Il Tesoro di Alec Rover

di Eneri_Mess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***
Capitolo 3: *** Terza Parte ***
Capitolo 4: *** Quarta Parte ***
Capitolo 5: *** Quinta Parte ***
Capitolo 6: *** Sesta Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


A Gwyn Lionheart.
Amica, sorellastra,
mio braccio destro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Everything is awesome
Everything is cool when you're part of a team
Everything is awesome when we're living our dream
 
Everything is better when we stick together
Side by side, you and I gonna win forever, let's party forever
We're the same, I'm like you, you're like me, we're all working in harmony
Everything is awesome

 
 
(Everything is awesome - Tegan And Sara & The Lonely Island)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Bisbigliò tra sé un zitto! forse troppo forte, tanto che il Capitano di Vascello Armstrong alzò un sopracciglio verso di lei, dubbioso. La ragazza si morse la lingua, arrossendo vistosamente con le mani che le tremavano e minacciavano di far cadere le carte. Per sua fortuna il suo superiore non disse niente, scartando sul tavolo un re e pescando dal mazzo.
“Bella mossa, ancora una e apre” commentò una voce alle spalle di Lewis, ma solo lei poté sentirla e dovette trattenere un sospiro. 
“Accidenti, quel re ti farebbe comodo. Se non ti capita un dieci di picche quei quattro saranno inutili” fece notare una seconda voce in tono meditabondo, facendola rabbrividire.
Ma perché si era lasciata incastrare di nuovo a giocare a scala quaranta? Tanto sapeva che sarebbe finita sempre allo stesso modo: con quei due a parlottare, sprecandosi in suggerimenti spassionati e in fine a litigare su chi dei due avesse avuto ragione. Almeno quella volta avevano deciso di schierarsi uno da una parte uno dall’altra, e non le stavano dando il tormento insieme su quali mosse, a detta loro, l’avrebbero fatta vincere di sicuro.
Non che anche così la cosa fosse d’aiuto, visto che poteva sentirli solo lei e le risultava complicato non alzare lo sguardo su di loro e cercare di farli tacere senza che il Capitano Lewis la guardasse come fosse una pazza.
E ogni tanto lei aveva davvero la sensazione di esserlo.
« Sergente Lionheart… stiamo cercando di ingannare il tempo giocando. Se lei non fa la sua mossa sarà un diversivo inutile »
« A-ah, s-sì, sumimasen! »
Presa dalla fretta, la ragazza scartò la prima carta che le capitò a tiro, un jack nero.
“Scema che fai! Quello ti serviva!” strepitò la voce alle sue spalle, scompigliandosi i capelli corvini e facendo scivolare il cappello da cowboy con le perle rosse oltre le spalle.
Oltre il suo superiore giunse una risata sguaiata e incorporea che rimbalzò nelle orecchie della giovane, facendola arrossire di più.
Solo Lewis sembrò contento dell’azione frettolosa, perché prese la carta dalla pila al centro, la inserì a metà tra quelle che aveva in mano, per poi mettere ordinatamente sul tavolo un tris di jack, un tris di sette e un tris di due.
“Ehi! Non vale pescare dagli scarti!”
“Se serve per aprire sì”
“Maledetti marines, vi piace usare le regole che più vi fanno comodo!”
“Senti da che pulpito, pirata!”
Eccoli lì che cominciavano. Gwyn avrebbe voluto sbattere la testa sul tavolo e poi nascondercisi sotto a chiedersi che avesse fatto di male per essere perseguitata dai fantasmi di quei due.
La sua vita non risultava già abbastanza travagliata e penosa di suo… no, il destino aveva dovuto farla scontrare con quei due dal sangue caldo – molto ironico visto che erano morti. Poteva capire il più giovane, che ancora dopo due anni stava cercando di abituarsi alla nuova esistenza da spettro – nonostante trovasse estremamente divertente scivolare tra i muri e farle prendere un accidenti nei momenti meno opportuni – ma l’altro era da almeno tredici che se ne andava a zonzo. Eppure da quando si erano incontrati tutti e tre, quei due sembrava si fossero dimenticati che le loro ossa riposavano sotto metri di terra. Facevano talmente tanto casino che lei non si spiegava davvero come gli altri non potessero non notarli.
« Sergente… dove sta guardando? »
Gwyn si voltò verso Lewis e la sua espressione incuriosita e scettica, accentuata dalla fronte corrugata, prima di realizzare che si era distratta e concentrata sul nuovo battibecco dei due fantasmi, ignorando ancora una volta la partita.
Se possibile, le sue gote divennero così rosse da fumare.
« I-io, e-ecco… »
« Si vada a riposare, tra qualche ora saremo arrivati »
La ragazza colse l’invito senza pensarci due volte. Si alzò di scatto, si profuse in un inchino e in rinnovate scuse, prima di filarsela alla svelta e mettere quanta più distanza possibile tra sé e la stanza comune della Nightfall.
Finì col rintanarsi dove andava sempre quando aveva bisogno di tranquillizzarsi, ossia nell’armeria deserta. Quel luogo, con tutte le spade appese alle pareti, tenute lucide e affilate giornalmente, le metteva un inspiegabile senso di pace.
Pace che durò brevemente, prima che le due presenze che minacciavano la sua salute mentale facessero capolino attraversando le pareti. 
“Ehi, perché sei scappata?”
“Stavamo solo scherzando…”
« Ho fatto un’altra figuraccia davanti a Lewis-senchou! » lamentò la giovane, le spalle abbattute nella peculiare divisa scura blu notte.
“Tzé, gli dai troppo peso, era solo una partita a carte”
“Esatto, anche se perdevi non cambiava nulla”
Lei li guardò stralunata, per poi sospirare pesantemente. Era inutile con quei due. Non avevano minimamente capito che non c’entrava la sua bravura nelle carte, quanto i loro battibecchi a distrarla.
« Cora-san, Ace-san… non potreste cercare di andare un po’ d’accordo? La vostra compagnia, ecco, sarebbe più piacevole se non, come dire, litigaste per ogni cosa… »
I due la guardarono a bocca aperta, si squadrarono a vicenda incrociando le braccia, e poi tornarono a rivolgersi alla loro interlocutrice.
“Questo qui si veste come un idiota” dissero all’unisono, per poi voltarsi l’uno verso l’altro e ringhiarsi contro, sempre a braccia serrate.
“Ehi moccioso, porta rispetto!”
“Scusa nonno, ma non ti si può prendere sul serio con quel trucco!”
“Parla Mr. Lentiggini a cui bastano solo i pantaloni e un cappello, sei indecente!”
“Almeno io non semino piume in giro, Signor Cuoricino!”
Non c’era verso.
Gwyn Lionheart, promossa di recente – e nemmeno lei si spiegava come – a grado di Sergente della Marina, iniziò a vagliare l’ipotesi di cercare un esorcista per tornare ad avere una vita silenziosa. L’alternativa era gettarsi in mare e affogare, ma aveva la sgradevole sensazione che poi se li sarebbe ritrovati lo stesso dall’Altra Parte ad aspettarla.
Sospirando e lasciandosi scivolare seduta su una delle panche, si preparò a fare appello a tutta la diplomazia di cui disponeva e passare le successive ore di attesa a cercare di far andare d’accordo quelle due calamità naturali.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anche se erano passati davvero troppi anni per ricordarsi quando avesse iniziato a vedere i morti, Gwyn sapeva che non era un dono ma una maledizione. Aveva consultato preti, medium, sciamani, perfino un veterinario occultista che si era trovato invaghito dei suoi racconti spettrali, ma senza giungere a nulla di concreto. O meglio, lei sapeva perché era in grado di vedere le entità, ma da un lato si vergognava troppo ad ammettere di essersi fatta una macedonia con un frutto sconosciuto che aveva trovato per caso nel frutteto di casa.
L’unica volta in cui aveva confessato e messo in pratica il suo potere, era stata prima etichettata come demonio, le era stato rovesciato addosso un catino di acqua santa e poi il sacerdote se l’era filata a gambe levate urlando che era giunta l’Apocalisse.
Lei, bambina di appena dieci anni di un’isoletta anonima e rotonda, era tornata sconsolata alla fattoria dei suoi e dalle uniche due persone che, per quanto in effetti non ci fossero più, erano quelle che riuscivano a farla sentire bene con poche parole.
E così era stato. Suo nonno aveva prima ridacchiato vedendola bagnata come un pulcino, mentre sua nonna si preoccupava della sua salute, per poi entrambi tirarle su il morale con i pettegolezzi buffi che raccoglievano andandosene a zonzo in quella forma inconsistente e invisibile agli altri.
Alla fine, finché poteva starsene tranquilla a gestire la fattoria di famiglia e aveva ogni giorno latte gratis, tutto andava bene.
La situazione era cambiata drasticamente all’età di diciassette anni, quando il gabbiano postino aveva consegnato a casa, oltre al classico quotidiano, anche una lettera di congratulazioni da parte della Marina per la sua recente domanda di arruolamento. Accettata subito, tra l’altro.
“Ho pensato fosse una bella idea! Così girerai il mondo!” era stata la spiegazione orgogliosa del suo nonnino, artefice della richiesta, con un sorriso e una convinzioni così abbaglianti che Gwyn, già pietrificata dal fatto che tutto ciò non fosse una semplice svista o un problema di omonimia, non riuscì a non dire di no. In realtà non fu in grado di articolare una singola sillaba durante tutto il discorso incoraggiante del parente, che passava dall’assicurarle che si sarebbe divertita, avrebbe imparato scherma e sicuramente il suo potere sarebbe stato apprezzato. Aveva annuito, la ragazza, anche ridacchiato appena, andando a dormire.
Era un sogno divertente, si era detta. Si sarebbe coricata e il giorno dopo si sarebbe scolata una pinta extra di latte caldo per ridere e scoprire che era tutta una sua fantasia.
Il latte era diventato uno shottino di rhum, il primo di molti altri, insieme ai suoi futuri compagni d’arme che la sera seguente si erano ritrovati tutti insieme alla base della Marina dell’isola, carichi di buoni propositi e voglia di partire.
Lei, semplicemente, credeva fosse ancora tutta una specie di Candid Snail, che da qualche parte ci fosse nascosta una troupe di ripresa che si stava sbellicando dalle risate. Così aveva continuato a sorridere pacificamente durante ogni allenamento, durante i discorsi patriottici dei camerata, perfino quando, dopo due anni e la sua recente promozione a Sergente, era stata spedita nella Rotta Maggiore e assegnata sotto il comando del più giovane Capitano di Vascello della Marina, il canzonato Giulius Lewis Armstrong. Era stata accolta con un sopracciglio inarcato di fronte alla sua espressione da Buddha illuminato che ancora millantava “tanto è tutto un sogno”.
Nel momento in cui lui aveva iniziato a elencarle i suoi compiti, a spiegarle come funzionava la vita lì sulla Nightfall e a metterla in guardia sulla loro destinazione, lo Shinsekai, la patina di irrealtà si era mestamente incrinata e il mondo si era fatto decisamente concreto e dalle prospettive poco rosee. E Gwyn sapeva che quando si spaventata succedeva l’inevitabile, ossia lo scatenarsi del potere del suo Frutto del Diavolo.
Nel giro di pochi secondi, con dei pop tanto divertenti quanto macabri, erano apparsi come margherite teschi di varie dimensioni e fattezze. I marines presenti avevano lasciato perdere i preparativi per la partenza e, attoniti, si erano messi a osservare quel fenomeno stravagante e nefasto che stava facendo comparire crani ovunque. La situazione era diventata surreale e spaventosa quando i teschi avevano iniziato a muoversi, battendo i denti da prima piano, poi sempre più rapidamente finché non erano scattati addosso ai poveri osservatori, attaccandosi sogghignanti alle loro divise.
Era scoppiato il putiferio. Coronato da grida isteriche, la neo Sergente Lionheart si era accasciata a terra con le mani nei capelli, del tutto estranea a quello che stava avvenendo, troppo immersa nella realizzazione della piega che aveva preso la sua vita.
Erano passati minuti di panico, nei quali il Capitano Armstrong cercava di riportare l’ordine tra i suoi uomini – o donnicciole, come apostrofò qualcuno sbellicandosi dalle risate.
Risate che riscossero Gwyn, sempre troppo abituata a essere circondata da nevrosi e condanne gratuite quando perdeva il controllo delle sue raccapriccianti capacità. Fu in quel momento che si accorse di una presenza agli altri invisibile.
“Sul serio, sei stata tu? È uno spasso! Guarda quello come corre… si è buttato in mare!”
Portuguese D. Ace, nome con cui il fantasma si era presentato tra un singhiozzo e l’altro mentre si teneva lo stomaco, era stato il primo raggio di sole tra le prospettive buie della giovane Sergente, e il primo a strapparle un sorriso col potere di quietare il suo animo.
Da allora erano passati quasi sei mesi.
Aveva conosciuto meglio l’ex Comandante della Seconda Flotta di Barbabianca, che nel giro di una serata le aveva raccontato, letteralmente, vita, morte e acrobazie della sua precedente esistenza terrena. Nonostante fosse morto, l’entusiasmo non gli mancava e Gwyn era scoppiata a piangere per un senso di ingiustizia e tristezza nell’ascoltare dei suoi ultimi momenti. Ne era seguito il riapparire di una miriade di teschi, stavolta ululanti in coro che non avevano fatto dormire nessuno.
Qualche tempo dopo si era palesato un altro fantasma vagabondo, incuriosito dalle vibrazioni che aveva avvertito nell’etere provenire dalla Nightfall. Si era presentato come un ex marine, Rocinante, anche se tutti lo conoscevano con il suo nome da infiltrato, Corazón. Alla ragazza le si era storto il collo la prima volta, per riuscire a guardarlo in faccia. Faccia che l’aveva fatta tentennare, dato il trucco, gli occhiali, la sigaretta – come facevano i fantasmi a fumare? – e quella montagna di piume nere che si portava sulle spalle. Per un attimo aveva creduto fosse uno Shinigami e che fosse giunta la sua ora. Mezzora più tardi aveva capito di avere a che fare con un altro svitato… adorabile svitato, che nonostante fosse morto riusciva a darsi fuoco da solo.
Ingenuamente, Gwyn aveva creduto di aver trovato due essenze particolari e simpatiche con cui affrontare la sua nuova vita, come due fratelli maggiori. Ma non aveva tenuto conto che, per l’appunto, come fratelli, quei due avrebbero iniziato a litigare e dirsele di tutti i colori. Uno era stato un pirata, l’altro un marine dalla dubbia condotta, ma pur sempre con determinati principi che cozzavano inevitabilmente con quelli del più giovane.
Se la ragazza era stata etichettata subito dal resto dei camerata della nave come soggetto da cui tenersi alla larga, gli aggettivi stramba e pazza si erano accodati presto alla definizione da quando lei aveva iniziato a parlare col vuoto, intraprendendo discorsi insensati alle pareti della nave.
“Perché semplicemente non dici che puoi parlare coi fantasmi?” aveva proposto con naturalezza Ace una sera, mentre lei era intenta a lustrare con adorazione la sua spada, Emrys.
Lo sguardo di puro terrore che gli aveva rivolto la ragazza aveva fatto deglutire il povero Pugno di Fuoco e ne era seguita una discussione al limite dell’isteria rimbombata per tutta la nave... coronata dagli ennesimi pop e dai teschi perlacei che avevano battuto le mascelle quasi tutta la notte.
E purtroppo, benché il Capitano Lewis avesse cercato di limitare il suo giudizio fino all’ultimo, alla fine aveva dovuto concordare con se stesso, massaggiandosi una tempia e osservando il cranio che tremolava sulla sua scrivania, che Gwyn Lionheart probabilmente aveva qualche rotella fuori posto.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
Sumimasen: modo di chiedere “scusa” (informale) in giapponese.
Shinsekai: “Nuovo Mondo”, seconda parte della Rotta Maggiore.
Senchou: “Capitano” in giapponese.
Shinigami: è il Dio della Morte nel folklore giapponese.
Emrys: uno dei tanti antichi nomi di Merlino, qui è il nome della spada di Gwyn.
Nightfall: dall’ing. “crepuscolo”.
 
 
Ci sono molti particolari di cui vorrei parlare e non so da dove iniziare…
Da principio: è una “storia regalo” (coff coff di Natale… coff un po’ in ritardo) per una personcina speciale *love*
Questa suddetta personcina adora tre personaggi in particolare di One Piece, tra cui Ace e Corazόn. Per riuscire a costruire una trama *plausibile* ho optato di presentarli in una forma ectoplasmatica XD Aggiungendo poi che la mia adorata personcina stravede per i “teschi”, ecco creato uno strambo Frutto del Diavolo ad hoc di cui vi dirò in seguito.
Giulius Lewis Armstrong è preso in prestito dalla mia fanfiction “Heavenly Eve”, come la sua nave, la Nightfall.
Come lui, anche Alec Rover viene da lì… verrà da lì è più preciso *spoiler*
La “Candid Snail” è la nostra Candid Camera *lol* La tentazione è stata troppo forte!
Per il resto, sarà divisa in quattro brevi parti massimo, già conclusa.
Spero che anche voi, come la mia adorata personcina speciale a cui è dedicata la storia, la apprezzerete =D Commenti graditissssimi u.u/
 
 
Alla prossima!
Nene
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Qualche giorno prima della partita a carte.

 

 

 

 

 

 

« Stiamo andando a recuperare il tesoro di Alec Rover? »

« Esattamente »

« Ma non è ancora… vivo? »

« Pirata caduto in disgrazia, secondo le voci che circolano »

« Senchou… questo non è rubare? »

Lo sguardo di sincera perplessità che il Capitano Armstrong le rivolse dovette risultare piuttosto indicativo, come anche la manata incorporea che Cora-san si diede in faccia alle sue spalle, seguita dal debole tentativo di Ace di trattenere una risata. Le avevano promesso di fare i bravi, ma evidentemente la sua risposta metteva a dura prova la loro croce sul cuore.

« Sergente… » iniziò Lewis, la fronte ora aggrottata nel cercare le parole adatte per continuare. « Siamo Marines. Il nostro compito è fermare e arginare la minaccia dei pirati, ricorda? »

Gwyn annuì convinta cercando di fare buona impressione, rigida nella posizione di risposo che aveva assunto stando di fronte la scrivania del superiore.

« Recuperare il tesoro di un pirata, vivo o morto, rientra tra i nostri compiti… soprattutto se suddetto tesoro è stato con ogni probabilità sottratto a qualcun altro dal pirata stesso e quindi non gli appartiene »

La ragazza fissò il suo cipiglio inarcato ed eloquente, realizzando. Arrossì un attimo dopo, annuendo tre volte di fila con convinzione, ma guardando da tutt’altra parte.

« W-wakarimasu, Senchou » aggiunse in un pigolio.

Il Capitano di Vascello sventolò in aria la mano per liquidare la faccenda, prima di tirare fuori da uno dei cassetti un pacco voluminoso di cartelline, con diverse clip e angoli di fogli che spuntavano. Guardò i documenti davanti a sé e poi la ragazza ancora in piedi, riflettendo un secondo di più.

« Sergente, questa per lei è la prima missione, dico bene? »

Gwyn, con ancora qualche traccia di rossore sulle gote, annuì.

« Oltre il campo di addestramento si è mai trovata in situazioni di pericolo… o sotto pressione, o in stato di emergenza? »

La ragazza gli rimandò uno sguardo vacuo mentre nella sua mente si affaccia l’immagine di Caroline, la sua mucca preferita alla fattoria da cui veniva. Una mattina l’aveva svegliata lamentandosi preda di terribili dolori. Lei si era disperata abbracciandola, correndo per andare a chiamare il veterinario, portandole la sua copertina preferita per farla stare meglio. Quando ormai si era rassegnata a sentirla muggire dolorante era venuto alla luce un vitellino umido e appiccicaticcio e Caroline le aveva dato un’amorevole testata, buttandola a terra.

Sentendo alle sue spalle Cora-san che si schiariva la gola, la neo Sergente tornò con i piedi per terra.

Scosse la testa in segno di diniego, e il Capitano Lewis prese un respiro profondo, spingendo le cartelline che aveva davanti verso il limitare del tavolo.

« Prenda una sedia » ordinò, aspettando che si accomodasse per continuare. « Questi sono i documenti riguardanti i pirati che circolano in questo tratto di mare e con cui molto probabilmente verremo in contatto durante le nostre missioni. È fondamentale che impari a riconoscerli e si ricordi le loro abilità » spiegò, invitandola ad aprire il primo fascicolo.

Oh oh, questa cosa si fa interessante!” commentò l’ex Comandante di Barbabianca e Gwyn avvertì chiaramente la sua essenza avvicinarsi e sfiorarle una spalla. Un brivido lungo la schiena la percorse, irrigidendola.

Lewis intese male il sussulto.

« Non si deve lasciar spaventare, Sergente » la redarguì serio. Lei faticò a non sospirare e dovette trattenersi dall’interloquire col fantasma del ragazzo che sembrava davvero eccitato dalla questione.

Guarda questo! Eustass Kidd… bei capelli!”

La ragazza contò mentalmente fino a dieci, calmandosi, prima di cercare di decifrare quello che il dossier riportava sotto la foto che stava esaltando il moretto. Con un secondo brivido, che riuscì a stroncare sul nascere, si rese conto che anche Cora-san si era fatto più vicino, sull’altro lato della sedia, studiando il contenuto del foglio.

« Eustass Kidd al momento è la Supernova con la taglia più alta in circolazione. Ha un potere temibile e in attivo un’alleanza con altri due pirati, Scratchmen Apoo e Basil Hawkins, altre due Supernove » riassunse il capitano, vedendola concentrata sulle righe stampate. Lei cercava di mandarle a mente, inutilmente.

Per cosa ti entusiasmi? Parafrasando qui dicono che è facile all’incazzatura”

Sembra uno che sa quel che vuole. Guarda quel braccio meccanico!”

Mh. Questo impala la gente, moccioso”

Dettagli. Ma hai visto? Gli piace truccarsi come te, vecchio!”

Gwyn ci mise meno di mezzo secondo a capire che stava per eruttare l’ennesimo litigio, per questo giocò d’anticipo. Chiuse di colpo la cartellina e si alzò tanto in fretta che per un attimo la sedia parve sbilanciarsi abbastanza da cadere a terra.

Il Capitano Lewis la guardò non capendo.

« Senchou, chiedo il permesso di poter studiare i fascicoli nei miei alloggi. Con tranquillità » sottolineò, in un tono che voleva essere d’ammonimento verso gli spettri. Dopo lo scatto repentino della ragazza, i due erano rimasti interdetti.

Armstrong non volle indagare oltre, capendo che un giorno avrebbe dovuto prendere il Sergente da parte e farle un paio di domande mirate a capire quei comportamenti insensati. Per quel momento, si limitò ad annuire e ad accettare la sua richiesta, congedandola.

 

 

 

 

 

 

 

Scusa” dissero in coro le fluttuanti essenze, per l’occasione seduti composti a mezz'aria, il capo chino, davanti alle braccia incrociate e all’espressione rigidamente serrata della loro compagna. Lei contò di nuovo fino a dieci, prendendo un respiro. Voleva che capissero, una volta tanto.

« Quando sono con Lewis-senchou dovete stare tranquilli! È il mio capo e... e… »

E crede anche lui che tu sia fuori di testa?” completò Cora-san per lei.

Gwyn lo fulminò con un’occhiata così scottante che entrambi i fantasmi si ritrassero.

« È colpa vostra! »

I due chinarono il capo, mortificati, ribadendo le loro scuse in un tono che la ragazza ritenne sufficientemente sincero per sciogliere un po’ i nervi. In realtà le costava parecchio essere arrabbiata con quei due. Non poteva ammetterlo davanti a loro o l’avrebbero presa in giro a vita, ma la compagnia che gli regalavano giornalmente la faceva sorridere sempre, interiormente.

Scosse la testa per tornare alla realtà e si ritrovò gli occhi scuri di Ace guardarla con intensità, un sorrisetto trattenuto sulle labbra. Lei arrossì, notando solo in quel momento che si era avvicinato al letto dove lei sedeva, accovacciato sempre a qualche centimetro dal suolo, lanciando delle occhiate significative dietro la sua schiena. Dall’altro lato, con la coda dell’occhio, notò un atteggiamento simile, ma più composto, da parte di Cora-san. Dissimulava le proprie sbirciatine fingendo di fumare, nonostante la sigaretta fosse spenta.

La neo Sergente si ricordò allora che aveva buttato sul letto le cartelline datele dal capitano. Si tolse gli stivali e si sistemò meglio a gambe incrociate, la schiena contro la parete su cui dava il letto da un lato, poggiandosi su un ginocchio il pacco di fogli. Senza mascherare oltre la propria curiosità, anche i due fantasmi saltarono sul letto al suo fianco, incoraggiandola a sfogliare i documenti.

Ne seguirono commenti interminabili.

« Basil Hawkins, trecentoventi milioni… »

Che aria tetra, mette i brividi…”

Ha parlato lo spettro”

« Apoo Scratchmen… »

Che diavolo ha fatto alle braccia!?”

Ahahah sembra simpatico”

« … X Drake? »

Ma guarda, questo lo conoscevo, bazzicava a Marineford quando ero una recluta”

Ha fatto la scelta migliore diventando pirata!”

Moccioso dovresti evitare di parlare a vanvera”

« Uh… Jewelry Bonney… »

Neanche io mangio in modo così volgare…”

Stavolta concordo…”

Andarono avanti per almeno un’ora, piuttosto tranquilla ammise Gwyn, ridacchiando di tanto in tanto delle considerazioni che non si sprecavano a dare i due al suo fianco. Sfogliarono più di una dozzina di dossier, passando tra nomi e soprannomi poco rassicuranti: Bartolomeo “Il Cannibale”, Cavendish “Il Principe Pirata”, Killer “Il Massacratore”, Capone Bege “Gang”, Don Chinjao “Il Punteruolo”… Lei memorizzava dati come se fosse tornata alle lezioni d’addestramento, sistemando di volta in volta le foto dei diversi pirati davanti a sé, anche se presto Cora-san le fece notare come tra i vari scatti prediligesse quelli con la maggior porzione di spalle larghe e torace in vista. La ragazza lo ignorò, nonostante la risatina e il pollice in su di Ace.

Arrivarono presto all’ultima cartellina, la più voluminosa e consumata.

Quando Gwyn la aprì, trasalì per le esclamazioni che cacciarono in contemporanea i due al suo fianco, facendole quasi cadere di mano i pacchi di fogli.

« Mi avete spaventata! » protestò, ma sia il pirata che il marine la stavano ignorando, guardando con occhi sgranati le foto del dossier.

« Monkey D. Rufy e Trafalgar Law? » lesse interrogativa, avendo la sensazione di aver già sentito quei nomi, ma gli spettri non l’ascoltarono.

Quattrocento milioni… se la sta cavando alla grande”

Lo sguardo truce non l’ha proprio perso… ma quant’è cresciuto”

« Li conoscete? » domandò perplessa, sentendo quei commenti e avvertendo nitidamente una nota di nostalgia nelle loro voci. Era la prima volta che li vedeva così felici e malinconici al contempo.

Lui è il mio fratellino” spiegò Ace, guardandola con una luce negli occhi che per un attimo fece mancare un battito alla ragazza. Quando l’ex Comandante di Barbabianca si entusiasmava per qualcosa aveva spesso lo sguardo che brillava, ma quella volta Gwyn constatò che fosse più calda, orgogliosa, quasi viva. “Ti ho parlato di lui la prima volta… mi ha salvato a Marineford”

La brunetta si morse pensierosa l’interno della guancia, ricordando e non riuscendo a reprimere il controsenso di quelle parole.

Ace continuava a sostenere che quel giorno di due anni prima Rufy l’avesse davvero salvato dalla guerra scatenatasi, ma lei aveva colto che il significato che lui dava a quella parola non era strettamente fisico, quanto più interiore. Tornò a sbirciare la foto e il sorriso pieno del ragazzo di diciannove anni. Poi, nella foto a fianco, occhieggiò l’espressione contrariata del capitano degli Heart e rivolse la propria attenzione su Cora-san. Si stava rigirando il mozzicone di sigaretta tra le labbra, ma anche lui aveva lo sguardo addolcito.

Quando l’ex marine si accorse che gli altri due lo fissavano, rise come mai l’avevano visto fare.

Law era un bambino di cui mi sono occupato prima di morire” cercò di spiegare, indeciso su che termini usare.

Non hai fatto un gran lavoro se è diventato un pirata!” scherzò Ace, ma questa volta Corazόn non se la prese dato il tono bonario del ragazzo.

Ne ha passate tante, troppe… però sono contento di vedere che sta bene”

« Chirurgo della Morte » lesse Gwyn con un brivido.

Il minore dei Donquixote ridacchiò imbarazzato.

Ehm sì, temo che questo soprannome sia colpa mia”

L’espressione a metà tra lo sbigottito e l’allarmato di entrambi e i loro Eeh? lo fecero continuare, una mano a grattargli la nuca per minimizzare.

Gli cacciai io stesso in gola il Frutto Ope Ope…” cominciò, registrando come l’inquietudine si rafforzasse sui volti di Sergente e pirata. “Sarebbe morto se non l’avessi fatto” si giustificò, crucciandosi un poco.

« Qui dice che ha consegnato i cuori di cento pirati per entrare nella Flotta dei Sette » proseguì con la lettura Gwyn, il tono un po’ stridulo.

Ha sempre avuto un certo piacere per il macabro…”

“…”

Ehi, non fare quella faccia moccioso! Tuo fratello è una scimmia di gomma!”

« Oh » proruppe la neo Sergente, zittendoli.

Che altro hai letto? Che si diverte a fare esperimenti da scienziato pazzo?”

Corazόn gli lanciò un’occhiata indispettita.

« Il rapporto dice che ha salvato la vita di tuo fratello a Marineford » e una punta di entusiasmo le animò la voce. « E da qualche tempo sembra abbiano stretto un’alleanza » proseguì, capendo finalmente il perché ci fossero i dossier di entrambi i pirati in un’unica cartellina.

Ace e Cora si scambiarono uno sguardo, entrambi indecisi su come commentare la cosa. Gwyn prese la palla al balzo.

« Visto che loro due sembrano andare piuttosto d’accordo, perché non ci provate anche voi? » propose, sorridente. Ci credeva davvero. Aveva colto come entrambi tenessero ai due nelle foto e visto che proprio Rufy e Law davano l’idea di collaborare bene, forse anche loro avrebbero potuto fare uno sforzo.

Ma a me non dispiace questo tizio” intavolò il più giovane dopo un lungo silenzio, le braccia conserte e le palpebre abbassate, l’espressione così concentrata che dava l’idea si stesse sforzando parecchio a far uscire quelle parole. “Sì, è un ex marine e ha un gusto estetico eccentrico, ma sa il fatto suo”

Corazόn lo guardò sinceramente sconvolto, tanto che gli cadde la sigaretta dalle labbra dipinte.

Ohi ragazzino…” disse, ma non seppe bene come continuare. Si grattò di nuovo la nuca, meditando. “Grazie… e mi dispiace per come siano andate le cose per te. Non te lo meritavi” concluse, riferendosi al modo in cui fosse morto.

Il commento sembrò toccare Ace, che dopo essere rimasto senza parole per qualche secondo si produsse in uno dei suoi sorrisi capaci di scaldare il cuore e riferire un va tutto bene silenzioso.

Gwyn stava per mettersi a piangere, un po’ per la conversazione civile che i due stavano avendo, un po’ per la sincera commozione legata alle loro parole. Avrebbe voluto abbracciarli, se non ci fosse stata la barriera fisica a separarli.

« Minna… daisuki » confessò, non riuscendo a trattenersi, diventando rossa e affondando il viso nella cartellina che ancora stringeva, facendo scivolare fogli, foto e clip ovunque.

I due fantasmi ridacchiarono, iniziando a prenderla in giro per disseppellirla dall’imbarazzo che l’aveva fatta diventare un pomodoro maturo.




 

 

 

 

 

Significato dei termini:

Senchou: “Capitano” in giapponese.
Wakarimasu: “Ho capito”.
Minna... daisuki: “Ragazzi... vi voglio bene”.


 

La prima parte mi sembra sia stata accolta con un buon entusiasmo! Sono davvero contentissima!
Questo secondo capitolo è sempre un po' cortino. La storia non è molto lunga, incentrata su Gwyn, la sua mini avventura e i rapporti che ha con i vari personaggi. Mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitoletto, con i commenti di Ace e Cora ai vari pirati e la loro esaltazione/malinconia nel rivedere rispettivamente Rufy e Law *love
Gwyn parla spesso in giapponese perché la mia amica ha questa piccola fissa (essendo anche laureata in giappico u.u)!

 

 

Alla prossima!

Nene


PS: La formattazione è diversa dal solito perché non sono al mio pc!

 

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Capitolo 3
*** Terza Parte ***


 
 
 
 
 
 
Le ultime ore di navigazione stimate dal Capitano Lewis erano scivolate via monotone. Quando giunsero sull’isola dove avrebbero iniziato le ricerche del tesoro di Alec Rover, il tempo era sereno, ma l’aria calda e secca.
Stando alla cartina e alle informazioni della Sede Centrale, Macabras era semi abbandonata, con un solo villaggio ancora abitato dagli indigeni del luogo e tante rovine antiche lasciate vittime delle stagioni. Il perché quella terra fosse stata quasi del tutto lasciata a se stessa rimaneva un mistero, ma secondo il Capitano Lewis ciò la rendeva il posto ideale per nascondere un bottino di scorribande.
E d’accordo col ragionamento doveva essere stato anche Eustass Kidd, che non gradì per niente lo sbarco della Marina sull’isola.
 
 
 
 
 
 
 
Stai bene!?”
“Sei ferita!?”
La ragazza annuì e fece segno di diniego quasi insieme e si prese la testa tra le mani quando un forte boato riempì l’aria nella zona da cui era appena fuggita. Si rannicchiò meglio dietro la casa di pietra mezza crollata in cui aveva trovato rifugio, mordendosi un labbro nel sentire male un po’ ovunque per la rovinosa caduta di poco prima.
“Gwyn respira” disse perentorio Corazόn accovacciato davanti a lei, nel suo corpo sbiadito. Aveva lo sguardo fisso negli occhi della brunetta. “Respira” ripeté.
“Dobbiamo andarcene da qua! Non ci metteranno molto ad arrivare” constatò Ace, salito su quello che rimaneva del tetto a osservare la disastrosa situazione.
“Ancora un attimo ragazzino” replicò il giovane Donquixote, tornando con l’attenzione alla ragazza che lo fissava a iridi sgranate, le guance graffiate e i capelli arruffati. “Ricordati l’addestramento Gwyn. Se ti attaccano, piede fermo e occhi sull’avversario. Non c’è bisogno che li sconfiggi, basta rallentarli. Punta alle gambe e usa l’agilità, non la forza. E respira. Tutto chiaro?”
Lei annuì, riempiendosi i polmoni d’aria, i denti ancora affondati nel labbro. Con mano tremante strinse l’elsa di Emrys al suo fianco, alzandosi.
“Arrivano in due!” avvertì Ace.
Corazόn annuì.
“Sfrutta l’effetto sorpresa. Ti cercheranno, tu aspetta il mio segnale e affonda”
Gwyn fece un cenno di assenso, respirando di nuovo e preparandosi. Lo sguardo fermo dell’ex marine l’aveva rincuorata e sapere di avere i due spettri con sé e non essere sola le fece tornare il coraggio di affrontare la situazione.
“Vediamo se riesco a mettere ancora i brividi addosso a queste mezze tacche” sogghignò l’ex Comandante di Barbabianca dal tetto diroccato. Gwyn vide la falda del suo cappello arancione sparire e un attimo dopo sentì il gemito di un uomo provenire dal lato della casa che faceva angolo con quello dietro cui lei si stava nascondendo, e a seguire l’imprecazione di Pugno di Fuoco.
Corazόn, che teneva d’occhio la situazione, scosse la testa masticando un insulto, per poi fare cenno con la mano alla neo Sergente di avvicinarsi. Un attimo dopo le diede il via libera per attaccare.
Con un ultimo respiro profondo, la brunetta sguainò Emrys e sbucò fuori dal nascondiglio, affondando la lama come le era stato detto, nonostante la paura le fece chiudere per un secondo gli occhi.
Un urlo si levò alto, seguito da una sonora bestemmia, mentre la marine estraeva la spada velocemente dal punto ferito, schizzando sangue sul terreno. Il pirata alto almeno tre spanne più di lei si accasciò sul terreno tenendo saldamente la coscia tra le mani. Ma Gwyn non poté tirare un sospiro di sollievo che con la coda dell’occhio vide il compare caricare barcollante verso di lei.
“Due passi indietro! Abbassati e affonda!”
Andò più o meno come disse Corazόn. La brunetta riuscì ad atterrare con un solo fendente anche il secondo avversario, rallentato poco prima da Ace. Mentre questi cadeva la ferì a sua volta di striscio alla spalla. Lei gemette, tirandosi indietro e facendosi quasi scivolare la spada di mano.
“È un graffio! Scappiamo ora! Ragazzino ci sei?”
“Sì… Ahi, sì”
« Dove andiamo? » domandò la ragazza, guardando febbrilmente l’ex marine mentre lanciava rapide occhiate dietro di sé per assicurarsi che i due pirati fossero ancora a terra.
“Laggiù, verso la foresta”
E senza farselo ripetere corse nella direzione scelta, lasciando ben presto che il trambusto fosse attutito dalle fronde degli alberi.   
 
 
 
 
 
 
Sei intero?”
“Sì…”
“Che accidenti ti è saltato in testa!?”
“Sto bene… ma non pensavo che io mi sarei sentito bruciare”
“Hai una cera pessima”
Il commento sarebbe risultato una barzelletta divertente tra fantasmi, se non fosse stato che Ace aveva davvero l’essenza molto più pallida del normale.
Gwyn, rimasta fino a quel momento fissa a marciare per mettere più distanza possibile tra sé e i pirati, si voltò a fissarli, rendendosi conto di aver tralasciato la situazione.
« Cos’è successo? » domandò perplessa, il fiato corto e il braccio che ancora doleva. Lo scontro per lei era stato frastornante e rapido, era l’adrenalina a tenerla in piedi, come il terrore di trovarsi di nuovo in mezzo alla mischia. Ora che erano lì nel bosco però, lontani e in parte al sicuro, la ragazza si ricordò che anche il più giovane dei due spettri l’aveva aiutata.
“Questo incosciente è passato attraverso a uno di quei pirati”
“Ohi, l’ho rallentato, oltre che fargli prendere un bello spavento” ghignò il moretto mentre si frizionava le braccia come avesse avuto lui stesso la pelle d’oca.
« Non capisco… qual è il problema? » domandò perplessa la ragazza, rivolgendo uno sguardo preoccupato ai due.
“Che non puoi mettere due essenze a contatto completo in maniera così repentina… rischi di scomparire”
Le ultime parole arrestarono l’andatura della brunetta di colpo, facendola voltare del tutto verso di loro cerea in viso.
« Nani…? »
Il respiro dell’ex marine fu brusco. Gwyn fu certa che quella fosse la prima volta che lo vedeva tanto preoccupato da sembrare arrabbiato. Ma sbollì in fretta per potersi spiegare in maniera chiara.
“Quella che vedi di noi è la nostra anima, rimasta qui dopo la morte del corpo. Possiamo attraversare le cose, ma attraversare un altro essere umano è come uno scontro diretto in battaglia: ci facciamo male, perché cozziamo contro un’altra anima. Solo che mentre quella di chi è ancora vivo non può andarsene in giro perché è trattenuta e protetta dal fisico, noi rischiamo di rimanerci secchi. Hai capito, moccioso? Niente più colpi di testa”
Ace ricambiò il suo sguardo con uno imbronciato, come se gli avesse appena tolto tutto il divertimento, ma quando si accorse di come Gwyn lo guardasse atterrita lasciò perdere.
“Ok, tranquilli, prima e ultima volta, promesso” e lo disse rivolto alla ragazza, sorridendole e aggiungendo un “Sto bene, sul serio” per rasserenarla. 
« Che facciamo adesso? » domandò la giovane, riprendendo a camminare e rischiando di inciampare tra le radici nodose degli alberi mentre la vegetazione si faceva sempre più fitta.
“Tu cosa pensi sia meglio?” gli chiese di rimando Corazόn, sbollendo definitivamente l’irritazione accendendosi la sua sigaretta incorporea ma quasi finendo gambe all’aria. Mentre Ace tornava del suo tetro colore naturale non mancò di ridere di lui. Erano davvero due ragazzini.
« Forse dovrei tornare indietro… ho abbandonato gli altri alla battaglia… Lewis-senchou potrebbe aver bisogno di me » rispose la ragazza incerta, a testa bassa, stringendo l’elsa della spada per reprimere il tremore che il pensiero di trovarsi di nuovo sul campo di battaglia le provocava.
“Il tuo capitano sembrava più scocciato che intimorito dall’affrontare quel rosso dall’incazzatura facile” constatò Ace, mentre galleggiava al suo fianco con le braccia a mo’ di cuscino dietro la testa come se niente fosse successo.
Gwyn non fiatò, continuando a camminare a fatica e sentendosi a ogni passo più combattuta con se stessa. Aveva avuto paura non appena il primo sparo aveva stroncato la quiete in cui inizialmente versava l’isola. La battaglia e le urla erano iniziate prima ancora che potesse realizzare cosa stesse succedendo, e lei aveva solo riconosciuto uno dei pirati dei dossier studiati impartire ai suoi sottoposti l’ordine di fare piazza pulita dei marines. Se avesse saputo che il ghigno di sfida visto nella fotografia di Eustass Kidd era a malapena una pallida ombra di quello reale non avrebbe pensato semplicemente che aveva l’aspetto di un tipo poco raccomandabile.
Il Capitano, lì in carne ed ossa, era l’uomo più inquietante e brutale che avesse mai incontrato. Era arrivato a terrorizzarla così tanto che non era riuscita nemmeno a sentire cosa Lewis-senchou le avesse ordinato, e per una volta anche i suoi teschi invece di ridere avevano tremato.
Nel giro di attimi interminabili si era trovata in mezzo alla mischia, con Ace e Cora-san che tentavano di indirizzarla su come muoversi, difendersi e attaccare. Alla fine era ruzzolata a terra, inciampando su qualcuno, e si era ritrovata alcuni di quei pirati venirle contro con le sciabole insanguinate. Qualche timido cranio bianco aveva fatto ancora pop davanti a loro, rallentandoli sufficientemente per la sorpresa da darle il tempo di cercare un posto dove nascondersi.
“Potresti attenerti al piano originale” la riscosse Corazόn, ricevendo uno sguardo interrogativo da entrambi i compagni. “Cercare il tesoro di Alec Rover mentre gli altri si occupano di tenere a bada i pirati” si spiegò meglio, accennando un sorriso incoraggiante.
Gwyn si torturò un labbro prima di abbozzare un titubante sì con la testa.
“Era la tua prima battaglia, capita a tutti” cercò di rincuorarla Pugno di Fuoco, ottenendo solo uno sguardo perplesso da entrambi i marines. “Che c’è? Che ho detto?”
“Non è confortante sentire certe cose da un ex pirata piromane”
« Ace-san, grazie lo stesso »
Liquidato dopo il suo tentativo di buona volontà, il moretto si rabbuiò, seguendoli fluttuando a mezz’aria mentre borbottava tra sé e sé come una teiera qualcosa sull’essere malfidati. 
 
 
 
 
La foresta si era fatta così compatta che la luce del giorno filtrava a spiragli tra le fronde, mandando a tentoni la neo Sergente che più volte si era trovata impigliata tra arbusti e rami. Tra l’altro, più avanzava più le sembrava di non andare da nessuna parte e il suo stomaco aveva iniziato a farsi sentire.
“Ci stiamo muovendo senza sapere cosa stiamo cercando” fece notare dopo un po’ Ace, guardandosi intorno. “Idee?”
« Lewis-senchou ha dett-AAAAH! »
Il terreno le era improvvisamente mancato sotto i piedi. Il cespuglio che stava attraversando nascondeva una piccola pendenza e lei vi era ruzzolata malamente. Aveva sentito i due fantasmi richiamarla, poi un’esclamazione di sorpresa da una voce sconosciuta, ed era atterrata malamente contro qualcosa che non era né il terreno né le pietre che si era aspettata.
« Itaii » si lamentò Gwyn, sentendo i muscoli dolerle per la caduta accidentale.
Un grugnito soffocato però la immobilizzò, facendole intendere con terrore che la cosa che aveva arrestato il suo capitombolo si stava muovendo.
Quando riaprì gli occhi titubante la accolse l’espressione contrariata di un totale sconosciuto.
« Ti alzi? » le domandò questi piatto.
La ragazza lo guardò come se avesse parlato in una lingua a lei oscura, sbattendo un paio di volte le palpebre ancora incerta su quello che fosse successo. Nemmeno si rese conto che le guance le andarono in fiamme quando lo sguardo le cadde sul petto semi scoperto dell’uomo, dove una lunga cicatrice lo attraversava diagonalmente, e solo dopo realizzò di stargli seduta in grembo.
Si alzò di scatto, tra un fiume di lettere che avrebbero dovuto comporre la parola Sumimasen! ma che uscirono troppo attaccate tra loro per distinguerle. Incespicò su un sasso, finendo di nuovo a terra, tanto confusa da ringraziare mentalmente di non sentire nessun pop a rendere la situazione ancora più umiliante.
Seguì un imbarazzante silenzio, interrotto poi dallo sconosciuto.
« Sei ferita »
« Uh… ehm… hai » rispose lei, rendendosi conto solo dopo che non era una domanda, e avvampò ancora di più. Prendendosi il viso tra le mani si disse che doveva calmarsi e capire chi fosse quel tizio e ricordarsi che aveva una missione, ma in quel momento la sua mente era totalmente in tilt.
A salvare o aggravare la situazione, non seppe dirlo, fu l’arrivo dei due fantasmi.
“Oggi non ne imbrocchi una…” stava constatando Cora-san, ma un’esclamazione di stupore ed entusiasmo da parte di Ace lo interruppe.
“Non ci credo! È Zoro!”
Saltellando come un bambino davanti a un regalo inaspettato, il moretto lo squadrò dalla testa ai piedi.
“È cambiato parecchio! Ha lo sguardo più rude, anche se l’ultima volta aveva tutti e due gli occhi” ridacchiò, tornando vicino a Gwyn e guardandola con un sorriso a trentadue denti.
La brunetta, con ancora il volto stretto tra le proprie mani, si impose di non girarsi verso le spettro per non capitolare nell’ennesima gaffe, sentendo lo sguardo penetrante del tipo continuare a fissarla dall’alto in basso.
“Non dirgli che sei una marine” le consigliò seriamente Cora-san, studiando con diffidenza il nuovo venuto.
“Tranquilli, è il vice del mio fratellino! È un tipo a posto!”
“Sì, vai a dirglielo tu che anche Gwyn è una marine a posto” lo rimbeccò l’altro.
Ace aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse imbronciato.
La brunetta cercò di non ascoltarli. Fece per dire qualcosa, ma non uscì nulla.
« Riesci ad alzarti? » domandò di nuovo Zoro, e al cenno affermativo di lei, che rimase tuttavia immobile, la afferrò per un gomito tirandola in piedi.
« A-arigatou » balbettò, cercando di spolverarsi i vestiti per non incrociarne l’occhiata indagatrice. Rammentando il consiglio di Corazόn, si allacciò la giacca, in modo da nascondere il ricamo della Marina sulla camicetta, e ringraziò mentalmente l’inconsueta divisa blu notte che il Capitano Armstrong aveva richiesto appositamente per i propri sottoposti. Quel gesto tuttavia le provocò una fitta al braccio ancora provato dalla ferita subita nella fuga.
« Resta ferma » disse ancora il pirata con quel suo tono categorico, e lei si accorse in quel momento – ma dove aveva la testa? – che si era riavvicinato e stava avvolgendo un lembo di stoffa scura intorno alla sua ferita. « Finché non ritrovo i miei compagni questa dovrebbe andare bene. Chopper poi farà di meglio » spiegò, come se lei avesse potuto capire ciò di cui stava parlando, ma lo ringraziò.
« Ti sei perso? » chiese poi ingenuamente, pentendosi un attimo dopo per l’occhiata bieca che le rivolse e continuò balbettando: « Q-questa foresta è c-così… ehm, ecco… piena di alberi… c-che non ho idea di dove sia l’uscita. T-tu sai dove andare? » farfugliò miseramente cercando di riparare, dandosi della stupida. Corazόn e Ace alle sue spalle si schiaffarono una mano sulla faccia, sospirando in coppia.
“Una foresta piena di alberi?” le fecero eco ma lei li ignorò.
Lo spadaccino la osservò da capo a piedi un’ultima volta, incrociando le braccia. Sembrava stesse decidendo se fidarsi o meno, nonostante i gesti appena compiuti.
« Nami dice che quello che stiamo cercando si trova a est dell’isola » rispose alla fine pensieroso.
Ci fu un attimo di silenzio, in cui entrambi voltarono il viso in due direzioni diverse.
« Quindi… da quella parte! » esclamarono all’unisono, indicando le suddette due direzioni opposte.
Gwyn, nel tentativo di riconquistare un briciolo di stima di fronte all’uomo che l’aveva salvata, tentò di essere d’aiuto, senza tenere conto minimamente che si trattasse di un presunto nemico.
“Sono due casi disperati” allibì Corazόn, combattuto tra la voglia di ridere e quella di abbandonarli a se stessi. Per la prima opzione ci pensò Ace, piegandosi in due tenendosi lo stomaco e riempiendo l’aria di risate convulse.
Essendo Gwyn l’unica in grado di sentirli, cambiò di nuovo colore in viso e non riuscì a ignorarli, voltandosi verso di loro. Magnanimo, l’ex marine le indicò con un dito l’est giusto.
« Che c’è? » domandò Zoro perplesso da quel suo gesto.
« I-io… ecco, credo di aver sentito delle voci » spiegò, ed essendo una mezza verità fu anche in grado di reprimere quasi del tutto l’imbarazzo.  « Forse sono i tuoi compagni! Da quella parte! »
Il pirata guardò prima lei con sguardo indecifrabile, poi rivolse l’attenzione verso la porzione di foresta che stava indicando, e fece spallucce, incamminandosi.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
Nani?: “Cosa?” in giapponese.
Itaii: “(che) dolore!”.
Sumimasen: “scusa”.
Hai: “sì”.
Arigatou: “grazie”.
 
 
 
Inizia la breve vicenda! Ed è arrivato il terzo, e più adorato, personaggio per Gwyn: Zoro! *partono gli applausi*
I nostri sono giusti su Macabras, isola sempre presa in prestito dall’altra mia fanfiction Heavenly Eve, qui luogo dove dovrebbe essere nascosto il fantomatico tesoro! E la Marina non è ovviamente l’unica a dargli la caccia =D Un breve e accennato cameo di Eustass Kidd, con una presenza sempre troppo ingombrante per essere ignorato, ehehe.
Ace e Corazon intanto fanno da spalla a Gwyn, aiutandola come possono. La “teoria dell’anima” di Corazon non so se esista in giro, vi direi che me la sono totalmente inventata perché non sono molto documentata su fantasmi e simili, ammetto! Però ecco, si vede qui come tutti e tre tengano l’uno all’altro *w*
Per concludere, ancora una volta, la mia Gwyn reale è pressoché come questa che leggete, e io le voglio tanto bene *love* parla italiano misto a giapponese, è una frana con il senso dell’orientamento, si preoccupa, e la si vorrebbe tanto spulciottare sempre *lovelove*
 
 
Alla prossima!
Nene
 

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Capitolo 4
*** Quarta Parte ***


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il sospiro estatico che Gwyn si lasciò sfuggire fu tale che per un breve istante i ragazzi, corporei e non, credettero sarebbe svenuta. Ma la ragazza aveva l’espressione rapita, le gote appena sfumate di rosso e la commozione negli occhi, mentre con le mani si copriva la bocca fissando Zoro. O meglio, le spade che stava riponendo nei rispettivi foderi dopo averle usate per creare un passaggio nella foresta.
« S-sono tutte e tre t-tue? » domandò con voce tremante.
Lo spadaccino annuì, vagamente inquietato sul come interpretare la traboccante meraviglia con cui la brunetta lo stava abbagliando.
« Una Wazamono e due O Wazamono… ne avevo solo sentito parlare » sospirò, mangiando letteralmente con gli occhi le tre custodie.
« Te ne intendi… » osservò il Cacciatore di Pirati, facendo balenare un ghignò sul viso che fece avvampare la neo Sergente. Incamminandosi di nuovo, lei tentò di tenere il passo, incespicando sia per il terreno pietroso sia perché il suo sguardo continuava a spostarsi dal fianco dello spadaccino a lui stesso, ogni tanto soffermandosi imbarazzata sul petto lasciato in parte scoperto.
“Guarda dove metti i piedi…” l’avvertì Corazόn per la terza volta, ma fu di nuovo ignorato e Gwyn per poco non finì di peso nell’ennesimo cespuglio.
“È partita” ridacchiò Ace al suo fianco, sorridendo così contento che sembrava stesse canticchiando. L’ex marine gli rivolse un’occhiata interrogativa. “Se Zoro è qui ci sarà anche Rufy! Sono due anni che non lo vedo…” spiegò, e sebbene la sua espressione mutò appena per un velo di malinconia, la sua voce rimase allegra.
Corazόn si fece per un attimo pensieroso, rigirandosi la sigaretta tra le labbra impiastricciate di rosso e al moretto tutto ciò non sfuggì. Il suo sorrisetto tornò ad ampliarsi, sincero.
“Se il dossier che abbiamo letto con Gwyn è vero, anche quel Trafalgar Law di cui ci hai raccontato è col mio fratellino. Non sei contento di rivederlo?”
Il minore dei Donquixote non rispose subito, voltando la testa dall’altra parte.
“Certo” rispose atono e ringraziò l’ennesimo urletto della loro compagna che li distrasse.
« Ma tu inciampi ovunque!? » esclamò Zoro con la fronte aggrottata, aiutandola a ritirarsi su. Usò un po’ troppa forza, o Gwyn si sentiva davvero esausta, ma gli finì addosso, trovandosi a fissarlo dal basso verso l’alto, il cuore in corsa mentre a separarli c’erano talmente pochi centimetri che la ragazza credette di sentire il calore del suo respiro sulla pelle. O più probabilmente era lei che stava per riandare in fiamme.
Lo sguardo intenso dello spadaccino sembrava avere il potere di mandarla nella confusione più totale e la neo Sergente non sapeva come comportarsi.
« Sei qui da sola? » domandò l’ex cacciatore di pirati quando ripresero il sentiero improvvisato.
Lei tentennò un attimo, lanciando un’occhiata di sottecchi a Corazόn, voce della sua coscienza per domande del genere, ma lo spettro sembrava avere la testa tra le nuvole.
« P-più o meno » balbettò, stringendosi nelle braccia avendo paura che qualche dettaglio della divisa sotto la giacca potesse sfuggire alla sua acuitasi sbadataggine. « C-ci siamo fermati sull’isola per… ehm, dei rifornimenti… ma siamo stati a-attaccati » si sentì terribilmente in colpa nel farfugliare quelle mezze verità guardando da un’altra parte, ma aveva l’angosciante sensazione che se l’avesse fissato in faccia lui avrebbe capito tutto. Non che il suo tono tremante fosse d’aiuto nel mascherare la situazione. Per la prima volta da due anni si chiese come accidenti ci fosse finita in Marina.
« Da chi? » si incuriosì Zoro e lei si pentì del discorso intrapreso.
« Da ehm… pirati… » pigolò e il sorriso sottile e quasi maniacale che si allargò sul volto dello spadaccino per poco la stese, sia per un brivido di paura che per uno non meglio identificato, con cui rincarò la dose del proprio rossore.
« Interessante… » mormorò lo spadaccino, carezzando col pollice l’elsa della Shusui che reggeva in mano.
Gwyn era certa sarebbe svenuta per le troppe emozioni che il vice dei Mugiwara le provocava, ma nonostante fosse ancora cosciente si ritrovò a terra comunque, e non per l’ennesimo sasso a tradimento.
Zoro era scattato verso di lei, circondandole la vita con il braccio libero mentre con l’altro sguainava una delle sue katane e fendeva l’aria. La brunetta fece appena in tempo a notare due proiettili tagliati precisamente a metà, poi avvertì solo la soffocante casacca verde del pirata e il cespuglio dietro di lei ad attutire la caduta.
Qualcuno imprecò da un lato, lontano, qualcun altro sembrò urlare degli ordini dall’altra parte.
« Che succede!? » si allarmò Gwyn, cercando con lo sguardo i due fantasmi.
Zoro con un colpo di reni fu in piedi, sguainando una seconda spada e frugando con l’occhio sano la foresta.
“Credo siate in mezzo a un fuoco incrociato” tentò Ace, guardando dalla parte da cui erano arrivati i proiettili.
“Quelli laggiù sono uomini della Nightfall” aggiunse Corazόn, mentre Gwyn si rimetteva in piedi, i capelli spettinati e pieni di rametti e foglie. “Ma non penso ti abbiano riconosciuta… o forse non vi hanno proprio visti. Stanno sparando a qualcuno dall’altra parte”
« Dobbiamo avvertirli di mettere giù le armi! » squittì agitata la neo Sergente, preoccupandosi appena dell’occhiata confusa che le rivolse Zoro.
“Non ce l’hanno con voi…” e Ace finì appena la frase che una nuova raffica di proiettili partì poco distante da loro, da entrambe le direzioni.
“Gwyn giù!” fu di nuovo l’ex Comandante di Barbabianca, che in un gesto irrazionale cercò di proteggere la ragazza dimenticandosi della propria condizione incorporea. Vedendolo gettarglisi addosso la brunetta si spaventò e finì lo stesso a terra, osservando impietrita i proiettili conficcarsi nella corteccia sopra la propria testa.
« Scappa! »
“Scappa!”
L’esclamazione, che aveva in tutto il tono di un ordine, partì in contemporanea sia da Zoro che da Corazόn. Il primo si avventurò nel folto della foresta, sparendo in una delle direzioni da cui erano arrivati i colpi, tutte e tre le lame sguainate.
La marine fece come per allungare una mano in direzione dello spadaccino, con l’intento di dirgli qualcosa, gridando un misero « Aspetta! » ma troppo tardi.
“Non ti preoccupare per lui e andiamocene! Se da quella parte ci sono i tuoi compagni ci conviene raggiungerli” spiegò il minore dei Donquixote. Le mani gli prudevano dall’irritazione di non poter fare qualcosa di concreto. Ace annuì, avvertendo la stessa scomoda e antipatica sensazione.
Rimessasi in piedi e assicurandosi solo di avere ancora Emrys al fianco, la giovane però si diresse dalla parte in cui era sparito Zoro e da cui stava sentendo provenire il baccano maggiore.
“Che stai facendo!?” la strigliò Corazόn, tenendo il passo al suo fianco.
« Se è un fuoco incrociato gli altri marine potrebbero colpirlo » spiegò testarda, ma allo stesso tempo incerta se quello che stava facendo fosse giusto.
“Stupida! Anche lui è un pirata!” le ricordò l’altro, cercando con lo sguardo quello di Ace per avere man forte, ma questi rimase zitto.
« Lo so, ma è stato gentile e io gli ho mentito » chiarì lei, mordendosi un labbro e occhieggiando la bandana nera prestatale. « Se gli succedesse qualcosa non me lo perdonerei »
“Sa badare a se stesso” fu quello che si limitò a proferire Pugno di Fuoco sotto lo sguardo insistente dell’altro spettro. Sapeva che il maggiore aveva ragione, ma si trovò diviso, appoggiando anche il discorso di Gwyn.
Lei si morse ancora di più il labbro, stringendo al contempo l’elsa della propria spada. Era abbastanza consapevole che si stava andando a cacciare in un casino più grande di lei, mettendosi in mezzo per difenderlo, ma per la prima volta da anni sentiva che fosse ciò che voleva davvero. Era una sua decisione. Se avesse desistito, seguendo di nuovo “ciò che era giusto”, se ne sarebbe pentita, e non voleva pensarci. Probabilmente sarebbe stata solo d’intralcio, o i suoi compagni, vedendola al fianco del nemico, l’avrebbero ritenuta una traditrice. Ma ci sarebbe stato tempo dopo per preoccuparsi di tutte quelle eventualità.
Sguainò la spada quando sentì di essere in prossimità dello scontro che si stava consumando nella foresta. Individuò gli inconfondibili capelli verdi di Zoro e con un senso di sollievo interiore si accorse che i suoi avversari erano solo pirati. Quasi una dozzina, ma nessun marine. Forse era meno sfortunata di quello che credeva.
Sbucò nella piccola radura cogliendo tutti di sorpresa, primo fra tutti Zoro, le cui lame erano impegnate a tenere a bada quelle degli avversarsi.
Adesso o mai più, si disse la ragazza per infondersi coraggio.
Intuendo probabilmente cosa stava per fare, lo spadaccino dei Mugiwara fece forza e con uno sferragliare delle lame allargò di colpo le braccia incrociate, allontanandosi con un balzo dal gruppo che gli gravava quasi addosso.
Gwyn portò la lama oltre il volto e con la mano sinistra si afferrò il polso per imprimere più fermezza. Aiutata dalla corsa, si slanciò in avanti. È come in allenamento, ma questa volta è reale, si disse ancora, individuando i suoi avversarsi, la sorpresa dipinta sui loro volti.
« VOLONTÀ DEL CAVALIERE! » gridò e calò il fendente, imponendosi di non chiudere gli occhi. Emrys cozzò forte contro le lame ancora alte ma non ferme. La neo Sergente non diminuì la presa e condusse la lama come una falce fino alla fine, atterrando sull’erba con un ginocchio e il fiato corto.
Gli uomini davanti a lei urlarono e imprecarono. Erano troppi per soccombere sotto il suo attacco, ma quelli della prima fila, almeno quattro, riportarono ferite considerevoli al livello dell’addome. Sbilanciati indietro dal colpo e dall’istinto di arretrare, finirono con il rovinare addosso ai compagni, perdendo attimi preziosi.
« Niente male » si complimentò Zoro, posizionatosi al suo fianco senza che se ne accorgesse. Le rivolse un’espressione compiaciuta che le fece battere il cuore, emozionandola appena sulle gote. Aveva ancora troppa adrenalina in circolo per realizzare. « Del resto mi occupo io » aggiunse, sguainando di nuovo le katane e sfruttando il momento di impiccio dei sottoposti di Kidd per avventarsi su di loro.
“Puoi riprendere fiato ora” suggerì una voce gioviale alle sue spalle e lei voltò appena la testa per vedere l’ex Comandante di Barbabianca con i pollici alzati nella sua direzione. “Sei stata fenomenale!”
“Allora quando vuoi sei brava” la punzecchiò Corazόn, ma sorridendole anche lui. Era rimasto impressionato, sebbene non avesse condiviso l’idea della brunetta di intervenire.
Lei annuì, sentendo finalmente la tensione fluire via. Non sapeva se la sensazione che stava provando era effettivamente di soddisfazione, ma si sentiva bene. Aveva agito di impulso forse, o forse no, perché sapeva quello che stava per fare. Non era certa se fosse per la forte motivazione, ma non le era mai successo di non provare neanche l’ombra del timore che solitamente caratterizzava la maggior parte delle sue azioni. Si era sentita libera mentre vibrava quel fendente, certa che anche se non avesse messo fuori gioco i suoi avversari, almeno li avrebbe resi inoffensivi abbastanza da dare campo a Zoro. Non che pensasse che lui da solo non sarebbe stato in grado di occuparsene, anzi, il suo primo pensiero era stato la paura di essergli di intralcio. Ma se avesse dato retta a quella voce nella sua testa, la parte di lei che già si sentiva in colpa per non essere stata sincera l’avrebbe trascinata ancora più in basso. E lei aveva avuto davvero terrore di quello.
Niente male, le replicò la sua testa, calcando le parole pronunciate dal membro dei Mugiwara poco prima e avvampò. Le aveva fatto un complimento e dal tono che aveva usato, se la situazione fosse stata meno tesa, la brunetta si sarebbe sciolta come un marshmallow nella cioccolata.
“Ehi Gwyn, torna alla realtà” la richiamò Ace.
Alzando la testa, la ragazza si accorse che il cozzare delle spade si era un po’ allontanato. Per terra davanti a lei c’erano ancora i pirati che aveva colpito, tremanti e debolmente intenzionati a rialzarsi.
D’istinto tornò a stringere Emrys, scattando in piedi e cercando con lo sguardo Zoro.
« Cora-san, Ace-san, dove sono andati!? » domandò rivolta ai fantasmi e guadagnandosi delle occhiate confuse da parte degli uomini feriti.
“Di là, ma vacci cauta adesso” le indicò l’ex marine, serio.
Lei annuì, addentrandosi nel folto del bosco, cercando di seguire i rumori. Rumori di spade che si facevano man mano più forti, intervallati da urla e imprecazioni.
Ritrovò con lo sguardo i duellanti, vedendo Zoro avere la meglio nonostante lo svantaggio numerico, ma poi con la coda dell’occhio colse un movimento poco distante ed esattamente dall’altra parte rispetto a lei. Cappelli e divise blu notte che si muovevano nell’oscurità data dalle fronde, i fucili spianati.
Tentò di avvertire lo spadaccino, ma gli spari furono più veloci, secchi e vibranti, e colsero alle spalle i pirati di Kidd, abbattendoli in parte. Zoro scartò di lato, sfruttando i corpi degli energumeni contro cui stava combattendo per avere il tempo di buttarsi in mezzo ad alcune fratte, apparentemente non visto mentre i marines si concentravano sul resto degli uomini. Alcuni caddero, ma altri si gettarono a dar battaglia ai nuovi venuti nonostante le ferite già riportate.
Gwyn avrebbe voluto seguire Zoro, il desiderio di assicurarsi che stesse bene a spingerla, ma si trovò incapace di muoversi, ancora nascosta da arbusti, cespugli e frasche.
“Allontaniamoci da qui, è troppo pericoloso” stava dicendo di nuovo la voce lungimirante di Corazόn, ma a lei giunse stranamente ovattata. Sentì le ginocchia non reggerle e la paura accendersi in lei come un fuoco freddo e corrosivo. Cercò con lo sguardò il fantasma, desiderando di articolare dei suoni con la bocca impastata, ma quando sbatté le palpebre non lo vide più.
Le gambe non la ressero oltre e lei si sbilanciò all’indietro, contro il tronco dell’albero superato poco prima e su cui scivolò fino a sedersi scomposta. Una fitta al fianco destro le provocò una smorfia. Abbassando lo sguardo non vide niente sulla stoffa scura della giacca, ma poggiandoci la mano quella si macchiò di rosso. Il respiro incespicò un attimo, prima di diventare più veloce e corto.
Era stata colpita da una pallottola vagante.
« C-Cora-san? » chiamò, il sudore freddo a imperlarle la fronte. Era così sotto shock che non le sembrava neanche di provare dolore. Nessuno rispose e lei non vide la famigliare quantità esagerata di piume nere. « Ace… Ace-san? » sussurrò allora, voltandosi, certa che l’avrebbe trovato a sorriderle e dirle che andava tutto bene. Ma neanche il cappello arancione era da nessuna parte.
Era rimasta da sola.

 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
Wazamono e O Wazamono: spade “pregiate” (Sandai Kitetsu) e spade di “ottima fattura” (Shusui e Wado Ichimonji).
-san: maniera formale per riferirsi a qualcuno. Sarebbe tipo “signor…” ma qui è solo una sfumatura in quanto Gwyn è più giovane di Ace e Cora e perché porta loro rispetto.
 
 
 
 
Mi rendo conto che i capitoli sono davvero brevissimi! La concezione è quella di una One Shot, ma mi piace questo appuntamento settimanale, mi fa pensare “ehi, non stai con le mani in mano!”, quando in realtà non trovo il tempo di scrivere, sigh.
Mi piace come Ace e Corazόn interagiscono insieme a Gwyn; il primo pirata e compagno fin’oltre la morte, il secondo più attento a tenere a mente i rispettivi ruoli. Eppure tutti e due dalla parte di lei senza alcuna esitazione, nel bene e nel male. La scena d’azione è semplice, nulla di complicato, e l’attacco di Gwyn, “Volontà del Cavaliere”, si rifà sempre a una passione della mia amica legata al medioevo. Si è capito dalla parte iniziale che adora le spade?
Nel prossimo capitolo qualche new entry by Oda ~
 
 
Buona settimana!
Nene

 

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Capitolo 5
*** Quinta Parte ***


 
 
 
 
 
 
Che facciamo!?”
“Non è che se me lo chiedi ogni minuto la mia risposta cambierà! Non lo so!”
“Sono tredici anni che vaghi per il mondo, fatti venire un’idea!”
“Senti moccioso, chiariamoci: non mi è mai capitato di riuscire a farmi vedere da qualcuno, ok? Gwyn è stata la prima, quindi non so cosa sia successo o perché abbia smesso di vederci!”
“Sta diventando sempre più pallida”
A quell’affermazione Corazόn non ribatté, spostando lo sguardo sulla ragazza. Si stava trascinando a fatica per il bosco, una mano stretta al fianco bendato alla meno peggio.
Dopo il turbamento iniziale che l’aveva colta, tra il ritrovarsi quella ferita inaspettata e lo sparire dei due fantasmi, la neo Sergente aveva fatto appello alle forze che le rimanevano per fare qualcosa. Come una litania, a bassa voce, aveva iniziato a ripetere i passaggi di primo soccorso appresi durante l’addestramento.
Ogni tanto si ritrovava a commentare tra sé frasi come « Se Cora-san fosse qui mi direbbe che non si fa così » oppure « Ace-san avrebbe qualche rimedio piratesco da consigliarmi », cercando di ridacchiare tra le lacrime trattenute. E i fantasmi, impotenti di fianco a lei che non riusciva a vederli, dopo essersi sgolati nel tentativo di farsi sentire, non avevano potuto fare altro che rimanere a fissarla mentre ricavava delle bende improvvisate dalla giacca e si rimetteva in piedi tremolante.
Nella radura davanti a lei giacevano i corpi dei pirati colti alle spalle dai marines, ma lei li aveva ignorati e si era inoltrata nel folto del bosco dove ricordava essere sparito Zoro. Non era brava a individuare le tracce, ma per un po’ le era bastato seguire i tagli trovati in giro, segno che una spada era passata di lì. Ma presto anche quelli erano finiti, e lei, con le lacrime che minacciavano di rigarle le guance, si era ritrovata a vagare.
“Almeno sta proseguendo ancora verso est” considerò Corazόn dopo un po’, sotto il peso delle spalle stanche, mentre con il dito indice si tamburellava una delle braccia incrociate per stemperare la tensione.
“Quanto riuscirà ad andare avanti così?”
“Non fare il pessimista”
“Sto parlando sul serio” ribatté Ace con sguardo duro e tradendo del tutto la propria tensione.
L’ex marine sospirò, guardando il pallore della compagna.
“Non lo so, non sono mai stato bravo in queste situazioni” rispose con amarezza. La sua mente vagò per qualche attimo, facendo riemergere il ricordo di un bambino malato che rabbrividiva tra le sue braccia goffe, soffrendo per la febbre alta. “Ma questa serietà non ti si addice ragazzino. Non ti dirò di avere fiducia, ma finché cammina va bene”
Il moretto si lasciò sfuggire un’invettiva frustrata, i pugni serrati, ma poco più avanti un fruscio li mise in allerta. Alla loro sinistra, poco distante, i ramoscelli di qualche cespuglio gemettero lievemente.
I due fantasmi scattarono guardinghi, osservando la zona che si stava smuovendo. Dietro di loro Gwyn sembrava troppo affaticata per rendersi conto di qualcosa, accostatasi a un albero per riprendere fiato.
Non ci fu tempo per gli allarmismi. Prima che Corazόn e Ace potessero esternare ulteriori preoccupazioni, sbucò dal nulla un pirata con aria disorientata e incavolata. Quando la brunetta lo vide cacciò un urlo di sorpresa e paura, attirando su di sé l’attenzione dell’uomo. Bastò un secondo a quest’ultimo per squadrarla e notare il ricamo azzurro della Marina sulla camicetta scura macchiata. Ringhiando bassamente, alzò la spada, avanzando sotto lo sguardo impietrito di lei.
“Ragazzino, ricordi quando ti ho detto che è pericolo attraversare di colpo qualcuno ancora vivo!?” proruppe Corazόn, afferrando Ace per un polso e guadagnandosi un’occhiata scettica e confusa. Ignorandolo, il minore dei Donquixote lo trascinò in avanti con sé, puntando al pirata ormai in procinto di calare la lama. “Trattieni il respiro!” urlò.
Gwyn fissò l’uomo che la sovrastava e lo scintillio del metallo scheggiato alto come una falce. Era troppo terrorizzata anche solo per chiudere gli occhi, la sua mente incapace di formulare alcun pensiero. Paralizzata, aspettò il dolore lacerante, il ghigno del pirata quando l’avrebbe tagliata in due e il freddo acuirsi.
Eppure la spada rimase sospesa. Dapprima ferma e sicura, vacillò, scossa poi dal polso tremante dell’uomo. La neo Sergente sbatté gli occhi rimasti spalancati fino a quel momento, senza capire. Rantolando, lo sguardo del pirata si rovesciò e lui piombò a terra sulle ginocchia, la schiuma alla bocca e il corpo preda delle convulsioni.
La brunetta cacciò un secondo urlo di assoluta sorpresa col cuore che le pulsava in gola, ritraendosi più che poté contro il tronco dell’albero mentre il nemico le rovinava ai piedi, inerte. 
“Aargh” si lamentò Ace, rannicchiato a terra mentre con le dita si tastava la pelle, sentendo brividi fastidiosi scuotergli l’ectoplasma. Di nuovo la sensazione di bruciare e al contempo subire una doccia gelata lo stava mandando ai pazzi.
Poco distante, supino come dopo una scivolata, Corazόn versava nelle stesse condizioni, lamentandosi senza freno e imprecando a voce alta.
Il minore dei due fantasmi gli lanciò un’occhiata che avrebbe voluto essere di ironica commiserazione, ma il tremore non fu d’aiuto.
“Prima dici che possiamo rimanerci secchi e poi ci butti entrambi a capofitto!?” lo schernì, ma non senza una nota di divertimento.
“Sta zitto!” lo rimbeccò l’altro, rimettendosi seduto ansante e guardando la loro opera riversa per terra in un mare di bava. “Se lo fai da solo sei uno stupido”
Il moretto riuscì a gracchiare una risata, sciogliendo le spalle a turno nel tentativo di scacciare via la brutta sensazione che aveva addosso.
“Non eri sicuro che avrebbe funzionato!” sogghignò divertito, con l’aria di qualcuno a cui la sfida era piaciuta.
Il biondo alzò gli occhi al cielo, ma ricambiò.
“Sapevo di poter contare sulla tua incoscienza”
Avrebbero proseguito nel punzecchiarsi fino a rimettersi in sesto, se la voce tremante della loro compagna non li avesse distratti.
« Cora-san? Ace-san? »
I due la guardarono a occhi sgranati, sorridendo un attimo dopo e avvicinandosi.
“Ehi, ti sei presa un bello spavento?”
“Riesci ad alzarti?”
Ma non ottenendo risposta, se non il rabbuiarsi dello sguardo della ragazza, capirono che non era cambiato niente. Lei non riusciva ancora a vederli.
“Almeno ha capito che siamo stati noi” sospirò il moretto, accucciatosi di fianco, una mano a solleticarsi la nuca e il volto appena reclinato e pensieroso mentre la fissava. Allungò la mano libera e le sfiorò la spalla, passandoci attraverso con le dita pallide, e la brunetta rabbrividì appena, voltandosi nella sua direzione e frugando con lo sguardo lo spazio vuoto. Ace sorrise quando lei sospirò e annuì tra sé. Era sicuro che stesse cominciando a comprendere, o almeno intuisse che loro erano ancora lì.
Gwyn si rialzò in piedi con uno sforzo, serrando la mascella contro il dolore.
« Devo uscire da questa foresta » disse, in cuor suo sperando in una risposta che non arrivò, ma non si perse d’animo, riprendendo a camminare lentamente e con più decisione. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La luce che filtrava attraverso le fronde si era fatta intensa e aranciata. Gwyn aveva perso la cognizione del tempo, continuando a ripetersi di mettere un piede davanti all’altro finché quegli alberi non fossero finiti. Non aveva idea di dove fosse o stesse andando. Non era mai stata brava a orientarsi. Ogni tanto aveva la sensazione che quei brividi che la coglievano, una volta alla spalla destra, un’altra al braccio sinistro, fossero i silenziosi consigli di Ace-san e Cora-san per indirizzarla. O almeno così voleva continuare a credere.
Si chiedeva se sarebbe riuscita a tornare a vedere di nuovo i due, o se alla fine si sarebbe accasciata da una parte senza più motivi per muoversi. Ma fino a quel momento aveva proseguito. Anche quando era caduta un paio di volte, e si era convinta non si sarebbe più rialzata tra il dolore e l’avvilimento, alla fine si era imposta di dover andare avanti. Solo fino a quando avesse consumato l’ultimo briciolo di volontà rimastole avrebbe capito se ne era valsa la pena. 
Avrebbe voluto ritrovare Zoro, chiedergli scusa e confessargli di essere una marine. Anche se aveva solo omesso il suo ruolo, non essendoci state domande dirette, si sentiva in colpa. Era stato un incontro fugace e imbarazzante, ma il suo desiderio di averlo di nuovo davanti non si quietava.
Fu con quel pensiero a distrarla che non si accorse del pericolo. Forse neanche fosse stata vigile avrebbe notato di aver messo piede in una inconsueta, circolare luminescenza azzurrognola. Prima ancora di rendersene conto, spinta dall’istinto, mise mano all’elsa di Emrys, senza tuttavia riuscire a estrarla.
Le dita strinsero, per poi perdere la forza e la combattività. Incerta sulle proprie gambe, le articolazioni cedettero e lei si ritrovò in ginocchio, la lama che l’aveva sorpresa ancora puntata alla gola e due occhi freddi e metallici a fissarla.
Aveva la vista appannata, le fitte al fianco leso che pulsavano invadendole il cervello di sofferenza e il fiato lento e pesante. Eppure, quel profilo le diceva qualcosa…
« Chi sei? »
Gwyn fu certa che la nodachi di quello sconosciuto fosse affilata forse solo la metà del suo tono.
Schiuse le labbra secche, ma non le riuscì di articolare una risposta. Che importava? Quello che vedeva era un viso conosciuto che faceva però fatica a inquadrare. Le occhiaie, la piega rigida della bocca, quello strano cappello maculato… 
« … sei Trafalgar Law » soffiò, senza nemmeno rendersene conto. Da quand’è che la sua voce risultava così lontana? Anche quello non era però importante.
Sorrise appena, addolcita, ricordando il volto di uno dei due fantasmi.
« Se Cora-san fosse qui sarebbe contento di vederti… »
Il pensiero prese forma a parole senza che lo realizzasse davvero.
Non capì cosa successe nell’attimo che seguì. La sua testa sbatté a terra e lei si ritrovò una mano tatuata stringerle la gola in una presa ferrea. Le iridi incandescenti e vacillanti del pirata la perforarono. La brunetta rammentò cosa fosse la paura e improvvisamente sentì ogni cellula del proprio corpo tornare viva e consapevole della realtà.
La situazione sembrò in stallo. Accucciato sopra di lei, Law vibrava di rabbia e di un sentimento che la ragazza non riuscì a distinguere, ma notò come le sue labbra avessero l’impulso di abbaiarle qualcosa. Gwyn, dal canto suo, cercò di articolare qualcosa per spiegarsi. Ripensò alle parole che le erano uscite e che dovevano essere risuonate prive di senso, ma non stava ragionando lucidamente. La stretta alla gola non mostrava cedimenti e i suoi polmoni iniziarono a bruciare.
« Traffo! »
Le dita del moro ebbero appena un sussulto mentre lui volgeva il capo indietro, nella direzione da cui si era sentito chiamare.
La neo Sergente avrebbe dovuto usare quel minimo di distrazione per cavarsi dal guaio, ma tentare anche solo di alzare il braccio le risultò difficile.
« Traffo ho sistemato quei tipi di prima! » schiamazzò il nuovo venuto, saltellando verso di loro per poi fermarsi di colpo osservando la scena, inclinando di lato il capo. « Quella chi è? »
Il Chirurgo della Morte tentennò, tornando a fissare la ragazza sotto di sé. Gli occhi gli caddero sulla camicetta sporca e si acuirono più collerici di prima. 
« Una marine » sbottò, benché la brunetta fosse certa avrebbe voluto dirle altro.
« Se… mi… lasci… posso… spie… gare… » biascicò, le lacrime agli occhi che caddero più per il dolore fisico che per la reale paura. Ne aveva, e tanta, di morire in quel modo, ma qualcosa le diceva che non poteva, non prima di aver detto a quel tipo che Corazόn era lì.
« Ehi Traffo… la stai soffocando. Lasciala andare »
Se Gwyn non avesse visto il ragazzino col cappello di paglia avvicinarsi e parlare, avrebbe detto dal tono velatamente intimidatorio che non fosse la stessa persona di prima. Ci fu uno scambio di occhiate intense tra i due capitani e la mano che le schiacciava la trachea tentennò per un secondo, ma non demorse. Rufy se ne rese conto, facendo un passo avanti.
« Lascia che si spie- » tentò una seconda volta, ma si interruppe. La sua espressione seria si corrugò, per poi irrigidirsi. Quando si girò lentamente era chiaramente allarmato, come se dal bosco retrostante avesse avvertito qualcosa sfuggito agli altri. « Oh cav- »
Non fece in tempo a finire che, tenendosi il cappello stretto sulla testa con entrambe le mani, si tuffò in avanti, oltre Trafalgar e la ragazza, ruzzolando via come se alle sue spalle si fosse appena verificata un’esplosione.
Con la vista del tutto appannata Gwyn distinse solamente la sagoma di qualcosa o qualcuno sbucare dalla foresta fitta e interminabile e gettarsi verso di loro. Chiuse gli occhi istintivamente, allontanando il viso più che poté nella stretta che non le lasciava respiro.
Distinse il cozzare di più lame a pochi centimetri da lei, la mano alla sua gola sparire e darle respiro. In fine, una voce roca e minacciosa parlò.
« Allontanati da lei »
Limpida e tagliente, come lo erano state le sue katane quando le aveva viste in azione. Gwyn riconobbe il tono basso di Zoro e riaprì gli occhi lentamente, come se non ci credesse davvero.
Sopra di lei, la lunga spada del capitano degli Heart, tremolante nonostante la presa di entrambe le mani sull’elsa, aveva fermato l’attacco di due delle lame dello spadaccino dei Mugiwara.
« Uah! Zoro! Credevo fossi con Nami e gli altri! » sbottò Rufy, riavvicinatosi con la sua espressione giuliva di nuovo in volto.
« Mi sono perso » ammise sovrappensiero il suo vice, ma senza distogliere lo sguardo da quello del dottore.
Nonostante tra gli altri due si stessero consumando scintille, il futuro Re dei Pirati si accucciò di fianco al trio, le braccia incrociate, dondolandosi appena sulle punte.
« Vi conoscete? » domandò rivolto a Gwyn. La ragazza ci mise un po’ a capire che si stesse riferendo a lei.
Annuì, trovando la situazione surreale.
« Dai Traffo, lascia perdere! Conosce Zoro! È a posto! » esclamò come se per lui la faccenda fosse conclusa. Chi rimase forse più scioccato fu proprio lei, anche se riconobbe in quell’atteggiamento qualcosa di famigliare. Qualcosa che le ricordava Ace.
Questo le fece tornare in mente il perché si erano ritrovati in quella situazione mal interpretata.
« Riguardo a quello che ho detto prima…! Posso spiegarmi! Io poss- »
Forse ci aveva messo troppa foga nel voler rimediare alla confusione creatasi. Nel momento in cui tentò di alzarsi di scatto, una fitta più forte che mai le ricordò del proiettile piantato nel suo fianco. Un gemito le stroncò la fine della frase e lei ricadde al suolo stordita. Nonostante le tempie pulsanti, volle aprire gli occhi, ma non le riuscì.
« Ohi! Tieni duro! Che ti prende?! »
« … è ferita »
« Fa qualcosa Law! »
 
 
 
 
“Ci possiamo fidare?”
“Mphf… potrei chiederti la stessa cosa”
“Hai sentito Rufy”
“Il tuo fratellino fuori di testa?”
“Ah-ah… quel tipo della morte stava per strozzarla”
Corazόn emise un sospiro, a metà tra l’esasperato e una nota di nostalgico divertimento.
“Law è sempre stato maldestro con gli altri”
“Bella giustificazione!”
“’Sta calmo ragazzino. La guarirà. Preoccupiamoci che lei sia in grado di spiegarsi dopo…”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
Nodachi: è il tipo di spada molto lunga di Trafalgar.
“Traffo”: non ha bisogno di una vera e propria spiegazione, è più una scelta. Di solito si usa come diminutivo del Chirurgo “Torao”, che è la versione giapponese originale usata da Rufy. Preferisco ricorrere a quella italiana del manga perché trovo che sia foneticamente più vicina a una lettura, appunto, italiana! E mi piace troppo come suona!  
 
 
 
 
Penultima (forse?) parte! Sta per calare il sipario, e per le scene finali altri attori si sono aggiunti alla commedia!
Per quanto abbia già scritto di Traffo in altre storie, qui mi risulta davvero difficile… e vedrete nel prossimo capitolo. Metterlo di fronte a qualcuno che conosce Corazon, dopo tredici anni, non è cosa facile…
Continua a combinazione Ace+Cora… questo pezzo mi piace particolarmente! Eheheh
Non saprei che aggiungere, quindi… spero che voi stiate soffrendo il caldo meno di me! *sciolta*
 
 
Buona settimana!
Nene
 
 
 

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Capitolo 6
*** Sesta Parte ***


 
 
 
 
 
 
Un odore pungente e che non le piaceva le pizzicò il naso, facendola riemergere dall’oscurità di un sogno disordinato. C’erano alberi oscillanti, i suoi teschi che ridevano, due lenzuoli animati con strani cappelli che ululavano e le svolazzavano intorno, mentre una specie di cespuglietto verde agitava in aria tre ramoscelli…
Spalancò di colpo gli occhi, ricordando cosa fosse successo. Lo sbarco a Macabras, l’incontro con Eustass “Capitano” Kidd, la sua fuga, la foresta, Zoro, lo sparo… e poi tutto diventava più sconnesso di nuovo.
Cercò di mettersi seduta, ma sentì il fianco tirare e dolerle di riflesso. La testa le girò un po’, ma alla fine riuscì nel suo intento, ansimando. Si trovava in una cabina di legno, in una semplice infermeria. Dall’oblò non filtrava luce. L’unica si irradiava da una lampada a petrolio su un tavolino in metallo bianco vicino a lei. Sullo stesso vide anche diversi strumenti riposti con cura ma sporchi di sangue, delle bende e un piccolo recipiente dove giacevano i resti accartocciati di un proiettile.
Quando lo vide meglio, tra i bagliori tremolanti della luce, la neo Sergente realizzò l’inconfondibile sfumatura bluastra dell’agalmatolite e capì.
“Ben svegliata!”
Gwyn aveva avuto nell’infanzia molti momenti che avrebbe potuto ritenere felici, legati ai giochi e alla vita tranquilla di tutti i giorni, ma quando sentì quell’inconsueto coro di voci due lacrime fecero capolino mentre alzava la testa. Sorrise, lasciandosi sfuggire il più grande sospiro di sollievo di sempre.
Riusciva a vederli di nuovo.
« Minna » singhiozzò, avendo così tante parole da voler dire che queste finirono per accavallarsi tra di loro. Ma non ci fu bisogno di aggiungere altro. Corazόn lasciò andare la tensione dell’intera giornata in un sorriso che mise la pelle d’oca agli altri due, iniziando a saltellare in giro come un ragazzino nonostante i suoi due metri e passa di altezza e la giacca di piume che lo rendevano terribilmente ingombrante. Ace fu costretto a rifugiarsi sul letto per non essere travolto da quel suo sconcertante scoppio di gioia.
“Dai i brividi vecchio!” gli abbaiò, ma fu ignorato bellamente.
Ci volle qualche minuto perché l’ambiente tornasse a tutti gli effetti silenzioso: la ragazza dovette premersi più volte la mano sulla bocca per non scoppiare a ridere – e sentir tirare i punti – soprattutto quando l’euforico ex marine inciampò nei suoi stessi piedi e finì lungo disteso oltre la parete, mentre il fantasma più giovane lo riprendeva di nuovo, mascherando con tono soffocato le risate.
“Te la sei vista brutta” constatò Corazόn riemergendo dal muro a terra vicino al letto. Si accese la sigaretta incorporea riuscendo a non darsi fuoco e senza perdere il sorrisetto contento ampliato dalle linee sghembe del rossetto. “Però hai tenuto duro”
Le guance di Gwyn si colorarono appena mentre i suoi occhi passavano dall’uno all’altro, un poco sorpresi.
« Voi siete rimasti con me per tutto il tempo? » chiese incerta, imbarazzata dal pensare che forse si era davvero immaginata la loro presenza mentre arrancava alla ricerca dell’uscita dalla foresta. Ma come in fondo la speranza aveva creduto per lei, i due annuirono pienamente.
“Hai un senso dell’orientamento che fa schifo” stabilì in tutta onestà Ace, ridendo. “Però hai interpretato bene i nostri segnali” e le fece l’occhiolino. L’ex pirata rivolse poi l’attenzione verso il compagno fantasma con un’espressione poco rassicurante e sghignazzante. “Fatti raccontare dal Signor Cuoricino come abbiamo abbattuto il pirata che ti ha attaccata!”
Corazόn lo guardò male, il fumo della sigaretta che saliva pigramente verso l’alto dissolvendosi.
“La tua impulsività è contagiosa Lentiggini, devo ammetterlo” replicò a tono, accennando una smorfia teatrale.
“Io penso che in tredici anni tu ti sia annoiato a morte, di’ la verità!”
“Ora mi tocca fare da balia a un moccioso come te, pensa che fortuna!”
Gwyn alzò gli occhi al soffitto, sospirando con sollievo. Avevano rischiato tutti e tre grosso da quello che aveva capito, ma per quei due sembrava che le cose fossero tornate subito normali a giudicare dal battibecco rumoroso a cui diedero il via. Ma per una volta, dopo tutto il silenzio e la paura di non rivederli, quegli insulti velati non le dispiacquero per nulla e rimase quieta ad ascoltarli finché le offese non si ridussero a uno scambio di sguardi infuocati frammezzati da qualche rincitrullito o poppante sporadico.
“Piuttosto Gwyn…” iniziò Corazόn lasciando perdere la diatriba e tornando a guardala serio. “Sai dove ti trovi adesso?”
Colta alla sprovvista, l’espressione della neo Sergente parlò per lei.
“Ricordi cos’è successo…?” indagò ancora l’ex marine e la brunetta distolse lo sguardo, riflettendo. In effetti, aveva sensazioni contrastanti a confonderle i ricordi dell’ultima parte della giornata. C’erano dei volti nuovi che le balenavano sfuocati in mente, ma non riusciva a ricondurli a qualcosa di concreto.
“Ti preoccupi troppo vecchio…” lo riprese Ace con il tono di chi ha ripetuto la stessa cosa troppe volte. Si era sistemato meglio sul letto dell’infermeria, le braccia conserte dietro la testa e un sorrisino contento sul volto. “Questo al momento è il posto più sicuro di tutta l’isola, fidati”
Corazόn non rispose subito, sospirando dopo un po’.
“Te lo concedo…” accordò, ma la sua espressione dubbiosa non lo abbandonò. “Resta il fatto che Gwyn deve ancora fornire delle spiegazioni plausibili”
La fronte di Ace si corrugò appena mentre il suo sguardo si fissava meditabondo sulla falda del cappello arancione che indossava.
“Dettagli…” ridacchiò. “Se a Rufy sta simpatica non ci saranno problemi”
“Infatti non è il tuo fratellino di gomma che mi impensierisce…”
Gwyn guardò prima l’uno poi l’altro e pian piano i tasselli sparpagliati nella sua mente presero ad avere senso.
« Trafalgar Law e Monkey D. Rufy! » realizzò senza accorgersi di aver parlato a voce alta. « Nella radura… non ho avuto tempo di dirgli… » continuò febbrile, stringendo il lenzuolo tra le dita e aggrottando la fronte nello sforzo di ricordare. C’era stato un riverbero azzurrognolo, poi quella lunga spada con cui era stata minacciata, il cappello maculato che le aveva fatto tornare in mente la foto del dossier… e ancora il ragazzino sorridente che all’improvviso era ruzzolato via quando… quando Zoro era sbucato dalle fronde con le spade sguainate…
« Devo parlare con…! »
L’occhiata intensa che le dedicò Corazόn le fece morire il nome in gola. Si morse il labbro, sentendosi mortificata.
« Gomen nasai… » mormorò, guardandolo tristemente. « Ho combinato un casino »
Ma il biondo le sorrise, scuotendo il capo coperto dal cappuccio rosso.
“Non ci pensare” la incoraggiò, alzandosi in piedi e rivolgendosi verso la porta dell’infermeria, come se avesse potuto vederci oltre. Né ad Ace né a Gwyn sfuggì la malinconia sul suo viso.
“Se volete fare quattro chiacchiere con quel tipo inquietante vi conviene farlo adesso” interloquì Ace spezzando il silenzio che stava diventando troppo teso. Quando ebbe su di sé l’attenzione dei due compagni, proseguì divertito. “Stanno per fare festa qui sopra… e vi assicuro che se il mio fratellino ci si mette non si scampa”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Trovarsi davanti Trafalgar Law per Gwyn fu come essere di nuovo faccia a faccia con Eustass Kidd. Mentre con quest’ultimo aveva avuto la sensazione che sarebbe scoppiato un vulcano, con il Chirurgo della Morte provò il gelo più terribile della sua vita. Ma a parità di terrore fu lo stesso. Di sottecchi, notò al proprio fianco l’espressione lontana di Cora-san e questo non la aiutò.
Il medico aveva gli occhi chiari e che preannunciavano tempesta fissi su di lei, e la ragazza abbassò il capo, ancora più imbarazzata quando si accorse che l’uomo, oltre i jeans maculati, indossava solo una camicia nera aperta sul torace. Non le sfuggirono le linee dei muscoli allenati e il tatuaggio che le… sorrideva.
Se fossi stata zitta non mi troverei in questa situazione, pensò demoralizzata, sapendo benissimo che se in realtà non avesse detto nulla forse sarebbe addirittura morta.
“È davvero cresciuto tanto” sospirò Corazόn al suo fianco e lei, con la coda dell’occhio, notò il suo sorriso amaro.
Il minore dei Donquixote le aveva accennato della sua vita da vivo solo poche volte, e in tutte c’era stato un senso di rimpianto che le aveva sempre stretto la bocca dello stomaco. Non era mai sceso nei particolari, e lei – e un po’ anche Ace quando lo ascoltava – avevano ipotizzato che riconsiderasse una qualche scelta che aveva fatto.
“Il giorno della mia morte l’ho salvato dalla follia di mio fratello” riprese il fantasma, come se le avesse appena letto nel pensiero. Tacque per un lungo istante in cui Gwyn abbandonò l’imbarazzo per tornare a guardare in viso l’uomo e cercare di immaginarselo come sarebbe dovuto essere tredici anni prima, sentendo quella famigliare e mesta stretta sotto lo sterno. “Quando sei morto come me da così tanti anni finisci col ridere delle lacrime, custodisci i sorrisi e perdoni tutte le scelte che hai fatto…” ma la frase rimase in sospeso, come il fiato della neo Sergente, che avrebbe voluto voltarsi verso quell’uomo vestito da clown il cui sorriso rosso stonava così tanto con le parole che stava dicendo. “Non ho rimorsi per le mie azioni. Per aver tradito mio fratello, per aver vissuto la maggior parte della mia vita nell’ombra a proteggermi… ma più ci ripenso e più quel giorno che ho salvato Law avrei voluto…”
Corazόn, nel loro improbabile trio, era sempre stato quello con la testa sulle spalle. Si comportava il più delle volte come un fratello maggiore sia per lei sia per Ace. Ascoltarlo in quel momento, avvertire di ognuna di quelle parole il peso e rendersi conto che era la prima volta che lo sentiva in quello stato, rese lucidi gli occhi di Gwyn. Deglutì a fatica, non preoccupandosi di mascherare i gesti sotto l’occhiata ancora bieca e inquisitoria di Trafalgar.
« Posso vedere e parlare con i fantasmi… »
Il tono le uscì flebile, ma aveva bisogno di dar finalmente voce a quel preambolo necessario. 
« Ho mangiato un Frutto del Diavolo quando ero piccola, il Death Death. È così raro che per la maggior parte dei libri è una leggenda… ma mi permette di parlare con chi non è più… » si interruppe. Le era capitato così poche volte di spiegare delle sue capacità che ancora adesso non sapeva che termini usare. Parlava con i fantasmi… con i morti? Eppure per lei erano così vivi.
Le nocche della mano con cui Law teneva la Kikoku strinsero così tanto il fodero da perdere il colorito olivastro. La linea sottile delle sue labbra si sciolse appena, ma sembrava che ciò che volesse dire fosse troppo complicato da tradurre in una frase.
« Nella radura, hai nominato… » ma si fermò.
Se la ragazza aveva sperato in un dialogo, lo sguardo accusatorio che le rivolse la colpì come un manrovescio. Sembrava che un senso di ragionevolezza volesse prevalere in lui. Fece un passo avanti, minaccioso.
“Gwyn digli che-“
« Corazόn mi ha raccontato che è stato lui a salvarti da bambino » chiarì, così velocemente che non fu sicura di aver detto tutte le parole in maniera comprensibile. Aveva quasi mosso anche lei un piede indietro, timorosa, quando alla fine si era decisa a parlare. Era spaventata, aveva pur sempre un pirata tra i più famosi davanti, ma la sensazione di tristezza che avvertiva dal fantasma lì accanto le aveva messo urgenza. Urgenza di fare qualcosa perché potesse tornare a sorridere.
« Ed è stato sempre lui a… a cacciarti in gola il Frutto Ope Ope »
L’afa della sera sembrava essersi congelata. Un brivido percorse la spina dorsale di Gwyn lasciandole un formicolio sulla pelle sudata. Lo sguardo di Trafalgar Law sapeva uccidere, ne era certa, perché lo stava sperimentando. Ma il lievissimo tremore della lunga spada appoggiata alla sua spalla le disse che doveva aver colto nel segno.
L’autocontrollo del medicastro sembrò incrinato irrimediabilmente e lui si ritrovò ancora senza parole, ma non per scetticismo. Avrebbe davvero voluto non crederci, perché se davvero…
« … è qui? »
Non si rese nemmeno conto di aver parlato, la voce era così bassa che non sembrava la sua.
La marine, con lo sguardo inchiodato dal suo, annuì un paio di volte, per poi voltarsi istintivamente verso la zona dove il fantasma sostava. La luce calda delle lanterne montate sulla nave attraversava la sua figura semi trasparente, eppure il suo viso non sembrava per niente quello di una presenza estemporanea. La nostalgia e un più labile e tremulo calore dominavano le sue iridi.
“Ci sono così tante cose che vorrei dirgli” confessò dopo il lungo silenzio, con un sospiro arrendevole.
Gwyn si mordicchiò un labbro frustrata e a disagio, alla ricerca di una soluzione che non esisteva. Avrebbe voluto poter concedere a Corazόn dei minuti con quel ragazzo, poter farsi da parte e non stare lì come un terzo incomodo ad assistere a sentimenti che non erano suoi. Restò in silenzio, con la voglia di proferire qualcosa di utile ma senza sapere cosa.
« Cora-san è qui » e nel ribadirlo, accennò con la testa al suo fianco. « Vorrebbe dirti tante cose… e chiederti scusa per quello che è successo tredici anni fa »
“Non avrei voluto chiuderlo in quel baule e mentirgli…”
« Dice che non avrebbe voluto chiuderti nel baule e mentirti… » ripeté, una sfumatura di imbarazzo crescente per venire a sapere cose che non la riguardavano, ma si impose di mantenere il tono fermo e serio, anche se riusciva a fissare Law solo di sottecchi, torturandosi le dita tra loro.
“… e avrei dovuto premere quel grilletto”
« E avrebbe dovuto premere quel- »
« Basta così »
Il Chirurgo la interruppe, distogliendo lo sguardo e voltandosi verso il parapetto della nave. La visiera del cappello gli ombreggiava parte del viso e la neo Sergente poté vedere solo la linea delle labbra, tremante e non più rigida. Rimase in attesa, tentando di capire cosa stesse succedendo e cosa fare cercando un qualche cenno dall’ex marine, ma quest’ultimo fissava le spalle di Trafalgar in attesa quanto lei.
Per lei Corazόn era sempre stato senza età. Più grande di lei, ma comunque senza degli anni precisi a cui fare riferimento. Tuttavia, in quel momento, sembrava che improvvisamente tutto il tempo passato, quello da vivo e quello da morto, gli stessero gravando sulle spalle. Perfino il suo pastrano piumato dava l’idea di essere meno voluminoso e più spennacchiato del solito. Era in attesa di un verdetto, di un rifiuto, di una sillaba che rompesse il silenzio che da tredici anni si protraeva tra di loro.
Law si mosse inaspettatamente, tanto che fece quasi sobbalzare Gwyn, così consumata dalla tensione che il sonoro ed esasperato sbuffo dell’uomo la colse impreparata. Questi si volse di scatto, in un movimento tuttavia fluido, e si sedette a terra, ai piedi della balaustra, incrociando le gambe e appoggiando di lato la nodachi.
La marine rimase interdetta per qualche secondo, prima che Trafalgar rialzasse lo sguardo su di lei. C’era qualcosa di indecifrabile e ancora troppo sforzo nel tentare di credere a quella conversazione che persino per lei aveva del surreale. Eppure, nonostante lui fosse seduto e lei in piedi, riusciva a farla sentire alta quanto una formica e terribilmente fuori posto.
« Torna in infermeria » ordinò categorico.
La odiava. Gwyn non riusciva a dare altra spiegazione a tutti quei toni e quelle occhiatacce.
Ci aveva provato, non poteva dirsi il contrario, ma ci stava giù ugualmente e mai come in quel momento considerò il suo potere una maledizione capace solo di allontanarla dagli altri. Era vero, era la prima volta che cercava di fare da tramite, di essere d’aiuto, ma aver fallito così miseramente e aver avuto una specie di porta sbattuta in faccia la fece sentire inutile.
Non alzò nemmeno lo sguardo sul fantasma, non volendo essere investita da un’ulteriore delusione, per questo, a capo chino, fece per voltarsi, quando Law parlò di nuovo.
« Tu resta… » iniziò, basso e appena incerto. « Cora-san »
Il cuore della neo Sergente perse un battito prima di tornare a tamburellare forte e senza sosta, incredulo quanto lei. Rivolse di nuovo la propria attenzione al Chirurgo, ma questi guardava ostinatamente un punto imprecisato dabbasso. Un Corazόn totalmente stupito quasi si sciolse davanti a lei sull’orlo delle lacrime.
« Lasciaci soli » ribadì ancora Law, senza guardarla, con un tono più quieto, prima di aggiungere con una pacatezza profetica e ponderata…
« Se mi hai mentito sei morta »
Gwyn rabbrividì mentre Corazόn rise.
“Senti com’è diventato melodrammatico…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La Thousand Sunny era una nave grande, ma meno della Nightfall, eppure Gwyn fu in grado di perdersi nel tentativo di tornare in infermeria. Ricordava di dover entrare in cucina, ma fino a quel momento era finita solo in biblioteca, in due bagni, e in una sala comune con un’enorme acquario dove uno squalo l’aveva adocchiata malevolo facendole fare retro-front all’istante.
In tutti i suoi giri non era nemmeno incappata in nessun membro della ciurma o schiamazzi, così iniziò a chiedersi dove fossero tutti, ricordando dai wanted dei suoi fascicoli che dovessero essere almeno in nove.
Stava salendo l’ennesima rampa di scale, domandandosi come stessero andando le cose fra Trafalgar e Corazόn, che finalmente sentì delle voci.
Qualcuno stava ridendo allegro, mentre qualcun altro sembrava preso dal raccontare una storia con enfasi. Facendo ancora qualche passo nella direzione delle parole, Gwyn riconobbe il tono entusiasta di Ace e per un attimo tutta la malinconia provata fino a quel momento con Cora-san svanì. Sentire conversare l’ex pirata con trasporto le riscaldò il cuore… prima di inchiodarla sul posto con un dubbio semplice quanto fondamentale.
Ace stava chiacchierando?
E chi gli stava rispondendo?
Aggrottando la fronte, Gwyn percorse i pochi metri che le mancavano a superare l’angolo del cassero di poppa, svoltando così repentinamente che per poco non inciampò nei suoi stessi piedi, troppo presa dal cercare il famigliare cappello da cowboy arancione.
Nonostante lo scalpiccio e la quasi caduta, nessuno sembrò accorgersi di lei. Né il moretto incorporeo con le lentiggini, che gesticolava nel riferire un qualche episodio stravagante, né Rufy Cappello di Paglia, seduto in precario equilibrio sulla ringhiera mentre con le braccia si teneva lo stomaco, scosso da risate convulse.
La neo Sergente sgranò gli occhi, trovando la scena surreale. Un’iniziale sfumatura blu a est faceva da sfondo, con le stelle più luminose che trapuntavano la volta. In contrasto, alcune lanterne dai colori rossicci e aranciati illuminavano i volti dei due con calore, allungando tuttavia solo l’ombra del minore che, se possibile, pareva avere vita propria. 
L’idilliaco momento si interruppe quando l’ex comandante di Barbabianca si accorse dell’amica, ancora intenta a fissarli con aria ebete.
“Gwyn!” esclamò tutto allegro come fosse Natale.
Anche Cappello di Paglia notò la sua presenza, sorridendole da un orecchio all’altro.
« A-Ace-san » farfugliò lei nel tentativo di dare ordine a quello che voleva dire, ma senza riuscire a distogliere lo sguardo dal capitano della Sunny.
« Tu sei Tsuki! » disse questi ridendo ancora e dondolandosi sulla balaustra. Il fratello gli fece segno di tacere, colpevole.
La marine li guardò senza capire.
« Eh? »
« Ace dice che sei così pallida che il nome Tsuki ti si addice » ridacchiò in risposta Rufy, mentre il fantasma al suo fianco si schiaffava una mano in faccia.
“Rufy sta zitto!”
Ma Gwyn era troppo sbalordita per cogliere la presa in giro.
« Riesci a parlare con Ace-san? » domandò trattenendo il fiato, gli occhi tanto spalancati che sembravano sul punto di schizzarle di fuori. Allora esisteva qualcuno oltre lei in grado di farlo? Non era così pazza come a volte lei stessa riteneva?
Il sorriso di Cappello di Paglia rimase immutato, eppure qualcosa nel suo sguardo cambiò. Riversò il capo all’indietro, verso l’orizzonte, dove una sottile linea calda separava ancora il cielo dal mare.
“Non so come faccia, ma sa che sono qui” le spiegò Ace, fissandolo con una nota di dolcezza nella voce. “Me ne stavo qui a osservarlo quando ha iniziato a parlare come se sapesse che lo stavo ascoltando… e riesce anche a capire il grosso di quello che dico. Non è straordinario?”
« Ace sta bene come dice? »
Gwyn ci mise un attimo a realizzare che Rufy stava parlando con lei, ancora sbigottita dalla situazione.
Annuì in risposta, scambiando uno sguardo con il maggiore.
« Mi ha raccontato che l’hai salvato a Marine Ford » aggiunse, mordendosi subito dopo un labbro. Aveva di nuovo parlato troppo.
Il dondolio di Rufy si arrestò bruscamente e lui rimase immobile per un poco nella stessa stramba posizione riversa all’indietro, assomigliando terribilmente a una scimmia colta in flagrante. Dopo un po’ si rimise dritto, sedendosi meglio sulla balaustra, ma lasciando che la visiera del capello gli calasse sugli occhi ombreggiandoli.
« Non come avrei voluto » mormorò con un sorriso triste.
La ragazza si strinse le mani al petto, osservandolo e provando di nuovo quella sensazione di impotenza. Spostò poi il viso sul maggiore dei fratelli. La silhouette semi trasparente di Ace si stagliava sul ponte di poppa, resa più vivida dalla luce delle lanterne che accentuavano il colore della sua pelle e di tutto l’arancione che indossava. Sul viso, le labbra erano piegate dallo stesso sapore amaro del minore.
“Rufy… mi hai salvato davvero” mormorò dolcemente.
Gwyn li fissò e capì che era di troppo.
L’ultima cosa che vide prima di voltarsi definitivamente e tornare sui propri passi fu la mano di Ace che sfiorava la spalla di Cappello di Paglia. Questi sussurrò qualcosa che lei non sentì, tornando però a sorridere.
 
 
 
 
 
Gwyn rabbrividì appena, stringendosi in quello che rimaneva della sua divisa da marine. La camicetta era vagamente riconoscibile tra strappi, bottoni saltati e macchie varie. Sotto, la canottiera la proteggeva a sufficienza dal fresco della notte che pian piano stava sostituendo l’afa del giorno appena trascorso.
Era in piedi a prua, non sapendo neanche come ci fosse arrivata, camminando sovrappensiero. Erano state le ventiquattrore più intense che avesse mai vissuto e a ripensarci si chiedeva come facesse a reggersi ancora sulle gambe, tra acciacchi e brevi sprazzi di memoria che la facevano rabbrividire. 
Aveva diversi pensieri e dubbi a sfrecciarle tra le tempie, ma in quel momento non riusciva davvero a dare a nessuno di loro il giusto peso. Avrebbe dovuto cercare di mettersi in contatto con il Capitano Armstrong tanto per cominciare. L’aveva lasciato in mezzo alla battaglia con quel tipo spaventoso nonostante la calma menefreghista con cui l’aveva fronteggiato. Ma prima di questo forse si sarebbe dovuta preoccupare del fatto che era una marine su una nave pirata. O almeno, sorrise tra sé, sarebbe stato il commento di Corazόn riguardo la situazione.
Eppure ora entrambi i suoi compagni fantasmi erano con le persone a cui avevano voluto bene in vita e lei non voleva disturbarli o preoccuparsi per nulla al mondo. Vedere le loro espressioni felici la faceva stare bene di riflesso. Avrebbe avuto tempo dopo per impensierirsi.
« Ehi »
La voce profonda che parlò alle sue spalle le fece sobbalzare il cuore in gola. Si girò di scatto e quasi ebbe un secondo sussulto quando per poco non sbatté il naso contro il torace ampio e segnato dalla lunga cicatrice trasversale di Zoro. Gli occhi – o meglio, l’occhio ancora sano – la fissarono con intensità e lei deglutì, sentendosi a disagio, oltre che avvertire nitidamente il cambio di colore delle proprie guance.
« Z-Zoro » tentennò, per niente sicura di quello che avrebbe voluto dirgli. Le sembrava di aver dimenticato come si formulassero i pensieri, figurarsi tradurli in parole.
A salvarla dall’imbarazzo che minacciava di friggerla come un fulmine fu lo stesso spadaccino.
« Tieni. Ti era caduta nella radura » disse, porgendole qualcosa.
Lo sguardo castano di lei si allargò di sorpresa nel vedere la sua Emrys tra le mani dell’uomo. La prese come fosse stata un regalo di nozze e sovrappensiero la sfoderò quel tanto che bastava per constatare lo stato della lama. Un secondo moto di meraviglia le lasciò le labbra incurvate in una “o” perfetta e fissò l’espressione calma e quasi indecifrabile di Zoro.
« L’hai lucidata tu? »
Un leggero sorrisino gli increspò le labbra. Gwyn sentì lo stomaco riempirsi di farfalle.
« È una bella spada, tenuta con cura » spiegò, occhieggiando lui stesso la lama di un acciaio che riluceva chiaro anche sotto le lanterne rossastre che decoravano la Sunny quella sera. « E sembra molto devota alla sua proprietaria. Te la sei cavata nella foresta… per essere una marine » concluse, guardandola dall’alto verso il basso ma senza alcuna ombra di minaccia o scontento. Anzi, stava sorridendo. E se Gwyn non avesse avuto le ginocchia talmente irrigidite dalla tensione probabilmente si sarebbe sciolta sul ponte. In compenso, il colorito delle sue gote raggiunse il culmine.
« I-io… e-ecco… a-arigatou gozaimasu » fu quello che riuscì a farfugliare, stringendosi maldestramente la propria spada al petto e profondendosi in un inchino, salvo ricordarsi troppo tardi che era l’ennesima figuraccia da aggiungere al suo repertorio. Si stava comportando come se si fosse trovata di fronte al suo sensei al dōjō. Come si era inchinata repentinamente, così si tirò su, avertendo i postumi dell’operazione al fianco farsi sentire. Ma era troppo… contenta? Felice? Poteva davvero sentirsi così per i complimenti di un pirata?
Lo stesso pirata che le aveva salvato la vita e che ora le sorrideva con una punta di divertimento.
Poi rammentò, senza lasciar scivolare via quell’entusiasmo e buon umore che si stava facendo sempre più largo in lei.
« A-anche io devo restituirti una cosa…! »
Si guardò il braccio dove la bandata scura di Zoro aveva resistito incolume tutto il pomeriggio. Tentò di scioglierla incespicando per via della spada che ancora reggeva, finché con un brusio divertito lo spadaccino la fermò e fece da sé, sghignazzando apertamente del suo imbarazzo.
Gwyn osservò le dita all’opera e si chiese vagamente se avesse potuto presentare le dimissioni alla Marina e ricominciare da capo come pirata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Se Gwyn si era fatta venire dei dubbi sulla sua situazione e li aveva scacciati per la stanchezza… questi si ripresentarono più vividi di prima quando il resto della ciurma di Cappello di Paglia tornò sulla nave e iniziò la festa che Ace aveva preannunciato. O la fine del mondo, come credette la marine.
Non fu certa di essere trattata come un’ospite o un fenomeno da baraccone. La maggior parte si dimostrarono cordiali nei suoi confronti – lo scheletro, Brook, che le fece accapponare gli ultimi nervi rimasti, le chiese anche delucidazioni riguardo le sue mutandine. Quello che scambiò per un adorabile tanuki insieme a un tipo dal naso lungo, che rammentava diversamente dai wanted, all’inizio fecero qualche scenata riguardo la sua presenza, ma nulla che il capitano non risolse – o ignorò – alzando il primo boccale di birra, allegro e pieno di energie da fare invidia. Al suo fianco, Ace le mimò con le labbra un “Che ti avevo detto?” seguito da un enorme sorriso. 
Il brio di Cappello di Paglia su presto stroncato dalla furia rossa della sua navigatrice, che lo afferrò per il collo e lo strapazzò ringhiandogli che non c’era proprio nulla da festeggiare. Gwyn incassò la testa tra le spalle, facendosi piccola piccola e osservando la scena, sperando di non essere il motivo della discussione. In fondo, rimaneva un’intrusa oltre che una nemica.
Ma dovette ricredersi subito quando a salvare il collo gommoso di Rufy intervenne un’altra donna mora. Gentilmente si frappose tra i due con un sorriso tranquillo, consolando subito dopo la compagna che tra i singulti disperati spiegò che tutta quella storia della caccia al tesoro di Alec Rover si era risolta in un’immensa fregatura. Il baule che avevano trovato conteneva cianfrusaglie, disegni infantili raffiguranti mappe immaginarie e qualche moneta di cioccolata scaduta da decenni. Il fantomatico bottino erano solo i sogni e i ricordi di un pirata chiusi in un forziere.
Inutile dire che la navigatrice giurò morte violenta al proprietario oltre che a chiunque avesse messo in giro quelle voci su un tesoro tanto prezioso. Gwyn si chiese mentalmente, mentre scivolava di lato evitando le zuccherose premure del cuoco biondo, se anche il Capitano Lewis fosse rimasto con un palmo di naso. Questo pensiero le ricordò che avrebbe dovuto mettersi in contatto con lui. Non che avesse particolarmente voglia di tornare sulla Nightfall, non per quella sera almeno. Per quanto dovesse tentare di considerarli ricercati, quei pirati la stavano facendo sentire bene. O almeno, Rufy e Trafalgar Law, che le aveva scoccato una lunga occhiata e un cenno qualche minuto prima, parevano trattarla come una persona normale e non la “squinternata che parla ai muri”, come qualche simpatico commilitone l’apostrofava di solito.
Inoltre si sentiva spossata. Forse per via del calore e la strana rassicurazione che quelle persone le trasmettevano, anche in quel momento che si esibivano in teatrini ridicoli con le cannucce o mentre il simil cyborg chiamato Franky invitava i presenti a premergli il naso per acconciare i suoi capelli azzurri, ma non aveva proprio voglia di pensare al dovere.
Così si lasciò scivolare a sedere su uno dei gradini della scalinata che portava alla cucina, una tazza di latte in mano in mancanza di alcool. Sia la renna che Law glielo avevano vietato, chi con premurose parole chi con uno sguardo intimidatorio.
“Sei tranquilla” constatò una voce poco sopra di lei.
“Già. Il Signor Cuoricino ha ragione”
La neo Sergente alzò il capo verso di loro, semplicemente fissando i due fantasmi che galleggiavano a qualche spanna da terra. Una delle più belle sensazioni di serenità che avesse mai provato le incurvò le labbra con dolcezza.
« Vi voglio bene » confidò, respirando quel sentimento come fosse stato palpabile. « Grazie di stare al mio fianco »
Le due essenze incorporee si scambiarono un’occhiata interdetta, per poi distogliere ognuno lo sguardo da una parte diversa mascherando i rispettivi sorrisetti compiaciuti e imbarazzati.
Gwyn ridacchiò, il cuore leggero, pensando che in fondo quella lettera di arruolamento e i suoi strambi poteri non fossero poi tanto male.
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
Gomen nasai: un altro modo per scusarsi, ma più formale di sumimasen.
Kikoku: nome della spada nodachi di Traffo, “lamento del demone” mi pare.  
Tsuki: in giapponese significa “luna”. E’ anche il reale soprannome della mia Gwyn! E qui calzava a pennello come presa in giro, visto come entrambe le Gwyn siano belle pallide, ghghgh.  
Sensei e Dojo: “maestro” e “palestra”.  
 
 
 
 
THE END!
*lanciodeicoriandoli*
La gestazione di questa storia è durata quasi sei mesi! Doveva essere un regalo di Natale e ho fatto in tempo a darglielo prima dell’estate…!
Mi ci sono proprio affezionata =) E spero di tutto cuore che anche per voi questa breve avventura sia stata entusiasmante!
Quest’ultimo capitolo non ho avuto il coraggio di spezzarlo, andava bene così. Si tratta di un crescendo di storie parallele, dove tutti e tre i protagonisti effettivi (Gwyn, Cora e Ace) hanno avuto il loro lieto fine, diciamo così. Scrivere dei sentimenti di Trafalgar e Rufy è stato un parto, non sono per niente sicura, soprattutto del primo! Law è terribilmente ingestibile e non ho idea di come si comporterebbe in una situazione tanto irreale! Rufy a reazione è stato più “semplice”, soprattutto perché lui è straordinario (leggasi: fuori dall’ordinario) e quindi ha questa capacità di poter sentire Ace… ma poi come prendere MarineFord? Alla fine ho deciso di lasciare la cosa in sospeso. In realtà non so Oda se mai tratterà il lascito di quella saga… insomma, dovrebbe aver segnato Rufy a vita! *svalvola*
Per concludere, Gwyn e Zoro, che lei adora tanto! Una scenetta fatta di rispetto e simpatia, spero vi sia piaciuta =D
L’epilogo è un enorme cliché, ma secondo me non stonava coi toni generale della fanficion! Considerando poi che la descrizione del forziere fatta da Nami è esattamente quello che ho regalato a Gwyn/Tsuki!
 
Il Tesoro di Alec Rover si conclude qui! =)
Se vi è piaciuta vorrei *momento pubblicità* invitarvi a leggere anche “Heavenly Eve – Gli Eredi” in cui piano piano rivedrete molti (tutti…) dei personaggi apparsi qui! Lewis, Gwyn, Ace, Alec Rover…!
 
Vi lascio il link alle foto del regalo originale: http://heavenlyeve.tumblr.com/post/124058493906/my-present-a-fanfiction-for-a-very-special *un piccolo vanto*
 
 
Buona settimana e alle prossime letture!
Nene
 
 
PS: … commentate!!! *occhionidolci*

 

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