Les entretiens de la Belle et la Bête

di Evee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Rosa ***
Capitolo 2: *** Il Ritratto ***
Capitolo 3: *** La Cena ***



Capitolo 1
*** La Rosa ***



 

Les entretiens de la Belle et la Bête


 

Je suis comme un peintre qu'un Dieu moqueur
Condamne à peindre, hélas! sur les ténèbres;
Où, cuisinier aux appétits funèbres
Je fais bouillir et je mange mon coeur”

Les ténèbres ~ Les fleurs du Mal, Charles Beaudlaire

 

I - La Rose

 

Le campane dalla basilica del Sacré Cœur iniziarono ad invadere coi loro rintocchi le viuzze di tutta Montmartre, sollecitando i passanti a rincorrerli per raggiungere le proprie abitazioni. Con altrettanta puntualità, al loro suono andò ad aggiungersi quello delle serrande dei vari negozi disseminati per il quartiere, oramai private delle ragioni per cui restar aperte. Solo dopo, anche i vari artisti ordinariamente disseminati ai quattro angoli della Place du Tertre si risolsero a smuoversi dalle rispettive postazioni, e ad iniziare a raccogliere dalla strada i propri averi.

Con un sospiro rannuvolatosi nell'aere, monsieur Maurice si drizzò da sedere amareggiato. Per un giorno di troppo avrebbe fatto ritorno a casa con solo quadri rimasti invenduti, e nessun franco per riempirne la dispensa.

O almeno così credeva.

-Affascinante, questo dipinto.- commentò alle sue spalle una voce sommessa, densa di sfumature straniere.

L'anziano pittore si voltò in un sussulto, scoprendo a poca distanza da sé l'altera figura di un signore elegantemente ammantato in un oscuro cappotto. Non l'aveva affatto sentito approssimarsi, ma d'altronde il tempo si era ormai portato via con sé impietoso la gran parte del suo udito. E, in un fugace attimo che lo rinfocolò di speranza, s'immaginò di esser finalmente riuscito ad attrarre un facoltoso forestiero con uno dei suoi pittoreschi scorci parigini.

Con suo immenso sbigottimento, invece, lo vide sfilarsi il cilindro dal capo e piegarsi in avanti, indicando con l'elaborato pomello del bastone da passeggio una tela seminascosta, volutamente isolata dalle altre. Dal soggetto modesto e di scarsa attrattiva, non raffigurava che il fusto solitario di una rosa sanguigna, lasciata ad appassire e a sgocciolare i propri petali nella penombra.

-E' per caso interessato al suo acquisto, monsieur?- gli domandò allora, leggermente incerto.

-Forse.- rispose l'uomo, senza neppure distogliere lo sguardo dal dipinto -Saprebbe dirmi chi è il pittore che ne è l'autore?-

-Ebbene, ce l'avete davanti!- gli rivelò Maurice, non senza una punta d'orgoglio -E' di mia creazione, proprio come tutti gli altri quadri che vedete qui esposti. Ma, avendo dimensioni tanto ridotte, gliel'offrirei ovviamente ad un prezzo inferiore...-

Solo allora il suo potenziale acquirente volse il viso verso di lui, le labbra sottili tese in una maniera sferzante, quasi derisoria.

-A dire il vero, gradirei discuterne personalmente con il suo vero autore.-

 

*

 

Quando suo padre rincasò con appresso la lieta novella di aver trovato un compratore per il suo quadro, Bedelia non riuscì a condividerne l'entusiasmo che con un tiepido sorriso.

Quello era l'ultimo dipinto da lei realizzato poco prima che la malattia si portasse via con sé sua madre e, per quanto sofferto, ad esso era legato un ricordo di lei da cui ancora faticava a separarsi. A cederlo ad altri, le sembrava di arrecarle un torto imperdonabile. Come se stesse cercando un espediente per cancellarne dalla memoria la scomparsa, la cui mancanza ancora avrebbe dovuto affliggerla.

Tuttavia, neppure poteva perseverare a lungo, nel vivere all'insegna del passato. Al suo tempo presente, la sempre più stringente economia cui era quotidianamente costretta consigliava di non lasciarsi sfuggire una simile occasione per rimpinguare le casse domestiche. Dal resoconto che suo padre le aveva fatto, il professor Fell sembrava una persona distinta e cortese ma, più di tutto, alquanto benestante. Verosimilmente non sarebbe riuscita ad ottenere da lui che una somma modesta, però più che sufficiente ad acquistare un po' di legna per l'inverno.

Pertanto, il giorno seguente Bedelia indossò il più elegante -nonché unico- dei suoi tailleur, raccolse sottobraccio l'ambito dipinto e s'incamminò alla volta dell'indirizzo che le era stato fornito.

Per sua fortuna, non fu costretta ad un tragitto troppo tortuoso: la residenza del professor Fell era situata poco distante dalla sua. Si trattava solo di risalire Montmartre fino alla sua parte più sopraelevata, dove si stendevano i filari delle vigne e le residenze dei più fortunati, che potevano avvantaggiarsi di uno dei migliori panorami di Parigi.

Aiutata da un paio d'indicazioni, individuò con prontezza la via da lei ricercata e gli ampi, articolati cancelli di ferro battuto che si frapponevano alla sua destinazione. Tuttavia, prima di varcarne l'ingresso si trattenne per alcuni respiri, intimidita dalle dimensioni della dimora che lasciavano intravedere, di parecchio superiori a quanto la sua fantasia si fosse prefigurata.

Quella che le si stagliava innanzi, era un'enorme villa padronale in stile tardo-gotico, sviluppata su due piani ed innalzata dalla coppia di torrioni simmetrici che ne ornavano all'estremità le ali. La sua facciata era imbrunita di mattoni a vista, intervallati dalle vetrate e dall'edera che l'arrampicava selvatica, fino a confondersi con le sommità dei salici ad essa circostanti. Non erano abbastanza per potersi definire un parco, ma il vasto giardino all'inglese antistante la residenza ben ne reggeva il confronto, e contribuiva a collocarla in una dimensione fortemente aristocratica, quasi favolistica. Così estranea alle borghesi architetture cittadine tra cui era inserita, e che lei era avvezza frequentare.

Con la mano libera, Bedelia si rassettò nervosamente l'orlo spiegazzato della giacca, per poi disciplinare dietro all'orecchio una ciocca di capelli, che dell'aria inopportuna le aveva scomposto dallo chignon. Recuperata così tutta la sua sicurezza e la calma occorrente, andò a farsi annunciare.

 

*

 

Le dita che danzavano flessuose sui tasti del pianoforte e la mente trasportata dalle suggestioni, Hannibal neppure s'accorse delle voci nell'atrio del suo maggiordomo e dell'ospite di cui era in attesa, appena ricevuta sulla soglia di casa. E nemmeno la vide, quando questi l'invitò a raggiungerlo nel salone ed ella si unì a lui oltrepassandone le porte, giacché stava tenendo gli occhi socchiusi, per meglio ricordare quelle note che avrebbero altrimenti perso in sentimento, a ricavarle da uno spartito.

Cionondimeno, ne indovinò all'istante la presenza dalla speziata fragranza di cui era profumata, diffusasi ovunque nell'ambiente in agrodolce connubio con la sua melodia.

L'accompagnò in silenzio fino alla conclusione del pezzo, e si trattenne persistente quand'anche lui riaprì le palpebre, per riscontrare quell'immagine della sua proprietaria che già era riuscita a suggerirgli. Ne incontrò dunque subito gli occhi cerulei, intenti ad osservarlo dal divanetto in raso su cui si era graziosamente adagiata, in compagnia di un dipinto intelato ed appoggiato accanto a sé.

Come aveva sospettato ed il suo modesto abbigliamento gli andava confermando, Bedelia Du Maurier era una donna di umili natali, eppur dotata di quell'innata classe che pareva contraddistinguere ogni parigina, a prescindere dal ceto d'appartenenza. L'orlo della gonna aveva l'aria di esser stato da lei rammendato più e più volte, ma l'aveva adattato alla moda del momento, accorciandolo sul davanti a sfoggiare la punta dei rocchetti che calzava ai piedi. E portava i suoi eterei capelli dorati dietro alla nuca, raccolti in maniera impeccabile. In un'acconciatura fors'anche troppo rigorosa, per i suoi anni... Era una giovane avvenente ed ancora in età da marito, ma di una serietà talmente prematura da mortificarne la bellezza con evidenza quasi premeditata. Teneva infatti costretto il suo corpo in un abito scuro, dal taglio severo e che non rendeva affatto onore alle sue forme femminee. Inoltre, la posa dignitosa che aveva eretto quale proprio baluardo, con le spalle ben dritte e le mani impegnate in grembo, ne rendeva a dir poco impenetrabile l'algida espressione.

Delle difese così irriducibili che appena sbatté le ciglia, all'incontro col suo sguardo analitico. Lo sostenne anzi con fierezza, studiandolo di riflesso. Almeno finché lui non decise d'interrompere quell'intangibile contatto, per sollevare le mani dalla delicata tastiera in avorio e riporla nel suo lucido coperchio di faggio.

-Vogliate perdonarmi per l'attesa, mademoiselle Du Maurier.- si scusò nel mentre, per non farle il ripetuto sgarbo di distogliere da lei l'attenzione -Disdegno la scortesia, ma avrei commesso un torto ancora più imperdonabile a Wagner, se avessi lasciato incompiuta la migliore delle sue sonate.-

-Ed io mi sarei resa colpevole di uno sgarbo davvero scortese, ad interromperla.- si sentì rispondere, con una gradevole pacatezza ed un tono privo d'affettazione -Non mi reputo abbastanza esperta per osare giudizi in termini altrettanto assoluti, ma posso comunque dirle che la sua è stata l'esibizione migliore cui mi sia mai capitato di assistere.-

Le labbra di Hannibal si piegarono dal compiacimento, e si levò da sedere per approssimarsi ed accoglierla come l'etichetta conveniva. Lei rispecchiò il gesto, seppur ricambiando il sorriso con palese forzatura.

-La ringrazio per l'onestà nel suo apprezzamento. Essendomi trasferito qui a Parigi solo da pochi mesi, non ho avuto molte occasioni di allietare un pubblico differente dal mio maggiordomo. E la sua indubbia fedeltà lo rende nelle opinioni ben più incline alle lusinghe che alla schiettezza.- le rivelò nel prender posto sulla sua poltrona in pelle, esattamente di fronte a lei.

Mademoiselle Du Maurier rimase rigidamente in piedi finché non si fu seduto, dunque tornò sul divanetto color borgogna ed alla sua precedente posizione statuaria.

-Credo di poterla comprendere appieno, in questo. E' per me un evento altrettanto raro, che qualcuno apprezzi uno dei miei quadri.- gli replicò con prontezza, portando subito il discorso alla ragione del loro incontro.

Hannibal ne rimase sorpreso. Piacevolmente sorpreso. Le varie dame con cui aveva finora avuto modo di colloquiare non si erano mai lasciate sfuggire gli accenni alle sue affascinanti origini straniere, ed avevano sempre colto l'opportunità per prolungare la conversazione con domande civettuole, sprezzanti della sua riservatezza. Si era scordato che mademoiselle Du Maurier non era per nulla avvezza a quelle nobiliari chiacchiere da salotto, e che non aveva affatto accettato il suo invito perché lo reputava un valido partito, ma solo un buon acquirente. Il loro sarebbe stato un colloquio d'affari, non di piacere.

Stava bene.

-L'arte è la mia prima ragione di vita, mademoiselle. Riconoscerla nelle opere altrui, il mio mestiere.- le spiegò, lisciandosi con simulata noncuranza una piega dei pantaloni -E a prescindere dalla mano che ne vada rivendicando il merito con la propria firma.-

Lanciò l'ambigua insinuazione con malizia, una stoccata sufficientemente diretta perché l'acume di lei potesse coglierla ed il suo onore le impedisse di sottrarsi ad essa.

-Non biasimi mio padre per aver cercato di trarvi in inganno, monsieur Fell. Sono stata io, a suggerirgli l'idea.- ammise allora la giovane donna, e senza un'ombra d'imbarazzo -Purtroppo, i più non riescono come lei a valutare la pittura femminile senza troppi pregiudizi.-

Gli occhi di Hannibal si portarono nuovamente nei suoi, luccicando divertiti.

-In tutta sincerità, mademoiselle Du Maurier, ritengo che nell'accostare i vostri quadri con quelli di un banale artista di strada abbiate più da perderci che da guadagnarci.- commentò, astenendosi per pura buona creanza di esternare appieno quanto considerasse dozzinali le opere del padre -Certo, la vostra tecnica è alquanto migliorabile, tuttavia possedete un gusto sorprendentemente avanguardistico... Decadente, persino.-

Le morbide labbra che la donna già teneva strette fremettero, serrandosi in una morsa a dir poco ostile.

-Suona più critica che positiva, come definizione.- osservò caustica.

Si era offesa, comprensibilmente. D'altronde, i cosiddetti intellettuali che amavano dar sfoggio di sé al Salon l'avevano appositamente coniata in accezione dispregiativa.

-Non per me.- la rassicurò Hannibal, scuotendo la testa ed appianando la conversazione su toni nuovamente cordiali -Reputo che il decadentismo sappia esprimere una visione del mondo così estranea al pensiero comune, da risultare ben più autentica di qualunque presunto, ipocrita realismo.-

Questa volta, fu lei a muovere il capo in segno di diniego.

-Mi andate attribuendo doti che che non mi appartengono, monsieur Fell. Dopotutto, non ho fatto che dipingere una natura morta...- tentò di schermirsi.

Hannibal non poté trattenersi dall'inarcare un sopracciglio, con fare scettico ed intimamente beffardo.

-Davvero, si è trattato solo di questo?- le domandò provocatorio -Perché non una rosa appena colta, allora? O un intero vaso di fiori...?-

-Se così avessi fatto, non sarei stata fedele a quanto i miei occhi avevano dinnanzi.- obiettò lei, quasi con ovvietà -Possedevo quell'unica rosa, che già stava appassendo. Fingere di non vederlo, sarebbe stato come ignorare l'impotenza degli uomini allo scorrere del tempo, e l'intrinseca solitudine delle loro vite.-

Hannibal annuì, appagato da quella risposta. Era proprio ciò di cui anche lui era convinto, e che aveva percepito non appena aveva intravisto di sfuggita la sua rosa morente, lasciata ad agonizzare sul ciglio della strada. Un'immagine così visceralmente densa di macabre suggestioni, che ne era rimasto all'istante conquistato. Bisognoso di comprendere le ragioni che avevano indotto un'altra anima ad incupirsi quanto la sua, e fino a che punto quell'apparente somiglianza potesse svelare una ben più intima affinità. Ancora era prematuro giungere ad una simile conclusione, poiché l'esperienza gli aveva insegnato quanto fosse facile sprecare un potenziale latente, se non correttamente disciplinato. Cionondimeno, mademoiselle Du Maurier aveva al momento confermato le sue aspettative, e dunque destato tutto il suo interesse.

-Precisamente. E non potevate raffigurarne la caducità in una maniera più appropriata.- l'elogiò sentitamente.

Dunque si levò nuovamente in piedi, incapace di trattenere la frenesia che l'aveva assalito repentina. La sfogò intrattenendo le proprie gambe in una breve passeggiata, che lo condusse finanzi alle finestre e a scostare il pesante broccato che ne incorniciava i bordi. Ponendosi in una posizione di vantaggio, che gli consentisse di nascondere la propria eccitazione e di curare al contempo il contegno della sua interlocutrice, ben riflesso sulla superficie del vetro.

La donna rimase immota per alcuni istanti, in attesa. Finché l'impazienza non la spinse a parlare, tornando alla questione che più le stava a cuore.

-Dunque, ne devo dedurre che acquisterete il mio dipinto?- gli chiese, diretta e pragmatica.

Hannibal si prese giusto un secondo di ponderazione, prima di risponderle.

-Sì, ma non quello che avete con voi.- le annunciò, volgendosi di nuovo a guardarla -Desidero commissionarvi un ritratto.-

La notizia giunse così inattesa, che neppure col suo freddo autocontrollo mademoiselle Du Maurier riuscì a riceverla senza spalancare gli occhi dallo stupore. Ma lo riguadagnò presto, seppur con un lieve rossore che continuò a turbarne il candido incarnato in prossimità delle gote.

-Se è così, temo proprio di doverla deludere, monsieur Fell.- lo disattese con preclusiva fermezza -Non ne dipingo uno da troppi anni, ormai...-

Stava cercando di sottrarsi alla proposta con una risposta perentoria ed il suo sguardo più risoluto, ciononostante ad Hannibal non sfuggì il tono amareggiato con cui pronunciò quelle ultime parole, rimaste sospese dal rammarico. Non doveva che far leva su quello, per convincerla come inconsciamente anche lei gli stava chiedendo di fare.

-Quale miglior pretesto per ricominciare, allora...- affermò, sfoggiando un sorriso tentatore -Le assicuro che per me non rappresenta affatto l'inconveniente che pensa. Anzi, sono proprio curioso di scoprire ciò che riuscirà a vedere in me, madamoiselle Du Maurier.-

 


N/A - H^o^la!
Complice il connubio tra l'hype che mi era salito guardando i primi trailer della terza stagione e la fiaba che mi è stata assegnata al contest cui partecipo, ho deciso di fare la mia prima apparizione nel fandom con una storia. Tra l'altro, è anche la mia prima AU. Ed è pure una long. Credo che la motivazione dietro ad una simile scelta si possa riassumere in una sola parola... Masochismo. *ride per non piangere*

Vabbeh, bando alle ciance e veniamo al merito della storia. Innanzitutto, il perché del contesto è piuttosto semplice: la fiaba della Bella e la Bestia è stata scritta da madame Barbot de Villeneuve, ed il cognome della cara Bedelia ben si prestava ad un'ambientazione francese. Secondo, a Montmartre ci sono stata personalmente e la fine dell'800 era il clima culturale ideale in cui inserire il buon Hannibal. Per lui, invece, ho preferito lo pseudonimo fiorentino che meglio si adattava ai suoi interessi in campo artistico.
Per il resto, per la trama ho voluto prender spunto da vicende, topoi e dialoghi della versione Disney della fiaba e delle prime due stagioni delle serie. Sono troppi per perdermi in elenchi superflui, dunque lascio a voi tutto il divertimento di individuarli.
Da ultimo, preciso solo che il brano suonato da Hannibal è la sonata per pianoforte in A flat, WWV 85 di Richard Wagner, compositore piuttosto influenzato dalla corrente del decadentismo. Se avete la curiosità, potete ascoltarla qui.
Chiudo ringraziandovi tantissimissimo per la lettura, e dandovi appuntamento al prossimo aggiornamento. Se per ingannare l'attesa avrete pure il cuore di lasciarmi le vostre prime impressioni, renderete quest'umile scribacchina una fanwriter felice.
XOXO

Evee

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Capitolo 2
*** Il Ritratto ***


II - Le Portrait

 

La porta della piccola bottega sita all'estremità di rue Tardeu venne aperta con una lieve spinta, lasciando penetrare i primi freddi dell'autunno ed i passi ritmati della sua cliente più abituale.

-E' permesso?- chiese in giro, provando a richiamare su di sé l'attenzione del titolare, momentaneamente assente alla vista.

Le giunse in risposta una voce maschile dal retro, a preannunciare il suo arrivo. Poco dopo, un giovane uomo dal fisico robusto e dalla carnagione olivastra fece la sua affannosa comparsa dietro al bancone. A dispetto delle apparenze, l'aveva abbandonato giusto un attimo prima, poiché aveva previsto l'apparizione della sua bella Bedelia sin già da quando l'aveva scorta oltre la vetrina, mentre si richiudeva alle spalle la porta di casa e faceva per dirigersi alla volta del suo negozio. Impeccabile come sempre, a differenza delle sue mani sporche di china e del suo usurato camice da lavoro. Nonostante il tentativo di ripulirle per tempo, le prime erano rimaste irrimediabilmente imbrattate, ma quantomeno era riuscito a migliorare il suo aspetto sfilandosi il secondo.

-B... buon giorno, Badelia.- balbettò imbarazzato -Mi scusi, non intendevo farla attendere.-

Lei gli sorrise gentilmente, rassicurandolo.

-Nessun disturbo, Gaston. Anzi, spero di non averla distolta da nessuna incombenza importante...-

-Nulla che non possa attendere.- mentì spudorato -Cosa posso fare per lei, oggi?-

La donna però distolse lo sguardo dal suo, guardandosi attorno distrattamente.

-Desidero acquistare una tela.- gli comunicò poi, quasi in un sussurro.

-Certamente.- assentì lui, avvicinandosi sollecito agli scaffali -Delle solite dimensioni?-

La ritenne una domanda quasi retorica, quella che le pose: Bedelia si recava da lui ad acquistarne una per il padre quasi ogni settimana, e sempre della medesima misura. Tanto che aveva già recuperato per lei una tela simile, prima ancora che potesse rispondergli.

-Ecco... in realtà non saprei.- lo frenò però la donna quando fece per porgergliela, guardandola con incertezza -E' per un ritratto.-

Al che Gaston abbassò le mani, leggermente disorientato.

-Oh. Monsieur Du Maurier ha deciso di abbandonare i suoi paesaggi?-

-No, in verità.- l'interdisse nuovamente Bedelia, mordendosi leggermente il labbro inferiore -Sarò io, a dipingerlo. Me ne è stato commissionato uno da un certo monsieur Roman Fell... Lo conoscete? Abita da pochi mesi la villa in rue des Saules...-

-No, desolato...-

-Capisco.- commentò piano lei, per poi eludere ogni sua ulteriore domanda ritornando subito all'argomento precedente -Ad ogni modo, suppongo che desideri un ritratto spazioso quanto la sua abitazione... Potrei vedere una tela più ampia?-

Gaston provvide a mostrargliela come da richiesta, e questa volta riuscì a soddisfarla. Tuttavia, quando gliel'ebbe incartata e la donna aprì il proprio portamonete per pagarne il prezzo, la vide a disagio. Ed iniziò a ritrattare la sua scelta. Ma lui intuì in fretta che il vero problema non erano le dimensioni, ma soltanto il maggior costo: dall'incremento della sua clientela aveva apprezzato appieno quanto la concorrenza parigina rendesse sempre più difficile per i pittori vivere di sola arte, ed immaginava che la famiglia Du Maurier non facesse eccezione. Per questo, decise di regalarle quella tela. Come buon auspicio, le disse.

Bedelia, in cambio, gli fece dono di un sorriso.

 

*

 

Per la seconda volta in due giorni, Bedelia si ritrovò a stringersi al petto una tela dinanzi alla maestosa dimora seicentesca di rue des Saules, attanagliata da una sgradevole sensazione d'inadeguatezza. Se, tuttavia, nel corso della visita precedente era stata la scarsa familiarità con le atmosfere del luogo ad averla posta in difficoltà, a metterla tanto a disagio ora era quella che aveva col suo proprietario.

Imperscrutabile, ecco come le era parso il professor Fell. Accuratamente rivestito di un manierismo che si era cucito addosso alla perfezione, come una seconda pelle, e che le rendeva pressoché impossibile distinguere nelle sue parole la cordialità dalla malizia, la complicità dalla derisione. Relazionarsi con lui l'affaticava. E temeva che, una volta in sua presenza, non sarebbe riuscita a controllare abbastanza le loro dinamiche da poterne dipingere il ritratto con la dovuta serenità, così come aveva fallito miseramente nel tentativo di vendergli il suo quadro.

L'avrebbe saputo solo incontrandolo ancora, supponeva.

Fattasi coraggio, Bedelia avanzò oltre gli ormai familiari cancelli e si avviò a testa alta lungo il viale d'accesso. Riuscì a destreggiarsi nonostante i tacchi sulla ghiaia e la scalinata, e raggiunse indenne l'austero portone dell'abitazione. Si annunciò suonando il campanello, dunque rimase ad aspettare l'apertura dei battenti osservandone le fattezze leonine, indecisa se condividerne o meno il gusto. Non ebbe però modo di pervenire ad alcun giudizio definitivo, perché la loro vista venne in breve sostituita da quella del maggiordomo già scorto il giorno prima, rimasto tanto affettato quanto sollecito.

-Buonasera, mademoiselle.- la salutò con un inchino -Prego, si accomodi pure. Il padrone la sta aspettando nel salone.-

Con un cenno, la scortò dalla vastità dell'atrio all'ambiente sfarzoso ad esso adiacente. Giacché non aveva sentito alcuna musica provenire da quella direzione, immaginò che il professor Fell non l'avrebbe nuovamente allietata con i suoi virtuosismi al pianoforte. Ed infatti lo scoprì alla poltrona, le gambe accavallate e le pagine di “Le Figaro” ben distese davanti a sé. Un semplice intrattenimento per ingannare l'attesa, comprese, perché come apparve le abbassò subito, interrompendone la lettura. Incatenando gli occhi nei suoi, e facendola sprofondare nelle loro attraenti, tenebrose voragini.

-Eccola, mademoiselle Du Maurier.- l'accolse cordialmente, rivolgendole un sorriso -Ma non c'era necessità che patiste l'ingombro della vostra attrezzatura. Le avrei ovviamente messo a disposizione quelle in mio possesso...-

Bedelia spostò il proprio peso da un piede all'altro, rinsaldando la presa sulla valigetta che aveva portato con sé.

-Per non mancar di nulla ho voluto provvedervi io stessa, monsieur.- ci tenne a giustificarsi.

-Apprezzo la vostra previdenza, ma sono piuttosto certo che avreste trovato tutto l'occorrente ed anche più, nel mio atelier.- la rassicurò lui, ripiegando il giornale sulle ginocchia e sollevandosi per raggiungerla -Venga, glielo mostro.-

Fu così che Bedelia si accodò al seguito del padrone di casa nel risalire l'imponente e regale scalinata che troneggiava sull'atrio, fino a raggiungere una stanza più appartata sita al piano nobile.

Quando vi entrarono, faticò a trattenere il proprio stupore. La sua personale definizione di atelier mal si adattava a quanto aveva attorno, ben più rassomigliante ad una privata sala museale che ai piccoli, confusionari ambienti di lavoro tipici degli artisti. Per quanto avvolte nella penombra, aveva subito trattenuto il fiato nell'accorgersi di come tutte le pareti fossero rivestite di dipinti, talmente ben incasellati da lasciar appena intravedere la tappezzeria bordeaux ad essi sottostante. Mai le era capitato di vederne altrettanti, in un sol colpo d'occhio. Erano così numerosi da aver completamente sottratto spazio al mobilio, che era stato di conseguenza collocato verso il centro della stanza. Il quale annoverava tra i suoi arredi principali due sinuose ottomane, la postazione di un cavalletto ed un'ampia scrivania in mogano. Fu ad essa che si avvicinò il professor Fell, invitandola a verificare di persona che vi fosse tutto ciò di cui potesse sentir l'occorrenza.

Appoggiata la tela e la propria valigetta, Bedelia obbedì alla richiesta. Effettivamente, vantava un considerevole assortimento di pennelli e colorazioni, molte delle quali da lei neppure possedute. Ciò che maggiormente la colpì furono tuttavia alcuni schizzi al carboncino, collocati poco più in disparte. Degli studi anatomici, articolati però con una precisione talmente chirurgica, ed ombreggiati da sfumature così marcate, da apparirle persino grotteschi.

Quasi dei corpi mutilati.

-Il mio piccolo passatempo.- le spiegò il professor Fell, notando come avessero catturato il suo interesse.

-Pur tuttavia, coltivato con estro.- osservò Bedelia, prendendo tra le mani e studiando più da vicino il primo di quei disegni.

Alla sua considerazione, lui socchiuse gli occhi ed accennò la piega di un sorriso.

-Forse, ma comunque troppo limitato per potermi definire un vero pittore.- le replicò, portandosi le mani in tasca e volgendosi a rimirare malinconico i quadri appesi alle pareti -Col tempo ho dovuto rassegnarmi al fatto che la natura mi ha reso incline più a valutare la bellezza di un'opera, che a crearla in prima persona.-

-Dunque non sono vostri, questi dipinti?- gli domandò lei.

-Ne posso soltanto rivendicare l'attuale proprietà materiale, purtroppo.- sospirò rammaricato -Che ne pensate?-

Per potergli rispondere con onestà Bedelia volle prima affiancarlo, e guardare con più attenzione quell'infinito connubio di paesaggi, ricevimenti e battaglie che si succedevano l'un l'altro come le pagine di un racconto. E si poteva sia riassumerle in un solo sguardo, sia leggerle una per una con uguale attenzione: in alto erano state infatti posizionate le cornici di maggiore ampiezza, mentre i dipinti più particolareggiati stavano collocati all'altezza degli occhi, affinché se ne potessero cogliere appieno tutti i dettagli.

-E' una collezione stupenda.- gli confessò infine, profondamente ammirata -Ed un peccato che debba rimanere privata, anziché poter essere apprezzata anche da altre persone.-

-Lo state facendo voi ora, però...- le ribatté prontamente lui, con quel suo caratteristico fare canzonatorio -Comunque, è nelle altre stanze che tengo esposti i quadri cui più sono affezionato. Alcuni li ho portati con me direttamente dall'Inghilterra. Gradite vederli?-

Bedelia accettò di buon grado. Amava il romanticismo della pittura inglese, ma era riuscita ad rimirarla personalmente solo una volta, nei pochi esempi esibiti per i corridoi del Louvre; dunque per lei quella rappresentava l'irripetibile opportunità di poterne vedere altri da vicino, beneficiando per lo più di una guida esperta qual'era appunto il professor Fell.

Inoltre, durante le varie tappe di quel loro piccolo tour per la magione ebbe modo di ottenere maggiori informazioni anche sul suo conto. Scoprì infatti che prima di giungere a Parigi aveva viaggiato per la Germania e trascorso oltre un anno in Italia, come curatore di un museo fiorentino. Successivamente, per mezzo dei contatti ottenuti grazie a quell'esperienza, gli era stato proposto un ben più prestigioso incarico all'Accademia di Francia, presso cui era tuttora impiegato.

Di più non ebbe occasione di chiedergli, giacché trascorsero la gran parte del tempo a discorrere d'arte. Ovviamente non poteva neppure sperare di riuscire a confrontarsi con lui alla pari sull'argomento, ma la conversazione scivolò via piacevole nell'alternare le di lei impressioni alle accurate spiegazioni del professore. Tanto che Bedelia venne scossa da un sussulto, quando la pendola dello studio in cui si erano spostati prese a battere le nove. L'ora per cui si erano quotidianamente accordati d'incontrarsi, era già trascorsa.

E lei neppure aveva collocato la tela sul cavalletto.

-Temo si sia fatto tardi...- mormorò, mordendosi leggermente le labbra.

-Non si preoccupi, non intendo trattenerla oltre. Avremo modo di dedicarci al mio ritratto domani, con tutta calma.- la tranquillizzò il professor Fell, precedendola all'esterno dello studio -Inoltre, questa era l'ultima delle stanze che ancora avevo da mostrarle.-

-Eccettuata quella corrispondente, nell'ala ovest.- si ricordò Bedelia, accennando alla porta che si intravedeva sul lato opposto del corridoio.

-Ho preferito risparmiargliene la vista, essendo del tutto spoglia ed in completo disuso.- si giustificò lui con noncuranza, richiudendo intanto l'uscio alle loro spalle -In realtà mi rincresce immensamente dover abbandonare parte di questa splendida villa alla polvere, ma ancora non ho trovato per essa alcuna destinazione. E la mia governante è ben felice di farsi carico di un ambiente in meno, nel corso delle sue pulizie mattutine.-

-E' effettivamente un'abitazione molto ampia, per un'unica persona.- commentò lei, per poi azzardare un pensiero addietro formulato -Deve sentirsi solo.-

Monsieur Fell confutò l'affermazione con un distratto cenno della mano.

-Non particolarmente. Dopotutto, col mio lavoro a tenermi impegnato non mi ci trattengo che per poche ore al giorno. E preferisco dedicarmi ad esso, anziché alla ricerca di matrimoni per cui non ho mai sentito alcuna necessità economica, o personale attrattiva.- le spiegò, facendo una breve pausa prima d'osare a sua volta una considerazione personale -Ma visto che neppure lei è sposata, immagino condivida lo stesso punto di vista.-

-Solo in parte.- fu costretta ad ammettere, seppur omettendo di rivelargli quanto sarebbe stata invece desiderabile per la sua famiglia un'unione di convenienza -Vado gelosa della mia indipendenza, tuttavia a volte mi chiedo se non valga la pena rinunziarvi, pur di avere dei figli miei. Una discendenza. Lei no?-

-Io mi proietto nel futuro solo fino a quella che immagino sarà la mia morte. Non penso mai di vivere oltre questo arco di tempo, se non per la mia reputazione.- gli rispose lui, pacato.

Bedelia gli rivolse un'occhiata fugace, cercando di leggere la sua espressione. S'accorse che si era fatta distante, benché non si riuscisse ad intravedere in quale luogo o tempo fosse andata a concentrarsi.

-Trascorre molto tempo a pensare alla morte in generale, da quanto ho avuto modo di notare.- le sfuggì dalle labbra, quasi ancor prima di formulare quel pensiero nella sua mente.

Il professor Fell, però, non rispose all'osservazione. Si limitò a sostare sul posto, per guardarla un attimo con aria ambigua. Dunque distolse da lei gli occhi, e riprese a scendere le scale. Nascondendole solo in parte l'ombra di un sorriso.

 

*

 

-E' certa di voler tornare a casa da sola, madamoiselle Du Maurier? Posso ancora domandare a Lumière di preparare per voi la carrozza...-

La giovane donna si fermò allora oltre allo stipite, inclinando di poco il capo verso di lui.

-Non disturbi inutilmente il suo maggiordomo, monsieur Fell.- rifiutò nuovamente, infilandosi frattanto i propri guanti con aggraziata nonchalance -La via in cui abito è troppo stretta e scoscesa per qualunque diligenza.-

-Potrebbe comunque risparmiarle la fatica di raggiungerla.- obiettò lui.

-Si tratta solo di pochi minuti a piedi.- replicò lei, scuotendo la testa con ritrosia -Davvero, non è necessario che si senta in dovere nei miei confronti...-

Hannibal assottigliò su di lei lo sguardo, fattosi più serio.

-Infatti mi sento protettivo, verso di lei.- volle precisare, con voce ferma ed indurita -Non è sicuro per una signora avventurarsi da sola per le strade, dopo il calar del sole.-

Lei, tuttavia, non parve lasciarsi impressionare dalle sue allusioni. Anzi, inarcò scetticamente le sopracciglia, per poi rispondergli a tono.

-Ciascuno di noi ha l'intrinseca responsabilità della propria vita, monsieur Fell... Nessun altro.-

E, detto questo, madamoiselle Du Maurier si accomiatò definitivamente da lui.

Hannibal rimase sull'uscio ad osservarne intrigato la figura, fin quando non scomparve oltre i cancelli della sua residenza. Poi, s'inumidì le labbra.

Ammirava la fierezza di quella donna, ma non poteva neppure immaginare quali pericoli andassero celandosi nei meandri delle tenebre.

 

*

 

Sulla strada del ritorno, Bedelia si scoprì gravata da un inusuale senso d'apprensione.

Le ultime parole scambiate con il professor Fell l'avevano scossa ben più di quanto avesse dato ad intendere, e persino più di quanto lei stessa potesse sulle prime accorgersi. Perché, dopo soli pochi passi compiuti nella solitaria compagnia della propria ombra, il palpitare nel suo petto aveva già preso ad affannarle il respiro in gola, e a confondersi con l'assordante scalpiccio dei suoi tacchi sull'acciottolato. Impedendole di discernere quali fossero i suoni che le rimbombavano effettivamente dentro, e quali stessero invece echeggiando nel silenzio a lei circostante.

Impedendole di capire se ci fosse anche un'altra persona, intenta a camminare alle sue spalle.

Un brivido gelido le serpeggiò lungo la spina dorsale, irrigidendole le membra ed inducendola a chiudersi ancor più in avanti con le spalle. Non per il subdolo insinuarsi del freddo tra le leggere fibre delle sue vesti, ma per il ricordo angosciante di una notizia udita proprio quel giorno, di ritorno dal mercato.

Non era affatto sua consuetudine prestare orecchio a simili voci, tuttavia era ormai più di un mese che i giornali andavano riportando dei corpi dispersi di alcune giovani prostitute, occasionalmente rinvenuti scempiati nei vicoli più bui del quartiere. In realtà, un fatto piuttosto frequente: era fin troppo risaputo quanto tra i rischi del loro mestiere non fosse da annoverarsi solo lo stupro, ma anche l'assassinio. Tuttavia, era proprio la modalità con cui quest'ultimo veniva consumato ad aver persuaso la polizia parigina che non fosse, come di norma, da addebitarsi ad un qualche sbandato, troppo ubriaco per intendere il senso delle proprie azioni. Reputava si trattasse, semmai, dell'operato ben pianificato e costante del medesimo uomo.

O, come era stato dai più soprannominato, della “bestia di Montmartre”; poiché in un essere capace di privare della vita i propri simili, sventrarli con le sue stesse mani ed appropriarsi del loro cuore quale trofeo, si è di certo perduta per sempre ogni traccia di umanità.

Così, pur nella consapevolezza di non rientrare nella categoria di vittime da lui prescelta, Bedelia scelse di tornare verso casa per una via forse più lunga, ma ben distante dalla zona usualmente animata dagli avventori del Lapin Agile e del Moulin de la Galette. Un scelta prudente, e che confidava l'avrebbe sia tenuta al riparo da brutti incontri, sia da ulteriori, inutili preoccupazioni.

Cionondimeno, le sue gambe accelerarono il passo.

 


N/A - H^o^la!
Rieccomi qui con il secondo capitolo. In sé non è molto denso d'avvenimenti, ma era indispensabile per disporre sul tavolo tutte le carte prima d'iniziare a giocarle. Nel prossimo capitolo le entretiens tra Bedelia ed Hannibal si faranno più numerose e decisive... A tal proposito, ne approfitto per precisare che se per esse ho scelto un'ambientazione serale non è stato solo perché più tenebrosa, ma perché anche nella fiaba originale Belle incontra la Bestia tutti i giorni, e sempre alle 9 di sera.
Detto questo, vi ringrazio per la lettura e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento. Commentino?
XOXO

Evee

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Capitolo 3
*** La Cena ***


III - Le Dîner

 

Sul finir della giornata successiva, quando la luce lattiginosa dei lampioni a gas già aveva iniziato a vagheggiare le ombre della sera, Bedelia si recò nuovamente presso la residenza di rue des Salices.

Ancora una volta, il suo proprietario si dimostrò un ospite più che squisito per l'intera ora che trascorsero assieme. Nonché una persona così refrattaria alla noia, da esser sempre alla costante ricerca di attività abbastanza stimolanti da poter soddisfare il suo acume intellettuale. L'aveva infatti trovato in biblioteca, immerso nella lettura di un testo di Beaudlaire. Scrittore di cui lui era un grande estimatore, ma che lei conosceva soltanto di reputazione, per i numerosi processi e censure cui le sue opere erano state sottoposte anni prima dalla stampa parigina. Così, il professor Fell si offrì volontario per colmare la sua lacuna in materia: recitò per lei alcuni componimenti, gliene spiegò la poetica di fondo e le insegnò a riconoscerne le caratteristiche in quelli successivi, fino a permetterle di discuterne ampiamente assieme.

E, ancora una volta, scoccarono le nove senza che lei nemmeno fosse riuscita a prender tra le mani il pennello.

Quando la circostanza andò a ripetersi per un terzo giorno, la giovane pittrice ne rimase alquanto frustrata. Abbastanza da decidere d'assumere una qualche iniziativa, che potesse interrompere quel circolo vizioso. Nonostante ne apprezzasse la compagnia, non visitava certo il professor Fell per farsi intrattenere da lui con uno dei suoi eclettici, infiniti interessi artistici, ma per adempiere ad un suo incarico e guadagnarsi da vivere.

Ma se preferiva dedicarsi alle prime anziché farle da modello, non le lasciava che costringerlo lei stessa a mettersi in posa.

Pertanto, quando la volta seguente venne accolta all'interno della sua residenza dalle note danzanti di un pianoforte, e sollecitata da monsieur Lumière a raggiungerlo nel salone, Bedelia declinò l'invito. Comunicò al buon maggiordomo che avrebbe atteso l'arrivo del suo padrone direttamente nell'atelier, si voltò verso la scalinata e vi si diresse risoluta.

Aveva giusto ultimato l'imprimitura della tela, quando il professor Fell si decise ad andarle incontro.

Anche quel giorno non aveva mancato di conservare immutato ogni dettaglio del suo stile, ricercato con minuzia. Dalla lucida punta dei mocassini ai capelli ben pettinati all'indietro, non c'era appunto che gli si potesse muovere. Se non, forse, quello della vanitosa ed eccessiva ostentazione che andava palesando nel vestire un completo sempre differente, nel prediligere gilet intessuti di barocchi arabeschi, nell'annodare riccamente il colletto inamidato della camicia. Ad enfatizzare i tratti appuntiti del mento e degli zigomi già affilati, fino a risultarle persino taglienti. Supponeva fosse per questo, se faticava tanto a scorgere l'avvenenza del suo viso, e l'intimoriva d'inconscia inquietudine.

Esattamente come avvenne per quell'istante dilatato, in cui i loro occhi si incrociarono e lo sguardo penetrante di lui parve quasi trapassarla, vivisezionarla pur di raggiungere ogni suo recondito pensiero.

-Credevo mi avreste raggiunto nel salone.- osservò, distaccato nelle parole quanto pungente nei sottintesi.

Bedelia strinse le labbra, altrettanto contrariata.

-Credevo di essere qui in qualità di sua ritrattista.- obiettò, cogliendo l'occasione per rivolgergli un'implicita richiesta di spiegazioni per quelle continue distrazioni con cui cercava sempre di distoglierla dai suoi compiti.

-Ed infatti è così.- la rassicurò lui, con la sua tipica aria sardonica -Non avrebbe modo di dipingere una rappresentazione più veritiera, approfondendo la mia conoscenza?-

-Finora ho avuto occasione di esser messa a parte più dei suoi interessi che di lei, monsieur Fell.- trovò il coraggio di fargli presente Bedelia, seppur evitando il suo sguardo nel concentrare il proprio sui colori da mescolare sopra la tavolozza -Ma per conoscere davvero una persona serve condivisione interiore... richiede fiducia. Che lei non concede facilmente.-

Il professor Fell si limitò ad abbozzare un sorriso, andando a prender posto sull'ottomana posizionata di fronte a lei. Accavallò le gambe ed appoggiò un braccio all'indietro, fino a reclinare leggermente il busto. Dato che l'illuminazione nella stanza non era data che da un fioco lampadario, la sua figura andò parzialmente a confondersi con la penombra lungo le pareti, ed i suoi vestiti con il raso che rivestiva il divanetto. Soltanto il viso ancora rivolto verso di lei era chiaramente distinguibile, tratteggiato con pesanti chiaroscuri. Ed i suoi occhi, mai le erano parsi tanto bui. Come se avessero appena trovato l'elemento loro più affine, ed immergendosi nell'oscurità riuscissero a catturare ogni luccichio riflesso fino a spegnerlo. Annullarlo nella loro stessa essenza.

-Faremo a suo modo, allora.- le annunciò, conclusa quella sua pausa di riflessione -Ci limiteremo a conversare mentre lei è all'opera... Così avremo modo di parlare di me soltanto e, se sono aperto ed onesto come so di essere, raggiungere senz'altro una maggiore confidenza.-

Bedelia inclinò lateralmente il capo, studiando con diffidenza l'uomo che aveva innanzi. Cercando inutilmente di disvelarne le reali intenzioni, celate dietro quell'aria di ostentata trasparenza. Perché il professor Roman Fell era indubbiamente una persona colta, beneducata e di raffinatissima classe... Che, a differenza di tanti altri uomini, non andava a sfoggiare un simulato, vanesio travestimento della propria apparenza, ma si mascherava della sua stessa identità. E, solo allora, la giovane pittrice comprese che il suo cliente non le stava affatto chiedendo un ritratto qualunque. Le stava lanciando una sfida a scoprire proprio quella sua parte più nascosta, la cui presenza era da subito riuscita ad intuire.

Socchiuse le palpebre, sospirando tra sé.

-Mi auguro che alla fine il vero lei ottenga ciò che desidera.-

 

*

 

Durante l'ora successiva, Bedelia riuscì a destreggiarsi nei dialoghi col professor Fell abbastanza da arrivarne a tratteggiarne il profilo, ed iniziare l'ombreggiatura dello sfondo. Poi i rintocchi dell'orologio l'informarono che era giunto per lei il momento di poggiare la tavolozza, riporre il pennello e ripulirsi le mani col proprio fazzoletto, lasciando il lavoro compiuto ad asciugare ed il suo ospite alle rispettive incombenze.

-Madamoiselle Du Maurier, aspetti.- la trattenne però lui, non appena la vide alzarsi -Gradireste onorarmi della vostra compagnia, questa sera a cena? Ho preparato del vitello alla salsa verde, la mia specialità...-

Bedelia sbatté le palpebre e sgranò su di lui gli occhi, incapace di mascherare lo stupore che a quell'invito l'aveva paralizzata sul posto.

-Vi dilettate davvero anche di cucina, monsieur?-

-Soprattutto, di cucina.- le rispose lui, con espressione modesta ma con anche vibrante fierezza d'inflessione -Lo trovo un passatempo incredibilmente rilassante, e quasi una necessità per poter soddisfare appieno le esigenze del mio palato.-

Dunque il professor Fell tacque, in evidente ed ovvia attesa di una risposta che lei ancora aveva da elaborare. O meglio, sapeva perfettamente che doveva esser negativa, ma non sapeva come declinarla senza però anche offendere i sentimenti del suo ospite. Tuttavia non poteva assolutamente trattenersi assieme a lui per cena: per quanto fossero permissivi i costumi inglesi, o comunque quelli di una persona di larghe vedute qual'era il professor Fell, sarebbe stato quanto mai sconveniente per i dettami dell'etichetta parigina che una donna ancora nubile trascorresse la serata con un uomo non sposato, soli nella sua residenza. Non che avesse nulla da temere da una persona così beneducata e da cui, fino ad allora, non aveva ricevuto alcuna avanches esplicita o frase inopportuna, nonostante le occasioni non fossero mancate... Tuttavia, Bedelia proprio non riusciva a scacciare l'istintivo sospetto che quell'invito non fosse stato dettato da una mera, disinteressata cortesia. Ancora una volta, Roman Fell stava cercando di piegare con noncuranza il loro rapporto verso un taglio di cui ancora non scorgeva i contorni, ma che di certo esulavano da quelli meramente professionali in cui lei voleva mantenerlo.

In definitiva, le serviva una scusa. Un pretesto abbastanza valido da permetterle di far ritorno alla propria quiete domestica per consumare un pasto certo ben più frugale, ma altrettanto indubbiamente a lei meno scomodo, dal momento che sarebbe stata nella familiare ed inoffensiva compagnia di suo padre. E, come sulla sua mente si affacciò l'immagine di monsieur Du Maurier, Bedelia trovò con altrettanta prontezza la giustificazione di cui era tanto alla ricerca. Complice un fisico reso cagionevole dall'età ormai inoltrata, da quando erano arrivati i primi freddi l'aveva visto sempre più spesso rincasare dalle sue giornate en plein air tra colpi di tosse e ripetuti starnuti.

Le bastò pertanto descrivere quei suoi semplici raffreddori come un brutto principio di broncopolmonite, affinché monsieur Fell non osasse levare obiezioni sull'assoluta necessità che lei tornasse alla propria abitazione, per prestare assistenza al caro genitore ammalato. Anzi, fu lui il primo a non volerla trattenere oltre. Si diedero l'ormai inutile conferma del loro appuntamento quotidiano, dunque Bedelia fu libera di ripercorrere la strada verso casa.

Ancora una volta, per tutto il tragitto venne tormentata da una fastidiosa sensazione alla base della nuca.

 

*

 

La medesima scena andò a ripetersi ancora, per tutti i giorni a venire. Ogni sera, allo scoccar delle nove, il professor Fell l'invitava cortese alla sua tavola e lei, altrettanto cortesemente, declinava l'offerta in ragione di una sempre più grave polmonite che, oramai, era arrivata a costringere a letto il povero monsieur Du Maurier.

In tutta onestà, Bedelia non riusciva a comprendere il perché di tanta tenacia. Non il desiderio di rifuggire la solitudine, visto che non solo con una posizione sociale così invidiabile avrebbe potuto ricevere un ospite diverso ogni sera, se non uscire nottetempo a coltivare abitudini ben più in linea col suo stile bohemienne, ma soprattutto si era intrattenuta in sua compagnia abbastanza a lungo per comprendere quanto egli fosse selettivo nelle sue frequentazioni, e concedesse il proprio tempo a quelle sole persone che considerasse davvero meritevoli della sua amicizia. Per altro verso, continuava a sfuggirle quale fosse la natura dell'attrattiva che pareva esercitare su di lui, e l'inducesse a cogliere ogni occasione più o meno valida per mutare i connotati del loro rapporto. Da professionale a personale, da sporadico a duraturo.

Peccato soltanto che lei nutrisse ancora alcune riserve, a relazionarsi col professor Fell con quell'intensità di coinvolgimento, e con quella inclinazione per il futuro. Per questo, quando lo vide varcare la soglia dell'atelier nell'atto di reggere un piccolo vassoio dai riflessi platinati, per poi tenderle una tazza fumante di cioccolata calda, Bedelia non poté trattenersi dal corrucciare le sopracciglia in segno di disapprovazione.

-L'ora del tè è già passata da parecchio.- commentò causticamente a bruciapelo.

-Visto che lei continua a rifiutare i miei inviti a cena, ho pensato di servirla in altro modo.- si giustificò lui, prendendo posto dinanzi a lei con la propria tazzina.

La giovane pittrice represse uno sbuffo di esasperazione, e si rassegnò a prendere tra le mani quella cortesia che non poteva più essere rifiutata. In fondo, quello della cioccolata era un lusso che non si permetteva più da anni. Inoltre, la calda sensazione della ceramica sulla pelle, che le solleticava i palmi in corrispondenza delle decorazioni dipinte a mano, in leggero rilievo, le parve sin dal principio altrettanto piacevole. Sorprendentemente, a dispetto dei gusti tutt'altro che modesti del suo proprietario quelle erano piuttosto semplici, quasi anonime. Ciò che più caratterizzava la tazza era semmai la sua stessa fattura, ed in particolare il bordo frastagliato, cui le sue labbra faticarono ad adattarsi, con la stessa cautela con cui si sarebbero poggiate su del materiale scheggiato. E l'odore umido della pittura di cui era impregnato tutto l'atelier andò a mescolarsi con quello vellutato sprigionato dal cacao, così voluttuoso che le permise di assaporarne il gusto ancor prima di averlo effettivamente assaggiato. Denso, esattamente alla temperatura ideale per poterlo bere con piacere senza timore di scottarsi, e per valorizzarne i tratti aromatici. Li giudicò piacevolmente amari, smussati da un inusuale connubio leggermente piccante, che rimase a solleticarle con persistenza la lingua.

-Peperoncino.- le spiegò il professor Fell, cogliendo prontamente dalla sua espressione lo stupore provato ad un sapore tanto esotico -Direttamente importato dal Messico, così come i semi di cacao criollo che vanno ad accompagnare.-

Bedelia accennò un sorriso, non potendosi attendere di meno da una persona così raffinatamente ossessiva.

-Quasi uno spreco, che abbiate attinto alle vostre scorte per me soltanto.- commentò sommessa -Avreste dovuto riservarlo ad altre occasioni, per impressionare palati ben più nobili dei miei...-

-Preferisco condividerlo con qualcuno con cui amo trascorrere il mio tempo, piuttosto.- replicò lui, il tono pacatamente vellutato.

Lei fece passare distratta l'indice lungo il bordo della sua tazza, meditabonda.

-Sto iniziando a chiedermi se non paghi proprio per quello, in effetti.-

Detto questo, incrociò i suoi occhi con quelli più distanti, ma altrettanto fissi del suo interlocutore. Che neppure sbatterono le palpebre, e perseverarono a fissarla apparentemente imperturbati. Eccetto, forse, per un luccichio di malizia, da lei scorto in quello che, più razionalmente, era soltanto il riflesso delle candele.

-Sta insinuando che sono più affascinato dalla donna, che dalla pittrice?-

Bedelia si limitò ad abbassare lo sguardo sulla sua tazza, e a nascondersi dietro gli ultimi sorsi di cioccolata. Una volta svuotata, l'appoggiò sul tavolino per riprendere in mano i suoi pennelli.

Era necessario si mantenessero i confini, dopotutto.

 

*

 

Al tramonto seguente, poco dopo aver varcato in tutta fretta l'uscio della propria abitazione ed essersi accinta a richiuderne i battenti, Bedelia si sentì appellare da una voce profonda, non troppo distante, a lei piuttosto familiare.

Si voltò all'istante, tanto da riconoscerne il proprietario con la vista, prima ancora che con l'udito. Usualmente a quell'ora l'intravedeva oltre le vetrine della sua bottega, ad apprestarsi alla chiusura. Il fatto che l'avesse appena incontrato sulla strada, libero dal camice da lavoro e diretto verso casa, le diede un'ulteriore, sgradita conferma del proprio ritardo.

-Buonasera, Gaston.- lo salutò, cercando di non lasciar trasparire la sua premura.

Il giovane in questione si dondolò appena sulle gambe, in una inconscia manifestazione di timidezza che mal si adattava al suo fisico maturo e robusto.

-Fino a poc'anzi ero convinto che stasera non vi avrei visto, e che aveste finalmente ultimato quel dipinto che ultimamente vi sta tenendo tanto impegnata...-

-E invece sospetto dovrò frequentare la residenza del professor Fell ancora per parecchio, prima che avvenga.- replicò Bedelia, con uno sfuggevole sorriso ironico.

Gaston, tuttavia, non parve condividere il suo divertimento.

-Sa, in questi giorni ho provato a chiedere agli altri miei clienti del suo committente...-

Lasciò la frase in sospeso, quasi cristallizzata nell'aria che separava i loro sguardi. Provocando a Bedelia un leggero fremito d'apprensione.

-Dunque?- l'incalzò.

Lui trasse un breve respiro.

-Dunque, pare proprio che nessuno di loro lo conosca.- la sorprese -O, meglio, che nessuno l'abbia mai visto di persona. Né presso la sua residenza, né all'Accademia di Francia...-

-E' una persona molto riservata.- lo giustificò, improvvisamente sentitasi in dovere di prendere le sue difese.

-Sì, ma non si tratta solo di quello...- continuò Gaston, incupendo ancor di più il proprio cipiglio -Girano strane voci, su di lui. Perché il precedente proprietario della sua villa è morto, suicidandoci, poco prima che l'acquistasse... e perché se ha ottenuto l'incarico all'Accademia, è stato grazie alla recente sparizione del suo direttore...-

-Sciocchezze.- lo interruppe lei, quasi per paura che potesse aggiungere altro, più che per effettiva noncuranza -Non presto orecchio a simili dicerie.-

-Nemmeno io. Cionondimeno, Bedelia, faccia attenzione.- si raccomandò Gaston, apprensivo.

La giovane annuì appena, quindi si affrettò ad accomiatarsi da lui. Quella conversazione l'aveva messa incredibilmente a disagio. Perché se, da un lato, le era istintivo prendere sul personale accuse mosse nei confronti di qualcuno a lei così vicino, dall'altro l'avevano resa anche consapevole di quanto comunque ne fosse distante. E ben più di quanto avesse mai immaginato.

Pertanto, si diresse colma d'apprensione e sollecitudine al suo appuntamento serale.

Desiderava completare quel ritratto, e l'avrebbe fatto quanto prima.

 


N/A - H^o^la!
Capitolo dal citazionismo alquanto spinto, in cui se siete stati colti più volte da sensazioni di déjà vu non preoccupatevi, è perché ho effettivamente attinto a piene mani da alcuni dialoghi della serie... Al tempo stesso spero di non esser risultata troppo ovvia nei dovuti richiami alla trama della favola, che come già detto è il mio fil rouge ispirativo.
Ci si rivede col prossimo capitolo e spero con l'oramai tradizionale cadenza di aggiornamento... Grazie per la lettura, e ancor di più se vorrete lasciarmi un piccolo commentino!

XOXO

Evee

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