One Last Time

di 24agostolove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Smash Into You ***
Capitolo 2: *** Like I Can ***
Capitolo 3: *** I Think I'm In Love ***
Capitolo 4: *** Say Something ***
Capitolo 5: *** Anywhere For You ***
Capitolo 6: *** Unkiss Me. ***



Capitolo 1
*** Smash Into You ***


Certe volte non sai spiegare il perché alcune cosa accadono. Capitano e basta. Non puoi farci niente. In un giorno, un minuto, anche solo un secondo, la tua vita può cambiare. 
-Lauren! Porca Troia! Cazzo Lauren rispondi! - disse Dinah. Lauren era distesa per terra, senza forze e piene di ferite. I suoi occhi fissavano il soffitto marrone. Non dava segnali di vita. 
-Dinah, cerca di non farti vedere dalla polizia e scappa subito finchè puoi, appena esci troverai una chiave, prendila e utilizza la macchina bianca che ti abbiamo riservato e corri subito - disse il capo della famiglia Silk. 
Dinah eseguì tutte le richieste fornite dal suo padrone e subito si diresse verso l'appartamento della famiglia Silk, senza dare troppo nell'occhio. 
-S.Silk, Lauren.. Lauren è morta, ho visto i suoi occhi, fissavano intesamente il soffitto - disse Dinah, distogliendo il suo sguardo, stracolmo di lacrime. 
-Cosa è successo precisamente?- 
-La figlia della famiglia Cabello ci ha sorpreso proprio quando stavamo mettendo le microspie sotto i tavoli. Per fortuna ne abbiamo messe soltanto due. Prima io e Lauren ci siamo accertate che all'interno della casa non vi fosse nessuno, ma non era così. Subito dopo, la figlia, Camila, colpì il petto di Lauren e si accosciò per terra, io ebbi il tempo di nascondermi sotto il tavolo e spararle un altro colpo, ma lei fuggì subito, sicuramente stava andando a chiamare il padre ed ora? ora sono qui Signore. 
-Abbiamo perso la nostra miglior ragazzotta, come cazzo faremo ora? La famiglia Cabello sa che ora siamo nei paraggi, quindi o si sposteranno oppure ci attaccheranno. Siamo fottuti! Dinah chiama la Kordei e dille di trovare alcuni rinforzi e di assicurarsi che siano fedeli. Comunque sia, Hansen ottimo lavoro! 
-Grazie signore. 

LAUREN' S POV
I miei occhi, cazzo i miei occhi, non vedo niente, il buio. Cosa è successo? Non riesco neanche ad avere il controllo delle mie mani. Non ricordo nulla. 
Sento dei calci. Mi stanno picchiando? A dire il vero non provo nessuno dolore. Vedo tutto nero. Sento che qualcuno mi sta buttando dell'acqua nel viso. Leggermente inizio ad aprirli, vedo una donna, minuta ed esile. Non riesco a riconoscerla. 
-E cazzo svegliati! - disse la ragazza. Aveva una voce acuta.
Iniziò a picchiarmi, poi prese una sedia, la poggiò per terra, mi presa la faccia e iniziò a schiaffergiarmi fino a quando mi prese da terra e mi fece sbattere violentemente sulla sedia. 
-Senti, mi hai rotto il cazzo, svegliati o posso aumentare il tuo dolore- disse la ragazza scagliandomi un doloroso pugno. 
Uscì del sangue dalla mia bocca e finalmente sbalancai gli occhi. Eccola, Camila Cabello, la mafiosa. La mia nemica mi aveva rapita? Merda, non ricordo niente! 
-Oh, -dissi, con fiato affannoso e buttando la testa all'indietro - Camila Cabello, che onore avervi davanti ai miei occhi.
Avevo le mani legate dietro la schiena. C'era un odore abbastanza forte, infatti non riuscivo a respirare, mi mancava l'ossigeno.
-Smettila con queste tue parole, stronza - disse, mettendosi dietro di me, afferando i miei capelli e strattonandoli così forte che mi fece uscire un urlo. 
Poi si avvicinò al mio orecchio e ciò mi provoco un brivido che non riuscì a captare bene se fosse stato o per paura o per piacere. Camila era una ragazza veramente bella, sensuale e molto molto sexy. Il suo carattere così aggressivo poi rendeva tutto così affascinante. 
-E tu chi saresti? Lauren Jauregui? Che facevi a casa mia? Ancora voi Silk non avete capito con chi avete a che fare ah? - disse, accarezzandomi i capelli. 
-Ma non farmi ridere, tu sai meglio di me come stanno le cose. 
-Oh, mia cara Lauren, devo continuare a picchiarti? - disse, lasciando i miei capelli e avvicinandosi verso la mia faccia.
-Forse non hai ancora compreso che noi non ci arrenderemo presto okay? 
-Dai, non essere cosi aggressiva, Lauren, quanto sei calma sei molto carina, te l'hanno mai detto?
Avvicinò il suo bel viso vicino al mio, sfiorandomi le labbra e baciandomi il collo. Iniziai a gemere. Per quanto io la odiassi, in questo momento, la sua bocca sulla mia pelle mi mandava in collera. Improvvisamente si bloccò, fissò i miei occhi e mi diede un forte schiaffo.
-Sarai la mia vittima, prima o poi arriveranno i tuoi rinforzi no? Cara Lauren, dovrai ancora soffrire finché ci sarò io a tenerti sotto il mio controllo. 
-Sei una fottuta stronza, Cabello.- dissi con le ultime forze che avevo riservato.
-Lo prendo come un complimento, Jauregui.- mi disse, sorridendomi.
Usci dalla stanza e io rimasi senza fiato, non perché mi mancavano le forze, ma per il semplice fatto che rimasi stupita dalla sua bellezza e soprattutto dalle sue forme. Camila Cabello, che cazzo mi stavi facendo? 







Salvee gente!
Il mio nome è Martina. E' la prima ff che scrivo e ho deciso di pubblicarla per vedere un po' come me la cavo AHAHAHA.
Spero vi sia piaciuta. Ho già altri capitoli d'aggiungere, ma prima voglio sapere se vi piasa. 
 
RECENSITE IN TANTI, MI SERVITE. 

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Capitolo 2
*** Like I Can ***


CAMILA'S POV
Mio padre stava per arrivare nel nascondoglio dove si trovava anche Lauren. Questa guerra tra Silk e Cabello non finirà mai. Tutto ha inizio almeno tre anni fa. La famiglia Silk, appena arrivata in Canada, voleva fermamente dominare tutto il territorio. Ma dovette scontrarsi con noi. Essendo tutte le due famiglie della stessa forza, nessuno riesce a sconfiggere l'altra. 
Tutti volevano il bottino, tutti volevano vincere. E dopo tre anni, ancora nessuno delle due famiglie non riesce ad affermarsi. 
-Figlia mia, ottimo lavoro- disse mio padre, afferandomi con un caloroso abbraccio -hai catturato Lauren Jauregui? Sento già l'odore di una nostra vittoria. Sono interventi i poliziotti? 
-No, padre - dissi, distaccandomi dall'abbraccio - Lauren è dentro.
-Andiamo a farle visita allora.
Dopo aver superato vari controlli e varie porte sigillate, finalemente arrivammo nella stanza buia dove giaceva per terra Lauren. L'unico suono che si sentiva era il suo fiato pesante.
-Che piacere incontrarla, Signorina Lauren - disse mio padre, avvinandosi verso Lauren per alzarle il viso. 
-Brutto stronzo. - sussurrò Lauren per poi ricevere un rumoroso schiaffo da parte di mio padre.
-Non essere così presuntuosa, rischi tantissimo. Come mai il tuo padrone ti ha mandato a casa mia? Il signor Silk non ha capito che i documenti e tutti i fogli non si trovano qui? Non sono cosi ingenuo o no? - disse mio padre, guardandola e facendo un sorrisetto malvagio.
-No, di certo. - disse Lauren, abbassando lo sguardo.
Si allontanò da Lauren per avvicinarsi da me. 
-Camila, cerca di torturarla in tutti i modi possibile per farla parlare, ma non farla morire, intesi? Ci servirà come cavia per una prossima mossa. 
-D'accordo, padre. 
Si congedò e io rimasi sola con Lauren. Presi una sedia e mi misi di fronte a lei, mantenendo una certe distanza dai suoi occhi verdi dove.. dove.. Cazzo stavo dicendo?
Inizia a fissarla: i suoi occhioni verdi, e quella labbra, erano belle, carnose, desiderabili. 
Era la mia nemica. Non potevo pensare queste cose. 
Improvvisamente alzo il suo sguardo per incrociare il mio e mi sorrise e io senti un brivido percorrermi tutta la schiena. Fanculo Jauregui, non puoi farmi questo. 
Mi alzi, mi avvicinai a lei e le scaraventai un pugno. 
-Ancora non vuoi parlare, stronza? - dissi, stringendo fortemente il suo viso tra le mani.
Lei sorrideva, sapeve che così mi mandava in bestia.
-Non parlerò mai. - disse la ragazza, tenendo i denti stretti a cause della mie mani sulla sua faccia.
-Vedremo. - mi allontani senza guardarla e mi diressi verso il mio appartamento.
-Dyson, dove cazzo sei? Vieni subito nel mio appartamento! - dissi, urlando al telefono.
Senza aspettare troppo, mi ritrovai davanti il ragazzo con cui ogni volta mi 'divertivo'. 
Mi fiondai subito sulle sue labbra. Le nostre lingue s'incontrarono, dando vita a una sensazione nella mia intimità.
-Fai subito e poi vattene - dissi, continuando a baciarlo e gemere.
Mi buttò nel letto e lui si sdraiò sopra di me, mettendo in contatto le nostre parti intime.
Mi spogliò senza indugi e subito infilò due delle sue dita dentro di me.
Dopo alcune spinte venni. Si accasciò accanto a me poi, dopo che io mi ripresi dell'orgasmo, lo invitai ad uscire dalla mia camera.
Ora un dubbio mi frullava nella testa? 
Ho desiderato che quelle dita fossero di Lauren. 



Non mi piace molto questo capitolo, ma ho deciso di postarlo ugualmente.
RECENSITE IN TANTI! 
E SE AVETE QUALCHE IDEA, POTETE CONTATTARMI IN PRIVATO.
Alla prossima :) 

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Capitolo 3
*** I Think I'm In Love ***


LAUREN'S POV 


Mi sentivo mancare, stavo completamente perdendo le forze. 
Non avevo toccato nè cibo e nè acqua da almeno tre giorni. 
Avevo la netta impressione che Dinah mi avesse dimenticato oppure che io fossi morta. 
Desideravo con tutte me stessa che qualcuno venisse a prendermi. 
 Signorina Jauregui, come andiamo? - disse la soffice voce di Camila.

-Stavo aspettando proprio lei - dissi, alzando lo sguardo e incastrando i suoi occhi nei miei.

Non so per quale assurdo motivo ma i suoi occhi mi davano una strana reazione.

Sentivo le mie mani sudare, il battito aumentare e le gambe tremare peggio di come stavano facendo prima. 
Riuscivo a capire che anche lei aveva questa reazione e un po' ero contenta di suscitare in lei queste emozioni. 
Ma non era scura, lo speravo tanto.

Oddio, Lauren, che pensieri sono questi? 
Non posso, non posso, non posso continuare a pensare queste cose! 
Il verbo INNAMORARE non era fatto per me, era una sensazione nuova. 
 -Ancora non hai intezione di proferire parole? - disse Camila, avvicinandosi e poggiando il suo sguardo nel mio. 
Non riuscivo a tenerlo, distolsi lo sguardo e sentii delle labbra premere il mio collo. 
Una strana sensazione nacque nella mia intimità. 
Fanculo le conseguenze, volevo le sue labbra sulle mie.

-Mi fai impazzire Camila.- dissi, trattenendo il fiato dal troppo piacere.

Camila si bloccò, i suoi occhi s'infuocarono, smise di torturare il mio collo, guardò i miei occhi per poi mordersi il labbro e osservare intensamente le mie.

Guardai ciò che stava facendo e stavo seriamente per mordere il suo labbro, quando lei si spostò e usci dalla stanza correndo.

Non sapevo cosa pensava, non sapevo cosa provava, ma ero sicura: lei era attratta da me.
Era solo attrazione o amore?
Camila non prova queste cose, è troppo cinica. 
E allora perché è scappata?
Questi sentimenti non le appartengono. 
Questo pensiero mi fece incupire e dopo un paio di minuti, mi addormentai.

Venni svegliata da un rumore abbastanza forte. 
La finestra che vi era in quella stanza era aperta e sentivo delle pietre graffiare il vetro. 
Accumulai le ultime forse. 
Mi avvicinai, strisciando per terra, verso la finestra, guardai fuori, e il sole mi provocò un dolore agli occhi.
Non vedevo da tre giorni il sole. 
Ma oggi sarebbe stato quel momento di vederlo. 
-Lauren, Lauren, sono Dinah, sei ancora viva? - disse Dinah, urlando.
-Dinah!- dissi, sorpresa. 
-Cazzo, Lauren che ti hanno fatto?
Non risposi, non riuscivo a parlare. 
-Apri questa cazzo di finestra Lauren, ora ti lancio una corda e predila, capito?
Annui ma lei non mi vide.

Camila dov'era? Sicuramente era andata via. 
Da una parte volevo andare via, ma dall'altra il pensiero di non portarla vedere, nonostante lei mi torturasse in tutti i modi possibili, mi affliggeva. 
Ma dovevo prendere la decisione più saggia. Dovevo andare via.  


Salve gentee, come state?
Spero benee! 
Ho deciso di pubblicare un altro capitolo perché vedo che la mia ff sta ottenendo i risultati che desideravo e volevo ringraziare tutti.
Inoltre, ho deciso di scrivere capitolo molti più lunghi. 
I prossimi capitoli saranno molto più lunghi e ci saranno tantissime sorprese.
Spero vi piaccia, commentate e recensite in tanti, mi serve sapere le vostre opinioni. 
- Martina :)) 

PS: quando la storia arriverà a 200 visite pubblicherò il quarto :) 

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Capitolo 4
*** Say Something ***


CAMILA'S POV 


Scappai via, lontano da lei, dai suoi sguardi, dalla sue labbra, dai suoi occhi. 
Lei sa tutto, lei sa cosa mi provoca, l'ha sempre saputo. 
E odio il fatto che lei possa usare ciò contro di me, in modo da farmi male e rendermi debole. Maledetto il giorno in cui ci incontrammo, ma soprattutto il momento in cui il suo tocco mi fece letteralmente impazzire e di conseguenza iniziò tutto. 
FLASHBACK

Hawaii, affari con il boss. Mio padre, essendo un uomo abbastanza ossessionato dai soldi, creò un patto con Jason, capo del territorio. Il patto consisteva nel rubare il bambino del sindaco e obbligarlo a dimettersi e a concedere la carica al capo, Jason. Ho ancora pochi ricordi di cosa successe quel giorno. Frugando nella mia mente rivedo la mia squadra, pronta e concentrata, che circondava l'appartamento della vittima. Chi poteva mai aspettarselo che il Sindaco era anche un mafioso? All'interno della casa intravidi una donna, alta, capelli neri, occhi verdi, che dico... occhi di un colore nemmeno paragonabile allo smeraldo. Fatto sta che rimasi lì, immobile ad ammirarla, che non sentii neanche che il segnale era stato dato. Ci volle un bel po' per riprendermi.
Saltai le scale con un balzo, iniziai a correre. Ruppi il vetro della porta e vi entrai, non c'era nessuno. Diedi un calcio alla porta del bagno, avanzai lentamente fino a quando sentii la porta sbattere e due mani forti tapparmi la bocca. Iniziai a divincolarmi, la persona che mi circondava era alquanto forte da impedirmi di respingerla. Riusciva a comprendere tutti i miei colpi. Mi sfilò dalla tasca dei miei jeans la piccola pistola che tenevo e allontanandomi da sé, mi puntò due pistole. 
-Non sai stare ferma eh? - disse la ragazza con gli occhi verdi. 
Vidi che stava fissando il mio corpo e mi accorsi anche che la sua lingua stava accarezzando il suo labbro inferiore. 
Respirando affannosamente, puntai il mio sguardo sul suo. Era bellissima, troppo per i miei occhi. Abbassai lo sguardo, sorrisi e tenendo ancora quel sorrisetto sulle labbra, mi avvicinai a lei. Nessuno poteva resistermi.

-Forse perché non ne ho voglia - dissi con voce bassa. 
Abbassò le due pistole, le gettò a terra e utilizzando ora le mani ormai sprovviste delle due pistole, s'affrettò ad unire le sue labbra alle mie. Non avevo mai baciato una ragazza, era una cosa nuova per me. Inizio' a torturarmi le labbra con fare deciso, mentre le sue mani girovagavano nei mie capelli fino ad arrivare al mio sedere, effettuando uno schiaffo che fece stringere ancora di più i nostri corpi. Con le mie mani iniziai a premerle il viso contro il mio, facendo si che il contatto con le mie labbra fosse così inteso da provocare dei rumorosi gemiti. Presa dalla strana sensazione che mi stavo provando, chiedi accesso alla sua bocca, per permettere alla mia lunga di esplorare la sua. Lauren, senza pensarci due volte, aprì la bocca e iniziò un susseguirsi di gemiti. 
- Jauregui! - sentimmo gridare fuori dalla porta. Mi allontanai controvoglia da quelle labbra e con rapidità afferrai la mia pistola che giaceva per terra per poi rompere il vetro della finestra del bagno e scappare. Prima di andarmene le lasciai un piccolo bacio sulle labbra, accompagnandolo con un sussurro: - Io sono la Cabello, che il gioco abbia inizio Jauregui! -

La vidi rimane lì, impassibile, come se non fosse successo niente.
Ritornai nel covo di mio padre. Tutti pensavano che fossi stata rapita, eccetto mio padre che appena mi vide mi sorrise. 
- Padre, avete preso il bambino? - dissi, ancora senza fiato dopo il bacio con Lauren. Nella mia testa esisteva solo quel momento, le sue mani, la sua bocca. 
- Si - disse mio padre, iniziando a ridere. Non capii bene la sua reazione. Volevo tutti i dettagli. 
- Si può sapere perché ridi? - dissi, nauseata della situazione. 
- E' stata Ally - dopo quell'affermazione, inizio' a ridere fino a reggersi accanto ad un piccolo comodino. Ora capisco. Ally era la nostra nuova ragazzotta. Bassa, capelli lunghi e un sorriso a dir poco splendido. Era impossibile credere che una come lei ce l'avesse fatta.
Iniziai a ridere anch'io accompagnando il suo della risata di mio padre.

- E il Sindaco? - dissi, terminando di ridere e ritornando alla realtà.

- E' morto, opera di Dyson. Sai figliuola, vorrei tanto che tu ti mettessi con lui. E' un ragazzo veramente sicuro di se. - disse, guardandomi con un sorrisetto, io arrossì. Che sapeva tutte le scopate che avevo fatto con lui? Beh.. caro padre, non mi soddisfa.

- Papà, sono abbastanza grande, non devi pensarci tu a queste cose. Comunque.. dov'è il bambino? Ed ora che il Sindaco è morto come faremo noi ad avere i soldi e a far diventare Jason sindaco a posto suo? - m'incuriosiva sapere la risposta.

- Sua figlia fa parte di un Clan, ed era con lui dentro la camera - disse, tornando a sistemare dei fogli che riempivano il tavolo - dovremmo stare attenti, dicono che sia molto intelligente e vendicativa -.
Rimasi a bocca aperta, Lauren Jauregui non poteva essere la mia nemica. Sono fottuta. Quella notizia mi fece roteare la testa. Avevo dolore alla pancia. Mi sedetti in fretta su una sedia e appoggiai la testa sul tavolo, sopra tutto quei fogli. 
- Tesoro, vai letto, sarai stanca, vai a fare prima una doccia, domani ti aspetta un'altra giornata impegnativa - disse, avvicinandosi a me e accarezzandomi i capelli. 
- Ora vado, grazie capo - sussurrai ridendo e sentendo anche lui emettere una piccola risata.
Nonostante volessi togliermi tutti quei pensieri dalla testa attraverso una bella doccia, decisi di andare dritto dritto verso il letto e stendere il mio corpo nel materasso e immergermi nei mie sogni. 





Ecco un po' il loro primo incontro.
Vi piace? 

FATEMI SAPERE! 

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Capitolo 5
*** Anywhere For You ***


LAUREN'S POV 
Lasciare o no quel luogo? Dinah continuava a gridare e minacciarmi. Ero indecisa sul da farsi. Non avevo forze per scendere fino laggiù, ma non potevo rimanere lì. Dovevo decidere in fretta prima che Camila arrivasse e scoprisse Dinah. Di certo sarebbe stato molto pericoloso. Il pensiero di non poter sfiorare le sue labbra, di sentire la sua lingua percorrermi tutto il collo mi rendeva confusa. Poi arrivai ad un conclusione: quando ci saremmo riviste di nuovo, la voglia di provare piacere sarà molto più intesa delle altre volte. Afferrai la corda, mentre Dinah m'incitava a continuare. Mi arrampicai, spostai la mia gamba fuori dalla finestra e a causa della mia debolezza, poiché non mangiavo da molto tempo e il mio stomaco ne risentiva, chiusi gli occhi e iniziai ad avere le vertigini che mi costrinsero ad attaccarmi alla maniglia delle finestra. Dinah riuscì a farmi tranquillizzare con le sue parole. Aprii gli occhi e l'unica cosa che mi rimaneva da fare era buttarmi a peso morto verso Dinah. Ella è altissima, robusta e muscolosa, quindi non ci sarebbero stati problemi se avessi preferito buttarmi su di lei. Mollai la presa, pensavo stessi per morire. Le braccia di Dinah riuscirono ad afferrarmi, provocandomi però un piccolo dolore al naso. Mi uscì del sangue, ma non era questo il problema. Dovevamo andare via da lì subito, prima che diventasse pericoloso.

- Laurè, come stai? - disse Dinah, correndo affianco a me.

- Non, non riesco a parlare, ti..ti racconto dopo. - feci un segno con la mano che indicava un okay. 
Lei mi accarezzò la spalla e ci dirigemmo verso l'uscita del territorio dei Cabello. 
- Merda - imprecai quando vidi davanti all'uscite tre uomini che armeggiavano con i fucili. 
- Come cazzo facciamo ora? - disse Dinah, osservando i tre e cercando di trovare qualche via d'uscita.
- Dovremmo aspettare credo - dissi, sconfitta ed esausta.
L'unica possibilità era quella di rimanere là nascoste ad aspettare che quei tre uomini andassero via. Mi appoggiai sul muro, cercando di riposarmi.
Un pensiero mi attraversò la mente. E quando Camila tornerà e scoprirà la mia assenza? Quale sarà la sua reazione? Iniziai a sorridere e ad immaginare tutte le sue possibili reazioni.
Poi il cuore aumentò il suo battito. Ripensai a quel giorno. 
FLASHBACK 
Camila mi abbandonò, lasciandomi con solo con un bacio. Presi la pistola che si trovare a terra, mi sciacquai la faccia e osservai attentamente il mio riflesso. Ero cambiata, ero diventata una donna, almeno credo. Ero cresciuta. Le responsabilità che mi stavo assumendo erano troppe, ma ciò non mi faceva cambiare idea di abbandonare il Clan. Dopo i miei giri con la droga, era palese che io avrei scelto questa via. La mia vita girava solo su questo. Fino a quando, dopo essermi portata a letto un mafioso, cosa a me sconosciuta, capii che da quel giorno lo sarei stata anch'io. Ero orfana. Mio padre morì quando avevo solo tre anni e mia madre, non sapendo come continuare, mi abbandonò in mezzo ad una strada. Tutti i miei ricordi sono offuscati. Riesco a ricordare solo alcune parti. Il mio capo, ossia anche Sindaco delle Hawaii, era un mafioso. Mi riteneva sua figlia, infatti mi portava sempre con lui ad ogni conferenza stampa. Quando incrociai gli occhi di Camila, il mio petto iniziò a farsi del male, ad aumentare il battito. Volevo farla mia in quel momento e rimasi sorpresa di quel pensiero. Ricordo le sue labbra, le sua mani, la sua lingua sinuosa sulla mia. Ricordo bene tutto. Ma io in quella sfida avevo perso. Si, avevo perso mio fratello, anzi per meglio dire, il mio fratellastro era stato rapito da lui e mio 'padre' era morto. Ora io dovevo prendere il controllo di tutto. Dovevo essere io a provocare tragedie. Entrò William, accompagnato da un occhio nero. 
- Lauren, finalmente ti ho trovata - si accasciò per terra, sostenendo la sua testa sulle mani. 
- Hanno preso Jamie, come cazzo faremo ora? - disse, tutto d'un fiato.
Lo sapevo. Maledetta Camila e le sue curve perfette. Jamie era solo un bambino di sette anni. Maledetta io, quel bacio, tutto quello che la mia mente potesse collegare a Camila.
Risi così forte da sembrare quasi indemoniata. Camila, mi hai lanciato questa sfida? Accetto.
Mi voltai verso il volto di Williaw. Era così bello, occhi verdi, quasi azzurri e capelli chiari e ricci.

- William, scusami per quello che sto facendo adesso, ma ne ho completamente bisogno. Mi fiondai sulle sue labbra, in preda alla collera. Lui ricambiò senza indugiare e appoggiò le sue mani sui miei seni, palpandoli e stringendoli.
Mi misi sopra di lui, strisciandomi, mettendo a contatto le nostra parti intime e continuando così fino a quando sentimmo le sirene della polizia e dopo un ultima spinta, lo presi per la mano e scappammo via, utilizzando una delle tante vie di fuga che io e il mio padre, ormai defunto, decidemmo di costruire nel caso in cui sarebbe successo qualcosa di grave. 
Dovetti cambiare identità e fuggire, per poi ritornare nuovamente. 
Passarono anni, mentre Jamie era ancora nascosto. Il mio obbiettivo era quello di riprendere il bambino e dominare tutto il territorio.

FINE FLASHBACK

 
Ritornata alla realtà, mi accorsi che ormai la Luna si trovava al centro del cielo e illuminava tutto il territorio. Mi voltai verso una Dinah immersa nel sonno. E MENOMALE CHE NON RUSSAVA! Iniziai a stuzzicare il suo orecchio con le mani per provocarle un leggero solletico, ma lei resisteva. Decisi di usare le maniere forti. Ero indecisa se morderlo o tirarglielo.
Optai per quella meno disgustosa. 
-Dinah, lo faccio solo perché dobbiamo andare - sussurrai accanto il suo orecchio per poi prenderlo e tirarlo così forte da ritrovarmi una sua mano sul mio viso. 
-Ma che sei impazzita?! - urlò Dinah, ma moderando la voce, ricordando dove si trovava.

-Esiste questa probabilità - risi alla mia battuta che naturalmente una mano sulla fronte di Dinah fu la sua unica reazione.

-Sei molto tranquilla, Lauren.. che mi nascondi? - disse Dinah improvvisamente, alzando un sopracciglio e scrutandomi dalla testa fino ai piedi.
Sai Dinah.. Camila mi tortura con quelle labbre che io... beh, tutto sommato va tutto a gonfie vele.
Non le risposi. Le diedi una pacca nella spalla e la incitai a proseguire lentamente verso l'uscita dell'appartamento visto che ormai era sprovvisto di uomini dotati di fucili. Arrivate nell'appartamento, l'unica che feci fu quella di svuotare tutto in frigo. Non impiegai molto tempo e inoltre sentivo il mio corpo bruciare sotto gli occhi di Dinah. Sapevo che quando mi sarei ripresa, sarei stata sottoposta a tutte le sue domande. 
- Ma che cazzo di odore c'è dentro questa casa? - disse Normani, entrando con le mani nel naso per impedire di odorare ancora.
In effetti non avevo un buon odore. Da quando ero stata rinchiusa lì - più di una settimana o forse due? avevo perso il conto - portavo gli stessi vestiti della in cui mi avevo rapita. I miei capelli erano sfibrati e rinsecchiti; avevo una corona di ciocche sparate e ingovernabili, una cresta dura che sembrava quella di un pappagallo. Non mi guardavo allo specchio da tempo, ma immaginai che sul mio viso ci fosse una sfumatura di viola: quello dei lividi.
Sì, avevo bisogno di un bagno. E di un cambio di vestiti, perché valesse la pena di lavarmi. Dinah, osservandomi e notando la mia faccia imbarazzata, mi propose di indossare suoi, mentre i miei asciugavano. Alla fine rimedia una camicia di flanella, vecchia ma pulita, con le maniche strappate e un paio di pantaloni della tuta tagliati al ginocchio, scoloriti. 




Ecco il capitolo, grazie mille per le tantissime visualizzazioni.
Fatemi sapere se vi piace :) 

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Capitolo 6
*** Unkiss Me. ***


CAMILA'S POV 
Tremavo. Si, tremavo. Avevo letteralmente perso il controllo. Sapevo che prima o poi non avrei resistito a baciarla. Sentivo che qualcosa non era al posto giusto. Percepivo il mio cuore aumentare i battiti. Dopo aver abbandonato l'appartamento e una Lauren quasi decisa a poggiare le labbra sulle mie, decisi di intrufolarmi nel mio appartamento. 
Avevo un grande bisogno di stare da sola. 
Ci sono giorni in cui la solitudine è un vino inebriante che ti ispira libertà, altri in cui è un tonico amaro, e altri ancora in cui è un veleno che ti fa sbattere la testa contro il muro. Infatti era uno di quei giorni. Volevo proprio frantumare in mille pezzi la mia testa. 
Ero confusa da tutto quello che mi circondava. 
E' un po' come essere innamorati no? Stiamo attenti a non amare, perché si sa.. fa tanto male, però non importa quanto faccia del male, creiamo dei legami, anche con un semplice sguardo con una persona non scelta. 
L'amore non si sceglie, l'amore è nascosto, l'amore è ignoto, l'amore è fascino. Forse è questo il mezzo per cui iniziai a incamminarmi verso ciò per cui io ritenevo segno d'amore. In quel momento il mio punto di riferimento era Lauren. 
Lauren era la persona che volevo amare e odiare nello stesso tempo. 
Si, l'odiavo perché l'amavo. Un po' contraddittorio no? Chi non è contraddittorio nella proprio vita. Ne ero più che sicura che in quell'odio risiedesse l'amore. Cosa sarebbe cambiato se entrando l'avessi baciata? Era ciò che volevo. In quel preciso instante, caddi nell'amore. Ero caduta dentro quel vortice che mi ero ripromessa più volte di stare attenta. La sedia era vuota. La finestra aperta. Scrutai tutto la stanza, nessuna traccia del mio amore ostinato. 
Con il cuore che stava per uscire dal mio petto, controllai fuori dalla finestra e le mie aspettative vennero conformate. Era andata via. Misi le mani tra i mie capelli, chiusi gli occhi. 
Mi voltai, appoggiandomi alla finestra. 
Guardai il soffitto nella speranza che mi offrisse qualche suggerimento. Abbassai lo sguardo nelle mie mani, iniziai a muovere le dita per accettarmi se il controllo era ancora saldo dentro di me. Sorrisi. Iniziai a ridere. 
Camminai verso la sedia per abbandonarmi in una rumorosa risata che risuonava ovunque, all'interno dell'appartamento. Continuavo a ridere. 
Diedi appoggio ai miei gomiti sulle ginocchio e tenni la mia testa tra le le mie due mani che con le dite toccavano i miei capelli. Guardavo il pavimento, era sporco, un po' come me. 
Ero schifoso, era maledettamente nero. Mi rispecchiai in quel nero del pavimento: dentro di me avevo una foresta, con tanti cespugli e alberi che per poco non toccavano il cielo. Alberi altissimi e foglie così verdi. I rami erano lunghi che reggevano tutte quelle foglie, possedevano una grandissima forza; un fuoco, c'era un fuoco che bruciava tutto quello che stava intorno. 
Dentro ero una foresta infuocata e l'unico odore che si riusciva ad annusare ero il fumo e l'unico colore che si riusciva a constatare ero il nero. Una foresta nera. Ero una foresta nera. Iniziai a piangere, disperata e presa dalla collera. 
Mi alzai, allontanando bruscamente la sedia che mi sorreggeva per cadere per terra e dando vita a un grande rumore. Sentivo gli occhi dilatarsi, li stringevo così forte da sentire il viso bagnato dalle lacrime a causa della forte rabbia. 
Cominciai a dare pugni immaginari al vuoto che avevo davanti, gridando. Fino a quando ruppi la finestra e il vetro si frantumò in mille pezzi, depositandomi sul pavimento grigio. Mi ferii la mano. Il sangue colava a terra. Non m'interessava. 
Mi appoggiai al muro, strisciando fino a sedermi e incrociare le gambe e mantenendo sempre il contatto con il muro freddo. I miei capelli erano un misto di sudore e sangue. Stavo perdendo la mia sfida.
- Fottiti Jauregui - gridai così forte da sentire l'anima pronta a balzare fuori dal mio petto.
- Jauregui questa me la paghi! - dissi con le ultime forse che avevo. Smisi di versare altre lacrime. La testa mi chiedeva incessantemente di fermarmi. Fissavo il vuoto. Come se stessi fissando me stesso. 
Non so per quanto tempo rimasi li seduta, ricordo solo che feci altre urla e lanciai contro il muro la sedia, ma mi sorpresi quando sentii il un soffice contatto con la mia guancia fasciata da una piccola garza, era il cuscino. Dove mi trovavo? Era distesa su di un letto. C'è un gran silenzio. 
La luce è smorzata. Sono comoda e al caldo, in questo letto. Apro gli occhi e per un attimo sono serena, mentre mi godo quell'ambiente strano e sconosciuto. Non ho idea di dove mi trovo. La tastiera del letto ha la forma di un sole gigantesco. 
La stanza è ampia, ariosa e riccamente arredata in toni marroni, dorati e baige. 
Mi raddrizzo meglio e guardo il comodino. Sopra ci sono una tazza di thè e dei biscotti alquanto invitanti. Prendo il thè, scottandomi un po' l'altra mano visto che l'altra era ancora fasciata da un garza un po' grande rispetto a quello che avevo nella guancia. 
Cercavo di muoverla ma il tentativo fallì perché il dolore era anche ancora presente. Il thè ha un sapore delizioso, è dissetante e rinfrescante. Immersa nella mia tranquillità e anche in un certo nella mia confusione assoluta, qualcuno bussa alla porta. 
Il cuore mi balza nel petto, e non riesco a trovare la voce a causa della paura mista alla curiosità che avevo per dare il permesso allo sconosciuto di entrare nella stanza. Lui apre comunque, ed entra senza alcune paura nella stanza. Indossa dei pantaloncini che li risaltano i fianchi asciutti e una maglietta rossa sudata, almeno credo. 
Lui mette una borsa su una sedia e afferra i due capi dell'asciugamano sopra il letto. Si appoggiò alla porta, guardandomi e sorridendomi maliziosamente. - In che modo sono arrivata qui? - La mia voce è flebile e contrita. 
- Sono stato io, non temere, non abbiamo fatto niente di cui dovresti preoccuparti. - dice, flemmatico, mentre io arrossisco violentemente.
- E scommetto che sei stato anche tu a mettermi a letto, ho ragione?
- Se per te questo non è un problema. - la sua espressione è impassibile. 
- Mhh, bene. - mormoro. Mi guardo le mani. 
- Se hai finito con le domande, mi permetti di andare a fare una doccia? - mormora.
Annuii con la testa. Ero ancora sconvolta da tutto ciò. Non volevo nessuno che mi disturbasse. Scendo dal letto, ritrovandomi solo con l'intimo e ciò mi meraviglia. Vado alla ricerca dei jeans. 
Lui esce dal bagno, umido e luccicante, coperto solo da un asciugamano intorno ai fianchi. 
Do un sbirciatina al suo corpo e che dire?
- Dove cazzo sono i miei vestiti? - dissi, quasi urlando, irritata dalla situazione. 
- Sono a lavare, calmati dolcezza. - disse, lanciando sopra il letto l'asciugamano che avevo intorno al collo.
- Vado a fare una doccia anch'io con permesso - dissi, senza neanche incrociare il suo sguardo. 
Mi dava il nervoso, ma un po' gli ero grata, mi avevo salvata o sbaglio?L'acqua è calda e tonificante. Potrei stare sotto questa doccia in eterno. Sento pungere un po' la ferita che ho nella mano fasciata. E ripenso a Lauren. Dove cazzo era finita? Ne ero più che sicura che volesse continuare la sfida. Una sfida che chi si innamora perde e credo che io l'ho già persa. 
Ma tanto non sapevo tutto questo, no? 
E poi io sentivo che qualcosa in lei mi dava la certezza che provasse le mie stesse emozioni.Prendo il bagnoschiuma e con cautela, senza sforzare la mano destra, lo strofino sulla mia pelle, intenta a cancellare tutti quei pensieri banali. 
Esco senza dare troppo nell'occhio, avvolgo i miei lunghi capelli nell'asciugamano e mi rendo conto che sopra il letto ci sono i miei vestiti che indossavo ieri, puliti, piegati e profumati. 
Quest'uomo era abbastanza gentile. Ma chi era? Chi era così gentile da portami i vestiti già lavati e stirati? 
- La colazione è pronta. - lo sconosciuto grida da cui penso sia la cucina.
Prima di raggiungerlo, mi vesto velocemente. Mi sistemo alla meglio i capelli e cerco disperatamente di farli prendere una forma elegante. 
Ma, come al solito, loro si rifiutano di collaborare e la mia unica possibilita è legarli con un elastico. Esso diventa solo un opzione quando ricordo di avere una mano rotta. 
Mi guardo allo specchio. Sono presentabile. Scendo le scale, è ora di affrontare il tizio tanto gentile. La stanze è enorme, un po' come tutto l'appartamento. 
All'interno si possono notare divani imbottiti, soffici cuscini e un gigante ed elegante tavolino abbellito da libri illustrativi e un grandissimo televisore al plasmo attaccato alla parete. 
Egli è seduto su di una poltrona, concentrato a leggere una rivista sportiva. 
Alza lo sguardo su di me si alza. Indossa una camicia di lino bianco, con il colletto e i polsini sbottonati. 
- Siediti - mi dice, sicuro di sè.
- Serviti come se fossi a casa tua - mi sorride, guardandomi di sottecchi.Optai per pancake e una piccola Twinings English Breakfast. Mangiai con fervore, visto che la sera prima non ebbi modo di farlo e il mio stomaco chiedeva in continuazione cibo. 
Si era creata una certa atmosfera che decidi di interromperla con una domanda che mi frullava da quando aprì gli occhi. 
- Non ci siamo ancora presentati, chi saresti tu? - dissi, continuando a torturare il pancake con la forchetta. 
- Sei sicura di volerlo sapere? - disse, facendo un sorrisetto che mi fece innervosire.
- Chi saresti il lupo che viene di notte e mangia i bambini? - dissi, sarcasticamente, portandomi alla bocca l'ultimo pezzo di pancake rimasta sola nel piatto. 
- Sono Jamie, il tuo Jamie - disse, facendo incastrare le sue labbra sulle mie.    

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