Cold Hearts - Tra fuoco e ghiaccio

di Toms98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La missione ***
Capitolo 2: *** La bambina ***
Capitolo 3: *** La scelta ***
Capitolo 4: *** La fuga ***
Capitolo 5: *** La battaglia ***
Capitolo 6: *** La magia ***
Capitolo 7: *** La fine ***



Capitolo 1
*** La missione ***


LA MISSIONE
La squallida taverna era piena come al solito all’ora di punta. Dalle vetrate unte traspariva una luce fioca che rendeva solo più squallido un ambiente che lo era già di suo. L’oste, un vecchio calvo e sdentato, stava pulendo, se così si poteva dire, il bancone con uno straccio nero come la pece. Tutto intorno, gente di ogni dove mangiava in una cacofonia orchestrale, mentre un cantastorie provava ad imporsi invano sulle altre voci. C’era gente di tutte le più basse classi sociali: giullari, contadini, mugnai, attori teatrali e prostitute. Sembrava quasi un quadro dipinto da un pittore fallito.
Ma lui stonava con il contesto. Tutti lo notavano, lì seduto ad uno dei tavolini in noce eroso dai tarli nell’angolo più buio, su una sedia di paglia che già più volte non aveva retto il peso di un qualche viandante fuori forma. Il vestiario tradiva la sua casta più elevata. Un paio di stivali di cuoio neri, coperti da dei pantaloni rinforzati nelle cosce, mostravano nettamente il suo grado di cavaliere, mentre la tonaca rossa coperta da una giubba in pelle maculata mostrava il suo regno di appartenenza, quello di Sirozeff. Le mani, grandi e nodose, erano strette ad una bottiglia di distillato e ad un bicchiere che portava i segni di varie bevute appena passate. Un cespuglio di ricci rossicci che proseguivano unendosi ad un’ispida barba coronavano un paio di occhi marroni. Un naso, leggermente arrossato dall’alcool, era posto sopra una carnosa bocca. Doveva essere molto ricco agli occhi di Jaenel, una delle prostitute che solitamente frequentava il locale.
<< Ehilà maschione! Come te la passi >> disse lei languida avvicinandosi al tavolo. Lui si limitò ad indicarle una sedia li vicino. Lei si sedette accavallando le gambe e continuò: << Hai un nome, bel fustacchione? >>.
<< Non provarci con me! E comunque sono Zondur >> rispose secco lui bevendo un bicchiere del liquido scuro. Lei si stupì della freddezza dell’uomo, poi rise fragorosamente e scherzò. << Sei per caso sodomita? >>. Mentre lei continuava a ridere rumorosamente, lui prese un bel respiro e la fissò dritto negli occhi. << No, non sono sodomita >> disse << Sono semplicemente un uomo che beve. >>
La ragazza provava a stuzzicarlo, ma lui resisteva come una statua. << Cosa diamine ti ha reso così? Una strega? >> chiese lei sull’orlo dell’esasperazione ma pur sempre con voce sensuale. Lui sorrise. << Beh, sì in un certo senso >>. La ragazza si incuriosì. << Ti va di raccontarmi ‘sta storia? >>
<< Beh, ci vorrà un po’ di tempo >> disse lui riempiendo un altro bicchiere. << Ho tutto il tempo del mondo >> disse lei.
<< Va bene. Ti racconterò la mia storia. >>

Zondur si svegliò, accanto una figlia di un mercante che aveva sedotto il giorno prima, doveva chiamarsi Hanah, la quale aveva deciso di cambiare “lavoro”. Scese dal letto che lei ancora dormiva. Le lasciò i soldi che avevano patuito, quindi si vestì e andò al lavoro. Le strade pullulavano di persone per la festa del raccolto, mentre sopra le strade svettavano ondeggianti al vento i porpurei stendardi imperiali. Zondur camminò sulle lastre lisce di ossidiana che formavano la via maestra, fino ad arrivare al palazzo della Gilda, un’imponente torre nera che svetta sugli altri edifici. La cima, finemente merlata, copriva uno spiazzo dove si intrvedeva la presenza di un decina di draghi, di tutti i colori e le dimensioni. Zondur entrò e si diresse verso la zona che gli competeva, quella dei cavalieri di drago. Tutti i suoi compagni lo salutarlo come al solito, dopodiché lui iniziò a spiegare l’addestramento che avrebbero fatto quel giorno. Il suo discorso fu però interrotto da un uomo, il suo comandante, il quale congedò gli altri e lo portò nel suo ufficio. << Desidera, signore? >> chiese lui rimanendo dritto in piedi, mentre l’uomo di fronte a lui si sedeva. Gli fu indicata la sedia, e una volta seduto, il comandante cominciò: << Mi servirebbe la tua esperienza e il tuo dragone per una missione e… >>
<< Accetto! >> disse Zondur interrompendo l’uomo, che lo fisso e scosse la testa sorridente. << Eh, Zondur, sei sempre il solito frettoloso. Ma questa non è una missione come le altre. Ti prego prima di prendere una decisione definitiva di seguirmi. >>
Il cavaliere lo seguì chiccherando del più e del meno verso la biblioteca della Gilda. Entrarono e trovarono Mastro Boris chino su un libro. Zondur gli diede una pacca sul collo e disse: << Boris, vecchio mio, come te la passi? >>. L’anziano topo di biblioteca sbuffò, poi sfogliò un po’ il libro e si fermò ad una pagina. Indicò sette versi, scritti con un inchiostro blu. << Cosa ne pensi? >> chiese il comandante a Zondur. Lui osservò un po’ il libro, poi trasse le sue conclusioni: << Questo libro è molto vecchio. Di sicuro non è del nostro regno, essendo il sigillo regale diverso. Penso piuttosto, se non mi sbaglio, che sia del regno di Urigan, quello su a Nord. >>
Poi l’occhio cadde sulle sette righe indicategli poco prima dal Mastro Bibliotecario. Era scritta quella che a prima vista pareva una profezia insensata:
Quando colui che porta il fuoco nel sangue
E colei che porta il ghiaccio nel cuore
Uniranno le forze, la pace tornerà.
Ma per ottenere ciò
Il cuor di lui di fuoco si riempirà
Il sangue di lei di ghiaccio sarà
Zondur la guardò a fondo, ma non capiva cosa stesse ad indicare. << Ci rinuncio. Se questa è la missione ho fallito. >>
<< Non si preoccupi. Nessuno ci è mai riuscito. >> disse una voce dietro di lui << Si dice che siano andate perse tre righe, ma nessuno le ha mai trovate. Non che mi interessi seriamente. Quella profezia era però la mia credenziale, per convincere il suo comandante che sono veramente chi dico di essere. >> concluse l’uomo, uno che aveva da poco passato la maggiore età, tutto armato e agghindato, con un gigantesco orso ricamato sul mantello. I capelli neri e lisci sembravano essere un secondo elmo, mentre gli occhi scuri fissavano il cavaliere. << E chi dice di essere? >> chiese Zondur, richiudendo e porgendogli il libro. << Il mio nome è Lord Wiser, membro del Consiglio dei Lord di Urigan. Normalmente obbligherei chiunque a chiamarmi mylord, ma siccome sono qui in un regno straniero a chiederle il suo aiuto, gradirei che mi chiamasse anche solo Wiser. >>
<< Ok, Wiser. Perché quel libro sono le tue credenziali e soprattutto come fai ad essere lord? >>
<< Quel libro sembra un normale libro. In realtà è il Libro della Profezia, dove è segnata la profezia e varie interpretazioni. Solo a un lord è concesso averne una copia. Per quanto riguarda il mio essere lord, sappia che mio padre morì giovane e io rivesto il suo titolo fin da quando sono nato. >>
Zondur ne rimase interessato. Lisciandosi la barba, chiese: << Quindi quale è la mia missione? >>
<< Prima di conoscere la tua missione, devo spiegarti un paio di cose. Nel nostro regno, in caso l’erede al trono non abbia l’età per governare, subentra il Consiglio di cui faccio parte, fino al compimento del diciottesimo anno di età del legittimo re. Ciò accade anche se non c’è un erede, quando il consiglio rimane in carica per diciotto anni precisi. >>
<< Quindi?! >> chiese con una nota di impazienza Zondur. L’uomo fece un bel sospiro, poi riprese a parlare: << Da diciassette anni i nostri regnanti sono deceduti in circostanze misteriose, lasciando il regno senza erede. A breve sarà eletto fra noi lord un nuovo re. >> Zondur lo fulminò con lo sguardo dicendo: << Ti sbrighi a dirmi che devo fare! E sappi che non ho intenzione di uccidere lord per farti essere re. >>
<< No, non è questo… >> disse un po’ preoccupato il lord.
<< Allora parla! >> urlò Zondur.
<< L’altro giorno >> disse calmo.
<< Non me ne frega un cazzo di cosa hai fatto l’altro giorno. Voglio la mia missione! >> gridò il cavaliere.
<< L’altro giorno ho trovato una lettera con il sigillo regale datata diciassette anni orsono. È una lettera per una bambinaia del villaggio, in cui si raccomanda di tenere con cura il figlio della regina. È firmata dal re, ciò mi fa dedurre che sia un erede legittimo. In quanto Lord, non posso andare a prendere il ragazzo, quindi dovrà prelevare lei da questa bambinaia l’erede, accompagnarlo al palazzo e assistere alla sua insediazione. Solo allora potrà considerare la sua missione conclusa. >> Zondur lo guardò profondamente, poi disse: << Quindi… Io devo prendere un bambino e farlo sedere su una sedia più grande del normale? >>
<< Beh, in un certo senso… >> disse spiazzato l’uomo << Penso… sì >>
Non appena Lord Wiser si fu congedato, Zondur prese le sue cose e si diresse verso la cima della torre. Il suo comandante lo inseguì. << Beh, parti così senza salutare? >>. Zondur sellò Calamicus, il suo possente dragone rosso con le striature dorate sul dorso. << Sarò di ritorno fra meno di una settimana. >> Calamicus sbuffò una nuvola di fumo grigio, mostrando la stessa impazienza di partire del padrone << Ma se ti servirà qualche cosa, sei sicuro di essere attrezzato? >> chiese il comandante. << Se mi serve qualcosa lo comprerò! >> rispose secco l’uomo.
Detto ciò balzò sulla sua cavalcatura e, dopo aver preso una breve rincorsa, volò verso le sottili nuvole a grande velocità.

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Capitolo 2
*** La bambina ***


LA BAMBINA
Il cielo era sferzato da un forte vento. Fortunatamente per Zondur, spirava nella direzione a lui propizia. Nonostante la possibilità per lui e Calamicus di riposarsi, entrambi andavano al massimo della loro potenza. Era forse questo che li aveva uniti, la loro istintività e iperattività, o forse semplicemente il destino. Una nuvola incrociò il loro volo, ma fu completamente spazzata via dal muso affusolato del rettile. Solo in quel momento, uscendo dai brandelli di nuvola, il cavaliere si accorse che stava per sorgere il sole. Le prime luci del mattino illuminarono poco a poco le squame color rubino. Quella luce fece intuire all’uomo di aver percorso già un bel po’ di miglia durante tutta la notte. Non sapeva abbastanza bene quanto fosse distante la città principale di Urigan, né aveva pensato di dover fare un piano di volo.
Stava volando più basso quando la città di Helakt si stagliò all’orizzonte. Una semplice cittadina del regno di Urigan a prima vista, ma in realtà era la città più potente del regno, fredda e circondata da montagne, incastonata in una valle scavata da un ghiacciaio. Si era sempre chiesto come facessero a vivere così al freddo quegli stupidi abitanti di un freddo Paese. Le alte mura innevate furono la prima cosa che riuscì a mettere a fuoco, il grande palazzo del potere fu la seconda, e dopo una ad una tutte le strane case, profondamente diverse dalle case di mattoni del suo regno. Queste case erano tutte in roccia lavorata, con un tetto spiovente di un qualche tipo di legno, quercia a giudicare dalla grande quantità di alberi che circondava la cinta muraria.
Atterrò in uno spiazzo all’interno vicino ad una delle porte principali ad una tale velocità che le sentinelle, lanciato l’allarme appena visto il drago, non fecero neanche in tempo ad armarsi che lui aveva già mostrato il sigillo di Lord Wiser. << Poteva anche aspettare fuori, tanto che fretta c’è? >> gridò una delle sentinelle, mentre lui scendeva dall’esile corpo affusolato. Lui si limitò a sbuffare. Non aveva certo tempo da perdere con dei semplici soldatini, quindi la ignorò semplicemente, mentre Calamicus riprendeva quota per accamparsi nella boscaglia. Zondur si diresse verso la prima persona che trovò sulla sua strada, una signora con una decina di anni in più di lui e un bambino al seguito. << Scusi, sa dirmi dove si trova la casa della bambinaia? >> mentre diceva la frase si diede dello stupido da solo, avrebbe almeno potuto chiederne il nome. << Sta parlando di Eletria, straniero? >> chiese la donna sorridente. Zondur odiava essere chiamato straniero, ma mandò giù il magone e si sforzò di non sfogarsi. Lei le indicò gentilmente una casupola lì vicino, lui la ringraziò sommariamente e si diresse a passo svelto verso l’anonimo edificio, identico in tutto e per tutto alle case lì vicino.
Bussò potentemente alla porta. Ad aprirgli venne la bambinaia, una donna anziana e senza un po’ di denti, che si reggeva con un bastone. Non appena vide Zondur, capì subito quello che stava per succedere. Lasciò entrare l’uomo in casa, poi disse: << Mi dispiace, ma la persona che cerca è al mercato. Tornerà a breve. Posso offrirle qualcosa? >> Senza pensarci due volte Zondur chiese un bicchiere del primo distillato che la vecchietta avesse trovato. Aspetto lì per almeno un’ora, mentre la bambinaia spiegava che l’erede da lui cercato era molto schivo e riservato, e non parlava mai con nessuno, nemmeno con lei, ad eccezione di poche frasi.
Finì il discorso quando qualcuno entrò dalla porta di casa. << Sono io! >> disse con un filo di voce angelica la persona dietro di lui. Zondur si voltò e vide una fanciulla dal corpo esile come un filo d’erba, di carnagione bianca come mai aveva visto. Le mani, esili e piccole, sbucavano fuori da una vestaglia marrone che indicava la povertà della famiglia in cui viveva. Il viso, dai lineamenti delicati, era circondato da un caschetto di capelli lisci e neri, con sfumature blu. Gli occhi erano azzurri come mai aveva visto, e sotto gli occhi si delineava un piccolo naso appuntito, e sotto ancora due sottili labbra rosa facevano da conclusione al viso più bello che Zondur avesse mai visto. Non riuscì a trattenere la sua mascella e spalancò la bocca stupito.
<< Salve! >> si limitò a dire la ragazzina, poi consegnò i panieri alla bambinaia e si mise a sedere di fronte all’uomo.  Nessuno stupore e nessuna proccupazione trasparivano da quel viso. << Ok, sarò veloce e preciso. Lei non è tua madre o comunque chi credi che fossero i tuoi genitori non lo sono veramente. Tu sei figlia dei re deceduti ormai da anni ed io ho il compito di accompagnarti fino al giorno del tuo insediamento a palazzo. >>
Un minimo di stupore si percepì da quello sguardo di ghiaccio, subito coperto da un altro tentativo di rimanere inespressiva. Zondur segnò mentalmente la sua paura per le emozioni, poi si alzò e ordinò alla ragazza di farsi trovare un’ora dopo davanti al palazzo.
Lui si diresse a grandi passi verso il palazzo e chiese del lord. << L’ha trovato? >> chiese l’uomo, visibilmente emozionato. << Spero non sia un problema, ma è una ragazza >> L’uomo parve deluso, ma poi tornò a sorridere. << Sempre erede è! Certo che un maschio avrebbe reso tutto più facile… >> il lord pensò un po’, poi chiese, anzi pregò: << So che non faceva parte degli accordi, ma le chiedo di rimanere qui finché la ragazzina non sarà in grado di governare. >>
<< Significa ancora per tre mesi? >> chiese con una sottile nota d’indispezzione il cavaliere.
<< La pagherò quanto vorrà! >> disse il nobile, recitando pari pari le quattro paroline magiche che fanno fare ad un mercenario qualsiasi cosa. Zondur sorrise ed accettò la modifica al patto. Dopo un paio di minuti arrivò anche l’erede. << Salve, maestà. Il consiglio è quasi incominciato, ma lei non può presentarsi così. Non è adatto alla futura regina. A proposito, come si chiama? >> chiese servizievole Wiser, condendo il discorso con inchini, baciamano e riverenze varie. La ragazzina parve non gradire tutta quella servilità da parte di un uomo molto più grande di lei, ma la sua faccia non lo diede a vedere. Piccoli gesti facevano capire come si comportava, talmente piccoli che solo un uomo abituato ai dettagli come Zondur poteva percepire. La ragazza ci mise un bel po’ a rispondere, ma alla fine disse con voce quasi celestiale: << Alaya >>.
Qualcosa si mosse dentro Zondur, come era già successo prima, quando l’aveva vista. Qualcosa che lui non sapeva spiegare. La scortò all’interno dell’enorme palazzo fino alla rampa di scale che portavano agli alloggi regali. Nel frattempo, Lord Wiser aveva comandato ad una servetta di seguire la ragazza, per poi accompagnare il cavaliere nella Sala del Consiglio.
Una grande sala si aprì dinanzi ai suoi occhi. Alta almeno quattro metri, larga altrettanto e lunga il doppio, la sala conteneva un tavolo semicircolare a cui si stavano sedendo vari uomini, tutti vestiti come il lord che lo aveva accompagnato lì. Davanti al semicerchio era posto un seggio, finemente intagliato sui lati con scene di battaglia. I due erano in piedi dietro le sedie, sul lato a sinistra del seggio. Wiser, una volta che tutti e nove i suoi colleghi si furono seduti, li additò uno ad uno e comunicò i loro nomi a Zondur. << Quello più distante è Lord Jinax, molto amico dei vecchi regnanti. Lui non dovrebbe darci problemi. Gli altri invece sono tutti abbastanza soddisfatti dal comando di Lord Oronak, quello al centro. I due ai suoi lati sono i suoi leccapiedi, Lord Poltum e Lord Solant. Fra Solant e Jinax ci sono Lord Contanor e sua moglie, Lady Enelia, che fa parte anche lei del Consiglio. Dall’altra parte abbiamo nell’ordine Lord Thomer, Lady Anety e Lord Leenard. >>. Zondur notò che tutti i posti erano stati occupati, quindi chiese al lord dove sedeva lui. << Vedi, i posti non sono fissi. Nove di noi stanno seduti, mentre uno resta in piedi e presiede la riunione. Solo un posto è fisso, quello di Oronak. >> rispose con un po’ di rabbia il lord. << E quando deve presiedere lui? >> chiese l’uomo. Wiser lo guardò, facendogli capire che Oronak non presidiava mai, poi si diresse verso il centro della stanza.
<< Mylords e myledies, sono qui per portarvi una grande notizia. >> cominciò sicuro, gesticolando con le mani << Ho ritrovato una lettera datata diciassette anni fa e firmata dal re in persona. >>
<< Come fa ad essere sicuro che è stata scritta dal re? Chiunque potrebbe aver falsificato la firma. >> chiese Lord Polton.
<< Certo, la firma è falsificabile. Ma non il sigillo reale che porta questa busta. >> disse mentre mostrava la ceralacca sulla busta. << Questa può essere fatta solo con l’Anello Regale. Anello che è consegnato da guardie esperte al re solo il giorno dell’incoronazione. Nessuno può averne accesso, anche per il fatto che le suddette guardie sono conosciute solo dal re in persona! Ciò porta, almeno che qualcuno di voi non abbia corrotto tutte le guardie del palazzo, che nessuno di noi può aver scritto di suo pugno questa lettera con l’intento di ingannarci. >>
<< Cosa è scritto in quella lettera, Lord Wiser? >> chiese Anety, una delle persona più curiose di quella stanza.
<< E’ una lettera in cui il re comanda a Eletria, la bambinaia sulla via principale, di allevare e accudire nel massimo segreto la figlia della regina. Nella lettera non è specificato se sia figlia anche del re o meno, ma secondo le leggi è comunque considerata erede del trono regale. >>
<< Concordo in pieno! >> disse Jinax con un marcato accento francese << Dobbiamo andare subito ad assicurarci della sua salute. >>
<< Non ce n’è bisogno. Sono andato fino nel regno di Sirozuff per assoldare un mercenario che potesse trovarla e portarla da noi. Zondur, del gruppo di cavalieri di drago più noto al mondo: i Falchirossi. >> Detto ciò indicò con un gesto l’uomo, che avanzò di qualche passo. Nella sala scoppiò il caos. I leccapiedi di Oronak gridavano allo scandalo, mentre gli altri generalmente esprimevano solo la loro opinione, ma ad un tono di voce sbagliato per un consiglio. Solo l’aspirante re Oronak stava silenzioso, mordendosi il labbro. Il vociare continuò, con Wiser che provava a riportare l’ordine, fin a quando Alaya non fece il suo ingresso nella stanza.
Portava un mantello bianco manicato e orlato con pelli di ermellino. Al collo aveva una sciarpa grigio chiaro annodata a formare una treccia che portava dietro il mantello. Un corsetto azzurro le copriva il busto fino alla sciarpa, mentre una cintura le teneva fermo il mantello alla vita. Un paio di pantaloni corti e chiari copriva un altro paio blu notte sotto. Ai piedi portava degli stivali argentati.
Wiser si avvicinò alla ragazza e la invitò a sedersi sul trono. Lei vi si adagiò titubante, osservando uno ad uno i lord nella sala. Una guardia si avvicinò alla giovane e le porse un diadema in cui era incastonato un raro rubino di colore blu. Weiser si schiarì la voce, quindi affermò, ben attento ad usare un tono di voce molto alto: << Lunga vita alla principessa Alaya! >>.

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Capitolo 3
*** La scelta ***


LA SCELTA
Alaya sbuffò uscendo dalla sala. Erano due mesi di quella routine e già non ne poteva più. Avrebbe potuto abdicare, ma Zondur lo impediva categoricamente. Il cavaliere la attendeva fuori dalla porta. << Come è andata? >> chiese, mentre i Lord uscivano uno ad uno. << Come solito. >> disse, poi si diresse verso la sua camera. L’uomo la seguì ed entrò dopo di lei.  << E il tuo discorso? >> continuò lui chiudendo la porta.
<< Ho parlato di quello che mi hai scritto. >> disse lei tranquilla, poi si sedette sul letto. Zondur fece lo stesso e aggiunse: << Dobbiamo lavorare per renderti più spontanea. Non potrò restare qui per sempre. >> La ragazza annuì facendo trasparire un po’ di preoccupazione. << Adesso mi racconti cosa avete detto nella riunione. >> disse lui fissandola negli occhi << E mi raccomando, ricca di dettagli! >>
La ragazza fu titubante. Girò un paio di volte i pollici. Poi fece un bel respiro e cominciò: << Lord Wiser mi ha dato un consiglio. Ha detto che per rendere più potente il mio regno dovrei sposarmi. >> Zondur sorrise leggermente. Wiser era un eccellente oratore ed era quello che le serviva. << Poi >> disse la ragazza << Ad uno ad uno tutti gli altri Lord mi hanno dato lo stesso consiglio. Infine… >>
<< Infine? >> chiese lui vedendola bloccata. La ragazza sembrava molto tesa.
<< Infine Lord Oronak ha chiesto la mia mano. >> Zondur balzò in piedi e la interrogò sulla sua risposta. << Non ho accettato. >> rispose lei sorridendo << Io ho già scelto chi sposerò! >>
<< Lord Wiser? >> chiese l’uomo. La ragazza ci rimase un po’ male. << No! >>
<< Lord Jinax? Certo lui è molto esperto, ma è anche molto vecchio >> fece notare Zondur.
<< No! >> disse lei con una nota di rabbia.
<< Escludiamo Lord Contanor, è già sposato. Quindi… Lord Poltum? >>
La ragazza insensibile lo stava fulminando con lo sguardo.
<< Lord Solant? Lord Leenard? Lord Thomer? >> chiese a raffica il cavaliere.
<< No… >> disse sbuffando la giovane, sull’orlo della rabbia. Non poteva non ragionare, almeno non su una cosa così banale. Come faceva a non capirlo?!
<< Lady Anety? >> chiese ormai senza vedere altre possibilità. Fu la goccia che fece traboccare il vaso della pazienza di Alaya. Un crogiolo di emozioni represse per anni esplose in un solo istante. Si alzò in piedi e afferrò, come poteva, il colletto dell’uomo. << Stammi bene a sentire! Non so cosa ti stia passando per quella tua testa vuota, ma ti consiglio vivamente di pensare prima di agire. Non puoi sempre affidarti all’istinto! Ogni tanto devi fermarti e ragionare! Se pensi di non aver tempo ti sbagli. Non esisti solo tu, ci sono anche gli altri che magari hanno dei sentimenti che tu puoi ferire! >> detto ciò lo colpì dritto in faccia con un sonoro schiaffo. Zondur provò a trattenere una smorfia di dolore, ma non ci riuscì. La ragazza rimase scioccata della sua stessa reazione e si voltò di scatto cominciando a piagnucolare. << Alaya… >> disse piano il cavaliere, ma la ragazza continuava a votargli le spalle, nonostante avesse piano piano smesso di piangere. << Vedi, non è difficile. Esprimere le proprie emozioni è un bene. Dovresti farlo più spesso sai? Così non sembri troppo apatica! >> le fece notare lui, ma lei rimase voltata. << Signor Zondur, so che lei è qui per conto di Lord Wiser, ma siccome io sono la regina vi ordino di abbandonare il vostro compito e di tornare da dove siete venuti. >>
<< Alaya io… >> l’uomo non capì che cosa stava succedendo.
<< Sua maestà la regina! >> la ragazza stava strillando, poi si ricompose << Se ne vada. Ora! >>. Zondur non provò a protestare. D’altronde era solo una missione, non aveva nessun obbligo morale verso quella stupida ragazzina. L’uomo se ne andò.
Scendendo le scale però ripensò a quello che le aveva detto la giovane. Lei era innamorata di qualcuno, glielo aveva praticamente detto, è voleva renderlo re. Ma non sapeva chi potesse essere. Nessuno parlava mai con lei da sola, per ovvi motivi di sicurezza, esclusi i lord e la sua servetta personale. Forse un ragazzo che aveva conosciuto quando ancora non era erede? Improbabile, lei non parlava neanche con la donna che la faceva vivere, figuriamoci con un ragazzo. Qualcuno dei servi di palazzo? Nessuno aveva mai mostrato interesse per la giovane e la cosa sembrava reciproca. Chi poteva essere?
Arrivò ai piedi delle scale quando ripensò più intensamente alla discussione appena conclusa. Le parole gli rimbomavano nella testa. “Ogni tanto devi fermarti e ragionare!” sentiva nella sua testa. E lui lo fece. Ragionò. Doveva trovare una persona che avesse contatti con la giovane e che fosse riuscita a colpirla. Qualcuno con cui lei passasse gran parte del suo tempo. Qualcuno che, addirittura, potesse essere stato in grado di cambiarla completamente. In quel momento ebbe l’illuminazione.
Fece dietrofront e si lanciò in cima alle scale. Si diede dello stupido per tutto il tragitto. Stupido per averla abbandonata senza ribattere. Stupido per non essere rimasto zitto invece di provocarla involontariamente. Stupido per averle dato dell’apatica.
Stupido per non avere capito che lei lo amava.
Si ritrovò in meno di quanto pensasse davanti alla camera della regina. Stava per bussare, ma in quel momento sentì dei passi arrivare dal corridoio. D’istinto si nascose nel vano di una porta lì vicino. Fortunatamente per lui era aperta, quindi potè entrare e migliorare il suo nascondiglio. Tenne la porta socchiusa e osservò. Dopo breve tempo Lord Contanor entrò nel suo minimo campo visivo. Era vestito normalmente, ma c’era qualcosa che non quadrava. Zondur osservò meglio l’uomo e si accorse di un problematico particolare. Aveva un pugnale alla cintura. Forse lo teneva per autodifesa, ma dentro il palazzo non dovrebbe avere preoccupazioni. Una parola, dal suono orribile e dal significato ancora peggiore, gli frullò nella mente.
Congiura.
Non poteva capire se fosse veramente così, ma doveva intervenire. L’uomo bussò alla porta e si presentò. << Prego, entri >> disse la ragazza. “Ora o mai più” si disse Zondur. Così mentre il lord entrava, lui gli sgusciò dietro. Successe tutto in un attimo. La ragazza era seduta sul letto. Il lord estrasse il coltello. Zondur si lanciò sull’uomo. Finirono entrambi a terra. Il pugnale cadde e si conficco ai piedi del letto. La ragazza capì in un istante quello che stava succedendo, quindi si accucciò alla testa del letto. Urlò aiuto con tutto il fiato che aveva nei polmoni. I due uomini si azzuffarono per un bel po’. Zondur riuscì a bloccare Contonar. << Chi ti manda? >> interrogò rabbioso l’uomo. Contanor sorrise beffardo e sputò sul pavimento. << Secondo te? Tutti i membri del consiglio. Abbiamo votato in segreto. Non possiamo accettarla sul trono. >> disse. Poi spostò ridendo la faccia verso il letto, dove stava impaurita e indifesa Alaya. Zondur lo colpì con un pugno. Solo allora lo sguardo del lord incrociò il manico della lama. Lo afferrò con un movimento troppo repentino per poterlo fermare. Zondur riuscì solo a spostare la testa per evitare il colpo, ma la lama lo sfregiò comunque alla guancia. Passato il fendente, il cavaliere tentò di afferrare l’arma, ma l’uomo per evitare successivi interrogatori si conficcò il colpo nel cuore. Morì pochi istanti dopo.
A Zondur bastarono pochi istanti per capire quello che doveva fare. << Fuggiamo! >> Alaya rimase bloccata per almeno venti secondi prima di capire che cosa stava succedendo, quindi si gettò giù dal letto e senza pensarci due volte lo seguì.
Corsero giù dalle scale e senza girarsi si lanciarono fuori dal palazzo. Le guardie, probabilmente allertate dalle grida della ragazza, erano arrivate sulla scena del delitto e, guidate da Lord Oronak, stavano ora allertando tutto il villaggio di non far scappare il traditore cheaveva rapito l’erede al trono. I due correvano sulla strada principale, tenendosi mano nella mano. Alcuni uomini li videro e provarono a fermarli, ma Zondur fu più agile di loro e li evitò tutti, trascinandosi dietro la ragazza. Arrivarono fino alle mura, dove due sentinelle provarono a colpirlo con il loro arco. Si ripararono dietro una casa. << Bene, cioè male, dobbiamo attraversare le mura, chiuse e protette da due sentinelle. >> disse affannato dalla corsa il cavaliere << Oppure… >>.
<< Oppure ci nascondiamo dalla mia bambinaia e pensiamo come discolparci. >> disse l’erede.
<< Non avremmo tempo per pensare ad un piano! Dobbiamo essere lontani dalla città entro domani. >> disse lui.
<< Come pensi di superare quelle mura? Volando?! >> chiese stizzita lei.
<< Sì! >> disse lui, poi fece un lungo fischio. Calamitus scese in picchiata e si arrampicò sulle mura. Una fiammata illuminò la strada innevata. L’uomo si diresse verso il drago rosso coperto dalle fiammate della sua cavalcatura. La ragazza lo seguì senza fare domande e saltò sul dorso dell’animale. L’uomo invece sfilò dalla sella una lunga spada che impugnò con due mani e cominciò a combattere con alcune guardie giunte sul posto. Quando iniziarono ad essere troppe, fece un cenno al drago, che lo afferrò con gli arti posteriori e prese quota. Quando furono almeno a dieci piedi di altezza, Zondur fu lanciato in aria e riafferrato con la punta del muso. Scivolo quindi su tutto il collo fino ad arrivare alle larghe clavicole. Lì si trovava Alaya, visibilmente scossa dagli avvenimenti.
<< Ti erano mancate le grandi emozioni? >> chiese sedendosi dietro la ragazza.
<< Per niente! >> disse lei con un sottile sentore di spavento. Zondur continuò a far prendere quota al suo dragone, ma si accorse solo allora di non avere una meta. << C’è qualche reggia estiva in cui possiamo scappare? >> sussurrò all’orecchio della principessa. << No, c’è il castello reale. È il luogo dove avverrà la mia cerimonia della mia incoronazione. E dove andrò a vivere dopo… >>
<< Dove andremo! >> disse lui << Io non ti mollo! >>

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Capitolo 4
*** La fuga ***


LA FUGA
Il castello era distante dalla città almeno due miglia in distanza e una in altezza.  Era collocato sul fianco di una montagna, su un piccolo tratto piano protetto da un alto burrone. Difficile da raggiungere, ma efficace per la loro fuga. Zondur prese le redini del fido Calamicus e scese piano piano di quota, fino ad atterrare dolcemente davanti alla porta.
Tutto il castello sembrava cadere a pezzi. I rovi coprivano completamente la porta di quell’edificio diroccato. Alcune torri cominciavano a cadere a pezzi. Il ponte levatoio era marcito e il tetto sfondato dalla neve. Decisero che era più sicuro entrare da lì. Aiutati dal possente dragone, entrarono nell’edificio. Un’atmosfera cupa permaneva nella stanza. << Beh, credo che ci sarà da lavorare >> disse il cavaliere, camminando per la sala innevata. << Quanto pensi che ci metteranno prima di scoprire che siamo qui? >> chiese Alaya, osservando il triste luogo come un bambino che guarda un gigante. Il suo sguardo si fermò su quella che, a prima vista, sembrava una mucchia di neve. << Calamicus può sciogliere la neve e portare le pietre, ma noi dovremmo occuparci di tutto il resto. >> disse Zondur, mentre la testa rossa del dragone entrava e illuminava la stanza con una debole fiammella, creando un cerchio di luce sufficientemente grande per entrambi. Alaya era interessata solo al cumulo di neve. Si avvicinò e provò a togliere un po’ della neve. << Zondur, ho trovato il trono >> disse piano, mentre il suo eco rimbombava in tutto il castello. Con l’aiuto di Calamus sciolse in breve tutta la neve nella stanza senza farne rimanere neanche una traccia, dopodiché Zondur prese di forza Alaya e la mise sul trono, forse troppo alto per lei.
<< Come ti senti, principessa? >> disse lui facendole un gentile inchino. La ragazza cercò di trattenere una risata di gioia, ma quello che ottenne fu solo un altro colpo a Zondur. Era la terza volta che sentiva quella sensazione, come di un caldo liquido che gli fluiva in tutte le vene fino ad arrivare al cuore. Non aveva mai sentito quella sensazione, ma ne era preoccupato fortemente. Calamus lasciò solo il padrone e si diresse a rimettere in piedi le torri cadute.
<< Ehi Zondur… riguardo a quello che è successo… credi fosse giusto che lui morisse? >> chiese titubante la ragazza. L’uomo sapeva già la propria risposta. Sì, certo che doveva morire quella merda, perché... beh... era un assassino, eccetera eccetera. Ma quello che uscì dalla sua bocca fu: << Purtroppo sì! >>. Purtroppo sì?! Ma cosa gli era preso? Doveva dire solo sì, cosa significava “Purtroppo”? Perché lo aveva detto?
<< Spero solo non riaccada… >> disse malinconica lei. Lui sbuffo.  << mi sembra impossibile che qualcuno non muoia più! A breve dovremmo combattere solo noi due contro un esercito guidato da nove lord. Qualcuno dovrà morire, purtroppo… >> rispose lui. Lo aveva fatto di nuovo. Aveva messo un purtroppo. Che cazzo gli succedeva? Non avrebbe detto così due mesi fa!
Fu distratto solo dalla frase della ragazza. Quella voce sembrava avere l’effetto pacificatorio sullo tsunami di pensieri che lo investiva. << Non era di quello che mi preoccupo… Vedi, è una cosa successa tanto tempo fa… >> disse la ragazza. Sembrava sull’orlo di piangere, ma resisteva. Zondur andò al suo fianco e tentò di tranquillizzarla. << Ero piccola. Stavo andando al mercato con Eletria. Ad un certo punto sbucano fuori due briganti. Ci attaccarono, ma io riuscì ad difendermi e… >>.
<< E? >> provò a spronarla a parlare. Qualcosa di strano c’era nel suo discorso. Un segreto, forse.
<< Niente… >> rispose lei, cercando di sviare il discorso.
<< Forza parla! >> la spronò lui.
<< Li ho uccisi… >> disse lei. Un tripudio d’immagini balenò nella mente di Zondur. Una bambina, sicuramente con meno di quindici anni, era riuscita a sconfiggere due uomini molto più grandi di lei. Impossibile senza un aiuto, divino o meno. E se quella ragazza che non finiva di stupirlo aveva qualcos’altro nel cilindro, lui lo doveva sapere. << Come li hai uccisi? >> chiese senza la minima delicatezza.
<< Non voglio parlarne… >> rispose secca lei.
<< Ti prego. Potrebbe essere la nostra unica possibilità per sopravvivere. >> rispose lui.
<< Non voglio parlarne! >> disse lei aumentando il tono di voce. Zondur provò a convincerla ma lei resisteva, aumentando la voce mano a mano che ripeteva le tre parole. “Devo toccare la nota dolente!” si disse lui “Non parlerà mai se non la provoco.”
<< Stammi bene a sentire, mocciosetta. >> urlò arrabbiato ad un palmo dalla faccia della giovane << Tu non sei la prima ragazza che s’innamora di me, e di certo non sarai l’ultima. Se questo ti fa pensare di essere migliore di qualsiasi altra sappi che non lo sei, anzi. Quindi se vuoi morire prego, fai pure. Io non ci tengo. >> detto ciò finse di andarsene.
<< Dove pensi di andare?! >> chiese la ragazza sbigottita, alzandosi di scatto dal trono. Lui non rispose. << Lord… Sir… Cavalier Zondur, le… le ordino di tornare subito qui! >>. Non era abituata a impartire ordini, quindi ne uscì un qualcosa di più simile ad una preghiera. L’uomo continuó ad ignorarla. << In quanto sua regina io le impongo di obbedire! >> gridò lei, mentre lui si avvicinava ai meccanismi per aprire la porta. << Punto uno, io obbediscono solo al re del mio regno, al mio comandante e a me stesso! >> puntualizzò lui << Punto due, tu non sei ancora regina e nella situazione attuale neanche principessa! >> La ragazza divenne rossa di rabbia. Le porte si aprirono lentamente con un cigolio assordante. << Come osi rivolgerti a me così?! >>
<< Oso! >> rispose lui sorridendo beffardo.
Alaya non resse oltre. Con un potente urlo evocò un enorme toro di ghiaccio che si gettò a capofitto contro la porta, chiudendola e facendo cadere il povero cavaliere, che ancora reggeva il meccanismo per aprirla. La ragazza rimase bloccata dalla paura. Nella sua testa riafforarono vecchi ricordi, ricordi rimossi con fatica in anni e anni. Rivide i due uomini cadere a terra completamente congelati e ridursi in mille pezzi come se fossero fatti di porcellana. Quella volta sperava che fossero stati gli dei ad aiutarla, ma adesso ne era purtroppo certa. Era una strega, e nulla poteva salvarla dal suo destino. Corse ad aiutare Zondur a rialzarsi. << Scusa… >> disse lei quasi in lacrime. << Scusa?! >> disse euforico l’uomo, balzano in piedi con ritrovata forza << Per averci dato una possibilità di sopravvivere?! Non è per questo che ci si deve scusare! Dobbiamo solo lavorare a farti controllare questo potere. >>
La ragazza annuì mogia. L’idea non le piaceva, ma si doveva adeguare. A breve sarebbero stati in guerra, dovevano usare tutte le armi possibili. Già, guerra, sangue, morte. La propria, o di amici. O peggio.
La ragazza fissò gli occhi marroni del suo cavaliere. La sua morte. Ecco cosa c’era di peggio. La morte dell’unica persona che l’aveva fatta cambiare dentro. L’unica che l’aveva capita e l’unica che lei amava. Ecco la peggiore prospettiva di quella guerra.
Abbracciò l’uomo con tutta la forza che aveva in corpo, poca dopo la possente evocazione. Zondur rispose titubante all’abbraccio della giovane. E quattro. La quarta volta che sentiva quella sensazione. La prima volta che la vide, la prima volta che lei pronunciò il proprio nome, la prima risata soffocata e, ora, il primo abbraccio. Quante prime cose c’erano ancora?
Già… il primo bacio… più ci pensava più un senso di paura cresceva in lui. Lui, che aveva affrontato interi eserciti da solo. Lui, che aveva sconfitto orde di maghi. Lui, che non era mai arretrato di fronte a ciascun pericolo. Lui aveva paura di uno stupido bacio.
<< Dovrò insegnarti come si usa la magia. >> cercò di distrarsi parlando con Alaya. Lei sorrise debolmente. << Zondur, ecco… >> era visibilmente preoccupata << …io non credo di farcela! >>
<< Io credo di sì! >> la rincuorò lui << Ho la massima fiducia nelle tue capacità! >>
<< Anch’io credo fermamente in te, mia cara regina! >> esclamò dalla crepa nel tetto Lord Wiser, avvolto nella coda di Calamicus. Nella sua stessa condizione si trovava poco dietro di lui Lord Jinax. Entrambi sembravano non apprezzare la manovra di sicurezza operata dal rettile. Senza pensarci due volte Zondur sfoderò la spada.
<< Cosa cazzo ci fate voi due qui? >> chiese rabbioso il cavaliere.
<< Siamo fuggiti per tradire Oronak. >> disse Lord Jinax, osservando procurato i movimenti della lama del cavaliere. Alaya si mise al suo fianco serrano i pugni.
<< Potrebbe essere una trappola! >> sussurrò lei. Lui si limitò a sbuffare. << Pensi che colpirlo con una magia risolverà la situazione? >> chiese all’orecchio della ragazzina.
<< No! >> continuò lei << Ho un piano migliore! >>
Sussurrò qualcosa all’orecchio di lui, ma Zondur non parve accettare il piano. Costretto da uno sguardo truce della giovane, dovette però accettare il piano. << Sentite, se volete darci una mano, tornate al palazzo e portateci i piani di battaglia. Se ci tradirete… >> aggiunse Zondur insicuro. Con una gomitata la ragazza lo spronò a concludere il discorso << Se ci tradirete… la regina Alaya vi ucciderà con una magia. >>
<< Magia?! Ma… Ma… >> Lord Wiser rimase senza parole, mentre Lord Jinax cominciava a sbiancare. La stregoneria era vietata nel regno di Urigan, ed era la loro unica arma segreta. Perché la bambina si ostinava a rivelarlo ai quattro venti. << Tornate subito da dove siete venuti. E portate anche degli eserciti con voi! >> li fulminò la principessa, avanzando verso i due. I lord si congedarono e, sempre tenuti nella morsa di sicurezza del drago, uscirono dal castello dalla stessa apertura in cui erano entrati.
<< Che cazzo ti è preso?! >> chiese lui quando l’ultima parte della coda di Calamicus sparì fuori dal castello. Lei si voltò e schiarì la voce. << Se loro sono dalla parte Oronak, sarà la prima cosa che gli diranno. E per lui sarà oro colato. Lo sfrutterà per impedirmi di salire al trono e per voltarmi contro la popolazione. Quindi usciranno dei manifesti con coni nostri volti e una grossa taglia che ci accusano di essere strega e stregone. Se invece sono dalla nostra, quei manifesti non avranno segnato sopra “stegoneria”. Non ci resta che far prendere a Clamicus un albero con uno di quei manifesti e il gioco è fatto. Sapremmo senza interrogarli da che parte stanno! >>
Zondur rimase stupito dalla furbizia della giovane. << Sei un genio! >> esclamò euforico.
<< Lo so! >> rispose lei sorridendo.

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Capitolo 5
*** La battaglia ***


LA BATTAGLIA
<< Già di ritorno? >> chiese sarcastico Zondur, vedendo entrare i due lord dalla porta principale. In risposta Lord Wiser sventolò dei fogli, i piani di battaglia di Oronak. Alaya nel frattempo rientrò nella sala del trono, dopo aver svolto il suo allenamento giornaliero per controllare la magia. Sventolò sotto gli occhi del cavaliere le loro taglie. Nessuna riportava stregoneria.
<< Ora sì che possiamo fidarci di voi! >> disse l’uomo, prendendo il plico di fogli che gli allungava uno i due Lord. Osservò attentamente. Tattica molto semplice, praticamente era un tutti contro il castello. L’obiettivo ovvio era uccidere Alaya.
<< Dove possiamo disporre le nostre truppe, regina? >> chiese incinandosi Lord Jinax. La ragazza si stupì. I due lord avevano portato anche delle truppe? Questo certo aumentava di molto le possibilità di salvezza. Indicò la strada per raggiungere l’armeria, dopodiché passò a mostrare le nuove abilità che aveva appreso.
Rallentò il respiro. Cercò di concentrarsi, come le aveva insegnato l’uomo. Portò avanti le sue mani chiuse a coppa. Una piccola raganella di ghiaccio prese forma nella conca, per poi saltare sulla spalla di Zondur. L’uomo osservò l’animaletto per un po’, poi applaudì la ragazza. << Complimenti. >> disse lui << Devo dure che sei molto brava. Impari in fretta. Purtroppo non abbiamo tempo per insegnarti altre cose. Secondo questi piani, l’attacco sarà tra due giorni. >>
La ragazza andò a sedersi sul trono. Pensava alla battaglia. A tutto quello che le era successo. << Aspetta! >> balzò in piedi. C’era qualcosa che non le quadrava. Come faceva Oronak a sapere dove si trovavano? Come avevano fatto i due lord a tornare rubando quei piani? Oronak non era stupido, anzi.
<< Certo! Siamo caduti in una trappola! >> esclamò fissando il cavaliere << Oronak ha usato tutti noi. Ha usato i lord per scoprire dove eravamo e ha usato noi per pensare che il suo piano fosse vero. Non è questo il suo piano d’attacco.  Se siamo fortunati… >>
Zondur concluse la frase: << …attaccheranno ora! >>
Un boato. Le catapulte sfondarono parte delle mura esterne. Il ruggito di Calamicus era colmo di rabbia. I due si fiondarono fuori. Le truppe avverse erano già schierate, mentre le loro faticavano a mettersi nei ranghi. Era il caos più totale.
<< Salta su! >> disse lui, quando Calamicus si trovò di fronte a loro. Lei balzò imediatamente sul dragone, seguita dal cavaliere. << Merda! E ora come facciamo? >> chiese lei mentre il vento fischiava nelle sue orecchie.
<< Usa la magia! >> rispose lui, settando fra le truppe e bruciando le catapulte.
Lei si concentrò. Doveva trovare una magia adatta. Evocare un drago, troppo dispendioso. Evocare un corvo, troppo inefficace. L’unica era un’aquila. Il rapace si scagliò sui soldati, colpendoli in un’esplosione di schegge.
Sangue e morte cominciarono a spargersi sul campo. Quella vista turbò a tal punto Alaya che vomitò sul lato destro. << Ehi, non sporcarmi la sella! >> sbuffo Zondur, scendendo a bruciare altre catapulte. Alcuni arcieri mirarono verso la grande creatura, ma con abili piroette quella schivò tutti i dardi. Quel movimento mise di nuovo a dura prova il povero stomaco della ragazza. Uno di quegli arcieri, però, doveva avere una mira più precisa o era in un momento di grande fortuna, perché colpì di striscio l’ala di Calamicus.
Un atterraggiò brusco fece rotolare giù i due nella terra ghiacciata. Non appena si fu rizzato in piedi l’uomo controllò l’incolumità di tutti e tre. Calamicus aveva uno strappo sull’alta destra, non grave ma lo impossibilitava a volare. Alaya era incolume, lui aveva solo un ginocchio sbucciato. A terra il dragone era praticamente invincibile, ma loro due avevano perso la loro principale difesa.
<< Dovremo combattere a piedi! >> disse la ragazza, prendendo dalla sella un piccolo coltellaccio per le emergenze. L’uomo annuì e sfilò il suo spadone, lanciandosi verso un piccolo manipolo di uomini. La strega invece evocò un lupo e ci balzò sopra, gelando il sangue a chiunque al solo tocco dei suoi artigli. Nonostante la loro idea fosse quella di restare uniti, dopo breve furono separati dalla mischia.
Suo malgrado, Alaya si trovò di fronte ad un gruppo di lord avversi. Si trattavano di Lord Thomer, Lady Anety e Lord Leenard. I tre puntarono le loro spade verso l’essere di ghiaccio. << Arrenditi, o morirai! >> disse Thomer.
<< Perché vi ostinate a combattere? >> chiese la ragazza.
<< Perché dobbiamo, sono ordini del capo, Lord Oronak! >> rispose secco Lord Thomer, continuando a puntare la spada con fatica. Ora che li vedeva bene, non preoccupata da Oronak, in tre non raggiungevano i sessant’anni. Avevano sì e no uno o due anni in più di lei. Troppo facile per un uomo come Oronak controllarli, così giovani e senza guida. << E se il vostro capo vi ordinasse di buttarsi da una rupe lo fareste? >> continuò lei ad interrogarli, un po’ come per interrogare se stessa. Sarebbe bastato rimanere a palazzo e spiegare l’accaduto, indagando su Oronak per dimostrare la sua colpevolezza. Perché aveva accettato di partecipare a quella guerra. << No, seguiamo solo gli ordini che riteniamo giusti. >> rispose Leenard a nome dei tre, ma la loro iniziale sicurezza sembrò vacillare. << E secondo voi uccidere una persona solo per rendere potente un’altra è una giusta causa?! >> chiese spalancano le braccia, come a condire il suo discorso con le cruente immagini della guerra.
Un colpo di catapulta si frappose fra lei e la risposta, sbalzati tre metri più in là i tre lord provavano a rialzarsi doloranti. Purtroppo per loro Anety era a terra con una gamba rotta. Lentamente la giovane si avvicinò a cavallo del lupo. I due lord guardavano impauriti le zanne del mostro mentre ringhiava verso la povera ragazza debole e indifesa. Il lupo alzò la zampa, mentre la lady chiudeva spaventata gli occhi.
L’artiglio si appoggiò delicatamente sulla gamba rotta. L’effetto immediato che ebbe sulla poveretta fu la totale assenza di dolore. Dopo un paio di secondi la zampa si levò e si riappoggiò a terra. La lady si rialzò in fretta e furia seguita dai suoi colleghi. << Andatevene! E non fatevi rivedere fino a quando non sarò regina! >> esclamò sorridendo << Solo allora sarete di nuovo dei lord! >>. Senza farselo ripetere i tre scapparono il più lontano possibile.
Zondur nel frattempo stava avanzando menando fendenti a destra e a manca. Si ritrovò ben presto nel mezzo di una radura, un piccolo cratere creato da una catapulta. Al di là del cratere, si trovava la vedova Lady Enelia, armata con una spada gemella alla sua.
Ma certo! Era ovvio! Fin dal primo giorno aveva avuto un qualche senso di déjà-vu. Lui la aveva già vista. E lei anche.
<< Enelia! O dovrei dire Eterie! >> urlò l’uomo. << Quanto tempo! >> rispose lei salendo sulla roccia conficcato nel terreno.
<< Un’infinità! >> aggiunse lui sorridendo << Ti ricordi quando abbiamo combattuto contro quei briganti? >>
<< Sì, è tu ti ricordi quella volta in cui combattemmo soli contro un esercito? >> chiese lei tranquilla.
<< Oh sì, quanti bei ricordi… peccato non averti uccisa prima. >> rispose lui balzandole davanti con un fendente. Lei rispose rabbiosa. << Da che pulpito! Mi sembra che qui quello nel torto sia tu, non io! >>
<< Non ti permetterò di farle del male! Anche a costo di ucciderti! >> la minacciò lui. Lei tentò un montante abilmente parato dall’uomo, poi disse: << Hai ucciso mio marito! Hai ucciso il mio drago! Mi hai lasciata lì dolorante nel fango! Dammi un buon motivo per cui non dovresti soffrire così anche tu! >> disse lei con gli occhi infuocati.
<< Perché io non mi sono venduto al nemico tradendo la mia squadra! >> rispose lui, tentando di colpirle una gamba.
I due si scambiarono colpi per un paio d’ore, sempre rimanendo in piedi sulla roccia. Nel frattempo Alaya si avvicinò alla scena della battaglia. Vide Zondur in grande difficoltà, destabilizzato dai colpi veloci della donna. E vide lei che provava ad ucciderlo a ogni colpo. Nella testa di Alaya sembrava quasi che si trattasse della vendetta di una vedova. Ma in realtà c’era molto di più. C’erano un uomo e una donna, che si erano fidati l’uno dell’altra per talmente tanto tempo, che la loro divisione fu come una pugnalata per tutti e due. Si sentirono traditi, ma la divergenza di pensiero era incolmabile.
Salvare la vita di centinaia di persone o portare a termine la missione? Questa era la domanda che li aveva divisi. Ed era per questo che combattevano. Perché quel giorno, per colpa della loro indecisione, migliaia di innocenti persero la vita ingiustamente.
Erano quasi alla terza ora di battaglia quando, dopo un veloce fendente, Zondur si ritrovò senza più forze. Provò a colpirla, ma lei deviò e contrattaccò. Lui non riuscì a proteggersi bene. La spada volò qualche metro più in là. Alaya rimase paralizzata.
<< È giunta la tua fine, Zondur il cavaliere! >> disse lei, spingendolo a terra e preparandosi a calare il colpo di grazia. Caricò la mano all’indietro, mirando alla giugulare. Quando ritenne di essersi abbastanza caricata, fermò la mano e preparò il colpo.
Cadde in mille frammenti simili al vetro. La spada sfiorò per un pelo la testa dell’uomo, che si voltò per capire cosa era successo. In cuor suo lo sapeva, ma non lo sperava. Alaya invece era lì, il palmo puntato contro la vedova. Una sottile nuvoletta di condensa tradì il recente utilizzo di una magia. L’uomo cominciò a respirare affannosamente. Sarebbe stato attaccato di lì a breve dagli arcieri se Calamicus non si fosse preso la sua giusta vendetta.
<< Questa guerra deve finire! ORA! >> dissero i due quasi all’unisono guardandosi per un po’ negli occhi. Preso dall’istinto, Zondur la accarezzò la guancia. Lei gli prese delicatamente la mano, ma senza spostarla, anzi tenendola come se non dovesse più muoversi da lì. I loro sguardi si soffermarono l’uno sull’altro per almeno tre minuti. << Dobbiamo barattare la vita di tutti questi uomini con quella di uno solo… >> disse titubante lui. Da quando lei era entrata nella sua vita, la guerra non lo intrigava più. Aveva perso tutto il suo significato e la sua bellezza. Ora per lui c’era solo lei.
<< È l’unica soluzione? >> chiese restia lei.
<< Sì… >> rispose quasi dispiaciuto lui.
<< E sia! >> affermò lei dopo un lungo respiro << Uccideremo Lord Oronak! >>

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Capitolo 6
*** La magia ***


LA MAGIA
I due correvano mano nella mano attraverso la furiosa mischia. Lo avevano già fatto, ma per scappare da lui. Ora però correvano verso di lui. Per risparmiare forze Alaya aveva disattivato il lupo e proseguito a piedi. Zondur invece aveva brandito entrambe le spade da cavaliere e ne aveva allungata una alla ragazza, ma quella aveva rifiutato.
L’uomo scavalcò un cadavere, seguito come un’ombra dalla giovane. Si ritrovarono ben presto davanti ad un accampamento abbandonato sull’orlo del precipizio. Nessuno era rimasto lì. Il completo deserto. I due rallentarono il passo e ispezionarono l’accampamento.  Doveva essere passato Calamicus da quelle parti, visto che la maggior parte delle tende era bruciata.
Attraversarono lentamente tutto l’accampamento facendosi strada tra i detriti e le macerie sparse ovunque. Agli occhi di tutti quella poteva sembrare una fuga, in realtà era molto di più. Era una caccia. Ma più avanzavano, più il cavaliere aveva dei dubbi. Erano cacciatori… o prede. Giunsero al limite massimo, il burrone, dopo una decina di minuti. Un enorme abete faceva ombra a quella che una volta era la tenda di Oronak. << Non è qui allora! >> disse Alaya, mentre Zondur si accucciava per esaminare bene la scena in cerca di indizi.
<< Dove potrebbe essere adesso, Alaya? >> chiese l’uomo. Non ottenne risposta. << Alaya…? >> continuò a chiedere, preoccupato. Silenzio. Si voltò.
Erano in trappola. Lord Solant stava tenendo ferma la ragazza, bloccando la parola con una mano in bocca. Lo shock le impediva di reagire e ora tremava come una foglia nel vento. Lord Poltum stava invece puntando una lama alla testa dell’uomo. << Merda… >> sussurrò alzandosi e spostandosi secondo gli ordini della spada. Lord Oronak emerse da dietro l’albero. << Salve, cavaliere. Salve anche a lei, principessa. >> sorrise beffardo il lord. Non appena Zondur, seguendo gli ordini di Poltum, ebbe gettato la sua spada, i due scagnozzi si gettarono su di lui e lo immobilizzarono, costringendolo ad inginocchiarsi. Oronak nel frattempo aveva sfoderato la sua lama e la stava puntando verso Alaya, per impedirle di fuggire. Lei cominciò ad avere paura.
<< Guarda un po’! L’erede e lo straniero. I miei due problemi, tutti e due pronti per ricevere la mia “soluzione”. >> disse il Lord, costringendo la ragazza a spostarsi e a mettersi esattamente sul ciglio del burrone. Esattamente davanti agli occhi dell’uomo. << Colpiscilo! >> gridò Zondur, dimenandosi nella sua presa. << Fallo e lui morirà! >> disse il capo del trio facendo cenno a Solant. Questi estrasse un pugnale, e lo premette piatto sulla gola dell’uomo.
<< Alaya io… >> le parole morivano in bocca a Zondur << Mi… mi dispiace. Qualunque scelta tu faccia, però, metti prima il bene degli altri. >>. La ragazza fece fatica a non piangere.
La possente ombra minacciosa si avvicinò, puntando con la spada, alla debole bambina. << Alaya! >> gridò disperato l’uomo << Sappi che io sono già morto, sia se tu lo uccidi o meno. Almeno tu, salvati! >>
Il respiro di Alya cominciò a farsi affannoso. Il cuore nel petto le pareva esplodere. << Ti prego… Fallo per me! >> disse lui.
<< Stai zitto! >> ringhiò Poltum.
<< Fammi morire felice… >> disse Zondur, con le lacrime agli occhi.
<< Ti avevamo detto di stare zitto! >> disse Solant. Detto ciò prese il pugnale e lo conficcò. Il caldo sangue scendeva a gocce sulla neve. Zondur cadde a peso morto in avanti, urlando come un forsennato. Non cadde a terra solo perché era sorretto dalle braccia dei due uomini.
<< No! >> gridò Alaya, per poi scoppiare in lacrime. Non riusciva a vedere l’uomo che amava soffrire così, come un cane bastonato. A fatica, Zondur rialzò la testa e le sorrise. << Vedi, sorrido… >> disse con un filo di voce, mentre la ferita sul fianco continuava a spillare sangue << Non mi arrenderò finché non sei al sicuro… >>.
La ragazza singhiozzava sempre di più. Oronak li osservava. << Patetici… >> disse sbuffando << Sembrate tanto qualcuno che uccisi tanto tempo fa. Forse, Alaya, tu li conoscevi… >>. Zondur smise di sorridere e guardò con tutta la rabbia che aveva l’assassino. << Conosci la versione originale per la morte dei tuoi genitori? >> chiese retorico Oronak. Ovviamente no, tutti sapevano che la principessa non aveva voluto conoscere niente dei suoi genitori. << Zondur, lei che è così loquace, vuole illustrarci come si dice andarono i fatti? >>
L’uomo andò su tutte le furie e tentò di liberarsi, minacciando di uccidere quel mostro di uomo. Quando si fu calmato, guardò la ragazza e mimò con le labbra un “scusa”, poi iniziò a parlare: << Stando a quello che viene detto, i regnanti furono sbranati da un branco di lupi, durante una battuta di caccia. >>
<< E quali dubbi furono avanzati sull’incidente? >> continuò a chiedere Oronak fissando negli occhi la giovane.
<< Secondo alcuni, fra cui anche Lord Jinax, ci sono troppi elementi dubbi. Ad esempio il fatto che la regina odiasse la caccia, oppure il fatto che quei denti sembravano troppo piccoli per dei lupi. Ma l’indizio più forte della teoria dell’omicidio… è una spada ritrovata sulla scena del delitto e non appartenente a nessuno dei due deceduti. >>
Oronak sorrise beffardo e disse, saggiando con la punta del pollice il filo della lama: << Devo ammettere, c’è voluto molto per poter anche solo pensare di recuperarla. Se l’avessi ripresa subito tutti avrebbero sospettato di me. Avevo bisogno di tempo per ripulire tutto dalle mie tracce. >>. Zondur gridò con una forza inaudita il suo giuramento di uccidere quello stronzo umano. Poi ordinò ad Alaya di colpirlo.
Ma lei non riusciva ad ascoltarlo. Nella sua mente ruotavano all’impazzata le immagini del possibile assassinio di suo padre e sua madre. Situazione simile…
Lui fermo a terra, immobilizzato dai due leccapiedi. Lei tenuta sotto scacco dalla spada. Solo che invece del burrone, loro dovettero affrontare la muta di cani di Ornonak. Morte in entrambi i casi, e agli occhi di tutti Ornonak sarebbe uscito come innocente. Incidente prima, e ora?
Un incidente in mezzo alla battaglia? Non poteva aver fatto questa scelta. Troppo improbabile. Lui era più furbo. Aveva previsto di inscenare il loro suicidio! I due traditori che, per evitare la sconfitta e la giustizia, si suicidano gettandosi dalla rupe. Storia perfetta, con lui che ne usciva come unico eroe indiscusso.
<< Purtroppo all’epoca non sapevo della tua esistenza, ma ora non sei più un problema. >> disse Oronak << Sarò contento di poter finire il lavoro! >>
Alaya capì di non avere più tempo. Doveva trovare un modo per vincere. Per il suo popolo. Per i suoi genitori. Ma soprattutto per Zondur. Un modo per uccidere tutti e tre i lord senza ferire il cavaliere. Usare una magia che esplodere in frammenti di ghiaccio era esclusa.
Doveva riuscire a colpirlo contemporaneamente con tre magie diverse. Purtroppo per lei però era impossibile. Nessuna strega era mai riuscita ad evocare più di un incantesimo insieme, anche dopo anni e anni di esperienza. Doveva trovare una soluzione, ma ormai non c’era più tempo.
<< Saluta i tuoi da parte mia! >> disse Lord Oronak, poi la calciò sul petto, facendole perdere l’equilibrio. Alaya chiuse gli occhi, mentre il vento cominciò a fischiarle nelle orecchie per la caduta. Allungò le mani in avanti, come per trovare un ultimo appiglio. << ALAYA! >> gridò Zondur, per poi colare in lacrime. Abbassò la testa, senza accorgersi di quello che stava succedendo.
Dalle mani di Alaya uscirono, come se fossero sempre state rinchiuse lì, tre colombe di puro ghiaccio. Una di loro si diresse verso Lord Solant, colpendolo e facendolo crollare in mille frammenti. Un’altra si diresse verso Lord Poltum, raggelandoli il cuore e facendolo accasciare a terra. L’ultima puntò a Lord Oronak, ma fu deviata con un riflesso fulmineo dalla sua spada e finì alta nel cielo.
Zondur colse al volo l’occasione, mentre Lord Wiser arrivava allarmato sulla scena, dopo essersi fatto strada tra migliaia di soldati. Afferrò la sua spada da terra e decapitò con un colpo secco Oronak. << BASTARDO! >> gridava lui, avventandosi con la sua spada con tutta la rabbia e tutto il dolore sul corpo già martoriato del lord. Wiser provò a rallentarlo, ma lui si fermò solo quando si sentì soddisfatto. Rotolò di lato e pianse con tutte le forze che aveva.
<< È finita… Abbiamo vinto… >> disse Lord Wiser.
<< Wiser… >> singhiozzò Zondur << Ho fallito! >>

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Capitolo 7
*** La fine ***


LA FINE
Zondur scolò l’ennesimo bicchiere di distillato come se niente fosse. Janel lo guardava stupita. Sapeva che nel regno c’erano stati dei problemi con l’erede e c’era uno straniero che aveva convinto la principessa a tradire il popolo. Sapeva che c’era stata una guerra.
Sapeva tutto. Tranne che quello straniero fosse lo straniero.
In quel momento, nelle sue orecchie la cacofonia della taverna scemò fino a sparire. C’era solo lei, il suo interlocutore e la storia che le aveva appena raccontato. << Che cosa è successo dopo? >> chiese la prostituta. L’uomo riempì un altro bicchiere prima di risponderle.
<< Lord Wiser ha riformato il Consiglio dei Lord, ma solo con lui, Lord Jinax e i tre lord che aveva affrontato Al… la principessa. A breve sarà eletto re, la migliore opzione che avete per ora. >> rispose lui. Provare a nominarla, o anche solo a pensarla, gli faceva risalire dal cuore un enorme dolore. Lo affogò con il bicchiere di liquido scuro prima che potesse uscire. << Per quanto mi riguarda. >> continuò lui << Nonostante Wiser continui a negarlo, ho fallito la mia missione. Pertanto, secondo il giuramento che ho compiuto per i Falchirossi, devo abbandonare il mio lavoro. Calamicus resterà con me e diventerò un cavaliere decaduto. Lord Wiser mi ha però proposto di essere cavaliere di drago secondo il regno di Urigan, e addestrare una nuova squadra. >>
<< Beh, è una buona notizia. >> affermò la prostituta abbozzando un sorriso. Si diede dalla stupida mentalmente. Era venuta lì per portarselo a letto, ma ora il suo cuore sapeva che non poteva farlo. Era una puttana, ma aveva la sua etica. Lui la fissò, riempiendosi un nuovo bicchiere. Almeno reggeva bene l’alcool. << Non ho accettato! >> disse, poi si scolò il bicchiere, si alzò e fece per uscire. << Finisci tu la bottiglia. Un regalo per avermi ascoltato. >>.
La ragazza si alzò spostando la sedia. << Dove vai? >> chiese. Nonostante fosse una persona come le altre si sentiva come in obbligo verso quell’uomo. << Quello che dovevo fare tanto tempo fa >> rispose lui, per poi uscire.
Calamicus lo aspettava in una radura fuori dalla città. << Vecchio mio, è giunto il momento. >> disse lui accarezzando le scaglie purpuree. Il drago ruggì basso, quasi ad esprimere la sua disapprovazione. Salì sulla cavalcatura e la fece decollare. Le nuvole scivolavano dolcemente sul corpo rosso mentre volava lento verso il castello. Atterrò vicino al portone che chiudeva la prima cinta di mura.
Non aveva avuto tempo di osservare il castello dopo che il suo fido compagno lo aveva ricostruito. Ora era veramente un castello serio. Erano rimaste solo le edere sulla porta. Le strappò delicatamente per poi gettarle a terra. << Calamicus >> disse lui, poggiando la mano alla porta << Vorrei rimanere da solo… >>. Il dragone avvicinò il suo muso all’uomo e sbuffò. Questi lo accarezzò dolcemente, poi si voltò e si allontanò nella pianura.
Camminò per la pianura su cui si era tenuta là battaglia. La neve aveva già coperto i segni della lotta. Continuò a camminare ricordando tutto. Quella roccia, il proiettile su cui era stato salvato dall’attacco di Eterie. Quei segni di artigli, dove Calamicus era caduto colpito all’ala. Gli spuntoni di ghiaccio, residui dei falchi di Alaya. Legni bruciati, appartenenti forse all’accampamento di Oronak. E poi quello.
L’abete svettava in tutta la sua grandiosità sul burrone. Era l’unico testimone, oltre a lui, di quello che era successo. Chiuse gli occhi per un paio di secondi. Dovette riaprirli subito. I ricordi lo colpirono duramente, come un coltello attraverso la carne.
Osservò attentamente il grande vuoto che si apriva sotto i suoi occhi. La fine del burrone non si vedeva da lì. Questo aveva rallentato la ricerca del corpo. Troppo, tanto che il cadavere forse era stato preso dai lupi o coperto nella neve, perché la ricerca, anche con Calamicus e il suo fiuto, non era riuscita a ritrovarla.
Tirò fuori da un borsello legato in vita una boccetta di liquore. La bevve, per poi iniziare a parlare: << Principessa Alaya, tanto tempo è passato da quando ti ho conusciuta, ma non abbastanza da quando mi hai lasciato. Wiser sarà un ottimo re, certo, ma io sono sicuro che tu saresti stata migliore. Ricordo la prima volta che sentii la tua voce ed ebbi un brivido. Stessa cosa quando ti vidi per la prima volta, quando ridesti per la prima volta, quando ti abbracciai per la prima volta. >> il fiato cominciò a mancargli, le lacrime iniziarono ad addensarsi ai bordi degli occhi << Tu mi hai fatto capire che la mia vita è piena di rammarichi, piena di inutilità e tristezza. Tu, che quando ti arrabbiavi non sapevi come reagire da vera regina. Tu, che provavi sempre a non parlare, ma alla fine chiacceravi ore ed ore. Tu, che avevi il terrore di spostarti anche solo di un metro senza di me. Tu, Alaya… >> il nodo in gola si fece sempre più grande, dovette porre rimedio con un altro sorso di liquido caldo << Tu, Alaya… sei il mio più grande rammarico. Mi rammarico di non averti salvato, mi rammarico di non averti protetto, mi rammarico di averti lasciato morire senza lottare. E soprattutto, mi rammarico di non avertelo detto. So che ora è tardi, ma non posso vivere senza dirtelo. Alya… ti amo. >>
Finì la bottiglia e la gettò il più lontano possibile. Poi ammirò ancora un po’ il paesaggio. Spalancò le braccia e tirò indietro la testa. Chiuse gli occhi e sussurrò: << Ci vediamo presto, mocciosetta. >>. Detto ciò si lasciò cadere in avanti, pronto a sentire solo il duro impatto con la terra.
Qualcosa lo trattenne. Un freddo laccio che lo cingeva in vita piano piano lo fece tornare in piedi. Lui aprì gli occhi e si voltò. << Ti avevo detto che volevo restare da solo, stupido drago! >> urlò voltandosi, ma quello che vide gli fermò il cuore.
<< Ehilà, Cavalier Zondur. >> disse Alaya appoggiata di lato all’abete. L’uomo rimase senza parole e a fatica riuscì a richiudere la bocca. << Ma… ma… tu dovresti… dovresti essere… >> disse tra lo stupore e la gioia incontenibile. << Morta? Già, ma non mi piaceva molto l’idea. >> disse ironica la ragazza avvicinandosi all’uomo << Ma ora parliamo di te. Sei consapevole che non è adatto ad un re ubriacarsi con i distillati? >>
L’uomo non aveva capito un bel niente di quello che aveva detto, la sua unica reazione fu quella di gettarsi tra le braccia della principessa. << Come hai fatto a salvarti? >> chiese esplodendo in lacrime di gioia. << Beh, ho valutato che tre colombe sarebbero bastate: due per gli stupidi scagnozzi e una per distrarre Oronak e salvarmi. >> rispose tranquilla lei. << Ma è impossibile per qualsiasi mago eseguire più di un incantesimo in contemporanea! >> fece notare lui. Forse l’alcool cominciava a fargli brutti scherzi. << Lo pensavo anche io, ma poi mi sono ricordata: la prima volta che io usai la magia colpì i due briganti contemporaneamente, così ho pensato che potevo fare la stessa cosa. Poi, siccome non c’è due senza tre… >> disse lei fingendosi superiore.
<< Mi sei mancata. >> disse lui.
<< Sono sicura che le parole che vuoi dire sono altre. >> commentò lei.
<< Ti amo! >> aggiunse il cavaliere.
La strega non rispose. Si limitò a baciarlo. Ed ecco. Il quinto brivido. Era il quinto che provava e il più dolce di tutti, da quando tutta quella storia era incominciata. Alaya aveva sentito il suo quinto brivido. Ed era la persona più felice del mondo.

<< Lord Wiser! >> esclamò Lord Thomer, correndo verso l’uomo. Dietro di lui correvano anche Lord Leenard e Lady Antey. Quest’ultima aveva in mano una vecchia pergamena ingiallita ed erosa dai tarli. Lord Jinax, che accompagnava Wiser, si voltò interessato. << Abbiamo rinvenuto questa pergamena fra i manoscritti di Lord Contanor. >>
Wiser la prese e la lesse mentalmente. Sorrise, giunto alla conclusione. << Te l’avevo detto che la mia interpretazione era giusta. >> disse allungandola a Jinax. Questi schiarì la voce e lesse:
Quando colui che porta il fuoco nel sangue
E colei che porta il ghiaccio nel cuore
Uniranno le forze, la pace tornerà.
Ma per ottenere ciò
Il cuor di lui di fuoco si riempirà
Il sangue di lei di ghiaccio sarà
Su di un grande dragone giungerà lui
E ad ingannare la Morte riuscirà lei
Per portar eterna pace al regno di Urigan.

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