. Il che mi diede un buon motivo per seguire gli allenamenti dei Serpeverde fissati proprio per quel giorno senza che passassi per una pericolosa maniaca.
« Ho sentito che Nott e gli altri lucideranno la sala trofei questa sera. » ci tenne ad informarmi Alex, finendo il suo lavoro senza proferire lamento. « Preferisco di gran lunga pulire gli spalti, almeno abbiamo una buona distrazione guardando loro che volano. »
E da quando in qua Alex era interessato al Quidditch?
« Se la cava bene Scamander. » insistette il ragazzo, puntando gli occhi impenetrabili verso il campo.
Io, che avevo passato l'intera punizione a fissare Scamander mentre si allenava, annuii con l'aria di chi era stata colta con le mani nel sacco. « Sì, ho notato... » borbottai più a me stessa che ad Alex. « Tra pochi giorni giocheranno Serpeverde contro Tassorosso. »
Alex mi stava studiando attentamente quando chiese: « Per quale squadra farai il tifo? »
« Io... simpatizzo per i Tassorosso. » mentii, spudoratamente.
Alex fece un sorriso piuttosto divertito, che si spense in fretta quando un urlo proveniente dal campo fece eco sugli spalti. Mi voltai di scatto e vidi con appena la coda dell'occhio un bolide prendere in pieno Scamander, che iniziò a precipitare nel vuoto mentre il Capitano della squadra e altri Serpeverde correvano in suo soccorso.
Ignorando i rimproveri del custode, spiccai una corsa verso il campo dove il biondino era mollemente disteso sull'erba, pallido e sudaticcio.
« Sta bene? » domandai a nessuno in particolare, accovacciandomi accanto a lui e scostandogli un ciuffetto ribelle dagli occhi.
« L'abbiamo afferrato prima che toccasse terra. » rispose Simon Zabini, tranquillo. « Il bolide non era violento. »
« Non posso perdere il Cercatore più in gamba della scuola a dieci giorni dalla partita! » esordì Harper furibondo, che sembrava sull'orlo della disperazione totale e non faceva che percorrere un tratto del campo a grandi falciate. Era così infervorato dall'accaduto che non si accorse neanche che avevo invaso il campo. « Zabini, dimmi che sta bene. Non voglio fare la fine dei Grifondoro. »
« Pezzo di... » sibilai, ma Simon scosse il capo nella mia direzione.
Alex si fece largo tra la folla, estraendo in fretta la bacchetta e puntandola sul ragazzo a terra. « Innerva! »
« Ti dico che se la cava con un giorno in Infermeria. » insistette Zabini, tentando di calmare il Capitano della sua squadra. E, soprattutto, di allontanarlo dal mio raggio d'azione. « Il bolide non l'ha colpito alla testa. Siamo stati fortunati, Harper, rilassati. »
Scamander aprì lievemente gli occhi, puntandomi come se non esistesse nient'altro attorno a lui.
« Come ti senti? »
Il ragazzo mi fece un accenno di sorriso e io ricambiai, stringendogli una mano. Il suo sguardo seguì l'intreccio delle nostre dita e fu con sforzo enorme che riuscì a sussurrare: « Sembra che io stia bene adesso... »
Parecchie risatine si levarono dalla folla.
« Non sa quello che dice. » ribattei in fretta, quando gli studenti cominciarono a fissarmi con arietta maliziosa. « Sarebbe meglio portarlo in Infermeria o potrebbe non farcela per la partita. »
Inutile dire che Harper non se lo fece ripetere due volte.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Tanto va Cupido al lardo che ci lascia... ***


Tanto va Cupido al lardo che ci lascia...


« Allora, Fred, com'è andata la tua uscita con Victoria Robins? » chiese Dominique piuttosto incuriosita, mentre ci incamminavamo tutti insieme verso il campo di Quidditch per assistere alla partita imminente tra Serpeverde e Tassorosso.
« Spero bene, avevo una certa strizza. » rispose Fred, voltandosi a destra e sinistra per adocchiare la ragazza che saliva sulla tribuna dei Grifondoro con le amiche e a intervalli di due minuti ammiccava nella nostra direzione.
Dominique si protese verso di me e con un sussurro mi disse: « Io ero con Baston. » e fece una risatina che non prometteva nulla di buono mentre dal mio canto impallidivo e maledicevo mia cugina per i suoi gusti fin troppo particolari. « È un tipo fisico, non abbiamo molto di cui parlare, a dire il vero. Ma mi sta benissimo così, non mi piace molto parlare con lui. »
A nessuno piacerebbe parlare per più di un minuto con Baston.
« Ti sembra il caso di continuare a frequetare il Capitano? » borbottai, a denti stretti.
« È lontana la prossima partita dei Grifondoro, Lis, me ne sono accertata prima di... »
« Dobbiamo comunque allenarci. » sbottai, esasperata. I giocatori Serpeverde erano appena scesi in campo e io individuai in fretta il giocatore che più mi premeva individuare, tornato come nuovo dopo una giornata intera in Infermeria.
« Voi due! » intervenne Hugo brioso, che si stava accaparrando con la forza alcuni posti migliori in prima fila e faceva sgombrare un manipolo di timidi primini. « Venite qui, ci hanno appena ceduto dei posti pazzeschi! »
« Ceduto... » ripetei divertita, conscia del fatto che quella non fosse la parola più adeguata per descrivere la razzia.
Dominique ed io scansammo la folla Grifondoro con un sorrisino sulle labbra e prendemmo posto in prima fila.
« Sono stati gentili, devo essere sincero. » esordì mio cugino, facendo una risatina acuta e accomodandosi coi piedi sul balconcino, spiluccando caramelle da un sacchetto ricolmo mentre i primini correvano verso le ultime file. « Spero non vincano i Serpeverde. »
« Vinceranno di certo. » risposi, senza alcun ombra di dubbio e immediatamente gli sguardi dei miei cugini mi furono addosso. Li ignorai con una smorfia e continuai, per nulla imbarazzata o toccata: « Tassorosso non ha speranze. »
« Anche io punto sui Serpeverde. » si intromise Frank, annuendo. « Sono piuttosto bravi e si sono allenati duramente. »
« Competitivo questo Quidditch. » disse una nuova voce alle nostre spalle.
Mi voltai verso il suono e riconobbi Alex, i capelli bianchi inconfondibili svolazzanti al vento e un abbozzo di sorriso sulle labbra. Mi chiesi per quale motivo il ragazzo fosse così interessato alla partita in corso dato che lui ne capiva di Quidditch tanto quanto io ne capito in Aritmanzia ma non me ne preoccupai ulteriormente: i Serpeverde avevano appena segnato la prima rete, come il nostro odiato cronista Smith ci tenne a sottolineare con poco entusiasmo nella voce. Dal mio canto, comunque, non seguivo la partita al cento per cento: Scamander era concentrato a setacciare il cielo con lo sguardo alla ricerca del boccino e averlo a portata d'occhi mi rese una delle più grandi tifose Serpeverde mai viste al campo. Naturalmente, ero diventata il bersaglio preferito di Dominique che non perse affatto tempo per tormentarmi e fare presente nel mio orecchio destro ogni movimento del ragazzo, commentando i suoi glutei sodi in bella mostra sulla scopa e lo straordinario effetto del vento tra i suoi capelli biondi.
Alice Paciock emise un lamento piuttosto scontento quando i Serpeverde segnarono nuovamente. Il battitore di Tassorosso, nostro compagno e amico Cedric Sanders, passando per la tribuna di Grifondoro, le fece l'occhiolino e partì verso la parte opposta del campo per battere un bolide diretto verso gli avversari.
« Conosci Cedric Sanders? » le chiese Hugo scontroso, incenerendo con uno sguardo degno di nota il Tassorosso con cui era sempre andato d'accordo ma che improvvisamente gli era diventato nemico. Mi resi conto che mio cugino non staccava gli occhi dalla piccola Paciock, che quella mattina era davvero carinissima con i capelli sciolti e la frangetta da un lato: sembrava quasi un'altra persona e non potetti fare a meno di notare che Dominique la osservava con una sorta di soddisfazione negli occhi brillanti.
« Non sono affari tuoi. » rispose in un sussurro Alice, arrossendo furiosamente.
Hugo si era imbronciato, voltandosi dalla parte opposta alla ragazza e facendo il tifo per i Serpeverde in maniera imbarazzante.
« Ed ecco che un bolide cerca di disarcionare il Cercatore di Serpeverde! » udimmo commentare Justin Smith, quasi speranzoso di veder il ragazzo colpito da un bolide. « Tiro non andato a segno, Scamander devia il bolide di Sanders e si affretta a correre via! Sembra che abbia visto il boccino, miei cari spettatori! »
Strinsi con forza il bordo del parapetto.
« Ed ecco che i due Cercatori allungano la mano sul Boccino d'Oro! E vince... »




Fu con passo assai svelto che mi fiondai verso i sotterranei diretta nella sala comune dei Serpeverde. Immaginai che la sala fosse in puro giubilo ma non me ne curai minimamente: l'euforia per la partita mi aveva percossa come una scarica elettrica, e non per aver assistito alla partita tra la mia squadra nemica e i Tassorosso, ma per quello che avrei fatto da lì ad un attimo dopo settimane passate ad arrovellarmi...
Adescai il primo ragazzino che mi era capitato sotto tiro e lo seguii all'interno della sala comune fiocamente illuminata e immersa nelle acque. Percorsi la sala festosa, fermandomi successivamente a pochi metri dall'entrata lievemente frastornata dai cori e dalle urla di vittoria dei Serpeverde, e individuai un imbarazzato Scamander al centro di un cerchio formato da tutta la sua squadra e da parecchi ammiratori e ammiratrici.
« LYSANDER! » urlai, superando il frastuono dei cori.
Riscosso e attirato dalla voce familiare, il ragazzo cominciò a guardarsi intorno mentre sventolavo un braccio in maniera vistosa per farmi notare. Mi vide quasi subito e mi corse incontro urlando di rimando un: « LILY! », abbracciandomi e sollevandomi di dieci centimetri da terra. Gli baciai una guancia e lui arrossì.
« E tu che ci fai qui? » chiese, sorpreso e con un larghissimo sorriso sulle labbra. Alzai uno sopracciglio, divertita. « Oh, non fraintendere! Sono felicissimo di vederti, ovviamente, ma non mi aspettavo venissi, sono... »
« Volevo complimentarmi con te. » lo interruppi, spensierata. « Sei stato davvero eccezionale giù al campo. »
Il ragazzo arrossì ancora di più e io non potetti fare a meno di trovarlo incredibilmente tenero.
« Sono contento che ti sia piaciuta la partita, anche se credevo tifassi Tassorosso. »
« Mio fratello Al era il Capitano della squadra dei Serpeverde, mi accuserebbe di alto tradimento se non tenessi per la sua squadra. » mentii in cerca di una valida giustificazione e pensando che se Al non mi avesse ammazzata l'avrebbe fatto di sicuro James se avesse saputo del mio tifo per la squadra del fratello minore. « Volevo approfittarne anche per... beh, chiederti di uscire insieme. » conclusi con mezzo sorriso, decidendo che quello era il momento giusto per farlo e non esitando neanche un secondo.
Lysander fu particolarmente spiazzato dall'invito.
« Uscire... insieme? » ci tenne a ripetere come se non avesse capito bene.
« Vieni ad Hogsmeade con me, Scamander. » dissi con uno sbuffo di risata, dando un colpetto al suo braccio in maniera affettuosa, cosa che aveva provocato in lui l'ennesima reazione nervosa.
Il ragazzo scosse violentemente il capo, inebetito, ma quando proferì parola la sua voce era ferma e sicura. « Non mi lascerei scappare un'uscita con te per niente al mondo, Potter. »
Sentii un rumore di respiro trattenuto per la sala comune e fu solo in quel momento che decisi di battermela in ritirata.
« Ci si vede per il castello, allora, Scamander. » dissi, strizzando l'occhio al biondino e salutandolo con una mano mentre mi allontanavo in fretta e furia dalla sala comune dei Serpeverde.
Mi accasciai sul portone d'entrata della sala pensando ai luminosi occhi del ragazzo e al suo timido sorriso quando, dopo qualche minuto passato a contemplare tutti i possibili scenari della nostra uscita, sentii una vibrazione allo stesso battente e mi affrettai a spostarmi, accelerando il passo verso un corridoio laterale quasi saltellando per la contentezza e non pensando ad altro che alla prossima uscita ad Hogsmeade. Non feci neanche due passi verso le scale che una volta imboccato il corridoio udii delle voci, quelle delle due persone che mai mi sarei aspettata conversassero...
« ... non pensare a quello che stai pensando. » stava dicendo Alex Olsen, con tono basso e ansioso come mai l'avevo sentito prima.
E cosa diavolo ci faceva Olsen nella sala comune dei Serpeverde?
Scamander aveva incrociato le braccia al petto, tenendo testa al ragazzo con fermezza. « E secondo te a cosa dovrei pensare? » aveva ribattuto piuttosto ferocemente, non lasciandosi affatto intimorire dalla situazione. Non che potesse, a dire il vero: in quel momento, Alex sembrava un cucciolo bastonato e si guardava intorno con circospezione.
« Non voglio crearti più problemi, Scamander, per questo sono qui. »
« Sì, ne hai creati già abbastanza da quando sei in questa scuola. »
« Non era mia intenzione, io... »
« Inutile nasconderlo, Olsen. »
« Sì, direi di sì. Sono d'accordo. »
« Tanto l'ho capito da subito che... »
« ... sono cotto della persona sbagliata. » concluse frettolosamente Alex, con un filo di voce.
Mi appiattii lungo la parete con la bocca spalancata, le orecchie tese e il cuore che batteva all'impazzata. Più surreale di vedere i due ragazzi conversare tra loro in quel modo, era solo il loro argomento di conversazione.
« Me l'aspettavo, sinceramente. E comunque, noi due usciamo insieme. Non ha invitato te, Olsen, sei arrivato tardi. »
Strabuzzai gli occhi, sconvolta: stavano parlando di me.
« Non sono cotto di lei, Scamander. »
« Ma se l'hai appena... »
« Sono cotto di te. »
Dovetti premere entrambe le mani sulla bocca per non urlare o invocare Merlino o fare qualsiasi cosa che potesse compromettere la mia posizione e la mia decenza, oltre che il mio decoro. Non riuscivo a pensare, a muovermi, nemmeno a respirare: avevo il cervello totalmente in blackout. Non riuscivo neanche a concepire il fatto che Alex fosse interessato, anche solo minimamente, al ragazzo a cui io ero interessata da secoli. Da quanto tempo andava avanti quella cotta, esattamente? Sensazioni contrapposte si facevano largo nel mio animo, perfino quella più assurda. Per un istante lo odiai con tutta me stessa per non avermi rivelato quei minuscoli dettagli riguardanti la sua cotta ma, d'altro canto, Alex non sarebbe mai potuto venire da me e dirmi: « senti, mi faccio fantasie erotiche sullo stesso ragazzo su cui tu, molto probabilmente, fai fantasie erotiche. Ha un bellissimo sedere, vero? ».
Era completamente fuori discussione.
« No, Olsen. » fu la prima cosa che disse il biondino dopo un minuto abbondante di silenzio. « Tu sei cotto di... le sbavi dietro da quando... tu non... »
Immaginai che Alex stesse sorridendo a giudicare dallo sbuffo che fuoriuscì dalla sua bocca. « Questo lo pensi tu, naturalmente. Tu hai sempre frainteso. Solo da qualche settimana mi sono realmente accorto che voi due... » lasciò la frase in sospeso. « Anche se inizialmente ero piuttosto convinto foste amici, o forse l'ho sperato. Ho preferito dirtelo per evitare che nascessero malintesi tra voi. »
« Ma tu... tu eri... tu e lei... »
« È carinissima, d'accordo, ma... sono completamente gay, Scamander, e cotto di te. »




Il fatto che una delle ragazze più famose della scuola avesse invitato Scamander, rivelatosi essere uno dei nuovi ragazzi più popolari del castello, nel bel mezzo della celebrazione per la vittoria di Serpeverde e che il giorno della gita ad Hogsmeade cadesse proprio il giorno di San Valentino parve interessare a molte persone. Specialmente a Dominique, che non sprecava mai un'occasione per ridacchiare al mio indirizzo e darmi consigli assurdi anche nei momenti meno opportuni della giornata.
« Non provare a tirarti indietro se tenta di baciarti o ti denuncio dinanzi all'intero Wizengamot! Sai che ti dico? Forse Louis potrebbe prestarti il suo dopobarba. Santo cielo, cosa mi fai dire? Chanel, hai un disperato bisogno di Chanel. Forse la fragranza potrebbe dissuaderti dal comportarti da vero barbaro con lui. Ah, vuoi che ti presti la mia minigonna di pelle? ».
Un'altra persona completamente impazzita quasi quanto mia cugina era Hugo, le cui sciocchezze fuoriuscite dalla sua profana bocca divennero di dominio pubblico fin quando non gli lanciai contro una fattura Orcovolante che lo stese per una buona ora facendogli passare la voglia di tormentarmi. Dopo quell'episodio, fu particolarmente protettivo nei miei confronti. Come quel giorno in cui mi avvertì del fatto che non solo ad Hogwarts era iniziato il commercio dei prodotti illegali in onore di San Valentino, e che le ragazze si fecero promotrici di questo commercio malsano, ma che la cosa sembrava comprendere in particolar modo me.
« Stai attenta a quello che fai. » disse in un sussurro, stravaccato sul divano della sala comune dei Grifondoro con lo sguardo attento diretto verso qualunque studente di sesso maschile presente. Inutile dire che i ragazzi tenevano ad evitare come la peste la sua terribile espressione ostile. « Sei piuttosto ambita. Se solo non intimorissi così tanto i maschi... ma apprezzo la cosa, devo ammetterlo. »
« Ma di che miseriaccia stai parlando? » sbottai, calciando la sua coscia in maniera per nulla delicata per attirare l'attenzione.
« Arrivo or ora dal bagno e ce n'erano una decina, di maschietti, che contrattavano con me per dei filtri d'amore. Da fare avere a te, dannazione, ma ti rendi conto che se non avessi udito il tuo nome avrei dato a quelle persone una buona occasione per stregarti? »
I pochi giorni prima di San Valentino passarono in fretta, tra corse sfrenate nei corridoi, lettere d'amore cantate in ogni angolo del castello e piantine di vischio che spuntavano fuori quando meno te l'aspettavi e, come da mio cugino predetto, non ricevetti neanche un filtro d'amore, cosa che avrei comunque evitato che accadesse anche se mi avessero lanciato contro un incantesimo Imperio.
Il fatidico giorno mi svegliai di soprassalto con l'aria di chi avrebbe avuto a che fare quella giornata con qualcosa di particolarmente disgustoso come l'amore.
Ero emozionata dall'uscita imminente con Scamander, nonostante il pensiero di Olsen che si dichiarava a lui nei sotterranei continuava a tornarmi in mente come se mi avessero impresso quel ricordo con un incantesimo di adesione permanente. Non provai neanche a dirlo ai miei cugini, tanto meno ad Alex, verso cui ostentavo un cordiale distacco provocato dal fatto di non sapere esattamente come comportarmi.
Fu con particolare attenzione che mi preparai quella mattina, infilando un paio di pantaloni in pelle e una giacca piuttosto sbarazzina, lasciando i capelli rossi sciolti e lisci. Scesi in sala comune con uno strano sorrisetto ebete stampato sulle labbra, non prima che Katie Thomas mi lanciasse una scatola di cioccolatini che aveva trovato avviluppati tra le mie lenzuola e su cui era quasi inciampata e mi dicesse con estrema serietà: « Fai attenzione quando esci, Potter. Si dice che per la scuola voli una sorta di piccolo Cupido che scocca cuori magici sopra le teste delle persone e le immobilizza così da costringerle a baciarsi. »
Non credendo ad una sola parola della ragazza, mi affrettai a scendere di sotto.
​« Hugo, ma cosa... »
« Merlino in calzamaglia! » aveva sbraitato mio cugino, calciando una sedia lì vicino e catapultandola nel fuoco con così forza che la Caposcuola, molto scossa anche lei, dovette spruzzare dell'acqua dalla bacchetta per non farla carbonizzare.
Notai che nella sala c'era un chiacchiericcio generale, le ragazzine sembravano assai eccitate e Baston più infiammato del solito. Dal suo canto, mio cugino esibiva un naso insanguinato che non smetteva di gocciolare e il suo occhio tendeva ad un colore che più che definirlo naturale pareva un violaceo.
« Come se non bastasse, ho anche un dannato occhio nero! Devo ammazzare quel Cupido, parola mia, fosse l'ultima cosa che faccio! »
Spalancai gli occhi, sconvolta da quel che avevo appena udito. « Cupido? »
« Sì, qualche pezzo di sterco di Asticello di cui non conosco il nome ha incantato un dannato puttino brutto come il colera che va in giro a lanciare incantesimi immobilizzanti e a scoccare cuoricini sulle teste delle persone! »
« Hanno incantato un... »
Hugo si era premurato di fendere l'aria con un secondo calcio rotante. « Puttino! »
Non potetti fare a meno di scoppiare a ridere dinanzi allo sguardo completamente stravolto di mio cugino, il suo naso insanguinato e il brillante occhio nero.
« Ho dovuto baciare Madison Stuart! » il suo sembrava più un ululato disperato che un'esclamazione. Madison Stuart era la ragazza obesa con sembianze di un troll appartenente alla casa di Tassorosso e come pestava lei non pestava nessuno in quella scuola. « Mi ha mollato due ganci diretti! Come se la colpa fosse mia, come se non avessi avuto niente di meglio da fare che baciare proprio lei! »
« Hai baciato davvero la Stuart? » esalai, le risate che arrivavano a livelli indecenti mentre mi accasciavo a terra senza riuscire a prendere aria. In quel momento, non avrei smesso di ridere neanche se mi avessero lanciato contro un incantesimo di depressione immediata. « Non ci posso credere! Hai davvero... »
« Sì, brutta idiota, non farmelo ripetere. » disse tra i denti mio cugino, chiudendomi la bocca.
Inutile dire che Fred, subentrato qualche minuto dopo insieme a Louis e Frank, si unì alle mie risate sguaiate.
« Sapete, credo sia stato Coleman ad incantare il puttino. » fece un'ipotesi Frank, terrorizzato al sol pensiero. « È abbastanza psicopatico da fare una cosa del... »
La teoria di Frank venne interrotta da uno strillo di mio cugino, balzato improvvisamente sulle mie gambe per scavalcare il divano e nascondersi sotto un tavolo della sala comune. Il caos fu alimentato dall'entrata in scena del famoso Cupido che, librandosi nell'aria con grazia, fece una piroetta all'interno della sala e tese il suo arco di cuori. Era davvero buffo col suo perizoma rosso e munito di arco e frecce con la punta a forma di cuore. La folla di Grifondoro si era accalcata alla porta d'uscita come a battersela in ritirata e Baston cominciò a dirigere il traffico di studenti senza paura che il puttino potesse fargli perdere la dignità.
Hugo gli aveva puntato contro la bacchetta, sempre nascondendosi tra i piedi del tavolino di legno. « Piccolo bastardo, non mi avrai! »
« È la fine se ti punta, lo sai, vero? » si intromise un minuscolo Grifondoro, correndo a perdifiato verso l'uscita e infilandosi sotto le gambe delle studentesse per saltare la fila.
« Certo che lo sa, ha baciato Madison Stuart! » ci tenne a sottolineare Fred, urlando e ridendo per tutta la sala mentre il piccolo e grassoccio Cupido spiccava il volo sopra le nostre teste.
« Il giorno dell'amooooooore! » esordì con vocina stridula.
I Grifondoro non erano mai stati meno audaci come quel giorno. Non feci in tempo a voltarmi alla mia destra per seminare il pericolo che il Cupido aveva scoccato sopra le nostre teste un cuoricino rosa che diffuse nell'aria una sorta di luce rossastra scintillante. Contenta del fatto che potessi muovermi, diedi un'occhiata al resto dei miei cugini e individuai Fred e niente meno che Frank Paciock che si fissavano con orrore ricoperti da una polverina cremisi luminosa. Erano entrambi bloccati dalla potenza dell'incantesimo del Cupido e non riuscivano a fare un passo, si guardavano solo con raccapriccio desiderando ardentemente che la morte li chiamasse a raccolta.
Hugo colse la palla al balzo per saltare fuori dal suo nascondiglio e unirsi alle mie risatine incontrollate.
« Santo cielo, e siete davanti all'entrata! » aveva sbottato Baston, seccato.
« Immagino che dobbiate baciarvi. » mi intromisi, senza riuscire a trattenermi.
« Tu, figlia di buona donna! » fu la rapida risposta di Fred. Avrei giurato che se non fosse stato immobilizzato mi avrebbe saltato addosso e picchiata, a giudicare dall'espressione con cui mi stava guardando.
« Oh, sì, qui ci vuole un bel bacio! » disse il puttino con un urletto stridulo, facendo una capriola e sorridendo ai due ragazzi, che avevano cominciato a sibilare imprecazioni anche in aramaico antico, senza considerare gli insulti che ricevetti da Fred. Io e il resto dei miei cugini eravamo completamente impazziti dalla situazione che si presentava dinanzi agli occhi. « Un bacio, non un bacino, mi raccomando! »
« Vacci piano, putto infame che non sei altro. » partì al contrattacco Fred disperato, mentre tentava di muoversi con tutta la sua forza con scarsi risultati. « Frank, non osare prendere iniziative o una volta liberati ti affatturo i gioielli di famiglia! »
« Non ci tengo affatto, Fred. E lascia stare i miei gioielli. »
« No, io non lascio stare proprio niente! »
« Credi davvero che io abbia così tanta voglia di baciarti? » esordì Frank con voce acuta, sull'orlo di una crisi di nervi.
« Oh, al diavolo! Ascoltami, tu, putto! Hai presente quella ragazza col caschetto castano e grossi occhi nocciola scintillanti? Sì, ecco, quella. Dovevo baciare lei, non questo mentecatto! »
La voce di Frank era diventata, se possibile, un soffio roco: « Non ti muovere così tanto, Fred. » disse, evitando il contatto con l'amico.
« Sentite, datevi una mossa che ho urgente bisogno di uscire da qui. » cominciò a protestare il Capitano, con la solita vena che pulsava nella tempia e le braccia conserte, palesemente spazientito. « Io, a differenza vostra, ho moltissime cose da fare, sono un uomo piuttosto impegnato e sono anche Caposcuola, e immagino che il trauma di avervi in stanza con me dopo il bacio potrebbe essere troppo forte ma manca poco agli esami finali quindi potrei anche accettare la vostra relazione. »
Fred sembrava a dir poco sconvolto e Frank in preda ad un attacco di panico.
« Il Capitano ha ragione. » mi intromisi, il tono soddisfatto di chi avrebbe partecipato ad una rissa di lì a poco. « Siete davanti all'entrata, vi tocca. »
« E da quando in qua dai ragione al Capitano? »
Fred non aveva proprio tutti i torti, in effetti.
« Da quando il Capitano alimenta le castronerie che accadono nella sua vita, immagino. » rispose limpidamente Baston, senza battere ciglio.
Hugo ci tenne a confermare il tutto con una risata che non ammetteva risposta alcuna.
« Hanno ragione, siamo davanti all'entrata. » disse Frank, sconfitto.
Fred parve allarmarsi. « E cosa hai intenzione di fare? » rispose con uno strillo così sovraumano che Lorcan Scamander confrontato a lui avrebbe potuto anche essere espulso dai cori lirici.
Frank fece un lungo respiro per calmarsi e si rivolse al Cupido: « Va bene anche un lungo bacio a stampo, vero? » gemette a terra, mentre Fred spalancava la bocca e cominciava ad imprecare contro ogni creatura vivente sulla faccia della terra. « Qualcuno qui non vuole proprio collaborare. »
Il Cupido annuì accondiscendente, canticchiando una canzone e facendo altre capriole sopra le teste dei due ragazzi. Al che Frank, esasperato da tanti occhi puntati su di loro e dalla pazzia innaturale dell'amico, aveva piazzato un soffocante bacio a stampo a Fred, che rimase del tutto paralizzato fin quando il Cupido non li sciolse entrambi dall'incantesimo e tutti quanti ebbero applaudito al bacio.
« Era ora. » fu il commento soddisfatto di Baston, che stava osservando con un labbro alzato i due ragazzi che avevano appena finito di baciarsi mentre la folla si dissipava e commentava l'accaduto, ridendo apertamente. « E se a quel mostro viene la brillante idea di avvicinarsi a me penso di dire addio ad Hogwarts per passare il resto dei miei giorni ad Azkaban dopo aver assalito un puttino magico. »
Una primina smise di guardare con occhi adulanti il Capitano, schizzando via dalla sala insieme alle sue amiche con aria spaventata.
« Potevi darmi modo di fare il primo passo, sai, per il decoro d'uomo. » disse Fred cercando di darsi un tono, collassato su una sedia lì accanto all'entrata mentre ignorava le pacche sulle spalle dei Grifondoro.
« E come, tra uno strillo e un lamento? » rispose Frank, la voce stranamente calma e controllata, elaborando il trauma.
Hugo fece l'ennesima risatina che non prometteva nulla di buono. « Mi sa che da questo momento in poi il decoro d'uomo ti ha abbandonato per sempre, Fred. »
« Tu non... non venirmi a parlare di decoro d'uomo proprio tu che hai baciato Madison Stuart! »
« Non l'ho fatto per piacere personale! »
« E secondo te io ho baciato Frank per piacere personale? »
« Cosa ci sarebbe di male? » si inserì Louis, tranquillo.
« Frank! Ecco cosa ci sarebbe di male. »
Ridacchiando rumorosamente, mi fiondai fuori la Torre di Grifondoro lasciando i miei cugini a battibeccare tra loro. Quella giornata era iniziata col piede giusto e sarebbe finita allo stesso modo, sempre sperando e supplicando il grande Merlino in collant che al Cupido non venissero pessime idee.
Quando fui lontana dalla Torre, mi accorsi di avere la scatola di cioccolatini nella tasca del cappotto, quelli che Katie mi aveva lanciato, e decisi di non volere affatto tornare indietro in dormitorio, soprattutto se in giro c'era quello strano Cupido che immobilizzava le persone e le costringeva a baciarsi. Sarebbe stato un orrore se fossi capitata con Baston o con qualche mio cugino. Con un sorrisetto divertito, scartai la scatola a forma di cuore e divisi un cioccolatino senza mangiarlo, temendo un filtro d'amore.
« Specialis revelio! » dissi, puntando la bacchetta verso di esso.
Non successe nulla, sembrava davvero un normale cioccolatino da parte di un ammiratore. Addentai un piccolo pezzo e mi resi conto che il sapore non era dei migliori. Guardai il liquido che fuoriusciva copioso come una cascata, di un colore rosso rubino spaventoso e sentii in bocca un sapore ferroso e strano ma piuttosto familiare. Con mio sommo raccapriccio, mi accorsi che era sangue...




« Due cioccolate calde, entrambe con zucchero e panna, grazie. »
Lysander mi sorrise con affetto, pagando a Madama Rosmerta le due cioccolate calde e, per evitare che io protestassi indecentemente richiamando l'attenzione dell'intero pub, tappandomi una bocca con una mano mentre con l'altra reggeva la sua tazza. Mi fece accomodare all'unico tavolo libero del locale e si sedette di fronte a me. Fissai il cioccolato con una strana espressione diffidente prima di berne un sorso. Osservai il ragazzo imitarmi, con occhi contratti e sporcandosi le labbra con la panna, e allungai un indice verso di esse, sorridendo.
« Hai un... pochino di panna. »
Tolsi delicatamente la panna dalle sue labbra e mi stupii di sentirle così morbide e calde anche con temperature così fredde.
« Grazie. » disse lui, imbarazzato. « Hai sentito del Cupido che sta girando per il castello? Ho visto coi miei occhi Simon Zabini e Matt Ford baciarsi sulle scale del dormitorio, anche se dubito Matt abbia capito cosa stesse facendo a giudicare dal puzzo che emanava la sua sigaretta. »
« Ti assicuro che Fred e Frank Paciock non sono stati un bello spettacolo. » ridacchiai, facendo un altro sorso di cioccolato e sporcandomi anch'io di panna.
Il ragazzo rise, ricambiando il favore che gli avevo fatto un attimo prima. « Davvero? » chiese, indugiando sulle mie labbra con il pollice e facendo un colpetto di tosse quando sentì una ragazza ridacchiare al nostro indirizzo.
Mi riscossi dal contatto delicato e annuii, mentre il biondino allontanava di scatto la mano. « Senza contare mio cugino e Madison Stuart. »
« Hugo ha baciato la Stuart? »
Passammo la mattinata ai tre manici di scopa, ridendo e facendo ipotesi su chi avesse incantato il puttino per terrorizzare studenti il giorno di San Valentino e se fosse stata davvero opera di Coleman per vendicarsi dei tanti torti ricevuti in tutti quegli anni. Mi sentivo stranamente serena ma il fatto che fosse proprio il quattordici di febbraio mi fece rendere spiacevolmente conto di quante coppie sdolcinate ci fossero ad Hogwarts e quante, a giudicare dal modo in cui guardavano me e Scamander, fossero pronte a fare pettegolezzi su quello a cui stavano assistendo quel giorno. Fu quando una coppia di Corvonero cominciò a sussurrare rumorosamente tra loro, indicandoci con un dito e levandosi al di sopra del tavolo per guardarci meglio che decidemmo di uscire dal locale.
« ... e per come abbiamo annientato i Tassorosso possiamo benissimo annientare anche voi tra tre settimane. »
« Grifondoro non si lascia annientare da voi Serpeverde. »
Il ragazzo ridacchiò, scuotendo il capo come rassegnato e guardandomi con occhi ammalianti. « Saremo nemici per una giornata. » il suo sguardo era immobile, fisso su un punto impreciso del mio viso.
« Non vedo l'ora di vederti ridotto in lacrime, Scamander. »
« Attenta a come parli, Potter, potrei sorprenderti. » disse lui, fermandosi di colpo e facendomi accomodare su una panchina innevata. Cominciò ad evitare il contatto visivo con me, cercando qualcosa nelle tasche e facendomi un sorrisetto: aveva tirato fuori un cioccolatino. « Tieni. »
Rimasi a fissare il cioccolatino con diffidenza, esitando prima di prenderlo.
Scamander non parve particolarmente soddisfatto dalla mia reazione. « C'è qualcosa che non va? »
Annuii senza riuscire a trattenermi e mi affrettai a rivelargli quel che era accaduto poche ore prima, fidandomi ciecamente di lui. A fine racconto, il biondino sembrava piuttosto teso e turbato e mi fissava con insistenza, come se fossi in pericolo, preoccupato per me.
« Ti hanno davvero regalato una scatola di cioccolatini con dentro del sangue? » fece, spazzolando delicatamente della neve tra i miei capelli.
« Sì. » borbottai, sentendo che avevo fatto bene a confidarmi con lui e rendendomi conto che l'episodio, se condiviso, risultava molto meno pesante di quando ero la sola a conoscerlo. « Ero convinta che fosse ripieno di un filtro d'amore così ho usato un incantesimo per rilevare manomissioni. Era un incantesimo elementare ma non ha funzionato. Non era un filtro d'amore, sembrava... »
Magia oscura, conclusi nella mia testa.
« Nessun ammiratore avrebbe potuto fare una cosa così inquietante. » disse il biondino, con estrema convinzione. « Ma giuro che se si tratta davvero di un ammiratore fuori di testa... »
« Neanche io credo che sia un ammiratore. » lo interruppi, sperando riuscisse a capirmi senza che io mi sbilanciassi troppo.
Lui annuì, preoccupato. « Non ti dispiace se ti tengo più lontana possibile dalla scuola, vero? Evito che ti rifilino filtri d'amore mentre sei distratta e che inizi a correre per tutta la scuola in cerca del tuo innamorato. » disse, sdrammatizzando.
« Non ho bisogno di cercare nessuno in questo momento. » affermai, con sguardo ardente.
Lui sorrise, di quel mezzo sorriso sghembo che lo caratterizzava, con la testa lievemente inclinata e le guance arrossate. Se Dominique fosse stata presente mi avrebbe senza alcun dubbio ordinato di avvicinarmi a lui inclinando la testa dal lato opposto ma, fortunatamente, riuscivo a cavarmela anche senza mia cugina. Allungai la mano per accarezzare la guancia paonazza del ragazzo e lui si fece avanti sfiorandomi il collo, accarezzandomi i capelli mentre con l'altra mano intrappolava la mia nella sua.
Scacciai la Dominique mentale che la mia fantasia aveva prodotto e mi feci sempre più vicina...




Fu con arietta ebete che mi separai da Scamander per dirigermi nel mio dormitorio, quella sera. Avevamo passato momenti davvero intensi insieme ad Hogsmeade prendendo in giro i passanti in modo allegro e parlando ininterrottamente. Scambiandoci di tanto in tanto effusioni, si intende. Alla fine del tutto, non sapevo cosa fossimo io e il ragazzo esattamente ma non mi importava. Eravamo solo noi e quello mi bastava.
La mia unica preoccupazione una volta varcate le porte di Hogwarts fu il Cupido, che ancora si librava libero per la scuola. Cassandra Smith sarebbe stata capace di seguire Scamander fin quando il Cupido non l'avesse immobilizzata insieme a lui. E, a pensarci bene, anche tante altre studentesse ne avrebbero approfittato abbondantemente.
Il solo pensiero mi fece contorcere lo stomaco.
« Lilian. »
Mi fermai di botto al centro del corridoio del settimo piano e mi voltai, pietrificata: Alex Olsen veniva verso di me con passo felpato e mi sorrideva piuttosto tranquillamente.
« Alex. » salutai, con vocina acuta e un'espressione cupa.
Lui aveva increspato la fronte, una volta che mi fu di fronte. « Com'è andata la tua uscita con Scamander? »
« Siamo stati bene. » mi limitai a dire, continuando a camminare con passo svelto ed evitando i suoi occhi penetranti. Alex non fece altre domande, sembrava alquanto indifferente ma non potetti non pensare che remotamente potesse essere geloso.
Per mia fortuna, o almeno quella che qualche secondo prima credevo fosse fortuna, delle risatine generali esplosero nei corridoi prima che il ragazzo potesse indagare ulteriormente e intercettai un manipolo di studenti e studentesse che correvano verso la torre di Grifondoro inseguiti dal Cupido.
Quando essi ci sorpassarono a velocità sorprendente, notai con la coda dell'occhio un cuore che svolazzava sopra la mia testa e quella di Alex e l'orrore fu chiaro a tutti i presenti e perfino al ragazzo stesso prima ancora che potessimo renderci conto della polverina brillantinata e del fatto che eravamo praticamente immobilizzati dall'incantesimo.
« Merlino porco! E adesso? » sbottai, tentando con forza di muovermi nonostante sapessi di non avere scampo. Alex mi osservava con uno strano sguardo, lo stesso che io stavo riservando a lui: era ovvio che non si aspettava affatto di essere intrappolato da un puttino magico qualche minuto successivo alla fine del mio primo appuntamento col ragazzo di cui aveva una cotta.
« E adesso un bel bacio! » concluse il Cupido, scuotendo i riccioli biondi con estrema contentezza.
« Stai scherzando? »
Alex non osava battere ciglio. Per una delle rare volte da quando lo conoscevo sembrava aver perso l'espressione neutra che lo caratterizzava. « Temo di no... » disse, la voce ridotta in un sussurro piuttosto imbarazzato.
Feci un profondo respiro, tentando invano di riprendere il controllo della situazione. Probabilmente se non avessi saputo dell'orientamento sessuale di Alex e della sua cotta sarei morta ancor prima che il Cupido scoccasse il suo disgustoso cuoricino, e forse se fosse capitato nel periodo in cui Scamander frequentava ancora la Smith non mi sarebbe neanche dispiaciuto baciare Olsen.
Feci un secondo respiro profondo.
Se tanto mi dava tanto almeno ad Alex non sarebbe piaciuto per niente un bacio con una ragazza.
Fu con quel pensiero che mi avventai senza neanche premeditarlo sulle labbra del ragazzo. Alex ricambiò il bacio con apparente trasporto ma era chiaro ad entrambi e dal modo in cui tenevamo le labbra che quel bacio non era affatto di nostro gradimento, che lo stavamo facendo solo per liberarci dall'incantesimo che ci aveva paralizzati.
Quando ci staccammo frettolosamente e rumorosamente feci per pulirmi le labbra quando notai la figura scioccata di Lysander in piedi a pochissimi metri da noi. Sembrava avesse seguito l'intera scena dalla sua postazione strategica e ne fui terrorizzata. La folla rise e corse ad inseguire il Cupido; alcuni ci misero qualche secondo per scappare via dal luogo del crimine.
« Complimenti. » disse Scamander sprezzante, avvicinandosi a me come se fossi la creatura più viscida sulla terra. Il suo tono mi aveva provocato un tremendo sussulto nello stomaco. « Tieni, ero tornato indietro per restituirti questa collana. Ti era caduta quando... »
Mi lanciò la collana quasi come se gli provocasse disgusto anche solo sfiorarmi.
« Non avrai intenzione di evitarmi. » dissi, con una sorta di panico che si impadronì della mia voce. Gli afferrai una mano ma lui si era scansato in fretta come se fossi un vermicolo rivoltante. « Lo sai che quel dannato Cupido vuole uno schifosissimo bacio... »
« Mi sembra giusto. » concluse il ragazzo, risentito a dir poco. « Fammi capire, prima baci me e poi approfitti della situazione per baciare lui? »
Alex fece un colpetto di tosse. « Scamander, ascoltami... »
« Non ce l'ho con te. » aveva chiarito il biondino, non degnandolo neanche di un'occhiata.
« Non avevo scelta. » tentai di giustificarmi, allarmata.
« Lui ti piace, e lo so da tempo. » disse, in un tono sprezzante che stava mortificandomi.
Avrei preferito mangiare altri quaranta cioccolatini insanguinati piuttosto che sentirlo parlare in quel modo.
« DIAVOLO, LILY! ANCORA NON CAPISCI CHE È GAY E PRATICAMENTE COTTO DI ME?! »

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Ancora incubi. ***


Ancora incubi.


Accarezzai il pelo fulvo e morbido di un piccolo micio smarrito nella sala di Grifondoro e lo afferrai delicatamente, depositandolo sulle gambe. Gli borbottai frasette insensate con estrema dolcezza, la stessa dolcezza che avrei voluto che mi si riservasse quella sera al posto di un metaforico e doloroso schiaffo in pieno volto. San Valentino era passato da pochi minuti e la Preside aveva disincantato il terrificante Cupido in modo tale che ritornasse ad essere semplicemente un tenero puttino di qualche riquadro presente nei corridoi, quello del terzo piano, avrei giurato, e: « che mai più che vi becchi ad incantare quadri in giro per la scuola o vi espello direttamente! ».
Il che, come avevo constatato successivamente, fugava Coleman da qualsiasi accusa o dubbio.
« È tuo quell'affare peloso? »
E quella, naturalmente, era la voce di mio cugino Hugo, appena tornato da una lunga doccia durata più un'ora e mezza in cui avrei giurato stesse tentando di togliersi di dosso l'odore emanato dalle carni e dalla bocca di Madison Stuart. Con un salto andò a schiantarsi sul divano accanto a me, allungando i piedi sul tavolino di fronte, suscitando le occhiatacce non proprio benevole della Caposcuola e dei Prefetti. Fortunatamente, William Baston non era lì.
« Ti sei curato l'occhio e il naso, noto. »
« E ho scambiato anche due paroline con la Stuart. Spero di non essere diventato lo zimbello di tutta la scuola altrimenti le lancio una maledizione, parola mia. »
« Ho baciato Alex Olsen. » rivelai inaspettatamente, accarezzando le orecchie del gatto ed evitando deliberatamente il contatto visivo con mio cugino che, in modo molto probabile, mi stava osservando con occhi spalancati come era solito fare.
Hugo rimase prevedibilmente esterrefatto e fu con vocina flebile che chiese: « Anch'io ho dovuto baciare la Stuart, e non era affatto mia intenzione. Tu l'hai fatto con intenzione? »
« No. » ci tenni a precisare.
« Neanche Fred e Frank l'hanno fatto con intenzione. »
« Ho baciato anche Scamander. »
Ci fu un attimo di silenzio in cui mio cugino si stava con molta probabilità chiedendo con quanti ragazzi avevo avuto l'onore di accasarmi quel giorno, poi aveva scrollato le spalle con estrema nonchalance, agitando la mano come se stesse scacciando un moscerino fastidioso. Non cogliendo neanche minimamente i segnali della situazione disastrosa in cui ero immersa fino al collo, ovviamente.
« Beh, due in uno, no? » esordì, dandomi una pacca sulla spalla e facendo una risatina superficiale. « Ti stai dando da fare, noto. Ma scommetto che almeno il bacio con Scamander l'hai dato con intenzi-oh, miseriaccia. »
A giudicare dall'espressione e dagli occhi sgranati doveva aver colto la catastrofe.
« È arrabbiato? » chiese mio cugino, azzardando un'occhiatina preoccupata al mio indirizzo. Gli rivolsi una smorfia furibonda e preferii non rispondere all'ovvia domanda che avrebbe potuto benissimo evitare. « È arrabbiato. Ma se vuoi posso andare a spaccargli la faccia! È dalle vacanze di Natale che desidero un pretesto per fare a botte con Scamander. » mi venne in quello che per lui doveva essere un aiuto costruttivo, dopo qualche secondo di imbarazzo.
Quello che seguì fu l'ennesimo sguardo a metà tra l'ira e l'esasperazione da parte mia.
« Tu non capisci. Non mi aspettavo mi accusasse di provare qualcosa per Alex quando a lui piacciono i ragazzi. »
« A Scamander piacciono i ragazzi? » aveva strillato mio cugino, quel minimo di discrezione era rimasta nel suo cervello bacato completamente andata a farsi benedire.
Gli mollai un ceffone volante. « Deficiente. Ad Alex piacciono i ragazzi. È cotto di... »
« ... me? » aveva sussurrato Hugo, senza fiato.
Scoppiai a ridere, di quella risata simile ad un latrato che avrebbe sicuramente svegliato l'intero dormitorio. « Di Scamander, idiota. » e tra una piccola risatina e l'altra per le smorfie di mio cugino, mi inoltrai nella dettagliata spiegazione della conversazione avvenuta tra i due ragazzi dopo la partita, dei miei timori e delle mie preoccupazioni riguardanti i gusti di Alex molto simili ai miei. Per di più, per fare l'en plein, condivisi con mio cugino anche l'episodio dei cioccolatini insanguinati che avevo ricevuto come regalo di San Valentino. Debole di stomaco com'era, Hugo non mi fece finire il racconto nei minimi particolari che era corso in bagno per vomitare. Sconsolata dalla terribile giornata, mi avviai in dormitorio cercando di evitare che i miei pensieri virassero verso il proprietario dei cioccolatini.
Il cielo era scuro quella notte ma coperto da dieci, venti, trenta stelle che non finii neanche di contare tanto che quel manto nero era vasto e bellissimo. La luna era alta e maestosa, gli alberi della Foresta Proibita sembravano d'argento, illuminati dalla luce lunare. Anche l'ombra scura accanto alla capanna di Hagrid vicino alla foresta sembrava brillare...
Spalancai gli occhi di scatto.
Con il cuore in gola e la sensazione di essere ancora una volta osservata, corsi via dalla finestra sentendo i frenetici battiti cardiaci in ogni angolo del mio corpo e il sudore che mi colava dalla fronte. L'ombra era troppo minuta per essere quella di Hagrid. Afferrai con veemenza la bacchetta e illuminai il mio baule, cercando freneticamente la Mappa del Malandrino che tenevo ben nascosta. Feci un gran rumore ma non mi importava: al momento la mia unica preoccupazione era che qualcuno sembrava essere penetrato ancora una volta ad Hogwarts.
« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. »
Individuai immediatamente il punto del parco in cui era possibile consultare la mappa...
Non c'era nessuno.
Mi affacciai ancora una volta alla finestra e mi accorsi che la figura scura era sparita...




Nel giro di pochi giorni dopo San Valentino, all'inizio delle lezioni dopo il fine settimana, tutta la scuola era a conoscenza, ovviamente e senza alcun dubbio, che avevo baciato Alex Olsen e, nonostante seppero anche del suo orientamento sessuale tenuto nascosto per mesi, la situazione sembrava alquanto immutata. Anzi, avrei detto che addirittura avesse più ragazze che gli facevano una spietata corte. Gli studenti di Hogwarts non si lasciarono scappare neanche della scenata di Scamander urlata con un puttino incantato che ballava sopra le nostre teste, proprio per essere precisi.
In quei giorni avevo compreso che ignorare Scamander sarebbe stato come firmare una condanna a morte senza alcun ritiro ed essere trascinata direttamente al patibolo. Lui mi appariva terribile, niente a che fare col ragazzo gentile che avevo imparato a conoscere, ad amare, niente a che fare con quella che ero certa fosse la sua persona. I suoi occhi verdi, quando mi capitava di incrociarli, traboccavano di odio, di rancore, di delusione: non c'era niente di buono in lui, nessuna goccia di affetto, nessuna goccia di disperazione. Era livido. E assolutamente deciso ad allontanarmi... definitivamente.
La lezione di Difesa contro le Arti Oscure si protraeva nella noia più totale. Brown stava illustrando dei meccanismi di difesa che mi ricordarono tanto le mosse di arti marziali babbane. Ci disse che durante un combattimento magico si doveva essere anche pronti ad evitare con mosse repentine le varie maledizioni o incantesimi che ti venivano inferti improvvisamente, soprattutto se ti ritrovavi a duellare con più persone contemporaneamente. Nonostante io e mio cugino, le teste vicinissime, avessimo passato quella mezz'oretta a sussurrarci congetture di ogni genere, prestavamo attenzione anche ai movimenti del professor Brown e di tanto in tanto facevamo qualche commento in merito. Oltre al fatto che io prestavo attenzione in modo particolare anche alla nuca biondastra di Scamander senza battere ciglio.
« Direi che nella prossima lezione potreste provarci voi. » disse il professore. « Ve la sentite di fare un duello a tre? »
Ci fu un chiacchiericcio generale eccitato; il gruppetto Serpeverde non proferì parola.
« E vada per il duello a tre. Prima che suoni la campanella ho da farvi un annuncio. Io e la Preside abbiamo deciso di farvi fare una gita nel periodo di marzo. Niente a che fare con le gite di Hogsmeade, ragazze, se ve lo state chiedendo. » Lisa e Katie, le mie compagne di dormitorio, ridacchiarono rumorosamente. « Una gita in luoghi magici alquanto pericolosi ma necessaria se volete davvero imparare la difesa. Non correrete pericoli, ovviamente, a meno che non facciate di testa vostra senza ascoltarmi. »
I Serpeverde non furono per nulla toccati da quell'affermazione; io e mio cugino eravamo eccitati come non mai.
Rischiare la vita? Una bazzecola.
« Molti dei percorsi ad ostacoli sono stati fatti da me e, inoltre, saremo accompagnati da due membri della squadra Auror. »
« Auror? » intervenne Lorcan Scamander, con vocina acuta e penetrante.
« Non c'è nulla di cui aver timore. » disse prontamente Brown, in tono tranquillizzante nonostante un paio di persone in quell'aula sembravano essere tutto tranne che tranquille. Tra cui Justin Smith, che si stava facendo assalire dal panico improvviso. « Gli Auror vi aiuteranno quanto me, saranno l'ennesima vostra guida. » gli occhi di Brown puntarono i miei con una certa insistenza.
« Di quali posti si tratta, professore? » chiese incuriosito Cedric Sanders, il Tassorosso che aveva fatto l'occhiolino ad Alice Paciock mentre disarcionava un avversario con un Bolide durante la partita contro Serpeverde; mio cugino, che aveva sempre provato simpatia per lui, s'incupì terribilmente.
« Pallone gonfiato... » ci tenne a sussurrare, scuotendo la testa, irritato.
« Vedrete quando saremo lì. » aveva risposto Brown, con un sorrisetto a Sanders mentre Hugo assumeva l'ennesima smorfia disgustata.
« Chi saremo? » chiese Katie Thomas, scambiando un'occhiatina maliziosa con la sua amica, che trattenne a stento le risatine.
« Quinto, sesto e settimo anno. »
Brown ci sorrise mentre la campanella suonava e noi studenti ci apprestavamo a raccogliere la nostra roba per uscire in fretta dall'aula e goderci l'ora buca di quel lunedì mattina. Il primo ad uscire dalla classe fu il biondino, con la pesante borsa a tracolla. Immaginai volesse porre molta distanza tra lui e me. Fu con stizza che afferrai la mia roba sottobraccio e corsi con uno scatto fulmineo fuori dall'aula, ignorando mio cugino che mi urlava dietro qualcosa che non riuscii ad afferrare mentre mi facevo largo tra la folla del cambio d'ora.
« LYSANDER! » chiamai, e parecchie persone si voltarono dalla mia parte; alcune ragazze ridacchiarono e mi indicarono.
Lui si era fermato di botto, voltandosi lentamente con espressione indecifrabile sul volto pallido. Non mi disse nulla, mi guardava dall'alto verso il basso con una superbia che appena si intravedeva nei suoi occhi e una lieve goccia di chiaro fastidio. Mi sentivo un verme particolarmente disgustoso nonostante avessi la coscienza del tutto pulita sui miei sentimenti, e anche sulle mie azioni, a dirla proprio tutta. D'accordo, avevo baciato Alex Olsen... ma sapevo benissimo che il bacio non era piaciuto a me come non era piaciuto a lui. E partendo dal presupposto che niente e nessuno mi piaceva e mi faceva impazzire quanto il ragazzo che avevo di fronte non era una cosa di cui potevo sentirmi in colpa.
« Sì, Potter? »
Ignorai il modo in cui mi aveva chiamata, facendo una fatica enorme quanto la pazienza che stavo accumulando in quel momento. « Dobbiamo parlare. » dissi velocemente, mentre la calca mi sorpassava, fissandomi spudoratamente. « Vieni con me. » lo presi violentemente per un braccio e, nonostante le sue proteste scandalizzate, lo trascinai dietro ad un arazzo lontano da orecchie indiscrete.
Lui fece uno sbuffo, incrociando le braccia al petto. « Cosa vuoi? »
« Hai frainteso tutto. »
« Ho chiuso con te. » non mi guardava nemmeno. « Lasciami in pace. Sei solamente una ragazzina ammattita e viziata. »
« Se solo mi lasciassi... » tentai, con una vocina che non sembrava mia.
« Lasciami in pace, Potter. » concluse lui, e fece per andare via quando si accorse della presenza di Alex in fondo al corridoio che, con un paio di libri tra le mani, si avvicinava sempre più a noi con passo lento e da marcia funebre. « Oh, il tuo innamorato, guarda. Cade proprio a pennello. »
Scossi il capo. « Lui non... »
Ma Scamander non volle sentire nulla e corse via dalla parte opposta ad Alex. Non provai neanche a fermarlo: mi sentivo distrutta. Una lacrima mi stava solcando silenziosamente un viso che da anni di lacrime non ne aveva mai viste e l'improvvisa comparsa di Alex accanto a me mi costrinse ad asciugarmela in fretta, nonostante il mio volto cupo parlasse e dicesse cose che la mia bocca taceva.
« Un granello di polvere... » borbottai, all'indirizzo di Alex Olsen.
« Tieni. » disse Alex con discrezione, porgendomi un fazzoletto di stoffa bianca profumata che accettai in silenzio. « Mi dispiace per... il granello di polvere, Lilian, non sai quanto mi dispiace. »
« Sei molto carino, Alex, ma non sei il mio tipo. Lo sai, vero? » borbottai, con un mezzo sorriso mentre mi strofinavo delicatamente l'occhio lacrimante. « Lui avrebbe dovuto capire. »
Alex scosse il capo, dandomi lievi e delicate pacche sulla schiena. « Avrei dovuto dirti da subito che i miei gusti erano particolarmente simili ai tuoi ma non ho dato molta importanza ad una cotta. »
Borbottai qualcosa di insensato e poco comprensibile.
« Lui mi piace ma non mi interessa nel modo in cui interessa a te. »
« Beh... » dissi, con una lieve dose di sarcasmo. « se non altro adesso abbiamo altro in comune: il desiderio sotto zero che ha lui di vederci. »



Nei giorni successivi mi resi conto che quella situazione era diventata insostenibile, e Dominique era per la prima volta in vita sua d'accordo con me. Molto stranamente. Non mi aveva fatto una partaccia e addirittura non mi aveva dato consigli: era semplicemente senza parole. Naturalmente, mi disse, sospettava dal primo giorno in cui l'aveva notato che Alex Olsen fosse omosessuale ma non era mai arrivata ad immaginare neanche lontanamente che potesse avere una cotta per il ragazzo per cui avevo io una cotta. Era stato particolarmente discreto, quell'Olsen. Fortunatamente, mia cugina aveva smesso di stuzzicarmi, comprendendo che la situazione era seria e allo stesso tempo assurda e alquanto irrisolvibile, anche se di tanto in tanto cercava di rincuorarmi con delle frasette che sembravano prese da: manuale per disgraziati: come superare un trauma.
Le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure erano diventate un tragedia greca sia per me che per Scamander. Battibeccare, approfittando delle esercitazioni di coppia, era l'unica cosa che mi era rimasta da fare insieme a lui.
Nel frattempo, William Baston ci mise sotto in maniera massacrante con gli allenamenti di Quidditch, intercalando tra un: « seguite lo schema! » e: « concentratevi! » frasi, che sconvolsero l'esistenza del piccolo Cercatore Lucas Corner, come: « o battiamo quei dannati Serpeverde oppure vi sotterro nell'orto della scuola. ». Dal mio canto, fui felice di essere massacrata con gli allenamenti e trovavo piacere e distrazione in quello sport che amavo. E per distrarmi dal pensiero del ragazzo e dai continui incubi che non mi lasciavano dormire la notte avevo bisogno di una buona dose di Quidditch...
Era notte fonda quando il solito volto mi venne in sogno. Quella notte, non mi limitai solo ad osservarne le fattezze ma mi trovavo in una casa abbandonata e tempestavo i vetri di una grossa finestra, agitando le mani per attirare l'attenzione dei passanti, sebbene nessuno sembrasse vedermi. Lampi di luce rossa. Sentivo la tortura nella pelle, nelle ossa stesse. Sangue dappertutto mentre agonizzavo e l'uomo rideva di me. Il mio strillo fece quasi svegliare mezzo dormitorio di Grifondoro e in un secondo mi ritrovai Lisa e Katie nel mio campo visivo, che mi fissavano spaventate.
« Lumos! Penso abbia avuto di nuovo un incubo, Lisa. » sentii borbottare Katie, con la voce e le mani tremanti mentre puntava la bacchetta illuminata sul mio volto sudaticcio.
Arrossii mentre mi tastavo il viso e mi mettevo a sedere in tutta fretta. « Lo stress. » mi giustificai, imbarazzata.
« Sono giorni che continui ad avere incubi. » convenne Lisa, e per la prima volta pareva davvero preoccupata. « Forse dovresti chiedere e Madama Amelia di farti dare una pozione calmante. »
Senza sapere cosa stessero blaterando entrambe le ragazze, annuii meccanicamente.
« Vado a chiamare tuo cugino. »
« Sei pallida come un lenzuolo, Potter. »
« Sto bene. » decisi, alzandomi dal letto con una certa fatica e maledicendo l'intero creato per aver attirato l'attenzione su di me in un momento così particolare. « Grazie. Tornate a dormire, sto benone. » e con un ultima occhiata bieca alla mia compagna di dormitorio, mi catapultai in sala comune dove, prevedibilmente, trovai mio cugino ad attendermi, con gli occhi cisposi di sonno e un mezzo sorrisetto sulle labbra.
« Cosa succede? » chiese assonnato, presentandosi a me a torso nudo e in pantaloncini decorati con strani motivetti. « Mi sono ritrovato la Finnigann a pochi centimetri dal mio letto. Mi ha detto che hai avuto un incubo. » scosse il capo, borbottando qualche insulto verso la ragazza in questione.
Sprofondai su una poltrona accanto al fuoco e non dissi nulla per un paio di minuti, che passai strofinandomi le tempie. « Sai, con tutto quello che sta succedendo nel nostro paese, a volte penso di finire sulla prima pagina di un giornale... »
« Fammi capire, non dormi per elaborare il tuo epitaffio, brutta idiota? » proferì Hugo inacidito, drizzandosi a sedere con uno scatto innervosito. « Capita a tutti di avere... »
« Tu non capisci. Continuo a vedere in pericolo questa scuola e continuo a vedermi in pericolo. Saranno notti. » rivelai, sforzandomi di ricordare i particolari delle mie continue torture. Nessuno poteva capirmi in quel momento, nemmeno mio cugino: quelli non sembravano affatto incubi normali. « E nei miei sogni compare sempre lo stesso volto. Tutte le volte. Non lo trovi strano? »
Hugo aveva cambiato espressione: non era più spazientito o annoiato, sembrava preoccupato e mi fissava a bocca aperta.
« Giovane, sulla trentina... alto, molto smilzo, coi capelli neri. »
« E chi sarebbe? »
« Non lo so, ma continua a venirmi in sogno nonostante non sappia chi sia. Stanotte ho visto la sua casa, era nascosta da incantesimi. E ricordo che c'era una pietra tombale e... uno scheletro, forse un uccello con ali davvero enormi... »
Ci contemplammo in silenzio, poi mio cugino mi fece un improvviso sorriso rassicurante. « Beh, sono solo incubi... no? Nulla di cui preoccuparsi... vero? »
Ricambiai il sorriso, il sorriso più falso che avessi mai potuto mostrare.
« Nulla di cui preoccuparsi. »




Il giorno successivo avevo una cera più brutta del giorno di San Valentino e tutti quanti parvero notarlo a lezione. Fui la prima, insieme a mio cugino, a varcare la soglia dell'aula di Difesa, trovando Simon Zabini e Matthew Ford che chiacchieravano in fondo all'aula.
« Hai per caso fumato pelle di Girilacco? » chiese immediatamente Matt, osservando con attenzione le ombre scure che avevo sotto gli occhi mentre rollava velocemente qualcosa di misterioso e dal puzzo tremendo.
Alzai un sopracciglio. « La pelle di Girilacco si fuma? » chiesi, con una risatina.
« Matt sarebbe capace di trasformare qualsiasi essere vivente e non in qualcosa da fumare. » rispose Zabini, scambiandosi un'occhiata col suo fedele amico.
« Quella roba brucia il cervello. » s'intromise Sanders, sorridendo.
« Se sei stupido di tuo sicuramente. » rispose Hugo acido, scoccando uno sguardo poco gentile a Cedric mentre Matt ridacchiava, per nulla toccato dall'intromissione del Tassorosso.
« Ci siamo svegliati nervosetti stamattina? » fu il commento offeso di Sanders.
Mio cugino ritenne necessario ignorarlo. Simon Zabini fece un colpetto di tosse e si rivolse a me, divertito: « Vuoi davvero dirmi che non hai fumato niente? »
« Se proprio ci tieni, puoi sempre offrirmi pelle di Girilacco in cambio della mia piacevole compagnia. » sorrisi, mentre Simon, con la sua solita piacevole grazia, ricambiava il sorriso scoprendo i denti bianchi e regolari.
I suoi lineamenti duri si addolcirono fin quando Scamander non comparve alle nostre spalle, fissando Zabini e facendo finta che io non esistessi. Per lui neanche la mia ombra di lato alla parete dell'aula esisteva. Mostrava solo un'espressione infastidita e dava l'impressione che avesse ascoltato l'intera conversazione tra me e Simon e che non gli fosse affatto andata a genio.
Ad interrompere la sfida di sguardi ostili fu l'ingresso di Brown e del resto della classe.
« Stamattina ci alleneremo col duello a tre. » annunciò Brown alla classe, senza troppi giri di parole e sorridendo felicemente. « Abbiamo due ore belle piene. Ah, quanto adoro il venerdì! »
« Noi adoriamo tutte le sue lezioni, professore. » intervenne Lisa, con occhi che brillavano e un sorriso idiota sulle labbra.
Guardai il biondino posizionarsi al centro dell'aula con la bacchetta tra le mani e lo seguii a malincuore, mentre Brown sorrideva radiosamente a Lisa (Katie fece uno sbuffo invidioso) e mandava banchi e sedie a schiantarsi, come sempre, in fondo all'aula. Odiavo fare coppia con Scamander in quei momenti: anche nei duelli quasi non mi guardava negli occhi. Sembrava preferire morire, essere schiantato, piuttosto che fissarmi nelle pupille. Sfoderai la bacchetta e tentai di concentrarmi. Katie Thomas prese posizione accanto a noi, sotto ordine di Brown.
Durante quelle due ore, io e il biondino non ci rivolgemmo la parola e quasi non ci guardammo in faccia: di tanto in tanto dicevo qualcosa rivolta a nessuno in particolare sperando di suscitare in lui una reazione ma Scamander rimase freddo come il ghiaccio, impenetrabile come un muro di cemento armato.
La lezione finì dopo quelli che mi erano parsi secoli: il gruppetto Serpeverde fu il primo a lasciare l'aula e il biondino seguì immediatamente, scattando via come un razzo. Io e mio cugino mettemmo lentamente in ordine la nostra roba e mentre ci affrettavamo a defilare notammo la figura di Alice Paciock insieme ai suoi compagni di classe che attendeva la nostra l'uscita per prendere posto nell'aula. Aveva nuovamente i capelli sciolti e la frangetta scompigliata sulla fronte.
« Che ci fai qui? » chiese Hugo rapidamente, intercettando Sanders che aveva sorriso ad Alice ed era andato via insieme ai suoi amici di Tassorosso; dal mio canto, fissavo mio cugino con una sorta di rassegnazione nello sguardo e voglia di suonargliele di santa ragione in presenza di tutta la scuola.
« Aspetto che andiate via per fare lezione. » rispose Alice brusca, arrossendo lievemente; alcune sue compagne di classe ridacchiarono per l'ovvietà della risposta così la ragazzina insistette, con un'audacia che non aveva mai mostrato prima: « Non si capisce? »
« Certo che si capisce. Non farci caso, mio cugino ha preso uno schiantesimo in testa. » giustificai in fretta, afferrandolo per le spalle e costringendolo ad uscire dall'aula mentre dietro di noi Lisa Finnigann borbottava qualcosa che suonava come: « magari avesse preso uno schiantesimo in testa. », commento sufficientemente ignorato da Hugo che non aveva occhi e orecchie che per Alice.
Sospinsi mio cugino il più lontano possibile dall'aula di Difesa e imboccammo un corridoio deserto.
Fissai Hugo, che aveva lo sguardo perso nel vuoto, con un mezzo sorrisetto sulle labbra. « Hai bisogno di trovarti una ragazza, secondo me. » buttai lì, cercando di non sembrare la Dominique della situazione ma sentendomi di dargli quel consiglio che in quel momento mi appariva del tutto appropriato. « Dico sul serio. Dominique dice che le limonate fanno bene alla salute. » lo presi in giro, scoppiando a ridere alla vista della sua espressione sconvolta.
« Taci. » fece uno sbuffo mio cugino, marciando per il corridoio deserto con l'andatura di un soldato tedesco, somigliando incredibilmente al Capitano Baston. « Non so nemmeno con chi farle, le limonate. »
« Davvero? » ridacchiai, senza riuscire a trattenermi.
« Davvero. » rispose, funereo. Un improvviso sorriso malandrino comparve sul suo volto che fino a qualche secondo prima dichiarava morte certa. « Facciamo una scommessa, se seguo il tuo consiglio entro una settimana ti colori i capelli di blu fin quando l'effetto non svanisce, se invece non ci riesco... »
« Ti colori i capelli di rosa. » conclusi con una risata, pensando che sarebbe stato buffo vedere mio cugino mettere in mostra una chioma rosa pastello.
Dubitavo delle sue tattiche di rimorchio, onestamente.
Mio cugino assunse un'espressione scandalizzata e aprì la bocca per protestare quando gli diedi un'inaspettata gomitata nelle costole, intimandogli con un dito sulla bocca di fare silenzio. Indicai un arazzo di Tassorosso, mettendomi in ascolto: captai voci basse e perfino delle minacce. Sfoderai la bacchetta senza pensarci due volte e spiai cautamente in una fessura, con mio cugino al fianco, anche lui armato di bacchetta pronta.
« ... fatto bene ad allontanarti da lei, Scamander. » stava dicendo una voce che era senza dubbio quella di Mulciber. Sentii il cuore perdere un battito: pochissime erano le volte che i Serpeverde avevano infastidito il ragazzo. Di solito lui era un tipo molto indifferente e pacifico, non attaccava mai bottone con qualcuno di poco raccomandabile, per istinto di sopravvivenza, supposi, e non era di certo una calamita per i guai come lo ero io. « Ti saresti cacciato in gravissimi pasticci, esattamente come quelli che spettano a quell'Olsen. »
Nott fece schioccare le nocche. « Quanto vorrei ridurre in polpette quell'Olsen. »
« Non vale la pena, no, Scamander? » fece Bellatrix, con voce melensa ed inquietante, ritornata a scuola dopo le vacanze di Natale più disturbante di prima. La sua fedele amica Daphne Parkinson, introversa ed inutile quanto viscida, aveva ridacchiato al suo fianco e ammiccato in direzione del biondino. Hugo dovette trattenermi per non scagliarmi addosso alle due. « Tu sei carino e sei un Purosangue coi fiocchi. Quella Potter, invece, l'imbarazzo di tutto il mondo magico. »
« Non osare. » aveva soffiato Scamander, lasciandosi coinvolgere dalla rabbia del momento.
« Non preoccuparti, volevamo solo complimentarci con te. » rispose Bellatrix, con una risatina che condivise coi suoi amici Serpeverde. « Ci sei sempre piaciuto, Scamander, anche se molto meno quando hai cominciato a frequentare certa feccia. »
Il ragazzo spinse via il braccio di Bellatrix, ritto dinanzi al suo volto con l'intenzione di sfiorarlo. « Feccia sarete voi! »
« Piano con le parole. » disse Mulciber, inalberandosi in men che non si dica. « Non costringermi ad affatturarti. »
Hugo non riuscì più a trattenermi e fu con impeto furioso che quasi sfasciai l'arazzo dietro al quale eravamo nascosti.
« Ci divertiamo a minacciare le persone, stamattina? » sbottai, la bacchetta puntata contro i Serpeverde che avanzarono senza attendere verso me e mio cugino, pronti all'attacco. Scamander trasalì. « Meglio se sparite, o ve la vedrete con noi. »
« Sì, tornatevene nella vostra fogna. » aveva precisato Hugo, facendo un gestaccio con la mano libera.
« Ti sei sentita particolarmente toccata, Potter? » si intromise Bellatrix, beffarda, mentre Mulciber avanzava verso mio cugino con l'intenzione di attaccarlo a mani nude.
« Le tue minacce non spaventano nessuno, tanto meno lui. » indicai il biondino, che aveva lo sguardo puntato su Bellatrix, anche se di tanto in tanto mi sentivo i suoi occhi pesantemente addosso. « L'imbarazzo del mondo magico sarete voi, non sono i nostri genitori ad andare in giro con una sporca cicatrice sull'avambraccio. »
Mulciber e Nott puntarono con più forza le bacchette contro di noi.
« Datevi una calmata. Tutti quanti. » intervenne il biondino con uno sbuffo, che aveva estratto la bacchetta in caso di eventuali attacchi.
« Sì, diamoci una calmata e andiamo via. » convenne Bellatrix, squadrandomi e richiamando all'ordine i suoi compari. Nott non finì neanche un attimo di lanciarmi sguardi furenti e traboccanti d'odio e Mulciber aveva occhi solo per mio cugino. Sembrava stessero per attaccare. « Filiamo. » insistette la ragazza e i due si voltarono di scatto. « Che qui l'aria puzza. » e sparirono.
Fissai con disprezzo Bellatrix fin quando non sparì dietro all'arazzo insieme ai suoi fedeli cani da guardia. Immaginai che la ragazza cercasse meno rogne possibili visto tutto quello che stava accadendo nel paese: probabilmente voleva salvaguardare la loro immagine e quella della loro famiglia, voleva che fossero il meno sospettabili possibili.
« Per quale motivo siete intervenuti? »
Sentii la voce accusatrice di Scamander da quelli che sembravano metri di distanza e puntai rapidamente gli occhi sul ragazzo.
« Per prendere le tue difese, forse? » rispose Hugo ovvio, intascando la bacchetta e incrociando le braccia al petto; io non avevo occhi che per il biondino e lui, al contrario, sembrava non averne per me. « Lo sappiamo che sei in grado di cavartela da solo e che sei uno dei migliori studenti in difesa, ma non avresti mai duellato in corridoio. Specialmente coi Serperverde, specialmente uno contro quattro. »
« Sì, ma... »
« Un grazie sarebbe perfetto. » conclusi, con aria spazientita mentre tenevo ancora alta la bacchetta in caso di eventuali ritorni, nonostante sapevo nel profondo che i Serpeverde non sarebbero più tornati indietro.
« Non dovevi intervenire. » si intestardì il biondino, arrossendo lievemente.
« Volevo aiutarti, Scamander. » sbottai, irritata. « Ho sentito il bisogno di venirti incontro. L'avrei fatto con chiunque... » non finii neanche la frase che corsi frettolosamente via, scoccandogli un'occhiataccia severa prima di scacciare via l'arazzo.
Sentii qualcuno corrermi dietro.
Hugo mi aveva affiancata con una certa fatica, accarezzandosi la nuca in maniera imbarazzata. « Non hai avuto l'impressione che fosse solo preoccupato per te? » chiese, per la prima volta usando una logica che in quel momento era fuori dal mio contesto mentale.
« Lui non sarebbe preoccupato per me neanche se annegassi dinanzi ai suoi occhi. »
Ma quella, naturalmente, non era la verità.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** La sera Grifoni, la mattina... ***


La sera Grifoni, la mattina...


La partita di Quidditch tra Grifondoro e Serpeverde si sarebbe tenuta la domenica mattina e il sabato mattina sorpresi con nessuna sorpresa un William Baston in compagnia delle sue immancabili crisi isteriche e il virile elemento e Cercatore della squadra, Lucas Corner, in compagnia delle sue immancabili crisi di pianto. L'intero castello fu turbato dagli scompensi ormonali del Capitano, che aveva preso la brutta abitudine di abbaiare contro ogni essere vivente e non anche solo per aver commesso l'errore di respirare, o di non farlo, nel caso degli esseri non viventi, in sua presenza, terrorizzando a morte i primini della scuola e addirittura i Grifondoro. Naturalmente, anche i miei nervi furono messi a dura prova tanto che quello stesso giorno, durante gli ultimi allenamenti, mi ritrovai in mezzo ad una accesa rissa in campo senza sapere neanche lontanamente come ci fossi finita. Io e mio cugino sapevamo solo che se il Capitano chiamava, noi dovevamo rispondere.
A fine giornata, mi appisolai stremata sul letto senza cenare e ancora in tenuta da Quidditch. Non avevo dormito neanche un'ora quando mi sentii scuotere furiosamente.
« Ma che... » biascicai, stropicciandomi gli occhi.
Misi a fuoco il volto di mio cugino che mi guardava con sguardo di compassione, con una cera che non gli avevo quasi mai visto sul volto pallido. Più che compassionevole sembrava disperato, funereo. Come se fosse ambasciatore di pessime notizie.
Come infatti...
« Il Capitano mi ha mandato per... »
« Non sono stata io! » mi misi immediatamente sulle difensive, parandomi la testa con le mani e tirandomi il lenzuolo fin sopra il mento, ancora del tutto assonnata e priva di sensi. « No, d'accordo, sono stata io. Ma Baston non avrebbe mai potuto scoprirlo! A meno che qualcuno non abbia visto e ha fatto la spia. Chi ha fatto la spia? »
Hugo mi fissava come se fossi impazzita e scosse il capo flebilmente. « Ma di che miseriaccia stai parlando? »
« Del Veritaserum che ho messo nella Burrobirra del Capitano. »
« Geniale. » aveva approvato mio cugino, cupo. Nessun buon segno stava arrivando: continuava ad essere l'ambasciatore delle pessime notizie. « Ma ho un'idea migliore... »
« Lo mettiamo a Scamander. » conclusi, drizzandomi a sedere. « Avvelenandolo, naturalmente. Anche se il Veritaserum non basterebbe. »
« Ottima idea ma ne ho una ancora migliore. » fece Hugo disperato, brandendo la scopa da corsa. Ovviamente, non potetti fare a meno di notarla e il panico mi assalì, mentre scuotevo il capo come in cerca di un segno di diniego da parte di mio cugino. Che non sembrava arrivare neanche lontanamente. L'ombra dell'ambasciatore di pessime notizie che incombeva su di me, inesorabile. « Seguire il Capitano in campo per gli allenamenti di Quidditch. »
« E sarebbe questa l'idea migliore al posto di avvelenare Scamander? » sbraitai, piuttosto avvilita.
« Baston ha appena avuto l'ennesima crisi psicologica della giornata: Jordan ha mollato. »
Le parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno volto.
« Jordan ha mollato? » balbettai, scattando in piedi con occhi spalancati. Notai che mi stava improvvisamente tremando la voce e che stentavo a credere che fosse accaduto qualcosa di spiacevole a neanche quindici ore prima della partita decisiva della stagione sportiva. « Come sarebbe a dire che Jordan ha mollato? »
« So solo che l'hanno ricoverato in Infermeria. La rissa in campo non c'entra niente. Baston dice che i Serpeverde stanno cercando di boicottarci e ha ordinato ai Prefetti e ai Caposcuola di tenerci in vita fino a domani... »
« Tenerci in vita fino a domani... » ripetei, sconvolta. L'idea che qualcuno avesse sul serio accettato dei turni di guardia per tenere in vita i giocatori di Grifondoro era assurda. « Hugo, siamo di nuovo con un giocatore in meno. È finita! » esplosi, soffocando un'ingiuria degna di essere chiamata tale.
Fino a quel momento non avevo realizzato cosa mi attendeva e tutto lo stress di quelle ultime settimane stava abbattendosi su di me.
« Dobbiamo annullare la partita. »
« Non possiamo annullare il Quidditch. » rispose Hugo, sconcertato. « Baston ha rifiutato categoricamente di far giocare Fred come Cacciatore ma sicuro Fred lo sostituisce come Battitore. Vuole essere il Capitano a tener testa ad Harper e fargliela pagare. »
« Siamo di nuovo con un giocatore in meno... » gemetti, lasciandomi cadere dal letto sul pavimento e abbandonandomi a pessimi pensieri. « Contro i Serpeverde... contro Scamander! Cos'altro potrebbe andare storto? »




L'incontro coi Corvonero in confronto mi era sembrata una bazzecola. Consapevole del fatto che io e il biondino eravamo in conflitto per molto più di una partita, l'incontro non mi aveva resa nervosa e isterica come quello contro Corvonero, che aveva impiantato in me la convinzione che se non avessi vinto Scamander e la Smith avrebbero fatto festa nello stanzino delle scope. Almeno fino al momento in cui avevo saputo che Jordan era stato fatto fuori.
Arrivata a quel punto, il pensiero che i due occupassero lo stanzino non mi apparve così terrificante come qualche mese fa.
Quella sarebbe stata la mia prima partita nel mio ruolo.
Le occhiatacce dei Serpeverde mi provocarono un sussulto nello stomaco che non aveva niente a che fare con i loro sguardi accesi.
Fummo al campo in un baleno: pioveva e faceva freddo. Baston era a dir poco determinato a battere i Serpeverde, determinato a livelli: « vinceremo anche a costo di sacrificare vite umane. » e fu solo allora che temetti seriamente il sistematico discorso del Capitano di inizio partita...
« Sterco di vacca che non siete altro. » esordì il Capitano, e con i suoi epiteti gentili riuscì a zittire un'intera squadra che stava facendo baldoria. Fred si era voltato verso noi cugini, offeso e con la bocca spalancata. « Abbiamo ricevuto un'altra batosta, stavolta davvero inaspettata, ma se voi signorine in fase mestruale lavorerete sodo per vincere questa partita saremo vicinissimi alla Coppa del Quidditch. »
Qualcuno nello spogliatoio, probabilmente proprio Fred, aveva mormorato: « signorine in fase mestruale? » ma il Capitano l'aveva ignorato e sembrava deciso a portare avanti il suo terribile discorso senza interruzioni di alcun tipo.
« Stiamo parlando di belve, di coloro che hanno fatto fuori un nostro giocatore a neanche quindici ore dall'incontro. »
L'idea che Scamander fosse una belva cominciò a balenarmi in testa e non potetti che concordare col temibile Baston.
« È facile battere i Tassorosso, quest'anno la squadra fa schifo, ma se battiamo i Serpeverde, se riusciamo davvero a battere i Serpeverde, saremo per certo i vincitori, dispensari di morte e dolore. Quindi... » io e i miei cugini ci scambiammo uno sguardo col desiderio sotto zero di ridere. « Attaccate se venite attaccati e rispondete col doppio della forza ma che non vi venisse in mente di comportarvi da deficienti in campo per nessuna ragione al mondo. Capito, Cormac? » il diretto interessato annuì, spaventato.
Hugo mi diede una poderosa gomitata nelle costole e io osservai la reazione di Cormac, che annuì una seconda volta come se la prima non fosse stata abbastanza.
« Voi due Battitori schiantate più avversari possibili. E... » la testa di Baston fece una lenta virata verso me e mio cugino, gli occhi rossi socchiusi e le narici frementi. « Quanto a voi due Cacciatori, non perdete mai di vista il mio culo. »
« A me questa cosa non piace... » rispose in fretta Hugo.
« SILENZIO, WEASLEY! Che ti piaccia o no devi restare dietro al mio culo. Al vertice dello schema ci siamo io e il mio culo, e che mai ti venisse in mente di fare qualcosa di non previsto dallo schema. Potter, anche tu! Resta incollata al mio culo. »
Scoppiai spudoratamente a ridere, un misto tra lo sconvolto e il divertito. « Beh, ma detto così... »
« SILENZIO, POTTER! »
« Sì, Capitano! » saltai su, ubbidiente.
« Il mio culo. » ci tenne a sottolineare il Capitano.
« Il tuo culo, Capitano. » ripetemmo io e mio cugino.
« Corner, per quanto riguarda te... » il ragazzino si fece minuscolo sotto i scintillanti occhi infuocati di Baston. « Quel pezzo di sterco di troll di Scamander ha il talento dalla sua, l'unico giocatore in mezzo a tante scimmie che vale qualcosa. »
Concordai miseramente col Capitano, soprattutto sull'epiteto utilizzato.
« Stiamo parlando del pezzo grosso. »
Sempre di sterco, avrei scommesso.
« E parliamo anche di fortuna. Stai pur certo che Scamander ha altri metodi per vincere e che non finirai disarcionato dalla scopa ma devi evitarlo in tutti i modi possibili, Corner, usa la tua stazza in favore di vento e occhi di falco. I Serpeverde odiano giocare quando c'è cattivo tempo. Possiamo vincere, squadra! »
Baston aveva afferrato una sedia lì vicino e si era piegato sulle gambe con il malcapitato scanno teso in aria, per poi scaraventarlo contro il muro dall'altro lato degli spogliatoi. Corner ne fu terrorizzato, e il resto della squadra... anche.
« Cosa ho allenato io per mesi interi, delle principessine mestruate? » aveva tuonato il Capitano, il rumore della sedia da lui scagliata per aria che ancora vibrava all'interno della piccola stanzina. Nessuna risposta, nessuno osava replicare. « Rispondete! Ho allenato delle principessine mestruate? »
« No! » rispondemmo in coro.
« Bene, allora facciamoci valere, o vi scuoio le budella! Chi siamo noi? »
« I Grifondoro...? » buttai lì, interrogativa.
« Energia, maledizione! Chi siamo noi? »
« I Grifondoro! » rispondemmo in coro, nuovamente.
« Cosa siamo noi? »
« Una squadra di sette giocatori capitanata da William Ba- » mi interruppi, strizzandomi contro mio cugino.
« Errato, Potter. » disse Baston, tra il silenzio generale. « Siamo i vincitori! In campo. »
E ci precipitammo in campo, elettrizzati come non mai al solo udire le urla dei tifosi e le esortazioni del nostro Capitano.
Pioveva così forte che l'acqua ci rese zuppi non appena mettemmo piede in campo. Justin Smith dal podio del cronista chiamava a voce altissima i nostri nomi, che venivano accolti con applausi e urla di festa. Mentre inforcavo la scopa, vidi Scamander fare un sorrisetto di sfida a Corner.
Non si metteva bene per il nostro Cercatore.
Harper e Baston si strinsero la mano così forte che giurai di aver udito lo scrocchio delle loro ossa e al fischio d'inizio ci levammo in fretta in aria.
« Ed ecco che inizia l'incontro con Harper di Serpeverde che scarta velocemente il Capitano William Baston, che in questa partita prende il posto di Jordan come Cacciatore! »
Baston diede un poderoso calcio alla Pluffa e io l'afferrai velocemente, sentendomi le dita mozzate per la forza.
« Ed ecco che entra in scena Potter! Potter tiene testa al Capitano dei Serpeverde, dritta agli anelli avversari con la Pluffa sottobraccio, lancia a Baston e... guardate, hanno circondato il Capitano di Grifondoro! »
Sbarrai gli occhi con stupore: i Serpeverde avevano circondato furbamente Baston, che non sapeva che fare se non gettarsi in picchiata verso il basso facendo un pericoloso slalom e passare palla a mio cugino, che fece in fretta dietrofront mentre Zabini, spuntato dal nulla, lo intralciava.
Col passare dei minuti notai che quella era una delle partite più sporche mai giocate: in neanche mezz'ora Hugo fu scaraventato da Warrighton su uno spalto di Tassorosso con tanta violenza che temetti si fosse rotto un arto, Baston perdeva sangue dal naso a causa di una brutale gomitata e io facevo una fatica enorme per evitare le trappole dei Serpeverde.
Evitai l'ennesimo Bolide con una strana piroetta mentre passavo nuovamente la palla al Capitano.
« Ti alleni per il balletto, Potter? » rise Harper, planandomi accanto.
A quaranta minuti di partita Serpeverde era in testa di due punti e i Grifondoro erano avviliti a causa delle numerose scorrettezze, ma non Baston, che continuava ad esortare i suoi giocatori e cavalcava la sua scopa intrepido.
Non ebbi neanche il tempo di dare uno sguardo a Scamander che stava setacciando i cieli in cerca del boccino, che Harper mi aveva sbarrato nuovamente la strada.
« Piaciuti i bolidi, lenticchia? »
Scoccai l'ennesimo sguardo irato al Serpeverde. « Sparisci prima che... »
« Che cosa avresti intenzione di fare, Potter? Buttarmi giù dalla scopa? » rise quest'ultimo, in modo canzonatorio. « Oh, ma tu guarda... sta arrivando un altro bolide. »
Mi voltai in fretta alla mia sinistra e vidi un Bolide sfrecciare verso di noi. Con uno scatto fulmineo, feci appena in tempo a non procurarmi un trauma cranico ma, allo stesso tempo, non avevo fatto in tempo ad evitare la palla, che percosse la parte inferiore della mia scopa in modo così violento che scivolai di lato, cadendo dalla scopa. Stavo per precipitare quando mi tenni al manico scivoloso con una mano per miracolo.
« UNA SCORRETTEZZA DEGNA DI SALAZAR IN PERSONA! » si sentì urlare a pieni polmoni dal podio del cronista: Frank, Louis e Dominique si erano impossessati del microfono dalle mani di Justin Smith e protestavano con tutta la loro forza. Neanche Coleman o la McGranitt riuscirono a placare le loro ire.
« Qualcuno l'aiuti! » urlavano gli studenti dalle tribune.
« Potter, non mollare! »
« Forza, Potter! » udii Baston, che sfrecciava a pochi metri sotto di me circondato dagli avversari e con la Pluffa sottobraccio, incapace di correre ad aiutarmi.
I miei cugini, dal loro canto, stavano percorrendo il campo evitando gli avversari e trovando una via d'uscita tra loro per correre ad aiutarmi. Il manico scivoloso non aiutava l'attrito. Quando mi resi conto di stare per cedere, sentii che una forza esterna stava aiutandomi a rimettermi in sella. Mi voltai alla mia destra e vidi che Scamander stava mettendosi in ordine la divisa da Quidditch, filando via senza neanche guardarmi. Fui immediatamente in sella alla scopa, conscia del fatto che era stato lui a gettarmi l'incantesimo.
La folla era ufficialmente impazzita e applaudiva con forza.
« E Potter ce l'ha fatta! » esordì senza entusiasmo Smith, mentre i miei cugini e Frank si scatenavano dal podio. Io ero ancora del tutto frastornata e confusa dall'avvenimento, il mio cuore batteva così all'impazzata che temetti mi sarebbe saltato fuori dal petto: Scamander mi aveva aiutata a rimettermi in sella, andando contro la sua stessa squadra. « Nel frattempo: punto per Grifondoro! Venti pari! Un momento... vedete anche voi quel luccichio? Sembra proprio il boccino d'oro, signore e signori! »
La partita quasi si interruppe: tutti, giocatori compresi, si guardavano intorno. Non avevo neanche fatto in tempo a realizzare cosa fosse successo e ad elaborarlo che mi ritrovai ad osservare i due Cercatori tenersi testa l'un l'altro.
« Corner insegue Scamander, che deve aver notato la pallina dorata prima del Cercatore di Grifondoro! Sono entrambi in picchiata, ma non riesco a vedere niente. Scommetto che neanche loro riescono a vedere niente! Non c'è visione! »
« Si schianteranno, Capitano! Cosa facciamo? » intervenne Hugo, preoccupato.
« Bolide? » propose Fred, entusiasta.
Baston scosse il capo, tormentato. « Potresti colpire Corner. Oh, al diavolo! Si sono schiantati! »
« SI SONO SCHIANTATI! SI SONO SCHIANTATI ENTRAMBI! Ma il boccino? »
La partita fu immediatamente interrotta in seguito al fischio dell'arbitro e ci catapultammo tutti in campo, l'ansia che scalpitava nei nostri animi tormentati. I due Cercatori erano distesi a pancia in su, lievemente ammaccati ma illesi, e incastrato nel pugno di Scamander...




Cosa avrebbe mai potuto andare storto? Mi chiesi quindici ore prima, e quindici ore dopo ebbi la risposta incastrata tra un grido disperato e una bestemmia rivolta verso Salazar Serpeverde in tutta la sua grandezza e infamia.
Non avevo mai visto la Torre di Grifondoro in uno stato più pietoso di quello che mi si presentava dinanzi agli occhi.
Baston aveva in maniera del tutto probabile tentato il suicidio nei dormitori e non si avevano notizie di lui da quando aveva notato il boccino d'oro stretto nel pugno vittorioso di Scamander. I Grifondoro erano così mortificati che avevano approfittato del festino organizzato da Fred per far fuori le scorte alcoliche in modo da dimenticare l'orrore avvenuto. Io e i miei cugini ci unimmo a loro con il desiderio sotto zero di ricordare cosa fosse accaduto qualche minuto prima.
Con una scorta di burrobirre alcoliche al mio fianco, tracannavo senza sosta dalle bottiglie, sperando in un effetto obliviatore.
« La partita contro Serpeverde... » continuavo a mormorare, la dignità e la voglia di vivere ormai perduta da quando avevo lasciato il campo. Ogni lamento equivaleva ad un sorso di burrobirra e ogni sorso di burrobirra corrispondeva ad una buona dose in meno di lucidità. « Abbiamo perso proprio contro Serpeverde... »
« Lis, sono sicura che recupe... »
« Lasciami morire in santa pace, Dominique. » decretai, lasciando fiori sulla mia tomba che avevo con tanta dedizione visualizzato nella mia mente.
Fred esplose con un calcio al divano, sprofondando sul tappeto polveroso con espressione da prigioniero di guerra. « È tutto una grandissima merda! » aveva sbottato, strappandomi dalle mani la burrobirra e scolandosela tutta senza prendere fiato. « Non penso di riuscire a sopportare Baston per altri quattro mesi. » disse, quando ebbe svuotato la bottiglia, gettandola nel fuoco con un lancio secco.
« Sempre se non ci ha abbandonato definitivamente. » disse Frank, mesto.
« Potrebbe anche aver accettato la sconfitta, non credete? » si intromise Louis, tentando di rincuorarci.
Ma il Capitano scelse proprio quel momento per fare il suo ingresso in sala comune, appiccando il fuoco ad uno striscione festoso fatto dai tifosi Grifondoro, incendiando mezza bacheca e lasciando che un denso fumo nero ci avvolgesse in una coltre buia nel quale si distinguevano solo dei colpi di tosse.
« Sì, Louis. Ha sicuramente accettato la sconfitta. » conclusi, inspirando fumo tossico a pieni polmoni.
« Oh, miseriaccia. » esordì Fred, una volta che il fumo nero si fu dissolto, puntando su qualcosa di presumibilmente terribile alle nostre spalle.
Temendo che il Capitano appiccasse ancora il fuoco, probabilmente su qualche malcapitato studente che aveva osato fare il tifo per Grifondoro, seguimmo tutti lo sguardo sconvolto di nostro cugino e individuammo Hugo, che fino a quel momento era rimasto disteso a terra a tracannare burrobirra senza dire una sola parola e contemplando tutti possibili significati di una morte lenta e dolorosa, incastrato nella bocca di Lisa Finnigann.
La scena mi stava procurando più conati di vomito del fumo tossico e ebbi diversi sussulti nello stomaco quando constatai di non riuscire a capire dove finivano mani di uno e cominciassero quelle dell'altro.
« Scusatemi, devo andare a vomitare. » proferii, correndo alla finestra per prendere una boccata d'aria.
E non fui l'unica. Alice Paciock fu la seconda a correre via, probabilmente per non respirare la stessa aria che respiravano loro, ammesso che prendessero aria tanto che le loro labbra erano attaccate, e uscì china dalla sala comune, sconvolta. Dominique scosse il capo severamente e la seguì a ruota.
Mi affacciai alla finestra, il vento freddo mi colpì in pieno volto: notai con piacere che aveva smesso di piovere. Ma qualche altra cosa aveva attirato la mia attenzione: un'ombra, in piedi al limitare della Foresta Proibita.
Sentii il panico pervadermi come una scarica elettrica, l'alcool fluire all'interno del mio corpo rapidamente. Sfoderai la bacchetta e mi precipitai fuori la Torre di Grifondoro senza voltarmi indietro, ignorando le esclamazioni dei miei cugini.
Quando fui fuori alla sala comune, vidi Dominique, inginocchiata accanto ad una Alice Paciock in lacrime su delle scale lì vicino, che tentava di consolare la ragazzina. Non appena mi videro, alzarono entrambe la testa, Alice tentando di nascondere le lacrime e Dominique con uno sguardo interrogativo.
« Dove stai andando, vuoi ammazzare i Serpeverde? » chiese, sconcertata. Non le risposi e continuai la mia corsa diretta verso il parco del castello. « Torna qui, che non rispondi delle tue azioni! Arrivo subito, Alice, aspettami in dormitorio. »
Sentii i passi di mia cugina per tutto il corridoio e la sua voce che mi chiamava insistentemente.
« Mangiamorte bastardi, se la vedranno con me! »
Sembrava che le parole affiorassero alla mia bocca automaticamente, come se stessi pensando a voce alta, senza rendermi minimamente conto del pericolo che stavo correndo non solo a voler tenere testa ad un possibile abile Mangiamorte assetato di sangue ma, soprattutto, ad urlare di averne visto uno nel territorio protetto di Hogwarts. E a pieni polmoni in presenza di mia cugina.
« Mangiamorte? » fece eco Dominique, afferrandomi per un braccio e conficcandomi le lunghe unghie nella carne con così tanta forza che mi sentii come se mi stesse tirando via la pelle. Piagnucolai in maniera indecente, sbattendo i piedi per terra. « Sei ubriaca. Oh, accidenti a Fred e alle sue maledette scorte! Torniamo immediatamente alla Torre di Grifondoro. »
« Mollami, Dominique. » sbraitai, divincolandomi dalla sua presa ferrea e imboccando le scale, tentando di seminare mia cugina che faticava a starmi al passo.
« Aspetta, fermati! Non sai quel che dici! »
Ma non furono le preghiere di mia cugina a fermarmi. Nonostante barcollassi e non fossi del tutto scattante come lo sarei stata se non avessi bevuto quantità industriali di burrobirra alcolica dopo la disastrosa dipartita della squadra di Quidditch di Grifondoro, ero certa che Dominique con le sue alte scarpe non sarebbe mai riuscita ad afferrarmi di nuovo tra le sue grinfie. Fu durante la mia poco equilibrata corsa verso il parco che al primo piano andai a sbattere contro qualcosa che quasi mi mandò letteralmente a terra: era Scamander e mi osservava dall'alto verso il basso con una strana espressione. Barcollai di lato e mi sostenni su un'armatura. Senza dire una parola, proseguii la mia corsa ignorando la sua espressione stranita e sconcertata.
Udii la voce di Dominique da metri di distanza ma scavalcai con un goffo salto il muretto di pietra del cortile e fui nel parco del castello in un attimo. Dopo qualche secondo, mi resi conto di non essere sola e seppi che nonostante le incomprensioni, l'odio o l'indifferenza, che quel ragazzo provava nei miei confronti, non ci aveva pensato due volte ed era corso da me.
La sua stretta attorno al mio esile polso mi fece palpitare, probabilmente a causa dell'alcool ancora in circolo nel mio minuto corpo. Alzai lo sguardo su di lui e percepii nei suoi meravigliosi occhi una preoccupazione che andava oltre quello che era accaduto tra noi. Trovarmi tra le sue braccia, quella volta, non mi dissuase dal divincolarmi freneticamente.
« Sei ubriaca? » fu la prima cosa che mi disse il ragazzo dopo giorni. Con una smorfia rabbiosa, scossi il capo anche se era chiaro il mio non essere particolarmente lucida e continuai ad agitarmi.
« Lasciami... »
« No, non ti lascio. » il tono del biondino era fermo, severo. « Sei ubriaca. »
« Ma non sono allucinata. » sibilai, rilassando i muscoli della braccia, conscia del fatto che in quelle condizioni non avrei mai potuto liberarmi dalla sua presa, che si fece più lieve.
Non avrei saputo dire se fosse a causa dell'alcool ma mi parve che gli occhi di Scamander si addolcirono. « Dominique mi ha detto cosa hai urlato in corridoio. » la sua voce era ridotta in un sussurro appena udibile, vicinissimo al mio orecchio. Sentii dei brividi percorrermi tutto il collo. « Se davvero non l'hai immaginato... cosa diavolo hai intenzione di fare, sfidarlo a duello? »
Considerai quel sottospecie di consiglio come opzione valida.
« Aspetta... »
« Sfidarlo a duello. » mi liberai dalla prigionia con uno strattone approfittando della sua debole presa, cominciando a marciare a passo svelto sulla discesa bagnata, seguita precipitosamente dal ragazzo, che era arrossito di indignazione. « I nostri genitori hanno affrontato cose ben più pericolose. Se tu hai fifa, Scamander, vattene via. Non hai da far festa nei sotterranei con la tua maledetta squadra di codardi? Mi sembra strano tu non sia ricoverato in un letto di Infermeria. Ah, certo che no: quelli sono i Grifondoro dopo le vostre infamie. »
Scamander scosse il capo come se non credesse alle sue orecchie. « Io non c'entro niente con le bravate dei miei compagni, d'accordo? Ti ho anche aiutata a risalire in sella, credevo avessi capito che non ho bisogno di giocare sporco ma hai visto del marcio anche in quello. » i suoi occhi si assottigliarono in due strette fessure. « Non sarebbe la prima volta. »
« Da che pulpito viene la predica. » ringhiai, stringendo la bacchetta come se avessi voluto colpire lui al posto del Mangiamorte. E l'avrei fatto se non avessi avuto pensieri ben più grossi che mi frullavano per la mente.
Scamander aveva spalancato la bocca e inarcato entrambe le sopracciglia, sconvolto dall'accusa. « E quando avrei visto del marcio in te? » intravidi delle scintille rosse fuoriuscire dalla bacchetta che stava agitando furiosamente sotto al mio naso. « Posso aiutarti? Certo che no, dato che ti ho vista baciare Olsen dinanzi ai miei occhi. »
Mi fermai bruscamente alla fine della discesa, facendo arrestare anche il ragazzo, che stava quasi scivolandomi addosso per l'improvviso cambio di marcia. « Sei proprio una testa di cazzo! » strillai, con occhi che mandavano lampi.
Lui rimase a bocca aperta, risentito e arrabbiato: sembrava che l'avessi colpito in pieno volto e si vedeva lontano un miglio che stava cercando le parole adatte per rispondermi e che, nonostante gli sforzi, non riuscisse a trovarne di gentili. Mi lanciò un'occhiata furtiva che non aveva niente a che vedere con l'offesa che gli avevo urlato un attimo prima e si costrinse ad affiancarmi con una certa preoccupazione, faticando ad ignorare l'epiteto da me utilizzato, avrei giurato.
« Qui non c'è nessuno. » cambiò discorso, afferrandomi nuovamente un polso quando feci per avventurarmi verso la foresta, guardandomi attorno con circospezione e puntando la bacchetta contro nessuno in particolare. « Torniamo al castello. Potrebbe essere una trappola. » insistette lui, preoccupato.
« Puoi sempre andartene. » mi intestardii, non avendo occhi che per la foresta.
« Io non vado da nessuna parte. »
Soffocai l'istinto di prenderlo a schiaffi solo per l'improvvisa comparsa di Dominique, in piedi con le mani sui fianchi al limitare della discesa e con il viso paonazzo di chi aveva corso per metri senza mai fermarsi. E probabilmente era andata proprio così. Sembrava furibonda a dir poco, oltre che decisamente affannata; tra le mani aveva le sue alte scarpe e appariva spaventosamente scioccata.
« Idioti. » fu la prima cosa che disse.
La ignorai, mentre Scamander, con uno sbuffo infastidito e la bacchetta pronta, correva ad aiutarla, rimproverandola. Dal mio canto, ero troppo impegnata a marciare avanti e indietro per il limitare della foresta per dar retta alle inutili paranoie di mia cugina.
« Ti avevo chiesto di restare al castello, che avrei pensato io a lei. »
Dominique mi raggiunse con un decoro che sembrava non appartenermi affatto e lanciò uno sguardo di pura sfida al ragazzo che aveva osato dirle cosa fare. « Sei l'ultima persona a cui l'affiderei, in questo momento. »
Annuii, pensando che in fondo mia cugina non fosse così male.
« Stai scherzando. »
« Niente affatto, biondino. »
Decisi di dar loro le spalle e lasciarli battibeccare come una coppietta di sposi cinquantenni su chi dovesse avere in monopolio la me ubriaca di quel preciso momento quando, scrutando il recinto degli Ippogrifi, ebbi l'idea più audace e più stupida allo stesso tempo.
Scavalcai il recinto con un balzo, rischiando di scivolare sul terreno, e feci un sorrisetto. Probabilmente era quello che avrebbe fatto mio padre.
« Che hai intenzione di fare? » chiesero in coro i due, uno irritato e l'altra spaventata.
« Non deve essere molto lontano, no? » risposi, inchinandomi velocemente dinanzi ad una bestiolina dal fulvo pelo dorato, che fece un fiero cenno col capo piumato e mi permise di avvicinarmi ancora di più. « Vado a perlustrare la zona in volo. Strano ma hai ragione, Scamander: potrebbe essere una trappola. Dominique, torna al castello e non farne parola con nessuno. Per nessuna ragione al mondo. »
« Hai davvero intenzione di salire sul quell'affare piumato? » volle sapere Dominique, isterica.
L'espressione di Scamander appariva come un misto tra il disperato e l'esasperato. « Vado con lei. » disse stizzito, avvicinandosi cautamente all'animale.
« Col cavolo! » riprese Dominique, avvicinandosi senza inchino alla bestia che prese a muoversi furiosamente. Ero certa che se non mi avesse udito menzionare i Mangiamorte avrebbe ritenuto il problema più grave del mondo camminare a piedi nudi in un recinto di animali. « Ho corso fino al limitare della foresta, sono anche ruzzolata per tutta la discesa, ho rotto una scarpa costata più di tutto il tuo guardaroba e pretendi che adesso faccia ritorno al castello? Vengo con voi. »
Scossi il capo con evidente fastidio mentre afferravo una catena lì vicino pensando che in altre circostanze avrei riso della scena, immaginando Dominique rotolare per tutta la discesa del parco o guardarla camminare senza scarpe in un recinto maleodorante. Forse in altre circostanze avrei addirittura apprezzato il fatto che ci tenesse a prendersi cura di me.
« Aiutatemi a salire sulla bestia. » insistette Dominique imperiosa, piantandosi sui talloni mentre io e il ragazzo eravamo affaccendati attorno all'animale.
Mi scambiai uno sguardo con Scamander e annuii. Al che non avemmo scelta che issarci tutti e tre su un maestoso Ippogrifo: Dominique in testa, io al centro che mantenevo le redini e Scamander dietro di me, con la bacchetta puntata contro il vuoto e l'altra mano sul mio fianco. Se non avessi avuto questioni più importanti da risolvere probabilmente sarei morta ancor prima di cavalcare l'animale ma dato che la mia sete di vendetta era arrivata a livelli estremi la presenza del ragazzo dietro di me costituiva soltanto il quaranta per cento del mio problema attuale.
« Lis, tu sei sicura di... » disse Dominique cauta, quando ci alzammo in volo di parecchi metri. « Sei sicura di saper guidare questo affare? »
« Se sono sicura, dici? » ribattei, facendo una curva così brusca che quasi ci fece scivolare dal dorso dell'animale. « Ma certo! » risposi, nonostante due paia d'occhi fossero testimoni del contrario. « Riuscite a vedere qualcosa? »
« Un nodo tra i miei capelli! » aveva urlato mia cugina, terrorizzata.
Indirizzai l'animale verso l'alto e strinsi le redini in maniera più forte che potevo: avevo cavalcato pochissime volte un Ippogrifo durante il corso della mia vita di bravate e tutte le volte che l'avevo fatto ero finita in Infermeria con qualche osso fratturato, le grida disperate di Hagrid come sottofondo delle mie sventure.
Volavamo abbastanza alti, il nero specchio d'acqua che si estendeva sotto di noi sembrava terrificante e immenso visto da quell'altezza. Notai che una sinistra nebbiolina ci circondava, impedendo gran parte della visuale, rendendo poco chiaro ciò che ci circondava.
« Rallenta... » mi disse improvvisamente il biondino nell'orecchio. Sentii un brivido percorrermi dall'orecchio alla schiena e l'unica cosa che parve rallentare precipitosamente in quel momento fu il mio cervello. « Fai come ti dico. »
Obbedii, sentendomi mancare il respiro un attimo dopo. Mi affrettai a coprire frettolosamente la bocca di Dominique con una mano, soffocando le sue urla spaventate, e deglutii a fatica: un altro Ippogrifo era in volo a pochi metri dinanzi a noi, e sembrava terribile immerso nella nebbia.
« Dominique, mantieni le redini e fai silenzio. » sussurrai, scoprendo in maniera lenta la bocca di mia cugina. « Stiamo correndo un grosso pericolo. »
« In che senso? » si mise a piagnucolare lei, afferrando la catena con mani tremanti e borbottando qualcosa di inafferrabile.
La ignorai mentre nella mia testa si faceva largo l'ennesima idea avventata, o stupida. Decisi di non rallentare, piuttosto, calciai violentemente l'animale su un fianco che, infuriato dall'inaspettato colpo, prese ad accelerare.
« Ma che diavolo stai facendo? » disse Scamander furiosamente, guardandomi come se fossi impazzita e stringendosi ancora di più al mio corpo. « Vuoi ucciderci tutti? »
« Ucciderci? » ci tenne a ripetere Dominique, nevrotica.
« Stupeficium! » urlai, puntando la bacchetta contro il conducente totalmente incappucciato dell'altro animale, che si mosse in fretta, contraccambiando l'attacco senza voltarsi verso di noi. « Impedimenta! »
Udii il biondino soffocare una bestemmia che non credevo neanche esistesse nel suo vocabolario. « Stupeficium! Ricordami di ammazzarti se sopravviveremo, Potter! »
Dominique quasi lasciò cadere le redini mentre ci avvicinavamo sempre più all'altro animale. « Sopravviveremo a cosa? »
In tutta risposta, Scamander lanciò un incantesimo non verbale. Ero certa che se avessi potuto guardarlo in viso la sua espressione mi avrebbe stecchita.
Eravamo vicinissimi all'uomo incappucciato.
Mi piantai con un ginocchio sul dorso della bestia, allungando una mano verso il cappuccio di quello che era il mio nemico.
« Ti ho preso, bastar- » tirai con veemenza il cappuccio nero di quello che doveva essere un terribile Mangiamorte ma quello che mi ritrovai dinanzi agli occhi non fu quello che mi aspettavo.
« Olsen? » aveva sbraitato il biondino, furente e scioccato era dir poco; dal mio canto, avevo la bocca spalancata come un pesciolino da cui non usciva alcun suono e non riuscivo a credere ai miei occhi, non riuscivo a credere di aver coinvolto due persone nell'inseguimento di niente di meno che di Alex Olsen.
« Ciao anche a te, Scamander. » rispose Alex, sbalordito quanto noi e con occhi spalancati. Mi ritrassi in fretta sul mio Ippogrifo, evitando accuratamente lo sguardo del biondino. « Credevo di essere inseguito dal Mangiamorte, per questo vi ho attaccati. Tranquillo, Scamander, ho controllato: deve essersi smaterializzato al confine. »
« Oh, adesso possiamo scendere, sì? » chiese flebilmente Dominique, accasciata sul capo piumato dell'animale.
« Sì, non corriamo più alcun pericolo. » rispose Alex serio, strofinandosi la nuca.
« Potevamo colpirti, Alex, ti rendi conto? » feci, ancora troppo scossa.
« Avrei potuto colpire io voi. »
« E certo! » colse subito la palla al balzo Scamander, sbottando con estrema indignazione. « Vai in giro con un cappuccio nero, Olsen, ti fai normale? »
Alex scosse il capo, confuso. « E voi andate in giro scoperti... »
Dominique si mosse debolmente, ancora accasciata. « Direi che la gita finisce qui... » disse, in maniera illogica.
Alex aveva inarcato le sopracciglia, ancora abbastanza sconnesso.
Mi premurai di giustificare mia cugina.
« Ha un nodo tra i capelli... »





Nessuno fece menzione di strani avvicendamenti il giorno successivo, e per fortuna. Dopo aver trasportato Dominique nell'Infermeria in seguito ad una crisi di nervi degna solo di un Capitan Baston, riprendemmo le nostre solite vite ad Hogwarts e io e il biondino continuammo ad odiarci in silenzio.
« Ed io non ero presente. » si lamentava Hugo durante l'ora buca delle dodici, diretti verso il parco del castello. In giro, si udivano ancora i canti festosi dei Serpeverde e commenti sulla partita. Inoltre, Baston non si era ancora disintossicato.
Soffocai uno sbadiglio enorme. « Eri occupato con Lisa. »
Mio cugino rabbrividì vistosamente. « Mi chiedo ancora come diavolo abbia fatto... » disse, uscendo all'aria aperta con me che gli camminavo accanto come uno zombie.
« Già. Ad Alice non pensi? »
« Alice? » chiese Hugo sorpreso, mentre crollavo distesa nel parco con occhi socchiusi. « Che cosa c'entra Alice? Io sono un Cacciatore libero, e sono liberissimo di baciare chiunque mi va. Mi offrii di baciare anche lei ma mi respinse, ricordi? E poi non mi ha parlato più. Di cosa si lamenta? Avrebbe dovuto accettare quando era il momento! Adesso mi ignora e tifa anche per Tassorosso. Che cosa spera di ottenere? »
Inutile dire che stavo già sonnecchiando contemplando nei miei sogni il veritiero motto: la sera Grifoni e la mattina...

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Blue. ***


Blue.


Dalla vita ho imparato che per quanto una persona pensi di essere in balia di un sudicio pantano ci deve essere sempre una ciliegina sulla torta che va a formare una torre di ciliegine su una torta di sfortuna. Avevo passato la vita collezionando ciliegine ma non mi sarei mai aspettata di decorare la mia torta di sfortuna durante la gita prefissata per quel weekend. E, a dirla proprio tutta e per la prima volta, la ciliegina non ce l'avevo messa neanche io...
Per nulla immune alle minacce di Hugo, un paio di giorni prima della partenza per la gita feci il mio trionfale ingresso nella Torre Grifondoro coi capelli completamente blu che facevano a pugni con la mia carnagione chiara e con le numerose efelidi sul mio naso. Fred e Hugo risero di puro cuore e anche Frank e Louis non potettero fare a meno di ridacchiare alla mia vista, nonostante tentassero invano di trattenersi.
« Sono stati i Serpeverde? » chiese Frank, ponendosi in all'erta.
« Una scommessa. » risposi, fulminando mio cugino con un'occhiataccia.
« Coi Serpeverde? » insistette Louis, incuriosito.
« Con quell'essere immondo che avete accanto. »
« Ti dona il blu, sai? Ti consiglio una tinta permanente. » ridacchiò Fred.
Alzai gli occhi al cielo. « Simon e Matt si sono domandati se avessero fumato più del dovuto e fossero allucinati. Per non parlare di quei bastardi dei Serpeverde che mi hanno riso in faccia per tutto il tragitto nei corridoi. Soddisfatto? »
« Abbastanza. » rispose mio cugino, soffocando una grossa risata. « Bando alle ciance... ti posso parlare? »
Annuii con uno sbuffo e, con la mia solita aria truce, lo seguii in fondo alla sala comune borbottando qualcosa all'indirizzo di Fred, qualcosa che somigliava incredibilmente ad un consiglio su dove potesse ficcarsi la bacchetta. Quando fummo lontani dalle orecchie dei nostri cugini e di tutti i componenti della sala comune, Hugo fece un colpetto di tosse.
« Mi ha detto Katie Thomas che l'ha saputo da Lisa Finnigann che Jason Goldstain le ha riferito che a sua volta l'ha saputo dalla pettegola della Bennett che la Jorkins ha detto che ti ha vista in compagnia di Scamander ieri sera dopo la cena. »
Mi presi qualche secondo per metabolizzare la prosopopea.
« Cosa hai detto? »
« Devo proprio ripeterlo? » gemette mio cugino.
« Se proprio vogliono saperlo, non ero in compagnia di Scamander per i miei porci comodi. » sbottai. « Avevamo appena accompagnato Dominique in Infermeria e Alex se l'era dato a gambe. Credo di proposito... »
« Beh, ma questo lo sappiamo solo io e te. »
« E con questo... »
Hugo mi mise una mano sulla spalla. « Dico solo che potrebbero circolare altre voci per il castello. »
« Se fossi in te mi premurerei più delle voci che stanno circolando su di te, piuttosto. Lisa ha sicuramente rivelato a Katie che vi siete baciati, che per ricambiare il favore l'ha detto a Goldstein, che per ricambiare il favore l'ha detto alle due Tassorosso, che a loro volta l'avranno detto all'intera Hogwarts. Oltre al fatto che la Torre Grifondoro non ha potuto fare a meno di notare l'indecenza della scena. » rimembrai la scena e la scacciai seduta stante.
« Io non... »
Ignorai di buon grado i suoi balbettii e, afferrandolo per un braccio, lo trasportai strategicamente accanto al buco del ritratto. « Senti, hai davvero intenzione di frequentare Lisa? » insistetti quando notai l'arrivo di Alice Paciock, che non potette fare a meno di udire.
« Frequentarla? A me non piace! » rispose Hugo infervorato, voltandosi verso il buco del ritratto ormai vuoto, probabilmente per controllare che Lisa non fosse a portata di orecchie. « E al momento sono abbastanza lucido da capire che rifarlo sarebbe come prendersi a pugni da so- »
« Sia lodato il cielo. » lo interruppi, con un sospiro di sollievo.
« Beh, insomma... » disse mio cugino, lo sguardo fisso su qualcosa di ancora indefinito alle mie spalle.
« Ehi, Potter! »
La voce apparteneva a Cassandra Smith, che vidi percorrere il buco del ritratto con una certa difficoltà insieme ad un minuscolo ragazzino di Grifondoro che terrorizzato da lei in modo molto probabile l'aveva lasciata entrare senza protestare. Non appena la ragazza giunse di fronte a me, fece una risatina molto sciocca.
« Santo cielo, chi ti ha fatto questa tinta orribile? » chiese, beffarda.
« È finta tanto quanto le tue extension, Smith, rilassati. »
Lei fece una smorfia disturbata, inspirando profondamente e ricomponendo la sua espressione di pura estasi. A coronare il quadro, un sorrisetto forzato che non prometteva niente di buono. « Sono qui per dirti che io e Lissi ci siamo messi insieme. »
Alzai un sopracciglio, confusa. « Tu e chi? »
« Io e Lissi. » rispose Cassandra Smith, inclinando la testa e continuando a sorridere in maniera maniacale.
Hugo mi diede una gomitata eloquente. « Lei e Lissi. » ci tenne a ripetere, notando la mia espressione sconvolta.
Mi voltai verso di lui sperando che quel nomignolo non corrispondesse alla persona a cui stavo pensando ma dovetti scavarmi la fossa da sola quando vidi che mio cugino stava annuendo freneticamente, gli occhi sbarrati per l'orrore e un accenno di sorriso contro il quale stava combattendo per non dargliela vinta.
Non ci furono più dubbi: stava parlando di Scamander.
« Ho saputo che tu e lui siete di nuovo amici, senza contare il fatto che siete imparentati. » ebbi uno spasmo quando la ragazza ci tenne a sottolineare con enfasi l'ultima parola. « Così ho pensato che sarebbe stato gentile informarti della splendida notizia in quanto grande amica e parente di Lissi. » concluse, con quel sorrisetto forzato che mi diede particolarmente sui nervi.
Rimasi impietrita e in silenzio, riflettendo sul fatto che la sua smorfia maniacale non mi piaceva per niente e che rispetto all'espressione da maniaca ossessiva preferivo di certo e di gran lunga l'arietta da bisbetica rammaricata che aveva assunto in quei due mesi.
« Una domanda. » si intromise mio cugino, facendo un colpetto di tosse. La Smith distolse lo sguardo grottesco dal mio volto sconvolto. « È davvero così che lo chiami nell'intimità? » ebbe l'audacia di chiedere, ignorando il violento pestone che ricevette un attimo dopo.
Cassandra non si trattenne dal rifilargli un'occhiataccia di pura superbia, per poi successivamente ritornare all'espressione melensa di pochi attimi prima. Che fosse vero quello che diceva o era semplicemente frutto di una montatura, quella ragazza aveva ottenuto l'effetto desiderato.
« Ho fatto bene, vero, a dirtelo di persona? Siete amici, dopotutto. » insistette lei, con vocina falsamente vellutata.
« Parenti. » corressi, nauseata.
Lei si aprì in un nuovo terrificante sorriso.
« È davvero fantastico. » dissi, ricambiando il sorriso in una maniera, se possibile, ancora più mostruosa.
Cassandra Smith fece una risatina, urlandomi qualcosa che non riuscii a comprendere data la mia dissociazione momentanea dalla realtà circostante, e corse fuori dalla Sala Comune di Grifondoro, agitando una mano al mio indirizzo.
Hugo, timoroso, stava osservandomi sott'occhio.
« È davvero fantastico? Hai sul serio detto... »
« È davvero uno schifo! » lo interruppi, calciando la prima cosa che ebbe la sfortuna di trovarsi alla portata del mio piede, che si era rivelata essere una poltrona con sopra due ragazzine del terzo anno che caddero rovinosamente a terra. « Ti sembra normale? »
« Il fatto che lo chiami in quel modo nell'intimità oppure... »
« Ti sembra normale? » tuonai, rovesciando un'altra poltrona.
Hugo scosse il capo in tutta fretta. « È un nome orribile, in effetti, hai ragione. »
Mi schiaffai una mano sulla fronte. « Andiamo. » sbottai, marciando pericolosamente verso il divano su cui erano seduti i miei due cugini e Frank e afferrando brutalmente la mia tunica.
Nessuno dei tre aveva osato proferire parola.
Hugo, dal suo canto, ritenne necessario farmi capire che era dalla mia parte. « Ti dai una calmata o ti prendo a calci nel culo? »
« Vieni con me sì o no? »
« Sì, sì. » rispose mio cugino, accondiscendente.
« Che succede? Dove andate? » chiese Louis, sconvolto.
Hugo fece l'occhiolino ai ragazzi e mi diede una pacca festosa sulla spalla. « Tutto sotto controllo! »




A scuola le voci continuarono a circolare come presunti articoli di giornale, molto somiglianti a: « terrore ad Hogwarts: sedicenne spaventosa dai capelli blu elettrico e armata di pugno di ferro crea il panico tra gli studenti e spedisce in Infermeria Harper di Serpeverde mentre suo cugino ride, godendosi la scena ». E quella non fu certamente l'unica voce che stava circolando in quei giorni: approfittando dei pochi compiti a loro assegnati prima della partenza, gli studenti del castello ebbero pettegolezzi a cui dedicarsi. Appurato dalla Jorkins che Scamander e la Smith stessero davvero insieme e appurato che molti Corvonero avevano perfino dichiarato di aver assistito a qualche bacio evasivo, la mia salute mentale non ne favorì per niente lo sviluppo della nuova storia d'amore appena nata.
Gli studenti, in ogni caso, si lasciarono alle spalle quei pettegolezzi solo il giorno della partenza per la famosa gita.
Quel mattino, eravamo tutti in fila nel parco del castello e proseguivamo a piedi oltre i confini della scuola.
A poche teste davanti a me c'era Scamander in compagnia dei suoi amici Jerald McKinnon e Dean Vance. Dal suo canto, William Baston era in testa alla banda Grifondoro e marciava con la sua solita andatura da soldato tedesco insieme all'altra Caposcuola e ai due Prefetti; quelli di Corvonero e Tassorosso erano in coda e sorvegliavano la situazione da dietro.
Eravamo quasi arrivati al limitare della foresta quando vidi Dominique in compagnia di Montague di Serpeverde, un ragazzo con cui era stata insieme da ragazzina e che le aveva spezzato il cuore, ma che in compenso si era trovato spezzata la mascella da mio fratello James.
« Da quando Dominique esce di nuovo con Montague? » sussurrai nell'orecchio di Hugo, che scosse il capo e fece spallucce.
« Ma non usciva con Baston? » rispose, con un brividino. « Non dirlo a Louis, comunque. »
Superai in gran fretta alcuni studenti, tra cui anche Scamander, e arrivai a Dominique, che aveva appena liquidato l'idiota Serpeverde.
« Sul serio, Dominique? Montague? » sibilai, tra i denti. Lei mi fece un sorriso stiracchiato, non facendo per niente caso al tono bellicoso con cui mi ero rivolta a lei. « Mio fratello si preoccupava per te quando era ancora ad Hogwarts, ha anche rotto la faccia a quel deficiente per te beccandosi una settimana di punizione e adesso ci stai anche in giro? »
Dominique riprese colorito sulle guance quando mi rispose col suo solito tono spiccio: « Stavo solo scambiando due chiacchiere. »
« Se lo sapesse James... »
« Tu non hai idea di cosa prova James. » disse Dominique, e ogni parola pronunciata era parsa affilata come una lama di un coltello. « Tra le altre cose, ho chiuso col tuo Capitano. Ho un altro ragazzo a cui pensare, Lis, e non si chiama di certo Montague. »
Mia cugina mi sorrise mestamente e, dopo avermi rifilato l'ennesimo sguardo evasivo, venne fermata da una sua compagna di classe Serpeverde, una ragazza lievemente in carne e coi capelli corti castano chiaro, che le chiese se il suo amico Montague la stesse nuovamente importunando.
Scossi il capo, riflettendo sulle parole di mia cugina, ritornando al mio posto e lasciando Dominique con la sua compagna di dormitorio.
« Scoperto qualcosa? » chiese mio cugino incuriosito, quando tornai da lui evitando il contatto visivo con Scamander in fila, che mi aveva osservata ritornare al mio posto a sottecchi.
« Niente di importante. » risposi, salutando con una mano Alex che si univa allegramente a noi, la solita zazzera di capelli biancastri al vento. « Ciao, Alex. »
« Vi trovo in splendida forma. » disse il ragazzo, in tono alquanto strano.
« Anche tu non stai male. » rispose mio cugino, con un sorrisetto; la sua spaventosa avversione nei confronti di Alex era scomparsa, esattamente come la sua poca tolleranza verso la sua abitudinaria presenza.
Alex Olsen sorrise, ma sembrava mi stesse studiando e che avesse la testa da tutt'altra parte.
« Hai visto chi ha accettato di accompagnarci? » chiese, indicando i due Auror: erano Emmeline Vance e Dedalux Bones, in testa al gruppetto dei ragazzini del quinto anno. « Naturalmente, me l'aspettavo. Sapete, questa gita non mi convince per niente. »
« Pensi possa accadere qualcosa? » chiese Hugo immediatamente, con lo stesso tono basso.
Alex si stava tormentando i capelli ed ero certa che non volesse rispondere nel modo in cui desiderava sul serio rispondere. « Mi auguro di no. »
Spalancai la bocca per dire qualcosa quando Alex mi interruppe, afferrandomi una mano.
« Penso sia ora di smaterializzarsi. »
Era vero: Brown stava dando l'ordine a tutti di prendersi per mano e raccomandava ai ragazzini di quattordici e quindici anni di non lasciare mai la mano del proprio compagno o l'unica cosa che avrebbero affrontato in quella gita sarebbe stato il riposo eterno in tenda. Sorrisi, sentendomi straordinariamente eccitata e afferrai la mano libera di Hugo. Ci smaterializzammo al fischio del professor Brown. Si udì il solito crack della smaterializzazione e, dal mio canto, chiusi gli occhi per la nausea che cominciava a crescere dentro di me. Fu solo quando mi sentii coi piedi per terra e ispirai dalle narici un odore di acqua salmastra che aprii gli occhi. Restai col fiato sospeso alla vista. Eravamo su una scogliera enorme che si ergeva sul mare, sormontata da rocce e una stradina ripida che saliva fino alla cima della scogliera dove probabilmente c'era la foresta; un enorme varco era presente a pochi chilometri da noi e sembrava portasse all'interno di una grotta.
Scossi il capo, rendendomi conto che Brown e i due Auror stavano già provvedendo alla sicurezza tramite incantesimi in modo che nessuno potesse avvicinarsi al limitare della scogliera e in modo che nessuno corresse pericoli.
« È splendido qui. » fu il mio commento, dopo qualche minuto di osservazione. E non ero l'unica, moltissimi studenti restavano ancora impalati a guardarsi intorno con stupore esattamente come me; altri si tenevano le pance o vomitavano sull'erba incolta, ad esempio Justin Smith; alcuni, invece, stavano disfacendo le loro borse e cominciavano a montare le tende sotto l'ordine imperioso di William Baston che sembrava efficiente e per nulla toccato come il suo solito.
« Sì. » rispose Hugo impressionato, posando lo zainetto sul terreno roccioso.
​« Non immaginavo fosse così bello qui. » intervenne Fred, correndoci incontro eccitato come un coniglio nella stagione degli amori. ​Sembrava più iperattivo del solito, e la cosa sembrava spaventare un paio di ragazzine del quinto anno che sostavano accanto a noi e si diedero alla fuga rapida. « Montiamo la tenda accanto a quella di Victoria Robins? ​»
« Frank, Alex, mi date una mano? » si inserì Louis, scoccando uno sguardo ad Olsen, che annuì con un sorriso.
​Frank, dal suo canto, si stava guardando intorno con sospetto e non accennava a muovere un dito per aiutare gli amici. ​« Non trovate anche voi che questa zona sia troppo... pericolosa per una gita scolastica? »
Sì, lo pensavo anch'io.
« Lascia perdere, Paciock, goditi l'aria fresca. » aveva tagliato a corto Alex, lanciandomi un'occhiata eloquente che ovviamente colsi.
​Fred fece uno sbuffo, non spostando gli occhi da Victoria Robins. ​« Olsen ha ragione! Rilassati, Frankie, siamo in vacanza. »
« Non si tratta proprio di una vacanza, Fred. » lo corresse Frank.
« Diamoci una mossa. Muoio di fame. » disse Hugo nella mia direzione, distogliendo lo sguardo da un perplesso Frank Paciock.
« Non ti va di esplorare? » sussurrai, evitando accuratamente di farmi udire dal resto dei ragazzi e rifilando uno sguardo sbieco a Scamander a pochissimi metri da me che, insieme a Jerald e Dean, si apprestava a montare la tenda.
« Non mi sembra una buona idea, signorina. » intervenne la voce divertita del professor Brown. Mi voltai lentamente, scoprendo la sua espressione rilassata e per nulla propensa a lasciarmi correre via a ficcanasare e mettermi nei pasticci. « Avrete tantissimo tempo per esplorare in giro, te lo garantisco. »
Tentennai, sbuffando un attimo dopo.
« Certo... era quello che intendevo. »




Quando finimmo di montare le tende (Fred aveva aiutato amabilmente Victoria Robins e le sue amiche), il professor Brown, Emmeline e Dedalux ci condussero in giro per il territorio e ci illustrarono i vari programmi e i percorsi da fare. Alcuni di essi necessitavano la presenza di creature fantastiche che sembrava che Brown avesse nascoste nella sua stramba valigetta di cuoio che di tanto in tanto, avrei giurato, tendeva a muoversi freneticamente. Il primo step era quello di percorrere la vasta foresta da soli, e quello sarebbe stato un gioco da bambini di due anni per me che avevo passato la mia vita a scorrazzare nella Foresta Proibita, trovando qualunque tipo di ostacolo oppure i nostri compagni con il quale avremmo potuto allearci. E ciò si riallacciava ad un secondo step: quello di scendere la vallata fino alla scogliera. Infine, come ultimo step avremmo dovuto attraversare una grotta che io, naturalmente, non vedevo l'ora di attraversare.
L'unica pecca era che lo avrei fatto col mio partner di Difesa...
« Domani cominceremo a metà mattinata per finire al tramonto. Una giornata intera in cui mi pregherete in ginocchio riposo eterno. »
« Certo. » ribattei, sarcasticamente. « Non chiederei riposo eterno nemmeno se un Grugnocorto Svedese mi rincorresse per chilometri. »
Sentii ridacchiare da ogni zona della fila e strizzai l'occhio a Jerald e Dean che mi sorrisero lì accanto. Non tutti, comunque, sembravano esaltati come me e mio cugino. Per esempio, Dominique stava meditando il suicidio e l'unica cosa che Matt Ford trovava esaltante di quella gita erano dei funghetti che aveva raccolto nella foresta.
Fu solo quando la piccola Alice Paciock finì addormentata per terra ad un masso durante una delle nostre pause che Brown si decise ad ordinarci di tornare alle tende.
Tutto intorno era piacevole, tranquillo, stavano cominciando a spuntare le stelle e la luna già si vedeva, ancora poco luminosa. Faceva fresco e quasi tutti gli studenti si tenevano addosso delle piccole mantelle o coperte; da lontano si udivano le onde infrangersi rumorosamente sugli scogli.
« Che bel cielo, eh? » esordì Fred, circondando con un braccio la spalla di Victoria Robins, che arrossì. Aveva convinto la ragazza e le sue amiche a passare la serata insieme a noi e nessuna di loro aveva protestato quando si erano accorte della presenza di Alex Olsen e di mio cugino Louis. « È così... come dire? Maestoso. »
« Maestoso? » ridacchiai, notando l'espressione sconcertata della Robins.
Fred scosse il capo, interrogativo.
« Senza dubbio i Serpeverde non saranno gentili con noi durante le prove. » disse Louis ragionevole, lanciando uno sguardo verso la combriccola dall'altro lato della roccia.
Notai che Cassandra Smith e le sue amiche si erano unite a Bellatrix e la sua banda Serpeverde e la cosa non mi piacque per niente, nonostante non fossero mai andati in disaccordo tra di loro durante gli anni ad Hogwarts.
« Niente promette bene... » disse Frank, ansioso.
« Non essere pessimista, Paciock. » prese subito a rimproverarlo Hugo.
Alex stava osservando Frank con preoccupazione. « Basta solo tenere gli occhi aperti. » disse in tono estremamente rassicurante, e Frank annuì, per niente rassicurato.
« Mi piacerebbe diventare un Auror. » sospirai, sdraiandomi per terra con le mani dietro alla nuca.
« Sì, vero? » disse immediatamente Hugo, solennemente.
« Sarebbe bello, sì. » si intromise Frank, serio.
« Voi due Auror? » rise Fred indicando me e mio cugino con una smorfia assai divertita, e Dominique non potette fare a meno di scoppiare a ridere insieme a Fred. « Gli Auror sono quelli che levano le persone dai pasticci, non ci si mettono loro. »
Ci furono altre risatine irritanti e inutile dire che finii imbronciata e mal disposta con tutti quanti, anche con le amiche della Robins che ridacchiavano fastidiosamente e che furono miracolate dal fatto che Louis mi aveva trattenuta dal non lanciare loro una scodella dietro la testa. Finimmo di cenare con un sottofondo di risate, con Fred che tentava in tutti i modi di rendersi simpatico risultando solo ridicolo agli occhi della Robins, che dal suo canto non aveva proferito parola e si teneva timidamente la mani in grembo, e con Hugo che prendeva vistosamente in giro Fred per vendetta. Quando Brown spense tutte le luci, ordinando a tutti di metterci in tenda e di dormire, ubbidimmo.
Dal mio canto, non nutrivo affatto il desiderio di dormire. Attesi una ventina di minuti, il tempo di udire il russare di parecchi compagni, e sgusciai fuori dalla mia tana: sembrava tutto tranquillo e silenzioso lì fuori, gli Auror chiacchieravano con Brown al limitare della scogliera e fu in modo veloce che mi intrufolai nella tenda di mio cugino, scuotendolo con forza.
« Hugo... » sussurrai, con voce roca. Gli mollai un ceffone sul sedere. « Stai dormendo? »
« Stavo... » lo sentii borbottare infastidito, voltandosi dal lato opposto in cui lo stavo scuotendo. « Cinque minuti... »
« Adesso, Hugo, stanno dormendo tutti! »
« Cinque minuti... » e lo sentii russare di nuovo un attimo dopo.
Mi fiondai velocemente fuori dalla tenda di mio cugino e passando dietro ad ogni tenda riuscii abilmente a non farmi vedere dagli Auror mentre mi affrettavo a correre via. Notai che non ero l'unica a non aver sonno: alcune studentesse condividevano la tenda e ancora chiacchieravano e si scambiavano notizie sottovoce; alcuni stavano giocando a scacchi e spara schiocco in silenzio; altri avevano la testa fuori la tenda e guardavano il cielo in attesa di addormentarsi. Mi abbassai con destrezza dietro una delle ultime tende e correndo tra due teli vicini calpestai non volendo i capelli di qualcuno.
« Oh, scu... » mi resi conto troppo tardi che avevo quasi calpestato la testa di Scamander, che si era messo a sedere con le sopracciglia inarcate e abbastanza confuso. « Scusa, Scamander. » mi corressi, freddamente.
« Non preoccuparti. » disse lui, in tono stranamente gentile e pacato. « Dove stai andando? »
« Ti interessa? » replicai, antipatica.
« Chiedevo. » rispose lui calmo, e sembrava quasi come se si sentisse in colpa nei miei confronti.
Ci scambiammo uno sguardo assai intenso in cui io temetti che le farfalle che si agitavano nello stomaco potessero fuoriuscirmi dal corpo, poi lui mi afferrò inaspettatamente un braccio trascinandomi dentro la sua tenda. Un attimo dopo udimmo la voce di Brown richiamare un paio di ragazzi.
« Per un pelo, eh? »
Rimasi impietrita ad osservarlo, con le gambe scoperte distese in quello spazietto angusto che mi fece precipitare il cuore in un burrone, oltre la scogliera, finendo nell'oceano profondo e divorato dagli squali. Altre farfalle si mossero freneticamente solleticandomi lo stomaco quando misi a fuoco senza ombra di dubbio il suo petto nudo, che avevo, sì, visto durante le mie vacanze natalizie a casa Scamander ma di cui non riuscivo di certo ad abituarmi.
« Meglio che vada. » borbottai, sentendomi la febbre. « Non voglio che la tua ragazza mi veda qui e si ingelosisca. »
Il ragazzo sembrava respirare a fatica. « Io... lei non... »
Gli rifilai un'occhiatina rapida e corsi via dalla sua tenda prima che potesse dire o fare qualcosa: fu una boccata di aria fresca in tutti i sensi.
Risalii la stradina ripida fino al bosco dove avevo precedentemente visto un laghetto che a detta di Brown era: « largo come una casa e profondo come un palazzo di quattro piani. » e lo trovai non molto lontano dal limitare del boschetto. Non era grande come quello che avevamo ad Hogwarts ma possedeva comunque una certa bellezza. Stavo giusto per sedermi sulla riva quando udii qualcosa muoversi tra gli alberi e una figura nera stagliarsi nell'ombra. Sfoderai in fretta la bacchetta e la puntai contro l'ombra scura che si era rivelata essere...
« Smith! » sbottai veemente, decisamente seccata dall'inaspettato incontro.
La faccia cupa della ragazza fece capolino nell'oscurità del boschetto, illuminata solo dalla luce della luna che rifletteva sul suo volto una smorfia che non le avevo mai visto. Aveva un non sapevo che di grottesco, il modo in cui continuava a fissarmi insistentemente, avanzando in maniera lenta verso di me.
« Ti sembra il momento di... »
« Expelliarmus! »
La mia bacchetta fin troppo esposta fece un balzo rapido tra le mani della Smith, che sorrise inquietantemente.
« Restituiscimi la bacchetta, Smith, non volevo attaccarti. » esclamai, facendo un passo verso di lei, che dal suo canto mi premette la sua bacchetta sul petto lasciandomi un foro nella maglietta che osservai orribilmente sorpresa. « Ma che diavolo stai facendo? Sembri impazzita. »
« Tu... tu sei un lurida! »
Spalancai gli occhi, sconvolta. La ragazza sembrava aver perso la testa, a tratti non sembrava neanche lei. La Cassandra Smith che conoscevo non avrebbe mai rischiato di essere colta fuori dalla tenda da Brown, compromettendo la sua reputazione da Caposcuola. Da lei mi sarei aspettato che mi denunciasse, che facesse la spia, non che mi seguisse furtivamente.
« Levati di torno se non vuoi che... »
Lei premette con più forza la bacchetta sul mio petto. « Sono venuta da te pochi giorni fa. » mi interruppe, affannata e facendo qualche passo in avanti. Fui costretta a retrocedere, fissandola torva. « e in tutta la mia misericordia ti ho dato la bellissima notizia del mio fidanzamento con Lissi dato che credevo foste amici. Mi hai addirittura detto che siete parenti ma parenti non siete, Potter, tu mi hai presa soltanto per il culo! »
« Che ti importa se siamo amici o parenti, Smith? » ribattei, sconcertata.
« Mi importa dato che Lissi appartiene a me e una lurida come te che va a ficcarsi nella tenda di un ragazzo fidanzato non deve prendermi in giro! »
« Mi ci ha trascinato lui! » mi difesi prontamente, inalberandomi da tale affronto. « E levami la bacchetta di dosso se non vuoi che te la riduca in un mucchietto di rami. » sbottai, spingendola da un lato con una brusca manovra che quasi le fece perdere l'equilibrio.
« Tu non te la caverai così facilmente. » continuava a minacciarmi Cassandra, gli occhi spalancati e brucianti di collera.
« Non ho tempo da perdere, Smith. E non osare minacciarmi. »
Feci per andarmene, piuttosto seccata dalla sua presenza, ma non ebbi neanche il tempo di incamminarmi fuori dal bosco quando, del tutto inaspettatamente, la ragazza mi lanciò uno strano incantesimo che mi fece fare un volo di tre metri. Del tutto impreparata da tale affronto, atterrai nel lago col fiato mozzato dalla potenza dell'incanto. L'acqua era gelida e sembrava come se mille coltelli mi si fossero piantati nel petto. Non riuscivo a muovermi, il mio corpo sembrava paralizzato, e cominciai ad annaspare.
« Smith! S-sei- » biascicai, agitandomi visibilmente e osservando Cassandra Smith immobile sopra di me, come terrorizzata, incapace di fare qualunque cosa se non vedermi annegare. « Questa me la... me la... »
Finii sott'acqua: non riuscivo a nuotare, a parlare, il gelo mi aveva immobilizzata. Cercai invano la mia bacchetta e ricordai che la Smith mi aveva disarmata prima ancora che potessi dirle qualcosa.
Quando riemersi, udii una voce urlare qualcosa che non riuscii bene ad afferrare e misi a fuoco un'ombra tuffarsi nel lago e nuotare velocemente verso di me.
« Io non... ries- » urlai con voce roca, ormai sicura che se non mi avessero tirato in fretta da lì sarei morta di ipotermia. Ogni parola che pronunciavo mi bloccava il respiro.
Mi ritrovai sott'acqua ancora una volta: qualcosa mi aveva afferrato un piede e cominciava a trascinarmi violentemente sotto. Sentii un taglio all'altezza del petto, un bruciore, poi la vista annebbiata...




Sembrava essere passata un'eternità quando aprii di nuovo gli occhi. Ero svenuta, cosa che accadeva spesso ad Hogwarts durante le mie risse coi Serpeverde. Svenire, comunque, poteva essere una faccenda di cui non preoccuparsi per me ma non per Scamander e Olsen, i cui volti erano vicinissimi al mio e mi fissavano in maniera ansiosa, e per Emmeline Vance, che sentii tirare un sospiro di sollievo quando cominciai a muovermi debolmente sull'erba. Cassandra Smith, a pochi metri da loro, aveva il capo chino.
« Beh, che avete da guardare? » buttai lì, faticando a rimettermi a sedere e notando un attimo dopo di non avere più la maglietta. « Credo che qualcuno mi abbia denudata. »
« D'accordo, sta bene... » aveva sussurrato Emmeline, facendo un altro sospiro di sollievo e voltandosi come una furia verso la Smith. « Con te facciamo i conti. Come hai potuto gettarla in acqua? »
« Non l'ho fatto di proposito, mi creda! » aveva strillato Cassandra, e quasi pianse mentre con gli occhi cercava il supporto del suo fidanzato, che non la guardava neanche di striscio. « Non volevo mica ucciderla. »
« Ma c'eri quasi riuscita. » concluse Emmeline, in tono definitivo. « E credo che qui siamo tutti d'accordo che sei bandita dalla gita. Andiamo. »
Cassandra Smith pianse tutte le sue lacrime mentre Emmeline la scortava lontana da noi. Scamander, che neanche mentre l'Auror allontanava la sua ragazza le aveva lanciato un'occhiata, mi teneva fermamente la schiena mentre Alex strofinava con tutte le sue forze la pesante coperta attorno al mio corpo infreddolito.
« È normale se non ho la maglietta? » sbottai, innescando un nuovo sorriso da parte dei due.
« Lysander ha dovuto strapparla via. » disse in fretta Alex, strofinando un'asciugamano anche dietro la schiena di un imbarazzato biondino, ancora a petto nudo e impensierito. « Perdevi sangue, devi aver urtato contro qualche roccia. Stavo dormendo quando ho sentito il mio ciondolo bruciare... » accluse, mostrandomi lo stesso ciondolo che aveva donato a me per Natale. « Sì, ecco a cosa serve: comincia a riscaldarsi se ti trovi in pericolo di vita. Così sono corso a cercarti ma lui ha fatto prima di me e ti ha recuperata, sono arrivato giusto in tempo per aiutarlo a farti rinvenire. È stato davvero fantastico. » concluse, con ardore.
Scamander sorrise ad Alex, di un sorriso stanco, mesto, che mai avevo visto dedicare a quel ragazzo e che mai avrei pensato potesse dedicargli, e fu con voce rotta di collera che disse: « È colpa mia se ha rischiato la vita... »
« Lascia perdere. » lo interruppe Alex, apprensivo.
« Speravo di dimenticare... »
« Lascia perdere. » insistette l'altro. « Hai fatto tantissimo questa sera. Tieni, credo che questo debba appartenere a te. » e gli mise tra le mani il ciondolo con la strana fenice dalle ali spalancate. Prima che il biondino potesse protestare, Alex si era alzato e gli aveva allontanato le mani in modo da non lasciarsi restituire il ciondolo. « Un dono di Natale posticipato, diciamo così, e le mie scuse per tutto. Vi lascio soli, vado a rassicurare i tuoi cugini. » sorrise, sparendo velocemente dietro un alto albero.
Mi voltai per guardare Lysander, sconvolto quanto me, quando me lo ritrovai improvvisamente e inaspettatamente appeso al collo: mi aveva abbracciata in modo così violento che piombammo entrambi a terra, l'uno addosso all'altro, e non ce ne curammo affatto. Il contatto tra il suo corpo bagnato e il mio mi fece perdere un battito, se fosse capitato in una circostanza diversa l'avrei preso a calci oppure mi sarei incollata alle sue labbra, difficile dire per cosa avrei optato. Invece me ne stetti tranquilla, stanca, a ricambiare il suo abbraccio. Sentivo il calore penetrarmi in ogni zona del mio corpo freddo e non protestai quando il suo gomito quasi mi ammaccò una costola.
« Eri svenuta... » stava sussurrando, stringendomi, se possibile, ancor di più. « E io credevo... credevo che quella cosa ti avrebbe trascinata sul fondo e... e non avrei potuto... »
« Sto bene adesso... »
« È tutta colpa mia. Mi dispiace. » concluse lui, angosciato.
Volevo dirgli di no, che non era colpa sua se aveva baciato Cassandra Smith facendole credere che tra loro potesse nascere l'amore e inoltrandosi in una relazione di cui non gli importava assolutamente nulla che aveva fatto sì che la ragazza in questione impazzisse al solo vederlo a contatto con me ma non lo feci. Averlo accanto, affranto e in pena, mi scaldava il cuore. Lui mi aveva salvata. Esattamente come quando da bambini i miei fratelli e cugini si divertivano a vedermi annegare nel laghetto della Tana e lui correva, sempre pronto, ad aiutarmi.
Scamander mi lasciò andare lentamente, con occhi lucidi. Avrei voluto baciarlo in quel momento: aveva rischiato tanto per me. E, nonostante tutto quello che era accaduto, gli importava davvero.
« Ringrazia Olsen da parte mia per la collana ma... non dire che ho apprezzato la cosa. »

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Alleati e avversari. ***


Alleati e avversari.


Dopo aver affrontato un Hugo particolarmente furioso e desideroso di gettare Cassandra Smith in pasto alla piovra, per non parlare delle minacce rivolte a suo fratello Justin Smith di cui Lorcan Scamander tenne a dar man forte nonostante l'idea di non avermi tra i piedi per un poco di tempo credetti fosse per lui alquanto allettante, e per non parlare di quando Dominique riuscì a collezionare ciocche di extension bionde appartenenti alla Smith prima che si Smaterializzasse con l'Auror Emmeline Vance, e per non nominare neanche il complotto messo su da Fred contro la Corvonero, la serata, dovevo ammetterlo, era passata in fretta e in modo piacevole. Quando mi alzai il mattino successivo mi sentii del tutto rifocillata: infondo, avevo, sì, rischiato di tirare le cuoia ma quello per me era stato un modo del tutto tranquillo per farlo e il giorno successivo ero pronta per combattere anche contro Lord Voldemort in persona.
« Voi non c'eravate ma i Serpeverde si sono comportati in maniera davvero strana. » stava raccontando Hugo seriamente, confabulando con me e Alex prima di unirci alla coda di persone che dovevano essere divise nella foresta per iniziare la prova. « Nel senso che non hanno mostrato il minimo segno di sorpresa quando hanno saputo dell'attacco... »
« Beh, ma a loro cosa interessa, in effetti? » feci, stranita dall'affermazione di mio cugino e fissando di sbieco Bellatrix parlottare con l'inquietante Mulciber.
« Credimi, erano davvero strani. » insistette mio cugino.
Scambiai un'occhiatina interrogativa con Alex, che aveva le sopracciglia contratte in maniera del tutto pensierosa e indagatrice, e dissi con una mezza risata e uno sbuffo, tentando più di convincere me stessa che affermarlo agli altri due: « Ho visto Cassandra Smith insieme a Bellatrix e gli altri Serpeverde prima che mi attaccasse nel bosco ma non era sotto Maledizione Imperius. »
« Non esiste solo la Maledizione Imperius per manipolare una persona. » esordì inaspettatamente Alex.
Assunsi un cipiglio pensieroso e sospettoso al contempo. « Stai dicendo che la Smith potrebbe essere stata manipolata? » chiesi, inquietata. « A me sembrava ragionasse con la sua testa. Era visibilmente tormentata di suo. »
« Qualcuno potrebbe aver alimentato i suoi pensieri contro di te a tal punto da farla impazzire in quel modo. » disse ancora una volta Alex pensoso, un pizzico di preoccupazione nella voce. « Concorderai con me sul fatto che quella ragazza non sembrava normale, o no? » insistette il ragazzo, guardandomi fisso negli occhi e in modo intenso; sentii, come sempre, come se qualcuno mi stesse analizzando a fondo e il colore spento dei suoi occhi, quasi vuoti, come di bambola, continuava a provocarmi tutte le volte uno strano malessere che non mi lasciava andare.
« Sì, non sembrava normale... » non potetti fare a meno di confermare.
Alex annuì, con l'aria di chi aveva compreso più di quanto ci tenesse ad ammettere. L'arrivo di Dominique, Louis, Fred e Frank non distolse il ragazzo dalle sue riflessioni.
« Per la cronaca, avevo ragione a dire che sarebbe accaduto qualcosa di pericoloso. » intervenne Frank, lievemente offeso per la mancanza di fiducia nei suoi confronti e scoccando una mezza occhiataccia a Fred, che stava ridacchiando.
Alex annuì con fare serio. « Una deduzione da Auror. I miei complimenti, Paciock. »
Frank arrossì. Dominique fece un colpetto di tosse come per richiamarci e mi fece un sorrisetto che non prometteva nulla di buono mentre mi allontanava dal resto dei ragazzi per restare da sola con me.
« Sai cosa? » mi chiese, mordicchiandosi il labbro in modo diabolico.
Sospirai, avendo anche solo una vaga minima idea di dove volesse andare a parare. « Cosa? »
« Non mi dispiacerebbe affatto se tu conoscessi altri ragazzi. »
I miei occhi spalancati e la mia espressione sorpresa fecero ridacchiare di cuore Dominique.
« D'accordo, Scamander ti ha salvata e gliene saremo grati per sempre ma non ho trovato carino il fatto che lui non ti abbia rivolto la parola dopo che sei stata costretta a baciare Alex, a cui tu non piaceresti neanche se ti vestissi da maschio. » disse Dominique, con una smorfia. « E che abbia preso la palla al balzo per consolarsi con la Smith per dimenticarti. »
« Ne hai parlato con lui? » ipotizzai, conoscendo mio malgrado la risposta.
« Certamente. » ammise mia cugina annuendo, e i boccoli rossi le dondolarono con grazia sulle spalle. « E non ha voluto sentir ragioni. Direi che merita una punizione, il che mi riporta all'uscita ad Hogsmeade del primo di marzo. »
Sembrava più una punizione per il fatto che lui non avesse ascoltato i consigli di mia cugina che per il comportamento pessimo che aveva assunto nei miei confronti. In effetti, aveva tutta l'aria di essere la vendetta di Dominique per eccellenza.
Inarcai le sopracciglia, allibita. Non avevo idea di come mia cugina potesse anche solo pensare all'uscita ad Hogsmeade in un momento come quello, dopo che avevo sfidato il fato a richiamare la mia anima immortale all'altro mondo e dopo esserci per un pelo finita. E, soprattutto, dopo che le avevo raccontato del lungo abbraccio tra me e Scamander conclusosi con un sincero perdono.
« Tu accetterai l'invito ad Hogsmeade di qualunque ragazzo sia disposto ad invitarti. » decise Dominique, e non mi sembrava affatto un affettuoso suggerimento, quello, da parte sua, piuttosto un ordine che avrei dovuto eseguire per evitare che ciocche rosse dei miei capelli si aggiungessero alla sua sinistra collezione.
« Io non voglio andare a Hogsmeade con... »
« Tu andrai ad Hogsmeade con chiunque sia disposto a venirci con te. » concluse Dominique, in tono definitivo. Non protestai: la sua idea, in ogni caso, non suonava così male. « Ah, e non mi aspetto un Thomas MacMillan che non saprebbe neanche riconoscere una ragazza da un budino o un Alex Olsen, Lis. E i candidati saranno severamente valutati da me, ti ricordo. »
Dovetti reprimere con tutta la forza di volontà che avevo una grossa risata sguaiata. « Sì, certo, Domi, a breve la lista dei candidati. »
Dominique scosse la chioma color rame. « Te ne sarei davvero riconoscente. » disse, non afferrando per niente l'abbondante sarcasmo da me utilizzato.




Arrivati a destinazione, il professor Brown divise gli studenti del settimo anno e li fece partire per primi da zone diverse del bosco, che era molto esteso e quindi non fu difficile smembrare studenti in modo da disperderli. Seguimmo noi studenti del sesto anno dopo un quarto d'ora e infine, dovevo supporre, quelli del quinto anno. Dai racconti di zio Ron appariva esattamente come una prova del Torneo Tremaghi al quale mio padre aveva partecipato e mi dissi che avrei saputo cavarmela meglio del mio adorato paparino e, in caso contrario, il passo dal gettarmi da una rupe non sarebbe stato difficile conoscendo il mio sconfinato amor proprio.
Avanzai lentamente con la bacchetta levata ma nessun ostacolo mi intralciò particolarmente il cammino, a parte qualche Schiopodo Sparacoda e un paio di piccole Acromantule, che superai incolume fin quando non mi ritrovai di fronte ad un Grugnocorto Svedese, maestoso, le squame bluastre e le ali argentee, che mi stava sbarrando minacciosamente la strada.
Arretrai all'erta contro un albero mentre il drago, non grande quanto uno adulto ma pur sempre ben formato, avanzava pericolosamente verso di me.
Pensai ad uno scherzo ma quello che avevo dinanzi agli occhi non appariva affatto una burla in seguito alla mia battuta fatta la precedente sera: il drago continuava ad avanzare e sembrava in procinto di sputare fuoco. Difatti, un secondo dopo aver pensato che la bestia stesse per attaccarmi, mi scansai appena in tempo per schivare il debole e lento getto di fuoco bluastro del Grugnocorto che aveva mandato in fumo il tronco dell'albero sul quale ero posata pochi secondi prima.
« Miseriaccia... » commentai, ammirata e sconvolta allo stesso tempo.
Schivai un altro sputo di fuoco: il Grugnocorto aveva puntato gli occhi argentei su di me, muovendosi tra gli alberi e cominciando ininterrottamente a sputare piccoli spruzzi di fuoco o fumo. Inutile dire che mi diedi alla rapida fuga.
« Come diavolo si combatte un drago? » esclamai tra me e me, brandendo la bacchetta con quello che doveva essere un fare minaccioso. « Stupeficium! Confringo! » i miei incantesimi scivolarono sulle squame della bestia, che non aveva accusato alcun colpo ma uno sbuffo si polvere si era levato quando pronunciai l'ultimo incanto, sfavorendo la visuale ad entrambi. « Maledetto Brown, non l'ha mica detto che potevo trovarmi sul serio una bestia del genere di fronte! Incarceramus! »
Delle grossi funi avvolsero il Grugnocorto Svedese e mi garantirono del tempo per pensare a cosa fare per combatterlo mentre la creatura tentava con violenza di liberarsi dalla prigionia che gli avevo imposto. Corsi, riflettendo velocemente sebbene la mia mente in quel momento fosse sgombra, fin quando caddi precipitosamente su un rovo e un Asticello mi fu addosso. Con uno Stupeficium gli feci fare un volo di tre metri e, distratta dal suo attacco, mi sorpresi quando mi ritrovai spinta di prepotenza dietro ad un albero da qualcuno che urlò: « Duro! »
Notai che l'albero dietro al quale eravamo distesi io e lo sconosciuto era diventato di pietra e che quest'ultimo mi stava letteralmente addosso, disteso su di me in modi che mi fecero ringraziare il cielo che il ragazzo non mi avesse lanciato contro un incantesimo di lettura della mente.
Quando alzai lo sguardo, riconobbi Zack Evans, il Caposcuola di Tassorosso e Capitano della squadra di Quidditch. Sentii una strana sensazione alla bocca dello stomaco che mi piacque meno dell'Asticello: il fatto che somigliasse vagamente a Scamander e che per un attimo l'avessi scambiato per lui a causa della sua chioma biondastra spettinata non mi fu di alcun aiuto. Gli occhi di Evans erano color nocciola e sembravano gli occhi di un cucciolo di cerbiatto; i tratti erano duri, la mascella pronunciata.
Il drago, nel frattempo, aveva sputato nuovamente fuoco, ritrovando in contrasto la barriera di pietra di Evans che ci aveva salvati dal getto.
« Grazie, ero distratta. » dissi, accigliata ma grata.
« Fai attenzione. » rispose il ragazzo, alzando la bacchetta per intercettare la bestia, che si guardava attorno con circospezione. Quando fummo l'uno di fronte all'altro notai che era molto più basso di Scamander e decisamente meno bello.
Puntai anche io la bacchetta verso il Grugnocorto, che cominciò a sbuffare fumo verso di noi. « Corri! » urlai, afferrando Zack Evans per un braccio mentre ce la davamo a gambe levate. « Dobbiamo creare un diversivo! Sai trasfigurare un sasso in un cane? »
Zack, illuminandosi, annuì.
« Ti copro le spalle. » dissi, lanciandomi verso sinistra per attirare le attenzioni della bestia.
Stavo giusto per richiamare il drago per lasciare Evans operare su un masso quando adocchiai mio cugino Hugo, arruffato e macchiato di sangue, che mi correva incontro da una stradina di alberi laterale mano nella mano con Alice Paciock, anche lei molto spettinata. Sembravano piuttosto malconci e, conoscendo l'antipatia di mio cugino verso le creature magiche, appariva di pessimo umore e decisamente ostile verso quella prova. Entrambi, comunque, non si erano affatto accorti che una bestia enorme era a pochissimi metri da loro.
« Devo uscire da qui solo per ammazzare Brown, parola mia. » aveva sbraitato mio cugino, adirato. Riuscii a sentire il puzzo che emanava da un metro di distanza e feci una smorfia infastidita mentre Alice trotterellava al suo fianco. « I Kappa sono orrendi! C'è uno stagno qui dietro e sono appostati come maledetti. Hanno attaccato prima Alice e poi sono... porco Merlino. »
Hugo aveva lasciato la mano di Alice solo per coprirsi la bocca, sotto shock.
« Ma quello... quello... » aveva balbettato Alice, orripilata.
« È uno stramaledetto drago! » concluse mio cugino, urlando.
« Davvero? Credevo fosse una fatina. » lo rimbeccai, incrociando le braccia al petto.
Hugo aveva sbarrato gli occhi, annaspando per l'ansia e la paura. « Che diavolo ci fa un drago qui dentro? »
« Un picnic. » ironizzai. Cogliendo la disperazione nello sguardo di mio cugino, scossi il capo con fare ovvio. « Cosa potrebbe mai fare un drago qui? Fa parte della prova, di certo non sosta in tenda. »
Ma mio cugino non mi ascoltava nemmeno tanto che era concentrato sull'animale e una lieve striatura di verde sul suo volto pallido fu per me un preoccupante segnale di malore. Come zio Ron, aveva ereditato il ripudio per quelle bestie e Alice Paciock non sembrava da meno.
« Oh, andiamo, non vorrai svenire proprio adesso? » strepitai allarmata, dando un poderoso schiaffo in pieno viso a mio cugino e il rumore fece eco tra gli alberi e la natura circostante. Lui non si mosse. « Reagisci, forza! » altro schiaffo potente.
« C'è un cane... » ci tenne ad osservare Alice, confusa.
Mi voltai e lo vidi: un cane minuscolo trotterellava tra le zampe enormi del Grugnocorto Svedese e, dopo aver attirato particolarmente la sua attenzione e irritato di buona misura, corse via col grosso lucertolone al suo seguito.
Alice fece un sospiro, scuotendo il braccio di Hugo con una certa forza. « È andato via. »
« Complimenti, Evans. » sorrisi, e il bel Tassorosso ricambiò velocemente il mio sorriso. Sentii di nuovo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco e mi diedi un rapido schiaffo mentale. Mi rivolsi a mio cugino, con un'occhiata preoccupata. « Stai bene? »
« Dovrei? » rispose lui, furibondo.
Lo ignorai di buon grado. « Evans, davvero, hai salvato mio cugino da un... »
« Chiamami Zack. » mi interruppe lui, lievemente contrariato dalla mia scelta dell'uso del suo cognome.
« D'accordo, Zack, tieni sempre d'occhio i draghi per noi. » ridacchiai, camminando impacciata con la bacchetta stretta in pugno.
« Potrebbero essercene altri? » gemette mio cugino, avanzando il passo verso la direzione opposta al Grugnocorto.
« Chi lo sa. » Evans mi sorrise. « Bella trovata quella della trasfigurazione. »
Gli feci un sorriso cortese, a capo chino: non riuscivo a guardare negli occhi quel ragazzo, anzi, non riuscivo a guardarlo e basta data la sua tremenda somiglianza con Scamander. « Un deja vu. » replicai, rimembrando i racconti della mia famiglia sul Torneo Tremaghi e evocando un ricordo nella mia memoria nel quale mi era stato narrato di un combattimento contro un drago che prevedeva una trasfigurazione come diversivo.
Decisi di cambiare argomento.
« Stai allenando la tua squadra? » volli sapere, chiedendomi più che altro se William Baston avesse lasciato almeno per qualche sera il campo libero ai poveri Tassorosso.
« Sì, e anche faticosamente. Dopo la sconfitta coi Serpeverde dobbiamo cercare di rimontare, almeno classificarci al secondo posto. »
Certo, con Baston la cui mente si era spinta oltre ogni limite umano e coi Serpeverde pronti ad utilizzare le più pericolose fatture e trabocchetti più oscuri per accaparrarsi definitivamente il primo posto ci riuscirai sicuramente, Evans.
Evitai accuratamente di dire cosa mi passava per la testa.
« Anche se abbiamo avuto un paio di problemi col nostro portiere che, a dirla tutta, non ne ha parata neanche una. »
« È dura. » avrete bisogno di un miracolo, in poche parole. « ma tentar non nuoce. »
« Adesso alleati e nella prossima partita avversari... » disse il Tassorosso, lanciandomi uno strano sguardo. Dal mio canto, chinai immediatamente il capo. « Ma permettimi di essere più un alleato che un avversario. » concluse lui in un sussurro, arrossendo lievemente.
Sentii di nuovo quella strana sensazione nello stomaco e fu con grande rammarico che pensai di aver appena trovato un candidato per la lista tanto desiderata e attesa da Dominique.




Fummo giù alla scogliera in poche ore e trovammo i due gemelli Scamander, Dominique e Alex che chiacchieravano fitto fitto tra di loro; un paio di Serpeverde, tra cui Bellatrix e Dolohov; e alcuni Tassorosso in lacrime accanto a dei Corvonero. Scoprii che i Tassorosso in lacrime si erano ritrovati a combattere contro creature magiche a dir poco assatanate e violente che non avevano nulla a che fare con le creature che Brown aveva inserito all'interno del bosco e la cosa mi diede, naturalmente, molto da pensare.
« Dalla descrizione di Yvonne Steeval erano creature oscure e l'ha confermato anche quell'Auror. » disse Dominique quella sera, immediatamente informata dalla stessa Yvonne.
Dominique appariva davvero preoccupata ma non fece domande strane e, a dirla proprio tutta, non aveva fatto alcuna domanda concernente la situazione attuale, neanche quando ci eravamo ritrovati in quell'assurdo inseguimento aereo. Sembrava quasi come se volesse negare la presenza di qualcosa di oscuro, come se ne avesse paura.
« Impossibile. » decretai, scuotendo il capo. Al confronto, il Grugnocorto mi era apparso come una piacevole compagnia nei boschi. « Brown non ci darebbe mai in pasto a creature oscure. »
« No, lui no. » disse Alex serio, parlando più a se stesso che a noi e non guardando in faccia nessuno mentre il suo sguardo era immerso in un preoccupante vuoto.
Quella sera, ebbi la pulce nell'orecchio più fastidiosa che ebbi mai avuto e mentre riposavo distesa sull'erba continuavo a pensare senza sosta. Ero stanca. Avevamo camminato a lungo nel bosco, incontrando altre creature che istigarono mio cugino al suicidio immediato e alla piccola Alice una poderosa crisi di nervi. Di tanto in tanto, avevo sentito il ciondolo di Alex bruciare, segno che il biondino era finito nei pasticci ed era in pericolo, ed ero sicura che anche quando ero seguita dal Grugnocorto Svedese o da qualche altra bestia il ragazzo aveva sentito il suo bruciare ma nessuno dei due ne parlò. A dire il vero, non scambiammo neanche una parola quella sera: dal mio canto, ero stata immersa in lunghe conversazioni con Zack Evans che non mi staccava neanche per un attimo gli occhi di dosso, sotto lo sguardo compiaciuto e soddisfatto di Dominique che di tanto in tanto annuiva. Ma Zack Evans, nonostante il suo fascino, non mi distraeva dal pensiero di quel che Alex mi aveva innescato nel cervello, specialmente quando ripensai a quel che era accaduto ad Hogwarts e nel paese, a quel che era accaduto a me a San Valentino, a quel che era accaduto ad Yvonne Steeval proprio sotto al naso di Brown e dei due Auror, e fu così che, mentre tutti dormivano o chiacchieravano silenziosamente tra loro raccontandosi le ultime notizie, corsi da Emmeline Vance.
« Potter! » fece lei, spalancando gli occhi per guardarsi intorno e colta alla sprovvista dalla mia spudorata comparsa. « Che ci fai ancora in piedi? »
Tentennai. « Mi domandavo se... insomma, Alex mi ha detto che voi dell'Ordine della Fenice controllate i vecchi Mangiamorte. » mormorai. Emmeline assunse una strana espressione quando nominai l'Ordine della Fenice e dopo qualche secondo annuì, senza dire una parola e prestandomi tutta la sua attenzione. « Mi ha anche detto che avete dei sospetti ma che i colpevoli sono davvero abili a non essere scoperti. » attesi ma l'Auror non intendeva rivelare niente più di quanto non avesse già rivelato Alex. « Cosa ne pensate di Lestrange? »
« Controlliamo Rabastan. Rodolphus marcisce ad Azkaban. »
« E Dolohov e il resto? »
« Non abbiamo trovato niente, Potter. » concluse Emmeline, quasi come a voler finire in tutta fretta quella scomoda conversazione. « Devi capire che non possiamo accusare nessuno senza prove. L'Ordine controlla anche i canali di Metropolvere e le Smaterializzazione e non c'è stato assolutamente nulla di sospetto. Alex mi ha detto che qualcuno ha più e più volte sorpassato le protezioni della scuola ma noi Auror controlliamo il perimetro con potenti incantesimi. Qualcuno deve aver agito all'interno... »
« Sospettate che ci sia una spia, un canale di comunicazione tra Hogwarts e l'esterno? » m'intestardii.
« Se tuo padre scoprisse che ti sto dicendo queste cose... »
« Mio padre continua a non voler fare trapelare le notizie? »
« Non condannarlo per questo. » il tono di Emmeline era cambiato: era calmo, affettuoso, mesto.
« Si sta comportando esattamente come Cornelius Caramell... »
« Sei una ragazzina davvero in gamba ma certe cose non le capirai mai. » annuì l'Auror, dandomi lievissime pacche su una spalla facendomi irritare non poco. « Quando sarai più grande capirai che ci sono cose più importanti di acciuffare i cattivi. Ed era diverso anni fa. Attualmente non conosciamo niente del nemico. Neanche il nemico... » mi guardava intensamente e io non abbassai neanche per un secondo il mio sguardo, sostenendolo con determinazione. Cosa significava che c'erano cose più importanti di acciuffare i cattivi? La salvezza della popolazione era priorità per chi lavorava in quel campo. « Bada bene, per adesso le persone non devono sapere. Adesso vai. »
« Un'altra cosa. » dissi frettolosamente, prima di essere congedata con più domande di quante ne avevo avute fino a quel momento. « Avete almeno saputo come hanno fatto quelle persone incappucciate ad attaccarci quando il resto dell'Ordine sorvegliava le loro abitazioni? »
« O hanno trovato un modo o siamo sulla pista sbagliata... »
Non credevo che gli Auror fossero sulla pista sbagliata. Di sicuro esisteva un modo che aveva permesso loro di lasciare le loro case incolumi, un modo che collega Hogwarts e altri luoghi.
Sì, quella era la risposta ma... qual era quel modo? Come facevano?
« Vai, Potter, vai. »




Il mattino successivo, Brown ci dispose in coppie, le solite coppie delle lezioni di Difesa contro le Arti Oscure, con l'aria funerea di chi non vede l'ora di ritornare al castello per non dover scoprire altro di spiacevole accaduto ai suoi studenti. Io e il biondino ci affiancammo, silenziosamente, io molto nervosa e lui molto teso e imbarazzato; Hugo, impacciato, si era avvicinato ad una irritata Lisa Finnigann, al quale non aveva rivolto la parola da quando era accaduto quello che era accaduto durante la festa per la sconfitta di Grifondoro; Louis insieme ad Alex sembrava tranquillo e anche Alex sembrava gradire la presenza di mio cugino; Fred era eccitatissimo e Frank, il suo compagno di lezioni, era determinato ma allo stesso tempo inquieto.
« Se doveste trovarvi in difficoltà sparerete in aria scintille rosse a raffica. » disse il professore, sorridendoci in maniera affabile, anche se decisamente meno rassicurante del solito. « Inutile dire che anche su questa ultima prova saranno assegnati dei punti e dei voti che vi serviranno per il vostro rendimento. Per cui, fate attenzione e dateci dentro, giovani speranze. »
« Bene. » dissi, incrociando le braccia al petto e scoccando al mio partner un'occhiatina furtiva mentre Dominique che passava di lì per unirsi alla coda di studenti del settimo anno ridacchiava e faceva smorfie. Zack Evans, in coppia con una ragazza molto bassa dal ciuffo blu elettrico, mi sorrise radiosamente. « Spero non ci siano altre creature magiche da affrontare. Ne ho abbastanza di combattere contro questo tipo di avversari. »
« Puoi sempre chiedere al tuo nuovo amico di farti da spalla. » s'inserì Scamander gelido, una punta di fastidio nella voce.
Lo fulminai con un'occhiataccia prima che Brown desse inizio alla prova. Io e il biondino fummo una delle prime coppie a fare ingresso nel luogo in cui si sarebbe svolta la prova: la grotta appariva maestosamente inquietante, c'erano rocce fresche dappertutto, l'eco dei nostri passi e delle tenebre soffocanti. Probabilmente esisteva da secoli, forse da millenni.
Scamander fece illuminare la punta della sua bacchetta e proseguì con passo sicuro verso una stradina laterale.
« Da brividi, eh? » fu il suo commento.
« Affascinante. » corressi estasiata, voltandomi a destra e sinistra per non perdermi nessun particolare della grotta. Per la distrazione di scorgere delle enormi stalattiti che pendevano da un piccolo cunicolo mi graffiai su una di esse e sibilai una bestemmia grossa quanto quel luogo.
« Stai bene? » chiese il ragazzo, immediatamente.
Annuii e per la fretta di nascondere la mia mano insanguinata agli occhi del biondino andai a sbattere la mano ferita contro una grossa pietra che si aprì improvvisamente, al mio minimo tocco.
« Credo di aver trovato un passaggio. »
Il ragazzo aveva puntato velocemente lo sguardo sulla pietra, sospettoso e incredulo allo stesso tempo. Osservava con ansia il foro che era appena apparso improvvisamente dinanzi ai nostri occhi, come una sorta di ingresso nascosto.
« Come hai fatto? »
« L'ho solo toccata. Non l'ho fatto di proposito. » mi misi sulla difensiva, scacciando dalla mano ferita pietruzze fastidiose con un polsino della squadra di Quidditch preferita di zio Ron che portavo di tanto in tanto al polso. « Andiamo? »
Attraversai l'arco di pietra e il ragazzo mi seguì senza fiatare, all'erta.
« Strano. » disse, illuminando con la bacchetta una sinistra pozza d'acqua nera come la pece che si notava dalla costa rocciosa.
« Sei spaventato? »
« Ti sei subito abituata ai cavalieri senza macchia e senza paura che salvano le damigelle in pericolo? » rispose Scamander acido, guardandomi con uno strano sguardo risentito e camminando con la bacchetta puntata in avanti.
« Per tua informazione, Zack Evans non mi ha salvata da un bel niente. E non sono neanche una damigella in pericolo, Scamander. » sbottai.
« Nemmeno una damigella, a dirla tutta. » corresse lui, continuando a camminare sull'unico sentiero che ci trovavamo di fronte. « Ma era per rendere l'idea. »
L'idea di te che vieni sospeso per le caviglie sul soffitto della grotta ti piace o preferisci un Orcovolante?
Feci un nuovo sbuffo e proseguii lungo la strada senza dire una parola, voltandomi di scatto a guardare lo specchio d'acqua oscuro ogni qual volta che credevo di scorgere qualcosa che si muoveva lì intorno e che si rivelava essere semplicemente frutto della mia immaginazione. Con la coda dell'occhio, invece, osservavo i movimenti del ragazzo e mi rendevo conto che anche lui di tanto in tanto si voltava verso il tetro lago e mi lanciava delle occhiatine furtive. Dal mio canto, continuavo a mantenere imperterrita un'espressione di finta disinvoltura sul volto che mi si addiceva proprio bene.
Mentre camminavo a passo lento, qualcosa riuscì a catturare la mia attenzione e per la prima volta non si trattava del lago: il polsino che zio Ron mi aveva regalato a Natale e che avevo utilizzato dieci minuti prima per pulirmi la mano dai detriti giaceva a terra, davanti a noi.
« Aspetta un momento... il mio polsino! » esclamai, e l'urlo fece eco all'interno della grotta buia.
« Cosa? » fece il ragazzo, sconcertato. « Il tuo polsino? »
« Sì, santo cielo, l'ho appena detto. » dissi, sconvolta tanto quanto lui. « Ricordo che l'avevo con me ma probabilmente devo averlo perso all'entrata del... del... aspetta... » guardai il biondino con uno strano sguardo perplesso.
Lui mi prese fermamente per un braccio e mi costrinse a non continuare a camminare.
Impallidii. « Siamo di nuovo al punto di partenza... ci stiamo muovendo in cerchio. »
« Sì, lo penso anch'io... »
Avevamo proseguito per minuti e non era accaduto nulla di così esaltante: a parte le occhiatacce che ci rivolgevamo l'un l'altro, nessun ostacolo, nessuna creatura. Non ne capivo il motivo ma pensai facesse solo parte della prova. Forse avremmo dovuto osservare più intorno, imboccare qualche sentiero che al buio non avevamo notato, tuffarci in quella pozza d'acqua...
No, forse c'era qualcosa che non andava.
« Ho un brutto presentimento. » stabilii, e non mi sorpresi nel vedere il biondino decisamente d'accordo con me.
« Sì, avremmo dovuto incontrare un ostacolo e difenderci da esso, invece ci troviamo di fronte un terribile specchio d'acqua nero come la morte. Lumos! » un lampo di luce fu scagliato all'interno della grotta, atterrando proprio al centro di essa ed illuminando un piccolo isolotto. « Non mi piace. Non mi piace per niente. »
Neanche a me piaceva: c'era decisamente qualcosa che non stava andando per il verso giusto.
« Siamo bloccati qui dentro, ecco cosa penso. » esordì il biondino, una nota di panico nella voce. Mi voltai a fissarlo con occhi lievemente sbarrati e lui si strinse nelle spalle. « Beh, lo scopriremo subito, comunque. » accluse, puntando in aria la sua bacchetta e guardandomi con una strana espressione.
« Cosa vuoi fare? » sbottai, afferrando con una mano la sua bacchetta e comprendendo la sua malevola intenzione di sparare in aria scintille rosse a raffica.
« Non verranno in nostro soccorso. Brown e gli Auror potrebbero non essere neanche a conoscenza di questa galleria... sembra roba davvero oscura. Ti sei ferita ad una mano e hai toccato quella pietra per errore e quella ci ha lasciati passare: era un tributo! Tu hai indirettamente pagato col tuo sangue per passare e adesso siamo bloccati qui dentro. »
A quello non avevo pensato e quelle parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno volto mentre, con la bocca spalancata, rallentavo la stretta sulla bacchetta del biondino e gliela lasciavo puntare verso l'alto. Lui non smetteva di guardarmi e vidi il panico riflesso nei suoi occhi. Eppure tutto tornava, nonostante apparisse inquietante a dir poco. Forse faceva tutto parte della prova... anche se la faccenda del sangue sembrava di cattivo gusto. Il cioccolatino insanguinato, l'accesso al varco di pietra grazie al sanguinamento di una parte del corpo... possibile che tutto fosse, in modo assurdo, collegato involontariamente? Mi maledissi per non aver raccontato ad Alex o ad Emmeline del mio strano dono di San Valentino, tra tutti i pensieri che avevo avuto a scuola avevo dimenticato che Alex avrebbe preferito saperlo.
Scamander finì di guardarmi solo quando spedì in aria scintille rosse a raffica che osservai a bocca aperta.
« Fidati, meglio provare con le scintille. Preferisco non rischiare la morte come te un giorno sì e uno no. »
« L'ultima volta per colpa tua, ti ricordo. »
Lui aprì la bocca, da cui non uscì alcun suono. Ci guardammo e ci voltammo in due direzioni opposte, dandoci la schiena.
Niente aveva senso, niente di niente. Sbuffai e marciai verso il laghetto, tuffando cautamente le mani all'interno di esso per sciacquarmi il viso. Attesi qualche secondo con le mani ferme in quella pozza nera, secondi in cui non accadde niente di quel che avevo temuto, e cominciai a sciacquarmi la ferita e la faccia, contenta del fatto che non fosse accaduto nulla di male.
« FERMA, LILY, NON TOCCARLO! »
Mi voltai lentamente verso di lui con il volto zuppo d'acqua e l'espressione colpevole.
« L'ho già toccato. » ribattei, cauta.
Udii Scamander soffocare un'imprecazione da premio oscar.
« Ma che ti prende? » m'inalberai, fissandolo con goccioline che grondavano dal mio viso. « Volevo solo... » una mano bianca e scheletrica mi aveva afferrata improvvisamente graffiandomi un polso e non lasciandomi continuare la frase. Urlai per la sorpresa, riuscendo a liberarmene solo con un poderoso calcio, e arretrai con un sussulto. « Ma cosa diavolo era?! »
Scamander ci tenne ad afferrarmi per le spalle per trascinarmi con veemenza lontana dall'acqua. « Quella lì era una mano morta...? »
Cominciai a lasciarmi prendere dal panico anche io: sembrava esattamente quello che lui aveva pensato che fosse. « Mi stai dicendo che un cadavere mi ha appena afferrato la mano? » strepitai, mentre correvamo verso le pietre vicine per cercare invano l'uscita.
Appurato il fatto che eravamo bloccati lì dentro e appurato anche il fatto che nessuno sarebbe venuto in nostro soccorso e che la creatura che mi aveva afferrata non faceva parte della prova, per cui avrebbe potuto benissimo farci fuori senza problema alcuno, la situazione si mostrava a me in modo molto differente.
Un'illuminazione, veloce come un lampo in pieno giorno, mi colpì. E fu con un grosso nodo in gola che mi affrettai a rendere Scamander partecipe dei miei pensieri.
« Quelli non sono cadaveri qualsiasi. »
Scamander impallidì visibilmente.
« Quelli sono Inferi. » esordii, stringendogli la mano, e lui ricambiò la stretta.
Avevo letto tutto al riguardo in libri orribili tenuti nascosti in biblioteca e ricordai con orrore ogni fedele descrizione e rappresentazione, pensando che quella mano somigliava davvero alla una mano di un Inferius che avevo sfortunatamente ma accuratamente osservato in un volume nero come quel pozzo d'acqua.
« Morti portati in vita dalla magia, ma certo! Devono essere qui da anni e si sono risvegliati... »
« Come si risvegliano i morti? » chiesi, incuriosita e inquietata allo stesso tempo.
« Me lo sto chiedendo anche io. » fece il ragazzo. « Santo cielo, quelle non sono creature! Sono persone! Persone che sono state portate in vita in modo orribile e adesso... »
« ... stanno venendo verso di noi. » conclusi in un sussurro spaventato, quando una dozzina di mani strisciarono verso la pietra per riemergere dal lago. « Lysander. » scandii, quando il ragazzo deglutì senza fiato, cominciando a tremare. « Come facciamo a liberarci di quei cadaveri? »
« I-Io... »
« Lysander... » mormorai, appiattendomi sulla roccia alle mie spalle e puntando la bacchetta verso le creature che, in ossa più che in carne, si trascinavano verso di noi con movimenti fluidi e sinistri, le mani protese in avanti, viscide, coperte di bolle, sfilanti e cadaveriche come i loro corpi morti. Uomini, donne e bambini continuavano ad avanzare; alcuni erano ancora a terra e strisciavano con le ossa sulla stradina rocciosa. Era uno spettacolo orribile.
Cominciammo a combatterli, invano. Li schiantammo a raffica ma ce n'erano troppi e la magia sembrava non sortire alcun effetto su di loro.
Incrociai per un attimo gli occhi verdi del ragazzo e seppi esattamente cosa stava pensando in quel momento...
Ci stringemmo ancora più forte la mano.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Di morti scampate e piani di vendetta. ***


Di morti scampate e piani di vendetta.


Finire nei guai era sempre stato pane quotidiano per me ma quando ci finivi dentro fino al collo bisognava ammettere che quel che stava accadendo doveva avere una fine e doveva avercela subito, quella fine. Il fatto che mentre orde di Inferi impazziti continuavano ad attaccarci io continuavo imperterrita ad urlare a Lysander di scappare via e di trovare una soluzione che non fosse restare accanto a me a schiantare cadaveri la diceva lunga su di me e mi rendeva agli occhi del mondo non esattamente una ragazza normale e con la testa sul collo. Il fatto era che mi sentivo terribilmente in colpa: avevo scoperto io l'ingresso per quella grotta ed ero stata io ad aver toccato l'acqua maledetta.
Mi sarei sacrificata per difendere Scamander con tutte le mie forze.
« Stupecifium! »
« Impedimenta! Ce ne sono troppi! » esclamai, stringendo la mano del biondino e scuotendola con forza. « Vattene via da qui e corri a chiamare aiuto, con un poco di fortuna riuscirai ad uscire da qui dentro attraverso la pietra - Stupeficium! - mentre io... »
« No! » aveva sbottato il ragazzo, agitando pericolosamente la bacchetta contro gli Inferi che avanzavano sinistri verso di noi come degli zombie particolarmente affamati. Alcuni di loro furono scaraventati lontano da noi, verso lo specchio d'acqua e non riemersero più. « Vattene tu! »
« No, non ti lascio qui! » replicai, velocemente.
« Nemmeno io, dannazione, riesci ad essere testarda anche in queste situazioni! » urlò il biondino, che era terribilmente pallido e sconvolto ma deciso ad uscire vivo da quella circostanza che ci vedeva in grave pericolo. « Non possiamo schiantarli tutti... in questo modo non ne usciremo vivi! »
« Dobbiamo trovare la pietra d'entrata... insieme, andiamo! »
Scamander mi strinse ancora più forte la mano e sgusciò tra i cadaveri con una certa difficoltà, stavolta abbondantemente verdognolo in volto e quasi sul punto di vomitare. Dal mio canto, ero sudata e spaventata quanto lui, non lo negavo, temevo che qualcosa sarebbe andato ancora più storto e che uno dei due sarebbe morto ma non avevo intenzione di andarmene in quel modo, senza neanche aver lottato.
Guardai per un istante Scamander ma non riuscii a sostenere il suo sguardo: i suoi occhi erano colmi di lacrime. Il tratto caratteriale che più adoravo di quel ragazzo era la sua limpidezza: lui non tentava di nascondere nulla, nessun sentimento, nessuna lacrima, al contrario di me che cercavo disperatamente di fingere che stavo bene, che non avevo paura di niente.
« Non temere... » continuava a ripetermi il biondino mentre correvamo verso non si sapeva cosa, tentando invano di convincermi che sarebbe andato tutto bene e, soprattutto, tentando di convincere se stesso. « Non temere, non aver paura... »
« Non ho paura. » mentii immediatamente, il cervello in blackout totale e il cuore che sembrava stesse uscendo fuori dal petto per quanto batteva. ​
Lui non credette neanche per un momento a quella bugia e mi strinse, se possibile, ancora di più la mano per poi rallentare di botto la presa e fermarsi altrettanto improvvisamente.
« Ho un'idea. » disse, in risposta alla mia espressione interrogativa.
Lo vidi afferrare il ciondolo che aveva appeso al collo per poi procurarsi con tutta la forza che aveva uno squarcio sul palmo della mano che cominciò a sanguinare in modo copioso lasciandomi letteralmente con la bocca spalancata.
« Troviamo quella pietra. » disse, cominciando a tastare in maniera rapida tutte le rocce al nostro lato mentre gli Inferi cominciavano a far capolino anche dall'acqua, circondandoci nuovamente.
« Non ce la facciamo... »
​« Non dirlo neanche per sogno! »
​« Come facciamo? » urlai, con una buona dose di pessimismo che mi pervase pericolosamente. ​« Continua a cercare quella pietra, io faccio da esca! Non ce la faremo mai se... »
Non finii la frase: le labbra di Scamander sfiorarono goffamente le mie.
« Resta con me. » disse, in un sussurro appena udibile.
Il mio cuore fu trafitto da una moltitudine di lame. « Sempre. »
Il ragazzo distolse in fretta lo sguardo da me, continuando nella sua impresa. Dal mio canto, rintontita dal bacio a fior di labbra ricevuto in un momento del genere, l'unica cosa che mi consolava era il fatto che se proprio avessi dovuto morire avevo accanto una delle poche persone per cui avrei rischiato di morire... e la morte non mi sarebbe apparsa così terribile con lui al mio fianco.
Ma non era quello il giorno.
« Un momento... » un nuovo lampo mi aveva attraversato la mente e la pagina del libro sugli Inferi che lessi con non moderato interesse si stava presentando prepotente davanti agli occhi, chiarissima e limpida come se l'avessi proprio in quel momento sotto al naso. « La luce... la luce! Gli Inferi odiano la luce. Lumos Maxima! »
« Geniale! Incedio! »
Dalla mia bacchetta fuoriuscì un potente fascio di luce che riuscì ad accecare perfino noi e da quella del biondino un poderoso getto di fuoco. Ci coprimmo gli occhi con una mano mentre intorno a noi si udivano rumori sinistri, come degli strani stridii, e una volta che ebbi abbassato la bacchetta e interrotto l'incanto notammo nella grotta eravamo rimasti solo noi, stanchi ma illesi. Gli Inferi si erano rifugiati nel loro specchio d'acqua spettrale: stavano riposando di nuovo.
« Siamo vivi... » constatai. « Ce l'abbiamo fatta... »
Scamander fece una risata nervosa e si sostenne, scioccato quanto me, su una pietra che d'un tratto si mosse aprendosi con uno scatto fulmineo. Precipitammo a terra senza dire una parola... ai piedi del professor Brown, di Emmeline Vance e di Alex Olsen.




« Tu non ti muovi dall'Infermeria, Potter, o chiamo la McGranitt! »
Quando Madama Amelia uscì tutta impettita fuori dall'Infermeria, sbuffai e sibilai una parolaccia che, quella volta, non fece arrossire per l'imbarazzo neanche i muri dell'Infermeria per quanto essi ci erano abituati. La verità era che, come al mio solito, non nutrivo affatto il desiderio di restare inchiodata in quel letto e non volevo neanche essere trattata come una malata terminale durante i suoi ultimi attimi di vita: l'adrenalina ancora mi scorreva nelle vene e l'esigenza di scoprire cosa fosse successo mi premeva più di quanto mi premesse uscire sana e salva da quella grotta.
Incrociai lo sguardo sconfitto e annoiato di Scamander, in un letto accanto al mio, e sbuffai ancora una volta, piazzandomi con le mani sui fianchi e facendo per uscire fuori dalle lenzuola.
« E non guardarmi così. »
Lui fece un accenno di sorriso che trovai tremendamente irritante. « Sei una persona incredibile e insopportabile, sai? »
Bel modo che aveva di ringraziarmi per avergli salvato il prezioso fondoschiena che, mio malgrado, si ritrovava.
Mi morsi un labbro e non feci in tempo a ribattere quando le uniche due persone che desideravo ardentemente vedere in quel momento entrarono di corsa nell'Infermeria del castello: Hugo e Alex arrivarono scaraventando Madama Amelia per aria, trascinando con loro senza volerlo le sue pantofole rosa coi coniglietti. Sembravano molto affaticati ed erano paonazzi in volto. Non appena furono vicinissimi ai due letti, Hugo lanciò sul comodino le orecchie oblunghe ma non sorrise: brutto segno.
Scamander aveva aggrottato le sopracciglia e osservava attentamente i due; Alex era in piedi, ritto come una statua, e guardava la porta d'uscita come se non riuscisse a far altro in quel momento. D'altra parte, io avevo completamente abbandonato le lenzuola e mi ero drizzata di scatto sul letto, incrociando le gambe.
« Voi avete un culo enorme quanto una casa. » annunciò Hugo, sprofondando mollemente nel mio letto e lanciandomi un'occhiata come per dire che la sapeva più lunga di tutta Hogwarts messa insieme. « I nostri cugini sanno tutto. » disse poi, con espressione colpevole e quasi di scuse, e io seppi in quel momento che tutto quello che avevo fatto fin dall'inizio dell'anno era salito a galla. « Mi spiace tanto, Lily, ho dovuto dirlo, mi hanno messo sotto torchio! Sanno tutto quanto... e penso che a questo punto anche la scuola abbia capito qualcosa. »
« Cosa avete scoperto? » chiedemmo in coro io e il biondino.
« Brown ha commesso l'errore più grande della sua vita portandoci lì. Tuo padre era spaventoso... »
« Mio padre? È ancora qui? »
« Ma certo. » rispose mio cugino, con tono ovvio. « Dovevi sentire come urlava: "Avevo ragione, l'ho detto che poteva accadere una cosa del genere, la conosco! Vi siete tutti divertiti ad andare contro di me, ad accusarmi! E adesso dovrei anche accettare le vostre scuse? Avvisate la Gazzetta, raccontate che mia figlia stava rischiando la vita lì dentro! Adesso capite il motivo per cui ero restio a rilasciare ulteriori informazioni?" » concluse, in una fedele imitazione di mio padre.
Mi voltai verso Alex, che annuì, confermando il tutto.
« Lui e Draco hanno dato spettacolo... nel senso che se le sono date di santa ragione. » mio cugino non potette fare a meno di ridacchiare, beccandosi un'occhiata neutra ma perforante da parte di Alex, che aveva smesso di osservare l'uscio. « Oh, andiamo, Alex! È stato divertente. »
« Suo padre e Draco hanno fatto a botte? » ci tenne a ripetere Scamander, drizzandosi sul letto, allibito.
Scoppiai a ridere senza alcun ritegno. Il biondino mi incenerì con lo sguardo, così borbottai un incomprensibile: « Beh, deve essere stato divertente, no? » mi feci piccola piccola con due paia di occhi severi puntati addosso. « Vai avanti col racconto. »
Quello che i due non sapevano era che avrei sul serio pagato oro per assistere allo spettacolo.
« Tu li hai visti? » volli sapere, trattenendo una risatina.
« Sì, e c'erano anche mia madre, mio padre e, naturalmente, la McGranitt. »
« Lasciate perdere la rissa. Il punto resta uno: molti hanno biasimato tuo padre, ancora una volta. » intervenne Alex, con diplomazia e assoluta calma. « Ma stavolta lui aveva ragione, Lilian, non puoi fare quella faccia. Emmeline mi ha detto tutto. »
« Le notizie ci vanno coi piedi di piombo, eh? » feci sarcasmo. Puntai nuovamente lo sguardo su Alex, che lo accolse con la sua solita neutralità e pazienza. « Ma Brown... »
« Brown voleva solo aiutare gli studenti a difendersi da questa presunta minaccia per il nostro paese, non si aspettava che avreste rischiato la vita. Anche tuo padre era al corrente della gita, ed era d'accordo con lui. »
Immaginai che mio padre avesse concesso al professor Brown la famosa gita dopo una non rapida ispezione da parte dell'intera squadra Auror. Brown non era il tipo che lasciava i suoi studenti allo sbaraglio: era intelligente, bizzarro nel suo modo di porre le cose, innovativo e deciso ad aiutare gli studenti. Probabilmente mio padre si era convinto che quell'uscita di due giorni dal castello non avrebbe fatto del male a nessuno. Neanche a sua figlia...
« Brown era davvero a pezzi ma tuo padre non l'ha biasimato neanche per un momento. È stato davvero nobile da parte sua. »
Ci fu una pausa piuttosto lunga in cui io e mio cugino ci fissammo, trasmettendoci gli stessi pensieri e le stesse preoccupazioni con la sola forza degli occhi. Sapevo cosa pensava Hugo in quel momento ed ero sicura al cento per cento che anche lui sapeva a cosa stessi pensando io ma non potevamo assolutamente parlare in presenza degli altri due ragazzi.
Dopo qualche secondo, Hugo sorrise mestamente, non potendo far altro, e mi porse un pacco che estrasse dalla tasca interna della sua tunica. « Uova di cioccolato, da parte della nonna. Ah, passeremo la pasqua da te, lo sai? »
Quella sì che era una pessima notizia.
« E ho sentito anche Luna, sai? » accluse mio cugino, voltandosi verso il biondino, che sorrise timidamente e annuì con calore. « Dice che sarebbe fantastico passare la pasqua tutti insieme e dice anche che dopo quello che vi ha resi protagonisti le nostre famiglie si sono unite ancora di più e sente un sentimento importante fluttuare nell'aria. »
Sorrisi mentre Hugo inarcava le sopracciglia.
« Ma che miseriaccia vuol dire? » concluse.
« Vuol dire... » ribattei, mentre Scamander e Olsen ridacchiavano. « che sei un deficiente, ecco cosa vuol dire. »
« Tempo scaduto! »
Da fuori l'Infermeria si udì la voce di Madama Amelia e dopo qualche secondo la vedemmo marciare come un soldato tedesco dai teneri coniglietti pasquali ai piedi nella stanza per poi indicare prima mio cugino e Alex e poi la porta in modo imperioso. Era come vedere un William Baston coi capelli bianchi e delle pantofole rosa impartire ordini.
« Ci vediamo domani. Andremo a casa con la metropolvere. » fu il saluto di mio cugino, strizzandomi l'occhio mentre si affrettava ad uscire dall'Infermeria.
« Mi raccomando. » disse Alex, pacato; il suo, comunque, suonava come un avvertimento che avrei fatto bene ad scorgere tra le righe.
Con uno sbuffo irritato, sprofondai nel letto mentre Scamander mi osservava con un'espressione divertita mista ad infastidita e Madama Amelia chiudeva con forza la porta dell'Infermeria.
« E così, dormiremo di nuovo insieme. » constatai, gettando un occhio verso di lui, che era arrossito tutto d'un botto.
Le parole erano scivolate fuori prima che potessi fermarle.
« Sì. » riuscì a borbottare il ragazzo, che in quel momento sembrava trovare molto più interessante il ricamo delle lenzuola che me.
« Stavolta in due letti diversi. » mi uscì, nuovamente.
Stavolta sono demente.
Mi maledissi e mi chiusi con forza la bocca, inghiottendo una Cioccorana intera. Speravo che il rossore sul suo volto si potesse evitare, insomma, avevamo passato momenti più intimi, no? O quello che era accaduto a scuola e durante le vacanze di Natale l'aveva completamente rimosso dalla testolina biondastra che si ritrovava? Oltretutto, sperai non avesse rimosso neanche il timido bacio datomi nella grotta.
Sperai non avesse dimenticato tutto ciò che di bello avevamo vissuto e mi illusi di non dover ricominciare da capo insieme a lui, anche se sembrava proprio così: il suo rapporto con Cassandra Smith aveva reso tutto più complicato.
Fu con una certa stizza che mi voltai dall'altro lato del letto, preparandomi alla lunga notte.




Il mattino successivo mi preparai con una certa fretta e insieme a Scamander trotterellai fino all'ufficio della McGranitt in modo da usare la metropolvere e arrivare a casa per le vacanze pasquali. Per tutto il tragitto chiacchierammo senza sosta di strane teorie e di ciò che ci era accaduto e arrivammo a destinazione in un battito di ciglia. Fuori l'ufficio si era fatta una piccola coda: da quel che vedevo, erano poche le persone che quell'anno tornavano a casa per le vacanze, tra cui tutti i miei parenti, i Paciock, le mie due compagne di dormitorio, Justin Smith e niente di meno che Cassandra Smith in persona che, in quel momento, era occupata con un testa a testa abbastanza feroce con Dominique.
« E lei che diavolo ci fa ancora qui? » esclamai, senza riuscire a trattenermi e bloccandomi come se i miei piedi avessero subito un incantesimo pietrificus.
Si voltarono tutti verso di me e così anche Dominique, che prese la palla al balzo urlando nella mia direzione: « Bella domanda! Non ti hanno ancora espulsa dalla scuola? » accluse, nella direzione della Smith che pareva parecchio scioccata nel vedermi lì in quel momento e del tutto impaurita da quel che sarebbe accaduto di lì a poco.
« Non sono affari vostri. » rispose Cassandra col suo solito tono superbo, scoccando al biondino una strana occhiata che non era passata affatto inosservata ai miei occhi, e a quelli di mia cugina Dominique. E non era passata inosservata ai miei occhi attenti neanche l'occhiata che lui le rivolse e che non seppi definire, anche se riuscii a definire con certezza il motivo per cui mi salì prepotentemente il sangue alla testa.
« Oh sì che sono affari nostri! » riprese con veemenza Dominique, mentre io e il biondino ci avvicinavamo al gruppetto, l'uno più sconvolto dell'altro. « Tu stavi facendo annegare mia cugina! »
Le mie compagne di dormitorio osservavano le due discutere come se stessero assistendo ad un duello molto interessante e di tanto in tanto ridacchiavano e si sussurravano cose nelle orecchie; i Paciock sembravano alquanto a disagio dalle urla, esattamente come Justin Smith, che non proferì parola neanche per difendere la sorella; e Louis, dal suo canto, tentava invano di calmare la sorella minore.
« Brown ha detto che niente in quella foresta avrebbe messo a repentaglio la vita di qualcuno. » ci tenne a replicare Cassandra, con le gote scarlatte per l'imbarazzo.
« Voglio ricordarti che quel laghetto non solo era ghiacciato ma era anche pullulante di Avvincini. » partì alla riscossa Dominique.
« Basta, Domi. » intervenne Louis, afferrando le spalle della sorella e allontanandola da Cassandra Smith come se quest'ultima avesse avuto una malattia trasmissibile per via aerea. « È chiaro che se l'è cavata con una severa punizione dato che nostra cugina ha rischiato la vita in modi molto più pericolosi. È inutile discutere, di certo non la farai espellere. »
« Beh, su questo Louis ha ragione. » annuì Fred, intromettendosi come il suo solito e saltellando al fianco di nostro cugino come una gazzella particolarmente fastidiosa. « A tal proposito, non mi hai ancora detto com'erano gli Inferi, tu. » si rivolse a me, saltellando alle mie spalle. « Com'erano? »
« Morti. » risposi, non levando neanche per un secondo i miei occhi dal volto della Smith, che sembrava intimorita e allo stesso tempo desiderosa di sparire dalla circolazione.
Come infatti, con uno strano sguardo compassionevole, Cassandra si rivolse a Scamander, in un sussurro languido e sull'orlo delle lacrime: « Possiamo parlare? »
Dominique aveva puntato repentinamente lo sguardo su Scamander, tramutando i suoi occhi cristallini in due fessure strette. Per quanto riguarda me, il cuore cominciò a battermi all'impazzata, non seppi dire se per la sfrontata richiesta della Smith o per il fatto che il ragazzo continuava a fissarla come se avesse occhi solo per lei.
Dopo qualche secondo, scrollò le spalle con indifferenza e la seguì.
Impallidii quando li vidi allontanarsi, il cuore completamente sprofondato, e diedi loro le spalle per non doverli guardare un secondo in più. Dominique mi restituì uno sguardo sinceramente allibito.
« Idioti. » fu il commento spontaneo di Lorcan, unitosi a noi giusto in quel momento e sbuffando all'indirizzo di Justin Smith che si affrettava a fare il suo ingresso nell'ufficio della McGranitt. « Dovrebbero fare una cella di Azkaban solo per gli Smith, a mio parere. »
Hugo fece schioccare le nocche. « Vorrei tanto ridurre in polpette lei e il fratello. Sapete cosa? Saranno i primi a pregustare le nostre nuove Merendine Marinare quando torneremo qui. »
« Temo che debbano dire addio anche ai buoni voti. » intervenne Frank impacciato, riferendosi più a Lorcan che a me. « Cassandra ha abbandonato le prove a causa di questa sua bravata e a quel Justin ho dovuto salvarlo io dalle creature perlomeno una decina di volte. »
Lorcan parve illuminarsi. « Davvero? »
« Oh, sì. » rispose seriamente Frank, e insieme a Lorcan, Louis e un ridacchiante Fred partì alla volta del racconto di come Justin Smith fosse svenuto di colpo quando si era ritrovato a stretto contatto con una salamandra alquanto innocua.
Hugo non riuscì a trattenere una risatina. « Sviene per una salamandra, quel salame? »
« Tu svieni per qualunque animale, cos'hai da ridere? » mi intromisi, in tono acido.
« Se l'è cavato benissimo quando era con me, vero? » disse timidamente Alice Paciock, sorridendo imbarazzata verso mio cugino che, audacemente, le mise un braccio attorno alle spalle cominciando un excursus sulla prova di difesa che li aveva resi protagonisti, facendo ridere tantissimo Alice quando tenne a ricordare l'episodio del Grugnocorto Svedese.
Dietro di me, invece, sentii i chiari passi di chi era di ritorno. Dominique partì in un baleno all'attacco mentre io mi premuravo di lasciar passare nell'ufficio Cassandra Smith senza guardarla neanche per un attimo in volto per non dover scoprire cos'altro potesse rivelarmi dalla sua intensa chiacchierata col biondino.
« Non sapevo cosa dire, Dominique. E abbassa la voce! »
« Bella trovata, genio. »
« Lo sai come sono fatto! »
« LILY! EHI, LILY POTTER! »
Una voce poco conosciuta mi distrasse dall'origliare la poco silenziosa conversazione tra mia cugina e il mio acerrimo nemico e quando mi voltai vidi che Zack Evans mi correva incontro con un sorriso smagliante. Non appena i miei occhi incrociarono i suoi il mio stomaco prese a capovolgersi: somigliava incredibilmente ad uno Scamander più basso e meno biondo anche da lontano. Con la coda dell'occhio vidi Dominique sferrare una forte gomitata nelle costole del biondino mentre quest'ultimo sembrava lottare col desiderio di sotterrarsi nei meandri più oscuri della terra.
« Ciao, Zack. » salutai, con un mezzo sorriso.
« Torni a casa per le vacanze, allora. » aveva constatato il Tassorosso, che non aveva occhi che per me nonostante una bellissima Dominique fosse a circa tre metri da lui.
« Sì, torno a casa. »
Evans sembrava alquanto deluso ma si riprese subito. « Per il primo di marzo hanno fissato una gita ad Hogsmeade, potremmo uscire insieme quando farai ritorno al castello dopo le vacanze, se ti va. »
Notai che Scamander aveva strabuzzato gli occhi solo quando mi voltai verso Dominique per ricevere il suo assenso, che fu immediato e coronato da un sorrisetto piuttosto perverso e vendicativo. Sebbene inizialmente fossi del tutto contraria alla farsa che intendeva architettare mia cugina, ovvero quella di accettare qualunque richiesta di uscita ad Hogsmeade dal primo ragazzo che avesse avuto l'audacia di farsi avanti, in quel momento avevo completamente cambiato idea.
Fu con la stessa espressione di Dominique che guardai Zack Evans e risposi alla sua proposta con un: « Volentieri. »
Due a uno per me, Scamander: palla al centro.




Quando feci ritorno a casa non potetti fare a meno di pensare alle parole della mia madrina Luna che Hugo mi aveva riferito e al fatto che sembrava che lei avesse capito tutto ciò che c'era da sapere su me e suo figlio. Pensai che non fosse un caso che Luna avesse proposto di passare la Pasqua insieme e non un caso che la famiglia Scamander continuasse ad avere libero accesso in casa mia e viceversa ma, in quanto persona impegnata in un piano di vendetta, avrei dovuto fingere con tutte le mie forze che la presenza di Lysander in casa mia non fosse rilevante per l'andamento delle mie gravi condizioni mentali.
Quando scivolai dal camino sul tappeto del salotto di casa, mia madre corse ad abbracciarmi, non rimproverandomi del fatto che avevo come il mio solito sporcato di cenere il pavimento immacolato.
« Oh, bambina mia, come stai? Ci sei mancata tanto! »
« Mamma... » borbottai, stretta tra le sue braccia. « Sto benissimo... mollami... »
Mia madre sciolse la stretta asfissiante attorno al mio collo e mi sorrise. « Al e James si lasciavano abbracciare volentieri da me. » disse in una sorta di rimprovero che non somigliava affatto ad un rimprovero. « Abbiamo ospiti indesiderati, comunque. Puoi anche mostrarti scontenta, se desideri. »
Strabuzzai gli occhi, disorientata, e mi affacciai cautamente in cucina: le sorelle Delacour chiacchieravano fitto fitto in francese.
« James e Albus sono di sopra? »
Mia madre annuì, con un sorriso. « Lascia pure qui il baule. »
Corsi fuori dal salotto prima che mia madre potesse cambiare idea e costringermi a salutare le sorelle Delacour e feci le scale di casa a due a due per arrivare in camera mia e prendermi una pausa da tutto e da tutti in modo da riflettere da sola con me stessa...
Quando aprii con violenza la porta della mia camera, mio padre, che era seduto sul mio letto, ebbe un sussulto abbastanza rumoroso. E io, che non mi aspettavo affatto di trovarlo lì, pure.
« Merlino, mi hai spaventato. »
« Ti ho spaventato? » chiesi, allibita più del fatto che si trovasse in camera mia. « Credevo che l'eroe Potter non avesse paura di niente. » buttai lì, guardando con interesse il cielo grigio pallido fuori dalla finestra spalancata e facendo particolare attenzione ad evitare i suoi occhi verde intenso.
Con la coda dell'occhio vidi mio padre che si alzava dal letto, avvicinandosi a me, e feci una fatica immane per alzare il mio sguardo su di lui. L'eroe del mondo magico mi mise una mano sulla spalla mentre l'altra tormentava il suo cravattino da Capo del Dipartimento Auror, nervoso come se avesse dovuto affrontare ancora una volta un grande mago oscuro e non sua figlia sedicenne. Sembrava molto impacciato e in imbarazzo ma determinato allo stesso tempo.
« Invece ti sbagli. » disse, prendendomi il viso con le sue mani esili. « Io ho paura. Ho paura per i miei figli, ad esempio. Mi sono comportato male con voi ma pensavo che con te fosse diverso. Sei diventata più complicata di quanto pensassi. Credevo che l'unica pecora nera di questa casa fosse Albus, invece il pericolo era proprio nella camera accanto e io non me ne sono accorto. Ti chiedo scusa. »
Feci un colpetto di tosse e abbassai nuovamente lo sguardo. Albus era sempre cresciuto con la sensazione di essere diverso dalla famiglia per i suoi tratti da Serpeverde che avevamo riscontrato in lui fin da bambino: era cresciuto insicuro, con la paura di essere visto come diverso dalla sua famiglia di eroi Grifondoro e ciò lo aveva reso a tutti gli effetti sempre più diverso da tutti. Aveva dato potere ad un pensiero, l'aveva alimentato per tormentarlo.
Io, non tanto differente da Albus ma, soprattutto, per niente differente dal resto della mia famiglia, passai inosservata, nonostante il Cappello Parlante vide nella me undicenne qualche tratto Serpeverde, qualcosa che era visibile sotto la mia corazza di audacia e cavalleria. Nessuno era al corrente di quel piccolo segreto che custodivo: il mio lato Grifondoro andava a surclassare qualsiasi altro lato e il pensiero della famiglia fu Albus e Albus soltanto.
« Non odiarmi, Lily, per favore. » aveva sussurrato mio padre, gli occhi lucidi di lacrime.
Fu con un nodo stretto in gola che balbettai: « Io non... non ti odio... »
« Non sei mai stata brava ad esprimere sentimenti positivi. »
« Neanche tu. » replicai, risentita.
Mio padre annuì e uscì dalla mia camera, lasciandomi del tutto sconvolta e poco in pace coi miei pensieri. Sbuffai e mi presi la testa tra le mani: non volevo pensare a mio padre in quel momento, avevo tanti altri problemi e pensieri a cui volevo dedicarmi, pensieri che tutte le adolescenti come me avevano il diritto di avere. Non volevo pensare alla mia famiglia, ci avevo pensato fin troppo a lungo durante il corso della mia esistenza.
Con un sospiro, chiusi la finestra dando un'ultima occhiata al cielo grigiastro ma non ebbi neanche il tempo di distendermi che un sonoro crack e delle urla fecero capolino in camera mia. James stava ridendo come un matto e Albus aveva le braccia incrociate e sbuffava come una locomotiva.
« Smaterializzazione improvvisa. » chiarì quest'ultimo, scuotendo il capo verso di me, che me ne stavo in piedi accanto alla finestra con le sopracciglia inarcate per l'inaspettato arrivo. « Il cretino si diverte con poco. »
Scoppiai a ridere per la prima volta da quando avevo messo piede in casa mia, unendomi a James. « Non avete nulla da fare? Credevo di non trovarvi in casa. » dissi, prendendo posto sul letto accanto a mio fratello, che mi strinse fortissimo al suo petto.
« E invece ti aspettavamo con tanta impazienza. » fece James, riponendo la bacchetta nella tasca posteriore dei suoi jeans stracciati. « Ne hai combinate di tutti i colori, sorellina. »
« Sì, come ti senti? » chiese Albus, apprensivo.
« Oh, benone... ma non vi aspettate i particolari proprio adesso. Sono davvero stanca. » li anticipai, ma loro non parvero molto delusi per la mia risposta. Avevano capito senza che dicessi altro, sapevano che quando avrei avuto il desiderio di parlare e raccontare loro tutto l'avrei fatto spontaneamente. « Comunque, cosa ci fanno le due vacche qui? »
« Non le chiamare così! » mi fece un rimprovero Albus, piazzandosi con le mani sui fianchi e trafficando nervosamente con le tendine della finestra. « Nostro padre non vuole che le chiamiamo in questo modo e tu sembri abbastanza cresciuta da non ripetere le parole orribili che dice Jamie. »
James fece un colpetto di tosse che nascose a stento una risatina. « Sai, sorellina, ad Al piacciono le donne mature, non devi mica offenderle. »
« Stai zitto, idiota. » disse in un sibilo Al mentre io ridacchiavo insieme a James. « Continui a ridere, James? Oh, tranquillo, non parlo solo per non provocare uno shock a nostra sorella ma giuro su Salazar che un giorno verrai a piangere da me mentre io mi faccio tante grasse risate! »
« Che serpe. » fu il rapido commento di James, che aveva l'aria di chi non era per niente scalfito dalla minaccia.
« Ah, sì? Vedremo quanto sono serpe quando mi chiederai consigli su di lei. »
« Chi? » domandai, incuriosita.
« Sempre la rossa. » rispose Albus, beccandosi un ceffone in pieno volto da James, che si era alzato di scatto dal letto. « Idiota! E non picchiarmi alla babbana, animale! »
« La rossa di cui mi parlavate a Natale? Strano che resti con una ragazza così tanto tempo, Jamie. » mi intromisi, non facendo per niente caso alle botte che si stavano dando i due nel bel mezzo della mia camera.
« Non stanno insieme. » ci tenne a precisare Al, beccandosi un nuovissimo pugno nello stomaco.
« Vuoi tacere, coglione? »
« Oh. Strano che una ragazza ti rifiuti per così tanto tempo. » mi corressi, distendendomi sul letto ed estraendo la bacchetta dalla tasca per riporla sul comodino.
Al fece un colpetto di tosse molto eloquente. « Non l'ha rifiutato. »
« Vuoi tacere o preferisci saltare in aria come un petardo? »
Gettai un occhio verso James e rettificai: « Strano che resti dietro ad una ragazza per così tanto tempo, allora. »
Qualche secondo di silenzio.
« Vero. » convenne Albus con un sospiro, allontanandosi dal fratello come se avesse avuto la peste. « Bene. Io vado di sotto. »
James prese ad abbassarsi le maniche della sua maglietta con espressione decisamente più rilassata. « A vedere come devi fare il pervertito con quelle due? Come se fossero attratte da uno che somiglia ad un quindicenne. » ci tenne a ribattere, acidamente.
Ma Al non rispose e uscì, scuotendo il capo con un sorrisetto beffardo sul volto fanciullesco.
« Non la passa liscia in questo modo! » partì alla carica James, seguendo nostro fratello fuori dalla mia stanza e chiudendo frettolosamente la porta. « SEVERUS! ALBUS SEVERUS! »
Sorrisi mentre mi affrettavo a controllare il cellulare che aveva emesso una lunga vibrazione, facendo vibrare anche il cassetto nel quale era riposto. Immaginai che le torture che avevo ipotizzato in un futuro molto vicino al presente fossero arrivate, ma di certo non mi sarei mai aspettata che facessero capolino in un futuro così tanto vicino al presente. Con mio sommo orrore, mi accorsi che erano sms.
Dominique, ore: 10.20 - Sono contenta che tu abbia accettato l'uscita di Evans. Hai visto la faccia del tuo Scamander? Ne combineremo delle belle durante queste vacanze ;) e mi raccomando: non fare cazzate e attieniti al piano di vendetta.
Dominique, ore 10.21 - Ovviamente se Scamander si decide a far qualcosa non te ne restare impalata. Ma con discrezione, eh. Voglio che sembri assolutamente invaghita di quel Tassorosso.
Lis, ore 10.22 - Domi, smettila di farti filmini sulla mia vita privata. So benissimo cosa devo fare.
Dominique, ore 10.23 - Voglio solo aiutarti. Ci siamo quasi! Dopo aver compiuto questa vendetta vivrete felici e contenti per sempre grazie a me, fidati, Lis.
Hugo, ore 10.26 - Sei riuscita a sfuggire alle grinfie di Dominique? Te lo dico: sta organizzando un'uscita giù in paese, tieniti assolutamente pronta. E in qualsiasi momento. Non si sa mai...
Lily, ore 10.28 - Cosa diavolo ha intenzione di fare?
DRRRRIN.
Ai pieni inferiori si udì il chiaro suono di un campanello.
Spalancai gli occhi, orripilata. « Oh, no. »

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Gelosie e uova di cioccolato. ***


Gelosie e uova di cioccolato.


Ai pieni inferiori si udì il chiaro suono di un campanello.
Spalancai gli occhi, orripilata. « Oh, no. »


Avvertii un rumore di sedie spostate e di passi provenienti dal salotto sottostante. Gettai il cellulare per aria che cadde con un rumoroso tonfo sul pavimento, corsi alla porta della mia stanza e la spalancai, acciambellandomi sul termine dell'ultimo gradino delle scale del pianerottolo senza fare fracasso per spiare quel che accadeva di sotto e, allo stesso tempo, supplicando Godric, Salazar, Priscilla e Tosca che alla porta mi si presentasse chiunque, anche un Mangiamorte in persona, invece di...
« Dominique! »
Ecco, per l'appunto.
Il tono di mio fratello James sembrava sorpreso e nervoso e dopo la sua esclamazione si udì un silenzio tombale.
« Ciao, James. Al. » rispose Dominique, così a bassa voce la sentii appena dai piani superiori. Subito dopo il saluto di mia cugina, qualcuno disse qualcosa in un borbottio a malapena udibile ma l'urlo di festa mia madre coprì il tutto.
« Che splendida sorpresa! » esordì mia madre, e un attimo dopo le mie orecchie percepirono un rumore di baci e movimenti.
« Sì, che splendida sorpresa, Dominique. » fu il saluto gongolante di Al, che stava ridacchiando sommessamente esibendo una contentezza che di solito non si rivelava essere niente di buono... piuttosto, il contrario. Che diavolo stava tramando mio fratello lo sapeva solo Merlino. « Accomodavi. »
Accomodatevi? - pensai stranita, cercando di vedere oltre la zazzera di capelli sparati in tutte le direzioni di James che mi intralciava la visuale della porta.
« Grazie. Scusate l'intrusione. » s'intromise una voce a mio avviso fin troppo conosciuta e che mi fece fare un balzo così rumoroso che, scivolando teatralmente, la mia testa finì rimbombando nella ringhiera delle scale.
Era Scamander.
« Quanta formalità. Che ti prende, caro? Ero sicura che casa mia non ti fosse estranea. Sono sempre la tua zietta acquisita, ricordalo! » incalzava mia madre, divertita e accomodante verso il nuovo arrivato.
« Perdonami, solo che... insomma, non mi sembrava il caso di piombare qui all'improvviso. » fece il biondino, chiudendo previdentemente la porta d'ingresso. « Disturbo? »
La quiete mentale di una povera psicopatica nascosta tra la ringhiera delle scale al piano di sopra? Sì, s'intende.
« Niente affatto, tesoro, non lo dire neanche per scherzo! » rispose sincera mamma, con dolcezza. « Ma da quanto tempo non vieni a trovarci? Fai come se fossi a casa tua, non farti alcun problema. Restate a pranzo? »
« Forse. » rispose Dominique, indecisa sul da farsi. Ovvero: indecisa su come organizzarmi rendere la mia vita un inferno.
Immaginai che la sete di vendetta che mia cugina nutriva nei confronti di Scamander, manco fosse stata scaricata lei come un bidone dell'immondizia e sostituita immediatamente col bidone più esecrabile esistente, fosse così forte da impedirle di restare a casa sua un secondo di più.
« Lis non dorme, vero? »
« No... non dorme. » rispose dopo qualche secondo James, e dall'alto della mia ignoranza capii che probabilmente la domanda era rivolta a lui.
« Bene. Ero sicura che volesse unirsi a noi... »
Assunsi un'espressione interrogativa ed omicida mentre reprimevo con tutta me stessa l'impulso di staccare la testa a mia cugina.
« Sono sicuro che anche a Jamie farebbe piacere unirsi a voi. Non esce di casa da quasi una settimana. » s'intromise Al, dando una pacca sulla spalla del fratello e ridacchiando apertamente come uno psicopatico, quale effettivamente risultava.
Un nuovo silenzio tombale riempì la casa.
« Davvero? »
Mi stupii del tono incredulo utilizzato da Dominique e mi sporsi qualche centimetro verso il basso per spiare la situazione presente nel salotto della mia casa, situazione che non sembrava affatto normale, dal mio punto di vista.
« Influenza. » rispose in un borbottio James.
« Eri sano come un pesce. » infierì Albus, allegramente.
« Ho chiesto il tuo parere, Severus? »
« No, Sirius, volevo solo chiarire. » rise Albus, giulivo.
« Chiarisciti quella gran testa di ca... »
« James, insomma! » riprese mia madre severa, interrompendo la focosa discussione. Solo il cielo sapeva cosa stavano architettando quei due insieme e James con la sua presunta influenza non me la contava giusta. Nonostante i loro dispetti mi divertissero non poco, dovevo ammetterlo. « Ultimamente si sveglia nervosetto, il signorino. James, Al non ha assolutamente torto: ti farebbe bene dell'aria fresca. »
« Sì, ti farebbe bene. » convenne Albus, compiaciuto.
« Un giro in paese ci vorrebbe proprio. »
« Sì, ci vorrebbe proprio. »
« Albus... puoi tacere? Grazie. » concluse James, a denti stretti e nel tono stizzito di chi vuole maledire con tutte le proprie forze il suo stesso fratello. « Vado di sopra. »
« Ehm... sì, anche noi dovremmo andare di sopra... » s'intromise Domi, con una timidezza che non le si addiceva per niente.
« Ah, sì... certo, andate pure. »
« Stavi andando prima tu. » ci tenne ad osservare Dominique.
« Dopo di te. »
« Non ti preoccupare. »
« Insisto. »
Ci fu un rumore e dei movimenti e capii che Dominique aveva accettato di salire per prima le scale che conducevano da me. Mi ritirai velocemente dalla mia posizione pericolosamente militare e chiusi la porta della mia camera facendo meno rumore possibile nonostante l'orribile suono dei tacchi alti di Dominique e quello di scarpette da tennis si facevano sempre più vicini. Come la mia morte, insomma. Andavo avanti e indietro per la stanza, parlottando tra me e me e calciando qualsiasi cosa aveva la sfortuna di trovarsi alla portata dei miei grossi anfibi, fin quando i famosi tacchi si fermarono a pochi metri da me e si udì un toc toc appena accennato.
« Lis, sei in camera? »
Diedi l'ennesimo calcio all'aria.
« Dominique, sei tu? » soffocai altresì l'ennesima imprecazione. « Che splendida sorpresa. » mentii, arrivando alla conclusione che l'idea di essere reclusa ad Azkaban o in reparto psichiatria del San Mungo appariva alquanto allettante in quel momento.
« Sei presentabile? Nel senso, sei in... condizioni di ricevere qualcuno in stanza? »
Sospirai: ormai, non avevo alcuna scelta. « Sì, puoi entr... »
Dominique non se lo fece ripetere due volte, e non se lo fece neanche finire di dire, a dirla tutta, che aveva già spalancato con veemenza la porta di camera mia, sorridendomi maliziosamente mentre Scamander al suo fianco si guardava timidamente intorno per non dovermi guardare negli occhi. Notai, ancora una volta, che non c'era affatto paragone tra lui e Evans.
Come avrei fatto ad attenermi al piano di vendetta se quel maledetto Scamander mi piombava in casa con dei pantaloni in pelle di drago e la gelatina tra i capelli?
Opera di quella dannata di mia cugina, ci avrei scommesso la scopa da corsa.
« Anche se ci siamo visti poco fa... ciao di nuovo. » disse in saluto lui, cercando di mantenere un certo decoro che a causa di mia cugina stava andando man mano e letteralmente a donne scarlatte.
« Sì, ciao. Ehm... Dominique, potrei sapere il motivo di questa invasione? » chiesi acidamente, rivolta indirettamente al ragazzo che sostenne il mio sguardo con la collera negli occhi, e con un certo timore.
Dal suo canto, mia cugina non aveva battuto ciglio e fece per accomodarsi sulla sedia al mio scrittoio. « Niente di personale. » mentì, spudoratamente.
Avrei voluto seriamente appenderla per le caviglie al soffitto.
« Sono secoli che non usciamo a fare compere, così ho pensato che sarebbe stato carino andare tutti insieme in paese. »
Feci un lungo respiro, imponendomi la calma. « Naturale. » risposi, con un mezzo sorriso per niente divertito che lasciava trasparire l'esasperazione sul mio volto. Fu con lo stesso finto sorriso che acclusi in tono falsamente affabile: « Scamander, ci puoi scusare un attimo, per favore? »
Il ragazzo, che si era ipnotizzato a fissarmi, fece un sobbalzo e annuì. « Certo, assolutamente. Esco, certo. »
Il biondino uscì dalla mia camera con tutta la felicità che poteva avere una persona che lascia la scena di un crimine e io non persi tempo a scagliarmi come una furia impazzita contro Dominique, non prima di aver scagliato alla porta un incantesimo muffliato in modo da non lasciar scappare a gambe levate quel bocconcino di manzo che avevo in casa mia nonostante la mia mente mi urlasse di mandarlo via a calci.
« Che diavolo ti salta in mente, Dominique? Piombare qui dopo neanche mezz'ora dalla partenza! » strillai, avanzando minacciosamente verso mia cugina, che fece un passo indietro con l'espressione di chi cercava una credibile giustificazione da rifilarmi.
« Calmati, Lis. » rispose velocemente lei, con la sua solita flemma che dava sui nervi.
« Sei completamente impazzita! » insistetti, impotente. Nel frattempo, lei mi fissava con le sopracciglia inarcate e le mani parate davanti come se si aspettasse esattamente quello che stavo per fare. E che non sarebbe tardato ad arrivare. « Ti rendi conto di quel che hai fatto? »
Lei fece un respiro piuttosto teso. « Puoi calmarti un secondo, per favore? »
« Tu l'hai portato in casa mia, Dominique! Cosa ti aspetti che faccia, adesso? Ti ricordo che ho preso un impegno con un'altra persona e che non ho niente da condividere con quell'individuo. »
« Appunto! Fa parte del piano. » partì alla riscossa mia cugina, imperterrita.
« Oh, al diavolo! Faccio quel che mi passa per la testa! »
« Io te la stacco la testa se non vieni giù in paese con me! » esordì Dominique, perdendo quel minimo autocontrollo che le era rimasto e facendo un passo verso di me.
Io ne feci altri due e alzai le mani minacciosamente. « Voglio proprio vedere, Dominique! Aho! Mi hai pesato un piede col tacco, non vale! » sbottai, afferrandole i capelli. « Ti ammazzo, Domi, io ti ammazzo sul serio! Come hai potuto portarlo qui? »
« E molla i capelli, ci ho messo tutta la mattinata per sistemarli! »
Lasciai andare i capelli di mia cugina in un colpo secco e mi allontanai, respirando affannosamente.
« Volevo solo farti un favore. » disse lei ostinata, con tutta l'audacia che poteva avere una persona che era stata ripetutamente percossa dalla cugina in maniere non poco violenti.
Raggomitolai una ciocca di capelli ramati e la gettai minacciosamente sul pavimento. « E quale sarebbe il favore? Sentiamo. » risposi, e nel momento stesso in cui pronunciai l'ultima parola un sonoro crack fece eco nella camera.
« Che state combinando tutte e due? » chiese immediatamente James, interdetto nel trovarci l'una di fronte all'altra a tenerci testa con le espressioni di chi aveva appena finito di fare a botte. « Non avrete mica fatto a botte? » nessuna risposta. « Avete fatto davvero a botte? Ah, cavolo, l'avevo detto ad Al che avrei dovuto smaterializzarmi prima. »
Dominique mi lanciò un'occhiata carica di astio. « Stai rovinando il nostro piano. »
« James, prima che ammazzi nostra cugina senza farlo passare per un incidente e trascorrere il resto dei miei giorni a marcire ad Azkaban, condividendo la cella con niente meno che William Baston in persona, sempre se lui non mi faccia fuori prima, sia chiaro, fammi il favore di darti una ripulita e di uscire con noi. Grazie. »
Mio fratello aprì la bocca, da cui non fuoriuscì alcun suono. Fu dopo un paio di secondi particolarmente intensi che si rivolse a Dominique con, a quanto pareva, estrema difficoltà. « Devi capire che certe cose non si possono fare, Dominique. »
Lei neanche lo guardava. « Non ti impicciare. » disse, sibilando la risposta tra i denti.
« Mi impiccio eccome. » insistette James, ponendosi di fronte a Dominique e costringendola a fissarlo. « Non puoi comportarti così. »
Lei distolse in fretta lo sguardo, puntandolo su di me. « Volevo farti un favore, non una cattiveria. »
« Un favore? » s'inserì ancora una volta James, scettico.
A Dominique non piacque per niente il tono con cui lui si era rivolto a lei e si decise finalmente a guardarlo negli occhi. « Sai cosa, James? Tua sorella desidera quel ragazzo più di quanto desideri vincere la Coppa del Quidditch, e viceversa! Volevo solo che loro due fossero felici insieme dato che io, a differenza di altri, credo nelle persone. »
James aprì e chiuse più volte la bocca mentre mi fissava con occhi spalancati e sopracciglia inarcate, segni indiscutibili che aveva subito un grave ed improvviso shock. Dal mio canto, fui enormemente colpita dalle parole di mia cugina ma ciò non mi impediva di incenerirla con la sola forza dello sguardo per avermi smascherata dinanzi a mio fratello, il quale continuava a non emettere suoni.
« Tu... insomma, tu e Scamander... »
Mi feci piccola piccola sotto lo sguardo interdetto e traumatizzato di mio fratello.
« E in tutto questo tempo voi... diavolo, avreste potuto dirmelo, no? O non avrei dovuto essere a conoscenza di questo insignificante dettaglio? » esordì teatralmente James, fissando disperatamente prima me poi Dominique e sobbalzando rumorosamente quando un crack sonoro fece eco improvvisamente all'interno della stanza.
Albus proferì un ghigno serpeverdesco abbastanza inquietante in saluto.
« Cosa avrebbero potuto dirti prima? » chiese curioso, quasi gongolando.
« Che tua sorella e Scamander sono innamorati l'uno dell'altro. » rispose Dominique pronta, senza darmi il tempo di metabolizzare il tutto e facendomi diventare più paonazza di un peperone di stagione; James, invece, si era strozzato con la sua stessa saliva e si dava da solo colpetti imbarazzanti sulla schiena.
Albus, d'altro canto, non aveva battuto ciglio e si era messo a ridacchiare, sinceramente divertito dalla situazione. « Era evidente che sarebbe finita così. »
« Dovresti vederli! Tua sorella, poi... convinta sempre di essere nel giusto, istintiva da fare schifo: ha mandato all'aria ogni mio piano elaborato per renderli felici. »
« Oh, immagino. Questi Grifondoro sono assurdi. » continuava a ridacchiare Al.
« Sì! » convenne Dominique in fretta, con così tanto ardore che era arrossita. « Il vostro amor proprio Grifondoro vi rovina solo l'esistenza. »
« Potete finirla di farvi piani sulla mia vita privata? » strepitai furibonda, con tutto il desiderio di gettarmi dalla finestra e abbandonare la per nulla simpatica conversazione di famiglia. « E poi, tu che diavolo ne sai, Al, se non frequenti nemmeno più la scuola? »
« Ho un certo fiuto naturale per questo genere di cose. Ci ho anche scommesso con Rose. » aveva inaspettatamente rivelato la serpe di mio fratello, soddisfatta. « Beh, allora ho vinto io? Corro a chiamarla. »
E si avviò verso la porta canticchiando qualcosa che somigliava incredibilmente a: "È forse Grifondoro la vostra via! Audacia, fegato e cavalleria!" e, spalancandola, fece cenno al biondino di accomodarsi in camera mia annunciando con enfasi che la riunione familiare era terminata.
Scamander fece qualche timido passo verso la stanza, fissandomi con la coda dell'occhio.
« Allora? » si decise finalmente a parlare James, con voce tremula e bellicosa al contempo, gettando un'occhiatina eloquente prima al biondino e poi a me. Un'occhiata che diceva chiaramente che ormai c'ero dentro fino al collo, e così anche lui. « Usciamo? »
Come volevasi dimostrare.




Fu con due facce da funerale che io e James seguimmo Dominique e il suo nuovo consigliere di corte giù in paese. Notai che James e Dominique, dopo una strana indifferenza totale, furono dopo poco estremamente cortesi l'un l'altra, quasi come se fossero due estranei, e la cosa non mi piacque affatto: di tanto in tanto mio fratello prendeva in disparte Dominique e io passavo il mio tempo camminando fianco a fianco del biondino, che non sembrava affatto felice di ritrovarsi incastrato tra me, mia cugina e il mio geloso e irritabile fratello.
« E così... » fece improvvisamente Scamander, senza osare guardarmi negli occhi mentre camminavamo per la strada ricca di negozietti e tra la folla di persone che si precipitavano a fare compere. Il suo viso era lievemente arrossato, forse per la straordinaria vicinanza del mio braccio contro il suo. « Esci con quell'Evans? »
« Sì. » soffiai.
« Ah. Sono felice per voi, allora. »
« Perfetto. » mentii, dandomi schiaffi immaginari con forza e per tutto il tempo che sarebbe stato necessario per stordirmi per sempre ai piedi del biondino in modo da non dover più affrontare quello strazio ogni giorno della mia esistenza.
« Voglio solo dirti che non nutro niente nei confronti di Cassandra. » insistette lui, voltandosi verso di me.
Serrai i denti dal nervosismo mentre facevamo ingresso in un negozio per capelli. « Non devi dar conto a me. »
« Beh, ci tenevo a dirti che sono solo... insomma, sai benissimo come sono! » esordì, infervorato. « Sono piuttosto impacciato quando si tratta di questo genere di cose, le detesto, e Cassandra mi ci ha tirato in ballo all'improvviso. » il suo tono era alto e disperato, era come se volesse a tutti i costi chiarire quel malinteso.
Ma Dominique aveva ragione: dovevo continuare sulla scia della vendetta, non dovevo permettere ancora a lui e Cassandra di farmi impazzire in quel modo.
« Non mi devi spiegazioni. » replicai freddamente, abbandonandomi con un tonfo su un divanetto accanto all'entrata del negozio.
Il biondino ebbe la brillante idea di sedersi su quel divanetto striminzito accanto a me mentre Dominique questionava con la commessa circa un prodotto per capelli e mio fratello batteva un piede a terra, arruffandosi i suoi, di capelli.
« ... dona lucentezza. »
« Solo lucentezza? » udii la voce alterata di Dominique, impegnata in un focoso faccia a faccia con la commessa che, a quanto vedevo, stava osservando i capelli di mia cugina con occhio eccessivamente critico.
« Sì ma i suoi capelli rosso fuoco... »
« Ma non sono rosso fuoco! » ci tenne a ribattere Domi. « Sono rosso fragola, una delle più uniche gradazioni di rosso. »
Balzai in piedi con scatto militare: si metteva male per la commessa. « Rissa? » ipotizzai tra me e me, con un sorrisetto.
Fui avvistata da mia cugina, che ci tenne a puntare il dito minaccioso verso di me. « Lei li ha rosso fuoco. »
« Beh, posso sempre consigliarle un altro prodotto, signorina. Questo, ad esempio. »
« Trovo decisamente migliore quello di prima, grazie. » insistette mia cugina, testarda e convinta.
« Ma il prodotto di prima dona perfettamente alle persone coi capelli biondi. Quel tipo di biondo, ad esempio. »
Tre paia di teste si voltarono verso l'unico ragazzo biondo presente in quella stanza. Scamander arrossì e fece per indicare se stesso ma la mano sembrava che si fosse pietrificata dentro la tasca dei pantaloni in pelle manco avesse visto un basilisco.
« Me? » chiese dopo qualche secondo lui.
« Sì. » rispose la commessa, anche lei molto rossa in faccia mentre faceva il giro del bancone per arrivare a lui.
Spalancai gli occhi come fanali e lanciai uno sguardo di puro omicidio a Dominique, che scosse il capo e mi fece segno di non intervenire. James, dal canto suo, si era aperto in uno dei primi veri sorrisi della giornata e mi osservava attentamente, continuando ad arruffarsi i capelli.
« Posso? » chiese timidamente la commessa, allungando la mano verso la testa del biondastro. Non aspettando neanche il consenso da parte del ragazzo, che riuscì solo ad avere altri spasmi, prese a passargli una mano tra i capelli, dicendo: « Vedrai che bell'effetto. »
Incrociai le braccia al petto, voltandomi di tre quarti alla scena mentre fingevo di essere interessata a degli shampoo lì vicino pur di non assistere un secondo in più a quell'orrore. Il mio stomaco ribolliva di qualcosa che sapevo esattamente cosa fosse: l'istinto di far saltare in aria quello squallido negozietto babbano con un incantesimo bombarda.
« Beh, non mi sembra affatto il caso di... » intervenne Dominique, irritata per la perdita di tempo.
« Vuole spruzzarmi quella roba tra i capelli? » s'intromise il malcapitato, e nel suo tono di voce si udì chiaramente del puro panico.
« Se vuoi puoi spruzzare da solo. » rise la commessa, maliziosa.
Oh, no, non davanti a me.
« No, no... » udii balbettare il maledetto idiota della situazione che non riusciva neanche a dire di no ad una stupida commessa che mai più avrebbe rivisto. « Faccia lei. »
« Dammi del tu, sono poco più grande di te. Mi chiamo Beth. »
« D'accordo... fai tu, Beth. »
Mi ressi ad una colonna di maschere per capelli con forza quando mi resi conto che la stava davvero chiamando col suo nome proprio, col risultato che un paio di barattolini mi caddero in testa e finirono per terra con un rumore assordante.
« Serve una mano? » venne in mio soccorso un'altra commessa, mentre James ridacchiava senza pudore.
« No, no, volevo solo... osservare più da vicino. » mormorai, furibonda. « Dal pavimento, per esempio. Un'ottima angolazione, devo ammetterlo. Complimenti. »
La commessa assunse un'espressione tra l'interrogativo e il divertito, affrettandosi ad aiutarmi a rimettere a posto i barattoli. Nel frattempo, Beth, riscossa dalla contemplazione dei capelli del ragazzo di cui non dovevo essere affatto innamorata, si ritrasse.
« Andiamo? » s'inserì James con un risolino eloquente, piombandomi accanto e circondandomi le spalle con un braccio.
« Ah, si va via? » chiesi, mentre Dominique e Scamander si univano a noi verso l'uscita, tutti e due molto rossi in faccia. La prima per i nervi, il secondo per l'imbarazzo. « Hanno già finito di spruzzarsi l'un l'altro? »
« Che idiota incompetente. » fu il rapido commento di Domi, e mai nella mia vita fui tanto d'accordo con mia cugina. « Scambiare i miei capelli fragola per rosso fuoco per poi sviare la compravendita su di lui in modo da accalappiarsi un cliente maschile da portare a letto e manipolare a suo piacimento! »
Era quello il suo scopo?
« Esagerata, Dominique. » s'intromise il biondino, con voce sottilissima. « Voleva solo mostrarti quel maledetto prodotto. »
Domi non riuscì a trattenersi dal ridere. « Te lo dico io quale prodotto voleva provare quella. »
« Beh, splendida idea, Domi, sul serio! » saltai su senza remore. James prese ad allontanarmi dai due, che iniziarono a battibeccare come una vecchia coppia di sposi. « E tu non ridere. » sbuffai, prima che lui potesse dire qualcosa.
« Non rido. » mentì lui, trattenendo a stento un sorrisetto mentre si arruffava i capelli. « Devi imparare a controllarti, tu, altrimenti non c'è gusto. Non so se mi capisci. »
« Non so di cosa tu stia parlando. » mi intestardii, determinata.
« Per le mutande di Merlino, sorellina, ti sei presa proprio una bella cotta per Scamander. » esordì mio fratello, rassegnato. Lo ignorai di buon grado, incapace di negare l'evidenza. « Beh, sai che ti dico? Lascia che ti desideri, più di quanto in questo momento ti desideri. Naturalmente, deve ricevere la mia benedizione e dichiarare di non fare pensieri impuri su mia sorella ma... »
« Ci sono stati parecchi problemi. » rivelai, deviando il discorso.
« Immaginavo. » mio fratello prese ad arruffarsi nuovamente i capelli, con aria di chi la sapeva più lunga di tutti. « Ascolta, se non si comporta da coglione con te potrei anche prendere in considerazione l'idea di non ammazzarlo di botte. »
« Dominique mi ha detto di uscire con qualcuno per vendicarmi di lui... » buttai lì.
« No, no, queste cose no, non dar retta a quel che dice Do... »
« ... e io ho detto di sì a Zack Evans. » conclusi, in un soffio.
James, immobilizzato al centro della strada, aveva sbarrato gli occhi. « Tu cosa avresti fatto?! »




Finii di scrivere una lettera per Alex Olsen e osservai il mio gufo di famiglia sparire all'orizzonte, diretto verso Hogwarts. Erano passati tre giorni dalla famosa uscita in paese e durante quei tre giorni avevo ricevuto ogni tipo di sms e a qualunque orario insolito da Dominique, che proprio non riusciva ad arrendersi alla consapevolezza di aver progettato un'uscita fallimentare che mi aveva solo fatto salire il sangue pazzo al cervello e che non aveva fruttato nulla di buono per il piano di vendetta.
Afferrai il cellulare e lessi gli ultimi sms di mia cugina risalente alla sera prima.
Dominique, ore 00.20 - Non ti preoccupare, Lis, il piano sta andando alla grande. Non temere!
Dominique, ore 06.10 - Quando torneremo a scuola vedrai come porteremo a termine il nostro piano.
Hugo, ore 11.22 - Domi sta diventando come una pressa al culo, lo giuro. Non riesco a capire il motivo per cui deve coinvolgere anche me nei vostri piani maledetti.
Dominique, ore 01.01 - E non pensare a quella commessa idiota. Tu hai un colore di capelli migliore del suo! Non hai le doppie punte, e non ti cresce neanche il baffetto :) a lei sì, l'ho visto ed era orribile. Lis, tranquilla, Scamander ti preferisce sicuramente.
Dominique, ore 01.02 - Ah, dimenticavo: aveva anche i piedi storti, tu no. E lei era un'incompetente di capelli... anche tu, ovviamente, ma se hai me potrai diventare più competente di lei e spruzzare tu stessa roba tra i capelli di Scamander. Che ne pensi?
Hugo, ore 12.01 - Dici che posso denunciare nostra cugina per stalking o sembrerei troppo cattivo?
Ridacchiai apertamente e spensi il cellulare, pensando che Dominique fosse l'ultimo dei miei problemi. Piuttosto, lei e mio fratello James erano diventati uno dei miei problemi. James, in quei tre giorni, non fu stranamente un tormento per me ma immaginavo che Albus fosse il suo e da questo si evinceva che non avesse abbastanza forza e tempo per torturare me. Anche se durante i pasti lo ritrovavo a borbottare cose come: « Scamander potrebbe anche andar bene... ma l'altro? » e ancora: « lo riduco in polpette, quell'Evans, se si azzarda a fare un solo movimento falso. » o anche: « sono troppo buono... ah, ma io smetto di fare il buono e li ammazzo tutti e due! » e simili.
Finii di allacciarmi le scarpette e aprii la porta della mia camera, pronta per ritrovarmi insieme alla mia famiglia al completo, Scamander compresi, al pranzo di Pasqua previsto per quella mattina.
« Sei pronta, sorellina? » mi chiese Al, che passava di lì, perfettamente elegante nei suoi abiti scuri.
« Per il patibolo? » fu la mia sarcastica risposta.
Albus scosse il capo con rassegnazione, concentrandosi sul fratello. « Ancora a sistemarti i capelli tu? »
« Levati dalle palle, Severus, se non vuoi costringermi a dire ai nostri genitori che la tua ragazza ha quattro anni in meno a te. »
Albus arrossì. « Idiota. È molto più matura di te! E trova davvero grandiosi i miei trucchi di magia... »
Scoppiai a ridere. « Che idiota che sei, Al, non sapevo fossi interessato alle ragazzine babbane. » infierii.
« Vorrei proprio conoscerla, fratellino, così vediamo quant'è matura... in tutti i sensi. » rise James, e io non mi trattenni dall'unirmi a lui.
Mio fratello Albus divenne di un colore identico ai miei capelli. « Coglioni. Io scendo, sono arrivati tutti quanti e aspettano solo noi per cominciare. » disse, scappando via come se qualcuno l'avesse accusato di omicidio colposo.
« Vieni? » chiese James, strizzandomi l'occhio in maniera complice.
« Sì, tra un attimo. »
James scese di sotto, spettinandosi i capelli per tutto il tragitto e lasciandomi da sola sulle scale. Scesi piano alcuni gradini e mi affacciai sulla lunga tavolata piena di gente spensierata e chiacchierona: nonno Arthur era immerso in una conversazione con mio padre, zio Ron, i restanti zii, Fred e James, appena unito a loro, riguardante il Quidditch; Fleur parlottava fitto fitto in francese con le sue cugine Delacour; mia madre era impegnata a raccontare un aneddoto della Francia a zia Hermione, mia nonna e il resto delle zie; Rolf Scamander illustrava a chiunque lo ascoltasse e il restante dei cugini giocava a scacchi in un angolino della tavolata.
Non vidi Dominique e Scamander e immaginai che mia cugina gli avesse teso una trappola delle sue.
Mi sporsi ancora di più per cercare di intravederli tra l'orda di parenti ma un rumore mi fece sobbalzare.
Hugo mi fece un sorrisetto che non prometteva nulla di buono. « Chi stai spiando, razza di stalker? » ridacchiò, mollandomi un buffetto e afferrandomi per il collo come per strozzarmi con un braccio.
Mi liberai dalla sua presa con un calcio ben piazzato. « Nessuno. »
« Cosa aspetti, allora? Ho una fame da lupi. »
Il pranzo pasquale fu un vero e proprio trauma per me. Non che di solito non lo fosse ma quell'anno aveva un valore diverso per tutta una serie di ragioni ed iniziavano e finivano tutte con una sola persona: Scamander.
« Allora... » fece improvvisamente la nonna, mentre degustavamo il dolce che zia Hermione aveva preparato. « Questi giovanotti e queste signorine hanno trovato il fidanzatino e la fidanzatina? »
Ci fu un silenzio così tombale che il cimitero di Godric's Hollow accanto casa mia risultava molto più rumoroso alle nostre orecchie. Dal mio canto, mi nascosi dietro la fettina di crostata con il desiderio di non riemergere più e, soprattutto, di non rispondere al quesito.
« La mia cara Dominique molto svelia in quanto a ragazzi. » si intromise Fleur, e Bill rivolse a Domi una specie di occhiata di rimprovero mentre lei e la madre sorridevano educatamente alla nonna senza alcun imbarazzo.
« Louis, invece, non mi ha mai portato una ragazza chez moi. » concluse Fleur, lievemente delusa; Louis sorrise con educazione mentre si tagliava la seconda fetta di crostata ma non ci tenne a rispondere: in generale, mio cugino era sempre stato un ragazzo riservato. Anche se qualche dubbio l'avevamo avuto tutti: com'era possibile che un bel ragazzo come lui non fosse mai stato fidanzato?
« Si gode la vita, tesoro. » disse Bill pazientemente, rincuorato. « Victoire e Ted erano fatti l'uno per l'altro ma per loro c'è tempo per avere relazioni amorose, non devono andare di fretta. Vero, Dominique? »
« Certo. » rispose Domi, falsamente affabile.
Fleur sembrava piuttosto contrita.
« Tirati su, Fleur, e ringrazia il cielo. Io col maschietto sono a posto, invece Rose ha deciso di sistemarsi con... »
« ... un ragazzo gentile, educato e che le vuole davvero bene, Ron. » interruppe zia Hermione, con un serio tono di rimprovero. « Per fortuna, dovresti dire, che non somiglia neanche lontanamente al resto della sua famiglia. »
« Ma certo. » convenne con una buona dose di sarcasmo lo zio Ron, suscitando alcune risatine in tutta la tavolata. « Insomma, chi non vorrebbe avere Dracuccio come consuocero? »
Ci furono altri cori di risata sparsi per la stanza.
« Io sto uscendo con un ragazzo bellissimo, nonna. Gioca a Quidditch, dovresti vedere che muscoli! » esordì Roxanne con entusiasmo, e suo fratello Fred finse di vomitare nel suo piatto. « Che vuoi tu? Come se non lo sapessimo che sbavi ancora per quella ragazza... come si chiamava? »
« Victoria Robins. » venne in soccorso Louis languido, con un sorrisetto, e Fred lo incenerì con lo sguardo.
Roxanne fece una smorfia. « Victoria Robins, esatto. »
« Anche lei sbava per me. » rispose prontamente Fred, con ardore.
« Certo, sicuro. »
« Devo dire a nostro padre cosa hai fatto con quel giocatore di Serpeverde tre anni fa? »
« Cosa avrebbe fatto? » intervennero lo zio e la zia, in tono severo.
« Mente! Che idiota che sei, Fred. » Roxanne aveva tentato di mollare un pesante calcio a suo fratello sotto al tavolo che sfortunatamente colpì Lorcan, che stava lacrimando dal dolore.
« Io e le ragazze abbiamo notato che la cara Lucille e Lorcan starebbero benissimo insieme. » insistette con grande eccitazione Roxanne, e molti annuirono, mentre i diretti interessati sbiancavano visibilmente. « Amano studiare, passano il loro tempo a studiare, la loro massima ambizione? Studiare. Sono fatti l'uno per l'altra. »
Ci furono delle risatine tra i cugini, risatine a cui Luna Lovegood vi si unì felicemente.
« Io penso che questi ragazzi sprizzino amore da tutti i pori. » intervenne quest'ultima, in tono soave.
I due Scamander la fissarono e tossicchiarono eloquentemente.
« Tu dici, Luna? » intervenne mio padre, serio.
Mi sentii per un attimo cedere il terreno sotto i piedi per l'imbarazzo e sperai con tutto il cuore che non toccasse anche a me, che non arrivasse mai il mio turno. I miei due fratelli, d'altro canto, si guardavano con l'aria di chi si stava giusto minacciando l'un l'altro e sottintendevano nei loro sguardi una frase a dir poco chiara: « io non dico i cazzi tuoi e tu non dici i cazzi miei. »
« Mia figlia ne ha combinati di pasticci ma non ho mai avuto problemi amorosi di questo genere. » ci tenne a continuare mio padre e ci furono parecchi colpi di tosse da parte delle mie cugine sparsi per la tavolata. Mi sentivo addosso lo sguardo di una persona in particolare ma non osavo alzare la testa per incrociarlo. « Anche con Al non ho avuto problemi... amorosi. »
« A differenza di James. » accluse mia madre, ridacchiando.
Mio padre non si unì alle risate dei parenti, ma disse: « Anche se mi sa che ultimamente James me ne sta combinando una grossa. »
Vidi il sorriso di James afflosciarsi con una rapidità sorprendente sotto lo sguardo serio e severo di nostro padre.
« E tu, Lissander? » fece zia Fleur, che proprio non si decideva a star zitta. « Tu e Lilì siete gli unici a non aver affotto parlato. »
« Oh, a me piacciono tantissimo loro due insieme! » esordì Luna, facendo il suo teatrale intervento che sarebbe costato la vita a noi due malcapitati. « Gliel'ho detto tante volte a mio figlio. »
« Mamma! » si intromise il ragazzo, imbarazzato.
Chiesi mentalmente alla terra di divorarmi.
« Sarebbe strano. » s'inserì mia madre, con un sorriso benevolo. « Voi Scamander fate parte della nostra famiglia, d'altronde. Sarebbe come vedere due cugini mettersi insieme. »
Improvvisamente ci fu un rumore collettivo e due sedie spostate: James e Dominique si erano alzati contemporaneamente. Si fissarono prima tra di loro con sconcerto e poi fissarono l'intera tavolata che a sua volta restituiva loro lo sguardo perplesso.
« Ehm... » fece James, nervoso. Prese ad indicare i piani superiori con un sorrisetto smorzato. « Permettete? Il richiamo della natura. »
« Scappa anche a me... » si unì Dominique, imbarazzata come non lo era stata mai in vita sua.
« Oh. » fece mia madre, ridendo. « Abbiamo tre bagni in casa. Facciamo così: chi altri deve andare? »
« Io! » risposi, scattando in piedi come un soldato tedesco nonostante la richiesta di mia madre fosse stata una richiesta del tutto ironica. « Me la sto facendo nei pantaloni. »
« L'avevo detto io di non mettere troppe spezie nel primo piatto, Arthur. » disse la nonna, osservando con apprensione me, James e Dominique che ce la davamo a gambe levate dalla tavolata.
« Comunque, non sono affatto d'accordo con quello che hai detto, Gin. » riprese il discorso zia Hermione. « Due cugini di sangue sarebbe un conto e loro ne sarebbero un altro. All'occhio potrebbe sembrare strano, sono pur cresciuti insieme, ma alla fine lo trovo meraviglioso: due famiglie che si uniscono per davvero. »
Entrai in bagno senza udire altro dai piani inferiori e mi chiusi velocemente la porta alle mie spalle, facendo un lungo sospiro di sollievo. Un pensiero istintivo mi costrinse ad aprire pian piano la porta per constatare se qualcuno mi avesse seguita su per le scale. Tirai il secondo sospiro di sollievo: sul pianerottolo non c'era nessuno... a parte Dominique e James che stavano entrando furtivamente nella camera di Albus.




Restai chiusa in bagno per dieci minuti abbondanti o forse anche di più, incurante del fatto che trenta persone si stavano sicuramente chiedendo che fine avessi fatto o se avessi problemi di dissenteria. Ma non era quello il problema principale che mi attanagliava. Forse il secondo bicchiere di vino mi aveva dato lievemente alla testa...
Me ne accorsi quando cercai di applicarmi del mascara per nessun motivo particolare, col risultato che finii per sporcare la ceramica del lavandino di nero pece.
Mi guardai con occhio critico allo specchio e mi pulii la sbavatura sotto l'occhio.
Non finii neanche di insultarmi decentemente che una delicatissima bussata di porta mi fece sobbalzare e l'applicatore del mascara finì nuovamente nel lavandino.
« Entra pure, Dominique. » disse, meccanicamente.
La porta si aprì piuttosto morbidamente. « Mi rincresce dirti che non sono tua cugina. » fu il saluto ironico di Scamander, che fece capolino nel bagno con un sorriso, chiudendo immediatamente la porta. « Posso? »
Era già dentro.
« Hai qualche bisogno particolare da espletare? » chiesi, ripulendo la ceramica un tempo immacolata del lavandino. « Esistono altri bagni oltre questo. »
E nel tenergli testa per congedarlo non poco educatamente dal bagno dimenticai che si trovava esattamente a pochi centimetri da me, il che mi fece perdere un battito quando notai che la punta del mio naso toccava il suo petto tanto dello spazio striminzito che c'era tra il lavandino e la porta.
« Non ho bisogno del bagno, volevo solo vederti. » disse in un sussurro lui, mentre i miei ormoni reclamavano un contatto ancora più intimo.
« Sto benissimo... » risposi, ridestandomi dalla contemplazione dei suoi occhi.
Lui si mosse di qualche centimetro, il poco necessario per prendere il batuffolo di ovatta bagnata dal lavabo. Mi prese il mento tra le mani e cominciò a sfregarmelo delicatamente sul viso, facendo ben attenzione agli occhi.
Sarebbe stato superfluo dire che avrei voluto saltargli indecentemente addosso nel mio stesso bagno di casa.
« Avevi del trucco sul viso. » mi disse, dolcemente.
Mi riscossi dalla contemplazione del suo, di viso, che stava mandandomi in corto circuito non solo le budella ma anche l'apparato cardiovascolare. Stavo provando le stesse sensazioni di quando avevamo passato le vacanze natalizie insieme, a casa sua...
Mi pianse il cuore per i bei tempi andati e per i numerosi guai che eravamo riusciti a creare per mandare tutto all'aria.
Lysander smise di accarezzarmi il viso con l'ovatta. « Torni di sotto? »
« Sì, io... » aprii la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscii.
Se fossi stato in lui, in quel momento, avrei cercato di rimarcare il mio territorio ma Scamander rimase impalato, fermo, a fissarmi in modo strano, quasi dolce. Avrebbe potuto mandare a quel paese Evans in men che non si dica, dichiarandomi il suo amore e mettendo fine a quello strazio... ma non lo fece. E io non dissi assolutamente niente.
Toc toc.
Tempo scaduto.
« Sì? »
« Lis, cosa stai combinando? È arrivata una lettera per te da parte di Evans. »
Al solo nome, spalancai in tutta fretta la porta, cercando di non destare sospetti sul fatto che fossi chiusa in bagno con niente di meno che Scamander in persona e ciò per i miei parenti equivaleva ad una confessione coi fiocchi, oltre che ad un'ammissione di colpe senza precedenti.
« Mi stavo giusto chiedendo dove fossi finita. » esordì con tono artefatto Dominique, mostrandosi per niente sorpresa di trovarmi in dolce compagnia. Scossi impercettibilmente il capo. « Tieni. » disse, mentre il biondino superava mia cugina con un'occhiata eloquente e scendeva lentamente di sotto.
« Come ha fatto a trovare il mio indirizzo? » chiesi, sconcertata.
« Non lo so. » rispose Dominique, ad alta voce. « Forse ha chiesto a qualcuno. »
Un pessimo pensiero mi stava attraversando la testa ma feci spallucce e scartai la lettera sotto gli occhi curiosi di mia cugina.
« Ah, per la cronaca. » dissi, severa. « non ci siamo baciati. »
Dominique annuì come se fosse stata nascosta in bagno con noi per tutto il tempo. « Lo so. »
Confermando orribilmente il fatto che fosse nascosta in corridoio.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Manuale per aspiranti stalker. ***


Manuale per aspiranti stalker.


Le vacanze pasquali ebbero ben presto una fine e un lunedì piuttosto tetro fui mandata via a calci dai miei fratelli verso il camino da cui sarei ritornata ad Hogwarts. Quando ruzzolai ai piedi della Preside, sporcandomi completamente di cenere, trovai la banda di cugini a ridere di me e, con una smorfia, mi alzai con un certo decoro mentre tentavo invano di darmi una ripulita.
« Siete dei clown. » fu il mio saluto poco affettuoso, e scacciai con un gesto secco i capelli dal viso ignorando le smorfie disgustate di Dominique che aveva cominciato a pulirmi la veste a tocchi di bacchetta. « Salve, Preside. »
« Ben tornata, Potter. » disse non propriamente felice la McGranitt, invitandoci a lasciare l'ufficio. « Mi auguro per voi che siate tornati a scuola con una testa diversa. »
La risposta era: neanche se me l'avessero recisa dal busto sostituendola con una migliore.
« Ma sicuro, Preside. » mentì Hugo, prontamente. « Le assicuro che siamo persone nuove e- aoh! »
Qualcosa di molto grosso era schizzato fuori dal camino della McGranitt, rotolando fino alla porta dell'ufficio che mio cugino si stava velocemente lasciando alle spalle. Io e il resto dei miei cugini ci sporgemmo oltre la spalla della Preside per vedere chi avesse fatto quel volo straordinario dal suo camino nonostante avessimo già la risposta a portata di labbra e, per quanto riguardava me e Fred, le lacrime agli occhi per trattenere le risate.
Hugo era rimasto col braccio teso in avanti in segno di saluto alla McGranitt, cosa che la malcapitata Madison Stuart accolse come una missione di soccorso.
« Grazie... » disse con un filo di voce la Stuart, la terribile Tassorosso del quinto anno, fraintendendo e afferrando il braccio teso di mio cugino con forza per tirarsi su. Nel giro di un secondo, lui arrossì sia per l'imbarazzo del fraintendimento sia per lo sforzo di tirare su Madison, che accluse: « Sei stato molto gentile. »
« Bene, bene. » intervenne la McGranitt, piuttosto compiaciuta. « Penso sia ora di andare a lezione, non trovate? »
« Nella maniera più assoluta. » rispose prontamente Louis, afferrando Fred per un braccio e indirizzarlo fuori dalla portata di una paonazza Stuart, che corse via dal lato opposto al nostro facendo tremare tutto il pavimento.
Tossicchiai, attirando l'attenzione dei miei cugini mentre ci affrettavamo a percorrere il corridoio. « Fred, non trovi che il nostro adorabile cugino sia, come dire... molto gentile? »
Fred non potette fare a meno di scoppiare vivacemente a ridere sotto lo sguardo del malcapitato in persona che, con una minacciosa occhiata, ci incenerì e procedette quasi a passo di marcia, avanzando con la speranza di non udire altre sciocchezze.
« La piantate? » intervenne irritato, facendo schioccare le nocche con aria truce.
Feci per dire qualcosa che avrebbe messo fuori gioco mio cugino quando fui distratta dalla comparsa improvvisa di Alice Paciock, intenta nella lettura di una lettera piuttosto lunga, che ci superava a passo veloce e scattoso senza accorgersi di noi. Fred e Louis avanzarono verso di lei in modo da chiederle dove fosse suo fratello e Hugo si unì frettolosamente a loro nonostante non avesse il minimo interesse a sapere che fine avesse fatto Frank Paciock.
« Frank? Era in biblioteca con uno dei Scamander. » sentii Alice rispondere, con vocina stranamente squillante. « E c'era anche Olsen, ma credo che adesso sia a lezione. Ha detto che vi avrebbe aspettati in classe. »
Io, che al solo udire un nome a me familiare mi ero distratta, sussultai quando Dominique tossì con eloquenza.
« Lascia perdere Olsen, chi ti ha scritto quella lettera? » si intromise Hugo, incuriosito e turbato allo stesso tempo.
« Cedric. » rispose la piccola Paciock, in un sussurro appena udibile.
Vidi mio cugino voltarsi verso la ragazzina con uno scatto. « Cedric Senders? »
Dominique fece un sorrisetto malizioso. « Diamo il bentornato a nostro cugino nel club dei problemi amorosi. »
Mi voltai verso Dominique, piuttosto divertita. « Ho notato. Eppure lui inizialmente non le rivolgeva neanche uno sguardo. » dissi, e dal sorrisetto di mia cugina capii che la Paciock era stata a colloquio con lei.
« Beh, sì, era così. » diede conferma lei, soddisfatta. « Ma io rimproveravo spesso con quell'idiota quando si comportava male nei confronti di Alice. Allo stesso tempo davo dei consigli ad Alice, consigliandole di essere più distaccata e di interessarsi ad altre persone e... beh, lo sai che il caro Hugie non sopporta queste cose, così ha cominciato a pensare stupidamente a cosa lui potesse averle mai fatto, avvicinandosi sempre di più ad Alice fin quando non ha cominciato a vederla con occhi diversi e a pensare a quanto lei fosse carina e... Lis, mi stai ascoltando? »
« Certo che ti sto ascoltando. »
Non era vero: l'ascoltavo a tratti. Il desiderio di correre in biblioteca era più forte di stare ad ascoltare la conferenza di mia cugina su quanto era stata brava a far da postina amorosa tra i due, con tutto il rispetto per le relazioni amorose di mio cugino. In altre parole, la mia indole da stalker scalpitava ininterrottamente.
« Torno subito. » esordii, scappando via prima che mia cugina potesse dire qualsiasi cosa.
Certo, avevo indubbiamente intenzione di portare a termine il mio piano di vendetta con l'uscita insieme ad Evans, che era di piacevole compagnia, ma allo stesso tempo dovevo pur controllare che il biondino non cadesse in altre terribili tentazioni.
Feci ingresso in biblioteca col fiatone, cercando invano di non farmi notare da studenti e studentesse. Individuai Scamander a pochissimi metri dall'entrata mentre trafficava con un libro dalla copertina nera dall'aria stranamente sinistra e non potetti fare a meno di trovarlo incredibilmente bello, con i ciuffetti ribelli che gli cascavano sul viso e l'aria concentrata.
Era solo.
Lo vidi spostarsi nella parte più isolata della biblioteca e strappare di soppiatto alcune pagine dal librone per poi posarlo frettolosamente su uno degli scaffali. Mi sorpresi di quel gesto e, incuriosita, tenni d'occhio il libro che stava consultando e mi accorsi del fatto che non sembrava essere affatto un libro comune della biblioteca, piuttosto mi parve di averlo già visto durante le mie escursioni notturne nel reparto proibito. Possibile che avesse trovato il librone in quegli scaffali e in presenza di cento occhi curiosi e di Madama Prince?
Dei rumori vicini mi riportarono alla realtà e mi distrassero dalle mie profonde riflessioni: erano Jerald McKinnon e Dean Vance. Prima che potessero vedermi a spiare il loro amico con la conseguenza messa in ridicolo a fare da padrona, afferrai un volume che pesava non meno di cinque chili e mi nascosi dietro di esso, facendo un sospiro di sollievo quando i due ragazzi mi superarono senza alcun sospetto.
« Ti stavamo cercando. » disse Jerald, prendendo posto sul davanzale della finestra con aria stanca e distratta.
« Volevamo dirti che hai il turno di ronda sabato insieme a tutti i Prefetti e i Caposcuola. »
« Cosa? » fece Scamander, sconcertato. « In calendario non mi pare di aver visto altro fino ad aprile. »
« No, infatti. » rispose Dean, in tono serio. « Abbiamo saputo in giro che stanno aumentando la sorveglianza e, mi dispiace, amico, ma hai nuovi turni di guardia. »
Non era mica accaduto qualcosa di strano mentre eravamo via?
« Dove dovrei montare la guardia? »
« Immagino che una distrazione in particolare occupi i tuoi pensieri e ti impedisca di controllare la bacheca della nostra sala comune, dico bene? » rise Jerald, e il biondino fece una piccola risata nervosa e accondiscendente.
« Cosa stai facendo lì dietro, ragazza perversa? » mi interruppe dall'ascoltare Madama Prince, picchettandomi un libretto sulla testa e spalancando le narici in modo orribile.
Vidi dall'apertura nello scaffale i tre ragazzi guardarsi intorno, scrollare le spalle e continuare a scambiarsi le ultime notizie, abbassando di molto la voce e impedendo che giungesse alle mie orecchie. Intercettando il cipiglio infuriato di Madama Prince, mi alzai il cappuccio della tunica e corsi via prima che qualcuno potesse scoprirmi lì.
Arrivai nel corridoio dei sotterranei, ritrovandomi Dominique ad attendermi fuori la porta dell'aula di Pozioni.
« Dov'eri? » chiese l'inquisitore supremo, sorridendo apertamente.
« Alla toilet, Dominique. » risposi, con sguardo di sfida.
« Ah, non sapevo che la toilet si trovasse in biblioteca. » rise mia cugina, piazzandosi con le braccia sui fianchi e borbottando qualche parolina in francese, probabilmente un'imprecazione rivolta a me. « Ti sei appostata lì fuori? »
« Non mi sono appostata fuori. » intercettai lo sguardo allusivo di Dominique. « Mi sono appostata dentro. »
Dominique fece un sospiro, avvicinandosi a me con aria minacciosa. « Noi due abbiamo un piano, maledizione. »
« Abbassa la voce! » sbottai, col desiderio di prenderla nuovamente a capelli come avevo fatto durante le vacanze di pasqua. « Non ho detto che non voglio attenermi al piano ma... »
« Beh, allora comincia da adesso. » aveva sibilato lei, afferrandomi per le spalle e voltandomi con uno scatto così repentino che finii ad urtare contro il petto di un sorridente Zack Evans che, coi suoi capelli biondi ordinati, non sosteneva affatto il confronto con l'individuo che avevo spiato un attimo prima. Notai che quando sorrideva i suoi tratti duri si addolcivano di molto, rendendolo decisamente più carino.
« Vi lascio soli. » concluse Dominique, sgambettando prontamente via.
Fu con un certo compiacimento che notai che il Tassorosso non aveva occhi che per me e che non aveva lanciato neanche un rapido sguardo alle gambe in bella mostra di mia cugina o gettato anche solo superficialmente gli occhi nella sua scollatura, il che mi costrinse ad aumentare punti a suo favore.
« Zack, ciao. Che cosa ci fai qui? »
« Avevo un'ora buca e passavo di qui. Speravo di incontrarti. » rispose senza troppi giri di parole Evans e, non aspettando neanche una mia risposta in merito, ci tenne a continuare: « Volevo dirti che ti aspetto il primo mar... » Il Tassorosso fu distratto da un movimento lì vicino e la figura di Scamander comparve nell'oscurità dei sotterranei. Fu con un certo artefatto disinteresse per il nuovo arrivato che Evans aveva puntato nuovamente l'attenzione su di me. Dal mio canto, mi resi conto che io e Evans ci trovavamo praticamente davanti l'entrata dell'aula di Pozioni. Inutile dire che la mia mente aveva già cominciato a lavorare in modo convulso.
« Dicevo? Sì, ti aspetto il primo marzo per la nostra uscita. » concluse in tono pomposo Evans, denotando una certa superbia.
« Certo, non l'ho dimenticata. » risposi, in un soffio.
Scamander stava guardando con aria cupa Evans quando chiese freddamente: « Permesso. »
Evans obbedì fingendo di essere a suo agio nonostante fosse evidente il contrario e la falsità con cui si costringeva a celare la chiara sfida nei confronti di Scamander l'avrei percepita lontano un miglio. E se ne accorse anche quest'ultimo, tanto fu che non ritenne necessario degnare di un misero sguardo bieco sia me che Evans, superandoci con passo lento, facendo ben attenzione a non urtare nessuno dei due e sparendo un attimo dopo nella calda aula di Pozioni.
In quel momento, mi sentii sprofondare.
« La lezione sta cominciando, devo andare. » dissi frettolosamente, spalancando la porta e individuando il biondino che si sistemava a pochissimi metri da mio cugino, che stava sbracciandosi per attirare la mia attenzione.





Durante la lezione di Pozioni, il biondino aveva continuato imperterrito a non degnarmi di uno sguardo e io questo lo sapevo bene dato che non avevo fatto altro che osservarlo spudoratamente per un'ora, cosa che trovai tremendamente fastidiosa se dall'altro lato mi ritrovavo ignorata di buon grado. Non potevo mandare a monte il piano con Dominique, eravamo d'accordo che l'avremmo fatta pagare al ragazzo ma se avessi rischiato di perderlo per quella sciocchezza? Supplicai Merlino e qualsiasi altro che lui si dichiarasse a me, ponendo fine alle mie perenni torture.
Lumacorno quel giorno era più noioso che mai e la lezione si protraeva nella teoria di alcune tecniche da abili pozionisti che fecero prendere appunti a quasi tutta la classe tanto che erano complicate da capire. Io non reputai essenziale prendere appunti: ero impegnata a riferire a mio cugino di quel che avevo scoperto poco prima in biblioteca.
Hugo mi stava indicando spudoratamente un punto della sua pergamena in cui lessi: « Non muovere troppo le labbra quando parli: Luma ci sta fissando. »
Nonostante i vapori, mi sentivo piuttosto osservata.
Il rumore di sgabelli spostati e di passi pesanti mi fece prestare attenzione al mio insegnante.
« Cos'ha detto? » chiesi distrattamente, seguendo i miei compagni di classe verso un lungo tavolo pieno di calderoni fumanti.
« Che vuole mostrarci delle pozioni che riterremo interessanti. » rispose Lorcan Scamander, superando la massa per essere in pole position.
Cogliendo la palla al balzo, mi piazzai strategicamente dietro al gemello.
Il vecchio Luma sorrise alla nostra curiosità e fece una risatina deliziata. « Queste pozioncine sono davvero interessanti ma molto complicate da fabbricare, eccetto antidoti e veleni che pure trovereste interessanti. » fece un altro sorriso gioviale, indicando un calderone pieno di pozione trasparente fumante. « Allora, chi mi sa dire quale pozione dovrebbe essere questa? »
La mia mano e quella di mio cugino saltarono immediatamente in aria: avevamo avuto a che fare fin troppo spesso con quella pozione e dovevamo ammettere che ne eravamo ormai degli esperti riconoscitori.
« Veritaserum, signore. » esclamammo io e mio cugino, scambiandoci un sorrisetto malandrino.
« Esattamente! » fece un piccolo applauso Lumacorno, non soffermandosi neanche un attimo a pensare all'illegalità delle nostre azioni. « Una pozione inodore e incolore che obbliga chi la beve a dire la verità. Molto bene, due punti a Grifondoro! E questa? »
« Pozione Polisucco. » fui ancora io a rispondere, e i motivi erano ben ovvi a tutta la scolaresca, insegnanti compresi.
« Perfetto, signorina. »
« A cosa serve la Pozione Polisucco? » chiese Cedric Senders, con educato interesse.
« A trasformarti in un'altra persona. » rispose acidamente mio cugino, guardandolo in cagnesco. Cedric si stupì del suo comportamento e fece un piccolo sorrisino stiracchiato. « Occorre un mese per prepararla e necessita di molti ingredienti, perfino i capelli della persona di cui vuoi prendere le sembianze. »
« E tu i capelli di chi hai usato per prenderne le sembianze? » chiese Zabini, facendo una risata contenuta.
« Capelli? Peli, semmai. » mi intromisi, tossicchiando. « Trovati su una toiler a caso. »
Hugo aveva sgranato gli occhi con orrore, voltandosi verso di me con aria completamente sconvolta. « Sulla toilet? SULLA TOILET? Avevi detto di averli strappati dal braccio. »
Improvvisamente, ci fu un boato di risate.
« MI HAI FATTO BERE DEI PELI PUBICI! » strillava mio cugino nel caos generale. « Mi hai fatto bere i peli pubici di... » vide che Lumacorno lo osservava con un sopracciglio alzato e tacque immediatamente, non prima di aver ricevuto un pesate scossone da me. « Si scherza, professore... noi non abbiamo mai... insomma, una burla. »
« Naturalmente. » mi inserii, trattenendo a stento le risate convulse.
« Ne sono lieto. » disse Lumacorno sereno, mentre mio cugino faceva segno di tagliarsi la gola col dito per poi indicare me. « Dunque, un altro interessante e pericoloso infuso presente in questa stanza potrebbe essere questo... e non fatevi ingannare, quando deve riesce sul serio ad essere pericoloso. »
Il coperchio del calderone fu alzato con un gesto assai teatrale e un odore inebriante riempì la calda aula buia: in un secondo, fummo tutti ipnotizzati attorno a quel calderone; addirittura mio cugino smise in men che non si dica di minacciarmi e io di ridere di lui.
« Amortentia. » esordì Lisa Finnigann, facendo un sorriso alla sua amica Katie. « Il filtro d'amore più potente del mondo. »
« Dovrebbe avere un odore diverso secondo ciò che ci attrae. » accluse Katie, inspirando a piene narici.
Lanciai un sorriso a mio cugino che me lo restituì con la stessa aria inebetita. L'odore del manico di scopa era riconoscibilissimo come se lo avessi avuto sotto al naso durante una partita di Quidditch, col vento che mi soffiava tra i capelli, concentrata e pronta in sella alla mia Firebolt. Quell'odore, successivamente, si stava mescolando nel profumo di una pianta che cresceva nel cimitero accanto casa mia e con uno che mi stava mandando in tilt il cervello. L'avevo già sentito molte volte, e sapevo anche a chi apparteneva, e per quel motivo mi avvicinai sempre di più al calderone...
Un rumore metallico mi fece sobbalzare. Le mie narici non furono più piene di quei profumi, la mia mente era tornata lucida e Lumacorno in piedi accanto al calderone appena coperto dal coperchio sorrideva maliziosamente.
Mi resi conto di trovarmi a pochissimi centimetri dal calderone di Amortentia, il naso che toccava il coperchio, e la cosa più imbarazzante non fu tanto quella di trovarmi lì vicino come una a cui hanno inferto un incantesimo dell'idiozia permanente ma il fatto che non ero sola. Scamander mi fissava con una strana espressione, quella che probabilmente gli stavo ricambiando io, ed entrambi eravamo fermi immobili in testa al gruppo chinati nei calderoni. Con un rossore ben visibile sul nostro volto, tornammo a posto sotto lo sguardo sbalordito dell'intera classe.
« Non dire niente. » sussurrai a mio cugino, quando tornai al suo fianco.
E lui, naturalmente, disse qualcosa. « Aspetta che viene a saperlo Dominique. »
« Oh, non oserai. » sussurrai, sentendomi lo sguardo dell'intera classe addosso, perfino quello di Dominique che mi rimproverava di qualcosa di cui non avevo avuto la facoltà di controllare.
« Io oso eccome, Potter del mio culo, sei una cogliona morta. I peli pubici di William Baston, eh? Ti faccio vedere io. »
« Professore. » la mano di Lorcan Scamander era scattata in aria, interrompendo lo scontro tra me e mio cugino. « Non ci ha illustrato cosa c'è in quella boccettina. »
Lumacorno sorrise. « Questa pozioncina si chiama Felix Felicis, comunemente nota come Fortuna Liquida. Un sorso di questa e sarete fortunati fin quando l'effetto non si esaurisce. Bannata nei concorsi, partite, ma assai utile se vuoi passare una giornata perfetta. »
Fu l'unica cosa che mi distrasse dal non ammazzare in diretta mio cugino, o viceversa.
« Una piccolissima fiala di Felix Felicis in premio a chi nell'ora che ci rimane riuscirà a fabbricare il miglior distillato della morte vivente. Ricetta a pagina quarantasette. Buona fortuna a tutti! »
Ci fu un secondo di silenzio in cui si udì solamente il ribollire delle pozioni nei calderoni, poi in un baleno l'intera classe corse ai propri posti, lasciando Lumacorno a ridacchiare. Si sentì un frusciare di libri contemporaneo, l'eccitazione era palpabile all'interno dell'aula: sembravano tutti dannatamente concentrati e perfino i più imbranati cercavano di fare qualcosa che non fosse stare ad aspettare che un miracolo piombasse giù dal cielo. Notai Lysander trafficare velocemente con il suo manuale per pozioni e il suo calderone in peltro, che mise immediatamente a bollire sul fuoco mentre preparava in fretta gli ingredienti che gli servivano, e pensai indiscutibilmente al fatto che desiderava con tutto se stesso quella piccola Felix.
Ma per farne cosa?
Dal mio canto, copiavo in modo repentino le mosse di Lorcan Scamander mentre mi preparavo psicologicamente per produrre il miglior distillato della morte vivente: era di vitale importanza che io avessi quella boccettina.
E sarebbe stata mia.




Dopo aver fatto esplodere la mia pozione e mandando in fumo non solo l'infuso che con tanta premura stavo cercando di portare al termine ma anche le possibilità di conquista della preziosa pozioncina Felix Felicis, accompagnai il malcapitato e quasi ustionato Cedric Senders, per la gioia di mio cugino, in Infermeria e tornai ai sotterranei per cercare di indirizzare almeno mio cugino sulla retta via per la vittoria della Felix. Speranzosa, voltai l'angolo dei sotterranei quando mi ritrovai di fronte niente di meno che mio cugino, di pessimo umore e accompagnato da un disperato Justin Smith. Le preoccupazioni e i sospetti che affiorarono a me in quel momento si concretizzarono in modo davvero spiacevole.
« Sì... » disse tetro, con una faccia che dichiarava aperto suicidio. « Ho fatto scoppiare anch'io la pozione. »
« Questo imbecille! » esordì Justin Smith con vocina squillante, così avvilito che avrebbe di sicuro pianto a momenti e con le mani che tentavano di coprire i pochi centimetri di viso coperti di bolle pulsanti di pus. « Mi ha fatto scoppiare la pozione in faccia! »
« Non dovevi, idiota. » sbraitai, dando uno spintone a mio cugino che quasi perse l'equilibrio.
« Sì, non dovevi, idiota. » riprese subito Smith, convinto che stessi dalla sua parte.
« Levati di mezzo, Smith. » sbuffai. « Accompagnalo in Infermeria, questo ammasso di pus e indecenza. »
Sospirai, mentre le voci di mio cugino e Justin Smith divenivano sempre più lontane, e continuai il mio percorso verso l'aula di Pozioni. Percorso che fu nuovamente interrotto dall'avvistamento del gruppetto Serpeverde che, solo in quel momento mi accorsi, non avevano preso parte alla lezione e sembravano tutt'al più che stessero tramando qualcosa.
Stranamente, nessuno di loro aveva intenzione di offendermi tranne Bellatrix, che non perse quel secondo di silenzio teso per ridacchiare nonostante un attimo prima la sua espressione non fosse delle migliori.
« Guardate chi abbiamo qui. » disse in saluto la Serpeverde, facendo una vocetta infantile che dava sui nervi.
« Non avete niente di meglio da fare, voi? » feci un sbuffo, incrociando le braccia al petto e ponendomi di fronte alla ragazza. « Credevo che non voleste perdere tempo ad importunarmi, avrete di certo questioni più importanti di cui occuparvi. Dico bene? »
Nott e Mulciber si scambiarono una strana occhiata complice. Del resto, nessuno proferì parola.
« Del resto, avrete trovato un buon metodo per far entrare i vostri qui nel castello. »
La tensione all'interno dei sotterranei era incredibilmente tangibile, riuscivo perfino a sentire il minimo battito di cuore o respiro accelerato, oltre che i visibili sguardi di panico che riscontravo nei loro volti.
Bellatrix rise, di una risata alquanto nervosa. « Non ci si smaterializza all'interno della scuola, Potter. Credevo che la tua dannatissima cugina Rose non facesse altro che ripetertelo. »
« Non ho detto che si smaterializzano. » precisai. « Ho detto che ci entrano. »
« È impossibile, idiota, hai bisogno del disegnino? » si intromise Dolohov, con voce rauca e minacciosa.
« Invece no. È assolutamente possibile trovare un metodo per oltrepassare i confini incantati di Hogwarts e penetrare all'interno del castello stesso. »
« Levati di mezzo, non abbiamo tempo da perdere! »
Afferrai Bellatrix per un braccio mentre mi sorpassava per andare via insieme ai suoi compari e la costrinsi a restare ferma, di fronte a me. La Serpeverde sembrava pietrificata, sembrava non avesse neanche la forza di afferrare la bacchetta che aveva nella tunica. Il resto dei Serpeverde, invece, fu decisamente più veloce e insieme puntarono contemporaneamente le bacchette su di me, le espressioni tese e concentrate.
« Lasciala, Potter, o ti facciamo male. » prese a minacciarmi Nott, facendo un passo avanti.
« Fatemi pure del male. » li invitai, con un sorrisetto di sfida sulle labbra e con neanche una minima traccia di paura. Loro non si mossero, con l'autocontrollo necessario per non sperimentare su di me qualche orrendo incantesimo oscuro. « Allora? » incalzai, sentendo il sangue ribollire nel cervello. « Con quali criteri volete ammazzarci? Ti ha fatto comodo boicottare le indagini facendoti attaccare in modo assolutamente sicuro, vero, Bellatrix? »
Lei non perse tempo a sfoderare la bacchetta dopo quell'affronto, puntandomela contro. La imitai, preparandomi a combattere, nonostante loro fossero in quattro e io fossi da sola.
« Cosa diavolo vuoi da noi, Potter? Non hai prove, non hai niente dalla tua parte! Potresti andare incontro a grossi guai se la Preside viene a sapere che ci hai accusati ingiustamente. »
Strinsi la mascella ma non dissi nulla, e dopo un paio di secondi passati a guardare con rabbia e frustrazione i volti di tutti loro abbassai la bacchetta, sconfitta. Mi sentivo già abbastanza disarmata e disorientata da loro.
« E come moscerini, di nuovo, verranno schiacciati. » dissi, dando loro le spalle e allontanandomi. « Staremo a vedere. »




Passarono i giorni ad Hogwarts e la primavera sembrava sempre più arrivare portando con lei allergie e virus influenzali che non mi diedero pace fin quando Madama Amelia non decise di tenermi più di due giorni in Infermeria manco fossi una malata terminale e su grandissima richiesta del Capitano Baston che voleva evitare il contagio della malattia manco fossi appestata. Purtroppo per lui, il microbo vagava in tutto il castello e fu un venerdì piuttosto nuvoloso che William Baston fu ricoverato in Infermeria accanto a me con tutte le cure necessarie per essere pronto sia agli allenamenti di Quidditch, sia a tornare a spaventare la popolazione Hogwartsiana. Con gli esami del MAGO sempre più vicini e con l'assenza di una Dominique con cui scaricare i suoi nervi accavallati, il Capitano appariva più terribile che mai e al solo udire nei corridoi dei passi pesanti i presenti ammutolivano, anche quando a passare era, invece, Madison Stuart, che aveva associato quel gesto a mio cugino.
Hugo, comunque, non fu l'unico ad avere problemi amorosi in quelle due settimane. Oltre al fatto che tra me e Scamander continuava ad esserci una certa tensione, che si notava in particolar modo quando dovevamo far coppia nelle lezioni di Difesa in cui eravamo estremamente formali l'uno con l'altro, c'erano altri due problemi che dovevo togliermi dai cosiddetti: Evans e Dominique.
« Esci con il Capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso, vero? » chiese immediatamente Lisa quando uscii dalla toilet del dormitorio.
« Sì. » risposi, acconciandomi i capelli che ricaddero liscissimi su tutta la schiena.
« Oh, ma come fai ad uscire con tutti i ragazzi carini della scuola? » fece eco Katie con tono invidioso mentre mi fissava con il desiderio di ridurmi in cenere. « Prima Olsen, poi Evans... quanto vorrei essere te in questo momento. »
« Accomodati. » sorrisi, uscendo un attimo dopo dalla Torre di Grifondoro con le gambe così pesanti che sembravano di piombo.
Trovai Evans ad attendermi nella Sala d'Ingresso: aveva un giubbotto di jeans e dei pantaloni neri, i capelli biondi ordinatissimi come sempre e un sorriso stampato sul viso scarno. Era molto carino.
« Stai aspettando da molto? »
« Una decina di minuti, credo. Ero in netto anticipo, non devi scusarti. Andiamo? »
« Certo. »
Passammo quei venti minuti che ci distanziavano da Hogsmeade per parlare del Quidditch, una cosa che entrambi avevamo in comune, e delle partite fatte fino a quel momento. Non era difficile parlare con lui, era una persona molto tranquilla e serena, anche se per nulla scherzosa.
« Io sono il Capocannoniere della squadra ma me la cavo anche come Cercatore. » disse in tono pomposo, prendendosi fin troppo seriamente. « Tu sei un elemento molto forte della squadra, ti noto. Per la prossima partita Grifondoro contro Tassorosso che vinca il migliore. Sono molto competitivo... ammetto la mia colpa. »
Sì, conosco una persona che ha quella colpa e credo si trovi nuovamente in un letto in Infermeria con la scopa sotto il letto e un coltello da macellaio pronto per chi osi sfiorarla.
« Cedric Sanders sta perdendo colpi, forse a causa di quella Cho Davies, la sorella del Capitano di Corvonero. »
« Oh, sì, l'ho sentito dire. » borbottai, pensosa. « E quindi i Tassorosso stanno perdendo un altro valido elemento? »
« Santo cielo, spero di no. » esordì Evans accalorato, scuotendo il capo. « Non ci penso neanche a perdere di nuovo... senza offesa. »
Se solo l'avesse udito Baston...
A parte la disperazione causata dal pensiero della probabile sconfitta di Tassorosso nella partita futura, il Capitano della squadra dei Tassorosso fu molto cordiale con me durante la nostra uscita. Dopo l'ennesimo giretto nei dintorni del paesino, ci sedemmo su una panchina poco più avanti di Mielandia.
« Volevo chiederti... come hai fatto ad avere il mio indirizzo? »
« Me l'ha dato tua cugina Dominique. »
Come avevo potuto pensare che non ci fosse stata lei dietro tutto questo?
« Non lo sapevi? » fece Zack, disinteressato.
« Lo sapevo, ovvio, avevo dimenticato... » di avere una cugina di merda. « Che sbadata. »
Ma il Tassorosso non mi stava ascoltando affatto, era occupato a fissare qualcosa sul mio volto che non riuscivo a capire. « Hai delle bellissime labbra. » mi disse, dolcemente.
Oh, cavolo, e adesso? Dove si trova quella dannata di Dominique quando serve?
« Trovi? Sono molto carnose, come quelle di mia madre. » buttai lì, sperando che mia cugina comparisse in quel preciso momento e mi portasse via.
Eppure avevo perfino previsto il suo appostamento dietro ai cespugli in modo da spiare la mia intera uscita con Evans per valutare la situazione in modo da avere elementi per tormentarmi quando ci saremmo riviste al castello. Possibile che al momento non fosse davvero lì? Nutrivo il timore che quel ragazzo dolce e carino potesse fraintendere quell'uscita, che in quel modo avrei solo fatto un torto ad una persona che non c'entrava affatto nelle mie questioni private, che in quel modo mi sarei solo allontanata dalla vera persona che desideravo nella mia vita...
Che cosa dovevo fare?
Ah, ma io so cosa devo fare.
« Beh. Si sta facendo tardi. »
Ecco cosa: darmela a gambe levate prima di combinare qualche pasticcio.
« Oh. » fu il commento di Zack, abbastanza deluso da quella mia improvvisa affermazione. « Hai qualche allenamento? Devi studiare? »
« Devo... studiare. » nel weekend, certo, lo farò sicuramente. « Ho un mucchio di cose da fare. »
« Vuoi essere accompagnata al castello? » chiese il Tassorosso, cordialmente e sempre con quel pizzico di amarezza nella voce.
« Tranquillo, conosco la strada. » risposi, frettolosa. « Raggiungi pure i tuoi amici ai Tre Manici di scopa, non preoccuparti. »
« Va bene. Spero... » disse il ragazzo, guardandomi allontanare con passo svelto e deciso. « Ci vediamo! »
« Sì, ci vediamo! »
Tipo: mai. - pensai, lievemente pentita di quel che avevo fatto mentre correvo via.
Non dovevo avere rimpianti di quel tipo, non dovevo neanche pensare alla delusione che avevo provocato a quel ragazzo. Eppure non facevo che evocare il suo viso sconfortato mentre mi chiedeva quale improrogabile impegno avessi. Quanto avrei voluto cederlo ad una delle mie compagne di dormitorio, avrei risolto immediatamente i miei problemi. O forse Dominique, l'artefice di tutto quello, poteva benissimo rimediare mettendo in azione un nuovo piano per sedurlo in modo da farlo cadere ai suoi piedi e fare da capro espiatorio per un futuro allontanamento tra me e quel ragazzo.
Sì, mi avrebbe aiutata.
Mentre correvo per il paesello di Hosmeade, col vento che soffiava tra i capelli e mi sfiorava il viso, vidi e udii qualcosa di davvero strano...
« Che diavolo sta succedendo? » sbottai verso nessuno in particolare, guardandomi intorno.
Dinanzi a me era presente una gran folla di studenti che urlava e si spintonava, qualcuno stava addirittura correndo via quasi come se stesse scappando da qualcosa. Che fosse in corso un nuovo attacco? Eppure non si sentivano rumori di combattimento...
Arrivai innocentemente a pensare che fosse qualcuno che se le stesse dando di santa ragione ma il mio istinto, che di rado sbagliava, scelse accuratamente per me di farmi lanciare verso la stradina laterale, facendomi largo tra la calca di studenti.
« Sembra completamente impazzito! »
« È pericoloso, Sarah, andiamo via! »
« Chiamate gli insegnanti! »
« Rissa? » chiesi, sempre più convinta che quegli schiamazzi non avessero niente a che fare con una rissa.
« Un ragazzino... sembra aver perso il controllo. » mi urlò in risposta uno studente di Corvonero, afferrando la mano della sua fidanzata e scappando via insieme ad un manipolo di amici.
Spalancai la bocca, orripilata, e avanzai con una certa veemenza. Lo spettacolo che si parava dinanzi ai miei occhi aveva dell'assurdo: Alex Olsen, Simon Zabini, Matt Ford e un altro paio di studenti erano intenti a trattenere con forza un ragazzino che si dibatteva freneticamente tra le loro braccia e sembrava che, nonostante fossero in molti a contenerlo, non ci riuscissero a pieno. Attorno alla calca studentesca, due Corvonero si abbracciavano e guardavano il loro amico in un mare di lacrime.
« Alex... » mormorai, paralizzata dall'orrore.
Al solo udire la mia voce, il ragazzino fece uno scatto verso di me e strinse i pugni, con occhi fuori dalle orbite. Arretrai, urtando un paio di studenti impauriti. La visione era orribile, sembrava in preda a qualche attacco di natura assai sconosciuta.
« Cos'ha? » volli sapere, avvicinandomi con cautela.
« Non si sa. » rispose Matt, la sigaretta storta in bocca, scosso dall'affaticamento. « Sapete se ha assunto alioto? » si rivolse alle due Corvonero terrorizzate, che scossero il capo tra le lacrime. « Si tratta di una particolare erba che se viene fumata ti porta all'isteria più totale. »
« Ha solo tredici anni! » continuava a singhiozzare l'amica, in preda a forti tremori.
« Io ho cominciato a fumare a tredici anni, bambina. » rispose pigramente Matt. « Mai stato meglio di così. »
« Temo che l'alioto non c'entri assolutamente niente. » intervenne Alex, ansante per lo sforzo di trattenere il ragazzino. « Siamo in sei e a stento riusciamo a trattenerlo, ha acquisito il triplo della forza. Qui c'è sotto qualcosa. »
« Arrivano gli insegnanti! » si intromise qualcuno, oltre la folla di studenti.
Mi voltai per vedere chi stesse arrivando ma nel momento in cui lo feci delle urla strozzate giunsero alle mie orecchie: molti gridarono il mio nome in maniera simultanea. Feci per voltarmi dalla parte di Alex quando notai con orrore che tutti coloro che trattenevano il ragazzino se l'erano lasciato scivolare dalle mani: era diventato troppo forte perfino per sei paia di braccia. Fui improvvisamente spinta a terra dalla sua forza incredibile. Il gesto mi colse così di sorpresa che non ebbi neanche la forza e il tempo per reagire. Sapevo solo che quel tredicenne, in preda ad una crisi di natura sconosciuta, mi voleva morta.
« Stupeficium! »
Il ragazzino fu spinto via dalla potenza dall'incantesimo e ricadde svenuto sull'erba a pochissimi metri da me. Vidi la McGranitt, Coleman e Brown correre verso di lui e Madama Amelia trafficare velocemente con delle ampolline per poi chinarsi sullo studente per sentirne il battito cardiaco. Nel frattempo, Alex, Matt e Simon erano corsi da me.
« Lilian! Stai bene? » chiese immediatamente Alex, aiutandomi ad alzare.
« Sì. » risposi senza pensarci, nonostante avessi i muscoli del collo tesi per lo sforzo. Mi sentivo fisicamente scombussolata e non avevo ancora realizzato di essere stata appena assalita da un tredicenne.
« Assurdo, davvero assurdo. » intervenne Simon Zabini, afferrandomi un braccio per sostenermi. I muscoli delle gambe, più che appesantiti, sembravano essere fatti di pasta frolla: non riuscivo a stare in piedi e non smettevo di tremare. « Poteva ucciderti. »
« Impossibile. » ci tenne a decretare Alex, riponendo la sua bacchetta nella tasca dei pantaloni con aria inquieta. « Non l'avrei mai permesso. »
« Lui non l'avrebbe mai fatto. » continuava a singhiozzare una studentessa, del tutto scandalizzata dall'orrore, avvicinandosi con cautela a me e accennando all'amico ancora del tutto privo di sensi sotto le cure di Madama Amelia. « Non riesco a capire, non farebbe mai del male ad una mosca! »
« Come pensi sia accaduto? » chiesi, sforzandomi di parlare. Notai che mi tremava anche la voce.
« Non ne abbiamo idea. » si intromise un altro studente, abbracciando l'amica per calmarla dal pianto. « Eravamo appena usciti da Mielandia, lui era andato un attimo alla toilet mentre noi eravamo usciti. Quando ci ha raggiunti ha cominciato a comportarsi in modo strano... »
« Cosa diceva? » volle sapere Alex, scrutando serioso i visi di tutti.
« Non saprei, non ci ho fatto caso... »
Alex assunse sul volto la solita espressione penetrante che assumeva tutte le volte che tentava di analizzare qualche strana situazione e arrivai alla conclusione che non si sarebbe di certo fermato alle due testimonianze ma avrebbe indagato ancora più a fondo. Per quanto riguardava me, non riuscivo a riflettere su niente che non fosse il viso carico di odio con cui mi aveva fissato quel tredicenne e la forza con cui mi aveva scaraventata per terra.
« Potter. » la McGranitt si era avvicinata a me, turbata ed inquieta. Non riuscii a guardarla tranquillamente negli occhi, non riuscivo a guardare tranquillamente nessuno in quel momento. « Spero tu stia bene. »
« Sì, professoressa. » risposi, meccanicamente.
« Sembri molto stanca, Potter, ti consiglio caldamente di rientrare al castello. E in fretta. »
Scambiai un rapido sguardo con Alex Olsen, che annuì impercettibilmente. Non avevo la forza di controbattere all'ordine o di pensarci su, quindi acconsentii con una scrollata di spalle. Mi incamminai con passo lento e strascicato, sperando che la strada verso il castello mi risultasse più breve possibile. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, quell'episodio mi aveva scossa come neanche l'avvenimento a Londra aveva fatto. Che fosse stato stregato? Sì, ma da chi?
Un rumore improvviso mi fece sobbalzare e fu con uno scatto, e col cuore che batteva furiosamente nel petto, che mi nascosi dietro una panchina innevata lì vicino. Fu con sollievo che mi resi conto che nessuno pericolo incombeva su di me. Il rumore era stato prodotto da...
Misi bene a fuoco le due figure e notai che Dominique aveva la testa appoggiata sulla spalla di Scamander, che il suo viso quasi non si vedeva tanto che affondava sul suo petto e, a giudicare dal modo in cui il biondino le teneva la mano, accarezzandogliela con dolcezza, apparivano senza alcun dubbio molto intimi. Sentii un nodo in gola che sembrava ingrossarsi sempre più ogni secondo che passava.
Con un brivido che non aveva niente a che fare con l'episodio accaduto cinque minuti prima, scivolai sulla neve, sbattendo la testa sulla panchina.
Riscossi dal rumore, i due alzarono il capo e, focalizzandomi, nei loro visi fu chiarissima tutta la disperazione di chi era stato beccato dall'ultima persona che volevano li beccasse. In una frazione di secondo arrivai alla conclusione, quella che non ero riuscita a cogliere da mesi: Dominique che desiderava che uscissi con altri ragazzi, che mi dimenticassi del ragazzo, il suo sconforto, il suo continuo piombare in casa Scamander durante le vacanze.
A lei piaceva Scamander.
« LILY! » esordì mia cugina atterrita, il viso pallido come un cencio. Non osai neanche guardare quello del suo amante. « Ti giuro che hai frainteso tutto quanto! »
Non avevo parole, ero sconvolta. Alzai i tacchi e me ne andai, sperando che quella giornata finisse in fretta.
« LILY, TI PREGO, ASPETTA! »
Dominique era corsa da me e mi aveva afferrata un braccio, conficcandomi le unghie nella carne e fissandomi come se potesse svenire da un momento all'altro. Il ragazzo, invece, era rimasto indietro, probabilmente pieno di sensi di colpa e pensando a come era stato bello tenere due piedi in una scarpa.
Mi fermai giusto il tempo per guardarla negli occhi e sussurrarle con odio: « Mi fai pena. »

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Oscure presenze. ***


Oscure presenze.


Non potevo odiare Dominique.
Era mia cugina, parte della mia famiglia... eppure la detestavo con tutta me stessa. La detestavo per non essere stata sincera con me, per aver giocato come un orrendo burattinaio coi miei sentimenti, in modo da avere campo libero col ragazzo di cui ero innamorata. Odiavo tutto di lei in quel momento, dal suo viso perfettamente armonioso ai suoi lucenti boccoli rossi, dall'arietta da bisbetica che si portava da anni sul volto alla voce sottile incorniciata da un fastidioso accento francese. Ma, soprattutto, la odiavo per avermi pugnalata alle spalle.
Arrivai al castello dopo una lunga corsa da Hogsmeade, scaraventando via il vecchio custode Armando e inciampando nella sua gatta. Presi addirittura a pugni tutti i riquadri che ebbero la sfortuna di trovarsi appesi al muro al mio transito suscitando proteste a dir poco sconvolte.
« Canaglia di una Potter! Combatti, combatti ancora se ne hai il fegato! »
Mandai a quel paese Sir Cadogan e continuai la mia corsa sfrenata verso la Torre di Grifondoro.
La Sala Comune era mezza vuota, fatta eccezione per quelle poche persone che si erano rintanate lì per studiare e fatta eccezione per i miei cugini che, molto probabilmente, erano appena rientrati al castello e si godevano l'aria calda della sala per giocare tranquillamente a scacchi.
« Sei un imbroglione, Frank! » protestava Fred ad alta voce, attirando l'attenzione di un paio di studentesse lì vicino e ammiccando maliziosamente al loro indirizzo.
« Sono solo bravo a scacchi. »
« Non posso perdere due partite di fila... »
« Mi dispiace, Fred, ti tocca pagare le Burrobirre. » si intromise Louis, ridacchiando.
« Sì, per tutti noi. E scommetto che anche Lil- ah, eccola! Parli del diavolo! » esordì Hugo divertito, non appena mi vide arrivare dal buco del ritratto.
Era seduto a gambe incrociate sul tappeto della sala attorno al tavolino di vetro insieme a Fred, Louis e Frank e tutti e quattro ridevano per qualcosa che avevo a stento colto mentre facevo il mio nero ingresso nella torre. Avrei dato qualunque cosa in quel momento pur di unirmi a loro, avrei dato tutto l'oro del mondo per essere spensierata come lo erano i miei cugini in quel momento, per cancellare quell'uscita dalla mia memoria per sempre.
« Stavo scommettendo sul fatto che ti farai pagare la Burrobirra da Fred nonostante tu non sappia neanche... ehi! »
Superai i miei cugini senza dire una parola, il capo chino per non attirare l'attenzione, e salii velocemente le scale a chiocciola che portavano al dormitorio femminile con gli occhi che mi pungevano di lacrime amare.
« Cosa diavolo le prende? » si inserì Fred, confuso.
« Lasciatela in pace. È intrattabile quand'è di cattivo umore. »
« Sono d'accordo con Louis. Potrebbe senza remore ficcarci gli scacchi uno per uno su per il cu- »
« Lo penso anch'io. »
Spalancai con un poderoso calcio la porta del dormitorio e fu un sollievo per me trovarlo deserto. Non avevo voglia di vedere nessuno in quel momento, neanche i miei adorati cugini. Desideravo solo rintanarmi nella mia camera e riemergere fin quando non avessi trovato le forze necessarie per affrontare tutto ciò che prima o poi andava affrontato. Il pensiero del tradimento di Dominique sembrava colpirmi come una lama affilata mentre delle lacrime calde mi solcavano il viso...
Udii un rumore secco e, mio malgrado, seppi in anticipo cosa fosse accaduto senza neanche voltarmi verso la porta. Un'imprecazione soffocata tra i denti, odore di manico di scopa: Hugo stringeva tra le mani la sua Nimbus, di cui si serviva tutte le volte che penetrava di soppiatto nei dormitori femminili, e mi osservava con espressione stranita.
« Stai piangendo? » aveva esclamato sorpreso, mentre si chiudeva velocemente la porta alle spalle. Mi chiesi come potesse non essersi accorto che ero in tutto e per tutto in una valle copiosa di lacrime. « Cos'è successo? »
« È solo uno stupido granello di polvere. » mentii con ben poca credibilità, nonostante fossi stata appena beccata a frignare come una ragazzina. « È finito proprio nella pupilla. »
Mio cugino deglutì a fatica. « Doveva essere davvero grosso. » disse, poco convinto. « È stato quel Tassorosso? Se così fosse, io... »
« L'avrei già riempito di botte secoli fa. » conclusi per lui, accennando un lieve sorriso. « Non preoccuparti. »
« E allora cos'è successo? »
Un altro forte rumore interruppe le insistenti richieste di Hugo. In ascolto, udimmo una voce femminile strepitare con tutte le sue forze e le voci di Fred e Louis richiamare qualcuno in un trambusto tale che non si capiva cosa dicesse l'uno e cosa dicesse l'altro. Sfoderai in fretta la bacchetta ma non feci neanche in tempo a sigillare la porta del dormitorio con un incantesimo che quella fu spalancata con veemenza.
« Dominique, sia lodato il cielo. » disse mio cugino, scombussolato ma lieto di vederla. « Stavo giusto per... »
« Dimmi che non lo stai pensando davvero. » esordì Dominique sconvolta, sbattendosi la porta alle spalle e afferrandomi le mani che scacciai con un gesto piuttosto violento sotto gli occhi increduli di Hugo. « Non puoi pensarlo sul serio. »
« Non mi interessa delle tue scusanti, Dominique. » soffiai, con rabbia.
Mi sentivo la fronte bollente, mi sentivo scorrere tutto l'odio che provavo per lei nelle vene; il mio cuore batteva così velocemente che sembrava potesse da un momento all'altro schizzarmi fuori dal petto.
« Sono stufa marcia dei tuoi inganni, stufa marcia di te che non sai decidere da che parte stai! Hai giocato coi miei sentimenti facendomi credere che tu eri lì per me, per aiutarmi. »
Gli occhi le si riempirono di lacrime. « Ti dico che ti sbagli! »
« Ah, no? Vorrei tanto crederti. » sbottai, dandole le spalle.
« Non sono uscita con Scamander per sedurlo o altro, io volevo solo... »
« Cosa volevi, esattamente? » chiese mio cugino, con una smorfia. Sembrava aver captato qualcosa e dall'espressione disgustata che mostrava in volto non era affatto contento di quello che stava immaginando.
Dominique aveva gli occhi spiritati dallo spavento; aveva iniziato a tremare. « Io volevo solo... »
« Lo sappiamo cosa volevi dal ragazzo che mi piace, Dominique. » ribattei, nauseata. « Quello che vuoi da tutti gli altri ragazzi. Io non sono come te, lui per me era importante. E lo sapevi... credevo mi aiutassi. »
Dominique cominciò a piangere con tutte le sue forze, sembrava in preda ad una crisi violenta. « È così! Posso giurartelo! Vorrei solo farti capire che... »
« Che cosa? Che sei una stronza in cerca del primo pivellino che ti capita sotto tiro oppure- »
« Una cretina pazzamente innamorata di suo cugino! » urlò mia cugina, gettandosi a terra ai miei piedi in preda a singhiozzi convulsi.
Ci vollero un paio di secondi per metabolizzare le sue parole, per metabolizzare la pena che mi stava provocando mentre era a terra come una bambolina di pezza. Mai nella mia vita avevo assistito ad uno spettacolo così miserabile. Era così miserabile che avrei voluto mandare a quel paese l'amor proprio e seguire l'istinto che mi consigliava caldamente di scattare a terra per sollevare mia cugina, per calmarla, e solo per il semplice motivo che la trovavo incredibilmente pietosa lì per terra. Ma non lo feci. Rimasi immobilizzata dalle sue parole, sotto shock, convinta di non aver capito bene.
« Cugino? » ripetei, con le mani che tremavano.
Hugo si era voltato per fissarmi e vidi riflesso nei suoi occhi il mio stesso terrore, l'ansia che quelle sue ultime parole ci avevano procurato.
« Che significa, Dominique? » insistetti, orripilata.
« James. Sono innamorata di James... tuo fratello. »




Erano giorni che io e mio cugino, gli unici due tra la famiglia ad essere a conoscenza del segreto di Dominique, non dormivamo bene, giorni che non mangiavamo con la stessa voglia di prima e il desiderio di fare scherzi era finito sotto zero per entrambi tanto che il resto dei cugini faticavano a riconoscerci. Fred e Louis non sospettavano nulla ma molte volte avrei giurato di aver visto lo sguardo di Frank Paciock muoversi da noi due a Dominique, quelle poche volte che la si vedeva in giro o seduta al tavolo di Serpeverde. Anche lo sguardo di Scamander era spesse volte fisso su di me e immaginai che mia cugina gli avesse riferito tutto. Durante le ore di lezione, il ragazzo sembrava ricercare sempre il momento giusto per parlarmi, perfino durante i nostri combattimenti nelle ore di Difesa contro le Arti Oscure e durante i pochi incontri al Club dei Duellanti riuscivo a percepire in lui l'espressione di chi avrebbe voluto dire qualcosa senza sapere da dove cominciare.
Dal mio canto, non avevo ancora realizzato il disgusto provato per la dichiarazione di Dominique e solo nei giorni seguenti alla confessione cominciai a riflettere sul fatto che James potesse ricambiare quell'amore deleterio. Mi sforzai di ricordare ogni minimo particolare dei due ragazzi, ogni minimo comportamento che mi era parso normale ma che celava quel terribile segreto.
Rimembrai la discussione che i due ebbero a Londra, fuori la discoteca, e solo con senno di quel momento capii cosa volesse significare: capii che James non l'aveva mai trattata come un cugino geloso. Rimembrai gli sms preoccupati di Dominique al mattino, la sua prima uscita ad Hogsmeade (che fosse in compagnia di un invisibile James?), le conversazioni avute durante le vacanze, le insinuazioni di mio fratello Albus... che anche lui sapesse? Era così ovvio.
Fu con un nodo in gola, che non aveva nulla a che vedere con gli avvenimenti che erano accaduti in quei giorni, che una sera tirai fuori la mappa del malandrino.
« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. » dichiarai, controllando velocemente la sagoma di Dominique nella Sala Comune di Serpeverde e quello del resto delle serpi, anche esse nei loro dormitori.
Mi soffermai nuovamente sul puntino di Dominique e mi accorsi che era sola, come lo era solitamente, e il senso di pena e angoscia che provavo tutte le volte che mi ritrovavo a pensare a lei ritornò imperturbabile. Dentro di me un misto di ansia e compassione aleggiavano come foglie secche d'autunno e il pensiero di mio fratello e mia cugina riapparì ancora per tormentarmi.
Scossi il capo, indugiando sulle sagome animate dei Prefetti e dei Caposcuola di ronda nei corridoi: c'erano tutti, quella sera.
Depositai la mappa nel baule e uscii di soppiatto dal dormitorio, stando attenta a non attirare l'attenzione.
« Tutto troppo tranquillo. »
Niente mi convinceva, a partire dalla fitta e strana nebbiolina che avvolgeva il castello per finire ai Serpeverde, apparentemente tranquilli nei loro dormitori quando mancavano ancora dieci minuti al coprifuoco.
La quiete prima della tempesta.
Per un momento mi assalì il dubbio che le serpi potessero vendicarsi per le accuse che avevo rivolto nei loro confronti qualche giorno prima, che in un certo senso stessero aspettando il momento propizio per tendermi un'imboscata.
Giunsi nel corridoio del quarto piano e udii un rumore di passi. Velocemente, sfoderai la bacchetta e la puntai dritta davanti a me.
« Chi sei? » esordì una voce forte e alta che conoscevo fin troppo bene. « Fatti avanti, sono armato! »
Scossi il capo e svoltai il corridoio con uno sbuffo di sufficienza. « Armato. » ripetei in risposta con abbondante sarcasmo, mostrandomi al Prefetto in questione.
Vidi Lysander sbattere rapidamente le palpebre prima di mettermi a fuoco, per poi emettere un breve sospiro sollevato. Con le labbra increspate in un sorriso abbozzato, aveva abbassato la bacchetta. Era molto carino quella sera, i raggi di luna piena illuminavano i suoi capelli biondi che apparivano più splendenti che mai.
« Sei tu. » aveva mormorato, rilassandosi.
« Chi ti aspettavi che fosse? » volli sapere, indiscreta.
Lui mi guardò con uno strano sguardo esitante, poi emise un altro sospiro, teso. « Sono in turno speciale di ronda. » disse, stringendo saldamente la bacchetta tra le mani e affondando la mano libera tra i capelli in maniera piuttosto decisa.
E, naturalmente, di quel che mi aveva appena rivelato ne ero al corrente da tempo grazie ad una mia missione di spionaggio.
« Come mai vi hanno messo questo turno speciale? » chiesi, non staccando neanche per un secondo i miei occhi dalla splendida figura che mi si parava di fronte.
Non ero riuscita ad origliare abbastanza, quel giorno in biblioteca. Qualche maledizione volò pigramente in direzione di Madama Prince.
« Alex Olsen mi ha riferito che degli intrusi potrebbero penetrare ad Hogwarts stanotte. »
« Che cosa? » urlai, non aspettandomi di certo quella risposta.
Il ragazzo mi ammonì con lo sguardo, guardandosi poi intorno con estrema sollecitudine. « Sei impazzita? »
« Alex non me l'ha detto. E lui come fa a saperlo? »
« Naturale che non l'ha fatto, stai evitando tutti da ben tre giorni. A momenti ho creduto che fossi andata via dalla scuola. »
Sentii chiaramente il nome di Dominique nell'aria nonostante lui non l'avesse pronunciato. Sbuffai e, voltandogli le spalle con risentimento, mi incamminai senza alcuna meta per il corridoio deserto, quasi calciando le mattonelle che avevo sotto i piedi.
« Lily. »
Ci tenne a sottolineare accuratamente e con enfasi il mio nome, e il mio cuore perse un battito: non lo pronunciava spesso ma quando lo faceva percepivo una grande intensità dietro le sue parole.
« Ti va di parlarne? Per favore. »
« Di cosa? » chiesi, con freddo disinteresse mentre dentro di me cominciava a divampare l'incendio.
« Sai benissimo di cosa. »
« Non sono problemi tuoi, Scamander. »
« Sono anche problemi miei dal momento in cui tua cugina ha deciso di coinvolgermi. » mi rispose, con estrema delicatezza. « E dal momento in cui ci hai beccati in un momento decisamente fraintendibile... »
Lo incenerii con uno sguardo. « Per la cronaca, non vi stavo spiando. » sbraitai, offesa dal nulla. « Non mi importava di cosa steste facendo voi due idioti! Ero scossa, quel giorno... come tutta la scuola ben sa. »
« Alex pensa che quel primino fosse stregato. » cambiò discorso il biondino, scrutandomi con fermezza.
« C'ero arrivata anch'io. » ribattei, acida. « Per cui, ho problemi più importanti a cui pensare. »
« Tra me e tua cugina non c'è mai stato niente, lo sai, vero? Credevo ci fossi rimasta male a vederci insieme. »
Misi in scena una risatina così falsa che uno Spioscopio avrebbe cominciato ad azionarsi senza sosta in modo da smascherare il malfattore. « Non mi interessa un accidente delle tue turbe ormonali! E quella stronza di mia cugina aveva il diritto di essere sincera con me sui suoi sentimenti per te o per... » mi bloccai, il respiro mozzato al solo pensiero.
Voltai nuovamente le spalle al ragazzo.
Sentii che mi aveva afferrata delicatamente per un braccio. « Sei sconvolta. » disse, ponendosi di fronte a me per fissarmi coi suoi occhi verde brillante. « Lo sarei anche io, dico sul serio. Ero l'unica persona a cui poteva dirlo, questo spero tu lo capisca. »
Sarebbe stato meglio se tra quei due idioti ci fosse stata una tresca amorosa piuttosto che avere la certezza assoluta che a mia cugina piacesse suo cugino...
« Tu non capisci. »
« Hai ragione, non capisco, ma stiamo parlando di tua cugina. »
« Lei... loro due... »
« Devi parlarne con loro. » propose Scamander, sempre con quel suo tono delicato. « Stai soffrendo. »
« Tu non capisci... »
« Ci sto provando! » esordì lui, spazientito. « E sai cosa? Non la trovo una cosa così repellente. Lei mi ha detto che entrambi la trovano una cosa impossibile. È impossibile che finiscano insieme, hanno ragione. Lasciali al loro amore immaginario, che cosa ti costa? È l'unica cosa che hanno. »
Aprii la bocca per ribattere ma non uscì alcun suono. Mi aveva completamente spenta, non riuscivo a replicare. Era una situazione sporca, malsana... quella che l'intera famiglia avrebbe ritenuto immorale. Come avevano fatto a tenere nascosta una cosa del genere? Come avevano fatto a vivere con loro stessi per poi finire logorati dai loro stessi sentimenti?
Lysander era così vicino che mi strinsi inaspettatamente al suo petto, inspirando il suo profumo. Dopo qualche secondo durato quella che mi sembrava un'eternità, alzai il capo verso di lui, scoprendo i suoi meravigliosi occhi verdi puntati su di me.
Sentii che mi stava accarezzando i capelli.
« Che strano l'amore... » disse, in un sussurro appena udibile.
« Ti sei mai innamorato per affermarlo? »
Lui non rispose. Dal mio canto, mi avvicinai lentamente alle sue labbra e più mi avvicinavo più bramavo un contatto ancora più intimo di una semplice stretta, di un semplice trovarsi in piedi a pochi centimetri l'uno dall'altro...
La magia finì in un secondo.
Io e il ragazzo ci staccammo violentemente, riscossi da un rumore proveniente dal fondo del corridoio. Avevamo entrambi le bacchette sfoderate e all'unisono le puntammo davanti a noi, io con una certa frustrazione che fu soppiantata ben presto da una potente scarica di adrenalina e lui con l'imbarazzo di chi era appena riemerso da un mondo che non esisteva.
« Alex ti ha detto per il motivo per cui secondo loro qualcuno potrebbe penetrare nel castello? » chiesi, la bacchetta tesa e all'erta da eventuali pericoli. I toni della conversazione variarono in un batter d'occhio: non erano più dolci e calmi, ma frettolosi e ansiosi.
« Ha detto qualcosa riguardo una data ricorrente al Ministero. » mi rispose lui, sottovoce. Avanzammo in punta di piedi verso la fine del corridoio del quarto piano, respirando a malapena. « Secondo tuo padre alcuni impiegati avrebbero ripetuto questi strani numeri, come se fossero sotto incantesimo, e l'Ordine ha concepito l'idea di una data, una data che corrisponde a quella di stasera. »
Trasalii a causa di un secondo rumore. « Per quale motivo i Mangiamorte avrebbero voluto divulgarla? » domandai, con le mani che tremavano ma pronta per combattere.
« In effetti non ha alcun senso... » convenne il biondino, trattenendo il fiato quando un terzo rumore molto vicino a noi ci fece sobbalzare.
Constatammo che i rumori provenivano da dietro un arazzo posto lì vicino. Il mio cuore cominciò a battere ad un ritmo irregolare, sicura che in quel momento mi sarei trovata di fronte le persone che da mesi avevo ricercato, le stesse persone che stavano rendendo un inferno la vita agli abitanti del nostro paese. Percepivo l'ansia del mio compagno, riuscivo a sentire il suo respiro accelerato. Con uno sguardo di intesa, strinsi con forza il telo dell'arazzo e lo strattonai violentemente, pronta a lanciare l'incantesimo che avrebbe fermato...
« Armature incantate? »
Abbassai la bacchetta e osservai le armature di Hogwarts andare tranquillamente a zonzo per il corridoio, alcune in maniera silenziosa e altre in maniera piuttosto rumorosa. Stando a scrutarle per qualche secondo, sembrava non ci fosse davvero alcun pericolo nonostante niente continuava a convincermi quella sera. Ai miei occhi appariva tutto fin troppo strano.
« Non raccontare in giro che ce la siamo fatta addosso a causa di due armature. » sorrise Scamander, rilassandosi. « Aspetta un momento! » i suoi occhi si ridussero in strette fessure, le sopracciglia increspate gli conferirono improvvisamente un'espressione così autoritaria che mi fecero voltare furiosamente a destra e sinistra con la bacchetta pronta. « Tu non dovresti assolutamente essere qui! È scattato il coprifuoco! »
Annuii, impaziente. « Sì, almeno quindici minuti fa, Scamander. »
« Io sono un Prefetto! Non dovrei lasciarti circolare nei corridoi a quest'ora... »
« Sì, sì, certo. » minimizzai, ponendomi di fronte al biondino con aria provocatoria. « Persuadimi ad andare via. »
Lui si irrigidì e le sue guance si imporporarono. « Al primo piano si trova il Caposcuola di Tassorosso, il caro Zack Evans. Puoi sempre andare da lui e fingere che ti stia più simpatico di quanto non ti sia realmente. » disse tra i denti, con un certo nervosismo.
« Geloso? » lo provocai, ridacchiando sotto i baffi.
« Non dire assurdità! »
« Sei proprio un ragazzino. »
« E tu una dispettosa. »
« Chi diavolo ti ha detto che sono uscita con Zack per fare un dispetto a chicchessia? »
Il biondino sbuffò, scuotendo il capo con forza e fissandomi con le braccia strette al petto. « Lo so e basta. »
Immaginai che il ragazzo stesse combattendo contro la sua stessa volontà di smascherare l'ultima probabile confessione di Dominique sul nostro piano di vendetta.
Mentre osservavo il volto corrucciato del ragazzo, arrivai a pensare che quell'ultima rivelazione fosse stata quasi come l'ultimo aiuto che mia cugina stava offrendomi, una sorta di: « Basta tranelli, basta bugie: hanno creato solo problemi. Dobbiamo essere sinceri coi nostri sentimenti o finiremo schiacciati da essi ».
Forse non aveva tutti i torti...
« E se pensi ancora che tra me e Cassandra Smith ci sia qualcosa sei totalmente fuori strada. »
Anche quell'ultima affermazione sapeva molto di Dominique.
« Non lo penso. » risposi, decisa a non dargli altre soddisfazioni.
« Bene. » proferì lui, piuttosto rincuorato dal fatto di non dover continuare a parlare della sua ex fidanzata, se ex poteva essere considerata. « Anzi, no, non va affatto bene! Non puoi ancora circolare nei corridoi dopo il coprifuoco. »
Scoppiai a ridere. « Sei proprio una mezza cartuccia, Scamander. »
« Non costringermi a togliere punti a Grifondoro, Potter. »
Avevo dimenticato quanto era divertente tormentarlo, quanto mi facevano sorridere le sue buffe smorfie imbarazzate. Era davvero adorabile quando era impacciato, quando non sapeva cosa dire per nascondere il disagio che gli provocavo. Era bello avere una conversazione serena con lui senza finire a sbuffi irritati, insulti borbottati e fredde affermazioni in risposta.
Continuavo a sorridere quando qualcosa dietro il ragazzo si mosse. Arretrai con un balzo e vidi appena in tempo l'armatura incantata stringere la sua ascia puntata su qualcosa che aveva praticamente sotto al naso: le nostre teste in bella mostra.
« LYSANDER, ABBASSATI! »
Afferrai la mano libera del ragazzo e insieme ci tuffammo a terra, ai piedi dell'armatura metallica che colpì il vuoto, ritornando immobile.
« Le armature non hanno mai cercato di uccidere nessuno, vero? » mi azzardai a chiedere, rabbrividendo al solo pensiero di cosa sarebbe successo se non avessi visto la spaventosa ascia levata dietro il biondino.
« Decisamente no. » rispose lui spaventato, aiutandomi ad alzarmi e non lasciando andare neanche per un secondo la mia mano. « Stiamo correndo un grosso pericolo e tu non dovresti neanche essere qui. Andiamo via, forz- Giù! »
Obbedii giusto in tempo per vedere l'armatura colpire il vuoto esattamente come aveva fatto poco prima.
« Ma che diavolo sta succedendo? » aveva sbottato il ragazzo adirato, affiancandomi per terra e voltandosi a guardare tutte le armature che ci circondavano. Dal mio canto, non riuscivo a smettere di tremare. « È magia oscura, questa, ne sono certo! Non si tratta di uno stupido scherzo e sai, non mi sembra neanche un caso. »
« Non mi sembra un caso niente, a questo punto. » sussurrai, la mente che lavorava frenetica. « Ci sono presenze che si introducono ad Hogwarts con un metodo oscuro... sì, un modo esiste e loro ne conoscono uno, l'unico. Come un Armadio Svanitore! »
« Sono stati confiscati da anni, sai bene il motivo. Nessuno in casa propria ha un Armadio Svanitore, li avrebbero scoperti subito. »
« Nessuno in casa propria ha un Armadio Svanitore. » ripetei, sentendomi particolarmente vicina alla soluzione che l'intero Ordine della Fenice cercava di trovare da secoli, che io cercavo di trovare da secoli. « Ma tutti quanti hanno qualcosa che anche Hogwarts ha, tutti quanti in casa hanno un divano, un letto, anche un quadro, una porta... una porta! Un portale! Qualcosa che tutti hanno in casa... cosa mette in comunicazione le loro case con il castello? »
Guardai il biondino in cerca di una risposta ma lo ritrovai poco attento a quel che dicevo, gli occhi puntati su qualcosa in lontananza che non riuscivo a vedere. Notai che era pallido e sudato.
« Vuoi ancora giocare l'ultima partita di Quidditch, vero? » mi chiese, inarcando le sopracciglia.
« Certo che sì, che cosa ti salta in- »
« Allora ti conviene non lasciarti mordere. » concluse lui, in un soffio.
Mi voltai in fretta e furia e contai una trentina di enormi tarantole che zampettavano frenetiche nel corridoio, a pochissimi metri da noi. Non avevo paura di quelle bestiole, amavo le tarantole, ma qualcosa mi diceva che neanche loro erano lì per caso e, nonostante in generale fossero innocue, in quel momento ero abbastanza certa che non lo fossero neanche lontanamente.
Lysander spedì loro contro un incantesimo evanescente proprio mentre il vice preside Coleman faceva la sua teatrale apparizione nel corridoio, i capelli sparati in tutte le direzione e la veste stropicciata e sporca: sembrava imbestialito.
« Potter! » inveì furioso, facendo svanire tutte le tarantole con un incantesimo di incenerimento. Spalancai la bocca, sconvolta. « Venti punti in meno al Grifondoro per essere fuori oltre il coprifuoco e via altri venti punti per aver liberato delle tarantole in tutto il diavolo di castello! Saranno almeno una decina di studenti che filando nelle proprie sale comuni hanno incontrato queste bestie! »
« Non sono stata io a liberarle! » esclamai immediatamente, voltandomi verso Scamander in maniera confusa, come per cercare un supporto.
Coleman si era avvicinato a noi con occhi fuori dalle orbite, grondante di sudore e fastidio. « Eri tu che collezionavi tarantole due anni fa, Potter! » era livido, e sputacchiava saliva dappertutto.
Iniziai a balbettare, stravolta dagli avvenimenti. « Sì, ma... »
« Non mi interessa! Le tarantole sono state liberate fuori alla Torre Grifondoro e hanno anche morso un tuo compagno di squadra! »
Mi sentii cedere mollemente.
« Ha sentito? Non le ha liberate lei quelle tarantole. » si intromise il biondino, furibondo.
« Un complice, eh? Dieci punti in meno a Serpeverde! » Coleman non rispondeva delle sue azioni, sembrava a dir poco impazzito. Scamander cominciò a protestare a gran voce. « SILENZIO! Gli scherzi ai corpo docenti, i prodotti illegali che tu e il tuo maledetto cugino somministrate agli studenti e tutti i disastri di cui ci avete reso partecipi nel corso della vostra carriera scolastica... MALEDIZIONE! Ti sei giocata l'ultima partita della stagione di Quidditch, Potter! »
« Che cosa? » urlammo io e Scamander, atterriti.
« Mi avete sentito! E ora dalla Preside, camminate. »




« Non sono stata io, Preside! »
« Preside, posso confermarlo. »
« Qualcuno ha incantato le armature! » esclamai, estremamente pallida e sudata ma decisa a far capire alla Preside il pericolo in cui ci eravamo trovati quella sera. « Ci hanno colpito con delle asce e per poco non ci ammazzavano. Preside, c'era qualcuno nel castello. »
La McGranitt aveva alzato rapidamente lo sguardo su di me e notai che era sbiancata; i suoi occhi erano spalancati e attenti ad eventuali dichiarazioni. Il biondino, con tutto il sangue freddo che si ritrovava, mi diede una lieve gomitata nelle costole.
« Qualcuno che ha fatto uno scherzo di pessimo gusto. » corresse prontamente lui, pestandomi, già che si trovava, anche un piede. « Non siamo riusciti a scovarlo, Preside. Sono certo che fossero dei primini. »
Mi voltai per fissarlo col cuore che mi batteva forte nel petto e osservai la reazione della McGranitt sperando di non aver suscitato alcun sospetto da parte sua.
« Hanno anche liberato le tarantole, io non c'entro in questa faccenda. » sospirai. « Come sta Corner? »
« Il vostro Cercatore ha rischiato moltissimo. » rispose la McGranitt, seria e cerea. La sua voce era debole e incerta e lo stesso erano le sue gambe a giudicare dal modo in cui sprofondò sulla sedia che aveva accanto. « Erano tarantole davvero pericolose e velenose. È stato molto fortunato... »
Cominciai nuovamente a tremare: non solo la faccenda lasciava tracce incredibilmente oscure ma la squadra di Baston non avrebbe avuto neanche più un Cercatore. E io ero stata appena ingiustamente squalificata...
La reazione del Capitano mi atterriva più di un manipolo di Mangiamorte.
« Mi crede quando le dico che non sono stata io? » ripetei, per la ventesima volta di fila.
« Ti credo, Potter. » rispose lei, suscitando stupore nei nostri visi.
Io e Scamander ci scambiamo uno sguardo allegro.
« Davvero? » esclamai, speranzosa. Perdere un componente della squadra era una batosta, ma perderne due, tra cui il Capocannoniere, era un disastro, e con la fiducia della Preside McGranitt si sarebbe evitato che l'inferno scendesse in terra per mano di Baston. « Sapevo che lei mi avrebbe creduto, Preside! Io non so davvero come ringrazia- »
« Temo, Potter, di non poter revocare una punizione che un insegnante ha imposto. » si affrettò a stroncarmi la professoressa, con una punta di tristezza nella voce calma. « Posso parlare con il professore Coleman ma, vedi, devi aver messo una pasticca vomitosa nel succo di zucca sbagliato. »
Lysander mi guardò con un certo rimprovero mentre boccheggiavo.
« Che cosa? No! Non l'ho fatto! »
Non negli ultimi cinque mesi, almeno.
« Su questo non ti credo, Potter. Anche se non sei stata tu a creare il caos nei corridoi stasera, al professor Coleman non interessa. Eri anche fuori dal tuo dormitorio oltre l'orario stabilito e lui ha tutto il diritto di punirti. »
« Ma non ho messo alcuna pasticca vomitosa nel- »
« Scamander, accompagna la tua amica alla Torre di Grifondoro e porta a termine il tuo compito da Prefetto. » mi interruppe la McGranitt, congedandoci con freddezza. « E mi raccomando, non cincischiate. Potter, sono stata chiara? Avresti potuto evitare una squalifica dalla squadra se ti fossi attenuta al regolamento della scuola e se non avessi fatto quello stupido scherzo al tuo insegnante. Mi dispiace davvero tanto per Grifondoro... »
Il biondino, funereo, mi aveva scoccato una strana occhiata e ponendomi una mano dietro la schiena, mi sospinse fuori la porta dell'ufficio della Preside, incamminandosi verso le scale che conducevano al settimo piano mentre mi muovevo meccanicamente dietro di lui come un robot telecomandato, senza avere neanche la forza di proferir parola.
« Sei stata tu a mettere- »
« No! Posso giurarlo. » lo assalii prima che finisse la sua domanda, stringendo i denti con rabbia e respirando furiosamente.
« Va bene, ti credo. »
« Ah, complimenti, bell'affare! C'era bisogno che me lo chiedessi davvero? » sbuffai, disperata. « E adesso chi riferisce a William Baston che ha perso due componenti della squadra a pochi giorni dall'ultima partita della stagione di Quidditch? »




« Espulsa?! »
« Capitano... »
« Dall'ultima partita della stagione di Quidditch?! »
« Capitano, io davvero non... »
William Baston diede un poderoso calcio ad una poltrona vicina al suo piede, spedendola in modo diretto nel camino acceso e facendole prendere fuoco. Inutile dire che in quel momento nessuno osò neanche lontanamente spegnere il fuoco.
« Cosa diavolo ti passa per quel cervello bacato che ti ritrovi, Potter?! QUESTA È LA VOLTA BUONA CHE TI SBUDELLO, PAROLA MIA! »
Deglutii quello che nella mia gola parve un rospo particolarmente massiccio. Non avevo mai visto William Baston in quello stato e io l'avevo visto in parecchi stati. Era spaventoso, squilibrato, avrebbe ammazzato, ad esempio me, se l'avesse ritenuto necessario... e un omicidio in piena notte e nel bel mezzo della Sala Comune sembrava lo ritenesse più che necessario.
Il Capitano prese fiato, tanto che era paonazzo, e io approfittai per dire la mia: « Coleman mi ha espulsa ingiustamente! Non sono stata io a mettergli una pasticca vomitosa nel succo di zucca e neanche a liberare quelle maledette tarantole! »
I Grifondoro, che erano naturalmente svegli a causa delle urla indemoniate del Capitano, trattennero il respiro quando la poltrona nel camino iniziò a scoppiettare in modo rumoroso. Alcuni erano nascosti sulle scale dei dormitori, altri erano affacciati ai balconi per godersi dall'alto lo spettacolo che stavamo dando, altri, invece, si erano riversati nella Sala Comune e si stavano occupando del principio di incendio prodotto da Baston.
Incrociai gli sguardi dei miei cugini, che mi fissavano sconvolti al pensiero di dover giocare da soli l'ultima partita, e quello dei miei compagni di squadra, che mi squadravano in maniera rassegnata mentre un paio di Grifondoro scuotevano il capo severamente.
« Lo giuro, non sono stata io! Qualcuno ha voluto fare- »
« Il figlio di puttana con me. » finì la frase il Capitano, gli occhi neri che ardevano di ira e la mascella così serrata che avrebbe potuto spezzare in due una mazza da Battitore. « Ma nessuno fotte William Baston, Potter, nessuno mi fotte! » insistette, e parecchi Grifondoro furono percorsi da un brivido. In quel momento, neanche i miei cugini osavano ridacchiare. « Giuro che se non scovo quel figlio di puttana per annientarlo con le mie stesse mani, la mia vita non ha alcun senso. » soffiò, e gli credemmo sul serio. In effetti, allearsi con Baston per stanare i Mangiamorte non mi sembrava un'idea così scellerata. « Il mio Capocannoniere fuori gioco a pochi giorni di distanza dalla partita, non ci posso credere... »
Il mio cuore fece una capriola e sbiancai visibilmente, cominciando a perdere lucidità a livello mentale. L'unico pensiero che mi sovveniva e gironzolava in maniera pericolosa nella mia mente era uno: che quel caos era accaduto solo ed esclusivamente per la mia espulsione. Di Corner, ferito in Infermeria e con nessuna possibilità di scendere in campo, non ne avevo ancora fatto menzione...
« Capitano... » mormorai, senza voce.
« Non possiamo assolutamente perdere contro quelle mezzeseghe dei Tassorosso! »
« Capitano, io... avrei qualcos'altro da dire. »
« Potter, che diavolo vuoi? »
« Le tarantole hanno... insomma, in poche parole, loro... »
« Hanno morso qualcuno della squadra? » intervenne Hugo orripilato, stranamente perspicace mentre osservava il mio viso disperato, capendo al volo la frase che c'era scritta a caratteri cubitali sulla mia fronte madida di sudore.
« Hanno morso qualcuno della squadra? » ci tenne a ripetere Baston, il tono quadruplicato di dieci decibel. Annuii atterrita e impallidii quando il Capitano si sostenne al divano lì vicino per non cadere. « HANNO MORSO QUEL BUONO A NULLA DI MCLAGGEN? DIMMI CHE HANNO MORSO LUI, POTTER! »
« Ma Capitano! » si udì una voce proveniente dalle scale dei dormitori.
No, decisamente non si trattava di lui.
« Allora? » insistette Baston, di fronte la mia espressione avvilita. « Chi hanno... hanno morso Corner? Hanno morso il Cercatore, Potter?! »
Mi scambiai uno sguardo terrificato con i miei cugini e il Capitano parve capire. Ce ne accorgemmo dalla sfumatura verdognola che stava assumendo il suo volto.
« Me l'ha detto Coleman, io non ne sapevo niente! Non sono stata io a... Capitano! »
Direi che l'ha presa bene, per i suoi standard. - pensai, inginocchiandomi accanto al corpo svenuto di William Baston.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Duelli proibiti, confessioni e promessi sposi. ***


Duelli proibiti, confessioni e promessi sposi.

Se alcuni studenti di Hogwarts si stavano chiedendo cosa fossero tutti quegli importanti uomini del passato che dal cielo erano scesi in terra, altri, invece, avevano chiaramente compreso cosa ci facessero lì nella scuola. A dire il vero, passavo più tempo urlando bestemmie a destra e manca e insultando chiunque mi capitasse a tiro che cercando di fare qualcosa per conquistare di nuovo il mio ruolo da Cacciatore nella squadra. Impresa del tutto impossibile se un Coleman particolarmente infuriato credeva davvero che avessi messo una pasticca vomitosa nella sua bevanda, liberando successivamente una trentina di tarantole per tutta Hogwarts che avevano morso il Cercatore della tua squadra di Quidditch e che avevano fatto sì che William Baston venisse ricoverato nuovamente in Infermeria per un forte crollo di nervi.
Era tutta colpa mia, in teoria. In pratica no.
Inizialmente pensai si trattasse di uno stupido scherzo ma, parlandone con Hugo e con Alex Olsen, arrivai alla conclusione che chi minacciava il nostro paese e la nostra scuola aveva appena creato una buona occasione per farmi fuori...
Erano stati i Serpeverde a boicottare la partita per vincere la tanto desiderata Coppa del Quidditch o c'era sotto, con molta probabilità, un progetto più grande su cui avremmo dovuto soffermarci? I Mangiamorte si erano infiltrati nuovamente a scuola oppure avevano lasciato fare il gioco sporco ai loro eredi?
« Sapevo di trovarti qui. »
Alzai lo sguardo dal grosso tomo che mi trovavo sotto al naso e inquadrai un Hugo particolarmente stanco e infangato corrermi incontro con la sua Nimbus altrettanto insozzata sotto braccio.
« Stanotte faccio un salto nel reparto proibito. » sussurrai, mentre mio cugino prendeva posto. Avevo preso l'abitudine di consultare la Mappa del Malandrino ad ore alterne. Non che prima non lo facessi ma, in quei giorni, la mania stava prendendo una piega del tutto convulsa. « Non ho trovato nulla riguardo a portali o collegamenti magici che non siano quelli che già conosciamo... »
Hugo annuì, mordendosi un labbro in maniera pensierosa e voltandosi per dare un'occhiata a Madama Prince che marciava tra gli scaffali come un fastidioso avvoltoio. Avevo ritenuto necessario confidarmi con mio cugino ma non mi fu di grande aiuto in quei giorni: la partita si sarebbe svolta tra sette giorni e Baston aveva organizzato distruttivi allenamenti di Quidditch.
« James non ti aveva dato il mantello dell'invisibilità? » chiese in un sussurro mio cugino. « Sei stata davvero stupida ad uscire oltre il coprifuoco senza mantello, devo dire. »
Sbuffai, sfogliando di malagrazia le pagine del tomo che stavo consultando.
« Ma giustamente come avrebbe fatto il tuo biondino a guardarti se fossi stata invisibile? E hai ragione. » accluse Hugo divertito, alzando entrambe le sopracciglia per mettere in evidenza la malizia nelle sue parole.
« Idiota. » replicai a voce alta, attirando parecchie occhiate dalla mia parte e un paio di sorrisini. « In ogni caso, come sono andati gli allenamenti? Baston... »
« L'abbiamo perso. » concluse mio cugino, tetro. « Stavolta sul serio. Il Cacciatore che ha preso il tuo posto per poco non ci lasciava le penne, quel dannato. Non sarà mai all'altezza della partita di lunedì. E il Cercatore, beh, non ne parliamo proprio... a momenti il Capitano piangeva come una femminuccia. »
Hugo fece uno sbuffo di risata, con l'espressione di chi ride per non disperarsi. Rimase per qualche minuto incantato a fissare il panorama dalla finestra, mentre io mi lasciavo sprofondare sempre più nel grosso volume ingiallito divorata da ingiusti sensi di colpa, e successivamente riprese parola, stavolta parlando in modo veloce e scattoso, come se avesse timore di quello che diceva.
« Alice sta venendo agli allenamenti. » proferì, arrossendo in zona orecchie.
« Ho notato. » risposi, con una smorfia. « Mi ha chiesto un paio di volte quando avessi gli allenamenti. Sembra proprio cotta a puntino. » lo rimbeccai, ridacchiando apertamente.
« L'ha detto anche Dominique... » disse piano mio cugino, interessato in modo particolare agli inesistenti granelli di polvere sulla sua scopa da corsa. « Mi ha fermato dopo gli allenamenti e abbiamo parlato. Mi ha chiesto di te e ha pianto un sacco: ero terrorizzato, miseriaccia. Mi sono sentito un verme per come mi sono comportato con lei così l'ho accompagnata nei sotterranei e... credo le manchiamo, e anche a noi lei manca. »
Dominique era la tipica persona che, una volta entrata nella tua vita, non vedevi l'ora di togliertela dai piedi ma che, una volta andata via, avresti immediatamente pensato che fosse uno sbaglio grosso quanto una casa.
« Sto benissimo così. » mi intestardii, mentendo spudoratamente di fronte alla persona che probabilmente mi conosceva più di tutti e che non credeva ad una sola parola che avevo pronunciato.
Hugo scosse il capo mentre si annusava con un rapido gesto le ascelle che emanavano un tanfo davvero poco gradevole. « Vado a fare una doccia... puzzo come la vecchia prozia Tess. » ci tenne a far sapere lui come se non fosse abbastanza evidente e corse via prima che la puzza arrivasse anche sotto le narici di Madama Prince e degli altri studenti presenti nella biblioteca.
Fui lasciata da sola come lo ero cinque minuti prima che arrivasse lui, seduta sulla sedia di legno accanto alla finestra. Rimettendo in ordine tutti i volumi che avevo consultato e prima di andare via dalla biblioteca, osservai un unico puntino nero tra gli anelli. Avrei giurato fosse il Capitano, sconsolato nel vedere la sua squadra completamente rasa al suolo e le speranze di vittoria sotto terra.
Come avrei fatto a finire l'anno scolastico senza Quidditch?
Con un nodo in gola, mi affrettai ad uscire dalla biblioteca e fui sorpresa quando, nel bel mezzo del corridoio, mi ritrovai ad udire delle voci particolarmente familiari, oltre che un gran caos, e che mi fecero bloccare di scatto e col cuore in gola.
« ... e dovresti mostrare più rispetto per le perdite di Grifondoro e per l'espulsione ingiusta della ragazza di cui dici di avere una cotta, Evans, non esserne felice. »
« Non mi interessa, Scamander, io non penso a lei. Io penso alla vittoria di Tassorosso. »
« Sei proprio un pezzo di merda, lo sai? »
« Come, scusa? »
Corsi verso la folla in cerchio dinanzi ai due litiganti e mi alzai sulle punte per vedere meglio, spiando tra una ventina di teste curiose: Scamander e Evans si tenevano testa a vicenda mentre molti studenti del settimo anno bloccavano il transito, e tra la calca emergeva particolarmente la squadra di Quidditch di Grifondoro, furibonda, e quella di Tassorosso. Messi a paragone in gran vicinanza notai che la somiglianza tra i due andava scemando e che non ci poteva mai essere competizione per quanto vagamente l'uno somigliasse all'altro.
« Cosa vuoi fare con quella bacchetta? Sfidarmi a duello, Scamander? Guarda che non puoi battermi. »
« Davvero? » riprese l'altro, serio e furioso. « Non mi sei mai piaciuto, Evans. E non per i tuoi modi garbati ma per il fatto che riesci sempre ad affascinare le persone in questo modo per poi rivelarti un coglione. Prendi la bacchetta! »
« I duelli sono proibiti nei corridoi. Sei un Prefetto, Scamander! »
Non si metteva bene.
« Fatemi passare. » dissi, spintonando gli studenti e facendomi spazio. Con uno sbuffo impaziente, individuai mio cugino alto due metri e mezzo tra la calca e non dovetti rifletterci molto per arrivare alla conclusione che si era issato sulle spalle di qualcuno per godersi lo spettacolo. « HUGO! » chiamai, con vocina acuta.
« LILY! » esordì mio cugino, agitando le braccia e ridacchiando. « Circolate voi, lasciatela passare! »
Mentre spintonavo gli studenti e afferravo la mano libera di Fred, che tenendo nostro cugino sulle spalle somigliava particolarmente ad un mulo da carico, si udì uno strano sibilo e il rumore di un incantesimo andato a fondo.
« Expelliarmus! »
« Stupeficium! »
« Circe maiala. » soffiai. « Stanno duellando davvero? »
Hugo, che stava battendo le mani a ritmo di incantesimo, annuì con un sorrisetto. « Miseriaccia se ci dà dentro Scamander. »
« Stiamo per saltare una lezione per assistere ad un duello non autorizzato nel bel mezzo del corridoio di collegamento tra le varie aule. » si intromise Frank Paciock preoccupato, rendendo la cosa ben nota al pubblico come se non lo fosse già abbastanza. « Non ci trovo niente di divertente. »
I miei cugini, in tutta risposta, fecero un'altra risatina.
« Sappiamo tutti che hai una cotta per lei, Scamander! »
« Non hai neanche idea di come mi sia svegliato storto stamattina, Evans, ti conviene sparire prima che ti riduca in polvere. Frunculus! »
« Tu osi minacciarmi! PROTEGO! »
Continuai a spintonare gli studenti, che commentavano vivacemente l'accaduto mentre altri protestavano a gran voce, e mi ritrovai faccia a faccia con un rassegnato Alex Olsen, che scuoteva il capo in maniera per niente preoccupata e ripeteva quanto quella scuola fosse una scuola di matti. Mi trattenni dal ridere e superai anche lui.
« Sei tu ad essere un pezzo di merda, Scamander, non io! Conosco quel che hai fatto, idiota. Ti piace spassartela con le vipere per poi tornare da lei come un cane bastonato? Sei proprio un... »
Ma non si seppe mai cosa fosse Scamander. In quel momento, il cosiddetto idiota che se la spassava con le vipere lasciò andare bruscamente la bacchetta, mollando un'inaspettato gancio così potente sulla mascella di Evans che avrei giurato di sentire le sue ossa scricchiolare. Arrivata in prima fila, scattai in avanti verso i due seguita da Alex e dal resto dei miei cugini e Frank Paciock.
« Sei impazzito? » strepitai, mentre la squadra di Tassorosso correva a soccorrere il loro compagno.
Lysander abbassò il pugno e mi guardò con uno strano sguardo sfinito. « Erano anni che morivo dalla voglia di farlo. »
« D'accordo, sei impazzito. » decretai, voltandomi verso Evans che si muoveva a scatti per terra con la bocca insanguinata. « Lo spettacolo finisce qui! Circolare, forza! » annunciai, agitando le braccia verso la folla che, sbuffando, si disperse.
« È stato fantastico! » fu il commento ammirato di Hugo, balzando giù dalle spalle malridotte di Fred e dando un buffetto affettuoso sulla schiena del biondino. « Se lo meritava proprio! Aspetta un momento... cos'è che avrebbe detto? »
Alzai gli occhi al cielo.
« Solo che Tassorosso avrebbe vinto. » riuscì a borbottare il malcapitato Evans, ancora a terra.
« Non farti sentire da William Baston, allora. » rispose Fred, ilaremente.
« L'hai davvero distrutto. » si inserì Louis, guardando in modo ansioso il Tassorosso a terra e rifilando una strana occhiatina bieca a Scamander. « Portatelo in Infermeria. »
« Ci penso io! » si offrì prontamente Fred, scoccando un rapido occhiolino ad Hugo, che lo seguì immediatamente; insieme, afferrarono Evans per le braccia e lo costrinsero ad alzarsi e camminare con loro.
« E tu sei uscita davvero con questo tizio? » sbuffò Scamander irritato, lisciandosi delicatamente le nocche e deponendo la bacchetta nella tunica sotto lo sguardo divertito di Alex, che continuava a scuotere il capo. « Davvero, non riesci a fare di meglio? »
« Riesco a fare di meglio del tuo pugno da principessa, sicuramente. »
« Ti auguro di cadere giù dalla scopa alla prossima partita, Scamander! » si udì in lontananza la voce di Zack Evans.
Lysander serrò la mascella e la sua mano sembrò scattare nuovamente verso la sua tunica ma un colpetto di tosse piuttosto familiare lo costrinse a non farlo: era Cassandra Smith e aveva tutta l'aria di aver osservato la scena dall'alto della sua incredibile malvagità d'animo.
« Ti sei appena beccato una punizione dalla sottoscritta Caposcuola, Scamander. »
Lysander spalancò la bocca, incapace di proferire parola in presenza di una soddisfatta Cassandra Smith, che probabilmente non vedeva l'ora di farla pagare al ragazzo per quello che era accaduto tra loro; dal mio canto, ero terribilmente scioccata dell'entrata in scena della Barbie mostro che mi accorsi a malapena che aveva tolto le extension, forse per timore che potessi nuovamente strattonargliele con cura, e che si era tagliata la frangia che ricadeva liscissima sulla fronte. Fu Alex a rompere quel silenzio carico di tensione con un lungo sospiro e un: « Complimenti, Jackie Chan. » seguito immediatamente dallo sguardo furioso di Lysander che diceva chiaramente che non avrebbe desiderato affatto dare ascolto alle beffe di una persona che aveva fatto fantasie erotiche su di lui.
« Taci, James Bond, 007 di questo grandissimo... »




« Cazzo! »
Inutile dire che neanche cinque minuti dopo l'episodio era sulla bocca di tutti e l'improvvisa gelosia di Lysander Scamander nei miei confronti e il rispettivo duello avuto con Zack Evans, mio ex uscente, appariva come un semplice e chiaro messaggio per tutta la popolazione femminile di Hogwarts, e anche per quella maschile che non si era rassegnata ad avere come partner una lunatica squilibrata nonostante i sei anni a scuola l'avessero ben dimostrato. E non solo quello fu di dominio pubblico ma anche la convocazione della McGranitt nel suo ufficio, esattamente un attimo dopo.
« La McGranitt lo sa che anche stavolta non c'entro nulla? » sbraitai, calciando un'armatura lì accanto e ricordandomi con un brivido di quando quegli stessi amichevoli pezzi di acciaio avevano tentato di uccidermi qualche giorno prima.
Lysander parve del mio stesso avviso ma, ancora scosso dalla punizione infertagli da Cassandra Smith, non disse una parola.
« Neanche noi c'entriamo. » si intromise Louis, indicando anche Frank Paciock. « Non credo si tratti di una punizione collettiva. »
« Lo spero bene. » sbottai, interrogandomi sul nostro disastroso destino di miserie.
Feci il mio ingresso spavaldo nell'ufficio della Preside e mi stupii in modo evidente quando mi trovai faccia a faccia con Lorcan Scamander, Dominique e Alice Paciock, le uniche tre persone che non avevano assistito allo spettacolo accaduto poco prima. Hugo e Fred, dopo aver trasportato il poco caro Evans in Infermeria, sedevano sulle sedie di fronte al trono della McGranitt e si voltarono verso di noi con lo stesso nostro sguardo inquisitorio. Incrociai gli occhi di mia cugina ma distolsi velocemente lo sguardo, fissando il volto neutrale della Preside McGranitt.
Non sarà mica per l'episodio delle Caccabombe alla fine dell'ora di Pozioni del giorno prima?
« Vi ho mandati a chiamare. » annunciò la McGranitt, con il tono sereno di chi non ha affatto intenzione di fare ramanzine a chicchessia e io ringraziai il cielo che le Caccabombe non avessero inquinato le segrete. « non per la vicenda accaduta nei corridoi poc'anzi, bensì per uno straordinario evento che vi coinvolge. »
« Rientro nella squadra di Quidditch di Grifondoro? » intervenni prontamente in maniera esaltata, beccandomi l'occhiataccia di Lorcan Scamander e quella della McGranitt. « Ah, capisco... un encomio speciale, allora? »
« Grifondoro vince la Coppa del Quidditch? » si intromise Hugo, vivacemente.
« Il professor Coleman va in pensione? » insistetti, pervasa dall'eccitazione.
« Tu credi? » esordì Hugo, commosso a dir poco.
« Sì, insomma, lo trovo abbastanza vecchio da... quanti anni ha? Ottanta? »
« Sessantaquattro, per la precisione. » si inserì la McGranitt, piccata. « E no, non vi ho mandati a chiamare per questo. Dovete immediatamente raggiungere casa, tutti quanti. La vostra famiglia vi desidera a casa per un importante matrimonio. »
Vidi Dominique agitarsi sulla sedia e sbarrare gli occhi, per poi voltarsi verso Louis e sorridere, di un sorriso radioso e cristallino che non le vedevo spuntare da una settimana. Louis aveva ricambiato e si era voltato verso il resto dei cugini con lo stesso sorriso luminoso della sorella. Nessuno capì il motivo di quei sorrisi. E neanche io, a dirla tutta.
« Sto parlando, naturalmente, del matrimonio di Ted Lupin e vostra cugina e sorella Victoire. »
« Che cosa? » esclamammo in coro io, Hugo e Fred, sgranando gli occhi.
« Oh, Louis! » la voce di Dominique era incrinata per l'emozione e il fratello corse ad abbracciarla.
La McGranitt sorrideva piuttosto felicemente. « Beh, mi auguro che passiate questi quattro giorni del weekend in serenità. Mi aspetto sempre che torniate con una testa nuova e con tutte le energie necessarie per vincere la partita contro Tassorosso e conquistare la Coppa. Ma adesso... via da qui! »




Che la mia famiglia fosse benestante era risaputo ma quello che mi ritrovai dinanzi una volta tornata a casa fu oltre la mia immaginazione. La prima tappa fu, per l'appunto, in casa mia dove ci accolse l'intera famiglia, Ted e Victorie, la famiglia Paciock e i Scamander, che con un grande brindisi e diversi abbracci commossi (e pianti isterici ed emozionati da parte di Fleur e delle zie) annunciarono ufficialmente il matrimonio.
Teddy aveva passato gran parte della sua vita in casa mia, era come un fratello adottivo per me e i miei fratelli e solo in quel periodo aveva considerato l'idea di abitare in Grimmauld Place con Victorie in modo da farsi una sua indipendenza. Non lo vedevo da moltissimo tempo, non ero riuscita a vederlo neanche durante le vacanze di Natale e Pasqua che aveva passato all'estero con mia cugina e i loro amici di scuola. Quando i nostri sguardi si incrociarono, mi accolse con un abbraccio così forte che temetti mi si incrinassero le ossa e con le lacrime che gli zampillavano dai grandi occhi nocciola; i capelli erano del solito colore turchese, il suo colore preferito, e il viso di Victoire era paonazzo per l'emozione.
Casa mia era addobbata a festa con tanta dovizia, in modo assolutamente accurato: le ringhiere presentavano dei nastrini argentei, palloncini dorati erano posti in ogni angolo di casa, ghirlande di fiori su tutti i mobili del salotto e fuori il giardino furono montati grandi gazebi per annunciare che l'addio al celibato di Teddy si sarebbe svolto lì.
« L'addio al nubilato di Victoire si tien chez moi! A Villa Conchilia! » trillava Fleur, fuori di lei dall'eccitazione e continuando a lisciare i capelli biondissimi della figlia, che non riusciva a staccarsi da sua sorella Dominique. « Naturalmonte, voi che siete della familia vi dovete organizzar. Potete far qualche oretta di qua e qualche oretta chez moi! »
« Sì, zia Fleur! » rispose Fred, che non faceva che dare buffetti concitati sulle spalle di Ted e saltellare iperattivo tra i parenti, abbracciando di tanto in tanto un commosso zio Bill. « Non ci perderemo le due festicciole per niente al mondo! »
C'era un gran caos in casa che quasi sembrava fosse diventata un hotel di gran lusso e in tutto quel baccano mi sentivo non un paio ma diversi occhi sul collo: quelli di mio padre che, mentre conversava con tutti i miei zii e con Luna e Rolf Scamander, sembravano perforarmi da parte a parte; quelli di Dominique, che non faceva che abbracciare la sorella e il fratello mentre Roxanne piangeva per la commozione; quelli di mio fratello James, che parevano i più pesanti da sostenere e, infine, gli occhi di Lysander che aveva intrapreso una conversazione civile con le mie cugine e Rose, che non vedevo da secoli e che era stata la prima ad abbracciarmi una volta uscita dal camino del salotto.
« Ci siam premurate di comprar abiti per tutti! » si udì tra il gran vociare la vocina stridula di Annie Delacour, che non avevo neanche intravisto in tutto quel caos. « Per non scomodare i racazzi che son stonchi per la scuola e per essere tutti belissimi allo stesso modo! »
« Giuriam di aver chiesto consilio ai vostri jenitori sui vostri gusti! » accluse Silvia, vivacemente. « Voi maschietti seguitemi di sopra! »
Di sopra in che senso? - mi ritrovai a pensare, guardando a sottecchi il biondino andare via insieme alla vacca numero uno.
James fece l'occhiolino alla donna e fu il primo a seguirla, offrendole il braccio e avviandosi insieme a lei su per le scale. Alcuni la seguirono con un certo imbarazzo, osservando le reazioni delle ragazze fin quando non sparirono al piano di sopra; altri chiacchierando allegramente e ridacchiando.
Annie sorrise. « Le feminusce con me! »
Rose mi affiancò velocemente e a braccetto seguimmo la vacca Delacour numero due in camera dei miei genitori dove mi sorpresi di trovare abiti in abbondanza per tutte quante: colorati ed elegantissimi strabordavano dal letto in maniera incredibile. Essi furono la gioia di Dominique che, superandoci a passo veloce e trascinando con lei Alice e Roxanne, si tuffò tra le vesti senza attendere alcuna indicazione.
Molly e Lucy stettero in disparte, a disagio, ad osservare nostra cugina che scartava i vari abiti.
« Allora? » mi disse Rose, con un sorrisino malizioso e con il desiderio sotto zero di unirsi alle nostre cugine e alle Delacour nella scelta dei vestiti da cerimonia. « Come va a scuola? Spero tu stia studiando dato che l'anno prossimo avrai l'esame. »
« Non male. » le risposi, ricambiando il sorriso. « Tu piuttosto? So che hai passato il Natale con... ehm, i tuoi suoceri, dico bene? Devono essere davvero tremendi, da come me le parla Hugo. »
« Mio fratello deve sempre esagerare. » riprese lei, scuotendo il capo. « Certo, Scorpius temeva che non avessi ricordato l'ordine delle posate ma tutto sommato siamo stati bene, loro non sono stati così tremendi con me. Ma non mi va di parlare di me, adesso... »
Oh, cavolo. Ditemi che quel dannato Albus Severus non ha davvero fatto la telefonata che disse che avrebbe fatto. - mi ritrovai a supplicare.
« Albus mi ha telefonata, sai. »
Come non detto, quel grandissimo figlio di...
« Davvero? » chiesi, scrollando le spalle come se la telefonata non riguardasse affatto me e pensando che Al meritasse calci in bocca più di quanti ne meritasse James, e solo per il semplice motivo che si era comportato da pezzo di sterco esattamente come l'altro mio fratello. « Mi fa piacere che vi siate tenuti in contat... »
Rose aveva incrociato le braccia al petto, piuttosto sorridente. « Non era affatto la tipica telefonata di piacere. »
Ma di dispiacere per me, mi sembra chiaro.
« Gli ho dovuto pagare il pranzo per una scommessa, lo sai? Una scommessa su di te. »
« Benissimo, ehm, io vado a provare l'abit... »
Sgattaiolai via dalle sue grinfie per unirmi alla Delacour, e anche a Dominique, se fosse stato necessario, ma la sua mano mi afferrò prontamente prima che potessi correre verso la libertà e, con un risolino soffocato, Rose mi costrinse a tornare indietro verso la porta, esattamente dove ero posizionata un attimo prima.
« Tu e Lysander, Lily, davvero? » ridacchiò mia cugina, in un sussurro roco e con espressione di chi la sapeva più lunga di tutti quanti ma mai quanto mio fratello Albus che, stranamente, riusciva a saperla sempre più lunga di una locomotiva.
Tossicchiai, scuotendo i capelli come se volessi rimettere a posto le idee. « Io non... »
Mia cugina mi offrì una delle più scettiche occhiate.
« E va bene. » abbassai la voce. « Va bene, sì. D'accordo. È come dici tu! »
« Beh, siete proprio due idioti. » ci tenne a far sapere Rose, con perspicacia e vantandosi da esperta in amore dopo che, per sette anni, aveva dichiarato guerra al suo acerrimo nemico per poi finirci insieme. Il che non la rendeva esperta in amore neanche un poco. « Ma tranquilla, durante questi giorni avrete modo di parlare. O forse parlare non è esattamente la cosa che potrebbe esservi d'aiuto, non so se sono stata abbastanza chiara... » concluse, meditabonda.
Deglutii mentre nella mia mente l'immagine del biondino con la gelatina tra i capelli e un paio di sensuali boxer aveva già preso perfettamente forma.
« Non pensarci! » Oh, no, io ci penso eccome! « Comportati come hai sempre fatto, insomma, sei abbastanza sfacciata senza che ti dia lezioni. Ti dico solo: indossa quel vestito e stendilo. È sempre un primo passo! »
Ed era quello che feci un attimo dopo: indossai l'abito che Annie mi porgeva e, dopo le mille bestemmie a causa di non riuscire a farmi sfilare l'abito addosso dato che continuavo ad infilare un piede dove non avrei dovuto e dopo le occhiatacce che le ragazze mi serbarono per la brutalità con cui cercavo di entrare lì dentro, fu con uno sguardo sorpreso che mi guardai allo specchio. Vidi, finalmente e per la prima volta in vita mia, una giovane bella donna con un abito lungo color vino rosso che risaltava a pieno le mie forme e che metteva in risalto la chioma fiammata. Dominique, perfetta nel suo lungo e morbido abito verde smeraldo, aprì la bocca per dirmi qualcosa ma la richiuse subito dopo in modo a dir poco lusinghiero. Rose, con il suo abito semplice color cobalto, mi sorrise soddisfatta. L'abito di Lucy, invece, era di un rosa pallido e quello di sua sorella blu scuro, che scendeva fino alla ginocchia e le copriva le imperfezioni; Roxanne indossava un abito dorato sbarazzino che faceva a pugni con la pelle scura e Alice Paciock emanava un certo candore con la veste di satin bianco.
« Sei belissima, Lilì! » esordì la Delacour, sinceramente ammirata dalla mia presunta bellezza. « Se solo avessi un poco più di grozia! »
« Va benissimo così, zia. » disse Dominique in fretta, mettendola al suo posto.
Roxanne fece una piroetta, esclamando eccitata: « Andiamo a vedere i ragazzi come se la cavano, forza! » trascinando con lei Dominique per un braccio e Alice per l'altro braccio e saltellando con i tacchi dorati in tinta ai piedi.
Rose mi fece l'occhiolino e uscì insieme alle ragazze, accodandosi a loro senza scomporsi minimamente. Con un sorrisino, le seguii fuori al pianerottolo e mi ritrovai faccia a faccia con Lysander che, non appena mi scorse, interruppe di botto la sua camminata, a bocca aperta per lo stupore. Malgrado l'orda di cugini e la confusione presente nelle varie camere, non potetti fare a meno di restare impalata a ricambiare il suo sguardo colpito come se non avessi mai visto una cosa tanto bella in vita mia: la giacca blu scuro, quasi nero, e i pantaloni in tinta gli calzavano a pennello e gli conferivano un'aria davvero...
Porca.
Sembrava addirittura più grande, un ventenne.
« Sei... » iniziò a balbettare lui, arruffandosi i capelli con un rapido gesto imbarazzato. « Sei davvero... »
« Splendida? » venne in aiuto Rose, maliziosamente.
« Sì. » rispose il ragazzo, senza esitare; mia cugina rise silenziosamente, le mani che coprivano l'intera faccia e il volto paonazzo. « Volevo dire, ti sta benissimo l'abito. »
« Grazie. » risposi, cercando di frenare gli ormoni e rivolgendo al ragazzo un mezzo sorriso impertinente nonostante le mie viscere si stessero contorcendo in quel momento e nonostante il fatto che non riuscivo a levare gli occhi da lui. « Anche tu non sei male. »
« Anche io non sono male? » si inserì James, intromettendosi nella conversazione e piombando nel pianerottolo con un sorriso. Sentii le stesse viscere che un attimo prima si contorcevano sparire lentamente, il sangue freddarmi la pelle e il cervello in tilt: non avevo ancora parlato con mio fratello e lui non parve accorgersi della mia espressione. « Fatti vedere, sorellina, fatti vedere! »
Troppo tardi: James mi aveva afferrata per una mano e mi aveva costretta a fare una giravolta. Lysander era visibilmente a disagio e in pena per me e, conoscendolo, immaginai stesse cercando un modo intelligente per intervenire e portarmi via da lì prima che la situazione creasse ulteriori danni.
« Wow, sei incantevole... davvero, sono colpito! » fu il commento sbalordito di James. « Non mi stupirei se molti dei vecchi amici di Ted e Victoire non caschino ai tuoi piedi seduta stante. »
« Sempre che non lo faccia prima qualcun altro. » ci tenne a precisare Rose, rivolgendo uno sguardo eloquente a Scamander, che arrossì mentre serrava le mascelle.
« Tranquilla, Rose, ci sono io ad osservarli tutti. » concluse mio fratello, divertito.
Mi guardò aspettandosi che replicassi ma, dal mio canto, le parole mi morirono tra le labbra e non facevo che osservarmi l'orlo dell'abito. La tensione non passò inosservata a James, a Rose e, soprattutto, al biondino, che parve capire cosa si stesse svolgendo nella mia testa e si affrettò a dire: « Andiamo a mostrarci ai parenti! Vieni, ti adoreranno. » e mi trascinò lontana da mio fratello, che continuava ad squadrarmi in maniera del tutto delusa.
Scesa al primo piano, sospirai e soffiai un sentito: « Ti ringrazio, Lysander. »
« Tranquilla. » disse Lysander dolcemente, guardandosi intorno con circospezione e parlando solo quando non si udirono più voci sul pianerottolo superiore. « Dovresti parlare con lui, Lily, non puoi far finta di niente. Infondo, si tratta di tuo fratello. »
Annuii: non aveva tutti i torti. « Non saprei cosa dire... »
« Troverai le parole. Fidati. »
Annuii nuovamente, fidandomi ciecamente di lui.
Lui mi fece un cenno positivo col capo e cambiò completamente discorso. « Pensi che debba farlo stringere dietro? » domandò, voltandosi di spalle a tre quarti e mostrando volutamente il sedere sodo in tutta la sua perfezione e le grosse spalle definite che mi comportarono un mezzo attacco di cuore.
Cavolo, biondastro, non così all'improvviso!
« Qui? »
Toccai con un dito un punto preciso proprio sotto al suo sedere e lo ritrassi una volta resami conto di quel che avevo fatto. Non potetti fare a meno di ridacchiare mentre lui arrossiva fino alla punta delle orecchie, spalancando gli occhi verdi e annuendo lievemente.
« Lascialo così. È perfetto. »
Sì, l'abito o il culo?
« Sicura? »
« Tu vuoi che vada stretto? Non devi mettere in risalto nessuna forma... »
È già tutto messo in risalto di suo.
« A te, invece, le risalta tantissimo... » mormorò lui, senza riuscire a trattenersi.
L'imbarazzo che seguì la sua affermazione fu tale che Lysander, sentendosi in difficoltà, distolse in fretta lo sguardo dalle mie grazie per puntarlo su qualcosa alle mie spalle che si rivelò essere la porta del bagno. Dal mio canto, più che imbarazzata mi sentivo esaltata come se fossi stata percorsa da una scossa elettrica: nutrivo il desiderio di baciarlo.
Il pensiero non finì neanche di formarsi nella mente che la voce della Delacour mi aveva già riportata alla realtà.
« Devo ajustorti l'abito, Lilì! Dove sei? »
« Arrivo! »
Con un'occhiatina da psicopatica innamorata al ragazzo, risalii le scale in tutta fretta e scivolai sui gradini a causa del mio essere a dir poco imbranata, facendo sì che il biondino corresse a recuperarmi dalle scale con un sorrisetto piuttosto rassegnato sulle labbra.




« Dopo domani abbiamo la cerimonia, Lily, e sono contenta che l'abito ti sia piaciuto. » stava dicendo mia madre, mentre preparava la cena per quella sera. Gli ospiti erano andati via ma all'indomani ci saremmo rivisti per celebrare l'addio al celibato e al nubilato dei due promessi sposi, che avevano deciso di dormire a Villa Conchiglia su grande insistenza di zia Fleur. « Lo so che te lo starai chiedendo ma ho cercato di dissuadere le due vacche a non intromettersi nella faccenda. Non hanno voluto sentir ragioni. »
« È stato un pensiero gentile, cara. » si intromise mio padre, accarezzando dolcemente i capelli di mia madre. Si voltò nella mia direzione e sorrise, dicendo: « L'abito ti stava benissimo, davvero. Somigliavi tanto a tua madre da giovane, ricordo che una volta indossò un abito molto simile. Era splendida. »
Bleah - mi ritrovai a pensare. Non in mia presenza.
« Anche io ero bellissimo. » si inserì James, facendo l'occhiolino ai genitori, che ridacchiarono mentre lui si arruffava i capelli e faceva il suo ingresso in cucina in ciabatte e coi soliti pantaloncini hawaiani.
Albus fece uno sbuffo. « Quel panciotto era orribile, Jamie. »
« I panciotti sono cool, Al, cosa ne vuoi capire di classe? »
Mia madre non si trattenne dal ridere. « Anche tu stavi benissimo, Albus. Il verde smeraldo ti dona: l'abito era in tinta coi tuoi occhi. »
« Sì, glielo dicono tutte che ha dei bellissimi occhioni da cucciolo. » continuava a punzecchiarlo James, suscitando irritazione da parte del fratello e cercando invano la mia complicità.
Per quanto mi riguarda, avrei volentieri riso e mi sarei immediatamente unita al simpatico giochetto "facciamo girare le pluffe ad Albus Severus Potter" se non fosse stato per il fatto che non appena James proferiva parola mi passava tutto il desiderio di divertirmi e di unirmi a lui come avrei solitamente fatto.
« Lo dicevano anche a vostro padre. »
« Anche tu, mamma? » chiese James, ilare.
« Oh, sì. » rispose la mamma, scoppiando a ridere. « A undici anni gli scrissi una filastrocca così ridicola che il puttino di San Valentino ebbe la brillante idea di recitarla dinanzi a tutta la scuola. Fu davvero imbarazzate, ricordi? »
« Per me o per te? »
« Per me, idiota! » sbuffò mia madre, sempre divertita.
Non potetti fare a meno di ridere vedendo i miei genitori finalmente riappacificati, vedendoli esattamente come li vedevo prima dell'estate: innamorati l'uno dell'altro come se fosse stata la prima volta. Credevo che col tempo quel sentimento fosse andato perduto, che l'amore era soltanto un'effimera illusione, che dopo si sarebbe caduti nella più totale monotonia... invece no. L'amore era molto di più.
E a casa mia sembrava essere tutto rose e fiori se non fosse stato per...
« A cosa pensi? » chiese mio padre, e tutti gli occhi della famiglia furono puntati su di me, che mi affrettai a scuotere il capo facendo danzare l'alta coda di cavallo.
Se sapessero a quante cose al secondo penso sarebbe più terrificante di vedere Lord Voldemort ballare la macarena.
« A niente in particolare, insomma, avete fatto pace, noto. » buttai lì, stendendo le gambe sulla sedia che avevo accanto.
« Non abbiamo mai litigato. » rispose mia madre, osservando la reazione di mio padre.
« Ma se somigliavi incredibilmente a zia Hermione durante il periodo di intenso lavoro! » esclamai, rimembrando con fastidio.
« Ti abbiamo fatto davvero una brutta impressione in questo periodo, vero? » mio padre sembrava penetrarmi intensamente nei pensieri, rendendoli evidenti al mondo intero. « Non hai nulla di cui aver timore, eravamo molto presi da tutto, ultimamente. »
Presi da tutto o presi dal ritorno dei Mangiamorte, evento che non volete rendere pubblico neanche a vostra figlia che rischia l'osso del collo nella stramaledetta scuola?
« Sono accadute tante cose, Lily, non mi aspetto che tu comprenda le mie decisioni. »
« Le comprenderei se mi fossero note! » sbottai, alzandomi di scatto dalla sedia e alterandomi seduta stante. « Non sono una bambina, sono cresciuta. Lo sai che sono stata attaccata in quella grotta maledetta? E che una settimana fa un bambino mi stava quasi strozzando? Lo sai questo, vero? Certo che lo sai ma non sei venuto da me a dirmi qualcosa! Mi hai dato uno stupido abbraccio e mi hai chiesto come stavo e io, davvero, vorrei sapere con quale faccia tosta ci tieni a domandarlo. »
Improvvisamente, miei genitori parvero davvero preoccupati e, soprattutto, incapaci di dire qualcosa a loro favore. Al mio contrario, che sembravo voler sputare fuori dall'anima tutto quello che era accaduto, oltre all'infinito veleno che avevo dentro, ma che dovetti trattenermi ancora una volta in modo da non suscitare sospetti.
« Cosa hai in mente? » chiese mio padre impaurito, una volta recuperato l'uso della parola.
Come non detto.
« Niente. » mentii, rispondendo fin troppo in fretta. « Non capisco... ti sto solo dicendo che mi aspettavo qualcosa da voi! »
Ero cresciuta, ormai, e avevo scoperto tantissime cose da sola, rischiando la vita più volta sia al castello sia a Londra; ero anche finita in televisione durante un servizio Babbano, avevo subito gli strani attacchi proprio sotto al mio naso e il mio vecchio ancora si ostinava a non essere sincero con me? Si aspettava davvero che fossi così stupida da non accorgermi di nulla? Oppure si illudeva?
« So che ti hanno espulsa dal Quidditch. » ci tenne a dire mio padre, sotto gli sguardi sbalorditi dei miei due fratelli.
« Ma certo che lo sai! Qualcuno ha messo una pasticca vomitosa nel succo di zucca di Coleman e lui mi ha espulsa ma questo, naturalmente, non importa a nessuno. » ringhiai, tra i denti.
Mia madre annuì più volte verso mio padre ma lui scosse il capo: sembrava terrorizzato e sul punto di scoppiare. Lui sapeva di certo che stavo indagando, mi conosceva, sapeva di che pasta ero fatta... per quale motivo continuava a parlarmi in quel modo?
Sbuffai, rassegnata. « Vado in camera mia. »




Quella sera stessa, non riuscivo a prender sonno: mille pensieri affollarono la mia mente già abbastanza piena e fu con uno strano presentimento che, a mezzanotte in punto, decisi di uscire dal mio nascondiglio. In maniera del tutto silenziosa, scoprii che la luce del salotto era accesa e che i miei genitori sedevano lì e discutevano animatamente e sottovoce, i toni ansiosi e affannati.
« ... la conosco, Gin, lei sa molto di più di quanto pensiamo. » sussurrava mio padre, teso e attento ad eventuali rumori.
Ah, sono più scontata di quanto pensassi, allora.
« Non puoi trovare un modo...? »
« No, non posso, dannazione! Lo sai come stanno le cose. »
Vorrei sapere anche io come stanno le cose, detto francamente.
« Devo scoprire cosa ha in mente ma il ragazzo, Olsen, non lo direbbe mai. Sa i piani dell'Ordine e sono sicurissimo che non li ha spiattellati lui a nostra figlia, anzi, l'ha protetta e ci ha aiutato tantissimo. Ma lei non avrebbe mai rivelato a lui cosa ha in mente sapendo il rapporto che ha con me e con l'Ordine. »
Era vero: con Alex avevo sempre parlato liberamente di tutti i miei dubbi ma non gli avevo mai detto che avevo intenzione di stanare i Mangiamorte, che io e mio cugino per mesi stavamo cercando il modo per beccarli con le mani nel sacco, che avrei combattuto contro di loro per dimostrare che anche io valevo. Intelligente com'era, Alex Olsen si era di sicuro fatto un'idea, anche per l'episodio accaduto a Diagon Alley mesi prima, ma non poteva confessare a mio padre di quella poco simpatica gita a Londra: era in trappola.
« Puoi sempre provare... »
« Non posso, Gin... »
Mi sporsi per osservare il profilo preoccupato di mio padre quando una mano mi tappò brutalmente la bocca e mi trascinò di peso nella mia camera. Seppi di chi si trattava al solo tocco e senza che mi voltassi verso il mio rapitore, ragion per cui non opposi alcuna resistenza.
« Non si origliano le conversazioni altrui. » proruppe James serio, senza giri di parole.
« E tu da quando sei diventato così scrupoloso? » ribattei, con forza. Piazzando le mani sui fianchi, feci due più due e la situazione apparve limpida come non lo era mai stata prima. « Tu sai tutto, James. »
Non era una domanda e lui non rispose: il chiaro di luna illuminava il volto dispiaciuto di mio fratello, lo stesso volto che avrei preferito non vedere in quel momento.
« Complimenti, davvero, lo metto nella lista delle cose che non mi hai detto subito dopo... »
« Me e Dominique? » concluse James, afflitto.
Mi sentii abbattere da un peso enorme, come una grossa montagna, e tutto quello che chiedevo in quel momento era essere lasciata lì, sofferente e senza energie, schiacciata dal peso del monte fin quando non avessi avuto le forze necessarie per liberarmene. E l'avrei fatto da sola, non avevo bisogno di nessuno in quel momento, tanto meno della mia famiglia. L'immagine di James e Dominique mi stava danzando prepotentemente nel cervello e un groppo grande quanto un Ungaro Spinato era balzato sul mio petto.
« Vattene dalla mia camera. »
« Non senza averti spiegato... »
« Cosa diavolo hai da dire, James? » sbottai, la voce spezzata e roca dal pianto; il desiderio di prendere mio fratello a schiaffi, cacciandolo dalla mia stanza per non rivederlo ancora. « Tu e Dominique vi piacete e siete cugini! È rivoltante, deleterio! »
Lui fece uno sospiro, abbassando la testa e osservandosi i piedi nudi. « Sapevo l'avessi presa così... »
« L'avrei presa molto meglio se avessi avuto la decenza di dirmi che... »
« Come avrei potuto dirtelo, esattamente? » rispose James, la voce sempre più affannata e nervosa e alzando gli occhi su di me per tenermi testa; i suoi occhi erano colmi di lacrime, esattamente come i miei ma in modo più evidente.
« Ad Al l'hai detto! » sputai, ricordando i continui riferimenti a Dominique di Albus.
« Ci è arrivato da solo, sai meglio di me che quel ragazzo ne sa una più del diavolo. Per favore, lascia almeno che... »
« È orribile ciò che state facendo, James! Siete repellenti. »
« E per quale motivo? » riprese lui, quasi urlando. « Siamo innamorati! Avete sempre decantato l'amore come quel sentimento vero che ti lascia il segno, io lo sto finalmente provando e volete privarmene?! »
« È la tua stramaledetta cugina, cristo! »
« Sssssh! Per favore... »
« Io non sono quel pervertito di Albus. Cosa dovrei fare adesso? Aprirmi ad un nuovo orizzonte? »
Il pianto irruppe d'un tratto ma James non ci badava e lasciava che le lacrime gli solcassero il viso. « Non puoi evitarci, cazzo, c'è un matrimonio in corso... non lo senti l'amore nell'aria? Io e Domi non possiamo mai finire in una relazione seria, rovinerebbe l'intera famiglia... vuoi davvero fare storie per un sentimento? Che scelta avevo di fronte ad un sentimento? »
« Hai scelto di non dirmelo... » soffiai, allontanando mio fratello e sbattendo la porta della mia camera.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Addio alla decenza. ***


Free Image Hosting at FunkyIMG.com

Addio alla decenza.


Il mattino successivo fui svegliata da colpetti piuttosto rumorosi di clacson e mi ritrovai mio fratello Albus particolarmente vicino al mio viso e con un sorrisetto serpeverdesco che, immaginai, aveva tutto a che fare con il segnalatore acustico udito poco prima. Era il giorno dei due addii, celibato e nubilato, e in maniera molto probabile i miei cugini si stavano già organizzando per movimentare la serata, chi in maniera rigorosamente legale e chi, invece, no.
Dal mio canto, avrei movimentato la mattinata in modo piuttosto violento se mio fratello non si fosse allontanato da me.
« Preparati. » disse lui, sporgendosi alla finestra e facendo dei gesti teatrali con le mani, muovendo la bocca senza parlare. « Forza, i nostri cugini ci stanno aspettando in macchina. James si sta preparando, faresti bene a muoverti anche tu. »
Mi misi a sedere con una certa stizza e uno sguardo minaccioso a dir poco. « Io non vengo da nessuna parte con te e James. » sibilai, afferrando con forza il lenzuolo e trascinandomelo addosso.
« Sì, sì, Jamie me ne ha parlato. » disse Al, facendo sparire il sorrisetto e prendendo posto sulla sedia alla scrivania. « Beh, non ci possiamo fare niente, d'accordo? Nostro padre ci ha fatti promettere di non dirti niente sulle condizioni del nostro paese per ragioni a noi sconosciute: era quasi in lacrime. Non essere così severa e non prendertela con noi. Non ci siamo neanche visti con calma, durante le feste questa casa diventa sempre un hotel. »
Scossi il capo anche se in un certo senso aveva ragione. Io e mio fratello Al non avevamo un rapporto in cui si era inclini a raccontarsi faccende, anche se di tanto in tanto qualche confessione tra noi usciva fuori. Quel rapporto non era come quello che avevo con James, al quale tendevo a raccontare moltissimo e viceversa, ma ero comunque offesa dal comportamento di Albus, che aveva preferito tenere celato il tutto.
Ero furibonda con entrambi, anche se James aveva superato il limite.
« Non mi interessa, io non... »
« Ah, eccolo qui: l'amor proprio tipico Grifondoro. » sbuffò Albus, alzando gli occhi al cielo. « Mi stavo giusto chiedendo quando sarebbe uscito fuori. »
« Io non... »
« Sono sincero con te, avevo altre cose più importanti a cui pensare che stare a rimuginare sul fatto di non aver detto a mia sorella in che grosso pericolo si trova il nostro paese. » concluse Albus, in tono definitivo. Lo apprezzai per la schiettezza e per la coerenza; infondo, Al non mi aveva mai riferito nulla di veramente serio se non per dispetto di qualcuno o per suo piacere e divertimento. « L'avresti scoperto da sola, come hai sempre fatto. E poi, di solito chi ha la bocca aperta e tende a raccontarti cose sarebbe James ma anche lui ha avuto da fare. »
« Con Dominique? » sussurrai, irata già dalle prime luci dell'alba.
« Anche. » rispose mio fratello, senza scomporsi minimamente. « Senti, la situazione parla da sola e io continuo ad essere sincero con te dicendoti che li sto aiutando a tutti i costi. Certo, mi piace stuzzicare James ma sta attraversando un periodo difficile. Per questo non abbiamo ritenuto necessario dirti della loro relazione... sapevamo che l'avresti presa di merda, col carattere che ti ritrovi. »
Ah, davvero, un grosso ringraziamento va a voi, fratelli miei.
Sbuffai indispettita e calciai il lenzuolo ai miei piedi. « James fa parte dell'Ordine della Fenice? »
« Sì, da quando ha saputo degli attacchi riguardanti te. E anche io. » rispose mio fratello, con la solita pacatezza che lo discerneva e senza battere ciglio.
« Per quale motivo non venire da me e parlarmi? »
« Per lo stesso motivo per cui i nostri genitori non l'hanno fatto. »
« Quale? »
« Nostro padre... »
« ... vi ha fatto promettere, bla, bla. E allora? Da quando voi state a quel che dice nostro padre? Da quando siete diventati così coscienziosi? Merlino santissimo, mi sembra di parlare con zio Perce. »
« Non mi aspetto che tu capisca le decisioni di nostro padre e non sono qui per rompermi gli aristocratici gioielli con te. » Al si era precipitato accanto al mio armadio, l'aveva aperto e mi aveva gettato addosso un paio di vestiti e un costume, tra i più orribili che avevo. « Ci stanno aspettando, forza, dobbiamo affrontare un matrimonio! E non facciamo discussioni stupide. È quello che vuole il nemico: dividerci a tutti i costi. »
E ci sta riuscendo benissimo. - mi ritrovai a pensare, desolata.
Tenendo rigorosamente il broncio a mio fratello e espellendolo a calci dalla mia camera, mi preparai in fretta e scesi insieme ai due con espressione di chi dichiarava aperto suicidio (o omicidio, era lo stesso). Una volta in cortile, scoprii che Rose aveva preso la patente esattamente come James e la costrinsi a farmi guidare l'auto dello zio Ron, affermando di essere bravissima a farlo. Nessuno mi credette ma un'occhiata di James costrinse praticamente nostra cugina a cedermi l'automobile e arrivai ad un'altra tremenda conclusione: anche Rose sapeva tutto, con la sola differenza che io e lei ci eravamo incontrate raramente, se non mai, ed era più che giustificata.
« Sei... ehm... sicura di riuscire a guidarla? » chiese Rose in tono incerto, schiacciata nei sediolini posteriori tra James e Albus, che si tenevano ai rispettivi manici di lato alla macchina, finendo di tanto in tanto a cozzare le teste contro i finestrini.
Sterzai bruscamente e udii con soddisfazione il rumore di una testa che batteva sui montanti della macchina. « Certo che sono sicura. Sei ancora viva, no? » buttai lì, mentre Hugo, seduto accanto a me coi piedi allungati sul cruscotto, ridacchiava e gioiva ad ogni curva violenta che prendevo giocherellando una gomma giallo vomito dall'aria per niente innocente.
« Questo non è affatto divertente. » esordì Rose, scoccando uno sguardo di rimprovero al fratello e a James, che fece spallucce.
« Decisamente no. » convenne Albus, che aveva assunto in viso una delicata sfumatura di verde.
Guardai nello specchietto laterale e sorpassai un auto assai malconcia. Nello specchietto centrale vidi Rose stringere di parecchio le labbra e dare una gomitata nelle costole di James, che continuava a fissare fuori dal finestrino senza degnarla di uno sguardo.
« Comunque, cosa abbiamo regalato ai due sposini? »
« La luna di miele. » rispose prontamente Rose. « Gira a destra! Andremo a Villa Conchiglia per fare una sorpresa alla cara Victoire. Mi sono offerta - attenta al marciapiede! - di organizzare questo incontro tra noi parenti. Sono tutti molto emozionati! »
« Fred e Rox? » chiesi, meravigliandomi del fatto che non si trovavano con noi.
« Si smaterializzano da - rallenta, cazzo! - casa direttamente da zio Bill. » rispose Rose, mantenendosi il petto con una mano. « Per le mutande di Merlino, non so davvero come diavolo mi sia saltato in mente di venire da voi con la macchina quando si poteva evitare tutto questo panico utilizzando la metropolvere o la smaterializzazione. » e rivolse a James uno sguardo che dichiarava guerra aperta.
Dopo aver fatto pentire Rose per avermi ceduto l'auto e quando ci ritrovammo più volte a camminare sui marciapiedi, urlando scuse ai passanti e ai negozianti dai finestrini e quando riuscii ad investire addirittura un carretto con la frutta in un mercato di un paesino lì vicino, anche James si convinse, probabilmente, che non mi avrebbe concesso il lusso di guidare neanche se avessi conseguito l'esame per la patente Babbana.
Arrivammo, dunque, a Villa Conchiglia in modo piuttosto rapido.
Sostai la macchina con una pericolosa curva nel cortile sabbioso e acciottolato della Villa rischiando quasi di investire Fred, Roxanne e Dominique che ci stavano attendendo lì. In tutto quel caos, mio fratello Albus aveva avuto la prontezza di sterzare con la bacchetta e James, dopo aver trasfigurato in tutta fretta la parte anteriore dell'auto in un cuscino in modo da non farci ammazzare, uscì fuori dall'auto ancora in corsa trascinando con lui Rose. Destati dal rumore, fecero capolino Louis e niente di meno che Lysander in persona che si affrettarono a controllare che non fosse accaduto nulla in giardino. Quest'ultimo, probabilmente invitato su insistenti richieste di Dominique e Rose, prima si mise le mani nei capelli, del tutto sconvolto, poi si aprì in un sorriso piuttosto ansioso e con uno slancio di galanteria corse ad aprirmi la portiera dell'auto.
Ruzzolai impacciata fuori inciampando nei miei stessi piedi, abbastanza rintontita.
« Non sapevo guidassi. » mi accolse il biondino, in saluto.
« Difatti non guida. » rispose Albus piccato, reprimendo il desiderio di vomitare o di uccidermi mentre Rose sputacchiava sabbia e piccole pietruzze fissandomi a sottecchi. « Quello che fa si chiama omicidio assistito! »
« È stato fantastico! » esordì Hugo meravigliato, balzando dalla macchina e saltandomi sulle spalle, ancora del tutto divertito per quello che era appena accaduto. Aveva gli occhi rossi e gonfi dalle lacrime, non riusciva a smettere di ridere. « Ho visto la faccia di Al dallo specchietto, non potete neanche immaginare... »
Roxanne e Fred scoppiarono a ridere; Albus aveva alzato i suoi occhioni verdi al cielo.
« Victoire? » domandai.
« Dentro. » intervenne Dominique, che era stata tutto il tempo immobile ad osservare la scena di poco prima.
Dal mio canto, fissai i miei due cugini e feci un sorrisino alquanto malizioso ignorando completamente Dominique. « Voi due... con me! Ho un'idea per far passare una buona mattinata alla nostra sposa. »




« Che diavolo ci fate lì sopra? »
La voce esasperata e isterica di Rose si udì chiarissima nonostante l'intenso rumore del motoscafo che volava sullo specchio d'acqua come una libellula. Accostai il motoscafo accanto alla riva, poco distante da Villa Conchiglia, e scoppiai a ridere di fronte alle espressioni stupite che i ragazzi mi rivolgevano.
« LILY, PER GLI SLIP CONSUNTI DI MERLINO! » esordì Rose, che in meno di un'ora aveva rischiato più di dieci infarti.
« Poche storie e salite a bordo! » la mise a tacere Hugo, calando una scaletta e facendo l'occhiolino a Victoire e le sue amiche, che stavano sorridendo in maniera del tutto spensierata senza curarsi delle imprecazioni di Rose. « Le madame hanno bisogno di un aiuto da un virile uomo? »
« Sei così carino. » rispose Victoire, accettando la mano di nostro cugino. « Anzi, siete tutti carini. Che bellissima sorpresa! »
« Ohhh. » si inserì immediatamente Fred, fiutando terreno di conquista e ridacchiando alle amiche di Victoire, dimenticandosi completamente della sua fiamma a scuola e dedicandosi solo al presente. Allungò la mano verso le tre donzelle imitando il cugino e fece un breve inchino, accludendo: « Desiderate una mano anche da un altro virile uomo? Due mani sono meglio di una, no? »
Le ragazze scoppiarono vivacemente a ridere e accettarono gli aiuti da parte dei nostri cugini per salire sul motoscafo; Roxanne, dal suo canto, si mise ad urlare come un'impossata quando, in procinto di scivolare, suo fratello Fred l'aveva afferrata per le chiappe e l'aveva messa in salvo. Cosa che non accadde a lui, che ricevette un calcio rotante a mezz'aria dalla sorella e finì in acqua, recuperato in fretta da un apprensivo ma divertito Louis.
Dominique salì con spensieratezza, seguita a ruota da James, il quale non aveva proferito parola: stentavano tutti a riconoscerlo.
« Forza, voi tre! Non abbiamo recuperato questo relitto per nulla! » incitava Hugo impaziente, mentre Albus, Rose e Lysander osservavano con sguardi critici noi (anzi, soprattutto me) e il motoscafo, le stesse occhiate di chi sta pensando quando sarebbe arrivato il giorno in cui ci avrebbero rinchiusi in una cella ad Azkaban.
« L'hai guidato tu? » mi chiese il biondino non proriamente quieto, salendo sul motoscafo abbozzando un sorrisetto.
« Beh, se l'hai guidato come ha fatto con l'automobile allora prevedo che questo motoscafo si tramuterà ben presto in un sommergibile! »
« Silenzio, Rose! » si spazientì Hugo, trascinando sua sorella di sopra con una certa brutalità mentre Victoire gli baciava una guancia. « Se abbiamo recuperato il motoscafo e non il sottomarino deve pur esserci un motivo. Tutto per la nostra bellissima Vicki! »
« Penso che Victoire si sarebbe accontentata anche di un semplice saluto e... »
« Difatti! Da dove sbuca questo coso? Benedetto Salazar, dimmi che non l'hanno rubato. » si era ritrovato a supplicare Albus, congiungendo le mani e alzando gli occhi al cielo in tutto turbamento e preoccupazione. Scossi il capo con un risolino mentre le amiche di Victoire osservavano attentamente il volto concentrato in preghiera di mio fratello e si vedeva lontano un miglio che da un momento all'altro sarebbero scoppiate a ridere. « Nostro padre non vorrebbe che finiamo nei guai il giorno prima del matrimonio di nostra... »
« Silenzio, Al! » sbottai, mettendo violentemente in moto e abbracciando in maniera rapida la sposa. « E comunque, l'abbiamo preso nel porto lì in fondo. Uno speciale applauso a Vicki che domani si sposa con il ragazzo più dolce dell'universo! »
« In che senso? » volle indagare mio fratello, la sua voce che veniva coperta da applausi sinceri per nostra cugina, che arrossì e sorrise a tutti quanti: era davvero bellissima, i denti perfetti e candidi, i capelli argentei e il fisico alto e snello da far invidia a Madre Natura stessa.
« In che senso, Al, secondo te? Tipo un prestito. » rispose Fred, divertito.
« Tipo?! » strepitarono Albus e Rose, contemporaneamente, fissandosi con occhi sbarrati.
Rivolsi ai due un sorrisino piuttosto malandrino. « Tenetevi forte! »
Le uniche cose che si udirono per tutto il tragitto furono le urla poco virili di mio fratello Albus e le imprecazioni di Rose e le sue folli congetture sul fatto che se fosse accaduto qualcosa in quell'oceano lo Statuto Nazionale di Segretezza avrebbe interrogato non solo tutti i genitori ma anche i superstiti mettendo a rischio e pericolo l'intera Comunità Magica e mettendo altresì a repentaglio la reputazione del Ministro della Magia, cosa che, naturalmente, non sarebbe mai accaduta. D'altro canto, il resto dei ragazzi si stavano divertendo un mondo e dopo un paio di minuti diedi il cambio a Fred per divertirmi con loro.
Le due amiche di Victoire erano belle ragazze, non quanto lei, ma avevano un certo fascino. Una era alta, coi capelli nerissimi e una frangia ordinata che le metteva in risalto gli occhi color nocciola: somigliava incredibilmente ad una ex fidanzata di Lysander, probabilmente era il tipo di ragazza che piaceva molto al biondino. L'altra aveva i capelli castani che arrivavano fino alle spalle, non era magrissima ma il suo fisico era comunque bellissimo, coronato da due meloni grossi all'altezza del petto. In tutta convinzione, quello era il tipo di fisico che piaceva molto a tutti quanti.
« ... dovreste vedere il suo abito da sposa, sembra una dea. » concluse la bruna con le noci di cocco al posto dei seni.
« Noi l'abbiamo vista. » disse la ragazza con la frangetta. « Davvero divina. »
Fred, che stava pendendo dalle labbra di entrambe, che sorridevano beatamente e gesticolavano in maniera animata, ricevette dalla sottoscritta uno scappellotto in piena nuca che gli fece pentire di aver sbavato sulle due ragazze. In conclusione, dieci minuti dopo la partenza, eravamo nel bel mezzo dell'oceano e stavo già pensando a come far ribaltare il motoscafo in modo che travolgesse le amiche di mia cugina Victoire.
« Non preoccuparti. » mi fece sobbalzare una voce che mi fece gelare il sangue nelle vene, la voce di Dominique.
Alzai lo sguardo e notai che eravamo rimaste sole sulla barca: erano tutti in acqua e si godevano il mare e il sole di aprile. Il suo sguardo esprimeva il desiderio più puro di parlarmi e starmi vicino e non potetti fare a meno di pensare che anche per me era così, che mi mancava davvero moltissimo Dominique.
« Di cosa? » chiesi, mio malgrado.
« Delle amiche di mia sorella. » mi lesse nel pensiero Domi.
« Sono bellissime ragazze... » mi ritrovai a commentare, non sapendo neanche io il motivo per cui le dicevo quelle cose, le rispondevo, le parlavo.
« Anche tu, Lis! » esordì mia cugina, facendomi un largo sorriso e prendendomi le mani. « Eri incantevole con quell'abito, davvero, il bambolo non faceva che guardarti, probabilmente pensando di togliertelo di dosso. »
Accennai un sorriso.
La solita Dominique.
Mentre la mia mente lavorava frenetica perché, sì, insomma, una dichiarazione del genere non poteva non essere accolta bene dal mio punto di vista, osservavo il biondino seduto comodamente sulle spalle dei miei cugini in modo da formare una sorta di piramide. Notai anche, con una certa rabbia, che i miei cugini stavano sollecitando le due ragazze ad unirsi alla piramide. Il piano di rovesciamento del motoscafo andò in fumo e il panico e l'imbarazzo negli occhi del biondino fu chiaro sia a me sia a Dominique.
Oltre al fatto che furono immediatamente noti i lampi che lanciavano i miei, di occhi.
« Lascia fare a me. » decise Domi, prendendo i comandi del motoscafo con una certa destrezza e mettendolo in moto.
« Che diavolo hai intenzione di fare? » urlai divertita, sovrastando il rumore dei motori mentre Domi guidava il motoscafo lontano dal gruppetto.
« Lasciami fare, Lis: osserva e impara queste tattiche. »
« Sei impazzita?! » strepitai, con le lacrime agli occhi per il divertimento.
Ma mia cugina non mi udì neanche e fece volare la barca nella direzione dei ragazzi a tutta velocità. Per un attimo temetti che facesse strike ma, con una virata alquanto violenta, creò una grossa onda che, travolgendoli, fece crollare la piramide umana che stavano mettenso su e in un baleno si ritrovarono tutti in acqua, il pericolo che le due ragazze potessero posare i loro sederi perfetti sulle spalle di Lysander svaniti e il panico negli occhi di chi, fino ad un momento fa, si stava godendo il mare crebbe.
Ho mai detto che amo immensamente mia cugina?
« VOLEVI AMMAZZARCI! » stava sbraitando Albus, tra le urla generali e sputacchiando acqua sui visi di tutti.
« Sei una stronza, Dominique! » si sentì.
Hugo, divertito e vendicativo allo stesso tempo, salì sul motoscafo, afferrando Dominique e lanciandola prepotentemente in acqua. Sorrisi, mentre Lysander si issava sulla barca rubata aiutandosi con la scaletta; assunsi, naturalmente, uno sguardo più neutrale e meno soddisfatto, lo sguardo di chi non c'entrava assolutamente nulla con quello che era accaduto un attimo prima ma che faceva supporre l'esatto contrario di ciò che volevo far captare.
« Dovrei ringraziarla. » annunciò il biondino, sedendosi accanto a me. « Non avevo alcuna intenzione di lasciarmi spiaccicare da quelle due. »
Nemmeno io volevo ti spiaccicassero ma sei così idiota che non hai fatto nulla per impedirlo.
« Dominique capisce al volo le persone. » riprese lui, e io mi ritrovai a chiedere se si riferisse a me o a se stesso. « Trovo sia una delle persone più buone e disponibili che abbia mai conosciuto. Non la conoscevo bene qualche mese fa, l'ho sempre vista nel modo in cui la vedono tutti: la solita bella ragazza dalla puzza sotto al naso e superbia fin sopra ai capelli che si diverte a spezzare cuori, Serpeverde tipica. Cosa del tutto errata, no? »
« Erratissima. » annuii. « Beh, non vai in acqua? »
« Solo se ci vieni tu. »
« Comincia ad andare. » con un'occhiata che dichiarava morte e distruzione, gettai il ragazzo in acqua con una poderosa spinta e scoppiai a ridere quando, emerso, mi rivolse un'occhiatina del tutto spiazzata e divertita. « Cinque punti in meno a Corvonero per il tuo essere così scemo e credulone, Scamander! Non me l'aspettavo da un Prefetto come te. » conclusi, tenendomi la pancia dalle risate avendo previsto la sua distrazione.
Quello che non avevo per niente previsto, invece, era il fatto che il mio piede ciondolante dalla barca era a portata di mani del biondino e che, proprio un attimo dopo, fu afferrato da lui con gran forza, la stessa forza che mi aveva fatta piombare in acqua. Emersi dall'acqua con una bestemmia che avrebbe fatto rabbrividire William Baston in persona e mi tenni stretta al collo di Lysander per non annegare... a tre centimetri dalle sue labbra.
Forse l'annegamento sarebbe avvenuto lo stesso...




La gita sul motoscafo rubato (sì, io e i miei cugini non avevamo affatto richiesto un prestito per l'affitto) non fu male. Certo, avevo fatto di tutto pur di far ribaltare la barca in modo da far inabissare le due bifolche per una prematura dipartita verso acquatici fondali splendenti e avevo, naturalmente, sperato che Lysander sparisse nelle stesse profondità marine in modo da non dover più guardare il suo faccino fantastico ma, allo stesso tempo, avevo pregato Merlino e tutte le divinità che arrivassimo in fretta a Villa Conchiglia sani e salvi dato che la mia guida spericolata e le trovate criminali fatte coi miei cugini avevano reso la gita alquanto movimentata, per non dire pericolosa.
Per non dire che Rose e Albus stavano rischiando un il cinquantesimo infarto della giornata.
Arrivammo coi piedi in terra come previsto e mi smaterializzai a casa mia, al tramonto. Su grande insistenza di mia madre fui costretta ad indossare uno dei miei abiti da cerimonia, non l'abito rosso che le Delacour avevano comprato per me, ma uno dei tanti che mia madre ci teneva a farmi indossare ad ogni cerimonia: era nero, arrivava sopra al ginocchio, niente di raffinato. Insomma, sembrava indicato per un addio al celibato e al nubilato.
Dannazione, avrei dovuto indossare qualcosa di più pesante. - pensai, uscendo nel giardino addobbato e salutando persone a destra e a manca, tra cui i vecchi compagni di scuola del mio caro fratellastro Ted che mi fecero addirittura il baciamano.
I miei fratelli, cugini, i Paciock e i Scamander erano lì; Dominique, Roxanne e il resto delle ragazze non c'erano: avevano preferito passare il loro tempo prima all'addio al nubilato di Victoire per poi unirsi, probabilmente, a quello di Ted sul tardi. Solo Alice Paciock e Rose si trovavano a casa mia, quest'ultima era accompagnata dal fidanzato Scorpius, osservato in maniera del tutto astiosa da mio zio Ron dall'altro lato del giardino, che si era trasformato in un locale di alta classe.
« Ho deciso di perdonarti per le bravate di stamattina. » annunciò Rose, venendomi incontro con una certa contentezza; Scorpius, accanto a lei, mi aveva salutato con un timido sorriso e aveva inarcato le sopracciglia, chiedendosi cosa avessi combinato quella volta e rimembrando la volta ad Hogwarts in cui gli feci vomitare palle di pelo. E non solo.
« Avevo bisogno di un perdono? » replicai, ridacchiando.
Rose mi fulminò con un'occhiataccia delle sue. « Decisamente sì. Senti, Dominique ha cantato... »
E ti pareva? Anche quando la si mette fuori gioco Dominique canta. Potrebbe formare una band!
« Mi ha raccontato tutto di tutto. E quando intendo tutto intendo davvero tutto, mi capisci? Confido nella tua perspicacia e non mi va neanche di dilungarmi in discorsi complicati sull'amore, la decenza, l'incesto e altri particolari argomenti spinosi. » disse tutto d'un fiato Rose. « per cui mi soffermerò su una cosa in particolare che, sinceramente, ho voglia di risolvere: tu e Scamander siete due stupidi, più di quanto non lo fossimo io e Scorpius. »
« Io penso che nessuno batte te e Scorpius. » ribattei, in fretta. Mi voltai verso il ragazzo in questione e sorrisi innocentemente, alzando le mani. « Senza offesa, biondino, ma ho sviluppato un profondo accanimento per le teste bionde quest'anno ma tu sei stato il primo biondo che ho odiato e il primo odio non si dimentica mai. Giusto? »
« Comprensibile quanto il mio accanimento per le teste rosse fin dal primo anno. » rispose Scorpius asciutto, scoccando uno sguardo alla fidanzata, che sbuffò e successivamente sorrise. « Chi disprezza vuol comprare, rosso malpelo. Lo diceva sempre Al quando parlavo male di tua cugina. »
Ridacchiai nuovamente. « Sei un incoerente, Scorpius, non voglio parlare con te di queste cose! »
Scorpius non potette fare a meno di rivolgermi uno dei suoi odiosi sorrisetti serpeverdeschi, gli stessi che mi rifilava a scuola. « Vi lascio sole, allora. La mia presenza potrebbe non essere di grande aiuto: sono stato davvero incoerente ma alla fine sono contento del risultato. »
Rose arrossì e nascose un sorriso compiaciuto mentre Scorpius ci lasciava sole.
« Ahhh, quasi mi pento di tutti gli scherzi che gli ho fatto. » dichiarai. Poi ci pensai su, scuotendo il capo e scoppiando a ridere in faccia a mia cugina. « No, aspetta, niente affatto! Non potrei mai pentirmene, sono stati tremendamente belli, hanno fatto la sto... »
« Senti, bando alle ciance. » mi interruppe Rose, riprendendo il tono serio e ponendo fine ai miei dolcissimi ricordi sull'inferno che avevo fatto vivere al suo attuale fidanzato. « Vogliamo solo aiutarti! Sappiamo benissimo che Scamander ti ha dato alla testa, che cosa ti costa ammetterlo? E sono sicura che anche lui ha perso la testa per te anche se, insomma, chi deciderebbe di stare con te se non fosse davvero innamorato? »
« Non suona affatto come complimento, Rosie. »
« Infatti non lo era. » rispose schiettamente lei, acconciandosi le balze del vestitino dopo una folata di vento. « Mi piacete insieme, siete fatti l'uno per l'altro e Dominique sarebbe onorata di vederti col ragazzo che ami. Non fare quella faccia, non essere sciocca: l'abbiamo capito tutti! »
I soliti impiccioni. - pensai, arrivando alla conclusione che in famiglia nessuno era capace di farsi i propri affari e che io stessa non ne ero capace e che mio padre, mia madre e i miei zii erano stati primi a non esserne stati capaci, il che a gene trasmesso diventava una cosa tremendamente divertente e frustrante allo stesso tempo.
Eravamo fatti con lo stampino in questo senso, marchiati non solo dai capelli.
« Rose, ce la faccio benissimo da sola a gestire i miei sentimenti. Grazie. » sbottai, piazzandomi con la mani sui fianchi e dimostrando l'esatto contrario.
« Senti, te ne dico un'altra: secondo te per quale motivo Ted e Vicki si stanno sposando? »
Stavo per rispondere nella mia solita maniera antipatica e rabbiosa che, diavolo, si sposavano perché ne avevano dannatamente voglia ma seppi la vera risposta prima di sputare la cazzata: il paese era minacciato dai vecchi seguaci di Lord Voldemort e tutto era piombato di nuovo nel caos più totale. Non era stata solo una scelta prematura come aveva giustificato Ted ma una scelta condizionata, un: "se finisse il mondo voglio che siamo uniti in eterno.". Immaginai che era anche per quel motivo che Rose, Albus e James fossero particolarmente su di giri.
Cosa dovevo fare? Confessare il mio amore al biondino prima che fosse troppo tardi? O aspettare che...
« Salve. »
Fui richiamata dalla solita voce pacata e dall'alito di menta presente nell'aria e non dovetti neanche voltarmi per capire chi aveva parlato. Lysander si era avvicinato a noi insieme a mio fratello James e mi sorrideva, acconciandosi il ciuffo ribelle dei suoi capelli. Ricambiai il sorriso con un certo compiacimento: ero contenta che fosse venuto da me, non faceva altro che starmi vicino in quei giorni e tutte le occasioni erano buone per affiancarmi. Non avrei potuto essere più soddisfatta vedendo che il ragazzo che amavo nutriva il desiderio di ricercare costantemente la mia compagnia.
« Al sta parlando con Lorcan, se te lo stai chiedendo. » lesse nel pensiero James, rivolto a mia cugina. « E c'è anche il resto della banda. »
« Il mio fratellino cresce, noto. » fu il commento di Rose, che osservava attentamente il fratello e Alice Paciock e captando qualcosa. « Da quando lui e Alice sono così in confidenza? »
Tossicchiai. « Da quando Dominique ha pensato bene di intromettersi, immagino. »
Sorrisi a mio fratello James, dimenticando l'accaduto del giorno precedente. Anzi, dimenticando tutto di tutto: in quel momento, non mi importava nulla del rapporto nocivo dei due. Sentivo tanto amore nell'aria, sentivo che nessuna barriera poteva annientare un sentimento forte, non mi importava neanche che esso fosse di natura deleteria. Dovevo crescere e imparare a comprendere di più l'amore, solo in quel modo avrei compreso James e Domi. E in quel momento necessitavo con tutta me stessa di comprenderli.
James parve riprendersi e si aprì in uno dei sorrisi più veri di quel periodo nero che stava vivendo. « Conosciamo bene com'è fatta, no? »
« Noi più di tutti. » annuii, e James mi diede una lieve pacca che somigliava ad una carezza sulla spalla.
Sentivo che non avrei sbagliato, che quella sera avrei compiuto la magia. E non parlavo della tipica magia che riuscivo a compiere solitamente ma di una decisamente più forte, la più forte di tutte quante e che non avevo mai compiuto a causa del mio essere particolarmente immatura: era la mia sera, quella, e mi sentivo pronta.
O almeno così credevo...
« Vieni a ballare? » incalzai sfrontata, rivolta verso il biondino, che ebbe un sussulto.
« Ehm... non ne sono capace, davvero... » fu la sua risposta; James aveva portato i suoi occhi al cielo, e così Rose.
« Quante storie! »
Sbuffai, delusa, e mi incamminai verso il tavolo delle bibite, servendomi un buon bicchiere di Burrobirra. Solo un attimo dopo mi resi conto di quel che avevo fatto ma era davvero tardi per tornare indietro: avevo iniziato a cantare lodi alla luna con così tanta enfasi che vidi chiaramente il sopracciglio inarcato di mio padre e i suoi occhi squadrarmi. E non ero neanche l'unica che aveva cominciato a dare di matto. Parecchi invitati alla cerimonia si unirono a me e quelli che non avevano alzato il gomito ci guardavano come se fossimo dei mostri.
« Sei impazzita? » si udì forte e chiara la voce adirata a dir poco di Rose.
« Qualcuno ha messo la pozione sbronzante nella Burrobirra. » ridacchiai, mentre tante facce mi fissano sbalordite. « Ah, sono stata io. » conclusi, scoppiando a ridere e crollando a terra.
« È... ubriaca? »
A causa tua, biondino dei miei stivali!
« Puoi dirlo forte! » fu la conferma di Frank Paciock, che stava analizzandomi a fondo.
Hugo non potette fare a meno di unirsi alle mie risate nonostante fosse perfettamente capace di intendere e di volere e Fred era così divertito che cominciò a lacrimare tutti i fiumi del mondo tanto che non riusciva a fermarsi. Un'occhiataccia da parte di Rose li mise a tacere e le esclamazioni disperate di Albus misero in chiaro una cosa: quello non doveva affatto succedere.
Nel frattempo, ero sorretta da James e Lysander, che non mi staccava gli occhi di dosso.
« Ha dimenticato di aver messo insieme a noi la pozione della Burrobirra! » ululava mio cugino, aggrappandosi al braccio di Fred per cercare di darsi una calmata in modo da non destare alcun sospetto da parte degli invitati sobri nonostante a questi ultimi fosse ben chiaro chi ci fosse dietro quel disastro.
« Volete piantarla? » strepitava Rose, più nervosa del solito. « Vi ha dato di volta il cervello? A tutti e due! Anzi, tutti e tre! Vi rendete conto che avete fatto ubriacare quasi tutti gli invitati? E, per le mutande di Merlino, non mi sembra una cosa carina da fare! »
« Non ho mai visto mio padre ballare la danza dei Nargilli con mia madre! » annunciò Lorcan, avvicinandosi a noi con uno strano sguardo stranito e osservando con occhio critico le mie condizioni a dir poco mostruose. « C'entrate qualcosa in questa storia, vero? »
« Secondo te? » rispose Alice Paciock, anche lei piuttosto divertita.
« Si tratta di pozione sbronzante, finisce in un quarto d'ora. » intervenne James, che stranamente non sembrava affatto divertito dalla situazione.
Hugo annuì ridacchiando mentre Lorcan spalancava la bocca. « Miss Idiozia ha dimenticato di aver avvelenato la Burrobirra insieme a noi e l'ha bevuta. »
« Benedetto Salazar! » esclamava imperterrito Albus, agitando le mani come una femminuccia e calpestando l'erba con tutti e due i piedi. « E adesso chi diavolo lo dice alla mamma? Anzi, chi lo dice a nostro padre? Diventeranno due belve, vedete come ve lo dico! E io resto fuori dalle vostre diavolerie, sia chiaro. »
« Rilassati, Al, lo sanno com'è fatta tua sorella. »
« Ci tengo alla pelle, Scorpius. »
« Smaterializziamoci a Villa Conchiglia. » propose Lysander frettoloso, ignorando le lamentele di mio fratello e scambiandosi uno sguardo con James. « Lasciamo che l'alcool faccia effetto. Non mi sembra affatto il caso di farci vedere in giro con lei in questo stato... potrebbe succedere quello che teme Albus. »
« Difatti! » convenne Al, riprendendosi dal trauma. « Smaterializziamoci subito! »
James fece un rutto come per assentire e ci smaterializzammo, i Paciock e Lorcan Scamander compreso. Fummo a Villa Conchiglia in un secondo e i visi di Dominique e Roxanne furono immediatamente nel mio confuso campo visivo.
« Cosa succede? » esordì Domi, preoccupata.
Mi resi conto che ce l'aveva con James, che rispose in tono del tutto serio: « Pozione sbronzante. »
« Ha dimenticato di aver corretto la Burrobirra insieme a me e Fred! » ci tenne a ripetere per la decima volta di fila mio cugino, ricominciando a ridere.
« Miss Idiozia! » fece eco Fred, le fragorose risate che si sarebbero potute udire fino in Transilvania.
« State scherzando? » si inserì Roxanne.
« Hanno sbronzato i maledetti invitati! » proruppe Albus, irritato. Alice non potette fare a meno di trattenersi e neanche Roxanne, a giudicare dalla forza con cui premeva la sua mano contro la bocca. « Cantavano tutti, erano completamenti andati a farsi un giro nel mondo arcobaleno delle loro bacate menti! E Rolf Scamander ballava la danza dei Nargilli con sua moglie, dannazione, deve essere stato orribile! »
Dominique, invece, si trattenne con un certo decoro dallo scoppiarmi a ridere in faccia. « Puoi occuparti di lei, Lysander, per favore? »
Voltai la testa verso l'ombra scura che mi aveva appena afferrata da sotto le gambe, issandomi sulle sue spalle, e sospirai sentendomi tutto tranne che Miss Idiozia. Una volta che io e il mio mulo da carico fummo lontani dal gruppetto, lui mi fece stendere sulla sabbia fresca, sedendosi accanto a me e scostandomi un ciuffetto di capelli dalla fronte sudaccia. Sorrisi al suo lieve rossore e allungai una mano per toccare i suoi morbidi e profumati capelli.
« Quanto sei carino... »
Non riuscivo a trattenermi, sentivo che avrei sputato tutto lì e subito.
« Non sai quel che dici. »
« Sono solo un pochino ubriaca. » lo rimbeccai, toccando con un dito la punta del suo naso dritto e sprofondando nei suoi occhi intensi. « Io ti piaccio, vero? Per quale motivo ti piaccio così tanto? » acclusi, stendendo il capo sulle sue gambe snelle e sorridendo in modi che avrebbero confermato il mio nuovo appellativo di Miss Idiozia.
Lysander arrossì, cominciando a balbettare per l'imbarazzo. « Sei ubriaca marcia, domattina ti pentirai di queste domande... anche se probabilmente non le ricorderai. »
« Un buon motivo per rispondervi. » insistetti. « Allora? Se non rispondi vuol dire che non ti piaccio... »
« Cosa vuoi che ti dica? C'è davvero una risposta alle tue domande? Io non so il motivo per cui mi piaci così tanto, per cui sono innamorato di te. Mi susciti qualcosa dentro, Lily, fin da bambini ti ho sempre vista in modo diverso ma da quell'estate passata insieme ho capito tutto. Sei così bella nella tua stranezza, nel tuo essere incredibilmente folle e perfino il tuo modo di infuriarti mi affascina e mi inquieta allo stesso tempo... »
Lo osservavo rapita, imbambolata dalla sua confessione: aveva confessato... non riuscivo a crederci. Ed io ero ubriaca!
« Di' qualcosa, per favore, mi sento così stupido. » disse Lysander in un sussurro, mentre alzavo la testa dalle sue cosce.
« Io... » borbottai, qualcosa che si muoveva nel mio stomaco in modo pericoloso mentre mi avvicinavo a lui con l'intenzione di baciarlo. « Io potrei... »
Vomitare.
« Oh, porca puttana! » lo udii urlare mentre vomitavo anche l'anima sui suoi pantaloni, la speranza del bacio mai avvenuto che spariva esattamente come l'alcool spariva dal mio stomaco.
Addio al celibato o al nubilato? No, addio alla decenza.




Quello che avevo fatto un'oretta prima non era affatto una cosa che avrebbe fatto una persona ubriaca ma una cosa che avrebbe fatto una vera e propria psicopatica o, come immaginai ci tenessero a sottolineare i miei cugini, una Miss Idiozia come si deve. Dopo aver rigettato il ben del mondo sui pantaloni di Lysander, persi conoscenza e non seppi più nulla di quella sera. Probabilmente qualcuno mi aveva riportato a casa perché quando aprii gli occhi mi ritrovavo in un letto molto morbido che somigliava tanto al mio.
« Lis? » fece la voce inconfondibile di Dominique.
Sobbalzai rumorosamente per la sorpresa. « Dominique? » chiesi, stupefatta e confusa allo stesso tempo. Alzai il capo dal cuscino e vidi mia cugina distesa accanto a me, la luce della luna che illuminava il suo volto divertito. « Che ci fai nel mio letto? »
« Mi devi una cazzo di statua d'oro, ecco cosa ci faccio nel tuo letto. » rispose lei, naturalmente stizzita. « Non hai idea di cosa ho dovuto fare per salvarti quel culo moscio che hai! »
Sì, va bene, non essere così carina con me adesso, potrei arrossire per l'imbarazzo.
Non potetti fare a meno di ridacchiare mentre incitavo mia cugina a raccontarmi tutto.
« Ho dovuto trovare una scusa per distrarre i tuoi genitori in modo che non vedessero il bambolo riportarti in camera ubriaca. Sì, ci siamo smaterializzati e ti ha portata in camera: sembrava un cavaliere, avresti dovuto vederlo! Da Victoire dormono alcune amiche così ho accettato l'invito dello zio ed eccomi qui. »
« Sì, Dominique, tutto molto interessante... posso sapere cos'è accaduto quando sono svenuta? »
« Oh, James ha ceduto la stanza a Hugie e Alice dato che li abbiamo trovati addormentati sul suo letto. Sì, hai capito, Lis? Renditi conto! Mi devono delle cazzo di spiegazioni, non possono lasciarmi con questi dubbi. Ah, e c'è anche il bombolo qui. Dorme con James e Albus, mentre Ted si trova a Grimmauld Place. »
« Cosa? » esclamai, drizzandomi a sedere e rischiando di gettare mia cugina dal letto. « Lui si trova qui? In casa mia? »
« Certo che si trova qui, tuo padre ha accolto tutti i senza tetto. »
Mi sentii particolarmente eccitata per quella nuova scoperta e il cuore cominciò a battermi così velocemente che temetti potesse balzare fuori dal petto. Era così vicino, avrei potuto anche insinuarmi nella stanza dei miei fratelli per spiarlo, per essere certa che quello che diceva Dominique non fosse solo frutto della sua fervida immaginazione. Poi il pensiero della confessione del ragazzo giunse a me, come un dolce pensiero che ti culla prima di dormire, e sorrisi in maniera del tutto trasognata.
« Mi ha confessato il suo amore per me, Domi, mentre eravamo sulla spiaggia fuori casa tua. » sussurrai, suscitando stupore da parte di mia cugina, che rimase con bocca e occhi spalancati dall'incredulità della mia dichiarazione. « Sì, non ti ho detto una stronzata. Volevi fossi la prima a saperlo, ti meriti di saperlo per prima. »
Dominique fu così felice che per cinque buonissimi minuti non fece che mormorarmi complimenti e abbracciarmi come se le avessi appena confessato di essere diventata la nuova regina di Inghilterra. Sembrava come se tra noi nulla fosse successo e probabilmente era così: cosa avevo da demonizzare a mia cugina? Non aveva ucciso nessuno, anzi, era riuscita per la prima volta in vita sua a lasciarsi amare non solo per il suo essere bellissima ma anche per quello che aveva dentro e che nessuno teneva a scoprire.
Mi sentivo molto bene anch'io.
« E tu, dimmi, cosa hai fatto? »
Ah. Beh, insomma, speravo che questa domanda si potesse evitare.
« Gli ho vomitato addosso. » risposi, non riuscendo a trattenermi dallo sfoggiare una gran dose di sincerità.
Mia cugina smise di abbracciarmi rifilandomi un'occhiata nauseata a dir poco. « Sei impazzita?! » inveì contro di me, con voce roca e spaventosa, ritornando ad essere la Dominique schizzata di sempre.
« Non l'ho fatto di proposito! » mi giustificai.
« Potevi prevederlo! »
« No che non potevo, ero ubriaca! »
« Come hai fatto ad ubriacarti con qualcosa che hai corretto tu stessa? »
« Ero su di giri, Dominique, cosa vuoi che ti dica? »
« Dichiarati anche tu. »
Sbuffai e mi allontanai da mia cugina, stendendomi dall'altro lato del letto e dandole le chiappe ancora fasciate nell'abito da cerimonia nero. Avevo preso in considerazione l'idea di confessarmi da prima che lo facesse lui anche se, per il biondino, io avevo dimenticato tutto quello che mi aveva detto a causa della sbronza. La verità era che il ragazzo non sapeva che con la pozione sbronzante non avrei dimenticato nulla della serata che avevo passato da ubriaca e, dall'alto della mia idiozia e totale confusione, non seppi se quello fosse un bene o un male.
« Forse, ma non adesso. Devo... »
« Fare una doccia? Sì, puzzi in modi che neanche riesco a descrivere. Ti aspetto qui e ne riparliamo. »
Annuii con una risatina e mi affrettai a lasciare la camera, facendo una ridicola corsetta verso il bagno situato accanto alla mia camera. Mi lavai i denti per ben due minuti e decisi di fare un bagno rilassante, dato che solo in quel modo mi sarei disintossicata dal vomito che avevo prodotto quella sera. Ero così stanca che mi ci addormentai e mi ridestai solo quando udii un rumore sordo.
« Merda, merda, merda! »
Aprii gli occhi di scatto, udendo quella voce fin troppo familiare che sembrava non appartenere affatto al mondo dei sogni, e spalancai gli occhi alla vista di un Lysander alquanto malconcio, che con una mano copriva i suoi occhi e con l'altra si teneva un piede mentre saltellava in modo assurdo. Era mezzo nudo, in boxer, e cercai con tutta me stessa di non soffermarmi a guardare la protuberanza ben nota sul davanti.
« E tu che diavolo ci fai qui? » sbottai, ritraendomi nella vasca fino al mento, quasi come a nascondermi, e tenendo sempre d'occhio il panorama che prepotentemente si era insinuata nel mio campo visivo.
« Abbassa la voce, per favore, non volevo assolutamente disturbarti! » Lysander gesticolava con una mano come in cerca di un ripiano per tenersi stabile, avanzando a tentoni. « La prossima volta chiuditi a chiave, santo cielo, mi hai fatto prendere un colpo. »
« Ah, io? » risposi, con abbondante sarcasmo.
Fino a prova contraria sono nel cesso di casa mia.
« Puoi aprire gli occhi, se ti infastidisce essere cieco. »
Lui ubbidì e mi mise a fuoco con un certo rossore che gli pervadeva le guance. Stavolta, non lasciarsi beccare ad osservarlo in boxer appariva una mission impossible ma cercai di fare il possibile per non dargli a vedere che ero interessata a lui.
« Grazie! E no, non ho spiato tra le tue grazie in bella vista, se te lo stai chiedendo. » disse il ragazzo, alla svelta. « In bella vista nel senso che, insomma, appena ho intravisto qualcosa ho chiuso gli occhi e sono inciampato. »
« Sei mezzo nudo. » osservai, per nulla imbarazzata.
Lui aveva abbassato la testa, cominciando a parlarmi in maniera veloce e andando avanti e indietro come in cerca di qualcosa. Di vestiti, probabilmente. « Sì, beh, volevo fare una doccia rinfrescante. Non ti avevo vista lì dentro, mi sono avvicinato e ti ho vista, sembravi mezza morta... mi sono spaventato e sono scivolato sul tuo maledetto vestito! »
Ridacchiai, non potendo farne a meno. « È sempre stato immobile lì per terra. »
« Davvero divertente. »
« Continui ad essere mezzo nudo. » continuai ad insistere, senza riuscire a smettere a ridere.
« Sì, che cazzo, non trovo neanche i miei di vestiti tra tutto questo caos! Sei così disordinata! »
« Qui ci sono gli accappatoi. Prendi quello di James, lui non ci tiene. » indicai un accappatoio sopra la mia testa e il ragazzo dovette alzare il capo per guardare il punto da me indicato. Inutile dire che arrossì nuovamente, facendo di tutto pur di non osservare le mie gambe che fuoriuscivano dalla vasca. « Non fare storie e avvicinati! E datti una mossa, Lysander, non desidero stare in questa vasca un minuto di più. »
Lui ubbidì, avvicinandosi con un certo timore, come se fosse spaventato all'idea di sapermi nuda lì dentro, e non riuscì neanche a sfiorarmi con lo sguardo mentre stendeva una mano verso l'accappatoio.
Ti sei appena dichiarato a me e hai timore se sono immersa nella schiuma della mia vasca?
« Ehm... come ti senti? » chiese lui, una volta avvolto nella stoffa e del tutto tranquillo che i suoi preziosi attrezzi fossero al sicuro lì dentro. « Ti senti bene? »
« Sto bene. Domi mi ha detto che mi hai riportata in stanza. »
« Sì, dopo che tu... » arrossì. « beh, tu eri ubriaca e... »
Si interruppe in fretta: qualcuno aveva bussato alla porta e avevo ben in mente chi fosse quel qualcuno.
« Lis, posso entrare? »
« No, Domi, non puoi assolutamente entrare! » urlai, rischiando di destare l'intera casa mentre il biondino gesticolava in maniera frenetica dinanzi ai miei occhi. « Non farlo, Dominique, non entrare assolutamente qui dentro! » poi, rivolta a Scamander e abbassando di molto la voce: « Dovevi sparire, dannazione! »
« Ah, io vengo scambiato per un maniaco e tu dai di matto... giustissimo. »
« Va bene, non entro. » si udì la voce divertita di Dominique da fuori. « Tanto lo so che sei in dolce compagnia. Che dire... buonanotte ad entrambi! »
Ci voltammo per guardarci con occhi spalancati e fu all'unisono che esclamammo per la seconda volta nella nostra vita: « NON È COME SEMBRA! »

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3185790