Narya

di Halfblood_princess
(/viewuser.php?uid=44073)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo: Rivendell ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo: Fellowship ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo: One ring to rule them all ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto: Snow ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto: Darkness ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto: Rauros waterfalls ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo: Race against time ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo: Riding to Edoras ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono: You like him! ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo: Rivendell ***


 

Capitolo primo: Rivendell

Il vento ululava forte facendo sventolare le bandiere stracciate poste sui bastioni della fortezza nera. L'aria era calda, ricca di umidità ed odorante di zolfo proveniente dal grande vulcano vicino, che colorava il cielo ingombro di grandi nuvole nere con maestosi lampi di fuoco.

Il grande occhio giaceva immobile e silenzioso sulla grande torre di Barad-dûr osservando ogni cosa e cercando invano di scoprire dove fosse nascosto il suo unico tesoro: l'unico anello. Il suo sguardo, però, fu presto distratto da nove figure nere che cavalcavano velocemente su oscuri destrieri diretti proprio verso la sua fortezza. Finalmente i suoi nove cavalieri erano tornati dalla missione.

Non passò molto tempo quando il re degli stregoni di Angmar domandò di essere ricevuto dal suo signore.

Salì le scale diretto al cospetto del suo padrone, accompagnato solamente dalla paura della reazione di Sauron davanti al suo fallimento.

“Mio signore, Sauron, ti porgo i miei omaggi.” disse lo spettro inchinandosi con rispetto una volta arrivato davanti all'oscuro signore.

“Non sappiamo di cosa farcene dei tuoi omaggi. Avevi una sola missione: riportarci l'anello, ed hai fallito.” interruppe una figura incappucciata che sorpassò lo stregone per portarsi al fianco del grande occhio. Il re di Angmar imprecò mentalmente.

“Non devo tener conto a te.” sibilò.

“Forse, – replicò lo sconosciuto – ciononostante questo con cambia l'esito della tua missione. Non sapevo che questi hobbit fossero così difficili da uccidere.” lo derise.

Il cavaliere si alzò sguainando la spada, ma fu subito fermato dal suo signore che esplose in una vampa di fuoco iniziando a parlare nell'oscura lingua di Mordor.

Smettetela! Non tollero questi battibecchi da ragazzine!

I due si arrestarono e ripresero immediatamente il proprio posto, senza però smettere di guardarsi in cagnesco.

Il tuo fallimento – riprese Sauron – mi ha molto deluso. Confidavo in te affinché mi venisse restituito ciò che 3000 anni fa mi fu rubato da Isildur, ma evidentemente ho sbagliato a riporre la mia fiducia in te. Narya, sarai tu a fare in modo che l'anello torni a me.

La figura incappucciata si mosse portandosi di fronte al grande occhio togliendosi il cappuccio e riversando sul mantello una cascata di capelli neri che incorniciavano il volto pallido della giovane donna su cui era stampato un sorriso che trapelava anche dai pozzi oscuri che erano i suoi occhi.

“Sarà fatto... Padre.”

 

∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆

 

I raggi del sole invadevano timidamente la valle quel giorno. L'autunno era arrivato oramai da qualche tempo eppure quel giorno ricordava l'estate appena trascorsa.

Nella valle di Rivendell tutto si svolgeva con la solita pace caratteristica degli elfi. Ognuno svolgeva le sue mansioni quotidiane nella più totale serenità, mentre gli ospiti della casa di Elrond si godevano una ricca colazione in vista degli ultimi preparativi che avrebbero dovuto svolgere per partenza del giorno dopo.

All'improvviso un corno risuonò nella valle accompagnato dallo scalpitio degli zoccoli di una dozzina di cavalli, i quali si fermarono, insieme ai loro cavalieri, davanti alla dimora del re. Uno di loro, però, aveva un fardello: il corpo di una giovane donna senza sensi. Ella aveva lunghi capelli neri e il volto mortalmente pallido.

“Presto – disse il cavaliere scendendo da cavallo e prendendo delicatamente tra le braccia il corpo esanime della donna – andate subito a chiamare mio padre.”

L'elfo non attese risposta da parte dei suoi cavalieri ed entrò nella casa di suo padre andando diretto verso una delle camere degli ospiti che sapeva essere libera. Lì depose delicatamente la ragazza su un grande letto a baldacchino.

“Chi è costei?” domandò una figura sulla porta. Era un elfo con lunghi capelli neri e penetranti occhi azzurri con una sottile corona dorata e, nonostante sembrasse giovane, emanava un'aura antica.

“Lo ignoro, padre. Ero in pattuglia nei boschi con i miei cavalieri come ogni mattina, quando in mezzo alla radura l'abbiamo ritrovata senza sensi. Non so da quanto fosse lì. - spiegò – Vivrà?”

Re Elrond tacque e si limitò a visitare in silenzio la giovane. Dopo poco si portò di nuovo a fianco al figlio ed emise il suo verdetto.

“Vivrà, ma non è la sua salute ciò che mi preoccupa. Riesco a sentire un'aura oscura che aleggia su di lei, probabilmente sarà dovuta al fatto che era inseguita dagli orchi, tuttavia preferirei parlarle, ma soprattutto vorrei che Gandalf la osservasse. - sospirò – Non turbiamoci ancora, abbiamo delle faccende urgenti da sbrigare.”

Il ragazzo annuì pensieroso, rivolgendo un ultimo sguardo alla ragazza prima di seguire il padre fuori dalla stanza.

 

Nella stanza si fece silenzio, turbato solo dal fioco respirare dell'unico essere vivente nella stanza. Il vento entrava tiepido dall'unica grande finestra portando con se un dolce profumo di foglie cadute, mentre il sole continuava serenamente il suo ciclo, fino ad arrivare nel suo estremo più alto per poi tornare a calare. Solo allora la ragazza apri gli occhi.

Erano neri, così neri da non riuscire a distinguere l'iride dalla pupilla e contornati da lunghe ciglia scure.

La ragazza lentamente si tirò su e con qualche difficoltà dovuta ad un dolore al ventre si sedette, andandosi a rannicchiare nel centro del grande letto su cui era stata posata. Era finalmente arrivata a Rivendell?

Il suo sguardo vagava curioso nella stanza alla ricerca di un qualcosa che le facesse riconoscere dove fosse finita, ma il suo curiosare fu turbato da un rumore di passi che si avvicinavano alla sua porta, accompagnati da un mormorio di voci.

“... l'ha trovata mio figlio nella radura questa mattina.” disse la prima voce.

“Dici che potrebbe essere una spia di Sauron o di Saruman?” domandò una seconda voce più profonda.

“No, è solamente una ragazza giovane, ma vorrei che tu la controllassi comunque. Sento un'aura oscura su di lei.” continuò la prima voce, adesso molto più vicina.

La ragazza, ancora rannicchiata nella stessa posizione, vide la porta aprirsi rivelando finalmente i due uomini che stavano chiacchierando. Il primo era un uomo alto con orecchie appuntite e lunghi capelli neri mentre il secondo era un anziano signore vestito completamente in grigio, con un grande cappello da stregone e un lungo bastone; sembrava turbato.

“Allora sei sveglia. - constatò il primo venuto – Sai dove ti trovi?”

La ragazza si rannicchiò nell'angolo del letto più lontano dagli sconosciuti e dissentì muovendo il capo.

“Sei a Rivendell, dimora degli elfi e ultima casa accogliente prima dei porti grigi. Io sono re Elrond, signore della valle.”spiegò.

Un lampo di consapevolezza illuminò gli occhi della ragazza e i due uomini parvero accorgersene.

“Io invece sono Gandalf il grigio; – continuò il secondo uomo – e tu chi sei?”

La ragazza esitò e si spostò sedendosi sul bordo del letto, più vicina agli estranei.

“Io sono Narya.” rispose.

I due uomini sussultarono e si guardarono velocemente negli occhi come se stessero comunicando telepaticamente, mentre l'anziano si stringeva la mano sinistra.

“Narya hai detto? E da dove vieni?” continuò Gandalf facendo finta di nulla.

La ragazza aggrottò le sopracciglia, corvine come i suoi capelli, e stette per qualche secondo a pensare.

“Non ricordo. Qualche settimana fa mi sono ritrovata da sola in una prateria, e come ricordo soltanto quello del mio nome e quello di un sogno che mi diceva di recarmi nella casa di Elrond.” sussurrò la giovane abbassando lo sguardo.

Re Elrond si rabbuiò e si girò nuovamente verso Gandalf ignorando la giovane.

“Come è possibile, Gandalf? E' molto più di una coincidenza il fatto che sia arrivata qui proprio oggi, il giorno prima della partenza!”

Gandalf si avvicinò a Narya e si sedette accanto a lei fissandola insistentemente negli occhi. “E' questa la verità?” domandò serio.

“Si.” affermò la giovane senza esitazione e senza distogliere lo sguardo dall'anziano stregone.

“Nel sogno era notte ed ero in una radura, al centro di essa vi era un piccolo stagno in cui si riflettevano la luna e le stelle. Stavo lì ad osservarle quando all'improvviso una voce iniziava a parlarmi ed a spingermi a raggiungere il più presto possibile la valle di Imladris perché qui il mio destino si sarebbe compiuto grazie all'aiuto di una persona di nome Baggins.”

Gandalf e Elrond sussultarono nuovamente, ma questa volta non si parlarono, né si guardarono.

“Bene, la ragazza non mente Elrond, mio signore.” constatò lo stregone alzandosi e andandosi di nuovo a posizionare a fianco all'elfo.

“Che farete di me?” domandò con un pizzico di timore Narya.

“Tu, ragazza, verrai con me, il signor Baggins ed altri 7 compagni verso sud. Partiremo domani mattina.” dichiarò Gandalf.




Ciao a tutti!
Innanzituto se siete arrivati qua grazie per aver letto questo primo capitolo :)! Nonostante io sia una GRANDE appassionata del Signore degli anelli questa è la prima volta che pubblico sul fandom ed ho deciso di basarmi essenzialmente sulla trasposizione cinematografica.
Detto ciò, cercherò di aggiornarle il più spesso possibile, ovvero quando i miei impegni universitari me lo permetteranno T.T .... 
Grazie ancora per la lettura! Alla prossima - spero xD

Halfblood_princess

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo secondo: Fellowship ***


Capitolo secondo: Fellowship

 

Il sole era ormai calato da tempo, lasciando il suo posto ad una grande e pallida luna che illuminava a giorno la valle di Imladris. Erano passate diverse ore da quando i due uomini avevano lasciato la stanza di Narya, raccomandandole di stare in camera sua e di non uscire per nessun motivo, rassicurandola anche sul fatto che dei servitori le avrebbero portato i pasti, degli abiti e tutto il necessario per la partenza dell'indomani. Così era stato. Degli elfi le avevano portato una lauta cena a base di verdura e frutta e dei nuovi abiti, in vista della partenza della mattina seguente, accompagnati da un una spada e da uno zaino con all'interno cambi di vestiario e coperte.

La ragazza aveva avuto qualche difficoltà ad addormentarsi, a causa di tutti gli avvenimenti che si erano susseguiti quel giorno. Pensava anche a chi fosse questo signor Baggins, ed agli altri componenti della compagnia con cui sarebbe partita. La luna era già alta quando finalmente si addormentò.

Era appena sorta l'alba, quando una giovane elfa dai lunghi capelli scuri la venne a destare, esortandola a prepararsi perché il momento della partenza era giunto.

Narya si vestì di tutta fretta, sgranocchiando una fugace colazione che l'elfa aveva portato con se, per poi recarsi, accompagnata da una guardia, nel luogo d'incontro.

In un grande piazzale contornato da bellissimi alberi e fiori c'erano una dozzina di elfi, tra cui spuntava la giovane che l'aveva svegliata, capeggiati da re Elrond e, un po' più in disparte, vi erano nove persone che sistemavano gli ultimi preparativi per la partenza. C'era Gandalf, con l'abbigliamento del giorno prima, due uomini: uno con i capelli scuri, mentre l'altro con i capelli biondi; un nano dalla folta barba rossa, un elfo dai luminosi capelli biondi, ed infine c'erano quattro persone della stazza di un bambino, tutti con una folta capigliatura riccioluta e grandi piedi pelosi. Nessuno parve accorgersi di Narya, eccetto Gandalf che le venne subito incontro salutandola.

“Narya, ragazza mia, aspettavamo solo te.”

“Chiedo scusa.” sussurrò in risposta la ragazza, non erano nemmeno partiti e già aveva attirato l'attenzione arrivando per ultima.

“Non c'è problema, nessuno ci aspetta dove stiamo andando. Compagnia – aggiunse, attirando l'attenzione degli altri otto componenti – lei è Narya, e ci accompagnerà nel nostro viaggio verso sud.”

“Una donna?” domandò l'uomo dai capelli biondi e con un grande scudo tondo sulla schiena.

“Esatto Boromir. Io l'ho deciso, e così sarà. Non accetto discussioni su questo punto.” disse Gandalf ponendo fine alla discussione.

L'uomo, Boromir, guardò stizzito lo stregone e si azzittì, ma evidentemente non era l'unico a sembrare poco convinto sulla scelta del nuovo compagno di viaggio. In molti avevano lo sguardo dubbioso, compresi alcuni degli elfi presenti alla partenza. Narya, però, fece finta di notarli e si avvicinò ai suoi nuovi compagni attendendo il via.

Elrond si fece avanti.

“E' ora. Il portatore dell'anello si avvia alla ricerca del monte fato. A voi che viaggiate con lui non viene imposto nessun giuramento o obbligo di andare oltre quanto potrete. Addio, attenetevi al vostro scopo, e possa la benedizione degli elfi, degli uomini, e di tutta la gente libera accompagnarvi.”

La tensione era alle stelle. Ovviamente Gandalf ed Elrond avevano spiegato a Narya il perché di quella male assemblata compagnia, senza tuttavia scendere nei particolari. Adesso, però, ne era certa. Sapeva che l'anello era lì e che lo aveva uno di loro, ma la domanda era: chi? Lo sguardo della ragazza passò a rassegna tutti i suoi compagni, ma Gandalf la fece riscuotere dai suoi pensieri, parlando.

“La compagnia attende il portatore dell'anello.”

Subito si fece silenzio, poi, una di quelle persone che assomigliavano così tanto a dei bambini, si fece avanti e si diresse verso Gandalf, per poi oltrepassarlo e procedere verso la terra nera di Mordor.

Narya diede un cenno di saluto a re Elrond, per poi partire con la compagnia prendendo posto nella retroguardia: il viaggio era oramai iniziato e non sarebbe potuta tornare indietro, non ora che sapeva chi aveva l'anello di suo padre.

 

∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆

 

Uscire dalla valle fu semplice: bastò seguire un ripido sentiero ed attraversare una grotta ed a mezzodì erano già entrati nelle terre selvagge da tempo. Nessuno parlava, impegnati com'erano a non inciampare per via delle rocce che sorgevano nascoste nel terreno come funghi.

“Fermiamoci e riposiamo.” annunciò lo stregone, circa un'ora dopo mezzogiorno.

Il gruppo sospirò di sollievo, persino il piccolo pony sembrava felice di poter avere un po' di pausa.

Tutti posarono i bagagli ed iniziarono a svolgere vari compiti: chi preparava il cibo, chi cercava legna per il fuoco e chi ancora andava a raccogliere dell'acqua da un piccolo ruscello poco distante. Narya rimase l'unica in piedi senza un qualcosa da fare, si sentiva di troppo e, tra l'altro, non conosceva nemmeno i nomi dei componenti di quella strana compagnia.

La ragazza osservò uno ad uno i suoi compagni indecisa sul da farsi, poi vide uno di quegli strani bambini, quello che stava sempre assieme ad il portatore dell'anello, che stava iniziando a prendere l'occorrente per cucinare e decise di avvicinarsi a lui.

“Posso dare una mano?” domandò la ragazza. Non aveva mai cucinato, ma di certo non sarebbe stato così difficile.

Il bambino-ragazzo sussultò preso alla sprovvista.

“Mia signora non c'è bisogno che mi aiuti, posso fare tranquillamente da solo.” replicò imbarazzato.

La ragazza non si dette per vinta.

“Solo Narya, e tu come ti chiami? Ti prego insisto.”

“Io sono Samvise Gamgee, ma tutti mi chiamano Sam. Se proprio insisti ci sarebbero da sbucciare le patate. Se non è di troppo disturbo!” si affrettò ad aggiungere.

“Assolutamente no.” continuò Narya, iniziando a svolgere il suo compito. Farlo era vantaggioso: poteva distrarsi dalle occhiate che tutti continuavano a rivolgerle, ma soprattutto poteva controllare Baggins.

“Sam, ma tu esattamente cosa sei?” domandò la ragazza una volta finito di sbucciare le patate.

Sam scoppiò a ridere ottenendo ciò che la ragazza non voleva: l'attenzione degli altri.

“Io sono uno hobbit.”

“Uno hobbit? Non ne ho mai sentito parlare.” rispose interessata Narya. Aveva visto elfi, nani, orchi, goblin e qualsiasi altra creatura, ma mai degli hobbit.

“Questo è perché noi viviamo nella Contea, ad ovest di Granburrone. E' un bellissimo posto fra le colline, ricco di fiori e piante di ogni tipo, dovresti venire a visitarlo un giorno.” disse sorridendo.

La ragazza annuì silenziosamente e continuò a seguire le indicazioni di Sam per completare il pasto, ma era distratta: come aveva fatto l'anello a finire lì?

In meno di venti minuti il pasto era pronto e la ragazza si offrì per andare a portare i pasti ai loro compagni, almeno così avrebbe avuto una scusa per avvicinarsi al portatore. Prese le prime due ciotole di zuppa portando la prima a Gandalf mentre la seconda all'uomo con i capelli scuri sedutogli vicino, che la ringraziò con un sorriso. Dopo la portò all'uomo biondo, che non la degnò nemmeno di uno sguardo, al nano e all'elfo, che la ringraziarono entrambi con un gesto del capo ed infine agli hobbit. Per ultima si servì lei stessa e si sedette insieme agli altri in un cerchio improvvisato attorno ad il piccolo fuoco che avevano usato per cucinare.

Per diversi minuti l'unico rumore che si sentì fu quello dei cucchiai che raschiavano il fondo della ciotola, poi Gandalf si decise a parlare.

“Direi che è giunto il momento di fare le presentazioni. Membri della compagnia lei è Narya e viaggerà con noi fino a data da destinarsi.”

“Perché una donna dovrebbe viaggiare con noi? Sarà solo un peso.” replicò Boromir.

“Il perché lei verrà con noi è affare mio e suo e di nessun altro, Boromir. - disse stizzito Gandalf – Se non ci sono altre contestazioni, direi di procedere da dove sono stato interrotto. Narya lui è Aragorn, figlio di Arathorn – disse indicando l'uomo dai capelli scuri – lui è Legolas, figlio di Thranduil, del reame boscoso, mentre lui è Gimli, figlio di Gloin – continuò indicando prima l'elfo e poi il nano – loro sono Frodo Baggins, Samvise Gamgee, Sam, Meriadoc Brandibuck, Merry, e Peregrino Tuc, Pipino. – finì facendo un segno ai quattro hobbit – ed infine, come avrai oramai capito, lui è Boromir, figlio di Denethor, sovraintendente di Gondor. Loro sono i membri della compagnia dell'anello.”

“Piacere di conoscervi. Spero di non essere solo un peso per voi.” Disse la ragazza.

“Non lo sarai. Vedo che porti una spada con te, ti insegneremo a combattere ed a proteggerti in caso di un attacco degli orchi.” constatò Aragorn.

Narya lo ringraziò con un mezzo sorriso, per poi tornare a mangiare la sua razione silenziosamente mentre gli altri, invece, iniziavano a chiacchierare fra loro del più e del meno. Di certo, pensò la ragazza, non poteva usare come scusa per non allenarsi il fatto che sapeva già come difendersi.

La pausa, purtroppo, non durò a lungo, vista la lunga strada che avevano ancora in progetto di percorrere quel giorno. Narya e Sam si sbrigarono a sistemare, assieme agli altri, tutti i loro averi per poi ricominciare di nuovo una marcia silenziosa.

Il cammino fu nuovamente duro a causa del terreno accidentato su cui si ritrovavano, ed il caldo fuori stagione li faceva sudare ed arrancare tutti, tranne Narya, che sembrava quasi non accorgersi dell'alta temperatura della giornata. Proprio come al mattino, camminarono a lungo fino a quando il sole non fu tramontato e il cielo non divenne buio, rendendo impossibile proseguire la marcia.

Narya aiutò nuovamente Sam con il cibo, mentre gli altri componenti preparavano l'occorrente per un grande falò e si apprestavano a liberare il povero pony dai suoi fardelli.

Una volta servito il cibo a tutti, Narya si sedette attorno al fuoco. Diversamente dalla pausa fatta a pranzo, la ragazza si mise più in disparte, decisa ad osservare i suoi compagni, ma l'arrivo del vecchio stregone, che si sedette di fianco a lei, guastò i suoi piani.

“Allora, Narya, non ricordi proprio nulla del tuo passato?” domandò Gandalf.

Attorno a loro i componenti della compagnia, che prima chiacchieravano allegramente, si fecero silenziosi, interessati alla storia della ragazza di cui conoscevano così poco.

“No, o meglio, a volte ho dei flash di una casa, un piccolo orto e di alcune persone, ma non so se sono veri ricordi o solo frutto della mia immaginazione.” spiegò la ragazza turbata da tante attenzioni.

“E ti ricordi il perché ti chiami Narya?” continuò lo stregone ricevendo un'occhiata significativa da Aragorn.

“Beh, presumo perché mio padre ha deciso così. Come mai?”

“Perché hai un nome importante, molto importante, che ricorda fatti accaduti molto tempo or sono.” spiegò lo stregone.

Non sapendo cosa rispondere, Narya decise di limitarsi a tacere, ricominciando a mangiare. Di certo non poteva spiegare perché suo padre l'avesse chiamata come uno dei tre anelli. Non a loro, e soprattutto non a Gandalf, o si sarebbe ritrovata senza testa nel giro di pochi secondi.

“Quindi non sai nemmeno da dove vieni?” domandò Boromir incuriosito, ma cercando di mantenere un tono neutro.

“No.” continuò la ragazza abbassando lo sguardo.

“Non starti a preoccupare, sono certo che con il tempo ricorderai. Gandalf è un grande stregone, troverà un modo per aiutarti!” le disse sorridendo Legolas, mentre tutti annuivano rivolgendole altre parole di rassicurazione.

Narya ringraziò il più calorosamente possibile l'elfo e tutti gli altri. Questa storia del fatto che non ricordava il suo passato stava prendendo una piega che non aveva immaginato. Credeva che così facendo nessuno l'avrebbe interrogata continuamente su dove venisse, chi fosse, perché fosse lì, ma soprattutto chi fosse la sua famiglia. Quest'ultima domanda era quella che la preoccupava di più: cosa avrebbe inventato? Di certo doveva far finta di iniziare a ricordare, Gandalf non doveva assolutamente provare ad entrare nella sua mente, o avrebbe scoperto chi realmente fosse suo padre.

“La marcia è stata dura, e domani lo sarà ancora di più, andate di dormire. - disse Aragorn interrompendo il fiume di pensieri della ragazza - Per questa notte voi hobbit e tu, Narya, potete riposare, ci occuperemo noi altri della guardia.”

Mentre Aragorn prendeva posto vicino al fuoco per fare il primo turno, il resto della compagnia si distese poco lontano da lui per riposare e Narya si ritrovò sdraiata fra Gandalf e Boromir.

La ragazza guardò il cielo osservando incantata le stelle sentendosi affascinata da quello spettacolo: a casa sua non si vedeva mai un cielo così limpido, a causa delle nubi che lo ricoprivano perennemente, e le poche volte era uscita dalle sue terre era sempre per missioni di pochi giorni. Suo padre cercava di tenerla il più nascosta possibile, nessuno doveva sapere di lei, e questa era la prima volta che si spingeva così a nord.

Narya sospirò pensando a suo padre, le aveva affidato una missione molto importante e non poteva assolutamente fallire come aveva fatto il re degli stregoni di Angmar. Non poteva assolutamente deluderlo, anche perché sennò lui sarebbe morto, mentre lei sarebbe divenuta mortale. La ragazza si girò dando la schiena a Gandalf e si mise a fissare la schiena di Boromir. In qualche modo, pensò, avrebbe dovuto avvicinarsi a Frodo, conquistare la sua fiducia e convincerlo ad abbandonare gli altri per poi ingannarlo e portarlo a Mordor, ma come?

Narya sbadigliò. Forse era meglio pensarci più avanti, era tardi e la strada ancora molto lunga, adesso doveva riposare.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo terzo: One ring to rule them all ***


Capitolo terzo: One ring to rule them all

 

Era passata più di una settimana da quando la compagnia era partita da Granburrone e nulla era cambiato. Durante la marcia i membri della compagnia tacevano per la maggior parte del tempo, per evitare di sprecare le forze a causa del tragitto che stava iniziando a diventare sempre più impervio. Nelle soste Narya continuava ad aiutare Sam, chiacchierando saltuariamente con gli altri membri del gruppo, con cui stava iniziando a legare, eccetto Boromir, che continuava ostinato ad ignorarla o a guardarla malevolmente. Gandalf le chiedeva ogni giorno se riusciva a ricordare qualcosa in più e la ragazza non sapeva più che cosa inventarsi.

Quel giorno, esattamente dieci giorni dopo la partenza, avevano deciso di fermarsi a pranzare su una formazione rocciosa che offriva una vista a 360 gradi, permettendo così di scorgere l'arrivo di eventuali nemici. Boromir aveva deciso di insegnare a tirar di spada a Merry e Pipino e Narya, seduta su una roccia, era incantata ad osservarli, ridendo sommessamente dei tre.

“Vuoi provare anche tu?” le domandò Aragorn prendendola alla sprovvista.

“I..Io? Non credo di esserne in grado.” rispose la ragazza.

L'uomo decise di non insistere, ma lanciò uno sguardo significativo alla ragazza, facendole intendere che prima o poi sarebbe toccato anche a lei.

Nel frattempo l'anziano stregone, seduto su uno sperone di roccia rivolto a sud a fumare la sua erba pipa, rifletteva su quello che era accaduto a Granburrone.

Flashback

“Sei pazzo Gandalf? Così metti a rischio la missione!” disse Elrond, una volta usciti dalla stanza della ragazza che suo figlio aveva trovato quella mattina.

“Pazzo? Forse, ma conosci il detto amico mio: 'tieni vicino gli amici, ma ancor di più i nemici.” replicò l'anziano stregone.

“Allora credi che sia una spia del nemico!”

Gandalf si fermò e strinse il bastone, dopo quello che era successo con Saruman non si fidava più di nessuno, nemmeno di ragazze indifese.

“Probabilmente è solo una contadina che è stata attaccata dagli orchi e lo shock le ha fatto dimenticare tutto, o perlomeno è quello che ci vuole fare credere. So che ricorda qualcosa, e mi sentirei più a mio agio il saperla con me per poterla controllare.”

Elrond guardò lo stregone intensamente.

“E sia. Il tuo giudizio è sempre stato giusto, mi fiderò di te anche questa volta.”

Fine flashback

I pensieri dello stregone furono presto interrotti da Gimli, che si sedette vicino a lui.

“Se qualcuno chiedesse la mia opinione, e noto che nessuno la chiede, direi che abbiamo preso la strada più lunga. Gandalf, potremmo attraversare le miniere di Moria, mio cugino Balin ci darebbe un benvenuto regale” disse il nano.

Lo stregone si rabbuiò ed il suo sguardo cadde sulla ragazza che, seduta anch'ella su una roccia, guardava Boromir, Merry e Pipino allenarsi.

“No Gimli, non prenderei la strada attraverso Moria a meno che non avessi altra scelta.” Aveva dei timori sulle miniere: i nani avevano scavato troppo a fondo e con troppa avidità, correndo il rischio di svegliare demoni del mondo antico.

Gimli si azzittì, offeso dalle parole del vecchio stregone.

“Che cos'è quello?” domandò Sam, osservando una nuvola in lontananza.

“Niente, solo una nuvoletta.” rispose il nano.

Narya si voltò ad osservare l'oggetto di interesse dei due. Quella, si disse alzandosi in piedi, non era decisamente una nuvoletta.

“Si sposta velocemente, e controvento.” aggiunse Boromir.

“I Creiban da Duneland!” urlò Legolas.

Tutto si svolse in pochi istanti: Boromir ed Aragorn esortarono tutti a raccogliere il più possibile ed a nascondersi sotto le rocce ed i piccoli arbusti. Sam versò l'acqua il fuoco cercando di spegnerlo il meglio possibile, mentre tutti gli altri raccolsero i vari oggetti della compagnia e si nascosero, cercando di non farsi notare. Solo dopo che gli uccelli-spia se ne furono andati e Gandalf ebbe dato il via libera i membri della compagnia uscirono dai loro nascondigli.

“Spie di Saruman. Il passaggio a sud è sorvegliato, dobbiamo prendere il passo di Karadrash.” Sentenziò Gandalf.

Narya si rabbuiò, se quello stupido di Saruman non si fosse intromesso, come gli aveva ordinato Sauron, in un mese sarebbero arrivati a Rohan, ed arrivare a Gondor sarebbe stato semplice. Passare per Karadrash avrebbe allungato di molto il viaggio. La ragazza guardò la montagna intimorita.

“Narya!”

Il suono del suo nome la fece sobbalzare, attirando gli sguardi di tutti.

“Tutto bene?” domandò Merry.

“Si. Si, tutto bene” rispose, anche se poco convincente.

I dieci prepararono velocemente i propri bagagli e si diressero verso le alte montagne che dominavano il paesaggio ad est. Sarebbe stato molto faticoso.

Gandalf pensò molto a Narya, ma solo dopo qualche ora dalla partenza lasciò il comando della compagnia ad Aragorn per scendere nelle retrovie ed andare da lei.

“Tutto bene ragazza?” domandò.

“Si” rispose la ragazza, ma uno sguardo pungente da parte dello stregone le fece intendere che sapeva che questa non era la verità.

“In realtà no. Quegli uccelli, i creiban, mi hanno suscitato uno strano malessere. Forse lì ho già visti, ma non so quando o dove.” rispose cercando di essere il più convincente possibile, ma d'altronde non era proprio del tutto una bugia.

Gandalf sembrò soddisfatto della risposta.

“Questo è un bene. I Creiban sono delle creature orribili e spie del nemico, se ne fossi stata attratta sarebbe stato un guaio. Il male non ripaga mai, ricordatelo. Adesso non pensare a quelle creature, né al nemico, avremmo tempo e modo di pensarci. Il viaggio è lungo e noi siamo solo all'inizio.”

Con ciò lo stregone si allontanò nuovamente per ritornare con Aragon, non prima però di averle dato una pacca quasi affettuosa sulla spalla.

∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆∆

Se prima il viaggio era stato difficile, non era niente in confronto a quello che stavano affrontando adesso. I poveri hobbit non ce la facevano più, nonostante avessero aumentato la loro resistenza rispetto ai primi giorni, ma non erano gli unici ad essere stanchi.

Quel pomeriggio il sole splendeva alto nel cielo ed emanava una luce tale che guardare la neve quasi accecava. La compagnia procedeva in silenzio, quasi annoiata dalla monotonia del paesaggio, quando improvvisamente Frodo inciampò, rotolando per qualche metro fino a fermarsi grazie all'aiuto tempestivo di Aragorn. Si alzò in piedi e subito controllò che l'anello fosse al suo posto, ma non era così. Esso giaceva qualche metro più avanti tra Narya e Boromir.

La ragazza ne fu tentata. Era la prima volta che riusciva a vedere il piccolo artefatto, ma subito ne rimase affascinata. Era lì, a pochi metri da lei, e avrebbe facilmente potuto prenderlo e scappare, Isengard, d'altronde, non era così distante.

Lo sguardo della ragazza era fisso, ed il suo corpo non riusciva a muoversi mentre una domanda le sorgeva spontanea nella mente: e se l'avesse tenuto per se? Ne avrebbe avuto il diritto, era la figlia dell'oscuro signore di Mordor.

Una mano che prendeva l'anello la distrasse e fu subito tentata di sfoderare la spada per tagliarla e prendere per se il Tesoro.

“Che strano destino. Dobbiamo provare tanti timori e dubbi per una cosa così piccola, un oggettino.” sussurrò Boromir tenendo l'anello di fronte al suo viso.

“Boromir dà l'anello a frodo” lo intimò Aragorn.

“Come desideri. - rispose il gondoriano restituendo l'anello al portatore - Non mi interessa.” continuò, riprendendo il cammino.

A Narya, però, sembrò che lo stesse dicendo più a se stesso per convincersi che non fosse così. La ragazza si strinse nelle spalle e si girò verso l'inizio del gruppo e notò che Gandalf la stava fissando. Lei sorrise e si incamminò seguendo Boromir.

L'episodio aveva turbato tutti, Gandalf compreso, così non passarono molte ore prima che decidessero di fermarsi e, dopo una frugale cena, andarono tutti a dormire poco dopo il tramonto, tranne la giovane donna e l'uomo di Gondor. Era già capitato che avessero turni di guardia insieme, ma mai si erano rivolti la parola.

“Oggi, quando è caduto l'anello a Frodo, hai sentito anche tu?” domandò l'uomo senza voltarsi, una volta sicuro che tutti i loro compagni fossero addormentati.

“Si.” sussurrò la ragazza. Non aveva senso mentire, tutti sentivano l'influenza dell'anello.

L'uomo si girò, i suoi occhi blu illuminati dalle fiamme del fuoco erano tormentati dal dubbio. Si alzò, sedendosi per la prima volta di fianco a lei.

“Devo chiederti scusa, non mi sono comportato bene nei tuoi confronti, ma a differenza degli altri noi di Gondor non siamo abituati a vedere donne che partono in missioni suicide. Perché hai accettato di venire?” disse l'uomo.

“Perché non so chi sono e non ho un posto dove andare.” rispose la ragazza, quella conversazione stava prendendo una piega strana.

“Dev'essere brutto non ricordare la propria famiglia, mi dispiace.”

“Non dispiacerti, non sapendo chi sono non posso provare tristezza. Tu hai famiglia?” chiese ancora Narya.

“Ho mio padre Denethor, il sovraintendente di Gondor, e mio fratello minore Faramir.” spiegò sorridendo al ricordo dei familiari.

“E tua madre?”

“Mia madre è morta molto tempo fa. Non dispiacerti – continuò l'uomo vedendo che Narya stava per parlare – ho dei bei ricordi di lei, seppur pochi.”

Il silenzio tornò a far da padrone. fino a quando Boromir non la esortò ad andare a dormire, assicurandole che sarebbe stato capacissimo di continuare la ronda da solo.

Narya si limitò ad annuire prendendo il suo posto accanto al fuoco e chiudendo gli occhi. Pensò che gli uomini erano strani, soprattutto quelli di Gondor, che il giorno prima ti guardano male ed il giorno dopo si comportano come se fossero tuoi amici da tutta una vita.

Amici, la ragazza non aveva mai avuto modo di conoscere suoi coetanei e quindi non aveva mai avuto la possibilità di fare amicizia.

Pensò a quei giorni trascorsi lontano da suo padre e con la compagnia, non si stava trovando male ed il pensiero che il viaggio dovesse presto finire iniziava a farle provare tristezza.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo quarto: Snow ***


Capitolo quarto: Snow

 

Narya non aveva mai avuto tanto freddo in vita sua. Nella notte la neve era ricominciata a cadere abbondante ed ora le arrivava al di sopra delle ginocchia.

Legolas era in testa alla colonna e grazie al suo corpo agile da elfo riusciva a camminare sulla neve senza sprofondare, cosa che ovviamente dava sui nervi a tutti. Dopo di lui seguivano Boromir ed Aragorn, che con i loro corpi cercavano di aprire un varco nella neve per tutti coloro che venivano dopo di loro.

Mano a mano che salivano in quota la neve cominciava a diventare sempre più alta e, ad aggravare la situazione, poco prima di mezzogiorno iniziò la tempesta. Il vento aveva cominciato ad infuriare, trasportando con se fiocchi di neve grandi quanto il palmo della mano degli hobbit che ricoprivano i dieci viaggiatori facendoli sembrare pupazzi di neve ambulanti. Stretti nei loro mantelli, cercando di scaldarsi il più possibile, i membri della compagnia erano sempre più stanchi e sfiduciati, e l'unica cosa che conferiva loro forza per andare avanti erano le parole di Legolas, che li aveva informati che sull'altro versante della montagna la neve tornava ad essere bassa ed il cielo limpido.

Questo clima così imprevedibile, però, sembrava molto improbabile agli occhi dello stregone, che aveva iniziato a guardarsi in giro attentamente pregando tutti di fare silenzio.

“C'è un empia voce nell'aria.” annunciò l'elfo ad un certo punto.

“E' Saruman!” urlò Gandalf per farsi sentire da tutti, ma presto un suono più torbo riempì l'aria ed una parte della parete di neve che sovrastava i viaggiatori si staccò ricoprendoli di detriti e neve.

Narya non sentiva o vedeva più nulla se non il bianco accecante della neve. La ragazza esitò un attimo per decidere quale parte fosse il sopra e quale il sotto, poi iniziò a scavare selvaggiamente: l'aria iniziava a mancarle e cominciava a non sentire più le gambe per il freddo, mentre il desiderio di riposare si faceva sempre più forte.

Fortunatamente, mentre cercava di uscire da quella prigione bianca, iniziò a vedere un movimento sopra di lei e, con un po' di aiuto dall'esterno, riuscì ad uscire.

“Stai bene?” le domandò Aragorn pallido.

“Si.... si grazie” rispose Narya tremando come una foglia.

Quello che successe dopo la ragazza ed i piccoli quattro hobbit, mai abituati a quel gelo pungente, non lo ricordarono molto. Ci fu una discussione, riguardante il fatto se proseguire su quella strada o meno, ma viste le condizioni generali della compagnia, ed il fatto che avevano appena rischiato di morire per una valanga, si optò per scendere dalla montagna e, in meno di due ore, riuscirono a tornare al bivacco della sera precedente dove decisero di restare per un'altra notte.

La prima cosa che fecero fu accendere un fuoco davanti a cui tutti si sedettero formando un grande cerchio. Narya e Sam, come al solito, prepararono e distribuirono il cibo, che consisteva in un pezzo di pane e formaggio accompagnati da una fetta di carne salata, per poi sedersi e mangiare anche loro.

“Nelle miniere di mio cugino Balin non patirete questo freddo! Ci saranno fuochi, carne e birra a fiumi. Vedrete, ci daranno un benvenuto regale!” esclamò Gimli, suscitando l'interesse dei piccoli hobbit che iniziarono a domandargli particolari su Moria, ma soprattutto sul cibo che avrebbero mangiato.

La ragazza, seduta tra Sam e Merry, si rabbuiò. Saruman le stava causando un mucchio di problemi obbligandoli a passare prima per Karadrash e poi per Moria. Là non ci sarebbero state feste o gloria, ma soltanto morte e desolazione ed anche lei non sarebbe stata al sicuro. I goblin di quelle terre non la conoscevano e lei non avrebbe potuto difendersi con tutte le sue forze o sarebbe saltata la sua copertura, ma non erano loro la parte più preoccupante di quel cammino.

Finito il misero pasto, sotto consiglio di Gandalf, andarono tutti a dormire. Narya si addormentò quasi subito, non prima, però, di aver notato lo sguardo penetrante dell'anziano stregone.

 

La mattina dopo il sole sorgeva alto in un cielo di nuovo limpido. I dieci, incoraggiati dal bel tempo, svolsero velocemente i loro rituali mattutini e dopo una frugale colazione ripresero il loro viaggio nella speranza di mettere più miglia possibili fra loro e quell'inferno di ghiaccio.

“Come stai?” domandò all'improvviso una voce alle spalle della ragazza. Ella si girò di scatto posando subito la mano sull'elsa della spada, ma la pendenza del percorso e la neve che iniziava a sciogliersi le fecero perdere l'equilibrio e non cadde soltanto grazie ai riflessi del gondoriano. L'uomo scoppiò subito a ridere.

“Scusami, non volevo spaventarti” disse fra le risate.

Narya lo fulminò con lo sguardo e nel contempo tolse la mano dall'elsa prima che qualcuno potesse notarlo. Come osava trattarla in quel modo?

“Non mi hai spaventata, solo non me l'aspettavo.” ribadì la nera girandosi e continuando il suo percorso. Boromir fu subito al suo fianco.

“A me non sembrava.”

“Allora evidentemente ti sembrava male.” continuò imperterrita la donna.

“Chiedo perdono mia lady.” la prese ancora in giro accennando ad una riverenza.

Narya si girò nuovamente a guardarlo male, ma il suo buffo inchino ed il suo sorriso irriverente le fecero scappare un sorriso che nascose subito scappando dalle grinfie dell'uomo, per posizionarsi vicino al portatore dell'anello col quale cercò di intavolare una discussione. Stare con Frodo era difficile, mostruosamente difficile, per diversi motivi: per prima cosa l'influenza dell'anello si faceva sentire più forte che mai e la ragazza faceva fatica a contrastarla alle volte. La voce di suo padre che recitava l'incisione dell'anello nell'oscura lingua le risuonava in testa, spingendola ogni volta ad uccidere il piccolo hobbit e a prendere l'anello per se. Il secondo motivo era il fatto che Gandalf non lo perdeva mai d'occhio e controllava tutti quelli che gli stavano vicino o che provavano a parlargli, eccetto Sam. Ultimo, e più importante motivo, era il fatto che l'hobbit sembrava muto, non parlava con nessuno, quasi impegnato con una conversazione nella sua testa con se stesso. Dall'inizio del viaggio il piccolo Baggins era cambiato molto ed anche Narya, che lo conosceva da pochissimo se n'era accorta.

Anche quella volta, non diversa dalla precedente, il tentativo fu vano. Frodo non si accorse quasi della sua presenza, rispondendo alle domande della ragazza a monosillabi. A che cosa serviva, pensò Narya, partire con questa spedizione, se la persona che doveva convincere a seguirla non si fidava di lei?

La ragazza iniziava a credere che l'unico modo per riuscirci fosse utilizzare la forza, ma per farlo avrebbe dovuto aspettare di essere più vicina al regno di suo padre ed avere un qualche diversivo per fuggire dalle grinfie del resto della compagnia. Di certo non sarebbe mai stata in grado di combattere contro Gandalf e tutti gli altri nello stesso momento.

“Fermiamoci - annunciò Gandalf – pranzeremo qui.”

Un sospiro di sollievo si alzò dal gruppo, la discesa era molto meno faticosa rispetto alla salita, ma ugualmente impegnativa.

Narya posò subito il suo zaino per poi dirigersi assieme a Sam verso il povero pony Bill per prendere il necessario per il pranzo, ma la ragazza fu presto bloccata da una mano sulla spalla.

“Sam, per oggi ti rubo Narya, deve imparare a tirare di spada o in caso di un attacco sarebbe la più vulnerabile.” disse Boromir al piccolo hobbit, che non fece nemmeno in tempo ad annuire.

Boromir trascinò la ragazza poco distante dal gruppo.

“Ehi! E se io non fossi voluta venire?” si lamentò la ragazza.

“Ti avrei trascinata di forza Devi imparare a difenderti o rischierai grosso in caso di un attacco.” spiegò l'uomo.

“Boromir ha ragione, Narya.” continuò Aragorn sedendosi su una roccia vicino a loro.

“E va bene.” disse accondiscendente la giovane.

Boromir annuì soddisfatto.

“Per prima cosa impugna la tua spada così. – spiegò il biondo facendole vedere come impugnava lui la sua – Brava! - continuò guardando l'operato della ragazza – Per difenderti devi sempre usare il piatto della lama, in questo modo, altrimenti la spada si rovina, mentre se vuoi attaccare la tieni nel modo opposto. Fondamentale in un duello è non tenere le gambe troppo rigide e muoversi spesso. Capito?”

Narya annuì.

“Adesso prova ad attaccarmi, vediamo cosa sai fare.”

Narya decise di iniziare con le mosse che aveva visto insegnare l'uomo a Merry e Pipino qualche giorno prima in modo da non sembrare sospetta.

Partì con un fendente, ma l'uomo lo parò con facilità stando quasi immobile.

“Tutto qui?” ironizzo.

La ragazza socchiuse gli occhi e ricominciò l'attacco. Inizio con una serie ripetitiva di fendenti a destra e a sinistra, per poi sorprenderlo con una finta e fare un affondo che l'uomo, però, parò nuovamente con facilità.

Narya si posizionò di nuovo nel punto di partenza, scocciata dal fatto di non poter usare le sua abilità, ma questa volta fu Boromir ad attaccare. La ragazza parò tutti i fendenti, ma non resistette alla volontà di contrattaccare. Le due spade erano incrociate, Boromir era in evidente vantaggio e Narya si stupì della forza dell'uomo, sapeva che non poteva resistere a lungo. Decise allora di ritrarre improvvisamente la spada, girare su se stessa e posizionare il filo della sua lama sul collo dell'uomo che, stupito dall'agilità della ragazza, era rimasto immobile.

“Tutto qui?” ironizzò la donna alzando un sopracciglio.

“Brava Narya, hai imparato la lezione più importante: cogliere di sprovvista l'avversario.” disse Aragorn ridendo e attirando l'attenzione di tutti.

La ragazza abbassò la spada sorridendo, le era andata bene questa volta.

“Si, si, è stata brava, ma in un combattimento vero non sarebbe durata molto.” replicò Boromir imbarazzato, rinfoderando la spada mentre tutti dietro di lui se la ridevano sotto i baffi.

Narya guardò la faccia dell'uomo e scoppiò. La compagnia ammutolì, sebbene la ragazza facesse parte del gruppo non si era mai integrata completamente, rimanendo sempre ombrosa e sulle sue e questa era la prima volta che la sentivano ridere di cuore. L'uomo, dapprima stupito per la reazione di lei, iniziò a ridere anche lui seguito poi a ruota dagli altri.

“Ragazzi è pronto!” li avvisò Sam.

La compagnia si acquietò e tutti si incamminarono vicino al piccolo fuoco che avevano allestito per sedersi e mangiare la cacciagione che i due uomini avevano procurato durante la marcia.

Nemmeno un'ora dopo i dieci erano di nuovo in marcia. Come era successo giorni prima, però, Gandalf lasciò nuovamente le redini del gruppo ad Aragorn per avvicinarsi alla ragazza che, in fondo al gruppo, teneva le redini del pony.

“Io non so cosa tu stia nascondendo, - cominciò l'anziano - ne il perché, ma so che non è vero che non ricordi niente. In più so anche che non si impara a tirar di spada in quel modo in dieci minuti. Vedo del buono in te, infatti non dirò nulla alla compagnia, ma sappi che ti tengo d'occhio.” continuò l'istari fulminandola con gli occhi per poi andare da Frodo poco più avanti di lei.

Boromir attese che Gandalf si fosse allontanato e poi si diresse subito dalla ragazza che aveva uno sguardo assente.

“Cosa è successo?” domandò serio.

“Non è niente.” rispose la ragazza lasciando le redini di Bill all'uomo ed allontanandosi da lui.

Gandalf, pensò la ragazza, credevo che sarebbe bastato poco ad ingannarlo ed invece non era affatto così. Doveva fare molta attenzione e assolutamente non doveva più provare a tenere una conversazione solitaria con Frodo, o si sarebbe insospettito. Avrebbe dovuto comportarsi il più normalmente possibile. Già, ma cos'era la normalità? Se si fosse comportata normalmente avrebbe tagliato la testa a tutti, anche se a quel punto le sarebbe dispiaciuto. Narya si riscosse dal suo ragionamento, il solo fatto che era stata la prima vera volta che rideva di cuore non significava che adesso lei era amica di tutti. La ragazza volse il suo sguardo d'ebano verso sud. Mai come in quel momento avrebbe voluto essere a casa, almeno lì non aveva mai avuto dubbi su che strada dovesse seguire.



Angolino autrice

Buonasera a tutti! Intanto grazie per aver letto anche questo capitolo :) . Volevo cogliere l'occasione per ringraziare chi ha letto, inserito fra i preferiti/seguiti e soprattutto chi ha recensito questa fic: grazie mille a tutti!! :)
Purtroppo questa sera sono di fretta, quindi risponderò alle recensioni non appena possibile D:
Detto ciò vi ri-auguro una buona serata. A presto!

Halfblood_princess
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo quinto: Darkness ***


Capitolo quinto: Darkness

 

Arrivare a Moria fu molto semplice. La strada procedeva dritta in discesa e sebbene si vedesse che quel cammino era stato abbandonato da tempo, la via era ancora praticabile e di tanto in tanto lastricata con grandi pietre rettangolari.

Lo spettacolo dell'ingresso di quell'antica miniera era molto suggestivo: un grande lago sovrastato da una parete di roccia che arrivava fino al cielo; nonostante nessuno dicesse loro di farlo, i componenti della compagnia avevano iniziato a parlare sottovoce con timore reverenziale verso quell'antica montagna.

“Dunque vediamo – mormorò lo stregone accarezzando la parete di pietra - ithilden, riflette solo i raggi del sole e della luna.”

Il grigio si voltò verso il cielo ed utilizzando i suoi poteri, sgomberò il cielo dalle nubi, facendo brillare i raggi di una grande luna piena sulla montagna. Subito la parete di roccia si illuminò ed una porta contornata da grandi alberi comparve disegnata, quasi come fosse appena stata tracciata da una mano invisibile.

“Le porte di Durin signore di Moria, dite amici ed entrate.” recitò lo stregone.

“E che cosa vorrebbe dire?” domandò Merry.

“Oh è semplice! Se uno è amico dice la parola magica e le porte si aprono.” spiegò, per poi iniziare a recitare un incantesimo in una lingua che nessuno dei presenti aveva mai ascoltato prima, ma non accadde niente.

“Non succede niente.” disse senza malizia Pipino, generando le risatine di Narya e Merry.

“Una volta conoscevo gli incantesimi in tutte le lingue degli elfi, uomini ed orchi.”

“Allora cosa farai?” continuò il piccolo hobbit, facendo ridere ancora di più i due, che si guadagnarono un'occhiataccia dallo stregone e da Aragorn.

“Sbatti la testa contro queste porte Peregrino Tuc e se questo non le fracassa e mi viene dato un attimo di pace dalle domande sciocche tenterò di trovare le parole giuste.” sbraitò l'anziano ricominciando a mormorare parole nella strana lingua di prima.

Narya, non più interessata a ciò che Gandalf stava facendo, si sedette in riva al grande lago osservandolo attentamente. Sapeva che c'era qualcosa lì sotto, un demone acquatico probabilmente, ma ciò non la preoccupava, era il Barlog che la turbava, quei demoni del mondo antico non rispondevano a nessuno a parte a suo padre in persona. Sospirò, se lo avessero risvegliato sarebbero stati guai grossi per tutti.

“Ti vedo preoccupata. - disse Boromir sedendosi accanto a lei - Stai tranquilla, i nani sono gente a posto, ci aiuteranno ed ho sentito sempre dire che le miniere sono luoghi strabilianti.”

“Sarà, ma preferisco stare all'aria aperta.” mormorò la ragazza stringendosi le gambe al petto.

“Non devi aver paura, ci sono io...e beh ci siamo tutti. Non ti succederà nulla.” replicò imbarazzato l'uomo che si affrettò a darle una pacca sulle spalle ed andarsene a parlare con Gimli. La ragazza lo seguì con lo sguardo, curiosa dello strano comportamento dell'uomo, ma il tonfo di una pietra nell'acqua la fece balzare in piedi immediatamente, ma si rasserenò non appena vide che l'autore del misfatto era Pipino, subito ripreso da Aragorn.

Nel frattempo che l'uomo parlava, le porte della miniera si aprirono e tutti, eccetto la ragazza, che rimase poco indietro, presero i loro bagagli e si avviarono all'interno, ma ciò che trovarono non era quello che si aspettavano.

“Questa non è una miniera, è una tomba. - esclamò Boromir osservano i cumuli di scheletri che adornavano l'ingresso della miniera - Dirigiamoci alla breccia di Rohan, non saremmo mai dovuti venuti fin qui. E ora andiamocene, fuori!”

Narya osservò l'interno, sapeva già della desolazione di quel posto visto che aveva riferito lei stessa l'ordine ai goblin anni prima, ma fu lo stesso colpita nel vedere quello spettacolo. Nel ricordare avvenimenti di molti anni prima, però, non si accorse del lungo tentacolo che afferrò Frodo, esattamente davanti a lei, e lo trascinò in acqua. La ragazza si mosse subito, seguita a ruota dagli altri e tranciò il tentacolo con un fendente, urlando a Frodo di scappare.

Un altra decina di tentacoli uscirono dall'acqua contemporaneamente e li attaccarono, Narya non si fece prendere alla sprovvista e scartò l'attacco per poi menare un fendente che però non recise il lungo arto del demone. Esso, ferito, si diresse allora verso Merry e Pipino, ma Boromir impedì che fossero presi, tagliando di netto i tentacoli.

“Presto tutti dentro!” urlò Aragorn cercando di aiutare Sam ad entrare.

La compagnia non se lo fece ripetere due volte e dopo un ultimo colpo di spada, si diressero all'interno, ma il demone non aveva ancora finito con loro, decidendo di rompere la volta della porta di ingresso alla miniera, murando vivi i dieci viaggiatori. Il buio ed il silenzio li sovrastarono totalmente e gli unici rumori nella montagna erano i loro respiri ansimanti per lo spavento e la fatica della lotta. Gandalf batté il suo bastone sulla dura pietra del pavimento, accendendo così una timida luce sull'estremità di esso.

“Temo che non avremmo altra scelta se non percorrere le miniere. E' un viaggio di quattro giorni fino all'altra parte. State in silenzio – aggiunse – non sappiamo cosa si nasconda in questo posto.”

I dieci si guardarono per un attimo, impauriti, poi raccolsero i bagagli che rimanevano loro e, cercando di evitare il più possibile tutti gli scheletri che ostacolavano loro il cammino, seguirono silenziosamente Gandalf in quel labirinto di scale, tunnel e cunicoli.

Già a metà del primo giorno Narya si accorse che non erano soli, ma che qualcuno li stava seguendo. Scoprire la sua identità non fu difficile e raccogliendo i pochi indizi che aveva trovato, la figlia di Sauron scoprì ben presto che colui che li seguiva era Gollum, la viscida creatura che era stata nelle celle di Barad-dûr per lungo tempo. La ragazza aveva sempre avuto a che fare con orchi, nazgul, goblin, troll e tutte quel genere di creature oscure, ma quell'essere la disgustava più di tutte e continuava a non capire perché suo padre lo avesse lasciato fuggire. 

Come stabilito da Gandalf il viaggio procedette nell'assoluto silenzio, almeno fino a quando il terzo giorno, non arrivarono ad un crocevia e lo stregone, sebbene fosse stato convinto del percorso da seguire per tutto quel tempo, si fermò non sapendo da che parte proseguire.

“Non ho memoria di questo posto. Attendete fino a quando non deciderò che strada prendere.” disse.

I nove approfittarono della pausa preparando subito un piccolo bivacco per poi sedersi a riposare dall'estenuante cammino pieno di scale tortuose e stretti passaggi nella roccia. Narya, però, aveva in mente qualcosa: approfittando del fatto che lo stregone e Frodo stavano parlando, decise di agire.

“Ragazzi io devo mi allontano un pochino, devo andare in bagno” annunciò la ragazza.

“Se vuoi ti accompagno.” disse subito Boromir, arrossendo non appena realizzò quello che aveva detto.

“Ciò che intendevo dire....” continuò, ma fu bloccato dalla risata di Narya che si apprestò a tranquillizzarlo dicendogli che aveva capito benissimo ciò che intendeva dire.

Detto ciò, la nera si allontanò verso la strada che avevano già percorso, cercando di fare il più silenziomeno rumore possibile e lì, in un piccolo anfratto oscuro, trovò ciò che cercava: Gollum.

Corse verso di lui prendendolo per il collo e sbattendolo violentemente al muro, puntandogli la spada contro.

“E tu che ci fai qui essere schifoso?” domandò la ragazza.

Lui non rispose ed iniziò a dimenarsi per cercare di liberarsi dalla stretta della ragazza.

“Dimmelo o ti uccido.” lo minacciò.

“Non dirgli niente.” “Ma tessoro ci farà male.” “Zitto!”

Narya aumentò la presa sulla spada, ferendolo.

“Siamo qui per il tessoro.” “Zitto non dovevi dirlo.”

“Sai benissimo che l'anello non è tuo, ma di mio padre Sauron. Non so come abbia fatto ad avere pietà di te brutto essere schifoso.” continuò la ragazza.

“La ragazza è cattiva, Tessoro, ci fa male!”

“Questo è solo l'inizio lurid...”

Un rumore di passi interruppe la ragazza che si mise ad ascoltare, ma questa sua piccola distrazione permise al viscido essere di sfuggire dalla sua presa scappando via nei cunicoli della miniera.

“Maledizione.” sussurrò la ragazza.

“Narya?” domandò una voce. Era Boromir.

La ragazza pulì velocemente la spada rinfoderandola e si diresse verso l'uomo.

“Eccomi!” disse.

“Gandalf ha ricordato la strada, siamo in partenza.”

“Finalmente!” esclamò la ragazza, sbrigandosi a tornare assieme al gondoriano al luogo del bivacco. Arrivati presero i loro pochi bagagli e, seguendo Gandalf, scesero nel tunnel a sinistra il quale portò ad un'ampia sala.

“Voglio usare un po' più di luce. - sussurrò lo stregone armeggiando con il suo bastone - Ammirate il grande reame della città dei nani: Nanosterro.”

La luce invase potente la sala e Narya, che aveva ormai lo sguardo abituato all'oscurità di quel luogo ne rimase quasi abbagliata, ma non appena si fu abituata rimase senza fiato. La sala era grande e maestosa, l'enorme soffitto di pietra era sorretto da centinaia di colonne ricche di fregi di ogni tipo e l'ampiezza della sala era tale che non se ne vedeva la fine. La compagnia avanzò con timore reverenziale, continuando ad alzare lo sguardo per osservare le opere che i grandi maestri dei nani avevano scolpito nella pietra, fino a quando Gimli non urlò, dirigendosi di corsa verso una piccola porta da cui proveniva una flebile luce.

“Gimli!” urlò Gandalf, ma il nano era già dentro. Senza perdere altro tempo il resto della compagnia lo raggiunse, ritrovandolo inginocchiato di fronte ad una grande tomba.

“Qui giace Balin, figlio di Fundin, Signore di Moria. E' morto dunque, è come temevo.” disse l'anziano stregone togliendosi il cappello e porgendo il bastone a Pipino. Gandalf vagò con lo sguardo per la stanza chinandosi a prendere un grande libro ricoperto di ragnatele stretta ancora da una delle salme vicino alla tomba.

“Hanno preso il ponte ed il secondo salone. Abbiamo sbarrato i cancelli, ma non possiamo resistere a lungo. La terra trema, tamburi, tamburi negli abissi. Non possiamo più uscire, un'ombra si muove nel buio. Non possiamo più uscire. Arrivano.” recitò l'anziano.

Il silenzio si fece di nuovo sovrano, carico di tensione, ma un rumore causato da una delle salme che cadeva nel pozzo li fece sobbalzare tutti.

“Idiota di un Tuc, gettati tu la prossima volta e liberaci dalla tua stupidità.” lo sgridò Gandalf, dopo una piccola pausa di silenzio per controllare eventuali rumori di risposta.

Narya, però, non era soddisfatta da quella poca attesa ed avvicinandosi al pozzo guardò giù ed attese.

Bum...

Bum, Bum...

Dapprima fioco, poi sempre più forte, un rumore di tamburi risuonò nella vecchia miniera. Li avevano trovati, pensò la ragazza, ma soprattutto, stavano arrivando e loro erano spacciati.

“Gli orchi.” annunciò Legolas.

Boromir, seguito dalla ragazza andò subito alla porta per controllare se il passaggio era libero, ma così non era: almeno due dozzine di orchi stavano arrivando. Uno di essi lanciò una freccia contro di loro e solo grazie ad i riflessi della ragazza, l'uomo riuscì ad evitarla.

Aragorn si avvicinò a Boromir e Narya, aiutando i due a sbarrare la porta con delle vecchie asce; non sarebbe durato a lungo, ma almeno avrebbero avuto la possibilità di organizzarsi.

“E' un troll di caverna.” li informò Boromir.

I tre si misero in posizione davanti agli hobbit, più vulnerabili, ed estrassero le loro spade attendendo l'inizio della battaglia.

“Stammi vicino” sussurrò il gondoriano alla ragazza.

Narya lo guardò annuendo convinta e si mise in posizione di attacco, l'eccitazione per l'imminente iniziò della lotta le fluiva nelle vene e finalmente avrebbe potuto sfogarsi per tutte le frustrazioni che quel viaggio le stava procurando.

“Che vengano pure. - disse Gimli salendo sulla tomba del suo parente – Troveranno che qui a Moria c'è ancora un nano che respira.”

Un colpo risuonò sulla porta ed una lunga ascia iniziò a farsi breccia, ma Legolas lanciò immediatamente un afreccia, frenando l'avanzata del goblin. Presto i colpi alla porta si fecero più insistenti e più forti ed un grande troll, seguito da due dozzine di goblin entrarono inondando la stanza.

Senza esitare Narya si lanciò all'attacco lanciando un fendente che recise la testa ad il primo nemico; Boromir a fianco a lei sorrise, lanciandosi anche lui nella mischia ed iniziando a menare fendenti.

Cercando di evitare il più possibile il grande troll di montagna, la ragazza corse da una parte all'altra della stanza, uccidendo quanti più nemici possibili ed incurante del fatto che gli altri potessero notare le sue capacità di scherma. Un grande tonfo la fece girare di scatto: Boromir era stato scagliato a terra da una forte manata del troll, la ragazza corse il più velocemente possibile verso di lui con il cuore in gola, ma sebbene non arrivò in tempo, l'uomo fu salvato da Aragorn, che distrasse il grande mostro dall'uccidere il biondo. Un'ondata di sollievo pervase la ragazza che raggiunse finalmente l'uomo.

“Stai bene?” domandò preoccupata.

“Si” rispose l'uomo rialzandosi e riprendendo in mano la spada correndo di nuovo incontro ai goblin.

Narya lo guardò allontanarsi, per poi riprendere di nuovo a combattere, ma se prima, eccitata dalla battaglia, aveva gusto ad uccidere il più alto numero di nemici possibile per il solo piacere di farlo, adesso continuava a guardarsi attorno, controllando che tutti i componenti della compagnia non fossero in difficoltà. La ragazza si maledì mentalmente, infilzando frustata un goblin al ventre, perché adesso si preoccupava per tutto?

Legolas le passò accanto superandola e lanciando un'ultima, e fatale, freccia alla giugulare del troll, abbattendolo. mentre i pochi goblin rimasti scappavano. Solo in quel momento Narya tirò un sospirò di sollievo, che si strozzò subito non appena vide che Frodo era a terra esanime. I nove si avvicinarono all'hobbit maledicendo la furia dei nemici che li aveva distratti dal loro compito principale: proteggere Frodo, ma all'improvviso il ragazzo si riscosse aprendo gli occhi ed alzandosi a sedere.

“Sto bene – disse ansimando - non sono ferito.”

“Pensavo fossi morto, quella lancia avrebbe trafitto un cinghiale.” disse Aragorn chinandosi all'altezza dell'hobbit.

“In questo hobbit c'è più di quanto non colpisca la vista” intervenne lo stregone grigio.

Frodo guardò lo stregone per poi slacciarsi i bottoni della camicia e far vedere a tutti il regalo che Bilbo gli aveva donato a Granburrone. I nove, meno Gandalf, rimasero ammutoliti dallo stupore.

“Mithril! Tu sei pieno di sorprese Frodo Baggins.” esclamò Gimli.

Il nano fu presto interrotto dal dire altro da tamburi ed urla che iniziarono a risuonare nelle grandi aule di pietra.

“Al ponte di Khazad-Dum!” disse Gandalf.

Senza perdere nemmeno un secondo, i dieci scapparono dal sepolcro del signore di Moria ripercorrendo le navate della grande sala e correndo a per di fiato, ma erano troppo lenti e ben presto furono circondati dal migliaia di goblin. I dieci si disposero a cerchio sguainando le spade ed attendendo che i nemici compissero il primo passo.

Narya, a fianco ad Aragorn e Legolas pensava, cosa doveva fare? Schierarsi con la compagnia, cercando di portare a termine quella folle impresa come suo padre le aveva ordinato di fare, o rivelare la sua identità mettendosi a capo di quell'orda di goblin ed aspettare che loro facessero il lavoro sporco uccidendo tutti meno che Frodo? Se solo avesse potuto toccare lei l'anello, se solo suo padre non gliel'avesse proibito forse sarebbe stato tutto più facile.

Un ruggito risuonò nell'ombra facendo tremare tutti i presenti. I goblin si guardarono fra loro, iniziando subito a scappare in ogni direzione.

Narya impallidì ed arretrò di qualche passo, attirando l'attenzione degli uomini.

“Che cos'è questa nuova diavoleria?” domandò Boromir a Gandalf.

Narya chiuse gli occhi mentre un altro ruggito scuoteva le colonne e prese un respiro profondo, quella bestia era fuori dalla sua portata.

“Un Barlog, un demone del mondo antico è un nemico aldilà delle vostre forze. Fuggiamo!”

I dieci, animati da nuova forza ripresero a correre ri - iniziarono a correre il più veloce possibile verso il ponte di Kazad – dum. Il panico aveva rimosso ogni rimasuglio di stanchezza dai dieci viaggiatori, che viaggiavano spediti per le impervie scale della miniera, che concedeva loro diversi contrattempi. Narya nel frattempo rifletteva, forse rivelando la sua identità poteva riuscire a far evitare la morte a tutti quanti, ma a che prezzo? Li avrebbe dovuti uccidere comunque in ogni caso.

Ben presto la compagnia fu in prossimità del ponte, i goblin nell'ombra avevano iniziato a tirare loro delle frecce,rendendo ancora più difficile il cammino, ma nonostante questo raggiunsero e superarono lo stretto passaggio sul vuoto con la speranza di nuovo viva nei loro cuori. Proprio mentre Gandalf, ultimo della fila, lo attraversava, la maestosa e terrificante figura del Barlog comparve alle loro spalle. L'enorme demone fece schioccare la sua frusta di fuoco in aria, ruggendo.

Narya si voltò a guardarlo cercando di non mostrare timore e quando lo sguardo del demone si si posò su di lei, il Barlog abbassò il capo in cenno di saluto: l'aveva riconosciuta, pensò la ragazza augurandosi che nessuno se ne fosse accorto, ma si dovette ricredere quando vide Gandalf voltarsi verso di lei e guardarla con un misto di sorpresa ed orrore nei suoi occhi. La ragazza indietreggiò: ora sapeva.

Il Barlog ruggì di nuovo attirando nuovamente l'attenzione dello stregone.

“Tu non puoi passare! - urlò Gandalf, mentre Frodo gridava il suo nome cercando invano di correre da lui - sono un servitore del fuoco segreto e reggo la fiamma di Anor, il fuoco oscuro non ti servirà a nulla! Fiamma di Udur!”

“Ritorna nell'ombra. TU NON PUOI PASSARE!” continuò l'anziano battendo a terra il bastone e scatenando una forza tale da far crollare la metà del ponte che sosteneva il Barlog e facendolo cadere nell'oscurità della montagna.

Gandalf sospirò e si girò verso i viaggiatori sospirando, ma aveva cantato vittoria troppo presto. Un guizzo di fuoco, della frusta del demone, gli afferrò un piede facendolo cadere.

“Fuggite sciocchi!” sussurrò il vecchio perdendo la presa e cadendo nel vuoto.

“Gandalf, No!” urlò Frodo cercando di correre dal lui, ma fu afferrato velocemente da Boromir che lo trascinò fuori dalle miniere, seguito a ruota dal resto del gruppo.

Una ventata di aria fresca e di luce li accolse all'uscita delle tenebre, ma nessuno gioiva. Narya sapeva che sarebbe dovuta essere felice: il componente della compagnia che poteva dargli più problemi se n'era andato, e proprio quando sembrava essersi accorto di chi lei fosse in realtà, ma non ci riusciva, si sentiva triste. Sentendosi il viso bagnato si toccò con la mano e la guardò: una lacrima. Guardò spaventata attorno a lei, non aveva mai pianto per qualcuno. Lo sguardo le si annebbiò sempre di più, incontrollato, e vide appena Boromir avvicinarsi a lei. Lui le prese la mano con cui si era asciugata le lacrime e gliela strinse forte, esortandola a proseguire, per poi recarsi dagli altri cercando di consolarli. Narya, si asciugò gli occhi cercando di smettere di piangere, colpita dalla premura dell'uomo e si mise a fissare la mano che era stata stretta dall'uomo. Sembrava normale e non aveva nulla che non andava, ma allora perché la sentiva andare a fuoco?



Angolino autrice

Buonasera a tutti! 

Innanzitutto scusate il ritardo, ma sono davvero molto occupata con gli studi ed in più, come se ciò non bastasse, mia sorella ieri ha fatto la Cresima ed i miei hanno ben pensato di fare la festa in casa delegandomi così un sacco di faccende -.-'''. Cooomunque, ringrazio tutti coloro che hanno letto e/o inserito la storia fra le seguite/preferite, ma soprattutto chi ha recensito. Vi adoro e vi ringrazio davvero di cuore ^^.
Come avrete notato ho fatto qualche piccolo cambiamento qua e là (ad esempio ho saltato la parte "delle scale"), spero non vi dispiaccia D:!
Detto ciò mi farebbe piacere sapere cose ne pensate (se ne avete voglia ;) ).
Buona serata! (E per chi lo guarda, buon episodio di GoT!)
Ci vediamo a Lorien nel prossimo capitolo xD!

Halfblood_princess


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo sesto: Rauros waterfalls ***


Capitolo sesto: Rauros Waterfalls

 

Il dolore per la morte di Gandalf perseguitò la compagnia per tutto il viaggio fino al bosco incantato di Lothlorien. Narya continuava a ripetersi nella mente che non doveva provare quei sentimenti e che era un bene che l'anziano stregone fosse morto, ma nonostante questo non riusciva a sentirsi felice o in qualche modo soddisfatta della perdita.

Aragorn aveva preso il posto di Gandalf a capo della compagnia, conducendoli in modo sicuro ed esortandoli ad andare avanti per raggiungere entro la serata il misterioso il reame degli elfi, ma nonostante l'uomo ostentasse sicurezza, dentro di lui era confuso e preoccupato per il suo destino e per gli avvertimenti che l'anziano gli aveva dato prima di cadere nelle profonde viscere di Moria.

Aragorn, vieni qua, aiuta questo povero vecchio.”

Aragorn si alzò andando subito incontro allo stregone rimasto indietro rispetto al gruppo. Strano, pensò il ramingo, in tutti quei giorni non aveva mai dato segno di stanchezza.

Devo parlarti – sussurrò – La ragazza, Narya, non mi convince.”

E' solo una ragazza.” replicò l'uomo.

Così ci vuol far credere. Hai visto come tirava di spada, hai visto che non era una principiante, ma una spadaccina fatta e finita. La sua storia non mi convince, sento che sta mentendo, ed ho paura sia una spia del nemico.”

Una spia? Andiamo Gandalf, da quando in qua Sauron ha mai usato donne umane?”

Lo stregone lo fulminò con lo sguardo, ergendosi in tutta la sua altezza.

Mi credi rimbambito? So meglio di te chi usa come spie l'oscuro signore di Mordor, ma il tradimento e le parole che Saruman ha detto mi hanno fatto riflettere. L'Oscuro desidera l'anello ora più di qualsiasi cosa, ed utilizzerà ogni mezzo per riaverlo.”

Aragorn attraversò un piccolo ruscello fermandosi a riflettere. Volse il suo sguardo indietro verso la compagnia che lo stava seguendo, soffermandosi particolarmente sulla ragazza corvina: avrebbe dovuto lasciarla indietro o continuare ad averla sott'occhio? L'uomo sospirò attendendo l'arrivo dei suoi compagni.

“Questo che si erge in fronte a noi è il bosco di Lorien; da adesso dovremmo procedere con cautela: i boschi sono sicuri, protetti dalla guardia della dama bianca, ma siamo stranieri in questa terra, quindi prestate attenzione.”

Gli otto componenti annuirono e senza aspettare si adentrarono nel bosco, facendo attenzione a non fare troppo rumore.

“State vicini giovani hobbit. - disse ad un certo punto Gimli - Dicono che una grande fattucchiera vive in questi boschi, una strega elfo con poteri straordinari. Tutti quelli che la guardano cadono sotto il suo incantesimo e non li si vede più.”

Narya guardò curiosa il nano, avvicinandosi a lui per sentire meglio le sue parole.

“Beh ecco un nano che lei non intrappolerà tanto facilmente, ho gli occhi di un falco e le orecchie di una volpe, io!” continuò Gimli, ritrovandosi, però, una freccia puntata al volto.

La ragazza si girò guardando attorno a se, ovunque spuntavano elfi dai luminosi capelli dorati che puntavano verso la compagnia le loro armi.

“Il nano respira così forte che potevamo colpirlo nel buio.” disse quello si supponeva essere il capo delle guardie.

Senza dar loro tempo di spiegare, gli elfi si affrettarono a bendare loro gli occhi, ad eccezione quelli di Legolas ed Aragorn, conducendoli verso sentieri nel bosco. I nove passarono la notte in strane piattaforme sugli alberi, e le guardi insisterono per dividere la ragazza dagli altri uomini, dandole l'opportunità di stare in un'altra piattaforma insieme a due elfi femmina.

Quella notte Narya dormì poco, anche se sapeva di essere protetta dagli elfi non si sentiva sicura in quei confini, era troppo vicina ai nemici da cui suo padre l'aveva da sempre messa in guardia. Le aveva raccontato strane cose sulla misteriosa dama bianca, Galadriel, sui suoi poteri, sull'anello che possedeva, Nenya, e sulla sua capacità di leggere nella mente delle persone, ed era questa sua ultima capacità che preoccupava di più la figlia di Sauron. La donna di Mordor si rigirò nella sua cuccetta, puntando lo sguardo verso la piattaforma in cui risiedevano i suoi compagni, prima o poi avrebbe dovuto lasciarli e condurre Frodo con se, ma le occasioni per farlo stavano diventando sempre meno e ciò la preoccupava.

La compagnia fu svegliata dai tiepidi raggi del sole che filtravano attraverso il fitto fogliame degli alberi, velocemente, e dopo una breve colazione a base di pane elfico, indossarono di nuovo le loro bende riprendendo il loro percorso verso il centro della foresta. Non era ancora arrivato mezzodì quando gli elfi li fecero fermare e Narya si sentì finalmente slegare la benda. I suoi occhi, come quelli del gruppo, ci misero qualche istante a riabituarsi alla luce e non appena lo furono la compagnia rimase per la seconda volta in pochi giorni senza parole.

Erano in una città, una vera e propria città sugli alberi, le scale salivano contorte sui tronchi di giganteschi alberi alti fino al cielo, le loro fronde erano così fitte che nemmeno un raggio di sole riusciva a penetrare il tetto di foglie ed una tiepida brezza all'aroma di pino aleggiava nell'aria. Senza farli esitare un attimo gli elfi, capeggiati da Haldir, li scortarono su una di quelle scale, portandoli in una piattaforma ad un livello superiore rispetto alle altre dove due persone li attendevano.

I due erano biondi, come gli altri elfi che avevano incontrato, ma erano di una bellezza celestiale ed emanavano un'aura di antichità che nessuno degli altri possedeva. L'uomo indossava una veste bianca e argentea, mentre la donna, bella più dell'alba, un lungo abito bianco candido come la neve appena caduta.

“Nove sono qui eppure dieci sono partiti da Granburrone. Dite dov'è Gandalf perché molto desidero parlare con lui.” domandò  l'elfo, sire Celeborn.

“Egli è caduto nell'ombra.” rispose la dama.

“E' stato preso sia dall'ombra che dalle fiamme: un Barlog di Morgoth. Siamo finiti inutilmente nella rete di Moria.” spiegò Legolas.

I volti dei reali si scurirono.

“Mai inutile è stata un'azione di Gandalf nella vita, ancora non conosciamo appieno il suo scopo.” disse la dama bianca fissando intensamente l'unica donna della compagnia.

Io non so cosa sei venuta a fare qui, Narya della terra oscura. – continuò la dama nella mente della ragazza – La maggior parte delle persone è influenzata dalla malvagità dell'anello e quindi non lo nota, ma io non sono come gli altri, so che porti il male con te. Tuttavia all'interno del tuo cuore regna una piccola luce, ed ogni giorno passato con questa compagnia essa aumenta di intensità, sovrastando le tenebre del tuo cuore. Non dirò nulla ai tuoi compagni, perché c'è ancora speranza e credo tu debba giocare un ruolo fondamentale in questa storia, nel bene o nel male. Ti avviso, sento che la decisione che tanto ti preoccupa dovrà essere presa presto e qualunque sarà la tua decisione dovrai procedere da sola.”

Narya sgranò gli occhi fissando la donna e fece un passo indietro. Come faceva lei a sapere? La ragazza si voltò, preoccupata che qualcuno avesse potuto sentire la loro conversazione, ma vide che anche gli altri membri della compagnia erano impalliditi ed alcuni avevano uno sguardo vacuo, segno che la dama bianca aveva parlato anche con loro.

“La vostra missione è sulla lama di un coltello, - riprese dama Galadriel - una piccola deviazione ed essa fallirà per la rovina di tutti, ma la speranza permane fin quando la compagnia sarà fedele. Che i vostri cuori non si turbino, ora andate a riposare perché siete logori dal dolore e dalla molta fatica. Stanotte dormirete in pace.”

Gli elfi scortarono la compagnia di nuovo fino a terra, accompagnandoli in grandi nicchie fra le radici degli alberi dove avevano sistemato dei letti per la notte. Narya, anche se ancora scossa per l'accaduto, approfittò della loro gentile ospitalità andando a farsi un bagno ristoratore e prendendo in prestito un vestito bianco, sebbene fosse di semplice fattura e senza ricami di particolare pregio, non aveva mai indossato un vestito così bello in tutta la sua vita.

Ella si aggirò fino a sera per i sentieri della foresta meditando sul da farsi e sui pro e contro che la sua decisione avrebbe provocato, fino a quando non scorse l'uomo di Gondor e decise di avvicinarglisi.

“Posso sedermi?”

“Vieni pure” disse l'uomo facendole posto sulla panca su cui era seduto.

La ragazza sorrise, non sapeva ancora il motivo, ma le piaceva conversare con lui.

“Ancora niente sul tuo passato?” domandò.

“Niente.” sussurrò rabbuiandosi, iniziava a darle fastidio mentirgli, ma sapeva benissimo che se avesse rivelato tutto avrebbe perso la testa nel giro di pochi attimi.

“Allora perché non vieni a Minas Tirith una volta finito tutto? Starai a corte con noi, mio padre, mio fratello e me, sono sicuro che Faramir ti starebbe simpatico.” propose l'uomo senza però guardarla negli occhi.

Narya lo guardò intensamente. Mai prima d'ora aveva avuto la possibilità di fare ciò che voleva, mai aveva sperimentato cosa significasse non vivere tra il puzzo degli orchi in una terra in cui il cielo non era perennemente oscurato da nubi nere. Si morse il labbro inferiore indecisa sul da farsi.

“Se non vuoi fa lo stesso.” “Mi piacerebbe molto.” dissero assieme.

L'uomo si decise a guardarla e sorrise.

“Allora è deciso. Vedrai che ti piacerà.”

La ragazza sorrise, anche se in cuore un po' turbata per la reazione che avrebbe potuto avere suo padre.

“Ti conviene riposare adesso, è tardi e domani si deve ripartire.” continuò Boromir.

“Non riuscirò a riposare in queste terre, non con la dama qui che può leggere la mia mente quando e come le pare.” sussurrò.

“Cosa ti ha detto?” domandò incuriosito l'uomo.

“Mi ha detto che sono cambiata, che cambierò ancora e che soffrirò per questo, ma soprattutto che sarò sola qualunque strada io prenda.” rispose.

Boromir si rabbuiò.

“Non sarai mai sola, ci sarò io qualunque cosa accada, lo prometto. Adesso dormi, veglierò io su di te.”

La ragazza sorrise triste, conscia che quella promessa non poteva essere mantenuta poi, senza pensarci due volte, appoggiò la testa sulla spalla del suo compagno di viaggio e si addormentò in un istante.

L'uomo si girò lentamente ad osservarla, incredulo che si fosse già addormentata. Il volto di lei, sempre afflitto da qualche turbamento era finalmente rilassato e Boromir ne approfittò per osservarla bene, dapprima il suo sguardo si posò sulle lunghe ciglia e sulle palpebre che nascondevano i pozzi oscuri che erano i suoi occhi, per poi passare ad osservare le sue piccole labbra rosee, ben poche volte le aveva viste tendersi in un sorriso o in una risata vera. Distolse lo sguardo e si mise a fissare i grandi alberi sotto cui erano seduti, l'unico rumore solo quello del suo cuore ed il fioco respiro della ragazza. Appoggiò la testa sulla e chiuse gli occhi addormentandosi, anche lui, in un istante.

Quando la ragazza si svegliò si sentì subito riposata come non lo era da settimane, segno che per la prima volta da molto tempo aveva finalmente dormito bene nonostante la schiena le dolesse, probabilmente per il fatto che rimasta nella stessa posizione per tutta la notte. Provò a rigirarsi per cambiare posizione, ma qualcosa, un peso sopra la testa, le impediva di farlo. Rifletté, non era decisamente nel suo letto, ma d'altronde non si ricordava nemmeno di esserci andata, dove era? Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò proprio nella radura dove aveva parlato con Boromir la sera prima, il cuore iniziò a batterle velocemente nel petto e cercando di fare piano, girò il volto per quanto possibile vedendo che appoggiato con la testa sulla sua, dormiva il capitano della guardia di Minas Tirith. La ragazza arrossì, allontanandosi di scatto e svegliandolo.

“Grazie.” disse, scappando velocemente nel bosco ancor prima che l'uomo avesse realizzato ciò che era successo.

Narya andò subito a recuperare i suoi vestiti, che aveva portato a lavare il giorno prima, indossandoli velocemente e legando di nuovo la spada al suo fianco, poi si recò a fare colazione e solo dopo raggiunse i suoi compagni di viaggio per porgere i loro saluti alla dama bianca, sulle rive del fiume. Qui i dieci ricevettero come regalo mantelli elfici, fermati da una spilla a forma di foglia d'edera, in più dama Galadriel insistette per fare un ulteriore dono per ogni membro della missione.

“A te, Narya, dono questa collana fabbricata dagli elfi miei avi, nella speranza ti indichi la via da seguire, e questo sacchetto di foglie di re, affinché ti possa essere utile quando la speranza ti sembrerà svanire.”

Narya ringraziò con un cenno del capo e guardò con attenzione la collana regalatale, se prima, quando era nelle mani della dama, le era sembrato che il ciondolo a forma di stella fosse candido come la neve, adesso che lo rivedeva in mano sua era grigio, quasi nero nelle estremità delle punte, ma con un cuore, seppur piccolo, bianco. Che avesse visto male?

La compagnia partì esattamente un'ora dopo con le barche che gli elfi gli avevano ulteriormente donato, dividendosi in tre gruppi, il primo formato da Aragorn, Frodo e Sam; il secondo da Boromir, Merry e Pipino; mentre l'ultimo da Legolas, Gimli e Narya.

Il viaggio procedette tranquillo e sereno, non c'era bisogno di remare molto grazie alla forte corrente del fiume, così i membri della compagnia potevano riposare le loro membra, ancora provate dal viaggio attraverso le miniere. Narya continuava a rigirarsi il ciondolo appeso al collo fra le dita osservando distrattamente il panorama e, di tanto in tanto, lanciava uno sguardo verso l'uomo di Gondor, voltando immediatamente ogni qualvolta accennava a girarsi.

“Tutto bene Narya?” chiese Legolas.

“Si, certo”

“Boromir si è comportato in modo scorretto con te? Ho notato che continui a guardarlo.” continuò l'elfo.

“No, no assolutamente, non mi ha fatto nulla.” rispose.

Legolas la guardò, incuriosito dal suo strano comportamento.

“Elfi! - esclamò il nano – Credono di sapere tutto, e poi non si accorgono delle cose che gli accadono proprio sotto il naso.”

L'elfo non rispose, limitandosi a guardare davanti a se, ignorando l'insulto di Gimli.

La compagnia non sbarcò per pranzare, preferendo rimanere in barca e continuare il cammino, decidendo di scendere a terra solo una volta che il sole fu tramontato e nonostante avessero del lembas fresco di giornata, decisero di cenare con i pesci che gli uomini e gli hobbit avevano pescato durante la traversata. La serata passò allegra fra chiacchiere sulle questioni più futili, nessuno voleva pensare alla decisione che avrebbero dovuto prendere l'indomani che contemplava la scelta di passare per le paludi morte, o di continuare il viaggio verso Rohan. Narya, in cuor suo, avrebbe decisamente preferito passare per le paludi, c'era già stata altre volte e se si conosceva la strada, arrivare al cancello nero era semplice come bere un bicchiere d'acqua. L'essere vicino a casa, però, iniziava a spaventarla. Guardò il ciondolo appeso al suo collo: il cuore bianco, mentre le punte grigie quanto la sua terra natia; il mondo si era rivelato più bello di quanto immaginasse e sicuramente c'erano tante altre cose da scoprire. Non voleva che questo viaggio terminasse, le sarebbero mancate le marachelle di Merry e Pipino, i pasti cucinati con Sam, le storie sulle grandi abilità dei nani di Gimli e le chiacchierate con il biondo uomo del sud. Sospirò, sdraiandosi a terra nonostante gli altri stessero ancora chiacchierando e chiuse gli occhi. Perchè era tutto così difficile?

Il giorno seguente i nove si alzarono tardi, ed aspettarono che il sole fosse alto nel cielo prima di partire. Ripresero le barche mantenendo le stesse formazioni del giorno prima, arrivando alle cascate di Rauros nel giro di poche ore.

Decisero di scendere a terra sulla sponda occidentale, organizzando un piccolo campo e consumando ognuno il proprio pasto. Narya, non dell'umore per chiacchierare, si allontanò dal gruppo, decidendo di avvicinarsi alle cascate, ove rimase a lungo, incantata dai giochi d'acqua. Lì pensò a lungo, riflettendo sul suo destino e decidendo che quello era il momento: avrebbe aspettato la notte, intontito colui che sarebbe stato di guardia con lei, preso Frodo e sarebbe scappata con lui attraverso le paludi, nessuno sarebbe riuscito a seguirla visto che nessuno sapeva la strada meglio di lei, eppure c'era qualcosa che non la convinceva. Sospirò, tornando al campo.

“Dove sono Frodo e Boromir?” domandò la ragazza una volta riunita al gruppo e notato la loro assenza.

Aragorn si guardò intorno e si alzò, correndo immediatamente nel bosco seguito dagli altri. Il suo momento era arrivato prima del previsto.

Raccolse gran parte delle provviste mettendole nel suo zaino e caricandolo su una delle barche, arenandola in modo che fosse subito pronta a partire. Si legò la spada in vita e partì alla ricerca di Frodo: o adesso o mai più, non poteva combattere contro la compagnia unita, ma forse, con un membro alla volta avrebbe avuto la meglio.

Si arrampicò per i pendii del bosco con un solo scopo, convinta come non mai nel svolgere finalmente la missione affidatale, ma qualcosa attirò la sua attenzione: Boromir, seduto per terra con il volto fra le mani. La ragazza mise una mano sull'elsa della spada, avvicinandosi con cautela pronta a menare un fendente, ma qualcosa la fermò, qualcosa nel volto coperto dell'uomo la fece attendere.

“Cosa è successo?” domandò.

L'uomo alzò lo sguardo, il volto segnato dalla disperazione e dalla preoccupazione.

“Sono uno stupido, ho cercato di togliere l'anello a Frodo e lui è scappato.”

Narya levò la mano dall'elsa e si inginocchiò davanti a lui.

“L'anello esercita potere su tutti. Secondo te io non ne sono tentata?”

L'uomo la guardò un istante in volto, ma si girò subito, non riuscendo a sostenere lo sguardo. Narya si maledisse, doveva cercare Frodo, doveva prenderlo e portarlo con se, ma non poteva lasciarlo lì così.

“Sono un debole.” continuò l'uomo.

“No, sei solo umano.”

Boromir la guardò di nuovo, come incerto se continuare, ma delle grida e un rumore di spade lo fecero balzare in piedi e scappare verso di loro, intimandole, prima di partire, di stare al sicuro. Gli Uruk, come aveva predetto Legolas, erano arrivati. Narya si guardò le mani, tremanti, e le strinse a pugno rialzandosi in piedi; poteva aspettare ancora qualche giorno prima di andarsene, non sarebbe cambiato nulla. Iniziò a correre nella direzione in cui era andato il gondoriano, sorprendendosi nel sentire il suo corno risuonare nella valle, attirando così su di se tutti i nemici, che diavolo stava facendo, si domandò la ragazza.

Corse più veloce che potè, abbattendo con un fendente alla gola i primi due Uruk che le si pararono davanti. Scartò un altro nemico colpendolo poi alla schiena, cercando di avanzare il più possibile ed in pochi minuti si ritrovò già ricoperta di sangue dei nemici che le ostacolavano la via verso Boromir. Il cuore iniziò a batterle forte quando non sentì più il suono del corno e qualcosa, dentro di lei, le suggeriva che c'era qualche problema. Riprese a correre veloce evitando questa volta i nemici che le si paravano di fronte senza combatterli, arrivando giusto in tempo per vedere conficcarsi la prima freccia nel petto dell'uomo di gondor, egli si inginocchiò colto alla sprovvista dall'ondata di dolore al petto e fissò il volto sconvolto della giovane con un espressione di stupore mista preoccupazione. L'uomo si rialzò continuando a combattere, ma una seconda freccia si pianto pericolosamente vicina al al cuore, facendolo nuovamente cadere a terra.

Narya strinse la mano con cui teneva l'elsa della sua spalla facendo sbiancare le nocche e corse verso l'arcere, uccidendo con furia tutti coloro che le si paravano davanti,

“Sono qui, orco!” urlò.

L'orco grugnì, avvicinandosi a lei e sguainando la spada, mentre finalmente gli altri membri della compagnia erano arrivati a dare manforte. Narya corse in contro al nemico, schivò il fendente diretto verso la sua testa abbassandosi e piantò la sua spada nell'addome dell'Uruk, facendola uscire dall'altra parte.

Muori!” Sussurrò nella lingua nera ed estraendo la spada tagliando la testa del mostro con un colpo netto. Ansimante asciò cadere la spada a terra e sebbene la battaglia stesse ancora infuriando si avvicinò di corsa a Boromir.

“Non morire...” sussurrò la ragazza.

L'uomo la guardò, incapace di parlare, lo sguardo annebbiato dal dolore. La ragazza lo fece stendere in modo corretto, estrendo con un colpo secco le frecce dal petto. Boromir urlò. Senza perdere un minuto, Narya estrasse il sacchetto di foglie di re che dama Galadriel le aveva donato, non aveva idea di come usarle, ma doveva provare. La sua mano, però, fu fermata da quella dell'uomo, ed il piccolo sacchetto di tela cadde a terra, rovesciandosi in parte.

“No... non puoi.. devo curati” insistè la corvina.

“At..ten...ta” disse l'uomo, ma era troppo tardi.

Qualcuno sollevò da terra la ragazza, colpendola in testa con l'elsa della propria spada e sia per Boromir che per Narya tutto divenne nero.



----------
----------
----------
Angolino autrice

Buonasera a tutti!
Inizio col scusarmi per il ritardo, ma la stesura di questo capitolo ha riservato molti più problemi del previsto! Come avete letto, siamo arrivati alla fine della compagnia dell'anello (almeno secondo il film xD) e dal prossimo capitolo si inizierà ad entrare nel vivo della storia e se fino ad ora ho accelerato i tempi per arrivare fin qui, da adesso inizierò a frenare l'andamento della storia.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che seguono la storia, vi ringrazio davvero di cuore!!!
Fatemi sapere che cosa ne pensate del capitolo!
Alla prossima

Halfblood_princess

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo settimo: Race against time ***


Capitolo settimo: Race against time

 

“Boromir, ci dobbiamo fermare.”

L'interessato si girò guardando il suo compagno. Erano tre giorni che correvano senza sosta per riuscire a raggiungere il gruppo di Uruk contro cui si erano scontrati alle cascate di Rauros e che avevano rapito Merry Pipino e Narya. Nonostante le ferite continuassero a far male ed a sanguinare, Boromir non osava smettere di correre, impaurito come non mai per quello che potrebbero aver fatto i nemici ai suoi tre compagni.

“No, potrebbero essere vicini.” rispose.

Aragorn lo guardò con compassione, avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla non ferita.

“Devi riposare, o morirai. Le tue ferite sono ancora fresche e le foglie di Athelas che dama Galadriel ha dato a Narya sono insufficienti per curarti completamente.”

“Anche loro potrebbero morire.” replicò il biondo sostenendo lo sguardo.

“Non è stata colpa tua.”

“No? Sono io che ho fatto scappare Frodo e Sam, io che non sono riuscito a salvare gli hobbit, io che non ho saputo proteggere Narya!” urlò allontanandosi dall'erede di Isildur come se si fosse scottato.

Aragorn guardò il volto pallido dell'uomo cerchiato da grandi occhiaie, non sapeva darsi pace per quello che era successo e nessuno sarebbe riuscito a farlo ragionare. Anche lui, così come Legolas e Gimli, era preoccupato per i compagni scomparsi, ma c'era qualcos'altro che assillava la sua mente, il ricordo della ragazza che si avvicinava al capo degli Uruk, piantava la sua spada nel ventre per poi tagliargli la testa con un solo fendente pulito, secco, potente. Nemmeno lui sarebbe riuscito ad ucciderlo con tanta facilità nonostante gli anni di pratica.

“Il sole sta calando, riprenderemo la corsa domani all'alba.” sentenziò Aragorn senza ammettere discussioni in merito.

Boromir lo guardò indeciso se replicare o meno, poi si sedette prendendosi la testa fra le mani.

“Non temere ragazzo, la donna e gli hobbit hanno più risorse di quanto possa sembrare.” gli disse Gimli avvicinandosi a lui.

 

Ai piedi della foresta di Fangorn, qualche miglio a sud rispetto alla posizione dei quattro viaggiatori, due dozzine di Uruk ed orchi erano intenti a procurare della legna per accendere un fuoco, mentre i tre prigionieri erano stati messi da parte.

“Narya, Narya!”

Al suono del suo nome la ragazza aprì gli occhi per la prima volta da giorni, i suoni erano ovattati e la testa le doleva da impazzire; cercò di muoversi, ma delle funi che legavano le mani glielo impedirono.

“Sei sveglia finalmente! Pensavamo il peggio.” esclamò Merry.

Narya lo guardò senza capire bene.

“Cosa è successo, dove siamo?” domandò.

“Non ricordi? - disse Pipino – C'è stata una battaglia, un orco ti ha colpito mentre eri vicina al corpo di Boromir e ti hanno presa. Sono tre giorni che viaggiamo.”

La ragazza sgranò gli occhi, flash di quello che era successo invasero la sua mente facendole ricordare tutto quello che era successo. Si guardò intorno cercando un indizio su dove potessero essere: gli Uruk portavano la mano bianca di Saurman e per di più erano vicini ad una grande foresta: erano a Fangorn, sicuramente diretti verso Isengard.

“Come stava Boromir quando ci hanno portati via?” domandò.

Merry e Pipino si scambiarono uno sguardo.

“Non penso sia sopravvissuto.” disse Merry.

Gli occhi di Narya si velarono per un attimo, ma ogni suo pensiero svanì non appena uno dei loro rapitori prese i due hobbit per la giacca allontanandoli da lei. Facendosi forza con le gambe ed ignorando l'incessante dolore alla testa si alzò.

“Lasciali stare.” disse.

Uno degli uruk la guardò scoppiando a ridere.

“E cosa pensi di fare, bambolina?”

Narya si avvicinò a lui dandogli un calcio nelle parti basse e non appena egli si chinò per coprirsi le parti doloranti, gli diede una ginocchiata in fronte facendolo cadere a terra. Il mostro si rialzò dolorante, prendendola per la gola ed alzandola da terra, ma fu fermato dal capo della sua guarnigione.

“Fermo! Saruman ha detto che li vuole tutti vivi ed incolumi.”

Il mostro rilasciò la ragazza facendola crollare a terra col fiato corto.

“Perché?”

“Non sono affari tuoi, feccia.”

Narya si rialzò dolorante, gli occhi colmi di rabbia e dolore.

Tu sarai il primo a morire.” sussurrò nella lingua nera.

L'orco che l'aveva presa per il collo si girò colto alla sprovvista dalle sue parole, di certo non si aspettava sapesse parlare nella sua lingua, ma questa distrazione gli fu cara ed una freccia gli si piantò nel cuore uccidendolo.

Gli orchi si girarono verso chi aveva lanciato la freccia, vedendo così correre verso di loro centinaia di cavalli cavalcati da soldati di Rohan.

“Merry, Pipino! - urlò la ragazza – Nella foresta!”

I due hobbit non se lo fecero ripetere due volte e proprio mentre i cavalli iniziavano a distruggere l'accampamento, i tre entravano nella foresta correndo a perdifiato per diversi minuti cercando di mettere tra loro e i nemici più distanza possibile.

Si fermarono a fianco ad una grossa quercia affannati per la corsa, iniziando subito a sciogliere le funi che gli bloccavano le mani.

“Ce l'abbiamo fatta!” esclamò Pipino.

“Non canterei vittoria così presto Pipino, siamo vicini ad Isengard, dobbiamo prestare attenzione.”

Lo hobbit annuì, perdendo parte del suo sorriso.

“Cosa facciamo adesso?” domandò Merry preoccupato.

La ragazza si guardò intorno, non era mai stata in quella foresta e non sapeva proprio da che parte dirigersi. Un fruscio attirò la sua attenzione e dal bosco, proprio da dove erano arrivati loro, uscì un orco.

“Eccovi.” disse iniziando a correre verso di loro.

“Scappate!” urlò Narya.

Dopo un attimo di esitazione i due ripresero a correre inoltrandosi nella vegetazione. La ragazza cerco di trovare un'idea per uccidere l'orco, ma era disarmata e dei bastoni non sarebbero bastati a fermare la sua spada. Il nemico si posizionò di fronte a lei, leccandosi le labbra pregustando già il sapore della sua carne.

“Non ti conviene uccidermi.” disse Narya cercando di prendere tempo.

“E sentiamo, perché mai?” chiese l'orco.

“Mio padre ti farebbe uccidere nel modo più doloroso che esiste.”

L'orco scoppiò a ridere, abbassando la guardia.

“Oh, si che paura, il tuo papino mi farà male.” esclamò.

Narya non perse tempo. Approfittando della sua distrazione, gli torse il braccio con cui impugnava la spada portandoglielo dietro la schiena e trafiggendolo con la sua stessa spada all'altezza dell'ombelico. L'orco non urlò, troppo stupefatto dall'accaduto, ma si limitò a cadere a terra esanime.

La ragazza si sedette a terra, la testa le doleva troppo ed aveva iniziato anche a girarle, chiuse gli occhi per un istante, ma non riuscì a riaprirli, perdendo i sensi in un istante.

Quando si svegliò, la prima cosa che la colpì fu la puzza del cadavere steso a fianco a lei, già ricoperto di mosche e larve. Sopprimendo a stento un conato di vomito si allontanò per diversi metri, la testa le faceva ancora male, ma più di tutto era la gola. Si passò una mano su di essa non trattenendo un gemito di dolore; sicuramente, pensò, ci sarà un grande livido.

Narya si guardò intorno indecisa sul da farsi, poteva provare a cercare Merry e Pipino nella foresta, ma non sarebbe andata lontana nelle sue condizioni, soprattutto visto i morsi di fame che già le attanagliavano lo stomaco. Cosa fare? Se non ricordava male quello che aveva visto nelle carte in Barad-dûr, vicino alla foresta di Fangorn si estendeva il regno di Rohan e, a pochi giorni a piedi, doveva trovarsi Edoras, la capitale. Lì avrebbe trovato del cibo ed un cavallo con cui andare a cercare gli hobbit, era la sua unica possibilità. Raccolse un bastone da terra, in modo da potersi appoggiare visto che la testa le girava ancora, e si diresse proprio da dove era sbucato l'orco ore prima, sperando dentro di se che i cavalieri avessero ucciso tutti i suoi compagni.

 

Come Aragorn aveva detto, i quattro membri della compagnia ripresero la corsa al sorgere dell'alba e malgrado fosse inverno inoltrato, il sole alto nel cielo e la mancanza di vento li rallentò molto, ma nessuno osava lamentarsi nonostante sapessero che le speranze di ritrovare i loro amici vivi erano ben poche. Furono sollevati quando, poco dopo mezzodì, incrociarono un gruppo di soldati di Rohan.

“Cavalieri di Rohan – esclamò Aragorn per farsi notare dal gruppo – Che notizie dal Mark?”

La formazione, diretta a nord, subì un brusco cambio di direzione circondando i quattro e puntando loro le lance, ancora incrostate del sangue della notte prima. Un cavaliere si fece spazio tra gli altri prendendo la parola.

“Che ci fanno un elfo, due uomini ed un nano nelle nostre terre? Parlate in fretta.”

“Dimmi il tuo nome signore dei cavalli, ed io ti dirò il mio!” esclamò Gimli.

“Ti taglierei la testa, nano, se solo si levasse un po' più alta da terra.”

“Moriresti prima di vibrare il colpo.” lo protesse Legolas, puntando verso il cavaliere la propria arma.

“Io sono Aragorn, figlio di Arathorn, lui è Gimli, figlio di Gloin, Legolas del reame boscoso, e lui e Boromir, figlio di Denethor e sonvrintendente di Gondor. Siamo amici di Rohan e di Theoden vostro re.” disse Aragorn, cercando di far calmare le acque.

“Il re non sa riconoscere i propri amici dai nemici, nemmeno la propria stirpe. – disse il cavaliere scendendo da cavallo e togliendosi l'elmo – E' un piacere rivederti mio signore.” continuò rivolto verso Boromir.

“Eomer!” esclamò lui, abbracciandolo fraternamente.

“Che ci fate qua?” domandò il capitano.

“Stiamo inseguendo un gruppo di Uruk hai diretti ad Isengard, hanno fatto prigionieri dei nostri amici.” spiegò il gondoriano.

Eomer abbassò lo sguardo.

“Gli Uruk sono distrutti, li abbiamo trucidati stanotte. Nessun sopravvissuto, mi spiace.”

“C'erano due hobbit ed una ragazza!” esclamò Gimli con la voce spezzata.

“Abbiamo ammassato i corpi e dato fuoco. Andate a controllare, ma non confidate nella speranza, ha abbandonato le nostre terre. - fischiò – Hasufer, Arod, Aram”

Tre cavalli, due color cioccolato ed uno bianco, si avvicinarono ed Eomer consegnò ai quattro membri della compagnia le redini.

“Che vi conducano ad una sorte migliore di quelle dei loro precedenti padroni.” disse salutandoli e guidando nuovamente i suoi soldati verso nord.

I quattro si guardarono per diversi istanti, montando subito a cavallo e galoppando veloci verso il luogo indicatogli da Eomer. Al loro arrivo una pila di corpi bruciati si stagliava di fronte a loro, circondato da picche con infilzati i volti sfregiati degli orchi.

“Non è possibile. - sussurrò Boromir inginocchiandosi per terra – Siamo arrivati tardi.”

Gimli, Legolas ed Aragorn non dissero niente, limitandosi a cercare indizi che potevano rivelare la fuga dei tre, ma le speranze svanirono quando Gimli trovò tra i corpi bruciati una delle cinture degli hobbit. I tre si avvicinarono all'uomo di Gondor sedendosi a fianco a lui.

“Abbiamo fatto il possibile.” disse Aragorn.

Boromir lo guardò con gli occhi colmi di dolore, ma un fruscio interruppe qualsiasi cosa avesse voluto dire. Aragorn si avvicinò di corsa al luogo del rumore estraendo la spada.

 

“Aragorn?” sussurrò con voce roca Narya.

La ragazza era pallida, i capelli erano incrostati di sangue ed aveva un grosso livido violaceo a forma di mano sul collo, segno che qualcuno aveva cercato di strozzarla.

Al suono di una voce sconosciuta, Legolas, Gimli e Boromir si avvicinarono al futuro re, rimanendo allibiti alla vista della giovane.

“Ho creduto fossi morta.” sussurrò l'uomo di Gondor correndo ad abbracciarla.

Narya rimase immobile incredula di vederlo vivo, ma si riprese immediatamente gettando il bastone che la sosteneva a terra e abbracciandolo stretto. Il cuore le batteva come non mai nel petto e nonostante non sapesse il motivo iniziò a piangere.

“Chi ti ha ridotto così?” domandò l'uomo non appena sciolse l'abbraccio.

“Non importa, sei qui e sei vivo!” disse la ragazza.

“Narya!” esclamò Gimli venendo ad abbracciarla, seguita a ruota da Legolas ed Aragorn.

“Dove sono Merry e Pipino?” domandò il ramingo.

La ragazza si oscurò in viso per un attimo.

“Siamo scappati nella foresta ieri sera, ma ci ha inseguiti un orco. Eravamo disarmati quindi gli ho detto di scappare; ho ucciso l'orco, ma dopo qualche minuto sono svenuta. Appena svegliata volevo inseguirli, ma sono troppo debole ed ho preferito cercare qualcuno che mi aiutasse. Non volevo abbandonarli, – disse la ragazza con sguardo triste – ma non sarei stata di nessun aiuto in queste condizioni.”

“Li hai salvati.” disse l'elfo.

“E sono ancora vivi! Avevamo pensato il peggio.” continuò il nano cercando di tirarla su di morale.

“Legolas, Gimli venite con me, andiamo a prenderli.” esclamò Aragorn.

“E noi?” domandò Boromir.

“Narya è troppo debole e tu devi riposare. Torneremo presto.” continuò il moro.

Il gondoriano annuì, lasciando partire i tre e portando la ragazza al limitare della foresta, dove il puzzo dei cadaveri non si faceva sentire. I due si sedettero, attendendo il ritorno dei tre.

“Come hai fatto a sopravvivere?” domandò Narya ad un certo punto.

“Aragorn ha trovato il sacchetto con le erbe che Galadriel ti aveva donato e mi ha curato con quelle. - rispose il biondo, avvicinandosi alla ragazza – Purtroppo sono finite, dovremmo aspettare di arrivare a Edoras prima di poterti curare.”

La ragazza annuì, era così felice che fosse vivo, ma adesso che era lì con lui non sapeva che cosa dire, come esprimergli al sua felicità.

“Dove sono Frodo e Sam?” domandò ancora, notando solo in quel momento la mancanza dei due.

“Sono andati via durante la battaglia, hanno scelto di prendere la strada attraverso le paludi.” rispose Boromir rabbuiandosi.

Narya per la prima volta dall'inizio della sua missione, ringraziò il cielo che l'anello non fosse più con loro, in modo da non esserne tentata.

“E' stata tutta colpa mia.” continuò l'uomo dopo un po'.

“Non dire così! - esclamò la ragazza, portandosi subito una mano alla gola per il dolore – Niente è stata colpa tua: Frodo se ne sarebbe andato comunque e gli Uruk ci avrebbero lo stesso assaliti.”

Boromir la guardò e Narya non seppe distogliere lo sguardo incantata dai suoi occhi, così diversi dai suoi.

“Grazie.” sussurrò l'uomo, alzandosi ed addentrandosi per qualche metro nella foresta.

La corvina raccolse le gambe al petto giocherellando distrattamente con la collana donatale da Galadriel, iniziando per la prima volta a riflettere sulle scelte che aveva fatto. Non seguire l'anello era un rischio sia che fosse rimasta fedele a suo padre, sia che invece.... Narya interruppe di colpo il flusso dei suoi pensieri rimanendo per un attimo senza fiato, stava seriamente pensando di tradire suo padre?


----------
----------
----------
Angolino autrice

Saluti a tutti!
Merry e Pipino stanno bene, Boromir è vivo e Narya ha ritrovato un pezzo della compagnia, siamo tutti felici, no? xD
Chiedo scusa per il nome del terzo cavallo, ho cercato dei nomi Rohirric su internet, ma nessuno mi ispirava, quindi sono andata su un sito per "nomi di cavalli" e ho scelto Aram a caso xD
Detto questo, spero che il capitolo sia di vostro gradimento, vi auguro una buona giornata :D
A presto

Halfblood_princess

PS: fatemi sapere che cosa ne pensate :D

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo ottavo: Riding to Edoras ***


Capitolo ottavo: Riding to Edoras

 

Quando Boromir aveva sentito Aragorn chiamare il nome della compagna che avevano perduto, non riusciva a credere alle sue orecchie e si era subito recato a fianco del ramingo. Lì l'aveva vista. Era più pallida del solito, i suoi capelli erano in disordine e ricoperti di sangue, ma la cosa più preoccupante era il grande livido violaceo sulla gola. L'uomo di Gondor non aveva resistito e malgrado sapesse di non doverlo fare, che non era adatto al suo rango sociale, si era fiondato ad abbracciarla e lei, dopo un attimo di esitazione, aveva risposto.

I due erano rimasti presto soli e nonostante lui si fosse ripromesso di proteggerla, fallendo miseramente già una volta, era lei che stava consolando lui cercando di convincerlo che la colpa di tutto ciò che era successo non era da attribuirsi a lui. Boromir sapeva che se fosse rimasto seduto accanto a lei non sarebbe resistito e l'avrebbe ristretta nuovamente tra le braccia per non lasciarla più andare quindi, ignorando il dolore alla spalla, si era alzato in piedi addentrandosi per qualche metro dentro la foresta e lasciandola sola. Era giovane, era affascinante ed era il figlio del sovrintendente, quindi aveva avuto altre donne prima di allora, ma mai nessuna gli aveva fatto un simile effetto. Si girò a guardarla, era seduta con le gambe raccolte al petto mentre guardava rapita le grandi praterie di Rohan; era sempre così ombrosa, sempre così preoccupata, come se un peso gravasse sempre e costantemente sulle sue spalle rendendole impossibile vivere serenamente.

L'uomo sospirò, avrebbe davvero voluto fare qualcosa per lei, aiutarla a ricordare, ma non sapeva come. Passarono diversi minuti prima che il figlio del sovrintendente decidesse di tornare dalla ragazza; lei era ancora nella stessa posizione di prima, ma sul volto aveva un'espressione spaventata, quasi sconvolta.

“Tutto bene?” domandò l'uomo spaventato.

La ragazza sembrò non sentirlo o vederlo e Boromir decise allora di scrollarla delicatamente per le spalle, piazzandosi proprio di fronte, e lei, finalmente, rinsavì.

“Tutto bene?” ripeté l'uomo.

La ragazza lo guardò, negli occhi ancora l'ombra del suo turbamento, ma annuì.

“Con me puoi parlare.” continuò lui.

L'ombra del dubbio attraversò la mente di Narya, si morse le labbra indecisa sul da farsi, ma negò. L'uomo sembrò deluso, ma riprese comunque il suo posto a fianco a lei, quando sarebbe stata pronta avrebbe parlato. La ragazza si avvicinò e posò la testa sulla sua spalla, proprio come era successo a Lothlorien e lui, per contro, la circondò con un braccio.

“Parlami di Minas Tirith.” domandò la figlia di Mordor.

L'uomo aveva parlato, aveva descritto la città bianca, i suoi sette livelli, i grandi portoni con ricchi intarsi, la cittadella, il grande albero bianco oramai senza vita ed infine il grande palazzo.

“Vedrai tutto questo quando la guerra sarà finita e rimarrai senza parole. Mai opera di uomini sarà tanto bella.” terminò.

Narya sorrise per l'entusiasmo di lui, il suono della sua voce era confortante e le aveva fatto scordare per qualche minuto tutti i suoi turbamenti.

“Non vedo l'ora.” rispose.

“Lì cercheremo un modo per farti ricordare il tuo passato, ma potrai rimanere con me per tutto il tempo che lo desideri.”

“Grazie” sussurrò la ragazza.

Fosse dipeso da lei sarebbe rimasta per sempre lì con lui anche lì ai margini di quella foresta, ma non poteva. Finché l'anello esisteva loro non sarebbero mai stati al sicuro e lei sarebbe rimasta immortale. Aveva già creduto morto una volta l'uomo, non avrebbe assistito alla sua dipartita nuovamente e se questo andava contro gli ordini di suo padre, lo avrebbe fatto. Aveva sempre eseguito ogni direttiva senza mai replicare, senza mai mettere in discussione niente, ma adesso che aveva visto un piccolo pezzetto di mondo si era innamorata di esso e non voleva vederlo distrutto dall'ossessione di suo padre per un oggettino minuscolo. Questa guerra, capì Narya solo in quel momento, non aveva senso.

-------- -------- -------

Aragorn aveva visto tante cose strane nella sua vita, tante cose impossibili, ma mai, nemmeno nel suo sogno più fantasioso, avrebbe pensato di ritrovare Gandaf nel bel mezzo della foresta di Fangorn. Non dopo averlo visto personalmente cadere nell'ombra di Moria, ma egli stava lì, sorridente nei suoi abiti bianchi a fissare divertito le loro facce sbigottite.

“Non può essere. - sussurrò il ramingo quasi senza fiato – Tu sei caduto.”

“Attraverso l'acqua e le fiamme. Dal torrione più basso alla cima più alta ho lottato con lui, il Barlog di Morgoth. Alla fine ho abbattuto il mio nemico ed ho scaraventato la sua carcassa contro il fianco della montagna. L'oscurità mi ha avvolto ed ho errato fuori del pensiero e del tempo, le stelle compivano il loro giro ed ogni giorno era lungo quanto una vita terrena, ma non era la fine, ho sentito la vita in me, di nuovo. Sono stato rimandato qui a terminare il mio compito.” spiegò lo stregone con sguardo cupo, quasi come se stesse rivivendo l'intera battaglia dentro di se.

“Gandalf.” disse il ramingo, ancora incredulo.

“Gandalf? Si è così che mi chiamavano. Gandalf il grigio, era quello il mio nome. Io sono Gandalf il bianco e torno da voi ora al mutare della marea.”

Aragorn lo guardò sorridendo, anche la morte non lo avrebbe mai cambiato.

“Legolas, Gimli, precedeteci.” continuò lo stregone affiancandosi all'uomo ed attendendo che i due fossero avanzati di qualche metro.

“Che mi dici della ragazza.” domandò Gandalf, attento a non farsi sentire.

“L'abbiamo ritrovata qualche minuto fa, era stata rapita dagli orchi assieme ai due hobbit, ma il loro percorso è stato diviso. Ha una ferita alla testa ed è molto debole, ma sta bene. Non c'è nulla che non vada in lei eccetto..”

Gandalf lo guardò invitandolo ad andare avanti.

“Ha ucciso un uruk-hai in pochi secondi e con due soli colpi, nemmeno io sarei riuscito ad ucciderlo in così poco tempo e la ferita alla testa avrebbe già steso la maggior parte delle persone. Tuttavia dama Galadriel le ha fatto un dono quando eravamo a Lothlorien.”

L'anziano lo guardò preoccupato.

“C'è molto che ci sta nascondendo, ma se quello che mi dici è vero la dama bianca ha riposto la sua fiducia in lei, non avrebbe mai fatto un dono ad un nemico. Ciononostante stai in guardia Aragorn, a voi è sfuggito, ma ho potuto chiaramente vedere che il Barlog ha inchinato la testa di fronte a lei e lui risponde solo a Sauron.”

“Come è possibile?” domandò il ramingo stupefatto.

“Non lo so ragazzo, proprio non lo so. Non dire nulla a nessuno di queste parole.” lo avvisò Gandalf posando una mano sulla spalla dell'uomo.

Aragorn annuì con la testa, rabbuiandosi.

“La speranza è sempre viva, non perderti nei dubbi di un vecchio stregone. Le cose da pensare sono ancora tante e presto dovrai seguire il tuo destino.” terminò, per poi proseguire il cammino raggiungendo velocemente Legolas e Gimli.

In poco meno di venti minuti, i quattro iniziarono ad intravedere i raggi del sole che filtravano attraverso la fitta vegetazione e ben presto le figure dei due compagni che avevano lasciato indietro comparvero di fronte a loro.

“Gli hobbit stanno bene, – annunciò Legolas arrivando – ma abbiamo una sorpresa per voi.”

Dal bosco spuntò Gandalf vestito con una lunga tunica bianca ed un leggero mantello grigio argenteo sulle spalle. Il suo bastone era diverso, candido come la sua veste e sia i suoi capelli che la sua barba erano lisci e anch'essi bianchi. Narya, sollevata dalla notizia dello star bene dei due compagni, si gelò alla vista dell'anziano rimanendo immobile al suo posto. Vide Boromir alzarsi ed andare ad abbracciare lo stregone pronunciando parole di sorpresa e gioia, ma lei rimase lì. Le sue speranze di continuare a viaggiare con la compagnia erano praticamente nulle. Come un fantasma ella si alzò, cercando di sorridere e si avvicinò allo stregone.

“Bentornato Gandalf” sussurrò.

L'anziano la squadrò a lungo, soffermando il suo sguardo sulla collana donatale da Galadriel per poi avvicinarsi ed abbracciarla.

“E' un piacere rivederti ragazza.”

Narya rimase stupita, incerta se ricambiare o meno l'abbraccio. Si era aspettata che le chiedesse delle spiegazioni per quello accaduto a Moria, soprattutto visto i dubbi che le aveva già confidato, ma non quello, non che si comportasse come se nulla fosse successo. La ragazza ricambiò imbarazzata l'abbraccio, sciogliendolo il prima possibile ed affiancandosi nuovamente a Boromir che lanciava sguardi confusi.

“Dove sono i piccoli?” domandò Narya, si aspettava di vederli con loro.

“Sono al sicuro con dei miei amici nella foresta, li raggiungeremo più avanti. - disse Gandalf enigmatico -" Siamo noi, adesso, quelli in pericolo. Rohan giace nell'ombra da troppo tempo ed il re è avvolto da un incantesimo di Saruman. Dobbiamo recarci ad Edoras immediatamente.”

“Allora qualcuno dovrà rimanere indietro, abbiamo solo tre cavalli.”

“Stai tranquillo figlio di Gondor – disse lo stregone – io ho mio.”

L'anziano fischiò e da dietro una collina apparve il più meraviglioso cavallo che potesse esistere. Era bianco, quasi perlaceo, ed aveva una grazia che Narya non aveva mai visto in nessun altro animale.

“Quello è uno dei Mearas, se un incantesimo non inganna i miei occhi!” esclamò l'elfo, stupito dalla sua comparsa.

Il cavallo si avvicinò veloce come un fulmine allo stregone e la ragazza non poté fare a meno di avvicinarsi anche lei, incantata da tale maestosità, ma non appena gli fu vicino il cavallo nitrì allontanandosi.

“Ombromanto è il signore dei cavalli ed è stato mio compagno in molti pericoli. Non preoccuparti, ragazza, ci vuole un po' prima di conquistare la sua fiducia.”

Narya annuì delusa.

“Vieni.” le disse Boromir scortandola verso il suo cavallo.
Anch'esso era bianco ed anche lui quando Narya le si avvicinò nitrì spaventato.

“Non ti preoccupare.” continuò l'uomo di Gondor e dopo che ebbe calmato l'animale, fece avvicinare di nuovo la ragazza. Dopo un momento di esitazione da parte di entrambi, Narya riuscì ad accarezzare l'animale e si girò verso l'uomo sorridendo soddisfatta, a casa sua era abituata a tutt'altro tipo di animali.

Non senza poche difficoltà, causate dalle ferite che entrambi avevano, i due montarono a cavallo avvicinandosi agli altri iniziando subito a cavalcare verso la capitale di Rohan.

Per Narya era strano stare così a contatto con una persona, certo aveva dormito appoggiata alla spalla di Boromir nel reame della dama bianca, ma era diverso, allora era incosciente, mentre adesso era più che conscia di quello che stava succedendo. Sentiva strane sensazione nel circondare il busto dell'uomo con le sue braccia, il cuore le batteva forte nel petto e le mani le sudavano, ma sentiva che stare così accanto a lui era in qualche modo giusto, seppur diverso da ogni sensazione che avesse mai provato prima.

La corsa dei sei durò poco più di una giornata e mezza, e già nel primo pomeriggio del secondo giorno iniziarono ad intravedere la loro destinazione, dapprima come un puntino su una collina, Edoras comparve di fronte a loro con i suoi cancelli, le sue case di legno ed il grande palazzo che sovrastava ogni abitazione. Si avvicinarono all'entrata della città, ma essa era sbarrata.

“Chi siete voi?” domandò la guardia all'ingresso con fare sospettoso.

“Viaggiatori. Cerchiamo un guaritore per i nostri due compagni.” disse Gandalf indicando Narya e Boromir.
a guardia li squadrò.

“Non siete di Rohan.”

“No, veniamo da Gondor. Abbiamo perso i nostri compagni e le nostre cose in un agguato degli orchi.” mentì lo stregone.

La guardia annuì evidentemente soddisfatta dalla spiegazione. Sparì dietro la palizzata ed aprì il grande cancello dando libero accesso ai membri della compagnia.

“Il guaritore è nella casa a fianco al palazzo del re. Vi auguro una buona guarigione.”

I sei ringraziarono il soldato per gli auguri e le informazioni dirigendosi immediatamente verso il palazzo d'oro, scendendo da cavallo proprio nei pressi di quest'ultimo.

“Dobbiamo farla subito curare.” disse Boromir vedendo che la sua compagna di cavalcata era cerea in viso ed a stento si reggeva in piedi.

“No, prima dobbiamo andare dal re.” annunciò Gandalf.

“La farai morire!” replicò il biondo, attirando l'attenzione di alcune persone a fianco a loro.

“Boromir, sto bene.” lo rassicurò la ragazza con un sorriso.

Boromir annuì, prendendola sottobraccio in modo da non farla cadere e seguì Gandalf verso l'entrata del palazzo, ma la loro strada fu di nuovo bloccata da dei soldati. 

“Non potete stare di fronte a re Theoden così armati, Gandalf il grigio. Per ordine di Grima Vermilinguo.” disse uno di loro.

Gandalf annuì, rivolgendosi poi verso gli altri cinque ordinandogli di fare come richiesto. Tutti, eccetto Narya che era già stata disarmata dagli Uruk, consegnarono tutte le armi che possedevano anche se non senza una certa riluttanza. Solo allora il soldato gli concesse di entrare.

Il palazzo era sontuoso, ma tetro; la luce che filtrava dalle grandi finestre era insufficiente per illuminare l'intera sala del trono e nessun focolare era stato acceso. L'aria era pesante, come se una persona malata fosse stata lì dentro a lungo e nessuno si fosse dato la briga di aprire una finestra. Sul trono sedeva un vecchio con barba e capelli grigi ed il volto pallido come quello di un morto, cerchiato da grosse occhiaie viola. A fianco a lui, c'era un uomo vestito di nero, il cui volto assomigliava a quello di un serpente, che sussurrava al vecchio re qualcosa sui nuovi venuti.

“La cortesia del tuo palazzo è alquanto diminuita ultimamente, re Theoden.” annunciò Gandalf.

“Perché dovrei darti il benvenuto Gandalf, corvo tempesta.” disse il re con voce roca.

“Una giusta domanda mio signore. Tarda è l'ora in cui questo stregone decide di apparire, Lathspell io lo chiamo il malaugurio è un cattivo ospite.” disse l'uomo serpente avvicinandosi allo stregone con fare minaccioso.

“Silenzio, – esclamò Gandalf - tieni la tua lingua forcuta tra i denti. Non ho attraversato fiamme e morte per scambiare parole inconsulte con un insulso verme.”

Gandalf impugnò più saldamente il bastone, puntandolo verso l'uomo e facendolo indietreggiare impaurito.

“Vi avevo detto di prendere il bastone dello stregone.” gridò l'uomo serpente.

I soldati presenti nella grande sala del trono cercarono subito di raggiungere lo stregone, ma furono anticipati dai due uomini, Legolas e Gimli che, seppure non armati, contrastarono gli assalitori in modo da dare a Gandalf il tempo necessario per sciogliere l'incantesimo di Saruman.

Narya, che era rimasta in disparte, si appoggiò al muro per cercare di darsi forza, ma troppo debole cadde a terra e forse per la stanchezza o per la fame che le attanagliava lo stomaco da giorni, non riuscì ad evitare che gli occhi le si chiudessero. L'ultima immagine quella di Gandalf che si avvicinava sicuro verso il trono ed il re che aveva iniziato a parlare con lo stesso timbro di voce di Saruman, che gli intimava di fermarsi.


-----------------
-----------------
-----------------
Angolino autrice


Buongiorno a tutti! 
Chiedo scusa per il ritardo, ma la scrittura di questi capitoli mi stanno dando più problemi del previsto D:, spero comunque che non vi abbia deluso. Detto questo vi lascio alla lettura e vi ringrazio per continuare a seguire la fic, vi adoro!
Buona giornata a tutti!

Halfblood_princess

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo nono: You like him! ***


Capitolo nono: You like him!

 

Quando Narya si risvegliò, la prima cosa che notò fu che non era più nella sala del trono, bensì in un'ampia camera dalle pareti di legno e pietra con grandi finestre che davano verso le infinite praterie del regno di Rohan ed un sacco di pellicce ricoprivano il pavimento per evitare che i piedi toccassero la fredda pietra. La ragazza si guardò intorno stordita, senza riconoscere l'ambiente; si toccò la testa e se la ritrovò fasciata proprio dove era stata ferita eppure, pensò, non ricordava di essere stata medicata.

Con qualche difficoltà cerco di tirarsi su a sedere per avere una visione migliore del luogo in cui si trovava, ma non appena ci riuscì la testa iniziò a girarle. Chiuse gli occhi per frenare l'ondata improvvisa di nausea.

“Sei sveglia finalmente.” disse una voce femminile alla sua destra.

Narya riaprì gli occhi voltandosi verso il suo interlocutore, era una ragazza giovane con lunghi capelli dorati e pelle candida. Era vestita con un lungo vestito scuro finemente intarsiato e portava in mano dei vestiti e dei panni che posò sul tavolo posto in un lato della stanza.

“Io sono Eowyn, nipote di re Theoden.” si presentò con un dolce sorriso in volto

“Narya, mia signora.” rispose la corvina.

“Non c'è bisogno di tali formalità, avremo la stessa età! - continuò la bionda – Mi sono permessa di farti preparare un bagno e portarti dei vestiti.” terminò indicando la vasca al centro della stanza la cui acqua fumava ancora.

“Ti ringrazio.” la ringraziò, cercando di alzarsi.

Eowyn venne subito incontro alla ragazza, cercando di aiutarla.

“Hai bisogno di una mano?”

Narya negò, aggrappandosi al bordo della vasca ed Eowyn la guardò dubbiosa, ma alla fine annuì.

“Va bene, allora tornerò tra qualche minuto per portarti a mangiare qualcosa.” disse.

Eowyn uscì dalla stanza e la corvina iniziò subito a disfare i lacci dei vestiti che indossava, sospirando di sollievo non appena le sue membra toccarono l'acqua calda della vasca. Narya si sciolse la benda che aveva in testa, iniziando a lavarsi anche i capelli con l'aiuto di una ciotola posta a fianco alla vasca, poi decise di fare la conta dei danni. A parte la ferita in testa e qualche livido qua e là le sembrava fosse tutto a posto. L'occhio di lei cadde sulla sua spalla destra dove una cicatrice risaltava sulla sua pelle. Anche lei, come d'altronde tutti i servitori di Sauron, era stata marchiata col simbolo del grande occhio. Passò una mano sulla vecchia ustione, ricordando come se fosse ieri il dolore che aveva provato quando il ferro rovente aveva toccato la sua pelle, allora le sembrava un dolore così giusto mentre adesso non ne era più convinta come prima.

Quando l'acqua divenne totalmente fredda la ragazza, seppur con qualche difficoltà, uscì dalla vasca asciugandosi con dei panni e indossando il vestito che Eowyn le aveva fatto la gentilezza di portarle. Era marrone e beige e non era assolutamente bello come quello che aveva indossato nel reame della dama bianca, ma era ugualmente comodo e funzionale. Cercando di aggrapparsi ad ogni mobile, Narya tornò a sedersi sul letto e proprio in quel momento la bionda rientrò con un grande sorriso in volto.

“Te la senti di venire a mangiare?” domandò.

“Assolutamente.” esclamò la corvina, erano giorni che non mangiava e sapeva che si sarebbe sentita sicuramente meglio una volta fatto.

Narya si alzò nuovamente dal letto e grazie alla ragazza di Rohan, che la prese sottobraccio, iniziarono a camminare per i corridoi. La figlia della terra nera non poté fare a meno di notare che la stretta della sua compagna era ferrea e sicura.

“Tu sei una guerriera.” dichiarò ad un certo punto.

Eowyn la guardò sorpresa e le sue gote si tinsero lievemente di rosa.

“Come fai a saperlo?” domandò.

“La tua stretta. - spiegò l'altra – Non sapevo che anche le donne combattessero.”

“Beh, non lo fanno tutte è a me che piace allenarmi.”

Narya annuì, soddisfatta della spiegazione, non aveva mai visto soldati donna e quindi aveva iniziato a credere che fosse in qualche modo vietato alle donne prendere parte alla guerra.

Le due arrivarono velocemente nella sala del trono dove un pasto caldo attendeva la corvina. La stanza aveva un aspetto completamente diverso, più sano, i focolari erano stati accesi e l'atmosfera era calda. Seduto sul trono c'era re Theoden, ringiovanito di vent'anni rispetto a quando la compagnia era arrivata nella città, a fianco a lui Gandalf, mentre seduti nei tavoli accanto alla parete sinistra c'erano i compagni dello stregone, i quali salutarono calorosamente la ragazza.

“Ci volevi far di nuovo spaventare?” domandò scherzando il nano.

Narya rise divertita, facendo un cenno di saluto a tutti, Gandalf compreso, e lasciando il braccio di Eowyn si avvicinò al re facendo un piccolo inchino traballante. Boromir le fu subito accanto a sostenerla.

“Mio signore, ti ringrazio per le cure che tu e tua nipote mi avete offerto.” disse la ragazza.

“Non devi ringraziare, è il minimo che possa fare per te ed i tuoi compagni.” rispose l'uomo.

Narya ringraziò nuovamente con un cenno del capo, andandosi subito a sedere dal tavolo. Sospirò sollevata.

“Grazie.” disse a Boromir, prendendo una ciotola di stufato ed iniziando subito a mangiare.

L'uomo, però, non si sedette accanto a lei, andando insieme ad Aragorn vicino al trono del re ed iniziando a parlare di guerra. Per quanto possibile Narya stette ad ascoltare, ma quello che capì fu davvero poco: la fame e la stanchezza erano nemici troppo potenti contro cui combattere.

Una volta finito di mangiare la ragazza si sentì meglio, la testa aveva smesso di girarle e si sentiva più in forze, tuttavia ora quello che le premeva di più era tornarsene a dormire. Si alzò da tavola salutando i presenti e si diresse verso il corridoio da cui era arrivata, diretta nuovamente verso la camera assegnatale. Dopo pochi metri fu però raggiunta dall'uomo di Gondor che le catturò il braccio con il suo.

“Come ti senti?” domandò preoccupato.

“Meglio, molto meglio. Una mangiata ci voleva. - rispose sorridendo la ragazza. - Tu?”

“Le ferite sono pulite e si stanno cicatrizzando bene.”

Narya annuì soddisfatta, raggiungendo finalmente l'agognata camera. Boromir liberò il braccio della giovane dalla sua stretta, rimanendo impalato di fronte alla porta; la ragazza lo guardò incuriosita.

“Beh, buonanotte.” disse lei.

L'uomo parve riscuotersi dai suoi pensieri.

“Buonanotte.” rispose, prendendole la mano e posandoci un piccolo bacio sopra, facendola arrossire.

Narya si affrettò ad entrare nella camera, chiudendo la porta alle sue spalle. Si cambiò, indossando una leggera camicia da notte posta a fianco al suo letto e si mise sotto le coperte, addormentandosi immediatamente con il cuore che le batteva ancora all'impazzata.

Fu svegliata la mattina dopo da un incessante bussare alla porta che non dava l'impressione di voler smettere. Dopo essersi rigirata un paio di volte nel letto, la ragazza si alzò andando ad aprire la porta e ritrovando l'uomo di Gondor, il quale aveva un'espressione preoccupata in volto.

“Il re ha ordinato che andremo al Fosso di Helm, devi prepararti.”

Narya annuì, radunando le sue poche cose dentro il suo zaino. I vestiti erano ancora a lavare quindi optò per indossare il vestito che le aveva dato Eowyn il giorno prima, stava per cambiarsi quando si fermò, guardando l'uomo.

“Mi dovrei cambiare.” disse imbarazzata.

L'uomo arrossì, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di se.

La ragazza si cambiò, legando i suoi lunghi capelli neri in una treccia laterale in modo che non le dessero fastidio durante il viaggio. Quando uscì dalla camera trovò ancora ad aspettarla l'uomo.

“Tieni, avrei bisogno di proteggerti.” le disse porgendole una spada.

Narya non poté fare a meno che prenderla e sfoderarla per ammirarla.

“Grazie, è bellissima.” lo ringraziò, legando il fodero in vita e rinfoderando l'arma.

Boromir sorrise e senza attendere altro tempo i due si diressero a passo sicuro verso l'entrata del palazzo dove gli altri li stavano attendendo.

“Narya! - esclamò Eowyn avvicinandosi e tendendo le redini di un cavallo – Ho pensato avessi bisogno di un cavallo.”

La ragazza ringraziò la bionda avvicinandosi esitante all'animale che, dopo un primo timore iniziale, si lasciò accarezzare.

“Hai fatto progressi.” la prese in giro Boromir.

La corvina lo guardò male salendo a cavallo e facendolo girare dall'altra parte in modo da seguire Eowyn. L'uomo salì a cavallo anche lui e la raggiunse bloccando la sua avanzata.

“Dov'è Gandalf?” domandò la giovane.

“E' andato a raggiungere Eomer, nipote del re, per domandare aiuto alla sua compagnia. Saruman ci attaccherà presto.” spiegò.

“Questo Fosso di Helm dove si trova?” domandò ancora.

“E' ad un giorno di cammino da qui, è una vecchia fortezza con mura impenetrabili a ridosso delle montagne, saremo sicuri lì in caso di attacco.”

“Faremo la fine del topo.” sussurrò la ragazza.

“E' la stessa cosa che pensiamo io e Gandalf.” disse una voce alle spalle dei due, Aragorn.

Boromir si scurì in volto, evidentemente non d'accordo con le parole del ramingo, ma non replicò.

“Narya! - chiamo la bionda dama di Rohan – Cavalca con me.”

La corvina salutò con un cenno del capo i due uomini, spronando il cavallo e portandosi alla destra della ragazza. Le stava simpatica, non era per niente arrogante e l'aveva aiutata nonostante non sapesse chi lei fosse, in più era la prima che incontrava che aveva una passione per le armi.

“Come stai?” domandò dolcemente la ragazza non appena la nera arrivò.

“Bene, ti ringrazio.”

Eowyn annuì soddisfatta, sorridendo.

“Se non è troppo indiscreto chiederlo, come mai viaggiavi in compagnia di soli uomini?” chiese imbarazzata.

Narya sorrise per l'imbarazzo della bionda raccontandole di come era stata trovata dal figlio di sire Elrond, di come non ricordasse il suo passato e del viaggio che avevano affrontato fino ad arrivare ad Edoras, senza però rivelare la vera missione della compagnia. Eowyn si stupì molto del racconto,dispiacendosi per il fatto che la ragazza non ricordasse nulla sulla sua famiglia.

“Vorrei partire anche io per un'avventura, proprio come hai fatto tu.” sospirò invidiosa.

Narya rise.

“Sono sicura che troverai ciò che cerchi.” rispose.

Le due procedettero tranquillamente parlando del più e del meno per diversi minuti, fino a quando, due ore dopo, non furono raggiunte dal capitano di Minas Tirith.

“Mie signore.” le salutò Boroimir.

Le due contraccambiarono il saluto.

“Narya, come ti senti?”

“Tutto bene, tranquillo.” rispose la ragazza, felice però per le premure dell'uomo.

Lui sembrò soddisfatto della risposta, salutando nuovamente le due con un gesto del capo e raggiungendo il re in testa alla colonna.

Narya lo osservò cavalcare via con un sorriso in volto.

“Non mi avevi detto che ti piaceva il figlio del sovrintendente.” esclamò la bionda.

“Non è vero!” rispose velocemente l'altra arrossendo.

Eowyn scoppiò a ridere per il suo imbarazzo.

“Non c'è niente di male, siamo entrambe in età da matrimonio.” disse.

Ciò che voleva essere una rassicurazione, però, ebbe l'esatto effetto contrario, facendo arrossire ancora di più la corvina, se possibile.

“Tutto bene?” domandò Aragorn passando a fianco alle due, facendo questa volta arrossire la bionda.

Narya annuì, girandosi verso l'amica e sorridendo.

“Tu non mi avevi detto che ti piaceva Aragorn.” replicò una volta che il ramingo se ne fu andato.

La marcia continuò ancora per diverse ore, la fiumana di gente era lenta e la strada da percorrere ancora tanta, quindi il re decise di far riposare i suoi sudditi solo dopo che mezzodì fu passato da due ore, in modo che arrivassero almeno a metà strada dalla fortezza.

Narya ed Eowyn scesero da cavallo iniziando ad aiutare le altre donne a preparare da mangiare per i soldati ed i bisognosi. La corvina, che durante il viaggio con la compagnia aveva spesso aiutato Sam a preparare i pasti, si ritrovò abbastanza spaesata quando le domandarono di preparare uno stufato da sola visto che solitamente lei si occupava di sbucciare le patate e di lavare e portare i piatti, ma con l'aiuto di Eowyn riuscirono comunque ad arrangiare qualcosa e quando fu pronto decisero di andarlo a distribuire.

“Io... - balbettò la bionda – vado a vedere se Aragorn ne vuole un po'.” disse.

Narya annuì, prendendo una ciotola di stufato e portandola all'uomo di Gondor che, seduto su un masso, affilava la sua spada.

“Ne vuoi un po'?” domandò la ragazza.

Boromir alzò lo sguardo verso la giovane sorridendole dolcemente, facendole segno di sedersi accanto a lui e prendendo la ciotola dalle sue mani, assaggiando subito. L'uomo rimase fermo per qualche attimo, poi deglutì a fatica.

“Se non ti piace puoi dirlo – disse la ragazza – non sono per niente brava a cucinare, solitamente faceva tutto Sam.”

“No, è... buono.” replicò prendendone un altro cucchiaio.

Narya lo guardò storto, rubando il cucchiaio dalla mano dell'uomo ed assaggiando il pasto.

“E' orribile!” esclamò la ragazza scatenando l'ilarità dell'uomo.

“Si, beh la cucina non è il tuo punto forte.” rincarò la dose.

Narya si voltò verso l'uomo offesa, ma non poté fare a meno di sorridere vedendo che la stava solamente prendendo in giro.

La ragazza si alzò, seguita a ruota dall'uomo.

“Io torno da Eowyn.” disse la ragazza.

“Aspetta.”

La figlia di Sauron si girò nuovamente verso l'uomo con sguardo confuso.

“Tutto bene?” domandò Narya preoccupata.

“Si. - iniziò – Io... volevo ringraziarti comunque per il pasto.”

La corvina fissò insistentemente gli occhi azzurri dell'uomo, sapeva che non era questo che voleva dirle, ma gli sorrise comunque avvicinandosi e prendendo una mano fra le sue. L'uomo sembrò stupito dal gesto, ma non lasciò la presa.

“Con me puoi parlare.” disse la ragazza usando le stesse parole che l'uomo le aveva detto ai margini di Fangorn.

Boromir annuì con il volto più sereno e la ragazza sorrise, lasciando la presa dalla sua mano. Raccolse la ciotola, rovesciando quel che rimaneva dell'orribile stufato che aveva cucinato, e si allontanò verso l'amica seguita dallo sguardo dell'uomo.



--------
--------
--------
Angolino autrice

Buona quasisera a tutti!
Come al solito vorrei ringraziare tutti quelli che leggono, seguono in qualche modo e recensiscono la fanfiction, vi adoro e mi fa davvero piacere che la storia vi piaccia!
Visto che lo inserirò nelle caratteristiche della storia solo dopo aver aggiornato il capitolo, volevo giusto farvi sapere che questa non è una AragornxEowyn, mi atterrò rigorosamente alle coppie decise da Tolkien (a mio parere perfette così xD).
Detto questo, mi scuso per i miei aggiornamenti irregolari, ma ho un sacco di esami da dare e quindi non sempre trovo tempo per scrivere purtroppo. D:
Vi ringrazio ancora per tutto

Halfblood_princess

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3057883