You're my redemption

di ThousandyearsThousandmore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How I see you; ***
Capitolo 2: *** Obscure vices; ***
Capitolo 3: *** Tonight a thief stole my reason; ***
Capitolo 4: *** Good morning milady; ***
Capitolo 5: *** The guy with a lion tattoo; ***
Capitolo 6: *** It's just a date-pt.1; ***
Capitolo 7: *** It's just a date-pt.2; ***
Capitolo 8: *** Morning again; ***



Capitolo 1
*** How I see you; ***


Regina non poteva sentire la sabbia mentre piano piano lasciava sopra di essa le sue orme sottili.
Poteva percepire la brezza marina, sentire i suoi occhi affaticarsi per via del sole accecante, ma quegli stivali di pelle nera non gliela facevano sentire, nessun granello osava infiltrarsi in quelle scarpe rigide.
Camminava nel suo cappotto scuro, livida per via della rabbia, con andatura lenta ma sicura, anche se qualvolta zoppicando; la mora non aveva previsto di ritrovarsi sulla spiaggia quando aveva scelto che cosa avrebbe indossato per la sua giornata.
L'idea che quella biondina fosse piombata nella vita che si era cucita addosso, le stava scombussolando tutti i piani, vederla sempre vicina a quello che lei considerava unicamente suo figlio, la rendeva instabile, cominciava davvero a temere che con i suoi modi e la sua testa dura, Emma Swan le avrebbe portato via tutto.
E così Regina si era trovata sulla spiaggia.
Non aveva mai avuto grandi motivazioni per sentirsi così frustrata da quando aveva con se il suo piccolo, ma adesso era diverso e le era parso il luogo perfetto per sfogarsi.
I ciottoli lucidi perché bagnati, scintillavano grazie al riflesso dei potenti raggi solari del primo pomeriggio e attirarono la sua attenzione.
Lei adesso pensava che avrebbe potuto lanciarli, uno per uno in acqua, immaginando al posto di quello specchio cristallino, la faccia di quella stupida biondina, appena scelta come vice sceriffo e sulla buona strada di rovinarle la vita.

Ripensava all'espressione del suo bambino, nel silenzio provocato dalla fine delle sue urla.
"Tu sei la regina cattiva, non mia madre!"
Aveva urlato, così forte da permettere al suono di superare le mura di casa e infrangersi come un eco in tutto il verde di quel giardino perfettamente curato.
Ripensava a quante volte aveva finito per perdere le staffe in poche settimane, a quanto avesse bisogno di sentire il fuoco crescere sul palmo della sua mano, la magia scorrerle nelle vene per fare del male a chi invece, meritava solo uno dei colpi che ormai non poteva più sferrare.
Ripensò a Henry, che dei suoi divieti ne aveva fatto una specie di scherzo, di sicuro adesso era con lei, e nell'evitare che accadesse, Regina stava precipitando ancora più in basso, si sentiva non amata da lui, ma non voleva perderlo, era la persona più importante della sua vita.
Poteva anche essere la regina cattiva, la sua intelligenza viva aveva permesso a Henry di accorgersi dell'impossibile, ma il bambino non si era mai spinto riuscendo a vedere più di così.
Lei era ancora desiderosa di quello che il sortilegio le aveva offerto, ma non per questo non aveva voglia di provare a dare tutti i brandelli positivi che le erano rimasti, al suo ometto.
Emma Swan era una minaccia doveva essere eliminata, solo a questo riusciva a pensare, mentre una raffica di pietroline affondavano in acqua, seguite da altre ancora, non si era fermata nemmeno per un secondo.

"È una così brutta giornata, signor sindaco?"

Una voce sconosciuta le arrivò alle orecchie, lei si voltò lasciando cadere per terra l'ennesima pietra destinata a sprofondare nel fondale marino.
Si chiese perché non ricordasse minimamente di aver mai incontrato quell'uomo.
Aveva due occhi chiari e vispi, davvero coraggiosissimi considerando il fatto che avesse parzialmente consapevolezza della persona con cui stava parlando.
Regina non sopportava quando qualcuno osava rivolgersi a lei con quell'atteggiamento di sufficienza, il sorrisetto che sfoggiava era tipico di chi non aveva cara la vita, anche se in questo caso, non avrebbe mai potuto fargli del male...
Fantasie, solo fantasie che le ronzavano in testa da quando avevano cominciato a guardarsi.

"Non penso che siano affari che la riguardano signor..."

E si interruppe, sorridendo a bocca larga, come stava facendo quello sconosciuto tanto sfrontato, come riteneva fosse necessario per controbattere a tanta sfacciataggine. 

"Robin Locksley, qui al suo servizio,milady"

Quell'uomo parve fregarsene dell'atteggiamento intransigente del sindaco, aveva sorriso e incassato il colpo guardando i ciottoli sotto di loro, poi aveva allungato la mano; era da tempo che desiderava incontrarla.
Lei dal canto suo, strinse la mano fissando quella stretta salda; non avrebbe sopportato un secondo di più in sfida con quegli occhi, non senza desiderare di strappargli il cuore e sgretolarlo nella sua mano.
Qualcosa di quell'uomo la faceva sentire tremendamente irritata, non aveva detto ancora molto ma era come se sapesse; non c'era da fidarsi.
A giudicare dai suoi abiti doveva aver fatto jogging da poco, Regina non si sarebbe mai avvicinata di un passo, impaurita dal probabile cattivo odore di chi visibilmente, aveva bisogno di una doccia.

"Signor sindaco, penso sia perfetto."

E strizzò gli occhi, sorrideva ma così falsamente da provocare una piccola risatina di lui, incuriosito dalla tanta durezza della bellissima donna che faceva da sindaco a Storybrooke.

"Allora... Signor sindaco."

Robin si abbassò, scelse una pietra umida e la lanciò, come per imitare i gesti che prima aveva fatto lei.

"Cos'è che la turba tanto?"

Regina alzò gli occhi al cielo, non aveva la minima voglia di parlare con nessuno del problema Swan, solo Sidney avrebbe soddisfatto ogni suo desiderio senza tradirla, quel biondino doveva andare via così come era arrivato.
Lo avrebbe davvero scacciato in malo modo se non lo avesse temuto.
Così come la signorina Swan, anche lui poteva essere un intruso pronto a toglierle tutto, aveva bisogno di sapere chi fosse la persona che le veniva di fronte, che la spingeva a voler puntare due delle sue dita, dritte negli occhi tanto magnetici che non riusciva a togliersi dalla testa senza provare un forte senso di nausea e livida rabbia.  
Lei in quella città conosceva tutti, lei aveva scelto il destino di chi dovesse  per sempre sentirsi incompleto, senza memoria e lontano dagli affetti, non era possibile che non si ricordasse di lui.
Più lo guardava, più si convinceva del fatto che non fosse un viso facile da dimenticare, fra l'altro.

"Il compito di sindaco ha anche i suoi contro, immagino sappia che qualsiasi lavoro comporti dei nervosismi, lei ne ha uno?"

Domandò, sperando di ottenere in maniera indolore una risposta e di sentirsi così soddisfatta da non essere costretta a chiedere di compiere delle ricerche nei suoi confronti.
Non voleva le interessasse molto, ma adesso le sue intenzioni erano quelle di scoprire tutto quello che uno sguardo così limpido poteva nasconderle.

"Ooh... Sono un avvocato, signor sindaco."

Regina inclinò di un po' la testa, com'era possibile che non conoscesse la sua identità?

Quell'uomo si avvicinò, accompagnato ovviamente da un sorrisetto beffardo, così vicino da farle sentire il suo respiro sulla pelle.
Regina era esterrefatta, si chiese come mai qualcuno dovesse prendere il suo spazio così, non voleva che continuasse a comportarsi in quel modo, ma non si spostò di un millimetro, sforzandosi di non chiudere gli occhi per non cedere a una vera e propria provocazione.
Delle dita le si poggiarono fra i capelli, le sue iridi cedettero ai suoi propositi e si chiusero, si presero un momento per recepirlo, quell'uomo non aveva capito niente se pensava di poter fare in quel modo, ma lei era così incuriosita che decise di capire che cosa cavolo volesse fare.
E in un attimo se lo ritrovò di nuovo d'avanti, aprii gli occhi e si accorse che stringeva fra le dita una spiga, probabilmente frutto del vento che l'aveva accompagnata lì.

"Ecco qui."

Disse lui, lei scosse un po' la testa, avrebbe potuto perfettamente convivere con quell'erbetta piantata in testa, piuttosto che subire...quello.
Se la riprese e ci giocherellò, tenendola fra indice e pollice, continuò a guardarlo severamente.

"Allora... Non vuole proprio dirmi cosa ci fa una così bella donna tutta sola sulla spiaggia?"

Regina si lasciò scappare una risata, quell'atteggiamento così galante la faceva sentire presa in giro, ridicolizzata da lui.
Che del flirt, non aveva proprio il dono a suo parere, non era così che qualcuno poteva prenderla, forse però non era in nessun altro modo.

"Potrei farle la stessa domanda. Che cosa ci fa qui?"

"Sono andato a correre a pochi passi da qui, milady."

"Bene."

Bofonchiò lei, che sembrava essere già stanca di lottare con il pensiero contro di lui e desiderava andarsene via, senza obbiettare a quello stupido soprannome da lui affibbiatole.

"Posso offrirle qualcosa da bere?
Magari potrebbe trarne giovamento. Una brutta giornata è una brutta giornata."

Regina alzò all'altezza del petto di lui la spiga che si stava ripassando fra le dita, poi la lasciò cadere delicatamente per terra e sorrise a lui per l'ultima volta.

"Io non bevo di giorno."

Prese a muoversi di nuovo, in direzione opposta, lasciando l'uomo appena conosciuto da solo, evidentemente a bocca asciutta e senza niente in mano.
Robin sorrise, abbassandosi riprese quella spiga, emulando poi il gesto di giocarci del sindaco, sapeva già che quella non sarebbe stato l'ultimo loro incontro, l'aveva vista piegarsi nel momento in cui si era avvicinato e aveva sentito lo stesso, era come una certezza ma non l'avrebbe per nulla al mondo mollata così.

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Capitolo 2
*** Obscure vices; ***


"È sbucato fuori dal nulla, come per magia."

Regina percorse il perimetro della sua scrivania scivolandoci sopra con una mano, la sua espressione era poco raccomandabile, Sidney aveva fatto qualche passo all'indietro perché aveva immediatamente cominciato a pensare che era altamente probabile vederla perdere a breve le staffe.

"Spiegati meglio, Sidney."

Ordinò, pacatamente ma come pronta a esplodere.
Non aveva bisogno di altre intromissioni, i registri della città erano curati, anche troppo, lei non dimenticava mai i dettagli.

"Il suo nome compare fra gli abitanti della città, Regina.
È sicura di non averlo mai..."

Così si fermò, vedendola camminare ancora di più nella sua direzione si era visto costretto a deglutire a vuoto, intimorito da lei.

"Mi hai mai vista insicura su una cosa del genere?"

Domandò, poi lei stessa lo anticipò facendo "no" con la testa, strappandogli di mano i documenti che le aveva portato, finalmente gli restituì il suo spazio vitale e lui prese a respirare di nuovo.

"Ora va' via.
Più tardi decideremo che cosa fare."

Sentenziò, aprendo il fascicolo al di sopra del quale compariva il nome dell'avvocato, aveva immediatamente fiondato gli occhi affamati di curiosità sulle prime righe.
Era un uomo solo, di successo, aveva la custodia di un bambino di quattro anni e non stava trattenendo nessuna avventura amorosa tanto degna di essere riportata in quei documenti, solo un'ex moglie, citata come la figura che si occupava del piccolo due volte alla settimana.
Forse avrebbe dovuto lasciar correre, Sidney era un'idiota ma non trovava una motivazione plausibile a tutto questo, magari lui era davvero stato lì da sempre e lei non aveva nulla da temere; nessuno sotto al suo sortilegio osava farle un torto.
Alzò la testa quando nel suo ufficio sentì entrare qualcuno, poggiando tutti i fogli al lato del tavolo si preparò ad accogliere quell'intruso, non aveva neanche bussato.
Graham.
Dopo la lite furibonda con Henry non aveva avuto la minima voglia di cercarlo per soddisfare i suoi bisogni, si erano incontrati un paio di volte per questioni lavorative, ma ora lui non era lì per quello.
L'affascinante cacciatore le si avventò addosso portando le mani sul suo fondoschiena per tirarla immediatamente a se, il suo sguardo all'ingresso le aveva detto tutto così lei era già preparata al tipo di attenzione che andava richiedendole.

"Graham..."

Sussurrò, colta da un momento di pura eccitazione, mentre sentiva il corpo di lui avvinghiarsi a lei avidamente e il suo sesso premere già eccitato sul tessuto della sua gonna.
Si chiese a cosa diamine stesse pensando prima di arrivare, Regina non perdeva mai la sua lucidità, nemmeno quando si ritrovava a rotolarsi nelle lenzuola condivise con quello sceriffo.

"Graham-l-a porta."

Ordinò, ricordandogli che non poteva permettersi che la storia di una stupida scappatella arrivasse alle orecchie di qualcuno, mentre da sotto ai vestiti cominciò a fremere anche lei; quell'uomo che la stava stuzzicando, aveva sempre saputo come intrattenerla, per questo lo aveva scelto.
Quello che c'era fra loro sarebbe rimasto fra quelle mura, così fin quando lei non si sarebbe stancata.
Graham chiuse la porta e la raggiunse, lei si era seduta sulla sua scrivania, pronta a dargli quello che lui chiedeva, non conosceva il motivo di tanto desiderio ma ne era lusingata in un certo senso.
Il cacciatore poggiò le sue labbra umidicce e ruvide sul collo di lei, cominciando con la lingua a marchiarle la pelle chiara, morbida come poche, come sotto un maleficio; perfetta.
La regina cattiva inclinò la testa all'indietro e aprì di poco la bocca, lasciando che la lingua di Graham continuasse a danzare così su di lei, facendosi dominare, per una volta.
Aveva bisogno di distendere i muscoli, rilassarsi, e un pomeriggio di sesso sembrava fare al caso suo.
Il cacciatore proseguì nella sua impresa aprendo i bottoni della giacca griffata che Regina stava indossando, come attratto elettricamente da quella pelle si aggrappò a lei tenendola per le spalle e continuò nel suo gioco seducente, levandole la camicia e mettendo le labbra più giù, sul solco in mezzo al suo seno, sui seni stessi, sulle spalle nude, fino all'ombelico, ritornando senza però mai mostrare la minima voglia di sfiorarle le labbra, capitava raramente che si baciassero.
Regina poggiò a fatica una mano sulla patta dei suoi pantaloni, si era resa conto che non mancava molto, il cacciatore era arrivato così di corsa perché aveva voglia di arrivare dritto al dunque.
Non aveva torto sulla sua previsione; già lui le stava sfilando la gonna, togliendo via le calze, strappandole senza il minimo tatto.
Rimasto per metà ancora vestito, abbassò i suoi calzoni e lanciò via ciò restava della biancheria intima del suo sindaco, entrando con un colpo secco e senza il minimo tatto dentro di lei, che di farlo fermare non voleva saperne, nonostante quasi aveva sobbalzato scivolando in avanti e cercando di darsi un contegno pochissimo tempo dopo.
Regina sentì dolore all'inizio, era stato molto rude, più del solito, ma aprì poco più le gambe e gli si aggrappò addosso, premendo metà del suo busto sopra alla giacca da sceriffo di Graham, lasciando che i loro bacini continuassero a danzare con così tanta prepotenza, senza scomporsi o dimenticarsi di dover fare altro, lo assecondava e basta, respirando attraverso il naso.
Quell'esperienza per lei si era ridotta soltanto a un atto meccanico, ma la sensazione piacevole faceva si che ne valesse la pena.
Lui la sollevò dalla seduta per appoggiarla al muro, tenendola per il busto, i suoi capelli neri gli ricadevano addosso, poteva sentire il suo profumo, una delle poche cose dolci che lei possedeva e le sue unghie avvinghiate da sotto alla giacca che per via della foga, non aveva neanche pensato di farsi levare, era espressamente ciò che aveva voglia di fare quando era praticamente corso nel suo ufficio, quasi come fosse una necessità soddisfare quell'impulso.
La riposò sulla scrivania di nuovo, non prestando molta attenzione a quello che c'era sopra, appoggiando la testa esausta nel suo incavo del collo, senza dire ancora niente, già orientato con il pensiero al momento in cui si sarebbe staccato dalla donna che adesso se ne stava quasi inerme al suo fianco.
Come se non le importasse minimamente, era lui quello che stava facendo tutto ma aveva consapevolezza di essere solo una pedina in una stanza piena di potere.
Il dolore della regina si sostituì a piacere solo quando la aveva sollevata per portarla su quella parete, le spinte erano rimaste uguali, lui non osava mai farla penare muovendosi lentamente.
Regina non emetteva nessun suono, rimaneva in silenzio, respirandogli nelle orecchie, vicino a quei suoi adorabili ricci profumati, non osò baciarlo nemmeno una volta, non lo ritenne il momento, ne le importava qualcosa a quel punto.
Stringeva le gambe intorno al suo busto, quasi come per ordinargli di non fermarsi, aveva bisogno di qualche secondo per assaporare la scossa elettrica che stava per ottenere e che lui continuasse a fare lo stesso.
Arrivò al massimo del piacere che lui non aveva ancora finito, ma lo fece continuare a muoversi passiva, fin quando non si accorse che anche per lui era avvenuto lo stesso e si stava liberando dalla presa che lei aveva impostato per non cadere giù dalla scrivania, ogni volta che le tirava in avanti le gambe le sembrava di perdere sempre più posizione.
Il cacciatore si alzò su i pantaloni in una mossa, facendole immediatamente capire che non aveva voglia di parlarne, ne che desiderasse ricevere domande su quell'impulso che lei aveva accontentato aprendogli le gambe senza fare troppi giri di parole.

"Avresti potuto fare più attenzione."

Disse lei, accorgendosi dello stato pietoso in cui versavano i suoi collant, evidentemente quell'atto non aveva lasciato niente a nessuno dei due, adesso pronti per ritornare alla vita normale, intenti nel risistemarsi, uno lontanissimo dall'altro.
Di fronte allo specchio Regina acconciò i suoi ciuffi di capelli un po' umidicci, si mise il rossetto e si osservò meglio, nessuno avrebbe detto che poco prima lei e lo sceriffo si erano dati alla "pazza gioia".
Sorrise con un velo di soddisfazione celato nello sguardo, come fiera di lei per essere così affascinante.
Quando si voltò, lui stava andando via, senza però causare alcun tipo di sentimento da parte di Regina.
Era routine, non stava osservando  nulla di nuovo in quella scena lì, era quello che lei desiderava da lui.

"Aspetta..."

Disse poggiandosi una mano sull'ugola, indolenzita per via dell'arsura che stava sentendo, il mezzo sorriso maligno che si era rivolta allo specchio non se ne era andato del tutto.

"Si?"

Lui si fermò, mantenendo una mano piantata sulla maniglia della porta e la testa girata per poter esaudire il desiderio della bruna, come non potesse fare altrimenti.

"Stasera devi tenermi Henry, ho proprio bisogno di fare alcune cose."

Recepito il concetto Graham annuì impercettibilmente, poi senza aggiungere altro o fare proteste, se ne andò via, pronto a terminare la serata seduto sul divano di fronte ai videogiochi con un undicenne imbattibile.

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Capitolo 3
*** Tonight a thief stole my reason; ***


La regina cattiva entrò nella doccia con un'unica grande falcata.
Il vapore che già offuscava tutta la stanza, era pronto ad avvolgerla sotto a un getto di acqua bollente.
Voleva farsi scivolare via l'odore del cacciatore di dosso, fare in fretta per uscire di casa, ormai erano quasi le 8 e Graham sarebbe arrivato a breve per occuparsi del suo bambino.
Come se quello nel suo ufficio non fosse mai successo, lei era già orientata verso i piani che aveva per la serata, distendendo il suo corpo ora contratto per via della lunga giornata, boccheggiava respirando lentissima.
Il calore rendeva l'aria pesante ma a lei piaceva, come sembrava piacerle la sua pelle che andava a colorarsi di  un rosso deciso come il fuoco, facendole sentire dolore.
Mosse la testa da una parte all'altra, per sentire il collo emettere due decisi schiocchi, con un'espressione malvagia ma non voluta, erano troppe le cose che desiderava incenerire perché non andavano, e quella doccia rovente era al pari di sentirsi il fuoco mancante addosso.
Insaponò il suo corpo, ritrovandosi senza volerlo a pensare a quell'uomo così misterioso, questa volta muovendo un dito sull'altro, come dentro le fosse capitata di nuovo quella spiga e il suo volto fosse vicinissimo al suo, così vicino da farle sentire gli occhi chiudersi irrimediabilmente.
Passò qualche secondo così, percependolo addosso a lei, di fronte a loro c'era il mare, o forse semplicemente l'acqua che le stava cadendo addosso da quando aveva cominciato a pensare.
Aveva mosso le gambe in avanti, attratta dall'idea di prolungare il meno possibile il contatto che le stava facendo bruciare tutti i legamenti, ma arresa anche al fatto che in tutta quella situazione tesa, lo desiderasse.
Mise una mano in prossimità del suo ventre, convinta di essere in compagnia, si morse senza la delicatezza minima le labbra, sentendo un male piacevole, come quello dell'acqua caldissima.
Voleva di più da quella presenza offuscata, la sua fantasia stava creando una serie di immagini davvero bollenti e lei stava continuando a boccheggiare, con la pelle semi ustionata e le labbra lacerate dai denti.
Prese a poggiare lentamente le dita sul solco in mezzo al seno, alzando la testa, mentre le goccioline cadevano sugli occhi chiusi, lei continuava ad accarezzarsi, le braccia, le gambe, di nuovo il ventre piatto, tutti sotto al getto rovente insieme a lei.
Quando si accorse di non essere sulla spiaggia, il suo naso sfiorò il vetro appannato e si ricordò di dove fosse, aprendo gli occhi, di fronte a se però, non c'erano occhi  penetranti, ne teneva vere spighe fra le mani.
Vide solo il vetro totalmente appannato della doccia, ora così vicino da doversi allontanare camminando all'indietro per non sbatterci sopra, per quello che riusciva a vedere, il suo boccheggiare era stato rivolto proprio vicino a quella direzione.
Scosse la testa, accigliandosi alzò la mano e  si diede un pugno delicato sullo stomaco, richiudendo le labbra semiaperte, continuò ad insaponarsi regolando l'acqua un po' più fredda, come se niente fosse, non era possibile che un giochetto di seduzione come quello le fottesse così il cervello, lei era molto più di così.

Uscì dalla doccia, scappò fuori di lì, riprendendo a respirare normalmente se ne andò in camera sua.
Indossò uno dei molteplici completini scuri che possedeva e spalmò sulla pelle della crema idratante, con movimenti velocissimi, per non permettere alla testa di farla volare di nuovo chissà dove, evidentemente il cacciatore del pomeriggio non le era bastato, doveva essere questo a spingerla a sentirsi così incompleta.
Si vestì componendo un classico outfit che lei prediligeva in quel mondo; una gonna grigia, una camicetta rossa e delle Loubotin nere, truccò gli occhi e le labbra come consueto e uscì di lì, intenzionata a chiudersi alle spalle una piccola parentesi bollente, così bollente da sentirne ancora fastidi, seppur minimi, sulla pelle. [...]

Regina entrò in quel bar e come se non vedesse altro che il bancone, si diresse verso la decina di sgabelli liberi e si accomodò.
Tentare di spiare uno stupido e innocuo uomo di Storybrooke insieme a Sidney, era stata un'idea stupida, stupidissima. 
Avevano passato la serata sotto casa sua, appostati come due ladri, con lo sguardo fisso su un'adorabile villetta vicina al confine, identica a tutte le vicine, all'interno della quale brillava solo la luce di un grande salotto, padre e figlio stavano mangiando la loro cena, uno di fronte all'altro.

"Pensa che potremmo andare ade-ss"

Sidney non aveva finito in tempo di formulare la domanda, Regina gli aveva buttato una manata sulla bocca, mantenendo lo sguardo avanti a se, senza curarsi che forse gli aveva fatto male con un anello o di essere stata poco carina.
Lo sguardo del bambino l'aveva incantata. Anche di lui non aveva notizie ma era così bello...
Uno specchio non poteva rovinarglielo, sarebbe stato zitto fin quando lei non si fosse ripresa, così aveva deciso.

"Si. Puoi andartene"

Lui la aveva guardata confuso, l'auto dopo tutto era la sua, pensava di poterla riportare a casa e andare a mangiare qualcosa da Granny, finalmente.
E invece niente, avrebbe dovuto camminare per un bel po' prima di raggiungere la destinazione, sulle sue gambe, non si sarebbe mai permesso di provare a contraddirla.
Probabilmente lui stava ancora camminando, ora che lei si era rintanata nel calore di quella taverna, squallida per i suoi gusti.
Non le era mai piaciuto il biliardo, ne impazziva per quel genere di bettola, ma stava congelando e aveva voglia di un drink, ricordava bene come era andata a finire l'ultima volta che era rimasta incantata dal rapporto fra un padre e un figlio e non si sentiva molto a suo agio ripensandoci.

"Una tequila."

Chiese con tono di voce pacato, prima di voltarsi per capire chi cavolo si fosse seduto accanto al sindaco senza prima chiedere il suo permesso.

"Ancora lei?"

Domandò, questa volta trattenendosi davvero dal sobbalzare.
L'avvocato, che sorrideva sotto alla sua insopportabile barbetta, facendola partire immediatamente per la tangente.
Che la avesse vista e fosse arrivato per chiederle di smettere di ficcare il naso in vicende che non la riguardavano?
Che in qualche modo conoscesse le fantasie che lei aveva frenato a fatica sotto la doccia?
Aspettò che lui cominciasse a parlare, sperando ardentemente di non dover affrontare nessun tipo di conversazione che l'avrebbe messa in difficoltà, lei non andava mai in difficoltà.

"Fortunata coincidenza, milady."

Regina roteò le pupille verso l'alto, sollevata affondò il pienissimo labbro superiore colorato di rosso, all'interno del bicchierino che conteneva la sua Tequila liscia.

"E dove ha lasciato il bambino?"

Chiese, rimpiangendo il momento in cui non si era impedita di mettere a freno la lingua, avrebbe saputo rimediare alla gaffe in qualche modo, quando gli stava lontana, aveva un controllo strabiliante, così voleva credere che superata la normale fase di perplessità, sarebbe stata lo stesso muro di marmo anche per lui.

"Sua madre è passata a prenderlo dopo cena."

Regina si sentì di nuovo tesissima, lui continuava a sorriderle sicuro di se, che stesse davvero per rivelarle che sapeva?
Bevve ancora attingendo dal suo drink, dopo aver fatto un cenno del capo.

"Allora..."

Robin si strinse nelle spalle, alzando il braccio per fare avvicinare la trasandata ragazza dietro al banco degli alcolici a lui.

"Prendo due di quelli che ha preso lei."

Le disse, rivolgendole il più seducente dei sorrisi.
Quella ragazza dal canto suo lo ricambiò nello stesso identico modo, probabilmente alticcia, mentre Regina si era ritrovata a buttare giù tutto il drink e a sorriderle senza mostrare i denti, infastidita, voleva che servisse e tornasse al suo posto.

"Cos'è che vuole da me? Se è per..."

Robin si voltò, continuando a sorriderle le allungò un bicchierino che aveva appena ordinato, lei smise di blaterare di conseguenza, distratta dal gesto.

"Mi prende in giro per caso?"

"Non beve di giorno, giusto?"

Regina guardò la tequila posta grazie a lui sotto al suo naso, fece un respiro profondo e la mandò giù tutta in un sorso, accettando l'offerta di quell'uomo.

"Giusto."

Poggiò il bicchiere sul bancone e lo guardò in viso, seria.
Non capiva il motivo ma lui sembrava continuasse ad osservarla divertito.

"Che cosa c'è che non va'?"

Chiese, in un attimo voltò lo sguardo di lato, come per sincerarsi che quella ragazzina fosse lontana, voleva essere sicura di essere proprio lei la 
causa di quello sguardo così vispo.
Non ne poteva più di vivere nel dubbio.

"Niente... Pensavo solo che l'avremmo bevuto insieme ma... Mi piace questo spirito sindaco Mills, mi sorprende."

Per tutta risposta, lei alzò il sopracciglio e si permise di prendere l'altra tequila che gli era rimasta.
Portò il bicchiere all'altezza del naso, osservandone il contenuto giallastro insieme a lui, roteava quel cristallo di poco valore quasi fosse una spiga leggerissima, consapevole del fatto di essere osservata.
Con compostezza quasi regale, poggiò sopra le labbra, assorbì un sorso abbastanza generoso da far si che la sua ugola bruciasse.
Terminato il suo progetto, lo passò fra le mani dell'avvocato, restituendolo con impresse sopra le orme del rossetto rosso che le colorivano le labbra.

"Meglio?"

Pose quella domanda volutamente con tono provocatorio, esausta di essere l'unica fra i due a non approfittare della curiosità reciproca.
Dopo tutto lei era la regina, poteva fare ciò che voleva, senza sentirsi in colpa.
Come c'era Graham, poteva esserci anche lui, per questo ora sorrideva in modo seducente, non era giusto che l'unica ad essere impazzita poche ore prime fosse stata proprio lei, in una doccia, in un modo squallido.
L'avvocato si accorse che qualcosa in quello sguardo algido fosse cambiato, aveva cominciato a pensare che quei drink avessero dato alla testa del sindaco ma si prese la tequila in mano e poggiò le labbra sull'orma di rossetto che aveva lasciato sopra lei, quando gliela ripassò, Regina bevve tutto quello che c'era dentro.

"Posso averne un altro?"

Domandò alla ragazzina di fronte a se, se avesse potuto le avrebbe mostrato lei stessa di essere a un passo da Robin, di essere lei l'unica che poteva mettergli le mano addosso, infatti allo stesso momento gli poggiò una mano sulla spalla.

"Sicura di reggere l'alcol?"

L'avvocato abbassò lo sguardo, il tocco di quella mano non poteva che compiacerlo, ma lei la aveva tolta appena la ragazzina non la guardava più.

"Sicurissima, non si vede per caso?"

Robin prese la Tequila che Regina aveva ordinato anticipandola, ma mentre ne beveva un po', lei gliela prese di mano contrariata.

"È così che passa il suo tempo libero il sindaco di Storybrooke?"

Domandò abbastanza colpito dalla velocità con cui lei aveva mandato giù tutto.

"È così che si importuna una signora a quest'ora di notte?"

Rispose dal canto suo, assottigliando lo sguardo per fargli capire che non era così che poteva rivolgersi a lei.

"Comunque non sono affari che dovrebbero riguardarla."

"Sa...oggi in tribunale ho perso una delle cause più importanti della mia carriera, è per questo che sono qui, ero a un passo dalla promozione."

Robin decise di provare ad aprire un discorso intraprendendo quella via, forse se non era disposto a farsi conoscere, lei non si sarebbe mai aperta.
Tutto quell'aspro che del sindaco lo aveva messo nelle condizioni di divertirlo, lo spingeva a non arrendersi, voleva tentare di chiacchierare con lei, le sembrava molto più di quanto dimostrasse quando continuava ad assumere sempre lo stesso atteggiamento disinibito ma diffidente.

"Evidentemente non la meritava."

La regina cattiva fece spallucce, cercando di giustificarsi per la cattiveria detta, era una di quelle volte in cui aveva parlato senza prima pensarci su, rendendosi da sola conto che forse avrebbe potuto ricorrere a frasette un po' più delicate di quella.

"Okay, mi dispiace."

"No, era quello che pensava."

Regina assottigliò le labbra, alzando e abbassando il mento, senza controbattere, aveva ragione.

"Ad ogni modo... Cosa vuole che sia una promozione? Sono sopravvalutate."

"Perché è così priva di speranza? Un'altra tequila?"

"Anche la speranza è sopravvalutata, ma per la tequila..."

Regina si era imposta di smetterla di bere, non poteva proprio permettersi di perdere il controllo di fronte a una persona di cui non si fidava affatto, ma annuii comunque, effettivamente era da tanto che aveva proprio bisogno di lasciarsi andare. 
Condurre la vita perfetta che conduceva lei, voleva anche dire che non era molto brava nell'affrontare le crisi inaspettate quando si presentavano, nonostante stesse dando del filo da torcere alla Swan, nulla le sembrava mai abbastanza, e così per tutte le altre cose.

"Io ho...delle preoccupazioni al lavoro."

Fece una smorfia schifata con il naso, aggrottando le sopracciglia, non poteva parlargli di niente, tanto meno degli appostamenti notturni, ma era giusto che provasse a ricambiare, anche se si costringeva a ripetersi che non le importasse affatto quel discorso con quell'uomo che le aveva parlato del suo problema.

"E... Neanche quando sei il sindaco tutto è grandioso.
Vede? Le promozioni sono sopravvalutate, ne sono convinta!"

La mora annuì debolmente, con espressione amara.
Chi più di lei poteva saperlo?
Non le era mai fregato nulla del titolo di regina, non fin quando il suo cuore era integro, ma ancora oggi, sapeva che quel tipo di potere non era il vero lieto fine che andava cercando.
Quello era Henry, il suo bambino, fare il sindaco voleva solo dire avere accesso a tante possibilità per tagliare delle teste, poco più.
I due alla fine chiesero alla ragazza di lasciare la bottiglia di tequila sul bancone, ovviamente però, era proprio Regina quella più depressa fra i due, che mandava giù tutto, un bicchierino alla volta, annebbiandosi la vista e compromettendosi le capacità normali di vedere le cose, senza più darsi freni.
[...]

"Sai che è colpa tua se ho bevuto così?"

Disse alzandosi barcollante in piedi, ottenne quell'espressione da parte di lui che non riusciva a mandare giù cercando nel modo più convincente possibile di farlo smettere, serissima.

"Così cadrà per terra milady."

Disse lui, cercando di sorreggerla tenendola per un braccio, lei scosse la mano infastidita, per non farsi toccare ma ottenne soltanto la sua caduta, era stata fortunata però, gli scivolò di peso direttamente sulle gambe, solo lui emise un flebile lamento, lei cadde sul morbido.
Sapeva di aver esagerato, ma adesso non poteva fare a peno di assecondare il suo desiderio, l'alcol le aveva dato la spinta in più per prendere coraggio, non stava ripensando all'episodio della doccia eppure si sentiva allo stesso modo, voleva baciarlo, non voleva rialzarsi.

"Si può sapere cosa avrei fatto io?"

Regina sorrise ironicamente, alzando gli occhi verso al soffitto, certa che lui già lo sapesse, ogni volta che quegli occhi irritanti si scontravano nei suoi, a lei sembrava che lui potesse spogliarla di ogni segreto e non lo sopportava, questo la rendeva meno sicura.

"Devi smetterla di guardarmi così."

Continuò, abbassando il tono della sua voce, mentre piano piano si avvicinava ad occhi aperti alle sue maledette labbra ricurve.
Non lo aveva voluto ma adesso si sentì appagata da quell'incidente, cercando di tenersi dalla nuca di lui.

Lui la stava sorreggendo da dietro, se si fosse alzata in piedi di nuovo probabilmente sarebbe precipitata sul pavimento, non sentiva fastidio nel tenerla sulle sue gambe, ne tanto meno nel vederla avventarsi così su di lui, era divertito, si sentiva fortunato in un certo senso, la donna che aveva di fronte a se era ovviamente una di quelle che non perdevano mai il controllo, era un'occasione rara saperla così spontanea con qualcuno.
Posizionò le labbra al suo orecchio prima che lei potesse avvicinarsi ancora di più, e cominciò a sussurrarle vicino a dei pendenti in linea con il suo stile, una sola frase, con molta più delicatezza del solito.

"Anche a chi regge l'alcol ogni tanto può capitare. 
Ubriaca o no sei comunque molto interessante, ma se fossi così gentile da indicarmi la via io adesso ti riporterei a casa, milady."

Disse, ottenendo da parte di lei il silenzio, permettendosi per la prima volta di darle del tu, Regina era così ubriaca che a lui non sembrò il caso di ricadere in formalismi inutili, voleva solo aiutarla, portandosi il ricordo variopinto della serata fatta di battibecchi, sorrisini e frasette ironiche, uscite fuori dal paio di labbra più intriganti di tutta Storybrooke.
Quando lei si era resa conto che i suoi buoni propositi di mordergli con i denti quel sorrisetto impertinente, erano sfumati e che doveva ascoltarlo parlare, si era accovacciata ancora più stretta con le braccia intorno alle sue spalle, mentre lo cingeva in una specie di abbraccio teso a mantenere l'equilibrio precario, chiuse gli occhi ora fin troppo pesanti e si distese, in quella presa che permetteva a entrambi di sentire il profumo reciproco.
Non le importava molto di concedergli quello che le aveva chiesto, ne di essere portata a casa.
Le aveva rubato con poco il senso della ragione.

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Capitolo 4
*** Good morning milady; ***


Uova e pancetta, due elementi essenziali nelle colazioni dell'americano medio, due elementi perfetti per provocare la nausea a Regina, che all'ora di fare colazione, mandava giù qualche goccia di caffè nero e un morso molto indeciso su una delle frittelle dolci di suo figlio, il più delle volte.
Quando aprii a fatica gli occhi impiastricciati dal trucco colato, quell'odore sgradevole la fece girare dall'altra parte, alla ricerca di un po' di quiete che potesse giovare alla sua forte emicrania, aveva ancora molto sonno e il cibo era l'ultimo dei suoi pensieri.
Tre, quattro secondi più tardi dal suo cambio di posizione, quasi sobbalzò cadendo giù dal divano, le sue gambe erano state impedite da una stupida coperta.
Si mise in piedi in un gesto repentino e cominciò piano a tirare giù la sua gonna stropicciata, a cercare di darsi un tono, anche la camicia rossa si era spostata dalla sua piegatura perfetta, Regina non era abituata a ritrovarsi così, ne a doversi riprendere da una sbornia violenta.
Confusa e indispettita, più si guardava intorno, più si rendeva conto di non avere idea di dove si trovasse.
Le bastò cercare di ricostruire i pezzi della serata per intuire la situazione in cui poteva essere.
Sistemati i capelli come poteva, oltrepassò a piedi nudi il tratto di strada che la separava dall'odore del cibo, cercando di non far scricchiolare il parquet chiaro che stava calpestando e di smetterla di temere così tanto la luce.

"Locksley."

Fu la sua prima parola, mentre lo osservava con lo sguardo cattivo e inceneritore, non era solo il forte mal di testa a portarla a comportarsi in quel modo.
Robin indossava un paio di pantaloni a scacchi blu e una canottiera bianca che a malapena riusciva a coprire il suo torace muscoloso, quell'abbigliamento casalingo aveva portato il sindaco ad osservarlo con attenzione; le sue braccia, il suo collo scoperto, il suo petto.
Per un momento terrorizzata cercò di ricomporre la sua ultima immagine di cui portava memoria, sperando ardentemente di non essere finita a compiere qualche follia insieme a lui, ma era tutta vestita e avrebbe giurato di non averlo sfiorato nemmeno con un dito, con un corpo del genere di fronte a lei, se lo sarebbe per lo meno ricordato.
Lui le sorrise, poggiando un paio di piatti contenenti quella salata e iper calorica colazione sul bancone, si era accorto che quella donna si era come incantata, perdendo capacità di spostare lo sguardo, ma non avrebbe fatto parola, non per il momento.
Regina si lasciò cadere seduta, allontanando prontamente il piatto dal suo posto, con il viso schifato arricciò il naso.

"Buongiorno milady. Dormito bene?"

Nello stesso istante in cui quelle parole sfiorarono i suoi timpani, ella con disappunto si coprì il viso con le mani, abbassando totalmente la testa sul bancone, le pareva di sentire il sangue pulsare velocemente nel suo cervello, l'effetto dell'alcol su di lei era stato disastroso.

"Devi davvero piantarla di chiamarmi così."

Ordinò esausta, continuando nella stessa posizione a parlare, mentre sentiva il suo stomaco contorcersi e la sua testa scoppiare, si stava promettendo che non l'avrebbe mai più rifatto.
Era stato stupido, insensato, la cosa più da idiota da quando era in quel mondo.

"Ho dormito malissimo mio caro Don Giovanni, mi fa male tutto... 
Mi vuoi dire cosa cavolo ci facevo sul divano?

Robin prese il piatto che Regina aveva lasciato in disparte, finì di masticare il boccone di pancetta calda che aveva appena fritto e versò dell'acqua in un bicchiere stretto e sottile, lui aveva bevuto due... Forse tre drink, ma poteva capire perfettamente quanto male potesse stare lei.
Non avrebbe mai dovuto permetterle di bere così, ma quella donna di certo non rispettava il suo volere, sarebbe stato inutile bloccarla, lei era una di quelle che non ascoltavano nessuno.

"Avrei tanto voluto portarti al letto, ma tu hai insistito tanto per il divano."

Regina alzò la testa velocissima, quasi si dimenticò di quanto stesse male per impegnarsi con tutte le sue forse ad assottigliare gli occhi e mangiarselo con lo sguardo, quella spavalderia non le era mai piaciuta, non riusciva a tollerarlo.

"Il tuo buon umore è quello che serve a tutti al mattino, dovremmo farlo più spesso."

Regina sorrise in maniera beffarda, chiedendosi come mai non gli avesse ancora mollato uno schiaffo in pieno viso.

"Aspirina?"

La donna annuì, per la prima volta felice della proposta che lui le aveva fatto, prese fra le mani la pillola e la gettò nel bicchiere d'acqua che lui le aveva preparato.
Mentre l'acqua scioglieva la sua aspirina, lei poggiò una mano all'altezza del suo mento, era frastornata e aveva bisogno di andarsene ma non prima di aver bevuto tutto.

"Io volevo dire...cosa ci faccio in casa tua, non parlavo del divano in sè."

Disse lentamente, questa volta sperava in una risposta più soddisfacente e meno imbarazzante da parte di lui, che continuava a mangiare quell'intruglio biancastro che erano le sue uova, quasi contento di condividere il suo piano cucina con lei, adesso finalmente tornata di nuovo in se.

"Volevo farti tornare a casa ma tu lo hai preso come un gioco, mi hai detto che non ti fidavi di me e non sapevo dove lasciarti. È così male il mio divano?"

Disse premuroso, ricordandosi di averla tenuta in braccio per moltissimo tempo, lei non voleva entrare nel suo letto, lei non voleva neanche però essere lasciata sul divano da sola, aveva dondolato le sue gambe sottili nel vuoto, mentre lo stringeva per le spalle e ripetutamente tentava di avvicinarsi alle sue labbra, dicendogli più volte che non si fidava affatto ma che avrebbe fatto un eccezione, mentre i suoi occhi meravigliosi erano persi volutamente nei suoi e cercavano attenzione, lui aveva aspettato che si addormentasse senza dirle niente, giovando di quella presa le aveva accarezzato i capelli, sentendone il profumo, non di più.
Si, Robin non si era affatto pentito di non averla baciata, l'idea di avvicinarsi di più a lei gli balenava in testa già da un po', ma Regina era così ubriaca da fargli smettere di desiderarla, lui avrebbe voluto portarla a cena, vederla lucida ma desiderosa delle sue labbra allo stesso modo, non così.
Sapeva che prima o poi si sarebbe sciolta, era questione di tempo ma si fidava del suo istinto, non doveva arrendersi con lei.
Intenerito dal ricordo di quell'abbraccio infinito, tentò di allungarle una mano congelata su una ciocca di capelli scomposta.

"F-fa-faccio io."

Regina picchiettò la sua mano su quella di quell'uomo, per farla spostare di lì, poi sistemò diligentemente la ciocca incriminata.
Bevve l'aspirina guardandolo attraverso i centimetri di spazio che non le impedivano la visuale, cercando i suoi occhi provava a immaginare quanto imbarazzante doveva essere stata nei momenti di cui non ricordava assolutamente nulla.

"Non posso credere che tu riesca a mangiare quello schifo a quest'ora del mattino."

Il cellulare di Robin squillò, lui si allontanò per rispondere, arzillo in un modo che la infastidì, non poteva assolutamente controllare la telefonata da lì, ma non voleva che nessuno la sapesse nella sua casa, in quelle condizioni per giunta.
Quando luì tornò, lei si alzò di botto, camminò in direzione divano e senza smettere di camminare raccattò i suoi tacchi alti e la borsa, del cappotto non vi era traccia.

"Regina! Ma dove vai?"

"A casa mia!"

Disse lei, lui sorrise divertito, non aveva bisogno di fermarla, aveva sentito la porta sbattersi ma sapeva che sarebbe tornata.
Così fu, si alzò dalla sua postazione e andò ad aprire quando lei aveva bussato al suo campanello.

"Dove vuoi che vada da sola? Siamo in mezzo al nulla!"

Esclamò, indispettita come se fosse stato lui a chiederle di andarsene, quasi corse di nuovo congelata dal freddo rigido dell'inverno, verso la cucina.

"Devi chiedermi per caso qualcosa?"

Disse Robin ironicamente, mentre chiudeva la porta e la seguiva tornare di là.

"Si. Puoi darmi un passaggio a casa? Ho una riunione, sono il sindaco nel caso non lo avessi notato, non si fa niente senza di me!"

Robin annuì, era perfettamente in orario per il suo lavoro, aveva impostato la sveglia presto per svolgere la routine di sempre e non era un problema per lui continuare ad accudirla come faceva da un po' ormai.
Scomparì nella sua stanza, ritornando con il soprabito di lei, lei se lo mise, portò i capelli fuori in una mossa e lo guardò con aria interrogativa.

"Beh? Andiamo no?"

Così dicendo, provocò le risa di lui, che abbassò lo sguardo sulla sua canottiera bianca e il paio di pantaloni in pile, per quanto lo volesse, non poteva aiutarla in quel modo.
Regina fece lo stesso movimento seguendo con lo sguardo, alla fine aveva chiuso gli occhi, per smetterla di dargli la soddisfazione, riaprendoli quando non lo stava più fissando con quella curiosità anomala, l'effetto dell'alcol non c'era più e non  c'erano nemmeno giustifiche.

"Faccio la doccia, a meno che non voglia venire anche tu, credo che dovrai attendere."

Regina riprese capacità di ragionare proprio lì, quel genere di battuta aveva appena rovinato la 'magia', scosse la testa sicura, lui stava solo scherzando ma lei lo aveva preso seriamente, indietreggiò accorgendosi di star condividendo l'ossigeno insieme a lui, deglutendo piano.

"Sicura che non vuoi niente da mangiare? Ho fatto anche il caffè prima..."

"Vai a prepararti o farò tardi!"

Gli disse, puntellò un dito sul suo petto ma lo ritrasse subito dopo abbastanza pentita, era buffo da parte sua scherzare proprio sulla doccia, avrebbe avuto di che pensare alla sua prossima, mentre l'acqua le ustionava la pelle ancora una volta, ma ora doveva resistere in quella casa soltanto per poco ancora.
Quando rimase sola, un sorriso malvagio prese posto nel suo viso innocente, il telefono di lui era proprio lì, pronto per essere controllato da cima a fondo.
Le foto...certo, le 567 foto contenute nel suo rullino fotografico le avrebbero detto qualcosa sullo stile di vita dello sconosciuto che stava studiando, cominciò dall'ultima, tornando a intenerirsi come una stupida sulle foto del suo bambino, ritratto in molteplici occasioni, doveva essere molto importante per Robin.
Quando sentì la porta del bagno chiudersi, lei veloce si mise il telefono in una delle due tasche morbide del cappotto, sperando di non essere vista, decise d'impulso di mollare sul tavolo il suo iphone, di sicuro Robin non avrebbe notato la differenza, non dimenticava mai di cancellare eventuali dati privati; aveva bisogno di più tempo per esaminare da cima a fondo la vita dell'uomo che l'aveva ospitata.
Uscirono di casa dieci minuti più tardi, lui aveva indossato il suo completo grigio e la cravatta, spruzzandosi forse un litro di dopobarba, Regina che gli era seduta accanto lo sentiva come fosse impresso nella sua stessa pelle, non lo avrebbe mai ammesso, ma non era un odore così spiacevole.
Sotto indicazioni lui la portò a casa, lasciandola proprio sotto il vialetto, come fosse una ragazzina.

"Voglio che tu sappia Locksley, che non sai di cosa sono capace, perciò ti consiglio di non sfidarmi, non vorrei davvero che la promozione mancata fosse l'ultimo dei tuoi problemi. Non una parola su ieri sera."

"Regina?"

"Che c'è?"

"La parola che stai cercando è 'grazie'" 

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Capitolo 5
*** The guy with a lion tattoo; ***


I polpastrelli appartenenti alle dita affusolate di Regina Mills, si tenevano impegnati a scivolare da una parte all'altra rispetto allo schermo illuminato del cellulare che aveva preso a Robin.
La giunta comunale si era riunita per discutere di futili questioni relative alla festa che si sarebbe tenuta dopo Natale e tutto ciò che era relativo alle vacanze invernali.
Ormai da tempo era tradizione che si cercasse di sistemare al meglio tutta la piccola cittadina nei giorni festivi, attraverso lucernari e decorazioni colorate, ma Regina quasi non seguiva il filo della discussione.
Ogni tanto annuiva sommessamente a proposte che di certo avrebbe trovato ridicole se solo le avesse ascoltate davvero, ma la sua mente era del tutto orientata su quell'oggetto elettronico che le illuminava tutto il viso.
Aveva già osservato meticolosamente la galleria delle foto, ora era passata ai messaggi, ritrovandosi in una conversazione davvero monotona, quella con una certa Marian.
Si parlava sempre del piccolo, da chi o come avrebbe passato la notte, quanto sarebbe stato giusto regalargli una bici piuttosto che un'altra, la richiesta da parte di lei di non dargli sempre il gelato a merenda; tutti discorsi che Regina negli anni non aveva avuto occasione di tenere con qualcuno.
Con il suo piccolo non aveva chiesto aiuti, ne avrebbe mai potuto farlo, non si sarebbe mai fidata di nessuno, o forse non le si era mai presentata l'occasione.
Quando si rese conto che lì non avrebbe trovato niente, setacciò velocemente gli altri sms, controllò la rubrica e si accorse che fra i nomi compariva quello di Emma Swan; ecco trovata l'unica nota dolente che le fece irrigidire la mascella, serrare i denti.
Controllò meglio nei registri ma si accorse che non avevano mai comunicato, così velocemente entrò negli appuntamenti; ancora niente.
Era assurdo quanto quell'uomo la facesse innervosire anche senza esserci effettivamente.
Quasi lanciò sulla scrivania il telefono, sospirò mentre si accorgeva che tutti la fissavano, poi come se non le importasse minimamente, raddrizzò il vestito verde che stava indossando e si apprestò a uscire, con il telefono al suo seguito ovviamente.

"Vi verranno distribuite le idee che ho preparato con il progetto finale.
Grazie mille per la collaborazione, comunque."


Il brusio che lasciò in quella stanza non la sfiorò nemmeno, sapeva che non tutti brillavano dall'entusiasmo per il suo modo di gestire le cose, ma nessuno si era permesso di parlare quindi considerava la questione chiusa e pensava di poter andare avanti senza riparlarne mai più. 
Passò la sua intera giornata nel suo ufficio, avrebbe dovuto firmare alcune pratiche e occuparsi della supervisione di alcuni progetti che aveva chiesto di realizzare vicino ad un parco, ma il mal di testa, abbinato al nervosismo che uno schermo illuminato sapeva darle, le fecero combinare davvero ben poco.

Si presentò di fronte a casa di Robin alle 8 in punto, questa volta l'aveva raggiunta con la sua macchina, senza la minima difficoltà nel ricordarsi il tragitto, Regina si trovava già nel sul vialetto, con la mano insistente che batteva sulla sua porta.
Una pioggia di oggetti caddero per terra, dentro casa qualcuno aveva appena compiuto un movimento brusco, facendola sobbalzare dall'esterno.
Dopo qualche secondo, riconobbe la voce di Robin urlare un "apri tu?", così si era messa più dritta sull'uscio della porta, preparandosi a mangiarsi con lo sguardo la sfortunata donna ospitata nella sua residenza; proprio come era capitato a lei questa mattina.
Il suo sguardo incattivito, si sciolse non appena di fronte a lei non c'era proprio nulla, dovette abbassare di gran lunga la testa per osservare chi le aveva aperto una porta.
Un bambino, il bambino delle fotografie.

"Ciao."

Farfugliò sentendosi un po' in colpa per i suoi cattivi pensieri precedenti, lui era la cosa più carina che avesse mai visto, era davvero intenerita dall'ometto che le sorrideva mostrandogli due adorabili fossette, di certo era l'ultima persona su cui avrebbe voluto scaricare le sue frustrazioni.
Aveva sempre adorato i bambini, già dai tempi in cui aveva adottato il suo, era consapevole di non essere molto brava a relazionarsi con qualcuno quando questo qualcuno era al di sotto del metro e venti.
Non che gli adulti non le dessero i suoi motivi per riflettere, ma con i bambini non aveva motivo di difendersi, smetteva di avere paura e si ritrovava spogliata di qualsiasi cosa; lei non era niente senza la sua cattiveria, e di questo ne era convinta.

"Io sono Regina, il tuo papà è in casa?"

La manina del piccolo si infilò scaltra fra le dita del sindaco, che assisté passiva al gesto spalancando leggermente le labbra per via dello stupore, e si lasciò successivamente trasportare in un'altra direzione.

"Vieni 'Gina."

La porta fece un grosso tonfo, il braccino di Roland aveva spinto con tutta la sua forza per far si che si chiudesse.
La condusse nell'angolino in cui aveva allestito una vera e propria battaglia fra macchinine, robot e pupazzetti, ora accatastati uno sull'altro in ordine sparso.
Il sindaco in difficoltà provò a fermare Roland, ma poi sentendosi toccare le ginocchia, decise che sedersi per un attimo per terra non avrebbe fatto accadere nulla di male.

"Papà arriva presto, okay?"

Le disse comprensivo, con una maturità tale da renderla stupita; che il bambino avesse percepito la sua fretta di andarsene?
Forse voleva essere solo gentile.

"Tu sei Roland, è corretto?"

Il riccioluto annuii riprendendo la battaglia dove la aveva lasciata, sorrideva e le sue fossette, debolezza che Regina aveva constato già attraverso la supervisione delle foto di Locksley, la facevano sorridere inebetita, quel bambino era tenero, davvero troppo tenero per lei.

"Tu non giochi?"

Quando le venne posta quella domanda, Regina prese al volo il primo oggetto capitato a tiro, ritrovandosi con un dinosauro raccapricciante della dimensione del suo pollice, piazzato intorno alle dita.

"Grr"

Incespicò un verso animalesco scotolando il pupazzetto a destra e a sinistra, il bambino ridacchiò provocandole la stessa reazione buffa.
Robin che era solo a una rampa di scale da loro, sentii quella risata così spontanea e non poté fare a meno di sporgersi per realizzare con i suoi occhi che quella donna dalle mille risorse fosse anche capace di incantarlo, anche se in modo diverso.
Sospirò allontanandosi dal cornicione lentamente, sapeva che si sarebbe raggelata se solo lo avesse visto.
Indossò un maglione grigio caldo, consapevole che non fosse carino ripresentarsi a lei con la canottiera.
Aveva trascorso tutta la giornata con in mano un telefono che non era il suo, aspettando di vederla ritornare dopo il lavoro di entrambi, senza però mai permettersi di andare a curiosare all'interno, non erano fatti che lo riguardavano.*

"Regina!"

Esclamò, saltellando sui gradini che lo allontanavano da lei e da Roland.
La donna poggiò le mani per terra e cercando di non scivolare fra i giochi, si rimise dritta.
Incrociò le braccia intorno al petto, si era imbarazzata e adesso era sulla difensiva evidentemente.*

"Tu! Si può sapere dove diamine è il mio telefono?"

Disse abbassando lo sguardo sulle mani di lui, ora infilate all'interno delle tasche dei suoi pantaloni, non teneva addosso nessun telefono, e lei era impaziente a questo punto.

"Sindaco Mills. Buona sera!
Roland, le hai chiesto se vuole qualcosa da bere?"

Domandò l'uomo, non sentendosi affatto colpito dal suo saluto, ormai si era abituato a quel tono di voce che alludeva sempre alla sfida, che non si addolciva mai, a nessun costo.
Osservava il suo bambino scuotere la testa e recuperare il dinosauro prima scelto da Regina.

"No papà, però ha giocato insieme a me."

Robin sorrise al suo cucciolo carezzandogli la testa, quando si voltò verso Regina la trovò di fronte a se ancora a braccia incrociate, a questo punto stava battendo un piede sul pavimento, in attesa.

"Vuoi niente da bere?"

Regina alzò gli occhi al cielo, dopo tutto quello che aveva bevuto la notte prima, pensare di continuare a farlo, le metteva solo un forte senso di nausea, questo lui però lo aveva capito, non era intenzionato a offrirle niente di alcolico, ne di farla arrabbiare.
Per provocarla bastava guardarla nella maniera più spontanea possibile, non c'era bisogno di molto altro, ma non era quello il caso, o almeno non ancora.

"Ho acqua, succhi di frutta, se siamo fortunati dovrei avere anche la limonata!"

Regina scosse la testa lentamente, desiderava solo andarsene, abbassò le braccia e come risposta alla sua affermazione, recuperò dalla tasca il cellulare e se lo mise sul palmo della mano.

"Limonata? Mi piace la limonata"

La sua risposta sorprese entrambi, lui camminò in direzione della cucina e lei rimase ferma per un attimo, prendendosi il tempo per riassorbire il colpo che si era data da sola; ma che stava facendo? Doveva solo riprendere il suo cellulare.
Fece ricadere quello di Robin nella tasca e lo seguì in cucina, poggiando quasi subito le braccia sul bancone, lo osservava versare due bicchieri di limonata fresca.

"Hai fame?"

Regina scosse la testa, introducendo le labbra nel bicchiere sorseggiò la limonata, lui si accomodò accanto a lei, la osservava silenziosamente, quasi come se aspettasse che lei cominciasse a spiegargli per quale motivo strano aveva deciso di prendersi il suo cellulare, senza farle pressione.

"Allora.... Hai trovato quello che cercavi nel mio telefono?"

Lei quasi si affogò con la limonata, Robin si era avvicinato al suo volto in un modo che la fece terrorizzare, pensò che stava per baciarla ed era così tanto rapita da quel movimento che probabilmente non ce l'avrebbe mai fatta a fermarlo.
Come un ladro le sembrò che stesse per alzarle il vestito o metterle le mani addosso, e stava così bene e male contemporaneamente che lo sperò, c'era un bambino di là ma la mano stava scivolando sul suo fianco e la sensazione era diventata inequivocabile, le sue gote scottavano.
Ridimensionando i suoi viaggi mentali, si accorse che lui aveva semplicemente infilato la mano nella tasca della giacca.
Con una lentezza quasi dolorosa per Regina, si riprese il cellulare, poggiandolo sul bancone si allontanò di nuovo da lei, lasciandola in balìa di quei pensieri.
Il sindaco non si aspettava quel tipo di domanda, ne di ritrovarsi a smaltire quel tonfo che era precipitato sul suo stomaco, ma al contrario delle aspettative, riconobbe sul suo volto un sorrisetto.
Non si era arrabbiato, ne scomposto più di tanto, un gesto subdolo come quello dello scambio dei telefoni era all'ordine del giorno per lei, ma non aveva mai dovuto giustificarsi, sino ad allora.

"Non cercavo proprio niente. È stato un incidente Robin..."

Esclamò, con un tono di voce tale da mostrarsi come l'unica vittima della situazione, si morse le labbra e sospirò, evidentemente ancora accaldata.
Poggiò la mano su quella che lui aveva messo nella sua tasca, lo osservò silenziosa per qualche secondo e inclinò il capo per gustarselo meglio.

"Perché conosci Emma Swan?"

Regina sbottò rendendosi conto che in quel silenzio assordante, aveva trovato il coraggio di tradire se stessa, che sapere quello era l'unica cosa di cui le importava qualcosa.
Robin guardò la sua mano, ora tenuta ferma sotto a quella più minuta della mora, aveva interpretato il gesto come un suo modo di chiedergli di stare al suo posto, non era un tipo che seguiva quegli ordini, ma era stata tenera per una volta, e ora si graffiava con i denti le labbra, aspettando che in qualche modo rispondesse, doveva essere davvero gelosa di Emma.

"È il vice sceriffo, ogni tanto collaboriamo se un mio assistito è nelle sue prigioni."

"Okay"

Robin voltò la mano, così da rivolgere il palmo in avanti, e stringerle la sua, rimasta disponibile, non aveva incontrato resistenza.

"Altre domande milady?"

Regina abbassò lo sguardo sulle mani, spalancando i suoi occhi scuri dovette trattenere il colpo, sul polso di quel Robin c'era un tatuaggio.
Un tatuaggio scuro, dentro a uno stemma dalla forma regolare, si intravedeva a chiari segni un leone, lo stesso leone da cui lei era scappata quando Trilly le aveva servito su un piatto d'argento il lieto fine.
In lontananza sentì la voce di Robin, che le chiedeva se stesse bene, si era ammutolita tutto in una volta.
Si alzò dallo sgabellino senza rispondere più, liberandosi da quella presa ora soffocante.
Voleva seguire l'unico impulso che avesse ricevuto dal suo corpo, in quegli istanti interminabili si era accorta che non poteva fare altro che correre via, nello stesso modo in cui aveva fatto di fronte alla taverna, no, più veloce se fosse stato possibile.
Gli diede le spalle e raggiunse l'uscita, lasciando Robin ancora più confuso, i misteri avvolti dietro a quella figura dovevano essere molto più di quanto immaginasse.
Sorrise fra se e se, involontariamente lei aveva continuato a lasciare nelle sue mani, il suo cellulare.

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Capitolo 6
*** It's just a date-pt.1; ***


"Sicuro che non vuoi aiutarmi? Ti piaceva tanto..."

Regina stroncò così la sua frase, assottigliando lo sguardo che cercava di non spostarsi mai dall'impasto con le gocce al cioccolato che aveva appena cominciato a mescolare con una paletta per non sporcarsi le mani.
Più cercava di convincersi a farsi forza per superare quel periodo, più diventava impaziente.
Henry le diede le spalle scocciato poco dopo, e saltellò sui gradini che lo avrebbero condotto nella sua camera.
Ogni anno da quando era piccolo, Regina a Natale gli permetteva di fare le formine ai biscotti, cosa che in condizioni normali vietava categoricamente per evitare che rimasugli di farina precipitassero sul suo pavimento immacolato per quanto lucido.
E adesso niente Henry. 
Niente umore adatto. 
Niente falso spirito del Natale.
Non era una cosa a cui teneva molto, così aveva pensato fino a pochi secondi prima, quando legarsi al collo e sulla vita i lacci di un grembiulino, le era sembrata la migliore delle idee.
Aprì il forno impostando il timer a venti minuti più tardi e lasciò che il suo fondoschiena si appoggiasse con delicatezza sul bancone di fronte all'elettrodomestico che doveva tenere d'occhio.
Gli avrebbe portato un bicchiere di latte, qualcuno dei biscotti che aveva con tanto amore modellato a forma di omino, e gli avrebbe gentilmente chiesto di ignorare le loro ostilità almeno per quella sera, di comportarsi da madre e figlio perché sentirsi odiata da lui era sfibrante e ne aveva bisogno.

"Io non sono cattiva"

Disse serrando strettissima la mascella, aveva pensato tanto intensamente alle convinzioni dolorose del suo piccolo, da non accorgersi di aver pronunciato quelle parole a voce alta.
Sorrise su quello che c'era di fronte a se, sentendo il profumo del suo perfetto intruglio al cioccolato si accorgeva che non mancava poi molto, che poteva provare a parlare di nuovo a Henry finalmente.

"Graham"

Biascicò con convinzione il suo nome, il campanello aveva appena emesso soltanto due squilli e lei non stava aspettando proprio nessuno.
Nella penombra del tardo pomeriggio invernale, Regina raggiunse l'ingresso con la sola compagnia dei suoi tacchi squillanti che battevano sul pavimento, aprì la porta dopo aver sospirato di nuovo; non aveva voglia di farsi vedere da lui così sola.
Quando però capì di essere di fronte al re dei ladri della sua sanità mentale, sorrise senza alzare abbastanza lo sguardo per cercare i suoi occhi.

"Buonasera milady"

Lei continuò a sorridergli senza guardarlo poi così bene in faccia.
Ricordava che l'ultima volta che si erano visti, era scappata via a gambe levate, non ne andava fiera.
Negli ultimi giorni aveva avuto modo di razionalizzare l'attrazione magnetica che lui creava quando si posizionava a un passo dal suo sguardo; e aveva preso la conveniente decisione di non cercarlo più.
Sapeva di non potersi sentire soffocare ogni volta che ripensava al tatuaggio che aveva in bella vista sul braccio, non era una femminuccia così debole.

"Posso fare qualcosa per te Locksley? Ti sei accorto che è Natale?"

Acidamente abbassò la testa sulla sua camicetta coperta dal grembiule da cucina, per mostrargli che lei stava facendo qualcosa e di essere impegnata.
Che bisogno c'era di ricordargli di essere scappata senza motivo?
Voleva essere quella tutta di un pezzo, come sempre se non di più.

"Sono io che posso fare qualcosa per te"

Disse lui, e senza chiederle il permesso avanzò di un passo ritrovandosi all'interno di casa Mills.
Aveva aspettato un po' di giorni in attesa che fosse sempre lei a tornare, ma poi quando si era accorto che neanche il telefono che stava custodendo in un cassetto l'aveva spinta in sua direzione, aveva constatato di non poterne fare a meno.
La conosceva così poco però aveva così tanta voglia di sapere di più che non gli importava molto il suo stupido permesso ad entrare.

"Hai cucinato una torta?"

Le domandò vedendo che lei ancora impassibile, non aveva molta voglia di fare domande o stuzzicarlo facendo le sue battutine sarcastiche, eppure lui adesso era dentro al suo spazio senza averglielo chiesto.

"Biscotti"

Regina chiuse la porta d'ingresso e camminò in direzione cucina senza aggiungere altro, lui ormai era dentro quindi tanto valeva aspettare di scoprire se avesse o meno i motivi giusti per non farle desiderare di possedere un lancia fiamme.
Tolse dal forno la teglia e gli fece cenno con la testa di avvicinarsi, ora non era più tanto spavaldo e se ne stava sulla porta a fissarla.

"Cosa sei venuto a fare per me?"

Gli domandò smettendola di trattenersi, voleva saperlo e voleva smetterla di sentirsi così a disagio.
I buoni vincevano sempre e Regina aveva ribaltato le cose, Robin doveva essere la sua seconda opportunità e lei in passato aveva ribaltato le cose.
Solo per il leone Regina non poteva dire che sarebbe andata nel modo in cui andava classicamente, lei poteva controllarlo senza controllarsi, o almeno così voleva cominciare a vederla adesso.

"Ti ho portato una cosa"

Regina lo osservò avvicinarsi alla teglia, quindi di conseguenza a lei, aveva tutta l'aria di uno che era in vena di confessioni e lei non voleva sentire niente di tutto questo.
Lui prese dalla sua tasca il telefono di Regina e lo lasciò sul bancone, non aveva molte altre scusanti per rimanere ma ormai aveva fatto, quindi poteva aggiungere dell'altro per cominciare a farsi capire.
Flirtare con quei pozzi marroni che erano i suoi occhi era tanto, molto ammaliante sotto diversi punti di vista ma era il caso che lei sapesse di essere al centro di pensieri anche di altro genere, di non essere semplicemente un corpo su cui si provava attrazione di passaggio.

"Vuoi un biscotto?"

Chiese lei, guardandolo negli occhi per la prima volta.
Aveva fatto bene ad entrare perché lei da sola non glielo avrebbe permesso, e adesso stava cercando di convincersi che sentirsi attratta da lui, non doveva essere per forza una condanna.
Lui annuì, poggiando una mano sul bancone della regina cattiva si sporse per guardare meglio la teglia.

"Penso che io e te dovremmo uscire una volta"

Robin così le disse, mentre lei prendeva una paletta di metallo per non scottarsi con il biscotto che voleva offrirgli.
Si voltò lasciando il suo dolcetto fermo sullo strumento da cucina che aveva in mano, per aggrottare le sopracciglia, non disse nulla perché voleva dire soltanto si e al tempo stesso non voleva dargli quella soddisfazione.

"Potresti spiegarmi di fronte a una cena lume di candele cosa è successo l'altro giorno e poi milady... Devo confessarti che mi sei mancata"

A quel punto Regina si voltò veloce verso i suoi biscotti, ne fece cadere uno in un tovagliolo e glielo porse cercando di rimanere normale.
Spiegargli quello che era successo era fuori discussione, evitare di sentire i bruchi solleticarle lo stomaco era ancora più utopistico.

"L'altro giorno non è successo niente, avevo delle cose da fare e flirtare con te non era possibile, me ne sono andata prima che potessi perdere altro tempo"

Spiegò accorgendosi solo alla fine di aver detto quello che aveva detto, e di averlo fatto in un modo così spavaldo da non risultare nemmeno un po' scherzosa.

"E poi non vedo perché dovremmo cenare insieme"

Aggiunse senza indugio, dopo essersi ripresa dallo shock iniziale, Robin poggiò il biscotto sul tavolo e le si avvicinò senza averlo nemmeno osservato bene, non gli importava molto.
Sorrise ammiccante e come risposta iniziale, prese una ciocca di capelli di Regina fra le dita e se la accarezzò rotolandola sui polpastrelli, il volto di lei era rimasto così ammaliato da essere più che certo che non aveva le visioni quando notava di non essere il solo a sentire quello che sentiva.

"Dovremmo cenare insieme per questo, milady"

"C-c'è mio figlio al piano di sopra"

Disse riuscendo a malapena a indietreggiare di un passo, il cuore le pulsava veloce nello stomaco ed era prossima a saltargli addosso, a sfogare su di lui tutta la tensione che era capace di creare con quegli occhietti brillanti, aveva bisogno di un qualsiasi espediente per impedirgli di fare quello che voleva.
Robin annuì assestando il mento solo dopo due movimenti del viso, per un attimo desiderò di rimanere a festeggiare il Natale insieme a lei, di non aver necessariamente bisogno di poterla toccare per giovare della sua presenza. Roland era via e lui non aveva programmi, se non quelli di aspettare che quell'incontro giungesse alla fine godendoselo a pieno.

"Magari un drink posso concedertelo" 

Regina allungò la mano verso il biscotto di lui, ne staccò un pezzetto e se lo portò vicino alla bocca per mangiarlo, con nonchalance gli proponeva di incontrarla a metà strada e di farlo continuare a fingere che non fosse arrossita già da un po'.

"O magari puoi concedermi quella cena. Facciamo venerdì?"

Robin alzò una spalla e assaggiò un pezzetto di biscotto per imitarla.
Non era spaventato di ricevere un no, non l'aveva mai vista così presa da lui ed era sicuro di averla convinta.

"Facciamo che adesso vai via? È la vigilia di Natale e ho tanto da fare!"

Robin annuì sorridendole, era il suo tono abituale e anche se sembrava arrabbiata, poteva ancora pensare che stesse fingendo.
Era solo una cena, erano solo due persone che si piacevano e il suo complicare le cose in maniera esagerata, non aveva fatto altro che spingerla di più fra i suoi pensieri.
Si voltò di spalle capendo che non sarebbe stato accompagnato fino all'uscita, poi però si fermò sentendosi fermare da un braccio.

"Okay ma non fare tardi, metterò un bel vestito quindi non scegliere la nonnina o un pub squallido.
E cerca di non farmi cambiare idea"

Così gli si arrese, ottenendo come premio un bacio sulla guancia del quale accarezzò il ricordo, con le dita che toccavano la pelle che era stata solleticata dalla sua barbetta.
Incredula delle sue stesse parole rimase ferma ad osservare la porta.


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Capitolo 7
*** It's just a date-pt.2; ***


Un appuntamento.
Uscire per un appuntamento, accettare l'invito per un appuntamento, avere quel tipo di rapporto con qualcuno.
Regina non era riuscita a pensare ad altro per tutta la durata delle sue due giornate natalizie.
Era una donna matura, che era stata sposata ad un re e aveva scelto fra i più affascinanti degli amanti, ma di certo un'esperienza simile ancora le mancava.
Si stava ripetendo a mente che non era nulla di che, era riuscita anche a tranquillizzarsi sulla presenza del tale che sapeva disorientare i suoi pensieri, adesso ciò che le faceva rabbia era il sentimento della prima esperienza.
Perché aveva così tanti trascorsi alle spalle da sentirsi semplicemente ridicola ad averlo visto soltanto nei film, che fra l'altro non erano mai stati una sua grande passione e per questo non aveva colto moltissime informazioni, Regina provava ansia verso quello che non poteva controllare.
Era una cena dove due persone sistemavano al meglio loro stesse e passavano il tempo a conversare della loro vita e dei loro interessi, senza attaccarsi o punzecchiarsi con toni più aspri per tutto il tempo.
Ed era questo che Locksley voleva da lei? Che diventasse buona e cara per una sera? Che si aprisse e gli raccontasse qualcosa? 
Non poteva fare a meno di chiedersi come fosse possibile che qualcuno potesse desiderarla in quel modo senza nascondere alcun sotterfugio dietro le spalle.
Non avrebbe mai dovuto accettare, non c'era solo l'ansia a costringerla, a farle sentire di aver sbagliato.
Lei non voleva affatto parlare, non voleva affatto immaginare di poter essere presa in giro, non voleva neanche pensarci a quel tavolo illuminato dalla luce di una candela, e al sottofondo musicale smielato, che con lei c'entrava poco e niente.
Si accomodò sul letto con le mani sulle ginocchia e un ghigno si impossessò delle sulle labbra che aveva colorato di un rosso scurissimo soltanto per lui.
Per quanto fosse stata ridicola ad illudersi che potesse andare bene, e per quanto adesso se ne fosse resa conto, era stata capace di rincuorarsi con poco.
Non ci sarebbe stato alcun appuntamento.
Lei era la regina cattiva e non aveva affatto tempo di pensare a queste cose, non era nata per corrodersi lo stomaco per colpa dell'ansia che sarebbe stata bene solo a una ragazzina sciocca senza la minima consapevolezza, non era nata per andare ad un appuntamento.
Ed ecco che subito di sentì bene, di nuovo riusciva a prendere controllo di se e a guardarsi nello specchio riuscendo a riconoscersi.
Aveva impiegato circa due ore per farsi bella; indossava un vestito rosso lungo fino a poco dopo il ginocchio, con una scollatura triangolare che le scopriva la schiena, una giacca con le maniche di pelle per proteggersi dal freddo, qualche litro di profumo e un paio di tacchi alti.
Si sentiva affascinante e finalmente sicura di se, adesso di nuovo come era stata abituata, avrebbe fatto quello che avrebbe dovuto fare sin dall'inizio, un desiderio che stava facendo di tutto nella sua mente confusa, per essere esaudito, doveva concretizzarsi.
Regina prese la borsa, le chiavi della macchina, salutò Graham ed Henry, e scappò via, senza soffermarsi molto su dell'altro ancora.

Robin Locksley stava facendosi la doccia quando Marian passò per prendere Roland.
Per quella sera aveva programmato del tempo prezioso per riuscire a risolvere tanti enigmi su Regina, e capire quanto quell'attrazione così inevitabile avrebbe potuto cambiargli la vita. Usciva spesso con le donne ma con lei era diverso. Sapeva che non sarebbe stato affatto facile, ma gli piacevano le sfide, e aveva compreso che la bruna stesse soltanto cercando di trattenersi.
Una cosa del genere non poteva che essere vissuta da due persone, non era servito molto altro rispetto al "si" con il quale aveva acconsentito a passare quel 26 Dicembre insieme, a fargli capire che la poveretta fosse davvero interessata a lui, senza poterlo evitare.
Lasciò il bambino felice fra le braccia della madre e tornò a prepararsi, chiedendosi se fosse o meno il caso di levarsi quella barbetta che lo contraddistingueva dalla faccia.
Aveva scelto un ristorante non molto lontano da casa sua, aperto da poco era il massimo se si desiderava passare una serata fra le mura di un locale che si prometteva come il più sofisticato di tutta Storybrooke.
Per come immaginava fossero i gusti di Regina, sperava di aver soddisfatto le aspettative che aveva messo in gioco quando gli aveva promesso che avrebbe scelto un bel vestito.
Riuscì a malapena di finire di abbottonare tutta la sua camicia bianca che di nuovo qualcuno bussò alla porta.
Regina, bellissima nel suo vestito in bella mostra grazie alla giacca riposta sul suo braccio e in sorprendente anticipo, nel posto sbagliato e con un espressione un po' diversa rispetto a quello che si aspettava.

"Credevo di doverti venire a prendere io..."

Robin non era affatto infastidito da quella presa di posizione, era solo sorpreso di vederla lì, disorientato dalla bellezza di quella donna che se lo stava già divorando con gli occhi.
Regina entrò, poggiò la giacca senza smettere di fissarlo e si avvicinò, molto di più di quanto non ne avesse mai avuto il coraggio.
Intorno a loro l'atmosfera calda che a casa Mills mancava, un albero di Natale dalle lucine colorate lampeggianti e il calore familiare, tutto era perfetto per lei, che se avesse potuto invece avrebbe desiderato che così non fosse, non era corsa lì per sentirsi a casa.
Non era corsa lì per sentirsi paralizzata, troppo vicina alla fonte dei respiri profondi del suo Ladro per potersi ritirare.
Non era corsa lì per l'appuntamento, e quello sguardo infuocato lo faceva intuire bene.

"Vuoi ancora preoccuparti di queste cose?"

Chiese con aria di sufficienza, mentre piano vedeva gli occhi di Robin chiudersi, accadeva ogni volta che diminuiva la distanza più trattenuta che c'era fra loro.
Prese le mani di lui e se le mise addosso, sulla schiena scoperta.
Non aveva preventivato quanto avesse voglia di baciarlo prima di arrivare, ne quanto stava sentendo il bisogno di aspettare sentendosi sollevare da terra ogni volta che lui reagiva sussultando a un suo avvicinamento.
Dondolò sui tacchi un altro paio di volte, era bastato che Robin scuotesse la testa per rassicurarla che non avrebbe parlato più per renderla sicura che questa volta non sarebbe rimasta frustrata e a mani vuote come al solito con lui.
Questa volta sarebbe andata bene, dopo si sarebbe sentita meglio e sarebbe stata appagata.
Niente più docce sognanti ne pensieri strani, si sarebbe liberata di quell'attrazione solo permettendole di concretizzarsi.

"Regina..."

Quel sussurro flebile e dolce, fece chiudere gli occhi anche a lei per la prima volta. 
Tempo un secondo e si stavano baciando di comune accordo, totalmente persi l'uno nell'altra, appassionatamente come se non volessero perdersi mai più.
Regina lo osservò senza fermarsi, sentendo gli occhi bruciare si chiese se non fosse stato meglio andare subito al dunque, neanche quello era stato da lei immaginato, ma le sue gambe tremavano e non ce l'avrebbe fatta più a contenersi.
Identificava l'attrazione come un fastidioso prurito, desiderava saltargli addosso e al tempo stesso non ce la faceva neanche a muoversi di pochi passi.
Una cosa che sapeva era che la sua iniziativa, si era bruciata all'istante.
Regina sarebbe stata tutta sua e non il contrario, per quel tempo indeterminato avrebbe abbassato le sue difese, lo aveva già fatto.

"Qualcosa non va'?"

Robin accarezzò con il palmo della sua mano la sua schiena nuda, delicatamente.
Osservando quegli occhi scuri inumidirsi si chiese se non fosse arrivata lì prima semplicemente per trovare una spalla su cui piangere.
Non evitò di sorriderle intenerito, qualsiasi cosa fosse non avrebbe mai sminuito quei baci, sapeva perfettamente di non essere stato colto da una leggera cotta, ma non voleva ancora parlare, non tramite le parole.

"Non è niente. La camera da letto?"

Robin scosse la testa increspando le sopracciglia e aggrottando la fronte, mentre continuava a sorriderle però, provò ad asciugare una lacrima piccola che stava bagnando il suo zigomo.
Non avrebbe obiettato sull'iniziativa della sua dama, poteva essere davvero la volta buona per potersi mettere a nudo.
Allungò le braccia verso al suo fondoschiena facendola sollevare, poi con lo sguardo fisso e il naso comodo sull'incavo del suo collo, si impegnò a stringerla forte per non farla cadere.

"Che cosa fai?"

Regina mosse di poco il collo, prese la sua faccia con la mano e quasi gli impose di guardare dove stava mettendo i piedi, pochi attimi prima per poco non cadeva nel bel mezzo del salotto, a pochi centimetri dall'albero agghindato.
Gli baciò le labbra ancora, graffiandosi tutto il viso che non voleva altro che sentirsi punto e strofinato dalla sua barba. Le bruciava, le piaceva.

"Attento"

Sussurrò, perché sollevata da terra, sentiva i passi rimbombare sulla lunga scalinata, cadere e spezzarsi il collo proprio allora sarebbe sembrato uno spreco.
Quando arrivarono al piano di sopra, lui non la lasciò mai poggiata per terra, passò a graffiarle il collo assaggiando la sua pelle profumata, di baci e di morsi fino a far sì che il suo capo si arrendesse e si buttasse all'indietro, donandogli il tempo e lo spazio di continuare, la poggiò al centro del suo letto.
Gli occhi semi chiusi di Regina non indicavano molto, lo osservavano mentre giaceva sdraiata, non gli toccava più nemmeno le spalle, quasi desiderava gustarsi la scena per un po' di tempo, non era abituata a tutte quelle attenzioni, sentirsi così amata addolcì di molto i suoi ultimi pensieri.
Inarcò il suo corpo, puntellò i gomiti e indirizzò le dita sulla chiusura del suo vestito, voleva abbassarselo da sola e sentire quella barbetta tanto odiata toccarla ovunque, che i baci non si fermassero mai.
Come se la avesse letta nel pensiero, Robin poggiò le mani sulla sua schiena nuda e la sollevò di un po', accomodandosi più sopra del suo bacino, la mantenne quasi seduta.
La resse solo con il mento puntellato sulla sua spalla fin quando non ebbe abbassato totalmente la zip, permettendosi così di tirare il vestito via, lasciandolo a pochi metri da loro ai piedi materasso.
Si sedette esattamente sul suo bacino, cercando di non schiacciarla troppo.
Il suo corpo era bello esattamente come lo aveva immaginato, non si stupì affatto in quella stanza controluce, di vederla desiderare che lui si premesse completamente addosso alla sua figura ben più esile, non era più tanto intimidita la sua Regina.
Mosso dal desiderio che faceva formicolare tutto ciò credeva fosse suo, partì dal fianco destro fino a raggiungere il seno coperto dal tessuto ricamato dei suoi indumenti intimi. Tastava e sperimentava soltanto con le sue labbra affamate, baciandola e ribaciandola.
Quel contatto che la faceva sussultare, cessò di esistere soltanto perché le sue labbra marchiate da una graziosa cicatrice, desideravano le stesse attenzioni, e fameliche volevano anche un milione di altre lusinghe.
Aveva quasi dimenticato di quanto fosse bello baciarsi, di quanto questo potesse mancare fra due persone che non provavano niente.
C'era stato bisogno di Robin per risvegliare il desiderio di essere di nuovo accarezzata, sempre di lui per diventare così bisognosa di gesti che non mirassero soltanto a ottenere un po' di vacuo piacere reciproco.
Sapeva che la sua intimità stava fremendo ma le piaceva che fosse tutto così lento e difficile da sopportare, così intimo da farle sentire che fare qualcosa per la prima volta potesse sembrare la più bella delle cose, non la più difficile da gestire. 
Volontariamente spinse il bacino verso quello coperto di lui e si mosse di poco, lasciandosi scappare un secondo in cui in preda alla più totale eccitazione, spalancò le labbra e fece uscir fuori due gemiti inconfondibili, due gemiti rivolte alle orecchie dell'uomo che la stava adorando così.
Sorrise a lui che aveva interrotto il loro bacio ricambiandola con lo stesso movimento del bacino, poi cercò di mettersi di nuovo seduta.
Quando lui la aiutò spostandosi, Regina poggiò le gambe scoperte sulle sue e cominciò a sbottonargli la camicia, a giudicare dal numero imperfetto di bottoni messi al loro posto, non lo aveva trovato a torso nudo soltanto per pochi minuti.
Uno sguardo reciproco profondissimo la fece fermare.
Quanto era bello essere osservati in quel modo? 
Era arrivata per esaudire un desiderio come per magia e si era ritrovata a esaudirne di altri.
Quelli che si nascondeva tutte le volte che si picchiava sulla pancia per farlo smettere di essere fra i suoi pensieri, desideri inconfessabili che avevano lo stesso sapore dei suoi baci e al tatto, la stessa sensazione di una barbetta ispida che le si premeva sulla pelle.
Poggiò un palmo della sua mano su quel petto che già conosceva come a memoria e fece sì che questa volta fosse lui quello che doveva sdraiarsi, sbottonò i suoi pantaloni eleganti e tolse la cintura dal suo passante, poi glieli sfilò standosene seduta, proprio sulla sua intimità.
Lo aveva fatto un milione di volte, ma mai con nessuno aveva sentito quanto le importasse, era così presa che non si immaginava neanche di essere ancora in tempo per scappare, sarebbe stato un ritornare al punto di partenza, un errore.
Voleva guardarlo bene negli occhi, ricordava di averci visto riflesse tante cose, quasi come fossero davvero l'oceano dove lo aveva incontrato per la prima volta, e adesso era lei stessa quello che voleva vedere.
Dalla sua vita aveva ottenuto tutto ciò che desiderava, ma voleva vedersi riflessa nello sguardo forse più ingannevole di tutti, ma pur sempre l'unico capace di farla piangere senza motivo.
Negli istanti successivi le sue mutandine e i boxer di lui avevano toccato terra, e lei gli si era accomodata sopra, richiedendogli di nuovo di mettersi seduto.
Piano sentì di essere pienamente al centro del suo desiderio fremente.
Era sicurissima di aver sentito le sue guance avvampare ma non gli aveva staccato gli occhi di dosso, aiutata dalle mani di lui che le tenevano il fondo schiena, cominciò a spingere timidamente, come non aveva mai fatto prima di allora, quasi come se non volesse farsi male.
Robin riuscì a raggiungere i gancetti del suo reggiseno e senza permetterle di fermarsi lo mise via, aggrappandosi dalla sua schiena per facilitarla, mise il viso sullo sterno scoperto della regina.
Era congelata. Pelle fredda come poteva sembrare freddo il suo animo, spettava proprio al calore del suo respiro, come spettava a lui stesso farla scongelare, insieme potevano essere felici, lei poteva liberarsi della sua barriera e permettergli di riscaldarla una volta per tutte.
Ella spinse ancora e ancora, con l'insicurezza di una persona che non sapeva cosa volesse dire sentirsi amati, pronta a chiedergli di baciarle le labbra ogni volta che al piacere che stava provando, si alternavano momenti in cui sentiva che non poteva trattenersi dal piangere.
E lui la rassicurava, sentendola gemere così silenziosamente dal doversi sforzare per riuscire a sentirla, con le labbra e le mani pronte per accarezzarla e stringerla in una presa non troppo decisa.
La amava, come se una conoscenza sbucata dal nulla, gli stesse suggerendo che ne avesse bisogno, lei come nessun altro.

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Capitolo 8
*** Morning again; ***


Regina aprì un occhio alla volta, dopo aver preso un po’ di tempo per smetterla di trattenere il fiato. Ricordava benissimo di essersi addormentata fra le lenzuola di Robin, non era stato necessario prenderne coscienza. Sgattaiolò via dal braccio che le cingeva saldamente la vita, il suo respiro sul collo l’aveva resa lusingata in un certo senso, ma era ora di tornare sul pianeta terra. Per quanto fosse stato bello rovinare i suoi piani ed essere letteralmente amata per tutta la notte, era già razionalmente pronta ad inventare tante scuse, mentire sulla sua serata romantica e proseguire con la sua giornata lavorativa, come nulla fosse accaduto. Guardò il pavimento ancora un po’ intontita dal sonno, e raccolse la terra la camicia bianca di Robin, abbracciandovisi dentro, per non andare in giro per casa con addosso soltanto il sorriso. Che scema si sentiva, a sorridere di cuore con il colletto tenuto stretto fra le sue dita, le spalle rivolte verso l’alto e il naso immerso nel profumo di Robin, per lei inconfondibile ormai. Camminò a piedi nudi con passo felpato per non disturbare il suo sonno, e andò al piano di sotto, per cercare il necessario per fare il caffè. 

Dopo aver passato un paio di minuti ad osservare il vuoto, con le mani cinte sui fianchi e lo sguardo fisso sullo stesso punto, cercò la macchinetta del caffè del suo nuovo amante, sperando ardentemente di riuscire a riprendersi da quello stato.

Prese una tazza da una credenza di legno bianco,osservando poi e con attenzione, tutti gli oggetti che c’erano dentro; aveva riconosciuto una tazza con dei supereroi che non le erano assolutamente nuovi; quelle cose di cui si ostinava ancora nel non ricordare il nome, piacevano tanto a Henry, era carino che entrambi stessero crescendo da soli\o quasi, dei bambini adorabili. 

Versò dell’acqua calda nella tazza, così intenta nel procedimento da non accorgersi quale fosse il motivo dei suoi brividi, presenti in massiccia ondata, da un secondo all’altro, su tutto il suo corpo congelato.

Si mise un po’ più dritta, sussultando giusto un poco, mentre la camicia bianca che la copriva morbida saliva scoprendole leggermente le cosce, e delle mani si posavano decise sul suo ventre, attirandola di un passo all’indietro.

 

“Buongiorno”

 

Disse Robin da dietro, con una dolcezza tale da farla continuare a sorridere sognante, e mettendo subito dopo la testa comoda nell’incavo del suo bel collo, la sua pelle questa volta, era deliziosamente tiepida.

 

“Giorno”

 

Ripeté lei, mettendo dopo qualche secondo, le mani su quelle di lui. Le strinse nei palmi decisamente più piccoli, e gli fece così allentare quella presa, per permettersi di smetterla di dargli le spalle, e provare a osservarlo bene, magari senza arrossire. 

Si guardarono per qualche secondo senza dirsi nulla, accarezzandosi reciprocamente le spalle, come a dire qualcosa che lei di sicuro, non avrebbe mai avuto il coraggio di ammettere. Conoscendola non poi così bene, Robin non faceva fatica a immaginare quanto con calma dovesse procedere, prima di vederla scappare via in un secondo. Il sorriso di lei lo rassicurò, la sua mano minuta sulla sua guancia, gli diede lo slancio necessario per decidere che era arrivato il momento di salutarla come meglio credeva avrebbe dovuto fare. Non aveva mai visto quelle labbra così perfette senza quel filo di rossetto intenso e un po’ provocatore, e si rendeva conto di quanto così le preferisse, osservandole senza mai smettere, fino a quando con le sue, era arrivato a farle combaciare alla perfezione. 

La regina cattiva intrappolò fra le sue labbra morbidissime quelle di lui, indietreggiando il necessario per abbandonarle, dopo averle assaporate di nuovo.

 

“Non pensavo ti saresti svegliato tanto presto.”

 

Disse ancora con gli occhi chiusi, lasciando che lui intrufolasse le mani sotto alla sua camicia, accarezzandole i fianchi senza poi tanta malizia. Ella inclinò la testa, e gli sorrise assottigliando lo sguardo, non aveva ricevuto risposta, ma le carezze le erano ben gradite.

 

“Puoi accompagnarmi a casa?”

 

Comprensiva assestò il mento e batté per un paio di volte le ciglia, prima di lasciare gli occhi ancora aperti in una fessura, Robin non l’aveva mai sentita parlare con nessuno così–, non con così tanto tatto. 

 

“Ovunque tu voglia, milady” 

 

Lei alzò lo sguardo per guardarlo male, non aveva mai tollerato quel nomignolo, ma quello spiccato accento britannico, adesso non era più molto fastidioso, fallì, fallì miseramente, finendo per rivolgergli uno sguardo piuttosto assopito, benevolo.

Mordendosi le labbra, si avvicinò per poggiare la sua fronte su quella dell’arciere, non aveva fretta di scappare via, non aveva priorità che non fosse quella di assaporare una sensazione del tutto nuova.

Lontana dall’ordinario, totalmente lontana anche dai bersagli che vigilavano il suo controllo, forse avrebbe rovinato tutto–come andava di solito, ma per adesso almeno, era certo che tutto fosse vero. Robin era davvero lì, a sollevarla letteralmente da terra per farla posare gentilmente sul bordo chiaro della sua cucina, a qualche metro dai fornelli ancora spenti.

 

“Ma prima…”

 

Regina aprì le gambe per ospitarlo in mezzo, circondata dalle sue mani che facevano peso sul bancone dove era stata messa seduta.

 

“Prima vuoi… prepararmi la tua colazione ipercalorica?”

 

Chiese lei, avvicinandosi al suo orecchio, non avrebbe neanche sfiorato un piatto che non contenesse la sua tazza con il caffè, ma sarebbe stato comunque un tentativo dolce, nessuno aveva mai fatto queste cose per lei.

 

“Hai fame milady?”

 

Chiese lui, cercando di capire dove volesse andare a parare, mentre quell’enigma di poco conto si trasformava nell’occasione giusta per farle pensare ad una risposta, e scandire un paio di secondi sulle sue labbra, che furono ben liete di schiudersi per un bacio un po’ più intimo del precedente.

Quando lui provò ad indietreggiare, lei si sporse di nuovo per schioccargli un altro bacio, questa volta più velocemente, per farlo riavvicinare in quel modo.

Fece no con la testa, osservando gli irritanti occhi chiari di quel ladruncolo, non aveva affatto appetito.

 

“D-dovrei fare una doccia, e…siamo stati irresponsabili questa notte, devo chiamare Henry.”

 

Regina mise i piedi per terra, informandolo della sua preoccupazione, era la prima volta che rimaneva fuori casa per tutta la notte, e non aveva neanche avvisato.

 

“Certo, chiama Henry… faccio il caffè, mh?”

 

Lei annuì, scivolando via dal piano cucina, e sistemandosi un po’ impacciata la camicia che le copriva le gambe soltanto in parte.

 

“Sai… dovremmo fare una doccia, hai ragione”

 

Regina fece no con la testa, sorridendo un po’ in imbarazzo a lui, che era stato piuttosto esplicito, toccandole il fondo schiena con entrambe le mani, e bloccandola di nuovo a un centimetro da lui, i loro corpi così aderivano perfettamente e lei più bassa, stava con la testa alta e il collo dritto, per poterlo guardare.

 

“Beh, si.. direi che può andare…”

 

Tirò un ciuffo di capelli all’indietro, soffiando con le labbra arricciate in modo tenero, quasi per fingersi indifferente.

 

“Non ricordo dove sia la mia borsa però… ieri è stato tutto piuttosto veloce…”

 

“All’ingresso mia Regina, insieme alla giacca”

 

Regina camminò con la testa bassa e un sorrisetto sulle labbra, oltrepassò la sala con l’albero di Natale ancora luminoso, e si diresse nell’angolino dove aveva lasciato tutto, prendendo il cellulare per chiamare Graham.

 

“Non penso ti riguardi, dove sei?

 

Disse al telefono, ritrovandosi a sbuffare perché non aveva alcuna voglia di dirgli niente, ne di dare spiegazioni proprio a lui. Gli chiese qualche istante dopo di parlare con Henry, solo qualche secondo, per sentire la sua vocina appena sveglia. Regina gli chiese scusa per non essere tornata, ma non appena aveva provato a proporgli di passare il pomeriggio insieme, lui aveva detto che aveva già programmato cose ben migliori, lontane dalla sua cattiveria, con l’unica sua vera mamma. Il bambino agganciò lasciando la frase speranzosa e timida di Regina a metà, lei non poteva fare più nulla per convincerlo che avesse immaginato tutto, quel bambino era troppo per lei, non l’aveva mai meritato, ed era orribile pensarci lì, dove pochi secondi prima aveva camminato ad un metro da terra. Sospirò, Robin ovviamente era preoccupato e la stava guardando, trovandosi sempre più vicino. 

 

“Cos’è successo?”

 

Premuroso lui, prese il viso di lei con la mano, per farlo girare. Si era accorto che aveva gli occhi lucidi, ed era prossima al pianto.

 

“Ma che cosa ci vedi in me?”

 

Le parole di lei lo sorpresero, aggrottò la fronte non capendo il nesso con la telefonata, ma non la costrinse con altre domande.

 

 

“Sei bella fino ad essere fastidiosa, e poi sei anche un’ottima baciatrice, lo sai?”

 

Regina abbassò lo sguardo, strinse gli occhi fortissimo e si mise una mano sulla fronte.

 

“Mio figlio mi odia”

 

Era la prima volta che lo diceva ad alta voce, non avrebbe mai pensato di poterlo fare con lui.

 

“E’ una fase, soltanto una fase, vedrai che gli passerà… non ti odia Regina, non potrebbe”

 

Lei fece ‘no’ con la testa, sorridendo soltanto alla fine, lui la baciò le labbra accarezzandole il viso ancora una volta, prima che potesse dire qualcosa che lo smentisse, pensava davvero che lei soffrisse, ma credeva che alla fine si sarebbe rivelata una cosa da nulla.

 

“Una spina nel fianco come te non può che essere un’ottima madre, gli passerà, succede a tutti i ragazzini quando crescono, è semplicemente così.”

 

Robin alzò le spalle, cercando di risollevarle il morale parlandole sinceramente.

 

“Bene, quella doccia?”

 

Regina gli accarezzò il braccio, non sapeva nemmeno lei perché aveva detto tutte quelle cose, ma l’aveva fatto, e non le restava che cercare di fingere che così non fosse, per non sentirsi anche peggio, non erano cose che avrebbe mai dovuto dire a nessuno.

 

“Vuoi…”

 

“Si, si, voglio…”

 

“Al piano di sopra”

 

“Bene”

 

Regina annuì, camminando avanti a lui fino alla sua camera, poi entrò in bagno. 

Non cancellava i suoi problemi, non la faceva sentire meno frustrata, ma Robin era l’unica persona che per lei provasse qualcosa che non fosse odio, e forse anche lei sì, provava qualcosa che non le faceva desiderare altro che diventare sua. 

 

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