Our Love Will Be Possible

di King Of My World
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


OUR LOVE WILL BE POSSIBLE

PROLOGO

 
Salvatore era un ragazzo come tanti, ma con una natura diversa: esattamente era omosessuale, non lo sapeva nessuno e lui di certo non voleva che lo sapessero e decise di continuare per la sua strada. Gli unici che lo sapevano, erano solo suo fratello e sua sorella, ma quest’ultima si sposò ed ebbe una bambina: Yara. Alla nascita, furono tutti felici, ma poi quella felicità venne spenta in un solo istante per via di uno sbaglio del padre di Salvatore; fece un grandissimo sbaglio, facendo un patto con una famiglia poco di buono e ne pagarono tutti le conseguenze. Invece gli ultimi di famiglia, ossia Salvatore e Yara, si salvarono perché della bambina, gli assassini ebbero pietà e la lasciarono nella culla a piangere, uccidendo la madre e il padre senza un minimo di pietà. Dopo poche ore, ammazzarono anche la madre e il padre di Salvatore, ma quest’ultimo essendo a scuola, non gli capitò nulla: ma quando tornò a casa, vide sia la madre che il padre senza vita. Salvatore era il terzo della famiglia Vinaccia, mentre Yara era la sua prima nipote, ma la morte dell’intera famiglia gli portò rabbia e schifo. Alla fine, entrambi vennero affidati a Robert Pattinson. Si prese lui stesso l’impegno dopo l’accaduto, e non voleva che entrambi venivano sbattuti in collegio senza un minimo di pietà: anche perché Giovanni, il padre di Salvatore, aiutò Robert a farlo entrare nella sua azienda e fu come un padre per quest’ultimo. Salvatore non se lo ricordava affatto, anche se non gli importava di ciò che faceva il padre; il quale gli impedì di procedere per il suo sogno. Voleva frequentare una scuola di canto, invece di studiare economia. Il padre non gli interessava nulla, decidendo di scriverlo alla ragioneria; perché il ragazzo in futuro, doveva occuparsi dell’azienda di famiglia. Suo fratello e sua sorella si fermarono in terza media, essi non erano al quanto capaci a scuola come Salvatore e quindi l’azienda doveva andare nelle mani di quest’ultimo. Ma dopo la perdita della famiglia, andò nelle mani di Robert Pattinson, essendo il miglior amico del padre anche se provvisoriamente: perché dopo che Salvatore compierà la maggiore età, andrà tutto nelle sue mani. Ma poi col tempo, le cose cambieranno del tutto, anche perché Salvatore e Robert si avvicineranno molto e la piccola Yara crescerà assieme a loro con amore e dolcezza, formando così, una famiglia quasi “perfetta”. Salvatore amava molto il canto e soprattutto il suo idolo, Lady Gaga. Il suo sogno si avvererà grazie a Robert, il quale lo appoggerà durante la loro convivenza. Tra loro, nascerà un amore incondizionato: uno di quelli che col tempo, diventerà sempre più forte.
 
Robert non aveva né moglie e né famiglia, ma quando seppe della morte del suo capo Giovanni, il padre di Salvatore assieme ai suoi familiari, rimase molto male all’accaduto e quando scoprì che il suo ultimo figlio e sua nipote erano ancora vivi, decise di prendersene cura lui stesso. All’inizio in Salvatore, non c’era tutta questa felicità di avere un tutore così giovane, ma si rassegnò alla situazione e cercò di accettarla; anche perché della famiglia non gli era rimasto più nessuno e il ragazzo ne era consapevole. E Robert cercò di stargli accanto quanto poteva, per poi innamorasi completamente di lui. Anche Salvatore col tempo, lo capirà e il momento della dichiarazione non sarà facile per entrambi, perché nel paese l’omosessualità era un qualche cosa di grave: Salvatore era al quanto schifato per questo, ecco perché stava il più lontano possibile dalla sua classe. Nessuno li accettava nella società, ma stavamo in Italia: Secondo voi, lo potevano mai accettare? Quando i loro compagni di classe, sapranno della loro storia, cominciarono a vedere Salvatore con altri occhi; ma la cosa strana, è che lo accetteranno. Grazie a Robert, Salvatore acquisterà molta più sicurezza e comincerà ad aprirsi molto di più rispetto a prima. Chissà, forse perché l’amore gli farà bene!
La differenza di età non era molta, anche se alcuni dei suoi compagni di classe non sarà d’accordo per questo e quindi ci saranno anche alcuni attacchi di gelosia. Ma supereranno anche questo, Robert aveva venticinque anni mentre Salvatore ne aveva diciassette. All’inizio, ci saranno soltanto alcuni momenti di dolcezza come fratelli; ma col tempo, diventeranno una coppia a tutti gli effetti…



YARA 


SALVATORE 


ROBERT 




Ok, non mi ammazzate per questa mia nuova storia, tra l'altro: sono nuovo della sezione, quindi abbiate pietà di me! ç-ç
So che la storia sia piena di errori, anche perché ne sono consapevole, ma ho deciso di scrivere qualcosa si Yaoi e non mi dispiace affatto di fare un tributo ai gay perché vorrei far capire alla gente che anche loro sono in grado di amare.
L'amore non ha né età, né sesso ecc...Ma quando si trova, si trova e basta. Anche loro sono esseri umani come noi ed io li accetto perché li appoggio, non so perché li odino. Insomma, io ne conosco tanti e sono anche brave persone e ho deciso di scrivere questo e sarà una mia storia a capitoli. Yara avrà 1 anno, Salvatore 17 e Robert 25. Spero che la storia vi piaccia, ed ovviamente sarà a capitoli!
Grazie per chi la legge. Se volete, lasciatemi una recensione! :)
Spero che vi farà piacere, se scriverò questo tributo e grazie anche per avermi ascoltato! XD







 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

UNA NUOVA CONOSCENZA


Sembrava un giorno come tanti, ma quando seppi la notizia rimasi davvero senza fiato. Non sapevo cosa dire, cosa fare, cioè fu un duro colpo per me: la mia famiglia fu assassinata mentre io ero a scuola. Quando tornai a casa, vidi mio padre e mia madre che stavano sdraiati sul letto ed io che li chiamavo in continuazione, non ottenendo risposta. Poco dopo, mi avvicinai e capii subito che erano morti. Ero spaventato e non sapevo cosa fare, e chiamai a malincuore la polizia, perché ero davvero scioccato e non riuscivo a dire una parola.
 
-Vi prego, aiutatemi! I miei genitori sono morti, ero tornato da scuola come sempre. Per favore, non so cosa devo fare!-. Urlai spaventato.
 
Non piangevo, ma sentivo una rabbia molto forte: volevo capire cosa fosse successo, ma in quel giorno capii che qualcuno ce l’avesse con la mia famiglia perché non vennero  assassinati solo mia madre e mio padre, ma anche mia sorella e mio fratello. A quel punto non sapevo davvero cosa fare. M’inginocchiai in un angolo e piansi, forse sarebbe stata l’unica soluzione per sfogarmi.
 
-Salvatore, essendo minorenne sia tu che tua nipote, Yara. Finirete entrambi nella mani di un tutore.-. Mi disse un assistente sociale.
-Mia nipote Yara è viva? Per favore, voglio vederla!-. Urlai dalla felicità.
 
All’improvviso vidi mia nipote, ma stava tra le braccia di un uomo alto, moro e con occhi verdi sull’azzurrino. Era niente male, era giovane ma mi importava di mia nipote.
 
-Yara, come sono felice di vederti!-. Strillai contento a mia nipote.
 
Aveva solamente un anno, ma in lei sbocciò un gran sorriso e ne rimasi felice, ma notai che si divertiva molto tra le braccia di quell’uomo.
 
-Tu devi essere Salvatore, giusto? Perché sarò io il tuo tutore d’ora in poi!-.
-Ah davvero? Bene, cominciamo ad avere le distanze e non mi interessa nemmeno sapere chi sei e ora lasciami in pace.-.
 
In realtà, stavano succedendo troppe cose insieme e non mi andava molto di parlare.
 
-A come vedo, avete già fatto amicizia?-. Aggiunse l’assistenza sociale.
-Il ragazzo ha un carattere davvero forte, ma credo che potremo essere ottimi amici. Adesso è presto!-. Continuò quell’uomo.
 
Ma chi era? E poi che aveva a che fare con la mia famiglia, non lo avevo mai visto in casa mia e non mi risultava che papà conoscesse gente così giovane. Egli si occupava di affari, esattamente era un commercialista, ma non riuscivo a capire il motivo della morte della mia famiglia e lo potevo sapere soltanto domandandolo a quell’uomo. Ma non ci tenevo per niente.
 
-Bene, ho firmato tutto e comunque anche se non ti interessa sapere chi sono, io mi chiamo Robert Pattinson ed ero amico di tuo padre ed essendo che quasi tutta la tua famiglia è passata a miglior vita. Mi sono preso io la responsabilità di prenderti in custodia sia te che tua nipote, ma non chiedermi cosa stia succedendo perché non ti saprei proprio rispondere.-. Mi raccontò tutto d’un fiato.
-Migliore amico di mio padre?-. Dissi sorpreso.
-Si.-.
 
Mi ricordai mezza cosa, ma non del tutto. Ci fu qualche ricordo, però non proprio bene: forse quando ci fu una cena di lavoro, potrebbe anche essere; secondo me, fu un giorno in cui non ci feci proprio caso.
 
-Guarda caso, io di te mi ricordo benissimo e so che vai anche molto bene a scuola e hai scelto l’indirizzo di tuo padre, amministrazione finanza e marketing.-.
-A dire il vero, l’ha scelto lui e non io. Volevo fare altro in futuro, ma non mi è stato concesso!-.
 
Abbassai lo sguardo, ma lui me lo rialzò e mi invitò a salire nella sua Ferrari perché dovevamo trasferirci sia io che mia nipote a casa sua.
 
-Se stai pensando alle tue cose, rilassati perché ci ha già pensato l’assistenza sociale a portarle a casa mia.-.
 
Era vero, stavo pensando alla mie cose. Non lo risposi, ma mossi la testa per dire ok.
Durante il viaggio, non dicemmo una parola, ma stava solo Yara che faceva i suoi soliti capricci perché non le piaceva viaggiare in auto. All’improvviso, Robert volle rompere il silenzio e faceva di tutto per farmi parlare ma io muovevo solo la testa.
 
-Cosa c’è? Il cane ti ha mangiato la lingua?-.
-No, non mi va di parlare.-.
-Adesso hai parlato, dai sto facendo di tutto per farti distrarre!-.
-Scusami, ma è successa una strage come vuoi che io stia meglio?-.
-Hai ragione!-.
 
Perché voleva farmi parlare? Di solito nessuno voleva mai parlare con me, mi trattavano come il solito raccomandato dal padre e mi sentivo una vera schifezza. Mi sentivo sempre solo e nessuno mi faceva sentire importante, ma nemmeno per cinque minuti, ma quel ragazzo voleva ascoltarmi e chissà come mai si prese quest’impegno. Arrivati a casa sua, mi mostrò la camera in cui dovevo dormire.
 
-Questa è la tua stanza, spero sia di tuo gradimento!-.
-Oh certo, non m’importano i colori o di com’è strutturata, non sono viziato!-.
-Ah meno male, comunque di tua nipote me la vedo io. So come fare, tu cerca di stare tranquillo!-.
 
Sorrisi a quelle parole. Dovevo essere sincero, perché era molto gentile e disponibile, sembrava quasi peggio di mio fratello. Certo, mio fratello!
Mio fratello e mia sorella, mi facevano stare bene e mi aiutavano a superare sempre momenti grigi della mia vita, e mi accettarono soprattutto la mia natura: perché ero gay e se lo dicevo nella mia scuola, erano guai per me ma decisi di stare zitto e tacere. In classe, a malapena andavo all’interrogazione e parlavo coi professori, ma niente di più; non era semplice affrontare questa situazione, ma ero abituato. Ormai i miei fratelli non c’erano più, vennero ammazzati anche loro. Chissà perché!
Presi il mio I-phone 4s e decisi di ascoltare un po’ di musica, ascoltai Lady Gaga, il mio idolo; misi la canzone “Mary Jane Holland” era un testo senza senso, ma mi piaceva e lo cantavo con un’espressione triste e delusa. Robert mi guardò attentamente.
 
-Hai una voce da mozzare il fiato, dovresti fare qualcosa!-.
-Oddio, chi ti ha dato il permesso di entrare senza il mio permesso!?-.
-Scusa, ma volevo chiamarti per mangiare, essendo che non rispondevi, mi sono deciso di entrare perché mi sono preoccupato.-.
-Ah.-.
 
Rimasi a bocca asciutta, ma soprattutto quando mi disse che si era addirittura “preoccupato” da una parte mi fece piacere, ma dall’altra; vorrei che si facessi gli affari suoi.
Dopo aver cenato, volevo andare in camera mia, ma decisi di fargli prima una domanda.
 
-Robert, ma tu sei sposato? Hai figli o vivi da solo?-.
-Finalmente ti sei deciso a parlare! Comunque no, e tu sei fidanzato?-.
-Si, sono fidanzato con la musica perché è la mia unica salvezza!-.
 
Robert mi sorrise, ma poi mi decisi di andare in camera, tanto era bravo con Yara: sembrava mio cognato, anche lui fu assassinato. Chissà come mai, ma io non piangevo ma ero troppo arrabbiato, volevo sapere la verità perché morirono tutti nello stesso giorno. Può darsi papà avrà fatto qualche patto che non doveva fare, potrebbe essere. Mi affacciai alla finestra e vidi la pioggia che cadeva a terra come se ce l’avesse con la terra, il cielo urlava perché voleva farsi sentire ed io che canticchiavo G.U.Y di Lady Gaga:
 
I’m gonna wear the towel, the power to leave you
I’m aiming for full control of this love (of this love)
Touch me, Touch me, Don’t be sweet
Love me, love me, please retweet
Let me be the girl under you that makes you cry.

 
Artpop era un tormento, perché il mio idolo creò un qualche cosa di spettacolare. Poco dopo, decisi di andare a bere un bicchiere d’acqua perché mi scatenai come un pazzo in camera mia.
-Che hai passato? Sei tutto sudato!-. Mi disse preoccupato Robert.
-Nulla, ho sfogato un po’ di rabbia guardando la pioggia!-. risposi.
 
Il ragazzo mi sorrise, ma non mi disse nulla di particolare; di solito la mia famiglia mi trovava strano sfogarmi con la musica, ma per me era tutto normale: ero una persona molto seria, non mi piaceva il divertimento o uscire con gli amici, ma preferivo starmene per conto mio e fantasticare con la musica ed essere trascinato in un’altra dimensione. Mi piaceva vivere nei sogni e ogni giorno mi cimentavo a scrivere testi di musica, adoravo il nonsense; infatti, tutti i miei testi erano senza senso e coincidevano con la realtà, ma era tutto surreale. Anche se non ero etero come tutti credevano, avevo anch’io la capacità di sognare ma qui in Italia si sapeva, perché un gay per loro era un qualche cosa di anormale. Ed io adoravo Lady Gaga per questo, sosteneva il LGBT e ne andavo fiero. Nella vita, non mi sono mai innamorato di nessuno e non volevo che capitasse, perché non mi andava di soffrire per nessuna ragione al mondo.
 
-Pensavo mi ritenessi strano, visto che la mia famiglia mi riteneva sempre “strano”!-. Risi ricordando il passato.
-Non ti preoccupare!-.
 
All’improvviso mi venne da piangere, ma sapevo il perché: forse sarà perché mi ricordai dei miei familiari, ma il mio tutore mi si avvicinò e mi abbracciò proprio come se fosse il ragazzo che ho sempre desiderato, il quale non arrivava mai nella mia vita.
 
-Non piangere, ci sono qui io…-.
 
Quelle parole, mi diedero tanto sicurezza e mi fecero stare molto meglio.
 
-Grazie, ti ringrazio perché ti sei preso un impegno molto difficile a prenderti cura di noi. Ma toglimi una curiosità, quanti anni hai?-.
-Venticinque, perché me lo chiedi?-.
-Beh, sei giovane e hai una vita davanti, perché ti sei preso quest’impegno?-.
-Tuo padre era un grande uomo e non potevo non accettare, perché gli sono da debitore perché mi fece un mucchio favori…-.
-Bene, grazie dell’abbraccio. Ora vado a dormire.-.
-Di nulla, spero ce ne siano altri!-.
 
Mi accarezzò la testa e ci staccammo, fu un momento davvero magico per me; ne fui molto felice per questo e andai a letto molto felice pensando di essere fortunato sia per mia nipote, alla quale non le era successo nulla, e anche di aver trovato un tutore a dir poco fantastico ed anche carino.

Robert 

Salvatore

Yara



Ciao a tutti, scusatemi per il grosso ritardo ma ci ho messo tempo a scrivere il primo capitolo di questa storia, spero che vi sia piaciuto. Ciao!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

UN BACIO INASPETTATO


La mattina seguente stavo tranquillamente sistemando i libri di scuola, quando vidi Robert entrare in camera mia: come al solito, non bussava mai.

-Sbrigati che farai tardi!-. Mi urlò preoccupato.

Sbuffai alle sue parole, perché aveva sempre paura che fossi arrivato tardi. Erano le otto in punto e a scuola si entrava alle otto e trenta, quindi il ritardo non era poi così colossale.

-Stai tranquillo, che tanto nessuno ci corre appresso!-. Cercai di calmarlo.

-Scusami, sono un po’ ansioso oggi perché c’è una riunione...-.

-Non ti preoccupare, sono sicuro che andrà bene!-.

Una riunione? Tutto questo casino per una riunione? A quanto ricordassi, mio padre non si faceva tutti questi problemi, mentre lui adesso se ne stava creando una marea, come se qualcuno avesse potuto licenziarlo. Ma non poteva essere licenziato: l’azienda era nelle sue mani.

-Anna, allora ti occupi tu della casa e della bambina? Mi raccomando, ora accompagno Salvatore a scuola e poi vado a lavoro. Ci vediamo dopo!-. Raccomandò alla donna.

-Certo, non si preoccupi signor Pattinson!-.

Anna era la cameriera di Robert, infatti veniva ogni mattina a occuparsi della casa, ma a quanto pareva era anche una baby-sitter. Aveva un’aria deliziosa, era giovane e bella come il sole, gli occhi azzurri che spiccavano nel suo viso. Sembrava davvero interessata al mio tutore, ma lui non ci faceva mai caso. A Robert non importava nulla di quella donna e la trattava semplicemente come una normale domestica, poverina. 

Quando entrammo in macchina, mi fissò un po’ come se mi conoscesse da sempre.

-Cosa c’è?-. Gli domandai.

-Non ti posso guardare? O è un reato?-.

-Finiscila, mi metti in imbarazzo!-. 

-Ah scusa, non volevo metterti a disagio.-. Mi rispose triste.

In effetti, trasmetteva ansia e mi dispiacqui per avergli risposto così. Ma in quel momento avevo altri pensieri in testa, tipo ricordarmi che avevo francese alla prima ora ed io detestavo quella materia.

-Che materia hai alla prima ora?-. Mi chiese curioso. Ma che faceva, leggeva nel pensiero?!

-Prima ora? Francese, detesto questa lingua più di me stesso!-.

Odiavo il francese, perché la professoressa che avevo mi faceva paura e per questo mi passava la voglia di impegnarmi ancora di più nella sua materia: mi sgridava soltanto e non mi dava mai la possibilità di spiegare. Ma non è che facessi così schifo, anzi!

-Anch’io odiavo il francese alla tua età, ma poi dandomi da fare, la mia professoressa mi premiò con un bell’otto!-.

-Otto? Io ho nove e si lamenta!-.

-Addirittura?!-.

-Si!-.

A quel punto però eravamo arrivati davanti al cancello di quella dannata scuola, così salutai il mio tutore e m’incamminai verso l’entrata. Non avevo proprio voglia di fare lezione però: aver parlato con Robert mi aveva aiutato a stare meglio ed anche lui sembrava essersi calmato.

-Ciao Sasy, come stai oggi?-. Mi chiese una mia amica non appena arrivai.

Angela Cancellotti era la mia migliore amica. Perché? Perché era l’unica della classe ad aver saputo la verità sulla mia natura ma, al contrario di quanto mi aspettavo, non la prese male. Lo capì da sola e così un giorno le diedi la conferma. 

-Diciamo bene, è già da una settimana che la mia famiglia è scomparsa ed io non so nemmeno come mai sono qui, come mai sono l'unico rimasto in vita!-. Risposi triste.

-Perché dici così? Tu sei buono, gentile, ormai nessuno è come te! Sasy, tu meriti di vivere ed andare avanti! Sono sicura che i tuoi genitori ti aiuteranno anche da lassù e sai che loro ci saranno sempre per te. Anche se tu fisicamente non li vedi, loro sono qui.-. Cercò di tranquillizzarmi con le sue parole. 

Le ero molto grato di ciò che mi aveva appena detto e iniziai a sentirmi meglio. I miei genitori, anche se quand'erano in vita non mi consideravano quasi mai, li volevo bene lo stesso e non avrei voluto che mi abbandonassero così presto. Ma, purtroppo, la mia vita era fatta così e dovevo accettarla. Perché non era semplice perdere una famiglia su due piedi, per poi trovarsi nelle mani di un tutore che nemmeno conoscevi: poteva essere anche gentile e carino, ma ero consapevole che non sarebbe potuto essere come un padre. 
Magari come un fidanzato poteva anche andare...  Ok, a cosa stavo pensando? Forse avrò sbattuto la testa da qualche parte: stavo già cominciando a pensare a cose impossibili.

-Vinaccia, ci riprendiamo?-. Mi domandò la professoressa.

-Ah sì, mi scusi prof, sono un po’ triste oggi.-. Le risposi.

Dopo le lezioni, Robert mi venne a prendere e quando entrai in macchina, non gli rivolsi nemmeno uno sguardo perché ero troppo occupato a salutare Angela con la mano. 

-E’ la tua fidanzata?-. Mi chiese brusco.

Non mi piaceva il modo con cui si era rivolto, sembrava gli desse fastidio anche il semplice fatto che io stavo salutando una mia cara amica.

-No, è solo una mia cara amica!-. Risposi arrabbiato.

-Perché ti arrabbi? Era solo una domanda.-. 

-Non sono arrabbiato, ma non puoi infastidirti così tanto per una domanda così banale!-.

-Ah scusami allora.-.

Non faceva altro che immischiarsi nella mia vita! Sapevo che doveva conoscermi meglio, però non mi andava di essere sottoposto ad un interrogatorio ogni volta!

Arrivati a casa, decisi di andarmene in camera mia prima di iniziare a mangiare e cominciai a preparare i libri per studiare durante il pomeriggio: avevo una marea di compiti, tra cui economia aziendale, una materia davvero fastidiosa da capire. All’improvviso, quando la donna di servizio se ne andò, Robert venne nella mia stanza, perché voleva scusarsi per il suo comportamento.

-Ehm, volevo chiederti scusa per prima: mi sono comportato davvero male e ti prego, non arrabbiarti con me, sono stato sempre solo negli ultimi due anni ed ora che ho addirittura qualcuno di cui occuparmi non so davvero come comportarmi!-. Mi disse, mentre abbassava lo sguardo.

Non sapevo cosa fare, ma il mio istinto mi disse: “Perdonalo, avvicinati a lui”.

Così all'improvviso mi avvicinai a lui e lo abbracciai come se fosse mio fratello; purtroppo per me, non sentii l’affetto di un fratello, ma un sentimento più forte. Lui cominciò a stringermi maggiormente, come se avesse bisogno di affetto. In effetti, si notava che ne aveva bisogno, era una persona davvero carina e sensibile. Ci staccammo dall’abbraccio e poi mi guardò attentamente negli occhi. In quel momento, capii cosa stava per fare. Quando mi baciò dolcemente le labbra mi staccai velocemente. Cavolo, che avevo fatto? Perché mi ero allontanato?

-Oddio, Yara dov’è?-. Inventai una scusa, perché non sapevo che fare, come comportarmi.

-Sta dormendo, ma... Perché ti sei allontanato?-. 

-Io non mi sono allontanato! Mi sono solo preoccupato per mia nipote..-. 

In realtà, ero in gran difficoltà: non sapevo cosa fare! All’improvviso però mise le sue mani attorno alla mia vita e cominciò a sussurrarmi in continuazione nell'orecchio.

-Non devi preoccuparti, mi sei piaciuto fin dal primo momento che ti ho visto.-.

Rimasi scioccato da quelle parole. Non riuscivo a credere a quello che aveva appena detto.D'istinto lo abbracciai, ma in realtà non ero al cento per cento convinto di quella situazione. Che cosa sarebbe successo ora?

ROBERT

SALVATORE

YARA




Spero che questa storia vi stia piacendo, ciao! :)

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

A CENA FUORI


Non ero felice al cento per cento, perché avevo tanta paura di soffrire e non ero ancora pronto di affrontare una relazione ma lui non si faceva nessun problema: mentre io si, perché avevo paura dell’amore e non solo per questo; ma anche perché Robert era un bel ragazzo e infatti, non facevo altro che pensare a quel bacio di ieri sera. Perché fu un grandissimo atto di coraggio ma, quindi anche lui era omosessuale come me?
Il mattino seguente, mi alzai dal letto, mi preparai e andai a fare colazione. Non c’era nessuno in cucina.
 
-Robert? Yara? Dove siete? Non c’è nessuno?-.
 
Nessuno rispondeva, così andai a controllare nella stanza di Robert dove c’era anche la culla di Yara: la bambina dormiva beata, ma Robert non c’era. Stavo cominciando ad arrabbiarmi, perché doveva accompagnarmi a scuola e stavo davvero perdendo la pazienza; lo cercai per tutta la casa, ma all’improvviso mi affacciai alla finestra e vidi Anna che stava per entrare in casa.
 
-Buongiorno, Salvatore! Come va, tutto bene oggi?-. Mi disse mentre si toglieva il cappotto.
-No, per niente! Dov’è Robert? Devo andare a scuola!-.
-Ah si, non ti preoccupare. Sta per arrivare. E’ andato un attimo al bar a prendere qualcosa per colazione perché non c’era niente da mangiare, mi aveva chiamato per assicurarmi se fossi sveglio e di controllare Yara.-.
-Ah, meno male. Temevo il peggio! Comunque Yara sta ancora dormendo beata nella sua culla, beata lei!-. Terminai con un sorriso.
 
Mi accosciai per un po’ sopra al divano, mentre la cameriera cominciava a fare il suo lavoro: era davvero una bella ragazza. All’improvviso, i miei pensieri si sbloccarono per via di Robert che entrò dalla porta.
 
-Finalmente, ma che fine avevi fatto?!-. Urlai preoccupato.
-Avevi paura che fossi scappato? Ma come eccomi qua!-. Mi disse con un sorriso.
-No, è che non voglio fare tardi a scuola oggi.-.
-Anna è di là, mi dai un bacio?-.
 
A quelle parole, arrossii come uno stupido e non mi sentivo a mio agio. Lo guardai, ma non esitai per niente la sua richiesta perché era ciò che volevo anch’io in realtà.
Dopo aver fatto colazione, ci infilammo in auto e andammo presso il luogo stabilito: la scuola. Avevo vergogna di parlare con lui, però dovevo spiegargli alcune cose perché volevo capire cosa eravamo.
 
-Posso farti una domanda?-.
-Anche due!-.
 
Cominciai un po’ a tremare, perché avevo paura della sua risposta e non volevo che si arrabbiasse con me. Purtroppo, doveva capire che era la mia prima volta che qualcuno si era interessato a me e giustamente, io non ero molto sicuro di quella situazione che si stava per creare.
 
-Senti, è la prima volta che qualcuno si interessi a me. Ti prego, ho paura!-.
-Di cosa hai paura? Che ti abbandoni? Non lo farei per nessuna ragione al mondo!-.
 
A quelle parole, mi sollevai e rimasi felice. Ma c’era sempre qualcosa che mi turbava e che mi frenava, cercai in tutti i modi di convincermi che Robert era un ragazzo d’oro; ma io avevo paura dell’amore, sentivo molta negatività attorno: non solo per me, ma anche del giudizio della gente. Cosa potevano pensare di noi?
 
-Non è questo, ma siamo in paese dove nessuno potrà accettarci. E’ questa la mia paura!-.
 
All’improvviso Robert frenò, mi prese la mani e mi guardò dritto negli occhi.
 
-Non puoi dire questo, non dovrebbe importarti del giudizio altrui. Tu pensa a stare bene, perché non puoi vivere con questa paura! Cerca di fartela passare, basta credere in ciò che vuoi. Tu credi in me?-.
-Certo che ci credo, ti prego stringimi forte perché ne ho bisogno!-.
 
Fu una scena che desideravo da tanto tempo, avevo bisogno di qualcuno che mi amasse ed io sentivo che lui mi dava di tutto: l’amore, la sincerità, la sicurezza e tanto altro ancora. Stavo cominciando ad amarlo, ma forse era anche troppo presto per i miei gusti; era più forte di me perché avevo bisogno anche della suo lato più dolce, un affetto che desideravo da tempo. Poco dopo, mi accarezzò il viso e mi baciò per la seconda volta, sentivo il tocco delle sue labbra sulla mie: fu un momento magico per me, sotto sotto stavo cominciando a provare cos’era veramente la felicità.
 
-Bene, adesso basta. Portami a scuola!-.
 
Lui mi sorrise e si mise di nuovo al volante. Io lo guardavo attentamente mentre guidava, sembrava un angelo.
 
-Perché mi guardi?-. Mi domandò sorridendo.
-Sei bello, non ne posso fare almeno.-.
-Dai, non esagerare. Anche tu non scherzi sul fatto di estetica! Se lo venissero a sapere, mi prenderebbero per un pervertito.-.
-Otto anni di differenza, a me non importa! L’amore non ha età.-. Dissi.
-Ti passo a prendere dopo, stasera andiamo a cena. Ti va?-.
-Certo che mi va, allora a dopo!-. Conclusi scendendo dall’auto.
 
Arrivato in classe, non facevo altro che vedere quei miei stupidi compagni di classe: ogni mattina, non facevano altro che lanciarsi borselli, penne, matite e tanto altro. Un incubo!
 
-Cosa è successo?-. Mi chiese Angela.
 
Mi aveva visto troppo felice, quindi doveva darle subito una risposta.
 
-Angela, mi ha baciato.-. Le sussurrai all’orecchio.
-Davvero? Oddio, e tu?-.
-Non so, mi sento strano. Non so, mi piace come persone solo che è il mio tutore!-. Aggiunsi triste.
-Sasy, tu non devi preoccuparti! Sentirsi strani è una cosa normale dopo il primo bacio, poi capirai davvero ciò che vorrai veramente da lui. Questo è già un buon inizio! Tutore o non tutore, è comunque un bel ragazzo e insieme fate una bella coppia!-. Mi disse Angela con un sorriso.
-Forse hai ragione, non devo preoccuparmi.-. Conclusi poco dopo.
 
In realtà, Angela aveva ragione e non potevo darle torto; perché quella cosa strana come diceva lei: poteva magari, trasformarsi in amore. Un sentimento molto difficile per me, perché in passato rimasi deluso da un amico e cercai di non innamorarmi mai più di nessuno, perché non volevo più soffrire per amore. Quando finirono le lezioni, Robert mi venne a prendere come al solito e andammo a casa; ma durante il viaggio, gli feci una proposta e speravo che accettasse ciò che gli stavo per chiedere. Volevo solo capire cosa eravamo.
 
-Robert, ma io e te è uguale a noi, oppure no?-.
-Tu vuoi provarci?-.
-Si, però voglio andarci piano e non vorrei illudermi.-.
-Sei una persona molto sensibile, per cui farò il possibile per renderti felice.-. Aggiunse subito dopo le mie parole.
-Ok, allora possiamo dire per adesso che stiamo ufficialmente insieme!-.
-Eh già!-.
 
Mi sentivo vivo per una volta, finalmente potevo vivermi una storia dopo tanto tempo; sembrava che avessi riacquistato la mia sicurezza, perché ero una persona molto insicura ma grazie a Robert, secondo me sarà tutto molto più semplice.
 
Si fecero le 21. Robert ed io dovevamo andare a cena fuori, ma ci portammo anche Yara: non potevamo lasciarla da sola a casa, e poi la baby-sitter aveva terminato il suo orario ma era un piacere portarla con noi.
 
-Andiamo?-. Disse Robert sbattendo le mani.
-Si si, siamo pronti. Arriviamo!-. Urlai in modo che mi potesse sentire.
 
Andammo in un Pub a mangiare un panino, passammo una serata davvero piacevole e quando tornammo a casa: ci addormentammo tutti e tre sul lettone di Robert. Lui a destra, io a sinistra e Yara in mezzo come se fosse nostra figlia. La cosa più bella fu quando lui mi prese per mano: stringendomela come se eravamo fidanzati da una vita.


ROBERT

SALVATORE

YARA




Scusatemi per le stesse foto di Salvatore, purtroppo non riesco a trovare il nome del ragazzo che ha fatto queste foto! Comunque spero che vi stia piacendo la storia, ciao!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


REGALI DI NATALE

Era un giorno davvero molto freddo, esattamente eravamo al mese di dicembre: quasi vicino al periodo natalizio. Robert si stava dando da fare a comprare i regali, il ragazzo spendeva moltissimo con la crisi che c’era; speravo soltanto che non avesse speso tutti i suoi risparmi per quei stupidi regali di Natale: potrò anche capire che sia una bella festa, ma non per far fuori tutti risparmi. Io gli dissi solo che volevo dei libri da leggere, niente di più.
Non sapevo perché, ma l’intuito mi diceva che non mi avrebbe fatto solo qualche libro da leggere; forse anche qualcos’altro. Non ero affatto felice in quel periodo, anche se Robert e Yara mi davano una spinta verso la felicità: allo stesso tempo, mi sentivo sia felice che triste. Poco dopo, i miei pensieri vennero interrotti da Yara, la quale si mise a piangere per via di un giocattolo che non riusciva ad aprire, poverina. Mi avvicinai a lei e le diedi una mano, perché volevo che mia nipote fosse felice e non mi piaceva vederla piangere. I suoi occhi erano davvero belli, erano di un verde acqua, proprio come suo padre. Anche Robert aveva begli occhi, e non facevo altro che cadere nella sua trappola: quella di avermi fatto “quasi” innamorare. Purtroppo non ero ancora convinto della situazione. Era tutto molto complicato, avevo una confusione nella testa che era inimmaginabile. Dopo che la bambina smise di piangere, cercai un libro da leggere per distrarmi un po’. Non sapevo che libro prendere: Robert leggeva veramente molto, in effetti, c’erano libri di tutti i tipi come avventura, fantasy e tanto altro. Ma la mia scelta venne infranta, perché sentii aprire la porta di casa.
 
-Ehi, com’è andata oggi?-. Mi sorrise il padrone di casa.
-Ehm, diciamo bene. La domestica se n’è andata poco fa.-. Mentii, perché era andata via già molto tempo prima.
-Che strano.-. Disse, con una leggera risatina.
 
Forse avrà capito che stavo mentendo. Rimasi un po’ scioccato, perché sotto l’albero di Natale, addobbato di color argento e blu; vidi altri regali e a quel punto lo squadrai con uno sguardo di rabbia. Non ero arrabbiato, anzi, mi faceva piacere che lui voleva passare un Natale felice, però spendere tutti quei soldi a cosa serviva? Se eravamo solo due persone con una bambina?
 
-Scusa, ma perché hai comprato ancora altri regali?-. Gli chiesi un po’ irritato.
-Ah, non te l’avevo detto?-. Disse.
-Cosa non mi avevi detto?-. Gli ripetei.
-Che per Natale verranno anche mia madre, mio padre e mia sorella. Volevo presentarteli!-. Mi accennò il ragazzo.
-Ah, mi fa molto piacere!-. Sorrisi.
 
Ora mi era tutto chiaro: Robert aveva invitato anche la sua famiglia. Fui felice, perché almeno non avremo passato un Natale solo io, lui e Yara. Dovevo dire che era un ragazzo davvero molto generoso e questo già lo avevo notato dall’inizio della nostra convivenza. Purtroppo non riuscivo ad essere molto sciolto con lui, perché mi sentivo ancora a disagio per la situazione, ad esempio: non potevo ancora credere che lui fosse il mio ragazzo. Era troppo banale come situazione, anche se la mia amica Angela mi aveva consigliato di vivermi la storia e basta; in effetti, era quello che stavo facendo, ma non mi sentivo ancora al mio agio e poi non mi andava di festeggiare il Natale: anche per via della morte dei miei genitori, ma non potevo mica abbattermi. All’improvviso lo guardai, lui fece altrettanto con me e mi si avvicinò con la piccolina in braccio.
 
-Perché mi guardi. C’è qualcosa che non va?-. Mi chiese incuriosito.
-No, nulla. Mi piace il tuo modo di fare.-. Gli risposi, senza sapere nemmeno quello che stavo dicendo.
 
Poco dopo, mi diede un bacio sulla fronte. Ero felice in quel momento, sembravamo una famiglia: anche se non era composta in modo perfetto come tutti la vedevano. Da una parte ebbi paura, perché sembrava che fosse tutto sbagliato; mentre dall’altra, ero felice e volevo vivermi la storia. Tutti non facevano altro che giudicare, e se lo venissero a sapere? Cosa avrebbero pensato di me? Erano domande, alle quali non ricevevo risposta. A scuola, avevamo anche parlato in classe di questo argomento e l’unica risposta fu che era contro natura e che loro odiavano i gay. Alcuni avevano anche difeso, ma questo non bastò: solo Angela si schierò contro di loro, ma fu tutto inutile. Io non parlavo, perché tutte quelle risposte mi avevano regalato dolore, tristezza e malinconia, come se stessi da solo e che nessuno approvasse la mia vera natura. Anche se non avevo ancora detto nulla, solo Angela sapeva il mio segreto. Fu un giorno davvero molto brutto per me, mi sentivo inutile e meschino. Ciò vuol dire che se io mi dichiarassi, stava a significare andare contro la classe: e non avevo intenzione di iniziare una guerra, tra umiliazioni e prese in giro. No, questo non lo potevo accettare. Non mi sentivo ancora pronto di fare questa mia scelta. Infatti, Angela me l’aveva sconsigliato, ma io non avevo nemmeno la voglia di dichiararlo e né tantomeno dirlo a loro. Preferivo passare gli ultimi due anni in silenzio e starmene per conto mio e prendere quel dannato diploma.
Stavo tra le braccia di Robert e mi sentivo bene, avevo bisogno del suo sostegno e del suo aiuto: perché non l’avevo conosciuto prima? Era davvero una persona d’oro e mi rassicurava in ogni momento; ne avevo davvero bisogno, era la mia salvezza. Il ragazzo dei miei sogni, forse, era arrivato per davvero e fui contento per questo: magari una cosa buona nella mia vita, capitò. Personalmente non credevo all’amore, ma arrivati a questo punto, penso che un po’ dovevo crederci e farmene una ragione che l’amore esisteva: nella realtà, io avevo paura di questo sentimento per via di aver visto gente che arrivava a tal punto di uccidersi per stare con il loro amore. Questo era davvero troppo… Non potevo mica ammazzarmi per stare con l’amore della mia vita. Avrei sofferto, si. Ma ammazzarmi era davvero ridicolo.
 
-A cosa stai pensando?-. Mi domandò incuriosito.
-Nulla, stavo pensando che stare tra le tue braccia è come se fossi al sicura. Mi piaci, Robert.-. Gli svelai con un sorriso.
-Sono contento che pensi questo di me, ti amo.-. Continuò subito dopo.
-Sei una persona speciale e non ti farò scappare per nessuna ragione al mondo. Ti amo anch’io!-. Terminai, dandogli un bacio. 


ROBERT

SALVATORE

YARA

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

LA FAMIGLIA PATTINSON


Il giorno di Natale arrivò in un lampo. Ero in ansia, anche perché dovevo conoscere la famiglia di Robert: l’unica mia paura era quella di non piacere a loro. Mi sentivo un perfetto idiota in quel momento, abbassai lo sguardo e vidi mia nipote, la quale stava gattonando su quattro zampe; purtroppo, non sapeva ancora camminare molto bene. La presi in braccio, e lei mi fece un sorriso: volevo essere nei suoi panni in quel momento, perché da bambini era tutto così diverso. Si era felici, spensierati e non c’erano problemi. Mentre ora sì ed erano anche tanti. Robert era andato a prendere i suoi parenti all’aeroporto, mentre io ero rimasto a casa, perché gli spiegai che non ce l’avrei fatta a incontrarli subito e poi l’aeroporto non era un bel luogo d’incontro: quindi preferii restare a casa. Lui non mi aveva detto nulla, ma rispettò la mia decisione.
Poche ore più tardi, arrivò una Volvo ed era Robert con la sua famiglia. Io misi la piccola Yara nella culla, perché mi si era addormentata tra le mie braccia.
 
-Salvatore! Sei in casa?-. Sentivo la voce di Robert.
-Certo che sono in casa, dove potrei mai essere!-. Dissi irritato.
 
La sua famiglia mi guardava dalla testa ai piedi, avevo il timore di non piacere a nessuno di loro. Robert mi aveva detto che loro sapevano della sua omosessualità, mentre la mia famiglia, ad eccezione mio fratello e mia sorella, non sapevano nulla. Avrei voluto presentarmi, ma aspettai che loro facessero la prima mossa e così fu.
 
-Ciao piacere, io sono Alexandra. La sorella di Robert, piacere di conoscerti!-. Mi disse entusiasta.
-Io sono sua madre, mi chiamo Chiara.-. Accennò una signora dai capelli biondi.
-Ed io sono suo padre e mi chiamo William. Siamo di origini inglesi, ho sposato Chiara e abbiamo avuto questi due angeli. Sono molto felice che mio famiglio abbia ritrovato la felicità: spero che lo sia per sempre. Vorrei il meglio per i miei figli.-. Disse il padre di Robert.
-Piacere mio, io sono Salvatore.-. Terminai imbarazzato.
-Ok, scusate. Adesso basta con le presentazioni, sennò Salvatore mi scoppia di vergogna.-. Rise divertito il mio compagno.
 
Non ero in imbarazzo, ma più che altro, rimasi colpito dalle parole del padre. Perché se fosse stato il mio, non sarebbe di certo andata in quel modo: anzi, ci sarebbero stati moltissimi problemi. Avrei voluto dire di più oltre a dire il mio nome, ma non mi fu possibile perché Robert mi si buttò subito avanti; dicendo quella cretina, e da lì, scoppiai davvero in imbarazzo. Speravo soltanto che il resto della giornata andasse bene.
Poco dopo ci accomodammo a tavola; la governante preparò tutto nei minimi dettagli, era tutto rosso come lo voleva Robert. Il mio compagno viveva il Natale con molta serenità, mentre io no, perché non facevo altro che ricevere regali costosi dai miei genitori: cosa che a me non faceva affatto piacere. Si facevano perdonare con regali assurdi, tra cui l’I-Phone, cosa che io detestavo: loro me lo regalarono lo stesso. Però, il Natale lo passavo sempre da solo e non c’era mai nessuno in casa. Odiavo quel tenore di vita, ma con tutto ciò, io non vorrei dire che detestavo la mia famiglia, ma erano sempre assenti nella mia vita. Invece con Robert era tutto così diverso, cioè sembrava che fosse destino che le cose dovevano andare in questo modo. Chissà cosa penserebbero i miei genitori in questo momento, ero un po’ a disagio in quel momento, perché non facevo altro che pensare. All’improvviso i miei pensieri vennero interrotti da Alexandra, la sorella di Robert.
 
-E così tu saresti il ragazzo di mio fratello, ha fatto veramente un’ottima scelta. Non essere in imbarazzo. Ogni volte che lo chiamiamo, non fa altro che parlare di te!-. Mi sorrise la ragazza.
-Wow, la mia è una situazione difficile. Spero davvero che vi abbia fatto una brutta impressione!-. Dissi, arrossendo.
-No, ma è normale. Puoi stare tranquillo, ci conosceremo. Abbiamo tanto tempo!-. Cercò di incoraggiarmi.
 
La mamma e la figlia erano davvero due belle donne, sembravano due gocce d’acqua. Avevano gli stessi occhi di Robert, a parte il padre, il quale li aveva del mio stesso colore: neri, assieme ai capelli. Invece la madre e la sorella li avevano biondi, ma erano simili, a parte la madre, la quale aveva qualche ruga in più. La sorella aveva all’incirca 24 anni, la madre 46 e il padre 52. Dovevo dire che se li portavano benissimo, sembravano molto più giovani. Ora capivo da dove usciva tutta quella bellezza del mio amato, non vorrei esagerare ma erano davvero una bella famiglia: una famiglia perfetta. Cosa che vorrei avere anch’io, ma purtroppo non lo era, perché non facevano altro che pensare al lavoro, come se fosse la cosa più importante della loro vita. Mia madre quando stava in casa, non faceva altro che urlare, mio padre era anche peggio. Quest’ultimo non faceva altro che rimproverarmi che a scuola dovevo dare il meglio, mentre gli unici che mi appoggiavano, erano mia sorella e mio fratello. Per distrarmi un po’, decisi di andare un attimo in bagno, magari un po’ di acqua fresca in faccia mi avrebbe fatto bene. Poco dopo, mi seguii anche Roberto, era molto preoccupato.
 
-Cosa c’è che non va?-. Mi chiese.
-Ehm … La tua famiglia è fantastica Robert, invece la mia era tutto confusionaria e triste. Mi sento un perfetto idiota!-. Mi lamentai, mentre lui mi guardava dritto negli occhi.
-Capisco, ma ora tu fai parte di questa famiglia e devi essere felice ed è tutto quello che voglio per te: se tu sei felice, lo sono anch’io!-. Mi disse, stringendomi in un abbraccio.
 
Non sapevo cosa rispondere a quelle parole, mi sentivo davvero protetto dal suo abbraccio. Era un qualche cosa di inspiegabile, ma stavo bene.
 
-Grazie, non so cosa dirti.-. Gli risposi, mentre lui mi dondolava a destra e a sinistra.
-Non devi ringraziarmi, sono io a ringraziare te!-. Sorrise.
-Sembra che stiamo ballando, oppure è una mia impressione?-. Dissi, per cambiare discorso.
-Credo di sì, non ti piace … Ballare con me?-. Mi chiese, con aria offesa.
-Certo che mi piace. E’ la prima volta, ma non mi piace ballare addirittura nel bagno e per giunta senza musica!-. Esclamai, avevo una vergogna pazzesca.
-Il luogo ha importanza? La musica la possiamo anche immaginare nella nostra mente. Ciò che conta è che siamo io e te, non ti basta?-. Continuò, facedomi domande su domande.
-Sì, mi basta.-. Gli risposi.
-Ti amo incondizionalmente, non ti basta?-. Mi domandò ancora.
-Mi basta, ti amo.-. Dissi, concludendo la discussione.
 
Avrei voluto restare in quella posizione per sempre, ma ci rendemmo conto che di là c’erano i suoi parenti: quindi tornammo subito per non farli insospettire troppo. All’improvviso, mentre stavamo mangiando il dolce, sentii la piccola Yara piangere e così decisi di andare a controllare.
 
-Non vi preoccupate, vado a controllare io!-. Dissi, mentre mi alzavo dalla tavola.
-Finalmente vediamo anche la bambina!-. Continuò la signora Chiara, mentre io mi dirigevo verso la stanza dove stava mia nipote.
 
Quando Yara mi vide, smise subito di piangere e la portai di là: in modo che la vedessero tutti i familiari del mio compagno. Rimasero tutti sbalorditi nel vederla, anche perché mia nipote aveva degli occhi stupendi: esattamente di un colore azzurro come il cielo.
 
-Che bella bambina!-. Esclamò il signor William.
 
Il padre di Robert era veramente una persona molto gentile, ero veramente felice di far parte in quella famiglia. Amavo sempre di più il mio ragazzo, perché lui era un qualche cosa di straordinario e la cosa positiva era che mi rendeva la persona più felice del mondo.
La sera più tardi, quando dovevamo andare tutti a dormire: Robert mi propose di dormire assieme a lui, in modo che, nella mia stanza ci dormisse la sorella, invece la madre e il padre, andarono a dormire nella stanza di sopra; esattamente era la stanza degli ospiti, la più grande della casa.
 
-E’ la prima volta che dormiamo insieme, vero?-. Mi guardò con un aria al quando divertita.
-Eh già, ma non fare casino che c’è Yara che dorme! E non fare pensieri al quanto strani, che non sono ancora pronto!-. Dissi con aria imbarazzata.
-Chi ha detto che volevo fare l’amore?-. Si domandò sorpreso.
-Non lo so, l’avevo pensato!-. Gli esclamai subito dopo le sue parole.
 
Poco dopo, ci mettemmo a letto abbracciati l’uno all’altro.
 
-Non avere paura di me, quando sarai pronto: non esitare a chiedermelo. Non hai mai avuto rapporti, giusto?-. Mi chiese, mentre mi toccava il viso con le sue mani gelate.
-Ehm … No. Hai le mani gelate!-. Mentii, ma lo feci per cambiare discorso.
-Ah, scusa.-. Mi disse con aria triste.
-Perdonami, ma non voglio ancora pensare al sesso. Per ora, voglio solo godermi l’amore: quando sarà il momento, te lo dirò io. O almeno, te lo farò notare.-. Gli risposi poco dopo.
 
Lui mi sorrise, e mi bloccò il viso con le sua mani e mi baciò lentamente le labbra.
 
-Va bene, aspetterò anche mille anni se è necessario. Perché … Tu per me, sei tutto!-. Mi disse, era sincero.
 
Senza nemmeno rispondere, sapevo solo che lui era tutto ciò che volevo: era la mia unica ancora di salvezza. Ero felice, volevo soltanto che quel momento durasse per sempre…


ROBERT

SALVATORE

YARA




E' trascorso troppo tempo dopo la mia ultima pubblicazione, vi chiedo scusa per il ritardo! La scuola mi sta massacrando in questo periodo, e tra l'altro, spero di scrivere il sesto! ç-ç

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 Capitolo 6

Pensieri


La mattina seguente non fu molto semplice alzarmi dal letto. Avevo un dolore che mi rimbombava la testa, forse era per via dei troppi pensieri. Avrei dovuto prendermi qualcosa, ma non era quello il motivo. Durante la notte, non fu affatto semplice prendere sonno perché ebbi un incubo. Ma non un incubo qualunque: c’erano persone, le quali, non facevano altro che prendermi in giro, umiliandomi senza avere un minimo di considerazione del mio umore, non stavo affatto bene. Avevo gli occhi lucidi, forse era per via della futile stanchezza; odiavo qualsiasi cosa che mi si avvicinasse, persino Robert mi guardò preoccupato. Io feci finta di niente, anche se dentro di me sentivo un male indescrivibile. Sembrava che mi dovessi buttare da un precipizio, per capire se dovevo continuare a vivere oppure morire, era da stupidi pensare una cosa del genere. L’amore non dovrebbe crearmi tutti questi inutili problemi, forse perché era la prima volta che mi innamoravo; chissà, o sarà la paura, la quale affliggeva di continuo ogni mia scelta.
 
-Cos’hai stamattina? Ti vedo pallido.-. Mi chiese, con aria preoccupata.
-No, nulla. Sto bene!-. Esclamai, non volevo farlo preoccupare.
 
Quella risposta sembrava che gli avesse dato un leggere fastidio, forse capì che lo stavo mentendo. Non erano problemi suoi, più che altro, i problemi erano i miei: magari lui mi avrebbe sicuramente calmato, perché i miei problemi per lui erano soltanto stupidaggini. Ecco, per lui. Mentre per me no. Mi sentivo in colpa da un parte, Robert meritava la mia sincerità più di qualsiasi altra persona che avessi conosciuto in vita mia. A quanto pare, non ci riuscii affatto. Me ne andai in cucina per non pensare troppo, altrimenti non facevo altro che rovinarmi quel fantastico giorno che avrei passato con la famiglia del mio compagno.
Yara, per fortuna, stava ancora dormendo. In modo che, avremmo potuto fare colazione in santa pace, senza troppe interruzioni. Avevo molta fame, forse anche troppa. Infatti, avevo mangiato troppi pancake; avevo la pancia piena, stavo scoppiando e non ne potevo più. Mangiavo per non pensare ad altro, altrimenti sarei stato male.
 
-Accidenti, ne avevi di fame!-. Disse Chiara, la madre di Robert.
-Ci credo, ieri non ha toccato cibo.-. Aggiunse il mio compagno, prima che aprissi bocca.
-Be’, oggi avevo tanta fame e … e ho mangiato!-. Risposi, per non dare troppo a vedere per via del mio triste umore.
 
Dopo aver finito di mangiare, io e Alexandra sparecchiammo e tornammo tutti alle rispettive camere per prepararci perché la sera precedente il padre di Robert ci aveva assicurato di magiare fuori: voleva passare un po’ di tempo all’aria aperta e noi per accontentarlo, rispondemmo tutti di sì. Robert mi aveva spiegato che quando suo padre si metteva una cosa in testa, nessuno si doveva contrapporre a ciò che diceva, altrimenti si sarebbe arrabbiato. Da una parte, pensai che quella fosse davvero una buone idea; ci avrebbe fatto bene passare una giornata tutti assieme fuori da quella casa, altrimenti penserei troppo. Yara si svegliò, e io Robert decidemmo cosa metterle addosso: la vestimmo di rosso, in modo che, rappresentasse le festività che erano ancora in corso. In meno di dieci minuti, io, Yara e Robert, già stavamo in auto. Mentre la sua famiglia andarono nella loro auto. Avevamo prenotato a un ristorante cinese, non avrei mai messo piede in un ristorante del genere da quando mio padre mi umiliò davanti a tutte quelle persone: lo odiavo a morte quando mi faceva fare certe figuracce. Mi rimbombava sempre la mente di cose inutili, tra affari, scuola e ancora affari, e da lì, decisi di non andare mai più da solo a cena con mio padre. Oltretutto in un ristorante cinese, perché era molto amato da mio padre. Io volevo essere di diverso da lui, ecco…
 
-Stamattina, ti vedo troppo pensieroso: devi dirmi qualcosa?-. Mi domandò Robert, il quale mi squadrò come se gli avessi fatto qualcosa di male.
-Non ho nulla, sono solo un po’ in ansia per alcune cose.-. Dissi, facendo finta di nulla.
-Sei sicuro? Non mi piaci quando pensi troppo!-. Mi esclamò con un leggero fastidio del mio comportamento.
-Hai ragione.-. Cercai di non farlo preoccupare troppo.
-Se pensi troppo, rischi di rovinarti la giornata. Ad esempio: guarda Yara. E’ sempre così allegra e spensierata!-. Sorrise a quella battuta. Dovevo ammetterlo, mi scappò anche a me un leggero sorriso.
-Che c’entra! Lei è solo una bambina, io invece…-. Mi interruppe.
-Anche tu sei un bambino, anzi, il mio bambino. Sono il tuo protettore e ti proteggerò in qualunque momento, e qualsiasi cosa accadrà, io sarò al tuo fianco. Intesi?-. Mi parlò con tanta dolcezza, come non potevo dire di no?
-Mi togli sempre le parole di bocca, grazie!-. Mi tornò il buon umore, finalmente!
-Stamattina non ho ricevuto nessuno bacio!-. Si lamentò.
-Ah, scusa.-. Mi sentii vergognato, al dire il vero, me ne ero proprio dimenticato.
-Ehi, sto scherzando! Ti sarai mica offeso? Non pretendo nulla, basta che stai bene tu: sto bene anch’io.-. Mi disse, sembrava felice di quelle parole. Forse lo ero anch’io…
-No, hai ragione. Un bacio dovevo dartelo stamattina, ho sbagliato!-. Mi rimproverai, ma lui mi rassicurò.
-Non fa niente, sta tranquillo. Eccoci arrivati.-. Disse, terminando il discorso.
 
Quando parcheggiò, gli posi subito le labbra sulle mie con estrema velocità: non volevo che ci vedessero, altrimenti avremmo scandalizzato chissà quante persone. Odiavo l’Italia solo per quel motivo del cavolo.
 
-Questo è per stamattina!-. Gli sussurrai, con leggero sorriso stampato sul mio volto.
-Ti amo.-. Mi disse, per poi prendermi le mani.
-Sei speciale e ti terrò come una pietra preziosa, come se la tua vita fosse più importante della mia.-. Continuò poco dopo.
 
Gli sorrisi, non sapevo cos’altro dire. Mi tolse le parole di bocca, ogni suo detto mi lasciava sempre senza fiato. Padroneggiava la lingua molto meglio di me, neanche un gesto era sufficiente perché lui mi rendeva sempre felice parola per parola.
Subito dopo, scendemmo dalla macchina con Yara, che stava tra le mie braccia. Solo che era troppo pesante, quindi la diedi a Robert, non avevo molte forze quel giorno, mi sentivo uno straccio ma ero felice.
 
-Andiamo?-. Propose William, il padre di Robert.
-Sì!-. Esclamò il figlio, con aria al quanto contenta.
 
Passammo una giornata veramente speciale, secondo me indimenticabile. Non me ne dimenticherò facilmente. La famiglia di Robert era fantastica, peccato che se ne dovettero andare presto e… e a me i problemi cominciarono a ritornare di nuovo. Soprattutto perché, il nuovo anno mi creò un mucchio di problemi e anche il rientro a scuola non fu affatto un lato positivo della mia vita.

Robert

Salvatore

Yara



Scusate l'enorme ritardo per questa soria, ma non sapevo davvero cosa scrovere. Oggi mi è venuta un po' di ispirazione per questa storia e spero proprio che vi stia colpendo. E grazie per avermi letto, ciao!
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

La prima volta


Il 7 gennaio ci fu il rientro a scuola. Forse non fu il giorno più bello della mia vita, ma non facevo altro che pensare a quelle giornate così perfettamente romantiche. Lo studio era un po’ calato negli ultimi tempi, ma Robert non voleva che io studiassi tanto ed ero contento di questo suo pensiero: forse sapeva la situazione di mio padre. A lui bastava anche un sette ed era felice per me, ma non con mio padre che non faceva altro che sgridarmi; Robert mi sostenava sempre e comunque, non dovevo avere paura di niente.
La classe non faceva altro che fissarmi… Mi sentivo in soggezione. Fissato.
Cosa volevano da me? Avevo il timore che sapessero tutto di me. Ero andato nel pallone, ma qualsiasi cosa facessi, mi sentivo come se avessi fatto qualcosa di male: sarebbe accaduto qualcosa da un momento all’altro. All’improvviso mi cadde un panna e la mia amica Angela mi si avvicinò, mi fece un sorriso e cominciò una conversazione con me. Ed io non facevo altro che mordermi il labbro.
 
-Salvatore, come stai? Tutto bene?-. Mi chiese, mentre io cercavo di modermi il labbro.
-Sì, abbastanza bene. Perché tutti mi fissano? Sembra che avessi fatto qualcosa di sbagliato!-. Cominciai a lamentarmi, quasi mi mettevo a piangere.
-Sta tranquillo, forse perché per qualche strano motivo sorridi? Svegliati! Tu non sorridi mai, sei contento troppo felice, ecco perhé ti guardano!-. Mi sorrise Angela.
-Ah davvero? Ho passato delle vacanze strepitose, tutto qua. Per una volta sono fiero della mia vita, anche se non riesco a dimenticare il passato. Sono confuso, ma contento!-. Replicai le mie insicurezze, era troppo facile parlare con Angela.
-L’importante è che tu stia bene, non è nulla di grave, ce la puoi fare!-. Mi rassicirò la mia amica.
-Va beh, non è mica facile dire agli altri ciò che sono veramente. Cosa potrebbero pensare di me? Se sapessero davvero perché sorrido. A loro gli verrebbe un colpo, anzi, mi prenderebbe in giro a vita!-. Dissi, come se gli altri fossero un problema per me.
-Ma tu…-. Ad un tratto, Angela si bloccò.
-Cosa state confabulando voi due, andate subito al vostro posto!-. Urlò l’insegnate di matematica.
 
Odiavo quella voce fastidiosa, e soprattutto odiavo gli insegnati maschi!
Ogni volta che urlavano, non facevano altro che romperti i timpani delle orecchie. Certo che non era facile scacciare quei pensieri dalla mente. Era tutto così surreale e imperfetto per me, eppure ogni volta che andavo a casa la pace in me ritornava serena.
Gli altri mi fissavano perché sorridevo? Beh, sorridere era una cosa positiva e allora perché loro mi fissavano così maligni? Forse lo facevano per augurarmi il peggio. Chissà.
Finita la lezione, andammo tutti a casa. E a me, come al solito, mi veniva a prendere Robert. Tutti uscivano di corsa, tranne io, perché non ero mai stato così attivo col mondo: sentivo di stare in un altro universo. Ma quando entrai in macchina, sembrava essere tornato tutto alla normalità: forse quella normalità era Robert.
 
-Tutto bene? Ti vedo un po’ strano.-. Mi disse, sorrideva.
 
Per lui era sempre tutto okay. Ma per me? No, andava sempre tutto storto!
 
-Niente solita giornata. L’unica cosa diversa è che i miei compagni di classe mi hanno guardato come se avessi ucciso qualcuno, ma nulla di che.-. Risposi, come se per me non contava nulla di quella situazione. In realtà sì.
-Perché non parli con loro?-. Mi domandò mentre era al volante.
-Io vorrei… Sembra che per loro io non ci sia, e ora perché dovrei rivolgere a loro la parola? No, ma non lo faccio!-. Sfogai la mia rabbia, per poi ritornare calmo. Ero stufo!
-Va bene, non parlo.-. Tacque per qualche secondo.
 
Fermò di scatto la macchina, e con le mani mi prese il viso e mi guardò fissò negli occhi. Lo faceva perché aveva pietà di me, non voleva che io fossi contro il mondo e lo capii con un semplice sguarda. Lui voleva che io non mi arrendessi, lui voleva che io vincessi quella battaglia, alla quale io l’avevo considerata persa e ripersa.
 
-Non devi, no, non devi! Abbi più fiducia e sicurezza in te stesso!-. Mi implorò, come se lui stesso fosse il colpevole di tutto.
-Basta, mi stai facendo venire la voglia di piangere!-. Cercò di farlo, ma lui mi fermò dandomi un leggero bacio.
 
Mi stringeva sempre più forte. La strada era isolata, non c’era nessuno e un bacio dopo l’altro mi trascinò dietro, ai sedili posteriori. Non sapevo il perché, ma volevo fare l’amore con lui in quel preciso momento: comiciai a sbottonargli la camincia, ed io non facevo altro che baciarlo in qualsiasi parte del corpo; ma ad un certo punto lui mi fermò.
 
-Sei sicuro di volerlo fare?-. Mi chiese gentilmente con gli occgi lucidi, erano di un verde smeraldo. Non li avevo mai visti così belli.
-Mai stato più sicuro in vita mia!-. Dissi, ero sicuro di cuò che stavo per fare.
 
Lo baciavo sempre più intensamente, lo volevo mio e non volevo interruzioni in quel momento. Toccavo il suo membro già ben eretto, avevo una voglia matta di fare l’amore con lui; mi sentivo bene in quel momento, ero felice ci ciò che stavo per fare. All’improvviso gli tolsi la cintura, massaggiandolo sempre più intensamente: tutto questo non lo avevo mai fatto in vita mia. Questa prima volta dovrebbe essere speciale, e stava accadendo tutto in quella stupida auto che valeva all’incirca centinaia di euro. Non credevo ai miei occhi, stavo facendo un pompino al mio Robert e lui godeva, godeva grazie a me!
Mi sentii soddisfatto, ma lui mi fermò tutto d’un tratto e mi girò, facendomi sdraiare e mi toccava il sedere: ero vergine, quindi meglio che stesse attento a ciò faceva.
All’improvviso avvicinò il suo viso al mio, mi guardò dritto negli occhi.
 
-Ti amo!-. Mi sussurrò ed io gli sorrisi.
-Anch’io… Sono perdutamente innamorato di te!-. Balbettai, prima che lui cominciasse a penetrarmi.
 
Io non lo chiamerei sesso quello, io lo chiamerei fare l’amore ed ero felice di farlo con lui: mi sentivo bene, avevo bisogno completamente di lui.
 
-Non ti preoccupare, non ti farà male! Sono io a non farti male. Ti voglio, ti desidero. E solo Dio sa quanto ti amo!-. Disse, mentre io comiciai a sentire un leggero dolore.
 
I colpi erano davvero pesanti, facevano male. Però, io ero contento. Lo stavo facendo con la persona giusta, ero sicuro di questo; lui era tutto per me e non volevo perderlo ed io volevo farlo mio al 100%.
Dopo un paio di minuti, lui mi venne dietro la schiena ed io sul sedile. Accitenti, che errore che feci!
 
-Oh no, l’ho sporcato!-. Esclamai.
-Non fa niente, non importa. Ti amo!-. Concluse, mentre ci abbracciammo rimanendo lì per un paio di minuti.
 
Ritornati a casa, ci facemmo subito una doccia. La baby-sitter mise Yara a dormire, e se ne andò subito al nostro rietro, lasciandoci qualcosa da mangiare. In realtà, non avevo molta fame; però, sapevo di certo che non dimenticherò mai la mia prima volta con il mio Robert.
Subito dopo, scacciai via i miei pensieri per andare a vedere mia nipote Yara e lì c’era anche Robert che la fissava mentre lei dormiva. Ed io mi avvicinai abbracciandolo.
 
-Sono felice, grazie di tutto!-. Dissi, mentre lo guardai fisso negli occhi.



Robert

Salvatore

Yara




Ciao a tutti, finalmente sono tornato e scusatemi il ritardo. Mi dispiace, ma sono stato molto occupato!
Alcune mie amiche e soprattutto ringrazio la mia ragazza ad evrmi aiutato a scrivere questo capitolo. Anche perché è stato molto difficile, adesso vado. Spero vi sia piaciuto, ciao! :)


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

La fiducia


Quanto era bello ammirarlo, vederlo, sentirlo mio. Come potevo non essere felice. Era tutto per me… Ogni istante lo volevo, lo desideravo, sembrava che il nostro amore stesse crescendo ogni giorno sempre di più: mi sentivo a casa. Non in una casa qualunque, ma mi sentivo perfettamente in una casa tutta mia e sentivo di avere davvero una famiglia.
Diedi uno sguardo fuori dalla finestra e vidi i cani che abbaiavano sempre di più. Notai una figura femminile fuori al cancello, chi poteva mai essere? La domestica se ne era appena andata via. Per curiosità, scesi subito le scale e uscii fuori avvicinandomi vicino al cancello.
 
-Scusi, ma lei chi è?-. Domandai, ero preoccupato.
-Ah, no. Ammiravo questa casa e ricordo quando ci ero stata.-. Disse, meditando tra i suoi pensieri.
 
Avevo sentito bene? Aveva detto quando ci era stata? Forse era la vecchia padrona, meglio non farsene un dramma. Ma decisi comunque di dirglielo.
 
-Aspetti. E' stata qui nel senso di vecchia padrona o per altro?-. Gli chiesi con una certa calma.
-Ho vissuto in questa casa con un certo Robert Pattinson, doveva essere il mio futuro marito ma mi ha mollata!-. Rispose in modo triste.
 
Sembrava afflitta, ma io mi sentivo peggio di lei. Era la ragazza di Robert? Non poteva crederci.
Perché l’avrà mollata? Rimasi esterrefatto a quella scena e più guardavo quella donna e più mi rattristivo. Era bella quanto Venere: capelli lunghi, biondi, occhi di un colore azzurro acceso, alta e ben vestita. Indossava un vestito rosa chiaro.
 
-Vuole entrare? Magari a Robert farà piacere la sua visita.-. Dissi, senza pensare alle conseguenze.
-Certo, volentieri.-. Mi rispose, forse era troppo felice.
 
Avrei dovuto mandarla via, forse. O no? Avrò combinato un bel danno, chissà Robert come la prenderà; forse dovevo farmi gli affari miei, ma non potevo di certo lasciarla lì ad ammirare la nostra abitazione. Tra l’altro era anche la sua.
 
-Quanto tempo fa è finita la vostra storia?-. Le domandai, ero curioso del passato di Robert.
-Sarà già passato qualche anno!-. Mi disse con un certo menefreghismo.
 
Forse ero stato troppo scortese.
 
-Come mai abiti assieme a lui, sei un amico?-. Chiese. Beh, anche lei era molto scortese nei miei confronti.
-Non proprio un amico, poi quando verrà forse le darà qualche spiegazione. Ma non sono il solo, c’è anche Yara: mia nipote.-. Le risposi, non m’importava del suo giudizio.
-E così ha adottato dei ragazzi, intelligente il mio Robert. Spero torni presto, voglio vederlo!-. Disse entusiasta.
 
Accidenti, le cose mi stavano sfuggendo di mano. Cosa potevo mai fare? La gelosia mi stava distruggendo il petto a colpi di cuore: forse era per via di questa donna, mi stava facendo impazzire!
Sembrava molto invadente. Secondo me aveva fatto bene a lasciarla. La feci accomodare, insomma, facevo di tutto per essere cortese. Ma aspettammo l’arrivo di Robert ed io con la speranza che la cacciasse fuori a calci. Ero stato troppo ingenuo a farla entrare, forse era meglio rimanere al proprio posto. Oramai i giochi erano fatti, ed io dovevo resistere fino alla fine.
 
-Potrei sapere il suo nome?-. Chiesi, dopo aver parlato per un po’. Pensavo fosse la cosa giusta chiedere il proprio nome.
-Il mio nome è Brigitte.-. Disse con aria superiore, come se fosse lei la padrona di casa.
-Ah. Io Salvatore, piacere di conoscerla.-. Balbettai, non mi sentivo affatto al mio agio.
 
Quella donna mi metteva in soggezione e in difficoltà, mi sentivo strano al solo pensiero che Robert fosse stato con questa Brigitte, a parte che lui non mi aveva mai parlato delle sue relazioni precedenti… Mi sentivo un po’ esperto in questo campo. Strano che non mi avesse detto nulla.
Robert era arrivato, avevo sentito rientrare l’auto ed avevo il cuore a mille, lo sentivo fino alla gola; non ero affatto contento di quella situazione, questa donna avrebbe potuto rovinare la mia relazione ed io dovevo difendermi in qualche modo. Da una parte, speravo che Robert la cacciasse via, ma dall’altra avevo il desiderio di sapere tutto.
 
-Ciao a tutti, sono tornato!-. Disse fiero, mentre chiudeva la porta alle sue spalle.
 
Io corsi subito per raggiungerlo e parlargli.
 
-C’è una sorpresa per te, mio caro. La tua Brigitte ti sta aspettando in salone!-. Disse rabbioso, mentre salivo le scale.
-Brigitte?-. Si domandò tutto d’un tratto.
 
Io me ne andai in camera mia per non pensare al resto, ero molto arrabbiato perché lui non mi aveva detto niente di questa sua relazione passata, mentre io gli avevo detto sempre tutto. Che gran casino!
Che rabbia, mi bolliva tutto il corpo. Volevo ammazzarlo, farlo fuori; non sapevo nemmeno io cosa volevo fare. Passarono due o tre ore, non lo sapevo, anche perché avevo perso la condizione del tempo e non volevo piangere. Però non facevo altro che pensare a loro due insieme: entrambi facevano una bella coppia. Bene, per me si poteva anche sposare e formare una bella famiglia mentre io e Yara ci saremmo potuti affidare a qualche altro tutore.
All’improvviso mentre stavo elaborando queste mie stupide fantasie, entrò dalla porta Robert.
 
-Cosa vuoi? Non mi va di parlare.-. Risposi secco, senza che lui aprisse bocca.
-Domani esco a cena con lei, ma non ti preoccupare, è solo una mia cara amica adesso. Non farò nulla, anche perché io amo te!-.  Disse, mentre poggiava la sua mano sulla mia guancia.
-Perché uscite insieme? Quella donna non mi dice niente di buono! E, soprattutto non le hai detto niente: io e te formiamo un noi. Lo ricordi?-. Implorai, non volevo spingerlo tra le grinfie di quella Brigitte.
-Lo so perfettamente, ma ti devi anche fidare di me. Io ho amato quella donna e non credo che meriti di saperlo così. Domani a cena le dirò tutto e tornerò qui. Te lo prometto, ma non farmi sceneggiate inutili!-. Mi urlò contro.
-Ah bene, ebbene sì. Sono geloso! Adesso voglio che vai via, non voglio più discutere con te. Anzi, fa una cosa domani portala anche a letto! Magari ce lo potrai dire lì che hai fatto sesso con me, anzi, con un ragazzo. Tanto io non valgo niente per te!-. Strillai, mentre cacciai fuori dalla mia stanza.
-Non dire eresie. Stai esagerando!-. Disse, mentre mi bloccava, voleva darmi un abbraccio per consolarmi.
 
Anche quando ero arrabbiato, voleva coccolarmi. Non voleva che io piangessi.
 
-Vai via, ti prego!-. Feci un ultimo sforzo, ma non mi mollò.
-No, non ti lascio qui a piangere da solo.-. Insistette e così mi addormentai improvvisamente sul suo petto, anche perché lo sfogo mi fece perdere molte energie e sprofondai in un sonno profondo e lui si addormentò al mio fianco: voleva che io mi fidassi di lui, in effetti, sembra esserci riuscito.


ROBERT

SALVATORE

YARA



 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Incomprensioni 


Mi ero disperso nel vuoto. Forse non sarei mai riuscito a credere ai miei occhi, Robert e Brigitte ebbero una storia in questa casa? Non riuscivo a stare al mio agio, non sapevo cosa pensare. Ero davvero in crisi con me stesso, eppure lui non si faceva tutti questi problemi: era tranquillo quanto un leone addormentato. Io no, ero come la preda preoccupante; non mi sentivo al sicuro con questa situazione alle spalle. Mi giravo e rigiravo nel letto, ero in difficoltà con me stesso.
Forse era per via della mia fantasia irreale. Era tutto inesistente, pure se fosse stato vero, l’avrei saputo di certo!
Invece no. Quanto avrei voluto piangere e mettermi in un angolo. Sentivo il profumo provenire dal suo cuscino, un’essenza davvero confusionaria. Mi faceva confondere le cose, mi dimenticavo dei cattivi pensieri; era una realtà ben diversa, perché alla fine Robert era una persona importante per me, era il mio Dio. Bello, specialmente con i capelli arruffati. Mi sarebbe piaciuto perdere il mio viso tra i suoi capelli: questi erano momenti di pure perversione. Ma anche se lo avessi fatto, quale male me lo avrebbe impedito? Lui era il mio ragazzo, quindi potevo farlo. I giudizi altri non vallerebbero nemmeno la metà del mio sentimento, io lo amavo punto.
Fuori era mal tempo, Yara dormiva beata nella sua culla. Io andai giù per fare colazione e vidi un biglietto con scritto: “Preparati! Ritornerò prima di pranzo. E porterò via te e Yara”
-Forse vuole farsi perdonare per ieri!-. Pensai tra me e me.
 
Era carina come idea. Un uomo veramente perfetto, tutte lo donne lo desideravano. In effetti, pensandoci, a tutti credevano che avesse una donna al suo fianco e invece aveva me. Anche se mi sentivo un po’ escluso, perché non c’entravo con lui.
Non volevo andare a scuola oggi, in realtà, non ero dell’umore giusto. La mia rabbia consisteva su questa sera, non riuscivo a controllare i nervi per via di quella Brigitte, io non mi fidavo.
Mi sedetti a tavola, mettendomi le mani sulla fronte per non pensare troppo. Presi un cornetto e lo mangiai facendo finta che fosse la testa di Brigitte, lo terminai in un paio di secondi e bevvi un po’ di arancia rossa.
Pochi minuti dopo, sentii Yara piangere così andai sopra a prenderla e consolarla dal pianto. Poi scendemmo giù e le preparai un po’ di letto, giustamente aveva fame anche lei.
La domestica oggi era assente, si era presa un po’ di ferie perché il marito non stava bene… Era un giustificazione abbastanza seria. Ecco perché Robert le aveva concesso qualche giorno. Fece bene, anche perché quando stava qui, lavorava sempre e faceva anche un ottimo lavoro.
Passato un po’ di tempo, presi Yara e andammo di sopra a vestirci. Esattamente mi misi un cardigan blu con una camicia bianca e con un paio di jeans e a Yara una tutina alla Hello Kitty, mi piaceva un sacco come le stava. Di scarpe indossai delle Nike Air di colore blu oceano, invece a Yara le misi delle bamboline rosse per spezzare con la tuta.
Scendemmo di nuovo giù e aspettammo entrambi Robert sul divano di pelli, e prima del suo arrivo mi misi a giocare con la mia piccola riccioli d’oro.
Fuori era grigio, il tempo sembrava non promettere nulla di buono, ma con il mio Robert andrà tutto bene. Ci mise un bel po’, ma alla fine venne. Entrò dalla porta tutto bagnato, specialmente i capelli: erano tutti bagnati e gli donavano. Amavo Robert con i capelli bagnati, lo ammiravo ad ogni suo movimento. Era un Dio per me, soprattutto in giacca e cravatta. Di fretta si tolse le scarpe e la giacca di dosso.
 
-Farò subito e andremo via, ma dobbiamo ricordarci di prendere l’ombrello per arrivare alla macchina.-. Disse frettoloso e mi diede un bacio.
 
Andò subito di sopra a cambiarsi, io vidi Yara che sorrideva ed io rimasi perplesso guardandola. Sembrava diverso. Non sapevo che pensare così, mi avvicinai alla finestra con la bambina in braccio e guardai la cosiddetta “Tempesta Perfetta”: la natura delle volte giocava dei brutti scherzi.
 
-Mi sa di strano oggi questo tempo, su tante giornate soleggiate dovevamo scegliere proprio la peggiore!-. Mormorai.
-Scusami in ritardo, sono qui!-. Gridò soddisfatto per la sua velocità super sonica. Mentre io mi girai e gli sorridi.
-Allora, dove andiamo?-. Domandai curioso.
-Ci andiamo a fare un giro al centro commerciale, faremo un po’ di compere. Ti va?-. Mi implorò nel “Ti va?” con una faccia abbastanza triste ed io annuii per farlo felice.
 
Prendemmo l’ombrello, altrimenti ci saremmo potuti bagnare per via del tempaccio. Incappucciai bene Yara, non volevo farle prendere un accidente.
Durante la guida, mi stetti zitto. Non avevo proprio voglia di parlare con lui. Lo guardai attentamente, indossava un jeans e una felpa rossa. Non avevo fatto caso al suo abbigliamento sportivo, mi sembrava strano vederlo vestito in quel modo: aveva sempre indossato indumenti eleganti. Anche i capelli sembravano molto disordinati.
-Perché mi fissi?-. Mi guardò dubbioso, forse sapeva che stessi pensando a lui.
-Niente, hai sempre indossato roba elegante. Anche i capelli sono disordinati. Sembra che abbia fatto un guerra!-. Esclamai divertito.
-Ti diverto conciato così, vero?-. Rise. –E allora mi vestirò spesso in questo modo.-. Continuò.
-Bene. Mi piaci in versione selvaggio!-. Risposi, allungandogli la mano sulla sua.
 
A lui faceva piacere. Yara si era addormentata ancora, quando si viaggiava in auto per lei era un sogno a trecentosessanta gradi.
 
-La piccola si è addormentata.-. Dissi, com’era bella. Sembrava davvero una piccola principessa.
-Beh, altri venti minuti e siamo arrivati-.
 
Tutto d’un tratto divenni serio. Volevo fargli una domanda molto importante, con la speranza che dicesse di no.
 
-R-Robert, ma questa sera, andrai a cena con quella Brigitte?-. Gli chiesi balbettando.
-Sì, te l’avevo già detto ieri.-. Rispose secco.
-Va bene.-. Mi arrabbiai, senza nemmeno accorgermene.
-Non fare così!-. Cominciò a lamentarsi.
-Io non sto dicendo nulla.-. Balbettai ancora.
-Infatti, nulla devi dire!-. Disse brusco. Ma si era reso conto di avermi offeso.
 
Restai zitto tutto il tempo, non avevo la minima intenzione di parlargli. Fu davvero uno stupido, un cretino. Per quale ragione mi aveva risposto in quel modo? Perché voleva ferire i miei sentimenti? In quel momento, sarebbe stato molto meglio un bel calcio nello stomaco, lo avrei sopportato più delle sue parole affilanti come rasoio. Detestavo quel lato di Robert.
 
-Scusami. Non volevo.-. Mi implorò, io lo fissai pieno di rabbia.
-Scusa, eh? Grazie. Sei solo un dannato cretino, fai come vuoi per stasera. Io non ho la minima intenzione di parlarti, voglio che sparisca dalla mia vista e non solo. Vorrei solo che tu svolgessi il tuo ruolo da tutore per ora, non mi parlare di altro e devi lasciarmi in pace e farmi riflettere. Ho una vita davanti a me, quindi non dovrei soffermarmi a te!-. Ero furioso.
-Cosa intendi?-. Era perplesso.
-Intendo fare altre esperienze con altre persone al momento, quindi tu pensa alle tue cose!-. Dissi freddo, ero davvero stufo di quelle situazione.
-Rifiuto la cena?-. Propose.
-Non m’interessa, sei libero di fare quello che vuoi da questo momento. Adesso scendiamo da qui ed entriamo in questo maledetto centro commerciale?-. Gli consigliai di fare.
 
Lui inorridito, senza forze, o meglio, senza più speranza. Si spense per qualche minuto: non riusciva più a riflettere. Forse ero stato troppo duro, ma comunque me ne fregai, quindi presi Yara e scesi dalla macchina all’istante e corsi via per il centro commerciale. Lui, invece, di corsa scese con cautela, chiuse la macchina e mi corse dietro. Non avevo intenzione di ascoltarlo, volevo essere lasciato in pace; ero esausto delle improvvise cazzate. Le quali mi ferivano dentro il petto, lo sentivo battere sempre più veloce: purtroppo stavo davvero male. Ma comunque lui doveva smetterla e queste saranno le lezioni. Forse dovrei essere meno duro, o meglio, forse sarebbe stato meglio così. Era libero. Io, però, dovrei dargli delle risposte meno cattive, perché quella era davvero pessima. Ridevo al solo pensiero, ma forse avrebbe imparato la lezione. Ed ora mi correva dietro, poverino!
Un po’ mi dispiacque, ma meritava questo tipo di lezione. Mi stava inseguendo, allora significava qualcosa, il mio amore contava ancora per lui. Feci un sorriso e scomparvi entrando in un negozio d’abbigliamento e lo aspettai lì.
Arrivo poco dopo, era furioso. Anch’io lo ero, quindi stavamo sulla stessa lunghezza d’onda con la differenza che lui era sudato fradicio, io no. Yara si svegliò e pianse. Mentre lui mi si avvicinò, cauto, tranquillo.
 
-Io ti amo-. Disse in semplice parole.
 
Era affannoso, stanco. Ed io mi sciolsi con quelle semplici parole. Cosa potevo mai fare? Anch’io lo amavo.
 
-E spero che tu stia scherzando del fatto che voglia vedere altri ragazzi!-. Mi guardò torvo, ma serio.
-Sì, stavo scherzando. Non riuscirei a sopportare una cosa simile.-. E alla fine dissi la verità.
 
Lui mi sorrise e prese Yara in braccio per non farla piangere e mi prese la mano andando a spasso per il centro commerciale. Non provava nemmeno un minimo di vergogna, ero felice di questo, molto. Avevamo girato di negozio in negozio facendo compere una dopo l’altra, specialmente per la nostra piccola Yara.


 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Epilogo 

Grande amore



L’inverno passò in fretta, veloce come il vento. Roberto era steso fuori al giardino. Fuori c’era un sole incredibile, eppure eravamo solo agli inizi di maggio: il periodo della meravigliosa primavera.
Yara aveva cominciato a fare i prima passi della sua vita, anche se quando cadeva col sedere per terra, non faceva altro che piangere tutto il giorno. Io e Robert sembravamo felice, anche delle volte litigavamo spesso; l’amore però, era talmente forse che nessuno potrebbe mai impedircelo. Nemmeno una donna perfetta con dei fottuti capelli biondi.
Non avevo nulla contro le donne, anzi, le amavo con tutto il cuore. Tranne quelle stupide, insipide e acide come il vomito di un bambino.
Mentre mi cimentavo a preparare un dolce per quella splendida giornata di sole. Ma era anche una giornata particolare per il mio Robert: il suo compleanno.
Non mi sono spinto troppo oltre. Quindi stavo facendo un semplice salame a cioccolato con dei biscotti secchi. Non dovrebbe venire male, almeno speravo. Yara non faceva altro ronzarmi intorno e mi piaceva tantissimo, mentre ero assorto nel mio capolavoro: Robert non faceva altro che disturbarmi in continuazione e se la rideva, come al suo solito.
Una volta finito l’imposto con il cioccolato e i biscotti, misi tutto in freezer. In modo che si raffreddasse tutto, anche perché la cioccolata mi aveva scottato tutte le mani. Ero stato stupido, dovevo aspettare che si freddasse almeno un po’.
-Sta attento, piccolo!-. Mi rimproverò Robert, ma con aria scherzosa.
 
Mi piaceva un sacco essere chiamato in quel modo, era perfetto. Lui era perfetto.
-Eh, sorry. Ma mi ero dimenticato, spero sia buono. Ho fatto tutti di fratta!-. Protestai triste.
-Tranquillo sarà ottimo!-. Sorrise, non era vero, lui lo faceva solo per compiacermi un po’.
 
Mise le braccia attorno alla mia vita e mi guardò fisso negli occhi, ma dopo un po’ si erano spostati verso la nostra bambina: “la nostra” Yara.
 
-Salvatore, dimmi un po’… cosa hai deciso di fare dopo le superiori?-. Non faceva altro che fare la solita domanda, gli avevo detto settemila volta, o più, che avevo intenzione di fare Giurisprudenza.
-Quante volte devo ripeterlo, vorrei fare Giurisprudenza. Il diritto m’interessa tanto, perché vuoi che faccia economia come facoltà?-. Cercai di fargli cambiare idea, purtroppo non poteva scegliere lui per me. Dovrei farlo io e basta.
-Ad economia ci sono più sbocchi lavorativi, non credi?-. Disse, sembrava mio padre adesso.
-Sì, potrebbero esserci anche più sbocchi e tutto quello che dici, ma io vorrei fare dove sono più portato. Penso te lo abbia detto anche il mio professore. Ha deciso di mettermi 10. Inutile ripeterlo, sono portato per questo.-. Volevo provare a convincerlo, ma tutti volevano fare economia per me: anche mio padre faceva così, non lo sopportavo delle volte.
-Come vuoi.-. Sembrava irritato.
-A me il diritto piace, poi mi sono già informato, mi piace ciò che si studia e mi è sembrato tutto molto interessante. Devo decidere io cosa fare, amo questo? Quindi farò Giurisprudenza e poi c’è pur sempre qualcosa da fare. Lascia fare a me.-.
 
Dopo le mie parole, il suo viso stava per cambiare espressione. Avrei dovuto risponderlo così tempo fa. Io non volevo andare ad economia, anche se fosse stato fattibile, quindi avrei potuto anche sceglierla. Solo che, c’era la matematica per l’economia: detestavo tale disciplina. Quindi meglio evitare, poi sarei stato costretto a fare anche matematica finanziaria avanzata. Non mi piaceva tutta questa roba, meglio studiare e interpretare il diritto, la legge, era l’unica cosa che mi ispirava tanto. Avevo anche preso in considerazione la facoltà di lingue, scartata subito; Robert mi aveva fatto passare la voglia anche di questa mia considerazione, quindi meglio Giurisprudenza per quanto mi riguardava. A parte frequentavo un istituto tecnico-commerciale quindi sarebbe stata una scelta azzardata e precisa. Non potevo affatto pentirmi.
 
-Quindi farai questo?-. Chiese, con un mezzo sorriso tra le labbra.
-Sì-. Risposi, senza troppi pensieri.
-E va bene, domani andremo in giro per qualche buona università!-. Esclamò prendendomi la mano.
 
Che bello! Lo avevo convinto.
 
-Mi rendi felice, finalmente dopo mesi, ti ho convinto!-. Esplosi dalla gioia dandogli un abbraccio fortissimo.
Lui mi sorrise, come fa sempre.
Dopo un po’, cercai di mettere tutto a posto. C’era un disordine enorme in cucina. La domestica non era presente dato che fosse il primo di maggio. Quindi toccava a me, ma mentre stavo per mettere a posto. Robert mi chiamò essendo che stava nella nostra camera da letto assieme a Yara. Giocavano entrambi sul letto, ormai in quella casa c’erano solo e unicamente giocattoli.
 
-Cosa c’è? Mi avevi chiamato?-. Domandai, sorridendo.
 
Lui mise la bambina nella culla, sembrava stanca, quindi tra un paio di minuti si addormenterà. Mi si avvicinò fino ad arrivare alle labbra, sfiorandole. Forse voleva farmi impazzire, avrei voluto baciarlo sul serio e dimostrargli tutto il mio amore nei suoi confronti.
 
-Hai fatto tanto per il mio compleanno. Hai preparato la colazione, il pranzo, addirittura anche il dolce. Sei fantastico! Però… non basta!-. Rimasi pietrificato, cosa voleva dirmi in realtà? Ero curioso.
-Come non basta?-. Chiesi sbalordito.
-Potresti rendermi questo compleanno migliore se tu mi rispondessi di sì ad una cosa, che io ritengo molto importante.-. Mormorò al mio orecchio, mi stava mandando in tilt.
-Salvatore…-. Fece una pausa.
-Sì? Dimmi ti prego, non tenermi sulle spine.-. Protestai, mi stava facendo diventare matto.
-Mi vorresti sposare?-. Chiese, io rimasi in silenzio, non riuscivo a dire nemmeno una parola.
-C-cosa?-. Balbettai, non ci credevo.
-Vorresti sposarmi? Non sto scherzando, io ti amo!-. Mi guardò felice. Un momento, io non avevo ancora risposto.
-Sposarmi? E dove? In Italia non si può.-. Inventando una scusa, chissà cosa si sarebbe inventato adesso. Che pazzia!
-Lontano da qui, quindi? E’ un sì o un no?-. Ero in ansia, cosa dovevo fare?
-Ehm… Robert, la mia risposta è.-. Cercai di andare più piano che potevo.
-E’?-. Lui era impaziente di aspettare, come sempre.
-Robert, sì-. E lo baciai.
 
Mi sentivo felice, lui era lo stesso. Potremo forse essere una grande famiglia, su questo non saprei cosa dire. Gli altri pensavano che noi fossimo diversi. La mia amica di scuola ad esempio, raccontai tutto e la prese molto bene. Non saprei dirvi gli altri, in fondo cosa importava? L’amore non aveva mica differenze. E vissero per sempre… felici e contenti.

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